7/21/2019 Introduccion a la astrodinamica
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Progetto preliminare di una missione multisatellite di osservazione della Terra con
propulsione elettrica compatibile con il lanciatore VEGA
32
33 INTRODUZIONE ALLASTRODINAMICA
3.1
Introduzione
Questo capitolo introduce i principi fondamentali dellastrodinamica ed alcu-
ne chiarimenti circa i concetti meccanici utilizzati durante lanalisi orbitale sviluppa-
ta nel capitolo quarto.
Lastrodinamica lo studio della traiettoria di un satellite, del suo cammino
nello spazio; quando questo cammino una curva chiusa si parla di orbita.
Il punto di partenza per lo studio del moto di un satellite la scelta di un si-stema di riferimento, a cui fa seguito la necessit di una teoria analitica che permetta
di conoscere in prima approssimazione la situazione reale della traiettoria. Il mezzo
pi potente e veloce per arrivare ad una prima comprensione del moto la teoria ana-
litica delle orbite Kepleriane. Questa approssimazione deve essere adeguatamente
modificata al maturare del disegno. E necessario, infatti, introdurre altri effetti che
alterano la forma classica definite dalleLeggi di Kepleroper raggiungere la traietto-
ria reale del satellite. Forze non desiderate che agiscono sul satellite e ne disturbano
il moto, portandolo fuori dallorbita nominale, sono normalmente chiamateperturba-
zioni. Spiegheremo brevemente le tipiche sorgenti di perturbazione e noteremo lecause pi importanti di perturbazione relative alle orbite terrestri a bassa quota.
3.2 Moto Kepleriano
Isaac Newton, nelle celebratePhilosophiae Naturalis Principia Mathematica,
ha consolidato le basi della Meccanica Celeste. Partendo dalle Leggi di Keplero, pas-
sando attraverso le considerazioni di geni universali come Galileo, Copernico e
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Tycho Brahe, arrivato allimpossibile: rendere fattibile, in un futuro che oggi or-
mai storia, i viaggi spaziali. Il Principia Mathematica, pubblicato nel 1687, consi-
derato largamente il pi grande lavoro scientifico creato da ununica persona e, forse,
il pi importante contributo allo sviluppo delle conoscenze dellumanit. In tale lavo-
rosono stabilite le Leggi di Moto chiamate di Newton in onore dallautore e le for-
mulazioni matematiche di una forza particolare: la forza di gravit. Con questa pub-
blicazione fu spiegato, finalmente, il moto dei pianeti e dei satelliti. Basandosi sulle
opere dei grandi del passato, over giants shoulders, come egli stesso ha definito la
base del proprio lavoro, Newton ha sviluppato la meccanica celeste, partendo da os-
servazioni empiriche, fino a produrre una solida struttura matematica con cui pos-
sibile identificare e conoscere il moto dei corpi celesti. Con il moto dei pianeti cono-
sciuto attraverso le Leggi di Keplero, egli ha risolto il problema inverso, trovare le
forze che producessero questo moto, giustificando le leggi empiriche di Keplero. Fi-
nalmente, attraverso questa nuova forza, si reso possibile risolvere il problema
diretto, scoprire il moto di un qualunque corpo ne sia affetto.
Unintuitiva presentazione geometrica delle Leggi di Keplero :
Prima Legge:Lorbita di ciascun pianeta un ellisse, con il Sole in uno dei due fuo-
chi.
Seconda Legge:La linea che unisce il pianeta al Sole spazza aree uguali in tempi
uguali.
Terza Legge:Il quadrato del periodo di rotazione di un pianeta proporzionale al
cubo della sua distanza media dal Sole.
In pi, qui presentata la pi generale formulazione della forza di gravit,
rr
GMmF
3
rr=
3.2-1
dove F
r
la forza tra due oggetti di massa m ed M, r
r
il vettore tra loro e G la co-stante di gravitazione di Newton.E notazione comune raggruppare G ed M nel ter-
mine ( = GM) definito come costante di gravitazione planetaria. Per la Terra
(costante di gravitazione geocentrica) ha il valore di 2314 sm10986005.3 .
