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PPRROOGGEETTTTOO CCOOMMUUNNIISSTTAAPeriodico delPartito di Alternativa Comunista sezione dellaLega Internazionale dei Lavoratori (Quarta Internazionale)ALTERNATIVACOMUNISTA.org MMaaggggiioo 99 GGiiuuggnnoo 220011 33 99 NN°°4400 99 22€€ 99 AAnnnnoo VVII II 99 NNuuoovvaa sseerriiee

Il Manifesto del Primo maggioPPaarriiggii:: nnaassccee llaa RReettee SSiinnddaaccaallee IInntteerrnnaazziioonnaalleeLa posizione dei comunistiCCoorrrruuzziioonnee ee aannttiippoolliittiiccaa

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Quattro pagine gestite e prodotte dai giovani del PdacIIll PPddaacc aallllee eelleezziioonnii aammmmiinniissttrraattiivvee ddii mmaaggggiioo9Una lotta esemplare contro padroni e caporaliSSppeecciiaallee ssuullllaa lloottttaa ddeeii llaavvoorraattoorrii ddeellllee ccooooppeerraattiivvee6­7 ll''iinnsseerrttoo ddeeii

GGIIOOVVAANNII ddii AALLTTEERRNNAATTIIVVAA CCOOMMUUNNIISSTTAAnelle

pagineinterne

SPED.A

BB.POST.A

RT.1COMMA2D.L.353/03DEL24/12/2003(CONV.INL.46/04DEL27/02/2004)DCBBARI

Elezioni: uno strumento per la propaganda rivoluzionaria

Adriano Lotito

Loscorso11aprileèstatopubblicatol'ultimobollettino mensile della Banca centrale eu­ropea. Le cifre parlano chiaro. «Nel 2012 iltasso di disoccupazione nell'eurozona ha

continuato a crescere raggiungendo livelli senzaprecedenti» che hanno toccato il 12% in febbraio,ben il 4,7% in più del 2008. E le previsioni indicanoun ulteriore peggioramento, in particolare nei Paesipiù colpiti dalla crisi: Portogallo, Irlanda, Grecia,Spagna (i cosiddetti Pigs) ai quali si è unita recente­mente Cipro. In Italia la situazione è drammatica:secondo l'Istat negli ultimi 5 anni le persone in cercadi lavoro sono passate da 1 milione e 506 mila nel2007 a 2 milioni 744 mila del 2012, con un aumentodi 1 milione e 238 mila unità. Nel 2012 gli inattividisponibili a lavorare, ovvero coloro che non hannocercato un lavoro nelle ultime quattro settimane masono subito disponibili a lavorare, in gran parte sco­raggiati, sono 2 milioni 975 mila, più numerosiquindi dei disoccupati in senso stretto. In tutto isenza lavoro sono dunque 5,7 milioni. E sono cifredestinate ad aumentare. Sempre nel bollettino dellaBce leggiamo che «il dato sul Pil (europeo) in termi­ni reali per il quarto trimestre del 2012 è risultatomodesto; la seconda stima dell'Eurostat indica unacontrazione dello 0,6 per cento sul periodo prece­dente, ascrivibile in prevalenza a un calo della do­manda interna, ma anche a una flessione delleesportazioni». E questa debolezza del sistema eco­nomico si protrarrà ancora a lungo (frantumando

tutte le fantasie che invocavano la ripresa per que­st'anno).(1)

Il sistema produce i suoi becchini

Davanti a questa situazione, la Bce consiglia di pro­cedere alle riforme strutturali: tradotto nella vulgatagiornalistica odierna, ciò significa continuare edintensificare le politiche di austerity, con un notevo­le ridimensionamento della spesa pubblica e ulte­riori manovre “lacrime e sangue” che vadano aprecarizzare il mercato del lavoro. «Per promuoverel'occupazione, il processo di formazione dei salaridovrebbe divenire più flessibile e meglio allineatoalla produttività. Tali riforme aiuteranno i paesi ne­gli sforzi tesi a recuperare competitività»(1). Una li­nea che conosciamo bene per mezzo del governoMonti, che più volte si è fatto portavoce della tesi se­condo cui per aumentare i posti di lavoro bisognaaumentare la flessibilità sia in entrata che in uscita.Il prodotto conseguente di questa linea di pensieroe di azione è presto detto: un arretramento storicodelle condizioni di vita e di lavoro della classe lavo­ratrice continentale. Un esempio concreto di que­sto processo è dato dalla cosiddetta“terzomondizzazione del Nord”, ovvero dalla diffu­sione nei sistemi economici più sviluppati (comequello europeo) di condizioni di lavoro e di modi diprodurre tipici dei quella che è stata definita econo­mia informale, radicati soprattutto nei Paesi di­pendenti o semi­dipendenti (ai quali ci si riferiscesolitamente come “sud” del mondo). Con l'espres­sione “economia informale” ci si riferisce a quelle

attività produttive svolte al di fuori di ogni regola­mentazione giuridica, in assenza di diritti e prote­zione sociale, in condizioni fisiche e ambientalipessime e molto spesso senza rappresentanzasindacale. Pensiamo ad esempio a quanto è succes­so in Fiat con l'applicazione del modelloMarchionne: quella che era una élite della classeoperaia italiana si è ritrovata improvvisamente acondividere le stesse condizioni (pessime) di lavoroe di salario che fino a qualche tempo fa caratterizza­vano solamente alcune sacche del proletariato (lepiù sfruttate e sottopagate, come ad esempio quelleimpiegate nel sistema delle cooperative). La stra­grande maggioranza della classe lavoratrice italia­na, sottoposta ad una selvaggia precarizzazione,vive una situazione che alcuni anni fa sarebbe stataattribuibile solo al proletariato immigrato. Anchenel Paese traino dell'imperialismo europeo, laGermania, il proletariato vive condizioni di preca­rietà e sfruttamento sempre più diffuse (il co­siddetto mini­job che prevede una paga nonsuperiore ai cinquecento euro mensili). Gli esempidiquestotiposonomoltienonvogliamodilungarci.Il punto è questo: le politiche di ristrutturazione delcapitale si stanno risolvendo in un'omogeneizza­zione al ribasso delle condizioni della classe opera­ia. Quelle divisioni che per anni sono statefomentate per controllare meglio i lavoratori, se­condo la legge del divide et impera, tra lavoratorinativi e immigrati, garantiti e precari, si stanno as­sottigliando proprio a causa della mannaia li­vellatrice dell'austerità. Come si stanno

assottigliando anche le differenze globali tra il pro­letariato delle economie imperialiste e quello delleeconomie dipendenti o quasi. La diseguaglianzapermane ancora, e in modo evidente, ma è signifi­cativo che mentre gli operai cinesi della Foxconn,grazie a imponenti lotte, ottengono miglioramentisalarialierappresentanzasindacale,glioperaiFiomdel Gruppo Fiat qui in Italia si vedono negateentrambe le cose. La ricomposizione della classe la­voratrice,sucuitantiaccademicihannospesofiumidi inchiostro, è un orizzonte che pare sempre più vi­cino grazie proprio agli attacchi del capitale, cheormai non fanno più alcuna differenza nel colpire.Allora è proprio il caso di dire: il capitalismo, con lesue politiche di austerità, non sta facendo altro cheprodurre i suoi seppellitori, un nuovo proletariatoglobalealcentrodelqualec'èunsoggettolavorativodequalificato, molto spesso istruito, privo di qualsi­voglia tutela e rappresentanza. Un soggetto che po­co a poco, attacco dopo attacco, è divenuto semprepiù omogeneo e sempre più combattivo e che in Ita­liahafattogiàsentire lasuavocepermezzodell'effi­cacissima mobilitazione nel settore della logistica.Ecco il traguardo che si approssima a raggiungere ilcapitale con la sua guerra sociale!

L'impasse politica in Italia

Aunmesedalleelezionipolitiche,mentrescriviamolo scenario politico­istituzionale italiano è ancoratutto da definire. Il Partito democratico non è in gra­

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L'impotenzaistituzionaleelerispostedeirivoluzionarinell'attualefase

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2 Maggio ­ Giugno 2013 PROGETTO COMUNISTAPOLITICA

do di governare e, fallite le consultazioni con le altreforze, non può nemmeno presentarsi alle Camereper ottenere la fiducia, dal momento che il rischio ègrosso. Non potendo Napolitano sciogliere le Ca­mere (dato il “semestre bianco”) si dovrà attenderel'elezione del nuovo presidente della Repubblica. Inseguito, molto probabilmente, si andrà nuova­mente a votare. I Cinque Stelle hanno rifiutato ogniaccordo con il Pd e mentre scriviamo questo edito­riale sono in corso le cosiddette Quirinarie, per sele­zionare il nome del possibile capo di stato chepresenteranno i grillini in parlamento. Nel mentre ilgoverno Monti, totalmente screditato dalle ultimeelezioni, è ancora in carica. A supporto di questo, ilfamoso “consiglio dei saggi” nominato da Napolita­no con il compito di elaborare proposte di legge inattesa che si sblocchi la situazione: non è necessariopassare in rassegna i nomi che ne fanno parte, vistola loro comune posizione sociale (magistrati,banchieri, alti funzionari). Anche le relazioni chehanno consegnato a Napolitano sono colme di pro­

poste sentite e risentite: tra le tante, si segnalano unrafforzamento della spending review (non avevamodubbi!) e l'impegno a mantenere l'equilibrio di bi­lancio. Altra novità è stata l'elezione dei presidentidi Camera e Senato: Boldrini e Grasso, due nominuovi la cui votazione in Parlamento per un mo­mento aveva ridato fiducia al centrosinistra diBersani. In mancanza di vere svolte, l'unica cosa dicui si sono accontentati è stata una modesta opera­zione di plastica facciale che lascia il tempo che tro­va. Da notare i ripetuti allarmi che l'Unione europeaha lanciato sullo stallo prodotto in Italia dallamancata formazione del governo. Prima laCommissione europea, il 10 aprile, segnala il peri­colo rappresentato dall'alto debito italiano e lavulnerabilità economica, con un rischio di contagioper gli altri Paesi dell'Eurozona. Poi il presidentedell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, tre giornidopo lancia l'allarme sulla situazione politica nelnostro Paese: l'instabilità politica rende ancora piùlontana la possibilità di una ripresa, soprattutto nelquadro di una generale debolezza della zona Euro.

Il compito dei rivoluzionari oggiA conclusione di questo editoriale, è utile ribadire lanostra posizione e i nostri compiti nell'attuale fase.E lo facciamo riprendendo il Manifesto delle sezionieuropee della Lit, la nostra organizzazione interna­zionale. Davanti allo sgretolamento dell'Unioneeuropea dei capitalisti, il compito dei rivoluzionarisi riassume nella lotta per un programma di obietti­vi transitori che possano unificare le varie costella­zioni conflittuali nate anche nel nostro Paese. Unprogramma che fondamentalmente potrà essereattuato solo premettendo una rottura radicaledell'ordine esistente e che prevede alcune paroled'ordine che riteniamo non discutibili: tra queste, ilnon pagamento del debito alle banche e ai fondispeculativi, l'uscita immediata dall'Ue, il monopo­lio statale del commercio estero, la nazionalizzazio­ne senza indennizzo di banche e industrie sotto ilcontrollo dei lavoratori, l'istituzione di una scalamobile dei salari e dell'orario di lavoro per lavoraremeno e lavorare tutti (in modo da riassorbire ladisoccupazione). Tutto questo non potrà esserefatto nella sola Italia, ma potrà realizzarsi solo unifi­

cando le lotte dei lavoratori e delle nuove genera­zioni su tutto il continente, per opporre all'Europadelle banche e del debito, un'altra Europa, un'Eu­ropa delle lotte, dei lavoratori, un'Europa socialista.«Questo è l'impegno delle organizzazioni europeedella Lega Internazionale dei Lavoratori – QuartaInternazionale (LIT­CI), è la lotta che vogliamocondurre insieme, fianco a fianco di tanti militanti eattivisti. In altre parole: facciamo appello ai lavo­ratori, ai giovani e alle masse popolari, perché lotti­no per una soluzione operaia alla crisi, che significaporre la questione del potere per la classe operaia. Èin questa lotta che vogliamo costruire le nostreorganizzazioni e ricostruire l'Internazionale rivo­luzionaria di cui abbiamo bisogno come l'aria cherespiriamo». Una lotta che, qui e ora in Italia, passaanche per la costruzione di un vero sciopero gene­rale contro le misure di austerity. (13/4/2013)

Note

(1) http://www.bancaditalia.it/eurosistema/co­mest/pubBCE/mb/2013/aprile/mb201304/Edi­toriale_04_13.pdf

segue dalla prima

PROGETTO COMUNISTAPeriodico del PARTITO DI ALTERNATIVA COMUNISTAsezione della Lega Internazionale dei Lavoratori 9 Quarta Internazionale

Maggio - Giugno 2013 – n.40 – Anno VII – Nuova serieTestata: Progetto Comunista – Rifondare l'Opposizione dei Lavoratori.Registrazione: n. 10 del 23/3/2006 presso il Tribunale di Salerno.Direttore Responsabile: Riccardo Bocchese.

Direttore Politico: Fabiana Stefanoni.Redazione e Comitato Editoriale:Giovanni“Ivan” Alberotanza, Mauro Buccheri, Patrizia Cammarata,Nicola De Prisco, Adriano Lotito, Claudio Mastrogiulio,Fabiana Stefanoni,Valerio Torre.

Vignette: AlessioSpataro.blogspot.comComics: latuffcartoons.wordpress.com

Grafica e Impaginazione: Giovanni“Ivan” Alberotanza[Scribus+LibreOffice su Debian GNU/Linux]Stampa: Litografica '92 – San Ferdinando di PugliaEditore:Valerio Torre, C.soV.Emanuele, 14 – 84123 Salerno.

Per scrivere alla redazione mandare una e–mail a:[email protected]

Recapito telefonico: 328 17 87 809

La risposta di classe al problema della corruzione

Claudio Mastrogiulio

Le ultime elezioni politi­che ci hanno conse­gnato un quadrocomplessivo molto

chiaro. I partiti dominantihanno subito un crollo senzaprecedenti, con unmalcontento sociale ed unadisillusione generalizzata che siesprime sotto la forma di duedati evidenti: l'affermazione del“grillismo”, e dunque di unatteggiamento di presuntadiscontinuità con l'attuale si­stema politico; e l'astensioni­smo.

L'affermazione delMovimento 5 Stelle

Esponenti politici, politologiborghesi, commentatori di variorientamenti si sono meravi­gliati della prepotente irruzionedel M5S nello scenario politicoitaliano. In realtà, le avvisaglieerano evidenti, così come nonera difficile da ravvisare la possi­bilità che la delusione verso ipartiti dominanti potesse sfo­ciare in una rottura del prece­dente equilibrio politico edistituzionale. Fin da quando ènato, in tutte le nostre analisi (sivedano gli articoli pubblicati sul

sito www.partitodialternativa­comunista.org) il M5S è stato danoi considerato come un'ulte­riore espressione dell'apparatopolitico democratico­borghe­se. Cercheremo, in sintesi, dispiegare anche qui il perché.Innanzitutto, nel programmadel M5S non esiste nessun rife­rimento ad una rottura radicalecon l'attuale sistema economi­co capitalista; le cui architraviideologiche e le struttureportanti non vengono messeassolutamente in discussione.Rivendicano, anche con azionidimostrative (come l'“occupa­zione” delle Camere di qualchegiorno fa) la centralità della Co­stituzione, come se questa fosselapanaceaditutti imaliedituttele ingiustizie che attanagliano levite di milioni di lavoratori,pensionati, precari e disoccu­pati. Ricordiamo ai “grillini” chela stessa Costituzione che lororivendicano considera legale:che si licenzino indiscriminata­mente i lavoratori quando i pa­droni lo ritengano piùopportuno; che vengano elargi­ti miliardi di euro a banche, assi­curazioni, aziendemultinazionali per poter conti­nuare a macinare profitti; che sitassi finanche la prima casa con

l'introduzione dell'Imu; che ungiovane lavoratore non sia ingrado di progettare il propriofuturo per via della dilaganteprecarietà; che sanità e scuolapubblica vengano massacrate;che popoli inermi di nazionilontane centinaia di migliaia dichilometri vengano oppressi,occupati e bombardati in nomedella spartizione delle risorseeconomiche di cui sono depre­dati, ecc...

M5S: un ammortizzatoredelle lotte sociali

Questi i motivi per cui si può di­re che la tensione antipoliticadella proposta elettorale dei“grillini” non sia altro che unulteriore ammortizzatore poli­tico delle lotte sociali. Sì, perchéi padroni sanno bene che in unquadro economico di questo ti­po, con una crisi così deva­stante, le tensioni sociali primao poi esploderanno. Ed il M5Sha appunto il compito di inca­nalare queste tensioni in un as­setto istituzionale, che nonmetta in discussione gli aspettifondamentali dell'economiacapitalista, ma che si limiti a de­nunciare soltanto degli orpelli,come possono essere il fi­nanziamento ai partiti (il M5S

non traccia nessuna distinzionetra partiti dei padroni e partitidel movimento operaio,mettendo populisticamentetutti nello stesso calderone),oppure la riduzione del numerodei parlamentari, la fedina pe­nale pulita dei rappresentantiistituzionali, ecc. Tutti aspettimarginali, che continueranno amantenere intatto il dominiototale di un pugno di ultrami­liardari sulla stragrandemaggioranza della popolazio­ne. Un'economia, quella capi­talistica, in cui le dieci famigliepiù ricche della borghesia ita­liana, posseggono una

ricchezza pari a quella di ben tremilioni di famiglie operaie. Eccoperché il M5S ha sfondatoelettoralmente nel Nord Est, inVeneto in modo particolare, riu­scendo a catalizzare le pulsionireazionarie e razziste dellapiccola­media borghesia che hascaricato la Lega. Una retoricacome quella del rifiuto dello“iussoli” (l'acquisizione dellacittadinanza in base al luogo dinascita) per i figli di lavoratoriimmigrati nati in Italia, unita aquella di cui sopra che descrivele ruberie degli amministratoriborghesi non come una caratte­ristica intrinseca del sistemaeconomico attuale, ma comeun elemento accessorio e ca­suale dovuto ad un mancato ri­cambio dell'apparato dirigentefa sì che la base elettorale leghi­sta si sia spostata in massa sulM5S.

La corruzione,il malaffaree l'astensionismo

L'altro aspetto che ha condottoall'attuale fase politica è il forteastensionismo che si è registratoalle ultime elezioni politiche.Come è capitato anche in pas­sato, la dinamica elettoralerappresenta uno specchio de­formato di ciò che accade nelcampo del conflitto di classe.L'assenza di un partito comuni­sta con radicamento di massa hala duplice conseguenza di averportato all'affermazione di unaforza populista e reazionaria co­me il M5S e, d'altro canto, ad unimponente astensionismo. Agliocchi di gran parte delle masse ipartiti vengono messi tutti sullostesso piano, indipendente­mente dalla proposta di cui sifanno portatori, esprimendo unrifiuto nei confronti della politi­ca. Un rifiuto che si manifestanel 25% di aventi diritto al votoche decidono di non esprimere

alcuna preferenza. Da questodato, per parte nostra, è possibi­le trarre contemporaneamenteun insegnamento ed una lineadi tendenza per il futuro. L'inse­gnamento è che l'elettorato, semancaunadirezioneradicaleedalternativa ai partiti dominantitende a deprimersi, a pensareche tutto debba necessaria­mente restare fermo ed immu­tabile. La linea di tendenza, percerti versi positiva, che questodato ci consegna è l'aspetto percui un'importante massa criticanelPaeseesiste,èvivae,seèveroche rischia di assuefarsi ad unasorta di apatia politica, d'altrocanto è doveroso pensare checon un lavoro di costruzione diun'alternativa reale e radicalequesto elemento possa tradursiin una crescente acquisizione diuna coscienza di classe chemetta in discussione l'intero as­setto politico, economico edistituzionale.

La nostra proposta

Dunque, il Partito di AlternativaComunista, non facendo delleelezioni un feticcio, ma sempli­cemente uno strumento(marginale) di propaganda,considera che si debba partiredalla crescente disillusione neiconfronti della corruzione e delmalaffare degli apparatiborghesi per poter far crescerenelle pieghe di questecontraddizioni quell'alternativapolitica che ancora oggi non e dicui c'è sempre più bisogno.Un'alternativa che parta da unacritica feroce al capitalismo intutte le sue manifestazioni,anche quelle apparentementepiù presentabili (M5S), per arri­vare a squarciare quel velo difalsificazioni di cui tanta partedelle masse popolari è,purtroppo ancora oggi, vittima.(13/04/2013)

Antipoliticaecrollodeipartiti:duefaccedellastessamedaglia

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PROGETTO COMUNISTA Maggio ­ Giugno 2013 3POLITICA

Alberto Madoglio

Come abbiamo ampia­mente scritto sia sul no­stro sito web sia sulnostro giornale (vedi il

numero scorso), le elezioni del24­25 febbraio hanno terremo­tato il quadro politico italiano inuna misura che nessuno avrebbepotuto prevedere. Il crollo verti­cale nei consensi avuto daimaggiori partiti dello schiera­mento borghese (Pd, Pdl e Listacivica di Monti) sono stati il se­gnale, distorto come accade inogni elezione borghese, di quantole classi popolari nel Paese fosse­ro stanche delle politiche lacrimee sangue sostenute negli ultimianni da queste forze. Il vero vinci­tore della tornata elettorale è

stato il Movimento 5 Stelle, unicaforza che, in qualche modo, èsembrata rappresentare questoscontento popolare di massa perle politiche di austerità impostedal governo e dall'Europa, e cheinoltre non è stata coinvolta neivari casi di corruzione che negliultimi tempi sono balzati aglionori della cronaca (dalloscandalo che ha colpito il centro­destra nella Regione Lazio, al casodel Monte dei Paschi che ha fattodefinitivamente a pezzi la pre­sunta “superiorità morale” delPartito Democratico). L'exploitdel partito di Grillo si spiegaanche col fatto che in Italia, adifferenza che in altri Paesi euro­pei, lo scontro di classe è a un li­vello molto basso, rispetto allapesantezza degli attacchi che il

mondo del lavoro ha dovutosopportare. Una scarsaconflittualità dovuta al ruolo dicontrollo sociale che in questianni hanno svolto le burocraziesindacali di Cgil e Fiom (a lorovolta uscite sconfitte dalle elezio­ni, visto che hanno sostenuto lacoalizione guidata da Bersani eVendola) e alla profonda crisi incui versa la socialdemocraziapolitica, Rifondazione in testa,che più che altrove (pensiamo aGrecia e Francia) è apparsasubalterna a sostenere ogniopzione governista, anche senzaottenere nessuna concessione,sia pure di facciata. Questo mix dicircostanze ha dunque favorito ilclamoroso successo del M5S, cheha aperto un dibattito che stacoinvolgendo la maggioranzadelle organizzazioni della sini­stra, circa il rapporto che bisognaavere con i grillini e sulla natura e ipossibili sviluppi di questo feno­meno politico.

Un dibattito falsato

L'approccio che queste forzehanno verso gli attivisti del M5S è,pur tra non pochi distinguo, diapertura. Si ritiene che la nuovaformazione politica rappresentiuna sorta di “costola della sini­stra”: a sostegno di questa tesi sicita il fatto che rappresenterebbeun argine alle politiche di austeri­tà fin qui seguite, il fatto che perun certo periodo abbia flirtatocon la Fiom nella sua battagliagiudiziaria per essere riammessanelle fabbriche del gruppo Fiat, eche i grillini sostengano lotte di si­nistra come la difesa dell'acquapubblica, l'opposizione alla Tav,al Muos (il sistema radar che i Go­verni di Italia e Usa vorrebberoinstallare in Sicilia) e così via.Ecco quindi apparire sui giornali

di sinistra come Liberazione e ilManifesto articoli a sostegno diquesta tesi, mentre Rifondazioneha organizzato per il 13 aprile unseminario di analisi e appro­fondimento sul M5S in cui, a ve­dere le tracce di relazione, per ilpartito di Ferrero le luci supere­rebbero di gran lunga le ombre.L'organizzazione che nella sini­stra di classe ha concessomaggiori aperture di credito alM5S è la Rete 28 Aprile. In un arti­colo di commento al risultatoelettorale firmato da Cremaschi,e in seguito in un secondo testo,più articolato, firmato da un ade­rente alla Rete (e, crediamo, senon direttamente ispirato,quanto meno condiviso dallostesso Cremaschi) si sostienequanto segue. Il voto, come detto,ha punito i partiti tradizionali so­stenitori del rigore di bilancio. Laprotesta è stata raccolta da Grillo,quindi questo partito rappre­senta per l'Italia ciò che Syriza eFront de Gauche rappresentanoper Grecia e Francia, cioè unpartito che oltre a raccogliere ilmalcontento dei giovani, deidisoccupati e dei lavoratori, puòrappresentare un nuovo tipo diorganizzazione che la classe ope­raia, e più in generale le classisubalterne, si possono dare, te­nuto conto del fallimento delleorganizzazioni tradizionali delmovimento operaio. Quelle posi­zioni più marcatamente reazio­narie che il M5S porta avanti – laproposta di abolire i sindacati, ilrivendicare la cogestione delleaziende tra padroni e lavoratori inmodo che possano confrontarsialla“pari” (sic!), una politica versogli immigrati sostanzialmente xe­nofoba – sarebbero solo “errori”che un giovane movimento si tro­va a commettere.

Una lettura di classe delfenomeno

Quest'approccio non solo è to­talmente sbagliato perché si limi­ta a un'analisi superficiale eincompleta del M5S (come benevidenziato dall'articolo delcompagno Lotito apparso sul no­stro sito web), ma estremamentepericoloso. Si rischia che la collerache sta montando tra i lavoratori egli sfruttati in Italia – e che oggi siesprime nel voto alle elezioni, mache un domani non troppo lonta­no potrebbe portare a un'esplo­sione sociale generalizzata comequella che abbiamo in Grecia,Spagna, Portogallo e, seppure agliinizi, in Francia – venga egemo­nizzata da un progetto politicoche, in ultima istanza, ha comescopo quello di mantenere econservare il dominio del sistemacapitalistico, sostenendo che lacrisi in atto da quasi cinque annisia dovuta a una cattiva e pocotrasparente gestione dell'econo­mia. Quanto questi auspici sianovelleitari possiamo vederlo ognigiorno in tutti i Paesi, perché allostato attuale nessun governo,quale che sia, può far altro se non

peggiorare le condizioni dei lavo­ratori e distruggere le conquisteda loro ottenute attraverso de­cenni di lotte e mobilitazioni. Epossiamo anche verificare comel'applicazione di queste politichenon è limitata alla fase attuale madeve, secondo i difensori del si­stema capitalistico, diventare ilmodo in cui la società dovrà esse­re governata nei prossimi de­cenni. A chi – come nei fattiCremaschi – propone al movi­mentooperaiolasubalternitàallosfruttamento capitalistico (iericon Prodi e Ferrero, poi con laFiom di Landini e oggi, dopo ilfallimento del progetto di Ingroia,col partito di Grillo), bisogna ri­spondere che la vera risposta “ra­dicale e antisistema” non può chevenire da un partito che si pongacome fine ultimo non la gestionedel sistema politico sociale esi­stente, ma la sua distruzione nellaconsapevolezza che questa nonpossa riguardare solo un Paese,ma il sistema di sfruttamento a li­vello mondiale. Solo un partitocomunista dotato di questo pro­gramma può porsi quest'obietti­vo. (13/4/2013)

GrilloeilM5Svistida“sinistra”Come un'analisi impressionistica può sostenere il capitalismo

Rifondazione:unacrisisenzaviedifugaInvito alla riflessione per tutti i militanti di quel partitoFrancesco Ricci

In un nostro articolo su Rifondazio­ne, alla vigilia delle elezioni politi­che(1), scrivevamo che si davanodue casi: laddove la lista Ingroia

avesse superato lo sbarramento, acce­dendo al parlamento, l'agonia di Ri­fondazione si sarebbe semplicementeprolungata in un periodo di strazio in cuiil Prc avrebbe dovuto ancora una volta –per la terza volta – sostenere un governodei banchieri (era questo l'obiettivo di­chiarato di Ingroia e Ferrero). Laddoveinvece (ecco il secondo caso) la soglia disbarramento non fosse stata superata,Rifondazione sarebbe precipitata anco­ra più rapidamente verso l'abisso. È la se­conda di queste due possibilità quellache si è data.

Non c'è via d'uscita

Impasse, così i francesi chiamano tantola strada chiusa come, metaforicamente,una situazione senza uscite. Lì si trovaRifondazione. Eppure, potrebbe farciosservare qualcuno, ancora oggi, purnella crisi (che è difficile negare), Ri­fondazione resta la forza relativamentepiù grande a sinistra, ancora capace dimobilitare alcune centinaia di attivisti(anche se un tempo erano migliaia). Èvero. Ciò è dovuto al fatto che finché ri­marrà in piedi una società divisa in clas­si, vi sarà sempre un ruolo per chi sipropone come cuscinetto tra le due clas­si mortalmente nemiche. Non solo: Ri­fondazione gode di un patrimoniofinanziario e politico che, per forzad'inerzia, ancora la sospinge e la so­spingerà per un po'. È tuttavia evidenteche il ruolo di ammortizzatore sociale,per così dire, che i dirigenti di Rifonda­zione hanno svolto per anni oggi nontrova più spazio, sia per la crisi storicadella socialdemocrazia (la quale è fioritain epoche di ascesa del capitalismo), siaper la crisi specifica di quel partito che haprodotto negli ultimi dieci anni scissionia ripetizione e rotture in pezzi (come fu

quella con Vendola). La sconfitta rovino­sa della lista Ingroia (con Ingroia in cercadi un lavoro purchessia) è l'ultimo colpoa un corpo già martoriato.

