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Maggio2015

N° 64

Eccoci, Mamma!

Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n. 46) art 1, comma 1, LO/CO N. 64 - Maggio 2015

Carissimi,gioiamo nel cuore per l’Anno

Santo straordinario che Papa Francesco ha indetto,

“Anno Santo dedicato alla Divina Misericordia”dalla Solennità dell’Imma-

colata, 8 dicembre 2015, alla solennità di Cristo Re, 20 novembre 2016, per questo dono che Papa Francesco fa alla Chiesa, per sostenerla nel Suo essere Madre, Maestra e Guida.

Miei cari, questo anno di grazia ci aiuti ancor più a vivere, nella fede e nell’amore fi liale, la preghiera che ogni giorno nel S. Rosario eleviamo a Maria: Grazie, Mamma, per averci chiamati al Tuo “Progetto d’amore” che ha voluto e vuole:• la Missione radiofonica;• la Comunità di Maria al suo

servizio;• la Cappellina, per la preghiera

in intimità con Te e con Gesù.La collaborazione e l’obbe-

dienza amorosa alla Chiesa, ci assicura di essere in quella promessa di Gesù:“dove sono due o più riuniti nel mio nome, lì ci sono anch’io”.

Questa è la vera comunione ecclesiale.

Si, Mamma, tienici immersi in questo amore misericordioso

Avvolti nella Misericordia

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del Tuo Cuore Immacolato, inserendoci sempre più in quello che Tu ci chiedi di vivere e di diffondere, anche attraverso Radio Mater, la Radio della Tua Maternità.

Mamma cara• quando si prega, uniscici nella Preghiera!• quando si trasmette la Parola di Dio, fa

che l’ascoltiamo e meditiamo con amore, custodendola nel nostro cuore!

• quando si parla di virtù, fa che ci impegniamo nel cammino della santità;

• quando si meditano i dolori sofferti da Gesù e da Te per noi, fa che, come una sola famiglia, Ti sappiamo offrire anche tutta la costosità del nostro quotidiano, come supporto d’amore;

• quando, attraverso la Radio, conosciamo ciò che Gesù ha vissuto e offerto per ciascuno di noi, non lasciare che questo invito cada nell’indifferenza, senza che ognuno si senta chiamato a collaborare per offrire la Divina Misericordia ad ogni fratello, per una vita più giusta, più vera, più dignitosa, più solidale.

Sì, Mamma, ti supplichiamo, aiutaci ad incarnare il SI’ dell’Amore, per trovare nella preghiera, l’umiltà e il coraggio di crescere nella testimonianza della Misericordia verso tutti e ciascuno.

E perché tutto questo avvenga, grazie Mamma d’averci dato una casa, la “Casa di Maria”, che ci chiama a pregare, a venire nella Tua Cappellina, ad accoglierci fraternamente, a vivere l’umiltà per una gioiosa e coraggiosa collaborazione, a

sostenere con le offerte perché il Tuo “progetto” possa continuare a vivere.

Sì, Mamma, con Te, sempre con Te, perché la Tua Casa e la Tua radio siano luogo di comunione e cenacolo di preghiera.

Donaci il Tuo Cuore per abbracciare, sostenere chiunque sia solo o ferito e, insieme, aiutaci a lottare e perseverare sapendo che , nella fede, possiamo sempre riprendere il viaggio di questa vita con Gesù, Via, Verità, e Vita.

Coraggio, miei cari, Gesù ci ama, ci perdona, ci salva. Lasciamoci avvolgere e riempire della Sua tenerezza!

Sì, Mamma, così vogliamo vivere. Tienici sempre più uniti a Te e al Tuo Gesù,

con la Sua Chiesa e tra di noi.Vi benedico di cuore!

Don Mario.

La Porta Santa della Basilica di San Pietro

Celebrazione Penitenziale del 13 marzo scorso: Papa Francesco annuncia il Giubileo della Misericordia

Papa Francesco legge la Bolla di indizione dell’Anno Santo

Don Mario benedicente, Cappellina dedicata alla Madonna della Medaglia Miracolosa del Centro Mariano di Albavilla

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“Gesù Cristo è il volto della Misericordia del Padre. Il mistero della fede cristiana sembra trovare in questa parola la sua sintesi. Essa è divenuta viva, visibile e ha raggiunto il suo culmine in Gesù di Nazareth. Il Padre, «ricco di Misericordia» (Ef 2,4), dopo aver rivelato il suo nome a Mosè come «Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà» (Es 34,6), non ha cessato di far conoscere in vari modi e in tanti momenti della storia la Sua natura divina”. Così inizia la Bolla di Indizione del Giubileo Straordinario della Divina Misericordia. “Abbiamo sempre bisogno di contemplare il mistero della Misericordia – si legge ancora nella Bolla - . È fonte di gioia, di serenità e di pace. È condizione della nostra salvezza. Misericordia: è la parola che rivela il mistero della SS. Trinità. Misericordia: è l’atto ultimo e supremo con il quale Dio ci viene incontro. Misericordia: è la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita. Misericordia: è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato”.

Papa Francesco annuncia poi che varcherà la Porta Santa in San Pietro l’8 dicembre, giorno di apertura dell’Anno Santo straordinario, mentre spalancherà quella di San Giovanni in Laterano la terza domenica di Avvento, il 13 dicembre. Lo stesso gesto verrà ripetuto successivamente nelle Porte Sante delle altre due basiliche maggiori di Roma (Santa Maria Maggiore e San Paolo fuori le Mura). Saranno «Porte della

Misericordia» – scrive Francesco – dove chiunque le oltrepasserà «potrà sperimentare l’amore di Dio che consola, perdona e dona speranza». Sempre il 13 dicembre saranno aperte le «Porte della Misericordia» in ogni Diocesi del mondo: potranno essere nelle Cattedrali o in una chiesa di speciale signifi cato ma anche nei santuari dove i pellegrini possono «trovare la via della conversione», annota il Papa.