3.2.1 Equazione di moto di un Satellite
Usando la teoria gravitazionale e le sue leggi della meccanica, Newton fu abi-
le a derivare le Leggi di Keplero ed ad applicarle a qualunque coppia di masse punti-
formi (ipotesi di corpi a simmetria sferica) che si muovono sotto la loro mutua attra-
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zione gravitazionale. Viene assunto che la gravit sia lunica forza e che le due masse
puntiformi siano gli unici corpi nel sistema.
Il problema kepleriano di due masse mutuamente attratte si riduce allo studio
di un unico corpo grazie alla supposizione che uno dei due corpi, dettoprimario, sia
piazzato nellorigine di un sistema di coordinate inerziali. Questa ipotesi risulta tanto
migliore quanto pi il primario sia di massa maggiore rispetto allaltro corpo, detto
secondario. Questo il caso di tutti i satelliti artificiali rispetto al corpo centrale di
attrazione. Se, invece, le due masse sono comparabili si parla di problema dei due
corpied il centro di massa del sistema si trover tra i baricentri dei due corpi. Due
masse a simmetria sferica che interagiscono gravitazionalmente devono rimanere nel
piano definito dalle loro velocit e dalle loro posizioni relative, perch le forze sono
centrali e non esistono forze che possano muoverli fuori da questo piano. Di conse-
guenza, quando la gravit lunica forza, lorbita definita da due oggetti interagenti
completamente determinata dalle loro relative posizioni e velocit.
Combinando la seconda legge di Newton con la sua legge di gravitazione (per
esempio vedere [3]) otteniamo unequazione per il vettore accelerazione del satellite:
( ) 0rrdt
rd 32
2
=+ r
r
3.2-2
dove rr
il vettore tra il Satellite e la Terra e la costante di gravitazione terrestre.
Moltiplicando vettorialmente lequazione 3.2-2 con rr
si ottiene:
( ) 00 == rrdt
dorr &
rr&&rr
3.2-3
ed integrando:
hrrr
&rr = .
3.2-4
Come risultato, il momento angolare per unit di massa del Satellite, hr
, ri-
mane costante e perpendicolare al piano dellorbita (poich perpendicolare sia ad rr
che ad r&r
). Ne segue che il piano orbitale rimane fissato in un riferimento inerziale
come notato in precedenza.
Una soluzione dellequazione 3.2-2 unequazione polare di una sezione co-
nica che fornisce la grandezza del vettore posizione in funzione della posizione
nellorbita, del tipo
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( )cose1
e1ar
2
+
=
3.2-5
dove a il semiasse maggiore, eleccentricit e lanomalia vera. Questo concetto
sar spiegato pi approfonditamente nel prossimo paragrafo.
3.2.2 Elementi orbitali classici
Lequazione 3.2-2 rappresenta un sistema di tre equazioni differenziali scalari
del secondo ordine. Per integrare il sistema sono necessarie sei condizioni di integra-
zione. Ci sono parecchi modi alternativi per selezionare questo gruppo di condizioni,
una prima possibilit quella di utilizzare la posizione e la velocit allistante inizia-
le, ma la scelta pi utilizzata di utilizzare un gruppo di parametri chiamati elementi
orbitali classici, che hanno il vantaggio di fornire una percezione veloce ed intuitiva
della geometria dellorbita. Gli elementi orbitali classici sono formati dai parametri:
a, e, , i, e (vedere figura 3.2.1, estratta da [4], per , i, , e figura 3.3.2 per a,
ee ).
Il semiasse maggiore, a, e leccentricit, e, definiscono la forma e la taglia
dellorbita. La rotazione dellorbita nel proprio piano definite dallargomento del
perigeo, . Linclinazione, i, e lascensione retta del nodo ascendente (RAAN), ,
definiscono il piano dellorbita. In fine lanomalia media specifica la posizione del
satellite nellorbita al tempo dellepoca.
