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Un seul mondeEine WeltUn solo mondo

N. 2 / GIUGNO 2008LA RIVISTA DELLA DSCPER LO SVILUPPO E LACOOPERAZIONEwww.dsc.admin.ch

Biodiversità, la sua perdita non nuoce solo ai paesi in via di sviluppo

Congo, in arrivo tempi migliori?

Biocarburanti: quando combustibili edalimentazione entrano in concorrenza

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Sommario

DSC

FORUM

Un solo mondo n.2 / Giugno 20082

BIODIVERSITÀLa perdita della biodiversità, una minaccia per l’alimentazione Nell’agricoltura da anni il declino della biodiversità avanza aritmi sostenuti. Il fenomeno desta serie preoccupazioni a livellomondiale

6Il ritorno alle origini – la strada verso il futuro Il Ministro etiope per l’ambiente Tewolde Berhan GebreEgziabher si adopera da anni per la conservazione dellabiodiversità. Un’intervista

12La patata – un tubero ad alto potenziale Il trionfo riscosso dalla patata è dovuto in gran misura alCentro Internacional de la Papa (CIP) in Perù e alla DSC

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CONGONuova speranza per il Congo? Dopo tre decenni di dittatura firmata Mobutu Sese Seko e setteanni di guerra civile, la popolazione della Repubblica democraticadel Congo gode per la prima volta di diritti democratici

16L’interminabile attraversata di Kinshasa Désiré Baere Pene-Yanganya ci racconta le coinvolgenti avventure di chi è costretto ad usare i «mezzi pubblici» dellacapitale

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La toilette – una conquista tutt’altro che scontata Beate Wilhelm, direttrice supplente della DSC, illustra cosasignifichi per 2,6 miliardi di persone al mondo di non disporredi una toilette

21Ricostruire il proprio futuro Nella ricostruzione delle zone terremotate del Pakistan la DSC ha posto in atto un approccio innovativo

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Quando si deve scegliere tra mangiare e andare in macchina Sempre più terreni agricoli sono adibiti alla coltivazione di piante alimentari destinate ad essere trasformate in«biocarburante». Un’operazione a scapito dei poveri edell’ambiente

26Il primo viaggioÉvelyne Trouillot, scrittrice di nazionalità haitiana, ciracconta di «una vita che non offre un pizzico di felicità,nessun angolo dove aspettare che finisca la sfortuna»

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Un giardino in tasca Per i libri provenienti dal Sud del mondo la strada peraffermarsi sul mercato europeo è irta di ostacoli.Devono lottare contro pregiudizi, casse vuote e caseeditrici poco propense al rischio

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Editoriale 3Periscopio 4Dietro le quinte della DSC 25Che cos’è… mainstreaming? 25Servizio 33Impressum 35

La Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC), l’agenzia dellosviluppo in seno al Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE), è l’editrice di «Un solo mondo». La rivista non è una pubblicazione ufficiale in senso stretto; presenta infatti anche opinioni diverse. Gli articoli pertantonon esprimono sempre il punto di vista della DSC e delle autorità federali.

Un atlante eloquente per il Laos Su mandato della DSC alcuni geografi dell’Università di Berna stanno elaborando un atlante socio-economicodel Laos

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DOSSIER

ORIZZONTI CULTURA

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Alla stessa stregua della lotta contro gli effetti nefasti del riscaldamento climatico anche la protezione della biodi-versità è divenuta una necessità per garantire, a lungo termine, la qualità della vita sul nostro pianeta. I pericoli chela minacciano sono numerosi, sia nel mondo vegetale siain quello animale; centinaia di specie sono ormai estinteper sempre. La presa di coscienza dei rischi che ne deri-vano dovrà essere fatta su scala mondiale, sia nei paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo. Politici escienziati hanno lanciato l’allarme e spiegano perché è divenuto urgente agire.

Nello scorso mese di febbraio, in un arcipelago situato adun migliaio di chilometri dal polo Nord, la Norvegia ha inau-gurato una moderna Arca di Noè. Questa banca fitogene-tica è destinata ad ospitare semi di diverse specie vegetalidel pianeta ed a proteggerli contro i cambiamenti climatici,le guerre, le catastrofi naturali ed i diversi flagelli che scel-leratamente l’umanità si ingegna a provocare. Proteggereè giusto, evitare di distruggere è ancora meglio. Tale con-statazione ha una sua evidenza. E pertanto, sotto le spintedell’industria agro-alimentare – perché occorre aumentare,senza pausa, i rendimenti, perché sempre meno agricoltorisono costretti a produrre sempre di più per una popola-zione in forte crescita – l’uomo coltiva sempre meno spe-cie vegetali. Sono soltanto le più redditizie ad essere utiliz-zate; le altre, poco a poco sono abbandonate.

Si arriva addirittura a dei paradossi, per non dire aberra-zioni. Un esempio fra gli altri: per lottare, giustamente, con-tro le emissioni di gas a effetto serra si producono dei bio-carburanti servendosi di vegetali. La conseguenza è cheimmense superfici coltivabili vanno perse per quella che è

l’agricoltura strettamente alimentare. I prezzi dei cerealicommestibili aumentano ed i problemi alimentari si aggra-vano nello stesso tempo in cui certe specie vegetali sifanno sempre più rare.

In funzione dei suoi mezzi, e spesso con la collaborazionedei partner locali nei paesi in via di sviluppo, la DSC si im-pegna risolutamente a favore del mantenimento della bio-diversità. Infatti, investe 40 milioni di franchi all’anno, ripar-titi su diverse dozzine di progetti, nelle regioni sfavorite,isolate ed emarginate rispetto ai grandi centri urbani. LaDSC aiuta i contadini a mantenere la diversità delle loro col-ture ed a reintrodurre vecchie specie cadute nel dimenti-catoio. Operando in questo modo, gli agricoltori potrannonon soltanto continuare a vivere sulla terra che li ha visti na-scere, la terra dei loro antenati, ma sarà loro fornita l’occa-sione di realizzare anche dei redditi supplementari, oltrealla possibilità di accedere al mercato locale. E dunque diaverne un doppio vantaggio.

Nell’intervista che ci ha concesso, il ministro etiope del-l’ambiente spiega perché la salvaguardia della biodiversitàè fatto di primaria importanza, nei paesi africani più ancorache altrove. Sacrificarla a vantaggio delle culture ad elevataintensità e destinate all’esportazione non servirà ad altroche a generare dei modesti vantaggi pecuniari, dei profittia corto termine. Un grave errore di fondo, considerato cheil denaro da solo non è mai riuscito a togliere la fame a nes-sun essere umano.

(Tradotto dal francese)

Jean-Philippe Jutzi

Il denaro da solo non sazia

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Editoriale

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Giraffe salvate in extremis ( jls) In Africa occidentale brac-conaggio, siccità e disboscamentihanno letteralmente decimato legiraffe. Un grave problema nonsolo per il mondo animale maanche per le popolazioni locali.Gli ultimi branchi vivono nellaregione di Kouré, nel Niger, aun centinaio di chilometri dallacapitale. Nel 1996 non erano piùdi una cinquantina. Ma grazieagli sforzi degli abitanti, in diecianni il loro numero è triplicato.Con il sostegno di donatori eu-ropei, infatti, gli autoctoni hannoricostituito la boscaglia, habitatprediletto dalle giraffe, piantandoacacie arbustive delle cui fogliele giraffe vanno particolarmenteghiotte. I bracconieri sono siste-maticamente denunciati. Senzapredatori le giraffe possono vagabondare tranquillamente, inperfetta armonia con la popola-zione locale. Un numero crescente di ospiti viene ad osservarle. I proventi di questoecoturismo sono suddivisi tra 45villaggi e consentono di finan-ziare diverse opere, come la ma-nutenzione delle strade o la co-struzione di scuole. Permettono

anche di indennizzare i conta-dini quando le giraffe divoranole loro colture.

Microassicurazioni (bf ) Il successo mondiale dei mi-crocrediti è fonte d’ispirazione.In analogia ai gruppi di popola-zione poveri, che hanno potutomigliorare le loro condizioni divita mediante l’accesso a micro-crediti, assicurazioni malattia pa-gabili evitano a singoli individuied intere famiglie di sprofondaresotto la soglia di povertà a causadi problemi di salute. Un altro

vantaggio: le organizzazioni che offrono microassicurazioniparzialmente già esistenti, matroppo care, assumono di regolaimportanti compiti sociali, comeformazioni improntati sull’i-giene e sulle malattie o il con-trollo del mercato dei servizi sanitari. L’Università di Colonia,in collaborazione con universitàdel Ghana, del Malawi e delBotswana, sta analizzando ed ac-compagnando per un periodo didue anni microassicurazioni ma-lattia nei tre paesi africani coin-volti nel progetto. I risultati ser-viranno non soltanto a ridurre i costi; le università partner pre-vedono altresì di introdurre uncertificato comune di microassi-curazione.

Lingue in estinzione (bf ) Delle 7000 lingue attual-mente parlate in tutto il mondola metà non sopravvivrà a questosecolo. I ricercatori mettono inguardia: ogni due settimane unidioma scompare dall’uso. Machi pensa che ad essere maggior-mente minacciate siano, in parti-colare, le lingue indigene deipaesi in via di sviluppo si sbaglia.Infatti, proprio in queste regionil’assenza delle grandi lingue delmondo promuove e protegge(per il momento) gli idiomi lo-cali. I ricercatori hanno inoltrescoperto l’esistenza, ad esempio,

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nei paesi sudamericani di unalingua segreta utilizzata dagli indigeni in medicina e, in singolicasi, anche lingue parlate sola-mente da piccole minoranze ingrado di attraversare i secoli.Sorprendente, ma vero: le zonemaggiormente a rischio di estin-zione linguistica sono l’Australiasettentrionale, le zone costierenel nord-est degli Stati Uniti, laSiberia orientale, gli Stati ameri-cani dell’Oklahoma, del NuovoMessico e del Texas così come ilSudamerica centrale.

Refrigerare e cucinare con la termoacustica (bf ) Nell’arco di cinque anni ricercatori britannici di quattrouniversità intendono sviluppare,in collaborazione con l’industriaprivata, un nuovo apparecchioche funga da fornello, frigoriferoe generatore in uno. L’obiettivodel consorzio internazionale, cui

aderiscono fra l’altro un’organiz-zazione assistenziale e numeroseuniversità africane ed asiatiche,è quello di creare un dispositivoefficace e di facile impiego.Il responsabile del progetto Paul Riley, della University ofNottingham, è certo che l’appa-recchio contribuirà a combatterela povertà. Si tratta inoltre direndere «Score» – questo il nomedell’apparecchio – accessibile e socialmente sostenibile.La collaborazione sarà estesa anche a piccole imprese locali.Il piatto forte di «Score» è la cosiddetta tecnologia termo-acustica: il calore prodotto con la combustione produce un suono che, trasformato in elettricità, fa funzionare il frigo-rifero e fornisce corrente. Unapparecchio davvero formidabileche schiude al consumatorenuovi orizzonti e lo lascia sperare in un futuro migliore.

Solare e sterile (bf ) L’idea non è nuova: per alle-viare la penuria d’acqua in vasteregioni d’Africa e d’Asia si fa af-fidamento su grandi impianti in-dustriali in grado di trasformarel’acqua marina in acqua potabile.Nelle città costiere del MedioOriente simili impianti forni-scono già oggi 50 milioni di metri cubi di acqua dolce. Ma la tecnica divora molta energia,è complessa e non si addice alle zone aride e semiaridedell’Africa e dell’Asia. Un teamdi ricercatori del Fraunhofer-Institut für Solare EnergiesystemeISE di Friburgo (Germania) hasviluppato impianti di desaliniz-zazione autonomi, alimentati adenergia solare, in grado di pro-durre acqua dolce da acqua ma-rina o salmastra. I due impianti,di dimensioni diverse, si basanosulla «distillazione a membrana»e possono produrre svariati me-

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La biodiversità

tri cubi d’acqua ogni giorno. Ilcosto di un metro cubo d’acquapotabile, pari a 1000 litri, è sui10 euro. I ricercatori sono con-vinti che confronto all’acquistoquotidiano di acqua o bibite inbottiglia, i costi dell’impiantosono rapidamente ammortizzati.

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Biodiversità

La perdita della bio-diversità, una minaccia per l’alimentazioneNell’agricoltura da anni il declino della biodiversità avanza a ritmi sostenuti. Per arginare questa evoluzione sono state attuate le più svariate misure. Perché perdere definitivamentela varietà genetica delle piante coltivate e del bestiame costi-tuirebbe un pericolo per tutti noi. Di Gabriela Neuhaus.

Il 26 febbraio 2008 nella località norvegese diSpitzbergen è stata inaugurata la più grande bancadelle sementi del mondo. Il cuore di questa cassa-forte, batte in grande profondità, nelle viscere del-la montagna:vi si accede attraverso una galleria lun-ga 120 metri; lì, protetti dall’arenaria e dal perma-frost, in un ambiente di 18 gradi centigradi sottolo zero, ben presto saranno conservati milioni disementi e campioni di piante.Come l’Arca di Noèche ai tempi dei tempi salvò uomini e animali daldiluvio universale, oggi la banca delle sementi diSpitzbergen dovrà salvaguardare le risorse geneti-che delle nostre piante coltivate, garantendo in talmodo la sopravvivenza dell’umanità dopo un’e-ventuale calamità.Ma l’importanza che la protezione e il manteni-mento della biodiversità rivestono per l’agricoltu-ra, e quindi per la nostra alimentazione, non si pa-lesa solo in caso di catastrofi: da anni il patrimoniogenetico di animali e piante è utilizzato per l’alle-vamento – il continuo sviluppo di incroci semprenuovi in tutto il mondo ha creato una varietà im-mensa di piante coltivabili e animali da reddito.Stando alle stime,negli ultimi 12 mila anni gli agri-coltori hanno coltivato oltre 7 mila varietà di pian-te per l’alimentazione dell’uomo e queste a lorovolta hanno prodotto innumerevoli varietà gene-tiche diverse.

Alta resa – scarsa varietàOggi questa diversità agrobiologica, maturata nelcorso del tempo e base della nostra alimentazione,è in pericolo:molte specie sono già scomparse,nu-merose varietà non sono più coltivate, le vecchierazze di bestiame sono ormai in via di estinzione.L’avanzamento della globalizzazione e la crescen-te pressione sulle risorse naturali lasciano una spe-

ranza di sopravvivenza solo alle specie che pro-mettono alta resa e dunque redditività.Oggi si stimano in 15 le specie vegetali e in 8 lespecie animali che forniscono il 90 per cento del-l’alimentazione globale. Da soli, i tre cereali prin-cipali, riso, mais e grano, coprono la metà del fab-bisogno alimentare.Un’evoluzione strettamente connessa all’industria-lizzazione e alla crescente pressione che ne derivaper l’agricoltura. Sempre meno contadini devonoprodurre derrate alimentari per una popolazionein continuo aumento. E questo su una superficiecoltivabile sempre più ridotta.Nel 20° secolo l’esigenza di incrementare l’effi-cienza produttiva ha portato alla creazione di nu-merosi centri di ricerca e aziende agricole privateche sviluppano sementi per i produttori. Per rag-giungere i miglioramenti auspicati ci si è concen-trati sullo sviluppo di specie ad alta resa che si pre-stano anche per la coltivazione su scala industria-le. Una strategia che finora si è rivelata vincente.Soprattutto in America e in Europa la maggior par-te dei produttori si rifornisce di sementi dalle im-prese agricole le quali hanno tutelato le loro va-rietà con il diritto di proprietà intellettuale.Tutta-via, se gli agricoltori non si dedicano più allosviluppo di nuove specie, ne conseguirà immanca-bilmente la perdita della biodiversità sui campi.Negli anni 1960 e 1970 un’evoluzione simile hafatto scattare la rivoluzione verde in Asia: grazie adun’intensa attività di ricerca e al conseguente in-cremento della qualità delle sementi, le rese per et-taro sono aumentate enormemente e hanno per-messo di respingere le carestie. L’altra faccia dellamedaglia è però che le nuove varietà sono coltiva-te in monocolture, sono per ciò più vulnerabili allemalattie e danno un’alta resa solo in combinazio-

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ne con fitofarmaci, concimi e irrigazione intensi-va – una situazione che non di rado porta alla di-struzione di interi ecosistemi.

