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10° ANNO | NUMERO 1, 2017

FOCUS | PAGINA 5

Complicanze.Situazioni cliniche difficili nella pratica quotidiana clinica e come affrontarle.

BACKGROUND | PAGINA 32

Membrane.Scopriamo il collagene, meraviglia della natura, e capiamo come aiuti il nostro corpo ad aiutarsi da solo.

NUOVI SCENARI | PAGINA 28

Rigenerazione cardiaca.Scoperto nel tritone un meccanismo di riparazione che potrebbe essere im-portante anche per la nostra salute.

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2 Geistlich News 01 | 2017

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Numero 1 | 2017INDICE

EDITORIALE

4 We Care

FOCUS

5 Rischi e complicanze.6 Bisfosfonati: controindicati per gli aumenti ossei? Prof. Bilal Al-Nawas | Germania

10 Gestione del rischio nel rialzo del seno mascellare Prof. Michael R. Norton | Inghilterra

13 Trattamento della peri-implantite: «La formazione è un must!»

Prof. Stuart J. Froum | Stati Uniti

17 Metodi di incremento osseo nei pazienti anziani Prof. Zhuofan Chen, Dr. Zhipeng Li | Cina

20 Meno complicanze negli incrementi ossei estesi Prof. Jaime Lozada | Stati Uniti

22 Perdita dell’innesto in seguito ad alveolite – Caso clinico Dr. Michael Stimmelmayr | Germania

JOURNAL CLUB

24 Selezione degli studi fondamentali.24 Estrarre o conservare i denti? Prof. Giovanni E. Salvi | Svizzera

NUOVI SCENARI

28 Un cuore nuovo per il tritone.

GEISTLICH PHARMA | OSTEOLOGY FOUNDATION

31 Background.32 «Il corpo umano ha bisogno di spazi protetti»

35 Geistlich Bio-Gide® Compressed: La differenza si vede!

36 Incrementi ossei minori – È arrivato il nuovo manuale!

37 Geistlich porta avanti la serie dei webinar

38 Geistlich-Blog «The Regeneration Expert»

40 Un network mondiale della rigenerazione orale

INTERVISTA

42 A Milano con Giulio Rasperini

21 Dati editoriali

4 Geistlich News 01 | 2017

Dietrich Bonhoeffer con la sua affermazione va nella giu-sta direzione: «L’errore più grande che si può fare nella vi-ta è avere sempre paura di fare un errore». Condivido pie-namente. In Geistlich riteniamo della massima importanza ridurre al minimo gli errori e ci prendiamo seriamente la nostra responsabilità nell’ambito della formazione profes-sionale e dell’aggiornamento. Desideriamo diffondere le nostre conoscenze con conferenze, workshop e webinar. Non è questo forse il metodo migliore per ridurre al mini-

We careEDITORIALE

mo le complicanze? Siamo convinti che in tal modo pos-siamo dare un contributo concreto ed efficace alla pratica quotidiana.Il nostro impegno in tal senso viene sottolineato dall’am-pliamento del team Training & Education. I nostri esperti non si accontentano di strumenti e metodi tradizionali, ma cercano di aggiornarli continuamente per essere in grado di diffondere le nostre conoscenze tramite moduli teorici e pratici. Essi si adoperano perché tali moduli siano offer-ti in forme e quantità adeguate, e al momento desiderato. Sviluppiamo continuamente le nostre competenze avva-lendoci di una rete internazionale di scienziati e utilizza-tori. Il vostro impegno, il nostro comune impegno, ha un denominatore comune: il benessere dei nostri pazienti.

Cari lettori, care lettrici, vi auguro che la presente edizio-ne dedicata al tema «Rischi e complicanze» vi aiuti a tro-vare qualche spunto interessante e abbia magari anche qualche effetto positivo.

Mario MuchaChief Operating Officer

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FOCUS

RISCHI E COMPLICANZE.Situazioni particolarmente difficili possono verificarsi in ogni studio dentistico, come nel caso di deiscenze o di recessioni di tessuti molli su impianti. Cosa si può fare per identificare in anticipo eventuali rischi e prevenire le complicanze?

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FOCUS

Prof. Bilal Al-Nawas | Germania

Medicina universitaria dell’Università di Mainz Clinica di Chirurgia maxillo-facciale di Mainz

Bisfosfonati: controindicati per gli aumenti ossei?

Non tutti i pazienti sotto­posti a terapia anti­assorbi­mento sono ad alto rischio di osteonecrosi della mandibola. In quali pazienti si può effettuare un impianto e a cosa deve fare assolutamente attenzione l’odontoiatra?

I bisfosfonati e altri farmaci anti-assor-bimento vengono usati da molti anni in diverse patologie ossee. Tutti i bi-sfosfonati hanno una cosa in comune: rallentano o riducono sensibilmente il rimodellamento osseo. Essi contribuiscono pertanto alla stabi-lizzazione della struttura ossea preve-nendo ad esempio il rischio di fratture conseguenti all’osteoporosi. Questi far-maci vengono anche utilizzati in pre-senza di tumori per tenere sotto con-trollo i sintomi di metastasi ossee e, ultimamente, anche per prevenire il ve-rificarsi di metastasi nel tumore al se-no, nel carcinoma della prostata e nel mieloma multiplo. Quando si trattano pazienti che soffro-no di tali patologie si deve chiedere specificatamente, prima di qualsiasi in-tervento chirurgico, se il paziente fa

uso di farmaci antiriassorbitivi. I bisfo-sfonati si accumulano nelle ossa. La quantità di effetti indesiderati aumenta inoltre nel corso del trattamento. Lo stesso vale per le nuove sostanze at-tive che sono già in vendita o che si tro-vano ancora in fase di sperimentazione (Figura 1). Il piano terapeutico deve as-solutamente tenere conto di tali effetti.

L’osteonecrosi della mandi­bola inizialmente è asintomatica.

I bisfosfonati hanno cominciato ad avere una certa notorietà in odonto-iatria circa 15 anni fa, quando sono comparsi i primi studi che associava-no questi farmaci all’osteonecrosi.

Fig. 1: azione di sostanze attualmente in vendita o in fase di sperimentazione

Bisfosfonati (ad es. Alendronato Zoledronato) > bilancio osseo positivo grazie alla ridotta durata di vita degli osteoclasti e degli effetti sugli osteoblasti, fibroblasti e sulle cellule dell’angioge-nesi.16 Accumulo dell’effetto nel corso del tempo.

Antagonisti dei ligandi di RANK (ad es. Denosumab)17 > bilancio osseo positivo grazie all’inibizione della reciproca azione osteoblastica con quella osteoclastica. Nessun accumulo dell’effetto nel corso del tempo.

Inibitori della catepsina K (ad es. Odanacatib) >bilancio osseo positivo grazie all’inibizione delle proteasi, responsabili negli osteoclasti della degradazione della matrice ossea contenente collagene (catepsina). Ad oggi, nessun caso di osteonecrosi.

Inibitori dell’angiogenesi (Bevacizumab, Sunitinib) > Sono connessi al fattore di crescita VEGF e bloccano la formazione di nuovi vasi sanguigni. Alta percentuale di osteonecrosi, simile a quella dei bisfosfonati.

FOCUS

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I pazienti oggetto degli studi soffriva-no spesso di malattie multiple, erano ad esempio pazienti oncologici e quin-di all’inizio non si sapeva ancora con certezza se l’osteonecrosi era stata causata dai bisfosfonati o dalla che-mioterapia. Esiste oggi un generale consenso sul fatto che i bisfosfonati, in particolare nei trattamenti a lungo termine, possono causare osteonecro-si in pazienti predisposti.Una caratteristica tipica di questa pa-tologia, critica dal punto di vista dia-gnostico, è che essa inizialmente è asintomatica e si riconosce solo quan-do l’osso viene esposto. Le complican-ze secondarie, come un’infezione, cau-sano la sintomatologia dolorosa. Per tale motivo gli studi farmacologici nei quali si è mancato di effettuare un esa-me della cavità orale hanno sottovalu-tato il tasso reale di osteonecrosi. La sintomatologia di base è confluita nel-la definizione, riconosciuta a livello

mondiale, dei tre stadi di osteonecro-si mandibolare, da parte della Ameri-can Association of Oral and Maxillo-facial Surgeons (AAOMS).19 La diversa prevalenza di osteonecrosi mandibo-lari in pazienti affetti da osteoporosi e pazienti oncologici viene illustrata nel-la Figura 2.

Più infezioni in presenza di parodontite marginale

In questi ultimi anni si è sviluppato un acceso dibattito sulle cause di queste necrosi. Inizialmente, si era pensato che la causa fosse da attribuire all’e-strazione del dente. Oggi, invece, si è convinti che questi processi ossei ven-gono scatenati prima dell’estrazione e che l’estrazione del dente contribuisca solamente alla sintomatologia clinica (Fig. 3 e 4). Interessante, sotto questo aspetto, il fatto che è la parodontite

marginale in particolare ad essere as-sociata a un aumento del tasso di in-fezioni e necrosi.1 Questo dato viene confermato da una serie di studi epi-demiologici. In altre parole, sarebbe il mancato rimodellamento marginale conseguente all’infezione parodonto-logica a causare la necrosi e il seque-stro osseo.2,3 È tuttavia sorprendente che le infiammazioni apicali sembrino causare relativamente di rado una ne-crosi di natura endodontica. Alcuni au-tori sono convinti che esista una rela-zione causale tra un’alterazione del valore di pH con conseguente libera-zione dei bisfosfonati dall’osso e le ne-crosi.4 La responsabilità viene fatta ri-salire ad alcune specifiche infezioni come quelle causate dagli actinomice-ti.5 La causa delle necrosi non è stata tuttavia ancora accertata con certez-za, soprattutto non si comprende co-me mai esse si verifichino quasi esclu-sivamente nell’osso mandibolare.