Lintersezione del piano dellorbita e del piano di riferimento attraverso il
centro di massa del corpo principale chiamata linea dei nodi, dove i nodi sono i
punti di intersezione della traiettoria dellorbita sul piano di riferimento. In un satelli-
te in orbita terrestre il piano di riferimento quello equatoriale. Il nodo discendente
il punto dove il satellite attraversa il piano di riferimento da nord a sud, il nodo a-
scendente dove lattraversamento avviene da sud a nord. La linea congiungente il pe-
rigeo con baricentro del corpo principale chiamata, invece, linea degli apsidi.
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figura 3.2.1 Elementi orbitali classici.
i: Linclinazione langolo tra il vettore normale al piano di riferimento
ed il vettore momento angolare. Quando linclinazione 0 o 180, si
parla di orbite equatoriali. Con linclinazione di 90 lorbita cono-sciuta come polare.
: L ascensione retta del nodo ascendente (RAAN in seguito)
langolo sul piano equatoriale misurato in direzione est tra lequinozio
vernale ed il nodo ascendente. Risulta indefinito nelle orbite equato-
riali. Lequinozio vernale il nodo ascendente dellorbita della Terra
intorno al Sole.
: La rotazione dellorbita sul piano definite dallargomento del peri-
geoo angolo al baricentro, misurato sul piano orbitale nella direzione
del moto del satellite dal nodo ascendente al perigeo4
.a: Ilsemiasse maggiore il parametro che da la grandezza della conica.
Nel caso ellittico, per un satellite in orbita terrestre, rappresenta la se-
mi distanza tra lapogeo ed il perigeo, rispettivamente il pi lontano
ed il pi vicino punto dellorbita dalla Terra.
e: Leccentricit un parametro non dimensionale che definisce il tipo
di conica e, conseguentemente, la forma. E uguale a 0 nelle circonfe-
4Un satellite che ruota attorno alla Terra nella stessa direzione in cui essa ruota attorno al proprio asse su un
orbita posigrada o diretta, nel caso contrario lorbita detta retrograda.
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renze, tra 0 ed 1 per le ellissi, uguale ad 1 per le parabole ed mag-
giore di 1 per le iperboli, leccentricit un parametro classico nella
geometria delle coniche che mette in relazione lasse maggiore con la
distanza tra i fuochi della conica.
: In fine, per specificare dove il satellite si trovi nella sua orbita si usa l
anomalia vera, langolo al baricentro, misurato sul piano orbitale tra il
perigeo e la posizione del satellite al tempo dellepoca.
Come grandezze alternative per misurare la posizione del satellite al tempo
dellepoca si usano lanomalia media, M, o lanomalia eccentrica, E, come mostrato
in figura 3.2.2.
figura 3.2.2 Elementi orbitali classici sul piano.
Lanomalia media Pt360 deg, doveP il periodo orbitale e til tempo a
partire dal passaggio del satellite al perigeo. E, introdotta come una variabile inter-
media tra ed M, langolo, misurato al centro dellorbita, tra il perigeo e la proie-
zione della posizione del satellite su unorbita circolare di uguale semiasse maggiore.
Ovviamente, per unorbita circolare, , Med Esono equivalenti. Da unaltra canto,
queste variabili sono legate dalle equazioni di Keplero e di Gauss,
EeEM sin=
3.2-6
+=
2tan
1
1
2tan
21E
e
e
3.2-7
Come esempio sono riportate, in tabella 3.2-1, alcune propriet delle orbite
kepleriane. Tabelle pi esaustive e dettagliate circa le propriet di questo tipo di orbi-
te possono essere trovate in letteratura, come, ad esempio, in [1] e [2].
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tabella 3.2-1 Alcune propriet ed equazioni di uso comune per orbite ellittiche.
