Mondo Migranti è la newslet-
ter quadrimestrale del Servi-
zio giuridico di SOS Ticino.
In questo numero troverete,
accanto ad alcuni approfondi-
menti giuridici sulla regola-
mentazione europea del
diritto d’asilo e sulla probabi-
le riforma della Legge sulla
Cittadinanza svizzera, anche
una sintesi del nostro rap-
porto di attività 2013 e una
nuova rubrica dedicata alla
letteratura migrante.
Troverete anche un corposo
dossier sulla guerra civile siria-
na, con uno spaccato sulla mol-
teplicità dei gruppi politici,
militari e paramilitari coinvolti,
sui loro obiettivi e sulle reti
internazionali, statali e non
statali che li supportano.
Non da ultimo, un’intervista a
Luca Massari, Giudice onorario a
Milano.
L’argomento?
Il rapporto tra migrazione, indi-
genza materiale e affidamento
extra-familiare dei figli minoren-
ni, in Italia.
S O M M A R I O :
Guerra in Siria:
analisi del conflitto
2-9
Dublino III
Protetti...a metà
10-11
Intervista al Giudice:
l’affido dei minori in
Italia
12-13
Naturalizzazioni:
più difficili ?
14-15
L’Agenda:
Eventi maggio-agosto
15
Nuova rubrica
Letteratura e migra-
zioni
16
Servizio giuridico:
il rapporto 2013
17
Indirizzi utili 18
In questo numero
N E W S L E T T E R
S E R V I Z I O
G I U R I D I C O
S O S T I C I N O Mondo Migranti A P R I L E 2 0 1 4 N U M E R O 2
P R I M O P I A N O :
Naturalizzazioni: verso
una nuova legge sulla
cittadinanza
Dublino III: tra novità e
incertezze
La crisi in Siria:
chi fa la guerra a chi
Intervista al giudice Luca
Massari: l’affido dei mino-
ri in Italia
Nuova rubrica:
Letteratura e migrazioni
P A G I N A 2
Nov. 2012 , Erbeen, Damasco
© J. Hoffa (Freedomhouse) / flickr.com
Dic. 2012 - Distruzioni a Homs
© J. Hoffa (Freedomhouse) / flickr.com
Feb. 2013 - Proteste a Kafranbel, Idlib
© J. Hoffa (Freedomhouse) / flickr.com
L’inizio della crisi
Con questo breve dossier, cercheremo di scandagliare i complicati intrecci della guerra civile siriana,
che ha costretto milioni di persone ad abbandonare la propria casa, per cercare una via di salvezza
per sé e la propria famiglia. L’indagine si fonda su una pluralità di fonti: organizzazioni internazionali,
enti governativi, istituti di ricerca, riviste specializzate, stampa internazionale e nuovi media.
Le prime proteste erano state registrate nel gennaio 2011, sull’onda emotiva delle manifestazioni che si
stavano diffondendo un po’ in tutta la regione. Si trattava di piccole dimostrazioni pubbliche con scarsa
partecipazione. In effetti, la situazione in Siria rimase piuttosto tranquilla anche nelle successive settima-
ne: anche quando, il 4 febbraio, alcuni attivisti avevano indetto su internet una Giornata della rabbia, non
si registrarono che piccole e pacate manifestazioni in poche città.
L’insurrezione siriana trova le sue radici, quantomeno simboliche, nei fatti del 6 marzo 20111, nella città
di Daara, nel sud della Siria. Qui una quindicina di ragazzi, tra i 13 e i 15 anni, avevano scritto su un mu-
ro alcuni slogan contro il regime, e per questo erano stati prelevati dalle loro classi, arrestati e torturati.
La situazione a Daara era già piuttosto tesa, per l’arrivo di molti rifugiati interni, per lo più agricoltori,
costretti a lasciare il nord-est del Paese a causa della siccità2 e infuriati col governo per la mancanza di
aiuti. La notizia dell’arresto degli studenti aveva suscitato lo sdegno degli abitanti e in centinaia si erano
radunati per chiedere la loro liberazione. Nel frattempo, alcuni attivisti avevano riprovato a proclamare
una nuova Giornata della rabbia3 per il 15 marzo: e questa volta, a ritrovarsi a manifestare per la demo-
crazia, non solo a Daara, ma anche nelle piazze di Damasco e Aleppo, c’erano migliaia di persone. Oltre
agli attivisti delle opposizioni e ai rifugiati interni, si erano aggregati i familiari dei tanti prigionieri politici
detenuti nelle carceri siriane e un numero crescente di giovani, studenti, lavoratori e disoccupati. Il 18
marzo4, dopo la preghiera del venerdì, manifestazioni di protesta si erano svolte a Daara, Damasco,
Homs e Baniyas. Proprio a Daara le forze di sicurezza avevano aperto il fuoco contro i manifestanti,
uccidendo 4 persone. Il giorno seguente, sempre a Daara, in occasione dei funerali per le vittime del
giorno precedente, i dimostranti erano ormai molte migliaia. Il 20 marzo, la polizia era tornata a sparare
sui manifestanti, uccidendo 15 persone. Poco dopo, altri manifestanti avevano dato alle fiamme5 il quar-
tier generale del Partito Baath, la sede di un tribunale e quella di una compagnia telefonica di proprietà
di un cugino del Presidente. Alla fine della giornata, al triste conteggio dei morti si erano aggiunti anche
7 agenti di polizia.
Ad aprile del 2011, le proteste e gli scontri si erano ormai diffusi in tutto il Paese, con la nascita di un
movimento di massa che esigeva dal Presidente Bashar al-Assad riforme strutturali, in politica ed econo-
mia. I manifestanti avevano occupato le piazze delle principali città del Paese. Assediati dalle forze gover-
native, avevano costituito le prime forme di resistenza organizzata. A fine aprile, si erano registrate
anche le prime defezioni di soldati dall’esercito siriano. Quei soldati si erano riuniti ai manifestanti, an-
dando a costituire di fatto il primo nucleo di quello che sarebbe diventato, a luglio, l’Esercito Siriano
Libero.
Note
1. “Syria: how it all began” / Hugh Macleod su globalpost.com
2. "Background to a Revolution" / Michael Gunning, su nplusonemag.com
3. “Middle East unrest: Syria arrests Damascus protesters” / bbc.co.uk
4. “March 18 Updates on Libya and Arab Uprising” / Robert Mackey su nytimes.com
5. “Syria protesters torch buildings” / aljazeera.com
M O N D O M I G R A N T I
Dossier Siria - La guerra civile
Siria - La guerra civile Rosario Mastrosimone, Antenna Profughi
La Siria in numeri
P A G I N A 3 N U M E R O 2
I numeri dopo tre anni di guerra I dati, ufficiosi, sulla crisi siriana, sono elaborati
periodicamente da istituti internazionali, gover-
ni, associazioni umanitarie e gruppi d’interesse.
I numeri qui raccolti sono basati sui dati forniti
dalle principali fonti, laddove possibile aggiorna-
ti all’aprile 2014, e per il resto su medie e stime
statistiche.
A causa della limitata accessibilità del Paese e
delle difficoltà nella verifica delle fonti, da gen-
naio 2014 l’UNHCR ha sospeso il conteggio
delle vittime.
Note
1. Dati Osservatorio siriano sui diritti umani (SOHR)
all’1.4.2014
2. Stima di Save the children al 10.03.2014
3. Dati UNHCR al 30.04.2014
4. Proiezione dai dati UNHCR di fine 2013
5. Dati UFM al 31.03.2014
6. Stime UNRWA
7. Dati UNICEF: un quinto degli edifici scolastici risulta distrutto o gravemente compromesso.
Repubblica Araba di Siria
Capitale Damasco
Popolazione 22’500’000 (pre-conflitto)
Composizione
etnia/religione
60% sunniti arabi
12% alawiti (sciiti) arabi
9% sunniti curdi
8% cristiani ortodossi
3% drusi
2% cristiani armeni
2% sciiti arabi
Età Età media 23,3 anni
Un terzo dei siriani ha meno di 15 anni
Numero di morti 150’3441
Civili 51’2121
Bambini 10’0002
Rifugiati interni 6,5 milioni3
Rifugiati registrati / assistiti nei Paesi limitrofi 2,7 milioni3
- in Libano 990’0003
- in Turchia 722’0003
- in Giordania 594’0003
- in Iraq 220’0003
- in Egitto 136’0003
Rifugiati nei 44 Paesi industrializzati monitorati dall’UNHCR 140’0004
Richiedenti d’asilo / rifugiati in Svizzera 5’2815
Tasso di disoccupazione 48%6
Tasso di abbandono della scuola 40%7
P A G I N A 4
M O N D O M I G R A N T I
Bashar al-Assad e la minoranza alawita Tutta una serie di peculiari circostanze
storiche hanno consentito alla famiglia
Assad di acquisire il controllo del partito
Baath e dominare la scena politica siria-
na per decenni.