Il fosso di Bruegel

Finoaprimadelleelezioni,Ferreroeil re­sto del gruppo dirigente speravano ditornare in parlamento e, per questa via,di rientrare nei giochi di palazzo, seppu­re con un ruolo secondario. Per fare que­sto hanno “ingoiato” di tutto: la lista diRivoluzione Civile voluta da Ingroia(rientrato improvvisamente dal Guate­mala), l'essere presentati come ospitiimbarazzanti in una lista di cui pure co­stituivano il motore militante, l'accetta­re tutti i capricci e i personalismi di unmagistrato borghese, uomo degli appa­rati repressivi, borioso e arrogante, ridi­colmente convinto di risolvere unproblema storico (la crisi insuperabiledella socialdemocrazia) grazie ai suoisermoni sulla “giustizia” e contro “ipartiti”. Oggi, dopo la sconfitta, di pro­porzioni epiche, lo stesso gruppo diri­gente appare privo di un qualsivogliaobiettivo e vive alla giornata. Si legganogli atti dell'ultimo Comitato Politico Na­zionale di Rifondazione: con l'ala dellamaggioranza diretta da Grassi che scari­ca le colpe del flop elettorale su Ferrero;con Ferrero che si consola con vuoti gio­chi di parole su una “costituente della si­nistra antiliberista”, da realizzare non sisa con chi. Per tacere della sinistrainterna, Falcemartello, che prima ha so­stenuto per un periodo la maggioranzadi Ferrero (persino pubblicando sulgiornalino dell'area buffe interviste aFerrero sul tema della Rivoluzione...),poi ha svolto una innocua “opposizione”interna, quindi ha fatto appello al votoper Ingroia («Non ci sottraiamo dalcondividere anche questa battaglia»),infine, dopo il flop, precisa, per penna diBellotti, che non intende assumersi«neppure un grammo di responsabilitàperquantofattofinquidaquestogruppodirigente». Tutti insieme questi strateghi

della sconfitta sembrano come i ciechiche camminano in fila in quel quadro diBruegel, ispirato al Vangelo di Matteo:«se un cieco guida un altro cieco,entrambi cadono in qualche fosso». Co­sì, dopo aver votato insieme, grassiani eferreriani, un testo politico che non dicenulla, nel Cpn si sono divisi sui tempi delcongresso che i grassiani avrebbero vo­luto anticipare per presentare il primapossibile il conto della disfatta al segre­tario e magari riguadagnare qualchepiccola posizione interna. Per andaredove, non si sa. Grassi, da sempre tra i piùopportunisti dirigenti di Rifondazione(se una graduatoria ha senso inquell'ambiente), pare già con un piedesulla scialuppa di salvataggio, novellocapitan Schettino, pronto a fare l'inchi­no, forse, a Sel diVendola?

Un patrimonio da liberare

La realtà è che così come non c'è viad'uscita riformista dal capitalismo, cosìnon c'è via d'uscita per i riformisti dallacrisi storica che stanno vivendo. L'unicapossibilità, per i militanti di Rifondazio­ne, è quella di fare un bilancio storico delriformismo in generale e di quello di Ri­fondazione in particolare. Dopo di che,abbandonati al loro destino i Ferrero e iGrassi, si tratta di costruire quel partitorivoluzionario che ancora non c'è e serveurgentemente. Questo è il punto. Perparte nostra, senza ergerci a maestri dinessuno, senza pretese di primogenitu­ra, con questi compagni vogliamoconfrontarci lealmente. Consapevoliche il partito che manca per sviluppare lelotte operaie e studentesche non si puòcostruire senza il contributo prezioso diquei militanti che per anni hanno credu­to di costruire, con Rifondazione, unpartito realmente comunista: partitoche viceversa non era nei progetti dei di­rigenti in cerca solo di poltrone più co­mode (guadagnate frenando le lotte deilavoratori). Non si tratta di inventarsiuna differenza tra il vertice e la base delpartito ma di constatare che gli interessi

oggettivi e lo spirito di sacrificio di tantimilitanti del Prc non ha nulla in comunecon le vocazioni burocratiche delgruppo dirigente. È una divergenza diinteressi quella che separa militanti e di­rigenti di Rifondazione e viceversa po­tenzialmente unisce quei militanti a chi,come noi, si batte per una reale pro­spettiva comunista. Il partito comuni­sta, rivoluzionario, internazionalistaperché internazionale, strumento dilotta e non di compromesso con laborghesia e i suoi governi, potrà nasceresolo nelle lotte, nel loro sviluppo neiprossimi mesi, nella costruzione di

un'alternativa dei lavoratori basata sullapiena indipendenza di classe. D'altraparte, a vent'anni e passa dalla nascita diRifondazione, a poco dalla sua probabilefutura scomparsa, non è arrivato forse ilmomento di indirizzare ogni sana forzamilitante verso un autentico progettocomunista e rivoluzionario?

Nota

(1) Rivoluzione civile o rivoluzione so­cialista? L'impressionante deriva dellasinistra riformistaL'articolo è pubblicato sul nostro sitowww.alternativacomunista.org

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4 Maggio ­ Giugno 2013 PROGETTO COMUNISTAPOLITICA

Laura Sguazzabia

Il 22 maggio 1978, in Italia,diventa legale l'aborto. Do­po una lunga battagliacondotta dal movimento

femminista, e appoggiata da unagrossa parte della società civile, èapprovata la legge 194/78(“Norme per la tutela socialedella maternità e sull'interruzio­ne volontaria della gravidanza”),considerata ancora oggi dai legi­slatori borghesi una delle leggi,sul tema, più avanzate a livelloeuropeo. Eppure, dopo 35 anni,l'autodeterminazione delledonne sull'interruzione di gravi­danza è seriamente a rischio poi­ché la 194 è quasicompletamente svuotata nellasua valenza, in particolare per ilcompromesso cui si scese colclericalismo di quegli anni: il di­ritto per il personale medico, esanitario in generale, di avvalersidell'obiezione di coscienza. I datiufficiali parlano chiaro: dalla“Relazione sull'attuazione dellalegge 194/78”, rilasciatanell'ottobre 2012 dal Ministerodella Salute, emerge che in Italiala scelta d'obiezione è in conti­nuo aumento e che la maggior

parte dei medici ginecologi nonpratica interruzioni di gravi­danza; più del 70% dei medici sidichiara obiettore di coscienzacon punte del 85,5% in alcune re­gioni del centro­sud. Simile si­tuazione tra gli anestesisti epersonale non medico. Le ragio­ni di questa scelta spesso nonhanno nulla a che vedere con leopinioni personali o di fede delsingolo medico: l'obiettore ottie­ne, infatti, notevoli vantaggi siacome soddisfazione personalesia di carriera. Fare aborti non ègratificante e l'obiezione di co­scienza è un'ottima scappatoiaofferta dalla legge per sottrarsi aduna parte sgradevole del propriolavoro. Le stime affermano che,poiché l'argomento non è sentitofra i giovani laureati che non rice­vono adeguata formazione inquesto senso, tra cinque annicirca, a causa del ricambio gene­razionale, non ci saranno piùmedici abortisti. Questa situa­zione contribuisce ad alimentareil mercato degli interventi illega­li. Molte donne scelgono diandare all'estero o di rivolgersi aicosiddetti “cucchiai d'oro”, gine­cologi che privatamenteeffettuano I.v.g. (interruzioni vo­

lontarie di gravidanza): secondogli ultimi dati disponibilidell'Istituto superiore della Sani­tà sono stati circa 15.000 gliaborti clandestini. Ma questa ci­fra potrebbe essere sottostimataperché non tiene conto degliaborti delle donne immigrateche non si avvicinano alla sanitàpubblica, soprattutto se clande­stine. Le donne che abortisconoclandestinamente assumonofarmaci impropri, compratisottobanco o via internet, dalleconseguenze a volte mortali, o siaffidano alle cure delle nuove“mammane”, pericolose tantoquanto i farmaci impropri.

Tutta colpadell'obiezione?

Già qualche giorno dopol'approvazione della 194, diversevoci avevano paventato il rischioche un numero elevato di richie­ste di obiettori si sarebbe potutotrasformare in un «vero e proprioboicottaggio della legge», intra­vedendone le ragioni nell'asso­luta mancanza di conseguenzeper l'obiettore. Assodato, quindi,che il solo problema della 194 ri­mane l'obiezione di coscienza, lesoluzioni proposte sono varie:creazione di un elenco dei medi­ci obiettori, regolamentazionedell'obiezione di coscienza,imposizione ai medici obiettoriquantomeno di svolgere tuttequelle operazioni di cura prece­denti o successive alla I.v.g. Unadiscussione che non appassionaanche perché un'analisi piùapprofondita svela che altre, eben più ideologiche, sono le cau­se del “disservizio”. Preso attodella scelta del singolo medico, lastruttura sanitaria è in ogni casoobbligata a garantire il servizio

d'interruzione di gravidanza.L'obbligo di assicurare uncorretto funzionamento dellestrutture ospedaliere è in capoalla regione e di conseguenza aglischieramenti politici che, divolta in volta, si trovano al go­verno regionale. Tra gli esempipiù clamorosi di “sorveglianza”ci sono il Lazio, dove solo unostruttura ospedaliera su treeffettua I.v.g. e la Lombardia do­ve numerosi presidi stanno co­municando la chiusura delservizio. Ai consultori pubblici sirivolge circa il 39% delle donneche decidono di abortire, il restopreferisce il medico di base acausa della tempistica buro­cratica che rende i consultoriluoghi non sicuri. L'adozione inalmeno una struttura per regio­ne della RU486, per l'abortofarmacologico meno invasivo diquello chirurgico, è boicottatanei fatti dalla circolare che impo­ne un ricovero più lungo (tregiorni) di quello previsto perl'intervento, con pazienti sotto­poste a vere e proprie vessazionipsicologiche e fisiche, umilianti

e dolorose (i forum in rete sonopieni di racconti ad esempio dipersonale obiettore che rifiutapersino la somministrazione dianalgesici per lenire i doloriabortivi).

Un attacco alle donne!

Le responsabilità vanno ascrittead entrambi gli schieramentidell'alternanza borghese (du­rante le esperienze di governo, ilcentrosinistra con l'appoggiodelle forze socialdemocratiche,Rifondazione comunista in te­sta, nulla ha fatto per tutelare omigliorare l'applicazione della194, ma si è preoccupato piutto­sto di mantenere saldi i rapporticon l'ala cattolica interna) edinserite in un quadro più genera­le d'attacco del capitalismoall'universo femminile che si èmanifestato nella riduzio­ne/scomparsa dei servizi sociali,nella precarietà lavorativa,nell'allungamento dell'etàpensionabile. Il Partito diAlternativa Comunista e la LegaInternazionale dei Lavoratori,pur riconoscendo i limiti della

194, si battono per garantirnel'applicazione in tutti gli ospe­dali attraverso l'abolizionedell'obiezione di coscienza el'introduzione delle miglioritecniche per la difesa della salutedelle donne (pillola abortiva),per l'estensione alle minorennidel ricorso all'I.v.g. senza auto­rizzazione dei genitori o dei tri­bunali borghesi, per l'accessogratuito, e senza prescrizionemedica, alla “pillola del giornodopo” (senza l'obiezione di co­scienza dei farmacisti), perl'esclusione del Movimento perla vita e delle altre associazioni“antiabortiste” dai consultori edai reparti di ginecologia, per ilpotenziamento dei servizipubblici a supporto delle donne,abolendo ogni finanziamento aiservizi privati e del privato socia­le, per la sostituzione a scuoladell'ora di religione con un'orad'educazione alla sessualità, allacontraccezione e alla salute, peril controllo delle lavoratrici, dellegiovani e delle immigratesull'erogazione e la gestione ditali servizi. (14/4/2013)

Fabio Rolandi

Sembra esservi unasingolare analogia tra lasituazione politica ita­liana, verificatasi

all'indomani delle elezioni delfebbraio scorso e quella,improvvisa e inaspettataquantomeno nei tempi, scate­natasi in Vaticano, all'indoma­ni delle dimissioni di papaRatzinger. Un'analogia di situa­zioni che nulla ha chiaramentea che vedere con le differentimodalità realizzative, ma chetrova invece un punto d'unionenella causa che le ha originate:la rottura di malsani equilibri dipotere e l'inevitabile crisi dei si­stemi che ne giovavano. Nondi­meno, diverse appaiono lesoluzioni (o quanto meno itentativi di soluzioni) che le ri­chiamate istituzioni hannotentato (o stanno tentando) diapprontare. Da un lato, il siste­ma capitalistico e la classeborghese che lo foraggia si di­battono in una crisi strutturalea livello mondiale, ben rappre­sentata in Italia, laddove unaclasse politica gelosaconservatrice dei privilegi dibanchieri ed industriali nonriesce nemmeno ad autogo­vernarsi, nonostantel'appoggio di una burocraziasindacale che mira a svenderela classe operaia al miglior offe­rente. Dall'altro, ben diversaappare la reazione vaticana allaterribile crisi che ha vistoattentare alle fondamenta stes­se della Chiesa cattolica e che,come si diceva, ha toccato il suopunto più critico con le dimis­

sioni di Benedetto XVI, ormai“vescovo emerito” di Roma. Suquest'ultimo tema saranno ri­volte le nostre brevi considera­zioni.

Gli “intrighi vaticani”

Fu proprio il cardinaleRatzinger, futuro papa Bene­detto XVI, nel corso della viacrucis celebrata nel 2005 al Co­losseo, ad affermare solenne­mente tra lo stupore generale:«Quanta sporcizia c'è nellaChiesa, e proprio anche (…) nelsacerdozio. (…) Quanta su­perbia, quanta autosuffi­cienza!». Possiamo affermareche il pontificato di Ratzingernon solo non ha mondato leistituzioni vaticane dallasporcizia di cui erano lordate,ma ha addirittura evidenziatodissidi e lotte intestine di inau­dita virulenza, ben note agliaddetti ai lavori, ma sinoraaccuratamente celate agli occhidell'opinione pubblica. Èsintomatica in tal senso la lottatra poteri forti nell'ambito delsistema capitalistico, di cui hafatto – almeno in apparenza – lespese l'Istituto per le opere direligione, meglio noto come Ior.Il 6 dicembre 2012 la Bancad'Italia nega l'autorizzazionealla Deutsche Bank Italia dioperare nella Città del Vaticanocon il Pos, ovverosia con il siste­ma che consente di utilizzare afini transattivi le carte di creditoe le tessere bancomat (acquistodi farmaci presso la farmaciavaticana, di biglietti presso imusei vaticani, ecc.). Il provve­dimento è l'ultimo di una seriedi restrizioni imposte alla

banca vaticana, che ormai co­stituisce un serio pericolo perl'equilibrio finanziario del si­stema capitalistico se è vero,com'è vero, che gli stessi StatiUniti l'hanno inserita tra i po­tenziali riciclatori di danarosporco. L'allontanamentodell'allora presidente EttoreGotti Tedeschi e la sua sostitu­zione con l'avvocato belgaErnst von Freyberg, nonché ilcambio di vertice operatonell'ambito della Commissio­ne Cardinalizia di Vigilanzadello Ior – approvate “strana­mente” da Ratzinger all'indo­mani delle sue dimissioni, ma aquanto pare ispirate dal po­tente Segretario di Stato Tarci­sio Bertone – confermano ildelicato momento che vivonole gerarchie vaticane, in cerca dinuove alchimie che peròconfermino vecchi poteri. Daultimo la vicenda Vatileaks,scoppiata nei primi mesi del2012 dopo la fuga di riservatis­simi documenti vaticani sulleferoci lotte di potere all'internodella gerarchia, sulle modalitàdi disapplicazione delle richia­mate normative antirici­claggio, e su complotti aventiad oggetto la stessa persona delPontefice. A questo devonoaggiungersi le vicende di pedo­filia che hanno coinvolto altis­simi prelati soprattuttostatunitensi, comportandoesborsi per risarcimento dannisuperiori ai 600 milioni didollari, e i riflessi economiciche queste vicende hanno avu­to nel nostro Paese, con unadrastica diminuzione degliintroiti derivanti dall'8 per

mille delle imposte statali.

L'elezione di Bergoglioal soglio petrino

Dopo aver toccato uno deipunti più bassi della sua storia,occorreva una rapida sterzata,che riportasse le istituzionivaticane su più “giusti” binari.Ecco, quindi, l'elezionedell'argentino Bergoglio, il “pa­pa povero”, che sembra inapparenza sconvolgere leaspettative gerarchiche, dasempre attente a far sì che tuttocambi affinché nulla cambi. Trasorrisi compiacenti e autorefe­renziali dei suoi “fratelli cardi­nali”, Bergoglio sa di nonesprimere nulla di nuovo. È be­

ne ricordare che, all'epoca delladittatura militare di Videla (76­83), lui era Superiore Provincia­le della Compagnia del Gesù:un ruolo non certo marginalevista l'influenza che esercitavaquesta compagnia sulle comu­nità ecclesiali di base. Su tutta lagerarchia ecclesiale dell'epocapesa come un macigno il suoassordante silenzio mentre de­cine di migliaia di persone veni­vano sequestrate, torturate, eammazzate. E anche Bergoglionon è esente da colpe: le provedel suo coinvolgimento sonoraccolte nel libro L'isola del si­lenzio.Il ruolo della Chiesa nelladittatura argentina di HoracioVerbitsky. Nel libro si parla della

vicenda di Orlando Yorio eFrancisco Jalics, due gesuiti cheoperavano nelle baraccopoli diBuenos Aires, che, per il loro ri­fiuto di abbandonare quellapovera gente a se stessa, venne­ro rinchiusi e seviziati per seimesi nella famigerata Scuola dimeccanica della marina(Esma), dopo che Bergoglio lisegnalò alle autorità comesovversivi. E, per concludere,riportiamo la risposta datadall'attuale “Santo padre”, allemadri di Plaza de Mayo, che glichiedevano di aiutarle a fare lu­ce sula scomparsa dei loro figli:«Non vivo nel passato, non honiente da dire a riguardo».(13/4/2013)

Brevi riflessioni sugli intrighi inVaticano

L'elezionediBergoglio,il“papapovero”

Dirittodiaborto:undirittonegato

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PROGETTO COMUNISTA Maggio ­ Giugno 2013 5LAVORO E SINDACATO

FR*

Si è svolto con grandesuccesso, nel fine setti­mana del 22­24 marzo,a Parigi, l'incontro

internazionale del sindacali­smo combattivo, promosso dalsindacato brasiliano Csp­Conlutas (il più grande sinda­cato di base dell'America Lati­na, in cui svolge un ruolo diprimo piano il Pstu, sezionebrasiliana della Lega Interna­zionale dei Lavoratori, di cui ilPdAC è sezione italiana(1), daSolidaires di Francia e dalla Cgtspagnola.

Delegazioni da tutto ilmondo

All'incontro hanno parteci­pato le organizzazionisindacali di una quarantinadi Paesi, con la presenza dioltre 250 delegati prove­nienti da tutti i continenti.La presenza è stata superio­re persino alle più roseeaspettative. L'obiettivo deipromotori era quello di pro­seguire un'esperienzaavviata oltre un anno fa conun primo incontro in Brasile(promosso da Conlutas),estendendo la partecipazio­ne a decine di sindacati(alcuni con un ruoloimportante nelle lotte dei ri­spettivi Paesi) per arrivare acostruire una forma dicoordinamento tra il sinda­calismo combattivo di variPaesi del mondo, dall'Africaall'Europa all'America Latina.Ciò nella convinzione che nonvi è lotta realmente vincentedei lavoratori sul solo pianonazionale, data la necessità dicontrastare il capitalismo e gliattacchi analoghi nei diversiPaesi che i governi imperialistie borghesi sferrano contro i la­voratori e le masse popolari perfar loro pagare la crisi del siste­ma. Per quanto riguarda l'Eu­ropa, dalla Spagna eranopresenti, oltre alla Cgt, anche iCo.bas di Madrid, Intersindicale varie altre forze che, perquanto minoritarie, hannodato vita a una manifestazionedi oltre 60 mila a Madrid inoccasione dell'ultimo scioperogenerale. Dall'Inghilterrahanno partecipato dirigentidel Rmt (sindacato dei tra­sporti) e della Tuc che insiemestanno facendo appello allacostruzione di uno scioperogenerale in quel Paese. Ma, co­me detto, la presenza andavaoltre l'Europa: vi erano rappre­sentanti di sindacatidell'Egitto, della Tunisia, delMarocco; e, dall'America Lati­na, oltre che dal Brasile ancheda Paraguay, Perù, Cile, Bolivia,Argentina.

Scelte importanti

Nella tre giorni di Parigi si sonoconfrontati non solo lingue di­verse ma anche approcci eculture differenti, senza la pre­tesa di trovare una sintesi, macon l'obiettivo piuttosto di ve­rificare la possibilità di costrui­re, nella pluralità di esperienze,delle battaglie comuni e, inquesto modo, proseguireanche nella discussione e nelconfronto più generale. Nellagiornata conclusiva sono statedefinite alcune scelteimportanti. In primo luogo si èassunta una dichiarazione cheesprime i principi generali incui si riconoscono le orga­nizzazioni presenti: la conce­zione di un sindacalismo dilotta, democratico, indi­

pendentedai governi padronali, interna­zionalista. In secondo luogo siè dato vita a una “Rete Sindaca­le Internazionale di Solidarietàe di Lotta”, demandando ai tresindacati promotori il compitodi mantenere un coordina­mento operativo per orga­nizzare le prossime scadenze.In terzo luogo è stato varato unManifesto comune dadiffondere in tutti i Paesi allemanifestazioni del prossimoPrimo Maggio: un manifestoche rimetta in primo piano ilcarattere di classe e di lotta delPrimo Maggio, contro la“interpretazione” all'insegnadella collaborazione di classeche ne danno i sindacaticoncertativi. Questo Manife­sto sarà diffuso nei prossimigiorni, essendo stato lasciatoun lasso di tempo (fino a metàaprile) affinché le organizza­zioni sindacali e i coordina­menti di lotta che, dopo questoconfronto di Parigi, decidonodi aderire stabilmente alla Re­te, possano formalizzare la loroscelta. Il senso del Manifesto

sta in questo brano che ri­portiamo: «La difesa di un sala­rio dignitoso, di lavoro, salute,educazione pubblica, esigonoche le molteplici lotte parziali,per impresa e settore, cheattraversano il Vecchio conti­nente, si unifichino intorno auna rivendicazione urgente:Cacciamo i governi e le politi­che di austerità!». In quartoluogo, per scendere più nelconcreto, si è avviato (ancheattraverso alcune riunioni disettore) un primo coordina­mento per categorie professio­nali (trasporti, educazione,metalmeccanici, ecc.). Lo sco­po è quello di avviare campa­gne comuni a livellointernazionale, fino alla pro­

spettiva di organizzare unosciopero generale congiunto.

La nutrita presenzadall'Italia

Dall'Italia la presenza è stataampia e significativa.Importante è stato, in questo, ilruolo svolto dal coordina­mento No Austerity che, findalla sua assemblea fondativadel dicembre scorso a Cassinade' Pecchi, dove era presente ilcompagno Didi Travesso, diConlutas, aveva deciso la pro­pria partecipazione a Parigi e siè adoperato per far conoscerel'iniziativa ed estendere l'invi­to ad altre realtà. È grazie a que­sto lavoro che erano presentitante realtà: dagli operai dellaFiat Irisbus di Avellino, ai lavo­ratori delle cooperative inlotta: molto apprezzata la pre­senza di Arafat, leader dellalotta all'Ikea, che, interve­nendo due volte, ha spiegato laradicalità messa in campo dailavoratori in questa lotta cheha già strappato importanti ri­sultati; dal Si.Cobas (che hainviato un proprio dirigente),

alla Cub Scuola Università e Ri­cerca (presente con il coordi­natore nazionale CosimoScarinzi), alla Cub Immigra­zione (come sempre trasci­nanti gli interventi diMoustapha Wagne). Eranopresenti inoltre delegatidell'Usi (che hanno aderito alcoordinamento) e un paio dirappresentanti del No Debitocremaschiano (che non hannoad oggi formalizzato un'ade­sione). Fabiana Stefanoni,intervenendo a nome di NoAusterity, ha rimarcatol'importanza che in tutti i Paesisi riescano a superare gli osta­coli frapposti da burocraziesindacali grandi e piccole, uni­ficando le lotte e sviluppando­le in senso classista eanticapitalista. Nel suointervento, ascoltato congrande attenzione da tutta laplatea, Fabiana Stefanoni hacosì raccontato di quella anco­ra embrionale maimportantissima esperienzache si è avviata appunto colcoordinamento di lotta di NoAusterity.(2)

Un primoimportantissimo passo

avanti

Per affrontare la guerra socialeche i governi padronali stannoscatenando contro i lavoratori,per recuperare il tasso di pro­fitto e scaricare la crisi suglioperai, è necessario unificare

le lotte e svilupparle,infrangendo le mille barriereerte dalle burocrazie sindacali.Gli obiettivi indicati dal Mani­festo di Parigi sono molto chia­ri: «nazionalizzazione senzaindennizzo del sistema fi­nanziario e delle principaliaziende» nel quadro di un pro­gramma «dei lavoratori e dellamaggioranza sociale». Un pro­gramma da far vivere nelle lotteconcrete: non a caso i compa­gni metalmeccanici della CspConlutas hanno concluso la lo­ro permanenza a Parigi orga­nizzando lunedì mattino unincontro con gli operai dellaPeugeot di Parigi in lotta controi licenziamenti: all'incontro,sfociato in un corteo internoalla fabbrica, hanno parteci­pato anche i compagni dellaFiat Irisbus di Avellino chehanno portato il loro saluto. Gliobiettivi indicati dall'as­semblea di Parigi non sonoastratti: si tratta, ribadiamolo,di una prospettiva da costruirenel vivo delle lotte che giàstanno arroventando tantiPaesi del mondo (convinto èstato il sostegno espressodall'Assemblea alle rivoluzionidel Nord Africa e MedioOriente) e dell'Europa in parti­colare (dagli scioperi di massain Grecia, alle piazze colme inSpagna e Portogallo, alla lottaradicale degli operai della Re­nault in Francia, ecc.). Unaprospettiva che possiamo edobbiamo costruire anche qui

in Italia nei prossimi mesi e incui, per parte nostra, conti­nueremo a impegnarci.

*articolo pubblicato suwww.alternativacomuni­

sta.org

Note

(1) Per conoscere il percorso dicostruzione di Conlutas, cheoggi raggruppa più di tre mi­lioni di attivisti, consigliamo dileggere l'articolo di Ze' mariapubblicato sull'ultimo nume­ro di Trotskismo oggi.(2) In questo quadro molto po­sitivo non poteva mancarequalche tentativo di innescarevuote polemiche da parte dichi pensa solo al proprio orti­cello. Ci ha provato FrancoGrisolia (del Pcl ma intervenu­to, a suo dire, “a nome della Re­te 28 Aprile” e richiamandosianchealComitatoNoDebitodiCremaschi). Grisolia, dopoaver informato che non porta­va alcuna adesione alla Reteinternazionale, ha ritenutotuttavia logico presentareemendamenti al Manifesto delPrimo Maggio. La cosa è ri­sultata strana, nel metodo, atutta la platea ma ancora di piùalle delegazioni italiane chesanno come in Italia il Pcl ade­risca entusiasticamente allapiattaforma neo­keynesianadel No Debito, mille volte piùarretrata del Manifesto classi­sta approvato nell'incontro diParigi.

Parigi:ènatalaReteSindacaleInternazionaleIl sindacalismo combattivo e di lotta comincia acoordinarsi su scala internazionale

In più di sessanta organizzazioni, di diversi Paesi di quattro continenti, abbiamo partecipato a Parigiall'Incontro Internazionale del sindacalismo alternativo, dal 22 al 24 marzo 2013.Noi che ci siamo riuniti a Parigi puntiamo su un sindacalismo di lotta, opposto al sindacalismo concertativo;sosteniamo che la lotta è l'unica via per la trasformazione sociale; crediamo nella democrazia diretta, nelsindacalismo assembleare, opposto al sindacalismo dei vertici burocratici, crediamonell'internazionalismo, nella lotta internazionale della classe operaia e degli oppressi e delle oppresse. Inoccasione delle celebrazioni per il Primo Maggio, giorno internazionale della lotta della classe lavoratrice,sosteniamo che:1) L'attuale crisi economica, fraudolenta, politica e sociale del sistema capitalistico, spinge verso la miseriai lavoratori e le masse popolari ed è ormai in molti Paesi una autentica catastrofe sociale.2) I governi e le istituzioni internazionali applicano piani di guerra sociale, producendo una miseria cherisalta ancora di più a fronte degli scandalosi aiuti plurimilionari che questi governi e istituzioni danno allebanche e a fronte dei vergognosi casi di corruzione che vedono coinvolti i vertici di questo sistema.3) Non si può continuare così. I governi, lungi dal cambiare linea di fronte al rifiuto espresso dalle massepopolari, annunciano nuove misure di tagli lavorativi, salariali e sociali, nuove privatizzazioni e saccheggiodi interi Paesi.La difesa dei lavoratori e delle lavoratrici e delle masse popolari esige una lotta decisa contro questosistema che conduce l'umanità alla barbarie e provoca la distruzione del pianeta. È necessarioabbandonare ogni falsa illusione nelle politiche di concertazione sociale con i governi che dirigono questipiani di guerra sociale. Non è possibile fare passi indietro in questo processo di lotta.4) La classe operaia del mondo–e in particolare quella europea che oggi sviluppa battaglie decisive controi governi della troika–deve opporre a questi piani di guerra sociale proprie misure e soluzioni che indichinouna via d'uscita sociale e popolare a questa crisi.Per questo diciamo:• Abbasso i piani di austerità! Cancellazione immediata dei tagli e delle controriforme del

lavoro!•Ladifesadiunsalariodignitoso,diun lavoro,di sanitàeeducazionepubblica,richiedeche lemolteplici lotteparziali, di impresaedi settore, cheattraversanoil Vecchio continente si unifichino attorno a un obiettivo urgente: Via i governidell'austerità! Che vadano via! Non c'è altra strada.• Sosteniamo che ci sono le risorse, che c'è una via d'uscita alla crisi

difendendo gli interessi degli operai e delle masse popolari. Ma questa viad'uscita esige l'applicazione di misure risolutamente anticapitalistiche. Perquesto sosteniamo la sospensione immediata del pagamento del debito, undebito illegittimo che i lavoratori e le masse non hanno mai contratto.• La lotta per il lavoro, per la ripartizione del lavoro e della ricchezza esige lasottrazione dalle mani degli speculatori e dei banchieri delle risorsefinanziarie. Nazionalizzare senza indennizzo le banche e le grandi aziende;attuare riforme fiscali per imporre che paghino di più coloro che hanno di più,per porre queste risorse al servizio dell'unico piano che sta mancando: unpiano di salvataggio dei lavoratori e delle lavoratrici e della maggioranzadella popolazione (siamo il 99%).5) La classe lavoratrice, insieme ai movimenti sociali, è protagonista dellelotte degli oppressi e delle oppresse del mondo. Dobbiamo dunque alzare labandiera della lotta contro il maschilismo e contro tutte le forme dioppressione delle donne; la bandiera della lotta contro la xenofobia e controqualsiasi forma di oppressione dei lavoratori immigrati; e la bandiera dellalotta per il diritto di autodeterminazione dei popoli, per la difesa del diritto ditutte le nazionalità oppresse a esercitare la propria sovranità. Senza unalotta conseguente contro tutte queste forme di oppressione non sarà

possibile l'unità della classe operaia per la trasformazione sociale e la giustizia sociale.6) In un giorno di lotta internazionale come è il Primo Maggio non può mancare la solidarietà più convintacon tutte le lavoratrici e i lavoratori e le masse popolari del mondo che si scontrano con l'imperialismo e ledittature. In particolare esprimiamo la nostra solidarietà alle masse popolari arabe, del Medio Oriente edelle comunità indigene e a tutte le lotte popolari.7) Noi, organizzazioni del sindacalismo alternativo internazionale, ci impegniamo a preparare un PrimoMaggio internazionalista e di lotta, facendo appello a tutte le organizzazioni del sindacalismo alternativo eai movimenti sociali affinché si realizzino grandi manifestazioni, alternative a quelle del sindacalismoistituzionale e burocratizzato, che possano essere un chiaro punto di riferimento di classe e combattivo.8) La situazione particolare che viviamo nel continente europeo e l'esperienza dello scorso 14 novembreci spinge a condurre una attività di propaganda, coordinamento e iniziativa battendoci per un nuovosciopero generale europeo che prosegua fino alla sconfitta delle politiche della troika, e fino a che ilavoratori e le lavoratrici del mondo intero diventino protagonisti di una nuova società basata sullademocrazia delle masse, sulla libertà e sulla giustizia sociale.

foto di gruppo a conclusione dell'incontro di Parigi

Plenaria con più di 200 delegati

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6 Maggio ­ Giugno 2013 PROGETTO COMUNISTALA LOTTA DEI LAVORATORI DELLE COOPERATIVE

Claudio Mastrogiulio

Negli ultimi mesi, no­nostante il quadro ditendenziale stasidelle lotte sociali in

Italia, una mobilitazione èbalzata in primo piano sullo sce­nario politico nazionale. Ifacchini della logistica e del tra­sporto merci, in prevalenzaimmigrati ricattabili e sottopa­gati, sono quelli che ogni giornomantengono in piedi l'interomeccanismo di spedizioni e tra­sporto delle merci per le piùimportanti società operanti inItalia.