Perché il Santo Padre ha scelto come data l’8 dicembre? “Ho scelto la data dell’8 dicembre perché è carica di signifi cato per la storia recente della Chiesa – spiega -. Aprirò infatti la Porta Santa nel cinquantesimo anniversario della conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II. La Chiesa sente il bisogno di mantenere vivo quell’evento. Per lei iniziava un nuovo percorso della sua storia. I Padri radunati nel Concilio avevano percepito forte, come un vero soffi o dello Spirito, l’esigenza di parlare di Dio agli uomini del loro tempo in un modo più comprensibile”.

L’Anno Santo poi si concluderà nella solennità liturgica di Gesù Cristo Signore dell’universo, il 20 novembre 2016. “In quel giorno, chiudendo la Porta Santa – scrive ancora Francesco - avremo anzitutto sentimenti di gratitudine e di ringraziamento verso la SS. Trinità per averci concesso questo tempo straordinario di grazia. Affi deremo la vita della Chiesa, l’umanità intera e il cosmo immenso alla Signoria di Cristo, perché effonda la Sua Misericordia come la rugiada del mattino per una feconda storia da costruire con l’impegno di tutti nel prossimo futuro. Come desidero che gli anni a venire siano intrisi di Misericordia per andare incontro ad ogni persona portando la bontà e la tenerezza di Dio!”.

Nel corso dell’Anno Santo grande rilievo avrà la Quaresima, che dovrà essere vissuta “più intensamente come momento forte per celebrare e sperimentare la Misericordia di Dio”. Come dovrà essere incrementata nelle

Diocesi “l’iniziativa “24 ore per il Signore”, da celebrarsi nel venerdì e sabato che precedono la IV Domenica di Quaresima”. Poi il Santo Padre rivela che sempre nella Quaresima 2016 “ho l’intenzione di inviare i Missionari della Misericordia. Saranno un segno della sollecitudine materna della Chiesa per il Popolo di Dio, perché entri in profondità nella ricchezza di questo mistero così fondamentale per la fede. Saranno sacerdoti a cui darò l’autorità di perdonare anche i peccati che sono riservati alla Sede Apostolica, perché sia resa evidente l’ampiezza del loro mandato. Saranno, soprattutto, segno vivo di come il Padre accoglie quanti sono in ricerca del suo perdono”.

Infi ne, papa Francesco spiega anche il senso dell’indulgenza. “Ne l sac ramento de l l a Riconciliazione – ricorda il Papa - Dio perdona i peccati, che sono davvero cancellati”. Tuttavia “l’impronta negativa che i peccati hanno lasciato nei nostri comportamenti e nei nostri pensieri rimane. La Misericordia di Dio però è più forte anche di questo. Essa diventa indulgenza del Padre che attraverso la Sposa di Cristo (cioè la Chiesa, ndr) raggiunge il peccatore perdonato e lo libera da ogni residuo della conseguenza del peccato”.

Papa S. Giovanni Paolo II prega davanti alla Porta Santa nel Giubileo del 2000

Un momento della Celebrazione Penitenziale durante la quale è stato annunciato il Giubileo

“Gesù Cristo è il volto della Misericordia del Padre”Bolla Pontifi cia di Indizione del Giubileo Straordinario

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Siamo ancora sconvolti per l’annuncio della Resurrezione del Cristo, e di questo vogliamo rendere testimonianza. Più che capire, quello che è accaduto e come è avvenuto, l’unica cosa importante è credere.

La notizia che recano le donne che ritornano dal sepolcro tutte affannate e impaurite, e che annunciano agli Apostoli, è che il sepolcro è vuoto: “Hanno portato via il Signore e non si sa più dove l’abbiano posto”. Tutti i vangeli della Resurrezione sono all’insegna della corsa, dell’andare a vedere: Pietro e Giovanni vanno a vedere, ma Giovanni che è più giovane corre di più, Pietro lo segue. Questa corsa, continua: ora riguarda noi. Alla nostra fede manca spesso il “fi ato grosso” di una corsa.

Ormai, pensiamo di sapere come le cose sono andate. Essere cristiani non è di certo stare a guardare. Credere è correre per andare a vedere.

Ora, questi due apostoli, sono arrivati alla tomba; Giovanni non osa entrare; Pietro invece più impulsivo entra e vede. Dice il testo: “Vide e credette”. Da che cosa nasce questa fede?

Ora noi, possiamo capirlo, anche se non è facile unire questi due verbi: vedere e credere.

Che cosa vide? E perché Pietro e Giovanni credettero?

Videro quel lenzuolo comprato da Giuseppe di Arimatea quando depose Gesù dalla croce: la Sindone. E’ la Sindone che determinò il primo atto di fede nella resurrezione del Cristo, perché il Cristo è uscito dalle bende, dalla Sindone senza toccarla, come fosse divenuto - e lo era - un corpo spirituale.

Era uscito dalle bende senza manometterle. Le bende si erano affl osciate, ma senza essere toccate da mano d’uomo. Evidentemente era un motivo di “credibilità”. Di per sé questo fatto

non poteva dire che il Signore era risorto, ma bastava questo motivo di “credibilità” perché nascesse nel cuore dei discepoli la fede.