Conservare le risorse genetiche Per il momento gli agricoltori e i piccoli contadi-ni che lavorano i campi con sementi proprie sonoancora numerosi, soprattutto nel Sud e nelle zoneperiferiche. Sono loro che forniscono un contri-buto importante alla conservazione della biodiver-sità. Ma le tendenze lasciano prevedere chiara-mente un’ulteriore commercializzazione e centra-lizzazione del settore agricolo.«Non bisogna esseretroppo ingenui», afferma Katharina Jenny della se-zione Risorse naturali e ambiente della DSC. «Icontadini conserveranno la biodiversità solo se neavranno un tornaconto.La grande sfida sta nel crea-re incentivi per il mantenimento della biodiversi-tà sui campi, che richiede però anche un miglio-ramento durevole dei sistemi di produzione deipiccoli agricoltori, nonché ulteriori investimenti.

Il lavoro della DSC con molti dei progetti soste-nuti va proprio in questa direzione: affinché in fu-turo nel mondo le piante coltivabili di rilievo nonsiano solo una decina».Ben presto si è iniziato a costituire delle banche disemi di piante coltivabili, a cui si sono poi aggiun-ti i loro parenti selvatici. In tal modo si voleva ga-rantire la disponibilità di materiale genetico per fu-ture attività di ricerca e allevamento. Un’impresacostosa – in termini di tempo e denaro – da quan-to è emerso nel frattempo: a seconda della varietàdella pianta, le sementi devono essere rinnovate re-golarmente sui campi. Inoltre, anche il patrimoniogenetico migliore non serve a nulla, se le cono-scenze e il sapere relativi alle vecchie specie nonsono documentati e messi a disposizione dei po-tenziali interessati.Per questo già negli anni 1970 la DCS si è adope-rata attivamente per la costituzione di centri in-ternazionali per la ricerca agricola. «Una banca ge-netica non dà un tornaconto immediato al picco-

Biodiversità nell’agricol-turaPer agrobiodiversità si in-tende da un lato la diver-sità biologica necessariaper garantire la produzioneagro-alimentare, e dall’altroil mantenimento dei relativiecosistemi. Rientrano inquesta categoria le risorsegenetiche delle varietà dipiante coltivate e le varierazze di animali d’alleva-mento (pesci compresi),nonché le risorse non ad-domesticate dei sistemiecologici acquatici e dicampi, boschi e pascoli,come pure i singoli ele-menti di questa varietà chegarantiscono i cosiddetti«servizi ecologici», quali ad esempio il ciclo dellesostanze nutritive, la rego-lazione di parassiti e malat-tie che attaccano le col-ture, l’impollinazione, ilmantenimento della faunae flora selvatica autoctona,la protezione dei bacini im-briferi, la protezione control’erosione, la regolazionedel clima e il fissaggio delcarbonio.

La salvaguardia dellabiodiversità è di capitaleimportanza per l’interaumanità. Ne sono testi-monianza la banca dellesementi di Spitzbergen(Norvegia), la ricerca sulriso in Vietnam (sotto, a sinistra), un istituto dibiotecnologia in India(sotto, a destra), piccolicontadini nei paesi in via di sviluppo (paginaaccanto).

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lo contadino, tuttavia a lungo termine la conser-vazione delle vecchie varietà è importante ancheper lui,affinché abbia la possibilità di utilizzarle perla creazione di nuovi incroci. E le banche geneti-che sono anche delle importanti copie di sicurez-za, nel caso in cui le varietà sui campi fossero di-strutte da calamità naturali o guerre», spiega Ka-tharina Jenny.Dagli sviluppi più recenti emerge la grande im-portanza di poter ricorrere ad un’ampia riserva dirisorse genetiche: oggi le piante più richieste nonsono solo quelle ad alta resa, ma quelle che in piùsono resistenti alle malattie e necessitano di menoconcimi o che sopravvivono anche con poca ac-qua. Inoltre, i coltivatori di piante oggi sono chia-mati a raccogliere la grande sfida del cambiamen-to climatico.Il Global Crop Diversity Trust – costituito dallaFAO nel 2004 assieme alla Bioversity Internatio-nal – si prefigge di mettere a disposizione mezzi econoscenze tecniche non solo affinché i milioni dispecie di piante conservate in tutto il mondo in piùdi 1400 banche genetiche siano tramandate alle ge-nerazioni future,bensì per rendere accessibile le co-noscenze raccolte anche alla ricerca pubblica. Lafondazione si fa carico anche della manutenzionedella banca genetica di Spitzbergen,dove sono de-positate le ultime copie di sicurezza delle risorsepiù importanti conservate nelle banche di semen-ti regionali.Non tutto però può essere risolto con le banchegenetiche – sono solo uno degli strumenti atti a

frenare la fatale perdita della biodiversità. In que-st’ambito il trattato più importante è la Conven-zione sulla diversità biologica,siglata nel 1992 e nelfrattempo ratificata da 191 Stati. Il suo obiettivo èla «conservazione della diversità biologica, l’uso so-stenibile delle componenti e la distribuzione giu-sta ed equa dei benefici derivanti dall’utilizzo del-le risorse genetiche».

La trappola delle licenzeLa Convenzione internazionale disciplina peresempio per la prima volta la distribuzione equadei benefici nel campo delle risorse genetiche – unaspetto centrale, considerando che circa il 90 percento della biodiversità di oggi si trova nei paesi invia di sviluppo. Un’attenzione particolare meritaanche l’enorme interesse nei confronti di questomateriale genetico di base manifestato negli ulti-mi anni dalle industrie farmaceutiche e agricole delNord.Le severe disposizioni – oggi il materiale ge-netico appartiene allo Stato nel cui territorio essocresce – hanno praticamente soffocato i flussi trans-nazionali di commercio di queste risorse.Quello che per la protezione della fauna e flora sel-vatica può essere un vantaggio, nel campo dell’a-gricoltura è attuabile solo con difficoltà.Ecco per-ché sotto l’egida della FAO nel 2001 è stata ela-borata una convenzione speciale per la protezionedelle risorse genetiche per l’alimentazione e l’a-gricoltura. Un aspetto centrale di questa conven-zione è costituito dal riconoscimento dei diritti diproprietà intellettuale dei contadini sulle varietà

Biodiversità

Animali da redditoDelle 14 mila varietà notedi mammiferi e uccelli solocirca 30 sono state addo-mesticate con successo inmodo da renderle idoneeall’uso nell’agricoltura. Le cinque più importanti –secondo l’inventario deglianimali da reddito pubbli-cato nel 2007 dallaCommissione sulle risorsegenetiche per l’alimenta-zione e l’agricoltura sonobovini, ovini, caprini, suini e pollame. La banca datidella FAO contiene infor-mazioni relative a 7616 diverse razze di animali daproduzione. Si stima chenegli ultimi 15 anni si sianoestinte oltre 300 razze dianimali da produzione e il30 per cento delle speciesia minacciato di estin-zione, fra cui anche nume-rose antiche varietà ovine e bovine.

Piante coltivateLe quattro piante alimentaripiù importanti sono riso,grano, mais e patate. Altrepiante coltivate rivestonoun’importanza altrettantocentrale a livello regionale:la manioca nutre circa 600 milioni di persone, inUganda l’alimento di basematoke è prodotto con le banane verdi, in Etiopial’erba dolce, altrove scom-parsa da molto tempo, èancora uno degli alimentidi base più amato e inBolivia la quinoa – che èpriva di glutine – occupaun posto fisso nel regimealimentare della popola-zione da migliaia di anni.

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è stato possibile comprovare che il patrimonio ge-netico del fagiolo Enola non si distingue in alcunmodo dai fagioli tradizionali, il brevetto – dopolunghe e laboriose trattative – è stato dichiaratonullo.Questi fagioli sono e restano pertanto un benepubblico, esattamente come altre 64 varietà dipiante utili, che in virtù della Convenzione inter-nazionale per la protezione delle risorse geneticheper l’alimentazione e per l’agricoltura sono a libe-ra disposizione di agricoltori e ricercatori e nonpossono essere brevettate. Chi si serve di questomateriale per coltivare nuove varietà,rendendo im-possibile la libera utilizzazione futura del materia-le originale, deve rimborsare una parte dell’utileconseguito, che sarà poi utilizzato ai sensi e per lefinalità della Convenzione.

di piante tradizionali nel loro paese.Un esempio estremo di biopirateria prodottosi ne-gli Stati Uniti illustra l’importanza di questo arti-colo nel testo del trattato:durante un soggiorno inMessico negli anni 1990,Larry Proctor,proprieta-rio dell’azienda di sementi Pod-Ners, aveva acqui-stato una bustina di fagioli gialli. Due anni dopoaveva chiesto il brevetto per i fagioli che ne avevaderivato e denominato Enola, acquisendo in talmodo il monopolio per la vendita negli USA.Chiunque avrebbe voluto vendere questo tipo difagioli in futuro avrebbe dovuto pagare i diritti dilicenza a Pod-Ners.Il Centro internazionale di ricerca in agricolturatropicale CIAT,dove sono conservate le risorse ge-netiche della varietà di fagioli in questione,ha peròinoltrato ricorso all’autorità competente:visto che

In situ… … in latino significa sul posto. In biologia il termineindica la conservazione di piante e animali nel lorohabitat originale. A livellointernazionale, è soprat-tutto la Bioversity Interna-tional ad adoperarsi, nelcampo della ricerca e dellosviluppo, a favore di pro-getti in situ volti a promuo-vere e a conservare l’agro-biodiversità. Ex situ… … in latino significa fuoridal luogo. Usato nel con-testo della protezione dellanatura, il termine ex situ in-dica misure atte a conser-vare le risorse genetiche aldi fuori del loro spazio divita naturale, per esempioin banche genetiche o ingiardini botanici o zoolo-gici. A livello internazionalel’International Crop DiversityTrust si occupa del coordi-namento e del manteni-mento delle risorse fitoge-netiche per l’agricoltura.

In Svizzera vi sono moltespecie in via d’estin-zione, sia nel mondo vegetale sia in quelloanimale: per esempio lacapra vallesana rossa ediverse varietà di patatee di verdure.

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DSC e biodiversitàOgni anno la DSC investecirca 40 milioni di franchiper il mantenimento dellabiodiversità, sostenendo intal modo gli sforzi concor-dati a livello internazionaleper rallentare l’erosione genetica. Da anni la DSC sostiene centri di ricercaagricola creati dal Gruppoconsultativo per la ricercaagricola internazionaleCGIAR e promuove,nell’ambito di programmibilaterali realizzati nei paesiprioritari, progetti che sibasano su queste ricerchescientifiche. In svariate oc-casioni i progetti sostenutidalla DSC per la promo-zione della biodiversitàsono stati insigniti di premiinternazionali – per esem-pio la coltura di specie di mais resistenti in Africa o il progetto T’ikapapa inPerù (p.14).

Biodiversità vissuta Per quanto importanti siano le leggi sulle biodi-versità e l’esistenza delle banche genetiche per as-sicurare l’approvvigionamento alimentare futuro,è però anche chiaro che le migliori opportunità disopravvivenza per le bestie e le piante agricole stan-no laddove questi animali e piante sono già utiliz-zati con successo.Oggi però – specialmente in Africa,Asia e Ameri-ca latina – molti degli agricoltori che si dedicanoall’agricoltura tradizionale diversificata vivono nel-la povertà più assoluta. Per nutrire le masse di per-sone che vivono nelle città non si potrà fare a menodi puntare anche in futuro su un continuo aumentodella produttività su superfici sempre più limitate– anche perché di recente la produzione di derra-te alimentari deve vedersela tra l’altro con la con-correnza della coltivazione più redditizia di pian-te per la produzione di biocarburante (p. 26).Ciononostante – o proprio per questo – è impor-tante cogliere le opportunità e utilizzare le nicchieper la conservazione e la promozione della biodi-versità nell’agricoltura.La Bioversity International,anch’essa sostenuta dalla DSC, finanzia ricerca eprogetti volti alla promozione del mantenimentodella biodiversità sui campi.Le misure mirate di mi-glioramento delle sementi e dei metodi di coltiva-zione permettono di raggiungere rese più impor-tanti anche nelle regioni povere e con varietà an-tiche.

Con la produzione di prodotti di nicchia oggi èpossibile generare un reddito addizionale in tuttoil mondo: grazie all’impegno di Pro Specie Rarain Svizzera le vecchie varietà di frutta e verdurastanno tornando alla ribalta,mentre i palati più finihanno scoperto la carne della pecora a naso nero.A Mindanao (Filippine) i consumatori apprezza-no il sapore unico delle antiche varietà di riso pae-sano e in Bolivia coltivatori e organizzazioni deiconsumatori dedicano un intero catalogo ad unavarietà di tubero tradizionale, l’oca, descrivendoviben 101 tipologie diverse.Sono solo alcune delle innumerevoli possibilità chesi prestano per conservare le vecchie varietà.Vistoil continuo aumento dei problemi ambientali,qua-li erosione, mancanza d’acqua e distruzione deisuoli, in futuro forse anche l’agroindustria dovràcercare nuovi approcci. Con lo sviluppo di un’a-gricoltura sostenibile sui campi si potrebbe ripri-stinare anche una parte della diversità biologica –per esempio sotto forma di colture miste per il trat-tamento antiparassitario naturale o per manteneree migliorare la fertilità dei suoli. ■

(Tradotto dal tedesco)

Biodiversità

Nei paesi in via di svi-luppo – nell’immagine unmercato nel Guatemala –la biodiversità si mantieneancora meglio che nonnei paesi industriali.

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Un solo mondo: Ministro, Lei si impegna datempo per il mantenimento della biodiver-sità. Cosa è stato raggiunto finora? Tewolde Berhan Gebre Egziabher: Il succes-so più importante è indubbiamente la consapevo-lezza globale che, mettendo in pericolo la biodi-versità, ci stiamo giocando le nostre speranze di sopravvivenza. Senza la Convenzione sulla biodi-versità e gli strumenti ad essa correlati questo nonsarebbe stato possibile.

Come spiega l’importanza di questo lavorodi sensibilizzazione?L’umanità diventa sempre più urbana e abbando-na gli altri stili di vita. Un buon esempio è forni-to da uno studio in cui si chiedeva ai bambini se il latte proviene dalla bottiglia o dalla mucca. La risposta più frequente era:dalla bottiglia.Non per-ché i bambini fossero ignoranti, bensì perché le informazioni si basano sulle esperienze della vitareale. Ma anche se per la maggior parte della gen-

te il latte proviene dalla bottiglia,per averlo ci vuo-le la mucca.Proprio perché la consapevolezza del-la biodiversità sta scomparendo, è importante far capire alla gente la complessità del sistema e dimostrare che la protezione della vita alla fine serve a noi stessi.

