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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 150 (48.474) Città del Vaticano sabato 4 luglio 2020

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LABORATORIODOPO LA PA N D E M I A

Conversazione con il premio Nobel Muhammad Yunus

Il progettodi un mondo nuovoIl vaccino contro il covid-19 “bene comune globale”

di ANDREA MONDA

«U na volta che sapremodove andare, arrivarcisarà molto più sempli-

ce». Muhammad Yunus, economi-sta, premio Nobel per la pace2006, ideatore del microcreditomoderno, ha idee piuttosto chiaresul cosa fare in un mondo poten-

zialmente cambiato dalla pande-mia. Intanto, proteggere tutti, tuttoil mondo, dal virus, grazie a unvaccino che sia dichiarato “b enecomune globale”. Poi, semplice-mente, progettare un mondo moltodiverso.

PAGINA 3

NOSTREINFORMAZIONI

Provvista di ChiesaIl Santo Padre ha nominato Ve-scovo della Diocesi di Ndola(Zambia) Sua Eccellenza Monsi-gnor Benjamin Phiri, finora Ve-scovo Titolare di Nachingweae Ausiliare della Diocesi di Chi-pata.

Il segretario generale dell’Onu auspica un approccio globale e attenzione ai Paesi più poveri

Idee audaciper superare la crisi

NEW YORK, 3. «Servono idee audaciper far rinascere l’economia mondia-le messa in crisi dalla pandemia eper rispettare gli impegni di svilup-po durevole dell’agenda 2030». Ècon un richiamo al coraggio delleidee che il segretario generale delleNazioni Unite, António Guterres, halanciato un appello alla cooperazio-ne globale per rilanciare l’economiamondiale dopo la pandemia. «Senon agiremo immediatamente ri-schiamo di trovarci di fronte ad annidi depressione economica».

La pandemia — ha ricordato Gu-terres in un intervento alle NazioniUnite — «non solo minaccia di por-tare alla sospensione del programmadi sviluppo durevole dell’Onu, maanche di cancellare i progressi giàrealizzati». Guterres ha poi sottoli-neato come i Paesi in via di sviluppo

hanno messo in atto dei piani di sal-vataggio per le loro economie impie-gando risorse proprie. «Il problema

che ora si pone — ha aggiunto — èdi assicurare anche ai Paesi in via disviluppo le risorse necessarie per raf-forzare i piani di salvataggio delleloro economie». Per questo «servonosoluzioni concrete, radicali e realiz-zabili; stiamo vivendo una crisi uma-nitaria che è diventata una crisi disviluppo e di finanziamenti. Se iPaesi non hanno i mezzi finanziariper contrastare la pandemia e inve-stire nella ripresa ci dovremo prepa-rare ad una catastrofe sanitaria e aduna ripresa mondiale dolorosamentelenta». Dunque, secondo Guterres:«È imperativo risolvere i problemidel debito dei Paesi in via di svilup-po e di molti Paesi a medio redditoche hanno perso la capacità di acce-dere ai mercati finanziari. Dobbiamoanche iniziare a pensare a soluzionidi debito sostenibili che creino spa-zio fiscale per gli investimenti nellaripresa e negli obiettivi di svilupposostenibile».

Secondo il capo del palazzo di ve-tro, «l’incertezza e le politiche prote-zionistiche potrebbero portare a unprolungato periodo di bassi finan-ziamenti esterni». Inoltre, mentre lapandemia interrompe le catene diapprovvigionamento e il commercio,«vi è il rischio che alcuni settori ma-nifatturieri tornino nei Paesi svilup-pati, riducendo ulteriormente le ri-sorse dei Paesi in via di sviluppo eponendo questioni fondamentali sul-la loro integrazione nell’economiaglobale».

Pochi giorni fa il Consiglio di si-curezza dell’Onu ha adottatoall’unanimità una risoluzione chechiede la sospensione dei conflittiper facilitare la lotta contro la pan-demia di coronavirus, dopo oltre tremesi di complessi negoziati.

Sul tema della ripresa del dopopandemia è intervenuto anche l’a rc i -vescovo Ivan Jurkovič, osservatorepermanente della Santa Sede pressole Nazioni Unite e altre organizza-zioni internazionali a Ginevra. «Ilvirus covid-19 pone sfide senza pre-cedenti ai governi dei Paesi svilup-pati» si legge in una dichiarazione.«La crisi economica causata dallapandemia è unica in quanto combi-na un profondo shock dell’offerta,derivante da blocchi di ampia porta-ta e prolungati di intere economie,con conseguenti shock della doman-da, derivanti da un crollo dei pianidi investimento aziendale, facendoaumentare rapidamente la disoccu-pazione così come profonde incer-tezze e fragilità sui mercati finanzia-ri». La dichiarazione chiede dunqueun sostegno alle economie più debo-li secondo un approccio più integra-to e globale.

Te n s i o n ec re s c e n t e

tra Franciae Turchia

PARIGI, 3. «Ci aspettiamo che laFrancia si scusi per le accuse false»alla Turchia di «aver provocatouna sua nave durante un controllomarittimo nel Mediterraneo al lar-go della Libia». Lo ha detto oggi ilministro degli Esteri turco MevlütÇavuşoğlu facendo riferimento aicrescenti attriti tra i due Paesi.

Due giorni fa Parigi ha annun-ciato la decisione di ritirarsi tempo-raneamente dalla missione dellaNato Sea Guardian proprio a causadelle tensioni con Ankara. Il Quaid’Orsay ha denunciato che una na-ve turca avrebbe «provocato» unanave francese durante un controllomarittimo nel Mediterraneo.

Il fatto — nella versione di Parigi— risale al mese scorso: un’i m b a rc a -zione francese appartenente allamissione Sea Guardian sarebbe sta-ta fatta oggetto da parte di una na-ve turca di tre illuminazioni radar,segnali che sono considerati un av-vertimento grave secondo i codicimarittimi.

La Turchia ha nettamente smen-tito l’accaduto, parlando di «malin-tesi». La Francia non si è accon-tentata e ha denunciato il fattoall’Alleanza atlantica parlandoesplicitamente di «aggressione».

Ma non solo. Parigi accusa An-kara soprattutto di non far rispetta-re l’embargo di armi sulla Libia,punto cruciale per l’Onu. «Non cisembra sano mantenere dei mezziin una operazione che dovrebbecontrollare l’embargo con alleatiche non lo rispettano» ha detto ilportavoce del ministero degli esterifrancese. Al di là dell’incidente ma-rittimo, ci sono «le ripetute viola-zioni dell’embargo da parte dellaTu rc h i a » .

Padre Giovanni Pozzie la filologia come ascesi

Il fiore iconadel mistero teologico

LUIGI MA N T UA N O A PA G I N A 4

Il segreto di una buona madre

La forza di un sorrisoLUCIA RODER A PA G I N A 5

Le molteplici forme della maternità

Non solo procreazioneGIORGIA SA L AT I E L L O A PA G I N A 5

Il patriarca Sako per san Tommaso

Nelle sofferenzefedeli a Cristo

PAGINA 6

A causa della pandemia

Peggiorano le condizionidei rohingya

PAGINA 6

In un’unica comunità cristiana

Guardare la personacome la guarda Dio

MAT T E O MARIA ZUPPI A PA G I N A 7

Il nuovo Direttorio

Per una catechesipienamente inclusiva

MAU R I Z I O GRONCHI A PA G I N A 8

ALL’INTERNOLe due fazioni palestinesi pronte a presentare un loro piano di pace

Fatah e Hamas uniti contro le annessioni israeliane

L’intenzione di preghiera del Papa per il mese di luglio

Per le nostre famiglie

Un’immagine tratta dal video

Aiuti del Papa al Pamper l’emergenza coronavirus

Papa Francesco ha deciso di destinare un “donativo simbolico” di venticin-quemila euro al Programma alimentare mondiale (Pam) come ulteriore se-gno di sollecitudine di fronte all’emergenza della pandemia. La somma —inviata attraverso il Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integra -le, con la collaborazione del rappresentante permanente della Santa Sedepresso la Fao, l’Ifad e il Pam — vuole essere un’espressione immediata delsentimento di vicinanza del Pontefice alle persone colpite dal coronavirus ea quelle impegnate a favore dei poveri e dei più deboli e fragili, nonché ungesto di paterno incoraggiamento verso il lavoro dell’organizzazione e ver-so altri Paesi che, in questo tempo di crisi, volessero aderire a forme di so-stegno per lo sviluppo integrale e la salute pubblica, e di contrasto all’in -stabilità sociale, alla mancanza di sicurezza alimentare, alla crescente diso c-cupazione, al collasso dei sistemi economici delle nazioni più vulnerabili.

TEL AV I V, 3. «Annunciamo oggiun’intesa per abbattere il piano dipace del presidente statunitense Do-nald Trump». Queste le parole pro-nunciate ieri a Ramallah da JibrilRajoub, il segretario del Comitatocentrale di Fatah (il partito del pre-sidente Mahmoud Abbas). In colle-gamento da Beirut c’era il vice capodi Hamas Saleh al-Arouri. I dueesponenti delle principali fazioni pa-lestinesi hanno spiegato che presen-teranno un piano comune per com-battere le annessioni israeliane unila-terali di parte dei Territori palestine-

si e rilanciare l’opzione dei due sta-ti.

Si è trattato di un fatto inedito.Fatah e Hamas sono da molti annifazioni rivali. Un fatto che ha deter-minato la spaccatura amministrativadei Territori della Palestina, con Ha-mas al comando nella striscia di Ga-za e Fatah nel resto dei Territori.

A fronte delle intenzioni del nuo-vo governo Netanyahu, le due fazio-ni hanno ripreso a dialogare. «Losforzo — ha detto Rajoub chiaman-do “fratelli” i membri di Hamas — sibasa sulla resistenza popolare con lapartecipazione di Fatah, Hamas e di

tutte le fazioni in modo da fronteg-giare nella prossima fase l’annessio-ne se l’occupatore decide di metterlain pratica». Rajoub ha poi sottoli-neato che «il momento attuale è ilpiù pericoloso per il popolo palesti-nese» e che «la battaglia va combat-tuta tutti insieme». L’obiettivo, oltrela sconfitta del piano Trump, «èuno stato palestinese indipendente esovrano nei confini del '67 e la riso-luzione della questione dei rifugiaticonformemente alle risoluzioni inter-nazionali» ha affermato l’esp onentedi Fatah. L’esponente di Hamas hadal canto suo sottolineato che la riu-

nione di Ramallah è «l’opp ortunitàper avviare una nuova fase a serviziodel popolo palestinese in questotempo pericoloso». «Il nostro fortee chiaro messaggio ai palestinesi, ainostri nemici e al mondo intero cheparte da questo incontro è che noi —ha insistito — siamo uniti control’annessione. Noi, dall’internodell’intera Palestina e da fuori, stia-mo combattendo contro l’annessio-ne. Questa è la posizione dell’interaleadership di Hamas». «Occorresconfiggere il piano del presidenteTrump. Lo abbiamo fatto in passato— ha concluso — e lo faremo di nuo-vo».

Da segnalare che all’incontro hapreso parte anche Ayman Odeh se-gretario della Lista Araba Unita, ter-zo partito alla Knesset, il Parlamen-to israeliano. Odeh ha chiarito chela sua presenza alla conferenza diRamallah è a «sostegno della ricon-ciliazione palestinese. Questa è unpasso necessario per combatterel’annessione, mettere fine all’o ccupa-zione e raggiungere una pace giu-sta». Queste parole sono state dura-mente contestate dal partito Likudguidato dal premier Netanyahu.

È un itinerario di riscoperta del va-lore della famiglia e dei suoi vincoliquello che propone il video dellaRete mondiale di preghiera del Pa-pa per il mese di luglio. Nel brevefilmato — reso noto nel pomeriggiodi giovedì 2 — si vedono personeintente a occuparsi delle faccendequotidiane, immerse ciascuna neiproblemi e nelle difficoltà che la vi-ta mette davanti. La madre, presadal lavoro, mette in secondo pianola famiglia. Il padre è alle presecon i disagi e i debiti da pagare. Ifigli conducono una sorta di vitaparallela che non si intreccia conquella dei genitori, fino a quandotutte le componenti familiari si in-contrano e il legame viene rinnova-to. Una fotografia di gruppo di pa-dre, madre, figlio e figlia, diventacosì l’occasione e la “molla” che fascattare il bisogno di ritrovarsi in-

sieme e lasciar scorrere tutto quan-to si oppone all’unità.

È dedicata appunto al tema «Lenostre famiglie» l’intenzione pro-posta dal Pontefice per questo me-se di luglio. «Preghiamo — invitaPapa Francesco — affinché le fami-

glie di oggi siano accompagnatecon amore, rispetto e consiglio, ein particolare vengano protette da-gli Stati». Infatti, afferma, la fami-glia «ha bisogno di essere protet-ta. Tanti sono i pericoli che af-fronta: il ritmo della vita, lostress...». Poi, la breve riflessionedel Pontefice tocca le difficoltàquotidiane del nucleo familiare:«A volte i genitori dimenticano digiocare con i propri figli. La Chie-sa deve incoraggiare le famiglie estare loro accanto, aiutandole ascoprire vie che permettano lorodi superare tutte queste difficol-tà». Diffuso come si consueto at-traverso il sito internet www.the-popevideo.org, il filmato tradottoin nove lingue è stato creato eprodotto dalla Rete mondiale dipreghiera del Papa in collabora-zione con l’agenzia La Machi e ilDicastero per la comunicazione.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 sabato 4 luglio 2020

L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

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POLITICO RELIGIOSONon praevalebunt

Città del Vaticano

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Vertice straordinario l’8 luglio tra i presidenti delle istituzioni Ue

Von der Leyen accelerasul Recovery fund

Indagine dell’Unicef sulla guerra in Siria

Un bambino uccisoogni dieci ore

BRUXELLES, 3. Prosegue a ritmo ser-rato l’attività negoziale e diplomaticaper un accordo sul Recovery fund, ilpiano dell’Unione europea per aiu-tare i Paesi del Vecchio continentemaggiormente colpiti dalla crisi eco-nomica innescata dal covid-19.

«Sarà necessaria una forte leader-ship politica per giungere a una con-clusione rapida e fruttuosa» sul pia-no di rilancio europeo, ha affermatoieri il presidente della Commissioneeuropea, Ursula von der Leyen.

Per intensificare il negoziato — al-cuni Paesi del Nord rimangono peròfortemente contrari al Recovery fund— è stato confermato per l’8 luglioprossimo in vertice straordinario tra ipresidenti delle istituzioni dell’Ue.«E’ di importanza fondamentale checi sia uno stretto coordinamento trale istituzioni e che il Parlamento eu-ropeo sia pienamente coinvolto», haprecisato il presidente della Com-missione europea. Come prevedel’articolo 324 del Trattato, Von derLeyen ha invitato a Bruxelles il pre-sidente del Parlamento europeo, Da-vid Sassoli, il cancelliere tedescoAngela Merkel (la Germania ha as-sunto dallo scorso primo luglio lapresidenza semestrale di turno delConsiglio dei ministri dell’Ue) e ilpresidente del Consiglio europeo,Charles Michel.

Lo stesso Michel ha concluso unprimo giro di consultazioni con ilpresidente francese, Emmanuel Ma-cron. Nella seconda metà della pros-sima settimana, il presidente delConsiglio europeo presenterà il co-siddetto “negob ox”, cioè una propo-sta in cui, secondo quanto si è ap-preso, confermerà lo stanziamento di750 miliardi proposta dalla Commis-sione per il Recovery fund e ridurràdi qualche decina di miliardi, rispet-to ai 1.094 dello scorso febbraio, ladotazione del bilancio pluriennale2021-2027 (tecnicamente chiamatoQuadro finanziario pluriennale).

Una mossa, quest’ultima, destina-ta a dare soddisfazione ai Paesi chesi oppongono (soprattutto PaesiBassi, Austria, Danimarca e Svezia).Così, come in favore dei quattro piùforti oppositori di trasferimenti afondo perduto, gioca l’idea di con-fermare loro quel “rimb orso” nato su

richiesta del Regno Unito e chemolti altri partner vorrebbero inveceeliminare ora che Londra è fuori dalmeccanismo finanziario dell’Unione.

Novità dovrebbero arrivare da Mi-chel anche sul fronte dei criteri di al-locazione dei fondi europei previstiper sostenere la ripresa. L’idea èquella di dividere il totale in duetranche. Per la ripartizione della pri-ma, pari al 70% del totale, sarannopresi come riferimento il pil e il tas-so di disoccupazione degli ultimi an-ni passati. Per la seconda, nel 2022si prenderanno come riferimento idati del 2020 e 2021, numeri che,spiegano gli addetti ai lavori, certifi-cheranno non solo l’impattodell’emergenza covid, ma anchequello della Brexit. Impossibile sa-pere ora se questi interventi consen-tiranno di trovare anche un’intesasulle quote di fondi destinati ai pre-stiti e ai trasferimenti, ora pari ri-spettivamente a 250 e 500 miliardi.

Intanto, nel rapporto annuale pre-sentato oggi, l’Istat ha certificato chein Italia l’epidemia si è abbattutasulle persone più fragili, acuendo legià significative disuguaglianze. Unaprova, indica l’Istituto nazionale distatistica , ne sono «i differenzialisociali riscontrabili nell’eccesso dimortalità causato dal covid-19», coni meno istruiti maggiormente colpiti.Il presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen (Reuters)

PARIGI, 3. «La guerra contro ibambini in Siria è stata una dellepiù brutali della storia recente. Daquando è iniziata la crisi sono natiquasi 6 milioni di bambini siriani.Non conoscono altro che la guerrae lo sfollamento. In media, in Siriaè stato ucciso un bambino ogni 10ore a causa della violenza, e più di2,5 milioni di bambini sono statisradicati e costretti a fuggire neiPaesi vicini in cerca di sicurezza».Con queste parole Francesco Sa-mengo, rappresentante dell’Unicef(il fondo delle Nazioni Unite perl’infanzia) ha riassunto i risultati diun’indagine internazionale diffusiieri. I siriani «non sono solo nume-ri. Hanno voci e opinioni e questevoci non devono passare inosserva-te» afferma l’agenzia dell’O nu.