Le modalità disfruttamento

Nonostante un contratto nazio­nale al ribasso, firmato edapprovato dai sindacati confe­derali (Cgil, Cisl e Uil),all'interno delle cooperative delsettore neppure quelle decisionicontrattuali, già di per loro opi­nabili, non vengono rispettate. Ilavoratori, infatti, pur essendoeffettivamente dei dipendentirispetto alla propria azienda,

vengono fatti risultare“soci coo­peratori”, con la conseguenzache i reali padroni della coope­rativa millantano di presuntecrisi al fine di sottrarre fette dellostipendio agli operai. Il mecca­nismo è, nella sua bestialità,molto semplice: la cooperativacreata ad hoc ha una duratamolto limitata nel tempo,all'incirca un paio di anni, edoccupa solitamente dei lavo­ratori più anziani, cosicchéquando questi non saranno piùin grado di mantenere il ritmomassacrante imposto dai capi,la cooperativa sparisce per poiessere ricostituita con un altroprestanome più giovane e pro­babilmente anche più ricattabi­le. Nelle cooperative dellalogistica, come ad esempio allaTnt di Piacenza, accadeva, pri­ma della imponente mobilita­zione dei lavoratori organizzatinel sindacato Si.Cobas, che i la­voratori venissero so­stanzialmente pagati in nero,facendo risultare sulle buste pa­ga mensili decine di ore diaspettativa. Tant'è che, così fa­cendo, non venivano ricono­

sciuti ai facchini contributi,tutele e diritti che dovrebberorappresentare un elemento ba­silare per ogni lavoratore, speciein un campo particolarmenteusurante come quello della logi­stica e del trasporto merci. Dopola lotta dei lavoratori, alla Tnt diPiacenza qualcosa è cambiato.Gli operai vengono retribuiticon una busta paga reale da cuieffettivamente possonoevincersi le ore lavorate daognuno. Ma ciò non vuol direche i padroni si siano improvvi­samente redenti e, presi, dal ri­morso, abbiano deciso di porrerimedio ad alcune profondeingiustizie. Tutt'altro! I padronisono stati costretti ad accettarealcune delle rivendicazionimesse in campo dai lavoratori,soltanto dopo aver osservato laradicalità e l'unità opposta daifacchini. Come ci riferiscono icompagni che hanno guidato lemobilitazioni degli scorsi mesi ein modo particolare quella del22 marzo (di cui diremo), la si­tuazione non è del tuttocambiata.

Ritmi di lavoromassacranti

Prima della lotta vittoriosa deilavoratori, con la conseguenteapplicazione del Ccnl, il regimeall'interno della cooperativa eraa dir poco intimidatorio ed oltreil limite dello sfruttamento. Gliorari di entrata ed uscita erano atotale discrezione dei capi, chedecidevano arbitrariamentequali dovessero essere le duratedelle giornate lavorative e, so­prattutto, quando i turni doves­sero iniziare. Si creavanosituazioni assurde, con gli ope­rai costretti a lavorare fino atarda ora, per poi essere nuova­

mente richiamati il mattino se­guente, con uno stacco dipochissime ore tra i due turni.Tant'è che molti di questi operai,tra i quali tantissimi stranieri,erano costretti a passare la nottein stazione o in macchina perevitare di arrivare in ritardo almattino successivo. Tutto que­sto è stato possibile attraverso ilmeccanismo di esternalizzazio­ne su cui si imbastisce la dina­mica delle cooperative. Leaziende committenti, moltospesso di caratura nazionale, siappoggiano alle cooperative invirtù dei bassissimi costi con cuiespletano la loro attività difacchinaggio. Ovviamente, iprezzi così bassi di questeesternalizzazioni derivano dalfatto che i lavoratori sono co­stretti a turni massacranti adogni ora del giorno, e che il lorosalario è totalmente inadeguatoalla mole di lavoro svolta.

Lo sciopero del 22 marzoLa mobilitazione del 22 marzo hasegnato un importantissimopunto di partenza, perché ha di­mostrato come l'unità e la radica­lità sono gli unici elementi ingrado di mettere in discussione irapporti di forza con le aziendecommittenti e, soprattutto, con icapi delle cooperative. È statouno sciopero molto importanteperché ha interessato la granpartedellecittàdelNordincuisièdiffuso il fenomeno delle coope­rative della logistica: Bologna,Piacenza,Verona, Padova e Trevi­so. Le aziende coinvolte sonostate Tnt, Gls, Bartolini, Ups, Sda,Mtn, Antonio Ferrari, e l'area delpolo logistico di Piacenza, dove cisono i magazzini dell'Ikea cheservono la totalità dei puntivendita italiani. Una mobilitazio­ne che ha fatto capire ai padroniche aria tirasse, dato che è conti­nuata, sotto altre forme, durante

tutta la settimana successiva, conil cosiddetto “sciopero bianco”.Allo scoccare delle otto ore, cioè, ifacchini hanno smesso di lavora­re, chiarendo in maniera inequi­vocabile la loro intenzione dicontinuare la lotta e mostrando,al contempo, l'assoluta impre­scindibilità della loro attività. Sa­lutiamo con grande favore lacrescita e lo sviluppo di questeazioni, che evidenziano comel'elemento soggettivo della radi­calità della classe lavoratrice cisia. Il Partito di Alternativa Co­munista ha partecipato attiva­mente allo sciopero del 22 marzo,con la consapevolezza che solocon un ulteriore rilancio edaffermazionediquestavolontàdilotta si possano migliorare lecondizioni di vita e di lavoro deifacchini; ponendo fine al vergo­gnoso ed inaccettabile sfrutta­mento a cui sono sottoposti.(14/4/2013)

Iricattipadronalisirespingonoconlalottaecolrifiutodeicompromessi!

LalottaesemplareallaTNTdiPiacenza

Stefano Bonomi*

Fin dalla prima as­semblea di No Austeri­ty, c'è stato un “feeling”particolare con le mo­

bilitazioni dei lavoratori dellecooperative della logistica. Lacollaborazione è natanell'hinterland milanese, tantoche i lavoratori di Pioltello e Ba­siano sono stati tra i promotoridella nascita del coordina­mento. Nei periodi immediata­mente successivi, con il crescerequalitativo e numerico dellerealtà aderenti al coordina­mento, si è pensato fosse dove­roso manifestare la nostrasolidarietà proletaria concretaovunque ce ne fosse stata neces­sità. Un momento importante,che ha permesso di rafforzare lerelazioni tra lavoratori della lo­gistica e le altre realtà di lottaaderenti a No Austerity, è statal'assemblea del 2 febbraio a Ma­

ranello (il “No Padroni Day”), acui hanno partecipato i rappre­sentanti della lotta all'Ikea diPiacenza. Venerdì 22 marzoun'importante mobilitazione(lo sciopero nazionale del setto­re) ha avuto come protagonistidiretti i lavoratori della logistica,organizzati nel Si.Cobas, per lariconquista della dignità e deidiritti nei posti di lavoro. La ma­nifestazionehaavutoilsostegnodi molte organizzazioni sociali epolitiche, tra cui il coordina­mento delle lotte No Austerity.Una giornata caratterizzata dadecine di blocchi e da numeroseastensioni dal lavoro, che haprovocato un ingente dannoeconomico alle committenze ealle cooperative responsabili dipraticare una nuova forma dischiavismo, di ricatti in stile ma­fioso da parte di “caporali”, diconnivenze con istituzioni conla complicità dei sindacaticonfederali. Il successo della

mobilitazione del 22 è risultatoevidente ovunque sono statipicchetti: nel milanese (dove ilavoratori sono stati ripetuta­mente caricati dalle Forzedell'ordine, sempre a difesa de­gli interessi dei padroni), aipicchetti e al corteo del pome­riggio a Piacenza, ai presidi nelbolognese. I compagni di NoAusterity erano presenti, alfianco dei lavoratori. Alcontempo, come i lavoratoristessi hanno affermato, questamobilitazione non deve essereconsiderata un punto d'arrivo.Gli attivisti del coordinamentoNo Austerity sono stati al fiancodei lavoratori delle cooperativeanche a Piacenza, il 6 aprile, allamanifestazione contro la re­pressione, manifestazioneorganizzata per chiederel'immediata revoca del foglio divia ad Aldo Milani e agli altricompagni colpiti dalla repres­sione. Anche in questo caso

l'avanzata coscienza dei prota­gonisti di questa lotta ci ha inco­raggiato a rendere ancora piùefficace il nostro supportoconcreto.

Un sostegno concretoper le lotte future

Le realtà combattive aderenti aNo Austerity garantiscono ilproprio sostegno militanteanche alle prossime iniziativegià in programma: mentre stia­mo scrivendo, è prevista unanuova giornata di mobilitazioneper la fine di aprile. Siamoconsapevoli che urge unallargamento del fronte di lottaper tutti coloro che subiscono lesorti della crisi del capitalismo,che non è certo stata causata daiproletari, ai quali i padroni vo­gliono farla pagare. Dobbiamocoinvolgere i tanti lavoratori chevivono in un contesto diframmentazione che impedisceloro di lottare o di ottenere ri­sultati significativi, soprattuttoper il ruolo opprimente deisindacati confederali e di coloroche invitano ad una ragionevolecompatibilità con il sistemaattuale. Occorre che la battagliadiventi la più ampia possibile,con una visione generale in gra­do di mettere in discussionel'insieme di questo sistema ba­sato sul profitto di pochi e losfruttamento di molti. “No Au­sterity” mette a disposizione leenergie dei propri militanti per ilrafforzamento del coordina­mento nazionale ed internazio­nale delle lotte dei lavoratori,degli studenti e dei disoccupati.Basta sfruttamento: uniti e inlotta si vince! (13/4/2013)*del coordinamento nazionale

di No Austerity

Un sostegno concreto nella prospettiva di unificare le lotte operaie

NoAusterityelalottadeilavoratoridellalogistica

Mohamed Arafat del Si.Cobas, dirigente della lotta in Tnt

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PROGETTO COMUNISTA Maggio ­ Giugno 2013 7LA LOTTA DEI LAVORATORI DELLE COOPERATIVE

Intervista a Luis Seclen,protagonista di una delle lotte più importanti del settorea cura del PdAC Milano

Che i lavoratori del settoredella logistica sianoquelli che stannomettendo in atto le mo­

bilitazioni e le lotte più radicali èun fatto ormai incontestabile.Cerchiamo di capire a qualicondizioni di sfruttamento sonosottoposti questi operai parlandocon uno dei dirigenti delle lorolotte, Luis Seclen, leader dellalotta dell'Esselunga di Pioltello,delegato del Si.Cobas e militantedi Alternativa comunista.

La situazione dei lavoratori dellecooperative della logistica è unadelle più gravi nel nostro Paese.Ci puoi dire a quali soprusivanno incontro i lavoratori (inmassima parte immigrati) chelavorano nei magazzini dellegrandi catene di distribuzione?I casi più frequenti che capitanoall'interno dei magazzini ri­guardano il rapporto lavoratori­capi e i responsabili dell'appalto,di tipo personale e controllo dellescelte sugli orari e i turni di lavoro;ogni giorno si sentono frasi come:«Sei indietro, devi recuperare;corri, corri porca puttana». E seprovi a rispondere ti dicono: «haiprotestato, vai in ufficio: sei so­speso, domani non lavori». Se titrovi in corsia e qualcuno dei tuoicolleghi che non hai visto all'ini­zio del turno ti saluta, il capo tiurla dietro anche da più di centometri: «Qui non si chiacchiera, silavora, cazzo». Se per caso ti troviin una situazione in cui c'è unerrore in fattura o in assegnazionedi scarico e fai la cosa più logica,ma il capo la pensa in modo di­verso, ti risponde: «Tu devi farequello che dico io, qui tu nonpensi, lavora e basta». Cioè siamo

considerati degli animali o al limi­te persone di seconda classe, noinon siamo intelligenti, non siamoall'altezza di questi lavori pur es­sendo in molti casi laureati,«perché siamo in Italia, mentrevoi venite dal terzo mondo». Que­ste situazioni le viviamo tutti igiorni, durante tutte le ore dellagiornata, subiamo a tal punto checi sono dei lavoratori che hannocosì tanta paura addosso chequando vedono passare il capofanno cadere ciò che tengono inmano, diventano nervosi, trema­no, balbettano. Ma se hai un ca­rattere forte ed un equilibriomentale sufficiente per dimo­strargli che non sei uguale ai tuoicolleghi che subiscono queste si­tuazioni senza reagire, allora di­venti il loro nemico e rientri nelgruppo dei lavoratori che sonodelle mele marce, per cui te ne de­vi andare, lavori 18 o 20 ore insettimana, poi ti chiamano unasera e ti dicono «domani non c'èniente riposati, anche dopodo­mani, qui non ti vogliamo». E sealzi la testa e tenti di organizzare ilavoratori per protestare, per faresciopero allora sei un comunista,un “terrorista”, un nemico dei pa­droni... Ebbene lo siamo, ma contanto orgoglio, perché siamo di­versi, abbiamo una coscienza so­ciale molto forte, nonindividualista o egoista, noipensiamo ai lavoratori, ai biso­gnosi, a quelli che soffrono per lecrisi economiche che sono statesempre create dalla classe domi­nante con lo scopo di accumularedi più, per arricchirsi fregandose­ne dei lavoratori, anche se muo­iono di fame.

Parlando con te e con altri lavo­ratori e sindacalisti del Si.Cobas,mi dicevate che, al di là del già

misero stipendio che i lavoratoridelle cooperative sono costrettiad accettare,avete scoperto che ipadroni non danno ai lavoratoriquello che gli spetta. Un vero eproprio furto in busta paga. Cene puoi parlare?Infatti, il Si.Cobas ha creato ungruppo di lavoro composto dacompagni che si occupano delcontrollo delle buste paga dei la­voratori. In questi ultimi mesil'ufficio conteggi del Si.Cobas hascoperto furti che vanno dai 4000ai 6000 euro l'anno. Come avvie­ne questo furto? Il Ccnl per ilsettore della logistica prevede ini­zialmente il 5° livello per chi co­mincia a lavorare comeprelevatore e il 4° livello percarrellisti o mulettisti, lo sti­pendio orario parte da 7,49 euroma le cooperative pagano tra i4,50 e i 6 euro. Il Ccnl indica unminimo di 168 ore mensili di la­voro, invece le coop in tanti casi tifanno lavorare solo 100 ore oppu­re ti fanno lavorare più di 200 ore eti pagano solo 120 o 130 e non pa­gano le altre, dicendo che sei so­cio e che il tuo contributo serveper salvare la cooperativa dellacrisi; cosicché se non accetti mi­nacciano di licenziarti, col rischiodi perdere il tuo permesso disoggiorno. Su tredicesima,quattordicesima e ferie trovi delledifferenze di centesimi, che peròsul totale delle ore lavorative arri­vano a più di 2000 euro l'anno, loscatto d'anzianità, previsto ogni 2anni, non viene mai assegnato osaltano 1 o 2 anni nel conteggio. Intanti casi le cooperative cambia­no l'iscrizione societaria ogni dueanni, ti pagano 500 euro di liqui­dazione per questi 2 anni e inoltrenon ti riconoscono lo scattod'anzianità, e lo stesso succedecon il Tfr. Il Si.Cobas ha fatto un

calcolo approssimativo di questifurti a livello nazionale, notandocome arrivano ai 2 miliardi emezzo l'anno. Se le cooperativecontinueranno a non riconoscerequesti debiti allora siamo pronti abloccare i vari cancelli come pri­mo passo di una nuova lotta.

Lo scorso 22 marzo il Si.Cobas el'Adl Cobas hanno promossouno sciopero generale dei lavo­ratori della logistica con varieiniziative (picchetti, presidi,cortei) in varie città d'Italia. InLombardia i lavoratori hannobloccato diversi magazzini. Puoidirci perché avete deciso perquesto tipo di sciopero invece diorganizzare una manifestazioneunica? Puoi farci un bilanciodella mobilitazione?Stiamo cercando di crescere co­me sindacato classista, partendodal principio di confrontarci colcapitale, con modalità diverse inbase ai rapporti di forza nelle di­verse realtà. Uno sciopero devecolpire il tuo diretto avversario,cheinquestocasosonoleaziendecommittenti, che fanno uso dellecooperative per sfruttare insiemei lavoratori. Un tradizionalecorteo, più che una protesta o unblocco del lavoro, rischia di esseresolo una riunione dei lavoratoriche gridano al cielo le loro frustra­zioni e la loro rabbia, ma i padroninon accusano il colpo, né tanto­meno ascoltano la voce dei lavo­ratori; ma se si toccanodirettamente le sue tasche, i suoilibri contabili, allora vedrete chesalterà sulla sua poltroncina ri­scaldata, gli girerà la testa, siarrabbierà. Uno sciopero devetoccare l'interesse dei padroni:un corteo grosso, grandissimopotrebbe far crollare un governo,sarebbe una manifestazione

politica, ma ad oggi, che non sia­mo ancora in grado di lanciareuna mobilitazione del genere, ipadroni non accuserebbero ilcolpo direttamente. Stiamogattonando per imparare acamminare in fretta, la classe la­voratrice ha bisogno di un sinda­cato forte, unito, “solido” econseguente, soprattutto reali­sta: la situazione attuale ci fa capi­re che la lotta operaia è in crescita.Una sola manifestazione, un solocorteo non sarebbe stato cosìimportante come i risultati diquesto sciopero del 22 marzo:abbiamo ottenuto il riconosci­mento dei nostri delegati Si.Co­bas, il diritto di assemblea

sindacale all'interno dei ma­gazzini, intavolare trattative conle cooperative oltre al blocco as­soluto di tutti i magazzini doveeravamo presenti come sinda­cato. Nel milanese si sonobloccate: Dhl di Settala e di Li­scate, Tnt di Peschiera Borromeo,Sda di Carpiano, la Steff a Cerro alLambro, altri magazzini a Tava­zano e tanti altri minori, ma la co­sa più importante è che dopo losciopero tanti lavoratori che sisentono oppressi e sfruttati cihanno chiamato per chiedere ilnostro intervento, visto che noisupportiamo la loro lotta e la loroprotesta. (14/4/2013)

Losfruttamentonelmondodellecooperativedellalogistica

PPaaddoovvaaIl magazzino che gestisce losmistamento delle merci di tuttala provincia di Padova totalmentesvuotato: all'ingresso, un cartellodi scuse rivolto a quanti, utenti, sirecavano alla sede di Limena diTnt Global Express,nell'hinterland padovano, perritirare il pacco in arrivo. Nessunoha comunicato ai 100 lavoratori illicenziamento per il passaggio diappalto, deciso tra Fast­CoopGesconet e Tny Global Express,

il tutto in una logicadi sfruttamento e diprepotenzapadronale. Loscenario è quelloche fa capo almondo dellecooperative, quelledel settoretrasporti,facchinaggio,logistica,smistamentomerci, in cui lafigura del socio­lavoratore si èaffermata comemetodo di vero epropriooccultamento dirapporti incentratisullo sfruttamento.Sono quasi 50000gli addetti nel solo

Veneto, quasi tutti immigrati, conscarsa sindacalizzazione, pochegaranzie sulla difesa dei lorodiritti. Soci­lavoratori nel settoredella logistica e dei trasporti che,a fronte della centralità assuntadalla circolazione delle merci neinuovi assetti della produzionecontemporanea, imponecondizioni di sfruttamento intornoa questa particolare figuragiuridica compiacente. Così il

Veneto, che non perde un colpo alivello delle amministrazioni localiper giocare sulla pelle degliimmigranti la partita dellasicurezza, riscopre in questavicenda tutta la crudeltà dellosfruttamento. Però, grazie ancheall'esempio delle vertenze nelsettore della logistica soprattuttodell'Emilia, cresce anche la lottadei lavoratori della logistica delVeneto.

CCaasstteellffiioorreennttiinnoo((FFii))Alla Shelbox di Castelfiorentinol'ennesimo gruppo di lavoratoriche rischiano di perdere il salarioper la crisi del settore. Stiamoparlando di 157 diretti e altri 300posti di lavoro dell'indotto, piùaltri 150 circa negli stabilimenticroato e francese, anch'essi conrelativo indotto. I lavoratoriShelbox hanno messo su unpresidio permanente fuoridalla fabbrica, in quanto “sisentono proprietari” dell'azienda.Proseguono nella vertenza conl'idea di non disgregare la loroforza ed essere ancor piùcompatti contro il padronato.

MMaallppeennssaaI lavoratori di Sea e Sea Handlingdi Malpensa e Linate hannoscioperato contro la decisionedell'Unione europea, per ilmantenimento di Sea Handlingnel perimetro aziendale di Sea.Infatti, sono state avviate leprocedure di licenziamento per60 persone che operano inappalto concesso da Sea da oltre10 anni, prestando la loro opera aMalpensa per la gestione deipasseggeri diversamente abili.Infatti la procedura dilicenziamento collettivo aperta

dal Consorzio Lepanto (gruppoCity service) scade il 4 giugno2013 e 60 lavoratori che operanosullo scalo di Malpensa sarannolicenziati brutalmente. Lavertenza prosegue.

BBrruugghheerriiooProsegue la lotta dei lavoratoridella Candy. 400 operai e 400impiegati per un totale di 800lavoratori sul lastrico ma checontinuano a dare battagliacontro la decisione padronale.L'obiettivo è quello della chiusurain Brianza e la delocalizzazione inCina dove il costo del lavoro èovviamente più basso. La lottaalla Candy di Brugherioprosegue.

CCoosseennzzaaIl successo della grandeassemblea territoriale delloscorso venerdì (5 aprile 2013),con il coinvolgimento di circaduecento lsu­lpu, condelegazioni da Longobucco(compreso il Sindaco Stasi),Crosia, Trebisacce, San GiorgioAlbanese e la quasi totalità deiprecari rossanesi, è la confermavincente della strategia che solola lotta può pagare. Infatti, lacontroriforma sulle autonomielocali fatta dall'ex ministroleghista Calderoli ha portato allaprivatizzazione della quasitotalità dei servizi essenziali diComuni e Province, e quindiservizi sempre più a caricoeconomico delle famiglie,producendo un ennesimo edrammatico massacro sociale. Èin quest'ottica che prosegue lalotta dei lavoratori precari per unastabilizzazione che cancelli laprecarietà a vita a cui sono staticondannati questi lavoratori.

LLoottttee ee MMoobbiilliittaazziioonniiRubrica a cura di MMiicchheellee RRiizzzzii

FSIl Partito di alternativa comunistaha definito la lotta in Tnt una lottaesemplare per molte ragioni: èl'unica vertenza che, in uncontesto di smantellamento deidiritti, riesce, con la mobilitazionead oltranza, a strappare risultati.È una lotta che vede protagonistimolti lavoratori immigrati chefanno appello all'unità di classecon i lavoratori nativi. Mavogliamo evidenziare un altroimportante aspetto, forse menonoto, ma che rende, a nostroavviso, la lotta alla Tntd'esempio perchiunque abbia acuore le sorti delproletariato, nativo oimmigrato.I lavoratori della Tnt diPiacenza, organizzatinel Si.Cobas, hannorifiutato e sono riuscitia respingere il ricorsoalla cassaintegrazione. Il PdACsu questo tema si èsempre mossocontrocorrente. Mentrei dirigenti sindacali (nonsolo quelli confederali,ma spesso anche quellidei sindacaticonflittuali)accettavano esottoscrivevano accordiche prevedevanol'utilizzo della cassa integrazione,il PdAC metteva in guardia ilavoratori rispetto all'utilizzo degliammortizzatori sociali, inclusa laCig. Dicevamo: la cassaintegrazione, anche quellaordinaria, è un mezzo che ilpadronato utilizza per truffare ilavoratori. Prendendo a pretestoun “calo delle vendite” (in alcunicasi reale, in molti casi inventato),

i padroni, grazie alla complicitàdei sindacati, lasciano a casa glioperai e lo Stato (tramite le tassedegli stessi lavoratori!) paga alposto loro una sorta di sussidio.I risultati dell'impiego massicciodella cassa integrazione sonosotto gli occhi di tutti ormai, anchedi chi si ostina a non voler vedere:i lavoratori sono costretti acampare con poche centinaia dieuro al mese; i lavoratori vengonolasciati a casa, isolati gli uni daglialtri, ostacolando in questo modole azioni di sciopero e di lotta

nei luoghi dilavoro; dopo l'impiego della Cig,spesso i padroni passanoall'impiego della cassaintegrazione straordinaria, deicontratti di solidarietà e così viafino licenziamento! È una truffache abbiamo visto troppe volteben orchestrata dai burocratisindacali nelle fabbriche: ilrisultato è che ci sono milioni dilavoratori che oggi sono senza

lavoro e che sono stati convinti adismettere la lotta dai lorodirigenti sindacali in cambio degliammortizzatori sociali: cioè incambio di poche briciole che sisono rivelate bocconi avvelenati!I lavoratori della Tnt ci hannodimostrato come ci si comporta difronte al padrone che, con tanto digrafici e tabelle, propone aisindacati e ai lavoratori accordiche prevedono la cassaintegrazione: si risponde con unnetto “no grazie”. Di fronte alla

proposta del padrone hannorisposto organizzando losciopero e la lotta: il risultato èstato che ben presto quei grafici equelle tabelle sono scomparsi,improvvisamente la crisi dellevendite è rientrata, la cassaintegrazione è sparita persinodalle bocche dei padroni... Unesempio per le tante lotte che,speriamo, sorgeranno dalla crisinei prossimi mesi. (14/4/2013)

L'agonia degli ammortizzatori sociali si cancella con la lotta!

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8 Maggio ­ Giugno 2013 PROGETTO COMUNISTAIL PARTITO

Ferrari:chiedidemocrazia,tidannorepressioneSolidarietà ai delegati Fiom colpiti da provvedimenti disciplinari pretestuosia cura del PdAC di Modena

Gli effetti del nuovocontratto Fiat, appli­cato anche in Ferrari dagennaio 2012, si fanno

sentire sugli operai di tutto ilgruppo. A Modena sono più di5000 gli operai del gruppo Fiat:Ferrari, Maserati, Fiat­Cnh. Il fu­turo dello stabilimento Maserati,dopo lo spostamento della pro­duzione a Grugliasco, è appeso aun filo: non esiste alcun pianoindustriale concreto, decine dioperai della Maserati sono statispostati in Ferrari, la cassa inte­grazione straordinaria “per ri­strutturazione della produzione”è l'unica cosa sicura che hannoannunciato manager e sindacaticomplici. In Cnh gli operai hanno

recentemente scioperato per dueore (sciopero proclamato dalSi.Cobas) contro la decurtazionedel salario per malattia (una delleclausole del nuovo contrattoFiat). In Ferrari lo scenario èapparentemente diverso daquello di altri stabilimenti Fiat: illavoro non manca, gli utilidell'azienda sono i più alti dellastoria, il padrone elargisce unpremio di produzione pari a tremensilità. Ma il modelloMarchionne assume un altrovolto: quello dell'aumento deiritmidi lavoroedellarepressione.

L'assenza di democraziasindacale

InFerrari laFiomèilprimosinda­cato in termini di iscritti. Un

gruppo di lavoratori che, unavolta sfruttando anche la rsu difabbrica, porta avanti una batta­glia classista, spesso incontrapposizione frontale con laburocrazia della stessa Fiom. Dalgennaio 2012, con l'applicazionedel nuovo contratto Fiat, la de­mocrazia sindacale in Ferrari èstata completamente cancellata.Solo i sindacati firmatari del nuo­vo contratto hanno diritto allarappresentanza sindacale e sonoriconosciuti dall'azienda. LaFiom, il sindacato con più iscritti,ha perso tutti i diritti sindacali:non può partecipare alle trattati­ve, non può convocare as­semblee, non può, in pocheparole, godere dei diritti demo­cratici minimi. Questo fa sì che gliunici sindacati con agibilità

sindacale in azienda siano Uilm,Fim e Fismic, cioè tre sindacatiche si limitano a ratificare le deci­sioni del padrone. E, in Ferrari,questo significa anzitutto ritmi dilavoro sempre più pesanti. In pri­mo luogo, sono aumentate le oredi straordinario comandato, cioèle ore di straordinario imposteagli operai: concretamente, que­sto significa che, dopo una setti­mana di lavoro su turnipesantissimi (in Ferrari il turnomattutino comincia allecinque!), gli operai sono obbligatiad andare a lavorare anche il sa­bato in cambio di qualche bricio­la di aumento salariale. Dalgennaio 2012 gli operai sciopera­noconlaCubinoccasionediognistraordinario comandato: si è,infatti, costituito in fabbrica unnucleo di operai della Cub, chesta portando avanti una battagliacontro l'applicazione del nuovocontratto Fiat. In questo modo, sicompensano anche le mancanzedella burocrazia della Fiom diModena che, incurante del pare­re dei suoi delegati in Ferrari (fa­vorevoli allo sciopero dei sabaticomandati), rinuncia a rilanciarela lotta.

Il premio:una buona notizia?