Raggio di Perigeo ( )earp = 1 Velocit
= arV12
Raggio di Apogeo ( )eara += 1 Velocit media aVm
=
Semiasse maggio-
re( )21 eab = Velocit al Perigeo
=
arV
p
p
12
Eccentricitpa
pa
rr
rre+
=
Velocit allApogeo
=
arV
a
a
12
Periodo orbitale
3
2a
P =
Velocit angolare me-
dia 3an
=
3.3 Moto non Kepleriano
I satelliti terrestri sono dominati dalla forza centrale gravitazionale della Ter-
ra, ma sono affetti anche da altre forze, come lattrazione gravitazionale di altri pia-neti pi lontani (Sole e Luna prevalentemente) e forze non gravitazionali come la re-
sistenza atmosferica e la pressione di radiazione solare. Poich tali forze sono molto
minori di quella gravitazionale possiamo supporre che lorbita reale sia unellisse
Kepleriana perturbata da poche forze addizionali, chiamate perturbazioni. Conse-
guentemente, se nel modello di Keplero gli elementi geometrici rimanevano costanti,
considerando le perturbazioni essi variano nel tempo.
Analiticamente lequazione 3.2-2 deve essere modificata come segue, per
contemplare gli effetti di perturbazione:
( ) p322
frrdt
rd rrr
+= .
3.3-1
In pfr
sono inglobate tutte le accelerazioni di perturbazione. Il parametro
una grandezza infinitesima che definisce la grandezza delle perturbazioni. Ponendo
uguale a zero porta alla soluzione di ordine zero, di nuovo la soluzione di Keplero.
E in uso di studiare la variazione degli elementi orbitali ellittici come varia-
zione delle coordinate del satellite. Chiamando r
il vettore che ingloba i sei elementi
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ellittici a, e, , i, e (espressione temporale di ), una soluzione al primo ordine si
ottiene da
10 frrr
+=
3.3-2
dove 0r
il gruppo di elementi costanti del moto di Keplero raggruppati vettorial-
mente. La soluzione del moto perturbato in relazione con gli elementi ellittici attra-
verso lintegrazione della derivazione degli elementi stessi,
= dtf1 &rr
3.3-3
note come Equazioni Planetarie di Lagrange, nella formulazione di Gauss.
Lagrange, sviluppando le equazioni di moto, ha ottenuto lespressione forma-
le della variazione degli elementi orbitali classici a cause di forze esterne perturbati-
ve. Si suppone lesistenza di una funzione potenziale delle perturbazioni, Up, che
pu essere derivata parzialmente rispetto ad ogni elemento orbitale ellittico. Uno svi-
luppo matematico delle Equazioni Planetarie di Lagrange (LPEs) e degli sviluppi
successivi dovuti a Gauss possono essere, ancora una volta, trovati in letteratura spe-
cializzata.
( )
( ) ( )
( )
( )( )
e
Up
e
ea
a
Upa
i
Up
ieae
Up
a
e
e
i
Up
iea
Up
iea
Up
ieadt
di
Up
a
e
e
Up
e
eae
Upaa
+
=
=
=
+
=
=
=
22
2
2
2
22
22
2
12
tan
1
1
111
sin
1
1
1
tan
1
1
1
sin
1
1
1
111
2
&
&
&
&
&
3.3-4
Queste equazioni sono lespressione matematica delle LPEs. Sono di grande
aiuto nel caso di perturbazioni che possano essere espresse come risultato di funzioni
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potenziali e, al contrario, di nessun aiuto quando le forze siano non conservative. In-
fatti le forze non conservative non possono venir espresse come funzioni potenziali
ed necessario, in questo caso, trovare unaltra formulazione. La forma di Gauss del-
le LPEs fornisce la soluzione di questo problema.
Questa nuova formulazione legata alla velocit di cambiamento nel tempo
degli elementi orbitali classici. In questo caso le perturbazioni appaiono direttamente
in forma di accelerazioni. Pi precisamente ar la componente radiale delle accele-
razioni di perturbazione, a la componente normale al raggio vettore nella direzione
del moto ed ah la componente perpendicolare al piano orbitale, in maniera da for-
mare una terna levogira con ared ah.