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5–20 %

Pazienti con osteoporosi primaria

Prevalenza di osteonecrosi: 0,1 % (nessuna differenza tra pazienti sottoposti a terapia orale o endovenosa con bisfosfonato o Denosumab12,13)

Pazienti oncologici Prevalenza di osteonecrosi: 5–20 %14,15

Fig. 2: Prevalenza bassa/alta di osteonecrosi

8 Geistlich News 01 | 2017

Impianto e aumento osseo

È importante, per pianificare corretta-mente un trattamento, differenziare tra pazienti ad alto e a basso rischio di osteonecrosi mandibolare (vedi Figura

2). Una serie di studi di coorte control-lati hanno evidenziato che la guarigio-ne dell’impianto in pazienti trattati con bisfosfonati con un basso profilo

FOCUS

visse a fornire una valutazione del ri-schio di osteonecrosi. Il telopeptide C (CTx) del collagene di tipo I è stato considerato idoneo a tale scopo da al-cuni autori8 ma ha un valore predittivo molto limitato del rischio di ONJ per cui la misurazione di questo valore non viene oggi quasi più effettuata.9 La guarigione clinica e radiologica seguente all’estrazione del dente è  pertanto elemento critico per la valutazione della fisiologia dell’osso. La conferma radiologica della persi-stenza di alveoli con lamina dura con-servata è da considerarsi segno di un ridotto rimodellamento osseo e di con-seguenza di un alto rischio di osteone-crosi.

«Drug holiday» – pro o contro?

Un altro tema al centro di un vivace di-battito è la questione della vacanza te-rapeutica («drug holiday») nella tera-pia a lungo termine con bisfosfonati. Se si considerano gli effetti inibitori

CASO

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3 Paziente affetta da tumore al seno e metastasi ossee. Zoledronato per via endovenosa da tre anni. Risultati da estrazione del dente 45, 14 giorni prima. Quadro clinico con processo infiammatorio e fistola.

4 Situazione intraoperatoria della stessa paziente che mostra l’entità della necrosi e dalla quale si evince che la necrosi si limita all’osso marginale e sussisteva molto probabilmente prima dell’estrazione.

5 Paziente con osteoporosi primaria. Assume acido ibandronico da sette anni. È stata evidenziata un’infiammazione ossea non rispondente al trattamento antibiotico (BPONJ) nella regione 43 circa sei mesi dopo l’impianto nella regione 33 e 43.

6 Ortopantomografia della stessa paziente con segni di infiammazione ossea.

7 Paziente con tumore al seno sottoposta a trattamento con Zoledronato; osteonecrosi causata da protesi a ponte.

di rischio, non presentava alcun proble-ma.6 Anche gli aumenti ossei in pazien-ti a basso rischio sono effettuabili sen-za complicanze. In pazienti ad alto rischio, invece, l’indicazione al tratta-mento implanto-protesico dovrebbe es-sere data in modo particolarmente cau-to. In letteratura sono descritti casi nei quali un impianto ha provocato una osteonecrosi.7 Le Figure 5 e 6 mostrano chiaramente gli esiti di perdita dell’im-pianto con osteonecrosi. Questi casi riguardavano in genere pazienti ad alto rischio.Sarebbe interessante capire quali sono gli effetti degli impianti sul rischio di osteonecrosi. Si hanno ancora troppo pochi dati ma se si presume che una pa-rodontite possa causare un’osteonecro-si sul dente, si dovrebbe concludere che lo stesso sia possibile anche in seguito a un’infiammazione perimplantare.

Valutazione del rischio

Per molto tempo si è cercato un sem-plice parametro di laboratorio che ser-

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FOCUS

del bisfosfonato sui fibroblasti e sulla formazione di nuovi vasi sanguigni e si collega ciò a un aumento individua-le del livello CrossLaps (livello di CTX)8, è chiaro che in pazienti con osteoporosi una breve interruzione della somministrazione di bisfosfona-ti è auspicabile. In ambito oncologico ciò non è normalmente possibile. Per quanto riguarda la durata dell’in-terruzione, la maggior parte degli au-tori consiglia un periodo di tre mesi precedente l’intervento chirurgico. Non esistono tuttavia, ad oggi, dati certi a favore di una interruzione tera-peutica da bisfosfonati. Abbiamo per-tanto a che fare con un’«intuizione cli-nica» non confermata.10

Sviluppi futuri: gli impianti da preferire alle protesi?

Se si considera che anche le lesioni della mucosa causate da protesi a pon-te possono causare necrosi e l’esposi-zione dell’osso, l’utilizzo di impianti potrebbe essere utile per una preven-zione dell’osteonecrosi (Fig. 7). Come per i pazienti sottoposti a radioterapia, si dovrebbero seguire con attenzione i futuri sviluppi in questo campo.

Bisfosfonati su impianti?

I bisfosfonati vengono da anni utiliz-zati per lo sviluppo di materiali sosti-tutivi di derivazione sintetica, preva-lentemente per rivestire le superfici. A causa del rallentamento del rimo-dellamento, il rivestimento comporta un maggior deposito osseo sul mate-riale sostitutivo.11 La risposta alla do-manda se i bisfosfonati comportino vantaggi o svantaggi dipende pertan-to dal dosaggio. Dopo anni in cui i bi-sfosfonati hanno goduto di una pessi-ma fama, si potrebbe ora affrontare la questione da un punto di vista più og-gettivo.

Conclusioni

Per prevenire l’insorgere di osteone-crosi si dovrebbe effettuare una profi-lassi odontoiatrica attiva prima di ini-ziare un trattamento con farmaci antiriassorbitivi. Se un paziente in te-rapia con tali farmaci dovrà essere sot-toposto a un intervento chirurgico, si dovrà soppesare il successo dell’inter-vento (guarigione dell’impianto) con-tro il possibile insorgere di necrosi. Gli interventi dovranno essere effettuati

in regime antibiotico, tenendo conto dei possibili rischi. Le revisioni siste-matiche6 effettuate in tale ambito non forniscono controindicazioni per l’in-serimento di impianti in pazienti in te-rapia con bisfosfonati e basso profilo di rischio. Per i pazienti con alto profi-lo di rischio si dovrebbe, invece, pro-cedere con estrema cautela.

Riferimenti bibliografici

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18 Grötz KA, et al.: 2016, AWMF Registernummer: 083-026, 2016 [Disponibile in: http://www.awmf.org/uploads/tx_szleitlinien/083-026l_S3_Zahnimplantate_Knochenantiresorptive_Bis-phosphonate_2016-11.pdf]

19 Ruggiero SL, et al.: J Oral Maxillofac Surg 2014; 72(10): 1938–1956. [Disponibile in: http://media.onj.nu/2013/08/AAOMS-Position-pa-per-ONJ_2014.pdf]

Linea guida sul tema «Implantologia e terapia antiriassorbitiva»

Linee guida S3 «Impianti dentali in trattamento farmacologico con antiriassorbitivi» (incl. Bisfosfonati), Numero Registro AWMF 083 026,18 scansiona il codice QR qui a sinistra

«Promemoria per la valutazione del rischio» per il trattamento implantolo-gico di pazienti in terapia antiassorbitiva.8

Scansiona il codice QR qui a sinistra

Documento dell’American Association of Oral and Maxillofacial Surgeons.19

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10 Geistlich News 01 | 2017

Il rialzo del seno mascellare è correlato a una serie di complicanze legate alla perforazione della mem­brana di Schneider. Come è possibile evitarle? Quali misure adottare in caso di perforazione della mem­brana?

Sin dalla Sinus Consensus Conferen-ce dell’Academy of Osseointegration tenutasi venti anni fa, il rialzo del se-no mascellare viene considerato una tecnica predicibile.1 Dalla relazione conclusiva della Conferenza era emer-so che il successo degli interventi di rialzo di seno mascellare con l’inseri-mento di quasi 3000 impianti era pari al 90 % dieci anni dopo l’intervento.Esiste tuttavia un problema. Sono tantissimi gli studi effettuati per mi-surare il successo di impianti con ri-alzo di seno mascellare, ma molto po-chi quelli che avevano come fine, in modo specifico, il successo del rialzo osseo.L’aumento del volume dell’osso ma-scellare rappresenta, oggi come in passato, un procedimento molto com-plesso dal punto di vista tecnico, per la sensibilità della membrana di Sch-

neider, il rischio di una perforazione e di un’infezione postoperatoria con conseguente perdita dell’innesto.

Complicanze per la perfora­zione della membrana

In un recente articolo pubblicato nel Journal of Cranio facial Surgery2, il ri-schio di complicanze è stato indicato come «molto basso». Ma uno dei pro-blemi più frequenti che incorrono in ambito odontoiatrico dopo un inter-vento di rialzo del seno mascellare è, oltre ad altre patologie connesse all’intervento, la mancata riuscita dell’impianto a causa di un’involonta-ria penetrazione, completa o parziale, dell’impianto nel seno mascellare. Per evitarlo, sono state pubblicate in let-teratura raccomandazioni cliniche in parodontologia3 e chirurgia orale e maxillo-facciale4.La complicanza più frequente indica-ta nella letteratura è la perforazione della membrana di Schneider con una frequenza di circa 7–40 % dei casi.4-7 In uno studio recente effettuato su 200 successivi interventi di rialzo ma-scellare, nel 25,7 % di questi interven-ti si è verificata una perforazione e nel 14,9 % di questo gruppo si sono avute ulteriori complicanze postoperatorie con nove episodi di infezione della fe-

rita (4,5 %), formazione di ascesso o deiscenza con perdite ossee, sei epi-sodi (3 %) di sinusite, sei (3 %) di ria-pertura della ferita con esposizione dell’aumento e due (1 %) di perdita totale dell’aumento.4 In un altro stu-dio con 359 interventi di rialzo del se-no mascellare, nel 41,8 % dei casi si è verificata una perforazione.6 L’11,3 % di queste perforazioni hanno causato la perdita completa dell’aumento os-seo. In quei casi in cui, invece, la membrana è rimasta intatta, si è avu-ta una perdita dell’aumento osseo so-lo nel 3,4 % dei casi. I seni mascellari in cui si è verificata una sinusite o un’infezione secondaria che ha richie-sto un trattamento antibiotico aveva-no subito nell’85 % dei casi una per-forazione della membrana. La perforazione della membrana non è da considerarsi una complicanza particolarmente complessa. Essa, tuttavia, può causare altre gravi pa-tologie che possono comportare la perdita dell’aumento osseo. Una per-forazione della membrana è, pertan-to, un’evenienza da trattare con le dovute attenzioni e l’odontoiatra dovrebbe, prima di effettuare un intervento, valutare il rischio di una perforazione e adottare le necessarie precauzioni. Metodi intraoperatori a basso rischio dovranno essere utilizzati per contenere la grandezza

Prof. Michael R. Norton | Inghilterra

Università della Pennsylvania, Stati UnitiFacoltà di odontoiatriaStudio privato a Londra

Gestione del rischio nel rialzo del seno mascellare

FOCUS

Geistlich News 01 | 2017 11

delle perforazioni della membrana <5  mm e per evitare, complicanza ancora più grave, il rigetto della mem-brana.

