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LE “NUOVE” SOCIETÀ DI COMODO Modena, 16 aprile 2012 Luca Gaiani – dottore commercialista

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PREMESSA: IL FISCO DICHIARA GUERRA ALLE SOCIETÀ «SCHERMO» La manovra fiscale di Ferragosto 2011 contiene tre misure di contrasto alle cosiddette società “schermo”, cioè quelle a strutture, di persone o di capitali, utilizzate per la mera intestazione di beni che restano nella disponibilità dei soci. Innanzitutto sono state apportate due rilevanti modifiche alla disciplina delle società non operative: aumento al 38% dell’aliquota Ires e introduzione di una nuova presunzione di non operatività per chi è in perdita per tre anni consecutivi. Quest’ultima norma obbligherà molte società con risultati negativi, ma senza le finalità tipiche degli enti di comodo, ad interpellare preventivamente il fisco per farsi certificare la reale causa delle perdite sfuggendo in tal modo alla penalizzazione. La terza stretta consiste nella introduzione di una nuova ipotesi di tassazione dei soci che utilizzano beni aziendali pagando un prezzo inferiore al valore di mercato del servizio. Il fisco indagherà anche sulle disponibilità da parte di persone fisiche di beni intestati alle società, al fine di potenziare gli accertamenti sintetici e da redditometro: è stata a tal fine introdotta una nuova comunicazione che le società o i soci devono inviare all’Agenzia delle entrate circa i beni concessi in uso ai soci e i finanziamenti e gli apporti effettuati da questi ultimi. Il quadro normativo delle società non operative, a seguito dei più recenti interventi, è davvero intricato. Abbiamo perciò riepilogato tutte le regole, vecchie e nuove, da applicare nel calcolo delle imposte di tali società, analizzando in appositi paragrafi le casistiche pratiche che si possono presentare, fornendo le possibili soluzioni al problemi. Le novità in materia di società di comodo decorrono dall’esercizio 2012 (esercizio successivo a quello in corso al 17 settembre 2011), applicandosi dunque per la prima volta nel modello Unico 2013, ma risulta comunque opportuno prendere in esame la disciplina sin d’ora al fine di impostare correttamente le situazioni rilevanti.

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La DISCIPLINA delle SOCIETA’ non OPERATIVE DOPO la MANOVRA ESTIVA 2011

Le novità per le società di comodo in pillole

A) IRES al 38%

Viene introdotta una maggiorazione Ires del 10,5% per le società di capitali considerate di comodo (anche per effetto della nuova situazione descritta al punto che segue); l’aliquota nominale sul reddito cresce dunque dal 27,5% al 38% a decorrere dall’esercizio 2012. La maggiorazione si applica anche alla quota di reddito imputato a società di capitali, da società di persone di comodo, nonché al reddito di società di capitali che hanno optato per la tassazione di gruppo o per il regime di trasparenza.

Gli acconti Ires del 16 giugno 2012 e del 30 novembre 2012 si calcoleranno come se la norma fosse già in vigore nel 2011 e dunque avendo a base una imposta storica maggiorata del 10,5%.

Nessun aggravio per le Snc e le Sas di comodo che imputano il reddito a persone fisiche soggette all’Irpef.

B) Società in perdita triennale

Le società che, pur superando le soglie di ricavi minimi, dichiarano perdite fiscali per tre esercizi consecutivi, oppure due volte una perdita e una volta un reddito inferiore al minimo degli enti non operativi, diventano di comodo nell’esercizio ancora seguente;

La novità scatta dal 2012 avendo a base, per la prima applicazione, il triennio 2009-2011 e si considera anche per il ricalcolo degli acconti

Valgono le cause di disapplicazione previste per le altre società non operative, compresa la possibilità di interpello

1. FINALITÀ DELLA NORMA E SOGGETTI INTERESSATI Le disposizioni sulle cosiddette società non operative sono contenute nell’art. 30 della L. 724/1994, disposizione più volte modificata dal legislatore (da ultimo con la L. 244/2007). Esse intendono sostanzialmente colpire l’utilizzo di società commerciali per la mera intestazione di beni che restano nella disponibilità di persone fisiche. Le norme, che sono state affiancate da ulteriori disposizioni contenute nel D.L. 138/2011, si applicano ai seguenti contribuenti (elencazione tassativa):

società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché società ed enti di ogni tipo non residenti, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato.

Sono soggettivamente escluse dalla disciplina le società semplici, non esercenti attività di impresa, le società cooperative, le mutue assicurazioni, gli enti commerciali e non commerciali, le società consortili, le società non residenti senza stabile organizzazione nel nostro paese. Le società estere per le quali la residenza italiana è presunta ai sensi dell’art. 73, comma 5-bis del Tuir (cosiddetta “esterovestizione”), rientrano invece (essendo equiparate ai soggetti fiscalmente residenti) tra i contribuenti che devono applicare la normativa sugli enti non operativi. Le disposizioni sulle società non operative, che prevedono un notevole aggravio di imposta ai fini Ires, Irap e Iva, si applicano ai contribuenti che non superano il cosiddetto test dei ricavi minimi disciplinato dal citato art. 30, comma 1, L. 724/1994.

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A seguito delle novità introdotte dall’art. 2, comma 36-decies, del D.L. 138/2011, a partire dall’esercizio successivo a quello in corso al 17 settembre 2011, le regole in esame si estenderanno anche alle società che, pur superando il test dei ricavi, evidenziano una perdita fiscale per tre esercizi consecutivi, oppure una perdita in due esercizi e un reddito inferiore al minimo nell’altro esercizio del triennio.

2. IL TEST DEI RICAVI MINIMI Le società, salvo che non rientrino in una delle cause di esonero indicate nel successivo capitolo 7., sono considerate non operative se i ricavi e proventi realizzati restano al di sotto dell’importo determinato presuntivamente applicando le regole di seguito illustrate.

2.1) Ricavi minimi presunti I ricavi minimi presunti si determinano applicando al valore delle attività le percentuali riportate nella seguente tabella. Le percentuali per il test dei ricavi in Unico 2012

Elementi dell’attivo Ricavi Minimi

Partecipazioni in società di capitali e di persone (anche Pex); strumenti finanziari, obbligazioni e crediti di finanziamento; iscritti sia nelle immobilizzazioni che nel circolante

2%

Beni immobili (diversi da quelli dei punti successivi) e navi, iscritti nelle immobilizzazioni, anche se in locazione finanziaria

6%

Fabbricati classificati nella categoria catastale A/10 5%

Fabbricati a destinazione abitativa acquisiti o rivalutati nell’esercizio e nei due precedenti 4%

Immobili in comuni con meno di 1000 abitanti 1%

Altre immobilizzazioni, anche in locazione finanziaria 15%

I valori dei beni e delle attività da assumere per il calcolo dei ricavi presunti riguardano la media degli ultimi tre esercizi (per l’esercizio 2011 – mod. Unico 2012 - si utilizzeranno gli importi degli anni 2009-2010-2011). Il valore deve inoltre essere ragguagliato ai giorni di effettivo possesso degli stessi beni nel corso dell'esercizio (beni acquistati o venduti in corso d’anno). Ad esempio, se nel corso del 2011 un immobile (già posseduto nel 2009 e nel 2010) del valore di 1.000.000 è detenuto per un totale di 90 giorni (essendo successivamente venduto), si calcolerà un valore 2011 ragguagliato di (1.000.000 x 90/365) = 246.575. Tale valore si utilizzerà per quantificare la media triennale: [(1.000.000 + 1.000.000 + 246.575) : 3] = 748.858, su cui si applicherà la aliquota di ricavi presunti. Vediamo di seguito le regole per calcolare il valore distintamente per le diverse attività rilevanti. I riferimenti sono ai campi del Modello Unico 2012 società di capitali. RF 75 - Partecipazioni, titoli e crediti Va considerato(indicandolo a col. 1) il valore medio dell’ultimo triennio di: • Partecipazioni di qualunque tipologia (anche se in regime Pex ai sensi dell’art. 87 del Tuir), di

cui all’art. 85 Tuir, nonché quote di società di persone; rilevano le partecipazioni iscritte sia nell’attivo circolante che nelle immobilizzazioni finanziarie;

• Titoli e strumenti finanziari, iscritti sia nelle immobilizzazioni che nell’attivo circolante; • Crediti, iscritti sia nel circolante che nelle immobilizzazioni, ma solo se hanno natura

finanziaria (compresi i prestiti infruttiferi), esclusi dunque i crediti commerciali, nonché i depositi bancari.

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L’importo da considerare è dato dal valore fiscale, pari al costo storico (art. 110 Tuir). Per le partecipazioni, la C.M. 25/E/2007 ha precisato che sono irrilevanti le rivalutazioni e le svalutazioni come indicato nell’art. 110, lett. d) (nel testo introdotto dal D.Lgs. 344/2003). Non è chiaro se la stessa interpretazione si estenda alle svalutazioni operate prima della riforma Ires, se dedotte fiscalmente (nel senso della rilevanza, a riduzione del costo delle partecipazioni, delle svalutazioni dedotte ante riforma si esprime Assonime, circ. 43/2007). Sono escluse le azioni proprie, nonché le partecipazioni solo in nuda proprietà, di cui non si possiede il diritto agli utili, assegnato all’usufruttuario. Quanto ai crediti, rilevano solo quelli di finanziamento; sono esclusi, pertanto, i crediti aventi natura commerciale, in quanto generati da operazioni finalizzate all'acquisizione di beni o di servizi. L’esclusione dei crediti commerciali dall’ambito di quelli rilevanti non opera, tuttavia, laddove in base alle specifiche condizioni e modalità di pagamento pattuite possa ritenersi che l’operazione, risultando disciplinata da previsioni contrattuali non in linea con la prassi commerciale del settore, sia di fatto riconducibile ad un vero e proprio negozio di finanziamento. Non rientrano, inoltre, i crediti per rimborsi di imposte, in quanto non derivanti da operazioni di finanziamento. Anche gli interessi che maturano sui crediti diversi da quelli di finanziamento devono essere esclusi dai proventi rilevanti per il calcolo dei ricavi effettivi imputati a conto economico. Per i soggetti in contabilità semplificata, il valore dei beni e delle immobilizzazioni va desunto dalle scritture contabili previste dall'art. 18 del D.P.R. n. 600/1973. In tal caso, non si tiene conto dei crediti, che - come è noto - non trovano rappresentazione contabile (C.M. 27/E/2007). Come già ricordato, per i beni acquistati o venduti nel corso di uno dei tre esercizi interessati, i valori vanno ragguagliati alla durata del possesso: [valore x (n. gg. : 365)]. RF76 - Immobili e navi Rileva il valore medio triennale di terreni e fabbricati e navi (se comprese tra quelle indicate nell’art. 8-bis del DPR 633/1972: navi destinate all’esercizio di attività commerciali o alla pesca o ad operazioni di salvataggio o di assistenza in mare, ovvero alla demolizione, escluse le unità da diporto di cui alla L. 50/1971, norma sostituita dal Nuovo Codice della nautica da diporto approvato con D.Lgs. 171/2005), iscritti nelle immobilizzazioni. L’importo rilevante è dato dal valore fiscale pari al costo storico (al lordo degli ammortamenti), compresa sempre la quota di costo riferita al terreno sottostante o pertinenziale, pur se non ammortizzabile ai sensi del D.L. 223/2006 (C.M. 11/E/2007). Le rivalutazioni di beni vanno considerate solo se, nell’esercizio, hanno incrementato il costo fiscale ai sensi dell’art. 110 del Tuir. Per la rivalutazione degli immobili effettuata nel bilancio dell’esercizio chiuso al 31.12.2008 ai sensi del D.L. 185/2008, l’impatto sulla disciplina delle società di comodo si avrà, solo in presenza di affrancamento del maggior valore iscritto in bilancio (applicazione dell’imposta sostitutiva del 3% o dell’1,50%), a partire dal periodo di imposta 2013, considerando il valore per il test dei ricavi di tale esercizio per l’intero triennio di riferimento (2011-2012-2013). Per i beni in leasing, si assume sempre l’originario costo sostenuto dalla società concedente, anche se i beni sono già stati riscattati.

