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Suoni diversi in lingue diverse.
Tra fonetica, fonologia e simboli grafici.
di Cristina Lavinio
Introduzione……………………………………………………………………………………………………2
Fonetica e foni, fonologia e fonemi……………………………………………………………………..4
Fonologia e fonematica……………………………………………………………………………………..5
Fonetica articolatoria………………………………………………………………………………………..7
Le vocali (o fonemi vocalici) dell'italiano…………………………………………………………….9
Le consonanti (fonemi consonantici) dell'italiano……………………………………………….11
Alla scoperta delle differenze tra sistemi fonologici……………………………………………12
Confronti tra (orto)grafia e fonie………………………………………………………………………14
Utilità delle trascrizioni fonetiche……………………………………………………………………..16
Bibliografia…………………………………………………………………………………………………….17
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Introduzione
Questo percorso, legato alla scheda Il parlato, è relativo a questioni di fonetica e fonologia.
Si tratta di un livello di analisi della lingua (e delle lingue: qui il singolare sta per "qualunque
lingua") di cui un insegnante di lingua non dovrebbe mai ignorare almeno gli aspetti principali, se non altro perchè:
a) in ogni lingua si usano suoni o diversi o parzialmente diversi, che talvolta si articolano
in modo differente anche quando sembrano gli stessi e si ricorre, per rappresentarli,
alle medesime lettere dell‟alfabeto;
b) non è semplice e non funziona sempre nello stesso modo, da una lingua all‟altra, il
rapporto tra i suoni e le lettere che li rappresentano e tra le parole come si dicono e le
parole come si scrivono. Il divario è evidente per lingue come il francese o l‟inglese, ma
esiste anche per lingue dalla grafia più „fonetica‟ come l‟italiano o lo spagnolo. Quando
si tratta di scrivere parole di cui non si conosca l‟ortografia, si possono avere perciò
notevoli difficoltà, speculari a quelle che si possono avere leggendo, quando si tratta di
risalire alla forma fonica a partire da quella grafica (cioè alla parola come si dice a
partire da una forma scritta che ne può essere notevolmente distante);
c) può capitare di essere incerti sulla pronuncia e la posizione dell‟accento delle parole di
una lingua (compresa la propria: ad es., in italiano, dove va l‟accento in parole come
salubre o utensile?). Per lingue come l‟inglese le incertezze possono essere moltissime.
I dizionari, che a scuola dovrebbero essere usati più e meglio di quanto solitamente non
si faccia (e che è importante insegnare ad usare), sono una guida importante anche per
questi aspetti, a patto di conoscere le convenzioni (di trascrizione fonetica o fonologica)
di cui si servono, usando i simboli dell‟Alfabeto Fonetico Internazionale (IPA è la
sigla con cui viene indicato, a partire dalla sua denominazione in inglese, International
Phonetic Alphabeth).
Questo percorso mira dunque a far acquisire ai docenti conoscenze elementari di fonetica
(articolatoria) e fonologia che consentano loro di guidare con maggiore sicurezza e
consapevolezza gli allievi nella capacità di articolare in modo più accurato e consapevole i suoni delle lingue che studiano.
In particolare, ogni docente, alla fine del percorso, avrà:
inventariato le differenze principali tra il sistema fonologico dell‟italiano e quello di altre
lingue (in particolare di quella che, eventualmente, insegna come lingua straniera);
acquisito la capacità di controllare e di dare istruzioni per controllare le modalità di
articolazione dei suoni vocalici e consonantici;
acquisito una sicura conoscenza dei simboli dell‟IPA, in particolare di quelli che servono
per rappresentare i suoni fondamentali dell‟italiano e delle principali lingue europee, in modo da sfruttare al meglio le trascrizioni fonetiche presenti sui dizionari.
La centralità che, nel percorso, ha la presentazione del sistema fonologico dell‟italiano (mentre
per le altre lingue viene solo suggerito un procedimento di analisi e scoperta di differenze) ha una sua forte motivazione teorica.
L‟italiano è, nella scuola italiana, lingua madre della maggior parte degli allievi (e anche,
perlopiù, dei docenti). Ed è proprio sul piano delle differenze rispetto alla lingua madre (per
esempio suoni in essa inusuali o inesistenti) che si riscontrano, in genere, le maggiori difficoltà
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di „pronuncia‟, cioè di realizzazione fonetica accettabile nel parlare la lingua straniera,
soprattutto se la si studi solo a scuola e non si abbia la possibilità di interagire con parlanti
nativi. E‟ già un primo passo per superarle saper riconoscere e analizzare tali difficoltà, legate
all‟abitudine acquisita dagli organi fonatori nel posizionarsi per riprodurre solo i suoni più
familiari. Passando a suoni non abituali, occorre invece esercitare gli organi fonatori ad
assumere altre posizioni, superando la loro cristallizzazione e rigidità, tanto più grande quanto maggiore è l‟età dei parlanti che si accostano a una lingua differente dalla propria.