Ed è una cosa molto importante questa, e cioè che il primo atto di fede nella resurrezione del Cristo ha un motivo di credibilità che sussiste anche oggi; anche oggi la Sindone, per chi è onesto, rappresenta un mistero: non ci si può rendere conto di come si sia impresso in questo lenzuolo il Volto, l’immagine di questo uomo torturato e crocifi sso.

Se noi prendiamo un lenzuolo e lo appiccichiamo al capo, il volto ci viene raddoppiato, mentre lì è come una negativa fotografi ca. Gesù, è uscito senza che il lenzuolo si stendesse. Il volto doveva venire deformato, doveva venire almeno il doppio di quello che era per larghezza.

Anche oggi dunque la Sindone rappresenta un motivo di credibilità.

E’ questo il motivo di credibilità che ha fatto sorgere la fede in Pietro. Noi abbiamo il grande difetto di non soffermarci mai troppo sui particolari del Vangelo, eppure sono questi che ci aprono al mistero. Sappiamo che, secondo il Vangelo di Luca, la prima apparizione è avvenuta proprio a Pietro, che doveva essere il suo vicario, una volta che Egli fosse asceso al cielo.

Giornata Mondiane della Gioventù - 2013

Centro Mariano di Albavilla: Raffi gurazione della Resurrezione di Gesù

Pasqua: dono di Misericordia

Mons. Luigi Oropallo, da anni conduttore di Radio Mater con la rubrica “Noi siamo segno del Cristo vivente” il primo lunedì di ogni mese alle ore 21, è parroco della Basilica di S. Maria all’Inpruneta di Firenze ed è anche esorcista per l’arcidiocesi di Firenze. In questa rifl essione, mons. Oropallo ci invita a “riporre tutta la nostra speranza in Dio, dal momento che quanto Egli ha fatto e detto ha avuto il sigillo della resurrezione”.

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“È apparso anche a Simone”, dicono i discepoli quando i due, che erano andati a Emmaus, ritornano per annunciare che lo avevano visto. Prima ancora che i due discepoli di Emmaus possano dire agli undici che Gesù aveva fatto il viaggio con loro verso la loro casa, sono gli undici che annunziano: “Il Signore è risorto, è apparso a Pietro”.

Doveva essere lui, colui che avrebbe rappresentato Gesù a tutta l’umanità: Pietro. Era quindi giusto che Pietro per primo avesse l’incontro col Cristo risorto. Ed è questo che ci vuole insegnare anche il Vangelo della Pasqua: la fede, prima che in tutti gli altri Apostoli, sorge in Pietro. Dobbiamo amare il Papa, è lui che ci conferma nella nostra fede.

Gli altri Apostoli debbono aspettare la sera della domenica, quando Gesù entra a porte chiuse nel Cenacolo; ma Pietro invece prima ancora degli Undici l’ha veduto.

E nella fede di Pietro che anche tutti gli altri possono dire: “Il Signore è risorto”.

Nella fede di Pietro. Vedete dunque come già fi n dall’inizio è la fede di Pietro che conferma la Chiesa. Poi ci saranno altre prove, ma gli Undici, prima ancora di vederLo, che cosa dicono ai due discepoli che ritornano da Emmaus? “Il Signore è risorto, perché Simone l’ha visto, è apparso a Simone”. E’ la fede di Pietro nella resurrezione del

Cristo che lega essenzialmente la vita della Chiesa, ed è fondamento al sorgere della Chiesa: Pietro è la pietra su cui la Chiesa sarà edifi cata. Pietro è confessore della fede nel Cristo Risorto, è il primo che rende testimonianza della Sua resurrezione.

E questo Pietro è sempre vivo fra noi, e questo Pietro rimarrà sino alla fi ne per assicurare il mondo di questa presenza del Figlio di Dio, di questa salvezza che il Figlio di Dio ha compiuto per tutti.

Ecco l’insegnamento che ci dà il Vangelo della Pasqua; quale è questo insegnamento?

Che nulla ci separa dall’avve-nimento, perché rimane ferma, rimane viva, rimane attuale sempre la confessione di colui che per primo l’ha visto, di colui che per primo ha creduto, di colui che per primo è stato il testimone, per tutti, di questa resurrezione gloriosa.

Egli rimane. Oggi si chiama Francesco, domani si chiamerà in un altro modo, ma è sempre Pietro, è sempre l’unica testimonianza, è sempre l’unico annuncio che passa di secolo in secolo e raggiunge gli estremi confi ni.

E’ questo il contenuto della vita della Chiesa.

Noi abbiamo la necessità di credere: di credere che Dio si è fatto uomo per noi! Di credere che Dio è morto per noi sulla Croce! Di credere che questo Dio, che è nato ed è morto per noi, è veramente Colui nel quale possiamo riporre tutta la nostra speranza, dal momento che quanto Egli ha fatto e detto ha avuto il sigillo della resurrezione gloriosa.

Di qui l’urgenza dell’annuncio della resurrezione, di qui la necessità che questo annuncio anche oggi riempia il mondo di sé, perché è da questo annuncio

che nasce all’uomo l’unica speranza di vita, l’unica speranza di salvezza, l’unica speranza di pace, di gioia, di amore.

Ed è questo che noi tutti dobbiamo vivere in unione con Pietro. In questo tempo sconvolto dalla violenza e dalla morte fratricida l’unica cosa importante è dire al mondo: “Il Signore è risorto, Egli è con noi!”.

