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  • Immagini, rappresentazionimetamorfosi migrazioni ombre

    Universit Iuav di Venezia Dipartimento di Culture del Progetto

    quaderni della ricerca

  • Universit Iuav di Venezia - dipartimento di Culture del ProgettoQuaderni della ricerca

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    Progetto grafico di Luciano Comacchio - MeLa Media LabI edizione: febbraio 2014

  • Immagini, rappresentazionimetamorfosi migrazioni ombrea cura di Malvina Borgherini

    gruppo di ricerca Immagini, rappresentazioni

    unit di ricerca

    Laboratorio di teoria delle immagini LABIMRappresentazione

  • Indice

    declaratoria / missionAngela Mengoni

    10

    Fabrizio Gaypremessa06

    Euristiche22

    Ri-montaggi16

    Arte visiva contemporanea40

    Documentaria34

    Malvina Borgherini

    il contesto disciplinare e lambito di ricercaMalvina Borgherini, Emanuele Garbin

    49

    Agostino De RosaImago rerum68

    Emanuele GarbinLa forma dello sguardo, la materia del disegno74

    Renato RizziIconologie, esperienze82

    Giuseppe DAcuntoGeometrie configurative88

    biografie94

    bibliografia102

    Antropometrie affettive60

    Angela Vettese

    Marco Bertozzi

    Fabrizio Gay

    Angela Mengoni

    unit di ricerca Laboratorio di teoria delle immagini LABIM

    unit di ricerca Rappresentazione

  • PREMESSA

    Fabrizio Gay

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    Nel quadro della presentazione delle attivit di ricerca del Dipartimento di Culture del Progetto dellUniversit Iuav di Venezia, si descrivono in questo quaderno i profili di due unit di ricerca, quella del Laboratorio di teoria delle immagini LABIM e quella di Rappresentazione, vicine per temi affrontati e riconducibili allampio ambito dei Visual studies, tuttavia distinte per le loro diverse storie e per i loro specifici progetti di ricerca. I termini immagine e rappresentazione, in realt molto simili, indicano gi di per s due direzioni di ricerca pi ancora che due oggetti completamenti distinti. A voler essere precisi si pu dire che la rappresentazione una pratica simbolica, cio codificata convenzionalmente in relazione a un qualche referente che vi si dice rappresentato, e quindi presuppone un uso rappresentativo delle immagini; mentre invece limmagine un oggetto pi generale, che non si riferisce necessariamente ad alcuna rappresentazione, ma solo al costituirsi di una presenza e di una forma che si realizzano in materie sensibili differenti (non solo quella visiva, ma anche quella acustica, olfattiva, cinestetica...).Se di immagini e di rappresentazione com ovvio si occupano entrambe le unit, le specificit vanno cercate fondamentalmente nei metodi di ricerca, nella loro riferibilit a tradizioni disciplinari, teorie e comunit scientifiche differenti. In massima sintesi lunit di ricerca del Laboratorio di teoria delle Immagini LABIM, si occupa prevalentemente di artefatti visuali dal punto di vista dellantropologia, della semiotica delle immagini, come pure della storia e della critica delle arti. Lunit di ricerca Rappresentazione si occupa allo stesso modo di artefatti visuali, in special modo opere e disegni di architettura, letti in riferimento alla fenomenologia e alla storia dei metodi di rappresentazione.

    Cy Twombly, Panorama, 1955

  • unit di ricerca LABIM

  • DECLARATORIA / MISSIONlaboratorio di teoria delle immagini LABIMAngela Mengoni

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    Il contesto disciplinare: lorizzonte plurale della teoria delle immagini

    Il Laboratorio di teoria delle immagini LABIM ununit di ricerca che opera presso lUniversit Iuav di Venezia in seno al Dipartimento di Culture del progetto. Fondato nel 2013, in esso sono confluite le esperienze delle unit di ricerca che negli anni precedenti hanno sviluppato attivit nellambito delle teorie del visivo, delle pratiche mediali, della storia e teoria delle arti, della riflessione epistemologica sul visivo. In particolare sono confluite nel centro le seguenti unit di ricerca: Archivi del visibile. Cinema, fotografia e televisione fra memoria e progetto; Lisav Laboratorio internazionale di semiotica a Venezia; Venice Biennale Study Group.Il Laboratorio di teoria delle immagini riunisce studiosi provenienti da diversi orizzonti disciplinari i cui interessi e attivit sia di ambito teorico che progettuale incrociano il vasto orizzonte di riflessione sulle immagini, oggi al centro di un dibattito internazionale che attraversa differenti tradizioni tra cui la Bildwissenschaft di area germanofona, i Visual Studies e Visual Culture Studies di area anglosassone, la tradizione francese di storia e teoria dellarte e del linguaggio cinematografico che ha accolto istanze di tipo antropologico, cos come la semiotica dellimmagine. Si tratta di un vasto orizzonte di studi che indaga le dinamiche della cultura visuale senza privilegiare una domanda teorico-ontologica (cosa limmagine?), ma situando piuttosto le pratiche dellimmagine nei modi di circolazione, di stratificazione temporale e memoriale che attraversano luniverso visivo inteso come universo culturale. Alcune di queste tradizioni hanno stimolato importanti affermazioni istituzionali di nuovi settori di ricerca e centri di studio transdisciplinari, come avvenuto allinizio dagli anni Novanta con la cosiddetta svolta iconica in area tedesca o con i tanti dipartimenti di Visual Studies negli Stati Uniti. In altri casi si trattato, e si tratta, di costellazioni di studiosi e ricerche legate a luoghi e congiunture specifiche e peculiari. Nel contesto universitario italiano, la fondazione di un centro di studi dedicato alla teoria delle immagini intende anzitutto sottolineare il gesto di rottura epistemologica che caratterizza questo pur variegato orizzonte: la necessit di cogliere, riconoscere ed esplorare lintelligenza visiva degli oggetti, cio la loro capacit di articolare complesse logiche del senso in autonomia di mezzi, attraverso il loro peculiare modo di fare appello alle qualit sensibili dei diversi supporti e dispositivi. Ci implica una

    Robert Rauschenberg, Rebus (part.), 1955New York, The Museum of Modern Art

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    discussione dei modelli epistemologici che hanno tradizionalmente subordinato in modi e misure differenti il senso prodotto dalla dimensione visiva di oggetti complessi ai codici e ai modelli del linguaggio verbale, per porre invece al centro della riflessione i modi di produzione della conoscenza articolati dalla e nellimmagine, cos come la questione in larga misura antropologica dellefficacia o agency delle immagini. Pur individuando nellimmagine intesa nella sua dimensione materiale artistica o no un oggetto di ricerca cruciale, questo orizzonte si interroga dunque sullo statuto di ci che chiamiamo immagine allintersezione e nella traduzione tra linguaggi e supporti differenti, tra le sfere della materialit e dellimmaginazione, della memoria culturale e dei modelli di conoscenza.

    Temi e aree di ricerca

    Le diverse aree di indagine del Laboratorio di teoria delle immagini LABIM sono caratterizzate da alcuni nuclei comuni di riflessione: da un lato, la centralit della visualit degli oggetti ed il riconoscimento della resistenza ed intelligenza propri di questa dimensione figurale pi che iconografica o figurativa, dalle arti visive al cinema, dagli spazi delle pratiche curatoriali agli oggetti dellarchitettura; dallaltro una certa estensione ed apertura del dominio di appartenenza degli oggetti di indagine e una interrogazione della loro definizione e del loro statuto estetico, storico artistico, antropologico (potremmo riassumere questa interrogazione nella domanda che cosa arte?, domanda che attraversa sia la riflessione filosofica ed epistemologica che le pratiche e gli studi curatoriali). Possiamo dunque dire che per teoria delle immagini si intende qui linsieme di quegli approcci che si concentrano sul pieno riconoscimento dellintelligenza visiva degli oggetti siano essi artistici, estetici o culturali e che intendono esplorare le dinamiche di questo pensare visivamente a partire dalla pluralit delle immagini nella loro ineludibile specificit culturale, formale e materiale. Il mantenimento del plurale (immagini) nel nome dellunit di ricerca indica proprio la convinzione che gli oggetti plurali e storicamente situati, cos come il dialogo tra le differenti tradizioni intellettuali e disciplinari, costituiscano lunico accesso possibile ad una riflessione produttiva sullo statuto dellimmagine. Il progetto di una teoria delle immagini non sar allora quello di unindagine esclusivamente filosofica o concettuale sullimmagine, ma sar piuttosto quello di un fruttuoso va-e-vieni tra uneuristica dei singoli oggetti e lorizzonte teorico che quegli

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    stessi oggetti convocano non come orizzonte concettuale esterno, bens come insieme di operazioni che ne costituiscono lintelligenza visiva. La parola teoria allora da intendersi come domanda che nutre internamente loggetto, la sua struttura e la sua produzione di sapere, come modello in costitutiva tensione con loggetto e non come paradigma esterno. E ci coerentemente con lidentit di unistituzione e di un dipartimento che intendono mettere al centro le potenzialit cognitive, culturali e di produzione conoscitiva del fare immagine. Tra le implicazioni di un tale orizzonte di riflessione vi la necessit di superare uno storicismo spesso incapace di pensare le dinamiche di senso complesse degli oggetti e di riesaminare criticamente le dinamiche temporali sia degli oggetti medesimi che dello stesso modello storico. Tema comune ai campi della cultura visuale e della teoria delle immagini , senzaltro, la problematizzazione del termine storia: il che non consiste nel negare la natura storica degli oggetti e la loro iscrizione in una temporalit che ne determina le condizioni bens nel problematizzare i modelli di questa stessa storicit. Lungi dallesaurire limmagine nella sua mera assegnazione storica, identificazione iconografica o definizione unicamente filologica, si tratter piuttosto di privilegiare il lavoro ravvicinato sulle immagini, sia in senso analitico-teorico che artistico-progettuale. Infine, il laboratorio fa propri gli intenti cui rinvia la stessa formula di cultura visuale, assumendo pienamente la necessit di interrogare gli oggetti visivi in un campo antropologico-culturale allargato. I modi di relazione tra immagine e osservatore, i dispositivi specifici attraverso cui limmagine costruisce una posizione spettatoriale, i modi di circolazione delle immagini nello spazio culturale e sociale e le complesse dinamiche temporali che nutrono la memoria delle immagini e la loro efficacia sono altrettanti terreni dindagine privilegiati.I diversi ambiti di ricerca del laboratorio legati alla storia e allattivit dei centri di ricerca che confluiscono nella nuova unit riflettono queste interrogazioni nella loro eterogeneit. Campi di interesse come quelli delle pratiche curatoriali e del cinema documentario sollevano domande oggi centrali nel panorama degli studi sul visivo, come quella sulla definizione dellarchivio e sulla sua mobilitazione, sulla portata culturale di una memoria visiva sovente riattivata dai media contemporanei e sulla straordinaria produttivit delle operazioni di montaggio.