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Non assumono rilevanza, come confermato dalla C.M. 25/E/2007, gli immobili eventualmente posseduti in comodato o in locazione semplice. Neppure vanno considerati nei conteggi gli immobili (o in generale le immobilizzazioni materiali o immateriali; la regola vale anche per il contenuto del successivo rigo RF79) in corso di costruzione (che vengono iscritti in una apposita sottovoce dell’attivo); tali immobilizzazioni (si ritiene vi rientrino anche gli immobili in fase di ristrutturazione “profonda” e restauro) stanno infatti subendo un intervento che li rende inutilizzabili e dunque non suscettibili di produrre ricavi o proventi. La citata C.M. 25/E/2007 ha chiarito che l’esclusione è “automatica” e non richiede alcun interpello preventivo. Si escludono altresì gli immobili in nuda proprietà ma solo se l’usufrutto è stato concesso (a titolo gratuito) a soggetti diversi dai soci e loro familiari. In caso di usufrutto ceduto con un corrispettivo, il valore dell’immobile va invece considerato, rilevando anche il provento conseguente. Il valore degli immobili (diversi da quelli in costruzione) va considerato a prescindere dalla loro effettiva utilizzazione (Assonime, circ. 46/1997), come, ad esempio, nel caso di un terreno agricolo incolto ovvero di un immobile rimasto temporaneamente sfitto (fatta salva la possibilità di dimostrare, in sede di interpello, che si tratta di una situazione oggettiva che ha impedito di conseguire i ricavi). Non entrano nei calcoli del test gli immobili iscritti nell’attivo circolante in quanto oggetto della attività di compravendita immobiliare o di costruzione/ristrutturazione per la vendita, svolta ordinariamente dalla società. È però necessario (C.M. 25/E/2007) che la classificazione sia conforme a corretti principi contabili. Nulla è stato precisato dall’Agenzia con riguardo agli immobili posseduti dalle imprese aventi un oggetto sociale “misto”; da quelle società che svolgono cioè sia la attività di costruzione/vendita di immobili che quella di gestione degli immobili posseduti. Secondo Assonime (circ. 43/2007), in presenza di beni merce affittati in attesa di vendita, immobili che producono proventi rilevanti in quanto iscritti nella voce A5 del conto economico, al fine di rispettare il criterio dell’“omogeneità” dei dati da porre a raffronto, si dovrebbe considerare ugualmente l’immobile nel calcolo dei ricavi presunti alla stessa stregua di quelli iscritti fra le immobilizzazioni. Ad avviso di chi scrive, invece, laddove la classificazione dei beni nelle rimanenze del circolante risulti corretta in base ai principi contabili (cioè se la destinazione per la vendita è effettiva e reale), si dovrebbe operare in senso contrario, cioè escludere sempre gli immobili-merce (la legge comprende solo i beni immobilizzati cioè destinati a permanere durevolmente nel patrimonio aziendale) e correlativamente escludere i proventi effettivi da essi generati. Nello stesso senso sono le istruzioni ministeriali per l’analogo caso dei crediti non finanziari e dei correlati interessi attivi (da escludere entrambi dal test come indicato nel commento al rigo RF75). RF 77 – Immobili cat. A/10 Va indicato, nella colonna 1, il valore medio degli ultimi tre esercizi dei fabbricati classificati nella categoria catastale A/10 se iscritti nelle immobilizzazioni. Per la determinazione del valore si veda il commento al rigo RF76.

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Per questi beni si applicano coefficienti di ricavi presunti e di redditività inferiori rispetto a quelli previsti per gli altri immobili (rispettivamente 5% e 4%). RF78 - Immobili abitativi acquisiti o rivalutati nel triennio La colonna 1 riporta (Unico 2012) il valore medio degli esercizi 2009-2010-2011 di fabbricati a destinazione abitativa acquistati o rivalutati nei medesimi tre esercizi, per i quali sono previste percentuali di ricavi e reddito ridotte, rispettivamente al 4% e al 3%. Anche in questo caso, rilevano solo i fabbricati iscritti nelle immobilizzazioni. La percentuale di ricavi presunti ridotta al 4% si applica per gli immobili abitativi nuovi con esclusivo riferimento al triennio agevolato. Allo scadere del triennio l’immobile andrà considerato tra le attività cui si applica la percentuale più elevata. Ad un immobile abitativo acquistato, ad esempio, nel 2009 si applicheranno per l'intero triennio preso a base per l'effettuazione del test di operatività le seguenti percentuali:

4% per i calcoli dei periodi d'imposta 2009, 2010 e 2011 (indicazione nel presente rigo RF78);

6% per il periodo d'imposta 2012 e successivi (con slittamento al rigo RF76). In merito ai fabbricati abitativi rivalutati ai sensi della Legge 262/2005, la C.M. 25/E/2007 ha chiarito che per il 2006 e il 2007 si doveva applicare il coefficiente 6% sul costo fiscale storico (ante rivalutazione), mentre per il 2008, per il 2009 e per il 2010 si doveva calcolare il 4% sul valore post rivalutazione (includendo l’importo nel presente rigo RF78). Dal 2011 (Unico 2012), aliquota 6% sul valore pieno (rigo RF76). Anche in questo caso il valore rilevante di un esercizio si utilizza per l’intero triennio. Quindi per il test del 2008, il valore da utilizzare era quello post rivalutazione per ciascuno dei tre anni di media (2006-2007-2008). Con riferimento alla rivalutazione immobiliare prevista dal D.L. 185/2008 (bilancio 2008), effettuata con affrancamento fiscale, la C.M. 11/E/2009 ha invece precisato quanto segue (immobili abitativi):

fino al periodo di imposta 2012 compreso, si applicherà il coefficiente del 6% sul valore non rivalutato (RF76);

a partire dal periodo d’imposta 2013 (Unico 2014) (e così anche per 2014-2015), si applicherà il coefficiente agevolato del 4% sul valore fiscalmente rivalutato (RF78);

a partire dal periodo d’imposta 2016, si utilizzerà il coefficiente del 6% sul valore rivalutato (RF76).

RF 79 - Altre immobilizzazioni Si considera il valore medio del triennio (per Unico 2012: 2009-2010-2011) di immobilizzazioni materiali (impianti, macchinari, attrezzature, anche se in locazione finanziaria), diverse da immobili e navi sopra considerati, e immateriali. Assumono rilievo non solo i veri e propri “beni immateriali” (brevetti, software, diritti di concessione, marchi di fabbrica, ecc.), ma anche gli oneri pluriennali (C.M. 48/E/1997), quali l’avviamento (C.M. 137/E/1997), i costi di impianto e di ampliamento, i costi di ricerca e di sviluppo, le spese di pubblicità, sempre che siano state capitalizzate nell’attivo del bilancio. Per le immobilizzazioni in corso di realizzazione, si veda il commento alla voce immobili. Per i beni a deducibilità limitata (es.: autovetture, impianti telefonici), il costo va comunque assunto per l’intero importo (C.M. 11/E/2007). Per i beni immateriali si assume il costo storico al lordo degli ammortamenti. Per gli oneri pluriennali, diversi dai veri beni immateriali, rileva invece l’ammontare risultante dal bilancio (cioè al netto degli importi dedotti in precedenti esercizi).

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Per i beni acquistati con contributi in conto impianti, la C.M. 25/E/2007 ha precisato che il valore da inserire nel prospetto dipende dalle modalità di contabilizzazione. Se si è ridotto direttamente il costo ammortizzabile, l’importo sarà il valore netto; diversamente, si assumerà il costo al lordo del contributo, ma rileverà come provento effettivo il contributo stesso portato a conto economico con la tecnica dei risconti passivi. Il criterio adottato dall’Agenzia delle entrate, come rilevato da Assonime (circ. 43/2007), non appare del tutto equilibrato. Secondo questa impostazione, infatti, il rapporto tra ricavi presunti e ricavi effettivi può divergere anche sensibilmente a seconda della tecnica di contabilizzazione adottata dal contribuente, con discriminazioni nell’applicazione della disciplina. Ad esempio (caso ripreso dalla citata circolare Assonime), si supponga un bene di valore 1000, ammortizzabile con aliquota del 10% ed acquistato con un contributo in conto impianti di 400. In caso di utilizzo della tecnica dei risconti, il ricavo presunto sarà pari a 150 (15 per cento di 1000), mentre in caso di riduzione diretta del valore del bene, sarà pari a 90 (15 per cento di 600). Ipotizzando che la quota di ricavi effettivi relativa a tale cespite sia di 100, è evidente che, nel primo caso (contabilizzazione al lordo del contributo) la società, nonostante il concorso alla formazione dei proventi della quota di risconto passivo imputata a conto economico nell’esercizio (pari al 10 per cento di 400), risulterà comunque non operativa (100+40=140, valore inferiore al parametro di 150). Viceversa, in caso di contabilizzazione al netto dei contributo, il soggetto risulterà in linea con l’indice di redditività presunta (100>90). RF80: immobili in comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti Il valore di questi beni va tenuto distinto da quello degli altri immobili in quanto le percentuali applicabili sono ridotte, rispettivamente, all’1% (ricavi presunti) e allo 0,9% (reddito presunto). Le modalità di calcolo sono analoghe a quelle sopra indicate per gli altri immobili.

2.2) Ricavi effettivi Per il confronto con i ricavi minimi (da riportare nel totale a RF81 col. 2), si calcola la media degli ultimi tre esercizi di: ricavi, proventi tranne quelli straordinari, e incrementi di rimanenze. Rilevano a tale riguardo le voci A1 e A5 del conto economico, comprendendo in quest’ultima anche l’importo delle plusvalenze realizzate dalla alienazione di cespiti derivante dalla fisiologica sostituzione aziendale. Non va invece mai considerata la voce A4 (incrementi di immobilizzazioni per lavori interni). Rilevano inoltre (C.M. 48/E/1997) le voci dell’area finanziaria C15 e C16 e ciò anche per le società che svolgono attività industriale o commerciale. Vanno infine considerate le voci A2 (solo se incremento), A3 (solo se incremento) e B11 (solo se incremento) che accolgono le variazioni delle rimanenze. Gli interessi attivi si considerano tra i proventi effettivi solo se derivanti da crediti che hanno concorso al test. I ricavi e i proventi si quantificano in base all’importo iscritto nel conto economico civilistico secondo criterio di competenza, indipendentemente dalla loro imponibilità fiscale. Il principio assume particolare importanza per i dividendi i quali andranno presi in considerazione per il loro intero importo (pur se tassati solo in parte ai sensi dell’art. 89 Tuir) e anche se non ancora incassati (e dunque ancora non imponibili). In merito alla contabilizzazione dei dividendi si veda l’approfondimento al successivo cap. 9.

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3. IL NUOVO TEST DELLE PERDITE TRIENNALI In base a quanto disposto dall’art. 2, comma 36-decies, del D.L. 138/2011, con effetto dall’esercizio successivo a quello in corso al 17 settembre 2011, le società, pur superando il test dei ricavi, sono considerate non operative se, in tre esercizi consecutivi, è stata dichiarata una perdita fiscale, oppure per due esercizi una perdita e nell’altro periodo di imposta (sempre su tre consecutivi) un reddito inferiore a quello calcolato per gli enti di comodo (si veda il successivo capitolo 4). Non è rilevante se i due esercizi in perdita precedono, oppure seguono, quello con reddito inferiore al minimo, oppure ancora se quest’ultimo si colloca tra i due periodi in perdita. Verificandosi l’uno o l’altro caso, la società è considerata non operativa dall’esercizio ancora successivo al triennio e deve applicare le norme previste dall’art. 30 della L. 724/1994. La perdita da considerare è quella fiscale, evidenziata nel modello Unico, indipendentemente dal risultato di bilancio.

Esempio Esercizio 2009: perdita fiscale Esercizio 2010: reddito inferiore al minimo di comodo Esercizio 2011: perdita fiscale La società è non operativa nel 2012

Il nuovo test delle perdite si applica a partire dall’esercizio 2012 (esercizio successivo a quello in corso al 17 settembre 2011) e avrà come prima base di riferimento il periodo 2009-2010-2011. Nel calcolo degli acconti di giugno e novembre 2012, le società dovranno comportarsi come se le nuove regole fossero state in vigore nel 2011 e dunque verificare se, nel triennio precedente (2008-2010), erano scattati i requisiti teorici (tre esercizi in perdita ovvero due in perdita e uno con reddito inferiore alla soglia) per essere di comodo. In caso affermativo, si dovrà determinare un’imposta virtuale del 2011 (applicando le nuove regole: compresa la maggiorazione Ires del 10,5%; si vedano le istruzioni a Unico 2012 SC, quadro RQ, sez. XX, rigo RQ64, col. 12) da utilizzare come base per il versamento in acconto per il 2012, salva la possibilità di utilizzo del metodo previsionale se si ritiene di non rientrare nella norma a consuntivo (anche per un eventuale interpello disapplicativo). La norma stabilisce letteralmente che la società che realizza la perdita triennale diventa di comodo “a decorrere dal” (e non invece “nel”) quarto periodo di imposta, ma è evidente che si tratta di una situazione che permane anche negli anni seguenti (il quinto, il sesto, ecc.) soltanto se si ripetono i risultati negativi. Il conteggio andrà eseguito, a nostro avviso, aggiungendo sempre un nuovo esercizio e togliendo il più vecchio, e non invece attendendo che si formi un nuovo triennio completo. Ad esempio, una società in perdita nel triennio 2009-2011, divenuta di comodo nell’esercizio 2012, verificherà nuovamente il risultato del triennio 2010-2012 per stabilire la posizione del 2013, e poi il triennio 2011-2013 per il 2014 e così via. Non è però chiaro se il risultato del 2012, da assumere per verificare la condizione del secondo triennio, sia quello ordinario (cioè senza tener conto della norma sulle società di comodo) o quello già adeguato che costituisce il reddito dichiarato nel modello Unico. Se la regola corretta fosse quest’ultima, la società finirebbe per uscire sempre dalla disposizione nell’anno successivo a quello in cui è divenuta di comodo.