Se poi si pensa alla presenza consistente nella scuola italiana di allievi con altre lingue native o
d‟origine, per i quali l‟italiano è una lingua seconda, si capisce quanto sia importante anche per
loro avere docenti di italiano consapevoli di questioni di fonetica e fonologia relative alla lingua
italiana stessa.
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Fonetica e foni, fonologia e fonemi
La natura orale (dal lat. os, oris "bocca") delle lingue verbali (cioé fatte di verba, "parole") è
qualcosa che spesso si dimentica nella nostra cultura imbevuta di scrittura.
Tendiamo a dimenticare che le lingue sono fatte prima di tutto di suoni diversi, articolati, che
escono dalla nostra bocca. Eppure è questo aspetto, relativo alla natura particolare - fonico-
acustica - del materiale con il quale le parole sono costruite, a fare la differenza principale tra parlato e scritto.
La scrittura alfabetica cerca di rappresentare, in un rapporto che però non è mai di uno a uno,
le unità del sistema di suoni di cui una lingua si serve per costruire le proprie „parole‟. Suoni che mette insieme, l‟uno dopo l‟altro, nella catena fonica del parlato.
Queste considerazioni generali, ma anche generiche, investono il piano della fonetica e della
fonologia, un livello di analisi della lingua (e delle lingue: qui il singolare sta per „qualunque lingua‟) che è fondamentale conoscere.
La fonetica studia i suoni nella loro natura fisica e concreta; la fonologia studia i suoni
fondamentali di una lingua a prescindere da come vengano concretamente articolati o
percepiti, individuandoli in base alla loro funzione distintiva. Oggetto di studi della fonetica sono i foni, della fonologia i fonemi.
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Fonologia e fonematica
Il fonema è una classe astratta di suoni fondamentali, cui sono riconducibili tutte le sue
realizzazioni concrete (cioè i foni o le fonìe); analogamente a quanto avviene nella scrittura, in
cui sono riconducibili a una stessa (astratta) lettera dell‟alfabeto tutte le sue realizzazioni
individuali, molto diverse da uno scrivente all‟altro, dato che ogni scrivente ha una propria,
individuale, concreta e caratteristica grafia. Anche i caratteri a stampa o quelli dei programmi
di videoscrittura spesso differiscono (Times New Roman ha caratteri diversi da Arial o da
Verdana), ma una e è sempre una e, una m è sempre una m, al di là della differenza concreta
dei caratteri usati o anche del fatto che sia maiuscola o minuscola, in tondo o in corsivo o in
grassetto. Anche i fonemi, al di là delle infinite realizzazioni diverse di ciascuno (la voce di ogni
parlante è sempre specifica) sono sempre gli stessi, perchè occupano lo stesso posto nell‟insieme di relazioni che li lega e oppone gli uni agli altri.
I fonemi sono dunque suoni fondamentali che si individuano, in ogni lingua, mediante prove di
commutazione. Data una qualunque parola di una lingua, o meglio dati i suoni che
costituiscono la sua forma significante, se commutando un suono in un altro (nel medesimo
punto) troviamo una forma che esprime un altro significato, siamo sicuri di avere trovato un
altro fonema della medesima lingua. Meglio ancora, siamo sicuri di essere di fronte a due
fonemi: il suono sostituito e quello con cui lo abbiamo sostituito. Abbiamo cioè trovato coppie
minime di parole con significato diverso. Così, se sostituiamo il primo suono di bollo con altri,
procedendo per prove di commutazione, troviamo parole come collo, pollo, mollo, e possiamo
dire di avere la prova che, in italiano /b/, /k/, /p/, /m/ sono fonemi, la cui funzione distintiva
(di parole con significato diverso) è evidente. Lo stesso dicasi per altre opposizioni che possiamo divertirci a trovare.
Per esempio, in un utile esercizio, proviamo a trovare la serie di fonemi reperibili a partire da
una parola come pane: cosa troviamo mettendo un altro suono consonantico al posto della p
iniziale? e cosa al posto della a (e solo della a)? e cosa al posto della n (e solo della n)? e della
e finale? Insomma, lasciando immutato il resto e cambiando di volta un solo suono di questa
parola, troviamo molte parole diverse e dunque altrettanti fonemi diversi dell‟italiano (anche
nel caso di pane vs. pani, pur restando la parola la stessa, abbiamo un cambio di significato
grammaticale, dal singolare di -e al plurale di -i ...: un morfonema, si potrebbe dire più
tecnicamente, slittando sul terreno dell‟interfaccia tra fonologia e morfologia1).
Possiamo fare analoghe prove di commutazione con parole di altre lingue, ma - attenzione - commutando i singoli suoni, e non le singole lettere.
