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Prof. Monti – classe IV – Umanesimo e Rinascimento: coordinate generali – a.s. 2016/2017

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Umanesimo e Rinascimento

coordinate generali

1. INTRODUZIONE (LEGGERE)

Con la figura di Ockham archiviamo il Medioevo, ma attenzione alla convenzionalità delle periodizzazioni storiche: Ockham (1280 - 1349) e Petrarca (1304 - 1374) sono quasi contemporanei, eppure il primo è ascritto al Medioevo, il secondo all’Umanesimo! Umanesimo e Rinascimento: non mi soffermerò troppo sulle coordinate generali, né su alcun autore in particolare, anche se ce ne sono molti e di grande importanza. Francesco Petrarca e Coluccio Salutati, Leonardo Bruni e Lorenzo Valla, Niccolò Cusano, Marsilio Ficino, Pico della Mirandola, Pietro Pomponazzi, Montaigne ed Erasmo da Rotterdam, Machiavelli, Leonardo Da vinci, Bernardino Telesio, Giordano Bruno (del quale diremo qualcosa), Tommaso Campanella...

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2. BREVI COORDINATE STORICHE (LEGGERE ATTENTAMENTE) La nascita e lo sviluppo della civiltà rinascimentale del ‘400 e del ‘500 coincide con eventi di grande portata studiati lo scorso anno in storia: avvento degli stati nazionali, ascesa della borghesia cittadina mercantile, scoperte geografiche, riforma protestante. Sono definitivamente tramontate le istituzioni universalistiche caratteristiche del Medioevo: Papato e Impero. Francia e Spagna portano a compimento il processo di costituzione in monarchie centralizzate e si contendono il dominio combattendo sino alla pace di Cateau-Cambrésis (1559). L’Italia è divisa, prima con i Comuni e poi con le varie Signorie e, a causa di questa debolezza, diviene terra di conquista: dopo la suddetta pace, infatti, l'Italia diviene quasi interamente dominio spagnolo. Si forma e si impone una nuova aristocrazia cittadina, che basa la propria forza sui commerci. Nel ‘400 essa ha uno splendido sviluppo in Italia con Genova, Firenze, Venezia, ma il crollo dell’impero d’oriente e le nuove scoperte geografiche spostano il centro dei traffici dal Mediterraneo all’Atlantico, ridimensionando progressivamente l’importanza delle nostre città.

3. CULTURA MEDIEVALE E CULTURA RINASCIMENTALE: LUOGHI E PERSONE (STUDIARE) È nel quadro appena tratteggiato che la società europea si sviluppa pervenendo a una diversa impostazione culturale rispetto al passato. L’atteggiamento contemplativo, statico e distaccato dalle cose del mondo dominante nel periodo precedente, lascia il passo a una nuova valutazione dell’uomo e del suo posto nel mondo. Alla ricerca di nuovi modelli culturali, gli umanisti rigetteranno la cultura che li ha immediatamente preceduti, la cultura medievale, trovando nella cultura classica un modello in cui rinvenire i propri valori. Se nel periodo tardo-medievale la cultura aveva nelle Università il luogo privilegiato di elaborazione – oltre che negli ordini mendicanti e nella Chiesa il dominatore di tale sviluppo – nel Rinascimento la Chiesa tende a perdere questo ruolo egemone. Si fanno avanti gli esponenti dei nuovi ceti mercantili, desiderosi di una cultura diversa, più vicina all’uomo nel senso delle sue esigenze pratiche, vitali. In un primo momento l’umanista appartiene, non a caso, alla classe dirigente delle città e solo poi si configura come un professionista della cultura, trovando protezione presso signori desiderosi di procurare prestigio alla propria casata. Città come Firenze, Mantova, Urbino, Roma... divengono centri di grande vivacità all’insegna di questa nuova cultura che, pur non soppiantando l’insegnamento delle Università, lo affianca. Nascono le Accademie, come quella fiorentina di tendenza platonica e diretta da Marsilio Ficino. Nel ‘500 si svilupperanno nuove accademie letterarie e, nel ‘600, Accademie scientifiche. A quale pubblico si rivolgono le Accademie? Certamente, la cultura ha ancora un referente di élite, ovvero i ceti più abbienti e, in questo senso, la scelta del latino a scapito del volgare può parere un atto di chiusura. Da una parte, però, i fruitori della cultura rappresentano ora uno spaccato di popolazione comunque più ampio rispetto a quello del passato e, inoltre, la scelta del latino è un’opzione verso la lingua