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    Daltro canto, lindagine sui modi della produzione del senso oggi posta come assolutamente centrale nel panorama degli studi sullimmagine incrocia il progetto di una semiotica dellimmagine che sin dagli anni Settanta indaga le articolazioni del sensibile e la loro capacit autonoma di produrre senso, analizzando dispositivi che attraversano il dominio delle arti e dellimmagine in modo trasversale.La domanda sul senso incrocia altres la questione filosofica delle condizioni che regolano la definizione degli oggetti, ad esempio le loro condizioni di appartenenza al campo dellarte ed i modi di trasformazione di quelle stesse condizioni.Area privilegiata di indagine sono, inoltre, tutti quegli ambiti in cui la messa in immagine e la fase di rappresentazione (imaging) svolgono un ruolo di vera e propria generazione del sapere e del fare in senso progettuale, come avviene nel disegno progettuale dellarchitettura e del paesaggio umano, ambiti in cui la tensione e la reciprocit tra modelli e oggetti assegna un ruolo cruciale allimmagine e alle strategie di visualizzazione.

    Attivit e obiettivi

    Il Laboratorio di teoria delle immagini LABIM intende sviluppare attivit di ricerca che stimolino e approfondiscano la riflessione sullimmagine secondo gli orientamenti che abbiamo qui introdotti. Centro di ricerca costitutivamente transdisciplinare, esso privilegia il dialogo tra metodologie e tradizioni differenti e incoraggia la necessaria traduzione di modelli, operazioni e concetti tra i diversi orizzonti disciplinari in cui si colloca il lavoro di ricerca dei suoi membri (teoria e storia dellarte, del cinema e dellarchitettura, discipline filosofiche, attivit curatoriale, semiotica), come anche con altre tradizioni ed aree. Il laboratorio privilegia dunque il lavoro intorno a domande complesse, piuttosto che il rispetto dei settori disciplinari tradizionalmente definiti. Tra gli obiettivi, lunit si propone inoltre di approfondire la ricerca sulla storia della Biennale di Venezia (in continuit con lattivit del Venice Biennale Study Group) elaborando un progetto che possa coinvolgere partner accademici nazionali e internazionali, archivi e istituzioni presenti sul territorio. Un tale progetto coinvolge, infatti, gran parte delle aree di ricerca qui introdotte e mobilita temi e domande che attraversano una pluralit di ambiti: dalla questione della natura dellopera, che la mostra ha contribuito a ridefinire nei suoi oltre centodieci anni di storia, al rapporto geopolitica-arte con le relative implicazioni per

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    la diplomazia culturale e il mercato; dalle forme di display come atlante e come archivio, allesplorazione di diversi generi e forme mediali (cinema, fotografia, performance e interazione teatro-danza).

    Persone

    Afferiscono allunit di ricerca: Marco Bertozzi (professore associato Iuav in Cinema, fotografia e televisione), Marco De Michelis (professore ordinario Iuav in Storia dellarchitettura), Paolo Garbolino (professore associato Iuav in Logica e filosofia della scienza), Fabrizio Gay (professore associato Iuav in Disegno), Angela Mengoni (ricercatore Iuav in Filosofia e teoria dei linguaggi), Angela Vettese (professore associato Iuav in Museologia e critica artistica e del restauro), Cristina Baldacci (assegnista di ricerca Iuav), Matteo Ballarin (dottore di ricerca Iuav in Urbanistica), Maria Ida Bernabei (dottoranda Iuav, ambito: Cultura visuale), Ilaria Bignotti (dottore di ricerca Iuav in Teoria e storia delle arti), Giulia Bini (dottoranda Iuav, ambito: Cultura visuale), Valeria Burgio (docente e collaboratrice Iuav), Roberto Grossa (direttore Laboratorio didattico multimediale Iuav), Eva Ogliotti (dottore di ricerca Iuav in Teoria e storia delle arti), Marina Pellanda (docente a contratto Iuav), Marco Segato (assistente Laboratorio video documentario Iuav), Chiara Vecchiarelli (dottoranda Iuav, ambito: Cultura visuale).

  • RI-MONTAGGI

    Angela Mengoni

    PROGETTI E RICERCHE

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    Tra i filoni di ricerca che indagano i modi della produzione di senso propri allimmagine, la questione del montaggio visivo ha assunto una rilevanza crescente ed stata al centro di alcuni lavori di ricerca del Laboratorio di Teoria delle immagini e dei suoi membri. Strettamente legata ai temi degli usi e riusi del documento e alle dinamiche memoriali che attraversano luniverso visivo, la questione del montaggio si progressivamente posta come indagine su un dispositivo molto generale che attraversa i diversi media, le arti ed i generi e che sfrutta lintervallo tra le immagini come luogo privilegiato di efficacia e di produzione di significato, vero e proprio Denkraum, spazio di produzione di conoscenza.

    Nel triennio 2010-2013 diversi ricercatori afferenti al LABIM hanno sviluppato progetti intorno a questo tema nelle diverse istituzioni di afferenza e anche in seno allo Iuav.Del 2011 il convegno internazionale Bildgrenzen/Interpositions dedicato a questa vasta tematica organizzato dal centro di ricerca del CNR svizzero Eikones delluniversit di Basilea Bildkritik. Macht und Bedeutung der Bilder (Critica dellimmagine forza e significato delle immagini) assieme al Centre allemand dHistoire de lart di Parigi (ove si svolto) e coordinato da Angela Mengoni (allora ricercatore preso Eikones e attualmente afferente al LABIM presso Iuav) assieme ad Antonia von Schning (Basel/Weimar) e Andreas Beyer (Basel/Paris). Il convegno verteva su quegli oggetti visivi nei quali lincontro tra elementi eterogenei costituiva il tratto specifico dei processi di produzione di senso: fondandosi su un doppio gesto di prelievo o dislocamento e di successiva ricomposizione in una nuova costellazione, tali procedure di montaggio attivano confronti e risonanze, conflitti e relazioni capaci di far scaturire un senso che nessuno degli elementi presi singolarmente possiede. In tale gesto che attraversa la teoria del montaggio cinematografico, come anche le avanguardie storiche, sino alle forme di visualizzazione dei media digitali lo spazio e le frontiere tra le immagini, lungi dal limitarsi ad una inerte funzione di separazione, divengono i luoghi di una interposizione capace di attivare generazione di senso e di sapere. Il convegno ha dunque esplorato il terreno del montaggio visivo, sia in prospettiva genealogica (con una riflessione su oggetti di montaggio avant la lettre, dalle Wunderkammern allEncycolpdie) che in prospettiva euristica, esaminando questo procedimento allopera in oggetti esemplari delle arti figurative, della storia e teoria del cinema e delle pratiche espositive. Questa riflessione stata proposta da relatori che hanno elaborato contributi decisivi sulla questione del montaggio visivo anche in chiave intermediale: Christa Blmlinger, Georges Didi-Huberman, Philippe-Alain Michaud, Werner Spies (Paris), Antonio

    Planisfero Roma, Stalker attraverso i territori attuali, Roma 1995courtesy Archive Stalker

  • Somaini (Venezia/Paris), Luis Perez Oramas (New York), Ute Holl (Basel), Luc vancheri (Lyon).Da questo progetto nata la pubblicazione del volume in francese Interpositions. Montage dimages et production du sens (Maison de Sciences de lHomme, Paris 2014) a cura degli organizzatori del convegno.

    La riflessione sul montaggio visivo proseguita con una seconda tappa concepita ed organizzata da Antonio Somaini (in servizio presso Iuav sino al 2012, poi alluniversit di Paris 3 Sorbonne nouvelle) e da Angela Mengoni e che ha visto lorganizzazione di un altro momento di riflessione collettiva a Parigi nellottobre 2012. Le due giornate internazionali di studio si sono concentrate su una forma specifica di montaggio visivo, quella degli atlanti di immagini ed ha invitato un gruppo di studiosi a riflettere intorno al tema: bungsatlas. Atlasse des 20. Jahrhunderts / Un Atlas pour sexercer. La forme-atlas travers le 20me sicle. Un atlante su cui esercitarsi (bungsatlas) infatti la formula con cui Walter Benjamin, nella sua Piccola storia della fotografia, descrive la raccolta fotografica di August Sander Antlitz der Zeit (1929), unampia ricognizione fotografica della societ tedesca degli anni 20 suddivisa in sette grandi categorie sociali. Per Benjamin, collezioni di volti come quelle di Sander incarnano in unepoca di profondi mutamenti di potere il precetto per cui bisogner abituarsi a esser guardati in faccia per sapere da dove veniamo: in questo senso la raccolta di immagini di Sander costituisce pi che un libro di immagini, un atlante di esercizi sulla societ tedesca di quellepoca. Prendendo spunto da questa opposizione tra mero libro o raccolta di immagini ed atlante - espressione che rileva nellorganizzazione visiva del corpus fotografico di Sander un vero e proprio valore conoscitivo - il convegno ha esplorato lo statuto specifico della forma-atlante rispetto a forme ad essa imparentate come quelle della collezione e dellarchivio. Sono cos emersi alcuni tratti strutturali di quello che pu essere considerato un vero e proprio dispositivo visuale: anzitutto il valore conoscitivo legato alla presentazione visiva dei singoli elementi con la sua organizzazione spaziale e/o logica; in secondo luogo il potenziale di orientamento che deriva da questa disposizione spaziale e visiva secondo un principio cartografico per cui un atlante non si limita a riunire ed esporre gli elementi che costituiscono un certo dominio, bens ne fornisce il principio di esplorazione con mezzi non linguistici ma visuali. Gli interventi hanno esplorato i modi in cui questi tratti molto generali vengono declinati da differenti atlanti nelle arti e, pi in generale, nella cultura visiva del XX secolo, al di l del fatto che essi siano esplicitamente denominati con tale dicitura o

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    meno, mirando a mettere in luce le operazioni ed i paradigmi di una forma-atlante, rispetto ai procedimenti tecnici e alle specificit legate al medium espressivo. Si , in oltre, rilevato come la nuova leggibilit permessa dalla forma-atlante si carichi spesso di un evidente potenziale politico, di decostruzione o di rafforzamento di certi valori e contenuti mitici storicamente situati. Coerentemente con la portata euristica della riflessione benjaminiana, la riflessione teorica scaturita dal dallindagine ravvicinata dei modi specifici di articolazione delle relazioni visive nei differenti oggetti riconducibili alla forma-atlante. Tra gli oggetti indagati, opere darte come lAtlas di Gerhard Richter, lalbum di Hannah Hch, le opere di Marcel Bodthaers o di Atlas group, ma anche gli Archives de la plante di Albert Kahn, i testi illustrati di Ernst Jnger, i film e le videoinstallazioni di Harun Farocki e di Jean-Luc Godard. Questa close analysis ha introdotto alla domanda di natura pragmatica circa le modalit di fruizione proposte dal dispositivo-atlante e alle loro implicazioni. La questione della temporalit vi assume un ruolo centrale, vista la dimensione temporale specifica che lesplorazione cartografica operata dallo sguardo richiede. Lo spettatore si trova, infatti, ad operare tramite il suo stesso atto di visione una forma di processualit, laddove i suoi occhi sono chiamati a percorrere una serie di relazioni, di nessi spaziali e di connessioni che egli in qualche modo sollecitato ad articolare. Si apre allora una domanda sul grado di libert di uno spettatore pi o meno emancipato di fronte ad oggetti ora artistici, ora esplicitamente pedagogici, ora riconducibili alla narrazione storica e letteraria. La parola esercizio introduce, in effetti, lidea di un processo temporale finalizzato alla maturazione di nuova conoscenza e si tratter dunque di interrogarsi sul ruolo di questa processualit nei vari atlanti e sul suo legame con le dimensioni della memoria e della conoscenza storica.Tra i partecipanti al convegno oltre gli stessi organizzatori Jean-Marc Besse, Christa Blmlinger, Teresa Castro, Eric Michaud (Paris), Olivier Lugon (Lausanne), Gunda Luyken (Dsseldorf), Paula Amad (USA).