Ma un’agricoltura diversificata è ancora ade-guata e competitiva?Dopo la Seconda guerra mondiale, e soprattuttonegli anni ’60 e ’70, l’interesse per la coltivazionediversificata è svanito. Il materiale genetico è statoraccolto per la conservazione nelle banche gene-tiche. Ma oggi queste non funzionano più: i go-verni non stanziano quasi più mezzi destinati allaconservazione della biodiversità e molte banchesono state privatizzate. Con il cambiamento cli-matico, però, dipenderemo nuovamente e in mi-sura crescente dalle risorse genetiche per poteradattare le nostre coltivazioni alle condizioni mu-tate. La fiducia nella tecnologia genetica è stretta-

Il Ministro etiope per l’ambiente Tewolde Berhan Gebre Egziab-her si adopera da anni per la conservazione della biodiversità,nonché per la salvaguardia dei diritti dei contadini sulle risorsegenetiche nell’agricoltura. Per il futuro dell’industria agro-ali-mentare il ministro prevede profondi cambiamenti. Intervista diGabriela Neuhaus.

Il ritorno alle origini – la strada verso il futuro

Tewolde Berhan GebreEgziabher ha studiatoBiologia a Addis Abeba enel Galles ed è stato pro-fessore universitario adAddis Abeba nonché diret-tore della banca geneticaetiope. Oggi è ministro del-l’ambiente in Etiopa. Daglianni Novanta si impegna alivello internazionale per laconservazione della biodi-versità. In occasione delletrattative sulla sicurezzabiologica nel 1999, aCartagena, e nel 2000, aMontreal, ha svolto la fun-zione di portavoce per lamaggioranza dei paesi delG77, che hanno fatto va-lere i loro interessi in meritoalla protezione dalla tecno-logia genetica e alla con-servazione della biodiver-sità contro la forte opposi-zione degli USA e dell’UE.Nel 2000 Egziabher, oggi68enne, è stato insignitodel Premio Nobel alterna-tivo per il suo «lavoroesemplare per la tuteladella biodiversità e dei di-ritti tradizionali dei conta-dini e delle comunità sulleloro risorse genetiche». Nel 2006 il Programmadelle Nazioni Unite perl’Ambiente lo ha nominato«Champion of the Earth».

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mente connessa alla crescente privatizzazione nelcampo delle risorse agricole: si parte dal presup-posto che i necessari adattamenti delle piante allecondizioni ambientali modificate siano genetica-mente fattibili.Per me ciò è come se qualcuno chenon sa nuotare si tuffa in un fiume.

Perché la biodiversità è importante proprioper i paesi più poveri?Nella maggior parte dei paesi africani i contadini

utilizzano ancora sementi proprie – qui è ancoraviva quella tradizione che in Europa e in Americaè stata distrutta.Al Nord la degenerazione della bio-diversità è molto più avanzata. E se lì la situazionedovesse sfociare in una crisi agricola, non potran-no aiutare neanche le più grandi ricchezze: l’oroaccumulato non sostituisce il cibo!

Ma la pressione di produrre di più, con su-perfici sempre più piccole, aumenta anche inAfrica. Sarebbe scontato ricorrere a parte-nariati con le multinazionali agroindustria-li che offrono varietà ad alta resa.In Africa finora queste aziende non hanno raccol-to grandi successi, e francamente non credo che lofaranno in futuro. Ma il fenomeno che ci costrin-gerà al cambiamento è il cambiamento climatico.Per quanto riguarda le piante geneticamente mo-dificate finora non ho visto nessuna varietà che nel-la coltivazione reale potesse competere con gli in-croci tradizionali.Una possibilità sarebbe una rivoluzione verde,come quella asiatica.Per lanciarla però c’è bisognodella chimica, e qui in Africa nessuno può per-mettersela. I prezzi per il greggio aumentano a rit-mi tali da far sì che ben presto neanche gli agri-coltori industriali in Europa o in America possa-no più permettersi i concimi artificiali.Ecco perchéin futuro l’agricoltura dovrà ripristinare le tecno-logie preindustriali e utilizzare le sostanze natura-

li nel ciclo del terreno, nonché attuare un sistemadi gestione della fertilità.

È dunque necessario tornare indietro neltempo perché non possiamo più permetter-ci l’agricoltura intensiva?Quando negli anni ’60 scrissi la mia tesi di dotto-rato in Inghilterra, il ciclo naturale dell’azoto neisuoli e la sua ottimizzazione erano un campo di ri-cerca importanti. Con l’ascesa dei concimi artifi-

Biodiversità

ciali questo campo fu abbandonato, ora però biso-gna ripartire proprio da lì. La scienza in futuro fo-calizzerà la sua attenzione sugli ecosistemi natura-li, per massimizzare la produttività dei suoli senzastimoli esterni. L’agricoltura del futuro è un’agri-coltura ad alta intensità di sapere, e contrariamentealla rivoluzione verde è diversificata a livello locale.In questo senso sono già stati lanciati progetti diricerca che si orientano alle condizioni locali.

A sentirla, si direbbe che ci attende una tra-sformazione profonda dell’agricoltura – maè possibile attuarla in tempo utile?Il cambiamento può essere attuato anche molto ra-pidamente – questo per tre motivi: Primo, ancheladdove la biodiversità nell’agricoltura ormai nonesiste più, il sapere si trova ancora nei libri. Secon-do, nel modo esistono ancora numerose regionidove si applica l’agricoltura diversificata,dove que-ste vecchie conoscenze sono ancora vive e vi si puòattingere. E terzo, le condizioni ci costringerannoa spingere la ricerca in questa direzione, ad attiva-re le vecchie conoscenze e a perfezionarle. ■

(Tradotto dall’inglese)

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(gn) Hanno colori diversi, le forme più svariate eun gusto intenso – e hanno contribuito a scrivereuna storia di successo: sotto il marchio T’ikapapanei supermercati di Lima sono in vendita comespecialità una trentina di specie di patate tradizio-nali provenienti dalle Ande peruviane. Le patatesono prodotte in montagna, coltivate da famigliedi piccoli agricoltori,ad un’altitudine di oltre 3500metri s.l.m.– lì, in quei terreni che hanno dato ori-gine anche alla nostra patata.Dietro il progetto T’ikapapa vi è il programma PapaAndina,un’iniziativa regionale del centro interna-zionale per la ricerca agricola CIP lanciata nel 1998per la promozione della produzione e della com-mercializzazione di specie di patata tradizionalinelle regioni andine. La DSC sostiene questo ap-proccio innovativo che al contempo promuove laconservazione e la diffusione di antiche e prezio-se specie di patate, assicurando un reddito alle fa-miglie indigenti nelle regioni periferiche.«Da quando i contadini possono vendere i loro pro-dotti nei supermercati, le antiche varietà di patatehanno riguadagnato prestigio. L’iniziativa comunerafforza l’organizzazione e promuove la creativitàdei coltivatori di patate. Nel frattempo, nell’alti-piano peruviano si producono anche le patatine sa-

late e la purea per il mercato regionale», afferma lasvizzera Ruth Egger, economista ed esperta di svi-luppo, nonché presidente del consiglio di ammi-nistrazione del CIP.

Conservare e sviluppare 5000 campioni di varietà di patate tradizionali e sel-vatiche sono depositati nella banca genetica delCIP e continuano ad arrivarne ancora. La cura ela manutenzione di queste risorse genetiche sonodispendiose,ma anche assolutamente urgenti.Nonda ultimo perché il materiale è utilizzato per la ri-cerca, secondo pilastro portante del centro inter-nazionale della patata con sede principale a Lima,ma presente in tutti i continenti con le sue stazio-ni esterne.L’obiettivo è quello di migliorare la qualità dellesementi, sviluppare delle varietà resistenti e adattealle condizioni ambientali e di mercato vigenti. Incollaborazione con ricercatori e contadini, sia a livello delle organizzazioni di base che nell’ambi-to di programmi nazionali, il CIP assume un ruo-lo centrale quando si tratta di migliorare la patatain quanto alimento e pianta da coltivazione com-merciale.La patata riveste un’importanza fondamentale pro-

La patata – un tubero ad alto potenziale

Il tubero delle Ande si annovera oggi fra le piante coltivate piùimportanti a livello globale. Il trionfo della patata, che ancoranon ha raggiunto il suo apice, è dovuto in misura determinan-te al Centro Internacional de la Papa (CIP) in Perù e alla DSC.

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prio per assicurare l’approvvigionamento alimen-tare delle regioni povere e il loro sviluppo: nellezone collinari e montane e alle latitudini in cui ilriso non cresce più, la patata si trova a meraviglia.Il tubero ha un alto valore nutrizionale e la resa ènotevolmente superiore a quella del grano. L’altrafaccia della medaglia: le patate sono sensibili allemalattie e la loro coltivazione richiede un grossodispendio di lavoro e capitale.È per questo motivo che nel programma agricolodella DSC la promozione e il miglioramento del-la coltivazione di patate costituiscono un temaprioritario. Su iniziativa della DSC e del CIP nelNepal, per esempio, già negli anni 1970 è stato in-staurato un programma nazionale dedicato alla pa-tata; grazie a varietà più robuste e a resa elevata,maanche grazie al perfezionamento delle tecniche dicoltivazione e alle sementi sane, la resa per ettaroin 20 anni si è raddoppiata.Visto che sempre piùcontadini hanno deciso di coltivare patate, nel las-so di tempo in questione la produzione globale èaddirittura quintuplicata.

Sempre più regioni nuove Il suo potenziale di resa ha fatto sì che in molti pae-si in via di sviluppo afflitti da carenze alimentari epovertà la patata sia diventata una coltura semprepiù apprezzata,scrive Paul Egger,responsabile DSCper progetti agricoli, in un articolo in occasionedell’anno internazionale della patata. L’India, peresempio, oggi è diventata il terzo paese produtto-re di patate in ordine di importanza, dopo la Cinae la Russia.

Negli anni 1990 si era puntato sulle patate da se-mina provenienti dall’Emmental per aiutare a con-trastare la carestia in Corea del Nord. Con l’aiutodella DSC e grazie a bravi esperti locali la produ-zione è stata migliorata fino a raggiungere risulta-ti spettacolari. Il programma DSC più recente pro-muove la coltivazione di patate in Mongolia: dopoil successo ottenuto nella fase iniziale, per i prossi-mi quattro anni ci si concentrerà affinché le sementimigliori delle varietà adattate alle nuove esigenzesiano accessibili anche ai contadini delle regioni piùremote.Nella patria della patata ultimamente fanno furo-re le vecchie varietà andine: e non ci hanno trova-to gusto solo i consumatori della capitale peruvia-na – T’ikapapa è stato insignito anche di due pre-stigiosi premi. Oltre a ricevere il premio ONUSeeds-Award 2007 il progetto si è classificato fra940 concorrenti per il premio World-Challengedotato di 20 mila dollari US.Questo successo è do-vuto all’approccio olistico seguito e applicato feli-cemente da T’ikapapa: il progetto permette ai con-tadini delle zone remote di generare un reddito eaccedere al mercato. Il consumatore approfitta diprodotti interessanti e di qualità pregiata – e la con-servazione della biodiversità nelle Ande è curata inmodo vivo e tangibile. Il premio sarà investito nel-l’ulteriore ampliamento di T’ikapapa – per per-mettere di aggiungere altri capitoli a questa storiadi successo. ■

La patata – un’espe-rienza ghiottaIl 2008 è stato proclamatodall’ONU «anno internazio-nale della patata».Nel mondo le patate rac-colte ogni anno sono sti-mate a 314 milioni di ton-nellate, con tendenza alrialzo. Oggi circa un terzodi tutte le patate è coltivatoin Cina e in India. La coltivazione delle primepatate risale a circa 8000anni fa, nella regione delLago Titicaca, a 3800 me-tri s.l.m. Oggi, solo in Perùsi coltivano circa 2700 va-rietà tradizionali di patate.Quasi la metà della produ-zione globale di patate èassorbita dall’Asia. I con-sumatori di gran lunga piùghiotti di patate sono peròindubbiamente gli europei,con un consumo pro ca-pite annuo di 96 chili.

Per ulteriori informa-zioniSul sito della DSC –www.dsc.admin.ch/pa-tata2008 – in occasionedell’Anno internazionaledella patata 2008, indettodall’ONU, sono disponibiliun dossier dedicato al formidabile tubero nonchéuna versione integraledell’intervista con il mini-stro dell’Ambiente etiopeTewolde Berhan GebreEgziabher.

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Un anno e mezzo fa la Repubblica democratica del Congo èentrata in una nuova era. Dopo tre decenni di dittatura firma-ta Mobutu Sese Seko e sette anni di guerra civile, per la primavolta dall’indipendenza del 1960, la popolazione ha potuto go-dere di diritti democratici. Ma i conflitti violenti del paese sonoancor lungi dall’essere risolti e l’economia stenta a risollevarsi.Di Ruedi Küng*.

Sono stati giorni concitati, quelli vissuti a Goma afine gennaio. La capitale della provincia del NordKivu è stata teatro della Conferenza sulla pace, lasicurezza e lo sviluppo delle province del Nord eSud Kivu. Previsto per la durata di una su settima-na con l’intervento di qualche centinaio di parte-cipanti, l’evento si è infine svolto sull’arco di duesettimane e mezzo con oltre 1500 partecipanti.Allaconferenza hanno partecipato ministri e governa-tori, delegati nazionali e internazionali, rappresen-tanti dell’economia, delle organizzazioni della so-cietà civile, delle comunità religiose e delle mili-zie, chiudendo i lavori con la firma di un accordo

che promette di porre fine alle violenze nel Con-go orientale.Il successo della conferenza è merito dell’abile di-rezione dell’abbé Malu Malu e del presidente del-l’Assemblea nazionale Vital Kamerhe,ma non solo:anche i rappresentanti di Stati Uniti,Comunità eu-ropea e Unione africana così come della MissioneONU nel Congo (MONUC) hanno contribuito,con il loro peso diplomatico,alla riuscita della con-ferenza.

La pesante eredità del genocidio ruandeseL’importanza dell’accordo sottoscritto emerge in

Nuova speranza per il Congo?

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fuoco i villaggi», lamenta l’arcivescovo est-congo-lese François-Xavier Maroy.Le donne del Congo orientale subiscono violen-ze sessuali di una ferocia senza eguali, spiega JohnHolmes, responsabile ONU per gli affari umani-tari. Nel 2006 l’ente ha registrato, nel solo SudKivu, ben 27 mila stupri perpetrati su donne tra i3 e i 75 anni, ma si suppone che il numero dellevittime sia in realtà molto più elevato.Gli abusi ses-suali commessi dai miliziani sono particolarmentecrudeli. I soldati non esitano a lacerare i genitali el’intestino delle loro vittime utilizzando canne difucile e bastoni. Holmes è convinto che a metterein moto questa epidemia di mostruosa crudeltà sia-no stati i génocidaires ruandesi, individui «dall’uma-nità devastata».