La testimonianza nostra non può essere che questa. Non importa dirlo con queste parole; si deve dire con la vita in modo che il mondo sappia non solo che Gesù è risorto, ma che vive in noi, che in noi, ora, Egli è vivente.

La resurrezione continua, continua nella fede che nasce nei cristiani. La resurrezione del Cristo ha fatto nascere la fede della Chiesa, la resurrezione del Cristo deve continuare a dare questa fede al mondo, deve rendere testimonianza di Sé nella nostra medesima fede.

“Il Cristo è risorto! Egli è veramente risorto”.

È questo che dobbiamo gridare al mondo e fare come nostro stile di vita.

Se noi porteremo questo annuncio, il mondo risorgerà perché nascerà anche negli

Incredulità di San Tommaso(1600 - 1601) - Caravaggio

Ritorno del fi glio prodigo (1667 - 1670)Bartolomeo Esteban Murillo

«L’Amore più grande» è il motto dell’Ostensione della Sindone fi no al 24 giugno 2015 nel Duomo di Torino

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uomini la medesima fede che prima si è accesa nei nostri cuori. Ma dobbiamo saperlo dire con la medesima fermezza, con la medesima semplicità con cui Pietro l’ha fatto.

Tutti noi siamo testimoni del Cristo, ecco la ragione del nostro vivere quaggiù sulla terrà. E non possiamo essere testimoni se non abbiamo veduto. Non si tratta di vedere Gesù risorto; San Pietro non vide Gesù risorto; vide le bende stese per terra. Anche noi abbiamo motivi di credibilità suffi cienti perché la nostra fede divenga sempre più ferma, e noi possiamo rendere testimonianza di questa fede al mondo. Che vedano gli altri, in noi stessi, i testimoni della resurrezione del Signore; sicché nessuno fra gli uomini possa dire di non avere ascoltato l’annuncio. Davvero il Cristianesimo è di una semplicità estrema, ma insieme di una ricchezza infi nita perché rendere testimonianza del Cristo vuol dire rendere testimonianza dell’Incarnazione, della morte di Croce, della resurrezione del Cristo; e vuol dire rendere testimonianza di un amore infi nito che ci salva.

In questo tempo di grazia, l’unica cosa importante nella vita è credere, è la fede la cosa più diffi cile ed urgente.

Non avendo fede, si cerca di rimpiazzare la pochezza della nostra fede (o la mancanza della nostra fede) con delle opere, con dei discorsi e non ci rendiamo conto che così facendo non diamo agli uomini altro che delle frasche, altro che delle foglie morte.

Gli uomini non sanno di che farsene di tutto quello che noi diamo loro, se non diamo questa testimonianza di fede. Anche la Chiesa può ridursi a fare delle opere ma che poi non risolvono nulla. È la fede, soltanto quella che il mondo attende da noi, e la fede non può essere sostituita da cosa alcuna.

E noi, attraverso l’annunzio della resurrezione, dobbiamo dare questo al mondo perché l’annuncio della resurrezione non è di per sé soltanto la resurrezione di un morto, ma è la conferma di Dio su tutto quello che il Cristo è.

La resurrezione del Cristo è il sigillo di Dio sull’opera del Cristo, è il sigillo di Dio su quello che la morte del Cristo è, secondo le parole stesse di Gesù: “Questo è il sangue versato per voi e per tutti per la remissione dei peccati”. È la comunione con Dio che si apre per tutti noi, è la vita immortale per tutti noi.

La resurrezione è la conferma di tutto questo. E’ il segno del suo amore così profondo che si chiama «Misericordia». D’ora poi, la comunione d’amore con Dio e fra di noi, è vivere la Sua Misericordia, è vivere la beatitudine stessa di Dio, è vivere la gloria stessa di Colui che è risorto.

Il nostro cammino ha per meta la luce, il nostro cammino ha come meta la vita; il nostro cammino ha come meta l’amore. Il Cristo risorto ci ha aperto tutte le strade, non possiamo temere più.

Vorrei chiudere questa medita-zione pregando con tutti voi con le parole che concludono la Passione secondo Matteo di Bach: “Anche se il mio cuore è immerso nelle lacrime perché Gesù prende congedo da me, il suo testamento mi da gioia: Egli lascia nelle mie mani un tesoro senza prezzo, la sua carne ed il suo sangue… voglio donarti il mio cuore perché tu vi discenda, mio Salvatore! Voglio sprofondarmi in te! Se il mondo è per te troppo piccolo, allora tu solo devi esser per me più del mondo e più del cielo”.

AmenMons. Luigi Oropallo.

La famiglia di Radio Mater si è arricchita da pochi mesi della collaborazione di un frate francescano veramente unico, che ci sta facendo amare il bel canto. E’ fra Alessandro Giacomo Brustenghi del convento di Assisi, “la voce di Assisi” per alcuni, o “il tenore di Dio” per altri. E’ nato a Perugia nel 1978 e a 21 anni decide di donare la vita al Signore seguendolo sui passi di Francesco d’Assisi nell’Ordine dei Frati Minori. Nel settembre del 2009, emette nella Basilica di Santa Maria degli

Angeli in Porziuncola la professione perpetua dei voti.

La passione per la musica e per il canto, insieme ai doni che in questo ambito il Signore gli ha fatto e all’impegno e allo studio presso il Conservatorio, hanno permesso a fra Alessandro di arricchire le liturgie celebrate nei conventi in cui ha fi nora vissuto. A lui si è interessato anche Mike Hedges, il produttore degli U2, Cure, Manic Street Preachers: è il primo frate nella storia della

musica ad avere fi rmato un contratto con una major.