Prevenzione dei rischi

La pianificazione preoperatoria do-vrebbe essere effettuata sulla base di una tomografia computerizzata8 che non fornisca solo una rappresentazio-ne 3D della morfologia del seno ma-scellare, ma che aiuti anche a valuta-re l’eventuale presenza di fattori di rischio. I setti, lo spessore della mem-brana del seno, il grado di opacità del

seno mascellare, lo spessore cortica-le, l’altezza dell’osso residuo e la po-sizione delle colonne zigomatiche possono influire sul rischio di una perforazione del seno mascellare. Per ulteriori dettagli si veda la Figura 1. È possibile valutare i seni sul piano mascellare, frontale e in relazione al-le cellule etmoidali e seni sfenoidali utilizzando la classificazione secondo Lund Mackay, in base a un sistema a punti, calcolando un valore comples-sivo utile per la diagnosi9; inoltre è possibile assegnare al complesso osteomeatale, che svolge un ruolo primario nella ventilazione e fuoriu-scita di secrezione dalle cavità del

FOCUS

cranio, un valore da 0 a 2. Un esame 3D rappresenta l’unica possibilità per un’efficace valutazione del rischio. L’immagine 3D può inoltre servire a valutare il rischio della rottura o im-pigliamento del ramo dell’arteria che passa dal canale mandibolare, causa di notevole sanguinamento.10

I sanguinamenti possono pregiudicare la visuale e di conseguenza aumentare il rischio di una perforazione della membrana. Sarà necessario avvertire in ogni caso i pazienti di questi rischi e in particolare del rischio di epistassi (sanguinamento dal naso), perché si potrà avere perdita di sangue dall’ostio e dal naso.

MORFOLOGIA DEL SENO MASCELLARE

Una/più camere, fondo liscio/ondulato, pre-senza o meno di radici, antro largo o stretto. ➝ più grande la complessità, più alto il

tasso di complicanze.

OPACAMENTO SENO MASCELLARE

Classificazione secondo Lund-Mackay (Score)9

0 = nessuna anormalità1 = parziale opacamento2 = totale opacamento

SPESSORE CORTICALE

Parete sottile (meno di 1,0 mm)➝ riduzione del rischio

SPESSORE MEMBRANA

Da 1,0 mm a 1,5 mm➝ basso rischio di perforazione

<10 %5,15,16

Più sottile di 1,0 mm o più spessa di 2,0 mm ➝ alto rischio di una perforazione

20 %–40 %5,15,16

SETTI

L’altezza, la larghezza, il nu-mero, la posizione e l’ango-lazione dei setti influisce sul tasso delle complicanze17–19

ALTEZZA OSSO, ECC.

Maggiore è l’altezza dell’osso residuo, più alto è il fondo del seno mascellare e più complessi gli strumenti necessari e più alto il rischio.

COLONNE ZIGOMATICHE

Più le colonne zigomatiche si trovano in posi-zione anteriore e più sono curve, più difficile ri-sulterà la strumentazione posteriore. Una colonna in posizione molto avanzata si tro-va spesso opposta alla parete orale, in posizio-ne facciale, e consente un facile accesso.

Fig. 1: Fattori che aumentano il rischio di complicanze in un intervento di rialzo mascellare

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FOCUS

Limitazione della grandezza di perforazione

Nonostante tutte le precauzioni adottate, non si potrà escludere del tutto il verificarsi di una perforazio-ne. Un metodo semplice ma efficace per limitare l’entità delle perforazio-ni dei seni mascellari è rappresenta-to dall’applicazione di un cosiddet-to«Protocollo di isolamento» quando si verifica per la prima volta una per-forazione. Normalmente la perforazione si veri-fica nelle vicinanze del margine di una finestra ossea. In tal caso si do-vrà effettuare una seconda finestra a poca distanza dalla prima, in modo tale che la perforazione si trovi in po-sizione centrale tra le due finestre.È della massima importanza fare at-tenzione a non rimuovere alcun osso nelle dirette vicinanze della perfora-zione per evitare di ampliarla. Prima di sollevare la membrana, si do-vrebbe ricoprire parzialmente la per-forazione con la membrana Geistlich Bio-Gide®. Non è ancora chiaro se la membrana di Schneider sia necessa-ria per la riformazione ossea. Si rac-comanda pertanto di evitare di rico-prire interamente la membrana di Schneider con Geistlich Bio-Gide®, in modo che il tessuto endostale pos-

sa entrare a contatto con Geistlich Bio-Oss® successivamente applicato, supportando così la neoformazione ossea. Si suggerisce di sollevare la membrana a una certa distanza dalla perforazione e intorno ad essa. Staccarla poi gra-dualmente, assicurandosi che la perfo-razione sia circondata da membrana sana. Ricoprire quindi la perforazione con membrana Geistlich Bio-Gide®.

Ispessimento post­operato­rio della membrana

La membrana di Schneider scollata si ispessisce in sede postoperatoria. In uno studio recente è stato riportato che lo spessore della membrana pri-ma dell’intervento era di 0,73 mm, a sette giorni di distanza dall’interven-to si era ispessita e misurava 7,0 mm.11. Lo spessore era significativo e dovet-tero passare diversi mesi prima che lo spessore della membrana ritornasse al valore di partenza. L’ispessimento è direttamente correlato all’entità del ri-alzo del seno mascellare.L’ispessimento comporta potenzial-mente due effetti: nel migliore dei ca-si può favorire la chiusura di piccole perforazioni, nel caso peggiore può spingere il materiale dell’aumento os-seo fuori dalla finestra di accesso ri-ducendone il volume.È pertanto della massima importanza ricoprire la finestra di accesso con una seconda membrana di collagene. Sarebbe inoltre opportuno fissare la membrana con chiodini per evitare la fuoriuscita del biomateriale osseo.

Utilizzo di antibiotici

Un ultimo consiglio consiste nella rei-dratazione di Geistlich Bio-Gide® e Geistlich Bio-Oss® in una soluzione

di tetraciclina con 1 g di tetraciclina in 20 ml di soluzione fisiologica ste-rile. La tetraciclina forma forti com-plessi chelati con idrossiapatiti e Geistlich Bio-Oss® può fungere in questo antibiotico ad ampio spettro come supporto per un rilascio lento.12 È stato inoltre provato che la tetraci-clina può rallentare la degradazione di Geistlich Bio-Gide® ed in tal modo prolungare la durata della funzione di barriera.13,14

Riferimenti bibliografici

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9 Rosano G, et al.: Clin Oral Implants Res 2011; 22: 711–715.

10 Hopkins C, et al.: Otolaryngol Head Neck Surg 2007; 137: 555–561.

11 Makary C, et al.: Int J Oral Maxillofac Implants 2016; 31: 331–317.

12 Dashti A, et al.: J Biomed Mater Res & Appl Biomater 2010; 93: 394–400.

13 Moses O, et al.: J Periodontol 2001; 72: 1588–1593.

14 Zohar R, et al.: J Periodontol 2004; 75(8): 1096–1101.

15 Wen SC, et al.: Clin Oral Implants Res 2015; 26: 1158–1164.

16 Insua A, et al.: Clin Oral Implants Res 2016. [Pubb. elettr. prestampa].

17 Lee WJ, et al.: J Periodontal Implant Sci 2010; 40: 56–60.

18 Kim MJ, et al.: J Periodontol 2006; 77: 903–908.

19 Bornstein MM, et al.: Int J Oral Maxillofac Implants 2016; 31: 280–287.

Perforazione della membrana di Schneider

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Prof. Stuart J. Froum | Stati Uniti

Direttore ricerca clinicaUniversità di New York, Dipartimento di ParodontologiaStudio privato a New York

Intervista di Todd Scantlebury

Trattamento della peri-implantite:«La formazione è un must!»

Il Prof. Stuart Froum tratta da venti anni pazienti affetti da peri­implantite. I risultati della sua espe­rienza sono stati recente­mente pubblicati.

Prof. Froum, a quando risale il suo in­teresse per la per­implantite? Prof. Froum: Negli anni ‘90 dello scor-so secolo e nei primi anni di questo se-colo, la percentuale di impianti effet-tuati con successo era molto alta, grazie anche ai risultati della ricerca, a dimostrazioni scientifiche e ai pro-tocolli di trattamento predicibili del Prof. Branemark e di altri. Il metodo aveva un tasso di crescita a due cifre, sia per quanto riguarda il numero de-gli impianti utilizzati, sia in merito agli odontoiatri che eseguivano queste tecniche. È in questo periodo che pa-zienti con problematiche specifiche cominciarono a presentarsi nel mio studio. Poiché spesso la peri-implantite veni-va confusa con la parodontite, furono i nostri esperti di parodontite ad occu-parsi di questi casi. Per me, parodon-tologo e formatore, si trattava di un’a-rea estremamente interessante. Ero tuttavia consapevole del fatto che sa-

rebbe occorso molto tempo e lavoro per arrivare a soluzioni predicibili. Per quanto riguarda la peri-implantite, la difficoltà consistette inizialmente nel riconoscere un problema nuovo, prima ancora di lavorare alle possibili soluzioni.

