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    Tullio Forno

    Una leva militare a Susanegli anni del Risorgimento

    Il conte feldmaresciallo austriaco Radetzky, dopo la battaglia di No-vara (23 marzo 1849), ammise apertamente di aver vinto grazie al mag-gior numero di uomini in campo.

    Nonostante questo riconoscimento del leale comandante avversario,il generale piemontese Alfonso La Marmora, ministro della Guerra dalnovembre 1849 fino al gennaio 1860 (salvo la parentesi della guerra diCrimea), si dedicò al rinnovamento dell’esercito piemontese (1) raffor-zandone le caratteristiche «d’ordine, di solidità, di probità». Ma oltre aquesti valori, e al coraggio in battaglia, si diede mano a migliorare i ser-vizi quasi inesistenti della sussistenza e della sanità; si istituì la scuoladi fanteria a Ivrea; scuole reggimentali (con la novità delle bibliotechemilitari); nuove regole per l’ammissione degli ufficiali allo Stato mag-giore; reparti più agili di cavalleria; nel 1852 scuola di cavalleria a Pine-rolo.

    Per l’artiglieria (con la sua ben nota scuola di Torino), consideratabuona, fu operata la scelta di mantenere peso e potenza, anche a scapitodella mobilità.

    Nel 1853 si istituì un’intendenza militare destinata a coordinare il

    SEGUSIUM - RICERCHE E STUDI VALSUSINI A. XXXV - VOL. 36 (1998) pagg. 103-115

    (1) Nel 1849 l’esercito del Regno di Sardegna si poteva dire «piemontese» anche per la pre-cisa ragione che la Sardegna era esclusa dal reclutamento e lo sarà fino ai primi anni del decen-nio 1850. La truppa era perciò formata in stragrande maggioranza da piemontesi e in numerominore (in rapporto alla popolazione) dai savoiardi e dai liguri. La regola di quel tempo era: unadivisione circa ogni milione di abitanti. Nella prima Guerra d’Indipendenza le divisioni d’ordi-

    nanza del Regno di Sardegna erano 5.

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    funzionamento delle sussistenze, perché le dolorose esperienze del pas-

    sato consigliavano di evitare per quanto possibile che i soldati affamatie assetati dovessero sovente cedere per sfinimento durante i combatti-menti.

    Particolare cura venne dedicata al reclutamento per passare dall’e-sercito «di massa» a quello «di qualità»; prevalse così l’esercito «di ca-serma», ossia quello a lunga ferma ritenuta necessaria per creare lo spi-rito militare (ésprit militaire), buon addestramento e affiatamento neireparti (2).

    La legge sul Reclutamento del 20 marzo 1854 (3) stabiliva 5 classi

    sotto le armi, più 5 di seconda categoria con chiamata di quaranta giorniogni anno (e l’obbligo di non prendere moglie per cinque anni). Eranoinoltre disponibili 6 classi di «riservisti». Il servizio militare – o «fer-ma» – durava 5 anni per la fanteria, 6 per i bersaglieri, l’artiglieria e lacavalleria.

    A Torino nel 1856 il generale Carlo Mezzacapo (4) fondò la «RivistaMilitare». Le forze armate del Regno di Sardegna non disdegnavanopiù come perditempo né l’istruzione, né la lettura, né l’interesse teorico-tecnico per i problemi militari in un’epoca in cui quasi dovunque in Eu-ropa a proposito degli ufficiali si era d’accordo con questi versetti: «Ladote di maggior effetto / è il carattere, non l’intelletto». E il carattere erasoprattutto il coraggio imperturbabile per guidare «gli uomini al fuo-co».

    L’imperatore Francesco Giuseppe aveva scritto che «la forza dell’e-sercito non è tanto negli ufficiali istruiti, quanto in quelli fedeli e corag-giosi». Ancora più drastico il generale francese Mac-Mahon, il vincito-

    (2) Ad alimentare lo spirito militare, dovunque, hanno contribuito per molto tempo – anchenon lontano – soprattutto il canto e «la letteratura di memoria», perché «nessun evento colletti-

    vo è un fattore scatenante – di bisogno di narrare per iscritto e a voce – paragonabile alle guer-re» (MARIO ISNENGHI, Le guerre degli italiani - Parole, immagini, ricordi - 1848/1945, Monda-dori, Milano 1989). Tra i canti la celebre, indistruttibile Addio, mia bella, addio, autore il fio-rentino CARLO BOSI nel 1848. Tra i molti libri la raccolta di bozzetti di EDMONDO DE AMICIS, Vi-ta militare, pubblicato nel 1868. L’autore curò una nuova edizione nel 1880, che nel 1908 eraalla 65ª ristampa. Dunque un’opera letteraria di enorme fortuna, evidentemente in sintonia conpensieri e sentimenti di tanti italiani per spiegarne il successo così duraturo.