Attraverso l’indagine, condottaattraverso interviste sul terreno, èstato possibile capire quali fosserole maggiori sfide e preoccupazionidei siriani dopo oltre un decenniodi guerra. L’indagine ha raggiunto3.500 siriani, mirando a dare vocesoprattutto alle famiglie, eviden-ziando l’impatto della guerra e delconflitto, e a contribuire a delinea-re il modo migliore per rispondereai bisogni che le famiglie hanno in-dividuato per andare avanti. «Inquesto sondaggio, i siriani ci rac-contano come la guerra ha influen-zato direttamente la loro vita equella dei loro figli e semplicemen-te come sono sopravvissuti a unadelle guerre più brutali della storiarecente» ha dichiarato Ted Chai-ban, direttore regionale dell’Unicefin Medio Oriente e Nord Africa.«È ovvio che le ferite sono profon-de e che l’impatto sulla salute men-tale dei siriani è enorme. Sappiamoanche da questo sondaggio chel’istruzione per i bambini e la po-vertà sono tra le principali preoc-cupazioni e le sfide principali».

Secondo il sondaggio, ovunque isiriani hanno dichiarato che i bam-bini hanno pagato e paganotutt’ora il prezzo più alto in questoconflitto. I danni psicologici e l’im-patto sulla salute mentale sono sta-ti identificati come gravi quanto le

ferite fisiche. La maggior parte de-gli intervistati ha sperimentato inprima persona lo sfollamento, il fe-rimento o la morte di una personacara.

Chi vive in Siria tende ad esserepiù ottimista sul futuro dei bambi-ni rispetto a quanti vivono nei pae-si vicini. Le famiglie con figli ten-dono ad essere molto meno ottimi-ste di quelle senza. Alla domandasulle priorità principali per i bam-bini, gli intervistati hanno posto ilritorno all’istruzione al primo po-sto seguito dall’accesso all’assisten-za sanitaria e dall’assistenza agliorfani. In alcune parti della Siria,più della metà delle persone inter-vistate ha dichiarato di avere alme-no un figlio che non va a scuola,rispetto a circa un terzo dei rifugia-ti siriani in Giordania e in Libano.

Come detto, le persone con figlisono molto meno ottimiste sul fu-turo dei bambini siriani, rispetto aquelle senza figli. Più della metàdelle persone ha segnalato gravidanni alle scuole della propria zo-na. La maggioranza ha dichiaratodi aver subito gravi conseguenze acausa del conflitto, tra cui lo sfolla-mento, la perdita dei mezzi di sus-sistenza e la detenzione fra i proprifamiliari. Più della metà delle per-sone intervistate all’interno dellaSiria ha riferito che uno dei lorofamiliari è rimasto ferito a causadel conflitto. Quasi la metà dellepersone intervistate ha riferito chealmeno un membro della famiglia èstato detenuto durante il conflitto.

Fr a n c i a :Jean Castex

nominato nuovop re m i e r

PARIGI, 3. Rimpasto di governo inFrancia. Il presidente della Repub-blica, Emmanuel Macron, ha nomi-nato questa mattina Jean Castexnuovo primo ministro. Castex do-vrebbe formare il nuovo esecutivoentro mercoledì.

Carriera di alto funzionario, Ca-stex è stato segretario generaledell’Eliseo sotto la presidenza di Ni-colas Sarkozy, delegato interministe-riale per le Olimpiadi di Parigi 2024e presidente dell’Agenzia nazionaleper lo sport. Ha acquisito notorietànegli ultimi mesi per aver gestito lacosiddetta fase due dopo la fine dellockdown. Non sono ancora statifatti nomi per il prossimo esecutivo.

Macron ha nominato Castex dopoaver accolto le dimissioni di Edo-uard Philippe. Nel corso di un col-loquio, ieri, Philippe e Macron«hanno condiviso la necessità di unnuovo governo per incarnare unanuova tappa del quinquennato» diceancora l’Eliseo. L’ultimo consigliodei ministri dell’attuale compaginedi governo, che doveva tenersi inmattinata, è stato annullato. Quelloattuale era il secondo governo diPhilippe. Passato dalla destra repub-blicana alla République En Marchedi Macron, molto vicino all’ex pre-mier Alain Juppé, Philippe era allaguida del governo dal 15 maggio2 0 1 7.

Contro la nuova legge cinese a Hong Kong

Sanzioni statunitensi

Un momento degli scontri a Hong Kong (Afp)

Maxi operazioneanti-Isin Iraq

BAGHDAD, 3. Le forze armateirachene e milizie lealiste filo-iraniane hanno avviato ieri unaoperazione anti-terrorismo nelleregioni a nord della capitale Ba-ghdad. Lo riferiscono media ira-cheni che citano i vertici del Co-mando congiunto delle forze ar-mate irachene. L’operazione ètesa in particolare a colpire igruppi del sedicente stato isla-mico (Is) ancora attivi nel Paesearab o.

Le fonti precisano che la zonainteressata riguarda il cosiddettoquadrilatero dell’i n s u r re z i o n ejihadista che ha sconvolto l’Iraqtra il 2013 e il 2017, e che com-prende le regioni di Kirkuk, Sa-lah ad Din, Ninive e Baghdad.Com’è noto, l’Is è stato formal-mente sconfitto tre anni fa inIraq ma le sue cellule locali ri-mangono attive in diverse aree.Il nuovo premier Mustafa Kazi-mi, sostenuto sia dagli StatiUniti che dall’Iran, ha dato en-fasi in queste prime settimanedel suo governo alla necessità diriportare «sicurezza e stabilità»nel Paese.

Incidentein un sito

nucleare iraniano

TEHERAN, 3. L’O rganizzazioneper l’energia atomica iraniana(Aeoi) ha reso noto che «un inci-dente» è avvenuto nei giorni scor-si in un deposito in costruzioneall’aperto nel complesso nuclearedi Natanz, nel centro del Paese,senza provocare vittime.

Secondo il portavoce dell’A e-oi, Behrouz Kamalvandi, citatodall’agenzia du stampa Irna,non ci sarebbe alcun rischio difuoriuscita di radiazioni perchéil sito era inattivo. «Non c'eramateriale nucleare nel magazzi-no e non vi era alcun potenzialedi inquinamento», ha precisatoKa m a l v a n d i .

Non è stato tuttavia fornito al-cun dettaglio sulla natura dell’in-cidente, avvenuto in una delleprincipali strutture per l’arricchi-mento dell’uranio in Iran.

Sono stati resi noto solo alcunidanni strutturali, mentre le autori-tà hanno avviato un’inchiesta peraccertare quanto accaduto.

L'impianto di Natanz sorge suun'area di 100.000 metri quadri, èstato costruito in buona parte aotto metri di profondità, per pro-teggerlo da eventuali attacchi ae-rei, ed è uno degli impianti con-trollati dall'Aiea, l’Agenzia inter-nazionale per l'energia atomicadelle nazioni Unite.

WASHINGTON, 3. Il Congresso sta-tunitense ha dato ieri sera il via li-bera ad una legge che prevede san-zioni per i dirigenti cinesi che ap-plicano le nuove regole di sicurez-za a Hong Kong. Il Senato ha ap-provato il provvedimento all’unani-mità, dopo che l’aveva fatto anchela Camera. La legge, che ora arri-verà sulla scrivania di Trump per

la firma, prevede, in particolare,divieto di ingresso negli Stati Unitie congelamento di beni per i fun-zionari che lavoreranno per l’appli-cazione della nuova legge adHong Kong. Inoltre, vengono pre-viste penalizzazioni per le istituzio-ni finanziarie che fanno affari «si-gnificativi» con funzionari ed enti-tà colpiti dalle sanzioni.

Il rapporto annuale dell’Autorità di informazione finanziaria

Cooperazione internazionale e collaborazione in Vaticano

Un livello medio-basso di rischio in ambito dicontrasto al riciclaggio e un livello basso di ri-schio in ambito di finanziamento al terrorismo.Sono due tra i dati più significativi che emergonodal Rapporto annuale 2019 dell’Autorità di infor-mazione finanziaria (Aif). Nel presentarlo, vener-dì 3 luglio, il presidente Carmelo Barbagallo hasottolineato come numerosi siano stati i progressinel sistema dei controlli delle attività finanziariedegli enti vaticani.

Dal rapporto risulta che lo scorso anno l’Aif haricevuto 64 segnalazioni di attività sospette. Traqueste, 55 provenivano dagli enti vigilati e 4 daautorità della Santa Sede e dello Stato della Cittàdel Vaticano. L’Aif ha disposto 4 misure preven-tive, incluso il blocco di un conto corrente, e hatrasmesso 15 rapporti all’Ufficio del promotore di

Giustizia, confermando la tendenza di crescitanella proporzione tra rapporti inviati e segnala-zioni ricevute. Il documento mette anche in luceche «la collaborazione interna con le competentiAutorità della Santa Sede e dello Stato della Cit-tà del Vaticano è intensa e ha condotto a 24 ri-chieste di scambio di informazioni tra Autorità inmerito a 423 soggetti».

L’attività dell’Aif è stata particolarmente rile-vante a livello internazionale. Sono stati oltre 370i soggetti coinvolti negli scambi di richieste di in-formazioni con Unità di informazione finanziaria(Uif) estere. Questo «ha portato a risultati con-creti, attraverso l’analisi di schemi finanziari com-plessi articolati su più giurisdizioni. Ciò ha con-dotto alla trasmissione di elementi di informazio-ne finanziaria rilevanti all’Ufficio del promotore

di Giustizia e alle controparti estere». Sono statisiglati quattro nuovi Protocolli d’intesa con leUif di giurisdizioni estere, per un totale di 60 dal2012. Due le ispezioni allo Ior che hanno avutoesito sostanzialmente positivo. A livello di pre-venzione dell’evasione fiscale, si registra «una no-tevole diminuzione del flusso di denaro trans-frontaliero». Si evidenzia che l’analisi delle di-chiarazioni svolte dall’Aif «non ha fatto registrareanomalie significative o indicatori di rischio».

Infine Barbagallo ha annunciato l’emanazione,a breve, del nuovo statuto e del primo regola-mento interno dell’Aif. Con questo «ricco baga-glio di novità — ha detto — ci si presenterà all’im-portante appuntamento con Moneyval, il cuiteam di valutatori è atteso nella Città del Vatica-no per il 29 settembre».

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L’OSSERVATORE ROMANOsabato 4 luglio 2020 pagina 3

LABORATORIOD OPO LA PA N D E M I A

«Per chi è responsabile la domanda ultima non è: come me la cavo eroicamente in quest’a f f a re ,

ma: quale potrà essere la vita della generazione che viene» (D. Bonhoeffer)

Conversazione con il premio Nobel Muhammad Yunus, ideatore del microcredito

Il progetto di un mondo nuovoIl vaccino contro il covid-19 deve essere dichiarato “bene comune globale”

Iniziativa di microcredito in India

orologeria innescata che può esplo-dere politicamente, socialmente, conrabbia, e anche per l’intelligenza ar-tificiale, a causa della quale non cisaranno più lavoro o impiego per lepersone. Non è il genere di mondoal quale vorremmo ritornare. È que-sto il punto. E il coronavirus ci hafatto un grande favore pur avendocreato una situazione terribile per ilpianeta, perché ha fermato la mac-china nella sua corsa verso la morte.Quindi oggi, almeno, non stiamocorrendo da nessuna parte. Il trenosi è fermato. Possiamo semplicemen-te guardarci intorno, possiamo scen-dere dal treno che ci portava versouna fine certa e decidere dove vo-gliamo andare per trovare certezza esicurezza. Di certo non vogliamotornare indietro: è questo il punto.Non tornare indietro significa cheabbiamo la possibilità di andare al-t ro v e .

È ciò che dice lei. Ma se le personenelle alte sfere e coloro che prendono ledecisioni non lo accettano?

Ebbene, se la gente vuole andarealtrove, a chi prende le decisioninon rimane molta scelta. Alla fine èla gente a decidere dove andare. Èquesta la democrazia. Se l’opinionepubblica diventa forte, non pensoche la cosa si possa ignorare. Cercodi incoraggiare i giovani a esaminarela situazione per poi prendere unadecisione. Sono gli adolescenti amarciare nelle strade dietro gli stri-scioni di “Fridays for Future”. Dico-no al mondo che siamo sulla strada

Non penso che l’economia praticataoggi nel mondo meriti di essere de-finita scienza sociale. Non ha nulladi sociale. La sua unica preoccupa-zione è la massimizzazione del pro-fitto personale. Non si preoccupadell’interesse comune della gente. Sioccupa solo di come accrescere laricchezza delle nazioni senza do-mandarsi quante, o quante poche,persone ricevono tale ricchezza.Non si preoccupa neppure della si-curezza del pianeta. Al massimopossiamo definire l’economia unascienza degli affari, non una scienzasociale. La scienza sociale deve af-frontare i problemi della società, checosa è bene per la gente, che cosa èbene per il pianeta, e deve proporreidee che rendano la vita delle perso-ne migliore e il pianeta più sicuro.Per ottenere un mondo nuovo dob-biamo ridisegnare l’economia, dan-dole un orientamento sociale. Dovràessere un’economia guidata dallaconsapevolezza sociale, un’economiaguidata dalla consapevolezza am-bientale. L’economia attuale non hamai riconosciuto l’interesse colletti-vo. Si basa solo sul proprio interes-se. Se nell’economia includiamo l’in-teresse collettivo questa diventa su-bito diversa. Abbiamo bisogno didue tipi differenti di economia, unoper la massimizzazione dei profitti el’altro per risolvere i problemi comu-ni della gente, con profitto persona-le zero. La stessa persona può svol-gerle entrambe. Non abbiamo biso-gno di due persone diverse per far-lo. In un tipo di economia una per-

con la loro conoscenza e creatività ei governi a pagare grosse somme perla ricerca, specialmente per quellasui vaccini. Perché le università do-vrebbero rinunciare al loro diritto?Perché il governo dovrebbe rinun-ciare al suo diritto? Non sto negan-do alle aziende un giusto ritorno suiloro investimenti. Possiamo discute-re su quanto è stato ingente l’inve-stimento e quale dovrebbe essere ilgiusto profitto. Le aziende possonoessere pagate per rendere il vaccinoun bene comune globale. Ma la pro-prietà deve essere del popolo, nondi un’azienda. Deve essere un beneopen source, di modo che possa esse-re prodotto ovunque, da chiunque,rispettando tutti i requisiti normati-vi. Se vogliamo renderlo accessibilealla gente in tutto il mondo nellostesso momento, deve essere prodot-to in tutto il mondo. Non solo inuno o due posti, come constatiamoche si sta facendo ora. Un’aziendaha già dichiarato che i primi vacciniprodotti verranno consegnati agliStati Uniti, un’altra che i primi an-dranno in Europa. E il resto delmondo? Se non si dà il vaccino alresto del mondo, si porrà un altroproblema. Si creerà subito una nuo-va mega-attività di produzione evendita di vaccini falsi. Occorreràtempo perché il vaccino autenticoarrivi a miliardi di persone, quindila difficoltà ad accedervi porterà atale situazione. La gente nei paesipoveri cadrà vittima di questo com-mercio, non potendo competere coni maggiori offerenti nel mercato del

di ANDREA MONDA

«U na volta che sapremodove andare, arrivarcisarà molto più sempli-

ce». Muhammad Yunus, economi-sta, premio Nobel per la pace 2006,ideatore del microcredito moderno,ha idee piuttosto chiare sul cosa farein un mondo potenzialmente cam-biato dalla pandemia. Intanto, pro-teggere tutti, tutto il mondo, dal vi-rus, grazie a un vaccino che sia di-chiarato “bene comune globale”.Poi, semplicemente, progettare unmondo molto diverso.

Lei ha sottolineato, in sintonia con ilPapa, che dopo la crisi del covid-19sarà necessario trovare un nuovo mo-dello. Non possiamo tornare indietro;niente sarà più come prima. Secondolei, in che modo si può far comprenderequesto messaggio a coloro che detengo-no il potere?

Mi fa molto piacere constatareche Papa Francesco la pensi esatta-mente come me. Tornare indietro alvecchio mondo sarebbe un atto fol-le, perché il mondo dal quale venia-mo è un mondo molto inospitale,un mondo terrificante, un mondoche si stava uccidendo con il riscal-damento globale, la concentrazionedelle ricchezze, l’intelligenza artifi-ciale che toglieva il lavoro agli esseriumani. A quel punto tutto conver-geva e rimanevano solo pochi anniprima che l’intero mondo crollasse.Dal punto di vista del riscaldamentoglobale resta pochissimo tempo pri-ma che il mondo diventi invivibile.Lo stesso vale per la concentrazionedelle ricchezze, che è una bomba a

sbagliata. Accusano i loro genitoridi essere irresponsabili e di spingerliverso un mondo in cui non hannofuturo. Dico loro: questa è la vostraoccasione. Potete costruire il mondoche desiderate. Quindi unitevi e fa-telo. Si tratta di convincere la gentein generale e i giovani in particolare.È una questione di comunicazione.Se Papa Francesco assume la guida,il messaggio diventa subito potente.La gente rispetta il suo pensiero a li-vello globale, a prescindere dall’affi-liazione religiosa. Ricordiamo l’im-patto che le sue opinioni hanno avu-to sui negoziati di Parigi per rag-giungere un consenso sulla crisi am-bientale globale. Il suo appello almondo ha aiutato a giungere all’Ac-cordo di Parigi. Papa Francesco puòsvolgere un ruolo molto importantein questo momento. Gli chiedo disvolgere questo ruolo con fermezza.