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elegante della classicità romana e non verso la lingua del Medioevo, senza dimenticare che il latino, unica lingua diffusamente conosciuta tra intellettuali di paesi diversi, favoriva lo scambio culturale. < APPROFONDIMENTO > Per lungo tempo i due termini - Umanesimo e Rinascimento - si sono usati come sinonimi, a voler indicare il movimento culturale che, fiorito in Italia nel ‘400, si sviluppa in tutta Europa nel ‘500. Nella seconda metà dell’800 vennero invece distinti nettamente, sottolineando che l’Umanesimo avrebbe carattere filologico-letterario mentre il Rinascimento, successivo e causato anche dall’Umanesimo, avrebbe una connotazione filosofico-scientifica. Nel ‘900, invece, si è tornati a vedere i termini come più vicini, indicando l’Umanesimo come la prima parte del Rinascimento e non come qualcosa di separato da esso. In questo ultimo senso il Rinascimento non riguarda il solo ‘500, ma comprende anche il ‘400.

3. RINASCIMENTO COME "RITORNO AL PRINCIPIO" (STUDIARE) I filologi hanno mostrato come l’origine della parola e del concetto di "Rinascimento" sia di carattere religioso: già questo dovrebbe consentirvi di non cadere nella trappola della cesura netta tra Medioevo ed epoca moderna! La rinascita è innanzitutto quella dell’uomo nuovo, dell’uomo spirituale di cui parlano il Vangelo di Giovanni e S. Paolo, oltre ad Agostino. Nel Rinascimento tale concetto assume un senso più vasto, non solo religioso, ma teso a denotare un rinnovamento globale dell’uomo. Lo strumento di fondo di tale rinnovamento è il cosiddetto ritorno al principio. Nel neoplatonismo antico quello di ritorno al principio era un concetto marcatamente religioso, un ripetere il percorso emanativo al contrario, fino al ricongiungimento con il Dio-Uno. Tale concezione è ben presente anche ai rinascimentali: la riforma di Lutero sarà, per esempio, intesa proprio come un ritorno alla Cristianità primitiva. Il ritorno al principio assume però anche un significato tutto umano e storico: in questo senso si parla di ritorno ai classici. Un altro aspetto del ritorno è il ritorno alla natura, cioè alla sua conoscenza e rappresentazione primaria, al di là delle immagini astratte e convenzionali del Medioevo. < APPROFONDIMENTO > Secondo un già accennato punto di vista gli Umanisti sarebbe filologi, ma non filosofi: essi avrebbero trascurato il pensiero speculativo saltando del tutto le complesse elaborazioni teoriche del Medioevo. Questa valutazione riduttiva viene oggi respinta da molti studiosi: secondo costoro la stessa filologia umanistica porterebbe in sé una nuova filosofia; il cercare manoscritti nelle biblioteche manifesterebbe in sé un nuovo modo di rapportarsi al mondo antico e di concepire l’uomo in rapporto ad esso. Stanchi delle “tenebre” medievali gli umanisti sono attratti dalla luce della classicità latina. Nell’umanesimo letterario sarebbe già implicito un umanesimo filosofico.

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Attenzione: il richiamo all’antico dei rinascimentali non è un semplice tentativo di ritorno, di riproposizione di cose già viste, ma la volontà di rientrare in possesso di quelle possibilità che erano balenate nel mondo antico e che, per secoli, si erano oscurate. Si trattava di riprendere il lavoro degli antichi là dove era stato interrotto. Le dottrine più tipiche del Rinascimento sono quelle circa l’uomo, la storia e la natura.

