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Nonè mai facile parlare di cancro e non è un casose ci sono ancora tante persone che si riferisco-no a questa malattia senza chiamarla per nome,

ma indicandola vagamente, quasi sussurrando, come"un brutto male". I dati diffusi dall'Istituto superiore disanità parlano di un'incidenza sempre maggiore dei tu-mori in Italia, tale da renderli ormai, se non familìari,quantomeno una realtà difficile da ignorare. LO scorsoanno sono stati circa 400 mila i malati di cancro inItalia, ma non va dimenticato che, grazie alla prevenzio-ne, ..alla ricerca e alle diagnosi precoci, le possibilità diguarigione sono aumentate. Per questo quella del can-cro è una realtà che va anche raccontata. E nessuno puòfarlo meglio di chi l'ha conosciuta direttamente comequeste quattro donne, passate da una vita "normale" -con ansie, sogni e ambizioni - a una vita che, nonostan-te la guarigione, non sarà più la stessa.

ha già tradito una volta, perché non potrebbe succederedi nuovo?». Milva ha 37 anni quando, mentre guarda latelevisione, passa una mano sotto al seno e sente un no-dulo. «Ero il direttore commerciale di un'azienda, unadirigente. Ero abituata ad avere tutto sotto controllo, mala malattia mi ha lasciato impotente», ricorda. «Il primodottore ch~ mi visitò mi disse che non era niente, unasemplice infiammazione da curare con una pomata. E iopartii per le vacanze con le sue rassìcurazìonì. Ma qual-cosa, dentro di me, mi diceva che non potevo stare cosìtranquilla», continua Milva che, per fortuna, chiede con-siglio a un'amica chirurgo. La operano subito, il noduloè già molto grande. La diagnosi è scritta negli occhi deidottori al suo risveglio dall'anestesia: maligno. «Ho af-frontato la mastectomia, la chemioterapia e, contempo-raneamente, vedevo che la vita che davo per scontata

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.MIO ltlARlTO NON HA RETTO, IO SÌ"A volte ci si porta dietro quella che, come la chiamaMilva Cavedoni, SO anni, è una specie di invalidità psi-cologica: «Un pensiero fisso, che magari il tempo riescead attutire, ma che si rìsveglìa ogni volta che si va a uncontrollo o si sente un piccolo dolore: se il mio corpo mi

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G Ila nostra seconda vita

non c'era più. Le persone che pepsavo essermi amichesparivano, anche mio marito non ha retto e ha lasciatome e mia figlia di sette anni», prosegue. «Non biasimonessuno: ho sempre pensato che è più difficile essere vi-cini a un malato di cancro che essere il malato. Perchépensi sempre che, se succederà a te, non ce la farai. Einvece, poi, reagisci con una forza che non sapevi nep-pure di avere. E tutto ricomincia».

«NON ~II HA RUBATO CiÒ CHE AMO ..Un po' com'è successo a Rosie, che di anni ne ha 29quando, passando nel conidoio di un ospedale, legge suuna porta la scritta "Nutrizione per pazienti senza sto-maco": «Quasi svenivo, mi sembrava un'idea assurdaquella di poter vivere senza. Sei anni dopo toccò a me».Rosie ha parecchie risorse dalla sua: un fidanzata affet-tuoso, il senso dell'umorismo, l'amore per la musica:«Pensavo che non sarei più riuscita a fare niente e inve-ce sono andata a vedere Wl concerto con la bottigliettadella chemio portatile nel marsupio. È stato molto stan-

cante, però, almeno, avevo la consape-volezza che il cancro non mi stesse ru-bando tutto quello che amavo».Non è semplice vivere come Rosie, cheoggi di anni ne ha 42, sta con il fidanzatadi allora, ha un blog (camdentown.splin-der.com) e deve seguire abitudini ali-