La maledizione del Congo: la sua ricchezza di risorse Gli accordi di Goma sottoscritti il 23 gennaio 2008prevendono la cessazione immediata di ogni attodi violenza, il disarmo dei miliziani e il rimpatriodei combattenti ruandesi.Ma la loro attuazione ri-chiederà parecchio tempo. I miliziani ruandesi esi-tano a ritornare in patria per timore di possibiliazioni penali. E molti altri non vogliono rinunciarealla loro ragione di vita: lo sfruttamento dei ricchigiacimenti di oro,diamanti,minerali e legname nelCongo orientale, come rammenta l’arcivescovoMaroy.«Dove c’è una materia prima da sfruttare tro-verete sempre un colonnello auto proclamato cheriunisce una truppa e si impossessa della miniera!»

tutto il suo significato dai recenti rapporti sulladrammatica situazione in cui è costretta a vivere lapopolazione nel Congo orientale. Dal genocidioruandese del 1994, i distretti di Ituri e le provincedel Kivu non hanno avuto un attimo di respiro.Al-l’epoca, sull’onda dell’esodo dei rifugiati ruandesihutu, anche unità dell’esercito ruandese e cosid-detti génocidaires – milizie che parteciparono al genocidio – se l’erano svignata in Zaire (attualeCongo).A differenza dei profughi oltre 12000 di loro nonhanno ancora lasciato il Congo orientale e man-tengono i loro campi nelle foreste montane, riuni-ti nelle Forze democratiche di liberazione del RuandaFDLR.All’infedele generale Laurent Nkunda of-frono il pretesto per mantenere una truppa di 4000uomini «alfine di proteggere i tutsi congolesi».Contro questa truppa di dissidenti le forze armatecongolesi con il sostegno logistico della MONUChanno combattuto, a fine 2007, sanguinose, quan-to infruttuose battaglie, mettendo in fuga migliaiadi abitanti dei villaggi, finiti a gonfiare le fila dellecentinaia di migliaia di profughi di guerra stipatiin quest’angolo del Congo.

Stupri di inaudita brutalitàVittima principale della violenza è la popolazionecivile, terrorizzata e maltrattata da tutti – soldati,miliziani Mai Mai ed altre bande armate. «Questimiliziani vivono come selvaggi nella macchia con-golese, violentano le donne, saccheggiano il be-stiame, uccidono le persone e mettono a ferro e

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ridotto a 46 ministri, è deciso a cambiare le cose.Tra l’altro ha aumentato i miseri salari dei funzio-nari pubblici, cosa che diminuirà forse la loro pre-disposizione alla corruzione.Sotto la pressione del-l’opinione pubblica ha altresì fatto analizzare da unacommissione ministeriale i contratti di sfrutta-mento delle miniere stipulati tra il 1996 e il 2006.Il governo si è però ben guardato dal pubblicare le costernanti conclusioni alle quali è giunta lacommissione. Secondo il quotidiano Le Phare, chesembra essere in possesso del rapporto, la commis-sione avrebbe raccomandato di riesaminare o ri-negoziare tutti i contratti, in quanto lo Stato con-golese, come azionista di minoranza, è in totale balia delle decisioni delle parti contraenti.Nel bel mezzo del processo di revisione è ora spun-tato un nuovo attore, la Cina, che ha concesso alCongo un prestito di 5 miliardi di dollari in cam-bio del diritto di sfruttamento di due miniere delKatanga. E guarda caso, poco tempo dopo i finan-ziatori occidentali hanno assegnato al Congo 4 mi-liardi di dollari di aiuti allo sviluppo.La lotta delle potenze mondiali per le risorse con-tinua - anche nel Congo democratico.E intanto lagente attende nella speranza che le cose migliori-no,e alla domanda «come va?» risponde ancora:«unpeu»! ■

(Tradotto dal tedesco)

*Ruedi Küng è corrispondente della Radio SvizzeraDRS per l’Africa, con sede a Nairobi.

Alla fine del XIX secolo il geologo belga Jules Cor-net definiva le ricchezze del sottosuolo congoleseuno «scandalo geologico». A Lubumbashi, capo-luogo della provincia del Katanga,nel sud del pae-se, i ragazzi estraggono a mani nude le pietre cu-priche venate di verde e le rivendono ad interme-diari per quattro soldi, giusto di che sopravvivere– uno scandalo davvero, seguito da molti altri.Per trent’anni Mobutu e i suoi fedeli si sono ar-ricchiti sfruttando l’abbondanza di rame. Durantela guerra civile del dopo Mobutu è stata la voltadei generali zimbabwesi che difendevano LaurentKabila nella lotta contro i ribelli, ottenendo qualeindennizzo diritti di sfruttamento minerario.Quando il Congo venne spartito, i capi dei ribel-li e i loro mandanti in Uganda e Ruanda sfrutta-rono a proprio profitto i ricchi giacimenti, men-tre alti funzionari di governo svendevano conces-sioni minerarie a note multinazionali ed impresedi dubbia fama.Il rapporto d’inchiesta ONU 2003 sul saccheggiodelle risorse del Congo e quello stilato dalla Com-missione parlamentare congolese sotto la direzio-ne del deputato Lutundula nel 2005 hanno proiet-tato primi raggi di luce nell’oscurità di questi intrighi. Intrighi che avevano alla base cosiddetti«contrats léonins», contratti che lasciano la parte delleone dei profitti a privati, serbando solo le bricioleallo Stato e alla popolazione congolesi.

Nell’attesa di tempi migliori Frattanto nella capitale congolese Kinshasa soffia-no nuovi venti politici. Kin-la-poubelle – così lachiamano oggi i suoi abitanti – non è ancora tor-nata ad essere Kin-la-belle, come era nota e apprez-zata in passato. Ma il nuovo governo di Kabila,

L’oggetto della vita quotidianaL’anfora di terracottaNelle città dell’RDC i conte-nitori di plastica e vetro nehanno fortemente diminuitoil valore, ma in campagna è ancora un oggetto indi-spensabile per la maggiorparte della gente: l’anfora diterracotta. Frutto dell’anticatradizione dei vasai, l’anforaè a tutt’oggi utilizzata perconservare l’acqua potabilee le derrate. La forma e il luogo di conservazione variano in base all’impiegoprevisto. La padrona dicasa può collocare un’an-fora di terracotta dalla tipicaforma di avocado sul suolodella capanna e utilizzarlacome «frigorifero», chiu-dendo la stretta apertura e spruzzandola di tanto intanto con acqua, che eva-porando mantiene frescal’acqua contenuta. Per laconservazione di alimentisecchi la forma non è im-portante, e l’anfora può essere collocata ovunque.L’anfora è pulita, riempita e attinta esclusivamentedalla padrona di casa.

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(bf ) L’attuale impegno della DSC nell’RDC si in-serisce nel programma regionale dei Grandi Laghi,realizzato in modo coordinato dai tre attori di po-litica estera Aiuto umanitario, cooperazione allosviluppo e Divisione politica IV del DFAE. Unesempio è costituito dal Mapping Exercise, un’i-stantanea delle più gravi violazioni dei diritti uma-ni tra il 1993 e il 2003 sostenuta dalla Divisionepolitica IV del DFAE e dalla DSC, al servizio del-la giustizia congolese per il disbrigo di questi casi.L’Aiuto umanitario è attivo soprattutto a livello di aiuti alla sopravvivenza, e sostiene rifugiati, pro-fughi interni, programmi di rimpatrio, vittime diviolenze e organizzazioni internazionali come ilCICR, il Programma alimentare mondiale PAM ol’ACNUR, nonché svariate ONG.La cooperazione allo sviluppo si concentra geo-graficamente sulla provincia del Sud Kivu, all’estdel paese, e sui seguenti ambiti:

Sanità: le attività sono mirate, sul lungo termine,alla creazione di un sistema sanitario autonomo.Dametà 2008 due zone geografiche sono sostenutenella costruzione di ospedali e centri sanitari chedovranno assicurare servizi sanitari di base a mez-zo milione di persone.Parallelamente sono in cor-

so programmi di sostegno al decentramento a li-vello provinciale e di prevenzione a livello comu-nale.

Media: il sostegno offerto a Radio Okapi, all’a-genzia di stampa regionale Syfia Grands Lacs e alprogramma Panos si prefigge di offrire alla popo-lazione un’informazione di qualità e affidabile.

Proprietà fondiaria: è in corso la creazione, incollaborazione con l’università di Bukavu, di uncentro di raccolta pilota atto a garantire e ricono-scere la proprietà fondiaria privata.

Decentramento: sostegno al governo, medianteconsulenze tecniche, nella sua politica di decen-tramento nelle province o zone geografiche.

Varia: a livello locale e nazionale, tramite il Pro-gramma di sviluppo delle Nazioni Unite PNUDe diverse ONG svizzere si sostiene l’organizzazio-ne di elezioni locali che dovranno spianare la stra-da a fine 2008 verso il decentramento e il buon-governo locale. Dal 2009 saranno sostenute le riforme a favore del decentramento a livello na-zionale e provinciale.

Cifre e fattiDenominazione ufficialeRepubblica democratica delCongo

Superficie2,34 milioni di km2, terzopaese d’Africa

CapitaleKinshasa (7,8 milioni di ab.)

Popolazione58 milioni di abitanti

Lingue Francese (lingua ufficiale) Quattro lingue nazionali:swahili, tshiluba, kikongo,lingala

Gruppi etniciAll’incirca 400, fra cui i baluba (17 per cento), ibakongo (16 per cento) e i bamongo (13 per cento)

ReligioneLa maggior parte della po-polazione è costituita dacattolici cristiani (48 percento), seguiti da prote-stanti, kimbanguisti (fusioneautoctona di religione tradi-zionale e protestantesimo) e musulmani.

EconomiaLa maggior parte degli abi-tanti vive di agricoltura disussistenza. L’immensaricchezza di materie prime(fra le altre cose rame, co-balto, oro, columbite-tanta-lite, diamanti, gas metano,petrolio) non è ancora sfrut-tata a beneficio del paese.

La Svizzera e la Repubblica democratica del Congo Inserito nel programma regionale dei Grandi Laghi

RD Congo

Cenni storici

700 ca.Tribù bantu si insediano nella regione del-l’attuale RD del Congo.

XVI sec. Nel nord dell’attuale Repubblica, i zandehanno un sistema politico e i mangbetu una mo-narchia; il Regno del Congo entra in contatto conil cristianesimo introdotto dai portoghesi lungo ilcorso del basso Congo.

XIX sec.Viaggi di esplorazione suscitano l’inte-resse degli europei per una colonizzazione del ter-ritorio.

1885 Il re belga Leopoldo II fa del «Libero Statodel Congo» una sua proprietà e regno personale.Il territorio viene conquistato, i regni dei msiri edei tippu tib distrutti.

1908 Lo Stato belga assume l’amministrazione delCongo.

1911 Inizio dello sfruttamento del rame nel Ka-tanga.

1960 Il 30 giugno il Congo ottiene l’indipenden-za. Joseph Kasavubu diviene capo di Stato.Lo stes-so anno, con il sostegno di Stati Uniti e Belgio, ilpresidente dei ministri Patrice Lumumba è esau-torato. Sarà assassinato nel 1961.

1965 Il generale Mobutu Sese Seko sale al poterecon un colpo di Stato appoggiato dalla CIA.Cam-bia il nome del Congo in Zaire, introduce il par-tito unico e governa in maniera dittatoriale.

1990 Sotto la pressione dell’Occidente Mobutu in-troduce il sistema multipartitico.

1997 Laurent-Désiré Kabila rovescia Mobutu conil sostegno del Ruanda e dell’Uganda.Lo Zaire ri-assume il nome di Repubblica democratica delCongo.

1998 La ribellione contro Kabila, nuovamente sostenuta da Ruanda e Uganda, fallisce grazie al sostegno dell’Angola e dello Zimbabwe.

2001 Laurent-Désiré Kabila è assassinato, il figlioJoseph assume la presidenza.

2003 Accordi di pace di Sun City. Joseph Kabilamantiene la presidenza ad interim.

2006 Nel mese di giugno Joseph Kabila vince leprime elezioni multipartitiche dall’indipendenzadel paese. Nelle province del Kivu gli scontri pro-seguono.

RD CongoLago Vittoria

Lago Tanganica

Uganda

RuandaBurundi

Kenia

SudanRep. Centrafricana

Kinshasa

Angola

Zambia

CongoBrazzaville

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Désiré Baere Pene-Yanganya è capo redat-tore del Journal du Citoyen,un supplemento settima-nale d’informazione sulleelezioni e il processo de-mocratico nella Repubblicademocratica del Congo.Questo giornalista congo-lese è anche corrispon-dente di Radio Vaticanoe del quotidiano lussem-burghese LuxemburgerWort. In passato Baere halavorato come consulentein comunicazione per la Commissione elettorale indipendente dellaRepubblica democraticadel Congo. È stato anchecapo redattore della radioprivata Tropicana FM.

L’interminabile attraversata di Kinshasa

Una voce dal Congo

Priva di trasporti pubblici ufficiali e di sistemi diraccolta dei rifiuti e di eliminazione delle acque discarico – nonostante gli 8 milioni di abitanti –,Kinshasa, la capitale della Repubblica democrati-ca del Congo è una città miracolosa. Sui marcia-piedi fin dalle quattro del mattino i suoi abitantiattendono gli autobus di fortuna che garantisconoi trasporti pubblici. Si tratta spesso di vecchi fur-goni acquistati in Europa da congolesi della dia-spora che li spediscono a Kinshasa per sostenere lefamiglie rimaste al paese.Nulla di queste casse mo-bili ricorda il comfort di un autobus. I sedili sonopanche in legno disposte in file molto serrate, af-finché il veicolo possa contenere il maggior nu-mero possibile di viaggiatori. Recenti provvedi-menti hanno limitato a quattro il numero di per-sone per panca. In precedenza le regole del giocolo fissavano a cinque, a prescindere dalla larghezzadell’autobus – dunque, della panca – e dalla cor-pulenza dei passeggeri. Ciò non toglie che si puòessere felici se si trova un posto a bordo.

Nelle ore di punta gli autobus sono letteralmentepresi d’assalto.Ad ogni fermata la folla si accalca sulciglio della strada.Mai in fila. Il congolese non co-nosce l’ordine. Quando un autobus arriva, tutti siprecipitano verso la porta tenuta dal bigliettaio –senza alcun riguardo per l’età, il sesso o le condi-zioni fisiche. Quest’ultimo, spesso assai arrogante,esige che i passeggeri paghino prima di salire a bor-do. Quando la pressione è forte, si fa da parte e at-tende che il veicolo si riempia. Una volta venduti

i suoi biglietti ordina all’autista di partire. Secon-do la distanza, il prezzo della corsa varia da 200 a500 franchi congolesi (da 50 centesimi a 1.30 fran-chi svizzeri).

Davanti all’entrata dell’autobus la folla offre unospettacolo di baruffa.Due, tre persone si spintona-no per infilarsi contemporaneamente in una por-ta larga a malapena un metro. Succede spesso cheper un buon minuto nessuno vi riesca,poiché i pre-tendenti si ostacolano a vicenda. L’uno ha già fat-to entrare il busto, l’altro il braccio sinistro, il ter-zo la gamba destra. Impossibile avanzare fino aquando qualcuno non cede alla pressione esercita-ta dal di fuori.I bambini sono bistrattati se non han-no l’intelligenza di scivolare sotto le spalle, a voltetra le gambe degli adulti. Una volta accaparrato ilproprio posto, il calvario è terminato. Si ringraziaIddio per il miracolo. Un predicatore si alza e in-tona cantici al «Dio di bontà e d’amore che ha per-messo di avere respiro questo giorno, mentre tan-te persone sono ricoverate negli ospedali ed altresono morte questa notte». Accompagnato dallenote dei cantici, l’autista guida a rotta di collo perguadagnare un po’ di tempo. Il tragitto è lungo.L’autobus percorre fino a 30 chilometri prima diarrivare a destinazione. La mattina tutti si recano aGombe, il centro degli affari. La sera ognuno ri-entra nel proprio comune.