Per esempio,
a partire dall‟inglese (to) be (“essere”) scopriamo che si può sostituire la vocale finale
(/i/) con una /i:/ lunga e avere la parola che si scrive bee “ape” (e scopriamo che la i
lunga - la cui lunghezza è indicata dai due punti2 - è dunque un fonema in inglese);
1 Anche se i linguisti, per studiare più in profondità i singoli livelli di analisi di una lingua, li considerano separatamente mettendo come tra parentesi il resto, sono proprio fenomeni di confine come questi ad indurci di nuovo, in continuazione, a considerare che la lingua è un tutto. E potremmo aggiungere che, per quanto la linguistica la studi nel suo funzionamento interno, essa non è mai del tutto separabile dai parlanti che la usano e che ne determinano cambiamenti e variazioni (per es. da una zona all‟altra, da un gruppo sociale di parlanti all‟altro...). Anche in ambito fonologico queste variazioni sono evidenti, soprattutto per una lingua come l‟italiano, spesso diverso nella realizzazione degli „stessi‟ fonemi da una varietà regionale all‟altra. E‟ utile ricordarlo, anche se annotazioni di questo tipo non rientrano nell‟economia del presente percorso. 2 Si incominciano ad utilizzare qui i simboli dell‟Alfabeto Fonetico Internazionale, di cui si parlerà più avanti. Quando essi sono tra barre oblique indicano fonemi. Se invece si usano le parentesi quadre, la trascrizione è fonetica e non fonematica.
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cambiando la vocale del francese ma “mia” si ottiene mon “mio” (in francese /õ/ è un
unico fonema vocalico nasale, per quanto rappresentato da due lettere), oppure mes
“miei/mie”, dove non ci si deve far trarre in inganno dalla presenza meramente grafica della s finale: al posto della a c‟è semplicemente una e aperta (/ /);
cambiando il suono consonantico centrale dello spagnolo hijo, “figlio” troviamo hilo “filo”, higo “fico”, hito “fisso” o “pietra (miliare)”.
E‟ sufficiente che, in una lingua data, ci sia una sola coppia minima ad opporre tra loro due
determinati suoni per poter affermare che quei suoni sono fonemi di quella lingua. Così, per
esempio, in italiano razza (con il significato - per quanto discutibile - di “gruppo umano di
appartenenza”), in cui il suono consonantico della seconda sillaba è sordo, si oppone alla
parola omografa razza “tipo di pesce”, in cui il suono consonantico nella medesima posizione è
sonoro. Ciò è sufficiente per poter affermare che /ts/ e /dz/ (i suoni differenti rappresentati
dalla medesima grafia corrente -zz-) sono due diversi fonemi dell‟italiano, anche se la loro
opposizione è pochissimo „produttiva‟ (si pensi invece, sempre per l‟it., all‟altissima produttività
di opposizioni del tipo /p/ vs. /b/, /t/ vs. /d/, /f/ vs. /v/, cioè all‟opposizione tra coppie di
fonemi consonantici distinti semplicemente per il fatto che il primo è sordo, il secondo sonoro).
Bisogna aggiungere che, procedendo in questo modo, con prove di commutazione, si possono
inventariare tutti i fonemi di una lingua, ottenendo un repertorio che è sempre diverso da una
lingua all‟altra sia quanto al numero dei fonemi, sia perché alcuni fonemi reperibili in una
lingua non esistono in un‟altra. Per esempio, il suono iniziali del francese je è un fonema che
invece manca in italiano; il suono iniziale dell‟inglese think manca in it. (e anche in fr.); in francese sono fonemi le vocali nasali ecc.
Il numero dei suoni fondamentali di ogni lingua è comunque sempre di poche decine
(mediamente trenta/quaranta). E ciò è indice della straordinaria economia (linguistica) che
regola il funzionamento di ogni lingua: si usano e riusano alcuni dei fonemi del suo limitato
repertorio, ponendoli in un ordine sempre diverso e/o ripetendoli, entro la medesima forma
significante (o parola). E in questo modo è costruito il numero illimitato delle parole di una lingua.
ESERCIZIO 1
Procedendo per prove di commutazione, cercate di inventariare tutti i fonemi della/-e
lingua/-e che insegnate o conoscete meglio.
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Fonetica articolatoria
Ogni lingua ha dunque un sistema fonologico differente: vi si usano suoni o diversi o
parzialmente diversi, che talvolta si articolano in modo differente anche quando sembrano gli
stessi o quando si ricorre, per rappresentarli in grafia corrente, alle medesime lettere dell‟alfabeto.
Per esempio, siamo sicuri che la t dell‟inglese sia la stessa t dell‟italiano? non proprio, dato che
invece ha una articolazione mediamente più arretrata: nella sua produzione la punta della
lingua è appoggiata quasi al palato, mentre in italiano viene appoggiata all‟arcata dentale
superiore.
E siamo sicuri che il pronome francese on sia costituito da o (vocale) + n (cons. nasale), come
la scrittura sembra suggerirci, o non si tratti invece di un unico suono, un‟unica vocale nasale,
difficile da pronunciare per parlanti non nativi che hanno come lingua madre una lingua in cui
le vocali nasali non esistono?
Per dare conto delle differenze tra i fonemi di una lingua e per descriverli nella rete di relazioni
che li distingue e oppone gli uni agli altri, la fonologia (o fonematica) deve ricorrere a
considerazioni di tipo fonetico. La fonetica descrive infatti la natura fisica dei suoni e la
fonetica articolatoria in particolare dà conto delle differenze tra i diversi suoni evidenziando
gli organi di volta in volta differenti implicati nella fonazione, la loro posizione reciproca ecc.