In questa intervista fra Alessandro testimonia per gli amici di Radio Mater il suo incontro con la Misericordia di Dio, con la vita religiosa e prima ancora con la musica e il canto.

1) Lei ha iniziato il cammino di conversione a 16 anni. Come le si è manifestata la Misericordia di Dio?

Dio si è manifestato nella mia storia prima di tutto come amico,

Fra Alessandro Giacomo Brustenghi “la voce di Assisi”, si racconta...

“Ogni qualvolta ci troviamoa pregare cantando

è una grazia del Cielo”

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come presenza necessaria per farmi uscire dal baratro della morte, dall’insensatezza della solitudine che nasceva dai miei pensieri. Dopo alcuni mesi ho iniziato a dargli un volto e mi accorsi che questo nuovo amico si chiamava Gesù e che abitava nei cuori di chi incontravo. Da qui il desiderio di essere in pace con lui e con tutti, il desiderio di chiedergli scusa dei miei errori; da qui il desiderio di chiedere a un sacerdote la grazia del perdono che mi ha concesso con una bontà che non dimenticherò mai.

2) L’incontro con il Volto di Gesù, poi, lo ha portato poi ad abbracciare la vocazione religiosa francescana...

Nel mio percorso di riscoperta di Dio, durato anni, in realtà, mi sono accorto che nel volto di ciascuna persona che incontravo potevo scorgere la luce di Dio. Una luce a volte adombrata dal peccato e dal male, altre volte limpida e libera. Il grande incontro è avvenuto conoscendo la fi gura di Francesco guardando un fi lm sulla sua vita; è stato naturale per me dire: “voglio vivere come lui!”. Francesco incarnava tutti i miei desideri nati dall’incontro con Dio.

3) Non si può disgiungere la sua conversione e poi la sua vocazione religiosa dalla sua passione per la musica e per il canto. A che età è nata in lei questa passione e poi come si sviluppata nei corsi degli anni?

Non ricordo un momento in cui ho sentito nascere l’amore per la musica, credo che sia nato con me. Ma ricordo che decisi di voler

diventare un musicista quando avevo 9 anni dopo aver ascoltato e riascoltato centinaia di volte la musica di Bach e di Michael Jackson. Due genialità molto diverse tra di loro, ma che hanno in comune la consapevolezza che quanto di bello usciva da loro proveniva da Dio e a lui tornava. Entrambi sono stati maestri per me, soprattutto per quanto riguarda l’arte di nutrire la passione per la musica e di credere nei sogni fi no a impregnare la stessa musica dei sogni che diventano grazie a essa realtà.

4) Con le sue trasmissioni a Radio Mater lei ci fa capire come la musica trasfi gura l’anima, la mente e il cuore umano. In defi nitiva ci avvicina a Dio. Come fare a non dimenticare mai durante le celebrazioni liturgiche il detto di S. Agostino “chi canta prega due volte”?.

Ogni qualvolta ci troviamo a pregare cantando è una grazia del cielo, questo è il fondamento. Ma dobbiamo anche pensare che il rapporto tra preghiera e canto è inscindibile perché la musica dà sempre forza alle parole, è inevitabile. Ogni parola arriva sempre a Dio, specialmente se viene accompagnata con il canto che è per sua natura il modo migliore di far fruttare il dono della voce umana. Direi, perciò, che è molto naturale rendere preghiera il canto, fa parte della costituzione del canto stesso, perciò dobbiamo piuttosto porre attenzione agli ostacoli che poniamo a questa sorgente naturale di preghiera: la paura di non essere all’altezza, la paura del giudizio degli altri, oppure, al contrario, il desiderio di farsi notare e di emergere o la percezione del canto come un’abitudine o un dovere... Ogni volta che nel cuore lasciamo aleggiare un pensiero umano di questo tipo poniamo un ostacolo alla grazia del canto. Perciò, niente vanagloria, niente vergogna: cantiamo a Dio con cuore semplice!

Fra Alessandro, “la voce di Assisi”

Fra Alessandro, “la voce di Assisi”

IL coro diretto da Enrico Pina durante una celebrazione nella Cappella “Madonna di Lourdes” del Centro Mariano di Albavilla

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La Misericordia del Signore ha inondato tutta la mia vita, lasciando segni indelebili nella mia memoria. Qui in sempli-cità condivido con voi alcuni passaggi che mi hanno aiutato a crescere.

1) Il mio pianto dopo la mia prima confessione

1946: ero al mio ottavo anno. La catechista mi preparò alla Prima Confessione e alla Prima Comu-nione: lo fece con amore ma anche con severità. Ogni giorno con i miei compagni ci riuniva nella chiesetta di campagna; lì ci faceva ripete per farcele imparare a memoria le cinque condizioni per una valida confessione e la preghiera per la richiesta del perdono. Ricordo il suo sorriso compiaciuto quando qual-cuno incominciava a dirle da solo.

A quei tempi le Prime Comu-nioni venivano celebrate la mattina presto del Giovedì Santo. Nel pomeriggio della vigilia la catechista ci riunì in chiesa. Ci mise seduti nel banco

e per stare raccolti ci invitò a mettere la testa tra le nostre mani. Ci suggerì un lungo esame di coscienza. Ci raccomandò di dire tutto al sacerdote, perché al Signore non si può nascon-dere nulla e il suo occhio vede nel nostro cuore.