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Esempio Esercizio 2009: perdita fiscale Esercizio 2010: perdita fiscale Esercizio 2011: perdita fiscale La società è non operativa nel 2012 Esercizio 2012: perdita fiscale; viene però dichiarato un reddito pari a quello minimo delle società di comodo Triennio 2010-2012: se si considera il risultato 2012 effettivo (perdita) la società è di comodo anche per il 2013 (tre anni di perdita). Se si considera il risultato 2012 dichiarato, la società non è di comodo nel 2013.

Per le società neocostituite, la norma si applica avendo a base i primi tre esercizi dalla costituzione e ha effetto nel quarto anno. Ad esempio, una società costituita nel 2011, verificherà il triennio 2011-2013, applicando la norma, in caso di perdita ripetuta, a partire dal 2014. Non saranno interessate dalla prima applicazione della disposizione (esercizio 2012) le società che sono state costituite nel 2010 e nel 2011. In questo senso si è espressa al riguardo l’Agenzia delle entrate in una risposta fornita durante Telefisco 2012, riprodotta nel riquadro.

Telefisco 2012 D: Con la manovra di ferragosto sono state approvate le disposizioni che vanno a integrare la disciplina normativa che riguarda le cosiddette società di comodo coinvolgendo, a partire dal 2012, anche le società che per tre periodi d’imposta consecutivi hanno dichiarato una perdita fiscale. La norma prevede almeno uno storico di 3 periodi d’imposta rispetto a quello di applicazione, il quarto, per cui sembrerebbe ragionevole ritenere che i soggetti con una anzianità inferiore a questo periodo minimo non siano coinvolti dalle nuove disposizioni ferma restando la possibilità di applicare nei loro confronti la disciplina ordinaria delle società non operative. E’ corretta questa affermazione? R: E’ corretta. Le disposizioni in materia di società c.d. in perdita sistematica ex articolo 2, commi 36-decies e ss., del D.L. n. 138 del 2011 presuppongono un c.d. “periodo di osservazione” di tre anni; nei confronti di quelle società che non hanno almeno tre anni “di vita”, pertanto, la disciplina sulle società c.d. in perdita sistematica non trova applicazione. Ciò non esclude che per le stesse società la disciplina delle società “di comodo” prevista dall’articolo 30 della L. n. 724 del 1994 possa trovare applicazione , qualora ne ricorrano i presupposti ivi previsti.

Non è stato, invece, ancora chiarito se possa escludersi il primo esercizio della società che usufruisce di una causa di disapplicazione dal test di operatività e se dunque il primo triennio di applicazione scatti dal secondo anno di vita dell’ente (ad esempio, secondo questa tesi, una società costituita nel 2009, applicherebbe la normativa per la prima volta nel 2013 avendo a base il triennio 2010-2012). Sulla base di precedenti interpretazioni ministeriali, la risposta dovrebbe essere negativa. In generale, l’utilizzo per il nuovo test delle perdite delle cause di disapplicazione previste dalla norma solleva molti interrogativi che dovranno essere risolti dall’Agenzia delle entrate (si veda il successivo cap. 7).

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La norma colpisce sia le società di persone che quelle di capitali. Pertanto, se nel triennio avviene una trasformazione dall’uno all’altro tipo societario, gli esercizi da considerare comprenderanno anche i periodi infrannuali di trasformazione. Ad esempio, una Snc che si è trasformata in Srl con decorrenza dal 10 maggio 2010, dovrà verificare il risultato dei seguenti 3 periodi di imposta: periodo 1/1-9/5/2010 (Snc); periodo 10/5-31/12/2010 (Srl) e esercizio 2011 (Srl).

4. IL CALCOLO DEL REDDITO MINIMO E LA TASSAZIONE AI FINI IRES E IRPEF

4.1) Il reddito minimo Per le società che non superano il test di operatività (test dei ricavi e/o, dal 2012, test delle perdite), ai fini delle imposte sui redditi si determina un reddito minimo pari alla somma di quello derivante dalla applicazione delle seguenti percentuali ai valori medi dell’esercizio di riferimento (non, dunque, alla media triennale).

Elementi dell’attivo Reddito Presunto

Partecipazioni in società di capitali e di persone (anche Pex); strumenti finanziari, obbligazioni e crediti di finanziamento; iscritti sia nelle immobilizzazioni che nel circolante

1,50%

Beni immobili (diversi da quelli dei punti successivi) e navi, iscritti nelle immobilizzazioni, anche se in locazione finanziaria

4,75%

Fabbricati classificati nella categoria catastale A/10 4 %

Fabbricati a destinazione abitativa acquisiti o rivalutati nell’esercizio e nei due precedenti

3%

Immobili in comuni con meno di 1000 abitanti 0,9%

Altre immobilizzazioni, anche in locazione finanziaria 12%

Al fine di salvaguardare le eventuali esenzioni o esclusioni da imposizione degli elementi reddituali viene previsto che i redditi che non concorrono alla formazione dell’imponibile, per effetto delle suddette “agevolazioni fiscali”, vengono sottratti dal reddito minimo presunto. La detassazione rispetto al reddito minimo avviene nel campo RF82 del mod. Unico 2012 nel quale si riporteranno, ad esempio: – i proventi esenti, soggetti alla ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva; – il reddito esente ai fini IRES, anche per effetto di plusvalenze realizzate ai sensi dell’art. 87 del TUIR; – i dividendi che fruiscono della detassazione di cui all’art. 89 del TUIR; – l’importo escluso per effetto dell’agevolazione fiscale di cui all’art. 42 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 (c.d. Reti d’impresa). La detassazione Ace (art. 1, D.L. 201/2011) si porta invece in diminuzione dal reddito imponibile dopo l’adeguamento al minimo nel rigo RN6 col. 3.

4.2) Il riporto delle perdite Per le società non operative, il reddito presunto, calcolato secondo quanto descritto in precedenza, si sostituisce a quello ordinario, con conseguente annullamento delle perdite di

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periodo. Se, cioè, la disciplina trova applicazione con riferimento ad un periodo in cui l’impresa ha subìto perdite fiscali, non solo occorre assoggettare ad imposizione il reddito minimo presunto, ma la perdita non è riportabile a compensazione di eventuali redditi di periodi successivi: di fatto, è una perdita inesistente dal punto di vista fiscale. Ai sensi dell’ultimo periodo del comma 3 dell’art. 30 della L. 724/1994, inoltre, le perdite di esercizi precedenti a quello in cui la società è risultata “di comodo” (perdite generatesi, cioè, in cui la società era operativa) possono essere utilizzate solo per compensare la parte di reddito imponibile eventualmente eccedente quello minimo presunto. Pertanto, il descritto riporto potrà effettuarsi solo qualora (e nei limiti in cui) una società non operativa abbia un reddito imponibile superiore al minimo presunto. La parte di tali perdite eventualmente non compensabile è suscettibile di ulteriore riporto a nuovo. Il riporto perdite delle società di comodo costituite in forma di società di capitali è interessato dalle novità introdotte dall’art. 23 del D.L. 98/2011. La norma, intervenendo sul testo dell’art. 84 del Tuir, ha eliminato il precedente limite di cinque esercizi introducendo un tetto quantitativo pari all’80% del reddito di ciascun esercizio. Occorre dunque coordinare tale regime con quello specificamente previsto per gli enti non operativi. Ci si è chiesti al riguardo se la norma più recente supera quella originaria ovvero se entrambe le regole devono trovare applicazione e in che modo. L’Agenzia, rispondendo ad un quesito posto durante Telefisco, ha chiarito che i due limiti si applicano congiuntamente, l’uno (l’80%) per determinare le perdite astrattamente utilizzabili, l’altro (eccedenza sul reddito minimo) per determinare l’ammontare effettivamente compensabile (nel limite del primo importo). In pratica, la Srl o la Spa non operativa potrà utilizzare le perdite pregresse per un importo pari al minore tra: a) l’80% del reddito complessivo; b) l’eccedenza del reddito complessivo sul reddito minimo. Se dunque l’80% del reddito complessivo è inferiore all’eccedenza di questo rispetto al reddito minimo, la compensazione avviene limitatamente all’80%, mentre vale il limite dell’eccedenza in caso contrario. Esempio. Caso a). Perdita riportabile 100, Reddito complessivo 70; Reddito minimo 10. Perdita astrattamente utilizzabile pari a: (70 x 80% = 56). Eccedenza sul reddito minimo pari a: (70 – 10 = 60). Vale il primo limite e dunque la società compensa la perdita per 56, dichiara un imponibile di 14, che supera il reddito minimo. Caso b). Perdita riportabile 100, Reddito complessivo 70; Reddito minimo 30. Perdita astrattamente utilizzabile pari a: (70 x 80% = 56). Eccedenza sul reddito minimo pari a: (70 – 30 = 40). In questo caso vale invece il secondo limite, quello dell’eccedenza sul reddito minimo (pari a: 70 – 30 = 40) in quanto inferiore all’80% (pari a 56). La società compensa perdite per 40, dichiara un imponibile di 30 (pari al reddito minimo) superiore al 20% del reddito complessivo. Si riporta nel riquadro la risposta fornita dall’Agenzia durante Telefisco 2012.

Telefisco 2012 D: Si chiede come operino i due limiti per l’utilizzo di perdite pregresse da parte delle società di capitali “non operative” previsti, rispettivamente, dall’art. 23, comma 9, D.L. 98/2011 e dall’art. 30, c. 3, lett. c), L. 724/1994. Si chiede in particolare se la compensazione della perdita pregressa possa effettuarsi, dal 2011, per un importo pari al minore tra: a) 80% del reddito complessivo; b) eccedenza del reddito complessivo sul reddito minimo. Esempio. Perdita riportabile 100; Reddito complessivo 70; Reddito minimo 30. Vale il limite dell’eccedenza sul reddito minimo (pari a: 70 – 30 = 40) in quanto inferiore all’80% del reddito complessivo (pari a: 70 x 80% = 56). La società

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compensa la perdita per un importo di 40, dichiara un imponibile di 30 pari al reddito minimo, che risulta superiore al 20% del reddito complessivo. Perdita residua ancora riportabile: 60. R: Il limite alla riportabilità delle perdite stabilito dall’articolo 23, comma 9, D.L. n. 98 del 2011 (che ha modificato l’art. 84 del Tuir) e quello speciale previsto per le società non operative dall’articolo 30, comma 3, lettera c), ultimo periodo, della L. n. 724 del 1994, trovano entrambi applicazione per le società non operative (quelle che si connotano come “non operative” sia ai sensi del citato articolo 30 sia ai sensi dell’articolo 2, commi 36-decies e ss., del D.L. n. 138 del 2011). Le perdite relative ai precedenti periodi d’imposta (perdite pregresse) delle società non operative potranno essere utilizzate in diminuzione dal reddito imponibile, con due limitazioni: (a) le perdite pregresse astrattamente utilizzabili non possono eccedere l’ottanta per cento del reddito imponibile ai sensi dell’articolo 84, comma 1, del Tuir; e (b) le perdite pregresse effettivamente utilizzabili, nei limiti di quelle determinate sub (a), possono essere computate soltanto in diminuzione della parte di reddito imponibile eccedente quello minimo presunto, ai sensi dell’articolo 30, comma 3, della L. n. 724 del 1994 (vedi in proposito quanto già chiarito nella Circolare n. 5/E del 2 febbraio 2007). Quanto al limite sub (a), il “reddito imponibile” rilevante ai fini del calcolo dell’ottanta per cento è rappresentato dall’intero importo del reddito imponibile del periodo d’imposta. Nell’esempio descritto nella domanda, 70 sarà il reddito imponibile su cui calcolare l’ottanta per cento; di conseguenza, il reddito astrattamente compensabile con le perdite pregresse sarà pari a 56 (ossia, l’80% di 70) nei limiti del reddito minimo di 30 (limite c.d. effettivo). Pertanto, la società “non operativa” dichiarerà un reddito imponibile pari 30, con una perdita residua riportabile a nuovo per 60 (ossia, 100 meno le perdite utilizzate in compensazione per 40, su un totale “astrattamente” disponibile di 56). Si deve evidenziare che con l’eliminazione del limite quinquennale al riporto delle perdite e la contestuale introduzione di una riportabilità illimitata (nel tempo) delle medesime, anche, le società non operative “congeleranno” le proprie perdite realizzate in periodi in cui erano considerate “operative”, in attesa di utilizzarle nei periodi in cui ritorneranno ad essere “operative” ovvero, ancorché rimangano non operative, conseguano un reddito imponibile superiore quello minimo presunto, con i limiti sopra indicati.