In una recente lezione in streaming al-la Pontificia Università Lateranense leiha sottolineato che la ripresa dopo ilcovid-19 è costellata di opportunità,ma solo se passa per una nuova con-sapevolezza sociale e ambientale, unuso dell’economia non come mera scien-za utile a massimizzare i profitti, mapiuttosto come strumento per realizzarela felicità degli individui e della comu-nità. Come possiamo realizzare questoobiettivo?

Spiegando alla gente che cos’èquesto obiettivo. Che cosa c’era disbagliato, perché non dobbiamo tor-nare indietro. La gente conosce i pe-ricoli insiti nel vecchio mondo manon è consapevole delle opportunitàcreate che la crisi del coronavirus hacreato per sfuggire a quei pericoli.

sona si prende cura di se stessa enell’altro si prende cura di tutti glialtri e del pianeta. Questo nuovo ti-po di economia io lo definisco eco-nomia sociale. È questa l’economiache s’impegna a risolvere i problemidella gente e del pianeta senza alcunintento di guadagno personale.Questa nuova economia sarà la baseper la costruzione del mondo nuo-vo.

Lei ha lanciato un’iniziativa a favoredi un vaccino gratuito e accessibile atutti. Come pensa sia possibile sottrarrela ricerca medica, specialmente in si-tuazioni come questa, alla logica delp ro f i t t o ?

Dovremmo andare più a fondonella questione. Vede, non è correttoaffermare che le aziende stannospendendo soldi per sviluppare ilvaccino. Nella maggior parte dei ca-si sono le università a contribuire

vaccino autentico. Prima che vengaa crearsi una situazione del genere,il mondo deve dichiarare il vaccinoun bene comune globale. Ieri holanciato ai leader mondiali un ap-pello, sottoscritto anche da molte fi-gure importanti di tutto il mondo.Ripeto questo appello attraverso lei,al fine di fare pressione sui governiaffinché s’impegnino a fare questadichiarazione al più presto: rendeteil vaccino per il covid-19 un benecomune globale. Chiedo a PapaFrancesco di sostenere l’iniziativacon la sua voce potente.

Come ha detto il Papa, la pandemia,oltre a essere una tragedia planetaria,rappresenta un’opportunità per svilup-pare un futuro diverso. Come immagi-na questo futuro o come vede il nuovoequilibrio mondiale?

Sono pienamente d’accordo conquanto detto dal Papa. Ha fattoun’affermazione chiara: non dobbia-mo tornare indietro. Papa Francescodeve continuare a ripeterlo in modomolto audace di modo che tutti losentano e la gente possa scuotersi eascoltarlo. Adesso lui è la voce mo-rale del mondo intero. È quindimolto importante che continui a in-sistere sulla questione. Sì, è possibilecambiare questo mondo. Gli uominiriescono a fare tutto ciò che voglio-no. È la forza della loro volontà chelo renderà possibile. Quando deci-diamo di non tornare indietro, dob-biamo sviluppare politiche, istituzio-ni e strutture per assicurarci di an-dare nella giusta direzione e di arri-varvi rapidamente. Dobbiamo chie-dere ai governi di canalizzare i lorofondi di salvataggio a sostegno delleiniziative volte a non tornare indie-tro piuttosto che destinarli ad acce-lerare il processo contrario. Le risor-se non sono un problema: alcunesono già state mobilitate per finisbagliati. L’impegno è di destinarlealla causa giusta. Abbiamo bisognodi un mondo nuovo costruito pernoi. Che tipo di mondo deve essere?È ovvio che deve essere un mondomolto diverso da quello dal qualeproveniamo. Nel nuovo mondo nonci sarà riscaldamento globale. PapaFrancesco si è già espresso su que-sto. Adesso dobbiamo tradurlo inrealtà. Non si tratta semplicementedi una dichiarazione fatta dal Papa:dobbiamo tutti unirci e tradurla inrealtà. Il nuovo mondo sarà unmondo con zero emissioni nette dicarbonio. Sarà un mondo con zeroconcentrazione di ricchezza. Sarà unmondo in cui condivideremo la ric-chezza invece di monopolizzarla co-me avviene oggi. Sarà un mondocon disoccupazione zero. Il mondonuovo sarà quasi l’esatto contrariodi quello attuale. Una volta che sa-premo dove andare, arrivarci saràmolto più semplice. Per passare almondo nuovo, dobbiamo verificarequali attività contribuiscono al ri-scaldamento globale, alla concentra-zione delle ricchezze o alla disoccu-pazione. Dobbiamo creare posti dicontrollo per impedire alle attivitàsbagliate di entrare in questo mondonuovo. Non possiamo portare l’eco-nomia dei combustibili fossili nelmondo nuovo. Dobbiamo dire: tor-nate con le energie rinnovabili sevolete stare nel settore energetico.Se è un’azienda che produce inqui-namento, diciamole di ritornare conattività che creino un’economia cir-c o l a re .

Lei ritiene che ciò possa avvenire?

Se ci decidiamo, può avvenire. Sitratta di deciderci. Stiamo affrontan-do la sfida esistenziale più grande.Quando la crisi è al suo stadio piùprofondo, dobbiamo proporre le so-luzioni più audaci.

Lei ritiene che la spiritualità sia im-portante per questo cambiamento, laforza per realizzare questo cambiamen-to?

Certo, è molto importante. Il co-ronavirus ha cambiato tutto, crean-do una situazione in cui non possia-mo incontrarci fisicamente. Siamocostretti a rimanere chiusi dentro lenostre case e il distanziamento so-ciale è diventato parte della nostravita. Essendo privati dalla prossimitàfisica, questa diventa una buona oc-casione per realizzare un’unità spiri-tuale.

Contagi in aumento in 37 dei 50 Stati del Paese

Il sud ovest degli Usanuovo epicentro del covidWASHINGTON, 3. Per il secondogiorno consecutivo negli Stati Unitiè stato registrato il record di nuoveinfezioni da coronavirus, proprio al-la vigilia del lungo weekend dellafesta dell’Indipendenza nazionale,il 4 luglio. Secondo il conteggioemesso ieri sera dalla Johns Hop-

kins University, nelle 24 ore com-prese tra la sera di mercoledì equella di giovedì sono stati almeno53.069 i nuovi casi. Così il numerototale di persone contagiate negliUsa è salito a oltre 2,7 milioni.

I casi sono attualmente in au-mento in 37 dei 50 Stati del Paese,trascinati dal picco di contagi inquelli meridionali e occidentali co-me Florida, Texas, California, Ari-zona, Georgia. Almeno sette Statihanno fatto segnare nell’ultimo bi-lancio giornaliero il loro primato:Alaska, Arkansas, Florida, Georgia,Montana, South Carolina e Tennes-see. Diversi governatori hanno deci-so di reinserire misure per contra-stare la diffusione virus. In Texas èobbligatorio l’uso della mascherinanei luoghi pubblici. In California ein Michigan è stata disposta lachiusura interna dei bar e la so-spensione delle attività al copertoper i ristoranti che possono conti-nuare la propria attività all’ap erto.

La stessa Università del Ma-ryland ha anche dato la notizia dialtri 649 decessi legati al coronavi-rus rispetto a ieri, per un totale di1 2 8 . 6 7 7.

La autorità sanitarie nutrono for-te preoccupazione per il rischio diuna più facile diffusione del virusdurante i festeggiamenti per l’Inde-pendence Day, tradizionalmentecontrassegnati da riunioni di fami-glia o grandi assembramenti per as-sistere agli spettacoli pirotecnici.

Los Angelestaglia il budget

della poliziaLOS ANGELES, 3. Il Consiglio co-munale di Los Angeles ha ap-provato ieri, quasi all’unanimità,un taglio di 150 milioni di dollaridal bilancio del proprio diparti-mento di polizia, portando il nu-mero degli agenti sotto le 1o.000unità, ai minimi da oltre un de-cennio. Curren Price, il consi-gliere che ha presentato la pro-posta, ha affermato che il denarorisparmiato verrà investito perservizi nelle comunità afroameri-cane ed ispaniche. «Questo è unpasso avanti per sostenere le leminoranze nel modo che si meri-tano, con rispetto, dignità e pariopportunità», ha detto Price.

Morto Santiago Manuin Valera storico leader indigeno peruviano

L’America Latinasoggiogata dal virus

BRASÍLIA, 3. Dopo giorni di stabili-tà, le cifre generali della pandemiada coronavirus in America Latinasono tornate a mostrare una nettatendenza al rialzo, per cui nelle ul-time 24 ore sono stati oltre 74mila icontagi, portando il dato comples-sivo delle infezioni a 2.723.302 uni-tà. Secondo l'ultimo bollettino quo-tidiano i decessi sono stati 2.778,per un totale di morti nella regioneper cause riconducibili al covid-19pari a 121.382.

Continua ad aggravarsi la situa-zione in Brasile: in base agli ultimidati forniti nella sera di ieri dal mi-nistero della Sanità, nelle ultime 24ore si sono registrate ulteriori 1.252morti ed altri 48.105 nuovi casi. Ilnumero totale dei decessi è dunquesalito a 61.884 e quello dei contagia 1.496.858.

Il Perú, seppure ha fatto registra-re insieme al Cile i dati migliori do-po settimane di crescenti curve dicontagi, ha superato ieri la sogliadelle diecimila vittime e i 292.000contagi. Con queste cifre il Paese siconferma come il secondo più col-pito dal covid-19 in America latinadopo il Brasile. Le autorità peruvia-ne hanno ricordato ai cittadini l’im-portanza del mantenimento dellemisure sanitarie e di distanziamentosociale. Ha destato clamore nelPaese e in tutta l’Amazzonia nelleultime ore la notizia della morteall’età di 63 anni di Santiago Ma-nuin Valera, uno degli storici leaderindigeni peruviani, di etnia awajún,avvenuta, a causa del covid-19, nellacittà di Chiclayo.

Il ministro della salute cileno,Enrique Paris, ha dichiarato che il

Paese sta vivendo un «leggero mi-glioramento» con una riduzione del25 per cento dei casi, arrivati a284.541. Il Messico invece ha messoa bilancio un nuovo record di casicon 6.741 nuove infezioni in 24 oree ha raggiunto una cifra cumulativadi 238.511 contagi, oltre a segnare679 morti per un totale di 29.189dall’arrivo del coronavirus alla finedi febbraio.

La crisi causata dalla pandemiadi coronavirus dovrebbe portare al-la chiusura di oltre 2,7 milioni diaziende e alla perdita di 8,5 milionidi posti di lavoro in America Lati-na, ha avvertito ieri la Cepal, lacommissione economica delle Na-zioni Unite per la regione latinoa-mericana e caraibica. I settori delcommercio e del turismo, in parti-colare quello alberghiero e quellodella ristorazione, in cui gravitanoun gran numero di piccole e medieimprese, saranno in previsione quel-li maggiormente colpiti dall'impattodella pandemia di covid-19, ha af-fermato in un rapporto la Cepal.L’attuale crisi economica legata alvirus causerà la peggiore recessionenella storia dell’America Latina, conuna contrazione del Prodotto inter-no lordo regionale del 5,3 per centonel 2020 e un aumento del tasso dipovertà tra la popolazione dal 30,3al 34,7 per cento della popolazione.

Conclusosiil 56° verticedel Mercosur

ASUNCIÓN, 3. Si è concluso ieriil 56° vertice del Mercosur, cheha segnato il passaggio di conse-gne tra il presidente del Para-guay, Mario Abdo Benítez, equello dell’Uruguay, Luis LacallePou, della presidenza di turnodell’organismo per il prossimosemestre. Dalla conferenza stam-pa finale si è capito che l’incon-tro non ha aggiunto molto sultema più importante da esamina-re, il Trattato con l’Unione euro-pea, tanto che non è stato nep-pure incluso nella dichiarazionefinale. Benítez in conferenzastampa ha menzionato «l’avan-zamento della stesura di un do-cumento sugli aspetti politici, dicooperazione e istituzionalità»fra Mercosur e Ue.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 sabato 4 luglio 2020

Padre Giovanni Pozzi e la filologia come ascesi

Il fioreicona del mistero teologico

«Il Colibrì» vince il Premio Strega

Insigne storico della letteratura italianadalle edizioni critiche del Marinoe di Francesco Colonna alle mistiche italianeha viaggiato tra i testi della religiosità popolareaffascinato dall’intreccio fra parola e immagine

Giovanni Pozzi, saggista e critico letterario di fama internazionale (1923-2002)

di LUIGI MA N T UA N O

«L’i n t e r p re t a z i o -ne è conver-sione», unatto essenzia-le che coin-

volge tutta la persona, ha scrittoClaudio Mésoniat nel volume di stu-di dedicati a Giovanni Pozzi (Autorivari, Forme e vicende. Per GiovanniPozzi, Antenore 1988), cogliendo inpieno il senso del lavoro sterminatosui testi operato dal grande filologoitaliano. Nato a Locarno nel 1923,sacerdote e frate cappuccino, forma-to negli studi alla scuola di Gian-franco Contini a Friburgo in Svizze-ra, dove occupò la cattedra di lette-ratura italiana dal 1960 al 1988. Delsuo maestro mantenne sempre anchelo stile pedagogico, «lo stare a untavolino della stessa altezza», con-vinto che suo compito fosse «aprireproblemi di metodo, ma non conse-gnare ricette in forma dogmatica, in-trodurre a una verità, ma distrutta erestaurata di giorno in giorno».

Un’opera molteplice, solo appa-rentemente frammentata in quanto siesprime essenzialmente in saggi ededizioni critiche di testi, che spaziadall’artificio letterario alla mistica,dall’edizione critica al commento aldipinto, di cui è possibile individua-re le linee portanti, la prima dellequali è sicuramente quella del rap-porto tra immagine e testo, icona eparola. Pozzi non a caso usa la me-tafora del gioco per delineare la suametodologia di ricerca: «L’artistasommo non è tanto colui che infran-ge la regola quanto colui che varia laconsuetudine, così come il buon gio-catore non è il baro, ma l’i n v e n t o redi soluzioni inconsuete nello svilup-po dell’azione ludica — scrive in Laparola dipinta (Adelphi 1981) — Gio-co e arte si ritrovano unite nelle piùoscure zone dell’affettività e dell’irra-zionale, dove quello che è detto perantonomasia gioco dello spirito siappaia alla preghiera, allo scongiuro,all’epifania dell’e ro s » .

La lingua e la figura sono gli ele-menti di questo gioco, e mentre laprima vive di una doppia articola-zione, quella del significante e delsignificato, e dei fonemi che sono innumero ristrettissimo e gerarchizzatoma danno origine a infinite combi-nazioni, la seconda è un tutto che sipresenta alla percezione e alla mentein modo unitario. Gli esempi che nefornisce Pozzi spaziano dai codicimedievali del carme figurato di Ra-bano Mauro fino ai C a l l i g ra m m i diApollinaire. Il numero dei fonemi ela loro collocazione nello spazio deltesto scritto creano una numerologiache dai testi mistici di Dionigi l’Ae-ropagita alle opere di Claudel persecoli ha riempito la poesia e l’orato-ria, fino all’iconismo occulto che tro-viamo anche in autori come Saba.

La relazione tra immagine e teolo-gia è illustrata da Pozzi in saggi disterminata erudizione, come adesempio Maria tabernacolo (inSull’orlo del visibile parlare, Adelphi1993). Bisogna subito chiedersiquanto il mondo contemporaneo siain grado di decifrare questo linguag-gio: «La veduta di crocifissi, madon-ne e santi in musei e gallerie, pursuscitando emozioni estatiche pro-fonde, si accompagna a difficoltà diapproccio religioso che trascendonoil fatto della collocazione in sede di-versa dall’originaria. Il visitatore hapresente tutt’al più la loro destina-zione al culto, raramente distinguen-do fra le sue diverse forme; menoavverte la finalità primaria delle im-magini sacre, di render visibile l’invi-sibile divino; meno la teologia e laspiritualità che le hanno ispirate;meno la risposta di pietà e di fedeche il popolo cristiano loro ha tribu-tato. Se l’informazione in materia sa-cra è declinata nella società, la reli-gione stessa è cambiata. Non solol’iconografia, ma gran parte dellapietà del passato è per noi una lin-gua morta».

Nella Parola dipinta Pozzi mostracome il libro diventi grazie all’utiliz-zo dell’immagine un vero dispositivoa più dimensioni. «Il rilievo del fat-tore iconico fa sì che il carme figura-to venga collocato volentieri su sup-

porti diversi dal libro tradizionale:più che nelle vesti di documentoscritto appare allora in quelle di do-cumento grafico. I moderni poemimurali non si diversificano taloradalla pubblicità; e uguale fu in altritempi la destinazione di quella poe-sia figurale che si accompagnavaall’emblematica e all’impresistica» fi-no a produrre vere e proprie imma-gini cinetiche, con un effetto otticodei giochi linguistici e iconografici,come nell’anagramma, quasi strobo-scopico. L’erudizione di Pozzi ciconduce in un viaggio attraverso laforma materiale e simbolica delle let-tere e dei segni grafici, mostrandocil’iconicità dell’alfabeto e la simbolo-gia dei numeri, richiamandosi alla

parliamo del visibile tramite l’invisi-bile, aprendo una dialettica dellacontraddizione per cui un’assenza sisottrae alla forma e alla presenza. Ilmeccanismo iconografico va oltrel’ambito strettamente letterario e in-veste l’uso dell’immagine nella pub-blicità e nella propaganda politica.«Il carme figurato come qui lo pro-pongo è un’entità composta da unmessaggio linguistico e da una for-mazione iconica, non giustapposti(come sono l’impresa e il fumetto)ma conviventi in una specie di ipo-stasi, nella quale la formazione ico-nica investe la sostanza linguistica.La lingua, pur producendo significa-ti a lei congeniali, viene usata comemedium per ottenere significati pro-dotti normalmente dall’altro ordine

senza richiamare — magari tramitegli indici della Patrologia Latina delMigne e i repertori mariani — gliscritti di Ruperto di Deutz. Comenon è possibile capire Piero dellaFrancesca senza l’esegesi biblica,l’oratoria sacra e la letteratura spiri-tuale. Il riferimento a Ernst Curtiuscome colui che ha inaugurato il di-battito moderno sul topos letterarioè esplicito nel contributo di Pozzialla Letteratura italiana di Asor Rosa(Einaudi, 1984, ora in Al t e r n a t i m ,Adelphi 1996). Lo spoglio infinitodei testi della Patrologia latina, sullabase di un tema, costituisce la ricer-ca delle pietre su cui poi si fondal’edificio dei suoi scritti: la ricercasui temi si situa al grado più bassodell’attività critico-letteraria. I temicomuni sono le pietre angolari e ilmateriale di ripieno della letteratura,indispensabile per coglierne la ripe-titività delle forme e dei contenuti, itopoi, e non solo il capolavoro delgenio.