Giunto il mio turno, andai a inginocchiami davanti al sacer-dote: era seduto su una grande sedia, indossava la cotta bianca e la stola viola. Nel vedermelo davanti la mia mente andò in con-fusione: non sapevo più cosa dire. Ricordo che il sacerdote mi diede l’assoluzione e mi raccomandò di salutargli i miei genitori. Scesi nel banco tra i miei compagni con l’animo smarrito e il volto segnato dalla vergogna.

Quando tornai a casa, appena varcato il portone del cortile, scoppiai in un pianto sconsolato. La mamma mi si avvicinò e mi chiese cosa era successo. Con la gola soffocata dal singhiozzo le dissi: «Non sono stato capace di confessarmi bene. Al prete non ho detto tutto e il Signore ha visto che non sono sincero».

La mamma mi strinse a sé, mi baciò in fronte e mi disse: «Il Signore, ogni volta che guarda un bambino come te, sorride di gioia: a lui piaci come piaci alla tua mamma».

Poi mi portò dal sacerdote e gli raccontò l’accaduto. Il prete mi guardò paternamente e mi rassicurò: «Tu eri confuso, ma io ti ho capito e con me ti ha capito il Signore. Tutti i tuoi peccati sono perdonati. Anzi per dirti che piaci al Signore, dopo la Prima Comunione incomincerai a servire all’altare: sarai il chie-richetto di questa chiesetta».

Poi aggiunse: «Sono certo che quanto ti è accaduto, ti servirà».

Fu un profezia. Divenni sacer-dote e nel mio ministero cercai sempre di far vivere sia ai ragazzi che ai loro genitori la Confes-sione come una vera FESTA DEL PERDONO.

2) La mia confessione decisiva1954: ero nel mio sedicesimo

anno e avevo superato gli esami del ginnasio. I superiori mi con-cessero di indossare la veste talare non solo in seminario, ma anche a casa e in parroc-chia. La cosa mi piacque, ma poi cominciò a turbarmi. Ero in piena adolescenza: incerto nelle mie scelte, fragile nei miei propo-siti, superfi ciale nella preghiera. Andai dal Padre Spirituale; gli disse: «Padre, sono un secchio vuoto. Non posso presentarmi alla gente in veste talare: non ne sono degno». Parlammo a lungo. Dopo avermi ascoltato con pazienza mi disse: «Confermo: sei proprio un secchio vuoto. Continua a esserlo, perché in

Santo Crocefi sso presente all’entrata della Casa di Maria di Albavilla

Papa Francesco si confessanella Basilica di S. Pietro

La confessione da me vissuta e celebrata.

Don Luigi Lussignoli, conduttore a Radio Mater della rubrica: “Viviamo la speranza” il secondo venerdì del mese (alle ore 11), svolge l’attività pastorale come penitenziere nell’abbazia di Monti-chiari (Brescia), ed è esorcista per la diocesi di Brescia. In questo articolo ci racconta il suo incontro da giovane con la Misericordia di Dio e l’incontro dei fedeli, che si accostano al suo confessio-nale, con “la carezza di Dio”, come egli defi nisce l’assoluzione.

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un secchio già pieno non si può mettere niente altro. Dio è mise-ricordioso perché riempie i nostri cuori umili del suo amore. Anche Maria, la madre di Gesù, nel suo Magnifi cati cantò: “Il Signore ha guardato l’umiltà della sua serva. Lui in me ha fatto grandi cose:” Continua a fare il secchio vuoto e Dio ti riempirà la vita».

Mi diede l’assoluzione. Uscii dalla sua stanza rincuorato e deciso a continuare il mio cam-mino vocazionale.

Quel giorno il mio Padre Spi-rituale mi indicò il segreto per rendere serena la mia vita: fi darmi della Misericordia d Dio che sempre e tutto perdona.

3) L’ inizio della malattia1990: ero nel mio cinquanta-

duesimo anno; ero parroco da poco. Mi sembrava di viaggiare a grande velocità sulle strade dei miei progetti pastorali. La malattia, la miocardiopatia dila-tativa, mi si presentò inaspettata e irrompente. Ricordo i particolari della prima visita medica. In ospedale mi confermarono la stessa diagnosi con la prospet-tiva del trapianto di cuore. Non mi pareva possibile. Consultai altri specialisti. Il verdetto era sempre lo stesso. Mi sentivo confuso. Non accettavo consigli nemmeno da chi mi voleva bene. Mi ribellavo perfi no al Signore.

E il Signore mi concesse la grazia di fare ”verità in me”.

I medici e i superiori insistevano perché ridimensionassi la mia

vita. Mi chiedevo: “Cosa vorrà il Signore da me?”. Prima di rinunciare alla parrocchia, con il tormento nell’anima, tornai in ospedale dal medico che mi seguiva: era una donna stimata per competenza professionale e per la sua fede.

Le chiesi con insistenza medi-cine più forti. Lei mi consigliò: “Il tuo cuore non può fare più di tanto. Lascia l’attività pasto-rale. C’è bisogno di confessori che sappiano ascoltare. Diventa prete dell’ascolto”.

Non so se quella dottoressa fosse ispirata. Comunque sia, ora non sono più parroco. Ascolto il cuore del mondo, Ascolto il gemito di tanti fratelli. Mi dedico soprattutto al ministero delle confessioni. Cerco di diffondere speranza.