Le strade sono accidentate e piene di strettoie.Para-dossalmente è sui viali e sulle vie principali che sicircola meno bene: qui l’autobus ha poche proba-bilità di percorrere 100 metri in meno di dieci mi-nuti.Talvolta rimane immobilizzato per un’ora in-tera.Così,oggi occorrono due ore e mezza per per-correre 25 km laddove in passato mezz’ora era piùche sufficiente. Ogni giorno, dunque, milioni dipersone passano due ore sulla strada per raggiun-gere il loro luogo di lavoro e altrettante per rien-trare al loro domicilio.L’abitante di Kinshasa è ras-segnato a questo percorso del combattente.Per so-pravvivere non ha altra scelta. Ma a dispetto dellesue pene quotidiane è sempre gentile, non violen-to e pronto a perdonare ogni cosa. E benché la si-tuazione continui a deteriorare, i giovani seguita-no a rifuggire la vita penosa dei villaggi per veni-re a cercare in città un improbabile impiego. ■

(Tradotto dal francese)

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Un solo mondo n.2 / Giugno 2008 21

Un popolare ancorché estremamente antigienicomodo di smaltire escrementi umani è rappresenta-to dalle cosiddette «Flying Toilets»: impacchettatiin sacchetti, gli escrementi atterrano lì dove è ri-uscito a lanciarli il braccio umano. Questo è unesempio che descrive il giornaliero rituale dell’an-dare alla toilette di molti abitanti di Kibera, il mag-giore slum della capitale del Kenia Nairobi.

Per noi la toilette è un semplice ovvietà. Appro-posito della regolare andata in bagno, con conclu-siva lavata di mani, non c’è poi molto da dire. Percontro ci appare addirittura impensabile che 2,6miliardi di esseri umani – insomma, il 40 per cen-to della popolazione mondiale – non abbia acces-so a tali impianti igienici. Una delle conseguenzedirette è che su questo nostro pianeta, ogni 20 se-condi, un bambino muore per via di malattie diar-roiche, causate da un’insufficiente igiene nell’am-bito dell’approvvigionamento d’acqua potabile esmaltimento di quelle di scarico. Una tragedia chesi consuma in silenzio e che negli ultimi dieci anniha causato più vittime tra i bambini che non tuttii conflitti che si sono avuti a partire dal 1945.

Anche in Svizzera, fino alla metà del XIX secolovigevano condizioni igieniche sconfortanti: puzzodi escrementi ed un’onnipresente paura di amma-larsi a causa dell’acqua infetta caratterizzavano al-lora la situazione.Investimenti enormi,di circa 100miliardi di franchi, furono da allora dispiegati nel-l’ambito dello smaltimento e della depurazione del-le acque di scarico. Per contro nei paesi in svilup-po si evidenzia un notevole sottoinvestimento inquesto settore, in particolare nelle aree rurali.

L’ONU ha dichiarato guerra a questa inaccettabi-le situazione annunciando che il 2008 sarà l’annointernazionale dell’assistenza sanitaria di base. La

Svizzera partecipa a quest’azione internazionale elancia autonomamente una campagna nazionaleper indicare che un impegno ulteriore in questoambito appare sin d’ora ineluttabile. Imprescindi-bile è anche l’educazione ad un comportamentoigienico, in particolare per ridurre i casi di malat-tia:andare alla toilette e quindi lavarsi le mani è abi-tudine corrente, ma in molti luoghi devono anco-ra realizzarsi le condizioni minime per giungere aciò.

Anche se questa tematica non propone un’imma-gine particolarmente attrattiva e suggerisce sco-mode associazioni di idee, resta essenziale e di fon-damentale significato per un ambiente di vita sano.Maggiori informazioni riguardanti la problemati-ca dell’assistenza sanitaria di base e la campagna inSvizzera si trovano nell’opuscolo allegato a questaedizione di «Un solo mondo». ■

Buona lettura!

Beate WilhelmVicedirettrice della DSC

(Tradotto dal tedesco)

La toilette – una conquista tutt’altro che scontata

Opinione DSC

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(mr) Nelle prime ore del mattino dell’8 ottobre2005 nelle zone montagnose del Cachemire si èverificato il più grave terremoto degli ultimi 100anni. Il sisma ha raggiunto i 7,6 gradi della scalaRichter. Nei tre Stati colpiti, ovvero in Pakistan,India e Afghanistan, il bilancio in termini di viteumane è stato durissimo: 70 mila i morti e altret-tanti feriti.Nel solo Pakistan si sono contati 2 mi-lioni di senzatetto. Complessivamente sono anda-te distrutte 600 mila abitazioni. La situazione inPakistan, epicentro del sisma, è molto più tragicadi quella presentatasi negli altri paesi. L’aiuto del-la DSC si è dunque concentrato dall’inizio su que-sto paese.

Partenza difficileAi superstiti e ai soccorritori si è presentato unoscenario terribile: interi paesi erano stati letteral-mente rasi al suolo. L’esercito pakistano chiamatoa fare un primo sopraluogo e un bilancio dei dan-ni è stato messo a dura prova perché di molte case,costruite con il fango, non vi erano più tracce.Altrettanto grande è di conseguenza stata l’in-

dignazione della gente che ha stentato a dimostrarel’esistenza della propria casa. Varie ONG localihanno inoltre contestato, in quanto inapplicabili,i requisiti richiesti dalla Earthquake Reconstructionand Rehabilitation Authority (ERRA) per la rico-struzione delle case secondo le norme antisismi-che. L’ente statale che coordina il programma diricostruzione aveva, infatti, inizialmente richiestoche gli edifici fossero ricostruiti con cemento ar-mato. Una richiesta quasi impossibile da assolvereper gente che vive in località montane rese irrag-giungibile a causa delle strade distrutte dal terre-moto. La DSC partner istituzionale dell’ ERRAper la ricostruzione delle case nelle zone di cam-pagna è dunque intervenuta a favore della popo-lazione locale.«Abbiamo richiesto all’ERRA di ri-conoscere anche altri metodi di ricostruzione piùsicuri contro i terremoti,» spiega Stephanie Guha,coordinatrice supplente di programma della DSC.

Assicurare il flusso delle informazioni L’aiuto umanitario della DSC gestisce due dei 12centri di ricostruzione dell’ERRA, uno a Bata-

Ricostruire il proprio futuro

Nella ricostruzione delle zone terremotate del Pakistan l’aiutoumanitario della DSC ha messo in atto un approccio innovati-vo: ad occuparsi della ricostruzione sono dei comitati di vil-laggio. Sono così sorti non solo nuovi edifici, ma anche un nuo-vo modo di concepire il bene comune e la volontà di prenderein mano il proprio futuro.Includere le donne nella

ricostruzioneLa regione colpita dal sismaè molto conservatrice, fuoricasa le donne non possonointrattenere alcun contattocon degli uomini. Per que-sto motivo sono stati creatiin alcuni villaggi dei comitatidi sole donne. Inoltre, inogni team mobile collaboraun’assistente sociale donna.Infatti le donne, e soprat-tutto le vedove, hanno par-ticolare bisogno di soste-gno. «Le donne che hannoperso i loro mariti nel terre-moto spesso non possonocontare per la ricostruzionedella loro abitazione sul-l’aiuto dei loro parenti,»spiega Stephanie Guha.Nella circoscrizione comu-nale di Shamlai (Batagram)sono dunque stati organiz-zati corsi appositi per soledonne che sono state intro-dotte nelle diverse tecnichedi ricostruzione. In questomodo è possibile integrarlenel processo di ricostru-zione.

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Una bottega per OmerJanPer gli ammalati e le per-sone che stanno ai marginidella società riprenderepiede dopo il terremoto èparticolarmente difficile. I team mobili della DSC, in visita nei diversi comuni,sono dunque stati partico-larmente attenti ad indivi-duare e prendere contattocon i più bisognosi. A Dhano, un villaggio montano nel distretto diMansehra, il comitato di villaggio ha segnalato alteam il caso della famigliadi Omer Jan. La trentatre-enne, madre di sei bambini,coniugata con un uomo afflitto da tubercolosi, è co-stretta a mantenere l’interafamiglia, anche se di recentila stessa donna si è amma-lata dello stesso morbo.Grazie al sostegno dellaDSC, Omer Jan ha ora potuto aprire una piccolabottega a casa sua ed ècosì in grado di provvedereai bisogni della famiglia.

gestisce l’implementazione a livello comunale.L’ERRA a sua volta è incaricata della distribuzionedei contributi di sostegno alle persone colpite dalcataclisma. L’intero programma è finanziato dallaBanca mondiale.

I comitati si prodigano per lo sviluppo deicomuniDi modo che le informazioni possano effettiva-mente giungere al mittente, ed essere anche a di-sposizione delle donne e degli strati di popolazio-ne più povere, i team mobili hanno organizzatonei vari comuni dei comitati per la ricostruzionedelle case private. I membri dei comitati, deno-minati Village Recostruction Committees (VRC),sono nominati dagli abitanti dei singoli villaggi.In molte località,come conferma Stephanie Guha,i comitati si sono via via emancipati e promuovo-no ora in modo autonomo anche altre attività teseallo sviluppo del proprio comune.Nella circoscrizione comunale di Mahandri, peresempio, diversi comitati si sono uniti per acqui-stare congiuntamente il materiale necessario allaricostruzione, e a Tapka Shakhel, un villaggio nel-la circoscrizione di Batagram,il comitato è riuscitoa risolvere un conflitto concernente un appezza-mento di terreno necessario per costruire un pon-te per garantire una via d’accesso al paese. ■

(Tradotto dal tedesco)

gram e l’altro a Balakot. I due centri situati nellaProvincia di frontiera nord-ovest (N.W.F.P.) sonoattivi a livello di distretto e promuovono soprat-tutto corsi e consulenza sulle tecniche di rico-struzione più sicure. I corsi oltre che da murato-ri, ingegneri,membri dell’esercito,assistenti socialie formatori sono frequentati anche da semplici cit-tadini che vogliono ricostruire da sé le propriecase.A livello dei singoli comuni sono invece at-tive delle organizzazioni partner. Queste operanocon dei team mobili, composti da tre persone, unmuratore o un ingegnere e due assistenti sociali,in genere una donna e un uomo. I team si sposta-no da un comune all’altro per diramare tra la gen-te le informazioni sui metodi di ricostruzione ri-conosciuti e sulle modalità di finanziamento del-l’ERRA. Sono, infatti, i singoli cittadini a doverrimettere in sesto le proprie abitazioni. Ma solochi segue le direttive dell’ERRA fruisce di un so-stegno finanziario. Le autorità preposte controlla-no le diverse fasi di ricostruzione e versano i con-tributi destinati ai proprietari degli edifici solo allafine di ogni tappa.La DSC, oltre a gestire i due centri di ricostru-zione è anche attiva come organizzazione partnere in questa veste coordina il lavoro di diversi teammobili, segnatamente tre nella circoscrizione co-munale di Shamlai (Batagram) e altrettanti in quel-la di Mahandri (Balakot). La DSC svolge così unaduplice funzione: i centri di ricostruzione si oc-cupano del flusso d’informazione a livello distret-tuale,mentre quale organizzazione partner la DSC

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( jls) Il Laos effettua regolarmente censimenti del-la popolazione e sondaggi nazionali presso le fa-miglie. Finora il governo locale e i donatori stra-nieri si fondavano su questo materiale per pianifi-care i loro programmi e le loro politiche disviluppo. Presto avranno una visione aerea dellesvariate sfaccettature della povertà, cosa che mi-gliorerà sensibilmente l’analisi delle poste in gio-co.Su mandato della DSC,il Centro per lo sviluppoe l’ambiente dell’Università di Berna sta creandoun atlante socio-economico del Laos; basandosisulle statistiche esistenti, converte i dati in cartegeografiche digitali. «Queste migliaia di tabelle egriglie sono molto più eloquenti allorché si puòvisualizzare concretamente il loro contenuto. L’at-lante fornisce informazioni che non potremmo maiottenere compilando statistiche», spiega AndreasHeinimann, ricercatore del centro.

Scuole non poi così distanti Una delle carte illustra la distribuzione geograficadella povertà a livello dei villaggi.Altre riflettonoi gruppi etnici, l’ubicazione delle scuole, la per-

centuale di persone attive, i pozzi d’acqua, le fa-miglie collegate alla rete elettrica, la mortalità in-fantile eccetera. Il confronto incrociato dei dati,reso possibile da particolari software, permette diottenere informazioni interessanti. Ad esempio,una carta mostra che il tasso d’alfabetizzazione èmolto debole nelle zone montane; da un’altra sievince che dall’80 per cento dei villaggi è possibi-le raggiungere una scuola in meno di trenta mi-nuti. Conclusione: non è la mancanza di infra-strutture scolastiche a spiegare l’analfabetismo.«Questa constatazione ha fatto vacillare un’idea lar-gamente diffusa nel Laos, secondo cui molti mon-tanari non imparano a leggere e scrivere perchétroppo distanti da una scuola. Bisognerà dunquecercare altrove la causa», osserva Nicolas Randin,incaricato di programma per la DSC. «L’atlante cipermette di sollevare i quesiti giusti, che danno aloro volta luogo ad analisi più approfondite.È unostrumento molto potente».L’atlante sarà pubblica-to in versione stampata, su CD e in Internet. ■

(Tradotto dal francese)

Il volto della povertà in Vietnam Nel 2004 il Centro per lo sviluppo e l’ambientedell’Università di Bernaaveva già realizzato un at-lante socioeconomico delVietnam, nel quadro delPolo di ricerca nazionaleNord-Sud. Cofinanziatodalla DSC lo studio hamesso in luce nuovi aspetti– che hanno influito sulledecisioni in materia di sviluppo. Ad esempio, ha stabilito che il principalefattore di povertà è l’ap-partenenza ad un’etnia mi-noritaria. Il fatto di abitarein regioni di difficile ac-cesso svolge soltanto unruolo secondario. D’altrocanto, l’immagine della po-vertà è completamente diversa se si considera lapercentuale di persone in-digenti o la loro cifra asso-luta: nelle regioni di monta-gna la proporzione sfiora il 100 per cento, ma la po-polazione è talmente radache il numero di poveri èmolto contenuto; nelle re-gioni di pianura densa-mente popolate, invece, i poveri rappresentano unesercito, pur costituendosolamente una debole per-centuale della popolazione.

Un atlante eloquente per il LaosSu mandato della DSC alcuni geografi dell’Università di Bernastanno elaborando un atlante socioeconomico del Laos. Unamoltitudine di dati potrà essere visualizzata su carte geografi-che digitali interattive. Questo strumento faciliterà la pianifica-zione di programmi a favore delle popolazioni più svantaggiate.

Accesso alle scuole elementari: il colore verde sta permeno di 30 minuti, il rosso indica un percorso per arri-vare a scuola lungo più di 4 ore

Le principali fonti d’acqua nel Laos

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Martin Dahinden nominatonuovo direttore della DSCNel mese di aprile il Consigliofederale ha nominato MartinDahinden quale Direttore dellaDSC. L’ambasciatore Dahinden,entrato in funzione il 1° maggio2008, succede all’ambasciatoreWalter Fust.Al momento dellanomina Martin Dahinden espli-cava la funzione di Direttoredelle risorse e della rete esterna(DRE) del Dipartimento federaledegli affari esteri. Egli era re-sponsabile delle risorse del dipar-timento, dell’esercizio della retedelle rappresentanze svizzere all’estero e delle prestazioni con-solari. Nato nel 1955 a Zurigo,Martin Dahinden diresse il cen-tro per lo sminamento umanita-rio a Ginevra. Durante la sua carriera al DFAE, Dahinden èstato impiegato a Ginevra(Delegazione svizzera presso ilGATT), all’ambasciata a Parigi,quale supplente del capo mis-

sione a Lagos, Nigeria, e per unbreve periodo alla missione svizzera presso le Nazioni Unitea New York.Alla centrale ha successivamente occupato le funzioni di collaboratore presso ilservizio per la politica di disarmoe delle questioni nucleari, di capodella Sezione OSCE e di sup-plente del capo dello stato mag-giore di coordinazione durante la presidenza svizzera dell’OSCEnel 1996. In seguito è stato sup-plente del capo della Missionesvizzera presso la NATO aBruxelles. Prima di accedere alla carriera diplomatica, MartinDahinden ha studiato economiaottenendo il dottorato dell’Uni-versità di Zurigo. Ha lavoratocome assistente presso la stessauniversità come pure per un isti-tuto bancario e una casa editrice.Martin Dahinden è sposato e padre di due figli.