Recentemente, la Ferrari è salitaall'onore delle cronache perché ilpresidente Montezemolo haelargito un premio di produzioneagli operai stessi, pari a tre mensi­lità. Va precisato che queste tremensilità non compensanonemmeno lontanamente le ri­vendicazioni salariali degli annipassati: invece che aumenti sala­riali mensili e certi per tutti, il pa­drone ha voluto elargire unpremio una tantum. Soprattutto,questo premio non è frutto di una

contrattazione sindacale: il pre­sidente ha ignorato persino l'esi­stenza dei suoi stessi sindacatiamici! Fim, Uilm e Fismic non so­no stati nemmeno consultati...Esiste, in questo senso, una simi­litudine con il regime di sfrutta­mento selvaggio dellecooperative: i padroni, di frontealla crisi economica, diventanoschiavisti, decidono delle vite deidipendenti, riducendo al mini­mo persino la contrattazioneaziendale. Ecco allora che quelloche è stato definito da Uilm, Fim eFismic un “atto generoso” daparte di “un buon padre” (recita­va proprio così il comunicato diUilmeFismic!)èinrealtàungestoche sancisce la fine del sindacatoin fabbrica. Il significato di quelpremio è lampante: il padronespiega agli operai che il sindacatonon serve, che, anzi, è un ostaco­lo.

L'aumento dell'orario...e la repressione

L'elargizione del premio da partedel “buon padre” è statoaccompagnato da una pastigliaamara: l'aumento dell'orario dilavoro sui turni su alcune posta­zioni (otto ore anche nel turno dinotte!). Una decisione assuntadall'azienda con il consenso deisindacati complici, ma senza unadiscussione con i lavoratori in as­semblea. Per questo, gli operaihanno raccolto centinaia di firmeper chiedere la convocazione diun'assemblea per ridiscuterequesta scelta. La risposta a questarichiesta di democrazia è consi­stita in atti di intimidazione e re­pressione da parte dell'azienda.Agli operai che avevano firmatola petizione è stato chiesto direndere conto di questo “graveatto”. Soprattutto, sono fioccati

provvedimenti disciplinari pre­testuosi ai danni dei delegatiFiom. I provvedimenti discipli­nari non solo aprono la strada apossibili licenziamenti, ma crea­no anche un danno immediato aicompagni che li hanno ricevuti:sospensioni dal lavoro (conconseguente riduzione dello sti­pendio), condizione di ricatto infabbrica (mobbing), stresspsicologico. Non bastasse tuttoquesto, i sindacati amici del pa­drone, anziché prendere posi­zione contro questiprovvedimenti, hanno rincaratoladose,emettendocomunicati inbacheca (e anche comunicatistampa!) con attacchi ingiuriosiai danni dei delegati Fiom cheavevano ricevuto i provvedi­menti.Persino, inuncomunicatostampa, definivano il padrone“troppo generoso” perché elargi­sce il premio anche ai “bambinicapricciosi”! Contemporanea­mente, la stampa locale – sempresolertenelloschierarsidallapartedei capitalisti – pubblicava unalettera di un operaio anonimoche ringraziava il presidenteMontezemolo e attaccava queisindacalisti che si lamentanocontinuamente senza motivo... Èla dimostrazione che una delleprincipali armi nelle mani deipadroni è quella di poter disporredi burocrati sindacali proni al lo­ro volere: occorre denunciaresenza pietà questi servi! Il Partitodi alternativa comunista esprimela massima solidarietà militanteai delegati Fiom colpiti dalla re­pressione in Ferrari. Ci attivere­mo per sostenere e promuovereiniziative di lotta e solidarietàconcreta per questi lavoratori.Solo la lotta paga! (14/4/2013)

AcciaieriaArvedi:“l'Ilva”diCremonaDevastazione ambientale e manodopera a basso costoMirko Seniga*

Il Gruppo Arvedi ècomposto da quattro sta­bilimenti dislocati nelNord Italia con un orga­

nico di 2.400 lavoratori; di re­cente è divenuta operativaanche Arvedi Nord, sempre aCremona, con nuovi impiantidi decapaggio, laminazione ezincatura. Capacità produtti­va annua di tre milioni ditonnellate di acciaio chefanno di Cremona il secondopolo siderurgico italiano. Latecnologia del Gruppo Arvediè protetta da 460 brevetti e, co­me disse il “Cavaliere del lavo­ro” Giovanni Arvedi, titolaredella multinazionale: «Il no­stro autentico valore aggiuntonon risiede solo negli spessoriultrasottili, ma nel fatto cheotteniamo questi risultati in

meno tempo, meno spazio econ costi e consumi minori,mentre ai nostri competitoriservono molti passaggiaggiuntivi.» (Sole 24 ore, 3 giu­gno 2011).

Una multinazionalecon profitti in aumentoLa verità è ben diversa. Con inuovi impianti a regime Arve­di triplica la produzione diacciaio e incrementa il fattu­rato del 140% rispetto al 2009.Anche in questi anni di crisi,dove la siderurgia europea halavorato mediamente al40/50% del proprio potenzia­le, il gruppo ha marciato al100% trovando anche nuoviclienti. Il Medio Oriente as­sorbe un terzo della produzio­ne di prodotti sottili e siconcentrano grandi investi­menti dove è esportata la

tecnologia Esp (Endless StripProduction). Sia per il 2012 siaper l'anno in corso, le pro­spettive di crescita più signifi­cative sono legate all'Asia, aipaesi Bric e del Nord Africa,ma anche l'Europa continue­rà ad essere un mercato moltoimportante, soprattutto Italia,Germania, Francia, Spagna edalcuni Paesi del Nord. Ilgruppo Arvedi oggi operaprincipalmente per la mecca­nica, l'automotive, i tubisti e iprofilatori. Il cuore dellamultinazionale è l'acciaieriadi Cremona, un impianto diultima generazione dove sonoformati i lavoratori che, insie­me agli impianti, sonoesportati nel mondo per ilfunzionamento degli stessi.L'ottobre scorso è stata “acce­sa” l'acciaieria brasiliana, chefornisce il comparto automo­

tive a clienti “locali” di pesocome Fiat, John Deer, Volks­wagen, Marelli. In Europa,oggi, c'è una sovrapproduzio­ne del 30/40 milioni ditonnellate di acciaio: questosuccede anche in Italia doveaziende, come la Marcegaglia,lavorano al 60/70% della pro­pria capacità; la selezione deimercati è inevitabile e già incorso. Il Gruppo Arvedi, cometutte le multinazionali, operanel mondo facendo profittisfruttando i lavoratori. Questoè il vero volto del padronato:arricchirsi sfruttando mano­dopera a basso costo e inqui­nando l'ambiente.

Le complicità delleistituzioni e dei

sindacati

Da diversi anni Arvedi, perprodurre ricavi aggiuntivi, haintrapreso la strada del recu­pero delle proprie scorie di la­vorazione producendo unamateria prima inerte daimpiegare nel settore delle co­struzioni. Queste scorie neredi acciaieria si trasformanocosì in Inertex, che da due anniè inserito nel bollettino uffi­ciale della Camera diCommercio di Cremona deiprodotti impiegati in edilizia,nei lavori stradali e operepubbliche. I rifiuti di acciaie­ria creano così un duplice gua­dagno; ne è esempio la stessatangenzialina, costruitaesclusivamente per servirel'acciaieria, utilizzandol'Inertex come sottofondostradale. La stessa ammini­strazione provinciale di Cre­mona, con un'autorizzazioneambientale in deroga, ha

permesso al magnatedell'acciaio di stoccare, nelladiscarica all'internodell'azienda, il triplo dellescorie fino ad ora conferitepassando da 50 a 150tonnellate. L'ampliamentodell'acciaieria ha suscitato laprotesta dei cittadini dei paesidi Spinadesco e Cavatigozziche si trovano a ridossodell'impianto. Furonoabbattute case per dar spazioal Gruppo Arvedi, il qualeringrazia creando diossina efrastuono notturno. L'aziendacontinuò imperterrita in que­st'opera di inquinamentoambientale e acusticoappoggiata dalle istituzioni; laRegione Lombardia,compatta con sindaci e Pro­vincia, esentò Arvedi dallapresentazione della V.I.A. (Va­lutazione Impatto Ambienta­le). Gli stessi sindacati, dallaCgil­Fiom, subordinata e si­lente, alla Cisl e alla Uil, si pre­occupano di salvaguardarel'immagine dell'azienda ascapito della salute degli ope­rai e dei cittadini e lo fanno uti­lizzando il ruolo, che suscitatimore reverenziale, del pa­drone di Cremona. GiovanniArvedi, oltre ad avere interessinella stampa locale, è fi­nanziatore di opere come ilMuseo del Violino e sponsor dimolte iniziative. Questo pote­re si concretizza con il ricattooccupazionale, utile stru­mento con il quale il “Cavalie­re” impone i propri interessi.È, inoltre, l'acciaieria stessache fornisce alle istituzioni idati sui monitoraggi delladiossina. Le giunte comunali eprovinciali del Pd hannosempre autorizzato Arvedi ad

emettere emissioni di velenisuperiori ai valori prescrittidalla stessa normativa euro­pea; a Cremona, infatti, nonesiste un registro dei tumori.Inoltre la Fiom ha firmato ilcontratto che prevede la ridu­zione del premio di produzio­ne in base ai giorni di malattia;un vero e proprio ricatto sullasalute dei lavoratori.

La necessità della lottae dell'unità di classe

I lavoratori hanno bisogno diun sindacato di lotta capace diorganizzare gli operai control'arroganza padronale. Il ri­catto del posto di lavorosbandierato ogni volta da Cgil,Cisl e Uil frena ogni protesta ealimenta la delusione neiconfronti di tutte le orga­nizzazioni sindacali. La crisidel sistema capitalisticoincrementa l'attacco padro­nale nei confronti della classelavoratrice, un attaccoavallato dalle burocraziesindacali e da chi accetta divendere i propri compagni dilavoro per qualche privilegio.La sezione di Cremona delPartito di alternativa comuni­sta esprime solidarietà e vici­nanza ai lavoratori del GruppoArvedi e fa appello agli operaiad unirsi fra loro contro il pa­drone. La stessa lotta dei lavo­ratori della logistica hadimostrato che uniti si vince;la costruzione di momenti dilotta e di coordinamento fra levarie vertenze del Paese è il ve­ro strumento con cui i lavo­ratori possono rigettare losfruttamento e ottenere i pro­pri diritti.

*Direttivo provinciale PdACCremonaAcciaieria Arvedi di Cremona: lo sversamento delle scorie nell'ambiente

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GGIIOOVVAANNII ddii AALLTTEERRNNAATTIIVVAA CCOOMMUUNNIISSTTAAFoglio dei giovani del Partito di Alternativa Comunista sezione italiana della Lit-Quarta Internazionale

I due simboli del capitalismo in putrefazione: serve una risposta di lottaSimone Tornese

In Italia, come in gran parted'Europa, la situazioneoccupazionale a livellogiovanile è ormai sempre

più drammatica. Nel mese difebbraio il tasso di disoccupa­zione giovanile (15­24 anni) haraggiunto il 37,8%, in aumentodi 3,9 punti percentuali rispettoa febbraio 2012. Percentuali si­mili (se non ancora peggiori)descrivono il dramma del pre­cariato. Tra i giovani under 35 econ contratto a termine, il tassodi precarietà è passato negliultimi anni dal 20% del 2004 al39% del 2011; oggi è ampia­mente sopra il 40%. A questidati bisognerebbe poiaggiungere: lo scoppio della co­siddetta “bolla formativa”, te­stimoniato da tassi didisoccupazione più alti tra ilaureati che tra i diplomati; glistorici squilibri tra nord e suddel Paese in relazione all'occu­pazione giovanile; l'elevato nu­mero di neet, cioè di ragazzi chenon studiano né cercano lavoro(circa 2 milioni).

Precariato e tipologiecontrattuali

Soltanto una minima parte deineolaureati vengono assunticon un contratto a tempo inde­terminato. Le formecontrattuali maggiormente uti­lizzate per i giovani sono, insie­me a stage e tirocini,l'assunzione a tempo determi­nato e il contratto d'inseri­mento. Seguono i contratti aprogetto, l'apprendistato e lacosiddetta “somministrazionedi lavoro” (contratto ex­interi­nale). Con il contratto d'inseri­mento le aziende possonorisparmiare sui livelli di retribu­zione da attribuire al lavorato­re, che può essere assunto a 2livelli retributivi più bassi ri­spetto a quello che spetterebbeper le mansioni assegnate. Sipuò stipulare con soggetti di etàcompresa tra i 18 e i 29 anni e ladurata può raggiungere unmassimo di 18 mesi, dopo i qua­li non c'è nessun obbligo perl'azienda di assumere a tempoindeterminato il lavoratore. Ilcontratto a progetto prevedeche la prestazione lavorativadebba essere finalizzata allarealizzazione di una specificaopera ed esaurirsi con essa.Anche in questo caso ilcontratto non può mai essereconvertito a tempo indetermi­nato. Per quanto riguardal'apprendistato, sono previstetre tipologie di contratti: quellodiretto al “compimento del di­ritto­dovere di istruzione eformazione”; quello professio­nalizzante per il “consegui­mento di una qualificazioneattraverso una formazione sullavoro ed un approfondimentotecnico­professionale”; quello“per l'acquisizione di un diplo­ma e per percorsi di alta forma­zione”. Per tutti e tre la durataminima è di due anni e quellamassima di sei. Il compenso, inquesto caso, può essere di 2 li­velli inferiore rispetto a quelloprevisto dal contratto azienda­le per i lavoratori che svolgonola stessa mansione. Non solo. Ildatore di lavoro può decideretranquillamente di chiudere ilrapporto di lavoro e non assu­

mere al termine del periodo diapprendistato. La sommini­strazione (staff leasing), infine,rientra nell'ambito delleesternalizzazioni delle attivitàdi impresa, e fornisce alleaziende l'ennesimo strumentoper procacciarsi forza­lavorosenza l'obbligo di assumere atempo indeterminato. Il“somministratore”, per di più,può concludere più contratti atermine con il lavoratore senzarispettare alcun intervallo ditempo. Altre tipologiecontrattuali, meno diffuse manon meno precarizzanti, sono iljob sharing, il job on call e ilpart­time. Il job sharing è so­stanzialmente paragonabile alpart­time, che è in vigore in Ita­lia ormai da diversi anni. Il jobon call, definito anche “lavorointermittente”, prevede inveceche il lavoratore si metta adisposizione dell'imprenditoreaspettandone la chiamata: il la­voro è quindi discontinuo e fra­zionato oltre che precario.Molti di questi tipi di contrattosono stati introdotti dalla Legge30 del 2003, voluta dall'alloraministro Maroni e comune­mente chiamata “Legge Biagi”,una delle più letali di sempreper il mondo del lavoro.

La Legge Biagi e le sueconseguenze

La Legge Biagi, varata dal go­verno Berlusconi e confermatadal successivo governo dicentrosinistra, doveva nelleintenzioni «realizzare un siste­ma efficace e coerente di stru­menti intesi a garantiretrasparenza ed efficienza almercato del lavoro e a migliora­re le capacità di inserimentoprofessionale dei disoccupati edi quanti sono in cerca di unaprima occupazione, con parti­colare riguardo alle donne e ai

giovani». I risultati della leggesono stati ben altri: mai come inquesti anni si è acuito il numerodi lavoratori precari, legati alleaziende da svariate e fantasiosetipologie contrattuali. Quelleche sulla carta si presentanocome semplici “collaborazio­ni”, in realtà celano veri e proprilavori sottopagati e subordinati(cioè con orari, postazioni emonitoraggio continuo dei su­periori). Questa legge, il cuiunico obiettivo era quello di au­mentare a dismisura la flessibi­lità nel mondo del lavoro perfavorire lo sfruttamento dellaforza­lavoro da parte delleaziende, si andava adaggiungere al precedentePacchetto Treu del 1997, il fa­moso co.co.co. che prevedevala possibilità per il datore di la­voro di assumere personale conun contratto a tempo determi­nato. Il risultato è stato piena­mente raggiunto; comeabbiamo visto, la precarietà,insieme alla disoccupazione,ha toccato in questi ultimi annipercentuali altissime, so­prattutto tra i giovani e ancoradi più in seguito allo scoppiodella crisi nel 2008. Uno dei casipiù emblematici a riguardo (mase ne potrebbero citare abizzeffe) è quello della societàAtesia, il call center più granded'Italia, che da anni paga i suoioperatori solo per il “contattoutile”, cioè per la durata e l'esitodella telefonata ricevuta o fatta.Gli oltre 4000 lavoratori atipicidell'azienda (molti dei qualigiovani e laureati) non hannomai avuto diritto a malattie,maternità, ferie pagate e liqui­dazione, vivendo solo di ciò chefatturano e sempre concontratti e rinnovi di pochi me­si. Si tratta a tutti gli effetti diuna nuova tipologia di lavoro “acottimo”, cui si faceva ricorso di

frequente nelle fabbricheinglesi della seconda metàdell'Ottocento per sfruttarequanto più possibile gli operai,massimizzando così la pro­duttività e quindi i profitti.

La Riforma Forneroaggrava la situazione

Lo scorso anno una nuova “ri­forma del lavoro” – la LeggeFornero varata dal governoMonti – ha colpito giovani e la­voratori. Abbiamo più volteparlato del pesantissimoattacco che questa legge hasferrato nei confronti dei lavo­ratori, la cui protesta (che co­munque non ha tardato a farsisentire) è stata frenata ancorauna volta dalle burocraziesindacali, Cgil in primis. Vedia­mo cosa dice (e promette) ri­guardo al lavoro giovanile. Lenovità della riforma che hannointeressato in particolar modo igiovani precari prevedono, per icontratti a tempo determinato,un “contributo aggiuntivodell'1,4 per cento per finanziarei nuovi ammortizzatori sociali”.L'apprendistato, invece, au­menterebbe la sua durata mini­ma consentita e non potrebbepiù essere inferiore ai 6 mesi,con l'obbligo per i datori di la­voro ad assumere almeno lametà degli apprendisti avutinegli ultimi 36 mesi, condizio­ne necessaria per assumerne dinuovi. I contratti co.co.pro,inoltre, vedrebbero aumentarei contributi previdenziali e ri­chiederebbero la definizioneprecisa del progetto e del ri­sultato finale. Ma come sempresono i fatti a parlar chiaro.L'irrigidimento dei contratti dilavoro che “peccavano” dieccessiva flessibilità,permettendo l'inserimento deigiovani sul mercato del lavoroin condizioni di forte precarie­

tà, ha portatoall'interruzione di numerosis­simi rapporti di lavoro, lamaggior parte delle assunzioniè stata formalizzata concontratti a termine e solo inpercentuale esigua concontratti a tempo indetermi­nato. È netto il crollo delle colla­borazioni ed è praticamentenullo l'uso della forma diapprendistato, su cui la riformapuntava in misura maggiore ri­spetto alle altre tipologie dicontratto. Ecco i numeri. Neiprimi nove mesi del 2012 ri­sultano 640mila rapporti di la­voro (individuali o collettivi)interrotti con un licenzia­mento, un aumento dell'11%rispetto al 2011. Le assunzioni,invece, si sono divise tra i varicontratti disponibili nel terzotrimestre 2012, cioè con la ri­

forma Fornero in vigore: oltre il67% delle assunzioni è statoformalizzato con contratti atermine (1,65 milioni), solo il17,5% a tempo indeterminato(430.912) e il 6,4% con contrattidi collaborazione (156.845).L'apprendistato ha riguardatoappena il 2,5% delle assunzioni.Rispetto ai mesi precedenti siregistra un crollo per le colla­borazioni (­22,5%) e per gli altricontratti flessibili (­24,3%). Au­mento vertiginoso delladisoccupazione e dei contratti atempo determinato “tradizio­nali”: questi sono gli unici e de­vastanti effetti della RiformaFornero sul mercato del lavorogiovanile.

Un'unica via d'uscita!

Le proteste degli studenti e deigiovani precari e disoccupatinon sono mancate negli ultimimesi; anche se, a livello di mo­bilitazione studentesca, non sipuò ignorare il riflusso dellalotta in primavera, dopo i picchidei mesi autunnali. È necessa­ria una mobilitazione perma­nente di studenti, precari edisoccupati che rivendichi ilriassorbimento della disoccu­pazione e la stabilizzazione ditutti i contratti precari, attra­verso l'istituzione di una scalamobile dei salari e delle ore dilavoro, per lavorare meno e la­vorare tutti. Nella consapevo­lezza che questo sistemaeconomico e sociale, il capita­lismo, non può essere ri­formato. Deve essereabbattuto. Per fare ciò urge lacostruzione di un partito rivo­luzionario che unifichi e dirigale lotte attualmente in corso equelle che nasceranno nelprossimo periodo, nella pro­spettiva della creazione di unanuova società che sorga sullefondamenta di un'economiapianificata e gestita diretta­mente dai lavoratori, il cui pri­mo passo è l'instaurazione diun governo operaio che espro­pri le principali industrie ebanche del Paese e centralizzi ilsistema bancario. È il compitoche si pongono il PdAC el'internazionale di cui è sezioneitaliana, la Lega Internazionaledei Lavoratori – QuartaInternazionale. (14/4/2013)

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II GIOVANI di ALTERNATIVA COMUNISTA

Riccardo D'Ercole*

Nell'ultimo periodo(da febbraio ad apri­le) nell'area di Bolo­gna, si sono

registrati diversi scioperi. Il piùclamoroso è sicuramentequello delle cooperative dellalogistica, di cui si continua aparlare (e per cui si continua alottare) ampiamente in questigiorni. Ma lo sciopero dei lavo­ratori del trasporto pubblico,che hanno intrapreso la viadella lotta nell'ultimo periodo,è ugualmente degno di nota epotrebbe riservare in futurodelle inaspettate sorprese.

La malagestionepadronale

Il primo febbraio del 2012 la AtcSpa passa la gestione della divi­sione trasporto pubblicoall'azienda Tper o TrasportoPasseggeri Emilia­Romagna.La Tper gestisce il trasporto sugomma sull'area di Bologna eFerrara e una sezione del tra­sporto ferroviario regionale.Tper fattura bene, tanto da po­sizionarsi al sesto posto nellagraduatoria delle aziende chegestiscono i trasporti in Italia.Non tralasciando il fatto che,sempre nell'ambito del tra­sporto pubblico, impiega il nu­mero massimo di persone e dimezzi rispetto alle altreaziende dell'Emilia­Romagna.Ciononostante l'azienda hacomunicato la chiusura deisettori bus che coprono l'areadell'Alto Reno e di Imola.L'azienda decide da sé, senza ilconsenso dei lavoratori. E i la­voratori scioperano,bloccando la mobilità per ri­vendicare il loro diritto al lavo­

ro e alle decisioni sull'attivitàdell'azienda. Sicuramente apesare è anche la chimera delbuco economico aziendale perun ammontare di 9,4 milioni dieuro e della possibilità, che di­viene sempre più una certezza,di tagli alla manutenzione e dialcune linee. Tutto ciò, ancorauna volta, e ovviamente, senzail consenso dei lavoratori.

Lo sciopero “selvaggio”del 14 marzo

Davanti a questa situazione,nella notte tra il 13 e il 14 marzo,400 lavoratori si sonoincontrati in un'assembleapresso la sede della Tper, in viaSaliceto. E hanno deciso di ri­spondere in modo deciso e ine­quivocabile. Senza nessunpreavviso, in modo totalmentespontaneo, la mattina se­guente c'è stato un blocco tota­le degli autobus, uno scioperodefinito “selvaggio” dallabenpensante stampa dicentrosinistra (vedi Repubbli­ca) ma che evidentemente ha

colpito nel segno e ha portatoalla ribalta la condizione dei la­voratori Tper agli occhidell'intera opinione pubblica.Subito la macchina della re­pressione si è messa in moto: laProcura ha minacciato di apri­re un fascicolo per interruzionedi pubblico servizio e violenzaprivata (per via delpicchettaggio messo in atto dailavoratori per impedire l'uscitadei mezzi dai depositi). Diconcerto con le “autorità”, arri­va l'attacco dei sindacaticonfederali che prendono (nonavevamo dubbi) le distanzedalla lotta dei lavoratori eattaccano i metodi “sbagliati”(come dichiarato dal rappre­sentante Cisl) con i quali è statomesso in atto lo sciopero. Eh sì,perché sono questi gli scioperiche fanno male, come dimo­strato anche dalla lotta dei la­voratori della logistica:sciopero combattivo, senzapreavviso, blocco totale delcircuito trasporti sul territorio.Lo sciopero successivo guarda

caso, indetto il 22 marzo e di­retto dalle tre sorelle del sinda­calismo padronale, si è risoltoin un nulla di fatto quanto amobilitazione. Zero partecipa­zione, mera astensione. Tra ipochi a solidarizzare con ilblocco del 14 “senza se e senzama” sono stati gli attivisti delCoordinamento No Austerity,che, in una nota pubblicata ilgiorno successivo, hannoespresso piena solidarietà mi­litante alla lotta dei lavoratoriTper, sottolineandone la radi­calità e la capacità di smarcarsidai freni delle direzioni sinda­cali che, di fatto, si schierano alfianco delle istituzioni e del pa­dronato. Purtroppo ad oggidobbiamo prendere atto che ilblocco del 14 è rimasto un

evento isolato, a cui è seguitocome detto sopra, un ritornoalla forma rituale dello “sciope­ro inutile” prediletto dalla tria­de sindacale.

La solidarietà delCollettivo studenti e

lavoratorianticapitalisti

In occasione del secondo scio­pero del 22 marzo, è da evi­denziare il nostro interventocome Collettivo studenti e la­voratori anticapitalisti, uncollettivo che riunisce, sullabase di un programma di clas­se, alcuni attivisti (studentimedi e universitari e giovani la­voratori) delle organizzazioni asinistra di Rifondazione, tra cui

noi dei Giovani di AlternativaComunista. Abbiamo diffusovolantini ai lavoratori in scio­pero e ai cittadini davanti allasede Tper di via San Felice pri­ma, in zona universitaria poi,avanzando la parola d'ordinedella riorganizzazione del si­stema dei trasporti sotto ilcontrollo di lavoratori e utenti el'unità di lavoratori e studentiin lotta. Se i padroni vanno inbancarotta per la loro cattivagestione, allora se ne vadano: leaziende le gestiscano i lavo­ratori stessi! Un appello chedev'essere seguito se si voglio­no respingere i costi della crisiscaricati sempre e solo sullenostre spalle. (14/4/2013)

*Giovani di AlternativaComunista ­Bologna

Lavoratori dei trasporti e studenti: uniti nella lotta!Lo sciopero dei lavoratori del trasporto pubblico di Bologna

Davide Primucci

Le compagne e i compa­gni che ci leggono sannobene le motivazioni checi spingono a supporta­

re la lotta dei valsusini, perciòsalto i convenevoli e arrivo di­retto al punto. Una nota tuttaviaè doverosa: lo scorso 23 marzo,per l'ennesima volta, il popoloNo Tav è sceso in piazza attra­versando otto chilometri divalle. Se ce n'era bisogno, la ValSusa lo ha dimostrato ancorauna volta: uomini, donne ebambini della Valle, supportatida molti No Tav provenienti datutta Italia, non vogliono questadevastante ed inutile linea ferro­viaria. Tra gli oppositori trovia­mo semplici cittadini ma ancheesponenti di sindacati, partiti,centri sociali e movimenti. Cisoffermiamo proprio su questiultimi, anzi su uno in particola­re: il Movimento 5 Stelle.

Numeri e ragioni delsuccesso di Grillo inValleSe ne son dette di tutti i colori sulconnubio tra i“grillini” e i NoTav,ma non tutti sanno che la Valleha conosciuto i 5 Stelle non per ilprogramma che portano avantiovunque – un programma ba­sato su una demagogia giustizia­lista – ma, al contrario, li haconosciuti per la partecipazionea momenti di lotta e percorsi chepoco hanno a che fare con quellospirito giustizialista che li ca­ratterizza sempre. Può sembrareanomalo ma in Valle i “grillini”sono stati a supporto del movi­mento anche nelle lotte più radi­cali, superando il concetto dilegalità o illegalità. Ed è forse daqui che si possono comprenderei risultati dell'ultima tornata

elettorale di febbraio: a Susa ilMovimento 5 stelle prende il42,7, superando centrodestra ecentrosinistra messi insieme. AChiomonte il 37,5%, superandodi 10 punti percentuali la destra,secondo partito. Stesso discorsoper Condove, dove centrodestrae centrosinistra sommati arriva­no ai numeri di Grillo, dato che siregistra in moltissimi altri comu­ni. Giaglione, altro comunecoinvolto dal cantiere, si pre­senta con un 43,5%. Bussoleno al44%. In Val Sangone sono quasila totalità dei comuni a premiareil M5S come primo partito.Qualche voto l'hanno presoanche il candidato al Senato perRivoluzione civile Nilo Durbia­no, sindaco di Venaus, e l'exsindaco di Avigliana, CarlaMattioli (Sel), che si aggiungonoal consenso generalizzato perchi porta avanti le istanze NoTav,a dimostrare che la Valle nonvuolel'opera.Lamancanzadiunriferimento di classe orga­nizzato e di una prospettiva anti­

capitalista ha determinato leillusioni elettorali. Se si vuolemuovere qualche critica al mo­vimento No Tav, non si può certotacciarli di aver svenduto la lottaal miglior offerente in Parla­mento. Più volte è stato ribaditoche: «per il Movimento No Tavnon esistono governi amici(l'esperienza insegna)». Incompenso il Movimento No Tavha buona memoria e non di­mentica e non perdona: «1) chiha firmato il dodecalogo (quelloper sostenere il governo Prodi,firmato anche da Idv, Verdi, Prc,Pdci, Sinistra critica)2) chi ha rifinanziato le missionidi guerra3) chi per primo ha promesso dimandare le truppe di occupa­zione in Val di Susa (Di Pie­tro)»(1). E infatti all'indomani delrisultato elettorale il movimentoNo Tav si esprimeva così: «e ora?LaVal Susa ha delegato a Grillo lasua lotta? Ci spiace anche per chiarriverà a banali considerazioni,laVal Susa non delega a nessuno,

laVal Susa si costruisce un futuroe sul suo cammino trova chimarcerà insieme a noi perfermare il Tav»(2).