La famiglia Assad appartiene alla corren-
te alawita dell'Islam sciita, che conta nel
mondo circa 3 milioni di fedeli, in mag-
gioranza siriani.
Le origini della fede alawita paiono risali-
re al IX secolo, mentre il nome richiama
la riverenza verso Alī, cugino e genero
del profeta Maometto.
Le verità della fede alawita sono rivelate
agli adepti per gradi, e solo a coloro che
ne siano ritenuti degni. Pertanto, i testi
sacri non sono pubblicati; neppure la
conversione è possibile.
Tradizionalmente, gli alawiti negano
l'utilità della distinzione tra sciiti e sunni-
ti, e sostengono che la verità divina è
sostanzialmente segreta.
Per secoli, gli alawiti sono stati persegui-
tati dai sunniti e ancora oggi non pochi
sunniti li considerano “infedeli”.
Già dai tempi di Hafiz Al-Assad1, il regi-
me ha cercato di avvicinare gli alawiti
siriani alla corrente maggioritaria degli
sciiti, quella dei duodecimani.
Al contempo, gli alawiti hanno adottato
molte delle pratiche e delle tradizioni
dell'Islam maggioritario, quello sunnita,
con l’obiettivo di ridurre i pregiudizi cui
da sempre sono confrontati.
Gli Assad hanno dovuto agire con attenzione
e cautela per evitare che l’appartenenza a
una minoranza religiosa osteggiata dalla mag-
gioranza della popolazione ne compromet-
tesse la posizione di potere.
Da qui, l’esigenza di una fitta rete di alleanze
e di una capillare organizzazione poliziesca
dello Stato. Da qui anche la convenienza di
promuovere uno Stato sostanzialmente laico,
attivo nel promuovere la tolleranza religiosa,
ma anche orientato a saldare la coesione
nazionale con l’adesione al panarabismo, il
sostegno alla causa palestinese e la colloca-
zione geopolitica nel fronte anti-occidentale.
1. “Asad's Alawi dilemma”, faculty-staff.ou.edu
Dossier Siria - La guerra civile
Cronologia essenziale dei primi 3 anni di guerra 15.03.2011: Indetta una Giornata della Rabbia da alcuni attivisti
18.03.2011: Proteste in diverse città. A Daara, le forze di sicurezza uccidono 4 manifestanti
20.03.2011: Scontri a Daara: muoiono 15 manifestanti e 7 poliziotti 26.04.2011: Altra giornata dal bilancio pesante: seguono perquisizioni
casa per casa, vengono tagliate acqua, elettricità e linee telefoniche 27.04.2011: Prime defezioni di soldati dall’esercito siriano.
18.05.2011: Gli USA adottano le prime sanzioni economiche contro il governo siriano
29.07.2011: Nasce l’Esercito Siriano Libero su iniziativa di un gruppo di disertori d’alto grado
05.08.2011: Centinaia di morti nella città di Hama
18.08.2011: USA e UE chiedono le dimissioni di Bashar al-Assad 23.08.2011: Nasce a Istanbul il Consiglio Nazionale Siriano, per coordi-nare le forze di opposizione
04.10.2011: Veto in Consiglio di Sicurezza ONU di Cina e Russia alla proposta di risoluzione di condanna e sanzioni economiche dell’UE
08.11.2011: Per l’ONU i morti del conflitto sono già 3’500
12.11.2011: La Siria è sospesa dalla Lega Araba 27.11.2011: La Lega Araba approva sanzioni economiche contro la Siria
04.02.2011: Veto in Consiglio di Sicurezza ONU di Cina e Russia su risoluzione che chiede le dimissioni di Bashar al-Assad
26.02.2012: Referendum in Siria con approvazione della nuova Costitu-
zione, boicottato dalle opposizioni 18.07.2012: Un’esplosione uccide il ministro della Difesa
23.07.2012: Il governo riconosce di possedere armi di distruzione di massa e minaccia di usarle in caso di attacco straniero
11.11.2012: Dal Consiglio Nazionale Siriano nasce la Coalizione Nazio-nale Siriana, per meglio rappresentare le forze dell’opposizione
27.05.2013: L’UE revoca l’embargo, per poter inviare armi ai ribelli
13.06.2013: USA e Gran Bretagna iniziano a spedire armi ai ribelli
31.08.2013: Obama annuncia l’intenzione di un intervento militare. Im-mediata opposizione della Russia.
27.09.2013: Il Consiglio di Sicurezza ONU approva una risoluzione per l’eliminazione delle armi di distruzione di massa, dopo la rinuncia USA a
un intervento militare 06.10.2013: Inizia lo smantellamento delle armi di distruzione di massa, sotto il controllo di osservatori internazionali
11.12.2013: USA e Gran Bretagna sospendono l’invio di rifornimenti militari ai ribelli
15.02.2014: Falliscono i negoziati di Ginevra
Fonti
- “Syria Civil War Fast Facts / cnn.com
- "Du soulèvement à la guerre: trois ans de crise en Syrie” / lexpress.fr
- “Syrian conflict: the background and the current situation” / euronews.com
Dossier Siria - La guerra civile
4. Corruzione
Il livello di corruzione ha raggiunto una
tale gravità che per qualsiasi pratica oc-
corre pagare una tangente a un funziona-
rio. Chi non ha denaro, non può fare
nulla.
5. Dittatura della minoranza
La maggioranza sunnita ha sempre diffi-
dato della famiglia Assad, perché espres-
sione della minoranza alawita. Laddove la
popolazione è mista, come ad Homs, i
conflitti interreligiosi hanno aggravato
l’intensità degli scontri.
6. Violenza di Stato
I mukhabarat, i servizi segreti, onnipre-
senti nella società siriana, hanno creato
un clima di terrore verso lo Stato. Per
chi ha sposato la causa della rivoluzione,
tornare indietro significa consegnarsi alla
certezza della vendetta.
7. Crisi agraria e siccità
Le siccità che dal 2008 hanno impoverito
il nord-est, hanno provocato un massic-
cio esodo di famiglie di agricoltori impo-
veriti verso le periferie delle città. Secon-
do i dati della Banca Mondiale, nel 2009 il
17% della forza lavoro operava nell’agri-
coltura.
8. Internet e nuovi media
I nuovi strumenti offerti da Internet, la
telefonia mobile e la TV satellitare hanno
permesso ai più giovani di eludere la cen-
sura di regime e scoprire altre realtà e
modi di vivere. Il web ha svolto un ruolo
chiave nell’organizzazione delle proteste.
9. Fondamentalismo
I musulmani più ferventi e le componenti
fondamentaliste dell’Islam sono sempre
state diffidenti verso il regime, ritenuto
troppo laico e troppo tollerante verso le
minoranze religiose.
10. Disoccupazione giovanile
La debolezza del sistema economico, unita
all’età media giovanissima della popolazio-
ne, ha reso la disoccupazione il filo rosso
dei problemi di milioni di famiglie. Tantissi-
mi giovani senza prospettive vedevano
nella caduta del regime la chiave per un
futuro migliore.
Fonti
- “A Wasted Decade: Human Rights in Syria during
Bashar al-Asad's First Ten Years in Power” / Rapporto
di Human Rights Watch, 16.07.2010
- “Syrie: Mise à jour août 2008” / Alexandra Geiser,
OSAR, 28.08.2008
Non esiste un’unica causa scatenante
capace di spiegare da sola l’esplosio-
ne e la cruenta evoluzione della
guerra civile siriana. Sono infatti mol-
ti i motivi alla base del conflitto.
1. Ingiustizia sociale
Dal 2000, con l’ascesa di Bashar Al-
Assad, il regime ha introdotto una serie
di privatizzazioni che hanno arricchito
quasi esclusivamente le famiglie legate
alla dinastia regnante. All’esplosione dei
consumi delle famiglie agiate si è accom-
pagnato un rapido aumento del costo
della vita, mentre il tasso di disoccupa-
zione è rimasto elevatissimo.
2. Repressione politica
Con un solo partito legale e senza nes-
sun canale di partecipazione democratica,
dall’indipendenza i cambiamenti di regime
sembrano poter avvenire solo per golpe
militare o per insurrezione popolare.
3. Debolezza del Baath
Per decenni, la Siria aveva coniugato a un
modello economico di tipo sovietico un
radicato nazionalismo panarabo. Le scon-
fitte militari con Israele e il peggioramen-
to dell’economia interna hanno minato la
credibilità del Baath.