vuto allinfoma di Hodgkìn, un tumore che colpisce il si-stema linfatico. «Probabilmente fu la mia giovane età anon far pensare al cancro. Solo che, per colpa di questedisattenzioni, tra i primi sintomi e la diagnosi passarononove mesi. Che avrebbero potuto essere fatali». Romina.per fortuna, ha una famiglia che appoggia la sua scelta ditrattare il cancro con un sarcasmo che, agli occhi dei co-noscenti, sembra follia: «Il problema è che puoi anchesbattere la testa contro il muro e chiederti: "Perché ame?". Oppure puoi cercare di guarire senza permettereche la malattia si prenda tutto. In casa abbiamo fatto inmodo che quello che stavo vivendo diventasse oggetto discherzi. E a me ha fatto benissimo». Per Romina, forse.il difficile è venuto dopo. Molte ambizìoni, qualche diffi-coltà a riprendere gli studi da dove si erano interrotti.Ma a 27 anni, oggi, è tornata a essere quella di prima, eda cinque mesi ha anche lei un blog (ilcodicedihodg-kìn.splìnder.com), «Dopotutto penso che questa fosse latrama del mio romanzo fin dall'inizio, era così che dove-va andare. E se al mattino mi sveglio con tanta voglia divivere, lo devo anche a questo».

«HO SCOPERTO UN EGOIS~IO POSITIVO-Crede molto nel destino anche Giovanna Barbaro, 29anni, cagliaritana, che dall'incubo del cancro alle ovaie èuscita solo l'anno scorso. Un pap test e l'immedìata im-pressione che ci fosse qualcosa che non andava. Da quel

«PUOI SBATTERE LA TESfA CONTRO UN MUROE CHIEDERTI: "PERCHÉ A ME?". OPPURE CERCARE DIGUARIRE SENZA CHE LA MALATTIA SI PRENDA TOTID»mentari molto precise. «Anche se qual-che volta sgarro, Però faccio controlli pe-riodici, oltre a quelli normali per chi haavuto il cancro, perché ho carenze fre-

quenti di ferro e vitamina B12. E devo stare molto atten-ta ai batteri: diciamo che il cibo da buffet non è esatta-mente il mio ideale». Non è semplice, ma ci si abitua:«Credevo che la mia vita fosse finita a 35 anni. Invecesono qui, viaggio, vado ai concerti. E riesco a sorrideresolo perché c'è una bella giornata di sole».

"ANCHE IL BUONUMORE AIUTA ••Una che non ha mai smesso di sorridere è RominaFantusi, romana, che a soli 21 anni e al secondo anno diuniversità si è trovata dall'avere una salute di ferro altrascorrere' le giornate a combattere un insostenibileprurito, accompagnato da tosse, dimagrimento e inson-nia: «Il mio dottore liquidò la cosa come la conseguenzadi una vita troppo stressante». Quello che il medico nontroppo scrupoloso attribuiva allo stress era, invece, do-

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momento tutto succede velocemente: i medici diCagliari che le consigliano di togliere l'utero, il volo aMilano, infine la visita a Roma, che finalmente le dà unasperanza. «Ma soprattutto è stato l'impatto con il medi-co che mi ha operato a ridarmi fiducia. Senza illudermi.ha avuto un approccio quasi paterno, facendomi capirecosa rischiavo, ma senza nasconderml che sarebbe p0-tuta andare meglio di come mi era stato detto». AGiovanna è stato asportato il collo dell'utero, ma il restoè a posto, e, se un giorno vorrà, potrà avere dei figli.«Anche se adesso non sono il mio primo pensiero, sonoancora giovane! Mi piacerebbe viaggiare, naturalmentedopo aver preso la laurea in Lingue. Magari vivere al-l'estero. Quello che so è che della vita non voglio perder-mi nulla, ma solo riempirla di cose belle. Senza stressar-mi per le futilità come succedeva prima», dice. «Puòsembrare egoista, ma è un tipo di egoismo sano che hosviluppato dopo la malattia, e che mi aiuta a star bene.Quando hai preso in considerazione l'ipotesi peggiore.non puoi che rìsalìres .•