4.3) L’Ires delle società non operative L’art. 2, comma 36-quinquies, del D.L. 138/2011 introduce una maggiorazione dell’Ires pari al 10,5% (portando l’aliquota complessiva dal 27,5% al 38%), da applicare al reddito complessivo delle società di capitali rientranti nel regime degli enti non operativi (art. 30 della L. 724/1994). L’Ires potenziata si estende anche sulla parte di reddito imputato da società di persone (Snc, Sas), che risultano di comodo, a soci-società di capitali. In pratica, una Srl non di comodo, che detiene una quota in una Snc di comodo pagherà il 27,5% sull’intero reddito dichiarato, oltre al 10,5% sulla parte di tale risultato formata dall’importo assegnato per trasparenza dalla Snc. Il modello Unico 2012 prevede per le società con esercizio (sfalsato) successivo a quello in corso al 17 settembre 2011 (si pensi, ad esempio, ad una Srl con esercizio 1/10/2011-30/9/2012) un apposito riquadro (quadro RQ, sez. XX) nel quale le società di comodo devono assoggettare il proprio reddito di impresa alla descritta maggiorazione. Nel medesimo quadro le società di capitali (anche non di comodo) espongono il reddito che è stato attribuito per trasparenza da una società di persone di comodo. I commi 36-sexies e seguenti dell’art. 2 del D.L. 138/2011 stabiliscono inoltre che, in caso di adesione alla tassazione di gruppo o al regime di trasparenza, la maggiorazione verrà liquidata

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separatamente dalla società consolidata (o dalla partecipata trasparente), mentre la consolidante (o i soci della trasparente) tasserà il reddito trasferito con le regole ordinarie (cioè al 27,5%). Le società di comodo che partecipano a società di capitali trasparenti applicano invece la maggiorazione sul proprio reddito complessivo senza tener conto di quello imputato dalla partecipata. Nessuna maggiorazione di imposte è invece prevista per le società di persone che attribuiscono il risultato fiscale a persone fisiche, in quanto, in questi casi, il reddito di comodo viene assoggettato alle aliquote Irpef progressive dei soci, che sono generalmente ben superiori al 27,5%. Dal tenore letterale della norma, che richiama genericamente l’art. 75 del Tuir (norma che disciplina il reddito complessivo imponibile), è da ritenere che la aliquota maggiorata del 38% si applichi sull’intero reddito della società non operativa e dunque anche sulla eventuale parte dichiarata in eccesso rispetto all’importo minimo presunto. Questa parte esce invece dal regime di comodo potendo, come detto, essere compensata con perdite riportate a nuovo. Si tratta, dunque, di una evidente anomalia che meriterebbe una correzione normativa. La novità, conformemente alle regole dello Statuto del contribuente, assume efficacia dall’esercizio successivo a quello in corso al 17 settembre 2011 (data di entrata in vigore della L. 148/2011) e dunque, in genere, dal 2012.

4.4.) Acconti rebus per le società di comodo Gli acconti 2012 delle società che risultavano di comodo nel 2011 dovranno essere rideterminati applicando al dato storico la nuova aliquota maggiorata. La disposizione si aggiunge a quella che prevede una applicazione anticipata nel ricalcolo delgi acconti per le società in perdita triennale generano un vero e proprio caos nei conteggi da effettuare il prossimo 18 giugno. Vediamo i casi che si possono presentare. Chi è di comodo già nel 2011, in base alle vecchie regole (test dei ricavi), deve in primo luogo versare (oltre all’Ires e all’Irap sul reddito di Unico 2012) l’acconto della nuova addizionale Ires del 10,5% (che il prossimo anno verrà liquidata nel quadro RQ). Se si sceglie il metodo previsionale, ritenendo di non essere di comodo nel 2012 (ricavi superiori ai minimi), occorre tener conto della norma sulle perdite triennali (2009-2011) che potrebbe far rientrare comunque la società tra le non operative nel 2012, rendendo vano il passaggio all’altro metodo di calcolo (salvo interpello). Se invece, dopo il test delle perdite, la società resta ancora operativa per il 2012, si deve fare un ultimo ricalcolo (e siamo a quattro) in relazione all’eventuale indeducibilità delle spese sui beni assegnati ai soci a prezzi inferiori al valore di mercato, qualora si ritenga che vi siano fattispecie di questo tipo nel corrente esercizio. Le cose si complicano ulteriormente per chi nel 2011 non risultava di comodo con la vecchia norma, ma potrebbe esserlo con quella nuova. Occorre in primo luogo verificare se si era in perdita fiscale nel triennio 2008-2010, cioè su un arco temporale slittato all’indietro di un anno rispetto a quello effettivo previsto dalla norma. Se così è, la società diventa “virtualmente” non operativa nel 2011, dovendo calcolare un reddito minimo virtuale di tale anno (sia per l’Ires che per l’Irap) e versare un acconto ricalcolato al rialzo. Ma non è finita: si deve pagare in questo caso anche il 10,5%, pure in acconto, sul reddito minimo virtuale rideterminato per il 2011. Se invece il triennio 2008-2010 non fa scattare la norma sulle perdite, l’acconto storico non va rideterminato, a patto che non vi siano (nel 2011) beni dati in uso ai soci a canoni non di mercato; diversamente, il reddito effettivo va incrementato – ai soli fini dell’acconto storico - dei costi che diventano “virtualmente” indeducibili. L’acconto storico rideterminato (società non di comodo nel 2011) per le perdite triennali può essere evitato passando al previsionale. Il periodo da considerare per la verifica delle perdite è, lo

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ricordiamo, 2008-2010 nell’acconto storico, mentre diventa 2009-2011 nell’acconto previsionale. Chi è in perdita nel triennio 2008-2010 (oppure due volte in perdita e una volta con un reddito inferiore al minimo) dovrà dunque verificare il risultato degli esercizi 2009, 2010 e 2011: se la condizione non si rinnova (cioè se si supera il test), si sarà operativi nel 2012 e quindi l’acconto potrà calcolarsi ignorando la nuova regola (tornando allo storico effettivo, cioè non rideterminato). Ma, attenzione, rivive in questo caso la norma sui beni ai soci, che prescinde dalla operatività.

5. LA TASSAZIONE AI FINI IRAP Il comma 3-bis dell’art. 30 della L. 724/1994 stabilisce che, ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive, per le società non operative si presume che il valore della produzione netta non sia inferiore al reddito minimo determinato per l’Ires, aumentato delle retribuzioni sostenute per il personale dipendente, dei compensi spettanti ai collaboratori coordinati e continuativi, di quelli per prestazioni di lavoro autonomo non esercitate abitualmente e degli interessi passivi. In pratica, le società risultate non operative, a seguito del mancato raggiungimento della soglia di ricavi minimi (e, dall’esercizio 2012, anche a seguito della nuova condizione di perdita triennale), devono dichiarare ai fini dell’Irap un valore della produzione minimo determinato sulla base delle risultanze del sopra descritto calcolo del reddito minimo presunto ai fini delle imposte sui redditi. Occorre pertanto confrontare il valore della produzione netta dichiarato in base alle regole ordinarie con il valore della produzione forfetario previsto dalla legge sulle società non operative, valore che si determina in base alla seguente somma:

reddito minimo Ires (rigo RF81 col. 5 del mod. Unico 2012 SC)

retribuzioni sostenute per il personale dipendente

compensi spettanti ai collaboratori coordinati e continuativi e lavoratori autonomi occasionali (compresi compensi a fronte dell’obbligazione di fare, non fare, permettere)

interessi passivi Ove il valore forfetario risulti superiore a quello ordinario, la società deve dichiarare l’importo presunto. La somma dei predetti importi dovrà essere decurtata delle deduzioni e delle agevolazioni valide ai fini Irap (ad esempio le deduzioni di cui all’art. 11 del D.Lgs. 446/1997 per taglio del cuneo fiscale), mentre non dovranno essere computate in diminuzione eventuali agevolazioni valide ai fini Ires, ma non applicabili anche ai fini Irap. Ciò significa, ad esempio, che in presenza di partecipazioni possedute (i cui proventi non sono rilevanti ai fini del tributo regionale), l’ammontare del reddito minimo dovrà essere ridotto in misura pari al 100% dei dividendi percepiti nel corso del periodo di imposta. Non è invece possibile (R.M. 206/E/2008) escludere il valore delle partecipazioni dal calcolo del reddito presunto. Le componenti negative di conto economico da portare ad incremento del valore del reddito minimo, sono costituite in primo luogo dalle retribuzioni e compensi sostenuti per dipendenti, collaboratori e lavoratori autonomi occasionali. Restano dunque escluse (cioè non vanno portate ad incremento del reddito minimo) tutte le voci di costo del personale non costituenti “retribuzione” (che pur sono indeducibili ai fini dell’Irap), come i contributi previdenziali (che peraltro sono ammessi in deduzione se riferiti a dipendenti a tempo indeterminato), le assicurazioni obbligatorie etc.

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Dovrebbero invece rientrare tra le componenti da sommare al reddito minimo presunto (Assonime, circ. 43/2007) i ratei di retribuzioni aggiuntive e le quote di Tfr dell’esercizio. Si aggiunge inoltre all’importo del reddito minimo presunto il valore degli interessi passivi (voce C-17 dello schema di conto economico), compresi quelli impliciti dei leasing. Le società non operative devono applicare l’integrazione del valore della produzione ai fini Irap anche quando abbiano dichiarato, ai fini Ires, un reddito superiore a quello minimo presunto. In queste ipotesi, pur non applicandosi la suddetta presunzione di reddito minimo ai fini Irpef/Ires, il soggetto non operativo dovrà comunque procedere al computo del valore della produzione presunto dal citato comma 3-bis dell’art. 30, secondo le modalità previste dalla norma. Le società in perdita triennale dovranno ricalcolare anche l’acconto Irap 2012 applicando la nuova normativa. In, pratica una società che nel triennio 2008-2010 era in perdita fiscale (oppure in perdita in due esercizio e con un reddito inferiore al minimo nell’altro) e non usufruisce di cause di disapplicazione dovrà rideterminare l’acconto Irap 2012 sulla base dell’imposta regionale che avrebbe dichiarato nel 2011 se avesse applicato la normativa degli enti non operativi (salvo l’utilizzo del metodo previsionale laddove si ritenga di non essere di comodo nel 2012).

6. LE CONSEGUENZE PER L’IVA Già dall’esercizio 2006 (per effetto del D.L. 223/2006), sono state introdotte forti penalizzazioni per le società di comodo anche in materia di IVA. Prima di tale provvedimento, era stabilito che i soggetti non operativi non potevano chiedere il rimborso dell’eccedenza di credito IVA risultante dalla dichiarazione relativa all’anno comprendente l’esercizio o la maggior parte dell’esercizio per il quale si erano verificate le condizioni di non operatività. La C.M. 36/E/1997 aveva precisato che il divieto di rimborso per le società di comodo si applicava anche nel caso in cui l’eccedenza evidenziata in dichiarazione comprendeva crediti riportati da periodi d’imposta precedenti durante i quali la società era operativa. La limitazione al diritto al rimborso valeva anche nel caso in cui le società non operative prendevano parte alla liquidazione IVA di gruppo. L’impossibilità di chiedere il rimborso veniva meno, sempre secondo la C.M. 36/E/1997, nel caso di cessazione dell’attività del soggetto non operativo. La C.M. 25/E/2007, sempre con riguardo al divieto di rimborso del credito IVA ha chiarito che esso riguarda esclusivamente l’eccedenza di credito annuale, ben potendo quindi durante l’anno essere chiesto il rimborso trimestrale. Peraltro, nel caso in cui il contribuente risulti a fine esercizio non operativo ed abbia chiesto ed incassato nel medesimo esercizio un rimborso infrannuale, lo stesso dovrà restituire l’importo ottenuto, maggiorato degli interessi e senza applicazione di sanzioni. Al sopra richiamato divieto di rimborso del credito IVA annuale, si sono aggiunti, dal 2006, due ulteriori due vincoli:

divieto di compensare l’eccedenza IVA con debiti relativi ad altre imposte, tasse e contributi nel mod. F24;

divieto di cedere a terzi il credito annuale in questione. Pertanto, il credito IVA indicato dalla società di comodo nella dichiarazione annuale non può altro che essere riportato nel successivo periodo d’imposta al fine di poterlo computare in detrazione “interna” dal debito IVA del periodo. La norma si applica con riferimento al credito che emerge dalla dichiarazione Iva relativa all’anno in cui la società è qualificata come “di comodo”, anche se indistintamente formato da eccedenze riportate a nuovo da anni precedenti (R.M. 225/E/2007). È dunque opportuno che le società a rischio non operatività (e per le quali non sussistono cause di esonero o di disapplicazione),