P A G I N A 5 N U M E R O 2
Le cause del conflitto
Proteste anti-regime nell’area della
capitale Damasco, dopo l’uccisione
nei due giorni precedenti, di un cen-
tinaio di manifestanti in diverse città
siriane. 24 aprile 2011- Damasco
© Syriana2011 / flickr.com
P A G I N A 6
M O N D O M I G R A N T I
Le principali forze filo-governative: stime Governo siriano
Forze Armate Siriane
Leva obbligatoria dai 18 ai 49 anni / Gli uomini tra i 18 e i 42 anni non posso-
no lasciare la Siria (dal marzo 2012).
178’0001
Forza Nazionale di Difesa Dall’inizio del 2013, raccoglie i volontari dei Comitati Popolari, gruppi di citta-
dini alawiti, cristiani e drusi, nati per difendere i quartieri delle città dalle in-
cursioni dei ribelli sunniti.
100.0002
Shabiha Milizia civile, senza legami ufficiali col governo. Dagli anni ‘80 operavano nel
contrabbando col Libano, intoccabili grazie ai legami con la famiglia Assad. 10’000
3
Al-Jaysh al-Sha'bi Milizia di volontari, per lo più alawiti e sciiti, organizzati, finanziati e armati dai
Guardiani della Rivoluzione iraniani e dagli Hezbollah libanesi. 50.000
4
Brigata al-Abbas Gruppo paramilitare sciita organizzatosi a difesa di luoghi sacri per proteggerli
dalle incursioni dei ribelli, composto per metà da iracheni. 10.000
5
Brigate Baath Milizie di volontari sunniti, fedeli al governo, organizzatisi ad Aleppo per difen-
dere gli edifici governativi dai ribelli. 7.000
6
Iran
Quds I Quds sono le forze speciali dei Guardiani della Rivoluzione, esperti nell’adde-
stramento militare e nelle strategie di guerriglia.
n.d.4
Basij I volontari della milizia Basij, in Iran sono impiegati tradizionalmente nella re-
pressione del dissenso. n.d.
4
Libano
Hezbollah Contingente paramilitare, inviato per offrire supporto militare e finanziario
all’organizzazione Al-Jaysh al-Sha'bi.
4’000 - 5’0007
Dossier Siria - La guerra civile
Le ingerenze estere e il ruolo dei combattenti stranieri Il governo Assad può contare sul sostegno tecnologico, finanziario e in armamenti di Russia e Iran, sulla presenza di con-tingenti di combattenti iraniani e libanesi (Hezbollah) e sulla fornitura di carburante da parte di Iraq e Venezuela. Le forze di opposizione continuano a ricevere finanziamenti e armamenti da Qatar, Arabia Saudita e in minor misura Turchia. Attualmente, sembra invece che Stati Uniti e Gran Bretagna abbiano sospeso ogni forma di sostegno diretto, nel timore che gli aiuti finiscano col rafforzare anche i gruppi fondamentalisti. Si stima che, complessivamente, ci siano dai 10’000 ai 20’000 combattenti stranieri in Siria, inclusi quelli di organizzazio-ni come i Basij ed Hezbollah: uomini, ma anche qualche donna, provenienti non solo dal mondo arabo, ma anche da Paesi europei, nonché da Russia, Turchia, Pakistan, Stati Uniti e Australia. Giovani, talvolta giovanissimi, e per lo più animati da motivazioni religiose, i combattenti stranieri aderiscono principal-mente a gruppi militanti fondamentalisti. Nel febbraio 2014, il Re saudita, preoccupato dei tanti giovani partiti per andare a combattere in Siria, ha emanato un de-creto col quale ha bandito la Fratellanza Musulmana e proclamato come illegale la partecipazione di cittadini sauditi in conflitti esteri.
Note
1. International Institute for Strategic Studies, Londra, Agosto 2013
2. "Syria's Alawite Force Turned Tide for Assad", Wall Street Journal. 26.08.2013
3. “Shabiha Militias and the Destruction of Syria“, Stephen Starr, CTC, 29.11.2012
4. “Iran and Hezbollah build militia networks in Syria, ”theguardian.com, 12.02.2013
5. “Syrian war widens Sunni-Shia schism”, theguardian.com, 4.06.2013
6. “Baath per le strade di Damasco”, al-akhbar.com, 30.12.2013
7. “Hezbollah Gains Battle Skills in Syria”, nytimes.com, 10.03.2014
P A G I N A 7 N U M E R O 2
Le principali forze dell’opposizione: stime
Coalizione nazionale delle forze dell'opposizione e della rivoluzione
Esercito Siriano Libero Coalizione militare composta da esponenti delle opposizioni e soldati che hanno ab-
bandonato l’esercito governativo. 40’000
1
Fonte Rivoluzionario Siriano Alleanza militare costituitasi nel dicembre del 2013 in seguito alla fusione di 14 brigate
precedentemente appartenenti all’Esercito Siriano Libero. 45’000
2
Fronte Islamico Coalizione di sette gruppi jihadisti sunniti che auspicano l’instaurazione di uno Stato
islamico moderato: è finanziata e armata dall’Arabia Saudita. 50’000
2
Esercito dei Mujaiddeen Coalizione di gruppi moderati d’ispirazione sunnita sorta per contrastare lo Stato Isla-
mico dell’Iraq e del Levante (ISIL). 5’000
2
Al Nusra D’ispirazione sunnita, costituisce l’emanazione di Al Qaeda in Siria, annoverata tra le
organizzazioni terroristiche dalle Nazioni Unite. Mira all’instaurazione di un califfato
islamico e all’implementazione della Sharia.
8’0002
Ahfad al-Rasul D’ispirazione sunnita e finanziato dal Qatar, il gruppo sta perdendo importanza a causa
di massicce defezioni in favore del Fronte Rivoluzionario Siriano. 10’000
3
Stato Islamico dell’Iraq e Levante
Stato Islamico dell’Iraq e del
Levante
Organizzazione jihadista d’ispirazione salafita, sviluppatasi in Iraq nel 2003, in passato
parte della rete di Al Qaeda. Propugna una rigida applicazione della Sharia nei territori
siriani sotto il suo controllo. In conflitto aperto con gli altri gruppi dell’opposizione.
8.0002
Dossier Siria - La guerra civile
Le forze di difesa curde
Unità di Protezione Popolare Organizzazione militare del Consiglio Supremo Curdo che opera a difesa dei territori
del Kurdistan siriano. 45.000
4
Jabhat al-Akrad Organizzazione composta da dissidenti dell’Esercito Siriano Libero, prevalentemente
curdi, da alcuni ritenuta affiliata al PKK. 7.000
5
Sutoro Gruppo militare che opera a tutela della minoranza assira nel Kurdistan siriano, in
cooperazione con le Unità di Protezione Popolare. 1.000
6
Asayish Organizzazione di sicurezza ufficiale dell’amministrazione autonoma del Kurdistan siria-
no. 700
7
Note
1. “Why Syrian Army Can't Crush Opposition". Cnn.com, 25.06.2012
2. “Factbox: Syria's rebel groups”, reuters.com, 09.01.2014
3. “The Non-State Militant Landscape in Syria”, ctc.usma.edu, 27.08.2013
4. “In Syria, Kurds are fighting their own war”, PRI.org, 2611.2013
5. “Jihadi Groups in Syria Have Hijacked FSA“, Rudaw.net. 11.08.2013
6. “Schweizer Söldner im syrischen Bürgerkrieg”, 20min.ch, 12.07.2013
7. “Kurds Build Bridges At Last”, iede.co.uk, 13.10.2013
I numeri riportati hanno un valore indicativo e non sono necessariamente attuali. I gruppi attivi militarmente in Siria, le denomina-
zioni, le alleanze tendono a cambiare molto velocemente. Inoltre, e spesso, i leader delle diverse organizzazioni tendono a esagera-
re il numero degli affettivi a loro disposizione.
P A G I N A 8
M O N D O M I G R A N T I
Guerra in Siria: la carta del conflitto
Wikimedia — 16.03.2014 (© Absalao777) / Aggiornamento al 30 marzo 2014 (©SOS Ticino)
La mappa, aggiornata a fine marzo, mostra la suddivisione delle aree di
controllo tra le principali forze in campo. Il governo Assad ha ripreso il
controllo del sud-ovest del Paese, mentre lo Stato Islamico dell’Iraq e del
Levante contende alle altre forze dell’opposizione, raggruppate nella Coalizione
Nazionale Siriana, le regioni attorno ad Ar-Raqqah. I curdi tentano di difendere
e rafforzare la loro autonomia.
Dossier Siria - La guerra civile
Si consideri che in molte delle principali città uno o più quartieri sono controllati da forze diverse rispetto a quelle territorialmente
dominanti sopra rappresentate. Alcune carte dettagliate della suddivisione di potere nelle principali città sono disponibili on-line.