La demagogia deiCinque Stelle al bivio

Questo dovrebbe bastare a ras­serenare gli animi di molte/icompagne/i che temono unaderiva parlamentare o co­munque istituzionale della pro­testa. In ogni caso vogliamomettere il movimento in guardiadalla demagogia grillina. Se è ve­ro che i militanti del M5S pie­montesi sono attivisti nella lottaNo Tav, molto diversa è la posi­zione dei militanti – o co­munque sostenitori – dei 5 Stellein altri parti d'Italia: sostengonoe condividono allo stesso modoquella lotta radicale che sicura­mente non ha niente a che farecon i metodi di lotta delle auleparlamentari? Noi crediamo dino, e la spiegazione è sempliceda trovare poiché basta vederequalche sondaggio per capire

che in molti prima di votareGrillo segnavano la croce sullaLega Nord. Tornando sullagiornata del 23 marzo, è bene ri­cordare che quella mattina iparlamentari del M5S e alcuni diSel hanno effettuato un'ispezio­ne al cantiere (cosa permessa lo­ro in quanto parlamentari), inseguito Marco Scibona, porta­voce dei 5 Stelle al Senato, ha di­chiarato: «L'avevamo giàannunciato tempo fa. Parlava­mo di istituire un'effettivacommissione d'inchiesta parla­mentare per valutare i reali costidell'opera Tav. Portare la nostratrasparenza nei conti pubblici.Come al solito quello che dicia­mo lo facciamo, infatti già solo ilfatto di dirlo ha creato delloscompiglio»(3). Noi chiediamo:cos'ha creato scompiglio?L'annuncio della commissioned'inchiesta o il corteo di 80 milapersone? Va bene la trasparenzanei conti pubblici, ma crediamodavvero di fermare il Tav a colpidi commissioni parlamentari?Non stiamo nemmeno a discu­terne. I No Tav sinceri sanno be­ne quale sia la risposta. E noiaggiungiamo qualcosa: non sipuò imputare il Tav alle malefi­che lobby o ad una semplice ma­la gestione del denaro e delterritorio (secondo la visionetecno­complottista del grilli­smo). La colpa è del sistema eco­

nomico!Nonesiste,népotràmaiesistere domani, un capitalismo“buono” distinto da quello“cattivo” di oggi che distruggel'ambiente. Da marxisti non sia­mo contro il progresso, ma deveessere chiaro che il Tav non è unprogresso per la società, ma solouna maggiore fonte di profittoper gli sfruttatori. La crisi e la re­lativa fase di ristrutturazione delcapitalismo stanno trascinandol'umanità nella catastrofe socia­le, economica e ambientale,l'unica via d'uscita è l'abbatti­mento di questo sistema econo­mico e sociale e la costruzione diun'economia diversa, basatasulla proprietà collettiva deimezzi di produzione e sulla ge­stione operaia. Solo il socialismopotrà garantire tuteladell'ambiente, lavoro e dignità.No al Tav, né in Valsusa né altro­ve. Fermarlo è sempre più possi­bile e fermarlo tocca sempre anoi! (14/4/2013)

Note

(1) www.notav.info/post/giu­le­mani­dalla­valsusa­giu­le­ma­ni­dal­movimento­no­tav(2) www.notav.info/post/e­un­voto­notav(3) www.beppe­grillo.it/2013/03/commissio­ne_dinchiesta_parlamentare_sul_tav.html

Chifermeràl'AltaVelocità?La piazza o la commissione parlamentare dei grillini?

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GIOVANI di ALTERNATIVA COMUNISTA III

Vicenza:rilanciarelamobilitazionecontroilDalMolin!Un bilancio critico di una grande mobilitazione e l'occasione per un rilancio del conflittoRiccardo Vallesella*

Era il 2006 l'anno in cui ènato il comitato No dalMolin, sorto in seguitoalla squallida trattativa –

iniziata nel 2004 dal governoBerlusconi e continuata dalsuccessivo governo Prodi – cheha dato il via libera al progetto percostruire la base militare statuni­tense all'interno dell'aeroportomilitare Dal Molin (in via di dis­missione dall'Aeronautica mili­tare). Da allora abbiamo lottatoper evitare la creazione di quellache di fatto è la terza base Usapresente nella città di Vicenza.Una lotta che si è conclusa in unnulla di fatto dato che l'ammini­

strazione comunale ha primailluso, poi tradito le aspettative dicittadini che hanno pagato anchea colpi di manganello la loro giu­sta protesta. Il Partito diAlternativa Comunista ha parte­cipato attivamente alla protesta,ha appoggiato l'iniziativa pertutto il suo corso e ha partecipatocercando di ottenere risultaticoncreti laddove altri gruppi sisono limitati a una sterile conte­stazione simbolica, lasciandoche le iniziative atte a impedire lacreazione di tale base venisserogestite proprio da quelle direzio­nicheavevanointeresseavederlacreata, di fatto tradendo tutti queidimostranti che hanno riposto in

loro fiducia.Mentre altrigruppi vende­vano la protestainsieme allesperanze eall'impegno diquanti eranocontrari allacreazionedella base, noidi Alternativacomunistaabbiamosempre avutol'onestà e ladetermina­zione di nonscendere maia compro­messi, di nonsvendere maila lotta, dinon tradiremai la fidu­cia delle mi­gliaia emigliaia diattivisti chehannopartecipato

alla lotta contro il Dal Molin.

Un bilancio del nostrointervento

Il PdAC non ha mai permesso chela propria posizione in questalotta potesse servire ad altri scopise non a quello di fermare la co­struzione della base. Se siamostati sconfitti è a causa so­prattutto del legame eccessivodelle direzioni del movimentocon le organizzazioni del centro­sinistra governativo e dell'ecces­siva fiducia riposta inquest'ultima. Per questo motivo,e non per altri, è stata sconfittauna mobilitazione di massacontro una base di guerra da dovepartiranno soldati che pro­durranno devastazione esaccheggio, uccideranno con leloro bombe innumerevoli civiliche hanno l'unica colpa di esseresacrificabili per il meccanismocapitalista dell'economia diguerra. Abbiamo lottato affinchéle lotte rinascessero anche dopoun punto di stallo dovutoall'azione di amministrazionecomunale, sinistra governista eburocrazie sindacali. La lotta nonè certo stata rilanciata daiDisobbedienti dei centri Socialidel nord­est, i quali non hannofatto altro che accontentarsi delParco della Pace, ossia una vastis­sima area verde affianco alla baseche gli americani non hanno uti­lizzato per la loro costruzione.Col supporto di pochi altricompagni abbiamo appoggiato idisertori: gli americani vera­mente contrari alla guerra chehanno provato più volte ed in piùmodi a dissuadere i loro excommilitoni dal servire unamacchina che li vede solo comepedine sacrificabili in nome delprofitto e che li tiene sotto il suo

controllo con menzogne e con gliscarti della “tavola dei padroni”quando sono anche loro indivi­dui che avrebbero il diritto di pro­testare per una situazioneindegna.

Le ragioni della sconfitta:un bilancio complessivo

Come mai allora le lotte si sonospente? Semplice, l'amministra­zione comunale del Partito de­mocratico, suffragata in modopiù o meno velato dal Presidiopermanente – sede del movi­mento di lotta contro la base, conla forte presenza dei Disobbe­dienti – è riuscita a calmare lemasse e il disinteresse in molti hainfine preso il sopravvento, ed èproprio questo che in futuro noidobbiamo evitare. Il sindaco Va­riati è l'esempio di tutto quelloche il partito non è stato e dovràsempre evitare di essere: hasempre “appoggiato” la protestae “rispettato” le idee del movi­mento No dal Molin, mentre nonsi impegnava minimamente perimpedire la creazione della base enel tipico modus operandi delleburocrazie che appoggiano il si­stema, ha calmato la protesta convari mezzi, non da ultimo il refe­rendum­bufala indetto per il 5ottobre 2008 che è servito solo adare un contentino a quanti era­no scontenti per l'andamento

delle cose e a facilitare cosi lacreazione della base. Il PdAC si ècomportato coerentemente aipropri principi condannando lafarsa elettorale, che era inquell'occasione un modo permantenere calma la popolazionementre venivano portati avantiprovvedimenti che potranno so­lo lederla. E difatti, dopo il refe­rendum, si è avuto un riflussodella lotta. L'indifferenza e ildisinteresse sono malattie cheostacolano l'attuazione di unavera rivoluzione che porti alla fi­ne di un sistema che ha sacrifi­cato fin troppe vite umane perritardare il suo crollo, per pro­teggere gli enormi benefici diun'infima parte della popolazio­nemondialeadiscapitodituttiglialtri, di quelli che lavorano e fati­cano davvero e che nonostantequesto percepiscono un guada­gno che corrisponde a una parteinfinitesimale del loro realeimpegno lavorativo. Per questodobbiamo vigilare semprecontro i calmieri delle folle,contro i demoralizzatori che sco­raggiano le mobilitazioni e semi­nano disinteresse finendo perdisperdere le lotte. Sono questiveri e propri agenti del capitali­smo nelle file del movimentooperaio, i principali colpevolidella riproduzione del sistema edel fallimento di ogni mobilita­

zione popolare di massa.

Rilanciare lamobilitazione!

La lotta contro la base è persa mala lotta contro l'imperialismo de­ve andare avanti. La città è ormaiuna servitù militare dell'imperobellico nordamericano, una retedi controllo globale che costitui­sce l'impalcatura logistica delmattatoio capitalista. Eccoperché bisogna rilanciare la mo­bilitazione contro il Dal Molin(adesso ribattezzato “Dal Din”) apartire dal 4 maggio, giorno in cuila base (ormai quasi portata acompimento) sarà “aperta” ai vi­centini, che potranno visitarlascortati dai marines americani.Questa data deve rappresentarel'occasione per rilanciare ilconflitto, per far vedere ai “colo­nizzatori” che la lotta antimpe­rialista anche a Vicenza nonaccetta la sconfitta e continua amarciare. I Giovani di Alternativacomunista fanno appello a tuttele forze e a tutti gli attivisti since­ramente antimperialisti a orga­nizzare una giornata di lotta per il4 maggio contro l'apertura dellabase americana. Noi non abbia­modimenticato,noinoncisiamofermati. Al benvenuto dei mari­nes vogliamo rispondere con unbentornata mobilitazione dellemasse!

*Giovani di AlternativaComunista ­Vicenza

Il vento che accarezza l'erba: il cinema militante di Ken LoachAlla scoperta di uno dei capolavori del regista che continua a parlare di lotta di classeGiovanni Bitetto

Quando negli anni Sessanta ilvento delle agitazioni si ri­fletteva anche sulla settimaarte e nelle varie singolarità

nazionali cresceva una generazione diregisti “ribelli”, l'ossatura della Nou­velle Vague in Francia e del Nuovo Ci­nema Tedesco in Germania, la correntedel Free Cinema britannico era sicura­mente quella più attenta alle temati­che sociali. In seno a questo climaculturale è cresciuto Ken Loach, figliodella classe operaia che non ha maifatto mistero della volontà di imposta­re il suo lavoro sull'eterna lotta fraoppressori e oppressi. A lui si devel'invenzione del docu­drama: trattareeventi di finzione attraverso la formadocumentaristica per trasmettere unmessaggio chiaro e deciso e creareconsapevolezza politica nel ceto me­dio e operaio. La linearità didascalica ela facilità di fruizione sono i trattidistintivi del suo cinema che sotto que­sti segni non perde di forza rappre­sentativa, anzi acquista di impatto

emotivo. Nel carniere della sua corpo­sa produzione Loach ha toccato le piùdisparate tematiche sociali: dalle pro­blematiche della classe operaia ingle­se, costretta a una vita di stenti nelleperiferie, all'accurata ricostruzionediacronica di episodi storici contro­versi, rivisitati in chiave marxista (il suocapolavoro Terra e Libertà tratta dellaguerra civile spagnola e riserva una du­ra critica al ruolo controrivoluzionariogiocato dallo stalinismo anche inquella storica occasione di emancipa­zione). A questa seconda categoriaappartiene Il Vento Che AccarezzaL'Erba, che nel 2006 gli è valso la Palmad'Oro a Cannes.

La questione irlandese: unaferita mai ricucita

Siamo in Irlanda nel 1919, gli inglesidominano un popolo in fermento: Da­mien O'Donovan è un giovane medicoin procinto di lasciare il suo paese,mentre attende il treno per partireverso Londra assiste ad un sopruso daparte degli inglesi che lo convincerà arestare e a combattere per l'indi­

pendenza e si unisce ai rivoltosi e all'Ira(Irish Republican Army) nella brigatacomandata dal fratello. La rivolta degliirlandesi s'infiamma attraverso azioniarmate che portano a un violentoscontro con gli occupanti inglesi, finquando non giunge la notizia di un ces­sate il fuoco fra miliziani e soldati.Quando vengono resi noti i termini deltrattato anglo­irlandese, l'Ira si dividesull'opportunità o meno di accettare lecondizioni del trattato, che concede­rebbe all'Irlanda solo un'indi­pendenza parziale e molto debole.Anche all'interno della brigata di Da­mien si presentano due fronti interni: ilprimo, capeggiato dal fratello, sostieneche accettare il trattato porterà alla pa­ce, garantendo la possibilità di ulteriorimiglioramenti in seguito (una rivolu­zione… a tappe!); l'altro fronte, gui­dato da Damien propone invece diproseguire la lotta per l'indipendenzasostanziale, opponendosi al trattatoche non va ad intaccare né il reale do­minio imperialista britannico sul neo­nato stato irlandese, consegnandolo difatto in mano a un governo fantoccio,né i rapporti di forza fra classe borghe­se e contadina. Inoltre è a favore dellacollettivizzazione dell'industria edell'agricoltura in una prospettiva di­rettamente socialista. Prevale co­

munque la linea favorevole al trattato.Perciò si forma il nuovo Stato Liberod'Irlanda e l'esercito repubblicano inuniforme sostituisce quello inglese. Lafazione di Damien si sente defraudatae continua la battaglia, scoppia laguerra civile. Fra i caduti c'è anche Da­mien, che fatto prigioniero e rifiutatosidi indicare il nascondiglio delle armiverrà a malincuore giustiziato propriodal fratello.

Questione nazionale erivoluzione permanente

La lotta fratricida incarnata nelle duefigure di Damien e Teddy è il temaportante della narrazione, Loach siinterroga su come le classi dominantiutilizzino la tecnica del divide et impe­ra per tenere sotto scacco le realtà inlotta. Altro tema centrale è il riformi­smo, non può costruirsi una paritariasocietà socialista accettando icompromessi con gli oppressori; biso­gna lottare e portare avanti le proprierivendicazioni di classe anche quandovengono offerte soluzioni a prima vistavantaggiose, ma che non vanno adintaccare il reale ordine esistente.Tutto questo riporta al centro la teoriadella rivoluzione permanente e la que­stione dell'indipendenza nazionale:non ci può essere una reale e sostanzia­le indipendenza per i Paesi dipendenti(come il caso dell'Irlanda) se non me­diante la rivoluzione socialista. Leborghesie nazionali non possono farealtro che obbedire al capitale imperia­lista e trovare soluzioni di compromes­so che mascherano il permanere di unaforma di colonizzazione politica edeconomica da parte del Paese domi­nante (la Gran Bretagna). Gli obiettividemocratici, tra cui in primo luogo laquestione nazionale, potranno avererisoluzione nei Paesi dipendenti se esolo se convergeranno in una pro­spettiva di rivoluzione socialista, l'uni­co modo per tranciare i mille fili chelegano le borghesie nazionali all'impe­

rialismo e che impediscono anche lapur minima soddisfazione delle piùelementari rivendicazioni democrati­che. Non è un caso che Loach si siaoccupato di questa pagina di storiaproprio nel periodo in cui il conflittosembrava attenuatosi, il suo intento èriaprire una ferita mai suturata perrendere palese le contraddizioni insitein determinate politiche. Egli non ci ri­sparmia immagini di impatto e cru­dezza visiva, come le varie tortureperpetrate dagli occupanti inglesi e poidai militari irlandesi, ma anche l'ucci­sione di un compagno traditore, cherappresenta il battesimo di fuoco per ilprotagonista, a dimostrazione di comele idee debbano scontrarsi con la realtàtangibile. Un grande film che intrecciavicende storiche, umane e morali e cirestituisce un messaggio di lotta,sintetizzato nelle ultime parole di Da­mien: «È facile sapere contro cosa sicombatte, più difficile è sapere in cosasi crede». C'è solo da imparare e mette­re in pratica.

Cinema e rivoluzione

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IV GIOVANI di ALTERNATIVA COMUNISTA

Puglia:dirittoallostudiosottoattacco!La demagogia vendoliana alla prova dei fattiNicola Porfido*

In un sistema economicocapitalista, nel quale l'evi­dente tendenza è quella diriversare il debito privato di

banche e imprese su lavoratori estudenti, la socializzazione delleperdite è ormai la politicaall'ordine del giorno. Unatendenza europea, sotto i detta­mi della Troika, ed italiana dove il“governo tecnico” di Monti,appoggiato bipartisan, haportato avanti delle spietate poli­tiche che sono andate a colpireanche il mondo dell'istruzione.Certamente va ricordato l'impe­gno con il quale i governi politiciche l'hanno preceduto hannomarciato nella stessa direzione.La riforma Gelmini è stata solo laprosecuzione della riforma Fio­roni, una politica comune acentrodestra e centrosinistra,due facce della stessa medaglia.L'attacco al mondo dell'istruzio­neèincorsoancheladdovemenoce lo si aspetta: nella “gloriosa”Puglia di NichiVendola.

Scuola e università

In particolare in Puglia, il mondodell'istruzione viveva sotto idettami di una legge regionalevecchia di quasi 30 anni, quandole mobilitazioni studenteschehanno spinto il governo Vendolaalla formulazione di una nuovalegge regionale sul diritto allostudio, nel 2009. Il lavorocompiuto con la nuova legge agi­sce sul riordinamento dei fi­nanziamenti delle borse di studioe sulla distribuzione delle formedi cultura extrascolastica, oltreche (solo su carta) in merito al co­modato d'uso dei libri di testo ealtre agevolazioni sui trasporti.Ma di certo in questi ultimi tre

anni le lotte studentesche non sisono arrestate, a fronte di unamancata entrata in vigore effetti­va della legge, rimandata di annoin anno. Dopo un'incessantemobilitazione studentesca(condotta sempre però sulla basedella ricerca di nuovi tavoliconcertativi con la Regione)escono finalmente i regolamentiattuativi. Manca però l'essenzia­le, ovvero il finanziamento perl'attuazione della legge. In praticala legge esiste, ma non sonodisponibili fondi per la sua appli­cazione (mentre la stessa giuntaVendola finanzia la scuola privatacon oltre un milione l'anno e conil consenso bipartisan). Anchesul fronte universitario la giuntaVendola è abile nei giochi di pre­stigio: i nuovi fondi erogati per leborse di studio copriranno il 92%degli idonei, a fronte però di unaparticolare coincidenza: da que­st'anno scolastico la tassa regio­nale è praticamenteraddoppiata, una brutta batostaper gli studenti già colpiti dall'au­mento vertiginoso delle rette diiscrizione ai corsi. Difficile saràquindi ottenere una inversione ditendenza nel numero di iscrizio­ni che in questo anno accademi­co ancora una volta hanno vistoun notevole e costante calo.

Il dramma degli alloggiuniversitari

Un'altra pesante problematicaaffligge il mondo degli studenti,in particolare i fuorisede: è laquestione alloggi. La regione Pu­glia in generale è già famosa per laspeculazione sugli alloggi: inquasi tutti i grossi centri cittadinidella regione si continuano a co­struire palazzi e centri resi­denziali, lasciati peròsistematicamente vuoti e sfitti. La

più diretta conseguenza di que­sto è il pesante aumento deiprezzi degli immobili. Anche ilcapoluogo pugliese ha visto ilsorgere di student centers unodietro l'altro, in una politica deglialloggi universitari piuttostoambigua. Lo student center neipressi della facoltà di economia èstato il primo ad essere costruito,inutilizzato, e poi venduto a suondi milioni, ad un prezzo superio­re a quello d'acquisto da partedell'Ateneo. Motivo della venditaè l'incapacità di trovare, anchedopo due bandi, una società cheavrebbe dovuto gestire la struttu­ra. Altro student center che stentaa decollare è il Campus X di viaAmendola: 400 posti letti deiquali non è dato sapere quantisono realmente occupati. A 300metri di distanza dal suddettocampus, il Politecnico ha indivi­duato uno student center daacquistare con i fondi Cipe. Que­sti fondi sono stati erogati dal go­verno Berlusconi nel 2011 (previaformulazione di un “Piano per ilSud” da parte dei ministri Fitto eGelmini nel dicembre 2010). Abeneficiare dell'acquisto èl'ingegnere Nicola De Bartolo­meo, a capo del gruppo De Barche è tra le maggiori imprese dicostruzione della Puglia, nonchécandidato per il centrodestra alleelezioni regionali del 2010 conRocco Palese. A mediare latrattativa è l'architetto Marchi­telli, delegato dal Rettore per ilDiritto allo Studio, che ha un pas­sato importante come presi­dente di Città Plurale,un'associazione di chiaroorientamento di sinistra. Sorgedunque spontanea la domanda:perché il Politecnico, dato che sitratta di 35 milioni di soldipubblici, non fa il regolare bando

per l'acquisto della struttura? Masoprattutto ci si chiede perchécontinuare a progettare e acomprare student center, se quelligià esistenti vengono abbando­nati ancora prima di essere inau­gurati. In tutto questo, gli unici aguadagnarci sono i proprietari dicasa che affittano, quasi sempreal nero, un posto letto anche per350 euro al mese. Spese escluse,ovviamente.

La battaglia dei Giovanidi Alternativa ComunistaAlternativa comunista crede chesia chiaro che qualunque pro­gramma di qualunque governo,non può avere che un'unica dire­zione: quella di continuare l'au­sterity. Rimanere negli stessischemi politici di gestione dellascuola significa solamente conti­nuare a tagliare la spesa sociale,continuare nell'aumentare latassazione e continuare a negare

diritti e rappresentanza per lavo­ratori e studenti. Il tutto mentre lefamiglie sono costrette a spende­re sempre più per sostenere l'atti­vità didattica erosa edequalificata dai continui tagli.Le tasse universitarie aumentanodi anno in anno mentre i marginiper ottenere le borse di studios'assottigliano sempre di più.L'ultimo attacco del governoMonti ad esempio parla chiaro:riduzione del 92% del fondo inte­grativo nazionale per le borse distudio. Per questo oggi èimportante continuare a lottare,approfittando dell'impasseparlamentare per conquistareterreno rispetto agli attacchisubiti dal mondo della scuola edel lavoro. Fermarsi proprioadesso sarebbe una sconfitta. IGiovani di Alternativa comunistalavorano per costruire un frontecomune operai­studenti perfronteggiare la crisi e la guerra so­

ciale della Troika e avanzano unprogramma a difesa dell'istru­zione pubblica e per la liberazio­ne dei saperi dalle logichemercantilistiche. In particolare alcentro della nostra battaglia, c'èla rivendicazione di un redditostudentesco, come primo passoin direzione dell'emancipazionedellostudentedaunacondizionedi sfruttamento e impotenza: unreddito indiretto che possa ga­rantire il comodato d'uso dei libridi testo e l'accesso libero egratuito a trasporti, mense,alloggi per fuorisede e luoghi dicultura. Un reddito studentescoche dovrà essere finanziato me­diante la cancellazione di tutti ifinanziamenti a scuole private,missioni di guerra e grandi opereinutili come il Tav in Valsusa o ilMuos in Sicilia. (14/4/2013)

*Giovani di AlternativaComunista ­ Bari

««LLaa QQuuaarrttaa IInntteerrnnaazziioonnaalleepprreessttaa ppaarrttiiccoollaarree aatttteennzziioonneeaall llaa ggiioovvaannee ggeenneerraazziioonnee ddeellpprroolleettaarriiaattoo..TTuuttttaa llaa ssuuaa ppoolliittiiccaa ssii ssffoorrzzaaddii iinnffoonnddeerree nneellllaa ggiioovveennttùù llaaffiidduucciiaa nneellllee pprroopprriiee ffoorrzzee eenneell ffuuttuurroo..SSoolloo ii ll ffrreessccoo eennttuussiiaassmmoo ee lloossppiirriittoo bbeellll iiccoossoo ddeellllaaggiioovveennttùù ppoossssoonnoo ggaarraannttiirree iipprriimmii ssuucccceessssii nneell llaa lloottttaa;;ssoolloo qquueessttii ssuucccceessssii ppoossssoonnoorriippoorrttaarree ssuull llaa ssttrraaddaa ddeellllaarriivvoolluuzziioonnee ii mmiiggll iioorrii eelleemmeennttiiddeell llaa vveecccchhiiaa ggeenneerraazziioonnee..CCoossìì èè ssttaattoo ee ccoossìì ssaarràà..»»

Lev TrotskyProgramma di transizione

LLaa RRiivvoolluuzziioonnee ssii ppuuòò ffaarree!!

Aderisci ai Giovani di Alternativa Comunista, per info scrivi a [email protected] al 328.17.87.809 su facebook "Giovani AlternativaComunista"

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PROGETTO COMUNISTA Maggio ­ Giugno 2013 9

Alternativa Comunista alle elezioni comunali diVicenzaIntervista a Raffaello Giampiccolo,candidato sindaco per il PdAC

Il PdAC si presenta alleelezioni amministrativeaVicenza,puoi spiegare ilsignificato di questa

scelta?Vogliamo portare, anche nelloscontro elettorale, una propo­sta a favore dei lavoratori e dellemaggioranza sociale della città,vogliamo soprattutto propa­gandare il programma del parti­to. Vogliamo parlare dellanecessità di una risposta di clas­se dei lavoratori contro le guerremilitari e sociali dei padroni edella necessità di costruireun'alternativa socialista e rivo­luzionaria, un governo dei lavo­ratori. La città di Vicenza èinserita nel cuore del famosoNord Est ed è stata per decennitra le aree maggiormente indu­strializzate, ma ogni giorno dipiù risulta evidente che la crisicapitalistica sta colpendoanche questa città con licenzia­menti, precarietà, disoccupa­zione giovanile e un costanteattacco ai diritti dei lavoratoripubblici e privati. La borghesiavicentina tenta di fare pagare lacrisi proprio ai lavoratori, aglistudenti e ai pensionati poveridella città, per i quali nulla dibuono è venuto e verrà dalsindaco Achille Variati, espo­nente del Pd (Partito demo­cratico). Ma il Pd non è l'unicopartito di riferimento dellaborghesia vicentina, che,infatti, si esprime anche nel Pdle nella Lega. Anche il Movi­mento 5 Stelle non fornisce unarisposta reale, per i lavoratori,alla crisi, essendo un movi­mento che, nei fatti, non mettein discussione il sistema esi­stente, mescolando in modoconfuso varie istanze anchecontrapposte, e soprattuttoaccettando il capitalismo, cioè il

sistema economico che è causadi crisi, miseria, precarietà,disoccupazione, inquina­mento, disastri ambientali,guerre. La nostra è l'unica lista ilcui programma è incompatibilee alternativo al capitalismo.

Il sindaco Variati diceva di nonvoler essere chiamato sindaco­sceriffo, ma nei fatti lui e il suoassessore alla sicurezza DallaPozza, si sono distinti proprioper ordinanze repressive. Puoiesplicitare la posizione delPdAC rispetto a quest'argo­mento?Con varie ordinanze e le relativemulte, con la continua installa­zione di telecamere e con ilcontinuo pattugliamento dellestrade da parte della polizia lo­cale si è svelata la vera indole diquest'amministrazione, che è afavore dei ricchi mentre chi èpovero o è scappato da altri Pae­si a causa di guerra e fame èconsiderato un ospite sgradito,da emarginare e possibilmenteallontanare. È con le telecameree con la caccia a mendicanti chel'amministrazione Variati vuolenascondere il reale problema didisagio sociale che esiste a Vi­cenza. L'assessore Dalla Pozzavuole fare «diventare Vicenzauna delle città guida dal puntodi vista della video sorveglianzae della sicurezza». Noi affermia­mochenonèquestalasicurezzadi cui c'è bisogno. La vera sicu­rezza si ottiene con la giustiziasociale.

Per il 4 maggio è programmataa Vicenza una manifestazionecontro l'apertura della nuovabase militare “Dal Molin ­ DelDin”...Il Partito di alternativa comuni­sta ha da sempre sostenuto le

iniziative del movimento vi­centino contro le basi di guerrae ha sempre contestato lacomplicità di quelli che hannopreso parte, più o meno attiva­mente, alla svendita della lottacontro la costruzione della nuo­va base Dal Molin e che si sonoaccontentati di aver strappato,dopo anni di battaglie, unsemplice pezzo di terra adia­cente alla base che qualcuno haavuto il coraggio di chiamareParco della Pace, opera dicompensazione che è stata vo­luta fortemente dal sindacoAchilleVariati. È necessario nonscendere a patti con le istituzio­ni, è sbagliato concertare,accettare compromessi ecompensazioni. Il 4 maggio sa­remo alla manifestazione perribadire che la battaglia controle basi di guerra deve avere il co­raggio di indicare il grande re­sponsabile dell'esistenza didisoccupazione, fame e guerre,e cioè il capitalismo.

AVicenza ci sono in campo duealtre grandi questioni che tra­valicano il carattere locale ehanno una valenza nazionale,il Tav e la privatizzazione diAim, la società municipa­lizzata che amministra tra­sporti, rifiuti, distribuzionegas ed energia elettrica.Comune, Provincia, Confindu­stria, Confartigianato e Conf­commercio hanno promosso epresentato lo scorso anno unostudio di fattibilità per la costru­zione della nuova linea ferro­viaria ad alta velocità nella cittàdiVicenza. Il Partito di alternati­va comunista respinge questoprogetto: aVicenza è necessariocollegarsi con la battaglia dellaVal di Susa, unendo le varieistanze contro la base militare e

contro le privatizzazione deiservizi in un'unica battaglia. Perquanto riguarda la privatizza­zione di Aim, il sindaco Variati el'amministratore unico di Aim,Paolo Colla, hanno affermatoche «Aim può navigare nel libe­ro mercato portando beneficioe ricchezza alla città». Significa,in realtà, creare le condizioniper mettere in discussione la ge­stione pubblica diretta dienergia, igiene ambientale, tra­sporti. In questa vicenda grandeè la responsabilità dei sindacati,soprattutto della Cgil, che haacconsentito, con Cisl e Uil,all'ingresso nel “liberomercato”, incassando il plausodell'azienda.

La tua storia personale è unastoria che ha conosciuto soffe­renza ed emarginazione, a chiti rivolgi nella tua campagnaelettorale?Mi rivolgo innanzi tutto ai lavo­ratori, fra i quali sono semprevissuto, nativi ed immigrati, evoglio rivolgermi anche, in ge­nerale, a tutti gli oppressi. La cri­si del capitalismo, accanto adun aumento dell'arricchimentodi una stretta minoranza di fa­miglie di capitalisti, staportando la maggioranzadell'umanità alla disperazione:sono aumentati i drammi socia­li come le violenze in famiglia esulle donne, l'abuso di psico­farmaci, di droghe pesanti ed'alcool. Io provengo da unpercorso di comunità terapeu­tica. Iscrivermi al partito ha si­gnificato anche decidere che ènecessario fare lo sforzo ditentare la strada della lucidità edella consapevolezza rivoluzio­naria. In un mondo nel qualemolto è profitto e falsità, abbia­mo il compito di rimanere svegli

e lucidi, di cercare la consape­volezza a tutti i costi. Sotto larossa bandiera della rivoluzionesocialista, accanto alla classeoperaia, che ha il ruolo centralenel processo di trasformazionedella società e che sarà il motoredella rivoluzione, ci sarannotutti gli oppressi. Il programmadel PdAC, che è sezione italiana

dellaLit­Ci,Legainternazionaledei lavoratori ­ Quarta Interna­zionale,uniscetutteleistanzediliberazione e di riscatto: è que­sto il programma, quindi ilpartito, che voglio rappresenta­re, insiemeaglialtricompagni,aVicenza, nella tribuna dellacampagna elettorale.(11/4/2013)

ElezioniaBarletta:unarispostadiclasseallacrisiIntervista a Michele Rizzi,candidato di Alternativa comunistaa cura diPasquale Gorgoglione

Il 26 e 27 maggio si votaanche a Barletta per l'ele­zione del sindaco e per ilrinnovo del Consiglio co­

munale. Alternativa Comuni­sta schiera Michele Rizzi, giàpresente alle scorse elezionidel 2011, animatore in questianni delle principali lotte ope­raie, unica voce della sinistrarivoluzionaria in città.