    (3) In precedenza la leva per il servizio militare era disposta e regolata dal regio editto del 16dicembre 1837.

    (4) I due fratelli Luigi e Carlo Mezzacapo, entrambi militari, avevano disertato dall’esercitonapoletano quando il loro re Ferdinando II (il «re Bomba») aveva fatto rientrare il corpo di spe-dizione dalla guerra del 1848 a fianco del Regno di Sardegna. I due fratelli, insieme con parec-

    chi altri, si erano rifugiati in Piemonte.

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    In alto: una pattuglia dei Lancieri di Montebello in esplorazione. È uno dei numerosi dipinti di Quin- to Cenni ed è dedicato al reggimento di cavalleria che prese il nome dal primo scontro (20 maggio 1859) della seconda Guerra d’Indipendenza.In basso: divise della fanteria di linea e dei bersaglieri dell’esercito italiano all’inizio degli anni 1860.

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    re di Magenta (per questo «duca di Magenta») che minacciò di esclude-

    re dall’avanzamento ogni ufficiale «il cui nome figuri sul frontespiziodi un libro». Anche la letteratura narrativa affronta questo tema: «Il ca-pitano Trotta non leggeva mai libri e dentro di sé compiangeva il figliogià grandicello che doveva cominciare ad affannarsi col gesso, la tavolae la lavagna, la carta, il righello e la tavola pitagorica, e che era attesodagli inevitabili libri di lettura» (JOSEPH ROTH, La marcia di Radetzky,Ed. Longanesi, pagg. 20-21).

    In Italia con la gestione La Marmora al ministero della Guerra si fa-ceva strada un po’ di cultura militare, oltre ad una più accurata scelta

    nell’arruolamento della truppa: con la legge del 1854 sul reclutamento«soltanto un uomo ogni 55 veniva chiamato alle armi» (5). Abbastanzanumerosi erano i volontari.

    La successiva legge sul reclutamento ridusse un po’ le esenzioni, mavenne in effetti applicata solo nell’estate 1859, quando la seconda Guer-ra d’Indipendenza era da tempo iniziata. Questo ritardo si spiega con ledifficoltà del bilancio del Regno di Sardegna a sopportare un più mas-siccio sforzo militare, visto che il ministero della Guerra assorbiva già il28% delle complessive spese dello Stato.

    A ciò si aggiunga che un accrescimento dell’esercito avrebbe richie-sto altri ufficiali e sottufficiali per inquadrare gli uomini in nuovi repar-ti e che né le accademie di Torino, Ivrea e Pinerolo, né il collegio milita-re di Asti erano in grado di formare rapidamente.

    In questa situazione nel 1859 il Regno di Sardegna aveva in camposolo 65.000 uomini preparati al combattimento, invece dei 100.000 pre-visti. I francesi di Napoleone III erano 200.000, come promesso dal-l’imperatore, e una parte rilevante di quell’esercito si era diretta ai cam-pi di battaglia salendo sui treni a Susa dove la ferrovia era arrivata dacinque anni. Fu un evento nuovo nella logistica militare e funzionò in

    maniera soddisfacente.

    (5) JOHN WHITTAM, Storia dell’esercito italiano, Ed. Rizzoli, Milano 1979. La bibliografia inmateria militare è assai vasta. A titolo orientativo citiamo; FRANCO CARDINI, Quella antica festacrudele. Guerra e cultura della guerra dal Medioevo alla Rivoluzione francese, Ed. Mondadori,Milano 1995; NICOLA BRANCACCIO, L’esercito del vecchio Piemonte. Gli ordinamenti, Roma1923; C. BAUDINO, Istituzioni militari del Piemonte, Torino 1960; SABINA LORIGA, Soldati. L’i-stituzione militare nel Piemonte del Settecento, Ed. Marsilio, Venezia 1992; PIERO PIERI, Storia

    militare del Risorgimento. Guerre e insurrezioni, Ed. Einaudi, Torino 1962.

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    Abili, riformati, renitenti

    Con le sopra accennate norme di legge si procedette al reclutamentodella classe 1843.

