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Lunedì 28 gennaio ore 16.00 - 18.30 - 21.00Martedì 29 gennaio ore 15.30 - 18.00 - 20.30 Mercoledì 30 gennaio ore 16.00 - 18.30 - 21.00Giovedì 31 gennaio ore 16.30 - 19.00 - 21.30

Cold War (Zimna Wojna) Regia: Pawel Pawlikowski.Con: Joanna Kulig , Tomasz Kot, Borys Szyc, Agata Kulesza, Cédric Kahn, Jeanne Balibar. Durata: 1h25 - Polonia 2018 – Drammatico

“Andiamo dall’altra parte, la vista è migliore da lì”. Dopo l’Oscar per Ida, Pawel Pawlikowski firma un altro grande film in bianco e nero.E torna alla Polonia dell’immediato dopoguerra, nel 1949, quando dal nulla di villaggi rurali seminascosti dal bianco inghiottente della neve e del cielo, iniziò il reclutamento di quello che da lì a poco divenne il “Mazowsze”, corpo di balli e canti popolari nato per volontà del governo filo-sovietico, che venne poi esportato in tutto il blocco orientale nell’arco degli anni ’50.È in questo contesto che prende forma l’incredibile storia d’amore tra Wiktor (Tomasz Kot), musicista e direttore della compagnia, e l’allieva Zula (Joanna Kulig), ragazza su cui grava il sospetto di aver ucciso il proprio padre.Arrivati a Berlino Est per un’esibizione, Wiktor organizza la fuga dall’altra parte del blocco per vivere finalmente in libertà quella storia d’amore. Ma Zula, contro ogni previsione, non si presenta all’appuntamento concordato.È l’inizio di uno straordinario melodramma al di qua e al di là della cortina di ferro. Che il regista polacco costruisce per frammenti, balzando in avanti negli anni (fino ad arrivare a metà anni ’60), tra una dissolvenza in nero e un’altra, facendo perdere e incontrare i due protagonisti più volte. Dal suggestivo e trascinante folk tradizionale si arriva alle contaminazioni jazz parigine di fine anni ’50, e lo sviluppo dei due personaggi, interpretati con una classe rara, è inscritto nei cambiamenti emotivi che un mutamento così repentino e cruciale di quell’epoca portava con sé.Forma e racconto si amalgamano per un’operazione che vagamente potrebbe ricordare il Frantz di Ozon, anche se qui l’asticella si alza in favore di una portata romantica maggiore: basti pensare alla dedica finale di

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Regia: Bryan Singer. Con: Rami Malek, Lucy Boynton, Gwilym Lee, Ben Hardy, Joseph Mazzello, Aidan.Durata: 2h14’ - Gran Bretagna, USA 2018 - Biografico, Drammatico, Musicale

Freddie Mercury che si sistema i baffi, mentre i suoi gatti lo guardano. Freddie Mercury che in casa ha una foto gigante di Marlene Dietrich, perché lo sappiamo tutti com’è la copertina di Queen II. Freddie Mercury che apre una valigetta nera, e assieme al suo microfono cromato ci sono, sistemate come fossero parti di un fucile da assemblare, le amate sigarette e una bottiglia di vodka. Freddie Mercury che sale sulla Rolls e va a Wembley, la mattina del 13 luglio del 1985, per una ventina di minuti di concerto che avrebbero fatto storia.Una manciata di minuti, durante i quali peraltro Mercury non si vede in volto, e subito capisci che film è Bohemian Rhapsody. Poi dal Live Aid si torna al passato, a quando Mercury era ancora Freddie Bulsara ma già sapeva di essere destinato a diventare un performer straordinario che tutti conosciamo (“the person I was always meant to be”, dice nel film), e vediamo in faccia Rami Malek, e il trucco per restituire la celebre dentatura del cantante dei Queen, e ogni dubbio residuo viene dissipato.Il film ricostruisce la meteorica ascesa della band attraverso le sue iconiche canzoni e il suo sound rivoluzionario, la sua crisi quasi fatale, man mano che lo stile di vita vita di Mercury andava fuori controllo, e la sua trionfante reunion alla vigilia del Live Aid, quando Mercury, afflitto da una gravissima malattia, condusse la band in una delle performance più grandiose della storia del rock.Facendo questo, il film cementa l’eredità di una band che è sempre stata più di una famiglia e che continua ancora oggi a ispirare gli outsider, i sognatori e gli appassionati di musica.