4. LA VISIONE RINASCIMENTALE DELL'UOMO (STUDIARE) Il nucleo dell’antropologia rinascimentale si può, forse, rinvenire nella celebre affermazione, attinta dal mondo classico, secondo cui “l’uomo è fabbro della propria sorte”. La dignità dell’uomo rispetto agli altri esseri viventi sarebbe quella di forgiare da sé il proprio destino. Nell’orazione Sulla dignità dell’uomo, Pico della Mirandola presenta l’uomo proprio come “libero e sovrano artefice di se stesso”, dunque come creatura pienamente responsabile per se stessa e la propria sorte. Mentre il Medioevo pensava che l’uomo avesse un posto già dato (dalla Provvidenza divina) nell’ordine del mondo, il pensiero del Rinascimento ritiene che sia proprio l’uomo, invece, a dover creare la propria posizione e il proprio destino. L’assunzione di responsabilità non può certo essere cosa semplice: come dice il Petrarca “Tutto accade attraverso il contrasto e quella che si chiama vicenda è in realtà lotta”. La lotta più aspra è proprio quella che si combatte nell’uomo: “Esso non è mai compiuto, non è mai uno, ma è internamente discorde e dilacerato”, considera sempre il Petrarca. Ma attenzione: mentre nelle successive filosofie moderne l’affermazione della libertà umana viene spesso accompagnata da un atteggiamento antireligioso e “prometeico”, nel Rinascimento essa coesiste con il sentimento religioso. L’uomo plasmatore del mondo è, infatti, immagine del Dio creatore. Il permanente riconoscimento della figura di Dio e della sua importanza non esclude, però, che lo spirito della rinascita sia prevalentemente antropocentrico. Se nel Medioevo era Dio ad essere "al centro", adesso Egli si trova in un certo qual modo "alla periferia", sostituito dall’uomo. La celebrazione rinascimentale della libertà umana non esclude la consapevolezza dei limiti umani. L’uomo, pur non limitato nella sua libertà, è come circoscritto da una serie di forze di ordine naturale e soprannaturale. Accanto all’esaltazione della libertà stanno, non a caso, le dispute su concetti come quelli di Fortuna, Caso, Provvidenza... - La celebrazione del valore dell’uomo si concretizza anche nell’idea dell’uomo come microcosmo, peraltro già presente nella scuola di Chartres durante il XII secolo. L’uomo è la sintesi vivente del Tutto e il centro del mondo, l’uomo ha qualcosa di ogni natura, qualcosa del diavolo e dell’angelo, qualcosa dell’animale e dello spirituale. La difesa della dignità umana si accompagna al rifiuto dell’ascetismo medievale e alla concezione della vita come impegno concreto e non come fuga. L’uomo non è più, in questo mondo, un "ospite di passaggio", ma è in primo luogo su questa terra che deve realizzarsi al meglio delle proprie capacità. Da ciò l’elogio di ciò che è utile alla vita attiva nei confronti di quella speculativa. Sempre da ciò l’esaltazione del piacere e della gioia, immortalata nei celebri versi di Lorenzo il

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Magnifico “Quant’è bella giovinezza / che si fugge tuttavia! / Chi vuol esser lieto sia: / di doman non c’è certezza”.

5. PROSPETTIVA STORICA E STORIA NEL RINASCIMENTO (STUDIARE) È nell’Umanesimo che si specifica l’esigenza di conoscere la dimensione storica degli eventi. Il Medioevo aveva, almeno in parte, ignorato questa dimensione. Esso conosceva sì la cultura classica, ma la usava per i propri scopi, assimilandola a sé, rendendola "contemporanea". L’Umanesimo realizza per la prima volta l’atteggiamento della prospettiva storica. Platonici e aristotelici sono in polemica, nel Rinascimento, ma il loro interesse comune è la riscoperta del vero Platone e del vero Aristotele, la riscoperta cioè delle loro figure storicamente fondate. La difesa dell’eloquenza classica è la difesa della lingua genuina della classicità contro la “deformazione” che aveva subito nel Medioevo e il tentativo di ripristinarla nella forma originale. Certo, l’umanesimo realizzò solo parzialmente e imperfettamente questo compito di restaurazione storica. L’Illuminismo settecentesco costituì poi un altro passo decisivo sulla stessa via. La "scoperta" della prospettiva storica fu, rispetto al tempo, ciò che la scoperta della prospettiva ottica, realizzata dalla pittura del Rinascimento, fu nei confronti dello spazio: la capacità di realizzare ed evidenziare la distanza degli oggetti l’uno dall’altro e da colui che li considera. La conquista della prospettiva, affinando il senso storico, contribuisce anche a maturare, in alcuni filosofi, l’idea di una continuità dello sviluppo umano, ovvero l’embrionale concetto di civiltà come linea che dal passato, tramite il presente, muove verso il futuro, congiungendo gli sforzi delle generazioni. Da questa intuizione ne

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germoglia un’altra: la superiorità degli uomini del presente su quelli del passato. È il concetto di “progresso”.

6. IL NATURALISMO RINASCIMENTALE (STUDIARE)

Quando si parla di "naturalismo" come carattere tipico del Rinascimento non si intende dire che per i pensatori di questa età non vi è nulla al di là della natura. Questa posizione si presenterà esplicitamente solo nel ‘600 con il panteismo di Spinoza. Con "naturalismo" si vuole invece sottolineare come l’uomo non sia più un semplice "ospite" della natura, ma un "essere naturale" lui stesso; che la natura non è ombra di un mondo ultraterreno, ma realtà in senso pieno in cui la potenza divina si incarna; inoltre l’uomo come essere naturale ha sia l’interesse che la capacità di studiare la natura. Questo naturalismo si concretizzerà nella magia e nella grande filosofia della natura di Telesio, Bruno e Campanella, ma soprattutto sarà presupposto generale per la nascita della scienza moderna. Ricordiamo, poi, che anche prima di quest'epoca vi era stato un grande risveglio di interesse per la natura e, dunque, la scienza: basti pensare a personaggi di cui abbiamo appena parlato come Roberto Grossatesta, Ruggero Bacone e Guglielmo di Ockham.