Tali organi costituiscono l‟apparato fonatorio e si suddividono in fissi (denti, alveoli, palato,
faringe) e mobili (labbra, lingua, velo palatino o ugola, corde vocali). E‟ facile vederli indicati in
uno spaccato sagittale (cfr. fig. 1).
Fig. 1 - Apparato fonatorio
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A determinare la natura differente dei suoni concorre la combinazione di vari fattori.
Fondamentale è la vibrazione o meno delle corde vocali, membrane sottili trasversali rispetto
alla laringe, che possono essere divaricate e rilassate, senza costituire dunque alcun ostacolo
alla fuoriuscita dell‟aria (e allora si producono suoni sordi), oppure unite e tese, determinando
dunque una vibrazione (suoni sonori). I suoni vocalici sono tutti sonori, mentre i suoni
consonantici possono essere sordi o sonori e in qualche caso si differenziano gli uni dagli altri
per la sola vibrazione o meno delle corde vocali nel produrli (pur nell‟invarianza di modo e
luogo di articolazione).
Il modo di articolazione permette di distinguere i suoni in continui (la cui articolazione può
essere protratta indeterminatamente) e momentanei. Nei suoni continui, contrariamente a
quelli momentanei, non si interpongono ostacoli totali alla fuoriuscita dell‟aria durante la
produzione del suono.
Nei suoni momentanei si ha un ostacolo alla fuoriuscita dell‟aria e la sua rimozione improvvisa
produce una sorta di esplosione. Tipici suoni momentanei sono quelli occlusivi, ma sono
momentanei anche i suoni affricati (che risultano dalla combinazione di un‟occlusione e una
frizione).
Tutti gli altri suoni sono continui. I suoni fricativi sono prodotti da un ostacolo parziale che si
determini in un qualche punto dell‟apparato fonatorio rispetto alla fuoriuscita dell‟aria. Se poi
l‟aria, nella produzione del suono, fuoriesce dai lati della bocca si hanno suoni laterali; se
fuoriesce dal naso, si hanno suoni nasali; se si produce una vibrazione (per esempio della
punta della lingua innalzata verso il palato) abbiamo i suoni vibranti.
Il luogo (o punto) di articolazione indica il punto preciso della cavità orale alla cui altezza il
suono viene prodotto Si distinguono così suoni labiali (prodotti all‟altezza delle labbra),
labiodentali (prodotti utilizzando labbra e denti), ecc. sino a quelli velari (prodotti all‟altezza del
velo palatino) (si veda la tab. con i suoni consonantici dell‟italiano). Si tenga presente che
molti suoni vengono ottenuti modificando la posizione della lingua, muscolo particolarmente
mobile, all‟interno della cavità orale e ammassandola o dirigendo/appoggiando la sua punta o
all‟uno o all‟altro dei vari organi fissi dell‟apparato fonatorio. Per esempio, nei suoni dentali la
punta della lingua si appoggia ai denti, nei suoni palatali c‟è un ravvicinamento forte tra lingua
e palato.
Essere consapevoli di come i suoni fondamentali di una lingua vengono mediamente prodotti
(badando almeno a una varietà standard e mettendo tra parentesi le molteplici variazioni
geografiche, sociali o individuali), significa potersi esercitare nella loro articolazione e arrivare
a produrli in modo accettabile. Ciò serve sia nel caso si debbano correggere difficoltà
individuali nell‟articolazione dei suoni della propria lingua nativa (su questo terreno lavorano i
logopedisti), sia quando si stia imparando una lingua straniera.
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Le vocali (o fonemi vocalici) dell'italiano
Pazzo, pezzo, pizzo, pozzo, puzzo sono le parole che, da sole, bastano a dimostrare l‟esistenza
in italiano di almeno cinque fonemi vocalici. E bisogna dire almeno cinque perché c‟è ancora,
anche tra i linguisti, chi continua a sostenere la pertinenza dell‟opposizione fonologica tra
aperte e chiuse nel caso delle vocali (toniche) medie e ed o. Però, in realtà, valgono solo per il
toscano l‟opposizione tra coppie come botte “colpi” con o aperta (/ /) e botte “recipiente per il
vino” con o chiusa (/o/) oppure quella tra venti “pl. di vento” con e aperta (/ /) e venti numero, con e chiusa (/e/).
Anche la natura differente dei vari suoni vocalici (che costituiscono il centro delle sillabe e ai
quali i suoni consonantici, non altrettanto „autonomi‟, devono appoggiarsi nella fonazione) si
ottiene spostando in avanti (vocali anteriori come e, i) o all‟indietro (vocali posteriori come o,
u) la massa della lingua oppure tenendo la lingua in posizione rilassata (vocali centrali come a).