    La relazione del maggior generale Federico Torre «direttore generaledella Leva, Bassa-Forza e matricola» al ministero della Guerra, luogo-tenente generale conte Agostino Petitti di Roreto (6), ci informa che, conlegge 8 agosto, la leva venne effettuata dal 25 settembre al 15 dicembre«sui giovani nati nel 1843 in tutte le provincie del Regno», con le tre fa-si consuete di allora: estrazione dei numeri a sorte («tirare il numero»),«visita» dei coscritti, successivo arruolamento degli abili.

    Con la legge dell’agosto il ministro della Guerra chiedeva 55.000 di1ª categoria da scegliere sul numero complessivo iniziale di 253.100«iscritti nelle liste di leva di tutti i circondari del Regno».

    A una prima verifica vennero cancellati 12.634 morti, 4.807 iscritti«marittimi» (cioè destinati alla marina da guerra) e altri esentati per ra-gioni varie, cosicché gli iscritti «nelle liste di estrazione» furono232.154 (223.734 per la precedente classe 1842). Altri 5.539 nomi ven-nero depennati per «decessi nelle ultime settimane», per doppie regi-strazioni o per altri errori.

    Alla prima cernita si ebbero 56.074 riformati (24,15% su tutta la levadi 232.154): «per infermità o deformità 33.156 (14,28%); per difetto distatura 22.918 (9,87%)». Se consideriamo che la statura minima richie-sta per il servizio militare era di m. 1,54, un secolo e mezzo fa eravamoun popolo di piccoletti.

    «I circondari in cui le riforme ascesero a più alta proporzione furo-no»:

    Aosta 57,59% Catanzaro 40,96%Susa 45,72% Chiari 40,49%

    Lanusei 45,46% Sondrio 40,06%Iglesias 41,48% Matera 38,86%Terranova 41,14% Saluzzo 37,25%

    Al contrario il minor numero di riformati si ebbe a:Cento 12,19% Orvieto * 13,43%Urbino * 12,97% Casoria 13,46%Napoli * 13,03% Città Ducale * 13,95%

    (6) Presidente del Consiglio dei Ministri era l’on. Marco Minghetti (Bologna 1818-1886),

    uomo di stato, economista, storico.

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    Un’ambulanza militare del 1866 dell’esercito italiano. I feriti, trasportati in barella («lettighe mobi- li») dal campo di battaglia, venivano medicati e ricoverati in questi carri trainati da due cavalli. Ri- spetto alle precedenti guerre ottocentesche questo pur modesto servizio di sanità militare rappre- 

    sentò un rilevante miglioramento.

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    Fiorenzuola 13,12% Albenga 14,05%

    Avezzano 13,23% Isola d’Elba 14,17% (7

    ).

    La relazione ci propone altri dati su vari aspetti (statura, esenzioni,ecc.), però è la tabella riassuntiva che merita di essere riportata. Su232.154 giovani della classe 1843 iscritti nelle liste di leva, in base allalegge che ne richiedeva 55.000 di 1ª categoria, ne furono reclutati53.973, compresi i circa 2.500 volontari; 35.973 vennero assegnati alcontingente di 2ª categoria, 56.074 i riformati, 57.781 gli esentati,15.223 i rivedibili. Si ebbero poi circa 19.000 fra renitenti e cancellatidalle liste per errori vari.

    I giovanotti di 1ª categoria vennero assegnati ai vari corpi militarinelle seguenti quantità:

    Fanteria di linea 37.245bersaglieri 4.215cavalleria 5.033artiglieria 5.135zappatori del genio 1.019treno d’armata (8) 881fanteria real marina 929

    corpo d’amministrazione 302carabinieri reali 1.530depositi cavalli-stalloni 104

    * * *

    Una condizione rilevante per scartare i giovani alla leva erano pur-troppo numerose malattie che la relazione ministeriale elenca come se-gue:

    Gracilità, dimagrimento e polisarcia 3.183Cirsocele e varicocele 3.143Gozzi, tumori glandolari e gola grossa 2.954

    (7) I circondari segnati con l’asterisco sono quelli nei quali i renitenti alla leva «furono ingran numero». In totale i renitenti alla leva della classe 1843 furono 13.476, pari al 5,80%, men-tre quelli della classe 1842 erano stati quasi il doppio, ossia l’11,51%, con in testa il circondariodi Napoli seguito da Chiavari, Orvieto, Città Ducale, Fermo, Camerino, Foligno, Catania, Poz-zuoli, Spoleto. Al contrario Cremona, Brescia, Vercelli con lo zero e pochi centesimi, avevanole percentuali più basse di renitenti.