    Parte dei temi e dei dialoghi intrecciati in questo biennio di riflessioni in contesto internazionale sui dispositivi e i processi di montaggio e ri-montaggio delle immagini sono approdati in progetti che il Labim ha promosso presso Iuav. In particolare la questione del legame tra montaggio di immagini e regimi di temporalit che stata approfondita attraverso una serie di conferenze e seminari tenutisi nellanno accademico 2013-2014.Il ciclo di conferenze e workshop dottorali Anacronismi. La temporalit plurale delle

  • immagini stata organizzata dallunit di ricerca Laboratorio di Teoria delle immagini del dipartimento di Cultura del Progetto dello Iuav e dalla Fondazione Pinault Palazzo Grassi / Punta della Dogana, in collaborazione con la Scuola di dottorato Iuav.Le premesse di questa riflessione affondano nel numero crescente di lavori che venuto concentrandosi sul ruolo e sullo statuto epistemologico delle relazioni anacroniche che attraversano gli oggetti artistici e, in generale, la cultura visiva. Il dibattito sulla questione dellanacronismo si sviluppato con particolare intensit sia nellorizzonte accademico della storia dellarte e della teoria delle immagini degli ultimi ventanni, sia nelle pratiche espositive, allorch un numero crescente di esposizioni e di collezioni museali ha proposto il montaggio tra opere contemporanee e del passato come forma visiva capace di condensare genealogie e di far emergere dispositivi e domande che attraversano tempi storici diversi. Si tratta allora di indagare non solo il montaggio di immagini assemblate nello spazio, quanto il loro montaggio temporale, le costellazioni anacroniche che scaturiscono dalle opere stesse e dalla memoria visiva in cui sono immerse e da cui sono attraversate. Gi allinizio degli anni Novanta Hubert Damisch sottolineava come la questione dellanacronismo, lungi dal ridursi ad una indebita confusione di tempi storici, toccasse la definizione stessa dellopera darte (ma ci in generale per gli oggetti della cultura visuale), attivando genealogie che trascendono il modello storicistico e lidea di uno sviluppo temporale lineare scandito da influenze. sulla base di tratti strutturali che lopera darte convoca relazioni con altri oggetti e tempi, relazioni che non sono frutto di una mera legittimazione contestuale, ma che sono attivate dalloggetto stesso ed in esso inscritte. Che siano usate le espressioni anacronismo e anacronistico, o che si indichi invece il regime temporale multiplo dellimmagine come anacronico con un termine lontano da ogni connotazione peggiorativa, ad essere in gioco sono le relazioni e condensazioni temporali ed il coacervo di temporalit differenti che attraversano limmagine. La questione del rapporto tra immagine e anacronismo e linterrogazione della temporalit plurale che attraversa le opere contemporanee e gli oggetti della cultura visuale dunque cruciale per una storia dellarte che rifletta in modo critico sui propri modelli temporali, per una teoria e una semiotica dellimmagine da sempre interessate alla temporalit specifica degli oggetti visivi e per ogni approccio che si fondi su uno sguardo ravvicinato agli oggetti, volto a reperire le relazioni, i dispositivi, i paradigmi teorici che di volta in volta li attraversano.

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    Il ciclo di conferenze si proponeva dunque di approfondire alcuni aspetti di un dibattito internazionale che investe diverse pratiche e diversi orizzonti disciplinari, attraverso lintervento di alcuni tra i pi importanti esponenti di quel dibattito, invitandoli a sviluppare una riflessione sulle temporalit anacroniche dellimmagine a partire dallanalisi dei testi visivi. Accanto alle conferenze pubbliche che si tenevano presso il Teatrino di Palazzo Grassi era previsto, il giorno successivo, un workshop con un numero limitato di dottorandi e ricercatori post-doc nel quale la discussione proseguiva sulla base di alcuni testi forniti dai relatori e letti in anticipo da tutti i partecipanti, al fine di sviluppare una riflessione realmente condivisa e approfondita. Gli invitati sono stati: Alexander Nagel (New York University), coautore di una importante riflessione epistemologica sulla questione dellanacronismo nel Rinascimento (Anachronic Renaissance, con Chris Wood, New York 2010) nonch, pi recentemente, sui rapporti tra arte contemporanea e dispositivi e funzioni dellarte medievale (Medieval Modern, London 2012); Georges Didi-Huberman (EHESS Paris) autore di un testo di riferimento sulla temporalit costitutivamente plurale dellopera darte e dellimmagine (Devant le temps. Histoire de lart et anachronisme des images, Paris 2000) e Philippe-Alain Michaud (Centre Pompidou, Paris / ERG Bruxelles) che si estesamente occupato dei rapporti tra cinema e arti visive e della riattivazione di figure e dispositivi della storia dellarte in seno allimmagine filmica. Il filone di ricerca dedicato alla questione del montaggio visivo e alle sue implicazioni epistemologiche, estetiche ed euristiche ha nutrito, inoltre, un fecondo rapporto con lattivit didattica e la formazione di terzo livello, secondo un principio di reciprocit e connessione tra temi della ricerca e diversi livelli della formazione universitaria. Nellambito della didattica delle lauree sia triennali che magistrali i corsi di diversi docenti hanno introdotto ed introducono gli studenti a questi temi (ad esempio il corso del prof. Marco Bertozzi sulla storia, le teorie e le pratiche del cinema documentario, come anche i corsi della prof. Angela Mengoni dedicati al modello visivo della forma-atlante in arte contemporanea). I dottorandi sono stati coinvolti nei seminari del ciclo Anacronismi come anche nel ciclo di seminari e proiezioni svolte nellambito del soggiorno di Philippe-Alain Michaud allo Iuav come visiting professor (a.a. 2013-2014), attivit, queste ultime, aperte anche agli studenti. Il lavoro di alcuni ricercatori post-doc si colloca, inoltre, in questo filone di ricerca, come il progetto svolto dallassegnista di ricerca dott.sa Cristina Baldacci e dedicato a Atlante/archivio. Due forme di conoscenza del visivo.

  • EURISTICHE

    Fabrizio Gay

    PROGETTI E RICERCHE

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    Linteresse pratico che proviene dai progettisti (artisti, architetti, designer) per lo studio dei sistemi e dei processi di significazione deriva dal fatto che ogni, seppur minima, occasione di progetto (costruttivo o storico-critico) pu essere considerata come lopportunit di riarticolare il senso di un pezzetto di mondo, di renderlo pi significante. Ma la concezione di ogni opera darte come un concreto dispositivo semiotico e, quindi, linteresse per il punto di vista propriamente semiotico, interessa solo quei progettisti, artisti e storici che intendono i loro prodotti in una prospettiva concretamente antropologica, come oggetti che trovano senso in date pratiche, come concreti documenti, socialmente condivisi, dotati di precisi ruoli declinati diversamente da diverse culture e in diversi ambiti e generi.Invece, quanti sono interessati a una creativit naturale e trascendente dellartista individuale o dellarte stessa, non hanno nulla da chiedere a uno studio razionale delle semiosi, cio, delle conversioni del senso in significato. Infatti il punto di vista propriamente semiotico considera il senso di unopera come immanente e non trascendente alloggetto, lo cerca manifestato allinterno dei dispositivi semiotici e non in una realt a loro esterna. Questo principio (di autonomia e immanenza) distingue il punto di vista semiotico non solo da quello delle scienze naturali e dalla psicologia, ma anche da quelli degli altri approcci (empirici e storico-antropologici) ai fatti culturali e sociali; conferisce inoltre un preciso carattere formale al discorso. Fondandosi in una teoria formalizzata che si avvale di un lessico strutturato e fatto di termini interdefiniti (principio di economia e scientificit), il discorso semiotico non ricava la correttezza delle sue affermazioni da una verit gi data altrove, ma, al contrario, ricava la sua verosimiglianza ai fatti dalla sua correttezza e coerenza.Ci fa del punto di vista semiotico un organo internamente coerente ma aperto e avventuroso nellaffrontare fatti culturali molto diversi; si offre cos alle ricerche dei progettisti come uno strumento euristico, ma non come una metodologia o una precettistica per la buona progettazione. Non offre norme dazione, ma dei modelli esplicativi di forme di razionalit; non riguarda la genesi effettiva delle opere (realt che trascende la stessa coscienza dellartista), ma solo il come le opere realizzate generano e articolano effettivamente il loro senso.La teoria semiotica nella sua forma pi evoluta si avvale di un modello simulativo (processo generativo del senso) che rappresenta la semiosi attraverso la mutua presupposizione di un piano dellespressione e di un piano del contenuto, intendendo ciascuno di questi due piani come stratificato in livelli immanenti e presupposti uno

    Fabrizio Gay, Atlante/atelier (part.), 2001

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    allaltro, dal pi astratto e formale (semplice) al pi concreto e sostanziale (complesso). Gli strati del piano dellespressione nel processo generativo sono i diversi livelli di pertinenza degli aspetti che si considerano come fatti espressivi: 1. lemergere dei segni e delle figure da un puro sfondo sostanziale, 2. la coesione di questi segni in testi, 3. liscrizione dei testi in oggetti fisici, 4. la manipolazione di questi oggetti allinterno di concrete scene pratiche, 5. ladeguazione e la composizione di diverse pratiche in strategie dazione, di passione o di cognizione, 6. la stilizzazione e valorizzazione di queste diverse strategie in forme di vita (ethos) condivise in una data cultura, o scambiate tra culture diverse.Questa stratificarsi dei livelli espressivi cerca cos di comprendere la realt antropologica integrale degli artefatti, spiegando come ogni oggetto abbia senso solo entro date scene pratiche nelle quali si manifestano strategie di valorizzazione (intese nel senso di Floch), strategie che, a loro volta, possano trovare posto in un modello di Ethos e in una semiotica delle culture (nel senso di Lotman). Dal verso opposto quel concreto oggetto materiale si rivela il supporto (discrizione) di un certo insieme espressivo coerente e delimitato che si dice testo; a sua volta questo testo si rivela ulteriormente analizzabile in segni e in figure emergenti che, se analizzati in s stessi, affiorano come immagini da una pura morfologia, come presenze che precedono qualunque loro uso simbolico. Necessariamente ogni livello presuppone e manifesta il successivo, mentre integra le dimensioni sostanziali del precedente. Questo modello cerca cos di spiegare i vari gradi di separazione tra segno e Ethos, facendo presenti le mediazioni che necessariamente devono verificarsi, per esempio, perch un un logo possa simboleggiare uno stile di vita, o perch un testo grafico possa rappresentare un oggetto o una pratica duso, o come una casa, o una certa pratica rituale, possano emblematizzare una forma di vita, o come diverse culture sussumano concretamente in segni, oggetti e pratiche, delle forme provenienti da altre culture. Si spiega, per esempio, come le pratiche di rappresentazione agiscano per condensazione (riduzione) di dimensioni sostanziali; oppure come un testo o un oggetto possano istruire una pratica, o come un segno possa emblematizzare valori di una forma di vita. Le pratiche come larchitettura, il design, la progettazione territoriale, le loro storiografie e critica, nonch la loro rappresentazione e comunicazione visiva sono al centro di questo percorso; da un lato manifestano strategie e sistemi di valori, dallaltro integrano oggetti, testi, segni e figure.