Michele,il Partito di alternati­va comunista a Barletta ri­vendica il ruolo di una forzapolitica all'opposizione. Co­me mai? Eppure il sindacouscente Maffei è stato sfidu­ciato...Non bisogna confondere i gio­chi di potere tra diversi settoridellaborghesiadaunlatoeunavera opposizione di classedall'altro, basata su un'idea disistema totalmente alternati­va. A Barletta il centrosinistragoverna da tempi immemori el'opposizione di centrodestra èstata sempre complice di unavera e propria rapina che si èconsumata ai danni della clas­se lavoratrice e del territorio. Lastessa sinistra riformista,rappresentata in consiglio daRifondazione comunista, haincarnato l'emblema del servi­lismo e della subalternità aquelle politiche borghesi cheper anni hanno fatto della cittàl'“El Dorado” di sfruttatori epalazzinari senza scrupoli.Nella scorsa legislatura non hamai battuto ciglio. Non lo hafatto quando le fabbriche chiu­devano e delocalizzavano,quando il Comune finanziaval'insediamento dell'universitàprivata Lum, quando distese

interminabili di cementodistruggevano il territoriosenza garantire una casa ai la­voratori, nemmeno quandosono emerse chiare le re­sponsabilità politiche dellagiunta e del sindaco nella stra­ge del lavoro che ha tolto la vitaa quattro operaie. Alternativacomunista invece è stato l'uni­co partito ad opporsi e a pro­spettare soluzioni nelle quali ilavoratori, i giovani, i disoccu­pati, gli immigrati e tutti glisfruttati possano assumere susé stessi il ruolo non dispettatori, ma di attori.

Una nuova stagione di prota­gonismo di classe, potremmodire. Non rischia diconfondersi con il protagoni­smo dei cittadini teorizzatodal M5S?IlbluffreazionariodiGrillononpuò reggere a lungo, così cometutte le illusioni interclassistedella storia non hanno mai ri­solto il conflitto tra capitale elavoro a favore dei lavoratori.InognicasoaBarletta,ancheseè probabile che si presentinoalle elezioni, i grillini si vedonomolto poco. La loro è unaforma di cretinismo informati­co ancor prima che parla­mentare. Non si vedono nellelotte che determinano il futuroprossimo dei lavoratori e dellacittà e pensano che si possanofare rivoluzioni con un“mi pia­ce” su facebook o alzando lamano in Consiglio comunale.Messi alla prova si sciolgonocome neve al sole, non hannosostanza. Senza l'alternativa dipotere e di classe al dominioborghese non si fa cherafforzarlo, allontanando ilmomento della sua caduta.

Allora qual è il senso dellapartecipazione del PdAC alleelezioni borghesi? Non èanche quella la legittimazio­ne di un sistema?Lo sarebbe se partecipassimoalle elezioni nel bel mezzo diuna rivoluzione, con il popoloche contende nelle piazze (enon su facebook) il potere allaborghesia. In Italia, sebbene ilmalessere popolare diventiogni giorno più concreto, gliargini predisposti dal vecchiopotere stanno attutendo ilcolpo. Mi riferisco agli arginipolitici, sociali ed economici.Per spezzare la camicia di forzache imbriglia la classe lavo­ratrice e le impedisce diprendere il potere c'è bisognodi un partito rivoluzionarioche smascheri le illusioni poli­tiche di riforma del sistema,che si contrapponga allapolverizzazione sindacalespesso condizione necessariasolo per la sopravvivenza dipiccole burocrazie, che de­nunci l'interesse del padro­nato, sostenuto dai governi, adanestetizzare i lavoratori du­rante la fase del licenziamentoattraverso l'erogazione degliammortizzatori sociali, cassaintegrazione in primis. L'ope­rato del PdAC, in questi anni dipartecipazione alle elezioni,sta a dimostrare proprio que­sto: Alternativa Comunistareinveste ogni progresso, otte­nuto attraverso l'attenzionemediatica in fase elettorale,nella crescita delle lotte, nellariorganizzazione della classelavoratrice, nel rafforzamentodel partito rivoluzionario.

Dunque una concezione leni­nista delle elezioni?Certo. Utilizziamo le elezioni

come tribuna attraverso cuipropagandare il programmarivoluzionario, non certo persegnalare, come fanno solita­mente i movimenti civici, que­sta o quella buca nel mantostradale.

Non si rischia di perdere ilcontatto con la realtà locale eparlare solo di massimi siste­mi?Al contrario, gli esempi localicostituiscono l'esperienzatangibile delle masse dellecontraddizioni del capitali­smo, dell'impotenza dellapolitica borghese a offrire solu­zioni ad esigenze talvoltaanche modeste, addiritturabanali se viste in relazione aiprodigi della scienza, ma co­

munque vitali per la maggiorparte della popolazione.

E Barletta che spaccato offre?Barletta è la città tristementenota per la strage del crollo diun opificio che ha risucchiatola vita di cinque persone, di cuiquattro giovani operaie adottobre 2011. Una vicendaterribile e mostruosa e dai trattiassurdi: delle ruspe che, contutte leautorizzazioniedinullaosta delle autorità competenti,abbattono pezzi di borgo otto­centesco per lasciare spazio anuova edilizia speculativa,spazzano via la palazzina cheospita un opificio fantasma,ammazzando quattro lavo­ratrici in nero. Una tragediache ha voltato definitivamente

la pagina di storia nella qualeBarletta era la ricca città indu­striale del Sud Italia e l'ha cata­pultata in un presente fatto diemigrazione di massa dei gio­vani alla ricerca di un futuro, diprecarietà, di lotta per la so­pravvivenza, di inquinamentodell'ambienteedistruzionedelterritorio, di disperazione dianziani e disoccupati. Parlaredi cultura, di educazione, diarte, di bellezza e di vita in unsimile contesto è atterrare daMarte. Solo una alternativa ra­dicale e di sistema può offriresoluzioni ai disastri del capita­lismo e restituire dignità aglisfruttati. (14/4/2013)

ELEZIONI AMMINISTRATIVE

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10 Maggio ­ Giugno 2013 PROGETTO COMUNISTALOTTE E MOBILITAZIONI

a cura diPatrizia Cammarata

In questi giorni si staparlando di un'immi­nente manifestazionedei lavoratori immigrati

che a maggio scenderanno inpiazza organizzati dal sinda­cato Cub (Confederazioneunitaria di base). Qual è lapiattaforma di questa manife­stazione?Abbiamo intenzione di non faredormire il Parlamento fino aquando non sarà annullata lalegge Bossi­Fini. La protesta èfissata per fine maggio, la dataprobabile è sabato 18 maggio.Organizzeremo, con ogni pro­babilità, due manifestazioni,una a Milano e una a Roma, e fa­remo appelli per l'organizza­zione di presidi in tutte le città.In Italia le leggi che riguardanol'immigrazione sono continua­mente peggiorate, i lavoratoriimmigrati e le loro famiglie so­no sempre nel mirino del pote­re. Sono numerosi i partiti che,con il sostegno d'alcuni sinda­cati e spesso con il sostegno

della Chiesa, affermano di volerdifendere i lavoratori immigratima, ormai, gli immigrati noncredono più a queste false pro­messe. Una cosa sono le parole,un'altra la realtà: alla fine nes­suno di quei partiti, nei fatti, si èopposto alle proposte diConfindustria. Gli immigrati sisono accorti che i sindacaticoncertativi e i partiti che sonostati al governo, o che hannoappoggiato i governi che si sonosucceduti, sono al servizio degliinteressi di Confindustria. Gliimmigrati sapevano da subitoche era necessario difendersidalla Lega Nord, ma ora hannocapito che devono difendersianche dai partiti di centrosini­stra e dai sindacati concertativi.

A chi rivolgete l'appello a co­struire questa manifestazio­ne? E qual è il vostro obiettivo?Con la manifestazione dimaggio vogliamo chiamaretutti i sindacati di base e di lotta,tutti i movimenti che condivi­dono la nostra battaglia a sotto­scrivere una piattaforma il cuiobiettivo è quello di buttare via

la legge Bossi­Fini. È questa lamaggiore urgenza per gli immi­grati. A causa della crisi econo­mica del capitalismo e lemigliaia di licenziamenti, la vi­ta dei lavoratori italiani è diffi­cile e gli italiani stannoprecipitando nel baratro dellapovertà e della disperazione;ma gli immigrati sono disperatigià da molto tempo. Quando unimmigrato perde il posto di la­voro non ha solo il dramma dellicenziamento: c'è gente na­scosta che non può muoversida casa perché il permesso disoggiorno è legato al contrattodi lavoro. Il nostro obiettivo èbuttare via la legge Bossi­Finiche lega il permesso disoggiorno al contratto di lavo­ro. Nel momento in cui Napoli­tano e Turco hanno iniziato ilricatto (la legge Turco­Napoli­tano, varata da un governo dicentrosinistra col voto a favoredel Prc, ndr), anche i contrattidei lavoratori italiani sonopeggiorati, perché quando c'èun attacco non respinto a unaparte della classe lavoratrice, siottiene il risultato che il peggio­ramento delle condizioni dialcuni trascina verso il bassoanche gli altri. A mano a manoche gli immigrati erano colpiti esenza difesa, c'è stato unabbassamento generale dei di­ritti. Senza difendere i lavorato­ri immigrati quest'attacco si èrivolto anche ai lavoratori ita­liani. La natura del rapporto dilavoro è cambiato, soprattuttoattraverso le cooperative.

C'è un attacco pesante chetutti i lavoratori stanno vi­vendo, penso ad esempio alblocco dei contratti per i lavo­ratori del settore del Pubblico

Impiego, ai tagli della Sanità edella Scuola Pubblica, ai li­cenziamenti nelle fabbriche,al costo della vita in continuoaumento a fronte di un impo­verimento generale. Pensi chela Cub riuscirà, nella protestadi maggio, a coinvolgere anchei lavoratori italiani?Nelle loro piattaforme i sinda­cati concertativi mettono tuttele cose insieme ma, se la lottanon è ad oltranza, è spesso unmodo per non affrontare il pro­blema. La cosa fondamentaleper noi ora è riuscire ad affossa­re la legge Bossi­Fini. Per que­sto abbiamo chiesto alla Cub disvolgere un ruolo percoinvolgere tutti i lavoratori.Noi vogliamo un blocco dibattaglia insieme ai lavoratoriitaliani ma bisogna essereconsapevoli che nel caso dei la­voratori immigrati c'è unadoppia sofferenza. Al momentola parola d'ordine sulla quale ciconcentriamo è: abrogazioneimmediata della legge Bossi­Fi­ni.

Secondo te il sindacalismo hala responsabilità di organizza­re la resistenza su scala

internazionale per costruire,attraverso le lotte, le necessa­rie trasformazioni sociali?Devono farlo altrimenti i sinda­cati moriranno. È necessariaun'avanguardia sindacale a li­vello internazionale, le fabbri­che chiudono perché mancauna difesa. Ho partecipato, co­me Cub Immigrazione, a Parigi,in marzo, all'incontro interna­zionale del sindacalismocombattivo, promosso dalsindacato brasiliano Csp­Conlutas, da Solidaires diFrancia e dalla Cgt spagnola.All'incontro hanno partecipatole organizzazioni sindacali diuna quarantina di Paesi e c'erala presenza di oltre 250 delegatiprovenienti da tutti i conti­nenti. È nata, in quell'occasio­ne, una “Rete SindacaleInternazionale di Solidarietà edi Lotta”. È stato, a mio avviso,un passo indispensabile emolto importante.

Pensi che la dirigenza dellaCub, non solo della Cub immi­grazione, ma anche degli altrisettori (scuola, sanità, pubbli­co impiego, ecc.) si stia muo­vendo in tal senso?

La Cub ha questa vocazioneinternazionale e comunquenessuno può vincere la sfidaodierna a livello locale. Come sipuò pensare di vincere le batta­glie contro i provvedimentidettati dal Fondo monetariointernazionale e dalla Bancacentrale europea rimanendo alivello locale? Da sola un'orga­nizzazione non può farcela, civuole un coordinamentointernazionale, con comunipunti rivendicativi. Siamo difronte ad un cancro che non sipuò curare con un semplicemedicinale. La Cub immigra­zione vuole agire a livello localema anche a livello nazionale,europeo e internazionale. Allostesso tempo ci deve essere unavisione complessiva,all'interno della Cub, in tutti isettori, per non dividere i lavo­ratori. Per la manifestazione dimaggio facciamo appello apartecipare a tutti i settori dellaCub, ma anche un appello atutti i sindacati di basecombattivi. Scendiamo inpiazza insieme contro la leggeBossi­Fini! (2/4/2013)

GliimmigratiscendonoinpiazzacontrolaleggeBossi­FiniIntervista a MoustaphaWagne,responsabile nazionale Cub immigrazione

Intervista a cura diNicola De Prisco

Purtroppo parlare di Eav­bus oggi significa parlaredi una storianient'affatto straordina­

ria nel contesto italiano; uno deisettori maggiormente colpitidalla crisi è proprio quello dei tra­sporti. E dati i 500 milioni di debi­ti verso l'insieme delle aziende aesso addette, nella regioneCampania il problema è partico­larmente grave. In questi mesisiamo stati in un paio di depositi,per tastare il polso della situazio­ne e per sentire quelle voci chetroppo spesso in queste situazio­ni, purtroppo molto diffuse,vengono immerse in un colpevo­le silenzio mediatico. Purtropponeanche questo silenzio èstraordinario. Con questo artico­lo cerchiamo di far emergerequalcuna di quelle voci. Abbiamointervistato Vincenzo e Patrizio,dipendenti dell'Eavbus.

Buonasera Vincenzo, vorremmo

spiegare ai nostri lettori qual è lavostra situazione.Vincenzo: «Tutto parte dal taglioalla spesa pubblica a livello na­zionale. Il governo centrale tagliai fondi alle regioni, le regioni ta­gliano i fondi alle aziende: chiara­mente non arrivano fondi perl'acquisto di autobus nuovi,quelli che ci sono invecchiano, siusurano e diventano inutilizza­bili. Io sono un conducente, eproprio in questo momento sonorientrato perché il pullman davasegni di malfunzionamento.Questo non riguarda solo l'Eav,ma un po' tutte le aziende dei tra­sporti in Campania: c'è La Sitache è in cattive acque, l'Acms, laCstp. Insomma, un po' tutti.Sempre per la mancanza di fondi.Il materiale che c'è si usuragiorno per giorno».

Aspetta un attimo. Partiamoprima dello stato dell'azienda. Èfallita,giusto?V: «Sì. La sentenza del Tribunale èarrivata nella notte tra il 16 ed il 17Novembre scorso, per 600 mila

euro di debiti non onorati. C'è dadire che già da mesi ci si arrangia­va, non ricevevamo lo stipendio(la cui indicizzazione era fermadal 2007) da alcuni mesi. L'Eav­bus è stata data in comodatod'uso gratuito all'Eav Holding(1) esono stati messi sulla graticola1300 lavoratori con le loro fami­glie».

Patrizio come avete accolto lanotizia?Patrizio: «Ti lascio immaginare.È difficile raccontare a parolequei momenti. Ti posso dire soloche abbiamo avuto la sensazionedi non avere tempo per dispe­rarci. Dovevamo reagire. Quelgiorno stesso, a via Nuova Agna­no sono stati occupati i binaridella Cumana. Lo stesso hannofatto i colleghi di Sorrentoqualche giorno più tardi. I mesitra novembre e dicembre sonostati caratterizzati da diversegiornate di lotta genuine e radi­cali. Spesso anche fruttodell'improvvisazione: in una diqueste abbiamo occupato i bina­ri della stazione di Napoli Centra­le, un'altra volta abbiamobloccato l'uscita dell'A3 Napoli­Salerno. Alcuni di noi hanno rice­vuto anche delle denunce».

La repressione non ha tardato afarsi sentire insomma...P:«Decisamente no. Ci sono statedelle cariche, e qualcuno di noi èstato portato in caserma».

Vincenzo,e i sindacati?V: «Tolto qualche collega, che sidà da fare in maniera genuina edisinteressata, in generale buonaparte del tempo l'hanno passatoin silenzio assoluto. Non perve­nuti. Infatti quelle azioni di cuiparlava prima Patrizio sono state

assunte dai lavoratori sca­valcando le varie burocrazie, chehanno anche stigmatizzatoquelle iniziative di lotta dicendo­si“ contrari a ogni forma di prote­sta rivolta contro icittadini­utenti”. Ma io mi chie­do, chi è veramente contro gliutenti? i lavoratori che lottanoper difendere i trasporti pubblicio i sindacati venduti che para­lizzano la lotta, contribuendoallo smantellamento dei servizipubblici?»

Patrizio sei d'accordo?P:« Decisamente sì. Pensa che Ci­sl, Uil e Ugl si sono schierati per il“Sì” al referendum...»

Cosa si chiedeva con questo re­ferendum?P: «Prima di rispondere a questadomanda è necessario fare unpasso indietro. Diciamo innanzi­tutto che il comodato d'uso sa­rebbe scaduto a gennaio e ilgiudice si sarebbe dovuto pro­nunciare in merito al ricorso pre­sentato dall'azienda contro ilfallimento della stessa. La regio­ne nel frattempo ha avanzato laproposta del nuovo Piano Tecni­co Gestionale, che prevedeva trale altre cose, il ricorso ai contrattidi solidarietà e l'abolizione deicontratti di secondo livello, oltrea tagli sulle spese per l'assicura­zione su 27 pullman, e per il gaso­lio, complessivamente stimatisul milione di euro. A questo vaaggiunto anche il taglio di 730 mi­la Km all'anno che l'aziendaavrebbe dovuto coprire. Tradottoin soldoni significa un taglio mi­nimo del 10% sui nostri salari,esuberi in vista, e un servizioancora peggiore per gli utenti. Epoi saremmo noi quelli che...»V: «Col Sì al referendum si

accettavano queste condizioni ela controparte si sarebbe impe­gnata a non far fallire l'azienda e afarla rimanere pubblica. Effetti­vamentehavintoilSì,solochenelfrattempo la curatela fallimenta­re ha disposto che chiunque pa­ghi 400 mila euro il primo anno e600 mila il secondo, avrebbe otte­nuto il comodato d'uso dell'Eav­bus, aprendo di fatto allaprivatizzazione! Alla faccia del re­ferendum. Intanto i contratti disolidarietà sono partiti e lasentenza di rinvio in rinvio èslittata al 19 aprile…

Il presidente della RegioneCampania, Caldoro, e l'assesso­re ai trasporti, Vetrella (Pdl),hanno parlato di “gesto di re­sponsabilità” da parte dei lavo­ratori che hanno votato a largamaggioranza per il “Sì”. Comecommentate queste parole?V: «I signori dimenticano di direuna cosa importante: che il refe­rendum è stato indetto circa 12ore prima della sua realizzazione,e che quindi moltissimi colleghinon sapevano nemmeno dellasua esistenza; infatti la parteci­pazione è stata bassissima. Lamaggioranza di quelli che hanno

votato, poi, è stata avvertita giu­sto 3­4 ore prima: neanche iltempo di leggere l'accordo... Èstata una cosa vergognosa!P: «Io voglio dire a Caldoro e allasua giunta che se avesserocercato gli sprechi dove effettiva­mente sono, e se avesse tagliatogli stipendi dei dirigenti, i vari Pe­pe, Ossorio, Pomicino, Casizzo­ne, Polese, che si aggirano tuttiintorno ai 180 mila euro, forse noinon saremmo in queste condi­zioni. Ma non si tratta solo diCaldoro, sono decenni che le va­rie amministrazioni regionali, dicentrodestra e centrosinistra,mangiano alle nostre spalle. Ecome al solito, quando scoppia ilcaso, nisciun sap nient. Sonodelle lote (ndr, trad: escrementi) esi dovrebbero vergognare!

Nota

(1) L'Ente Autonomo Volturno(Eav) è dal 2001 una holding checontrolla gran parte delle societàdel trasporto pubblico localecampano, tra le quali, Circumve­suviana, SEPSA, MetroCampaniaNordEstedEavbus.Letreaziendeferroviariesonostateincorporateper fusione nel dicembre 2012.

Regione Campania: l'Eavbus è fallitaLa parola ai lavoratori dei trasporti, tra i più colpiti dalla crisi

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PROGETTO COMUNISTA Maggio ­ Giugno 2013 11DAL TERRITORIO

Gianmarco Catalano*

Lo scioglimento perinfiltrazione mafiosa dialcuni comuni sicilianioffre lo spunto per

un'analisi di classe della vicendaal fine di evidenziare e ricondurrea sistema, accanto al ruolo svoltoin questo contesto dallo Stato, iperversi intrecci economici chelegano insieme poteri mafiosi,imprenditoria e amministrazionicomunali borghesi. Dei tre co­muni commissariati per mafia,Mascali (al secondo scioglimentoin vent'anni), Polizza Generosa eAugusta, scegliamo di focalizzarel'attenzione su quanto emerso inquest'ultima cittadina del sira­cusano, rappresentando a nostroavviso un caso esemplare, seppurin piccolo, delle perverse dege­nerazioni del sistema capitalistache a tutti i livelli – specie in unafase di crisi – mostra il suo ca­rattere predatorio e accentua lasua deriva criminale.

Il retroscena: gli accordielettorali con le cosche

mafiose

La decisione del Consiglio deiministri di sciogliere il consigliocomunale megarese arriva altermine di una lunga indagineamministrativa condotta da unacommissione prefettizia che permesi ha rovistato negli archivi co­munali, esaminando gli ultimi 30anni di attività amministrativa.Ad affiancarla, sul terreno penale,l'inchiesta della direzionedistrettuale antimafia cataneseche, lo scorso dicembre, haemesso 14 avvisi di conclusionedelle indagini preliminari, pervoto di scambio aggravato econcorso esterno nell'associa­

zione mafiosa Nardo di Lentini, acarico di notabili politicanti sira­cusani, tra cui proprio l'ex sinda­co di Augusta MassimoCarrubba, in quota Partito demo­cratico, insieme all'allora suo as­sessore Luigi Giunta con delegaagli affari cimiteriali e ad unconsigliere comunale militantenelle file del Movimento per l'au­tonomia. L'accusa formulata daigiudici è di essere scesi a patti conla cellula mafiosa megarese le­gata al clan Nardo di Lentini – chenel 2003, tra l'altro, era riuscita afar eleggere un suo componentedi spicco risultato il più eletto inconsiglio – per ottenere unappoggio elettorale in occasionedel ballottaggio alle elezioni co­munali del 2008. Come contro­partita, sindaco e assessoreavrebbero fornito agli esponentidella cosca mafiosa locale uncollegamento extra istituzionaleper garantirgli l'accesso ainformazioni relative a pro­grammi e appalti da manovrare.

Politica istituzionale,mafia,imprenditoria:

affari in“comune”

La fitta rete di rapporti economi­ci, clientele e amicizie del comi­tato d'affari e delle famiglieborghesi che governano de factola città si è sviluppata, a partirealmeno dalla fine degli anni '80,senza soluzione di continuità e inperfetta sintonia con l'alternanzadi schieramenti di centrodestra ecentrosinistra. Nulla sfuggiva allapiovra: dagli appalti, passandoper la gestione dei rifiuti, alla spe­culazione edilizia favorita da unpiano regolatore non aggiornatoe dalla remissività di consigli co­munali che si limitavano a ratifi­care i piani di lottizzazione già

decisi all'esterno nell'interessedei palazzinari locali impegnati arealizzare profitti attraverso lacementificazione selvaggia e laconseguente distruzione dellebellezze territoriali. Un sistemafamelico che non risparmiavanemmeno il cimitero, attraversoil controllo della realizzazione dicappelle e loculi privati, con l'as­sessore Giunta nel ruolo di ma­nager. Il risultato è che ottodefunti rimangono oggi in attesadi sepoltura, perché gli affari de­gli “speculatori delle tombe” nonhanno lasciato spazi pubblici achi non dispone di risorse fi­nanziare tali da potersipermettere il tempietto di fami­glia.

L'ipocrisia dello Statoborghese e lo storico

alleato mafioso

Vale la pena aggiungere che, nellastessa provincia, a circa un annofa risale lo scandalo che hacoinvolto la procura di Siracusa,in cui alcuni magistrati intratte­nevano affari e coltivavano ami­cizie interessate conavvocati­imprenditori e alcontempo referenti della grandeindustria petrolchimica. Gli stes­si magistrati che avevano guidatoimportanti processi ai criminicommessi dalle multinazionalidel petrolio nel Siracusano, sfo­ciati in un nulla di fatto, o meglionella garanzia della totale impu­nità per i padroni industriali re­sponsabili dell'inquinamento,dello scempio ambientale e deimorti di cancro nel triangoloindustriale Augusta­Priolo­Me­lilli.Tutto ciò dimostra, in terminimarxisti, che è la base materiale,caratterizzata dall'egemonia deipotentati economici borghesi, a

determinare la sovrastrutturapolitico­istituzionale, in manieraben più immediata e tangibilenelle realtà dei piccoli comuni. Inquesto scenario, la mafia non faaltro che svolgere il suo ruolo disempre: scendere a patti, allearsie intrattenere affari con la classedominante. Un rapporto di reci­proco scambio funzionale alconsolidamento del potereborghese e dei suoi agenti politi­ci. Per questo, il commissaria­mento per mafia del comune diAugusta, deciso dal dimissiona­rio governo tecnico impostodalla Troika, rappresenta solo iltipico intervento di pulizia delloStato nelle sue periferie istituzio­nali, mascherato dalla ipocritaparola d'ordine del ripristinodella legalità, che avviene tutte levolte in cui la corruzione, leconnivenze e le ovvie contiguitàdell'apparato istituzionale colpotere economico­mafioso,

emergono in superficie, provo­cando pubblico scandalo e mi­nando la credibilità della vulgataborghese sulla bontà di un ordinesociale in realtà basato sul domi­nio di classe. Tutto ciò dimostrache a nulla serve sciogliere un co­mune per infiltrazioni mafiose sepoi si lascia intatta la base econo­micaeil tessutosocialedicuiessoè inevitabilmente espressione.14/4/2013

Un'unica via d'uscita:l'unità di classe contro

mafie e borghesia

Per non cadere allora nell'anti­mafia della retorica interclassi­sta, occorre piuttosto andare allaradice del fenomeno mafioso,individuando la sua genesinell'ingiustizia di una società di­visa in classi. Perché se la mafiarappresenta storicamente per laborghesia un alleato funzionale

al mantenimento del suo domi­nio, la lotta alla criminalità orga­nizzata non può prescinderedalla lotta di classe. A riprova chel'unica via per sconfiggere defi­nitivamente i poteri mafiosi èdistruggere questo sistema capi­talista che li tiene subdolamentein vita. Alla luce di quest'analisi,riteniamo sterili e demagogici gliappelli all'unità di una genericasocietà civile. Il nostro richiamo èinvece ancora una volta indi­rizzato all'unità di classe: dei la­voratori che non si arrendonoall'oppressione mafiosa dei ri­spettivi padroni, dei precari e deidisoccupati in lotta, dei giovani edegli studenti che hanno in séquell'animo rivoluzionario ne­cessario per conquistare unmondo libero dallo sfruttamentoe da tutte le mafie.

*PdAC Sicilia

Per l'unità di classe contro mafia e capitalePolitica,imprenditoria e malaffare in Sicilia

Nello Marcone

Avolte sembra quasi chesia passata solo perchéi giornali non ne parla­no oppure perché, pas­

seggiando per le strade delleprincipali città, non si intravedo­no cumuli di immondizia. Eppu­re l'emergenza rifiuti inCampania resta assai diffusa, so­prattutto in questa fase di pro­fonda crisi economica.

Le cause del fenomeno

Possiamo dividere le cause in duemacro­categorie: quellecontingenti e quelle strutturali.Le prime possono essere in parteindividuate nei ritardi nella pre­parazione di discariche idonee,avvenute solamente dal 2003;nell'inadeguato trattamento deirifiuti urbani negli impianti diproduzione di combustibile de­rivato dai rifiuti (cdr), originaria­mente costruiti e gestiti dasocietà del Gruppo Impregilo; neiritardi nella costruzione diimpianti di compostaggio dellafrazione organica dei rifiuti pro­veniente dalla raccolta diffe­renziata e, infine, nei bassi livelli

medi della stessa. Le secondeappartengono al modo di produ­zione capitalistico stesso: si pro­duce troppo e male, permassimizzare i profitti di pochi enon per le esigenze della colletti­vità, della sua salute edell'ambiente. Come si puòpensare, ad esempio, di ridurre ilconsumo della plastica quando lemultinazionali del petroliocontrollano una fetta enormedell'economia mondiale?

La situazione degliimpianti

Gli impianti di tritovagliaturacampani sarebbero da soli in gra­do di gestire anche più delquantitativo di rifiuti indiffe­renziati prodotti ogni giorno inregione: in altri termini laCampania è assolutamente au­tonoma dal punto di vistaimpiantistico, solo che questiimpianti non sono mai stati fattifunzionare come avrebbero do­vuto. Nell'impianto di Giugliano,ad esempio, 8 mila tonnellate dirifiuti sono ancora stoccati neicapannoni dove la parte umidadovrebbe essere lavorata pertrarne materia prima da utilizza­

re per la ricomposizioneambientale. Un processo, que­sto, che di fatto permetterebbe diridurre drasticamente i trasferi­menti fuori regione dellaspazzatura (pagati a caroprezzo), ma che resta ancora so­speso in attesa dello svuota­mento e della ristrutturazionedei capannoni, ormai vecchi edanneggiati. Non va meglio perquel che riguarda gli impianti dicompostaggio, che permette­rebbero di trasformare l'umidoprodotto dalla raccolta diffe­renziata in composti da utilizzareper l'agricoltura: la struttura diSan Tammaro, in provincia di Ca­serta, potrebbe trattare 30 milatonnellate di umido all'anno.Oggi è vuota, in attesa che venga­no completati i lavori di ristruttu­razione che ne permetterebberol'utilizzo.