4) Io ti assolvo Sono parole di una effi cacia

immensa: rivelano il perdono di Dio, danno pace alle coscienze. Quante volte le vado pronun-ciando nel confessionale, dove passo buona parte del mio tempo. Nel confessionale esperimento personalmente che la Misericordia

di Dio è infi nita: più grande è il nostro peccato, maggiore è il perdono di Dio. Cristo Risorto ha dato agli apostoli una mis-sione grande: «A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati», e a ogni uomo la certezza che tutto può essere rinnovato con la confessione.

Continuo a stare in confessio-nale a distribuire il perdono di Dio e vedo tanta gioia fi orire nel cuore della persone. Con Santa Teresina di Gesù Bam-bino faccio mie le parole del salmo 88: «Canterò senza fi ne la Misericordia del Signore».

Talvolta mi trovo a osser-vare le mie mani. Sono mani di uomo, ma unte con il Crisma: innalzano l’Ostia consacrata, la distribuiscono ai fedeli, benedi-cono, assolvono. Mi fermo alla mano destra, quella che traccia il segno di croce sul penitente che si è confessato: mi sem-bra la mano che distribuisce la carezza di Dio. Ecco cosa è l’assoluzione: la carezza di Dio alle nostre anime.

Don Luigi Lussignoli

Rio de Janeiro - 20 Luglio 2014: Papa Francesco confessa un ragazzo

“Gesù al pozzo”, scultura presente nel Centro Mariano di Albavilla

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Le persone hanno necessità di fare esperienza della Miseri-cordia; in essa trovano la casa dove abitare e condividere ferite, speranze, delusioni, attese. I piccoli questo lo sanno bene!

Della Misericordia “l’uomo e il mondo contemporaneo hanno tanto bisogno. E ne hanno biso-gno anche se sovente non lo sanno” (Dives in Misericordia, 2).

Gesù è il volto misericordioso del Padre (Ef 2,4) per tutti, da sempre e per sempre dal quale nessuno è escluso. Dal suo cuore trafi tto “scaturì sangue e acqua” (Gv 19,34).

È l’ora di Dio-Amore che ha manifestato defi nitivamente la Sua misericordia nella morte e risurrezione di Gesù, che abbrac-cia ogni persona, prevale sul peccato, allontana la distanza.

Questa è la salvezza: l’Amore Misericordioso di Dio-Padre in Cristo verso di me peccatore.

La Misericordia è amore “ricre-atore”: “la misericordia è la più grande di tutte le virtù” (Evan-gelii Gaudium, 37).

Misericordia è amore che risuona fin dall’inizio della creazione, nell’incarnazione, nella culla di Betlemme, lungo tutta la vita di Gesù, nel giardino del Calvario, inno che raggiunge a Pasqua quel

grido che ancora oggi risuona nelle nostre Chiese: “O immensità del tuo amore per noi! O inestima-bile segno di bontà: per riscattare lo schiavo, hai sacrifi cato il tuo Figlio! Davvero era necessario il peccato di Adamo, che è stato distrutto con la morte del Cristo. Felice colpa, che meritò di avere un così grande redentore!” (Pre-conio Pasquale); grido fi nalmente di liberazione!

Gesù insegna ad essere mise-ricordiosi com’è misericordioso il Padre (Lc 6,36), la Sua infi nita misericordia deve attraversare tutti i giorni della nostra vita, così i nostri pensieri, parole, gesti, opere sono il segno visibile di un’esistenza tutta trasformata dal Vangelo della Misericordia.

“La Chiesa “in uscita” è la comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttifi cano e festeggiano. “Primerear – prendere l’inizia-tiva”: vogliate scusarmi per questo neologismo. La comu-nità evangelizzatrice sperimenta che il Signore ha preso l’inizia-tiva, l’ha preceduta nell’amore (cfr 1 Gv 4,10), e per questo essa sa fare il primo passo, sa prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi. Vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia, frutto dell’aver spe-rimentato l’infi nita misericordia del Padre e la sua forza diffusiva” (Evangelii Gaudium, 24).

Bisogna diventare piccoli, rico-noscere le proprie fragilità e povertà per vivere abbandonati nell’infi nita misericordia di Dio.

“Ho capito che per entrare in que-sta fornace ardente dell’amore, era necessario che io diven-tassi piccola e molto povera” (S. Teresa di Lisieux)

Ciascuno di noi all’inizio di una nuova giornata deve dire: “Poserò su ogni persona uno sguardo che farà sperimentare la Sua Misericordia, fi no all’estremo, consci che amore grande è dare la vita (Gv 15,13 ; Gv 12,25s.).

Perché questo si realizzi in noi dobbiamo sentire nelle nostre viscere la necessità della Misericordia, non sentia-moci persone autosuffi cienti, non arrocchiamoci in pensieri, atteggiamenti, espressione di un modo di vedere, pensare, agire che separano dall’Amore; ma cerchiamo di essere sempre con tutti persone dal cuore dilatato alla Sua infi nita Misericordia, capaci di amore e perdono.

Con questo spirito preparia-moci a vivere l’Anno Santo della Misericordia, fi n da subito.

Don Tiziano Soldavini

Don Tiziano Soldavini, conduttore a Radio Mater della rubrica “La misericordia divina nella mia anima- Santa Faustina kowalska” (il primo lunedì di ogni mese alle ore 9,30), svolge il suo servizio sacerdotale nella diocesi di Palestrina, Parroco, padre spirituale della comunità di formazione al sacerdozio di S. Vito Romano; Fondatore della Frater-nità Piccoli Apostoli Divina Misericordia Amore Eucaristico di Maria. Scrittore affermato (numerosi sono i libri da lui fi rmati), in questo articolo ci presenta una meditazione sulla Misericordia, soffermandosi in modo particolare sul neologismo caro a papa Francesco “primerear”.