La rappresentazione del sistema vocalico di ogni lingua avviene ricorrendo a un trapezio3 dove
viene sistemata in basso, sull‟angolo sinistro, la vocale centrale [a] e su quello destro una [ɑ] dall‟articolazione più velare; sul lato sinistro le vocali anteriori e progressivamente più chiuse,
ma proferite con una distensione progressiva delle labbra: le medie [ ] ed [e], e ancora più in
alto e in avanti, la [i]; sul lato destro le vocali posteriori e proferite con arrotondamento
progressivo delle labbra, come le medie [ ] ed [o] e la più chiusa e arretrata u. Quelle qui
citate sono dette vocali cardinali, e formano un reticolo di riferimento per individuare la
posizione di altre vocali che, anche molto numerose, esistono in lingue diverse.
Basti pensare a come notevolmente più complicato e più affollato sia il sistema vocalico di una
lingua come il francese, con le sue numerose vocali intermedie, oltre che con le vocali nasali,
da collocare in posizioni varie all‟interno del trapezio vocalico o lungo i suoi assi anteriore o
posteriore.
Fig. 2 - Trapezio vocalico con le vocali cardinali
3 Cfr. la fig. 2. Per l‟italiano si ricorre più spesso a un triangolo (vocalico), sulla cui punta in basso è collocata la sola /a/ che l‟italiano possiede.
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La rappresentazione dei suoni vocalici mediante un trapezio ha una certa dose di iconicità4:
riflette in qualche modo la posizione della lingua (che dobbiamo immaginare rappresentata
dalla linea in basso) e lo spostarsi/sollevarsi della sua massa ora in avanti, ora indietro, entro
la cavità boccale. Lo spostarsi e ammassarsi della lingua all‟interno della cavità orale è
fondamentale, come si è detto, a determinare la natura dei differenti suoni vocalici. Ma anche il
grado di apertura o di chiusura della bocca (assieme alla progressiva distensione delle labbra
nel caso delle vocali anteriori; o di arrotondamento nel caso delle vocali posteriori) incide sulla
natura dei suoni vocalici prodotti, senza che comunque si interponga alcun ostacolo alla fuoriuscita dell‟aria durante la fonazione.
4 Un segno è iconico quando la sua forma significante tende a „rassomigliare‟ per qualche aspetto al suo „contenuto‟ (o significato).
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Le consonanti (fonemi consonantici) dell'italiano
Bilabiali Labio-dentali
Dentali Alveolari Postalveolari o prepalatali
Palatali Velari
Occlusive
sorde
sonore
p
(pane)
b
(banca)
t (topo)
d
(dopo)
k
(cane)
g
(gatto)
Affricate sorde
sonore
ts
(ozio)
dz
(zero)
(cera)
(gelo)
Fricative sorde
sonore
f (fuoco)
v
(vano)
s
(sera)
z
(uso)
(scena)
Nasali m
(mano)
n
(nodo)
(legno)
Vibranti r
(ruota)
Laterali l (lira)
λ (gigli)
Nella tabella qui sopra5, nella prima colonna verticale sono indicati i modi di articolazione, in
quella orizzontale i luoghi di articolazione. Combinando i tratti relativi a modi e luoghi di
articolazione e presenza o meno di sonorità si può così definire, per esempio, come occlusiva
bilabiale sorda la consonante iniziale della parola pane, come occlusiva velare sonora quella
iniziale di gatto, ecc.
Per il tipo di consonanti per le quali non è prevista la distinzione tra sorde e sonore, si può dire
che sono sempre sonore.
Le lettere (o meglio i simboli) usati per rappresentare tali suoni sono quelli dell‟Alfabeto
Fonetico Internazionale (o IPA). Nel caso delle affricate l‟IPA ricorre a due lettere per
rappresentare un unico fonema, con l‟intento di rappresentare così la natura foneticamente
composita di questi suoni, così come risulta dalla loro trascrizione spettrografica, benché si
tratti di suoni fonologicamente unitari. 5 Con qualche semplificazione, la tabella tiene presente soprattutto la sistemazione di Mioni 1993, ma da uno studio all‟altro si riscontrano spesso alcune oscillazioni e opzioni differenti. L‟utilissimo volumetto di Maturi 2006, per esempio, sposta tra le alveolari anche tutte le consonanti qui indicate come dentali. Queste oscillazioni sembrano dovute, almeno in parte, anche al fatto che ancora non esiste una pronuncia standard dell‟italiano, soprattutto per certi fonemi dalla realizzazione media oscillante e differente da una zona d‟Italia all‟altra.
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Alla scoperta delle differenze tra sistemi fonologici
ESERCIZIO 2
Tornare all‟inventario (ottenuto con l‟esercizio 1) dei fonemi consonantici reperiti per
le lingue straniere che si conoscano o insegnino. Collocare ora tali fonemi in una
tabella analoga a quella sopra presentata per l‟italiano. Se necessario, aggiungere /
specificare altre colonne per precisare luoghi di articolazione differenti. Un solo
esempio: nella sistemazione in tabella dei fonemi consonantici inglesi sarà
sicuramente necessario aggiungere una colonna relativa alle interdentali (come luogo
di articolazione, dato che sono prodotte inserendo la punta della lingua tra i denti
superiori e inferiori). In questa colonna, all‟altezza delle fricative, si dovranno
sistemare la sorda / / (es. think) e la sonora / / (es. this).