Lei ha spinto perché l’American Aca­demy of Periodontology (AAP), la So­cietà americana di parodontologia, adottasse linee guida e pubblicasse un documento di posizione.Prof. Froum: Sì, si è trattato di un primo passo. La EFP (European Federation of Periodontology) e la EAO (European Association for Ossointegration) han-no adottato misure simili per poter trovare un consenso in merito alla de-finizione, eziologia e terapia della pa-tologia. Non è stato facile convincere le associazioni, le unioni, gli odonto-iatri e tutto il settore a riconoscere il problema e a definirlo con chiarezza. E in effetti, solo poco tempo fa, alcuni noti ricercatori hanno espresso in un articolo i loro dubbi sul fatto che la pe-ri-implantite sia una vera e propria pa-tologia.4 Oggi noi sappiamo che in circa il 10 % degli impianti e in circa il 20 % dei pa-zienti che si sono sottoposti a un in-tervento di impianto dentale si verifi-ca la peri-implantite, anche se essa non si verifica ovunque con la stessa

prevalenza. Si tratta di una differenza di una certa importanza.5 Bisogna, però, dire una cosa per amore della ve-rità: gli impianti sono stati la gallina dalle uova d’oro! E nessuno voleva ca-povolgere la cesta in cui si raccoglie-vano le uova. Abbiamo pertanto inizia-to, insieme con altri, a pubblicare testi nei quali descrivevamo il problema e riferivamo dell’incidenza e della pre-valenza oltre che di test relativi a po-tenziali trattamenti della patologia. Oggi esistono definizioni della muco-site perimplantare e della peri-implan-tite, e, cosa ancora più utile, è stata pubblicata una proposta di una classi-ficazione dei gradi della patologia (Tabella 1).6

La sua prima conferenza sulle compli­canze legate a impianti dentali si è te­nuta nel 2012 a New York. Successiva­mente ha tenuto ulteriori conferenze su questo tema. Quali sono state le reazioni?Prof. Froum: Dopo neanche sei settima-ne abbiamo registrato il tutto esaurito per questa prima conferenza. Abbiamo capito in quell’occasione che si tratta-va di un tema di grande interesse per gli odontoiatri. Alla seconda e alla ter-za conferenza hanno partecipato oltre 400–500 odontoiatri. Ora ci troviamo davanti a una svolta, dopo la quale potremo iniziare a inse-

FOCUS

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gnare e trovare un consenso in merito alla definizione, diagnosi, terapie ido-nee e mantenimento.

Il suo studio odontoiatrico a Manhat­tan è noto per la terapia della peri­im­plantite. Quali sono gli effetti sul Suo lavoro e sui rapporti che intrattiene con i suoi colleghi odontoiatri che le mandano i loro pazienti?Prof. Froum: Siamo molto fieri del no-stro trattamento della peri-implantite. Ma anche se possiamo dire che i nostri pazienti rimangono molto soddisfatti, la peri-implantite non è niente di pia-cevole, né per i pazienti, né per gli odontoiatri che ci mandano i pazienti. In media, un trattamento della pe-ri-implantite nel nostro studio può co-stare fino a 7.500 dollari e al Dental College dell’Università di New York quasi 5.000 dollari. Per i pazienti, che poco realisticamente credevano che i loro impianti avrebbero rappresenta-to una soluzione definitiva, ciò ha rap-presentato non solo una delusione ma si sono posti anche la domanda su co-me poter risolvere questi problemi e a chi rivolgersi per farlo.Salvare un impianto, anche in presenza di infezione avanzata, costa tre-quat-tro volte di meno della sua rimozione, della ricostruzione del tessuto duro e molle distrutto dalla patologia e del ri-facimento dell’impianto con successi-vo restauro.Per non parlare poi del dolore sofferto dal paziente e dai tempi necessari al restauro. Si tratta di elementi fonda-mentali, decisivi per conservare il pro-prio bacino di pazienti.

Come collabora con i suoi colleghi, co­sa dice ai loro pazienti? Prof. Froum: Quando ero un bambino a Brooklyn, aprì sul lato opposto della strada, proprio di fronte al vecchio ne-gozio da barbiere, un nuovo barbiere che per un taglio di capelli chiedeva

solo 25 centesimi, molto meno del prezzo normale. Un taglio costava in-fatti, a quei tempi, circa 75 centesimi. Poco tempo dopo, il vecchio barbiere affisse un cartello su cui c’era scritto: «Salviamo la vostra acconciatura da 25 centesimi per 2 dollari.»Il vecchio barbiere ebbe molto più suc-cesso del nuovo. Qual è la morale del-la storia? La qualità ha un prezzo. Lo stesso si può dire per chi offre soluzio-ni a un problema. Siamo sinceri nei confronti degli odontoiatri che ci man-dano i loro pazienti e diciamo loro quello che può succedere nel migliore e nel peggiore dei casi. Un odontoiatra mio amico mi ha man-dato dati e radiografie di una delle sue pazienti afflitte da peri-implantite, che era anche sua moglie. Mi ha chiesto: «Stu, la puoi trattare?» «No», ho rispo-sto, «ma ti spiegherò come puoi trat-tarla tu.» Ogni anno, in occasione del loro anniversario di matrimonio, mi mandano un’immagine radiografica dell’impianto conservato, con una no-ta di ringraziamento. Il punto è: la for-mazione professionale è un must! Ogni odontoiatra dovrebbe essere in grado di diagnosticare e trattare una peri-implantite. In corsi di formazione con approccio pratico (tenuti da Paul Rosen e da me) insegniamo agli odon-toiatri le tecniche da noi utilizzate. Nell’informativa per il paziente indico

il rischio di peri-implantite come una delle possibili complicanze. Dico inol-tre ai miei pazienti che gli impianti, allo stesso modo dei denti naturali, debbono essere curati e sotto - posti a controlli da parte di dentisti specializzati. Se la patologia viene individuata per tempo e quindi trattata efficacemen-te, le possibilità che il trattamento ab-bia successo e l’impianto possa essere mantenuto sono molto alte. Ma se si aspetta fino a quando la patologia è molto progredita e il paziente avverte già dolore, oppure si è formato un ascesso oppure si è verificata una no-tevole perdita ossea, le possibilità che il trattamento abbia successo sono molto minori.

Come ha sviluppato i protocolli per la terapia della peri­implantite?Prof. Froum: Nessuno mette a punto un trattamento clinico da solo. Sono gra-to a tutti coloro che mi hanno insegna-to che cosa sono le patologie parodon-tali e come si affrontano da un punto di vista scientifico, come il Prof. Sig-mund Stahl che mi ha dato l’ispirazio-ne per intraprendere le mie ricerche cliniche. I miei colleghi della New York Univer-sity ed io abbiamo collaborato con il Dr. Paul Rosen e con mio figlio Scott. Le soluzioni da noi individuate sono il

Tabella 1: classificazione della per-implantite6

Stadio iniziale

Profondità della tasca ≥ 4 mm (sanguinamento e/o suppurazione al sondaggio*)Perdita di tessuto osseo < 25 % della lunghezza dell’impianto†

Stadio intermedio

Profondità della tasca ≥ 6 mm (sanguinamento e/o suppurazione al sondaggio*)Perdita di tessuto osseo dal 25 % al 50 % della lunghezza dell’impianto†

Stadio avanzato

Profondità della tasca ≥ 8 mm (sanguinamento e/o suppurazione al sondaggio*)Perdita di tessuto osseo > 50 % della lunghezza dell’impianto†

FOCUS

* Su uno o più lati dell’impianto† Misurazione effettuata su immagine radiografica nel momento dell’inserimento dell’impianto fino al

momento attuale. Se non disponibile, utilizzare la prima immagine radiografica effettuata dopo l’impianto.

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1 Paziente di 42 anni con mucosa perim-plantare infiammata, dolore e suppura-zione sull’impianto inserito 3 anni prima sul secondo premolare della mandibola sinistra.

2 Il sondaggio ha evidenziato tasche pro-fonde 8–9 mm con sanguinamento.

3 La radiografia della regione periapicale ha evidenziato una peri-implantite «mo-derata» con perdita ossea del 25–50 % della lunghezza dell’impianto.

4 Difetto circonferenziale. La decontami-

nazione della superficie fu effettuata con tecnica air-abrasion e glicina, seguita da lavaggio con soluzione salina e quindi applicazione separata di acido citrico e minociclina, applicazione di soluzione salina tramite spray e di derivato della matrice dello smalto sulla superficie im-plantare.

5 Riempimento del difetto con osso mine-ralizzato Geistlich Bio-Oss® e preparato biologico (Platelet-Derived Growth Factor).

6 L’aumento osseo e il difetto sono stati

ricoperti con una membrana Geistlich Bio-Gide® ritagliata in sede vestibolare e interprossimale. Una seconda membra-na Geistlich Bio-Gide® è stata posta in sede linguale e il lembo posizionato coronalmente.

7 Radiografia effettuata 4 anni dopo l’ope-razione. In questo periodo di tempo so-no stati eseguiti controlli ogni 2–3 mesi.

8 Quattro anni dopo l’operazione la mas-sima profondità di sondaggio era di 3 mm.

FOCUS

frutto di oltre 20 anni di esperienze i e di esse abbiamo parlato nelle nostre recenti pubblicazioni.7

Il Suo Protocollo di Pulizia e Rigene­razione è stato pubblicato nel 2012.