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svolgano il test sui ricavi minimi per il 2011 prima di effettuare la compensazione del relativo credito Iva. È invece da escludere che possano rientrare nel divieto di compensazione già nel 2012 le società attratte dalla nuova ipotesi di non operatività per perdite triennali introdotta dal D.L. 138/2011. La nuova disposizione si applica, infatti, a partire dall’esercizio 2012 (con riguardo alle perdite del triennio 2009-2011) e l’impatto ai fini del divieto di compensazione del credito Iva si avrà solo dal 2013 (credito risultante dalla dichiarazione Iva riferita al 2012, che verrà presentata nel 2013). È invece da ritenere (prudenzialmente) già preclusa la compensazione dei crediti Iva trimestrali del 2012. Un’ulteriore norma penalizzante impedisce alle società non operative anche di riportare a nuovo l’eccedenza di credito IVA annuale (eccedenza che viene di fatto cancellata) qualora per tre periodi d’imposta consecutivi esse mantengano la qualifica di non operatività. Più in particolare, la norma stabilisce che “qualora per tre periodi d’imposta consecutivi la società o l’ente non operativo non effettui operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto (per un importo) non inferiore all’importo che risulta dall’applicazione delle percentuali di cui al comma 1, l’eccedenza di credito non è ulteriormente riportabile a scomputo dell’IVA a debito relativa ai periodi d’imposta successivi”. In pratica le società di comodo devono effettuare, anno per anno, un raffronto tra il volume d’affari realizzato e il valore dei ricavi presunti: se il volume d’affari risulta inferiore al valore dei ricavi presunti per tre periodi d’imposta consecutivi, detti soggetti perdono la possibilità di utilizzare il credito IVA annuale, il quale di fatto viene definitivamente perduto. L’Agenzia (C.M. 11/E/2007 e C.M. 25/E/2007) ha chiarito che “è all’importo che risulta dall’ammontare delle percentuali di cui al comma 1 dell’art. 30 che occorre fare riferimento per stabilire se il credito IVA possa essere o meno riportato in avanti” e anche che “deve assumersi come totale delle operazioni effettuate ai fini IVA l’ammontare complessivo del volume d’affari relativo all’anno x determinato ai sensi dell’art. 20 del DPR 633/1972”. Secondo Assonime (circ. 43/2007), è comunque da ritenere che la nuova norma non limiti il diritto a chiedere il rimborso dell’eccedenza di credito IVA annuale nel caso di cessazione della società “non operativa”. I crediti IVA delle società di comodo restano congelati anche se si aderisce alla liquidazione di gruppo. La controllante deve quindi riversare gli importi compensati in corso d’anno se la società che ha trasferito il credito è risultata, a consuntivo, non operativa.

7. LE CAUSE DI ESONERO E DI DISAPPLICAZIONE AUTOMATICA

7.1) Le cause di esclusione L’art. 30, primo comma, ultimo periodo, della L. 724/1994, stabilisce che le regole ivi indicate non si applicano in presenza di determinate situazioni di esonero illustrate nella tabella seguente. Casi di esclusione dal test di operatività

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1. soggetti che, per la particolare attività svolta, hanno l’obbligo, per legge, di costituirsi come società di capitali: banche, finanziarie dell’art. 106 Tulb, CAAF, società tra enti locali territoriali, compagnie di assicurazione, società di factoring, ecc.

2. soggetti che si trovano nel primo periodo di imposta, da intendere come quello in cui si è attivata la partita Iva. Non vi rientrano le società costituite a seguito di operazioni di fusione, scissione, conferimento di azienda o trasformazione

3. società in amministrazione controllata o straordinaria 4. società con titoli negoziati in mercati regolamentati italiani ed esteri, nonché società

controllanti di queste o da loro controllate, anche indirettamente 5. società esercenti pubblici servizi di trasporto 6. società con numero di soci non inferiore a 50 7. società con un numero di dipendenti mai inferiore a 10 nei due esercizi precedenti: il numero

minimo deve essere verificato in ogni giorno del periodo temporale considerato dalla norma 8. società in fallimento, liquidazione coatta amministrativa, liquidazione giudiziaria, nonché in

concordato preventivo 9. società aventi un valore della produzione del Conto economico (aggregato “A”) superiore al

totale attivo dello Stato patrimoniale 10. società partecipate da enti pubblici almeno al 20% 11. società congrue (anche per adeguamento in dichiarazione ai ricavi puntuali di Gerico) e

coerenti agli studi di settore. La regola non si estende alle società soggette a parametri

Esaminiamo nel seguito il contenuto delle diverse cause di esclusione. Soggetti che, per la particolare attività svolta, hanno l’obbligo, per legge, di costituirsi come società di capitali: banche, finanziarie dell’art. 106 Tulb, CAAF, società tra enti locali territoriali, compagnie di assicurazione, società di factoring, ecc. La prima causa di esclusione riguarda le società obbligate per legge a costituirsi sotto forma di Spa o Srl, tra cui, in particolare, come indicato nella C.M. 25/E/2007, le società finanziarie che operano nel pubblico ai sensi dell'art. 106 del D.Lgs. 385/93, i CAAF di cui al D.Lgs. 241/97, le società costituite da enti locali territoriali ai sensi ai sensi dell'art. 113, comma 4, lett. a), e dell'art. 116 del D.Lgs. 267/2000; e le società, a prevalente partecipazione pubblica, derivanti dal processo di trasformazione ex lege in società per azioni degli enti appartenenti al comparto delle c.d. “partecipazioni pubbliche”. Vanno aggiunte a questo elenco le banche, le società di factoring, le imprese di assicurazione, le SICAV, le società di intermediazione mobiliare, nonché le società di project financing, queste ultime disciplinate dall’art. 156 del D.Lgs. 163/2006. La descritta causa di esclusione non è invece applicabile a soggetti per i quali la forma di società di capitali è prevista, non dalla legge, ma da un bando per la partecipazione ad una gara pubblica (R.M. 43/E/2007). Soggetti che si trovano nel primo periodo di imposta, da intendere come quello in cui si è attivata la partita Iva. Non vi rientrano le società costituite a seguito di operazioni di fusione, scissione, conferimento di azienda o trasformazione La seconda ipotesi si riferisce a società che si trovano nel primo periodo di imposta. Non possono usufruire dell’esimente, come precisato dalla ricordata C.M. 25/E/2007, le società neo costituite a seguito di un’operazione di scissione, di fusione propria o di conferimento d’azienda, nonché quelle trasformate. In queste fattispecie, infatti, non si è in presenza di una nuova impresa, ma della prosecuzione dell'attività svolta dai soggetti preesistenti.

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Società in amministrazione controllata o straordinaria; società in fallimento, liquidazione coatta amministrativa, liquidazione giudiziaria, nonché in concordato preventivo La terza causa di esclusione, che va correlata con quella indicata al n. 8) della scheda, riguarda le società che hanno in corso particolari procedure giudiziarie. Si tratta innanzitutto delle società fallite e in liquidazione coatta amministrativa, dei soggetti in liquidazione giudiziaria (con liquidatori nominati dal Tribunale e non dall’assemblea dei soci) e in concordato preventivo. Società con numero di soci non inferiore a 50; società con un numero di dipendenti mai inferiore a 10 nei due esercizi precedenti: il numero minimo deve essere verificato in ogni giorno del periodo temporale considerato dalla norma Non applicano inoltre le regole delle società non operative quelle che hanno un numero di soci non inferiore a 50. La C.M. 9/E/2008 ha chiarito che il numero deve essere raggiunto per la maggior parte del periodo di imposta, non essendo invece sufficiente verificare la condizione al termine dell’esercizio. Per quanto riguarda l’ulteriore esclusione per le società che, nei due esercizi precedenti, hanno avuto un numero di dipendenti mai inferiore alle dieci unità, l’Agenzia ha precisato che il numero minimo deve sussistere per tutti i giorni compresi nell'arco temporale della norma, nonché, condizione non prevista dalla legge, nel medesimo esercizio per il quale si effettua il test di operatività. Per l’esercizio 2011 (Unico 2012), l’esclusione opera dunque a condizione che la società abbia avuto almeno 10 dipendenti in tutti i giorni del triennio 2008-2009-2011. Tra i dipendenti rientrano i lavoratori subordinati (con contratto a tempo determinato o indeterminato), mentre ne sono esclusi coloro che percepiscono redditi assimilati a quelli da lavoro dipendente, come i collaboratori a progetto o gli amministratori. Società aventi un valore della produzione del Conto economico (aggregato “A”) superiore al totale attivo dello Stato patrimoniale L’ulteriore causa di esclusione, costituita dal conseguimento di un valore della produzione del Conto economico superiore al totale attivo dello Stato patrimoniale va verificata, come chiarito dalla C.M. 9/E/2008, esclusivamente con riguardo al bilancio dell’esercizio per il quale viene applicata la disciplina. La medesima circolare ha poi precisato che anche le società in contabilità semplificata possono usufruire della descritta causa di esclusione, dovendo però documentarla mediante redazione di una situazione economico patrimoniale. Società partecipate da enti pubblici almeno al 20% Non devono fare i conti con la disciplina delle società di comodo quelle partecipate da enti pubblici almeno al 20%. La partecipazione, come indicato dalla R.M. 373/E/2008, deve essere diretta e sussistere per oltre la metà del periodo di imposta. Società congrue (anche per adeguamento in dichiarazione ai ricavi puntuali di Gerico) e coerenti agli studi di settore. Un’ultima esclusione si riferisce alle società che risultano congrue e coerenti ai fini degli studi di settore di cui all'art. 62-bis del D.L. 331/1003. Si considerano congrue le società che, anche per effetto dell'adeguamento in dichiarazione, dichiarano ricavi di importo non inferiore a quello puntuale di riferimento derivante dalla

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applicazione Gerico e comprensivo dei maggiori ricavi che si ottengono dalla applicazione degli specifici indicatori di normalità economica. Per quanto riguarda il requisito della coerenza, è stato precisato che lo stesso sussiste solo quando la società risulta correttamente posizionata nei confronti di tutti gli indicatori di coerenza economica applicabili nei suoi confronti. L’esclusione non si applica nei confronti delle società alle quali si applicano i parametri, anche qualora le stesse dichiarino ricavi congrui. La congruità e coerenza agli studi deve essere verificata nel solo esercizio di riferimento e non invece nel triennio utilizzato per il calcolo dei ricavi del test di operatività. 7.2) Disapplicazione automatica senza interpello Ulteriori situazioni in cui le società che non raggiungono i ricavi minimi del test possono disapplicare la norma senza ricorrere all’istanza di interpello sono elencate nel comma 1, lettere da a) ad f), del provvedimento del 14 febbraio 2008, n. 23681/2008, emanato dal Direttore dell’Agenzia delle entrate in applicazione della L. 244/2007. La norma riguarda, in particolare, tre tipologie di soggetti: società holding, società immobiliari e società in liquidazione. Disapplicazione senza interpello

a) società in liquidazione che si impegnano a richiedere la cancellazione dal registro imprese a norma degli articoli 2312 e 2495 c.c., entro il termine per la dichiarazione dell’esercizio successivo. Per il periodo di imposta 2011 (impegno rilasciato nel mod. Unico 2012), il termine per la cancellazione è il 30 settembre 2013: la disapplicazione vale, in questo caso per i periodi di imposta 2011, 2012 e 2013 fino alla estinzione

b) società in fallimento, liquidazione coatta amministrativa, liquidazione giudiziaria, nonché in concordato preventivo e amministrazione straordinaria, con riferimento ai periodi anteriori all’avvio delle procedure i cui termini scadono dopo l’inizio delle procedure stesse

c) società sottoposte a sequestro penale o confisca o altre fattispecie analoghe in cui vi sia la nomina di un amministratore giudiziario: disapplicazione valida per il periodo di imposta nel corso del quale è emesso il provvedimento di nomina dell'amministratore giudiziario e fino a quando permane l'amministrazione giudiziaria

d) società con immobili locati a enti pubblici o a canone vincolato ex L. 431/1998 o per altre leggi statali o regionali; disapplicazione limitata a tali immobili, senza considerare nei calcoli anche i relativi proventi effettivi

e) società con partecipazioni in: 1) società considerate operative; 2) società escluse dalla norma anche mediante interpello; 3) collegate di black-list che applicano l’art. 168 Tuir; disapplicazione limitata a tali partecipazioni, senza considerare nei calcoli anche i relativi proventi effettivi

f) società con provvedimento di disapplicazione della Dre ottenuto in esercizi precedenti sulla base di circostanze che non hanno subito modificazioni; anche in questo caso l’esclusione è strettamente limitata a tali circostanze

Per le holding, e in generale per le società che detengono partecipazioni, è consentito disapplicare la norma con riguardo ad azioni e quote di società operative, oppure di società che non devono applicare il test sulle società di comodo (cause di esclusione, cause di disapplicazione, o esito favorevole dell’interpello) o ancora di collegate estere rientranti nell’art. 168 del Tuir.