Appello ai testimoni dellaSvizzera umanitaria ( juj) Da alcuni decenni migliaiadi svizzeri e svizzere, in tutto ilmondo, sono state impegnate inmissioni di tipo umanitario. Oraun ambizioso progetto di storiaoralmente tramandata – che rac-coglierà i loro ricordi più signifi-cativi – sarà loro consacrato.Intitolata «Humem – La memoriadella Svizzera umanitaria / Lamémoire de la Suisse Humani-taire», l’opera ripercorrerà la sto-ria della Svizzera umanitaria dal1945 ad oggi. Per condurre inporto tale progetto sostenutodalla DSC, il realizzatore FrédéricGonseth ed il suo team cercanodonne ed uomini che hanno partecipato a missioni umanitarieall’estero durante gli ultimi sessanta anni e che son pronti a raccontare le loro esperienze.Questi colloqui condotti da storici e cineasti saranno filmati.Successivamente saranno raccolti

in un archivio audiovisivo acces-sibile al pubblico. Potranno dun-que essere utilizzati per esposi-zioni oppure per progettiletterari, cinematografici, e natu-ralmente saranno messi a disposi-zione di ricercatori e giornali-stici. In un primo tempo uncentinaio di persone saranno in-terpellate e spinte a completare le loro testimonianze con dellefotografie, note personali o rap-porti. L’Associazione humem utilizzerà in seguito tale mate-riale per farne un’esposizione itinerante interattiva, un libro edun cofanetto DVD che potrà es-sere utilizzato in particolare nellescuole per tematizzare l’aiutoumanitario.Ulteriori informazioni in tedesco ofrancese: www.humem.ch

Dietro le quinte della DSC

(bf ) Letteralmente tradotto il termine inglese «mainstream» si-gnifica «corrente principale».E dunque mainstreaming vuol dire«farne corrente principale», «portarlo nella corrente principa-le». Fondamentalmente, con questo termine ci si riferisce ad untema, un metodo o ad un approccio che finora era di poca ri-levanza,ma che ora deve influire quale componente centrale sututte le decisioni e processi operativi. Nella cooperazione allosviluppo il termine è usato in relazione a tematiche quali «ge-nere», buongoverno, giovani o Aids. Per esempio, con «gendermainstreaming» si vuole affermare che in tutti i progetti DSCgià nella fase di formulazione di progetto si dovrà tematizzareil rapporto tra i sessi ed evidenziare gli obiettivi e le strategie asupporto delle pari opportunità. Inoltre, sarà necessario che nel-la fase di pianificazione si prendano in considerazione dati re-lativi al genere che siano di una certa rilevanza per gli obietti-vi dell’attività. Nella fase di implementazione del progetto, dal-l’inizio fino alla valutazione finale, si utilizzeranno dunqueindicatori di «genere», cosa che però è possibile soltanto se sidispone di una sufficiente quantità di dati ripartiti a seconda delsesso. Ci si dovrà inoltre assicurare, anche a livello istituzionale,che il «gender mainstreaming» sia possibile: dalla fase di finan-ziamento a quella del coinvolgimento di esperti in ambito «ge-

Che cos’è… mainstreaming?

nere»,dall’esecuzione di un cosiddetto «gendertraining» fino allastesura di una serie di rapporti in merito all’oggetto del main-streaming.

25Un solo mondo n.2 / Giugno 2008

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i paesi del Sud. «L’oro verde» potrà portare dina-mismo nelle loro economie e ridurre la povertà.Ma per il momento di tale produzione approfit-tano soprattutto le multinazionali ed i grandi pro-prietari terrieri. Le popolazioni non conosconoche il lato peggiore del fenomeno.La rapida estensione delle superfici agricole con-sacrate alle piante energetiche si accompagna aduna riduzione delle colture alimentari. I biocar-buranti entrano così in concorrenza con l’ali-mentazione, proprio mentre 854 milioni di esse-ri umani soffrono di malnutrizione. «Ci impadro-niamo del nutrimento dei poveri con il solo scopodi non dover cambiare le nostre abitudini di mo-bilità, di continuare ad andare in macchina senzarestrizioni e con la coscienza tranquilla», ribatteRosmarie Bär, coordinatrice della politica di svi-luppo di Alliance Sud.Il boom degli agrocarburanti contribuisce all’au-mento del prezzo dei cereali e di altre derrate ali-mentari, per le quali i prezzi hanno raggiunto re-

Il mercato dei biocarburanti – o agrocarburanti –è in pieno sviluppo. Molti Stati puntano su que-sto tipo di energia per frenare il riscaldamento cli-matico, ridurre la loro dipendenza energetica edoffrire nuovi sbocchi all’agricoltura. Pertanto in-coraggiano con svariate misure di sostegno la pro-duzione e l’utilizzo di carburanti derivati dal mais,dalla colza, dalla soia, dalla canna da zucchero, ecc.Nei paesi dell’OCSE le sovvenzioni statali am-montano a 15 miliardi di dollari l’anno. Attual-mente, i sostituti di origine vegetale non rappre-sentano però che l’1 per cento del carburante usa-to nel trasporto.Tuttavia, gli Usa intendono, entroil 2017, portare tale proporzione al 20 per cento,mentre l’Unione Europea punta al 10 per centoentro il 2010. Per fare ciò dovranno aumentare leimportazioni provenienti dai paesi emergenti edin via di sviluppo.

Il conflitto è tra energia e alimentazione Una tale prospettiva appare piena di promesse per

Quando si deve scegliere tra mangiare e andare in macchina

Sempre più spesso terreni agricoli sono adibiti alla coltivazio-ne su grande scala di piante alimentari destinate ad essere tra-sformate in carburante. Gli operatori della cooperazione allosviluppo sono preoccupati per l’impatto negativo che que-st’evoluzione produce per le popolazioni povere e l’ambiente.È ora in preparazione un marchio di qualità. Di Jane-LiseSchneeberger.

Questione di genera-zioneI biocarburanti attuali, quellidetti di prima generazione,sono prodotti utilizzando la parte commestibile dellepiante comunemente colti-vate. Le due principali sipresentano sotto forma liquida: il bioetanolo, che si miscela alla benzinaconvenzionale, si ottienecon la trasformazionedell’amido o dello zuccherocontenuti da diversi vege-tali (mais, grano, patatadolce, canna da zucchero,barbabietola); il biodiesel,che si aggiunge al carbu-rante diesel di origine fos-sile, si ottiene con la spre-mitura di semi oleaginosi,ad esempio quelli dellacolza, del girasole, dellasoia e della palma da olio.Ricercatori ed industriali la-vorano alla messa a puntodi tecnologie che consen-tano di convertire in bioe-tanolo l’insieme della pian-ta, così come tutti gli altrivegetali ricchi di cellulosa(paglia, erba medica,legno, corteccia, foglie,stallatico, trucioli, ecc.). I biocarburanti di secondagenerazione non influi-ranno sulle risorse alimen-tari, ma non saranno disponibili prima di dieci o quindici anni.

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cord epocali. Secondo l’Istituto internazionale diricerche sulle politiche alimentari (IFPRI) i prez-zi continueranno a crescere. Tale rincaro colpiràin maniera brutale i consumatori più poveri chedestinano tra il 50 ed il 70 per cento del loro red-dito al nutrimento. I prezzi elevati sono in prin-cipio interessanti per gli agricoltori che traggonoun maggiore profitto dai raccolti. Ma si tratta diun mercato molto volatile, rileva Willi Graf, inca-ricato dalla DSC di seguire il fenomeno: «Per laprima volta nella storia, il prezzo del cibo dipen-de da quello dell’energia.Questa dipendenza aber-rante può generare forti fluttuazioni. Se un gran-de paese produttore decide di non produrre piùetanolo, metterà sul mercato una grandissimaquantità di cereali o di zucchero destinati all’ali-mentazione; cosa che provocherà il crollo dellequotazioni, ed i piccoli produttori non dispongo-no di riserve finanziarie per ammortizzare talichoc».Inoltre, l’introduzione di nuove colture ha causa-to in molti paesi la partenza, non certo volonta-ria, dei piccoli agricoltori che vanno a vivere nel-le bidonville. E coloro che si mettono al serviziodei padroni delle piantagioni lavorano per salari dimiseria ed a volte in condizioni prossime allaschiavitù.

Nessuna sovvenzione! Queste monocolture,estremamente avide d’acqua,di fertilizzanti e pesticidi, provocano comunque

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danni ecologici. Nel maggio del 2007 il Labora-torio federale per la prova dei materiali (LFPM)ha evidenziato che gli agrocarburanti non sono ne-cessariamente più rispettosi dell’ambiente di quan-to non siano benzina e carburante diesel conven-zionali. In effetti, l’LFPM ha calcolato l’ecobilan-cio di ciascuna delle filiere produttive, tenendoconto dell’energia fossile utilizzata per la colturae la trasformazione delle piante.Tra le produzio-ni emergono grandi differenze. Così, l’etanoloprodotto in Brasile con la canna da zucchero è net-tamente più redditizio, finanziariamente ed eco-logicamente, di quello ottenuto dal mais negliStati Uniti. In generale, la produzione è più effi-cace nell’ambito dei paesi tropicali, grazie al cli-ma favorevole ed al costo della manodopera. Aqueste latitudini, la principale minaccia all’am-biente proviene dal dissodamento delle forestetramite il debbio, che libera nell’atmosfera grandiquantità di CO2 e distrugge la biodiversità. Nellezone temperate, l’ecobilancio è soprattutto grava-to dall’elevato uso di fertilizzanti e dalla mecca-nizzazione.Considerato l’impatto negativo degli agrocarbu-ranti, la DSC giudica che il loro modesto contri-buto alla riduzione dei gas a effetto serra non giu-stifichi il fatto che siano privilegiati rispetto ad al-tre fonti energetiche. «Allo stato attuale dellatecnologia, nessuna sovvenzione dovrà essere ac-cordata alla produzione di massa e su grandi su-perfici», afferma Willi Graf.Per contro, la DSC so-

La coltura di piante desti-nate ad essere trasfor-mate in carburante (nellapagina accanto un campodi canna da zucchero inBrasile) produce spessoeffetti negativi per l’am-biente e minaccia le colture di piante per l’alimentazione.

I principali produttoriSono il Brasile e gli StatiUniti a fornire il 70 percento dell’attuale produ-zione mondiale di bioeta-nolo. Per ottenere questobiocarburante, che è in assoluto il più utilizzato nel settore dei trasporti, gli americani trasformano il mais ed i brasiliani lacanna da zucchero. Il restante 30 per cento èprodotto essenzialmentedall’Unione Europea (UE),che converte cereali e barbabietole, dalla Cina(mais, manioca e riso) e dall’India (canna da zucchero, jatropha). Inquanto al mercato del bio-diesel, esso è dominatodall’UE, che produce l’80per cento del volume to-tale, principalmente utiliz-zando semi di colza e gira-sole. Ma il biodiesel faprogressi anche negli StatiUniti, in Australia ed inmolti paesi emergenti o invia di sviluppo. Fra questifigurano l’Argentina ed ilParaguay, che dispongonogià ora di vaste piantagionidi soia, così come laMalesia e l’Indonesia, i duepiù importanti produttorimondiali di olio di palma.

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stiene le iniziative a livello locale. È possibile co-prire il fabbisogno energetico di villaggi remotialimentando dei generatori con biodiesel estrattoda piante oleaginose coltivate sul posto.

Un marchio di qualitàLa produzione dovrà sottostare a precise norme,sociali ed ecologiche. È per ciò che la tavola ro-tonda sui biocarburanti sostenibili,organizzata nel2007 dal Politecnico federale di Losanna (EPFL)– ed alla quale hanno presenziato circa 600 parte-cipanti da tutto il mondo, provenienti dal settoreindustriale, da quello della società civile e dal-l’ambito accademico – elabora un sistema di stan-dardizzazione.«Partiamo dall’idea che le norme sa-ranno facilmente accettate, visto che tutti gli at-tori avranno partecipato alla loro stesura», affermala coordinatrice Charlotte Opal. Le imprese po-tranno riferirsi a tale strumento per migliorare leprocedure, mentre i governi potranno stabilirequali filiere meritano sovvenzioni o esenzioni fi-scali. Sarebbe sbagliato rifiutare in blocco i bio-carburanti, insiste Charlotte Opal. Seppure alcunievidenziano un ecobilancio deprecabile, ce nesono altri che, già oggi, sono prodotti in manierasostenibile. «Questo settore può davvero rappre-sentare una chance per il Sud. Ben organizzate, legrandi piantagioni possono creare posti di lavoroin zone rurali. Ed altre filiere costituiscono dellefonti potenziali di reddito per piccoli agricoltoriorganizzati in cooperative». A questo riguardo,la jatropha è una delle piante più promettenti,aggiunge Charlotte Opal. Questo arbusto dalla

rapida crescita esige molto lavoro manuale,ma cre-sce bene su terreni aridi o degradati, poco indicatiper la coltivazione di piante alimentari.

Esplorare altre fonti energeticheRosmarie Bär dubita dell’efficacia di una standar-dizzazione: «Si possono stabilire norme sull’effi-cacia energetica o sulle condizioni di lavoro.Tut-tavia, resta il problema fondamentale, e cioè chequesto genere di industria priva i poveri del loronutrimento,delle loro terre e delle risorse idriche.Può essere che i biocarburanti di seconda genera-zione portino una vera soluzione, ma non è cosadi domani». Queste tecnologie che permetteran-no di trasformare dei vegetali non commestibilisono attualmente allo studio. Secondo Willi Graf,converrebbe comunque intensificare le ricerchesull’energia solare ed eolica, oltre a quelle riguar-danti i motori a idrogeno.Tutte fonti energetichesino ad oggi insufficientemente esplorate. ■

(Tradotto dal francese)

Bio o agroLa denominazione «biocar-buranti» si è imposta negliultimi anni e va a designarel’etanolo o un carburantediesel prodotto a partire davegetali. Il prefisso «bio» lascia supporre una prove-nienza diretta da un’agri-coltura di tipo biologico,che non sovraccarichi l’am-biente. In realtà, spesso talicombustibili provengonoda piante geneticamentemodificate e coltivate inmaniera industriale, su va-ste superfici, con elevatouso di fertilizzanti e pesti-cidi. È per questo che cer-tuni preferiscono utilizzare il termine «agrocarburanti»,lanciato da Via Campesina,un movimento internazio-nale di difesa dei piccoliagricoltori.

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Un biglietto di andata e ritornoPort-au-Prince/Florida – ma lagiovane donna sa che non faràritorno. La zia si è alzata all’albaper offrirle una colazione tradi-zionale. È da molto tempo chele tradizioni ristagnano dietro lemontagne verso le quali nessunovolge lo sguardo. Quelle monta-gne che dominano i quattro an-goli dell’isola. Dèyè mòn gen mòn.Alle loro siluette non ci si puòsottrarre – a meno di non es-serne costretto dalla miseria.