Nel saggio Des fleurs dans la poésieitalienne ci fornisce una sintesi em-blematica sul topos che lo affascinòcostantemente, quello dei fiori, chediventano una delle chiavi per solca-re tutta la letteratura, da Francescod’Assisi a Montale, da Dante aD’Annunzio. Come sempre nel suometodo colpisce la capacità di indi-viduazione dei testi più disparati,l’intreccio tra letteratura e pittura, ecosì in questo saggio non mancano icollegamenti con la Primavera diBotticelli o l’Hypnerotomachia Poli-phili. Il tema ritorna in saggi comeRose e gigli per Maria. Un’antifonadipinta (ora in Sull’orlo del visibilep a rl a re , Adelphi). Il fiore diventaicona metafisica del mistero teologi-co e il particolare botanico si illumi-na di una densità filosofica: nell’al-ternativa tra il nucleo stabile e il co-rollario mobile si svolge la storia,fatta di presenze mai rimosse e ap-parizioni succedanee, dell’erbario de-dicato dalla letteratura spirituale aMaria. Il fiore, in questi discorsi,non era evocato di per sé, ma nelcorpo di un contesto dottrinale cheriguardava una questione teologica-mente fondamentale, quale il ruolodi Maria nel disegno della salvezza edi conseguenza la natura del suoculto, così la rosa e il giglio diventa-no i simboli che nella liturgia trasfe-riscono alla madre di Cristo il signi-ficato allegorico della sposa del Can-tico dei cantici, tradizionalmente asse-gnato alla Chiesa. Pozzi attacca im-mediatamente all’analisi erudita eteologica quella della pietà popolare,come quella del culto mariano o delSacro Cuore, ne mostra i repertoriche hanno raccolto secoli di devo-zione popolare come la Polyantheamariana del Marracci del 1683, il piùgrande repertorio di titoli mariani,senza dimenticare i testi di Riccardodi San Vittore o le prediche marianesulle allegorie floreali di Maximilianvan der Sandt. La rosa mystica vienecosì affiancata da Pozzi alla poesiadi Mallarmé e al manzoniano tacitofiore. Dell’intreccio tra botanica eteologia ci fornisce tavole sinotticheche racchiudono i diversi significatisimbolici di ogni fiore o pianta conle corrispondenze dei testi di riferi-mento, come nella Postilla sul fioremariano.

Ottavio Besomi ha riassunto sinte-ticamente il metodo di Pozzi. «Ilprocedimento generale è: lettura atappeto dei testi (letterari e non, ma-nuali, repertori); rilevamento pun-tuale di temi e topoi, fatti linguisticie stilistici affidati a una scheda car-

tacea; costruzione di uno schedario;poi il passaggio dalla scheda alloschema, dal dato singolo al catalogo,e dal catalogo al discorso organicoche descrive e interpreta».

Questo metodo Pozzi lo applicòin gran parte all’analisi della lettera-tura delle mistiche, argomento cheha attratto di più le scienze umane,la sociologia e la linguistica, o lapsicanalisi e la psichiatria come an-che la storia sociale, piuttosto che lateologia e la filologia, la primapreoccupata dal rischio dell’e re s i ache è sempre in agguato nei misticie la seconda — soprattutto la filolo-gia italiana — interessata più allaproduzione religiosa volgare del Duee Trecento dal punto di vista lingui-stico che al contenuto. «Lo sforzopiù ardito e vistoso per il gran pub-blico è quello compiuto dalla psica-nalisi, che considera la mistica comeuno dei modi più significativi concui l’uomo assume le finalità ultimedel desiderio».

Per Pozzi il mistico ha messo so-vente a dura prova il vocabolariocon cui il teologo lavora, abituatocom’è a collaudate distinzioni se-mantiche, mentre i mistici lo sotto-pongono al gioco crudele di far dire

1996). La dialettica del linguaggiodei mistici tesa a rendere presentecon le parole colui che resta sempreoltre e assente investe la psicologia,creando una «topografia dell’anima,che ha i suoi luoghi designati: unmare dove si sprofonda; un desertodove, derelitta, l’anima attende inva-no la voce dell’altro; una cavernadove si rintana. Sono i luoghi consa-crati dalla scrittura sacra per desi-gnare epifanie divine; ma sono ri-condotti a una topografia tutta nuo-va, che designa non i luoghi dell’im-maginario, ma una mappa dell’inte-riorità» delineando così una lessico-grafia della spiritualità. Tra il 1996 eil 1999 Giovanni Pozzi tiene alla Ra-dio della Svizzera italiana le L e t t u real caminetto, dedicate a chi desideraalimentare la propria educazionesentimentale. Mirabili le chiavi dilettura che sa dare in poche paginet-te di testi classici come quelle suL’elogio della follia di Erasmo, «untesto che va letto per diritto e perrovescio, con un continuo mutare diprospettiva, sempre diviso tra cando-re e malizia. Ci vuole un lettoresmaliziato, capace di leggere sulle ri-ghe e dietro le righe». Si tratta di unesempio di quella spinta pedagogicache lo ha caratterizzato, dedicandotanta parte della sua vita alla forma-zione di giovani studiosi a Friburgoe dedicandosi all’azione pastorale,fedele all’ideale di far coinciderel’umile e il sublime, facendo da cer-niera tra élite e popolo. Un saggiosulla religiosità di Carlo Porta (oranella raccolta Al t e r n a t i m , Adelphi) èl’occasione per Pozzi per dire la suasul divario tra cultura laica e cattoli-ca in Italia, richiamando il progettodi don Giuseppe De Luca nell’ In-troduzione all Archivio Italiano per lastoria della pietà, «una disciplina cheegli tentò di immettere nel vivo dellementi italiane, senza successo mi pa-re, poiché la diagnosi che fece a suotempo dell’atteggiamento italianoverso la pietà mi pare valida ancheper il presente». Quel vuoto non èstato ancora riempito, conclude Poz-zi con una critica serrata alle recentiimprese editoriali italiane sulla storiae la letteratura, precisando che nonvuole essere un attacco antilaicistaperché le lacune ora citate denotanoin controluce null’altro che la spa-ventosa assenza del clero dal vivodel dibattito culturale italiano e lafrattura insanabile fra cultura dei lai-ci e dei chierici. È invece una dimo-strazione della difficoltà che il no-stro presente colloquio deve affron-

alle parole ciò che letteralmente nondicono. Il suo lavoro di cura di vo-lumi dei testi delle mistiche italane èfondamentale, dall’antologia Scrittricimistiche italiane (Marietti, 1988), dalDuecento fino al Vaticano II, curatainsieme a Claudio Leonardi, alle mi-rabili introduzioni ai volumi su An-gela da Foligno e Maria Maddalenade’ Pazzi per la casa editrice Adel-phi. Si tratta di analisi complesse sullinguaggio mistico che nulla cedonoalle semplificazioni di tanta divulga-zione alla moda sulla spiritualità: «Illinguaggio dei mistici più che d’altriraggiunge le soglie estreme dellepossibilità linguistiche e le varca an-che, sprofondandosi per difetto nellaglossolalia e nelle voci inarticolate,tracimando per eccesso in giunturelessicali contraddittorie e in insiemisintattici discontinui — scrive Pozzinel saggio introduttivo agli scritti diMaria Maddalena de’ Pazzi, Le paro-le dell’estasi (Adelphi 1984) — I feno-meni trasgressivi dei mistici possonoessere descritti nel quadro dei tropiretorici, delle eccezioni grammaticali,degli artifici poetici» ma sono tuttipuntualmente stravolti rispetto allinguaggio ordinario, ed è per que-sto che «piaccia o no, il misticoavanza sull'orlo dell’eresia e sembranon avvertirne l’insidia» (L’alfabetodelle sante, ora in Al t e r n a t i m , Adelphi

tare. Il divorzio tra le culture dei lai-ci e dei chierici consumato in Italiaun secolo fa — e che fu oltre che spi-rituale anche politico — fu accentua-to «per via d’un dato non abbastan-za presente oggi alle due parti: lasoppressione delle facoltà di teologianelle università statali e la conse-guente avocazione della scienza divi-na ai seminari e istituti ecclesiastici,per cui il discorso telogico è diventa-to materia riservata».

L’Hypnerotomachia Poliphili, la bat-taglia d’amore in sogno di Polifilo,diario onirico del domenicano Fran-cesco Colonna, grandioso viaggiodell’anima rinascimentale verso ilpuro amore, costituisce una delle suegrandi imprese da editore di testi(l’altra sarà quella dell’Ad o n e delMarino). Il racconto del sogno diPolifilio «realizza precisamente unaconsustanziazione della parola nellafigura» (ora in Sull’orlo del visibilep a rl a re ). L’opera, punto di riferimen-to anche per il Palombara e la famo-sa Porta Magica di Roma, costitui-sce una summa della tradizione sim-bolica neoplatonica e medievale, col-ma di neologismi iconologici e ver-bali, sintesi di immagini e testo —con ben 171 disegni sparsi lungo ilracconto — finalizzata alla medita-zione e all’unione mistica amorosa.

virtualità iconica della lingua e dellascrittura di Mallarmé.

Nei carmi figurati la poesia inte-gra l’interpretazione del significatolinguistico con quella delle figureche intrecciano lettere e immagini,come nei numerosi calligrammi ana-lizzati — stelle, rose, cuori, labirinti,fatti di lettere dell'alfabeto e di versiintessuti in forma anche di quadrati,cerchi e losanghe — in particolarenel volume La parola dipinta — ri-chiamando l’opera di Panofsky cheriunisce attività filosofica e le arti deldisegno. Negli anagrammi e calli-grammi della poesia figurata operauna azione di esibizione e occulta-mento di matrice teologica, quelladel nome impronunciabile di Jahwè:«Un’intimità impenetrabile, miste-riosamente nascosta dietro il mutaredelle combinazioni. Questo dissol-versi del nome in altri nomi è con-giunto al fatto rilevante che il nome-programma di Jahwè è impronuncia-bile: cioè non si realizza mai nel suosignificante, ma solo nelle sue per-mutazioni. L’anagramma è veramen-te la figura dell’o ccultamento».L’immagine del libro della naturascritto da Dio eleva poi il carme fi-gurato a icona del cosmo intero, co-me insegna tutta la speculazione teo-logica dalla patristica alla scolastica.L’icona non è qui una variante dellasimilitudine ma si carica di un signi-ficato metafisico: essa ha luogoquando un uomo diventa uguale aun dio o a un angelo; con l’icona

di rappresentazione... Non è quindiuna semplice coabitazione, ma unasimbiosi». Il carme figurato e l’iconaaprono a una «storia della scritturacome regno dell’eccesso», dalla bat-taglia d’amore in sogno di Polifilo allinguaggio della magia, della follia edei mistici, fino a quello della lode edella visione divina: «Il lodante sitrova “dep ossessato” di sé, mentrenella visione si trova “imp ossessato”dall’altro», da quel Dio che lo con-duce fuori dalle regole linguistiche eletterarie, in quanto irriducibile aicodici umani, non a caso l’o s s i m o rosarà privilegiato dai mistici. Com-mentando La Madonna del parto eLa Pala di Brera di Piero della Fran-cesca, Pozzi scrive che «l’attestazio-ne verbale, orale e scritta, è solo unaspetto del fenomeno totale, che sicomponeva di parole e immagini, digesti e atteggiamenti. Una teologiadell’immagine affiancava perenne-mente la teologia della parola: predi-cazione, liturgia, pietà da una parte,arte dall’altra erano allineate in unaspecie di teoretorica. Questo sempli-cemente perché parola e immaginesono temi fondamentali della dottri-na cristiana... Nel Figlio parola e im-magine si ricongiungono. L’incarna-zione del Verbo è il fondamento teo-logico sul quale l’immagine trova lasua legittimazione accanto alla paro-la. San Giovanni Damasceno, inter-rogandosi sulla possibilità di raffigu-rare Dio invisibile, argomenta che,da quando l’incorporeo è diventatouomo e l’invisibile s’è fatto vederenella carne, raffigurando questa siraffigura l’invisibile e l’incorp oreo».Come una sorta di concordanza vi-vente — che richiama lo stile delle ri-cerche di Ernst Curtius — Pozzi neillustra le centinaia di rimandi allaletteratura, all’arte, alla pietà vissutae ne conclude che «esiste dunqueuna teologia sulle immagini e unateologia predicata dall’immagine».La Bibbia era il punto in cui tuttoconfluisce come fecondatrice di sensirinnovati nella parola e nell’immagi-ne, per cui l’atto dell’esegeta e delpredicatore e quello del pittore sifondono nell’interpretazione del da-to rivelato, così come quello del la-voro dell’iconologo con quello dellostorico della pietà. Per questo nonpossiamo comprendere l’“ovologiapierfrancescana” della Pala di Brera

Sandro Veronesi, con il romanzoIl Colibrì (La nave di Teseo, 2019),ha vinto l’edizione 2020 delPremio Strega. È la seconda voltache lo scrittore toscano siaggiudica il prestigiosoriconoscimento: la prima volta funel 2006 con Caos calmo. Prima dilui solo Paolo Volponi aveva vintodue volte: nel 1965 con Lamacchina mondiale e nel 1991 conLa strada per Roma.

Il Colibrì ha conquistato 200 votisuperando Giancarlo Carofiglio,autore di La misura del tempo(Einaudi) che ha ottenuto 132consensi. Al terzo posto ValeriaParrela con Almarina ( s e m p reEinaudi) che ha raccolto 86 voti.La giuria è stata presieduta daAntonio Scurati, vincitore l’annoscorso del premio con M. Il figliodel secolo (Bompiani).

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L’OSSERVATORE ROMANOsabato 4 luglio 2020 pagina 5

Non solopro creazione

Le molteplici forme della maternità

di GIORGIA SA L AT I E L L O

Un piccolo testo diCarla Canullo e Gio-vanni C. Pagazzi(Ma d r i , Bologna,Edb, 2020, pagine 88,

euro 8,50) offre lo spunto per qual-che riflessione che non intende, pe-rò, proporsi come una recensione,bensì come un approfondimento dialcuni punti che hanno richiamatoparticolarmente l’attenzione.

La prima suggestione viene pro-prio dal titolo che non si riferisce ingenerale alla maternità ma conestrema concretezza, alle madri,

di esistere: essere figlia è lo spazioprimordiale che consente poi che sisia madre.

In seconda istanza, il figlio èquello concretamente generato, alquale la donna fa posto nel propriocorpo, passando da una iniziale fu-sione e indistinzione ad una semprecrescente differenziazione che rag-giunge il suo vertice con la nascitache però nel tempo sarà seguita dasempre nuovi distacchi che realizza-no quel “lasciare andare” in cuiconsiste la genitorialità matura.

Vi è, infine, il figlio desiderato eimmaginato, ma mai nato, ovvero ilfiglio negato a coloro che non pos-

Il segreto di una buona madre

La forzadi un sorriso

Essere madre— ricorda il filosofo Silvano Zucal —non è un ruolo rigido e già definitoma un legame relazionaleche oggi richiede nuova attenzione

sono procreare e qui al centro vi èil dolore per un desiderio che nontrova compimento sul piano biolo-gico, lasciando però il campo aper-to per un’altra umanissima opzione,cioè l’adozione.

Ci si può chiedere, a questo pun-to, chi sia realmente la madre epossono essere fornite molteplici ri-sposte che emergono anche nel li-bro considerato e tra le quali ora sene privilegiano due.

Da una parte, infatti, la madre ècolei che è affidabile e garantisce,prima fisicamente, poi psicologica-mente e spiritualmente, la vita delfiglio, fornendogli un insostituibilemodello di rapporto creativamentecostruttivo che, nella vita, sarà inseguito costantemente ricercato.

D’altra parte, la madre è la de-tentrice di un enorme potere (equesto spiega perché, nel passato,la figura della donna sia stata temu-ta, cercando in tutti i modi di as-soggettarla) che è la scaturigine diqualsiasi potere il figlio possa impa-rare a sua volta ad esercitare: nelbene o nel male.

Ponendo l’accento esclusivamen-te sulle madri, si rischierebbe, però,di ignorare un dato fondamentaledell’esperienza di una donna con ilfiglio, ovvero quello che il loro rap-porto nasce e si sviluppa all’internodi un’altra relazione che lo precede,cioè quella della coppia.

L’essere madre della donna rin-via, quindi, immediatamente all’es-sere padre dell’uomo, con la consa-pevolezza, però, che la loro comunegenitorialità è fondata su di un al-tro amore che essa non deve esauri-re o riassorbire.

Quello che qui si è scritto sullemadri e anche tutto quello che èespresso nel libro che fornisce lospunto è, tuttavia, solo una piccolaparte di quello che si potrebbe diresulle madri, ma sorge ora un’altraesigenza, ovvero quella di dedicare,in altra sede, un’analoga attenzioneai padri che, come si sa, vivono og-gi la loro paternità sovente tra in-certezze e mancanza di saldi puntidi riferimento.