Nel 2015 ha fatto seguito la Sua pub­blicazione su 170 impianti in 100 pa­zienti. Che cosa ha imparato da que­sto lavoro? Prof. Froum (ride): è una domanda la cui risposta riempirebbe un intero libro,

come in effetti è stato! Se dovessi ri-assumerlo in poche parole, direi che esistono essenzialmente 7 fattori di successo: (1) selezione di casi idonei; (2) un accesso tramite ribaltamento del lembo che garantisca un sufficien-

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MULTIDISCIPLINARY TREATMENT SOLUTIONSFOR PERI-IMPLANTITIS

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Join us for an interactive and didactic event featuringinternational speakers with expertise in the prevention,diagnosis and treatment associated with Peri-Implantitis.

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Advancing Awareness, Collaborationand Achievable Outcomes

PRESENTERS

Dr. Stuart Froum

Dr. Myron Nevins

Dr. Chandur Wadhwani

Dr. Joseph Fiorellini

Dr. Paul Rosen

Prof. Dr. Frank Schwarz

Dr. Marisa Roncati

Prof. Massimo Simion

Dr. Stephen Chu

Dr. Marco Ronda

Dr. Sam Low

Moderator:Dr. Robert Schallhorn

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Approved PACE Program Provider FAGD/MAGD credit. Approval does not implyacceptance by a state or provincial board of dentistry or AGD endorsement. The current term of approval extends from 9/1/2016-8/31/2018Provider ID # 360253

JUNE 9 HANDS-ON WORKSHOPSJUNE 10-11 GENERAL SESSIONS

CE CREDITS: 15 Credits for Hands-On and General Sessions 11 Credits for General Session Only

te apporto ematico; (3) curettage di difetti con ampia decontaminazione della superficie implantare, successiva applicazione di derivato della matrice dello smalto sulla superficie dell’im-pianto; (4) otturazione del difetto con idoneo materiale osseo sostitutivo ed eventuali preparati biologici; (5) coper-tura con una membrana riassorbibile o, in mancanza di tessuto cheratiniz-zato, con un innesto di tessuto connet-tivo; (6) preparazione di un lembo co-ronale per l’intera copertura della membrana/innesto e (7) mantenimen-to professionale con eccezionale cura a casa. La chiave è la scelta della cor-retta terapia per la relativa diagnosi. Nel lavoro da noi pubblicato nel 2015 descriviamo come tale metodo, appli-cato in 170 casi di peri-implantite trat-tati in ordine progressivo, abbia avuto successo in 168 casi. Non si è verifica-to nessun episodio di recessione del bordo della mucosa (con un aumento medio di 0,5 mm), l’aumento osseo

medio è stato pari a 1,77 mm e i risul-tati sono stati monitorati per un perio-do che va da 2 a 10 anni.8 Da ciò si capisce che con una buona selezione dei casi si possono ottenere risultati predicibili mantenuti nel tem-po (Fig. 1–8).

Può darci qualche altro dettaglio sul­la prossima conferenza per fare il pun­to della situazione in ambito di pe­ri­implantite (9–11 giugno 2017 a Chicago)?Prof. Froum: Il congresso è supportato da Geistlich Pharma. Sono particolar-mente lieto che il Dr. Ron Nevins sia uno degli organizzatori. Si tratta di una ma-nifestazione a livello globale. La pe-ri-implantite non è un problema loca-le, ma interessa tutto il mondo. Si tratterà quindi di corsi di formazione con un approccio pratico e di discute-re apertamente sulle informazioni al momento a nostra disposizione e di quello che ancora dovremo scoprire.

FOCUS

L’accento è posto su un approccio mul-tidisciplinare. I chirurghi devono capire che una col-laborazione sul piano della diagnosi e della terapia è essenziale per ottenere risultati positivi.

Riferimenti bibliografici

1 Peri-implant mucositis and peri-implantitis: a current understanding of their diagnoses and clinical implications. J Periodontol 2013; 84: 436–443 (AAP Academy Report).

2 Lang NP, et al.: J Clin Periodontol 2011; 38(Suppl 11): 178–181.

3 Klinge B, et al.: Clin Oral Implants Res 2012; 23(Suppl 6): 108–110.

4 Albrektsson T, et al.: Clin Implant Dent Relat Res 2016; 18(4): 840-849.

5 Mombelli A, et al.: Clin Oral Implants Res 2012; 23 Suppl 6: 67–76.

6 Froum SJ, Rosen PS: Int J Periodontics Restorative Dent 2012; 32: 533–540.

7 Froum SJ, et al.: Int J Periodontics Restorative Dent 2015; 35(6): 857–863.

8 Froum, Stuart J. ed. Dental Implant Complica-tions: Etiology, Prevention, and Treatment, 2nd Edition. Hoboken, New Jersey: Wiley Blackwell, 2016.

Geistlich News 01 | 2017 17

FOCUS

Prof. Zhuofan Chen, Dr. Zhipeng Li | Cina Facoltà di Implantologia, Università Yat-sen, Guangzhou, Cina

Metodi di incremento osseo nei pazienti anziani

L’età avanzata non rap­presenta una controindicazi­one alla rigeneazione ossea e all’inserimento di un impianto dentale. In tal caso, però, è importante considerare alcuni fattori.

Una recente review sistematica ha di-mostrato che pazienti avanti con l’età, che hanno sostenuto un intervento di impianto dentale, mostravano ecce-zionali tassi di sopravvivenza dell’im-pianto, alterazioni ossee accettabili dal punto di vista clinico e complican-ze minime.1 Per tale motivo si deve presupporre che l’età avanzata, da sola, non rappre-senti una controindicazione all’inseri-mento di un impianto.2

Pazienti anziani soffrono tuttavia fre-quentemente di malattie sistemiche, quali quelle dell’apparato cardio-circo-latorio e malattie metaboliche, in par-ticolare il diabete, e patologie ossee che non solo limitano il tipo di inter-vento operatorio ma che possono an-che pregiudicarne il successo. Prima di optare per una determinata terapia è pertanto opportuno effettua-re una precisa anamnesi del paziente per conoscere con esattezza tutte le

patologie sistemiche di cui soffre. Bi-sognerebbe poi effettuare per ogni pa-ziente un’ampia analisi dei rischi. Le malattie cardio-circolatorie e il dia-bete o altre malattie metaboliche ben compensate non rappresentano un ostacolo per la terapia implantare in pazienti in età avanzata.3 Fintanto che l’organismo è in grado di riprendersi da piccoli traumi operatori e di guari-re regolarmente, sarà possibile effet-tuare un intervento implantare con buoni risultati.

Materiali sostitutivi di derivazione sintetica: riduzione dei traumi operatori

Se non si può evitare di effettuare un aumento osseo, si potrà raccomanda-re l’uso, al posto dell’osso autologo, di materiali sostitutivi di derivazione ete-rologa con risultati clinici simili, ad esempio Geistlich Bio-Oss®. In tal mo-do si eviterà la morbilità del punto di prelievo e si ridurrà la durata dell’in-tervento.4 Le membrane in collagene come Geistlich Bio-Gide® sono molto efficaci nel trattamento di complican-ze chirurgiche, come le perforazioni della membrana di Schneider, grazie alla loro biocompatibilità e facilità di applicazione (Fig. 1–6).

Analisi del rischio in pazienti osteoporotici

È stata provata l’esistenza di una cor-relazione tra una riduzione della den-sità minerale ossea, molto frequente in pazienti anziani, e maggiori rischi di una terapia implantare. La riduzione della densità minerale os-sea e il deficit cellulare ad essa con-nessa provocano un aumento dell’in-cidenza di fratture ossee e difficoltà nella guarigione delle fratture. Esistono poche informazioni in merito agli effetti clinici di una ridotta densi-tà minerale ossea su impianti dentari e sull’aumento osseo alveolare. Si ri-tiene che, sui punti dove sono stati ef-fettuati gli aumenti ossei, si verifichi-no processi cellulari simili a quelli che si verificano durante la guarigione di fratture. Il rapporto dissimile di oste-oblasti e osteoclasti, l’apoptosi di oste-oclasti e la durata di vita dell’unità di rimodellamento osseo influiscono sul turnover osseo che è associato alla biodegradazione di aumenti ossei e all’osteointegrazione di impianti den-tali nell’osso ricevente. È pertanto ne-cessario trattare con la massima atten-zione i pazienti osteoporotici. Nelle donne in menopausa, la terapia ormonale sostitutiva rappresenta il metodo più usato per prevenire e per trattare un’osteoporosi. Essa ha effet-

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FOCUS

ti minimi sul successo di un impianto dentale. In alcuni casi si è verificata una riduzione della perdita ossea in-torno a impianti in titano ed è stata favorita la guarigione dell’osso. Si conclude che la terapia implantare e l’aumento osseo in pazienti osteopo-rotiche in terapia ormonale non pre-senta rischi.