Ovviamente, a questo punto, sarà anche necessario acquisire maggiore familiarità con i simboli
IPA.
Teniamoli dunque presenti, sapendo che in altre lingue possiamo trovare soprattutto6 i
seguenti altri suoni (e simboli), oltre a quelli già inclusi nella tabella relativa all‟italiano o
comunque già citati (come i vari [ ], [ ], [ ], [ ]):
[ɑ] vocale bassa e velare come nell‟ingl. car [‟kɑ:*]7
[ ] vocale posteriore medio-bassa (intermedia tra una a ed una o aperta), molto breve, come nell‟ingl. but [‟b t]
[ ] vocale indistinta come nell‟ingl. father [‟fɑ: *] o here [‟hi *] (la si ritrova anche
nella finale di parole in dialetto napoletano)
[ ] vocale anteriore molto aperta (più bassa di [ ], tra la a e la [ ]), come nell‟ingl. bad [‟b d] (e come la a dei baresi nel parlare italiano)
[ ] vocale anteriore alta molto breve, un po‟ più aperta di [i], come nell‟ingl. kid [‟k d]
[ ] vocale anteriore medio-bassa, arrotondata, come quella del fr. Coeur
[ ] vocale anteriore medio-alta, arrotondata, come quella del fr. Jeu
[ ] vocale anteriore alta, articolata con labbra arrotondate, intermedia tra i ed u, come nel fr. bureau o nel ted. Für
[j] semivocale (o suono semiconsonantico) come nell‟ingl. yes [jes] (o come nell‟it. ieri)
[w] semivocale (o suono semiconsonantico) come nell‟ingl. work [‟wo:k] (o come nell‟it. uomo)
6 Sono almeno un centinaio i simboli dell‟IPA, ma qui si indicano solo quelli che è più utile conoscere con riferimento alle principali lingue europee. 7 L‟asterisco indica che la r finale in certi casi, se la parola successiva inizia con vocale, può essere pronunciata.
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[ ] fricativa bilabiale sonora, articolata senza chiudere completamente le labbra, come
nello sp. benevolo [be‟ne olo]
[ ] fricativa prepalatale sonora come nell‟ingl. pleasure [‟ple *] o nel fr. je [ ]. E‟ la
correlativa sonora, identica quanto a modo e punto di articolazione, della sorda [ ]
[ ] fricativa palatale sorda, come nel ted. ich [‟i ]
[x], fricativa velare sorda, prodotta avvicinando la parte posteriore della lingua al velo
palatino, come nello sp. garaje [ga‟raxe] (o come in qualche realizzazione toscana di casa)
[h], fricativa glottidale sorda, come nell‟ingl. house [‟haus]
[ ], nasale labiodentale, come nell‟it. anfibio [a ‟fibio]
[ŋ], nasale velare, come nell‟ingl. song [‟sɔŋ], ted. Klang [‟klaŋ], it. incanto [iŋ‟kanto]
[ ] vibrante uvulare: la erre francese di père [‟p ]. I suoni uvulari si producono accostando il dorso della lingua all‟uvula, parte finale del palato.
[ ] fricativa uvulare: altro modo di realizzare la erre francese: il fonema fr. /r/ è
dunque lo stesso, ma la sua realizzazione fonetica oscilla e può essere una vibrante oppure una fricativa.
[ ] laterale velarizzata (detta anche dark l), come nell‟ingl. (to) kill [‟kI ]
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Confronti tra (orto)grafia e fonie
ESERCIZIO 3
Utilizzando i simboli IPA, esercitarsi a trascrivere foneticamente le parole dell‟italiano.
Si tenga presente che l‟accento viene indicato con un apostrofo prima della sillaba su
cui cade. Si può partire da parole come filo, giglio, cagna, ragno, cogliere, colgo,
sognare, raccogliere, chilo, gufo, gheriglio, bocche...
Confrontare poi la trascrizione fonetica fattane con quella presente in vari dizionari
dell‟italiano, compresi quelli consultabili in rete.
E‟ già sufficiente uno sguardo alla tabella dei fonemi consonantici dell‟italiano per capire che
non c‟è una corrispondenza biunivoca, un rapporto di uno a uno, tra i singoli suoni e le lettere
usati comunemente per rappresentarli, neanche in una lingua dall‟ortografia abbastanza „fonetica‟ come, appunto, l‟italiano.