P A G I N A 9 N U M E R O 2
Lo Stato Islamico dell'Iraq e del Levante (ISIL) è un gruppo fondamentalista che sta svolgendo un
ruolo sempre più importante nel conflitto in corso in Siria. Sviluppatosi in Iraq e attivo per anni
nel conflitto iracheno, esso ha assunto diverse denominazioni, dal 2006, “Stato Islamico dell'Iraq”,
e dall’aprile 2013, quella attuale, per riflettere l'impegno in Siria. L'ISIL è stato dalla sua fondazione
catalogato tra i movimenti affiliati ad Al Qaeda, tanto da essere spesso designato come “Al Qaeda
in Iraq”. In effetti, fino al 2006, l'ISIL si richiamava proprio ad Al Qaeda per definire la propria col-
locazione nel complicato intreccio di conflitti che insanguinano il Medio Oriente e in diverse oc-
casioni i leader di Al Qaeda avevano confermato tale affiliazione.
Dal 2006, l'ISIL non aveva più fatto alcun richiamo esplicito ad Al Qaeda nella sua strategia di comunicazione, anche se la maggioranza degli analisti continuava a ritenere connesse le due organizzazioni. Nell'aprile del 2013, l'ISIL aveva annunciato il proprio impegno nella guerra civile siriana, e questo nonostante la con-trarietà di al-Zawahiri, leader di Al Qaeda. Il 2 febbraio 2014, Al Qaeda1 ha espressamente preso le distanze dall'ISIL, disconoscendo qualsiasi connessione. Detto altrimenti, l'ISIL sarebbe troppo estremista anche per Al Qaeda. Il ripudio di Al Qaeda sembra potersi spiegare con il rigetto delle violenze perpetrate dall'ISIL ai danni di altri gruppi islamisti operanti in Siria e richiama alla mente quanto accaduto durante la guerra civile in Algeria nel 1996. All'epoca, i principali gruppi jihadisti arabi rifiutarono di continuare a supportare il Gruppo Islamico Armato (GIA), perché lo stesso stava dedicando le proprie forze a contrastare gli altri movimenti islamisti, anziché concentrarsi nella guerra al regime algerino. In Siria, nel conflitto tutto interno alle fazioni jihadiste, l'ISIL ha iniziato a etichettare come takfir (infedeli) gli altri gruppi islamisti, attaccandoli sistematicamente e indebolendo in misura sostanziale il fronte dei ribelli. In particolare nel nord della Siria, l'ISIL instaura nei territori sotto il proprio controllo quello Stato Islamico dell'Iraq e del Levante che, coerentemente col proprio nome e i propri ideali, si ritiene immediatamente sovrano e legittimato ad applicare la propria interpretazione, rigidissima, della Sharia, senza accettare neppure l'idea di poter collaborare con gli altri gruppi jihadisti. D'altra parte, l'eccessiva durezza dell'ISIL verso gli altri gruppi jihadisti e verso la stessa po-polazione sunnita nel cercare di imporre la propria visione della Sharia, rischia di distruggere il consenso di cui il jiha-dismo gode presso parte della popolazione. In effetti, Al Qaeda, già dal 2005, relativamente al conflitto iracheno, aveva invitato i movimenti jihadisti a concen-trarsi sui “veri nemici” e a non spargere sangue sunnita, per evitare di ingenerare ostilità nelle popolazioni locali. Al Qaeda sembra dunque aver ufficialmente ripudiato l'ISIL e considera Al Nusra, che fa parte della Coalizione Naziona-le Siriana, come il proprio referente principale in Siria. Già da gennaio 2014, il Fronte Rivoluzionario Siriano (SRF), Jaish al-Mujahedin (JM), e il Fronte Islamico si erano ritrovate a scontrarsi con l'ISIL nel nord della Siria. Nei mesi successivi, gli scontri2 con le altre forze che si oppongono al governo Assad si sono ulteriormente radicaliz-zati. Di fatto, l’ISIL ha indebolito la già fragile coalizione delle opposizioni, agevolando al contempo il consolidamen-to delle forze fedeli al governo. Fuori dalla Siria, nel frattempo, l’immagine delle opposizioni si è drammaticamente degradata. Nell’opinione pubblica occidentale si è diffuso il convincimento che il fronte dei ribelli sia ormai dominato dalle forze fondamentaliste ed estremiste (anche se, in realtà, tali forze rimangono minoritarie nella Coalizione nazio-nale delle forze dell'opposizione e della rivoluzione). Al contempo, le pur comprensibili esitazioni di Stati Uniti e Europa nel sostenere concretamente le organizzazioni antigovernative, con l’interruzione peraltro dei rifornimenti militari (anche non letali), hanno finito per ulteriormente favorire la sopravvivenza del regime. Note
1. “Al-Qaeda disavows ISIS militants in Syria”, bbc.com, 3.02.2014
2. “Rebels v rebels”, economist.com, 23.11.2013
L’ascesa dell’ISIL e la rivincita di Assad
Dossier Siria - La guerra civile
P A G I N A 1 0
… chi si attendeva da
questo nuovo Regolamento
modifiche sostanziali della
precedente disciplina, non
può che esserne rimasto
deluso, soprattutto perché,
nonostante le enunciazioni
di principio contenute nel
suo preambolo, esso non
risolve uno dei problemi
più gravi riscontrati negli
scorsi anni, ovvero quello
della separazione delle
famiglie, costrette a vivere
in Paesi diversi a causa
delle disfunzioni del
sistema Dublino.
Art. 3 Reg. Dublino III
Gli Stati membri esa-
minano qualsiasi do-
manda di protezione
internazionale presen-
tata da un cittadino di
un paese terzo o da un
apolide sul territorio
di qualunque Stato
membro, compreso
alla frontiera e nelle
zone di transito. Una
domanda d’asilo è esa-
minata da un solo Sta-
to membro.
Le origini della Convenzione
Dublino III: protetti a metà
Mario Amato, Consultorio Giuridico
Mandata in pensione la Convenzione di Dublino del 1990 e il cosiddetto
Regolamento Dublino II, questo 2014 accoglie, non senza qualche per-
plessità, il nuovo Regolamento Dublino, detto appunto Dublino III. Il Re-
golamento (UE) n. 604/2013, approvato il 26 giugno 2013, è infatti entra-to in vigore il 1° gennaio 2014 e, come il precedente Dublino II, è applica-
bile anche in Svizzera, in virtù dell’accordo di associazione a Schengen/
Dublino concluso, con l’UE, il 26 ottobre 2004 e entrato in vigore il 12 dicembre 2008.
Negli anni il Regolamento
Dublino è stato sottoposto a
diverse critiche, provenienti
sia dall’Alto Commissariato
delle Nazioni Unite per i Rifu-
giati (UNHCR) che dal Consi-
glio europeo per i rifugiati e
gli esuli (ECRE) e dal Commis-
sario per i diritti umani del
Consiglio d’Europa, dal mo-
mento che quel sistema non
sempre riesce a garantire una
protezione equa, efficiente e
efficace.
Tali aberrazioni del sistema
sono in parte legate anche
all’inesistenza di un diritto
d’asilo comune in Europa.
Sussistono infatti profonde
differenze tra un Paese e l’al-
tro per quanto concerne le
misure di accoglienza, il tasso
di riconoscimento dello sta-
tus, le procedure d’esame
delle domande, anche se, con
l’approvazione e la prossima
entrata in vigore della Diretti-
va qualifiche, della Direttiva
procedure e della Direttiva
accoglienza, il sistema asilo in
Europa dovrebbe presentare
un assetto normativo più
omogeneo.
È da queste critiche, dunque,
che è nata l’esigenza di una
riflessione complessiva sull’ef-
fettiva efficacia del sistema
Dublino, che alla fine ha por-
tato, pur tra critiche e polemi-
che, ad alcune modifiche al
Regolamento preesistente.
Tuttavia, chi si attendeva da
questo nuovo Regolamento
modifiche sostanziali della
precedente disciplina, non può
che esserne rimasto deluso,
soprattutto perché, nonostan-
te le enunciazioni di principio
contenute nel suo preambolo,
esso non risolve uno dei pro-
blemi più gravi riscontrati
negli scorsi anni, ovvero quel-
lo della separazione delle
famiglie, costrette a vivere in
Paesi diversi a causa delle
disfunzioni del sistema Dubli-
no.
Passeremo ora a vedere quali
sono le principali modifiche
introdotte dal nuovo Regola-
mento, alcune delle quali sono
da valutare comunque in ter-
mini positivi.
Il Regolamento Dublino, come
è noto, stabilisce i criteri e i
meccanismi di determinazione
dello Stato membro compe-
tente per l’esame di una do-
manda d’asilo presentata in
uno degli Stati membri da un
cittadino di un Paese terzo o
apolide.