Controllo del rischio osteonecrotico

Un problema particolare è rappresen-tato dalla osteonecrosi mandibolare causata da bisfosfonati (BP) successi-vamente a un intervento implantare. In pazienti anziani con osteopenia o osteoporosi non trattata, il rischio di una osteonecrosi in seguito a terapia implantare è relativamente basso. Sarà necessario tuttavia informare i pazien-ti dei possibili rischi, nel caso che essi desiderino, in futuro, sottoporsi a una terapia con bisfosfonati, in quanto gli esperti non sono ancora concordi se gli impianti dentali rappresentino o meno un rischio di osteonecrosi.6

Per pazienti anziani in terapia con bi-sfosfonati esiste un maggior rischio di una osteonecrosi mascellare causata da bisfosfonati (BP ONJ). La maggior parte degli studi retrospettivi mostra-no che un trattamento per via orale o endovenosa di bisfosfonati non rap-presenta un’assoluta controindicazio-ne al posizionamento di un impianto dentale. In questi ultimi 10 anni si è tuttavia riscontrato un aumento di ca-si di osteonecrosi mascellare connes-sa a bisfosfonati in pazienti con im-pianti dentali. In tali casi si è potuto attribuire l’osteonecrosi mascellare al-lo stato di salute sistemico, al tipo di farmaci assunti, al tipo di somministra-zione dei farmaci (la somministrazio-ne per via endovenosa sembra aumen-

tare il rischio) e alla durata della terapia con bisfosfonati (la lunghezza della terapia è correlata all’aumento del rischio). L’American Association of Oral and Maxillofacial Surgeons (AAOMS) con-siglia, per pazienti che assumono bi-sfosfonati per via orale da meno di 3 anni, e che non presentano altri fatto-ri di rischio (quali ad es. trattamento con steroidi o chemioterapia), di ini-ziare la terapia implantare senza mo-dificare o posticipare l’intervento im-plantare.7 Si raccomanda, tuttavia, di informare i pazienti sul maggior ri-schio di fallimento dell’impianto e di osteonecrosi. Per ridurre il rischio di osteonecrosi mascellare associata all’uso di bisfosfonati si dovrebbe inol-tre porre particolare attenzione, a cau-sa di rischio di infezioni, a un’igiene orale di lungo periodo e a un tratta-mento di mantenimento da parte di un’odontoiatria esperto.In pazienti che assumono bisfosfonati da più di 3 anni, si potrebbe verificare invece un disturbo dell’equilibrio fra osteoblasti e osteoclasti associato a un maggior rischio di un fallimento dell’impianto. In tal caso si consiglia di interrompere, almeno 3 mesi prima dell’inizio della terapia implantare, l’assunzione di bisfosfonati e di conti-nuarle solo dopo aver verificato l’av-venuta osseointegrazione dell’impian-to. Anche questi pazienti dovranno essere informati del maggior rischio di un fallimento dell’impianto e di una osteonecrosi mascellare associata a bisfosfonati. Una controindicazione per interventi di aumento osseo o d’impianto è l’assunzione mensile, endovenosa, di bisfosfonati a causa di una grave osteoporosi, di un mieloma multiplo, di un tumore al seno o alla prostata con metastasi nelle ossa o di morbo di Paget.8

Gestione del rischio in pazienti anziani

Concludendo e in base a quanto ripor-tato in letteratura e alle nostre espe-rienze cliniche possiamo dare per la terapia implantare e gli interventi di aumento osseo in pazienti anziani le seguenti raccomandazioni9:

Fase di pianificazione: prima di effet-tuare un impianto sarà necessario trat-tare con farmaci o con intervento chi-rurgico patologie associate alla osteoporosi . Si dovrà pertanto tenere conto di patologie come il diabete, il morbo di Cushing, l’iperparatiroidi-smo, l’anoressia nervosa, il mieloma multiplo e l’insufficienza renale croni-ca. I pazienti che assumono bisfosfo-nati dovranno essere informati prima dell’inizio della terapia implantare dei rischi di osteonecrosi mascellare asso-ciati all’assunzione dei bisfosfonati. I pazienti non dovranno fumare e limi-tare l’assunzione di alcol e caffeina.

Fase operatoria: si dovranno preferi-re tecniche di trattamento semplifica-te (ad es. interventi chirurgici compu-ter-assistiti e tecniche flapless) e ridurre i tempi dell’intervento. La sta-bilità primaria è importante per l’oste-ointegrazione. Per tale motivo si do-vrebbe considerare, in pazienti anziani con stato di salute precario, un’estrusione ortodontica. Materiali sostitutivi eterologhi come Geistlich Bio-Oss®, i cui risultati clinici sono comparabili con quelli dell’osso auto-logo, potranno essere usati per evita-re la morbilità del punto di prelievo e ridurre la durata dell’intervento.

Selezione dell’impianto: impianti corti rendono superflui, in certi casi, aumenti ossei. In pazienti con proble-mi di guarigione delle ferite si consi-

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glia l’uso di impianti dentali con super-ficie modificata come Straumann SLActive.

Fase postoperatoria: a causa del ri-dotto rimodellamento osseo si dovran-no prevedere fasi di guarigione più lunghe. Nella fase di guarigione si con-siglia la somministrazione di dosi fisio-logiche di vitamina D (400 - 800 UI/giorno) e calcio (1500 mg/giorno).10,11

Riferimenti bibliografici:

1 Srinivasan M, et al.: Clin Oral Implants Res 2016. [Epub ahead of print]

2 Liu JY, et al.: J Oral Rehabil 2012; 39(8): 591–599.

FOCUS

1 Perforazione della membrana di Schnei-der durante un intervento di rialzo del pavimento sinusale (approccio laterale).

2 Uso di Geistlich Bio-Gide® per coprire la perforazione; l’aumento del seno mascellare è stato effettuato utilizzando Geistlich Bio-Oss®.

3 Insufficiente altezza dell’osso nell’area degli incisivi laterali superiori destri pri-ma del rialzo del pavimento sinusale.

4 Sufficiente altezza dell’osso nell’area de-gli incisivi laterali superiori destri dopo rialzo del pavimento sinusale.

5 Protesica implantare completata nell’a-rea degli incisivi laterali superiori destri dodici mesi dopo il rialzo del seno.

6 Dieci anni dopo il rialzo del pavimento sinusale e nove anni dopo il carico dell’impianto, l’osso rigenerato è stabile.

3 Gómez-de DR, et al.: Med Oral Patol Oral Cir Bucal 2014; 19(5): e483–e489.

4 Chen ZF, et al.: Chinese J Oral Maxill Surg 2016, 26(1): 1–12.

5 Erdoğan O, et al.: Oral Surg Oral Med Oral Pathol Oral Radiol Endod 2007; 104(6): 738.e1–13.

6 Giovannacci I, et al.: J Craniofac Surg 2016; 27(3): 697–701.

7 AAOMS J Oral Maxillofac Surg 2007; 65(3): 369–376.

8 Otomo-Corgel J: Periodontol 2000 2012; 59(1): 111–139.

9 Chen ZF: Research and clinical application of dental implant therapy.[Book], 2010, Beijing, China.

10 NIH Consensus Development Panel on Osteoporosis Prevention, Diagnosis, and Therapy: JAMA 2001; 285(6): 785–795.

11 Erdoğan O, et al.: Oral Surg Oral Med Oral Pathol Oral Radiol Endod 2007; 104(6): 738.e1–13.

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Prof. Jaime Lozada | Stati Uniti

Università di Loma Linda, Facoltà di OdontoiatriaCalifornia, Stati Uniti

Intervista della Dr. Maria Scheuermann

Meno complicanze negli incrementi ossei estesi

FOCUS

Con il perfezionamento della sua tecnica, il Prof. Jaime Lozada è riuscito a ridurre significativamente il tasso di complicanze negli aumenti ossei estesi orizzontali e verticali. In questa intervista ci parla della sua formula per il successo.

Prof. Lozada, quali fattori influiscono principalmente sulle complicanze ne­gli incrementi ossei estesi orizzontali e verticali?Prof. Lozada: i fattori principali sono una tecnica errata, la mancata forma-zione professionale, traumi della feri-ta chirurgica e dell’incremento nel pe-riodo post-operatorio e una assistenza post-operatoria inadeguata.

Le deiscenze e l’esposizione della membrana rappresentano un rischio per il successo dell’incremento osseo. Sono frequenti?Prof. Lozada: Nella letteratura si ripor-tano casi di deiscenze ed esposizione della membrana dell’ordine del 7–8 % dei casi. Grazie al nostro protocollo

chirurgico siamo riusciti a ridurre in modo significativo questo tasso di complicanze.

Ci può descrivere la formula del Suo successo?Prof. Lozada: In interventi di GBR, il successo dipende principalmente dal-la chiusura primaria della ferita dopo l’intervento chirurgico. In passato, quando si sono effettuati i primi inter-venti di aumenti ossei estesi, la mem-brana non riassorbibile veniva colloca-ta troppo vicina ai denti. Ciò causava un danno iatrogeno e problemi di gua-rigione della ferita sui denti. Oggi cer-chiamo di lasciare almeno 2 mm di spazio tra la membrana e il dente. Se è assolutamente necessario posiziona-re la membrana direttamente sui den-ti, utilizziamo membrane riassorbibili.

Come prepara il sito ricevente?Prof. Lozada: Una corticale troppo spes-sa sul lato vestibolare dovrà essere ri-mossa, indipendentemente dalla gran-dezza del sito dell’intervento. È molto importante, inoltre, la presenza di per-forazioni della corticale per favorire l’afflusso ematico.Con l’ausilio di una tomografia compu-terizzata possiamo evidenziare lo spessore della corticale vestibolare. Se essa è troppo spessa, rimuoviamo un po’ di materiale osseo – questo serve

inoltre a favorire l’apporto ematico – e riapplichiamo il materiale mescolan-dolo a Geistlich Bio-Oss® sul letto ricevente.

Che tipo di materiale osseo e quale membrana utilizza per gli aumenti os­sei orizzontali?Prof. Lozada: Non utilizziamo blocchi ossei per aumenti orizzontali, in quan-to si ha difficoltà a ricoprirli e mante-nerli ricoperti con Geistlich Bio-Oss®, che utilizziamo per ridurre il riassorbi-mento osseo. Mescoliamo invece osso autologo particolato e Geistlich Bio-Oss®. Iniziamo posizionando sempre la membrana sotto il lembo linguale, la fissiamo con chiodini all’osso e appli-chiamo quindi sulla cresta l’osso auto-logo particolato e il granulato più gros-so Geistlich Bio-Oss®. Ricopriamo con il granulato più fine Geistlich Bio-Oss®. Per finire si posiziona la membrana sull’innesto e si fissa con chiodini all’osso vestibolare. Effettuiamo sem-pre un lavaggio locale con antibiotico e somministriamo al paziente, in via preventiva, antibiotici sistemici. Aspettiamo quindi 9 mesi prima di in-serire l’impianto.

Negli incrementi ossei estesi utilizza specifiche tecniche per la gestione dei tessuti molli?