Mettendo a confronto le 21 lettere dell‟alfabeto con questo repertorio di soli fonemi
consonantici (23 nella tabella, cui aggiungere almeno cinque fonemi vocalici), si ottiene una
somma di 28 fonemi8. E la discrepanza anche solo numerica con le lettere dell‟alfabeto rende
evidente quanto si diceva:
non sempre a una lettera corrisponde un suono (la h è muta e può essere usata, per
indicare la velarità di una c o di una g seguite da e o i , come in chele, rughe o chiesa,
ghiro; anche per distinguere graficamente gli omofoni ha verbo da a prep.9. Ma anche
la i è spesso „muta‟: è mero indicatore grafico della natura prepalatale del suono
indicato dalla lettera o dal nesso di lettere precedenti. Per di più la sua presenza in
questo senso non è sistematica: c‟è in scienza, per esempio, ma non in conoscenza);
a più lettere corrisponde talvolta un unico suono: è il caso di sc(i) (appena citato), gl(i),
gn. Sono digrammi oppure, se accompagnati da una i diacritica (come nel caso di
scienza, figlio)10, trigrammi;
lo stesso suono può essere rappresentato in modi diversi (come nel caso della occlusiva
velare sorda /k/, che può rappresentarsi ora con la lettera c, ora con q (come in
quadro), ora con ch (come in chiesa);
la stessa lettera può rappresentare suoni differenti: è il caso della g, che può
rappresentare ora un suono velare (come in gara, gola, gufo) ora uno postalveolare o prepalatale, come in geranio, giro.
8 Se poi, come fanno alcuni studiosi, si considerano fonemi (e non semplici foni) anche i suoni semiconsonantici [j] ed [w] (detti approssimanti quanto a modo di articolazione), si può dire che i fonemi fondamentali dell‟italiano sono 30. Ma non è compresa nel computo l‟opposizione, provvista di valore fonologico, tra molte consonanti brevi e lunghe: come accade in coppie minime di parole come cola / colla; fato /fatto; bara / barra. 9 Sono omofone le parole diverse (sia etimologicamente, sia per il loro significato) la cui forma significante è costituita però dalla medesima successione di suoni. 10 La i è diacritica quando si scrive senza che però le corrisponda alcuna realtà fonica. Indica allora, in genere, solo la palatalità del suono (unitario) rappresentato dalle due lettere precedenti. Infatti, gli stessi raggruppamenti di lettere (gl anche se seguito da i o e), possono rappresentare suoni diversi, come nel caso di glicine o di sigle.
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ESERCIZIO 4
Quelli fatti finora sono solo alcuni esempi delle discrepanze tra lettere dell‟alfabeto (o
grafemi) e fonemi rappresentati. Continuate voi, provando ad inventariare, per
l‟italiano, tutte le discrepanze di questo tipo.
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Utilità delle trascrizioni fonetiche
In altre lingue come l‟inglese o il francese, come si è già detto, la discrepanza tra livello fonico
(la parola come si dice) e grafico (la parola come si scrive) è ancora più evidente. Per le lingue
straniere, soprattutto quando e se le si impara solo a scuola, dando inevitabilmente molto
spazio anche alla lettura di testi, è dunque particolarmente importante poter avere una guida
sicura che ci dica come pronunciare le parole che non conosciamo e in cui ci imbattiamo
leggendo.
Questa guida può essere rappresentata dai dizionari che, anche per questi aspetti, bisognerebbe insegnare a consultare, abituando al loro uso più di quanto non si faccia.
Infatti, nei dizionari, sia bilingui che monolingui, ogni lemma è corredato in genere da una
immediata trascrizione fonetica (tra parentesi quadre) o fonologica (tra barre oblique) che,
ricorrendo ai simboli dell‟IPA, ci dice come quel determinato vocabolo si pronuncia. Ed è allora
importante sia conoscere e riconoscere i simboli dell‟IPA, sia sapere che, nelle trascrizioni
fonetiche o fonologiche, l‟accento viene posizionato immediatamente prima della sillaba su cui
cade. Così come è importante sapere che i due punti (:) indicano allungamento del suono, sia
vocalico che consonantico, che li precede11 o che la tilde ( ) viene usata per indicare la natura nasale di alcuni suoni (come le vocali).
Ovviamente, se la trascrizione è fonetica, ci si può aspettare qualche indicazione di maggior dettaglio, che può invece mancare in una trascrizione fonematica.
Ci si può aspettare, per esempio, che, pur sempre attestandosi su una pronuncia assunta come
standard, si dia conto anche delle varianti contestuali di determinati fonemi in determinate
posizioni. Ciò accade al suono nasale dell‟it. anfora che, precedendo la labiodentale /f/, diventa
labiodentale esso stesso (il fonema /n/ risulta realizzato come [ ]) oppure al suono nasale
dell‟it. ancora che, prima della velare /k/, diventa velare esso stesso ([ŋ]). Per cui si può dire
che, in determinati contesti fonici, ora [ ], ora [ŋ] sono allofoni di /n/. Se dunque, in una
trascrizione fonologica, non potremmo comunque, anche in questi casi, che trovare /n/ (il
fonema non cambia), in una trascrizione fonetica ci dovrà essere invece [ ] per la nasale di anfora, [ŋ] per quella di ancora.
Se si sfoglia qualche dizionario italiano scelto a caso, ci aspetta però qualche delusione circa la
coerenza con cui ci si cura di tali aspetti. Indubbiamente più accurati al riguardo sono i
dizionari di lingue straniere, di inglese in particolare, che hanno una tradizione di ben più lunga
data sull‟attenzione da riservare alle informazioni fonetiche, anche se un tempo le si dava in
modo più semplificato (e approssimativo), utilizzando la grafia tradizionale e considerando evidentemente troppo complicati i simboli dell‟IPA.