Questo auspicabile approfondi-mento potrebbe aiutare molto siasul piano della conoscenza che suquello, urgente e di primaria rile-vanza, di fornire un supporto a chi,nel nostro mondo, non intende ri-nunciare a essere madre o padre.

cioè alle donne che, incarne e ossa, vivonoquest’esperienza chenon si realizza solonella procreazionebiologica.

La questione che sipone, quindi, non ètanto cosa sia la ma-ternità, ma cosa signi-fichi viverla, nellemolteplici forme in cuiessa può darsi. Il pas-so immediatamentesuccessivo, apparente-mente ovvio, ma, ineffetti, denso di impli-cazioni, è quello di ri-levare che, se ci sonomadri, ci sono figli equesto comporta cheuna madre non possamai essere consideratacome una monade iso-lata, ma sempre in uncontesto relazionale.

Il figlio a cui la ma-

Cinque anni dalla morte di padre Silvano Fausti

La dimensione contemplativa della vita

Una presenza discreta ma imponentetra le pieghe della città di Milanosilenziosamente affamatadella parola di Dio

Gustav Klimt, «Le tre età della donna»(1905, particolare)

Padre Silvano Fausti

di SERGIO MASSIRONI

Cinque anni volano via, in unametropoli frenetica come Mila-no. Eppure, complice forse lasosta imprevista cui la pandemiaci ha costretti, la memoria di

padre Silvano Fausti risulta particolarmenteviva tra i molti che lo hanno più o meno di-rettamente conosciuto.

Il biblista gesuita, confessore e guida spi-rituale del cardinale Carlo Maria Martini,ha lasciato ben oltre i confini del capoluogo

lombardo una traccia che la complessità delnostro tempo rende più luminosa. In effetti,l’esperienza di spaesamento che l’irromp eredell’imprevedibile ha provocato accentua orala ricerca collettiva di punti di riferimento.La morte di padre Fausti, all’inizio dell’esta-te 2015, possiamo dire abbia coronato unapresenza discreta, ma imponente, tra le pie-ghe di una città silenziosamente affamata diparola di Dio.

L’aveva intuito bene proprio il cardinaleMartini, entrando venticinque anni primacome vescovo a Milano a piedi, col solo

vangelo in mano, e proponendo «la dimen-sione contemplativa della vita» quale priori-tà pubblica contro l’ubriacatura del fare. Ilconfratello Fausti doveva in tal senso rap-presentare, senza alcuna strategia mondana-mente programmata a tavolino, la concretiz-zazione di quell’anelito a una profonditàpossibile anche in un’epoca che qualcunodice post-cristiana. La cascina di Villapizzo-ne, segno inequivocabile nella periferia me-tropolitana dell’avanzata irreversibile dellamodernità, divenne luogo di una disconti-nuità preziosissima. Al suo interno, il picco-lo nucleo di una Compagnia di Gesù spo-gliata dei linguaggi della forza e ben inte-grata con la vita familiare di laici alla ricercadi nuovi modelli di condivisione dava formaa un cristianesimo capace di reinterpretarsialle soglie del terzo millennio.

Oggi di padre Fausti si ricordano soprat-tutto le parole, specie quelle trascritte neisuoi libri: il semplice accostarle lascia emer-gere un accento e un timbro singolari percui le idee riprendono corpo, consistenza,storicità. Come nella Bibbia, in cui la Parolaè densa di vita e di realtà, così nella predica-zione di Silvano e nel suo accompagnareuna ad una tante persone la complessità èaccolta in tutte le sue sfumature e lo Spiritoillumina la carne di particolare grazia. Così,nel seno di un cattolicesimo strutturato e unp o’ sicuro di sé, la via biblica proposta daFausti col metodo della lectio divina e il di-scernimento ignaziano ha reso possibili per-corsi e guadagni inediti, il cui carattere pro-fetico si coglie meglio oggi, a distanza ditempo. All’esercizio del culto che diventaazione sociale e moralità, il vortice del No-vecento chiedeva di accostare non semplice-mente nuove forme di pietà, ma un ritornoalle fonti, alle domus ecclesiae in cui la rivela-zione evangelica esercitò il suo impattosull’impero romano in crisi, generando strut-ture mentali e sociali inedite. Una rivoluzio-ne gentile cui i primi e di fatto programma-

tici libri di Fausti – Lettera a Sila, Elogio delnostro tempo, L’idiozia — rinviano con estre-ma chiarezza.

In uno dei suoi testi si trova incastonataquesta citazione di Paolo VI, mai dimentica-to a Milano come il Montini della Missionecittadina del novembre 1957: «Avremo nellavita della Chiesa un periodo di maggior li-bertà, cioè di minori obbligazioni legali e

minori inibizioni interiori. Sarà ridotta la di-sciplina formale, abolita ogni arbitraria in-tolleranza, ogni assolutismo. Sarà semplifi-cata la legge positiva, temperato l’e s e rc i z i odell’autorità, sarà promosso il senso di quel-la libertà cristiana che tanto interessò la pri-ma generazione dei cristiani, quando si sep-pe esonerata dall’osservanza della legge mo-saica». Padre Fausti avvertì che oggi «il cre-dente si chiede in modo particolare “che fa-re ”, perché si sente chiamato ad onorare in-sieme sia il passato che il futuro, la cui con-ciliazione non è mai scontata. Davanti allamodernità, a maggior ragione, si interrogasu come viverla secondo lo Spirito che ha ri-cevuto».

Cinque anni dopo la sua morte non sipuò parlare quindi di una scomparsa, sem-mai della vicinanza di un testimone la cuilucidità ci ammonisce ancora: «Il profeta siavolto al futuro, ma rispetti la realtà e i suoitempi; l’apparato istituzionale sia pure rivol-to al passato, ma non si opponga troppo alregno di Dio che viene».

Pubblichiamo la prefazione al libro «Madri» diCarla Canullo e Giovanni Cesare Pagazzi uscitoper le Edizioni Dehoniane (Bologna, 2020, pagine88, euro 8,50).

di LUCIA RODER

Faticosamente, i penitenti del P u rg a t o -rio di Dante salgono la montagna permeritare la purificazione: attraversanogli spazi dei sette peccati capitali escoprono sette esempi di virtù grazie a

Maria, unica figura presente in ogni zona. Attra-verso le parole di Luca e di Giovanni, Maria vie-ne raccontata mentre accoglie la sorpresa annun-ciata da Gabriele, accetta come casa il rifugio diBetlemme, dà fiducia a Gesù tra i dottori delTempio e alle nozze di Cana. In ogni occasioneMaria aiuta il figlio a diventare se stesso e i pec-catori pentiti a trovare la via del cielo.

Le parole di Dante intorno a Maria sono unbuon esempio delle riflessioni proposte da CarlaCanullo e da don Giovanni Cesare Pagazzi. Ma-ria è infatti una madre affidabile, rassicurante,paziente; possiede insomma molte delle qualitàsu cui hanno dialogato i relatori della «Cattedradel confronto 2018», un’iniziativa che l’arcidio ce-si di Trento, in collaborazione con alcuni docen-ti dell’ateneo cittadino, propone con successo al-la cittadinanza ormai da più di un decennio.

La forza di Maria consiste soprattutto in unaserie di rapporti autentici e perciò complessi (ol-tre che con il figlio, anche con Giuseppe, Giuda,Pietro e altri) che hanno trovato nuova voce nelbel romanzo Lei di Mariapia Veladiano. Perchéessere madre — ricorda il filosofo Silvano Zucal— non è un ruolo, cioè qualcosa di rigido e già

rorista; la figlia cresce con il padre, Nicola, e conl’affetto della famiglia paterna, e riesce a recupe-rare la relazione con la madre quando diventaadulta. Certo, si tratta di un caso limite, ancheperché presenta una figlia che «educa» la madreagli affetti. Eppure — ammette la psicologa Sil-via Vegetti Finzi — essere madre oggi è un pro-getto difficile da inscrivere nella biografia fem-minile e nella trama sociale. Ecco perché, difronte a questo “imp ensato” della nostra epoca,si può perfino pentirsi — ha precisato nel 2016 lasociologa israeliana Orna Donath. Assurdità?Non proprio, anche a riflettere su due madri disuccesso come Lenii e Lila, le protagoniste delciclo di Elena Ferrante iniziato con L’amica ge-niale nel 2011; la prima è una scrittrice che ab-bandona due figlie piccole per scappare in Fran-cia con un amore ritrovato; la seconda, un’im-prenditrice che smarrisce una figlia mentre chiac-chiera con un amore giovanile.

Eppure le cose possono anche andare diversa-mente. Ancora una volta la letteratura e il cine-ma narrano un caso estremo: il romanzo Roomdella scrittrice irlandese Emma Donoghue (2010)e il film omonimo diretto da Lenny Abrahamson(2015) raccontano la storia di Joy, una giovanedonna, rapita, violentata e rinchiusa in una stan-za (ro o m , appunto) dove dà alla luce Jack, riu-scendo ad amarlo e proteggerlo nonostante tut-to. Grazie a lei il piccolo Jack trova il coraggiodi liberare se stesso e la madre. Incredibile? Per

nulla: si tratta della rielaborazione di un fatto dicronaca accaduto in Austria tra il 1984 e il 2008.E di un esempio straordinario di maternità comedono della vita a tutti i costi.

Forse proprio l’accompagnamento versoun’identità lontana (anzitutto dalle proprie fan-tasie), flessibile e resiliente, è la sfida più difficileper ogni madre, anche per quelle metaforiche(madre patria, madre lingua, madre Chiesa, im-pegnate oggi a seguire con attenzione il risorge-re dei fanatismi) o comunque non legate allabiologia.

Al proposito due altre immagini conclusive,prima di leggere i saggi illuminanti di Canullo ePagazzi: da una parte Ada, l’anziana insegnantedi latino del film Mia madre di Nanni Moretti(2015), ricordata da una ex studentessa come co-lei che «ha insegnato la vita più che le materie»e che perciò è «rimasta dentro» come figura ma-terna; dall’altra parte madre Teresa di Calcutta,modello di un amore senza distinzioni di lingua,cultura, razza o religione, che ha affermato:«Forse non parlo la loro lingua, ma posso sorri-d e re » .

Ecco, probabilmente è questo il segreto di unabuona madre: sapere sorridere, cioè comunicareche vale sempre la pena credere in un futuro po-sitivo. «Mamma a che stai pensando?», doman-da la figlia Margherita alla madre anziana e ma-lata nel film di Nanni Moretti. «A domani», ri-sponde Ada con un accenno di sorriso.

definito, ma un legame relazionale che oggi ri-chiede nuova attenzione.

Possiamo ad esempio interrogarci sulla mater-nità come sorpresa (è ancora così?) e come ri-nuncia a una vita autocentrata (ne siamo capa-ci?). O chiederci quanto ci riconosciamo nelle«madri Narciso» di cui ha parlato Massimo Re-calcati. Senza dubbio, dagli anni Settanta delNovecento, l’identità materna si ridefinisce, an-che a causa dei referendum sul divorzio (1974) esull’aborto (1981). A ben vedere le cause sonomolteplici, come suggerisce il film La meglio gio-ventù di Marco Tullio Giordana (2003): Giuliaabbandona la piccola Sara per diventare una ter-

dre deve essere riferita può essereinteso in tre differenti accezioni. Inprimo luogo, ogni madre può esse-re tale solo in quanto, a sua volta, èfiglia, cioè generata da chi si è resadisponibile ad accogliere la sua vi-ta, dandole l’origine e la possibilità

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 sabato 4 luglio 2020

Lettera del patriarca caldeo Sako in occasione della festa di san Tommaso apostolo

Nelle sofferenzefedeli a Cristo

BAGHDAD, 3. «La nostra Chiesa rimarrà fermanella sua missione e nel suo servizio perché portanel suo corpo le sofferenze di Cristo procurate dapersecuzioni e martiri»: è quanto scrive in unalettera rivolta ai fedeli, in occasione della festadel patrono san Tommaso apostolo, il patriarca diBabilonia dei Caldei, cardinale Loui Raphaël Sa-ko. Il porporato nel ribadire l’impegno dellaChiesa caldea nella missione e nel procedere «alleriforme necessarie preservando l’autenticità dellanostra tradizione di 2000 anni» ha sottolineatoche la «Chiesa continuerà ad essere la voce deisuoi cittadini nelle attuali difficili circostanze,specialmente di coloro che rimangono qui inIraq, patria della loro identità».

Nel documento, il cardinale ha puntato l’atten-zione sull’importanza della fede che deve essereconsapevole e profonda e che «ci permette di col-tivare la speranza nei nostri cuori, nonostantesentimenti di stanchezza. Essa rafforza il nostroservizio, qualunque siano le difficoltà e le sfide edi fronte a qualunque tentativo delle forze delmale di creare confusione e divisione attraverso i

social media». «Tempeste che — ha rimarcato ilpatriarca di Babilonia dei Caldei — non mi dis-suaderanno dal continuare la mia missione e ilmio servizio con onestà, pazienza e perseveran-za».

Inoltre, il cardinale Sako, nella lettera, esorta«i cristiani di tutte le Chiese e nazionalità a pre-gare e a unire gli sforzi per migliorare le condi-zioni di coloro che rimangono in Iraq, adoperarsiper il rispetto dei loro diritti, della loro rappre-sentanza, sicurezza e stabilità». Di qui, l’app ellorivolto a tutti gli i cristiani iracheni a essere «fi-duciosi e coraggiosi» e a «sostenere la Lega Cal-dea, nata cinque anni fa proprio il 3 luglio», inoccasione della festa del santo patrono. «Esortotutti i caldei — scrive il patriarca — a collaborarecon essa e a sostenerla moralmente e finanziaria-mente affinché possa svolgere la sua missioneumana, sociale e culturale. La dottrina caldea ècattolica — ricorda il porporato — l’identità dellasua gente è caldea».

Il cardinale, chiudendo la lettera, informa che«a causa della pandemia di covid-19 il Sinodo

caldeo è stato rinviato a data da destinarsi. Spe-riamo che presto si possa tornare alla normalità».

Il patriarca di Babilonia dei Caldei ha anchediffuso un altro messaggio, sul sito del patriarca-to, dove ha ricordato «le molteplici sfide» che so-no costretti ad affrontare i caldei a Teheran, laprima delle quali è l’emigrazione. Un tempo — haricordato il cardinale Sako — erano almeno 15.000i caldei nella Repubblica islamica, adesso sonosolo 4.000 fra Teheran e Urmia, e il dato è preoc-cupante. «Per arginare l’esodo e rafforzare la real-tà locale — ha proseguito il porporato — abbiamobisogno di un clero locale che conosca le perso-ne, la cultura e la lingua» rafforzando al contem-po «le vocazioni, che sono poche». I cristiani,come il resto della popolazione, «sentono moltol’isolamento» per questo «dobbiamo pensare aloro come popolo». La loro forza, conclude il pa-triarca Sako, «deriva dalla loro fede, dal legamecon il Vangelo che per loro rappresenta un teso-ro. La loro fede è profonda ed è il segno più tan-gibile di speranza; la soluzione arriverà, bisognasolo aspettare e pregare».

Sono 1,6 milioni gli sfollati interni iracheni

Profughi nel proprio Paesedi FRANCESCO RICUPERO

Sono chiamati Internal Displa-ced People (Idp), profughi co-stretti ad abbandonare le loro

case, ma che restano nella proprianazione. In Iraq sono 1,6 milioni iprofughi interni, costretti a fuggire acausa del sedicente Stato islamico(Is) che nel 2014 conquistò la cittàdi Mosul e la Piana di Ninive, gene-rando all’apice del conflitto circa 6milioni di sfollati. Sono persone chehanno paura a tornare nelle loro ca-se, se ancora esistono, e che a faticaimmaginano un futuro felice. Èquanto emerge dal dossier Sfollati.Uomini, donne e bambini profughi nelproprio Paese pubblicato pochi giornifa da Caritas italiana, con un focusspecifico dedicato alla situazionedell’Iraq, dove l’ente caritativo so-stiene da anni interventi in favoredegli sfollati ed altre fasce vulnerabi-li della popolazione, in collaborazio-ne con Caritas Iraq e diverse realtàdella Chiesa locale. Ed è proprioagli sfollati interni che Papa France-sco ha scelto di dedicare la 106ªGiornata mondiale del Migrante edel Rifugiato, che si celebrerà ilprossimo 27 settembre dal titolo:«Come Gesù Cristo, costretti a fug-g i re » .

Durante gli ultimi 40 anni glisfollati iracheni hanno subito 4 guer-re, 10 anni di embargo, 8 anni di oc-cupazione militare e 9 anni di terro-rismo interno sfociato in una vera epropria guerra civile, non ancora deltutto sopita. Il 78 per cento dei pro-fughi interni vive lontano dalla pro-pria casa da almeno 3 anni, e il ritor-no verso i territori di origine è ral-lentato, soprattutto lo scorso anno, acausa dell’insicurezza politica e so-ciale, della scarsità dei servizi di basee della mancanza di opportunità la-vorative.

Se il 90 per cento degli sfollati in-terni nel mondo ha dovuto abban-donare la propria casa per conflittiarmati e violenze, il restante 10 percento si è dovuto spostare a causa didisastri ambientali. Al riguardo,l’Iraq — rileva il dossier — vive unduplice flagello ambientale, rappre-sentato da inondazioni e siccità: sele prime hanno interessato la granparte dei territori limitrofi al corsodel Tigri e dell’Eufrate dando luogonel 2019 a 37.000 nuovi sfollati, lasiccità legata soprattutto all’assenzadi infrastrutture adeguate ha costret-to circa 34.000 persone a lasciare le

proprie case. Molti contadini e pa-stori scelgono di abbandonare la ter-ra per tentare fortuna nelle grandicittà, alimentando il fenomeno delle“gentrification”, che nell’ultimo de-cennio ha determinato un’imp ennatadell’urbanizzazione della città diBassora e della sua popolazione. Apeggiorare la situazione anchel’emergenza sanitaria provocata dalcovid-19 la cui diffusione ha genera-to un vulnus dentro la crisi, metten-do a nudo le debolezze della politi-ca e di una società fatta di disugua-glianze.