( )
( )
( ) ( )
( )
( )
( ) ( )
( )( )
( )( ) ( )
++
=
+
=
+
++=
+=
+
=
+
=
sin1
1cos
1
21
sin
sin
1
1
sin1
cotsin1cos
11
1
cos
1sin
1
1sin
1
2
22
22
2
2
2
2
22
2
2
3
ea
r
e
aa
eea
rea
i
ra
ea
raea
gia
p
raaa
a
e
e
ea
ra
dt
di
ea
r
er
eaaa
eae
e
r
aaea
e
aa
r
h
hr
h
r
r
&
&
&
&
&
3.3-5
Integrando le equazioni 3.3-4 o 3.3-5 come mostrato attraverso la 3.3-4, e co-
noscendo un gruppo di parametri allistante iniziale, finalmente possibile ottenere
levoluzione temporale degli elementi ellittici attraverso lequazione 3.3-3.
3.3.1 Variazioni secolari e periodiche.
Si chiamano variazioni secolari quelle variazioni negli elementi che sono
prodotte in maniera lineare. Gli elementi affetti da variazioni secolari continuamente
tendono ad aumentare o diminuire il loro valore, potendo portare lorbita, in tempi
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pi o meno lunghi, al collasso o allincontrollabilit del satellite. Quando, invece, un
elemento perturbato in maniera periodica, con variazioni di corto o lungo periodo,
rispettivamente pi piccole o pi grandi del periodo orbitale, soffre una deviazione
oscillante dal suo valore nominale. Per questo si pu vedere figura 3.3.1 , dove i
rappresenta un generico elemento orbitale.
E essenziale identificare le componenti cicliche e secolari, e ci pu essere
fatto graficamente o analiticamente; nel primo caso disegnando e tirando fuori le per-
turbazioni di diversa natura, nel secondo attraverso lintegrazione della variazione
degli elementi durante un appropriato numero di orbite, in maniera che si annullino
gli effetti periodici.
figura 3.3.1 Variazione periodica e secolare di un parametro orbitale.
3.3.2 Perturbazioni.
Effetto della non sfericit terrestre.
La separazione tra il campo gravitazionale centrale di Newton e quello reale
terrestre rappresenta la perturbazione principale per satelliti vicini alla Terra. In real-
t la Terra non una sfera omogenea e simmetrica, ma risulta schiacciata ai poli con
un profilo leggermente a pera, forma comunque distante da quella ideale sferica.
Laccelerazione del satellite si ottiene attraverso il gradiente di una nuova funzione
potenziale del campo gravitazionale terrestre. Una forma ampiamente usata la fun-
zione geopotenziale
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=
n
n
Enn Lsin
r
RPJ1
r
3.3-6
in cui RE il raggio equatoriale terrestre, ancora la costante di gravitazione della
Terra, Pn i polinomi di Legendre e Jn dei coefficienti geopotenziali adimensionali
chiamati coefficienti zonali.
Attraverso lespressione precedente della funzione potenziale, dividiamo la
Terra in zone comprese tra due paralleli, regioni che, alternativamente, aggiungono o
sottraggono qualcosa al potenziale della simmetria sferica.
Unaltra possibilit dividere la Terra in spicchi (termini settoriali) o in una
mosaico di regioni (termini tesserali) che modificano il potenziale del corpo singoloalla stessa maniera dei termini zonali. Informazioni addizionali possono essere trova-
te in [2],[3] e [6].
I primi Jn, quelli che hanno unimportanza quantitativa maggiore, hanno i se-
guenti valori, ottenuti da [1]
6
4
6
3
3
2
1061.1J
1054.2J
1008263.1J
=
=
=
J2rappresenta matematicamente lo schiacciamento terrestre ed , chiaramen-
te, il termine predominante nella funzione di perturbazione geopotenziale. Concet-
tualmente si pu supporre che questo effetto sia analogo a quello che si avrebbe ag-
giungendo una cintura di massa equatoriale alla sfera omogenea terrestre come rap-
presentato in figura 3.3.2, presa da [4].
figura 3.3.2 Effetto di J2.