Venerdì 1 febbraio ore 16.00 -18.30* - 21.00*(* la proiezione delle ore 18.30 e delle 21.00 sarà in lingua originale con i sottotitoli in italiano)

(Ingresso intero € 7,00 - Tesserati Cineforum € 4,00)

Film d’Essai Bohemian Rhapsody

Pawlikowski, “ai miei genitori”, che con i due protagonisti condividono il nome di battesimo (Wiktor e Zula) e gran parte di una storia d’amore travagliata.Che in Cold War – premiato per la regia a Cannes 2018 e trionfatore agli EFA, gli Oscar europei, con 5 statuette per miglior film, regia, montaggio, sceneggiatura e attrice – li riporta in vita (sono entrambi morti nel 1989, poco prima che venisse abbattuto il Muro di Berlino) per farli tornare a suonare, cantare e danzare quell’amore così travolgente e impossibile, tra la natia Polonia, la Berlino divisa, la Jugoslavia e la Parigi bohémien dove ogni cosa sembrava possibile, ma la purezza del primo incontro sembrava perduta.E allora meglio rimettere in discussione ogni cosa, ogni occasione di soddisfazione artistica e personale, e riassaporare la nostalgia di quella chiesetta diroccata nel fango. Per poi osservare l’orizzonte da una panchina. E spostarsi di nuovo: “Andiamo dall’altra parte, la vista è migliore da lì”.

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Lunedì 4 febbraio ore 16.00 - 18.30 - 21.00Martedì 5 febbraio ore 15.30 - 18.00 - 20.30Mercoledì 6 febbraio ore 16.00 - 18.30 - 21.00 Giovedì 7 febbraio ore 16.30 - 19.00 - 21.30

Regia: David Lowery.Con: Robert Redford, Casey Affleck, Danny Glover, Tika Sumpter, Isiah Whitlock jr. Durata: 1h33’- USA 2018 – Commedia

Rapinatore e gentiluomo. Il cappello da cowboy in testa, l’espressione scanzonata di Sundance Kid: Robert

The Old Man & The Gun

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Redford nello spirito non è mai cambiato. A ottantadue anni mantiene il fascino del bravo ragazzo, anche quando svaligia una banca. In fondo è sempre l’agente segreto che cerca di salvare la pelle ne I tre giorni del Condor, l’ex campione di rodeo che scappa su un cavallo da un milione di dollari verso le montagne (Il cavaliere elettrico). Quelle stesse alture a cui ci aveva abituato in Corvo rosso non avrai il mio scalpo, dove da solo, nella neve, sfidava il mondo intero. Lui, che sul grande schermo è stato un campione anche nello sport (Il migliore). Non ha mai abbassato la testa davanti alle ingiustizie (Brubaker), ha vissuto l’America degli anni Trenta (Come eravamo), ha raccontato la gente comune anche dietro la macchina da presa. Ha attaccato frontalmente la Casa Bianca (Tutti gli uomini del presidente)… Mentre nel tempo libero faceva perdere la testa a Jane Fonda (A piedi nudi nel parco), duettava con Paul Newman (La stangata), e naturalmente sussurrava ai cavalli.“Non mi basta guadagnarmi da vivere, io voglio vivere”, dice convinto nei panni di Forrest Tucker in The Old Man & The Gun. Qui presta il volto a un criminale che, anche di là con gli anni, continua a farsi un baffo della legge. L’adrenalina di ogni colpo gli fa dimenticare gli acciacchi, lo rende giovane. E insegue la felicità, come un eterno sognatore. Il carcere non lo ferma: è già evaso sedici volte. Ma anche quando minaccia le sue vittime, lo fa con il sorriso sulle labbro, cerca di rassicurare, non di incutere paura. Come spiegava Cechov: “Se in palcoscenico compare una pistola, prima o poi bisogna che spari”. Quella di Redford invece non spara mai. Perché il suo Tucker rifiuta la violenza, e sembra un antieroe dal cuore buono. Impossibile non essere dalla sua parte. È il simbolo di un cinema nostalgico, che riporta lo spettatore al gusto delle scorribande in stile Bonnie & Clyde, agli amori senili de I ponti di Madison County.Sissy Spacek si specchia nello sguardo di Redford. I due scoprono un rapporto tenero, equilibrato, che li potrebbe accompagnare per sempre. Li legano tante piccole bugie, conoscono i segreti l’uno dell’altro. Si capiscono in silenzio. La macchina da presa li accarezza, il regista David Lowery li tiene d’occhio con affetto mentre affrontano ogni difficoltà. Commedia romantica, noir, The Old Man & The Gun è una storia crepuscolare, il monumento a un attore che ha creato un immaginario, il manifesto che ogni fan vorrebbe scrivere per celebrare il suo beniamino.