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Prof. Lozada: Utilizziamo sempre una tecnica da noi denominata «lembo di sicurezza» o «incisione a distanza». Questa tecnica consiste in un allarga-mento dell’incisione crestale ed effet-tuiamo delle incisioni verticali a una distanza di almeno due denti dall’area in cui viene effettuato l’aumento osseo.Determiniamo quindi l’entità dell’au-mento osseo e prepariamo il lembo in modo tale che esista spazio sufficien-te per il materiale necessario. Stac-chiamo il periostio e rimuoviamo le fi-bre elastiche in modo da poter più facilmente riposizionare il lembo. Se utilizziamo griglie in titanio o mem-brane in PTFE, ad esempio per gli au-menti ossei verticali estesi, applichia-mo in molti casi, per gengive molto sottili, un innesto di tessuto connetti-vo sulla membrana per evitare una deiscenza. In altri casi applichiamo Geistlich Mucograft®. Per la sutura utilizziamo una tecnica a due strati con una sutura orizzontale a materas-saio e una solida sutura Gore-Tex® 3-0, iniziando al centro dell’area dove è sta-to effettuato l’aumento osseo. Per chiudere le incisioni verticali di scari-co utilizziamo Chromic Gut riassorbi-bile per ridurre il dolore del paziente.

Qual è la complicanza più grave che si può verificare con questo tipo di difetti?

Prof. Lozada: Ho avuto pazienti nei qua-li l‘80 % della membrana era esposta e l’innesto osseo era contaminato. Ciò ha causato difetti più grandi di quelli che si voleva trattare.

Quando la membrana o il materiale di innesto è infetto, in quali casi l’odon­toiatra o il chirurgo dovrebbe aspet­tare e in quali casi dovrebbe interve­nire immediatamente?Prof. Lozada: Se si constata un collega-mento tra l’aumento osseo o tra la membrana e la cavità orale si dovreb-be intervenire immediatamente.

Come si dovrebbe trattare un’infezio­ne, secondo Lei?Prof. Lozada: Se si utilizzano innesti os-sei particolati e la membrana si espo-ne a causa di un’infezione del tessuto molle, apriamo il lembo e rimuoviamo la membrana. Effettuiamo quindi un lavaggio locale con antibiotico e som-ministriamo al paziente antibiotici si-stemici. Cerchiamo di lasciare intatto il restante osso e inseriamo una nuova membrana.Adattiamo il lembo in modo tale che esso chiuda bene il sito dell’interven-to. Poi possiamo solo sperare che il lembo guarisca bene e l’osso si rigene-ri. Se ciò non si verifica, dobbiamo ri-petere l’intervento. Piccole deiscenze

e infezioni di una grandezza massima di 3 mm possono essere trattate ri-muovendo con cura il tessuto di gra-nulazione e creando una nuova rete di vasi sanguigni. In deiscenze più grandi è meglio rimuovere l’innesto osseo.

Il comportamento del paziente, ad es. la sua compliance terapeutica, l’igie­ne orale e la sua storia clinica, influi­scono sul tasso di complicanze?Prof. Lozada: il paziente preferibilmen-te non dovrebbe fumare e dopo l’inter-vento riguardarsi ed evitare traumi meccanici sul sito aumentato. Para-dossalmente, il risultato di un aumen-to osseo è tanto migliore quanto peg-giore era la qualità iniziale dell’osso. In tal caso, infatti, la corticale vestibola-re è presente in quantità minore e il sanguinamento è più forte.

Quali sono, in breve, i principali aspet­ti della gestione del tessuto molle per evitare complicazioni?Prof. Lozada: Una buona tecnica e una sufficiente preparazione professionale.

DATI EDITORIALI

Periodico dedicato ai clienti e agli amici di Geistlich BiomaterialsEdizione 1/2017, 10° anno

Editore© 2017 Geistlich Pharma AGBusiness Unit BiomaterialsBahnhofstr. 406110 Wolhusen, SchweizTel. +41 41 492 55 55Fax +41 41 492 56 39biomaterials@ geistlich.ch

Redazione Verena Vermeulen

LayoutIrène Fischer

Frequenza di pubblicazionesemestrale

Tiratura25 000 copie in varie lingue in tutto il mondo

I contenuti di Geistlich NEWS sono protetti da copyright. Non possono essere utilizzati né integralmente né parzialmente senza previa autorizzazione espressa dell’editore. Per quanto concerne i casi clinici riportati a titolo esemplifi-cativo, si noti che essi non possono sostituire la valutazione da parte di un odontoiatra qualificato in relazione al caso specifico. I nomi di aziende o marchi di terzi eventualmente citati nel testo potrebbero essere registrati o protetti anche se non viene fatta espressa menzione in tal senso. La mancanza di una siffatta menzione non deve essere comunque interpretata come permesso di utilizzare liberamente un dato nome.

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Dr. Michael Stimmelmayr | Germania

Studio di Chirurgia orale, ChamPoliclinico di Implantologia Università Ludwig Maximilians di Monaco

Perdita dell’innesto in seguito ad alveolite – Caso clinico

Prima si verifica una peri­ implantite, poi un’alveolite dopo l’espianto. Come va trattata?

Il paziente, 28 anni, si è presentato nel nostro studio con una peri-implantite nella regione 12 con una profondità di sondaggio di 10 mm e perdita della pa-rete ossea vestibolare (Fig. 1, 2). Dopo diversi lavaggi antisettici e conversio-ne dell’infiammazione acuta in una cronica, l’impianto e il tessuto infiam-mato sono stati rimossi in profilassi antibiotica (3000 mg amocillina un’o-ra prima dell’intervento). Per preveni-re il collasso del tessuto molle, l’alve-olo è stato riempito con una spugna in collagene (Lyostypt®, B. Braun ) e rico-perto con un punch di tessuto connet-tivo (Fig. 3,4). La ferita dopo tre giorni non si presentava infetta con desqua-mazione dell’epitelio superficiale (Fig. 5).

Dopo una settimana si verificò tutta-via una necrosi e la perdita totale dell’innesto (Fig. 6). Oltre a ciò insorse un’alveolite che fu trattata per un pe-riodo di 4 settimane. L’infiammazione è stata probabilmente la causa della perdita totale dell’innesto. La peri-im-plantite, l’alveolite e la perdita dell’in-nesto hanno causato un grave collasso tridimensionale dell’alveolo (Fig. 7).

La successiva ricostruzione del tessu-to duro e molle fu effettuata 3 mesi do-po con la tecnica contenitiva di Khoury (Fig. 8). Cinque mesi dopo l’in-tervento di aumento osseo, l’impianto (Camlog Screwline Promote Plus; Ø 3,8 mm / lungh. 11 mm) è stato inseri-to e per l’aumento di volume è stato effettuato un innesto di tessuto con-nettivo subepiteliale (Fig. 9, 10). L’esposizione dell’impianto fu effettua-ta 5 mesi dopo la guarigione con la tec-nica di rotazione del lembo. Con l’au-silio della tecnica contenitiva autologa di Khoury e dell’innesto di tessuto con-nettivo è stato possibile ricostruire il tessuto duro e molle. Il paziente ha momentaneamente una protesi den-tale provvisoria per la formazione del tessuto molle (Fig. 11, 12).

Perché ha ricevuto questo tipo di trattamento?

In caso di tali complicanze è assoluta-mente importante aspettare per un periodo di tempo sufficiente fino a guarigione completa del tessuto. Nel caso specifico, si è aspettato 3 mesi prima di rieffettuare l’aumento osseo. La tecnica contenitiva descritta dal Prof. Khoury produce, in casi di grossi deficit, risultati ben predicibili per la rigenerazione tridimensionale della

cresta alveolare e, rispetto ad un au-mento con blocco di osso corticale, una rigenerazione vitale.

FOCUS

Didascalia del caso di pagina 23

1 Situazione di partenza, vista vestibolare

2 Immagine radiografica dell’impianto nella regione 12 con osso visibilmente fratturato

3 Innesto combinato a un lembo prelevato dal palato

4 Socket Seal Surgery con innesto combinato

5 Guarigione della ferita 3 giorni dopo l’intervento

6 Situazione 8 giorni dopo l’intervento con necrosi totale dell’innesto

7 Difetto alveolare tridimensionale dopo perdita dell’impianto e alveolite

8 Ricostruzione della cresta alveolare con tecnica contenitiva autologa di Khoury

9 Inserimento di impianto nella regione 12 cinque mesi dopo l’aumento osseo

10 Innesto di tessuto connettivo per stabilizzare il tessuto molle

11 Protesi dentale provvisoria per il condizionamento del tessuto molle

12 Controllo radiografico.

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ESTRARRE O CON- SERVARE I DENTI?

Prof. Giovanni E. Salvi | SvizzeraVice-Direttore Clinica di ParodontologiaCliniche Odontoiatriche dell’Università di Berna

SELEZIONE DEGLI STUDI FONDAMENTALI.

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JOURNAL CLUB

INTRODUZIONE

In un’intervista per le Geistlich News, il Prof. Jan Lindhe è entrato in merito alla questione di quando si debba in-dicare un dente come «senza speranza». Alcuni riten-gono ogni tentativo inutile, altri pensano esattamente il contrario, allo stesso modo come correre una corsa ad ostacoli sui 100 metri possa sembrare impossibile per alcuni e realizzabile per altri. Chiunque si sia occupato del problema «Estrarre o conservare?» in pazienti afflit-ti da parodontite sa bene che non si tratta solo di trat-tare un dente con scaling e levigatura radicolare o con intervento chirurgico o di sostituirlo con un impianto. Si tratta anche del follow-up nel lungo periodo, di valu-tare i rischi che può comportare un impianto o la rico-struzione con un ponte, degli effetti a livello osseo del-la soluzione scelta, ecc. ecc.

Il nostro Journal Club raccoglie e commenta alcuni dei numerosi studi che si occupano del tema Conservazio-ne o Sostituzione dei denti.

Una cura regolare mostra i suoi effetti nel corso di 30 anni!