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    Ma il punto di vista semiotico non pretende certo di spiegare tutto o di spiegare deterministicamente, giacch proprio per questimpostazione epistemologica esso riconosce principalmente proprio I limiti dellintepretazione. Vale al proposito quanto, nellambito della progettazione e della composizione architettonica, ripeteva Aldo Rossi: una teoria razionale dellarte non vuole limitarne il significato; grazie a essa non sappiamo se diciamo solo quello che diciamo, ma ci consente di sapere quello che diciamo.Nello studio dei sistemi e dei processi di significazione i progettisti non trovano normative o precettistiche per il loro mestiere, ma solo dei modelli euristici, cio, strumenti formativi e critici per poter analizzare e progettare a ragion veduta, cio, con coscienza di alcuni dei possibili effetti di senso. Allopposto, le precettistiche e le modellistiche delle arti hanno sempre presupposto dei sistemi di significazione. Si potrebbe dire che la questione (ma non la recente disciplina) semiotica sempre stata implicitamente presente nella letteratura tecnica e critica delle arti, sopratutto nelle teorie dellarchitettura, dallantica categoria vitruviana del Decor (appropriatezza delle forme) alle varie iconologie e modellistiche iconografiche. Per questa via iconografica la questione semiotica emerse sopratutto attraverso le teorie dellideazione progettuale che, a partire dallistituzione dellaccademia delle Arti del Disegno (1563), hanno interessato le forme di prefigurazione grafica praticate nelle varie arti, fino a coinvolgere pi in generale con le moderne teorie del montaggio il ruolo delle immagini che si traducono tra diversi media, incarnandosi in supporti diversi. Con lesplicitarsi e lo strutturarsi (disciplinare) del punto di vista semiotico si anche formata una semiotica del visibile, precisando la concezione stessa dellimmagine, considerando la soglia inferiore della semiosi posta tra percezione e cognizione nellemergere delle prime immagini sensoriali e psichiche e lemergere di una logica di produzione del senso immanente alle immagini, una logica che si esplica in termini specifici e non riducibili alle articolazioni del linguaggio verbale.

    Quanto premesso strettamente necessario per indicare sia la cornice semiotica , sia loggetto limmagine , sia lo specifico interesse euristico di molti risultati di ricerca maturati nellAteneo Iuav negli ultimi quattro anni, almeno tra quelli catalizzati dallistituzione del Laboratorio Internazionale di Semiotica a Venezia (LISaV). Promosso e diretto da Paolo Fabbri gi dal 2005, il LISaV ha svolto una vasta attivit di promozione, elaborazione e integrazione della ricerca attraverso una serie di oltre 130 iniziative tra seminari interni ed esterni, presentazioni di libri, conferenze, convegni nazionali e

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    internazionali, nonch molte pubblicazioni, sia direttamente curate (in collane editoriali), sia indotte in ricaduta delle ricerche svolte. In un ateneo dedicato alle pratiche progettuali delle arti e dellarchitettura il LISaV ha fatto in modo che una serie di ricerche individuali si siano svolte in una squadra solidale a una comunit scientifica in grado di accogliere entro i termini disciplinari della semiotica il terreno transdisciplinare di apporti eterogenei provenienti dalle scienze e dalla arti. In questo ruolo lo studio delle semiosi partecipa a unillustre tradizione moderna delle scuole di progettazione; basti ricordare che il primo insegnamento ufficiale di Semiotica fu tenuto da Tamos Maldonado alla Hochschule fr Gestaltung di Ulm, allincirca dal 1955 fino agli anni (1966-67) in cui i semiotici Umberto Eco e Paolo Fabbri tenevano il corso di Decorazione alla facolt di Architettura di Firenze e di quel corso si ciclostilavano le dispense Appunti per una semiologia delle comunicazioni visive poi integrate nelle prime tre sezioni di La struttura assente (1968).Non questa loccasione di un rendiconto (nemmeno di un elenco) delle attivit del LISaV che hanno permesso un effettivo confronto tra varie discipline dalla filosofia alle scienze umane e sociali su temi di diretto interesse euristico per le pratiche progettuali tradizionalmente coltivate nellateneo; ci riferiamo pertanto solo a quattro aspetti tematici trattati da tre ricerche finanziate con fondi di Ateneo negli ultimi quattro anni.Limpostazione di questi studi parte dalla ricerca Tattiche dellImmaginario: rappresentazione, illusione, efficacia, coordinata da Paolo Fabbri tra 2009-10 e articolata in due diramazioni: a) lati del volto tra arte e scienza (responsabili Patrizia Magli e Simona Morini) e b) La dinamica morfologica: forme e forze (responsabile Paolo Fabbri). Tali studi sono poi proseguiti nelle ricerche finanziate del 2011 Studi sulla significazione visiva e del 2012 Teorie dellimmagine e delle forme tra le matematiche e le arti (responsabile Fabrizio Gay) .Gli esiti di queste ricerche, in rapporto alle teorie euristiche delle pratiche di progettazione, possono essere suddivisi in quattro raggruppamenti tematici:1 l emergere della significazione nelle condizioni limite della visibilit;2 larticolarsi di una dimensione testuale nelle forme espressive dei diagrammi e nelluso delle immagini nelle pratiche scientifiche e tecniche;3 laccomodamento di strategie nella definizione di oggetti e luoghi di valore, dalla comunicazione pubblicitaria alle definizioni del paesaggio;4 le ricadute della teoria delle morfogenesi e della semiofisica di Ren Thom negli studi di morfologia dellarchitettura, della citt e del paesaggio, e nelle tecniche della loro rappresentazione.

    Alberto Burri, Nero Cretto, 1974

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    1.Ai modi in cui le arti e le scienze si rapportano alle situazioni limite della visibilit si dedicata in particolare la serie dei quattro convegni internazionali curati da Patrizia Magli e Angela Vettese presso la sede della Fondazione Bevilacqua La Masa: Estetiche del Camouflage: disrupting images in arte e design (12-14 giugno 2008), Diafano: vedere attraverso (17-19 giugno 2010), Back to Black: la nerezza del nero (23-25 giugno 2011), La luce e i suoi percorsi passionali (14-16 giugno 2012). I quattro temi ripartiscono per grandi casistiche lesperienza fenomenologica del vedere, dellaffiorare e dello svanire del visibile, interrogando di volta in volta le teorie scientifiche e artistiche, sia sul cosa dato a vedere, sia sul cosa si crede di vedere.Il primo convegno ha trattato le strategie di camouflage considerandole come fatti insieme naturali e culturali, pertinenti anche al mondo degli artefatti umani, come dispositivi di visibilit che si dispiegano in una gamma molto estesa che va dalle forme di mascheramento (omeocromia e omeomorfismo) a quelle di trasformismo e di fanerismo aposematico, coprendo cos una variet analoga a quella che (nellantropologia degli artefatti) va dalle forme di mimetismo a quelle che spesso si rubricano nel fenomeno dellornamento. Ovviamente ci ha indotto un confronto stringente tra i modelli naturalistici della variet morfologica (incentrata sui rapporti predatore/preda, individuo/ambiente) e il rilievo di specifiche strategie e valori nei quali si stabiliscono la relazione tra visibile e invisibile nellarte, nel design, nellarchitettura e nelle varie forme espressive dello spettacolo.Il secondo convegno ha delineato una vera e propria teoria della diafanit applicabile a diversi campi delle arti dove diviene rilevante una gamma di dispositivi insistenti sulla percezione della trasparenza e sul complementare affiorare dellopacit del mezzo espressivo, della materia, del supporto. Ha messo in luce come lesperienza del vedere-attraverso (sul piano materico e percettivo) corrisponda a strategie (sul piano cognitivo e passionale) comuni a diversi ambiti del cinema, della musica, della letteratura, dellarchitettura e del design, oltre che a quelle gi tradizionalmente studiate e note nellambito dei valori materici nelle arti visive.Il terzo convengo ha trattato lesperienza e la nozione del nero che si produce nelle sue varie manifestazioni in diversi supporti materici, specie nelle Pinturas negras di Goya, di Rodtchenko e Malevich, nei monocromi radicali come le Black Paintings di Reinhardt, di

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    Rauschenberg, Rothko, di Stella..., nelle istallazioni e nelle architetture a ridosso del buio e della negrezza, o il significato che assume nei generi Noir del teatro, della letteratura e del cinema, o nelle black fashion che attraversano diversi generi di oggetti, anche nelle lunghe durate di molte tradizioni culturali vicine e lontane. Ha mostrato come in questi casi la nozione di nero sollevi questioni estetiche, sociali e ideologiche, attraverso un funzionamento simbolico che chiama in causa una figurativit assoluta, paradossale, a ridosso dellirrappresentabile, del vuoto, del nulla, del silenzio o, semplicemente, dellesotico, emergendo ogni volta come un complesso di strategie e configurazioni variabili.Il quarto convegno ha trattato diversi modi in cui larte, la biologia, lottica, il cinema, il design e larchitettura mettano in opera e in discorso le prime articolazioni minimali dellavvento e della decadenza della luce entro il buio; offrendo alcuni confronti tra molte discipline coltivate nellAteneo, sia nella ricerca che nelle varie offerte didattiche a tutti i livelli. Cos esito complessivo di queste iniziative stato anche dal punto di vista euristico un rinnovamento delle categorie che trattano limmagine, non pi solo riconoscibile nellopposizione tra i termini figurativo/astratto del figurale, ma nellopposizione della categoria del figurale a quella dellindiscernibile.Alcuni esiti di questi convegni sono testimoniati dai volumi confluiti nella collana Atelier delle immagini: semiotica del visivo diretta da Patrizia Magli: Estetiche del Camouflage. Distrupting images nellarte e nel design, a cura di Chiara Casarin e Davide Fornari, edizioni et al, 2009; Diafano. Vedere Attraverso a cura di Chiara Casarin ed Eva Ogliotti, Zel Edizioni, 2012; Back to Black. La Nerezza del Nero, a cura di Eva Ogliotti e Ruggero Canova, Zel Edizioni, 2013.