I motivi economici delleemergenze

Al di là delle carenze tecnico­amministrative va sottolineatocome lo stato di emergenzarappresenti di per sé una situa­zione economicamentevantaggiosa per il padronato e isuoi affari, tanto quelli legali co­me quelli illegali. Un anno fa leinchieste sviluppate grazie al de­litto di «attività organizzate per iltraffico illecito dei rifiuti» erano191 e le ordinanze di custodiacautelare 1199; le aziendecoinvolte nelle indagini sonostate ben 666 e in un solo anno, il2010, sono state sequestrate oltre2 milioni di tonnellate di rifiutispeciali e pericolosi gestiti ille­galmente. I numeri diventanoancora più impressionanti se siestende la rilevazione agli ultimidieci anni: in 89 indagini su 191sono state sequestrate più di 13

milioni e 100 mila tonnellate di ri­fiuti. Il giro di affari stimatoammonta a 3,3 miliardi di euronel solo 2010 e a ben 43 miliardinegli ultimi dieci anni.

Il costo umano

La Protezione Civile nel 2004 hacommissionato uno studioscientifico sulle conseguenze sa­nitarie della mancata gestionedei rifiuti in Campania. L'analisidei dati epidemiologici raccoltitra il 1995 e il 2002 ha consentitodi mettere in correlazione direttai problemi osservati sulla salutepubblica con la presenza didiscariche, dove sono stati versatienormi quantitativi di rifiutiindustriali, provenienti preva­lentemente dall'Italia settentrio­nale e talvolta dall'estero. Inparticolare, è stato misurato unaumento del 9% della mortalitàmaschile e del 12% di quellafemminile, nonché l'84% in piùdei tumori dei polmoni e dellostomaco, linfomi e sarcomi, mal­formazioni congenite. Nono­

stante questo, pochi mesi fa ilministro della salute RenatoBalduzzi ha ribadito, nell'aulaconsiliare del comune di Aversanel corso di una conferenzastampa, che «non risulta ad oggiun nesso causale accertato traesposizione ai siti di smaltimentorifiuti e specifiche patologie»; acausare le malattie secondo la te­si del ministero sarebbero il fu­mo, errate abitudini alimentari ela sedentarietà (!).

I lavoratori dei consorzi ela loro condizione

precaria

L'attuale crisi economica fasentire i suoi effetti anche sulleaziende addette allo smalti­mento dei rifiuti, che ovviamentescaricano i costi di questa crisisulle spalle dei lavoratori, nonpagando loro lo stipendio. Questiultimi, poi, sono costretti a scio­perare per far valere le proprie ra­gioni. La conseguenzaimmediata è che si producono

nuove emergenze rifiuti sui terri­tori. È quello che è accaduto inmolti comuni della provincia diSalerno in questi mesi. I lavo­ratori del Consorzio di BacinoSa2, dopo lunghi mesi senza ri­cevere lo stipendio, stannodandovitaaimportantimomentidilotta,perreagireallaloromessain liquidazione, prevista per giu­gno. Nel Comune di Nocera Infe­riore i lavoratori ex Seta hannoinvece ottenuto una piccola di­mostrazione dell'efficacia dellalotta: dopo alcuni giorni con lebraccia incrociate si sono vistiretribuiti gli stipendi arretrati.Però le maestranze dello stabili­mento di Cava De' Tirreni (co­mune attiguo a Nocera), facenticapo alla stessa società, nonhanno ancora ricevuto quantospetta loro di diritto: si trattadell'ennesimo tentativo da partedelle istituzioni borghesi diinnescare le note guerre tra po­veri, per dividere la classe lavo­ratrice e le sue lotte. (14/4/2013)

Campania­rifiuti:l'emergenzacontinuaAlcuneconsiderazionisuunaquestioneannosaedrammatica

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12 Maggio ­ Giugno 2013 PROGETTO COMUNISTATEORIA E PRASSI

Matteo Bavassano

Diceva giustamente Lenin: «Senza teoria rivoluzionaria non vi puòessere movimento rivoluzionario». E crediamo di poter diretranquillamente,senzafalsamodestia,chefraleorganizzazionidellasinistra il PdAC è quella più attenta alla formazione dei suoi quadri emilitanti. Trotskismo oggi è l'esempio più evidente dell'importanzache attribuiamo alla teoria, vista non come fine a se stessa quantonell'ottica della traduzione immediata nelle lotte – sindacali, politi­che,operaieosociali–dapartedimilitantimeglioorientatieformati.Trotskismo oggi è la rivista teorica del PdAC che, trattando di storia,politica e cultura da un punto di vista marxista rivoluzionario, haperciò l'ambizione di coniugare teoria e prassi, naturalmente rivolu­zionaria. Ambizione che crediamo di aver finora realizzato, visto ilsuccesso della rivista, che nel suo terzo numero presenta una ricca einteressante scaletta, di cui ci accingiamo brevemente a parlare.

La battaglia nei sindacati

La rivista si compone di quattro tipologie di saggi: articoli di analisimarxista sulla contingenza politico­sociale, saggi con ricostruzionidi importanti esperienze storiche del movimento operaio, schede diletturaperpresentareopereclassichedelmarxismosenzalefalsifica­zioni con cui vengono solitamente presentate dalla tradizione stali­nista, saggi dedicati alla ricerca teorica su aspetti fondamentali delmarxismorivoluzionario.Gliautorinoncenevorrannosesovvertire­mo l'indice della rivista partendo da un articolo che non apre questonumero: un importante testo di Trotsky sui sindacati, finora ineditoin italiano. Questo importante testo del 1929, intitolato “I comunistie i sindacati”, tratta degli aspetti che sono fondamentali per i rivolu­zionari e, soprattutto, sempre attuali: tanto più oggi, in una situazio­ne sindacale italiana francamente desolante, tra sindacaticonfederali che ormai quasi fatichiamo a poter definire sindacati esindacati di base viziati da burocratismo e autoreferenzialità. Questiaspetti fondamentali sono: la falsità della pretesa indipendenza deisindacati dalla politica, la necessità dell'intervento dei comunisti neisindacati, la necessità della democrazia operaia nelle organizzazionisindacali e del loro radicamento di massa. Preceduto da una introdu­zione di Fabiana Stefanoni, il testo di Trotsky fa parte di un dossiersulla battaglia dei comunisti nei sindacati, completato da un saggiodi Zé Maria, dirigente del Pstu, sezione brasiliana della Lega interna­zionale dei lavoratori, e della Csp­Conlutas, la confederazione sinda­cale di base più grande dell'America latina, con oltre tre milioni diiscritti. Il testo di Zé Maria, intitolato “Sindacati e lotta alla buro­cratizzazione” parla appunto della necessità di combattere letendenze burocratiche che nascono nei sindacati in base alle situa­zioni oggettive della lotta e che i rivoluzionari devono contrastareintervenendo soggettivamente per mutare la situazione. La cosainteressante di questo saggio di Zé Maria è che, lungi dall'essere untesto puramente teorico, unisce la teoria all'esperienza storica epratica legata alla nascita e allo sviluppo di Conlutas, che è nata dallarotturaconlaCut,maggioreconfederazionesindacaledelBrasilecheè legata al Pt di Lula e Dilma Roussef.

La crisi e il partito

Riprendendo l'ordine della scaletta, la rivista si apre con un interes­sante articolo di Alberto Madoglio, che analizza la situazione dell'Eu­ropa come epicentro attuale della crisi del capitalismo, riportandodiversi dati sulla crisi economica e ribadendo ancora una volta che lasoluzionenonpuòesseretrovatainunfantomaticoneo­keynesismo,ma solo nel superamento del capitalismo costruendo un'economiasocialista. Dopo il dossier sul sindacato, di cui abbiamo già trattato,troviamounesaurientesaggiodiFrancescoRiccisuquellocheèstatoilprimopartitocomunistadellastoria,natogiàprimadiMarx(chetral'altro distinguerà questa esperienza da quella dei socialisti utopistinel Manifesto del partito comunista) e organizzato da Babeuf e Fi­lippo Buonarroti poco dopo la caduta di Robespierre. Il testo di Ricciperò prende le mosse da un'interessantissima analisi di ciò che fu larivoluzione francese e delle sue vicende storiche ed ha quindi undoppio interesse: sia quello di vedere come i partiti rivoluzionari nonfossero una invenzione del leninismo, ma che il primo di questi non ènato a tavolino, bensì nel vivo della rivoluzione stessa.

I minatori delle Asturie ieri e oggi

Un secondo saggio storico presente su questo terzo numero di Trots­kismo oggi è quello diValerio Torre su di un avvenimento meno notodella storia del movimento operaio, pur facendo parte di un processorivoluzionario tra i più interessanti del '900, cioè la rivoluzione spa­gnola. Molto spesso si tende a limitare la rivoluzione spagnola allaguerra civile del '36­'39 ma, per quanto questa guerra sia stataimportante per tutta la storia mondiale successiva, così facendo ci sidimentica che tutto il decennio degli anniTrenta è stato teatro di mo­bilitazioni radicali di massa in Spagna: dalla rivoluzione del 1931 cheinstaura la repubblica, fino alla sconfitta nella guerra civile controFranco nel 1939. Tra l'altro, l'episodio approfondito da Torre si ri­collega in qualche modo all'attualità, in quanto tratta della Comunedelle Asturie del '34: quella stessa regione dove si è sviluppata la piùradicale lotta operaia della Spagna dei giorni nostri, scossa dalla crisie colpita dai tagli chiesti dai governi borghesi e dalla Troika. Un arti­colo molto interessante, anche e soprattutto per chi ha approfonditole vicende della guerra civile spagnola, dal momento che, per arriva­re alle vicende della Comune del '34, esaurientemente ricostruite,Torre deve ripercorrere le vicende della rivoluzione del '31, preludiodi quel che accadrà nel '36 e su cui lo stesso Trotsky ha scritto moltiimportanti testi.

Stato e dirittodal punto di vista marxista

Dopo i testi sulla storia del movimento operaio troviamo un testoprettamente teorico, di riscoperta del pensiero marxista sullo Stato(classici e testi meno noti). Intitolato “Rivoluzione e teoria marxistadello Stato e del diritto nelle opere di Stu ka” questo saggio trattadelle teorie di uno dei maggiori giuristi e teorici del diritto sovietico,nonchéimportantedirigentebolscevicolettone,cercandodiporrelebasi per una rielaborazione teorica del corretto approccio dei marxi­sti rivoluzionari allo Stato e al diritto. Per sottolineare l'interesse el'importanza di questa serie di studi, che proseguirà già sul prossimonumero della rivista, riprendiamo l'editoriale di Francesco Ricci: «Ilsaggio, accessibile anche a chi non abbia mai masticato questi temi,apre a nuove vie ancora tutte da esplorare che rivelano come il marxi­

smo (quello vero) non sia mai stato (e non sia oggi) un dogma ossifi­cato ma piuttosto al contempo un sistema e un metodo al serviziodella rivoluzione».

I classici: schede di lettura

Concludono questo ultimo numero di Trotskismo oggi le schede dilettura dei classici che già avevamo incontrato nel numero prece­dente: in questo caso vengono analizzate due grandi opere classichedi Lenin. Adriano Lotito ci presenta “L'imperialismo, fase supremadel capitalismo”, celeberrima opera di Lenin scritta nel 1916 in pienaguerra mondiale, in cui il grande rivoluzionario approfondisce icambiamenti strutturali intervenuti nel capitalismo dopo la suaimposizione come sistema globale, quando le forze produttive co­minciano a stare strette all'interno dei confini degli Stati nazionali: inaltre parole, le caratteristiche del capitalismo giunto nella sua faseimperialista. Mutamenti che sono stati la causa della carneficina cheil mondo stava vivendo proprio mentre Lenin scriveva il suo famoso“saggio popolare”. Banche, multinazionali, saturazione dei mercati,capitale finanziario, parassitismo e decadenza del capitalismo: sonotutti elementi che Lenin tratta e che rendono quest'opera attualissi­maaquasiunsecolodidistanza,carattere–quest'ultimo–bensotto­lineato dalla presentazione di Lotito. Altra celeberrima opera,“L'estremismo, malattia infantile del comunismo”, ci viene pre­sentata da Patrizia Cammarata. Scritta nel 1920 in polemica conalcune posizioni settarie e dell'ultrasinistra presenti nella TerzaInternazionale – ad esempio quelle di Bordiga, ma anche di Panne­koek e Gorter (che dopo l'azione del marzo 1921 in Germania forme­ranno il Kapd, scindendosi dal Kpd) – è purtroppo molto spessostrumentalizzata dagli opportunisti, da Togliatti fino agli odierni “ri­voluzionari civili”, per giustificare la loro collaborazione con i nemicidi classe del proletariato: strumentalizzazione che è stata “immorta­

lata” anche in ambito letterario, nel libro di Calvino Il sentiero dei nididi ragno, in cui un giovane e “disciplinato” militante del Pci ironizzasulle opinioni “estremiste” di un vecchio militante operaio ecombattente partigiano, che, durante la guerra civile di liberazione,vorrebbe continuare la lotta antifascista espropriando i padroni edistruggendo il capitalismo. E lo fa citando come si citerebbe unversetto delVangelo proprio il titolo dell'opera di Lenin. Come rilevagiustamente la compagna Cammarata nella sua presentazione,queste letture strumentali non hanno nulla a che vedere in realtà conla sostanza dell'opera di Lenin, che invece distingue tra compromes­si a cui si è costretti per salvaguardare gli interessi del proletariato ecompromessi che vengono fatti contro il proletariato. Dovere dei ri­voluzionari è quello di superare la malattia infantile, dovuta alla gio­vinezza dei partiti comunisti nati dalle scissioni con gli opportunistie con i social­sciovinsti della Seconda Internazionale. L'insegna­mento da trarre oggi è quello della lotta contro ogni settarismo econtro i rivoluzionari a parole, che nei fatti frenano la presa di co­scienza e la mobilitazione delle masse verso il socialismo.

Una rivista per la prassi

Insomma, anche questo numero diTrotskismo oggi è ricco di nozioniteoriche e storiche importantissime per aiutare i militanti a costruireadesso il partito che serve per compiere il dovere di ogni rivoluziona­rio: fare la rivoluzione, sovvertire il sistema dello sfruttamentodell'uomo sull'uomo, distruggere il capitalismo e costruire la societànuova, il socialismo.

Per ricevere una copia di Trotskismo oggi scrivere [email protected]

Invito alla lettura del terzo numero di Trotskismo oggiL'importanza della formazione per il rafforzamento del partito

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PROGETTO COMUNISTA Maggio ­ Giugno 2013 13INTERNAZIONALE

Migrazione,mercificazioneeintegrazioneIl cinema del nuovo millennio e gli immigratiWilliam Hope

Nel contesto specificodell'Italia, sia nella vi­ta reale che all'internodi testi cinematografi­

ci, la nozione di migrazione e gliimmigranti costituiscono unesempio di ciò che Fredric Jame­son chiama un ideologema, untermine che descrive i punti diconflitto in cui forze reazionariesi scontrano con impulsi più pro­gressisti e rivoluzionari(1). Diconseguenza, una visione delmondo opportunistica che cercail capro espiatorio e lo sfrutta­mento degli immigrati incontre­rà l'inesorabile opposizione delleforze che riconoscono i beneficidella migrazione e dello scambiointerculturale all'interno dellasocietà. Il cinema ha po­tenzialmente una grande funzio­ne di costruttiva divulgazioneall'interno di queste forze pola­rizzate: non solo per il suo ruolonel sensibilizzare gli spettatori,rivelando loro le reti di soggioga­mento che intrappolano gliimmigrati e i rifugiati, ma ancheper il suo ruolo nel contrastarel'astratto con il particolare,creando attraverso le sue storieun senso di individualità umanaconcreta, opposta al persistenteallarmismo delle notizie di cro­naca e al cinismo politico checircondano la questione dellamigrazione. Nei film esaminati inquesto articolo, si getta luce sullediverse fasi dell'esperienza delmigrante.

Sopravvivenza economicae sfruttamento

Il cinema italiano del nuovomillennio ha dedicato una co­pertura considerevole alla vulne­rabilità economica degliimmigrati, una condizione esa­cerbata da normative quali lalegge Bossi­Fini del 2002. Filmquali Cover Boy – l'ultima rivolu­zione (2006) di Carmine Amoroso

ritraggono il modo in cui l'esi­stenza precaria di individui comeil rumeno Ioan sia destinata allosfruttamento, nonostante l'inte­grità morale dell'immigrato. Do­po aver cercato senza successouna stabilità economica lavo­rando come meccanico e lavave­tri, a Ioan viene offerto un lavoroda modello per una fotografa,Laura, con la quale ha una storia.Ma successivamente Ioan è dis­gustato nello scoprire chel'immagine del suo corpo nudo èstata mercificata per pubbli­cizzare una casa di moda su unposter che reca il logo Exile – wearthe revolution. Ioan ha vissuto larivoluzione rumena controCeau escu e patito l'uccisionedel padre, per cui le sue espe­rienze di vita, insieme alla lotta diun'intera nazione per l'autode­terminazione, sono da lui vistecompletamente depoliticizzateed estetizzate dall'Occidente, ri­dotte a un'immagine su un po­ster per vendere vestiti. Altri filmhanno raffigurato l'efficienzacon la quale organizzazioni cri­minali straniere operano sulterritorio italiano, sfruttando ipropri connazionali. Fra tutti,quelli di Daniele VicariL'orizzonte degli eventi (2005) e di

Francesco Munzi Saimir (2004);quest'ultimo è uno dei molti filmche hanno evidenziato la merci­ficazione delle donne dell'Est eu­ropeo, i cui destini vannodall'essere spose ordinate percorrispondenza – una posizionerappresentata dal personaggio diGalja nel film di Carlo Mazzacu­rati La giusta distanza (2007) –all'inevitabile discesa di moltenel girone della prostituzione.Nel contesto dei problemi socio­economici che affliggono l'Italia,la dura vita degli immigratirappresentata sullo schermo ètalvolta ridotta al livello di unincontro fugace che avvienequando questi incrociano le vitedi personaggi italiani economi­camente più forti, illuminandobrevemente – nello stile neoreali­stico dei film del dopoguerra – ilfunzionamento della società ed isuoi cambiamenti. In Luce deimiei occhi (2001) di GiuseppePiccioni, oltre al suo lavoro di au­tista per un usuraio locale, Anto­nio (Luigi Lo Cascio) si ritrovainaspettatamente con il compitodi andare a riscuotere gli affitti dailavoratori asiatici che vivono incondizioni sovraffollate e di tra­sportarli nei luoghi di lavoro in gi­roperlacittà.Undrammaumanoallarmante, ma che tuttaviarappresenta solo un aspettodell'immersione negli affari cri­minali dell'usuraio, che Antonioaffronta nella speranza di atte­nuare i debiti contratti con lui daMaria, la donna con la qualeAntonio spera di mettere su fami­glia.

Alleanze multiculturali

Quando, nei film del nuovomillennio sugli immigrati, ilcentro narrativo si sposta daglistenti alle loro esistenti (e po­tenziali) relazioni sociali con inativi italiani, emergono alcuneinteressanti prospettive. Mentrec'è del vero nell'affermare che laclasse lavoratrice non è riuscita a

«rinnovarsi attraverso l'allarga­mento ai nuovi gruppi di lavo­ratori immigrati, trasmettendoloro le proprie tradizioni»(3), acausa di gruppi come la LegaNord che, attraverso le sue politi­che, è riuscita ad erigere unabarriera tra le classi lavoratricibianche e le comunità di immi­grati, è pur vero che ci sono statiesempi di collaborazione di clas­se tra questi gruppi sia nella realtàche sullo schermo. Nonsorprende che siano stati i gruppipolitici con la concezione di clas­se più chiara e marxista, come ilPdAC, ad aver organizzato questeiniziative, quali la campagnaelettorale per le elezioni a sinda­co di Verona che ha visto Ibrahi­ma Barry ottenere quasi millevoti.(4) Questa solidarietà è statarispecchiata anche sulloschermo per la crescente consa­pevolezza da parte di alcuni regi­sti del modo in cui lavoratori,disoccupati, immigrati e lecomponenti più fragili della so­cietà, si trovano a collaboraresempre di più contro l'indiffe­renza o l'oppressione delle istitu­zioni. Nel film A cavallo della tigre(2002) di Carlo Mazzacurati losviluppo dell'amicizia tra Guido eFathi, un turco imprigionato per

un crimine di passione, si rivelaessere il rapporto più autenticonella vita dell'italiano; una similealleanza emerge tra Otello, unbenzinaio, e le persone a carico diBianca, una prostituta rumena,in A casa nostra (2006) di France­sca Comencini – in cui la forma­zione di una famiglia nonconvenzionale rispecchia le eco­nomie del nuovo millennio cherendono problematiche le no­zioni tradizionali di matrimonio,mutui e genitorialità. Anche ildocumentario di AgostinoFerrente L'orchestra di PiazzaVittorio (2006) è un pezzo di cine­ma progressista, che esplora lasimbiosi creativa tra italiani eimmigrati nella formazione diun'orchestra multietnica. Però,molti fattori continuano a osta­colare l'interazione tra immigratie nativi italiani, e alcuni dei filmdel nuovo millennio hanno de­nunciato, tra questi, la mentalitàprevalente nei luoghi, come leprovince italiane, nei quali gliimmigrati raggiungono unasufficiente stabilità economica.Benché questa posizionepermetta loro di contemplare lapossibilità di relazioniinterpersonali più arricchenti, lagrettezza mentale dei locali fa sìche essa rimanga un'aspirazioneappagata raramente. Questa si­tuazione emerge in modostraordinario ne La giustadistanza di Mazzacurati; in Io so­no Li (2011) di Andrea Segre edanche in Il vento fa il suo giro(2005) di Giorgio Diritti. Que­st'ultimo presenta Philippe, unex insegnante, mentre cercainvano di stabilirsi in un remotovillaggio delle alpi italiane, nono­stante porti quel tipo di vitalità espirito di iniziativa essenziale perla sopravvivenza di quelle stessecomunità.

Identità,Comunità e Storiain contesti post­migrazioneUna critica che può essere rivoltaa tutte le forme di cinema checercano di indagare il fenomenodella migrazione in Italia, ri­guarda il loro essere immersenell'immediatezza emozionaledegli eventi che colpiscono ipersonaggi, senza inquadrare lestorie in contesti storico­geogra­fici più ampi ed indurre così neglispettatori un grado di riflessioneintellettuale sulle questioni post­migrazione. Tali approcci posso­no prendere la forma di meccani­smi narrativi che spostanotemporaneamente l'attenzionedello spettatore dall'imme­diatezza della storia verso unapiù distaccata, duplice percezio­ne, vissuta dall'immigrato in me­rito ai contrastanti stili di vita delprimo e terzo mondo. Questoeffetto si verifica in Quando seinato non puoi più nasconderti diMarco Tullio Giordana (2005), inuna sequenza girata nella fabbri­ca del padre del giovane protago­nista Sandro, nel momento in cuila domanda retorica del padre, secioè il suo successo economiconon significhi che egli meriti unanuova Porsche, incontra l'annui­re educato e imbarazzato dei la­voratori extracomunitari chestanno mangiando in mensa. Lostesso avviene ne La giusta

distanza di Mazzacurati, quandoalla giustificazione dell'inse­gnante Mara per la sua partenzaverso il Sud America di volersvolgere un lavoro umanitario –un esercizio borghese pereccellenza per sentirsi con la co­scienza a posto – fa riscontro la ri­sentita osservazione delmeccanico Hassan su come egliabbia dovuto lasciare il suo paesea undici anni per potere garantireun reddito alla sua famiglia. Sto­rie intere, come quella de L'asse­dio (1998) di BernardoBertolucci, sono basate sulla du­plice consapevolezza dell'immi­grato circa gli aspetti trivialidell'esistenza occidentale ri­spetto agli scenari di vita o dimorte in essere nei loro luoghi diorigine. Altri film hanno invecegenerato una consapevolezzastorica dell'Italia come terra diconfine tra Europa e Africa, unterritorio attraversato dai mi­granti per secoli. Un contributonotevole a questo particolareaspetto è arrivato da registi nonitaliani, nello specifico Isaac Ju­lien con il suo lavoro speri­mentale e multimediale WesternUnion – Small Boats (2007) e Mo­hammed Soudani con WaaloFendo (1997).Tra i registi italiani èda citare Roberta Torre con il suoSud Side Stori (2000): il film, ba­sato su una rielaborazione insalsa multietnica della storia diRomeo e Giulietta, crea in modointelligente fusioni di culture avari livelli, fino al desiderio delprotagonista, Toni, di cantare co­me Elvis Presley – emblematicaincarnazione di confluenze mu­sicali bianche e nere. Il registrogiocoso del film non impediscetuttavia di attirare continua­mente l'attenzione del pubblicosu un senso di storia collettiva,una storia caratterizzata dallamai interrotta interazione tra gliitaliani e le altre nazionalità edetnicità. Mentre gli altri film esa­minati in questo articolo offronopenetrazioni rivelatorie negliaspetti dell'esperienzacontemporanea della migrazio­ne, non si può non notarel'importanza di opere cinemato­grafiche che – contro i desideridelle élites italiane sia politicheche economiche – offrono unprezioso contesto storico­socialeche mette in evidenza le tradizio­ni della migrazione e dell'inte­grazione all'interno del territorioitaliano.

*Università di Salford,GB

Note

(1) Jameson, F. (1989) The Politi­cal Unconscious, Londra: Rou­tledge, 85­87.(2) Fantoni Minnella, M. (2004)Non riconciliati: politica e societànel cinema italiano dal neoreali­smo a oggi, Torino: UTET libreria,324.(3) O'Shaughnessy, M. (2007) TheNew Face of Political Cinema:Commitment in French FilmSince 1995, New York, Oxford:Berghahn, 77­78.(4) Ricci, F. (2012) “Elezioniamministrative. Primo bilancio”,Progetto Comunista online, 8maggio 2012.http://www.alternativacomuni­sta.it/content/view/1637/51/

Un giornale che vede continuamente ampliarsi ilnumero dei suoi lettori, a cui dedica un numerocrescente di pagine (ora sono venti, con un fogliocentrale scritto dai Giovani di Alternativa Comunista),notizie di lotta, interviste, articoli di approfondimentosulla politica italiana e internazionale, traduzioni diarticoli dalla stampa della Lit-Quarta Internazionale,testi di teoria e storia del movimento operaio.Progetto comunista è un prodotto collettivo: ad ogninumero lavorano decine di compagni.E' scritto da militanti e si rivolge a militanti e attivistidelle lotte.Viene diffuso in forma militante dalle sezioni delPdac e da tutti i simpatizzanti e da coloro che sonodisponibili a diffonderlo nei loro luoghi di lavoro o distudio.Abbonarsi a Progetto comunista non è soltantoimportante per leggere il giornale e sostenere unacoerente battaglia rivoluzionaria:è anche un'azione utile per contribuire a far crescerele lotte, il loro coordinamento internazionale, la lororadicalità. Se vuoi conoscere PROGETTO COMUNISTA,puoi leggere i pdf dei numeri precedenti sualternativacomunista.org

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l'oscena pubblicità di cui è vittima il protagonista diCover Boy – l'ultima rivoluzione

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14 Maggio ­ Giugno 2013 PROGETTO COMUNISTATEORIA E PRASSI

LacostruzionedelladigadiBeloMonteLa lotta dei popoli dell'Amazzonia e degli operaiEmerson Durante Monte*

Si dice che la produzioneenergetica di un paesesia la molla propulsivadel suo sviluppo, ma ci si

domanda: che tipo di sviluppo econ che fine?

Un po' di storia

Dalla meta degli anni Settanta siiniziò la costruzione degliimpianti idroelettrici di Tucuruì(situata nello Stato di Pará, nelNord del Brasile) e Itaipu. La co­struzione dei due impianti siconcluse agli inizi degli anniOttanta. Oggi, la capacità degliimpianti è di 8.370 MW (Tucu­rui) e di 14.000 MW (Itaipu).Parallelamente alla costruzionedi questi due enormi opere,nello stesso periodo, si progettòanche la realizzazione dellacentrale idroelettrica di BeloMonte. Sotto la responsabilitàdella statale Eletronorte, gli stu­di sulla fattibilità tecnicadell'impianto sono iniziati nel1975. La diga di Belo Monte èstata programmata per esserecostruita intorno al grande fiu­me Xingu, vicino alla città diAltamira, nello Stato di Pará. Levariazioni, necessarie per ilserbatoio dell'impianto, delcorso del fiume Xingu, avrebbe­ro riguardato diverse popola­zioni indigene e autoctone che

vivono di pesca e agricoltura.Attività che vengono scanditedai periodi di inondazioni esiccità del fiume. Il Piano 2010,predisposto dal governo federa­le nel 1986, stabiliva la realizza­zione di 165 impiantiidroelettrici, tra i quali quello diBelo Monte, nel periodo tra il1987 e il 2010. Così, durante il1988, vari gruppi indigeni chesarebbero stati colpiti dalla co­struzione della centrale, co­minciarono adautoorganizzarsi e a divulgaregli impatti che sarebbero staticausati dalla costruzione diquesta centrale.

Il primo incontro deiPopoli Indigeni del

Xingu

Tenutosi nel 1989, ad Altamira,si incentrò sulla discussionedella costruzione di quest'operae della necessità di consultare lecomunità indigene prima direalizzare questo progetto, co­me previsto dalla Costituzionedel Brasile del 1988. Questoevento è stato una pietra miliareper lotta contro la realizzazionedella centrale di Belo Monte.Infatti durante l'intervento deldirettore di Eletronorte, AntonioMuniz Lopes, l'india Tuira, dietnia Kayapó, tirò fuori un ma­chete, esibendolo davanti allafaccia del direttore, esprimendocosì il secco rifiuto, da parte

delle popolazioni indigene delfiumi dell'Amazzonia. Infine silevò in aria il grido di guerra Ka­yapó:“Kararaô!”

La ripresa del progetto ele responsabilità del

governo Lula

Nel 1994, fu presentato un nuo­vo disegno dell'impianto delladiga che riduceva il serbatoio da1.225 a 400 km². Dal 2000 il pro­getto è stato ripreso, con grandeforza, dal governo FernandoHenrique Cardoso. Poi nel 2003c'è stata l'approvazione del pia­no pluriennale del primo go­verno Lula, che, a dispetto dellesue promesse elettorali, haportato avanti il progetto. Il testoprevedeva, per la costruzionedella centrale idroelettrica, uncosto totale di 12,5 miliardi didollari. Venivano riproposte lediverse contraddizioni già esi­stenti, e se ne introducevanodelle altre. La più assurda ri­guardava l'efficienza energeticache avrebbe potuto garantirel'impianto. Nonostante unacapacità stimata di 11.000 MW,che lo avrebbe reso il secondopiù grande del Brasile, e adispetto dell'impatto sulla co­munità indigena della regioneche sarebbe stato enorme, la di­ga non avrebbe funzionato, perpiù di sette mesi, riducendo la

sua produzione effettiva al 40%della sua capacità installata.