Secondo uno studio dell’Unescosul mercato del lavoro si evince chedue terzi dei lavoratori iracheni tro-vano impiego nel settore informale,che corrisponde al 99 per centodell’economia privata. Non è quindidifficile immaginare come il lock-down abbia impattato con violenzauna società già indebolita. Oltre trequarti degli Idp sono sfollati da piùdi 3 anni e aspettano una soluzionedurevole che permetta loro di rico-minciare una vita stabile.

Secondo i dati raccolti dall’Inter-nal Displacement Monitoring Centre(Idmc) delle 462.000 persone chenel 2019 hanno scelto di rientrarenelle proprie case, 456.000 vivono inuna condizione di sicurezza parziale,mentre le restanti 6.000, nonostantegli sforzi messi in atto per ricomin-ciare una vita dignitosa, sono nuova-mente ricaduti nella condizione disfollati

Recentemente, è stato sviluppatoun “indice dei ritorni” re l a t i v oall’Iraq, una scala che aiuta a com-prendere le priorità, ma anche gliostacoli che le persone sfollate devo-no affrontare e valutare nella deci-sione di ritornare presso la propriaterra. Ne emerge che la distruzionedelle case è il principale ostacolo ariprendere la vita, lì dove è stata ab-bandonata. Infatti, quelle aree dovealmeno la metà delle abitazioni sonostate distrutte, hanno una probabili-tà 15 volte inferiore rispetto ad altriterritori in cui l’alloggio è rimastorelativamente intatto. La disoccupa-zione rappresenta un altro importan-te fattore di valutazione. Le famigliesono 10 volte meno propense a tor-nare in quelle terre dove i residentifaticano a trovare un lavoro rispettoa quei luoghi, città, paesi dove inve-ce si registra un buon tasso di occu-pazione. Altro significativo ostacoloè dato dalla presenza di gruppi ar-mati, fautori di continue violenzeche scoraggiano i ritorni degli origi-nari abitanti. Solo attraverso la rico-struzione di un’armonia solidale fra itanti volti, le tante etnie, che rendo-no così ricca la terra del Tigri edell’Eufrate, sarà possibile realizzareun antidoto contro la riemersionedelle violenze e garantire la stabilitàdel governo. Basti considerare che idanni subiti dal governo di Baghdada causa dell’invasione del califfatoammontano a circa 45,7 miliardi didollari.

Nel sud dell’Iraq, nei governatora-ti di Bassora, Misan e Thi-Qar, ilcrescente degrado ambientale, ali-mentato dall’inquinamento delle ac-que e dagli effetti del cambiamentoclimatico, spinge sempre più personea lasciare i propri villaggi alla ricercadi un futuro migliore. La terra arabi-

le è sempre meno, i contadini sonosempre più dipendenti dalle piogge(scarse) per coltivare i propri campie anche gli allevatori hanno soffertole conseguenze di questa situazione.

Secondo un recente reportdell’Ufficio delle Nazioni Unite perle emergenze umanitarie, Ocha,emerge che nel 2020 l’Iraq è statoclassificato come Paese ad alto ri-schio di catastrofe umanitaria. Lepersone in stato di bisogno sono 4,1milioni (il 67 per cento della popola-zione), di cui 1,77 (cioè il 29 per cen-to della popolazione) in un bisognodefinito come “acuto”. Si tratta inmassima parte, 1,5 milioni di perso-ne, degli sfollati interni a causadell’invasione dell’Is e della guerradi liberazione iniziata nel 2017, fami-glie che vivono da sfollati ormai dapiù di cinque anni.

Caritas Iraq da decenni lavora asostegno diretto degli sfollati internidei vari conflitti. In particolare,nell’Anbar, Caritas Iraq lavora indue campi profughi, nei pressi diFallouja, dove assiste 6.735 personecon generi di prima necessità, attivi-tà educative e ricreative.

Secondo l’esperienza e i dati rac-colti, una famiglia che vive nellecondizioni di sfollato interno deve

fronteggiare ogni giorno innumere-voli problemi, di breve e lungo pe-riodo, riconducibili principalmentediverse categorie di bisogno, la pri-ma di natura materiale: si tratta difamiglie che sono state costrette a la-sciare improvvisamente le proprie ca-se, portando con sé il minimo indi-spensabile, a volte solo quello cheavevano indosso. Per questo le ne-cessità materiali sono totali: hannobisogno semplicemente di tutto.Nell’immediato servono generi diprima necessità, alloggio e spessocure mediche, mentre nel medio pe-riodo si manifesta il bisogno di ser-vizi educativi, orientamento sociale,avviamento al lavoro o alla piccolai m p re n d i t o r i a .

Il secondo fattore che giace allabase dei bisogni degli sfollati interniriguarda la sfera sociale e psicologi-ca. Si tratta di persone, soprattuttobambini e giovani donne, fortementetraumatizzati dagli eventi subiti, dal-la violenza, dal lutto, che si ritrova-no improvvisamente in una regioneche spesso non conoscono, speri-mentando situazioni di povertàestrema a cui non erano abituati.Questo trauma si riflette nell’imme-diato sui più piccoli e sui vulnerabi-li, ma nel medio-lungo periodo coin-

volge tutta la popolazione, innescan-do patologie anche negli adulti, qua-li depressione e dipendenze, chepossono avere conseguenze deva-stanti sulla salute della famiglia, co-me povertà e violenza domestica.

In ogni caso una vera riconcilia-zione dell’Iraq, come più volte riba-dito anche dal patriarca di Babiloniadei Caldei, cardinale Louis RaphaëlSako, si potrà ottenere in particolare

L’allarme di Caritas Bangladesh

La pandemia aggrava le difficili condizioni dei rohingya

soltanto grazie a un dialogo internoalle comunità e rivolto, al tempostesso, a un confronto con etnie di-verse per sanare ferite che difficil-mente smetteranno di bruciare. Ilrientro degli sfollati non è quindiuna questione puramente umanita-ria: è fra la posta in gioco nel futuroassetto geopolitico dell’Iraq ed ele-mento discriminante della sua stabi-lità.

DACCA, 3. «Una delle misure essen-ziali per prevenire la diffusione delcoronavirus è il distanziamento so-ciale. Ma se vivi in un campo pro-fughi, lo spazio necessario al distan-ziamento è un lusso»: è quanto so-stiene Inmanuel Chayan Biswas, re-sponsabile della comunicazione delprogramma per la comunità rohin-gya di Caritas Bangladesh.

Nei campi profughi del Paeseasiatico, gli appartenenti alla comu-nità rohingya non devono soltantoaffrontare la sfida di vivere in allog-gi sovraffollati con dieci o più per-sone in una stanza, ma sono co-stretti anche ad usare servizi igienicie impianti idrici comuni. Non pos-sono mantenere le adeguate distan-ze sociali, né rispettare le misure

igieniche che rappresentano unaprevenzione molto efficace contro ladiffusione del coronavirus. Secondoi dati forniti dalla John HopkinsUniversity, i contagiati in Bangla-desh sono più di 150.000, mentre idecessi hanno superato i 1.900.

Senza contare che la tragica pan-demia in atto è soltanto una dellenumerose emergenze che segnano laloro vita. «Le persone rohingya chevivono nei campi profughi in Ban-gladesh — dichiara Biswas a CaritasInternationalis — sono quattro voltevittime. Sono vittime dello sradica-mento violento e traumatico dallaloro terra natale, il Myanmar; vitti-me di emergenze sanitarie quali dis-senteria e vaiolo; vittime delle ripe-tute emergenze climatiche che si ve-

rificano quando i cicloni colpisconoil Bangladesh. E ora sono anchevittime della pandemia globale chesi sta abbattendo sul Paese».

Il primo caso di covid-19 neicampi dei rohingya è stato riscon-trato il 14 maggio scorso. Al 21 giu-gno si era registrato un totale di 4morti e 45 casi confermati di covid-19 tra la popolazione rohingya.

«Tuttavia — puntualizza Biswas —non sappiamo quanto siano precisiquesti numeri in quanto vi è una to-tale mancanza di competenza neicentri che effettuano i test. Inoltre,considerando le dimensioni dellapopolazione, le strutture medichepresenti nei campi rohingya non so-no sufficienti e assicurano soltantole cure di base».

Il governo del Bangladesh ha li-mitato le attività nei campi dal 25marzo scorso. Inizialmente, i rohin-gya che erano gravemente malati dicovid-19 venivano indirizzatiall’Ukhiya General Hospital o alCox’s Bazar Medical College. Ades-so, non è più possibile perché que-sti ospedali hanno già gravi difficol-tà nell’assistere la popolazione loca-le.

A peggiorare il quadro è anche ilfatto che le persone che vivonoall’interno dei campi non sono ade-guatamente informate in merito alcoronavirus e al rischio di contagio.Pertanto Caritas Bangladesh sta di-stribuendo a migliaia di persone intutto il Paese, e specialmente neicampi di Cox’s Bazar, materiale in-formativo sulla prevenzione e altempo stesso kit per l’igiene perso-

nale. Sono state inoltre installatepostazioni per il lavaggio delle ma-ni in alcuni luoghi comuni e accan-to ai servizi igienici. «Le persone —aggiunge Biswas — sanno che devo-no lavarsi le mani frequentemente,ma una grande sfida è la scarsa di-sponibilità di acqua e strutture igie-nico-sanitarie all’interno del cam-p o».

Nel frattempo, forti piogge sistanno abbattendo sui rifugi, ren-dendo ancora più impraticabili levie di accesso ai campi e costringen-do i rifugiati a percorrere diversestrade, con un conseguente aumen-to dei casi di aggressioni e di abusisessuali. Inoltre, la preparazione an-nuale alla stagione dei monsoni neicampi è stata resa più difficile que-st’anno dalla diffusione e dai rischiposti dalla pandemia. Di qui, l’ap-pello del responsabile della comuni-cazione del programma per la co-munità rohingya di Caritas Bangla-desh, affinché la comunità interna-zionale presti «attenzione alla diffi-cile situazione della comunità rohin-gya. Queste persone devono avere ildiritto a vivere con dignità. ComeNur, 12 anni, che ha diritto aun’istruzione nella sua lingua madree a vivere nella sua terra natale.Oppure Jubayer, 72 anni, che ha ildiritto di morire nella propria patriae di essere sepolto con altri membridella sua famiglia. Mentre l’ennesi-ma tragedia si abbatte su questepersone vulnerabili — conclude Bis-was — dobbiamo lavorare a tutti ilivelli per garantire la fine delle loros o f f e re n z e » .

Lutto nell’episcopato

Monsignor Teodoro Enrique PinoMiranda, vescovo di Huajuapande León (Messico), è morto, gio-vedì pomeriggio 2 luglio. Il com-pianto presule era nato a Cucur-pe, in diocesi di Sonora, il 1° di-cembre 1946 ed era stato ordinatosacerdote il 2 aprile 1972. Elettoalla Chiesa residenziale vescoviledi Huajuapan de León il 2 di-cembre 2000, aveva ricevuto l’or-dinazione episcopale il 31 gennaio2001.

Mosul, l’interno della chiesa di San Tommaso apostolo devastato dall’Is

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L’OSSERVATORE ROMANOsabato 4 luglio 2020 pagina 7

In un’unica comunità cristiana

Guardare la personacome la guarda Dio

di MAT T E O MARIA ZUPPI

Papa Francesco in Amoris laeti-tia, e successivamente il Sino-do dei giovani nel Documen-

to finale, sintesi molto equilibrataed esigente, invita i sacerdoti, e tuttiquelli che seguono pastoralmente lepersone, ad accompagnare tuttiquanti a conoscere e realizzare pie-namente la volontà di Dio nella lorovita. Se leggiamo tutta l’esortazione,e in particolare il capitolo 8, ci ren-diamo conto che questo invito è pertutti, non solo per le persone omo-sessuali. Il Papa, e la Chiesa con

lui, non è interessato a portare lepersone a osservare delle regoleesteriori, per quanto buone in sé eopportune. Il suo interesse è di aiu-tare le persone a fare la volontà diDio; cioè entrare in relazione perso-nale con Dio, e da Lui ascoltare laParola opportuna per la vita di cia-scuno. Infatti, ciascuna persona po-trà realizzare questa Parola di Dio —unica per tutti — nella pienezza chele è propria; quella pienezza possi-bile iscritta nella propria natura esoprattutto nella propria storia.

Quella di Dio, infatti, è una Vo-lontà incarnata nella storia dellapersona, è la Sua volontà che com-

pie la nostra. Non dobbiamo quindirelativizzare la legge, ma renderlarelativa alla persona concreta, con lesue specificità. La pienezza della vo-lontà di Dio per una persona non èla stessa per altre. Ciò che è vera-mente disatteso dalle nostre comu-nità, in fondo, è l’ascolto profondodella persona nelle sue situazioni divita; non guardiamo la persona co-me la guarda Dio, in modo unico, eper questo non siamo capaci di ac-compagnare le persone a trovare lapropria e originale pienezza di rela-zione con Lui. Quando nelle nostrecomunità cominceremo davvero aguardare le persone come le guarda

Chiesa e omosessualità

Dodici interviste ad altrettanti teologi, studiosi di scienze umane,operatori pastorali, per definire meglio cos’è l’omosessualità per laChiesa di oggi, ricordando quanto Papa Francesco ribadisce inAmoris laetitia (250) e cioè che «ogni persona, indipendentementedal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità eaccolta con rispetto, con la cura di evitare “ogni marchio di ingiustadiscriminazione” e particolarmente ogni forma di aggressione eviolenza»; attenzione che si estende alle loro famiglie a cui vaassicurato «un rispettoso accompagnamento, affinché coloro chemanifestano la tendenza omosessuale possano avere gli aiutinecessari per comprendere e realizzare pienamente la volontà di Dionella loro vita». Chiesa e omosessualità, di Luciano Moia,coordinatore redazionale del mensile di «Avvenire» “Noi famiglia &vita”, come recita il sottotitolo è Un’inchiesta alla luce del magistero diPapa Francesco (Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 2020, pagine206, euro 18). Inchiesta che lascia spazio anche alla testimonianza diun omosessuale credente per concludere come ci siano aspettiancora da approfondire affinché si concretizzi davvero un nuovoatteggiamento di responsabilità pastorale da parte di tutta lacomunità ecclesiale. Del libro pubblichiamo la prefazione, piùprecisamente le risposte dell’intervista fatta dall’autore al cardinalearcivescovo di Bologna.

Dio, allora anche le persone omo-sessuali — e tutti gli altri — comince-ranno a sentirsi, naturalmente, partedella comunità ecclesiale, in cammi-no.

Non c’è bisogno di una pastoralespecifica. C’è bisogno di uno speci-fico sguardo sulle persone; su ognipersona prima delle categorie. Dob-biamo fare attenzione a non definirele persone a partire da una loro ca-ratteristica — per quanto profonda-mente legata alla loro identità — madobbiamo guardare la persona inquanto tale; e come cristiani la dob-biamo guardare come figlia di Dio,nel pieno diritto, cioè, di ricevere,

sentire, e vivere l’amore di Dio co-me ciascun altro figlio di Dio. Lapastorale deve fare questo e soloquesto. Unica, unitaria deve esserela pastorale della comunità cristiana;essa deve aiutare le persone a vivereda figli di Dio in un’unica famigliadove ciascuno è simile ma diverso;dove la diversità di ognuno è undono per la ricchezza della comuni-tà, dove si vive la vera vocazionedella nostra vita che è essere suoi,santi.

Quali sono i rischi di un’integra-zione di tutti — persone omosessualicomprese — nella pastorale ordina-ria? Sono forse maggiori dei rischiche una famiglia corre nel cercare diintegrare creativamente le particolaridiversità (a volte molto “particola-ri”) di ciascun figlio? La vita dellacomunità e della famiglia è dinami-ca, spesso conflittuale; ma come sipuò esercitare la carità, l’amore diDio, se non viene messo alla provaanche dalla conflittualità?

La dottrina della Chiesa distinguetra orientamento e atti; ciò che nonpossiamo “a c c o g l i e re ” è il peccatoespresso da un atto. L’orientamentosessuale — che nessuno “sceglie” —non è necessariamente un atto. Inol-tre, esso non è separabile dall’identi-tà della persona; accogliendo la per-sona non possiamo prescindere dalsuo orientamento. Ma anche nel ca-so in cui una persona conduca unostile di vita contrario alla legge diDio, non dovremmo accoglierla?Cosa vuol dire accogliere? Vuol direforse giustificare? Se Gesù avesseavuto questo criterio, prima di en-trare nella casa di Zaccheo avrebbepreteso la sua conversione. Prima diaccompagnare la Samaritana al-l’adorazione di Dio in Spirito e Ve-rità le avrebbe chiesto di regolariz-zare la sua situazione matrimoniale.Gesù si è comportato così? Ma giu-stamente questo non significa cheuna certa “discriminazione” non sianecessaria, anzi è auspicabile: il “di-scrimine”, la “d i f f e re n z a ” cioè, chela persona — abbracciata dall’a m o redi Dio che non discrimina — riescea fare tra la sua vita di peccato esenza amore, e la sua nuova vita do-ve l’amore — quello vero, la carità diDio — trasforma la persona, le suerelazioni, e la sua esistenza.

Questo hanno fatto Zaccheo, laSamaritana e tanti altri, grazieall’amore senza condizioni di Dio.Egli ci trasforma facendoci speri-mentare il suo amore. E questo ciporta a comprendere e poter viverenella pienezza della legge: farsiamare da Lui e seguirlo.