    2.Come segno dellofferta del LISaV allAteneo Iuav di un panorama aggiornato delle ricerche di semiotica del visibile, si deve ricordare perlomeno la pubblicazione dei tre volumi Retorica del visibile: strategie dellimmagine tra significazione e comunicazione, Tiziana Migliore (ed.), Aracne, Roma 2011, che raccolgono contributi scelti del IX convegno dellAssociazione Internazionale di Semiotica Visiva organizzato dal Laboratorio di Paolo Fabbri presso questa Universit il 13-16 aprile 2010, riunendo studiosi di trentun paesi, con un programma articolato in oltre duecento relazioni e occasioni di dibattito distribuite nelle sessioni di unassemblea plenaria e in quaranta sezioni tematiche parallele. Bisogna anche ricordare

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    che a continuazione di quel convegno si svolse (16-17 aprile) il seminario conclusivo del progetto ANR-IDiViS 2007-2011 (Action Nationale de Recherche - Images et dispositifs de visualisation scientifique) in partenariato internazionale (Limoges, Lige, Venezia e Strasburgo) dedicato anche alle valenze euristiche dellimmagine nelle pratiche scientifiche e tecniche.Per una sintesi di questo quadro disciplinare si pu rinviare al n.1 della rivista Signata Mapping current Semiotics ma ai nostri fini necessario segnalare almeno il rilievo che vi assume il concetto di diagramma attraverso le riflessioni che, da Peirce a Deleuze, passano allattualit filosofica e scientifica, fino agli esiti riscontrabili nelle pratiche tecniche e progettuali che ne fanno uso esplicito. In quanto rappresentazione schematica delle forze in gioco, il diagramma rende visibili aspetti formali, gnoseologici e semantici, svolgendo un ruolo decisivo sopratutto nelle matematiche qualitative, in biologia e in semiotica. Come tale (per la sua capacit di comprendere configurazioni di forze realizzate o potenziali) si offre anche come strumento privilegiato per larticolazione delle diagnosi e decisioni nelle pratiche progettuali, rendendole visibili, calcolabili (anche attraverso gli elementi della teoria dei grafi e delle reti) e persuasive. La sua principale qualit euristica consiste nellevidenziare alcune relazioni (realizzate e potenziali) tra forme e forze, precisando cos i processi generativi delle forme spaziali strutturalmente stabili, siano esse riferite allapparenza macroscopica dei corpi, oppure alle astrazioni costituite dai modelli spaziali rappresentativi di fenomeni pluridimensionali (plurifattoriali).Oltre a costituire una forma di visualizzazione delle forze in gioco nella diagnosi e nel progetto, il diagramma si offre anche come mezzo descrittivo delle stesse forme di scrittura adottate nelle pratiche progettuali, rendendo analizzabile, per esempio, anche il carattere intrinsecamente grafologico degli stessi caratteri alfabetici, ideografici e semassiografici. La stessa nozione di carattere ci ricorda che le forme di scrittura hanno intense relazioni specialmente con aspetti visivamente codificati delle morfologie e delle tipologie architettoniche e, conseguentemente, con alcuni modi dellideazione grafica dellarchitettura attuata per composizioni di caratteri in storyboard figurativi.Ma per comprendere queste relazioni stato necessario emancipare la nozione di scrittura da una sua limitata concezione alfabetica legata parassitariamente al solo linguaggio verbale, per comprenderne anche le altre dimensioni estesiche. A questo scopo si sono raccolti contributi in unoccasione di studio, curata da Paolo Fabbri, Antonio Perri e Tiziana

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    Migliore, dedicata alle Scritture per immagini: Tipografie, chirografie, lingue artistiche (26-28 aprile 2012) che ha riunito artisti, graphic e type designer, semiologi, storici dellarte, antropologi della scrittura, professori di disegno e comunicazione visiva, studiosi della Lingua dei Segni, per poi pubblicarne alcuni esiti scelti nel numero 53 (2013) de il Verri.

    3.Nelleconomia del decorso della diagnosi e dellideazione progettuale il diagramma che traccia un quadro dei valori in gioco (pratici, critici, ludici e mitici) pu svolgere un ruolo euristico essenziale, specialmente interpretato attraverso le teorie in vario modo discendenti dai lavori che Jean-Marie Floch dedic alle identit di marca, alle performanze degli oggetti e alle strategie duso degli spazi costituiti da ambienti organizzati. Il quadro dei valori in gioco si presta a descrivere anche le pratiche di attribuzione del senso ai luoghi, precisando i modi in cui un soggetto siscrive nello spazio dandogli nuove significazioni; perci uno strumento efficace anche per abbordare la stessa nozione culturale di paesaggio, precisandola caso per caso, dalla contingenza del mercato e delle mode alle lunghe durate delle storie, considerando le concrete pratiche con le quali si costruisce e si attualizza la memoria dei siti, si ricolonizzano i luoghi storici, si riciclano gli spazi e gli oggetti marginali.Da questo punto di vista lidentit attuale di un luogo o di un oggetto vista come se fosse lesito di un progetto insieme retrospettivo e prospettivo (conteso tra memoria e nuova destinazione) che pu essere studiato caso per caso, confrontando le strategie di conservazione e conversione di una sua identit culturale nellevoluzione delle situazioni storiche, economiche e sociali. Ci ha dato particolare efficacia agli esiti delle giornate di studi curate presso lAteneo Iuav nel 2011-12 da Valeria Burgio e Alvise Mattozzi su I discorsi di marca. Semiotica, design e branding e quelle curate nel 2012 da Valeria Burgio su Il senso dei luoghi. Paesaggi, valori, atmosfere, organizzate anche come occasioni di analisi di dati casi studio trattati dai diversi punti di vista delle pratiche del progetto, della comunicazione, della museografia, della storiografia, delletnografia (degli usi pratici, ludici e sacrali) e della riflessione estetica.Anche in queste occasioni lorizzonte disciplinare della semiotica visiva ha funzionato come tramite di confronto tra i molteplici aspetti e le diverse prospettive teoriche che sono entrate nel gioco della controversa identit degli oggetti e dei luoghi analizzati, giacch questidentit si esprime tematizzando trasversalmente rappresentazioni molto

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    diverse: archivi documentali, narrazioni letterarie, comunicazioni pubblicitarie, cartografie, drive fotografiche, film, atlanti, ovvero, tutto lo spettro di immagini insieme letterarie e diagrammatiche, astratte e flagranti, che, per esempio, rendono particolarmente visibili Le citt invisibili di Italo Calvino.In questo studio delle identit culturali attraverso corpora eterogenei dimmagini un ausilio importante proviene dalle categorie della semiotica delle culture discendente dai modelli di Yuri Lotman, sopratutto per il modo in cui spiega il modo in cui una data sfera culturale accolga una forma estranea e singolare per poi assimilarla come esotismo entro i sui generi, fino a farne una propria norma generale. In questo senso il modello di Lotman spiega come una data cultura contenga gi la memoria del proprio futuro e come questa memoria sia costantemente ricostruita attraverso loblio; specialmente spiega come nellarchitettura e nel paesaggio le tradizioni siano continue e deliberate reinvenzioni di origini (mitiche).I risultati delle ricerche condotte attraverso questo punto di vista riassumono alcuni vantaggi delle microstorie di oggetti e luoghi attente a ricostruire un quadro dei conflitti ideologici attraverso le diverse forme di rappresentazione, seguendo un approccio critico che allo Iuav era sviluppato specialmente dallinsegnamento di Manfredo Tafuri.

    4.I modelli per lo studio di alcuni aspetti del metabolismo delle culture visuali, nei termini fin qui evocati, si prestano anche a descrive molti aspetti delle concrete situazioni e pratiche di progettazione che si caratterizzano sempre come tentativi di accordare mezzi e fini, governando unitariamente una molteplicit di ragioni e fattori discordanti, rispondenti a valori contrari e contraddittori. Ma per far questo occorre concepire astrattamente il generico processo di progettazione (di formazione) come un sistema dinamico (analogo al ciclo disteresi) adottando un punto di vista offerto dalla riflessione morfologica e semiotica di Ren Thom, specialmente affidata allEsquisse dune smiophysique del 1988 (noto sopratutto in traduzione inglese) e a una ricca serie di altri contributi che, per merito di Paolo Fabbri, sono ora offerti allattenzione del pubblico italiano nelle edizioni di Meltemi e di Mimesis.Omogenea alla tradizione strutturalista, la teoria della morfogenesi di Thom pu accogliere i modelli semiotici evocati sopra entro unespressione diagrammatica (topologica) accostandoli a quellantico insieme di studi morfologici Leonardo, Goethe, Kielmeyer, Weiss, Carus, Riemann, DArcy Thompson, Haeckel, Valery, Benjamin che non si

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    dedicava a una sistemazione tassonomica di tipi, ma allurgenza di cogliere nelle diverse manifestazioni dei corpi e dei fenomeni le regolarit (stabilit) di una presupposizione reciproca tra forme e forze (salienze e pregnanze) attraverso una (goethiana) osservazione partecipe ai fenomeni.Non si tratta quindi di un metodo ma di uno specifico stile morfologico che non questione di vaghe metafore biologiche e nemmeno di una dottrina di spiegazione delle cause prime o ultime delle forme; una disciplina di descrizione dei fenomeni i cui presupposti (immanentisti) accomunano studi in campi molto diversi. Limitandoci al caso dei contributi dellestensore di questo rendiconto, si segnala che questo stile morfologico assunto come lo sfondo teorico ed epistemologico di ricerche che si sono recentemente dedicate ai seguenti tre ambiti:

    a specifici studi sullarchitettura e la citt in lavori intrapresi in rapporto ai seminari interdisciplinari Morphologie, architecture et sciences sociales, organizzati dallcole des Hautes tudes en Sciences Sociales di Parigi, che nel 2012 si sono dedicati al tema Morphogense et dynamiques urbaines: continuit/discontinuit, approches dynamiques des phnomnes urbains, discutendo in particolare il contributo Continuits-discontinuits des genres architecturaux et de la forme urbaine: un modle pour les villes de la Vntie au XXe sicle;

    a uno studio sulle applicazioni e i fondamenti morfologici della geometria descrittiva in rapporto alle categorizzazioni tradizionalmente usate nello studio degli artefatti e alle possibilit di rappresentazione aperte dai nuovi media di visualizzazione; studio articolato in particolare nei contributi a due PRIN: Geometria descrittiva e rappresentazione digitale: memoria e innovazione e Prospettiva architettoniche conservazione e divulgazione;

    a una nuova sistemazione della materia relativa alle tecniche di figurazione usate nelle pratiche di progettazione e di rappresentazione visiva, offerta nella monografia: A ragion veduta: progetto e pratiche della figurazione, in uscita presso il Poligrafo.