“Primerear”: Prendere l’iniziativa senza paura nel cercare gli ultimi.

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Abbiamo voluto dedicare questo numero di “Eccoci Mamma” al tema della Misericordia, propo-nendo rifl essioni e testimonianze di vita di alcuni nostri sacerdoti conduttori, che certamente ci aiuteranno a prepararci nel modo migliore al prossimo Giubileo.

In questo articolo Francesca, sorella di Francesco Urso, un nostro carissimo amico che due anni fa ci ha lasciato per il Cielo, ci racconta come suo fratello ha incontrato la Misericordia di Dio proprio grazie a Radio Mater.

Ma chi è Francesco? France-sco nasce a Ceglie Messapica, in provincia di Brindisi, il 2 febbraio 1968 in una famiglia molto catto-lica, composta da papà Cosimo, mamma Lucia, la sorella Francesca, nonna Maria e zia Anna. Ragazzo vivacissimo e intraprendente, a 18 anni per non fare il militare (“io il militare – diceva - non lo farò mai, perché non andrò mai ad uccidere un uomo”) andò in Germania. Qui fa il cameriere e il cuoco. A soli 24 anni, i medici tedeschi gli trovano la Sclerosi laterale amiotrofi ca, e con poca sensibilità umana e pro-fessionale gli riferiscono che la SLA è “una malattia che non perdona... gli restano pochi anni di vita, da due a dieci”.

Francesco, ragazzo forte e determinato, ama tanto la vita e non accetta supinamente questa ... sentenza di morte. Intraprende una terapia sperimentale, ma

intraprende anche diversi pel-legrinaggi chiedendo al Signore che i medici trovino la cura per questa malattia, non solo per sé, ma per tutti coloro che ne soffrono. Prega molto di giorno e di notte e frequenta, per quanto gli è possibile, incontri di spiri-tualità. “Con il passare dei giorni, le sue forze diminuiscono – dice la sorella Francesca - . Le sue fasce muscolari si trasformano, e anche le sembianze del viso cambiano. Strisciava con i piedi: quante cadute. Si rialzava con tanta fatica anche con l’aiuto di mamma e papà”.

“Un giorno, uno di quei giorni in cui gli prendeva tanta tristezza e solitudine – continua France-sca – seduto in macchina con tanti pensieri, mentre cercava delle frequenze, si ferma su una emittente mai sentita. La capta, viene colpito, fulminato da tanta dolcezza e dice: in questa radio c’è gente che mi vuole bene. Lo sento!”. E così inizia il suo ascolto di Radio Mater. Da quel giorno è stato... eterno amore. Conosce don Mario. “Mi diceva: – ricorda la sorella – Vieni a sentire. C’è don Mario, so che mi vuole bene ed io ho bisogno di lui per stare insieme nella preghiera. Lui soffre, come soffro io, ma prega molto. Radio Mater è una radio dove si prega con amore. La preghiera non è un riempitivo, ma una con-divisione. Quanta preghiera con Radio Mater! Tutti i giorni, tutte le notti in casa, in macchina, e

se mancava solo per un poco, ne soffriva terribilmente... Con Radio Mater ha incontrato Dio e la Sua Misericordia. A tutti raccontava con entusiasmo della “sua” radio, rendendoli partecipi alla sua gioia e invitava tutti a pregare”.

Gli ultimi quindici giorni di vita li passò in carrozzina e a letto. “Non si lamentava per il dolore – è sempre Francesca a parlare – e mi rassicurava: non ho tanto dolore e quello che ho lo offro a Lui. Gesù sì ha sofferto tanto ed io per così poco devo lamentarmi? Quanta forza traeva dalle telefonate che faceva a don Mario! Più il suo corpo cedeva, tanto più la sua interiorità e la sua profondità di preghiera aumentava e la sua spiritualità era soprannaturale, grandiosa e avvolgente”.

Nella notte del 28 maggio 2013, Francesco con notevole fatica salutò gli amici di Radio Mater in preghiera nella Cappellina, e ascoltando la “sua” radio, la mattina del 29 spirò. “La radio – conclude Francesca – rimase accesa sempre, giorno e notte, fi no al rito funebre. Coloro che vegliarono la salma durante la notte, pregarono assieme ai volontari che erano in Cappel-lina. In quei giorni di lutto non abbiamo perso un minuto di trasmissione e abbiamo sentito che tanti ascoltatori chiedevano una preghiera per Francesco e per lui pregavano: mio fratello, così, ha avuto vicino tutta la sua grande e meravigliosa famiglia di Radio Mater”.

Torta voluta da Francesco per festeggiare la fi ne del mese di Maggio.

Francesco al telefono: quante volte chiamavain Radio Mater!

“Con Radio Mater ho incontratoDio e la Sua Misericordia”

Francesco Urso di Brindisi, malato di SLA, scopre un giorno una radio“diversa, piena di dolcezza”, e da allora non l’ha più spenta.

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Eccoci, Mamma!n° 64 Maggio 2015

Comunità di Maria ONLUS• C.F. 93012890138 • Casella Postale n. 84 - 22031 Albavilla (CO)Registro stampa: Tribunale di Como n. 1/96 dell’8/1/1996 • Lett. in famiglia “Pro Manoscritto” di Comunità di Maria Onlus, Albavilla (Como) • A. 2005Direttore Responsabile:Enrico Viganò.Stampa:Grafi che Artigianelli s.p.a. Brescia • via Ferri, 73 - 25123 Brescia.

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