    (8) Un’enciclopedia popolare di fine Ottocento dice: «Nome generico degli uomini, dei ca-

    valli e dei carri coi quali si traportano negli eserciti ogni sorta di arnesi e d’attrezzi militari».

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    Ernie e sventramenti 2.572

    Claudicazione e altre deformità 2.259Varici 1.839Tigna ed alopecia 1.663

    In totale 17.613 giovani coscritti riformati per malattie varie, spec-chio fin troppo chiaro delle condizioni sanitarie generali, se, come hascritto Robert Aron in Peace and war (Londra, 1966) «un esercito èsempre un’organizzazione sociale, espressione dell’intera collettività».

    A commento delle varie motivazioni che provocavano le esenzioni

    dal servizio militare, si legge una considerazione conclusiva: «Come nel-le leve antecedenti, così anche in questa non mancarono tentativi di car-pire le riforme per parte degli inscritti, e non mancarono complici che liaiutarono nelle loro frodi. In generale però il sentimento di moralità e digiustizia prevalse, e molti Consigli di leva mostrarono lodevole fermez-za denunciando anche ai tribunali, ove vi fu bisogno, i colpevoli».

    * * *

    Leggendo queste ultime frasi viene il dubbio fondato che i giovanot-ti delle leva 1843 avessero scarso entusiasmo per «la bella vita militar»,proprio negli anni in cui il generale modenese Manfredo Fanti, ministrodella Guerra, teneva a battesimo l’Esercito Italiano (non più del Regnodi Sardegna).

    Le ragioni ci sono. Quando nei primi mesi del 1864 – allora si anda-va alle armi a 21 anni – la classe 1843 vestì la divisa, l’unità d’Italia erastata proclamata appena da tre anni e due soli fra gli Stati italiani preu-nitari, Regno di Sardegna e Regno delle Due Sicilie, avevano un eserci-to «nazionale». Così stando le cose la coscrizione obbligatoria fu una

    novità anche traumatica in parecchie province del giovanissimo Regnod’Italia, con la conseguente alta renitenza e la ricerca di scappatoie perevitare il lungo servizio militare, in un ambiente ignoto, lontano dallafamiglia, fuori dal limitato orizzonte del proprio paese di origine.

    Inoltre, fra gli studiosi dei problemi militari si riscontra una notevoleconcordanza sul fatto che quasi soltanto nel Regno di Sardegna, per lun-ga tradizione, lo spirito militare aveva diffuse radici e la divisa per nonpochi giovani rappresentava un apprezzato segno di eccellenza, il rico-noscimento di prestanza fisica, un autentico motivo di orgoglio.

    Era in terra piemontese che gli «abili arruolati» schernivano i coeta-

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    nei di 2ª categoria, i rivedibili e i riformati proclamando: «I bei fieui van

     fé ’l soldà, i badola stan a cà» («I ragazzi prestanti fanno i soldati, igrulli restano a casa»). Oppure – forse ancora più offensivo – «Chi nonè buono per il re non le è neppure per la regina!».

    In Valle di Susa, quando c’era Napoleone

    Dagli anni risorgimentali facciamo un passo indietro, neanche tantolungo. Le caratteristiche sono però analoghe perché nel Piemonte an-nesso all’impero francese le regole della coscrizione obbligatoria erano

    all’incirca le medesime. Inoltre, in Piemonte la leva militare non erauna novità; infatti esisteva in pratica dal secondo decennio del Settecen-to da quando gli uomini validi dai diciotto ai quarant’anni venivano re-clutati per la formazione dei «reggimenti provinciali» di re VittorioAmedeo II.

    In anni napoleonici i giovani arruolati obbligatoriamente in casa no-stra, vestiti in divisa francese, marciarono e combatterono in tutta l’Eu-ropa, dalla Spagna alla Russia e molti non tornarono più da quei lontanipaesi sconosciuti.

    Per il periodo napoleonico, dall’inizio dell’Ottocento, ossia una cin-quantina d’anni prima che i nostri coscritti di Susa della classe 1843 an-dassero alla visita di leva, conosciamo una serie di dati statistici che Et-tore Patria scoprì e pubblicò, con ampio corredo di note, nel n. 21 di«Segusium» (1985).