    Per evidenziare una certa (e molto parziale) progressione logica, questelenco di attivit di ricerca ha omesso molti risultati di squadra del LISaV, cercando, tuttavia, di mostrare come lo studio dei sistemi e dei processi di significazione possa (ha potuto) costituire lorizzonte di un effettivo confronto tematico fra le diverse discipline coltivate in questAteneo sulle forme di razionalit in gioco nelle varie culture del progetto.

  • DOCUMENTARIA

    Marco Bertozzi

    RICERCHE E REALIZZAZIONI

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    Il cinema documentario italiano

    Nellultimo decennio sviluppo un forte interesse per lo studio del cinema documentario. Dopo la curatela de Lidea documentaria. Altri sguardi dal cinema italiano (Lindau, 2003, con la collaborazione di Gianfranco Pannone), unindagine sul nuovo documentario italiano, la necessit di un risarcimento storiografico e di una riflessione estetica appaiono evidenti, anche nella difficolt di adottare adeguati testi di studio per i miei insegnamenti. Una serie di ricerche originali confluiscono nella prima, sistematica, indagine storica: Storia del documentario italiano. Immagini e culture dellaltro cinema (Venezia, Marsilio, 2008) viene adottato in numerosi corsi universitari di cinema, segnalato in diverse pubblicazioni internazionali e risulta meritevole dei Premi Domenico Meccoli e Limina Award quale miglior libro di cinema dellanno. Le ricerche effettuate vengono presentate in convegni internazional e in una serie di articoli in rivista (Quaderni del CSCI 2009 e 2010, Fata Morgana, 2010, Close-up, 2011) e di saggi in opere collettive. Ricordo, fra gli altri, Paradigmi dal secolo breve. Il documentario, in Vito Zagarrio (ed.), Carlo Lizzani. Un lungo viaggio nel cinema, Marsilio, Venezia 2010, pp. 269-80; Di alcune tendenze del documentario italiano nel terzo millennio, in Giovanni Spagnoletti (ed.), Il reale allo specchio. Il documentario italiano, Marsilio, Venezia 2012, pp. 17-32; Attori sociali, famiglie governative. LItalia del dopoguerra nei documentari della Presidenza del Consiglio, in Quaderni del CSCI. Rivista annuale di cinema italiano, 9 (2013), pp. 176-80. Lattivit di promozione e condivisione degli studi sul cinema documentario si esplica inoltre con la curatela de Il miraggio del reale. Per una mappa del cinema documentario italiano, numero monografico della rivista internazionale Quaderni del Centro Studi sul Cinema Italiano (CSCI - Barcellona, Aronica, vol. 4) e con la curatela di una serie di momenti espositivi, fra i quali, recentemente, Documentaristes italiens contemporains, Cinmathque de Quebecq, Montreal, 4-19 aprile 2012. La ricerca in questo ambito si sta ampliando anche grazie agli studi della dottoranda Maria Ida Bernabei, con la quale abbiamo definito un percorso di co-tutela con lUniversit Paris 8 Saint Denis (relatore francese il prof. Dominique Willoughby). La Bernabei sta compiendo un approfondimento internazionale del lavoro di laurea specialistica La linea sperimentale. Un percorso di ricerca attraverso quarantanni di cinema documentario italiano (meritevole del Premio Fernaldo Di Giammatteo come migliore tesi di laurea in Cinema discussa in una Universit italiana e, dunque, appena pubblicata).

    Senza titolo, fotogrammi di film di famigliaper gentile concessione di Home Movies, Archivio Nazionale del film di Famiglia

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    Estetiche del riuso filmico

    Si tratta dellinteresse di studi pi recente, in un percorso di ricerca che affronta la risignificazione delle immagini filmiche e fotografiche. Un orizzonte della sperimentazione cinematografica che trae linfa dalle immagini del passato per creare nuove visioni e forme di condivisione spettatoriale. I primi risultati delle ricerche sul cosiddetto found footage film sono illustrati in una serie di conferenze tenute nel 2012 alla Fondazione Franois Pinault (ciclo Lopera parla, Punta della Dogana, Venezia) e alle Universit di San Diego State e della California in San Diego; nonch in alcuni articoli su rivista Visual ecologies. From negative economic growth to cinematic inertia, in AAM.TAC, 6 (2009), pp. 11-16; The poetic of reuse; Festival, Archives and cinematic recycling in italian documentary, in Studies in Documentary Film, 5 (2011), pp. 91-106 e nella prima monografia italiana sul tema Recycled Cinema. Immagini perdute, visioni ritrovate (Marsilio, Venezia 2012), per la pubblicazione della quale ho goduto di un finanziamento da parte dello Iuav. Su questo tema ho inolte orientato il Laboratorio video documentario condotto nel 2013, con la realizzazione, da parte degli studenti e con la collaborazione del mio assistente alla didattica, Marco Segato, di una serie di esercitazioni filmiche a base darchivio, presentate sia in iniziative e workshop universitari che in diversi festival cinematografici. A tal fine stata anche attuata una convenzione speciale fra IUAV e Home Movies. Associazione Nazionale del film di Famiglia, di Bologna.

    Attivit di ricerca e realizzazione filmica

    Costante dunque il tentativo di integrare risultati teorici e sperimentazione filmica. Nel caso di Una giornata moderna. La documentazione audiovisiva sulla moda nellItalia degli anni trenta, lunit di ricerca Archivi del visibile. Cinema, fotografia e televisione fra memoria e progetto (unit da me diretta nel 2011-12), ha organizzato un seminario di studi in collaborazione con lunit di ricerca Il progetto nella Moda, diretta da Mario Lupano. Il rapporto fra le due unit ha consentito la realizzazione di Una giornata moderna, un film a base darchivio sulla nascita della industria italiana della moda. Per il film sono stati utilizzati decine di cinegiornali del periodo, resi disponibili dalla collaborazione con Cinecitt-Istituto Luce. Allinterno dellunit Archivi del visibile stato inoltre assegnato

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    un assegno di ricerca dal titolo Cinema, video, teatro: le dinamiche dello scambio. Biennale Teatro 1974/1975: relazioni intertestuali. La ricerca stata condotta da Marina Pellanda. Lintegrazione fra ricerca teorica e realizzazione filmica anche uno dei punti caratterizzanti la mia didattica allUniversit Iuav e trae linfa sia da una serie di esperienze maturate precedentemente larrivo allo Iuav (con film come Appunti romani, 2004; Il senso degli altri, 2007; Predappio in luce, 2008) che da una costante pratica di ricerca sulle forme del cinema sperimentale e del film dartista.

    Il cinema e le altre arti

    In questo senso, forti risultano le relazioni con insegnamenti e percorsi di ricerca legati agli ambiti disciplinari della moda, delle arti visive (con laboratori di cinema sperimentale e interventi di studio sulla Biennale darte) e allarchitettura contemporanea. Linteresse per i rapporti fra cinema, architettura e citt erede degli studi dottorali La veduta Lumire. Limmaginario urbano nel cinema delle origini e post-dottorali Larchitettura e la citt nel cinema italiano degli anni trenta caratterizzano un forte campo di investigazione teorica. I problemi dello spazio filmico, i rapporti fra cinema e modernit architettonica, la costruzione degli immaginari urbani vengono affrontati in orizzonti di ricerca costantemente legati alla didattica, ed espressi in momenti convegnistici nazionali e internazionali, nonch in conferenze tenute nel dottorato di Teorie e storia delle arti e di Scienze del design allo Iuav. Per ampliare gli scambi internazionali fra discipline differenti, dal 2011 sono responsabile del progetto Erasmus con le corrispondenti sedi francesi (per lex Corso di Laurea in Teatro e Arti Visive della Facolt di Design e Arti dello Iuav) e recentemente ho avviato una richiesta di Visiting professor per il prof. Philippe-Alain Michaud, conservatore della sezione Cinema al Centre Pompidou di Parigi. Nel secondo semestre del 2014, Michaud terr un ciclo di lezioni al Dipartimento di Culture del Progetto e presenter una serie di proiezioni di film della collezione del Centre Pompidou nella nuova sede del teatrino di Palazzo Grassi di Venezia. Questa iniziativa, unitamente a una serie di ricerche a venire, momenti di studio, progetti convegnistici, fanno parte delle attivit del neonato LABIM, il Laboratorio di teoria delle immagini fondato con alcuni colleghi del Dipartimento di Culture del Progetto e ben illustrato, nelle sue linee programmatiche, dallintervento della collega Angela Mengoni.

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    Attivit dottorali

    Ho fatto parte dei seguenti collegi dottorali: Teorie e Storia delle Arti, ciclo XXV, Universit Iuav di Venezia (2009); Storia delle Arti, ciclo XXVI, Universit Ca Foscari di Venezia (2010);Scienze del Design, ciclo XXVII XXVIII XXIX, Universit Iuav di Venezia (2011-2013).Sono stato commissario dottorale per Denis Brotto, tesi Trame digitali. Limmagine cinematografica in pixel, tra narrazione, estetica e tecnica, XXII ciclo, Dottorato in Storia e critica dei beni artistici, musicali e dello spettacolo, Universit di Padova, 16 marzo 2012;per Giulia Lavarone, tesi Paris vu par. Lo sguardo sulla citt in mutamento negli anni della Nouvelle Vague, XXII ciclo, Dottorato in Storia e critica dei beni artistici, musicali e dello spettacolo, Universit di Padova, 21 ottobre 2010; per Ottavia Maddeddu, tesi Il documentario in prima persona. Esempi di autobiografia nel cinema della realt nellultimo decennio, Dottorato in Storia, Orientalistica e Storia delle Arti, Universit di Pisa, 12 dicembre 2011; quale membro esterno per Mauro Sassi, tesi The institution of documentary in contemporary Italy, McGill University, Montreal, Canada; per Francesca Veneziano, tesi Riscritture. Memoria del cinema, memoria storica e storia personale in My Winnipeg di Guy Maddin, XXIV ciclo, Scuola di Dottorato in Arti Visive e dello Spettacolo, Universit degli Studi di Pisa, 12 luglio 2013.Sono stato tutor della tesi dottorale di: Federica De Rocco, Linterazione narrativa nel linguaggio audiovisivo come strumento didattico in et scolare e nelladolescenza. Una ricerca attraverso il design della comunicazione, Dottorato in Scienze del Design, XXV ciclo, Universit Iuav di Venezia; Attualmente sto seguendo la tesi dottorale di Maria Ida Bernabei, dal titolo provvisorioAvanguardia e sperimentazione cinematografica nel documentario, Universit Iuav di Venezia, 2012-2015.Ho tenuto le seguenti lezioni in corsi dottorali: Estetiche del documentario italiano contemporaneo, Dottorato in Italianistica - Indirizzo Cinema, Universit Tor Vergata, 6 marzo 2012; Paesaggi documentari, Dottorato in Storia e critica dei beni artistici, musicali e dello spettacolo, Universit di Padova, 24 aprile 2012; Gli oggetti immaginari prodotti nel laboratorio video documentario dello IUAV, Dottorato in Scienze del Design, Unviersit Iuav di Venezia, 8 maggio 2013.