Dato cheJ2risulta essere, come minimo, di circa tre ordini di grandezza supe-
riore agli altri termini, possibile sviluppare una nuova forma pi semplice della
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funzione geopotenziale che include una correzione al primo ordine, assumendo una
simmetria azimutale e misurando solo gli effetti diJ2. Questa pu essere scritto come
( )
+= Lsin31
r
RJ
211
r
2
2
E2
3.3-7
in cui il primo termine della somma rappresenta il potenziale del moto Kepleriano.
Come risultato possiamo conoscere la funzione potenziale della perturbazione
ed usare le LPEs 3.3-5 per conoscere le variazioni dei parametri orbitali dovuti alla
non sfericit della Terra. Funzione potenziale che pu essere scritta come
( ) ( )[ ]( )( )323
3222
E22
3
2
E2p
e1a
cose1isinsin31
2
RJLsin31
r2
RJU
++==
.
3.3-8
La prima conclusione che si pu trarre che leffetto di J2non modifica il va-
lore del semiasse maggiore
= 0
Up . Quindi lo schiacciamento terrestre non pu
aggiungere o sottrarre energia allorbita. Ci sono variazioni periodiche in tutti gli e-
lementi orbitali, ma solo la RAAN e largomento del perigeo sperimentano variazio-
ni secolari.
Le velocit di cambiamento dovute aJ2, come spiegato in [1] sono:
( )( ) 2227
14
J e1icosa1006474.22
&
3.3-9
( )( ) 22227
14
J e1isin54a1003237.12
&
3.3-10
dove, con le solite notazioni, a, il semiasse maggiore in km, e, leccentricit, i,
linclinazione e2J& e
2J& sono riportati in gradi al giorno.
La 3.3-9 descrive matematicamente la regressione dei nodi, che causa una
precessione del piano orbitale nello spazio inerziale; lorbita ha una rivoluzione (re-
trograda per orbite dirette) attorno allasse terrestre. Per unorbita polare (i = 90)
non esiste regressione nodale, per cui lorbita polare fissata nello spazio inerziale.
Lequazione 3.3-10 fornisce la precessione della linea degli apsidi: lorbita
ruota attorno al baricentro del sistema nel suo proprio piano. Questa rotazione di-
retta per valori di inclinazione minori di 63.4e maggiori di 116.6
, retrograda per
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le inclinazioni comprese tra questi due valori, chiamate inclinazioni critiche. Per i=
63.4o i= 116.6il perigeo rimane fissato sullo stesso parallelo terrestre.
Effetto della presenza di un terzo corpo.
Quando un satellite si trovi sotto linfluenza di un altro campo gravitazionale
in aggiunta a quello terrestre, il moto kepleriano pu essere perturbato in maniera
importante. Le principali perturbazioni dovute ad un terzo corpo, per un satellite in
orbita terrestre, sono a causa del Sole e della Luna, dovute, nel primo caso, alla sua
grande massa e , nel secondo, alla sua vicinanza.
Non ci sono variazioni periodiche di tutti gli elementi, ma solo variazioni se-
colari nel RAAN, nellargomento del perigeo e nellanomalia media. Comunque, la
variazione secolare del moto medio pu non essere considerata, in quanto trascurabi-
le rispetto al moto medio stesso ed in conseguenza praticamente non ha influenza
sullorbita. Per quanto riguarda il RAAN e largomento del perigeo, le variazioni se-
colari possono avere importanti ripercussioni solo nel caso di orbite a basso moto
medio, quindi di pi grande semiasse maggiore. Infatti, una distanza dalla Terra
maggiore significa una maggiore influenza del campo gravitazionale di un eventuale
terzo corpo. Concettualmente queste perturbazioni causano delle precessioni del pia-
no orbitale simili a quelle prodotte dallo schiacciamento terrestre.