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Nel test, queste partecipazioni vanno escluse dai conteggi eliminando anche i proventi effettivi ad essi relativi (dividendi). Se la società ha iscritto all’attivo solo le partecipazioni indicate nel provvedimento (ad esempio holding pura), sarà di fatto esclusa dalla disciplina, mentre se possiede ulteriori attività rilevanti per il test (immobili, crediti per finanziamenti, ecc.), dovrà effettuare i conteggi dei ricavi presunti su questi ultimi elementi, senza però poter fare affidamento sui dividendi incassati dalla partecipazioni escluse. In taluni casi, quando cioè i dividendi sono sufficienti a coprire i ricavi presunti di tutte le poste iscritte all’attivo (ad esempio, crediti per finanziamenti alle partecipate), la società rinuncerà ad avvalersi dell’esonero (cosa a nostro avviso certamente consentita), che potrebbe risultare controproducente.

Esempio Alfa holding Spa detiene (valori medi triennali): azioni di Beta (società operativa) iscritte per euro 1.000.000 e crediti per finanziamenti infruttiferi a Beta per euro 500.000. I ricavi effettivi (valore medio triennale) sono costituiti da dividendi di Beta per 50.000. La società rispetta il test in quanto i ricavi presunti (1.500.000 x 2% = 30.000) sono inferiori a quelli effettivi. Escludendo però la partecipazione e i relativi proventi effettivi, restano crediti finanziari per 500.000 che genererebbero ricavi presunti (2%) per 10.000, a fronte di nessun provento effettivo. In questi casi la società effettuerà il test senza usufruire della disapplicazione per le partecipazioni in società operative.

Rientrano nell’esonero dal test, non solo le partecipazioni in società operative, ma anche quelle in società escluse dalla disciplina per una causa di esclusione o disapplicazione (con o senza interpello). Il caso è, ad esempio, quello di una holding Alfa che detiene una partecipazione in una sub-holding Beta che a sua volta controlla una società operativa Delta. Beta disapplica la norma con riferimento a Delta (operativa) e così pure Alfa potrà disapplicare con riferimento a Beta (in quanto società che, a seguito della esclusione della partecipazione in Delta, non applica la norma). Un problema si pone per società che detengono partecipazioni in società estere di ogni tipo. Innanzitutto è da ritenere che tali partecipazioni non possano essere automaticamente escluse dal test dei ricavi minimi per il solo fatto che ad esse la disciplina in esame non si applica. Il citato provvedimento del 14 febbraio 2008, quando si riferisce a società escluse dalla disciplina delle società di comodo, anche in conseguenza di istanza di interpello, intende evidentemente richiamare le sole società italiane, in quanto tali soggettivamente sottoposte al regime. Diversamente, non avrebbe alcun senso la specifica causa di disapplicazione per le partecipazioni in società collegate di black list indicate nell’art. 168 Tuir: se infatti tutte le partecipazioni in società estere fossero escluse non si giustificherebbe una esclusione specifica per quelle di black list. In secondo luogo è assai dubbio che la esclusione dal test, del valore delle azioni o quote di società estere possa effettuarsi “automaticamente” (in base al citato provvedimento), verificando cioè che si tratta di soggetti che, qualora fossero residenti in Italia, risulterebbero operativi in quanto conseguono ricavi e proventi superiori a quelli minimi. Lo svolgimento del test di operatività su società estere che redigono il bilancio secondo regole differenti da quelle italiane potrebbe infatti non essere affidabile; il Fisco potrebbe dunque disconoscere la disapplicazione. Si ritiene dunque opportuno, laddove si intenda escludere queste partecipazioni dai conteggi dei ricavi minimi, presentare apposita istanza di disapplicazione parziale come fu a suo tempo indicato dalla R.M. 16/11/2007, n. 331/E.

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Per le società immobiliari, la disapplicazione automatica riguarda quei fabbricati che sono locati ad enti pubblici ovvero a canoni vincolati in base alla L. 431/1998 o ad altre norme statali o regionali. Anche in questo caso, l’esclusione dal test è limitata a tali immobili, mentre dovranno svolgersi i calcoli ordinari per altri fabbricati posseduti, eliminando dal computo dei ricavi effettivi quelli prodotti dai beni sopra citati. Infine, per le società in liquidazione, l’uscita dalla norma è accordata qualora si impegnino a richiedere la cancellazione (articoli 2312 e 2495 c.c.) entro il termine per la presentazione della dichiarazione dell’esercizio successivo. Se la cancellazione non dovesse essere richiesta nel termine indicato, la disapplicazione decade sin dall’origine. Non è chiaro se ciò comporterà, oltre al recupero di imposte e interessi, anche l’irrogazione di sanzioni. Il provvedimento stabilisce inoltre che le disapplicazioni mediante interpello ottenute negli esercizi precedenti mantengono validità anche per gli anni seguenti in presenza di situazioni che sono rimaste immutate anche per il periodo di imposta in esame. 7.3) La “difficile” disapplicazione per le società in perdita triennale Anche le “nuove” società in perdita triennale, come stabilito dall’art. 2, comma 36-decies, D.L. 138/2011, possono usufruire delle cause di disapplicazione stabilite dall’art. 30 della L. 724/1994. Si tratta delle ipotesi indicate ai precedenti punti 7.1 e 7.2, ipotesi che peraltro, essendo state studiate per la disapplicazione riferita al test dei ricavi, non risultano, in diverse circostanze, facilmente utilizzabili da parte delle società che ricadono nella nuova situazione. Ad esempio, non saranno coinvolte nel regime delle non operative, neppure se in perdita triennale, tutte le imprese medio-grandi, come quelle di gruppi quotati, quelle con almeno 50 soci o che hanno 10 dipendenti nel biennio precedente. Sono inoltre escluse le società in procedura concorsuale, quelle partecipate da enti pubblici con quote del 20% o superiori e le società con un valore della produzione (conto economico) superiore al totale attivo (stato patrimoniale). Tra i soggetti di minori dimensioni, possono evitare il regime di comodo, anche se in perdita triennale, quelli che sono congrui e coerenti agli studi di settore. Le società in liquidazione volontaria sono esonerate dalla tassazione presuntiva, anche se in perdita ripetuta, se si impegnano a cancellarsi entro il termine della dichiarazione dell’esercizio successivo. Per la prima applicazione della norma una società in liquidazione in perdita triennale (laddove non già attratta dal regime di comodo in base al test dei ricavi) potrà esercitare l’opzione nel mod. Unico 2013, con cancellazione entro il 30 settembre 2014. In molti casi non risulta agevole comprendere in quali esercizi la causa di disapplicazione deve sussistere per le società in perdita: se nell’arco del triennio considerato per verificare il risultato o nel quarto anno, quando cioè l’impresa si considera “non operativa”. Ad esempio, per il numero di dipendenti non inferiore a 10 nei due esercizi precedenti, va chiarito se rilevano gli ultimi due esercizi del triennio (ad esempio, per la prima applicazione della norma: il 2010-2011), ovvero l’anno in cui la società viene considerata di comodo e quello precedente (2012 e 2011), ovvero ancora, come pare preferibile, il triennio 2009-2011. Il dubbio nasce dal fatto che, per l’altro presupposto (quello basato sui ricavi inferiori alla soglia), per il quale sono state scritte le norme sugli esoneri, la società diventa di comodo già nell’esercizio in cui si verifica la condizione. Altre interrogativi riguardano le società congrue e coerenti, quelle con valore della produzione che supera l’attivo e le società con almeno 50 soci. La C.M. 9/E/2008 precisò che la verifica va

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effettuata, in tutti questi casi, solamente nell’esercizio per il quale si è considerati non operativi. Per il regime delle perdite, però, l’anno in cui si diventa di comodo e quello in cui si svolge il test non coincidono; ci si chiede pertanto, per una società in perdita dal 2009 al 2011, se il confronto tra valore della produzione e totale attivo (oppure l’esistenza della congruità agli studi) vada eseguito nel solo esercizio 2012 (quello in cui si è non operativi) oppure nel 2011 o ancora nell’intero triennio (come pare preferibile). Tra le cause di esonero di difficile applicazione da parte delle società in perdita (e di cui si auspica un adeguamento), si segnalano quelle per le holding che detengono partecipazioni in società operative oppure per le immobiliari con fabbricati locati ad enti pubblici. Per le holding, ad esempio, la norma dispone di non considerare le partecipazioni in società operative nel calcolo di ricavi minimi. Per le società in perdita dovrebbe invece essere consentito disapplicare la regola se, e nella misura in cui, il risultato fiscale rideterminato sterilizzando l’effetto delle detassazioni dei dividendi (art. 89 Tuir) e della Pex (art. 87 Tuir) risulta positivo.

Esempio Si ipotizzi una società che presenta il seguente risultato ripetuto per tre esercizi consecutivi. Dividendi incassati: 200.000; spese deducibili: 120.000; utile civilistico: (200.000 – 120.000) = 80.000; detassazione dividendi nel mod. Unico (95%x200.000): 190.000; perdita fiscale: (80.000 – 190.000) = 110.000 In questo caso la società, vista la perdita fiscale triennale, diventa non operativa anche se il risultato è generato dalla agevolazione sui dividendi che deve essere mantenuta in capo alle società di comodo. Se l’Agenzia correggerà il provvedimento del 2008, consentendo di considerare la perdita fiscale al lordo di eventuali agevolazioni, la società potrà rideterminare il risultato, che, a quel punto, consisterà in un reddito.

Analogamente, per le società che posseggono immobili affittati ad enti pubblici (il cui valore non si considera per il conteggio dei ricavi presunti), la causa di disapplicazione potrebbe essere adeguata consentendo per chi ricade nel test della perdita triennale, di ricalcolare il risultato eliminando costi (ammortamento, spese, ecc.) e proventi (canoni di locazione) derivanti da tali fabbricati. È peraltro auspicabile che, oltre a correggere le cause di disapplicazione previste per il test dei ricavi, l’Agenzia delle entrate introduca nuove ipotesi di esonero dal regime delle perdite triennali.

8. LA DISAPPLICAZIONE MEDIANTE INTERPELLO 8.1) L’interpello sui ricavi Le società non operative interessate da oggettive situazioni che impediscono il conseguimento di ricavi congrui, le quali, non rientrando nelle cause di esclusione o disapplicazione automatica, intendono richiedere l’esonero alla Direzione regionale, possono disapplicare la norma ai sensi dell’art. 37-bis, comma 8, DPR 600/1973, presentando istanza di interpello all’Agenzia delle entrate. L’istanza deve essere inviata in tempo utile per ottenere risposta entro il termine di presentazione del modello Unico dell’esercizio interessato dalla disciplina delle società non operative. Per Unico 2012 (esercizio 2011), il termine per la ricezione della risposta scadrà il 30 settembre 2012 e, considerando i 90 giorni a disposizione delle Entrate per rilasciare il provvedimento, è necessario che la richiesta, venga trasmessa entro il 2 luglio 2012.