I criteri di determinazione
dello Stato competente, salvo
qualche rara eccezione, sono
di carattere oggettivo, il che
sta a significare che la volontà
del richiedente, ma anche
l’esistenza stessa di legami
familiari e culturali, assume un
carattere residuale.
Con Dublino il richiedente
protezione internazionale,
non ha più la facoltà di sceglie-
re in quale Paese europeo
chiedere asilo, il Regolamento
decide per lui.
In fondo Dublino è stato valu-
to proprio per evitare quel
fenomeno che, con una poco
felice espressione in inglese,
viene definito asylum shopping,
ovvero la presentazione di più
domande d’asilo in diversi
Stati membri.
M O N D O M I G R A N T I
Le novità di Dublino III
P A G I N A 1 1 N U M E R O 2
I criteri per la determinazione dello Stato
competente e la loro gerarchia di applica-
zione restano, in larga misura, invariati.
Sono invece state introdotte misure più
favorevoli nel caso di richiedenti che di-
pendono dall’assistenza di familiari in ragio-
ne di particolari condizioni di salute.
Se, a causa di una gravidanza, di maternità
recente, di malattia grave, di grave disabili-
tà o di età avanzata un richiedente sia di-
pendente dall’assistenza del figlio, del fra-
tello, o del genitore legalmente residente
in uno degli Stati membri o se questi ultimi
dipendono dall’assistenza del richiedente,
gli Stati membri lasciano insieme o ricon-
giungono il richiedente con tale figlio, fra-
tello o genitore, a condizione che i legami
familiari esistessero già nel Paese d’origine,
che il figlio, il fratello, il genitore o il richie-
dente siano in grado di fornire assistenza
alla persona a carico e che gli interessati
abbiano espresso tale desiderio per iscrit-
to.
Si tratta quindi di esprimere maggiore
sensibilità nei confronti di richiedenti parti-
colarmente vulnerabili.
Le novità di maggior rilievo introdotte dal
nuovo Regolamento riguardano tuttavia la
fissazione di termini vincolanti per la pro-
cedura di ripresa in carico, il conferimento
dell’effetto sospensivo al ricorso inoltrato
contro una decisione di trasferimento, il
trattenimento di richiedenti asilo ai fini del
trasferimento e lo scambio di informazioni
sanitarie.
L’esperienza degli ultimi anni ha dimostra-
to che la procedura di ripresa in carico -
cioè la richiesta di uno Stato membro ad
altro Stato membro già individuato in pre-
cedenza quale Stato competente a trattare
la domanda d’asilo - richiede tempi di atte-
sa molto lunghi, a volte superiori ad un
anno.
Dublino III introduce quindi termini più
brevi e vincolanti per la procedura di ri-
presa in carico. La domanda di ripresa in
carico deve quindi essere presentata quan-
to prima ma, in ogni caso, entro due mesi
dal ricevimento della risposta EURODAC,
il database europeo che contiene le im-
pronte digitali di tutti coloro che hanno
chiesto asilo in Europa o che vi sono en-
trati illegalmente.
Se la domanda di ripresa in carico si fonda su
prove diverse dai dati ottenuti dal sistema
EURDAC, essa deve essere inviata allo Stato
membro richiesto entro tre mesi dalla pre-
sentazione della domanda d’asilo.
Dublino III stabilisce che il richiedente abbia
diritto ad un ricorso effettivo contro la deci-
sione di trasferimento e tale ricorso, diver-
samente da quanto avveniva in passato, ha
ora effetto sospensivo, soluzione da anni
richiesta dalle organizzazioni che si occupano
della tutela di richiedenti asilo e rifugiati.
Dublino III introduce poi la possibilità di
trattenere il richiedente ai fini del trasferi-
mento, ma solo ove sussista un rischio note-
vole di fuga, il trattenimento risulti essere
proporzionale e non risultino utilizzabili altre
misure meno coercitive. In questi casi i ter-
mini per la presa o ripresa in carico sono
ridotti a un mese, per la presentazione della
domanda e due settimane per la risposta.
Infine il nuovo Regolamento prevede lo
scambio di informazioni sanitarie prima del
trasferimento e ciò per garantire l’assistenza
sanitaria al richiedente al momento dell’ac-
coglienza nel Paese competente.
Anche questa nuova disposizione risponde
alla necessità di proteggere con più efficacia
quei richiedenti asilo che presentano serie
problematiche di salute in modo tale che
possano essere efficacemente presi a carico
dal sistema sanitario del Paese di destinazio-
ne.
In conclusione Dublino III mantiene l’impian-
to ideologico delle precedenti normative
fondate sul principio di unicità - un solo
Stato è competente a trattare la domanda
d’asilo - e sull’assenza di qualsiasi valore
attribuito alla volontà del richiedente.
Molti elementi di criticità già segnalati in
passato, non vengono risolti dalla nuova
normativa, le famiglie continueranno, in mol-
ti casi, a rimanere separate, mentre i criteri
di determinazione dello Stato competente,
restano fondamentalmente gli stessi.
In primo luogo viene formalizzato il divieto
di trasferire un richiedente asilo verso uno
Stato membro nel quale potrebbe essere
esposto a trattamenti inumani e degradan-
ti.
Evidentemente, nella genesi di questa nuo-
va disposizione, ha giocato un ruolo im-
portante la sentenza della Corte europea
dei diritti dell’uomo (Corte CEDU) del 21
gennaio 2011 la quale, nella vertenza M.S.S
c. Belgio e Grecia, aveva condannato que-
sti due Paesi per violazione dell’art. 3 CE-
DU (norma che vieta, appunto, i tratta-
menti inumani e degradanti) in relazione al
trasferimento verso la Grecia di un richie-
dente asilo afghano, nonostante gli appelli
dell’UNHCR e di altri organismi interna-
zionali a non effettuare trasferimenti in
Grecia in applicazione del Regolamento
Dublino.
È qui interessante notare, soprattutto se
riferito alla prassi del Consiglio federale
per quanto concerne l’individuazione pe-
riodica di Paesi sicuri, che per la Corte
CEDU è inaccettabile il presupposto che
un Paese europeo sia, per definizione,
sicuro.
Ora il Dublino III impone quindi di verifica-
re se nel Paese membro ritenuto compe-
tente a trattare una domanda d’asilo il
richiedente non sia esposto a trattamenti
inumani e degradanti, a causa delle carenze
del sistema asilo di quel Paese.
Il Regolamento Dublino III introduce, inol-
tre, maggiori garanzie nella tutela dei ri-
chiedenti asilo minorenni non accompa-
gnati. Questi, se lo desiderano, potranno
ricongiungersi non solo con i genitori già
presenti in uno Stato membro, ma anche
con altri parenti, quali un fratello, uno zio,
i nonni.
In effetti Dublino III introduce anche la
nozione, prima inesistente, di parenti.
Resta comunque fermo il principio secon-
do il quale, se non ci sono parenti, lo Stato
competente a trattare la domanda d’asilo,
è quello nel quale il minore ha presentato
la sua domanda di protezione.
Il minore ha inoltre diritto ad un rappre-
sentante legale che ha accesso a tutte le
informazioni pertinenti al caso e, in ogni
caso, tutta la procedura deve essere im-
prontata al rispetto dell’interesse superio-
re del minore.
P A G I N A 1 2
Indigenza e affido dei minori in Italia
Intervista al Giudice Luca Massari Pedagogista e già Giudice Onorario presso il Tribunale dei
Minorenni di Milano, Luca Massari è oggi Consigliere Onorario
della Sezione Minori della Corte d’Appello di Milano, nonché
Professore a contratto presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, a Piacenza, dove cura il Laboratorio “Minori e Giustizia”
nell’ambito del Corso di Laurea Magistrale in Progettazione
pedagogica nei servizi per minori.
Abbiamo avuto modo di constatare, nel corso degli ultimi due anni, un numero significativo di
domande d’asilo di donne con minori, provenienti dall’Italia. Si tratta, per lo più, di donne di
origine straniera, che in Italia beneficiano di un regolare permesso di soggiorno per asilo, mo-
tivi umanitari, lavoro o ricongiungimento familiare. Ad accomunare queste donne è la dram-
maticità del vissuto personale: da situazioni economiche di estrema indigenza a vissuti di vio-
lenza domestica e abusi. A spingerle a tentare la via, irrealistica, dell’asilo in Svizzera, è il timo-
re che in Italia lo Stato possa sottrarre loro i figli, ritenendole incapaci di prendersene cura, e questo anche solo per le condizioni di indigenza materiale. E’ davvero possibile che in Italia
un minore sia allontanato dalla propria famiglia, solo perché povera? Per cercare di capirlo,
abbiamo intervistato Luca Massari, già giudice onorario al Tribunale dei Minori di Milano e ora
consigliere onorario alla Corte d’Appello di Milano, sezione minori.