Le ragioni giuridiche e leragioni del profitto

Aldilà dei problemi tecnici, sonoquelli ambientali e sociali a pre­occupare maggiormente. Nel2001 ebbe inizio una battaglialegale. Felicio Pontes Junior dalpubblico ministero di Paráattraverso del Ministero Pubbli­co Federale (Mpf) presentòun'azione civile per sospenderegli studi e lo sviluppo del pro­getto Belo Monte. Da allora, so­no state pari a 54 le causeintentate contro la costruzionedi Belo Monte (15 del Mpf, 21della “Difensoria Pubblica” e 18della società civile). Anchenell'ambito legale, il governoLula (2003­2010) e il governo diDilma (2011­2013) hanno igno­rato la disposizione costituzio­nale, di cui all'articolo 231 èprevista la competenzadell'Unione (AmministrazionePubblica) in materia di tutelaambientale, e il rispetto di tutti ibeni delle popolazioni indigenedel Brasile. Nel secondo commasi afferma infatti: «Le terre tradi­zionalmente occupate dagliindigeni sono destinate al loropossesso permanente e questihanno il godimento esclusivodelle ricchezze dei fiumi, delsuolo e dei laghi esistenti in es­so». (...)

Xingu vivo per sempreÈ il nome di un incontro tenuto­si nel 2008, dove si riunirono deirappresentanti di indigeni, dimovimenti sociali, organizza­zioni della società civile, ri­cercatori ed esperti, perdiscutere l'impatto dei progettiidroelettrici sul bacino del fiu­me Xingu, con la centralità il di­battito di Belo Monte. Durantel'incontro, i popoli indigeni siscontrarono fisicamente con ilresponsabile per gli studiambientali della diga di BeloMonte e, nella colluttazione, ilcoordinatore ufficiale di Eletro­bras e dello studiodell'impianto, Paulo FernandoRezende, rimase ferito, con untaglio sul braccio. Anche in que­sto caso, le popolazioni indige­ne espressero la loro posizionein merito alla costruzione delladiga. Posizione questa, che do­vrebbe costituzionalmente es­sere considerata nel processo disviluppo dell'impianto, ma cheè stata ignorata dal governo fe­derale. Dopo l'evento, vennepubblicato un comunicatofirmato Xingu Vivo per sempre.Documento finale che valutavale minacce al fiume Xingu allasocietà brasiliana. Fu pre­sentato un progetto di sviluppoper la regione e chiese la suaattuazione da parte delle autori­tà pubbliche. In questo modo, i

popoli indigeni si univanointorno a queste rivendicazionie consegnarono un loro manife­sto da loro firmato.

L'inizio dell'opera

Nel 2009, si tennero delle audi­zioni pubbliche per discutere lacostruzione di Belo Monte. Ini­zialmente, ci furono quattroudienze nelle città brasiliane diBrasile Nuovo, Vitória do Xingu,Altamira e Belém (capitale delPará). Furono esplicitate, nellevarie audizioni, diverse inconsi­stenze del progetto e lo screditodella società civile presente:movimenti sociali, indigeni, pe­scatori, ricercatori, ambientali­sti e partiti di sinistra. Il Rapportdi Studio di Impatto Ambientale(Eia), presentato per la discus­sione in sede di audizione, ebbea dimostrare l'inconsistenza delprogetto. Gli studi hanno indi­cato che sarebbero colpiti 66 co­muni e 11 comunità indigene. Inesso vengono enumerati 38fattori della costruzione delladiga, dannosi per le popolazioniindigene. È importante sottoli­neare cge lo stesso è stato esami­nato da un gruppo di esperti chehanno condannato la costru­zione dell'impianto. Alla fine del2009, l'Istituto Brasilianodell'Ambiente e delle RisorseNaturali Rinnovabili (Ibama)pubblicò una consulenza tecni­ca per la richiesta di autorizza­zione ambientale per lo

proseguo dei lavori. Qui si de­nunciò la pressione politicamessa in atto dalla presidenzadella Repubblica (del GovernoLula) per il rilascio della licenzaambientale e furono evi­denziate le carenze riguardocambiamenti ambientali,culturali e sociali che l'operapuò causare. Anche con tuttequeste contraddizioni, con nu­merose proteste contro il pro­getto di Belo Monte, il governoLula indisse un appalto, nel me­se di aprile 2010, che fu vinto dalconsorzio Norte Energia(composto da imprese statali,da fondi a capitale misto,pensioni e imprese private delsettore energetico, minerario ededilizio). L'opera è stata iniziatanel 2011 con il rilascio di fondida parte della Banca statale disviluppo brasiliana (Bndes), per1,1 miliardi di Reais (monetabrasiliana), e nel febbraio 2012,di 1,8 miliardi al consorzio NorteEnergia. Nel mese di novembre2012, il Bndes ha approvato il ri­lascio di 22,5 miliardi a BeloMonte, più che raddoppiato ri­spetto a quanto era statoannunciato nel 2003. Vale la pe­na notare che il termine per ilpagamento del finanziamentoconcesso da Bndes è di 30 anni,con tasso di interesse annuo del0,5% circa all'anno.

Le condizioni deilavoratori

In questa prospettiva, JefersonChoma, attivista politico delPartito Socialista dei LavoratoriUnificato – Pstu (sezione brasilia­na della Lega Internazionale deiLavoratori – Quarta Internazio­nale / LIT­CI di cui il PdAC è se­zione italiana), ha denunciato ilgrado di devastazione che la co­struzione della diga genererà.Circa 50 ettari di foresta pluvialeamazzonica spariranno, oltre aivillaggi indigeni. La costruzione

di Belo Monte provocherà lamorte di molti esemplariacquatici, che costituiscono labase alimentare delle comunitàautoctone ed indigene. Unimpatto sociale è già osservabilesull'esplosione demograficanella città di Altamira, che ospita ilavoratori di altri Stati del Paese.La città non ha un sistema di de­purazione e solo il 20% della po­polazione ha accesso all'acquapotabile. Si è notato un aumentodei livelli di violenza urbana, oltreche nella domanda di strutturesanitarie e alloggi, che però anco­ra scarseggiano nella città. La co­struzione della diga è un pessimoesempio per quanto riguarda laremunerazione salariale dei la­voratori. Come riportato daFrancinildo Teixeira (dipendentelicenziato dalla costruzione) laretribuzione mensile fissata inbusta paga è di 1,020.00 (equiva­lente a 510 o 380 dollari). Lagiornata di lavoro è estenuante enon sono pagati buon uscita,buono pasto ed ore di lavorostraordinario ai dipendenti. Il 25novembre 2012 i lavoratori sonoscesi in sciopero a causa di cattivecondizioni di lavoro e di retribu­zione. La costruzione del BeloMonte è un chiaro esempio delladecadenza del capitale, che ante­pone i profitti agli esseri umani ealla natura. Quest'opera si riferi­sce ad un'altra invenzione nelcuore dell'Amazzonia previstadal vecchio progetto di Sviluppo.Ma ci sono vari movimenti che sioppongono alla costruzione diBelo Monte, e che hanno tenutonumerose manifestazionipubbliche in Brasile, per mostra­re il danno incalcolabile che que­stoimpiantoporteràalBrasileealmondo. La Resistenza prosegueancora, e la lotta avrà successosolo con l'arresto dei lavori e, diconseguenza, con investimentiinaltreformedienergia,chesonogià ben sviluppate.

La resistenza e larepressione

Il 5 marzo di quest'anno più di 8mila operai della costruzione diBelo Monte hanno realizzato unsciopero rivendicando tra le altrecose: il 40% in più di stipendiodovuto ad un lavoro pericoloso;equiparazione salariale; dirittoalla refezione senza la violenzadella Forza Nazionale di Sicu­rezza (quest'ultima, cacciava glioperai del refettorio prima di fi­nire il pranzo nell'intenzione didare continuità al lavoro neicantieri). Ma la situazione è di­ventata molto critica quandonell'ultimo 10 aprile sonoscomparsi tre operai ed altri tresono stati arrestati dalla ForzaNazionale di Sicurezza. Questioperai scomparsi e arrestati era­no in prima fila nella lotta. Ripu­diamoquestaazionedelgovernobrasiliano che prova a legalizzarelarepressionemilitarizzata(DLn7.957/13 recante modifiche aldecreto n 5289 del 29 novembre2004), un vero e proprio ritornoalla dittatura militare degli anniSessanta. I lavoratori in scioperochiedono anche la destituzionedel loro sindacato (Sintrapav –Sindacato dei lavoratori delleindustrie pesante dello Stato diPara) come loro rappresentanza.Questo infatti si oppone semprealla mobilitazione dei lavoratorie ormai è già delegittimato da­vanti agli operai di Belo Monte.Attualmente sono il Sinticma(Sindacato dei lavoratori delleindustrie del legno e dell'ediliziadi Altamira) e la Centrale Sinda­cale e Popolare – Conlutas adappoggiare con tutta la forza lalotta degli operai di Belo Monte.Viva la lotta dei popolidell'amazzonia e tutta la solida­rietà agli operai scomparsi earrestati della diga di Belo Monteo meglio,di Belo“Mostro”!*Juventude do Pstu(Brasile) LIT­CI

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PROGETTO COMUNISTA Maggio ­ Giugno 2013 15TEORIA E PRASSI

MargarethThatchernonlasceràrimpiantiL'ex primo ministro britannico è stata combattuta da femministe e lavoratori, mostrando che non basta essere donneLuciana Candido*

Lunedì, 8 aprile, è mortaMargareth Thatcher, exprimo ministro inglese.La “Lady di Ferro”,

com'era conosciuta, è statacolpita da ictus a 87 anni. LaThatcher è nota per essere statala prima donna – e l'unica finora– ad essere eletta primo mini­stro del Regno Unito, go­vernando per undici anni (dal1979 al 1990). Tuttavia, i lavo­ratori si ricordano di lei per altrimotivi. La Lady di Ferro inaugu­rò, già negli anni Settanta,l'introduzione del neoliberali­smo nel Regno Unito, che reseflessibili le leggi a tutela delrapporto di lavoro, attaccandodirettamente i diritti della classeoperaia. Il diritto di scioperosubì un violento colpo con unalegislazione reazionaria in vigo­re ancora oggi. Nel 1985, un du­ro sciopero dei minatori vennesconfitto grazie a una forte re­pressione. Le privatizzazioni ela legge sullo“Stato minimo” so­no state un altro tratto signifi­cativo di questa tragica politica.I provvedimenti assunti tripli­

carono la disoccupazione,colpendo circa tre milioni dipersone e, conseguentemente,provocarono il peggioramentodelle condizioni di vita dei lavo­ratori. Il tassodipovertànelPae­se raddoppiò e ladiseguaglianza sociale, frutto diuna ristrutturazione finanziariaestremamente ingiusta, crebbedi un terzo. La svendita delloStato cominciò a partire dalsettore siderurgico, fino ad arri­vare ai settori delle telecomuni­cazioni, del petrolio, del gas, deiporti e all'industria aeronauticae automobilistica. Il neolibera­lismo diventò la politica egemo­ne degli anni Ottanta e Novanta.Il thatcherismo influenzò i go­verni latinoamericani, co­minciando da AugustoPinochet, all'epoca dittatore delCile. La Thatcher fece proselitiin Brasile, con Fernando Henri­que Cardoso, responsabile dellasvendita di imprese statalistrategiche al settore privato edei conseguenti licenziamentidi massa. Nel 1982, diressel'invasione britannica nelle iso­le Malvine. A metà degli anniOttanta, il ripudio popolare alla

Thatcher divenne diffuso ed as­sunse forme di proteste. Nellestrade inglesi si udiva lo slogan“Maggie, vai via!”. La goccia chefece traboccare il vaso fu l'appli­cazione di un'imposta regressi­va, in virtù della quale i piùpoveri pagavano proporzio­nalmente più dei ricchi, la co­siddetta “Poll tax”. Questa tassaaveva un solo obiettivo: fi­nanziare gli attacchi al MedioOriente, concentrati nellaguerra del Golfo (1990). Nel Re­gno Unito, gli arabi furonoperseguitati e arrestati conl'accusa di attentare alla sicu­rezza nazionale. Molti furonotrasferiti in campi di concentra­mento nel sud dell'Inghilterra.Nonostante una feroce campa­gna dei mezzi di comunicazio­ne allineati al governo avesseguadagnato l'appoggio dellamaggioranza della popolazionealla guerra, le manifestazionicontro l'intervento militare noncessavano, scatenando lacensura anche per le canzoni diJohn Lennon. Nel 1990, giàabbastanza screditata, laThatcher venne sfiduciata dalsuo stesso partito (il partito

conservatore), terrorizzatodall'idea di perdere le elezionisuccessive. L'ondata di mobili­tazioni contro l'imposizionedella “Poll tax” finì per rovescia­re la Lady di Ferro. Un'altra le­zione che la Thatcher ci lascia èche non basta essere donna. Ilsuo percorso politico è la dimo­strazione che il mondo si dividein classi. Contro tutte le teorieche lo dividono in generi, la La­dy di Ferro scatenò una guerrasociale contro donne e uominilavoratori. Lo dimostra un epi­sodio significativo che si verifi­cò durante lo sciopero deiminatori del 1984. Le mogli deilavoratori attesero la Thatcherall'ingresso di una sala dove sisarebbe dovuta tenere un'ini­ziativa del partito conservatoree la presero a uova marce e po­modori. Questa piccolo eventosegnò l'importanza dell'unionefra uomini e donne lavoratori

per lottare contro la classe do­minante. La Lady di Ferro se n'èandata. Curiosamente, il suo fu­nerale sarà celebrato con glionori di Stato. La classe lavo­ratrice non ha alcun motivo perpiangerla. Il ruolo che essa hasvolto nella storia dovrà essere

ricordato come una dellepeggiori facce del capitalismocontro la classe lavoratrice.

*Redazione diOpinião Socialista,periodico del Pstu,

sezione brasiliana della LIT­CI

Parigi:solidarietàinternazionaleaglioperaiinscioperoGli operai della Csp­Conlutas e della Fiat­Irisbus incontrano gli operai della PeugeotIntervista a cura della reda­zione

Il 25 marzo, dopol'incontro sindacaleinternazionale di Parigi,una delegazione della

Csp­Conlutas, insieme aglioperai della Irisbus di Avellino,ha incontrato gli operai dellaPeugeot dello stabilimento diAulnay, vicino a Parigi. Neparliamo con Herbert Claros,dirigente del sindacato dei me­talmeccanici della Csp­Conlu­tas, tra gli organizzatoridell'incontro.

Herbert, puoi raccontarci co­me si è svolta quella giornata?Il 25 marzo una delegazione dimetalmeccanici del Brasile edell'Italia (operai della Irisbus,ndr) ha portato la propria soli­darietà agli operai della Peu­geot in sciopero. Lo stessogiorno abbiamo partecipato a

un'assemblea all'interno dellafabbrica. Si tratta di uno scio­pero con occupazione dellafabbrica, per questo la riunionesi stava svolgendo proprio lì.Durante l'assemblea siamointervenuti sia noi sia gli operaiitaliani, rimarcandol'importanza della solidarietàinternazionali tra gli operai.Abbiamo constatato che gliattacchi che subiscono gli ope­rai della General motors e dellaFiat sono gli stessi. Subito dopo,abbiamo partecipato a unamanifestazione all'internodella fabbrica, un corteointerno. La nostra presenza èstata ben accolta dagli operai insciopero, che stanno condu­cendo una dura lotta contro lachiusura dello stabilimento.

Come è la situazione deglioperai della Peugeot inFrancia?Gli operai della Psa­Peugeot

sono in sciopero dal 16 digennaio contro la chiusuradella fabbrica, prevista a parti­re dal 2014. Gli operai sono insciopero all'interno della

fabbrica. Si danno i turni perpresidiare la fabbrica, per evi­tare che vengano portati via imacchinari e le macchine giàprodotte. Stanno orga­nizzando una campagna di so­lidarietà e una cassa diresistenza per sostenere lalotta. Credo sia moltoimportante far conoscere que­sto sciopero, per dare aiuto aquesti compagni che subisco­no lo stesso attacco che subi­scono altri operai del settoreautomobilistico. La loro vitto­ria sicuramente darà forzaanche alla nostra lotta.

Quali novità per quanto ri­guarda gli operai della Gene­ral Motors in Brasile? E perquanto riguarda la situazionealla General Motors in Spa­gna?Qui in Brasile, la General Mo­tors cerca di ridimensionare idiritti e di ridurre i salari. Sta ri­cattando gli operai dicendo che

verranno prodotti nuovi mo­delli di auto solo se i lavoratoriaccetteranno le condizioniimposte. La compagnia in tresettimane ha licenziato 500operai. Stiamo organizzandouna grande campagna contro ilicenziamento e, soprattutto,denunciamo la connivenza delgoverno brasiliano – il governodel Pt di Lula – con questiattacchi.Anche in Spagna, a Saragozza,la GM ha iniziato a ricattare i la­voratori, imponendo la perditadei diritti in cambio della pro­duzione di nuovi modelli di au­tomobile. Come ci hainformato un compagno delsindacato spagnolo Cgt, isindacati complici hannoaccettato questi attacchi e allafine hanno firmato un accordoche cancella i diritti.

Pensi che la nascita della Retesindacale internazionale pos­sa favorire la costruzione di

lotte comuni su scala interna­zionale anche nel settoredell'automobile?Uno dei più importanti risultatidella riunione internazionaledi Parigi è stata proprio la co­struzione della Rete sindacaleinternazionale. Abbiamo co­minciato a coordinare su scalainternazionale la lotta dei la­voratori del settore automobi­listico e andiamo avanti. Negliultimi dieci gironi ci sono stativari scambi mail tra operai delsettore automobilistico di variefabbriche del mondo: Brasile,Stati Uniti, Germania, Italia eSpagna. Si sta creando unoscambio di informazioni moltoimportante. Si è deciso di orga­nizzare iniziative di lotta e ma­nifestazioni in tutti i Paesi,portando avanti una battagliacomune contro le multinazio­nali dell'automobile. Lo slogancomune è: una sola classe, unasola lotta! (15/4/2013)

Due defunti liberisti, il genocida Pinochet e la Thatcher La Thatcher con un altro liberista di cui il proletariatomondiale non sente la mancanza, Ronald Reagan

Gli operai della Csp­Conlutas e della Fiat­Irisbus in corteo internocon gli operai francesi nello stabilimento Peugeot

Operai della Csp­Conlutas incontrano gli operai della Peugeot. Nella foto a sinistra al centro Hebert Claros

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16 Maggio ­ Giugno 2013 PROGETTO COMUNISTAINTERNAZIONALE

Convocato dalla storicaCentrale Operaia Boli­viana (Cob), il 7 e 8marzo scorsi si è svolto

il I Congresso nazionale politico­sindacale dei lavoratori della Bo­livia, da cui è nato un nuovopartito operaio, il Partito dei La­voratori (Pt), concepito comeuno strumento politico propriodei lavoratori. Siamo di fronte aun fatto storico e fortementeprogressivo, dal momento che lafondazione del Pt, con tutti i limi­ti che ha, è il risultato dell'espe­rienza dell'avanguardia operaiacon il governo di conciliazione diclasse di Evo Morales, da setteanni al potere. È l'apice di tuttoun processo di riorganizzazionepolitica dalla base che, in pro­spettiva storica, si sviluppa nelfatto storico più importante do­po la fondazione della Federa­zione sindacale dei lavoratoriminerari di Bolivia (Fstmb) nel1944 e della Cob nel 1952.

Antecedenti storici

La rivendicazione di uno stru­mento politico proprio dei lavo­ratori (Ipt) risale a molto tempofa, ma si è rafforzata nel 2003quando la rivoluzione, rove­sciato il governo neoliberale diGonzalo Sánchez de Lozada, po­se la possibilità che i lavoratori sifacessero carico del potere attra­verso la Cob. Occorre ricordareche in Bolivia questa possibilitàsi è posta più volte: nella rivolu­zione del 1952, poi nel 1971, nel1985 e ancora nel 2003. Ma, acausa delle direzioni traditriciche hanno sempre preferito so­luzioni sul versante della conci­liazione di classe, gli operai nonhanno mai preso il potere. L'arri­vo al governo di Evo Morales e delMas nel 2006 risvegliò enormiaspettative nella classe operaia,fra i contadini e le popolazioniindigene e native, facendo scivo­lare in secondo piano la rivendi­cazione di formare un Ipt.Benché nei primi anni il governosi imbellettasse con unlinguaggio nazionalistico fa­cendo alcune concessioni ai la­voratori, dopo il patto per

approvare la nuova Costituzione,concluso nel 2008 con i rappre­sentanti della borghesia dellac.d. “mezza luna”, le cose sonocominciate a cambiare. I lavo­ratori e i settori delle popolazioniindigene si sono presto resi contoche l'accordo del governo con laborghesia era finalizzato adapprovare una Costituzione chegarantisse la proprietà privatadei mezzi di produzione nellemani della stessa borghesia, ibuoni affari per le multinazionalie la preservazione del latifondo.A partire dal 2010, sono venuti gliattacchi ai lavoratori: prima, coltentativo di imporre una riformalavorativa che facilitasse i li­cenziamenti restringendo il di­ritto di sciopero. La risposta èstata il primo sciopero operaiocontro il governo, che riuscì a fre­nare la riforma. Nel dicembredello stesso anno, Evo lanciò il“gasolinazo”, cioè l'aumento deiprezzi dei combustibili, favo­rendo i profitti delle multinazio­nali e ponendo fine allesovvenzioni infavoredellemassepopolari. Il provvedimentoscatenò una settimana di lottaintensa nelle strade della città diLa Paz – che sembrava un campodi battaglia – e alla fine il governodovette fare marcia indietro. Gliattacchi del governo si esteseronel 2011 ai popoli indigeni colprogetto di costruzione di unastrada all'interno del TerritorioIndigeno e Parco Nazionale Isi­boro Sécure (Tipnis), opera chefavoriva gli interessi delle multi­nazionali petrolifere e l'impresacostruttrice brasiliana Oas. Labrutale repressione, ordinata dalgoverno, contro la marcia indige­na di resistenza scatenòun'ondata nazionale diappoggio alle ragioni dei popolinativi: lavoratori, studenti e lapopolazione in genere, sceseroin piazza per ricevere i parteci­panti alla marcia esprimendo illoro ripudio al provvedimentogovernativo. Finora, il governonon è riuscito ad imporre l'ese­cuzione dell'opera. A fronte diquesti fatti, la Federazione deiMinatori e la Cob ripresero la ri­

soluzione secondo cui i lavo­ratori dovevano costruire ilproprio Ipt rispetto al governo diEvo Morales. Tuttavia, a causadel ruolo delle loro direzioni, talerisoluzione non veniva messa inpratica. Ma la classe operaia, inparticolare con la lotta dei lavo­ratori della sanità e quella per lanazionalizzazione della minieraColquiri, ha dato l'impulso deci­sivo per realizzare la costruzionedell'Ipt. Alla fine, la pressionesulle direzioni della Fstmb e dellaCob per rendere effettiva la riso­luzione di costruire un Ipt hacondotto alla convocazione delCongresso di fondazione dell'Iptnel distretto minerario di Hua­nuni.

Il Congresso di Huanuni:un grande passo avanti

del proletariatoboliviano

Il governo, per bocca del suo mi­nistro del lavoro, aveva previsto ilfallimento dell'evento perché, asuo modo di vedere, non c'eranoragioni perché la Cob orga­nizzasse un suo partito politico.Ma la risposta dei lavoratori allaprovocazione governativa è stataschiacciante. Il 7 marzo, ilCongresso è iniziato con unamarcia massiccia che haaccompagnato i circa 1.300 dele­gati giunti dai nove dipartimentidella Bolivia in rappresentanzadi 40 dei 63 settori affiliati allaCob. Solo i sindacati di governo equelli influenzati dal PartitoOperaio Rivoluzionario (Por)non hanno partecipato perché ilPor sostiene la non necessità difondare un partito improntatoall'indipendenza di classeaffermando in maniera autopro­clamatoria di essere esso stesso ilpartito della classe operaia. Lamarcia ha attraversato tutto ildistretto minerario di Huanuniricevendo l'appoggio popolare.Le lezioni sono state sospese du­rante i giorni del congresso perfar alloggiare nelle scuole i dele­gati. L'inaugurazione delCongresso ha potuto contare, tragli altri, sull'intervento di

rappresentanti della Federazio­ne dei minatori, dei lavoratoridell'industria, della sanità edell'università, oltre al salutodella Csp­Conlutas del Brasile,unica organizzazione sindacalead essere presente per salutare lastorica decisione dei lavoratoriboliviani. Durante i due giornidel Congresso, i più di 1.300 dele­gati hanno discusso in duecommissioni le proposte di ma­nifesto, programma e statuto.Benché molti argomenti sianorimasti ancora da precisare, èstata decisa la nascita dello stru­mento di cui i lavoratori bolivianihanno bisogno: il Partito dei La­voratori (Pt). Il programmaapprovato è senza dubbi moltoavanzato, giacché prevede che ilPt è un partito antimperialista,anticapitalista e che ha comeobiettivo il governo del Paese el'esercizio del potere politico daparte dei lavoratori per mezzo diuna rivoluzione sociale. Prevedeanche la necessità del socialismoe dell'azione sia nella lotta direttache sul terreno parlamentare. Inquesto senso, è un programmabasato sulle tradizioni delle Tesidi Pulacayo, che ebbero un ruoloimportante nella rivoluzione del1952, e dichiara che il partito èindipendente dai padroni e dalgoverno di Evo Morales, per po­ter portare a termine i compitiposti dalla rivoluzione dell'otto­bre 2003 ma abbandonati e tra­diti da Morales e dal suo partito.Proprio il dibattito su quest'ulti­mo punto è stato uno dei piùimportanti e vivaci. Il docu­mento presentato dallaCommissione politica della Cobera debole, nella misura in cuinon proclamava la necessità didetta indipendenza, ed è statoemendato sulla base del docu­mento presentato dai minatoridi Huanuni, che coincideva su

quest'aspetto con la piattaformapolitica presentata dal GruppoLotta Socialista (Gls), sezionedella Lit­Ci in Bolivia, e che recla­mava per il Pt l'indipendenza dalgoverno e dal padronato.L'approvazione di questa ri­vendicazione è una grandeconquista, poiché punta al supe­ramento dei limiti che portaronoalla sconfitta di esperienze rivo­luzionarie come quella del '52,che infatti venne sconfittaperché, pur avendo la classe la­voratrice (raggruppata nellaCob) assunto un programma ri­voluzionario fondato sulleTesi diPulacayo e avendo già il poterenelle proprie mani, i suoi diri­genti (Lechín) convinsero glioperai a devolverlo a partiti poli­tici filopadronali come il Mnr diPaz Estenssoro, che assunsero ilpotere per deviare e battere la ri­voluzione. È stata eletta una dire­zione provvisoria inrappresentanza dei principalisettori che compongono la Cob.Lo statuto prevede che in tutti gliorganismi del Pt gli incarichi do­vranno essere suddivisi parita­riamente fra uomini e donne,mentre, quanto alla loro compo­sizione, stabilisce che in maggio­ranza dovranno essere compostida minatori, lavoratoridell'industria, della sanità, inse­gnanti, ecc. Sarà inoltreconsentita la formazione ditendenze, ma non di correntipolitiche. Questo è stato un temafortemente polemico, per la po­stura di settori burocratici delledirezioni di costruire un struttu­ra di partito senza ampia demo­crazia interna. La posizione delGls è stata nel senso di un partitocon la più ampia democrazia epotere decisionale della baseattraverso l'organizzazione dicellule che permettanol'incorporazione di migliaia di

lavoratori, giovani, contadini eindigeni, per il rafforzamento delPt.

Il ruolo delle donne

Fondamentali sono stati lapartecipazione e il ruolo svoltodalle donne – giovani, operaie,casalinghe, lavoratrici delle mi­niere – in tutto il percorsocongressuale. Molte sono state ledelegate e con una rilevantepartecipazione. Ciò haconsentito ad esempio laconquista di una direzione pari­taria fra uomini e donne.L'importante coincidenza fra losvolgimento del Congresso e laGiornata internazionale dell'8Marzo ha permesso lo svolgi­mento di un'emozionante as­semblea in cui le lavoratrici, leoperaie e le casalinghe chepartecipavano come delegatehanno rivendicato i diritti delledonne.

L'affermazione del PTè la grande sfida

IlCongressoelafondazionedelPtsono avvenimenti che hannorappresentato un enorme pro­gresso nello sviluppo della co­scienza politica e l'indipendenzadi classe in Bolivia. Salutiamo,dunque, la costruzione di unpartito che si presenta comeopposizione di sinistra al governodi fronte popolare di Evo Morales.La sua importanza sta nella ne­cessità di raggruppare il megliodell'attivismo sindacale e popo­lare e tutti i settori in lotta inun'organizzazione politicaimprontata all'indipendenza diclasseeallademocraziainterna.IlPtèprodottodellapressionedellabase verso le direzioni. Esprimeuna riorganizzazione sindacale epolitica dal basso. Il sentimentopredominante emerso dalCongresso è stato di costruireun'alternativa di sinistra al Mas,di dotare i lavoratori del propriostrumento politico per potenzia­re e rafforzare le lotte contro gliattacchi del governo. D'altro lato,nel Congresso si è riaffermata lavigenza e l'attualità del dibattitostorico sul fatto che i lavoratoridebbonogovernarequestoPaese,raggruppati intorno alla Cob.Tuttavia, il congresso fondativo èstatosolounpasso.Restaancorailgrande compito di consolidarequesta conquista e affermare il Ptcome un partito politico dellaclasse operaia e di tutti i settoripopolari per l'intervento attivonelle lotte del popolo boliviano,che si costruisca come autenticaalternativa politica sia al governodi Evo Morales che della destra. Aquesto scopo, sarà importantevalorizzare i principi dell'indi­pendenza politica, dell'autono­mia finanziaria, e dell'ampiademocrazia operaia. È necessarioportare l'esperienza del Pt a tutti isindacati, consolidarlo nelle mi­niere e nei luoghi di lavoro e stu­dio, guadagnando la grandemassa che ancora oggi nutre illu­sioni nel governo di Evo Morales.Il Gruppo Lotta Socialista, sezio­ne della Lit­Ci in Bolivia, dopoaver diffuso ampiamente laconvocazione del Congresso, faappello ai lavoratori, ai giovani ealle donne lavoratrici, affinchépartecipino attivamente nellacostruzione del Pt, lottandoperché sia indipendente, demo­cratico e di lotta e perché si co­struisca affondando le sue radicinella classe lavoratrice.

Bolivia:nasceilPartitodeilavoratori

Supplemento alCorreo Internacional marzo 2013