    Senza titolo, fondo famiglia Darix Togni, inizio anni 40Home Movies, Archivio Nazionale del film di Famiglia

  • ARTE VISIVA CONTEMPORANEA

    Angela Vettese

    RICERCHE E REALIZZAZIONI

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    Il mio ambito di ricerca sono le dinamiche dellarte visiva contemporanea, osservate da vari punti di vista, tali da connettere sempre la definizione del settore, il suo linguaggio, le nuove forme di committenza e il caso specifico della Biennale di Venezia, scelto come caso di studio permanente grazie alleccellenza della manifestazione e alla possibilit anche geografica di osservarne levoluzione. Ho sempre ritenuto importante, per completare la ricerca sul campo, associare strettamente le attivit didattiche, quelle di studio, e anche quelle di curatela di mostre e di gestione di spazi espositivi ed enti culturali. La peculiarit del campo prescelto infatti tale da non permettere di scindere questi ambiti senza togliere lucidit e competenza alla ricerca stessa, la quale riguarda un campo che , per definizione, continuamente in fieri e con aspetti teorici commisti inestricabilmente a quelli pratici. I campi di mero studio sono stati: 1. Storia e fenomenologia delle tecniche espressive dalle Avanguardie storiche a oggi, con particolare riferimento alla lettura di singole opere o alle operativit e al metodo di singoli autori; 2. Tentativo di riordinare a scopi didattici sia il concetto di arte contemporanea, sia la sua storia recente, colta nei suoi pi rilevanti snodi tematici e linguistici; 3. Indagine sulla trasmissibilit di tale sapere, con riflessioni sulle nuove modalit dello studio del fare arte visiva (non quindi della storia dellarte; 4. Indagine su alcune modalit espositive come parte costitutiva dei nuovi linguaggi artistici, con particolare riguardo allevoluzione incrociata delle modalit produttive e ostensive nellambito della Biennale di Venezia.

    1.La rivoluzione portata dalle Avanguardie del primo Novecento nellambito delle arti visive si configurata come unauto-indagine dellarte stessa, con un primo risultato evidente nellaffiancamento di tecniche tradizionali quali pittura, scultura e decorazione a pratiche quali collage, assemblage, installazione ambientale, performance in cui siano implicati sia la corporeit sia lo spazio. Tale evoluzione linguistica ha condotto le arti visive a una sovrapposizione almeno parziale con gli ambiti del teatro, della danza, dellarchitettura dinterni, del cinema. In questo quadro hanno trovato corpo lutilizzo di due elemento salienti e interagenti, lutilizzo del bricolage di materie comuni, del montaggio sovente estemporaneo come opposto a una composizione complessiva e progettata, del frammento come recupero

    Mostra finale del laboratorio di Marta Kuzma (director of Office for Contemporary Art Norway, Oslo)corso magistrale dArti visive, Universit Iuav di Venezia, giugno 2011

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    flessibile del rifiuto, dello scarto, di ci che pu avere fatto parte di ununit precedente e che pronto ad associazioni nuove.Questa evoluzione si proposta come una descrizione/riflessione su vari aspetti, quali il relativismo proprio della societ urbana, nellaffermarsi e del capitalismo industriale e nel suo decostruirsi in un capitalismo del terziario centrato sulla comunicazione: in termini di pensiero (e quindi della sua traduzioni nelle arti) ci sembra avere condotto a una critica delle filosofie della storia di carattere metafisico (Hegel) o comunque totalizzanti (Marx). Questo giustificherebbe il venire avanti di posizioni artistiche che incarnano, traducono o affiancano certo pensiero critico rispetto al capitalismo (Adorno, Benjamin, Bataille), con riferimento alla nascita e diffusione dellindustria dello spettacolo (Adorno e Horkheimer, Guy Debord), a posizioni psicoanalitiche (Lacan, Melanie Klein) nonch il recupero delle letture del montaggio cinematografico (Kracauer e Eisenstein.). Un ulteriore riferimento stato il recupero del fare (rispetto a una concezione puramente concettuale e autoriflessivo dellarte), con specifico riferimento alle tesi, diverse ma congruenti, sostenute attorno alla vita delle forme da Henri Focillon, George Kubler, Richard Sennett. La tematica dellatlante e dellarchivio di immagini, come discusse da Aby Warburg e dai suoi interpreti, risultata di importante supporto.La ricerca si estrinsecata nella redazione del libro Si fa con tutto: il linguaggio dellarte contemporanea (Laterza, Roma-Bari 2010 e 2012) e con saggi in riviste e volumi collettanei tra cui: Fausto Melotti e i Sette Savi, in Domus, 973 (2013), pp. 13-18; Metodo, in Paola Nicolin, Hans Ulrich Obrist (eds.), Alberto Garutti, didascalia/caption, Verlag der Buchandlung, Walther Koenig, Kln, Mousse Publishing, Milano 2013, pp. 77-85; Mario Merz, Qualche questione aperta, in Germano Celant (ed.), Arte Povera, Electa Milano 2011, pp 284-315; Italy in the Sixties. A Historical Glance, in Arte Povera, The Great Awakening, Kunstmusem Basel Hatje Cantz Verlag, Ostfildern 2012, pp. 33-42; Poetics of Identity: Notes on the Question of Gender, the Other, and the Self seen by the Self, in AAVV, Art of the Twentieth Century, 200 and Beyond, Contemporary Tendencies, Skira, Milan 2010, pp. 81-140; La protesi tecnologica come forma di camouflage, in Chiara Casarin e Davide Fornari (eds.), Estetiche del Camouflage, et al., Milano 2010, pp. 84-89; From the Early Paintings to the First Reflective Surfaces, in Carlos Basualdo (ed.), Michelangelo Pistoletto from One to Many: 1956-74, Philadelphia Museum of Arts, Philadelphia 2010, pp. 29-51; Que reste-t il: introduzione e Interviste a Michelangelo Pistoletto e Antoni Muntadas, in Cristina Baldacci e Clarissa Ricci, Quando scultura, et al., Milano 2010, pp. 3-16 e 199-232.

    Studenti Iuav e Bjarne Melgaard, Baton Sinisterpadiglione Norvegia, 54. Esposizione Internazionale darte, Biennale di Venezia, giugno 2011

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    2. A partire dalle ricerche sopra descritte, ho svolto unattivit di sistemazione espressamente rivolta a fini didattici, che si concretizzata in alcune ricostruzioni storiche di carattere manualistico. Mi sono inoltre dedicata alla definizione dellarte contemporanea come concetto e in relazione ai modi rinnovati della sua committenza, con particolare riguardo alle tematiche del cosiddetto sistema dellarte cos come questa nozione stata elaborata da filosofi quali Arthur Danto e George Dickie, sociologi quali Howard Becker e Noah Horowitz, teorici dellarte quali Nicolas Bourriaud e storici della filosofia come Tiziana Andina. stata inoltre estremamente importante lattivit come cronista darte per le pagine de Il Sole 24 Ore, un mezzo che mi ha permesso di mantenere laggiornamento sullevolversi delloperare artistico e delle politiche culturali. Su questa base ho redatto Capire larte contemporanea (I ed. 1996), Umberto Allemandi, Torino 2012 (terza edizione riveduta e ampliata) e Larte contemporanea tra mercato e nuovi linguaggi, Il Mulino, Bologna 2012, (ed. spagnola El Arte Contemporaneo entre el negocio y el lenguaje, Rialpes, Madrid 2013)

    3. Ho impostato tipologie di corsi sperimentali rivolti a giovani artisti fin dai primi anni novanta (insegnamento alle Accademie di Belle Arti di Milano, Venezia e Bergamo, curatela della summer school della Fondazione Antonio Ratti). Le precedenti esperienze si sono concretizzate attraverso la progettazione, la fondazione e la direzione, dal 2001, del Corso di Laurea Specialistica in Arti Visive (nel tempo associato poi allanalogo di Teatro e di Moda) presso lUniversit Iuav di Venezia. Il corso stato articolato a partire dalla convinzione che possa e debba svilupparsi un insegnamento universitario delle arti visive, seguendo lo stesso processo di elevazione del processo di formazione che ha toccato discipline, quali larchitettura o la musica, un tempo considerate meramente tecniche. Il modello seguito peraltro gi in atto soprattutto in ambito americano, laddove il contesto europeo conserva la tipologia di Accademia. Ci che distingue questa seconda dallinsegnamento universitario un novero di aspetti differenti: anzitutto, la considerazione del fare artistico come un campo del sapere: di un sapere che si sviluppa attraverso la prassi ma non per questo ha una dignit minore rispetto ai saperi dal fondamento meramente teorico o legato a parametri quantitativi o di carattere scientifico-sperimentale. Il fondamento di tale convinzione nato con gli studi di Estetica con Dino Formaggio e si evoluto soprattutto attraverso la collaborazione con il gruppo di ricerca EARN /European Network for Artistic Research, con la

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    partecipazione al programma europeo SHARE per la riflessione sui criteri di programmazione di un terzo livello dottorale per artisti. Da questordine di riflessioni e di attivit sono nate alcune pubblicazioni, tra cui Visual Arts at IUAV, Venezia, 2001-2011 (con Chiara Vecchiarelli), Mousse publishing, Milano 2011; Ecoles dart et recherche, entre orthodoxie et doute ncessaire, intervento al convegno Einstein/Duchamp, et aprs? La recherche dans lenseignement suprieur artistique (Palais des Acadmie, Bruxelles, 28-29 novembre 2012), CSESA Fdration Wallonie-Bruxelles, Bruxelles 2013, pp. 32-40.

    4.Un ulteriore campo di indagine stato quello delle diverse modalit in cui si espressa la Biennale di Venezia, a partire dalla storia delle sue diverse edizioni. Tale argomento stato proposto come soggetto per alcune tesi di laurea e tesi dottorali di cui sono stata relatrice o correlatrice. Una particolare attenzione stata posta sullidea di padiglione nazionale, cercandone la rilevanza come luogo di riflessione critica sullidea stessa di Nazione: in opposizione alla desuetudine di tale struttura collaterale alla mostra centrale, cos come si configurata nella riflessione di molti critici, i fatti hanno dimostrato la vitalit della formula e la poliedricit con cui viene affrontata. Ho pressoch sempre collaborato, insieme agli studenti del Corso di laurea in Arti visive dello Iuav, alla costituzione di uno o pi padiglioni nazionali della Biennale: nel 2003 collaborazioni con Hans Ulrich Obrist, Rirkrit Tiravanija (Stazione Utopia) e Olafur Eliasson (padiglione Danimarca); nel 2005: collaborazione con Antoni Muntadas (padiglione Spagna); nel 2009 collaborazione con Carlos Basualdo (curatore) e Bruce Nauman (artista) (padiglione Stati Uniti), in quellanno sono stata presidente della giuria della mostra internazionale; nel 2011 collaborazione con Bjarne Melgaard (padiglione Norvegia); nel 2013 co-curatela con Marta Kuzma e Pablo Lafuente della retrospettiva dedicata a Edvard Munch e Lene Berg (padiglione Norvegia).Ho inoltre co-curato il Festival dellarte contemporanea di Faenza, edizione 2009 (17-19 aprile), specificamente dedicato al tema della Biennale, le cui principali conversazioni sono state pubblicate in Quaderni del Festival: Carlos Basulado, Pierluigi Sacco, Angela Vettese (eds.), On Biennals, Electa, Milano 2010, pp. 45-59, 99-122.Le attivit dellunit di ricerca Biennale hanno inoltre portato alla pubblicazione di Clarissa Ricci (ed., preface by Angela Vettese), Starting from Venice Studies on the Biennial, et. al, Milano 2010.