Luca Massari: La legge 184/1983 come modificata dalla legge 28.3.2001, n. 149 esplicitamente chiarisce che: “Le condi-
zioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale non possono essere di ostacolo all'eserci-
zio del diritto del minore alla propria famiglia.” Inoltre, “Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle propr ie
competenze, sostengono, con idonei interventi, nel rispetto della loro autonomia e nei limiti delle risorse finanziarie
disponibili, i nuclei familiari a rischio, al fine di prevenire l'abbandono e di consentire al minore di essere educato
nell'ambito della propria famiglia.”
Mondo Migranti: Quindi, possiamo, almeno in linea di principio, escludere che un minore sia sottratto
alla propria famiglia per sole ragioni di indigenza?
Luca Massari: La possibilità che un minore sia allontanato dalla sua famiglia per sole ragioni di indigenza, da parte di un
Tribunale, è da escludere anche nei fatti; è vero però che le competenze per il sostegno economico delle famiglie so-
no in prevalenza comunali e legate alla disponibilità di risorse: quindi possono esserci situazioni in cui in concreto non
vengono forniti i sufficienti aiuti.
Mondo Migranti: Una madre in difficoltà che si rivolga ai servizi comunali, corre dei rischi?
Luca Massari: E’ escluso (naturalmente errori possono esisterne, ma non ne conosco neanche per via indiretta) che
una madre chieda aiuto al Comune e, per la sua povertà, le vengano allontanati i figli. Può capitare, invece, che il Co-
mune non dia aiuto economico sufficiente. Come può succedere che la conoscenza di un nucleo familiare, partita da
una richiesta di aiuto, metta in evidenza un pregiudizio per il minore, dovuto ad azioni negative o a omissioni dei geni-
tori che può portare alla necessità di intervento sino all’estremo del collocamento in una comunità o presso una fami-
glia.
M O N D O M I G R A N T I
Condizioni e limiti dell’affido extra-familiare
P A G I N A 1 3 N U M E R O 2
Mondo Migranti: Se una famiglia è indigente e costretta a vivere per strada, i minori possono essere allontanati?
Luca Massari: L’affidamento del minore è possibile se i genitori rifiutano il collocamento nella struttura d’accoglienza proposta.
Questo tipo di situazioni possono verificarsi soprattutto quando la proposta di alloggio è destinata alla madre e ai minori, ma non
al padre: in effetti, spesso le strutture disponibili sono destinate ad accogliere le mamme con i minori, e non c’è posto per i padri.
In questi casi, il rifiuto della madre di essere alloggiata senza il marito/padre, espone il minore a una situazione di pericolo, poiché
questi si ritroverebbe a dover continuare a vivere per strada, nonostante la disponibilità di un alloggio. Si, tratta, in questi casi, di
un grave pregiudizio per il minore, che può quindi portare all’affidamento a un’altra famiglia o in comunità.
Mondo Migranti: E cosa accade, se la famiglia vive in un alloggio occupato abusivamente?
Luca Massari: Qui la risposta è più complessa. Normalmente la non corretta occupazione di un immobile non viene valutata come
pregiudizievole per i figli, purché i locali non siano insalubri o addirittura pericolosi. Spetta al giudice esaminare se l’occupazione
abusiva costituisce un tentativo di proteggere il minore o se lo espone a situazioni di pericolo. Questo esame è effettuato nell’am-
bito di un giudizio complessivo sull’adeguatezza dei genitori a esercitare la loro potestà. Tuttavia, le cose cambiano se l’autorità
dispone lo sgombero dell’alloggio occupato abusivamente e i genitori, per opporvisi, utilizzano il minore in modo strumentale (es.
fingendo che abbia la febbre). In questi casi la giurisprudenza è molto severa e il comportamento dei genitori è considerato pre-
giudizievole per il minore, con conseguente probabile allontanamento.
Mondo Migranti: Ipotizziamo il caso estremo di una famiglia che non riesca neppure a nutrire adeguatamente i
propri figli, a causa della povertà.
Luca Massari: Anche in questo caso, non è immaginabile che il minore possa essere allontanato solo per questo motivo. Tuttavia,
una misura di allontanamento sarebbe giustificata se i genitori omettessero di richiedere aiuto ai servizi comunali o rifiutassero le
misure di sostegno proposte dall’autorità.
Mondo Migranti: Esistono differenze, nella prassi dei Tribunali, tra famiglie di europei e di stranieri?
Luca Massari: Le statistiche mostrano che i Tribunali dei Minori sono sollecitati con frequenza decisamente inferiore per la tutela
di minori stranieri. La giurisprudenza, in generale, mostra una maggior comprensione per le difficoltà dei genitori stranieri, tenen-
do conto sia delle diverse peculiarità culturali, sia delle difficoltà correlate a una disponibilità di mezzi finanziari tendenzialmente
inferiore. Questa “maggior tolleranza” è ancora più evidente nei riguardi delle comunità rom. Esistono, inoltre, fenomeni partico-
lari. Capita che minori stranieri in condizioni di irregolarità sul territorio nazionale, pur giunti in Italia insieme alle loro famiglie,
simulino una condizione di minore non accompagnato: la famiglia teme, rivolgendosi ai servizi sociali, una denuncia per il reato di
clandestinità, col rischio di un’espulsione; per contro, il minore non accompagnato, non può essere allontanato dall’Italia e , rivol-
gendosi ai servizi sociali, beneficia di tutte le misure di sostegno previste dall’ordinamento.
Mondo Migranti: Dopo l’affidamento del minore a un’altra famiglia, o in comunità, quali sono le condizioni che ren-
dono possibile il rientro nella famiglia di provenienza?
Luca Massari: Il codice civile (art 332) dice che “Il giudice può reintegrare nella responsabilità genitoriale il genitore che ne è de-
caduto, quando, cessate le ragioni per le quali la decadenza è stata pronunciata, è escluso ogni pericolo di pregiudizio per il figlio.”
In quest’ottica, i servizi sociali sono tenuti a inoltrare al giudice, almeno ogni sei mesi, una relazione sulla situazione familiare. E’
importante che i genitori dimostrino di aver aderito alle misure proposte dal giudice e dai servizi sociali. Da parte sua, anche il
Comune ha tutto l’interesse al rientro in famiglia del minore, anche perché il collocamento esterno ha costi decisamente elevati,
e comunque sempre sensibilmente superiori a quelli delle misure di sostegno che possono essere adottate per aiutare le famigl ie
in difficoltà economica. Tuttavia, l’allontanamento non sempre consente al genitore di raggiungere un miglior assolvimento de l
proprio ruolo. In caso di indigenza, si è osservato che per il genitore può risultare problematico presentarsi puntualmente ai mo-
menti d’incontro fissati con i propri figli, e in questi casi al Comune spetta l’assunzione degli eventuali costi di viaggio. Inoltre, se il
genitore non si presenta a questi momenti d’incontro, il tradimento delle aspettative ingenera gravose sofferenze nel minore.
Qualora questa mancata presentazione si ripeta nel tempo, proprio per risparmiare al minore ulteriori sofferenze questi momenti
d’incontro possono essere sospesi, ma si tratta di situazioni estreme.
Mondo Migranti: Quali sono le garanzie offerte dall’ordinamento ai genitori in caso di procedure di affidamento?
Luca Massari: La decisione è assunta sempre dal giudice, ai genitori è assicurato il diritto di partecipare al procedimento e far
valere le proprie ragioni. Un ruolo importante, ma non necessariamente decisivo, è svolto dai servizi sociali, che redigono apposi-
te relazioni all’attenzione del giudice. In caso d’indigenza, lo Stato si fa carico delle spese e del compenso del difensore di fiducia
dei genitori (Patrocinio a spese dello Stato).
P A G I N A 1 4
Naturalizzazione solo per chi ha un permesso C
Naturalizzazioni più difficili?
Mario Amato, Consultorio Giuridico
Diventare cittadini svizzeri, si sa, non è mai stato facile. E in un futuro prossimo, se la revisione totale della
legge sulla cittadinanza dovesse andare in porto, lo sarà ancora meno. E’ questione di difendere la
“svizzeritudine”, afferma un deputato alle Camere federali, e di riaffermare la valenza politica della procedura
di naturalizzazione, gli fa eco un altro. Insomma il dibattito che da tre anni si sta sviluppando in seno alle isti-
tuzione politiche federali sul tema della revisione della legge sulla cittadinanza, vede gli svizzeri spaccati in due,
come capita di sovente quando questo Paese discute di immigrati e di integrazione: da una parte coloro che
vorrebbero semplificare e rendere più facile l’accesso al passaporto rossocrociato, dall’altra coloro che sono
schierati per la difesa dell’identità svizzera e che ritengono l’acquisizione della cittadinanza un privilegio, da
concedere quindi “cum grano salis”.