    Nei quattro «cantoni» dell’Alta Valle di Susa (Bardonecchia, Cesa-na, Oulx, Susa, a loro volta comprendenti vari comuni minori) alla «le-va del 1788 chiamata sotto le armi in anticipo nel 1807... su 123 iscrittinelle liste di leva solo 41 (esattamente un terzo) sono dichiarati abili edi questi soltanto 29 (23,5% dei coscritti) verranno arruolati. Fra gli 82

    riformati ne abbiamo 58 (il 47%) che non raggiungono l’altezza minimarichiesta di 155 centimetri; fra gli altri riformati troviamo: asmatici n. 1,epilettici n. 8, storpi n. 5, molto balbuzienti n. 2, sordi n. 2, con ulceredi varia natura (al cranio e specialmente alle gambe) n. 2, orbi dell’oc-chio destro n. 2, gozzuti n. 1, scrofolosi n. 1».

    Commenta Ettore Patria la sua precisa documentazione: «Le durecondizioni nelle quali i contadini dovevano svolgere il loro lavoro inmontagna, la pessima alimentazione, i lunghi inverni trascorsi nelle stal-le, congiunti ai matrimoni tra consanguinei, facevano sì che numerosi

    fossero i minorati tra la popolazione dell’Alta Valle».

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    Circa mezzo secolo dopo, quella situazione emersa dalla leva militare

    e registrata nel 1807 doveva essere rimasta quasi identica, facendo pro-babilmente una modesta eccezione per Susa, la cittadina dove i giovanicontadini erano una minoranza rispetto agli altri centri della Valle (9).

    I giovanotti di Susa: classe 1843

    Quando nel 1863 i coscritti ventenni si presentarono alla leva, nei ca-poluoghi di mandamento, Susa da quattro anni non era più capoluogo diprovincia: come Pinerolo, Ivrea, Casale Monferrato e varie altre città

    era scesa al rango meno importante di Circondario.Allora l’anagrafe delle nascite era ancora tenuta dalle parrocchie e losarà fino al gennaio 1866 quando l’intero stato civile passò ai Comuni.Perciò nel 1863 fra l’autorità religiosa e quella civile avveniva unoscambio frequente di carte e informazioni perché la leva militare era dicompetenza di Comuni, Mandamenti, Circondari. Inoltre i coscritti ave-vano l’obbligo di farsi iscrivere nelle liste di leva nel ventesimo anno dietà.

    Un coscritto segusino che lavorava a Torino così scrisse ai suoi fami-liari: «...spero di entrare nella fabbrica del sale e tabaco in qualità di mi-nusiere (10), vi prego di andare dal sindaco di Susa a consegnarmi per lamia leva militare... Questo è il mio indiriso, censa del sale e tabaco viadella Cernaia n. 59 Torino».

    La lettera reca la data del gennaio 1863, quindi il giovanotto sipreoccupò con buon tempismo di regolarizzare la sua posizione. L’orto-grafia non appare impeccabile, ma il ragazzo si esprime chiaramente (inPiemonte la percentuale di analfabeti era soltanto del 50% circa, la piùbassa d’Italia, contro l’80% della media nazionale).

    Probabilmente andò il padre a «consegnare» il figlio in municipio

    dove si compilavano le liste dei coscritti «in apposito registro» a dispo-sizione delle Commissioni di leva.

    Dalle carte dell’Archivio Storico del Comune di Susa risulta il se-guente elenco dei giovani della città nati nel 1843, chiamati alla leva

    (9) A causa dell’alta mortalità infantile si può rilevare che, per esempio, i nati vivi maschinel 1788 nel comune di Exilles erano stati 30 (38 le femmine) e soltanto 12 avevano raggiuntol’età di 19 anni. Quando i 12 ragazzi si recarono alla visita di leva soltanto 3 vennero dichiarati«abili».

    (10) Minusié era il falegname fabbricante di mobili (dal francese menuisier ). «Acconciatore»

    significa conciatore di pellami.