  • unit di ricerca Rappresentazione

  • UNITA DI RICERCA

    Malvina Borgherini, Emanuele Garbin

    RAPPRESENTAZIONE

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    Il contesto disciplinare e lambito di ricerca

    Con la sua critica a un funzionalismo ingenuo e unidea di citt, di monumento e di memoria strettamente connesse con il tema della forma, Aldo Rossi, nel famoso saggio Larchitettura della citt (Marsilio, Padova 1966), apre il tradizionalmente pragmatico ambito architettonico al tema dellindeterminatezza. La citt non pu essere considerata una mera infrastruttura di servizi, ma la materia prima dellidentit e della memoria collettiva o individuale. Nelle citt le persistenze sono rilevabili attraverso i monumenti, i segni fisici del passato, ma anche attraverso gli assi di sviluppo, la posizione dei loro tracciati, che crescono secondo la direzione e con il significato di fatti pi antichi, spesso remoti, di quelli attuali. A volte questi fatti permangono essi stessi, sono dotati di una vitalit continua, a volte si spengono; resta allora la permanenza della forma 1. La consapevolezza che i principali oggetti della ricerca darchitettura (la citt, i monumenti, il paesaggio) non possano pi essere analizzati come semplici meccanismi senza vita o rappresentati solo con atti definitivi, segni codificati e immutabili, ma richiedano invece una molteplicit di sguardi che rendano la complessit di una materia viva e mutevole, acquisizione non del tutto o non ancora condivisa tra gli studiosi di teoria, storia e rappresentazione dellarchitettura e dellambiente.Larchitettura ma questo si potrebbe dire allo stesso modo anche di altre regioni del sapere e del fare delluomo si divisa in competenze parziali che hanno rimosso o rinunciato allidea di essere partecipi di un pensiero poetante e interrogante e hanno definito il proprio statuto su un modello quanto mai riduttivo e forse anche ingenuo di tecnica. Laspirazione a unidentit e a una legittimazione nel consesso tecnico-scientifico, il bisogno di correttezza piuttosto che di autenticit o verit sono stati fatti propri anche dalla pi ristretta comunit di studiosi che si riconoscono nel comune interesse per i temi del disegno, o pi in generale dellimmagine dellarchitettura e del paesaggio umano.Qui ormai non importa tanto capire se questo processo sia determinato da forze locali o globali, dallintenzione di gruppi storicamente determinati o da un destino sovraumano e sovrastorico, ma di riconoscere quel che si perde in questo processo di divisione e riduzione e poi di cercare di recuperarne almeno una parte, allinizio anche in modo scomposto e disordinato, al limite metodologicamente scorretto.

    Gerhard Richter, Abstraktes Bild See (part.), 1997

    01. A. Rossi, Larchitettura della citt, Citt Studi, Milano 1995, p. 56 (I ed. Marsilio, Padova 1966).

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    Per indicare approssimativamente quel che il soggetto e loggetto di questo sapere hanno perduto potremmo usare tanti termini o metafore. In riferimento ai concetti di situazione e di orizzonte ermeneutico Gadamer cita una frase lapidaria di Dilthey: Nelle vene del soggetto conoscente come lo costruiscono Locke, Hume e Kant non scorre vero sangue2. Merleau-Ponty sposta il punto di vista di quel soggetto, il centro dellio cogito dentro la carne dellessere. Tutta lopera di Heidegger la memoria di un abisso, di quel fondo oscuro che sta appena sotto la superficie delle cose, che quelle cose. Sangue, carne, abisso: in fondo non proprio per coprire o tener fuori tutto questo che nasce larchitettura intesa come il disegno di un contorno o di un confine? E per non tanto pi vera e durevole quellarchitettura e quel disegno che di quelloscurit conserva memoria e traccia?Le regole della correttezza scientifica impongono alle sue rappresentazioni di essere perfettamente funzionali ad uno scopo, aderenti alloggetto, prive di scarti che siano residui o rifiuti. La storia dei disegni e dei modelli dellarchitettura e del mondo fatta per anche di visioni il cui valore irriducibile alla mera funzione di descrivere qualcosa, e basterebbe citare ad esempio la Forma Urbis Romae severiana, i monumentali modelli lignei rinascimentali, i plans-reliefs del territorio francese, le tavole degli envois dellcole des Beaux-Arts. In un certo senso le copie pi ingombranti cercano sempre una propria autonomia, il diritto di esistere per s e non per qualcosaltro. Nella geografia dellessere come se ci fossero dei nodi, degli incroci di rotte doppi e slittati rispetto alla posizione originale, ed proprio grazie a questi slittamenti che alla fine si scopre qualcosa di nuovo. Una rappresentazione veridica non ci mostra solo quel che c ma anche quello che non c pi o che ci potr essere, ed , come peraltro ogni autentico atto interpretativo, una produzione di nuovo senso, un vero e proprio aumento dessere (che qualcosa di pi e di diverso di quel che va sotto il nome di realt aumentata). Alla fine un disegno, un modello, una simulazione non ci parla solo del suo riferimento oggettivo ma anche di s e di noi, della forma pi generale delle cose e del nostro modo di intenderle, della nostra coscienza e dellorizzonte di senso che su di essa fa centro.LUnit di ricerca Rappresentazione nata nel 2008 in occasione della creazione del Dipartimento della Ricerca, un luogo che per la prima volta univa e si proponeva di mettere a confronto le diverse anime che costituiscono quel particolare ateneo delle arti che lUniversit Iuav di Venezia si costituisce a partire da questi temi, riflettendo da esperienze

    02. Hans-Georg Gadamer, Verit e metodo, Bompiani, Milano 2004, p. 291, (ed. orig. Wahrheit und Methode, Mohr Siebek, Tbingen 1960).

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    e punti di vista anche distanti. E con spirito analogo si propone di considerare lambito di ricerca attorno cui si costituita quel mondo della figurazione riferito in particolare allarchitettura, al paesaggio, al design, caratterizzato da una secolare contrapposizione tra sapere tecnico-scientifico e pensiero umanistico un terreno di incontro pi che di scontro. Nel nucleo originario del cluster (che in prima istanza si chiamava Rappresentazione, Comunicazione, Interazione) si erano riuniti esperti di comunicazione, di rappresentazione, di rilievo, informatici, storici dellarte e dellarchitettura, semiologi, artisti, architetti, web designer, registi, economisti, psicologi della comunicazione e filosofi della scienza ed erano confluite strutture di ricerca gi consolidate come Imago rerum, il Laboratorio di fotogrammetria Circe, il MeLa media lab, il LISAV.Con lapplicazione a livello nazionale della recente riforma Gelmini, lo Iuav si riorganizza in una nuova geografia istituzionale lateneo oggi suddiviso in tre dipartimenti: Architettura, Costruzione, Conservazione; Culture del progetto; Progettazione e pianificazione in ambienti complessi e lUnit di ricerca Rappresentazione, nellintento di mantenere aperto quel dialogo transdiscplinare che lha fin dallinizio caratterizzata, apre lorizzonte disciplinare dei suoi attuali membri (studiosi di rappresentazione, di comunicazione e di rilievo, storici e teorici dellarchitettura, studiosi di teatro e arti performative, progettisti, informatici e web designer) ad un confronto continuo con altre tradizioni e aree di ricerca.

    Le attivit

    La questione del rapporto tra le arti, la traducibilit da una scrittura a unaltra, da forme e sostanze dellespressione in altre materie; la migrazione, la permanenza di tracce e la loro rivisitazione nel pensiero progettuale, sono alcuni dei problemi posti dalle attivit dellUnit di ricerca Rappresentazione in questi ultimi anni.Il cinquecentenario della nascita di Andrea Palladio (2008) stato la prima occasione per un confronto tra studiosi sul tema del rilievo delle facciate delle chiese palladiane a Venezia. In questo progetto di ricerca si incrociano e si moltiplicano davanti ai nostri occhi, come spesso accade nel ripercorrere le fasi di genesi e sviluppo di unarchitettura, un numero incredibile di storie materiali e immateriali. Fili sottili connettono forme e tecniche costruttive che dai disegni di edifici romani rilevati da Palladio riaffiorano con evidenza nelle quattro facciate veneziane; o riemergono dal secolo XVIII in edifici e chiese anglossassoni,

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    sullonda della stampa e diffusione in Inghilterra delle prime traduzioni dei Quattro Libri o delle diverse e frammentarie campagne di rilevamento. Un cos ricco patrimonio di storie e oggetti che provengono dal passato ma continuano a vivere nel presente, e unopera come il trattato di Palladio che aspira alla completezza senza per farsi limitare da chiusure che la renderebbero sterile, sono oggi, nellepoca del compiuto dominio della tecnica, ingredienti preziosi per approfondire una riflessione sulle nuove metodologie da applicare alluso del disegno, da intendersi non solo come strumento di comunicazione ma anche e soprattutto come modo per conoscere e interrogare le cose. In occasione di questo progetto il MeLa media lab, che ha curato lallestimento della mostra e le video installazioni, si formalmente costituito come struttura del Sistema Laboratori e come cellula dellUnit di ricerca Rappresentazione 3.Il modello digitale integrale del complesso museale di Castelvecchio (realizzato allinterno di una collaborazione tra il MeLa media lab e il Comune di Verona Direzione musei e monumenti) 4 stato loccasione per definire e perfezionare nuovi criteri di rappresentazione verificandoli in un oggetto caratterizzato da una estrema ricchezza tematica e figurativa. Nella costruzione e nelle elaborazioni del modello del castello e delle gallerie del museo di Carlo Scarpa lattenzione si concentrata sul rapporto tra la forma di uno sguardo mobile implicita nella stessa architettura e la stratificazione di figure e di storie nelle strutture murarie e nelle opere esposte. Il castello come macchina militare prima, poi il museo come macchina espositiva, e infine il modello esplorabile sono in realt delle speciali macchine per vedere, che appunto danno forma ad uno sguardo eccentrico sulla citt che sta fuori e dentro le sue mura.La mostra Leonardo. Luomo vitruviano fra arte e scienza (Venezia, Gallerie dellAccademia ottobre 2009-gennaio 2010), che proponeva lesposizione al pubblico del famosissimo disegno, ha permesso lattivazione di una convenzione tra MeLa media lab e Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Veneziano e ha dato come esito lapprofondimento di temi

    Markus Schinwald, sterreichischer Pavillon, Biennale di Venezia, 2011 (foto Andreas Balon)

    03. Esito del progetto di ricerca sono la realizzazione di una mostra e la pubblicazione del libro