Eppure questi simboli, una volta imparati e una volta capito a quali suoni (prodotti come)
corrispondono, permettono -meglio di altre approssimazioni- di risalire a una pronuncia accettabile.
11 Quando si rappresenta un suono consonantico lungo si può però ricorrere, anziché ai due punti, a una semplice ripetizione del medesimo simbolo.
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Bibliografia
N.B.: Forse un po‟ provocatoriamente, questa bibliografia contiene anche qualche testo di non facile reperibilità perché (apparentemente) datato. Ma si tratta di lavori fondamentali e molto più efficaci, nella
loro chiarezza, di tanti testi più recenti. Se non in commercio, sono sicuramente presenti nelle migliori biblioteche, ma possono trovarsi anche nel catalogo di qualche biblioteca scolastica...
Gaetano Berruto, 1997, Corso elementare di linguistica generale. Torino, Utet.
Agile manuale introduttivo alla linguistica, in cui ovviamente non manca un capitolo
sulla fonetica e fonologia.
Tullio De Mauro, “Scripta sequentur (a proposito degli “sbagli” di ortografia)”. In Av.Vv.,
Proposte didattiche. Torino, Loescher, 1974, pp. 54-64; e anche in T. De Mauro, 1977,
Scuola e linguaggio. Roma, Editori Riuniti, pp. 55-65.
Fin dal titolo, viene in mente la secondarietà dello scritto su cui si è insistito nella
scheda-madre relativa al presente percorso. Si tratta di un‟utile riflessione sulla relativa
incoerenza dell‟ortografia (qui dell‟italiano, ma in realtà di ogni sistema ortografico) e
sulla necessità di ridimensionarne il peso, soprattutto senza pensare che l‟insegnamento
della scrittura debba risolversi nella sola cura dell‟ortografia.
Fabio Foresti, 1977, “Il rapporto tra sistemi grafici e sistemi fonologici, con particolare
riguardo all‟italiano”, Rivista italiana di dialettologia, 1, pp. 121-152
Utile da consultare, magari dopo aver fatto l‟esercizio n. 4 suggerito nel presente
percorso.
Pietro Maturi, 2006. I suoni delle lingue, i suoni dell’italiano. Introduzione alla fonetica.
Bologna, il Mulino.
Utilissimo manualetto. Illustra anche i suoni principali che, non presenti in italiano, si
trovano invece in francese, in inglese, in spagnolo, in tedesco. E‟ corredato di un
capitolo sui fenomeni fonetici ricorrenti nell‟italiano parlato da stranieri (quello degli
inglesi, dei francesi, dei tedeschi e degli spagnoli) o, viceversa, reperibili quando a
parlare queste lingue sono parlanti italiani. I simboli dell‟IPA sono presentati e
confrontati con quelli di un sistema di trascrizione fonetica più tradizionale, ancora in
uso tra i romanisti. Ciò spiega alcune oscillazioni e incertezze con cui lo stesso sistema
IPA viene spesso usato.
Alberto M. Mioni, 1993, “Fonetica e fonologia”. In A. M. Sobrero (a cura di),
Introduzione all’italiano contemporaneo. I. Le strutture. Roma-Bari, Laterza, pp. 101-
139.
Analisi della fonetica e fonologia dell‟italiano, con illustrazione dei punti più problematici
relativi a) alla difficoltà di individuare ancora oggi (per ragioni storiche e
sociolinguistiche) uno standard nella sua pronuncia; b) alla continua oscillazione e
incertezza strutturale, soprattutto di certe zone del sistema fonologico (in particolare
per le fricative). Contiene anche una scheda sulle notazioni ortografiche. Ma chi volesse
approfondire questo piano, può leggere Foresti 1977, magari sullo sfondo delle sempre
utilissime riflessioni di De Mauro 1974.
Marina Nespor, 1993. Fonologia. Bologna, il Mulino.
Testo (introduttivo ma specialistico) di approfondimento. Se ne possono però utilmente
vedere, senza incontrare eccessive difficoltà, almeno l‟introduzione e il primo capitolo
(“Cenni di fonetica”). Si tenga presente inoltre che un capitolo su fonetica e fonologia
non manca in nessun manuale di linguistica dei tanti buoni in circolazione: ogni
insegnante di lingua dovrebbe possederne (e consultarne spesso) almeno uno (per
esempio, Berruto 1997 è tra quelli più semplici e chiari).
Massimo Prada, s.d., Breve introduzione alla fonetica (reperibile sul sito
http://wiki.dsy.it/images/4/40/Fonetica.pdf)
Lavoro senza data, ma abbastanza recente: tutta la prima parte, dedicata alla fonetica
articolatoria, è particolarmente utile per approfondimenti, con illustrazioni e indicazioni
dettagliate sull‟articolazione dei vari foni.
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