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    militare e accanto ad ogni nome si può leggere qualche annotazione

    quasi sempre limitata al solo mestiere.Sfogliamo dunque il «Giornale ossia registro d’iscrizione dei giovani

    che devono far parte della leva per la classe 1843 per il mandamento diSusa». Nel Comune capoluogo abbiamo il suddetto elenco (11):

    REGIS figlio unico di madre vedova, studente (in condizione diesonero)

    ROCCI (senza alcuna annotazione)PELLISSERO contadinoBRUNO contadino

    PIOLA apprendista prestinaio (ossia panettiere)ELIA garzone serragliere (fabbro ferraio)ALLAIS garzone calzolaioCAFFO impiegato in una fabbrica di vetri a TorinoGRAVERY esente per avere un fratello al militare servizio nella 10ª

    compagnia zappatori del genio - studenteDEGIORGIS a Torino - Leva a TorinoBRUNO scritturale di notaioICARD a Nizza, nel 1860 la famiglia ha optato per la nazionalità

    francese (12)ENRICO contadinoFAVRO contadino - deceduto a 2 anni; e anche errore della par-

    rocchia perché era nato nel 1845BERSANO senza professioneRAVIOLA domicilio a Saluzzo, nelle liste di quella cittàGRIFFA garzone muratoreLAGABLE esposto, figlio della maternità di Torino, lavora come mi-

    nusiere nello stabilimento dell’Ospedale di Carità; sicco-me ha vissuto 16 anni in una famiglia di Mattie vuole fa-

    re la leva a SusaTURIBIO di N.N., esposto - contadinoMORINO a TorinoVARESE calzolaioFAVRETTO impiegato alle dogane di Parma

    (11) Per ragioni di riserbo abbiamo ritenuto doveroso omettere il nome di battesimo di tutti icoscritti citati.

    (12) All’atto della cessione di Nizza e della Savoia alla Francia (aprile 1860) i sudditi sabau-di di quelle terre poterono scegliere fra la cittadinanza italiana e quella francese. La famiglia

    Icard aveva optato per la Francia.

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    BERT acconciatore (ossia conciatore)

    MARENCO a TorinoTOMATIS calzolaioAUDAZ acconciatore (a Lanslebourg)GROSSO a SassariBORGO figlio naturale, esposto alla maternità di Torino - decedu-

    toVACCANEO figlio del segretario della Corte d’Appello di Casale - de-

    sidera far parte della leva di SusaVOTTERO contadino

    MARTELLO praticante causidico (non ha diritto all’esenzione).

    Escludendo i due deceduti (dei quali uno all’età di due anni e mante-nuto in vita per errore nei registri della parrocchia), sui 29 giovani diSusa viventi segnati nella lista di leva, di 8 non conosciamo il mestiere;6 erano contadini, 3 calzolai, 3 impiegati e scritturali, 2 studenti, 2 con-ciatori, 1 panettiere (prestinaio), fabbro ferraio, vetraio, muratore, mi-nusiere (falegname).

    In un centro cittadino, sia pure di modeste dimensioni come Susa,prevalevano i mestieri artigianali su quello contadino e vi erano cinquefra studenti e impiegati. Negli altri centri abitati della Valle, invece, lepercentuali erano in netto favore dei lavori agricoli.

    Dai documenti comunali non è possibile seguire l’esito della visita dileva, del sorteggio, delle esenzioni, di quanti hanno fatto il servizio mi-litare, forse partecipando alla terza Guerra d’Indipendenza o alla presadi Roma del 1870.

    * * *

    La nostra piccola indagine nell’Archivio Comunale di Susa si fermaalle liste di leva perché qui cessavano le competenze dell’autorità civilelocale. Ci sono certamente alcune curiosità insoddisfatte, ma il nostroobiettivo era soltanto quello di osservare lo spaccato di una leva milita-re in un comune nella nostra valle negli anni del Risorgimento; ossia uncampione di quella giovane umanità e talune caratteristiche salienti, co-me potevano essere le attività lavorative quando ad una occupazione cisi dedicava assai presto nella vita.

    E oltre ad alcuni dati buoni per le statistiche, anche un posto in prima

    fila hanno i sentimenti. Il trovatello che volle fare la leva con gli amici

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    d’infanzia perché era vissuto sedici anni a Mattie e certamente aveva il

    ricordo di giorni sereni in una famiglia del luogo. Oppure il figlio delsegretario della Corte d’Appello di Casale Monferrato che volle rivede-re alla leva i coetanei di Susa dove probabilmente era cresciuto duranteun precedente incarico professionale del padre.

    In sostanza, anche le carte burocratiche come quelle da noi consulta-te possono nascondere e conservare nelle loro pieghe aspetti umani diqualità fine che nel nostro caso trovarono l’occasione della leva militareper venire allo scoperto.

    Il celebre pittore Giovanni Fattori (1825-1908) dedicò numerose opere a rappresentazioni di vita militare. Qui riproduciamo un particolare di «La battaglia di Custoza» (1866), quadro che si trova 

    alla Galleria d’Arte Moderna di Firenze.