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L’istanza (si vedano alcuni modelli al termine della presente) deve essere spedita a mezzo plico raccomandato RR (ovvero consegnata a mano) all’Ufficio locale dell’Agenzia competente per territorio, ma va indirizzata al Direttore regionale delle Entrate. È importante che vengano riportati, oltre ai dati anagrafici e alla firma del legale rappresentante, tutti gli elementi che attestano l’esistenza delle situazioni impeditive poste a base della domanda. La Dre notificherà il provvedimento sia se favorevole sia se negativo; non è infatti prevista alcuna forma di silenzio assenso o silenzio rifiuto. L’interpello è necessario ed opportuno, ad esempio, per le società immobiliari che percepiscono canoni inferiori al limite di legge (tranne il caso in cui si posseggano solo immobili locati a enti pubblici o a canoni vincolati per legge, che rientrano nelle cause di esclusione) e per quelle in liquidazione (diverse da quelle che si cancelleranno entro il 30 settembre 2013, con impegno nel mod. Unico 2012). Per le società di costruzione immobiliare, che non conseguono ricavi a seguito della crisi, o che rinviano l’avvio della attività per mancanza di prospettive, non dovrebbero porsi problemi di operatività, poiché il valore dei rispettivi immobili (terreni o fabbricati in attesa di vendita) si iscrive correttamente nelle rimanenze, essendo dunque irrilevante per i calcoli. Per le immobiliari di gestione che percepiscono affitti attivi insufficienti, è possibile chiedere la disapplicazione dimostrando che i fabbricati sono stati acquistati con contratti di locazione già in essere, che non è possibile modificare fino a scadenza. Per le locazioni stipulate dalla attuale proprietà, l’interpello dovrà dimostrare che il canone riflette il valore di mercato della zona (producendo, ad esempio riviste del settore o altri analoghi documenti). Dubbi permangono invece nel caso di immobili rimasti sfitti. Dovrebbe essere dimostrato, ma il punto non risulta trattato da apposite pronunce ministeriali, che la società ha comunque svolto una attività finalizzata alla locazione richiedendo canoni non superiori a quelli di mercato. 8.2) L’interpello per le perdite triennali La disapplicazione della norma mediante interpello ex art. 37-bis del DPR 600/1973, varrà anche per la nuova causa introdotta dal D.L. 138/2011, e consistente nella situazione di perdita triennale. L’interpello, per le società che si trovano in questa situazione, dovrà essere presentato per la prima volta in tempo utile per ottenere risposta entro il 30 settembre 2013 (termine di presentazione della dichiarazione riferita al 2012, anno da cui decorre la norma). Le società potrebbero peraltro anticipare a quest’anno (non appena avranno determinato il risultato fiscale del 2011, terzo esercizio rilevante per la prima applicazione della norma) la presentazione dell’istanza, posto che la nuova ipotesi di non operatività deve essere tenuta in considerazione nel calcolo dell’acconto 2012. Non è però chiaro su quali motivazioni dovranno basarsi queste future istanze di disapplicazione. Molte imprese in perdita saranno infatti interessate dalla norma pur senza alcuna finalità tipica delle società di comodo. Oltre alle holding e alle immobiliari con immobili affittati a enti pubblici, che, se non verranno modificate le ipotesi disapplicative, rientreranno nella normativa, rischiano di diventare non operative tutte le imprese con un processo produttivo che dura più anni (in particolare le società di costruzione immobiliare (si vedano i facsimili di interpello al termine) che contabilizzano i ricavi solo al momento del rogito), i cui bilanci, in assenza di ricavi, chiudono necessariamente in perdita per il fatto che non tutti i costi possono essere capitalizzati sulle rimanenze (si pensi alle spese generali). Le società che realizzano fabbricati per la vendita non sono colpite invece dall’attuale regime degli enti non operativi in quanto l’incremento delle rimanenze che viene contabilizzato durante la fase di costruzione rileva ai fini del confronto con i ricavi presunti.

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Potrebbero infine diventare di comodo anche molte piccole imprese industriali o commerciali, per le quali la perdita è generata dalla crisi economica o da reali situazioni aziendali e che, proprio per effetto dei risultati negativi, finiscono spesso per non essere congrue agli studi di settore non potendo neppure utilizzare la relativa causa di esclusione. Si auspica che l’Agenzia richieda per questi interpelli la semplice dimostrazione che la perdita è effettiva ed è generata da una attività commerciale reale (senza finalità di mera intestazione di beni personali), con costi reali ed inerenti. Assai ardua sarebbe invece la disapplicazione se si dovesse dimostrare che il risultato non è il frutto di scelte antieconomiche dell’imprenditore, il che aprirebbe interminabili discussioni tra fisco e contribuenti. 8.3) L’esito dell’interpello: il diniego Secondo l’Agenzia delle entrate, il provvedimento di diniego dell’interpello disapplicativo non è impugnabile; il contribuente che intende contestarlo non si adeguerà al reddito minimo in dichiarazione e il contenzioso si attuerà sul successivo accertamento. Secondo la sentenza della Cassazione n. 8663 del 14 aprile 2011 (richiamata dalla sentenza della CTP Reggio Emilia n. 154 del 20 settembre 2011), invece, occorre ricorrere contro il diniego, pena la decadenza dal diritto di effettuare successive opposizioni. È necessario che l’Agenzia faccia tempestivamente conoscere il proprio orientamento al riguardo e dunque se sono, o meno, da ritenersi superate – anche per gli interpelli delle società di comodo - le diverse istruzioni contenute nella C.M. 7/E/2009. 8.4) Le conseguenze del mancato invio dell’interpello La C.M. 32/E/2010 (le cui conclusioni sono state confermate, in materia di interpelli CFC ex art. 167 Tuir, dalla C.M. 23/E/2011, par. 8.2) ha precisato che, nel caso di una disapplicazione in dichiarazione senza il preventivo interpello, l’Ufficio, oltre ad irrogare la sanzione fissa prevista dall’art. 11, c. 1, lett. a), D.Lgs. 471/97, dovrà comunque verificare se gli elementi sostanziali addotti dal contribuente per uscire dalla norma siano idonei a dimostrare l’effettiva sussistenza delle circostanze esimenti previste dalle disposizioni. In assenza di tale dimostrazione, la sanzione per infedele dichiarazione verrà irrogata nella misura massima prevista dalla legge. Sulla base di queste affermazioni (e considerando che la circolare 32/E/2010 ha abrogato precedenti istruzioni circa la impossibilità di impugnare gli accertamenti conseguenti ad una disapplicazione effettuata senza la preventiva istanza di interpello), si ritiene che, anche in assenza di invio dell’istanza di interpello, il contribuente possa (rischiando peraltro la sanzione massima come sopra indicato) non applicare comunque la norma laddove ritenga che sussistano i motivi previsti dalla legge. La dimostrazione degli elementi alla base della disapplicazione avverrà in sede di successiva fase di accertamento e contenzioso.

9. IL BILANCIO DELLE SOCIETÀ DI COMODO 9.1) Il Conto economico Il bilancio delle società non operative è influenzato dalla relativa disciplina con riferimento al calcolo delle imposte (Ires e Irap) da stanziare nel conto economico. Nella redazione del conto economico delle società potenzialmente di comodo, assume particolare rilevanza la classificazione dei proventi che, a seconda se collocati nell’area ordinaria (voci A1, A5,

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C15 e C16), anziché in quella straordinaria, devono, o meno, essere considerati nel test di operatività (confronto con i ricavi minimi presunti). Il doc. Oic n. 1 serie interpretazioni fornisce al riguardo i seguenti criteri per individuare i proventi straordinari. Rientrano tra i proventi straordinari le plusvalenze e le sopravvenienze attive derivanti da fatti per i quali la fonte del provento è estranea alla gestione ordinaria dell'impresa; componenti positivi relativi ad esercizi precedenti (inclusi gli errori di rilevazione di fatti di gestione o di valutazione di poste di bilancio; componenti reddituali che costituiscono l'effetto di variazioni dei criteri di valutazione. Un aspetto particolare, che può influire in modo rilevante per il test di operatività, è costituito dalle modalità di iscrizione dei dividendi con criterio di maturazione (si veda il box).

Approfondimento: la contabilizzazione dei dividendi Con riguardo alla contabilizzazione dei dividendi, va ricordato che, per le partecipazioni in società di cui si detiene, singolarmente, o insieme ad altre società del gruppo, il controllo dell’assemblea, è consentita (doc. Oic 21; Consob, comunicazione DAC/RM/95002194 del 16.3.1995) la rilevazione degli utili distribuiti già nell’esercizio in cui gli stessi sono “maturati”. Ciò, sulla base della proposta di distribuzione decisa dagli amministratori della società controllata, in data antecedente alla delibera della controllante che approva il progetto di bilancio. In questo caso, il provento iscritto nel conto economico della partecipante concorre a formare l’ammontare da confrontare con i ricavi minimi. Un analogo metodo contabile risulta utilizzabile in società che detengono partecipazioni non di controllo qualora, alla data di approvazione del progetto di bilancio, l’assemblea della partecipata abbia già deliberato la distribuzione dell’utile ovvero laddove esistono accordi tra i soci che rendono tale distribuzione certa sia nell’an che nel quantum. Accordi di questo tipo sono utilizzati spesso in partecipate che hanno optato per la trasparenza fiscale (art. 115, Tuir) al fine di correlare nello stesso bilancio, l’onere fiscale che viene attribuito ai soci (qualora l’accordo non preveda che se ne faccia carico la partecipata stessa) con l’utile che spetta agli stessi soci.

9.2) L’approvazione nei 180 giorni La non operatività, con la conseguente emersione del reddito minimo, può influire sulla tempistica di approvazione del rendiconto. Il codice civile consente infatti agli statuti delle società di prevedere la possibilità, per gli amministratori, di procrastinare la convocazione dell’assemblea di bilancio oltre l’ordinario termine di 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio in talune situazioni. Una prima ipotesi legale di rinvio del termine di convocazione dell’assemblea annuale, a norma dell’art. 2364 c.c., riguarda le società tenute al bilancio consolidato. Rientrano in questa fattispecie, a norma dell’art. 25 del D.Lgs. 127/1991, le società di capitali che detengono il controllo di un’altra impresa e che non usufruiscono dei casi di esonero indicati all’art. 27 del medesimo D.Lgs.. In assenza di bilancio consolidato, il prolungamento della data di approvazione del bilancio d’esercizio è permesso, laddove lo statuto lo consenta, in presenza di “particolari esigenze relative alla struttura e all’oggetto della società”. Rientrano, a nostro avviso, tra le descritte fattispecie in cui è consentita la proroga a 180 giorni, le società potenzialmente di comodo, che hanno inoltrato alla Direzione regionale dell’Agenzia delle entrate istanza di interpello disapplicativo (art. 30, L. 724/1994 e art. 37-bis, comma 8, Dpr 600/1973) e che, alla data ordinariamente prevista per la redazione del progetto di bilancio, sono

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ancora in attesa dell’esito della richiesta. In questi casi, al fine di stanziare correttamente le imposte nel bilancio in fase di chiusura, gli amministratori possono rinviare a giugno la convocazione dell’assemblea. L’accertamento dell’esistenza dei motivi che consentono il differimento è di competenza degli amministratori, i quali devono segnalare le ragioni della dilazione nella relazione sulla gestione (art. 2428 c.c.). Qualora questo documento non venga predisposto (bilancio in forma abbreviata ai sensi dell’art. 2435-bis, c.c.), è da ritenere che l’indicazione debba effettuarsi nella nota integrativa. Non è prevista dalla legge alcuna deliberazione specifica da parte del Consiglio di Amministrazione entro il termine assembleare ordinario (120 giorni), deliberazione in passato richiesta dalla prassi amministrativa per legittimare lo slittamento del termine di pagamento delle imposte. È comunque assolutamente opportuno che una simile decisione preventiva venga assunta (meglio se entro il termine in cui, ordinariamente, il progetto di bilancio avrebbe dovuto essere comunicato all’incaricato del controllo contabile). Di seguito riportiamo un facsimile di verbale di riunione del Consiglio di amministrazione per l’accertamento delle condizioni che giustificano il rinvio. In assenza di organo collegiale, le indicazioni del verbale possono essere riportate nella forma di “Determinazione dell’amministratore unico” da trascrivere su un libro sociale appositamente istituito o da trasmettere al Collegio sindacale (ove presente) per le necessarie deliberazioni.

VERBALE DELLA RIUNIONE DEL CDA DEL GIORNO … L’anno 2012, questo giorno … del mese di marzo, presso …, si è riunito il Cda della società …. in merito al seguente

ordine del giorno 1) Adozione del termine di 180 giorni previsto dallo statuto sociale per la convocazione dell’assemblea sul bilancio dell’esercizio chiuso al 31.12.2011 Assume la presidenza …., il quale chiama a fungere da segretario …. . Il presidente dà atto della regolare costituzione della riunione essendo presenti tutti i componenti dell’organo amministrativo signori … e tutti i sindaci effettivi signori …. (SE TALE ORGANO E’ NOMINATO) Il Presidente, nel ricordare che l’art. … dello statuto stabilisce, conformemente all’art. 2364 del Codice civile, la possibilità di convocare l’assemblea in merito al bilancio, oltre i 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio, se lo richiedono particolari esigenze legate all’oggetto e alla struttura della società, fa presente quanto segue:

la società è soggetta alle regole degli enti “non operativi” (art. 30, L. 724/1994) ed ha, in data …., inoltrato alla Direzione regionale delle Entrate interpello ai sensi dell’art. 37-bis, comma 8, Dpr 600/1973, per ottenere la disapplicazione della norma; risulta necessario attendere l’esito dell’istanza al fine di quantificare correttamente l’onere per Ires e per Irap nel bilancio d’esercizio;

Per i motivi sopra illustrati, il Presidente ritiene sussistano particolari esigenze che impongono il rinvio a 180 giorni del termine per convocazione dell’assemblea di bilancio. Il Consiglio di Amministrazione, udite ed approvate le proposte del Presidente, dando atto che sussistono i presupposti richiesti dalla legge e dallo statuto, delibera di convocare l’assemblea dei soci sul bilancio dell’esercizio chiuso al 31.12.2011 nel maggior termine di 180 giorni dalla chiusura dell’esercizio, rinviando ad una successiva riunione l’approvazione del progetto di bilancio.