Siamo all’aeroporto internazio-nale di Port-au-Prince, l’Aéro-port Toussaint Louverture, dalnome del grande stratega,schiavo intelligente che si battéper l’emancipazione dei neri all’epoca di Santo Domingo.Oggi, per simboleggiare questaparte d’isola, l’immagine del ge-nerale rivaleggia con quella dizona più malfamata della capi-tale. Per i media internazionaliHaiti si riassume a Cité Soleil e ai suoi bambini affamati o èanche la terra di Toussaint Lou-verture e della prima repubblicanera, vittoriosa sull’esercito diNapoleone?

Io, la scrittrice, vedo la giovanedonna sgranare gli occhi senzalacrime di fronte al destino. Girarisolutamente la schiena al quo-

tidiano di seccature e di umilia-zioni.Alla scuola che l’ha espulsaperché non aveva pagato la retta,alla fame troppo presente inquesto alloggio esiguo della capitale in cui la zia l’ha accoltadopo la morte della madre.Vorrebbe cancellare i ricordi chegiustificano la sua partenza, mapesano troppo nella sua borsa daviaggio. Molto più dei dolciumiche sua zia vi ha infilato: baston-cini alla menta dai colori dell’ar-cobaleno, confezioni di dolcialle noci. Noci che provengonodirettamente dal loro villaggionatìo. Un piccolo borgo al nord,dove la vita profuma ancora difoglie d’arancio.

Per un secondo il mio sguardoincrocia il suo, e vi leggo lasfida, l’angoscia e un barlume disperanza così infimo che credodi sognare. La giovane donna ro-vista nella borsa come per sfug-gire a qualsiasi desiderio di con-tatto. Fragranze di dolci al burrosi mescolano a quelle delle noci.La vedo richiudere la borsa conun gesto rabbioso. I suoi occhiimprovvisamente umidi svelanoun dispiacere che ella rifiuta contutto il suo corpo uggioso edimpaziente. Dietro gli occhivede la zia stringerla un’ultimavolta: «Sii coraggiosa, tua madresarebbe contenta di sapere che

hai la tua opportunità!» La ra-gazza respinge quest’immagineche le dà troppa voglia di pian-gere, la sostituisce con quella delsuo ultimo fallimento alla matu-rità, con le lunghe quanto inutiliiniziative alla ricerca di un im-piego. Con il suo sconforto co-stante dinanzi ad una vita chenon offre un pizzico di felicità,nessun angolo dove aspettareche finisca la sfortuna.

La voce impersonale degli alto-parlanti annuncia l’imbarco delvolo a destinazione di Miami.Cancello A. Imbarco immediato.La giovane donna si alza, neisuoi passi tutti gli «arrivederci»che non pronuncerà.Al suo pic-colo fratello che, imbronciatonel suo dispiacere, ha nascosto ilviso tra le mani per non vederlasalire sul tassì.Al suo ragazzo,che ha tentato svariate volte di raggiungere le coste dellaFlorida dall’Isola della Tartaruga.I guardacoste americani lohanno respinto così sovente chela sua siluette si è curvata perconfondersi con l’abbozzo di unveliero abbandonato dal vento.

Io, la scrittrice, seguo con gli occhi la giovane donna che pro-cede pesantemente sulla pista,verso altrove. Improvvisamentevolge lo sguardo alle sue spalle,verso quest’isola che presto nonsarà più che un panorama di-stante: la vista desolante di unaterra devastata, sagome minu-scole. Le montagne, impassibili e dignitose, le inviano un odorepersistente di foglie d’arancio. Lavedo asciugarsi rabbiosamentegli occhi. Le lacrime le rigano ilviso in silenzio, mentre i portel-loni dell’aereo si richiudono. ■

(Tradotto dal francese)

Il primo viaggio

Carta bianca

Évelyne Trouillot, di naziona-lità haitiana, nasce nel 1954 a Port-au-Prince, dove risiedea tutt’oggi. Autrice di racconti,poesie, favole e romanzi, èanche professoressa di fran-cese presso l’UniversitàStatale e un’università privata.Évelyne Trouillot ha pubblicatoromanzi e raccolte di novelle e di poesie in francese e increolo, nonché un saggiosull’infanzia e lo Stato di dirittoad Haiti intitolato Restituerl’enfance (Haïti SolidaritéInternationale, 2002). Il suo romanzo Rosalie l’infame (initaliano alle ed. Gorée, 2006)ha ottenuto nel 2004 il Prix dela romancière francophone, a Grenoble, e la sua primaopera teatrale Le Bleu de l’îleha vinto ex aequo il primo premio al Prix Beaumarchaisdes Écritures théâtrales de laCaraïbe del 2005.

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i mezzi finanziari per la tradu-zione, per le campagne pubbli-citarie che cercano di accatti-varsi la simpatia del lettoreprevenuto. E ci vogliono criticicompetenti che si tuffano conentusiasmo nella ricerca delleperle letterarie e che siano ingrado di rendere partecipi di questo entusiasmo anche ilettori dei feuilleton.Nella zona germanofona «lecase editrici che da anni si occupano di letteratura prove-niente dal Sud si contano prati-

camente sulle dita di unamano», conferma Chudi Bürgi,che per artlink si occupa di«Der andere Literaturklub» (v. colonna a margine). Nella casaeditrice Unionsverlag (Zurigo)escono libri da svariati conti-nenti, l’editore Lenos Verlag(Basilea) è specializzato in letteratura araba, il Rotpunkt-verlag (Zurigo) pubblica libridall’America latina, la casa edi-trice Ammann Verlag (Zurigo)punta su singoli nomi. E l’edi-tore Peter Hammer di

«Un libro è un giardino nellanostra tasca». Non esiste forsedescrizione più appropriata diquesto proverbio arabo per ri-specchiare in termini concisi ilpotere della parola scritta.Tuttavia la strada che porta i li-bri provenienti da altre culturenella tasca del lettore locale èparticolarmente gremita di dif-ficoltà. Fatta eccezione per unadozzina di nomi noti a tutti –quali Gabriel García Márquez,Jorge Amado, Isabel Allende,Ahmadou Kourouma, Nadine

Gordimer, Nagib Mahfuz,Tschingis Aitmatov per citarnealcuni, e altri autori affermatisirecentemente quali l’egizianoAlaa al-Aswani o l’afganoKhaled Hosseini – l’accesso almercato del libro europeo pergli autori del Sud è estrema-mente difficile.Gli ostacoli da superare sonomolti.Anzitutto è necessariotrovare una casa editrice che ac-cetti di lanciarsi in un’avventuracon uno scrittore da noi per lopiù sconosciuto. Sono necessari

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Un giardino in tasca Per i libri provenienti dal Sud del mondo la strada per affermarsi sul mercato europeo è irta di ostacoli. Devono lottare contro pregiudizi, casse vuote e caseeditrici poco propense al rischio. Ma mentre gli autori africani faticano ancoraoggi, la letteratura latinoamericana si è ormai affermata. Di Maria Roselli.

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Wuppertal, in Germania, è notoper la traduzione di autori afri-cani.

Il lettore, il «vigile» del mer-cato dei libri Marguerite Duras, scrittricefrancese cresciuta in Indocina,in una delle sue opere scrisseche i libri sono nell’aria, e chel’autore è solo il ponte fra mate-ria e scrittura. È fra la scrittura ela stampa che si situano, infatti, iproblemi maggiori.Da 28 anni, la «Gesellschaft zurFörderung der Literatur»(Società per la promozione dellaletteratura dall’Africa, dall’Asia e dall’America latina) si adoperaper superare questi problemi.L’associazione è legata alla Fieradel libro di Francoforte e ri-chiama l’attenzione delle caseeditrici germanofone su libri

provenienti dal Sud che meri-tano di essere tradotti in tede-sco. Inoltre è un centro di infor-mazione e documentazione perla letteratura dei tre continenti egestisce un fondo per la tradu-zione alimentato dal ministerodegli affari esteri tedesco non-ché da Pro Helvetia.Peter Ripken, figura carismaticadell’associazione, conosce per-fettamente i problemi legati allamediazione della letteratura dalSud. È convinto: «In generale, ipiù grandi censori non sono igoverni e le religioni, come sipotrebbe pensare, bensì i lettoridelle case editrici. Perché fun-gono da vigile e decidono del-l’accesso di un libro al mercato».Per essere pubblicato il librodeve entusiasmare il lettore o lalettrice della casa editrice, ed èproprio qui che iniziano i pro-

blemi. Perché il libro non solodeve essere scritto bene, madeve anche essere consono alpubblico locale. Proprio la lette-ratura proveniente da culturediverse, in particolare quellaafricana, è considerata di diffi-cile comprensione. Per moltieuropei l’Africa è sinonimo diAids e fame, «un luogo comuneche gli autori riescono a com-battere solo con grande fatica».Chi ha superato il problemadella ricerca della casa editrice è però solo a metà strada. Puòsuccedere ad esempio, diceRipken, che certi libri siano sì tradotti, ma essendo troppopoco pubblicizzati poi si per-dono nella massa. «Spesso i libridal Sud sono marginalizzati – intermini economici – con il tri-ste risultato che non si vendonoe la casa editrice decide che in

futuro si terrà alla larga da avventure di questo tipo».

Il libro equoUn editore che invece da anninon riesce a tenersi alla larga da imprese di questo tipo è JeanRichard, responsabile di «Édi-tions d’en bas» a Losanna e uno dei coordinatori del SalonAfricain du Livre della Fiera ginevrina del libro. Con il soste-gno della DSC, il salone afri-cano dà agli editori e agli autoriafricani la possibilità di esporrequi i suoi libri. Richard lottacon entusiasmo contagioso perla causa dei libri dal Sud. «Dauna decina d’anni vi sono deglieditori europei che pubblicanoopere di scrittori africani. Unanuova realtà certo lodevole epositiva; al contempo però si è prodotta anche una sorta di

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esproprio letterario», diceRichard. Perché i libri prodottiqui rappresentano un lusso perun lettore africano che guada-gna in media 2 euro al giorno.Richard, nato in Lesotho, figliodi un missionario, ha aderitoperciò all’associazione degli edi-tori indipendenti, cui apparten-gono circa ottanta case editriciin quaranta Stati di tutto ilmondo.Attraverso coproduzionidal Nord e dal Sud la rete vuolenegoziare condizioni commer-ciali eque fra i membri.L’associazione ha creato fra l’altro un marchio di qualità perlibri pubblicati nel rispetto dicriteri equi, sociali ed econo-mici. Richard se ne rallegra, an-che se si tratta solo di un primopasso: «Aiuta le persone inAfrica a riappropriarsi della loroletteratura.Attraverso coprodu-zioni eque lo stesso libro puòessere venduto in Francia per15, in Marocco per 8 e in Maliper 5 euro». La denominazione«livre équitable» viene sfoggiatain particolare sui titoli delle col-

lane «Enjeux planète» e «Terred’écriture».

Emancipati e usciti dallanicchiaLe notizie positive interessanosoprattutto l’accesso della lette-ratura latinoamericana al mer-cato del libro locale. Mercatoche negli ultimi trent’anni èmolto cambiato – «in positivo»,come evidenzia Andreas Simmen,capoprogramma e specialista perl’America latina della casa edi-trice zurighese Rotpunkt.Da 30 anni Simmen nutre unainarrestabile passione per questaparte del mondo. Da giovane glicapitò fra le mani «Cent’anni disolitudine» di Márquez. La let-tura lo ha appassionato, ha avutoun effetto così travolgente e duraturo su di lui da fargli deci-dere di imparare la lingua del-l’autore. Ora partecipa in primapersona alla decisione di qualiautori latinoamericani tradurre.«Oggi, la gente che legge, è ani-mata da un altro tipo di motiva-zione, rispetto a trent’anni fa»,

dice Simmen.Allora vi era an-cora un grande movimento disolidarietà. Oggi questa motiva-zione politica che spingeva so-prattutto la gente di sinistra allalettura di libri sudamericani èscomparsa. Chi legge un libro di questo tipo non lo fa più pervia della sua posizione politica,ma perché si tratta ormai di unaletteratura affermata e il valoredi questi testi è stato ricono-sciuto. Un’opinione condivisaanche da Chudi Bürgi diArtlink: «La letteratura latino-americana è uscita dalla nicchiadel Terzo Mondo e si è conqui-stata un posto nella letteraturamondiale».Un’evoluzione felice che spe-riamo si rifletta ben presto anchesulla letteratura degli altri conti-nenti. Ci piace sperare che in talmodo in futuro saranno semprepiù numerose le persone cheportano un giardino in tasca. ■

(Tradotto dal tedesco)

Un club per diffondere «l’al-tra letteratura»«Der andere Literaturklub» pro-muove la letteratura dall’Africa,Asia e America latina attraversola commercializzazione di primetraduzioni in tedesco. Contro uncontributo annuo di 120 franchi,gli abbonati ricevono quattro ro-manzi selezionati e il periodicotrimestrale «Literaturnachrich-ten» con informazioni sulla lette-ratura dall’Africa, dall’Asia edall’America latina. Questo clubletterario è stato fondato nel1985 dalla Società per la pro-mozione della letteraturadall’Asia, dall’Africa e dall’Ame-rica latina a Francoforte, e suiniziativa della Dichiarazione diBerna (EvB) ha acquisito noto-rietà anche in Svizzera. A fine2007 il club letterario è statoconsegnato dalla Dichiarazionedi Berna all’ufficio per la colla-borazione culturale artlink.