Una prima approssimazione delle variazioni di RAAN prodotte su orbite cir-
colari o quasi circolari data dalle equazioni seguenti, estratte da [1]:
( ) nicos00338.0MOON &
3.3-11
( ) nicos00154.0SUN & .
3.3-12
Per le variazioni sullargomento del perigeo abbiamo
n/isin5400169.0 2MOON &
3.3-13
n/isin5400077.0 2SUN &
3.3-14
dove n il numero di rivoluzioni al giorno (minore quando il moto medio diminui-
sce), i linclinazione dellorbita, & ed & , come sempre, sono in deg/giorno.
Notiamo che la Luna esercita uninfluenza circa il doppio di quella data dal
Sole.
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Per misurare linfluenza di un altro terzo corpo, possiamo usare un metodo
approssimato al primo ordine per determinare lordine di grandezza
dellaccelerazione di perturbazione, come espresso in dettaglio in [3]. Questa stima
deve considerare la perturbazione applicata sul satellite e oltre la Terra a causa del
terzo corpo sotto studio
3
body3
body3
body3th
th
th
r
rGma
=
3.3-15
essendobody3th
m la massa del terzo corpo,body3th
r la minima distanza dalla Terra, ed r
il valore assoluto del vettore posizione rispetto alla Terra del satellite.La relazione tra questa accelerazione di perturbazione e laccelerazione pro-
dotta dalla Terra nel moto kepleriano (riferita in questo caso ad un satellite in orbita
terrestre e chiamata )a ci fornisce lordine di grandezza delle perturbazioni.
Di seguito presentata unapplicazione di questo metodo per una stima delle
accelerazioni prodotte dai principali pianeti del sistema solare per un satellite geosta-
zionario5. Questi valori sono stati estratti da [3] e [6]. Come gi visto, la Luna eserci-
ta una forza doppia rispetto al Sole in accordo con le equazioni dalla 3.3-11 alla
3.3-14.
tabella 3.3-1 Principali perturbazioni prodotte su un GEOs da altri corpi celesti.
Terzo Corpo mm body3th body3thr (km) aa bodt3th
Luna 1,2010-2 3,90105 1,5010-5
Sole 3,30105 1,5010
8 7,2010
-6
Venere 8,1010-1 4,30107 7,5010-10
Giove 3,2010-2
6,30108 9,0010
-11
Marte 1,0710-1 5,54107 4,6510-11
Effetto della pressione di radiazione solare.
Ogni area esposta ad una radiazione elettromagnetica soggetto ad una de-
terminate pressione di radiazione, il rapporto tra la potenza ricevuta per unit di area
sulla velocit della luce. In concreto, un satellite in orbita terrestre riceve radiazione
dal Sole e dalla Terra, dovuta alla riflessione di una parte della radiazione solare
5Un satellite Geostazionario, conosciuto come GEOs, rimane approssimativamente stazionario sopra
una precisa locazione sullequatore terrestre. Questo accade ad una quota di 33786 km, per cui il pe-
riodo orbitale del satellite di 1436 min, eguagliando il periodo di rotazione siderale della Terra ri-spetto alle stele fisse.
7/21/2019 Introduccion a la astrodinamica
15/21
Progetto preliminare di una missione multisatellite di osservazione della Terra con
propulsione elettrica compatibile con il lanciatore VEGA
46
(chiamata albedo) ed alla radiazione direttamente emessa sotto forma di infrarosso. Il
contributo pi importante, se il satellite non si trova in condizioni di eclissi, la pres-
sione di radiazione solare, con valore
26
8m/N105.4
103
1358
c
Ip ===
3.3-16
dove viene preso un valore dellintensit di potenza ricevuta di 1358 W/m2ed una
velocit della luce di 8103 m/s, entrambi in [3]. Questa radiazione produce
unaccelerazione espressa da
( ) smA1105.4a 6 rr +=
3.3-17
doveA larea su cui agisce la pressione in m2, il coefficiente di riflessione (0
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