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APPENDICE: I MODELLI PER GLI INTERPELLI DISAPPLICATIVI

1) Il FACSIMILE dell’ISTANZA di INTERPELLO RELATIVA AL TEST DEI RICAVI (ESERCIZIO 2011) 1° caso: società immobiliare di gestione Spett.le Agenzia delle Entrate Direttore Regionale per Via […] CITTA’ per il tramite di: Agenzia delle Entrate – Direzione provinciale di Via […] CITTA’ RACCOMANDATA A/R Oggetto: istanza di disapplicazione delle disposizioni dell’art. 30 della L. 724/1994, ai sensi dell’art. 37-bis, comma 8, Dpr 600/1973 La Società […], con sede in […] telefax […],e-mail […], in persona del suo legale rappresentante […],

premesso a) che, nell’esercizio al 31.12.2011, ha realizzato un volume di ricavi, incrementi di rimanenze e proventi di cui al

comma 1 dell’art. 30 della L. 724/1994 inferiore al valore presunto stabilito dal medesimo articolo come risulta dai seguenti dati:

Media 2009-2010-2011 di ricavi, incrementi di rimanenze e proventi effettivi: € […]

Valore presunto in base all’art. 30 L. 724/1994: € […] b) che la scrivente non rientra in alcuna delle cause di esclusione automatica dalla disciplina, né nelle ipotesi di

disapplicazione previste dal Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate 23681 del 14 febbraio 2008; c) che si sono verificate situazioni oggettive, illustrate nel seguito dell’istanza, che hanno impedito alla scrivente di

realizzare un volume di ricavi, incrementi di rimanenze e proventi almeno pari al valore presunto dalla legge;

Fa istanza a Codesto Spettabile Direttore Regionale affinché disponga la disapplicazione delle disposizioni in materia di società non operative, ai fini dell’IRES, dell’IVA e dell’IRAP, ai sensi dell’art. 30, comma 4-bis, della L. 724/1994 e dell’art. 37-bis, comma 8, Dpr 600/1973, sulla base dei seguenti

motivi Caso 1.A) La società possiede i seguenti immobili che sono stati acquisiti quando erano già in essere contratti di locazione, con canoni che non si è in grado di modificare fino alla scadenza. Immobile XXX

acquistato il […] ad un prezzo […]

contratto di locazione stipulato il […] con durata […] con canone di […] Vedi documenti allegati sub A) e B) Caso 1.B) La società possiede immobili locati con contratti stipulati da diversi anni il cui canone era, all’epoca della stipula, in linea con i valori di mercato come risulta dalla perizia allegata alla presente istanza. Caso 1.C) La società possiede immobili inagibili e/o in fase di ristrutturazione come risulta dai seguenti documenti allegati: perizia del geom. […] corredata da documenti fotografici che attesta la inagibilità del fabbricato; documentazione intervento di ristrutturazione in corso. DATA […] Il Legale rappresentante

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2° caso: Società in liquidazione Spett.le Agenzia delle Entrate Direttore Regionale per Via […] CITTA’ per il tramite di: Agenzia delle Entrate – Direzione provinciale di Via […] CITTA’ RACCOMANDATA A/R Oggetto: istanza di disapplicazione delle disposizioni dell’art. 30 della L. 724/1994, ai sensi dell’art. 37-bis, comma 8, Dpr 600/1973 La Società […], con sede in […] telefax […],e-mail […], in persona del suo legale rappresentante […],

premesso a) che, nell’esercizio al 31.12.2011, ha realizzato un volume di ricavi, incrementi di rimanenze e proventi di cui al

comma 1 dell’art. 30 della L. 724/1994 inferiore al valore presunto stabilito dal medesimo articolo come risulta dai seguenti dati:

Media 2009-2010-2011 di ricavi, incrementi di rimanenze e proventi effettivi: € […]

Valore presunto in base all’art. 30 L. 724/1994: € […] b) che la scrivente non rientra in alcuna delle cause di esclusione automatica dalla disciplina, né nelle ipotesi di

disapplicazione previste dal Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate 23681 del 14 febbraio 2008; c) che si sono verificate situazioni oggettive, illustrate nel seguito dell’istanza, che hanno impedito alla scrivente di

realizzare un volume di ricavi, incrementi di rimanenze e proventi almeno pari al valore presunto dalla legge;

La società ha avviato le procedure necessarie alla liquidazione dell’attivo e alla estinzione delle passività, ma non è in grado di attestare che la cancellazione della società avverrà entro il 30.9.2013, come richiesto dal citato Provvedimento 14 febbraio 2008 per la disapplicazione automatica senza interpello. Il tutto secondo quanto risulta dai seguenti atti:

fatture di vendita di beni a stock relativamente alle residue giacenze di magazzino[…]

mandato alla ditta […] per la vendita dei macchinari […]

lettere inviate ai creditori per proporre un piano di pagamento a saldo e stralcio […]

contenzioso in essere con […] che impedisce allo stato attuale la chiusura della liquidazione Fa istanza a Codesto Spettabile Direttore Regionale affinché disponga la disapplicazione delle disposizioni in materia di società non operative, ai fini dell’IRES, dell’IVA e dell’IRAP, ai sensi dell’art. 30, comma 4-bis, della L. 724/1994 e dell’art. 37-bis, comma 8, Dpr 600/1973, sulla base dei seguenti

motivi La società scrivente ha deliberato lo scioglimento e la nomina del liquidatore in data […] DATA […] Il Legale rappresentante

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2) I NUOVI INTERPELLI delle SOCIETA’ in PERDITA TRIENNALE (esercizio 2012) 1° caso: le holding Spett.le Agenzia delle Entrate Direttore Regionale per .. per il tramite di: Agenzia delle Entrate – Direzione provinciale di .. RACCOMANDATA A/R Oggetto: istanza di disapplicazione delle disposizioni dell’art. 30 della L. 724/94, ai sensi dell’art. 37-bis, comma 8, Dpr 600/73 La Società […], con sede in […] telefax […],e-mail […], in persona del suo legale rappresentante […],

premesso a) che il volume di ricavi, proventi e incremento di rimanenze conseguito nell’esercizio 2012 è superiore a quello

minimo previsto dall’art. 30 della L. 724/94; b) che in tutte le dichiarazioni dei redditi relative agli ultimi tre esercizi (allegate) la scrivente ha evidenziato una

perdita fiscale, con ciò verificandosi l’ipotesi indicata dall’art. 2, comma 36-decies, D.L. 138/11; che, pertanto, con riferimento all’esercizio 2012, la società è considerata non operativa;

c) che la scrivente non rientra in alcuna delle cause di esclusione dalla disciplina, né nelle ipotesi di disapplicazione previste dal Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 14/2/2008 e succ. modd.;

d) che si sono verificate situazioni oggettive che hanno impedito alla scrivente di evidenziare un reddito fiscale in alcuno dei tre esercizi sopra richiamati;

Fa istanza a Codesto Spettabile Direttore Regionale affinché disponga la disapplicazione delle disposizioni in materia di società non operative, ai fini dell’IRES, dell’IVA e dell’IRAP, ai sensi dell’art. 30, comma 4-bis, della L. 724/94 e dell’art. 37-bis, comma 8, Dpr 600/73, sulla base dei seguenti

motivi La scrivente svolge attività di holding di partecipazioni in società operative. I proventi sono quasi integralmente rappresentati da dividendi tassabili nella misura del 5% (art. 89 Tuir). La perdita fiscale dell’ultimo triennio è dunque generata dalla applicazione delle regole impositive dei dividendi (che consente la deduzione integrale delle spese di gestione) e non da finalità elusive o da scelte antieconomiche dell’impresa nell’intestazione di beni, il cui contrasto è alla base della disciplina delle società di comodo. Il Provvedimento sopra richiamato consente di non considerare le partecipazioni ai fini del test dei ricavi, confermando l’inesistenza di ogni aspetto elusivo nelle holding di partecipazioni. DATA […] Il Legale rappresentante

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2° caso: Le società immobiliari Spett.le Agenzia delle Entrate Direttore Regionale per .. per il tramite di: Agenzia delle Entrate – Direzione provinciale di .. RACCOMANDATA A/R Oggetto: istanza di disapplicazione delle disposizioni dell’art. 30 della L. 724/94, ai sensi dell’art. 37-bis, comma 8, Dpr 600/73 La Società […], con sede in […] telefax […],e-mail […], in persona del suo legale rappresentante […],

premesso a) che il volume di ricavi, proventi e incremento di rimanenze conseguito nell’esercizio 2012 è superiore a quello

minimo previsto dall’art. 30 della L. 724/94; b) che in tutte le dichiarazioni dei redditi relative agli ultimi tre esercizi (allegate) la scrivente ha evidenziato una

perdita fiscale, con ciò verificandosi l’ipotesi indicata dall’art. 2, comma 36-decies, D.L. 138/11; che, pertanto, con riferimento all’esercizio 2012, la società è considerata non operativa;

c) che la scrivente non rientra in alcuna delle cause di esclusione dalla disciplina, né nelle ipotesi di disapplicazione previste dal Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 14/2/2008 e succ. modd.;

d) che si sono verificate situazioni oggettive che hanno impedito alla scrivente di evidenziare un reddito fiscale in alcuno dei tre esercizi sopra richiamati;

Fa istanza a Codesto Spettabile Direttore Regionale affinché disponga la disapplicazione delle disposizioni in materia di società non operative, ai fini dell’IRES, dell’IVA e dell’IRAP, ai sensi dell’art. 30, comma 4-bis, della L. 724/94 e dell’art. 37-bis, comma 8, Dpr 600/73, sulla base dei seguenti

motivi La scrivente svolge attività di costruzione di fabbricati per la vendita. Nel triennio 2009-2011 la scrivente aveva in corso un intervento immobiliare (si allega: rogito di acquisto del terreno in data …; contratto di appalto con …) e non ha stipulato rogiti di vendita. In assenza di ricavi, la società, pur superando il test previsto dall’art. 30 della L. 724/94, per effetto dell’incremento delle rimanenze di immobili in costruzione, ha chiuso in perdita fiscale a seguito della deduzione delle spese generali non capitalizzabili. La perdita fiscale del triennio è generata dalla durata pluriennale del processo produttivo e dalle regole di imputazione temporale dei ricavi immobiliari che si rilevano solo al momento del rogito. Nell’esercizio 2012, all’atto della stipula di taluni rogiti di vendita la società ha realizzato un utile di euro … (si allega bilancio al 31.12.2012). Manca dunque qualsiasi finalità elusiva e non vi sono beni o altre attività concessi in uso ai soci o a loro familiari. DATA […] Il Legale rappresentante

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3° caso: Le imprese colpite dalla crisi

Spett.le Agenzia delle Entrate Direttore Regionale per .. per il tramite di: Agenzia delle Entrate – Direzione provinciale di .. RACCOMANDATA A/R Oggetto: istanza di disapplicazione delle disposizioni dell’art. 30 della L. 724/94, ai sensi dell’art. 37-bis, comma 8, Dpr 600/73 La Società […], con sede in […] telefax […],e-mail […], in persona del suo legale rappresentante […],

premesso a) che il volume di ricavi, proventi e incremento di rimanenze conseguito nell’esercizio 2012 è superiore a quello

minimo previsto dall’art. 30 della L. 724/94; b) che in tutte le dichiarazioni dei redditi relative agli ultimi tre esercizi (allegate) la scrivente ha evidenziato una

perdita fiscale, con ciò verificandosi l’ipotesi indicata dall’art. 2, comma 36-decies, D.L. 138/11; che, pertanto, con riferimento all’esercizio 2012, la società è considerata non operativa;

c) che la scrivente non rientra in alcuna delle cause di esclusione dalla disciplina, né nelle ipotesi di disapplicazione previste dal Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 14/2/2008 e succ. modd.;

d) che si sono verificate situazioni oggettive che hanno impedito alla scrivente di evidenziare un reddito fiscale in alcuno dei tre esercizi sopra richiamati;

Fa istanza a Codesto Spettabile Direttore Regionale affinché disponga la disapplicazione delle disposizioni in materia di società non operative, ai fini dell’IRES, dell’IVA e dell’IRAP, ai sensi dell’art. 30, comma 4-bis, della L. 724/94 e dell’art. 37-bis, comma 8, Dpr 600/73, sulla base dei seguenti

motivi La società scrivente svolge attività di lavorazione di apparati meccanici per conto terzi avvalendosi di una struttura costituita da numero 5 dipendenti a tempo pieno oltre ad attrezzature poste nel capannone di sua proprietà sito in … Essa supera ampiamente il test dei ricavi previsto dall’art. 30 della L. 724/94. La società non detiene beni assegnati in uso ai soci né beni non strumentali (si allega elenco dettagliato immobilizzazioni). Nel triennio 2009-2011 la perdita fiscale è stata generata dal cattivo andamento dell’economia, che ha provocato un calo dei ricavi e della redditività anche per effetto della crescita del costo delle materie prime e dell’energia. Nel 2011, inoltre, si è subita una ingente perdita su crediti per il fallimento di un cliente. Manca qualsiasi finalità elusiva nel perdurare della situazione di perdita. DATA […] Il Legale rappresentante