L’indagine della Caritas italiana dopo il lockdown

Il nuovo volto della povertàROMA, 3. Il 34 per cento delle per-sone accompagnate e sostenute dal-la Caritas italiana durante il lock-down sono “nuovi poveri”, cioèpersone che per la prima volta sisono rivolte alle strutture ecclesialidi assistenza. Tuttavia, «piccoli se-gnali positivi» arrivano da più diun quarto delle Caritas diocesaneche con la riapertura hanno regi-strato un calo delle domande diaiuto. Sono alcuni dei dati cheemergono dalla rilevazione naziona-le condotta dal 3 al 23 giugno. L’in-dagine, attraverso un questionariostrutturato destinato ai direttori eresponsabili Caritas, ha approfondi-to vari ambiti: come cambiano i bi-sogni, le fragilità e le richieste inter-cettate nei centri d’ascolto e nei ser-vizi Caritas; come mutano gli inter-venti e le prassi operative delle Ca-ritas alla luce di quanto sta acca-dendo; qual è l’impatto del covid-19sulla creazione di nuove categoriedi poveri; qual è l’impatto dell’at-tuale emergenza su volontari e ope-ratori. I dati raccolti si riferiscono a169 Caritas diocesane, pari al 77 percento del totale. Dalle risposte par-ziali pervenute, risulta che quasi450.000 persone sono state accom-pagnate e sostenute da marzo amaggio, di cui il 61,6 per cento ita-liane. 92.000 famiglie in difficoltàhanno avuto accesso a fondi dioce-sani, oltre 3.000 famiglie hannousufruito di attività di supporto perla didattica a distanza e lo smartworking, 537 piccole imprese hannoricevuto un sostegno.

Rispetto alla situazione ordinaria,nell’attuale fase il 95,9 per centodelle Caritas partecipanti al monito-raggio segnala «un aumento deiproblemi legati alla perdita del la-voro e delle fonti di reddito», men-tre «difficoltà nel pagamento di af-fitto o mutuo, disagio psicologico-relazionale, difficoltà scolastiche,solitudine, depressione, rinuncia orinvio di cure e assistenza sanitaria»sono problemi evidenziati da oltrela metà delle Caritas.

L’indagine prende in esame an-che le condizioni occupazionali dichi si è rivolto ai centri: sono per lopiù disoccupati in cerca di nuovaoccupazione, persone con impiegoirregolare fermo a causa della pan-demia, lavoratori precari o saltuariche non godono di ammortizzatorisociali, lavoratori dipendenti in at-tesa della cassa integrazione ordina-ria o cassa integrazione in deroga,lavoratori autonomi o stagionali inattesa del bonus 600/800 euro,pensionati, inoccupati in cerca diprima occupazione, persone conimpiego irregolare, casalinghe.

Nel rapporto viene anche sottoli-neato quanto è stato «fondamentaleaccanto all’impegno degli operatoril’apporto di migliaia di volontaritra cui molti giovani che nella faseacuta della pandemia hanno garan-tito la prosecuzione dei servizi so-stituendo molti over 65 che in viaprecauzionale rimanevano a casa».Tra operatori e volontari sono stati179 quelli positivi al covid-19, di cui95 ricoverati e 20 deceduti.

Il 4 luglio 1958 nasceva don Giuseppe Diana

Un preterivestito di Vangelo

Protocollo d’intesa tra Cei e Unicef

Un futuro di cura e sicurezza per i più piccoliROMA, 3. La Conferenza episcopaleitaliana (Cei) e l’Unicef uniti per latutela dell’infanzia sia nel periodo diemergenza sanitaria causata dallapandemia da covid-19 sia dopo chequesta potrà considerarsi contenutae terminata. Un protocollo d’intesaè stato firmato ieri a Roma dal ve-scovo segretario generale della Cei,monsignor Stefano Russo, e dal pre-sidente dell’Unicef Italia, FrancescoSamengo, per una collaborazioneche durerà tre anni.

«Per educare un bambino ci vuoleun villaggio, ha ricordato più voltePapa Francesco, e la Chiesa, nel suoessere comunità, guarda con respon-sabilità e sollecitudine alle giovanigenerazioni», ha affermato monsi-gnor Russo. «Non può esserci cam-mino di sviluppo autentico — ha ag-giunto il vescovo — che lasci indie-tro bambini e adolescenti nella po-vertà, nell’abbandono, nel disagio,nella malattia. Ogni bambino ha ildiritto di essere accompagnato nellacrescita con tutto il sostegno possi-bile, anche e soprattutto dopoun’emergenza globale di questo ti-po. Il protocollo firmato oggi conUnicef contribuisce a edificare unfuturo di cura e sicurezza per i piùpiccoli, che ha le fondamenta nelterreno della prevenzione».

«Tutti i bambini hanno il dirittodi sopravvivere, crescere e realizzarele proprie potenzialità per costruireun mondo più a misura di bambi-no», ha dichiarato dal canto suoFrancesco Samengo. «Sono certo —ha proseguito il presidente dell’Uni-

cef Italia — che grazie a questo pro-tocollo con la Cei potremo compiereattività concrete per far fronteall’emergenza sanitaria e, soprattut-to, per prevenire i suoi gravi effettisecondari sulle condizioni di vita ditanti bambini e adolescenti, in parti-colare le conseguenze sulla crescitadella povertà e delle disuguaglianze,avendo particolare attenzione ai piùvulnerabili e invisibili».

Sono tre i principali obbiettivi de-finiti dal protocollo d’intesa. Innan-zitutto, bisognerà «individuare, pro-muovere e realizzare iniziative co-muni di sostegno alle comunità inItalia nell’ambito dell’emergenza sa-nitaria e dei suoi effetti secondari,quali, tra gli altri, l’aggravamentodella condizione di povertà, l’ina-sprimento delle disuguaglianze so-ciali, il rischio di abbandono scola-

stico o di carenze educative, il ri-schio di carenze nella tutela della sa-lute, il rischio di violenze con parti-colare attenzione ai diritti e alle con-dizioni di vita delle bambine e deibambini e degli adolescenti, compre-si i minori con disabilità, quelli fuoridalle famiglie o bambini e adole-scenti rifugiati, richiedenti asilo emigranti, accompagnati e non».

Cei e Unicef intendono poi «indi-viduare, sviluppare ed attuare inizia-tive comuni per la tutela dei minoriin Italia e per il miglioramento delleloro condizioni di vita e la loro pie-na partecipazione anche dopol’e m e rg e n z a » .

Il terzo e ultimo obbiettivo comu-ne consiste nell’incentivare «iniziati-ve congiunte di prossimità volte allaprevenzione, promozione e protezio-ne dei minori residenti in Italia edelle loro famiglie in condizioni didisagio sociale, economico ed edu-cativo».

Secondo l’Istituto nazionale distatistica, nel 2018, la povertà asso-luta in Italia — che riguarda le fami-glie con una spesa mensile pari o in-feriore al valore della soglia di po-vertà assoluta — colpiva 1.260.000minori. Le famiglie con minori inpovertà assoluta sono oltre 725.000.La cittadinanza ha un ruolo impor-tante sulle condizioni di vita: la po-vertà assoluta per le famiglie di soliitaliani con minori è, infatti, pari al7,7 per cento, mentre interessa quasiuna famiglia ogni tre in quelle com-poste da soli stranieri con minori.

di LUIGI FERRAIUOLO

Sessantadue anni fa, quandonacque, il 4 luglio 1958, nonsapeva che avrebbe cambiato

il destino — rivoluzionandolo — diCasal di Principe, il suo paese nata-le; Casapesenna e San CiprianoD’Aversa: i tre paesini del Casertanopassati alla storia come la capitaledi “gomorra”. Il suo nome era Giu-seppe Diana. Fu ordinato sacerdotenel marzo 1982. La camorra lo ucci-se ventisei anni fa, il 19 marzo 1994,nel giorno del suo onomastico, nellasua chiesa parrocchiale, mentre siaccingeva a dire messa. L’unico sa-cerdote ucciso in una chiesa in Ita-lia; don Puglisi fu freddato all’ester-no delle sacre mura. Un triplicesfregio dei clan contro la persona, lacomunità e la Chiesa. Ventisei annidopo il martirio, il messaggio didon Diana ha provocato una verarivoluzione nella sua terra. Un “mi-racolo” collettivo laico. Casal diPrincipe è il luogo di mafia in Italiadove sono stati riutilizzati — più diqualsiasi altro — la maggior partedei beni confiscati ai clan. Nelle vil-le dei boss, nelle centrali dove si de-cideva la vita e la morte delle perso-ne — gli affiliati di altri clan o nor-mali cittadini coraggiosi condannatia scomparire per sempre o essereuccisi platealmente — sono nati ri-storanti, centri di assistenza a perso-ne disabili e a bambini autistici,cioccolaterie (una in particolare, laDulcis in fundo, è stata fondata dairagazzi dell’Azione cattolica di donPeppe Diana); cantine sociali, im-prese agricole, fabbriche di trasfor-mazione di marmellata e succhi difrutta; caseifici per la mozzarella dibufala e tanto altro. Un “miracolo”avvenuto grazie al sangue sparso dadon Diana, al suo insegnamento.

Ma cosa ha fatto questo prete?Esempio luminoso di virtù per laChiesa italiana e mondiale, infanga-to dai clan, quando capirono che ilsuo messaggio stava minando go-morra dalle fondamenta. Un odioda parte delle famiglie mafiose checontinua ancora oggi che la struttu-ra militare dei “falsi casalesi”, i boss,è stata distrutta dallo Stato, da ma-gistrati valorosi come Federico Ca-fiero De Raho; ma esiste e prosperatuttora il “t e s o ro ” del clan, alimen-tato e gestito da mille collusioni dicolletti bianchi. Don Diana fece so-lo il suo mestiere di sacerdote inquegli anni, tra il 1991 e il 1994,quando i casalesi erano già in gradodi condizionare l’Italia e di investirecentinaia di miliardi all’estero, ma

nessuno aveva il coraggio di usarela parola camorra o mafia da quelleparti. Semplicemente nessuno avevala forza di parlare. Tutti avevano ilcapo chino. Un silenzio che sui me-dia nazionali e stranieri è durato fi-no a meta del primo decennio delventunesimo secolo.

Invece don Diana parlò, comepuò fare solo un prete. Con il Van-gelo in mano, in chiesa, nelle ome-lie, nell’oratorio, aprendo la parroc-chia ai ragazzi e alle famiglie, por-tandoli con la sua auto ad assisterealle partite del Napoli. Offrendo unorizzonte nuovo, la possibilità diuna vita diversa alla sua comunità,aprendo gli occhi alla sua gente.Mentre il sacerdote parlava, il clanprosperava. Mentre apriva le portedella parrocchia, la chiesa di SanNicola di Bari, le cronache e le te-stimonianze raccontano che chi arri-vava a Casal di Principe in queglianni, e non era del posto, era con-trollato passo passo dalle vedettedella camorra. Che i clan avevanokiller in sella alle moto con i kala-shnikov a tracolla, che controllavanopasso passo, centimetro per centi-metro, una enclave sconosciuta alloStato, ma che si comportava da Na-zione a se stante e decideva il futurodell’Italia da un piccolo triangolo diterritorio nel Casertano. Un luogodove se arrivavi in moto e indossaviil casco, dovevi toglierlo: bisognaessere riconoscibili.

La vita pubblica di don GiuseppeDiana cominciò il 21 luglio del 1991,ben prima del famoso appello lan-ciato ai suoi concittadini, insieme a

tutti i sacerdoti della Forania di Ca-sal di Principe: «Per amore del miopopolo». Domenica 21 luglio 1991,nel pieno del pomeriggio, nellapiazza di San Cipriano D’Aversascoppia una sparatoria all’i m p ro v v i -so, come nel vecchio west, all’incon-trarsi dei pistoleri. C’è un fuggi fug-gi, tutti si nascondono. Un’auto sitrova nel mezzo della sparatoria.Muore il guidatore, Angelo Riccar-do, giovanissimo, di rientro dal ma-re. Rimane ferito anche un altropasseggero, un ragazzo anche lui.Don Diana viene avvisato al telefo-no. Chi lo chiama gli chiede di farequalcosa: «Tu sei l’unico che puòparlare», gli danno il Tu. Don Pep-pe stette tutta la notte a meditare. Ilgiorno seguente si vestì del Vangeloe la domenica seguente, il 28 luglio1991, davanti alla sua chiesa e aquella di San Cipriano, firmato daidue parroci e da due laici, uscì unvolantino che fu letto anche durantela messa: «Basta alla dittatura arma-ta della camorra». Fu quello l’iniziodella predicazione per chiedere allacamorra, al clan di gomorra dismettere di sparare. Di uccidere in-nocenti. Quella testimonianza, quel-la “marturia”, non terminò più. Nonsarebbe più terminata se non fossestata fermata dal piombo caldo. Mada quel giorno, il suo messaggio,nelle omelie, in tanti articoli sul pe-riodico «Lo Spettro», riflessionifondamentali come «La forza dellaParola», tutte ispirate alla graziadella «Buona Novella» che deve es-sere annunciata al popolo di Dio,che doveva rivestire tutte le animedegli abitanti di quei tre paesi, co-me dice anche Papa Francesco, nonsi è più fermata. Non l’ha fermatanemmeno il killer, quella mattinadel 19 marzo. Neppure le calunnieche gomorra ha inventato in tutti imodi. Il giorno del funerale di donDiana, il primo giorno di primave-ra, c’era una folla inaspettata inchiesa. C’erano migliaia di lenzuolabianche per le strade. La gente diCasal di Principe durante quelleore, dal momento dell’omicidio,aveva scelto. Aveva abbandonatogomorra e aveva scelto il Vangelo dicui si era rivestito don Diana. E an-cora oggi quell’esempio, quella sto-ria, riveste le nostre anime, comel’abito più bello che potremo maiindossare. È questo il motivo percui bisogna andare a Casal di Prin-cipe per toccare con occhi e guarda-re con mano il “miracolo” collettivocompiuto da questo giovane sacer-dote tanti anni fa.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 sabato 4 luglio 2020

Il nuovo Direttorio invita a favorire il protagonismo delle persone con disabilità nella vita pastorale e sacramentale

Per una catechesipienamente inclusiva

Dagli “altri” al “noi”L’esperienza di un oratorio a Pesaro

Il convegno del 2017 all’Urbaniana

Così Kababa ci guariva i ritardi del cuoreLa voce di un missionario in Kenya

di MAU R I Z I O GRONCHI

Non è cosa da poco che nelDirettorio per la catechesi, pre-sentato qualche giorno fa dal

Pontificio Consiglio per la promo-zione della nuova evangelizzazione,siano dedicati quattro paragrafi allacatechesi con le persone con disabili-tà (nn. 269-272). L’argomento di ba-se è cristologico — «scaturiscedall’agire di Dio» — per questo lacomunità cristiana non solo è chia-mata a prendersi cura dei più deboli,«ma a riconoscere la presenza di Ge-sù che si manifesta in loro in modospeciale». Siamo di fronte a una vi-sione antropologica pienamente cen-trata nel Vangelo, ben lungi dallacompassione verso coloro che unavolta erano considerati difettosi peruna misteriosa quanto incomprensi-bile volontà o distrazione divina. Afronte di una corrente e diffusa con-cezione narcisistica e utilitaristicadella vita, «la vulnerabilità appartie-ne all’essenza dell’uomo e non impe-disce di essere felici e di realizzare sestessi». Dio stesso si è reso vulnera-bile nel suo Figlio incarnato, croci-

fisso e risorto per noi, solo per amo-re. Invece di essere felice restando incielo — «non considerò un tesoro ge-loso la sua uguaglianza con Dio»(Filippesi 2, 6) — egli preferì venirein mezzo a noi, fragile accanto agliultimi, in carcere con i prigionieri,crocifisso in mezzo ai ladroni. Daquesto momento in poi, la fragilitàdelle persone disabili non si può piùpensare come effetto del peccato odifetto della natura, ma «un’opp or-tunità di crescita per la comunità ec-clesiale», perché consacrata dallapresenza speciale di Gesù Signore.

È particolarmente significativo cheil D i re t t o r i o chieda ai cristiani di di-venire consapevoli della educabilitàalla fede e della soggettualità attivadelle persone con bisogni speciali —special needs — per le quali non si

tratta di attivare percorsi paralleli sucorsie preferenziali, quanto di «pre-senza ordinaria delle persone con di-sabilità all’interno dei percorsi di ca-techesi» veramente inclusivi. Vienepoi messo in rilievo che: «Le perso-ne con disabilità intellettive vivonola relazione con Dio nel-l’immediatezza della loro intuizioneed è necessario e dignitoso accompa-gnarle nella vita di fede». Questa af-fermazione recepisce lo sviluppo diuna più adeguata comprensionedell’esperienza di fede. Anche sottoil profilo teologico, la disabilità psi-chica — e talvolta fisica, ad esempiouditiva e visiva — pone problema aun certo concetto di fede, che sem-bra afferire primariamente, se nonesclusivamente, alle forme di relazio-ne basate sull’intelletto, poiché tradi-

zionalmente si è intesa la razionalitàcome l’immagine di Dio impressanell’uomo. Invece, esiste la dimen-sione affettiva del cuore, costitutiva-mente propria della persona, me-diante la quale è possibile per tuttisentirsi amati, e quindi entrare in re-lazione anche con Dio. Se la perce-zione di Dio non fosse una questio-ne di cuore e di affetto — senza ri-dursi al solo sentimento, natural-mente — quante persone ne rimar-rebbero escluse? Forse proprio le piùsensibili e vulnerabili, quelle cioèche percepiscono, sentono, avverto-no interiormente prima di capire ra-zionalmente. In questa prospettiva,il D i re t t o r i o suggerisce di adottare«dinamiche e linguaggi esperienzialiche implichino i cinque sensi e per-corsi narrativi capaci di coinvolgeretutti i soggetti in maniera personalee significativa», e di preparare cate-chisti formati in modo specifico, ca-paci soprattutto di vicinanza alle fa-miglie di queste persone speciali.