Regia: Peter Hedges. Con: Julia Roberts, Lucas Hedges, Courtney B. Vance, Kathryn Newton, Tim Guinee.Durata: 1h38’ - USA 2018 - Drammatico

Ben is back è un film magnetico, oltre che un grandissimo mezzo per un messaggio di speranza: tra i mille colpi di scena e un finale “sudatissimo”, che non lascia indifferenti.Il film è scritto e diretto da Peter Hedges ed è ambientato nel periodo natalizio: Ben Burns (Lucas Hedges), un ragazzo carismatico ma problematico, torna a trovare la famiglia per le festività natalizie e, senza avvertire nessuno, il ventiquattro di dicembre si presenta davanti a casa, provocando una serie di reazioni stupite da parte dei familiari.Per Holly (Julia Roberts), madre provata dalle sofferenze di una vita non troppo benevola, inizia un adrenalinico viaggio nel sottosuolo di pericoli, tentazioni e cattive frequentazioni che hanno messo a rischio la breve - ma già intricatissima- esistenza del figlio. Julia Roberts riesce a rendere credibile il ruolo di una madre che non smette mai di credere nella possibilità che il figlio possa tornare a una vita normale, anche di fronte alle delusioni cocenti che rischiano di minare in maniera definitiva la nuova famiglia che si è costruita con Neal (Courtney B. Vance), ultimo baluardo di tranquillità.Sarebbe stato molto facile cadere nel cliché della madre compassionevole che giustifica il figlio, ma

Venerdì 8 febbraio ore 17.00 -19.00 - 21.00*(* la proiezione delle ore 21.00 sarà in lingua originale con i sottotitoli in italiano)

(Ingresso intero € 7,00 - Tesserati Cineforum € 4,00)

Film d’Essai Ben is back

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Lunedì 11 febbraio ore 16.00 - 18.30 - 21.00Martedì 12 febbraio ore 15.30 - 18.00 - 20.30 Mercoledì 13 febbraio ore 16.00 - 18.30 - 21.00Giovedì 14 febbraio ore 16.30 - 19.00 - 21.30

Una notte di 12 anni (La Noche de 12 Años) Regia: Álvaro Brechner.Con: Antonio de la Torre, Chino Darín, Alfonso Tort, Soledad Villamil, Sílvia Pérez Cruz. Durata: 2h03 - Francia, Argentina, Spagna 2018 – Drammatico

Una buia notte lunga dodici anni. Notte passata in carceri disumane, avamposti freddi e inospitali trasformati in prigioni, celle puzzolenti. Uruguay, 1973. Il futuro presidente del paese Pepe Mujica viene arrestato insieme ad altri due compagni tupamaro durante un’azione segreta con l’evidente scopo di annientare l’opposizione. L’obiettivo non è però uccidere i resistenti, fatto che potrebbe scatenato rivolte, piuttosto farli diventare pazzi.Le giornate dei prigionieri sono segnate dal vuoto, dalla totale assenza di riferimenti. Nessuna notizia arriva loro. Non possono parlarsi, incontrarsi, scrivere. Tre uomini in balia del nulla, sostenuti esclusivamente dagli ideali politici e da una profonda umanità che anche nelle peggiori condizioni fa loro provare empatia persino per i carcerieri. Un tragitto nell’oscurità guidato da un’unica luce, la fiducia incondizionata verso gli uomini.La noche de 12 años, spiega lo stesso Alvaro Brechner, racconta senza sconti l’incredibile calvario di privazioni subite da Mujica e i sodali partendo dalla domanda di ciò che resta di un essere umano a cui è stato tolto tutto. A rendere attuale l’operazione, pur tratta da una storia vera, è proprio l’assunto universale adattabile a ogni uomo che cada preda di un regime totalitario o di uno stato che non vigila, come dimostra la vicenda di Stefano Cucchi.Al pari di Sulla mia pelle, anche il film di Brechner riflette dunque su questioni universali che hanno a che fare con i diritti fondamentali di ogni cittadino. E per questo anche La noche de 12 años è un’opera necessaria che solleva questioni sulle quali non si deve mai smettere di riflettere.

fortunatamente non è questo il registro scelto dall’attrice per interpretare un ruolo che, per quanto saldo, acquista il rilievo e la giusta importanza narrativa grazie alla sua capacità interpretativa eccezionale.L’ ottima sceneggiatura, prevede una sferzata netta a metà pellicola: da dramma familiare delle piccole cose a road movie d’azione ad alto tasso di suspense in cui Julia Roberts impugna il volante e affronta i fantasmi del passato del figlio (e anche, i suoi) a mani nude. Magistrale è la capacità di Hedges di non perdere mai di vista il vero protagonista del film, ovvero il rapporto viscerale che esiste tra una madre così sofferta e un figlio così problematico e dannatamente fragile.Il regista, in passato già candidato agli Oscar, ha sempre raccontato storie di famiglie “imperfette” e dei percorsi tortuosi che queste devono affrontare.