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Artisti di tutto il mondo aMartigny(hel) Le «Journées des cinq con-tinents» si terranno il 13 e 14 giugno a Martigny. Questa quin-dicesima edizione propone fral’altro musiche e danze delBurkina Faso, della Colombia e dell’Azerbaigian, e ci sarà anchela Serbia, il Libano, il Marocco, ilSudan, la Danimarca, ecc.Anchese la programmazione resta in-centrata sulla musica tradizionale,accorda comunque larghi spaziad altre espressioni artistiche,come il teatro, la danza, il cinemae le arti plastiche.Tale diversitàconsente ai visitatori di compiereun vero viaggio interculturale nelcuore della città. Lo spazio dedi-cato al festival è realizzato inmodo di favorire un intreccio ar-monico tra l’ascolto, gli scambimulticulturali e la scoperta diproduzioni artigianali o di spe-cialità culinarie dai quattro angolidel pianeta. Basata sulla parteci-pazione e l’impegno cittadino,la manifestazione deve la sua riuscita soprattutto al coinvolgi-mento di dozzine di associazionied a circa 300 volontari.«Journées des cinq continents»,Martigny, 13 e 14 giugn

Ritratti di giovani del Mali( jls) Malick Sidibé è uno deimassimi rappresentanti della fotografia africana. La sua opera

costituisce una sorta di cronacadella società del Mali, che egli ri-traeva abilmente sia nelle sale daballo che nell’intimità del suostudio. Il Centre PasquArt diBienne presenta una scelta ine-dita di ritratti realizzati a partiredal 1962 da questo artista delMali, oramai 73enne. L’esposi-zione si intitola «Bagadadji»,nome del quartiere popolare diBamako nel quale Malick Sidibéaveva istallato il suo studio. Leimmagini mostrano in particolarela gioventù urbana di quei tempi,in cerca del suo spazio in un paese in piena modernizzazione,sulla spinta dell’indipendenza ottenuta nel 1960. La sera, sullavia verso i club della capitale, deigiovani venivano a farsi fotogra-fare da lui, con qualcosa da mostrare o da immortalare: unorologio, una moto o un abitonuovo, il loro talento di pugili odi dandy, o semplicemente la loroprofonda amicizia.«Bagadadji», dal 29 giugno al 31agosto, Centre PasquArt, Bienne;orari d’apertura: dal mercoledì al ve-nerdì, dalle ore 14 alle 18; sabato edomenica, dalle ore 11 alle 18;per informazioni: www.pasquart.ch

Lacrime dal cielo(er) «Accettare l’infinito o perlo-meno liberarci per un piccolomomento dallo scorrere deltempo». È così che il grande musicista funk George Clintondescrive la fenomenale musicadel virtuoso di duduk DjivanGasparyan. E molti altri musicistisono profondamente toccati daicaldi suoni che l’artista armeno –che ha sin qui ricevuto moltiprestigiosi riconoscimenti – traedal suo piccolo oboe realizzatocon legno di albicocco. Fra gli altri,Andreas Vollenweider,Sainkho Namtchylak, NusratFateh Ali Khan o l’Avedis StringOrchestra hanno eseguito, conGasparyan, meravigliose compo-sizioni musicali. Queste, accom-pagnate da inedite parti in assolo,

saranno presentate in un doppioCD dotato di un ricco opuscoloinformativo. L’omaggio a DjivanGasparyan, che compirà prossi-mamente gli 80 anni, mostra almeglio quanto delicatamente,con intimità e ciò nonostantecon grande apertura, questo ec-cezionale artista accosti il soundcontemporaneo ai tradizionalisuoni che sgorgano dal punto di contatto fra ovest ed est, fraEuropa ed Asia. È così cheGasparyan fa vibrare le anime di molti esseri umani, in tutto ilmondo, facendo scendere lacrimedal cielo.Djivan Gasparyan: «The Soul ofArmenia» (Network/Musikvertrieb)

Tango tutto da gustare(er) Sì, impazza: è la planetariatangomania. La prova è tutta inuna compilation, amorevolmenterealizzata, di 11 brani musicali da8 diversi paesi. Un insolito viag-gio sonoro dal Senegal allaFinlandia, dalla Spagna alla Serbiaed all’Argentina. In qualità diguide musicali accompagnano ilviaggio artisti quali FedericoAubele ed Ousmane Touré, gliEarth Wheel Sky Band e la for-mazione Electrocutango. E daascoltare ci sono trasognate frasidi bandoneon, amorevoli accentidi chitarra e pianoforte, cordebasse ritmicamente toccate, po-

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l’orecchio con una quasi sfrontatapiacevolezza. Le canzoni in in-glese e yoruba hanno una loroprofondità, sono impegnate edesprimono forte critica sociale.È possibile ascoltarle in un CDdi esordio, che con i suoi orec-chiabili brani musicali ha imme-diatamente conquistato una vastafetta di pubblico. E se andràavanti sempre così favolosamente,allora troveremo un giorno Asa(che tradotto sta per piccolofalco) molto in alto nelle classifi-che mondiali della pop-music.Asa: «Asa» (Naïve/Musikvertrieb)

La Borsa dei bibliotecari ( jls) A partire dallo scorso mesedi gennaio l’Exchange LibraryProject (ELP) permette di scam-biare tramite Internet raccolte di libri.Tale piattaforma trilingue(francese, inglese e spagnolo) è accessibile visitando il sitowww.e-l-p.org.A realizzarla è stata la «Bibliothèques sansFrontières», un’organizzazionefranco-americana il cui obiettivoè quello di contribuire alla com-partecipazione del sapere ed allaridistribuzione delle ricchezzeculturali. L’ELP pone in relazionel’offerta e la domanda: da un lato,organismi o privati che deside-rano disfarsi di fondi documen-tari o di collezioni; dall’altro,biblioteche interessate all’acquisi-zione di libri al di fuori del nor-male circuito commerciale.I pacchetti offerti devono com-prendere un minimo di cin-quanta opere tutte orientate aduna comune tematica. I benefi-ciari sono sia le biblioteche dipaesi in via di sviluppo – chenon hanno i mezzi per arricchirele loro collezioni – che quelle dipaesi già evoluti, confrontati daqualche anno ad una forte dimi-nuzione del loro potere d’acqui-sto.

Pochi clichè, tanti colori locali(bf ) Yopougon, un quartiere de-

gradato di Abidjan, maggiorecentro urbano della Costad’Avorio è in stato d’emergenza:la festosa elezione di MissYopougon è alle porte e tutte leragazze aspirano ad esserla.Tutte,meno Aya, che ha abbastanza dafare, occupandosi dei figli dellasua migliore amica, di un coc-ciuto ammiratore di Parigi, cosìcome di suo padre, che non soloè in piena crisi di mezza età, maha anche in gran segreto combi-nato il matrimonio di sua figlia.Il seguito del premiato fumettod’esordio «Aya» (2006), dell’au-trice Marguerite Abouet, a suavolta originaria della Costad’Avorio, e del disegnatore fran-cese Clément Oubrerie, è cosìleggero e pieno di slancio comeil primo. E proprio come questooffre uno sguardo nei felici anni’70 della Costa d’Avorio, lontanoda cliché occidentali e vicino aicolori locali. Il volume offreinoltre un’appendice con ricette,un’introduzione ai modi di an-nodare la stoffa porta-baby ed unglossarietto di termini alla modain dialetto di Abidjan. Una comi-cità preziosa e raffinata.«Aya 02» di Marguerite Abouet eClément Oubrerie; edizioni CarlsenAmburgo, 2007( non è disponibile initaliano)

Incontro con i vegliardi delloZimbabwe (bf ) Nello Zimbabwe, come delresto in tutta l’Africa, l’età è fat-tore nodale. Mentre le persone di altre culture cercano invanol’eterna giovinezza, in Africa unaveneranda età è considerata unabenedizione. Più anziana diventauna persona, più viene rispettata.È questa situazione che IlijaTrojanow e Chenjerai Hovepongono al centro del loro libro«Hüter der Sonne» (Il custodedel sole). Per molti mesi, i dueautori hanno soggiornato inAfrica meridionale, sedendospesso per lunghe ore accanto aipiù vecchi dei villaggi, ascoltando

i racconti di donne e uominimolto anziani, che dicevano deicicli della vita, dei riti tradizionalie delle feste del villaggio. Cosìsono riusciti a comprendere per-ché gli antenati hanno questagrande importanza, perché il rapporto con la natura sia ancoracosì stretto e quanto sia ancoraoggi importante il rispetto dicerti tabù. Il libro offre un raro eprezioso approccio con la spiri-tualità ed il modo di vedere ilmondo degli africani e apre con-temporaneamente la porta ad unnuovo modo di vedere la vita.«Hüter der Sonne» di Ilija Trojanowe Chenjerai Hove, edizioniFrederking & Thaler, 2007(non èdisponibile in italiano)

DVD sul contributo svizzeroall’allargamento ( jtm) Dal 2008 la Svizzera forni-sce un contributo per la ridu-zione della disparità economica e sociale nell’UE allargata. Quasila metà di questo contributo miliardario sarà indirizzato allaPolonia che, nonostante abbiaun’industria in piena crescita,evidenzia una grande necessità di recupero. Soprattutto nelle regioni periferiche l’infrastrut-tura pubblica è obsoleta ed ilreddito medio è di appena unquarto rispetto alla mediadell’UE. I cineasti Gabi Neuhaused Angelo Scudeletti hanno do-cumentato nella Rabka, zona rurale e turistica nel contempo,e nella Slesia, zona urbana ed industriale, le conseguenze dellatrasformazione strutturale nellaPolonia meridionale, indicandopossibili campi d’applicazioneper il contributo svizzero all’al-largamento. Il documentario èintegrato da interviste con

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tente vocal di donna, canto par-lato, sound e beat in digitale. Dascoprire sono tanghi con remini-scenze varie, anche di klezmer ebolero, con uno scintillio di poe-sia fado o Gipsy-Soul. Da viveresono passioni, un velo di malin-conia, dolore e nostalgia, tene-rezza ed erotismo: emozioni chevivono nel tango sin dalla sua nascita sulle rive del Rio de laPlata. Un consiglio: godersi ilCD e poi subito una milonga!Various: «Tango Around the World»(Putumayo/Disques Office)

Cenerentola nigeriana(er) C’era una volta, a Lagos, inNigeria, una ragazza che volevadiventare cantante. I genitori siopponevano, ma le consentironocomunque di avere un’istruzione.In seguito,Asa si trasferì a Parigi.Nella capitale francese strinseamicizia con un grande maestrodel missaggio, il nigeriano ciecoAsuquo Cobhams. È con lui chela venticinquenne cantautrice ha oggi realizzato una sua espres-sione di musica pop ricca di sfu-mature, grazie all’intimo incontrotra folk, black music, urban,R&B, reggae-touch, gospel-swing, bassi e percussioni edun’elegante struttura sonora. Edessa va a penetrare delicatamente

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esperti provenienti dai dieci paesipartner e dalla Svizzera circa gliaspetti più importanti del contri-buto svizzero all’allargamento:che cosa si aspettano i paesi part-ner dal contributo svizzero?Dove sarà impiegato?Il DVD «Der SchweizerErweiterungsbeitrag – Reportagenund Interviews» può essere acquistatoal prezzo di CHF 10 presso laDSC, e-mail a:[email protected], ed è disponi-bile in tedesco e francese

L’America latina in visita aLocarno(bej) Il Festival del film diLocarno, ormai da oltre sessan-t’anni, raccoglie sulle sponde delLago Maggiore migliaia di cine-fili e di professionisti del grandeschermo. Per il sesto anno conse-cutivo la DSC sostiene la Sezione«Open Doors», che ha l’intentodi migliorare la visibilità di pro-duzioni cinematografiche prove-nienti da paesi in via di sviluppo o da regioni nelle qualil’industria del cinema è appenaemergente, per non dire inesi-stente. Questa piattaforma è de-dicata ogni anno ad un’area geo-grafica diversa. Nel 2008 punterài riflettori sull’America latina, inparticolare su Perú, Colombia,Uruguay e Costa Rica. Le sue attività si svolgono principal-mente al riparo dall’attenzionedel pubblico; l’obiettivo è quellodi mettere in contatto produttorie realizzatori, con lo scopo diconsentire a progetti cinemato-grafici di arrivare a concretiz-zarsi. Ma «Open Doors» disponeanche di una finestra aperta al

pubblico, che propone agli spet-tatori una scelta di film prove-nienti dalla regione selezionata.Festival del film di Locarno, dal 6 al 16 agosto. Informazioni:www.pardo.ch

Forza ragazze!Le pari opportunità – sia per ragazze che per ragazzi – rappre-sentano un diritto fondamentale,uno strumento essenziale nellalotta contro la povertà e nella ri-cerca di uno sviluppo sostenibile.Il DVD «Anna,Amal &Anousheh» apre una finestra sulquotidiano di ragazze di otto diversi paesi, e cioè Marocco,Senegal, Perú, Germania, Olanda,Benin, Pakistan e Venezuela. Levite delle ragazze, nonostante glisforzi per la parità dei diritti,sono molto diverse da quelle deimaschi della stessa età.Tuttavia le protagoniste non raccontanostorie di miseria, discriminazionee sfruttamento, ma lanciano mes-saggi positivi e pieni di speranza.Negli otto film, ragazze moltoconsapevoli e dotate di un parti-colare carisma, raccontano la loro

vita. Gli allievi e le allieve si accostano così al quotidiano diqueste giovani e vengono sensi-bilizzati alle svariate forme didiscriminazione messe in attonelle più diverse culture.«Anna,Amal & Anousheh», DVDcon 8 cortometraggi (circa 160 min.)/ DVD-ROM con del materialesupplementare, schede e suggerimentiper l’insegnamento; distribuzione/vendita: Éducation et Développe-ment, tel. 021 612 00 81,[email protected]; per ulterioriinformazioni «Films pour un seulmonde», tel. 031 398 20 88,www.filmeeinewelt.ch

Papa Wendo ed il Congo Nato nel 1925 e conosciutocome il monumento viventedella musica congolese,WendoKolosoy deve la sua fama allacanzone «Marie-Louise». E vistoche essa era considerata in gradodi riportare in vita i morti e difar danzare gli spiriti del fiume,successe che il suo interprete fuscomunicato dai missionari belgi.Ma questo è solo uno dei tantiepisodi: già considerato da gio-vane un uomo saggio, fu per lun-ghi anni traghettatore e pugile,prima di diventare cantante. Losvizzero Jacques Sarasin ci apre,nel suo approccio a questo arti-sta, a scene del quotidiano inCongo, dichiarazioni di personea lui vicine e incontri. Fa da lineaguida una storia: insultato da suamoglie, Papa Wendo lascia la pro-tettiva ombra del suo albero, vain cerca di nuove scritture eprende contatto con un vecchioamico, con il cui aiuto cerca diadattare al gusto contemporaneo

la rumba congolese. Chitarra,patengué e mukuassa, provenientida Kinshasa, dovrebbero nuova-mente arrivare alle orecchie diintenditori europei.«On the Rumba River», DVD,sottotitoli in francese e tedesco,ordinazioni ed informazioni:tel. 056 430 12 30 o www.trigon-film.org031 322 35 80;fax 031 324 90 47/48;e-mail: [email protected]

Specialisti del DFAE a vostradisposizioneDesiderate un’informazione diprima mano sulla politica esterasvizzera? Relatori e relatrici delDipartimento Federale degliAffari Esteri (DFAE) sono a disposizione di classi scolastiche,associazioni ed istituzioni perconferenze e discussioni sui nu-merosi temi della politica estera.Il servizio è gratuito, ma può es-sere fornito soltanto all’internodei confini nazionali; inoltre,dovranno presenziare almeno 30 partecipanti per ogni evento programmato.Ulteriori informazioni: Servizio conferenze DFAE, Servizio informa-zioni, Palazzo federale ovest,3003 Berna; tel. 031 322 31 53 o 031 322 35 80;fax 031 324 90 47/48;e-mail: [email protected]

Un solo mondo n.2 / Giugno 2008 35

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Impressum:«Un solo mondo» esce quattro volte l’anno in italiano, tedesco e francese.

Editrice:Direzione dello sviluppo e della cooperazione(DSC) del Dipartimento federale degli affariesteri (DFAE)

Comitato di redazione:Harry Sivec (responsabile) Catherine Vuffray (coordinamento globale) Joachim Ahrens (ahj) Gabriela Spirli (sgq)Jean Philippe Jutzi (juj)

Barbara Fournier (for)Thomas Jenatsch (jtm)Beat Felber (bf)Andreas Stauffer (sfx)

Redazione:Beat Felber (bf – produzione)Gabriela Neuhaus (gn) Maria Roselli (mr)Jane-Lise Schneeberger (jls) Ernst Rieben (er)

Progetto grafico: Laurent Cocchi, Losanna

Litografia: Mermod SA, Losanna

Stampa: Vogt-Schild Druck AG, Derendingen

Riproduzione di articoli:La riproduzione degli articoli è consentitaprevia consultazione della redazione ecitazione della fonte. Si prega di inviare una copia alla redazione.

Abbonamenti:La rivista è ottenibile gratuitamente (solo in Svizzera) presso: DSC, Media e comunicazione, 3003 Berna,Tel. 031322 44 12Fax 031324 13 48E-mail: [email protected]

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Stampato su carta sbiancata senza cloro per la protezione dell’ambiente

Tiratura totale: 53000

Copertina: Vietnam – Frank Heuer/laif

ISSN 1661-1683

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Nella prossima edizione:

La notevole crescita economica in atto nel Sud-est asiatico pone in particolare il Laos e la Cambogia di fronte ad enormi sfide. Il nostro dossier dedicato al Mekong esamina gli sviluppi, sia positivi che negativi, ottenuti nella regione e pone l’accento sulle implicazioni di tali cambiamenti per le popolazioni locali.