Questa disposizione vanifica l’aspetto positivo della riduzione del
termine di soggiorno in Svizzera per presentare la domanda,
dagli attuali dodici anni agli otto contemplati nel disegno di legge.
Difatti solo alcuni cittadini di Paesi dell’Unione Europea potran-
no presentare la domanda di naturalizzazione dopo otto anni di
soggiorno in Svizzera, cioè i cittadini di quei Paesi con i quali la
Svizzera ha concluso un accordo di domicilio, che prevede il
diritto al rilascio di un permesso di domicilio dopo cinque anni
di soggiorno in Svizzera.
Per gli altri, soprattutto i cittadini di Paese terzi per i quali il
permesso “C” può essere richiesto - è quindi una semplice fa-
coltà e non un diritto - dopo un soggiorno di dieci anni in Sviz-
zera, la riduzione del termine di soggiorno ad otto anni non
apporta particolari benefici.
Paradossalmente la revisione della legge penalizza coloro che più
hanno interesse ad acquisire la cittadinanza svizzera, cioè i citta-
dini di Paesi terzi, dal momento che, grazie alla libera circolazio-
ne delle persone, i cittadini dell’UE sono meno interessati al
passaporto rossocrociato.
Il fatto poi che la revisione della legge preveda la possibilità di
avviare una procedura di naturalizzazione solo in presenza del
permesso di domicilio, risulta essere particolarmente penalizzan-
te per chi è al beneficio dell’ammissione provvisoria.
Questo particolare statuto viene conferito allorquando, per una
serie di motivi, l’esecuzione dell’allontanamento verso il Paese
d’origine non è lecita, possibile o esigibile. Nella maggior parte
dei casi, questo provvedimento viene pronunciato rispetto a
richiedenti asilo che non possono essere rinviati nel Paese d’ori-
gine. Una volta in possesso di tale statuto, occorre attendere
almeno altri cinque anni prima di giungere al permesso di dimora
e, successivamente, dieci anni per poter beneficiare del permes-
so di domicilio. Una persona ammessa provvisoriamente dovrà
quindi attendere, prima di chiedere la naturalizzazione, almeno
quindici o vent’anni.
E’ su questi aspetti che si appuntano le principali divergenze tra
le due Camere del Parlamento.
Ma andiamo con ordine e cerchiamo di osservare più da vicino la
genesi e i contenuti di questa revisione rispetto alla quale Consi-
glio Nazionale e Consiglio degli Stati, faticano a trovare un accor-
do. Facendo ciò cerchiamo anche di fornire un quadro di insieme
e una risposta alle tante domande che il servizio giuridico di SOS
Ticino si sente rivolgere da qualche tempo, soprattutto ogni volta
che le divergenze tra le due camere del Parlamento vengono por-
tate all’attenzione dell’opinione pubblica dai media nazionali.
Dopo la bocciatura popolare della revisione della legge nel 2004 -
quella che prevedeva, tra le altre cose, una forma di naturalizzazio-
ne facilitata per i migranti di seconda e terza generazione - l’esi-
genza di una nuova riforma si era fatta più cogente, soprattutto
dopo l’introduzione della nuova Legge sugli stranieri del 2005,
entrata in vigore nel 2008, che precisava alcuni aspetti relativi al
processo di integrazione e l’importanza di quest’ultima rispetto al
passaggio da un tipo di permesso di soggiorno all’altro. Esigenze di
armonizzazione tra le diverse normative hanno fatto sì che anche
nel nuovo progetto di legge fosse inserita una definizione di inte-
grazione, che la legge attualmente in vigore non contempla.
Il principio che sta alla base del progetto di riforma è che la natu-
ralizzazione debba essere concessa soltanto a chi dimostri di esse-
re ben integrato in Svizzera. Inoltre il nuovo disegno di legge pre-
vede condizioni chiare e vincolanti per la naturalizzazione e proce-
dure più semplici, con l’eliminazione di doppioni tra le diverse
autorità chiamate a pronunciarsi.
L’integrazione riuscita si desume, stando al progetto di legge,
dall’osservanza della sicurezza e dell’ordine pubblico; dal rispetto
dei principi fondamentali della Costituzione federale; dalla facoltà
di esprimersi in una lingua nazionale e dalla volontà di partecipare
alla vita economica o di acquisire una formazione.
Chi dimostri quindi un’integrazione riuscita, accede alla naturaliz-
zazione dopo aver soggiornato in Svizzera per otto anni, purché
sia al beneficio di un permesso di domicilio (il permesso “C”).
Quindi in futuro, se il testo di legge dovesse giungere ad essere
approvato - cosa tutt’altro che scontata viste le continue divergen-
za tra le due Camere, sulle quali torneremo più avanti - solo chi
sarà in possesso del permesso C” potrà inoltrare una domanda di
naturalizzazione.
M O N D O M I G R A N T I
Un Parlamento diviso
P A G I N A 1 5 N U M E R O 2
L’unico principio condiviso del progetto di riforma, riguarda proprio il requisito del permesso di domicilio. Sugli altri punti invece sussisto-
no ancora divergenze importanti, ribadite ancora recentemente dalla Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio nazionale.
Quest’ultimo chiede che gli anni di soggiorno in Svizzera necessari per potersi naturalizzare, debbano essere dieci e non otto, come previ-
sto dal progetto di legge. Inoltre gli anni trascorsi in Svizzera tra il decimo e il ventesimo anno di età, sempre secondo il Nazionale, non
devono più contare doppio, come prevede la legge attuale, ma solo quelli tra il quinto e il quindicesimo anno di età.
Inoltre, per il Consiglio degli Stati, gli anni trascorsi in Svizzera al beneficio dell’ammissione provvisoria, devono essere computati negli
anni di soggiorno richiesti per la naturalizzazione, aspetto che non trova invece l’assenso del Nazionale.
Vi è dunque il rischio che la revisione della legge sulla cittadinanza, stante le importanti divergenze tra una Camera e l’altra, venga definiti-
vamente affossata.
Tutti appaiono scontenti: da una parte coloro che vorrebbero permettere l’accesso al passaporto svizzero con più facilità e, dall’altra,
coloro che vorrebbero, appunto, un maggior inasprimento della legge.
Studi sull’impatto delle nuove norme sul tasso di naturalizzazione, dimostrano che queste diminuiranno del 10% se dovesse essere adotta-
to il testo proposto dal Consiglio federale (permesso C e otto anni di soggiorno in Svizzera) e del 16% se dovesse essere approvato il
testo proposto dal Nazionale.
Torneremo comunque a parlarne su queste pagine, dal momento che il Parlamento dovrà nuovamente occuparsi di tale revisione nella
prossima sessione estiva anche se, come detto, il rischio di un affossamento appare sempre più realistico.
La nostra agenda: gli eventi fino ad Agosto Giovedì 22 maggio Dalle 16.00 alle 18.00
Aperitivo inaugurale della sede rinnovata
Atelier Ri-taglio, Viale Portone 23, Bellinzona
Venerdì 13 giugno Dalle 17.00
Assemblea ordinaria dei soci di SOS Ticino
Ospite d’eccezione: la consigliera federale Simonetta Sommaruga
SOS Ticino, Via Cantonale, Rivera
Sabato 21 giugno Tutto il giorno
24. Festival di culture e musiche del mondo - Festate
Presenza di SOS Ticino con bancarella / eventi
Piazza Municipio / Corso San Gottardo
Mercoledì 25 giugno Dalle 17.30 alle 24.00
Sotto lo stesso sole
Presentazione della squadra di calcio di SOS Ticino
Festa con animazione per i bambini e le famiglie
Visione comune delle partite del giorno dei mondiali, tra cui Svizzera-Honduras
Capannone delle Feste, Via Ceresio 25, Lugano-Pregassona
Sabato 9 agosto Dalle 15.00 alle 17.00
SOS Ticino al Festival di Locarno: 15 anni di bici leopardate!
La seconda vita delle biciclette: un’asta di biciclette realizzate dai partecipanti all’atelier Ri-cicletta del SOS con tanti
ospiti a sorpresa. Battitore d’asta: Antonio Bolzani.
Spazio Magnolia/RSI, Locarno
P A G I N A 1 6
M O N D O M I G R A N T I
Libri - Letteratura e Migrazioni Chiara Orelli, Direttrice SOS Ticino
Razzisti a parole (per tacer dei fatti) Federico Faloppa
Edizione Laterza, 2011
Collana: Il Nocciolo
Va salutato con sollievo, e se possibile diffuso, un
libro come questo: che spiega finalmente, con lin-
guaggio agile ed efficace, anche ai lettori non spe-
cialisti - ma su basi rigorosamente scientifiche:
l'autore è solido studioso di fenomeni linguistici - il
significato non neutro dell'uso delle parole; di tutte
le parole, certo, ma in particolare di alcune.