7. ROTTURA DELL’ENCICLOPEDIA MEDIEVALE E AUTONOMIZZAZIONE DELLE DISCIPLINE (STUDIARE)

Tratto saliente del mondo medievale era stato l’universalismo: sovranazionale la lingua e l’impero, unitaria la Chiesa e la visione Cristiana del mondo. Tale universalità era ovviamente, più che un fatto, un valore o un’esigenza. Il Medioevo aveva realizzato una certa unità dello scibile intorno alla teologia, concependo le varie discipline (e, soprattutto, la filosofia) come ancillae theologiae. Su questi presupposti il Medioevo aveva realizzato un’enciclopedia di tipo piramidale, con la teologia in cima a mo’ di regina delle scienze. Invece il Rinascimento, dopo aver portato a termine la rottura dell’unità politica del Medioevo, ne spezza anche l’unità culturale, rifiutandone l’enciclopedia del sapere di tipo teologico. C’è una tendenziale laicizzazione del sapere, in virtù della quale ogni disciplina rivendica la propria indipendenza. Per esempio la letteratura difenderà il principio dell’autonomia dell’arte. Il protestantesimo di Lutero darà vita a una teologia sempre più separata dalla filosofia. Machiavelli difenderà l’autonomia della politica rispetto a morale e religione. Grozio, nel seicento, getterà le basi per un analogo riconoscimento del diritto. Galileo, infine, perverrà alla fondazione dell’autonomia della scienza, concepita come attività autosufficiente, svincolata dai condizionamenti della tradizione metafisica e teologica. Questo processo affonda le radici nella mentalità di intellettuali che, non essendo ecclesiastici, sono maggiormente portati a riconoscere l’autonomia delle diverse attività umane. Tutto ciò non implica un carattere anti-cristiano o a-cristiano della cultura rinascimentale. Gli uomini di ‘400 e ‘500 furono per lo più religiosi e cristiani.

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8. IL RAPPORTO FRA MEDIOEVO E RINASCIMENTO (LEGGERE ATTENTAMENTE)

Le relazioni fra i due periodi costituiscono anche oggi un nodo centrale del dibattito storiografico sul Rinascimento. La prima interpretazione, quella classica, risale al Rinascimento stesso e si identifica con la tesi di una frattura completa fra le due età. Questa visione, radicatasi nella mentalità comune, ha trovato consenzienti, seppure su fronti opposti, illuministi e romantici, gli uni impegnati a celebrare il Rinascimento come una sorta di crociata della ragione contro l’oscurantismo dell’età di mezzo, gli altri a difendere la religiosità e il solidarismo medievale contro il paganesimo e l’individualismo del Rinascimento. A questa interpretazione si è contrapposta la cosiddetta teoria della continuità, contestando la leggenda storiografica di un salto fra le due epoche e rifiutando la schematizzazione di un Medioevo religioso e un Rinascimento paganeggiante. Alcuni hanno cercato di retrodatare il Rinascimento al XII o XIII secolo, rompendo ogni barriera fra le due età. La Rinascita comincerebbe assai prima del ‘400: con lo sviluppo dei Comuni, il fiorire dell’arte gotica, l’affermarsi delle università e della cultura del Duecento (pensate alla scuola naturalistica di Oxford e, poi, ad Ockham!). Altri, pur essendo d’accordo sul fatto che il Rinascimento non nasce tutto d’un tratto, e senza legami, con l’età precedente, ritengono che esso manifesti una sua originalità irriducibile al Medioevo. Tali studiosi hanno finito per sostenere una specie di conciliazione critica fra le due tesi precedenti, sostenendo la tipicità del Rinascimento e la sua continuità con il Medioevo: l’originalità nella continuità, insomma. Per molto tempo i teorici della frattura hanno visto nel Rinascimento l’inizio dell’età moderna. Tale idea è stata rifiutata dai teorici della continuità, i quali vedono nel Rinascimento il figlio della civiltà cristiana medievale. Gli studiosi odierni, che in genere hanno preso le distanze da entrambe le interpretazioni, tendono a far cominciare l’età moderna con la rivoluzione scientifica e gli autori che la rappresentano – Bacone e Galileo – mentre il Rinascimento viene considerato come età di transizione, come periodo di sintesi fra vecchio e nuovo, avente in sé elementi di novità e di conservazione. Pur non identificandosi con l’età moderna, il rinascimento rappresenta pur sempre uno dei suoi elementi genetici e propulsivi, che ha gettato le premesse storiche e culturali da cui è nata la rivoluzione scientifica.