L’ultimo numero della sezione fadue passi coraggiosi, già anticipati inoccasione di un convegno svoltosi aRoma dal 20 al 22 ottobre 2017, i cuiatti sono pubblicati dal medesimoPontificio Consiglio col titolo: Cate-chesi e persone con disabilità. Un’atten-zione necessaria nella vita quotidianadella Chiesa. È il tema della «pienez-za della vita sacramentale, anche inpresenza di disturbi gravi» per i di-sabili, con la chiara conclusione:«nessuno quindi può rifiutare i sa-

cramenti alle persone con disabili-tà». Di conseguenza, si raccomandala loro inclusione pastorale nella li-turgia domenicale, con la preghierae l’annuncio della parola. Vi è poiun altro passo, relativo al protagoni-smo nell’evangelizzazione delle per-sone con bisogni speciali, che chiedeun vero salto di qualità alle nostrecomunità: «È auspicabile che lorostesse possano essere catechisti e,con la loro testimonianza, trasmetta-no la fede in modo più efficace».Molto in questo senso è già statofatto dall’Ufficio per la pastorale

della disabilità della Conferenza epi-scopale italiana, ma molto ancora re-sta da fare nelle nostre parrocchie.

Per entrare in questa prospettivapastorale occorre imparare a ricono-scere e a valorizzare quel punto divista altro — in più, non in meno,proprio perché speciale — che PapaFrancesco metteva in evidenza dopoil Sinodo sui giovani: «Il desideriodi vivere e di fare esperienze nuoveriguarda specialmente molti giovaniin condizione di disabilità fisica, psi-chica e sensoriale. Essi, anche se nonpossono fare sempre le stesse espe-rienze dei coetanei, hanno risorsesorprendenti, inimmaginabili, chetalvolta superano quelle comuni. IlSignore Gesù li ricolma di altri doni,che la comunità è chiamata a valo-rizzare, perché possano scoprire ilsuo progetto d’amore per ciascunodi loro» (Christus vivit 149).

Ero giovanissimo quando il Vescovomi ha mandato in missione in Afri-ca, a Nyahururu, una piccola cittadi-na sull’equatore, in Kenya. Vi sonorimasto vent’anni. All’inizio del mioministero in missione, passando perla benedizione delle case, ho incon-trato Thomas che era tenuto nasco-sto in un tugurio sporco e buio doveviveva una ben misera vita. La suafamiglia si vergognava di lui e loconsiderava una terribile maledizio-ne di cui nessuno doveva sapere.L’incontro con Thomas ha cambiatola mia vita e la sua condizione mi haspinto a dare vita al Saint MartinChatolic Social Apostolate, un’o rg a -nizzazione che tuttora si occupa del-le circa 2.000 persone con disabilitàdella zona dove abitavo, attraversouna rete capillare di 330 volontari,uno per ogni piccola comunità cri-stiana.

Una delle attività più importantiche facevamo, era quella di organiz-zare corsi di formazione dove avevola possibilità di incontrare genitoridi ragazzi con disabilità e volontaridi tutte le confessioni, anche di reli-gioni diverse. A tutti, indistintamen-te, annunciavo il Vangelo delle bea-titudini. Annunciavo a questi genito-ri, i quali spesso si sentivano abban-donati e angosciati nel loro dolore,che i loro figli non erano una male-dizione, ma una benedizione.

Sentivo l’urgenza e la necessità didare più credibilità a quel Vangeloche pretendevo di annunciare e mo-strare la mia fiducia in Gesù vivo epresente nelle persone più deboli.Allora, ho sistemato una vecchia ca-sa e sono andato a viverci insieme aMusa, Kababa, Jane, Wachuka ePaul, tutte persone che presentavanouna disabilità intellettiva, insieme adifficoltà motorie, per formare conloro la comunità di Effatha. È statala scelta più bella della mia vita!

Nella comunione del vivere insie-me si diventa una famiglia e cadonotutte le barriere: cade la barriera del-la disabilità bisognosa di aiuto edemerge la persona bisognosa diamore; cade l’ossessione di fare ilbenefattore ed emerge la gioia di es-sere fratello; cade la presunzione diinsegnare a vivere a chi ha una disa-bilità intellettiva ed emerge l’umiltàdi imparare proprio da queste perso-ne a essere felici.

Vivendo con loro ho scoperto unmondo di dolore, angoscia e dispe-razione, ma anche un mondo di bel-lezza, gentilezza e tenerezza. Hoscoperto che i poveri sono i maestridi cui tutti abbiamo davvero biso-gno, perché non aspirano in nessunmodo al potere e al successo, o a di-ventare più ricchi e più importanti,ma cercano solo l’amicizia e l’a m o re .

Le persone con disabilità intellet-tiva vivono la relazione con Dionell’immediatezza della loro intui-zione, così come fanno i bambini nelrapporto con la mamma. Sanno, peresperienza, di non bastare a lorostessi, di avere sempre bisognodell’altro, ma vivono questa loro ra-dicale povertà come la più grandeopportunità per farsi aiutare per ar-rivare dove, da soli, non riuscirebbe-ro. Questa condizione facilita in loro

po cena e prima della preghiera silavavano i piatti: ognuno aveva uncompito ed era un momento comu-nitario di grande gioia e creatività.Jane era la più scatenata: urlava lasua gioia, ci schizzava l’acqua addos-so e contagiava tutti con le sue risatea crepapelle. Quando entravamo incappella, gli ospiti che ci facevanovisita per la prima volta, si aspetta-vano una preghiera disturbata e sen-za pace, in quanto Jane era iperatti-

perdonare la sua mamma, che oggifinalmente riesce a rivedere volentie-ri. Questa esperienza di riconcilia-zione lo deve aver segnato così pro-fondamente che ogni sera, all’iniziodel tempo di silenzio e adorazione,Kababa non riusciva ad entrare nellapreghiera se sentiva di avere dei con-trasti non risolti con gli altri membridella comunità. Perciò iniziava sem-pre chiedendo perdono, spesso conle lacrime agli occhi, per le offese

va e non sapeva stare ferma un mo-mento. Invece, appena si accendeva-no le candele e si spegnevano le lu-ci, l’euforia si trasformava. Una sortadi prodigio. Jane si abbandonava trale braccia di chi le era più vicino efissava l’Eucaristia in un dolce silen-zio.

Era la più raccolta, la più vicina aGesù. Mi sono domandato spesso:«Chissà come comunicheranno queidue?». Forse come un bimbo consua madre. Forse come Gesù bambi-no con Maria, sua mamma. Nessunaparola, ma solo presenza e silenzio. Ilresto non conta. L’ultimo canto del-la nostra preghiera serale era il Ma -gnificat. Mentre gli altri erano ancoraseduti sul tappeto, Jane riconoscevala canzone e scattava in piedi. Sem-brava voler danzare il canto di Ma-ria, faceva dei gran giri su se stessa epoi veniva ad abbracciarci. Uno auno. Era per tutti noi un momentodi grande tenerezza, che raccoglie ilsenso della preghiera: sentirsi amatidal Padre e portare il suo abbraccioai fratelli. Uno a uno. Jane non sa-peva dire nemmeno una parola, mail suo abbraccio raccontava la delica-tezza della sua spiritualità fatta dipiccoli gesti.

Un altro aspetto fondamentaledella preghiera, che trasforma le no-stre relazioni con chi ci vive accanto,è il perdono e la riconciliazione: quivi devo parlare di Kababa, un uomoche sa perdonare. La mamma di Ka-baba lo faceva vivere con le capre ele pecore. Dopo che lui è venuto avivere nella nostra comunità, ha im-piegato due anni per imparare a par-lare e a comportarsi dignitosamentee poi altri due anni per arrivare a

come sospeso nell’aria, anche quan-do si cercava di camuffarlo con at-teggiamenti disinvolti. Alla fine deltempo di adorazione, lasciavamouno spazio libero per le invocazionie Kababa, ogni volta, pregava per lepersone in conflitto chiamandole pernome e domandando al Signore cheritrovassero la pace. In questo mo-do, a volte imbarazzante, ci aiutavaa mettere a nudo le nostre fragilità eportare davanti a Dio i nostri ranco-ri e risentimenti, rendendo quantomai evidente che tutti i membri dellacomunità stavano soffrendo per ilconflitto che si stava vivendo. Nes-suno degli assistenti aveva la pron-tezza di perdonare e la capacità diguarire le ferite che aveva Kababa.Lui aveva un “ritardo mentale”, manoi avevamo un “ritardo di cuore”:vivendo insieme potevamo aiutarci esostenerci nel superare i nostri ritar-di. Questo è il dono bellissimo cheabbiamo ricevuto vivendo con perso-ne come Kababa: abbiamo scopertoche ognuno ha la sua disabilità eche nell’accettarla possiamo trovarela strada per essere persone felici.

GABRIELE PI P I N AT O

Nella nostra parrocchia è statal’esperienza dell’oratorio che ci hacondotto a riconsiderare i percorsicatechistici e a renderli esperienzia-li. Attraverso di essi, in modomaieutico, sono stati presentati e re-cepiti i valori della fede; soprattuttoin riferimento ai bambini, ragazzi egiovani con disabilità, attualmentene abbiamo trenta.

Non potevamo che iniziare daun’alleanza educativa con le rispet-tive famiglie, per conoscere da loro,educatori naturali e fondamentalidei loro figli, la patologia nella suaconcretezza insieme alla relativa viadi approccio e di comunicazionecon la persona con disabilità. Que-

“Stare insieme” non è tutto. Unbambino o un educatore con disa-bilità non si integra se sta “tra” glialtri, nonostante l’osservazione reci-proca sia già un primo passo, ma sideve arrivare a stare “con” gli altri e“p er” gli altri. Non si tratta, sempli-cemente, di creare condizioni dinormalizzazione. Inevitabilmente,infatti, si arriva a fare i conti con lenostre difficoltà di fronte alla disa-bilità, con quanto essa comporta.Occorre, quindi, fare spazio allaricchezza della differenza, adeguan-do, di volta in volta, gli ambienti ela nostra prassi, in base ad ognispecifica singolarità. La normalità,dunque, deve divenire una meta-

nella consapevolezza che la comu-nità parrocchiale è educativa quan-do si riconosce come famiglia di fi-gli e profuma di paternità e mater-nità.

GIUSEPPE FABBRINI

sto per accoglierla non come pen-siamo noi, ma partendo proprio daessa e dalle sue richieste, dal suovissuto, superando il binomio “al-t r i / a l t ro ” per giungere al “noi”. Nelnostro percorso abbiamo cercato diaiutare i coetanei ad avere consape-volezza della persona che stavanoaccogliendo; e la persona con disa-bilità ad avere consapevolezza deipropri coetanei. Ci siamo sforzati diformare e preparare catechisti ededucatori non per arrivare a formu-lare progetti teorici “a tavolino”, masulla base delle domande, delle esi-genze, dei volti di coloro di cui de-vono prendersi cura.

Abbiamo superato l’affiancamen-to alla persona con disabilità di unsolo catechista o educatore “di so-stegno”, arrivando ora a operare inéquipe. La persona con disabilità,poi, quando arriva ad avere l’etàopportuna, viene inserita essa stessanell’équipe catechistica e di orato-rio. In questo modo, si cerca direnderla attiva nella comunità par-rocchiale, attraverso il suo apportonella catechesi, nell’oratorio, nellaliturgia e nella carità.

Coniugando questi principi nelconcreto, si realizza un accompa-gnamento educativo in un “noi” co-munitario, il quale è capace di ve-dere nell’altro, in quanto altro, unaricchezza che suscita interesse, novi-tà nel conoscere e arricchimento.Inoltre, viene anche stimolata la cu-riosità: dal sordo si impara la lin-gua dei segni; dal cieco il braille;dagli sguardi, l’affetto di colui chenon comunica se non attraversosuoni. Tutto questo non è semplice-mente “qualcosa” in più, ma unreale aiuto alla consapevolezza.

Dalla nostra esperienza, tuttavia,abbiamo compreso che non è suffi-ciente integrare le varie diversità.

pezzato la stanza dell’incontro diimmagini, utilizzando la comunica-zione aumentativa, perché Lorenzo,che non parla ma riconosce le im-magini, potesse “l e g g e re ” a suo mo-do i passi biblici disegnati, indican-doli col dito e narrandoli agli altri.Luigi, ragazzo con la sindrome del-lo spettro autistico, presiede all’or-ganizzazione del materiale necessa-rio per i laboratori catechistici; Sa-ra, giovane con la sindrome didown e amante della danza, inse-gna agli altri a ballare e a cristalliz-zare le parabole di Gesù; Marco eMassimiliano, con disabilità intel-lettiva, sono educatori, perché la lo-ro esuberanza è coinvolgente; An-drea, giovane con la sindrome dellospettro autistico, non manca la do-menica di svolgere il suo serviziocome ministrante; Federico, amantedella chitarra, di cui conosce solotre accordi e un ritmo, anima ognigiorno la preghiera; Luca che nonparla se non a gesti e suoni, Teoche ripete sempre le stesse frasi eDiego che ad ogni proposta fa“orecchie da mercante”, accomunatidalla sindrome dell’“X fragile”, sonoevidentemente felici di sentirsi ac-colti e “a casa” in un luogo in cuihanno spazio, tempo e impegno.

Catechisti ed educatori, motivatial servizio, si sono innanzitutto im-pegnati “col cuore”, sperimentandouna buona volontà che oriental’umano. La consapevolezza haspinto l’esigenza verso una solidaformazione per l’acquisizione diidonee competenze. La nostra “nor-malità” si è modificata e abbiamoottenuto il dono di muoverci versol’inclusione. Abbiamo fatto tesorodell’esempio delle famiglie che ac-colgono un figlio con disabilità,modificandosi in maniera totale at-torno a lui. Siamo così cresciuti

morfosi costante per po-ter così formulare percorsiinclusivi.

Nel nostro itinerarioabbiamo operato a ritro-so. Ci siamo lasciati se-guire nell’accompagna-mento educativo e, inquesto modo, sono nati idiversi progetti e percorsi:i bambini mi chiedevano:«Come fa Alessandro, cheè cieco, a riconoscermi ea chiamarmi per nometoccandomi solo la manoe il viso?». Abbiamo,quindi, portato tutti almuseo tattile. Ognuno,bendato, è stato invitato atoccare la Pietà di Miche-langelo, mentre proprioAlessandro, toccandola, lapresentava. Abbiamo tap-

Alla catechesi per le personecon disabilità il PontificioConsiglio per la promozionedella nuova evangelizzazioneha dedicato, nell’ottobre 2017,un importante convegno,i cui atti sono stati pubblicatil’anno successivo dalle EdizioniSan Paolo, a cura di FrancescoSpinelli ed Eugene R. Sylva.I testi che riportiamo in questapagina sono tratti da duedelle testimonianze presentatedurante i lavori svoltisialla Pontificia universitàUrbaniana: la prima è del parroco

di Santa Maria di Loreto,nell’arcidiocesi di Pesaro,che attraverso l’oratorioha realizzato un’esp erienzacatechistica per bambini, ragazzie giovani con disabilità;la seconda è di un sacerdotedella diocesi di Padova,missionario fidei donumper vent’anni in Kenya,dove a Nyahururu ha promossoe vissuto sin dagli inizile esperienze del Saint MartinCatholic Social Apostolate— in particolare con la comunitàdi Effatha — e dell’A rc h e .

SA N TA SEDEIl Santo Padre ha nominato CapoUfficio nella Pontificia Commis-sione per l’America Latina l’Illu-strissimo Dottore Julio César Ca-ballero Moreno.

una convinzione profon-da del cuore, non fruttodi ragionamenti, ma diun’intuizione dell’a m o re :si tratta della felice cer-tezza di aver bisogno diun Padre. Vivendo nellalibertà questo loro biso-gno, si dispongono connaturalezza all’i n c o n t roamorevole con il Padreche diventa un’esp erienzameravigliosa di comunio-ne e di gioia. Musa, adesempio, esprime la suaconfidenza in Dio pro-prio chiamandolo Daddy (“papà”).

La forma di preghiera che caratte-rizza la comunità Effatha è quelladell’adorazione davanti all’Eucari-stia. Ancora oggi, per me, questomodo di pregare rimane il più belloperché si accontenta dell’essenziale eha bisogno solo della presenza e delsilenzio. Nella comunità, l’adorazioneè anche un tempo di autonomia, do-ve ognuno vive la sua relazione conGesù in solitudine: non è necessarioleggere, capire o saper fare delle co-se. Nessuno ha bisogno di essereaiutato e nessuno deve sentirsi indovere di aiutare. Nell’adorazionesiamo tutti figli, tutti uguali davantia Lui.

Ho imparato la fiducia e l’abban-dono nella preghiera di adorazioneeucaristica, guardando Jane che pre-gava. Jane è una giovane donna, conparalisi cerebrale dalla nascita, ed èuna delle vittime degli scontri tribaliche hanno messo in ginocchio il Ke-nya qualche anno fa. Quando l’ab-biamo accolta era terribilmente de-bole e denutrita. Soprattutto erasmarrita e triste: vedersi bruciare lacasa ed essere costretti a fuggire èdura per tutti, ma per Jane, nellasua debolezza, perdere quei riferi-menti familiari, di cui aveva bisognoper vivere, significava cadere nell’an-goscia e nella disperazione. Ha ritro-vato casa nella nostra comunità Effa-tha ed è diventata una persona feli-ce. Non sa parlare, ma ha una graziaparticolare che esprime nella gioia diaccogliere le persone e farle sentireamate.

Nella comunità Effatha, come ca-pita in molte famiglie, ci ritrovava-mo tutti assieme solo verso sera. Do-

che riteneva di aver ar-recato a qualcuno deimembri della comunità.In quel momento, Ka-baba dava voce a tuttinoi, incapaci del suo co-raggio, ma desiderosi diricominciare a costruirele relazioni spezzate eguarire i cuori feriti.

Spesso Kababa sma-scherava le ostilità chec’erano tra di noi assi-stenti, le quali lui perce-piva in quel sottile im-barazzo che rimaneva