Faloppa prende qui in esame il razzismo diffuso
delle pratiche discorsive, degli assalti verbali
("negro!"), degli atti linguistici che veicolano male-
ducazione (dare del tu a un immigrato anche se
non lo si conosce), dei luoghi comuni, delle genera-
lizzazioni che stigmatizzano: un "razzismo democra-
tico" non meno contundente, e pericoloso, di quel-
lo "dei fatti". Faloppa lo mostra molto bene proprio partendo
dalla parola (insulto) "negro". Che nell'italiano di
oggi non descrive solo una caratteristica fisica, ma
connota e squalifica un individuo, o un gruppo,
proprio in ragione di quella caratteristica fisica.
La parola veicola un giudizio di inferiorità nella misura in cui si porta addosso una storia di violenza, di
sopraffazione, di razzismo ."Negro" ha cioè un valore performativo, è insieme verbo e azione: "chi usa
negro non soltanto dice, ma fa qualcosa".
Qui Faloppa riprende le riflessioni della filosofa americana Judith Butler, che dice giustamente che "chi
usa questi insulti non sarebbe solo ‘responsabile’ del modo in cui vengono detti, ma anche del loro
‘rinvigorimento’: del fatto che grazie ad essi vengono rinforzati, riattualizzati, ‘contesti di odio e di ingiu-
ria’. E i discorsi razzisti funzionerebbero proprio ‘perché invocano una convenzione’ ”. La sedimentazio-
ne dei suoi usi diviene parte del nome stesso: una ripetizione "che dà al nome la sua forza". "Dicendo
negro non solo insultiamo, ma è come se ripetessimo offese formulate e reiterate per secoli prima di
noi".
Vu cumprà, invece, ha una storia più recente - compare nell'uso linguistico italiano nel 1986 - ma non
meno significativa: da allora infatti rapidamente si cristallizza divenendo semanticamente prototipico,
cioè viene sempre (si sottolinei: sempre) associato al suo significato più tipico, composto dai tratti
'africano', 'nero', 'povero', 'irregolare'. Del medesimo periodo, ancora, il passaggio dall'accezione prima-
ria di 'clandestino' come segreto (lotta clandestina, stampa clandestina) a illegale: ben coagulato nell'in-
troduzione del reato di immigrazione clandestina, unicum giuridico italiano, e alla conseguente equazio-
ne 'clandestino' uguale criminale, delinquente. Equazione esemplificata dalla citazione che Faloppa fa, e
illustra, di un titolo, fra i tanti simili, di giornale: 'strage di clandestini in mare. Naufragio nelle acque
tunisine...": clandestini ancor prima di essere nelle acque italiane! Clandestini in potenza, appunto: per
natura, "quasi ontologicamente".
Questo, e molto altro nel bel libro di Faloppa.
La parola veicola un
giudizio di inferiorità
nella misura in cui si
porta addosso una
storia di violenza, di
sopraffazione, di razzi-
smo ."Negro" ha cioè
un valore performativo,
è insieme verbo e azio-
ne: "chi usa negro non
soltanto dice, ma fa
qualcosa".
...un titolo, fra i tanti
simili, di giornale:
'strage di clandestini in
mare. Naufragio nelle
acque tunisine...": clan-
destini ancor prima di
essere nelle acque italia-
ne! Clandestini in poten-
za, appunto: per natura,
"quasi ontologicamente".
Federico Faloppa,
nato a Cuneo nel
1972, oggi è Lectu-
rer di Linguistica
italiana presso il De-
partment of Modern
Languages dell'Uni-
versità di Reading,
Inghilterra, dove
insegna Storia della
lingua italiana e So-
ciolinguistica.
Tra le altre pubbli-
cazioni di Federico
Faloppa, vi segnalia-
mo ‘Lessico e al-
terità’ (Edizioni
dell'Orso), ‘Parole
contro’ (Garzanti) e
‘Non per il po-
tere’ (Chiarelettere)
Rapporto d’attività 2013 I numeri del Servizio Giuridico
P A G I N A 1 7 N U M E R O 2
Nel corso del 2013, il Servizio Giuridico di SOS Ticino, con il Consultorio giuridico di Lugano e
l’Antenna Profughi di Chiasso è stato confrontato con un crescente carico di sollecitazioni, sia
nell’ambito dell’asilo, sia in quello del diritto degli stranieri. In particolare, sono esplose, nell’ultima
parte dell’anno, le richieste di informazioni e chiarimenti in materia di visti da parte di cittadini si-
riani.
Cifre chiave
3428 consultazioni, 1632 per telefono
134 nuovi mandati
197 mandati attivi al 31 dicembre 2013
260 dossier esaminati
90 ricorsi in materia d’asilo, diritto degli stranieri e prestazioni sociali
29 minorenni non accompagnati assistiti
26 interventi in materia di visti e autorizzazioni d’entrata
Origine degli utenti (Antenna Profughi)
Principali ambiti d’intervento
Diritto degli stranieri
Informazioni generali
Revoca / Mancato rinnovo di un permesso
Ricongiungimenti familiari
Casi di rigore
Naturalizzazioni
Visti e autorizzazioni d’entrata
Aiuto d’urgenza
Diritto d’asilo
Informazioni generali
Procedura d’asilo presso l’Ufficio Federale della Migrazione
Analisi delle decisioni e valutazione delle possibilità
Ricorsi contro decisioni negative
Connessione con i servizi di consulenza alla partenza
Visti umanitari
Aiuto d’urgenza
16%
9%
8%
7,50%
7%6%
5%
41,5%
Eritrea
Nigeria
Somalia
Tunisia
Marocco
Sri Lanka
Afghanistan
Altri Paesi
Nell’ambito della migrazione SOS
Ticino si occupa del sostegno alla
popolazione migrante, in particolare
dell’accompagnamento alle perso-
ne che vivono nel nostro cantone e
che fanno riferimento alla politica
d’asilo: richiedenti l’asilo, rifugiati
riconosciuti, persone a statuto pre-
cario.
I progressivi inasprimenti della legi-
slazione svizzera sull’asilo, sempre
più sfavorevole ai migranti, rischiano
di esporre molte persone a situazio-
ni di precarietà e abbandono.
In Svizzera e nel Ticino il Soccorso
operaio svizzero si impegna da tem-
po nella promozione di una società
più giusta dal profilo sociale, econo-
mico e politico. SOS è una delle
principali istituzioni di solidarietà
riconosciute dalla Confederazione e
si articola in una rete di dieci asso-
ciazioni regionali a scopo non lucra-
tivo, presenti in dodici cantoni.
SOS Ticino sviluppa la sua strategia
di sostegno alle persone in difficoltà
negli ambiti della migrazione e della
disoccupazione attraverso due assi
portanti, Lavoro e Integrazione,
attivando servizi e progetti presenti
su tutto il territorio cantonale.
SOS Ticino si impegna ad accogliere
e accompagnare i migranti sul piano
giuridico, sociale e sanitario con
un’offerta capillare e ad ampio rag-
gio di servizi e progetti. Si attiva
inoltre nella promozione dell’inte-
grazione nella nostra società di co-
loro che rimarranno per un lungo
periodo o per tutta la loro vita in
Svizzera, costruendo qui il futuro loro e dei loro figli.
Per conoscere meglio la nostra
attività in Ticino:
www.sos-ti.ch.
Consultorio Giuridico
Via Zurigo 17
6900 LUGANO
Tel.: 091- 923 18 67
Fax: 091- 923 19 24
E-mail: [email protected]
Antenna Profughi
Via Dunant 2
6830 Chiasso
Tel.: 091- 683 08 93
Fax: 091 - 683 08 92
E-mail: [email protected]
Il Servizio giuridico di SOS Ticino, attraverso il
Consultorio di Lugano e l’Antenna Profughi di
Chiasso, offre consulenza giuridica e rappresen-
tanza legale ai richiedenti d’asilo, ascoltandone
le ragioni, aiutandoli a comprendere lo svolgi-
mento e le esigenze della procedura e assisten-
doli nella redazione di eventuali ricorsi. Inoltre,
e con sempre maggior frequenza, il Servizio
offre a tutti i migranti consulenza in materia di
ottenimento, rinnovo e revoca di permessi di
soggiorno, oltre che in un ampio ventaglio di
altre materie legali.
SERVIZIO GIURIDICO
SOS TICINO
SOS Ticino
DIREZIONE
SOS Ticino
Via Zurigo 17
6900 LUGANO
E-mail: [email protected]
Top Related