Se i pazienti si sottopongono a regolari controlli da parte di odontoiatri o igienisti dentali, si riduce il rischio di pa-rodontite. Ciò viene confermato da uno studio a lungo ter-mine effettuato da Axelsson et al. su 550 pazienti. I pazienti sono stati informati regolarmente in merito all’igiene ora-le e al controllo della placca con spazzolino per denti, spaz-zolino interdentale, filo interdentale, ecc. Inoltre si sono sottoposti regolarmente a una pulizia dei denti professio-nale effettuata da un’igienista dentale. Nel corso dei 30 anni,

nelle diverse coorti di età (20–35 anni, 36–50 anni, 51–60 anni), ogni paziente ha perso in media solo 0,4–1,8 denti.

}  Axelsson P, et al.: J Clin Periodontol 2004; 31(9): 749–757.

Senza sanguinamento, nessuna perdita di dentiIl sanguinamento delle gengive rappresenta un fattore di rischio per la futura perdita di denti? Uno studio longitu-dinale effettuato in Norvegia da Schätzle et al. ha studiato per un periodo di 26 anni (con inizialmente 565 pazienti e 15383 denti) la correlazione esistente tra questi due fatto-ri. Per l’analisi statistica, i denti sono stati suddivisi in 3 gruppi, in base al loro indice gengivale. Nel primo gruppo (GI gruppo I) era presente al massimo in un punto una leg-gera irregolarità gengivale, nel terzo gruppo (GI gruppo III), invece, si verificava sanguinamento al sondaggio su tutte le gengive attorno ai denti. Dei denti sani del gruppo GI-I si era conservato, estrapolando su 50 anni d’età den-tale, ancora il 99,5 %; dei denti del gruppo GI-II il 93,8 % e nel gruppo dei denti con sanguinamento gengivale perma-nente (gruppo GI-III) solo il 63,4 %. Conclusioni: senza san-guinamento gengivale, estrapolando su 50 anni d’età den-tale, oltre il 99 % dei denti sono stati conservati, con sanguinamento dei denti, invece, solo il 63,4 %. In altre pa-role, senza sanguinamento delle gengive, nessuna perdita di denti!

}  Schätzle M, et al.: J Clin Periodontol 2004; 31(12): 1122–1127.

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JOURNAL CLUB

Eliminare le tasche residue

Qual è l’efficacia della terapia parodontale per quanto ri-guarda la conservazione dei denti nel lungo periodo? Di ciò si è occupato uno studio retrospettivo di coorte effettuato da Matuliene et al. su 172 pazienti. Al termine della terapia parodontale, i pazienti sono stati seguiti per un periodo da 3 a 27 anni (in media 11,3 anni). Gli autori hanno determi-nato, sulla base dei dati raccolti, quali fossero i fattori che rendevano probabile una perdita dei denti. Una tasca gen-givale residua di 5 mm a fine trattamento ha significato un rischio più alto di 7, 7 volte di perdita del dente, con una profondità della tasca di 6 mm, il rischio aumentava del fattore 11,0 e con 7 mm addirittura del fattore 64,2. Con-clusioni dello studio: la terapia parodontale attiva deve es-sere completata senza tasche profonde residue e con mi-nima infiammazione delle gengive se si vuole evitare il rischio di perdita dei denti.

}  Matuliene G, et al.: J Clin Periodontol 2008; 35(8): 685–695.

Le forcazioni si possono trattare

I denti pluriradicolari con forcazione rappresentano una sfida. Quando sono casi «senza speranza» e quando sono trattabili? 72 pazienti con dentatura compromessa paro-dontalmente e molari con forcazioni di diverso grado sono stati inseriti in uno studio effettuato da Carnevale et al. Ol-tre all’effettuazione di scaling e levigatura radicolare, alcu-ne radici furono recise e la zona ossea adiacente sagoma-ta. Questo procedimento - con l’eccezione della resezione della radice - fu effettuato non solo sui molari con forca-zioni ma anche su altri denti danneggiati da parodontite (denti di controllo). In tal modo si ebbero a disposizione per l’analisi 175 denti test e 175 denti di controllo. Nel cor-so di 10 anni il 99 % dei denti di controllo e anche il 93 % dei denti testati sopravvisse. Gli autori sono convinti che l’ottimo risultato sia dovuto, fra l’altro, al fatto che la mor-fologia dei tessuti, dopo il trattamento, consentiva nuova-mente una buona igiene orale e il controllo della placca. Conclusioni: i denti pluriradicolari con forcazioni possono essere conservati con buon successo nel lungo periodo.

}  Carnevale G, et al.: J Clin Periodontol 1998; 25(3): 209–214.

Il fumo e controlli irregolari influiscono negativamente sui molariPazienti non fumatori che si sottopongono a regolare con-trolli da parte dell’odontoiatra e dell’igienista dentale con-servano più molari con forcazione rispetto ai fumatori che non vanno regolarmente alle visite di controllo. Questi i risultati di uno studio effettuato da Salvi et al. , nel corso del quale sono stati studiati 172 pazienti prima e dopo il trattamento parodontale con un follow -up di oltre 10 an-ni. Scopo dello studio era individuare le cause della perdi-ta di denti pluriradicolari. I risultati: le forcazioni di classe 1 non rappresentano un fattore di rischio per la perdita dei denti. Le forcazioni di classe 2 e 3 erano associate a un mag-gior rischio. I fumatori hanno perso nel periodo di osser-vazione più denti pluriradicolari rispetto ai non fumatori. L’Odds Ratio per la perdita di denti pluriradicolari in fuma-tori con cattiva igiene orale e una forcazione di classe 2, era pari a 11.1, in pazienti con una forcazione di classe 3  addirittura a 17.18.

}  ��Salvi GE, et al.: J Clin Periodontol 2014; 41(7): 701–107.

Ricostruzioni su parodonto ridotto ma sano

Nella dentatura con parodonto ridotto si pone la questio-ne se ricostruzioni su denti compromessi possono avere la necessaria stabilità o se sia meglio ricorrere a un supporto più stabile quale è l’impianto. In una revisione sistematica realizzata da Lulic et al., gli autori concludono che le rico-struzioni su denti possono avere successo anche in presen-za di un parodonto molto ridotto ma sano. La revisione ha considerato 6 pubblicazioni che si riferivano a 579 ricostru-zioni fisse. Il tasso di sopravvivenza dei ponti dopo 5 anni era pari al 96,4 % e dopo 10 anni al 92,9 %. Gli autori concludono che le ricostruzioni possono essere effettuate con buoni risultati anche su un parodonto ridotto ma sano.

}  ��Lulic M, et al. : Clin Oral Implants Res 2007; 18 Suppl 3: 63–72.

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JOURNAL CLUB

Gli impianti non sono migliori dei denti Chi vince: denti o impianti? Una revisione sistematica re-alizzata da Tomasi et al. nel 2008 si è occupata della perdi-ta di denti comparandola a quella della perdita di impianti. Sono stati considerati solo studi della durata di almeno 10 anni. Sono stati considerati in totale 11 studi aventi come oggetto la perdita di denti (3015 pazienti), 9 aventi come tema la perdita dell’impianto (476 pazienti). Conclusioni di questa revisione della letteratura: gli impianti non hanno avuto la meglio, in un periodo di 10 anni, sui denti. In que-sto periodo l’1,3–5 % dei denti e l’1–18 % degli impianti so-no andati persi. Gli autori concludono che in pazienti che godono di un’assistenza adeguata, il tasso di perdita di den-ti è minore rispetto a quello della perdita dell’impianto.

}  Tomasi C, et al.: J Oral Rehabil 2008; 35 Suppl 1: 23–32.

Le tasche residue sono un fat­tore di rischio di peri­implantitePer pazienti che soffrono di parodontite, il trattamento dell’infezione e un follow-up di lungo periodo sono impre-scindibili se si vuole effettuare un impianto. Nel caso con-trario, esiste un rischio reale nel giro di 8 anni che si veri-fichi una peri-implantite. In uno studio di Pjetursson et al. sono stati inseriti 70 pazienti con trattamento parodonta-le effettuato prima di un impianto. Questi pazienti sono stati regolarmente monitorati negli anni successivi. Nel 22,2 % degli impianti e nel 38,6 % dei pazienti si sviluppò una peri-implantite, definita con profondità di sondaggio superiore a 5 mm e sanguinamento al sondaggio. Se si mo-difica la definizione di peri-implantite a una profondità di sondaggio di oltre 6 mm con sanguinamento al sondaggio, le percentuali erano ancora l’8,8 % degli impianti e il 17,1 % dei pazienti. I pazienti che avevano peri-implantite alme-no su un impianto avevano in genere più tasche residue con una profondità di 5 o più mm al termine del trattamen-to parodontale. In essi si è verificato inoltre un aumento del numero di profondità di tasca nel periodo in esame. Conclusioni: le tasche gengivali con una profondità di 5 o più mm al termine della terapia parodontale rappresentano un bacino di batteri che può causare una peri-implantite.

}  Pjetursson B, et al.: Clin Oral Implants Res 2012; 23(7): 888–894.

Storia pregressa di parodontite e perdita dell’impiantoIn base a un’attuale metanalisi realizzata da Sgolastra et al. (nella quale sono stati considerati 16 studi) esiste una for-te evidenza che anche una parodontite cronica o aggressi-va trattata aumenti il rischio di una futura perdita dell’im-pianto. Conclusioni: gli impianti si perdono più frequentemente in pazienti con parodontite, anche se trat-tata, rispetto a quelli con parodonto sano.

}  Sgolastra F, et al.: Clin Oral Implants Res 2015; 26(4): e8–16.

Meno perdita ossea su denti in un periodo di dieci anniLa sostituzione di un dente con un impianto ha dei vantag-gi sotto l’aspetto della conservazione della cresta alveola-re? Questo è il tema della Case series comparativa di Rasperini et al. su un periodo di dieci anni nel quale sono stati considerati pazienti con parodontite trattata e pazien-ti con parodonto sano. Si sono comparati i livelli ossei intorno ai nuovi impianti con quelli intorno ai denti vicini. I livelli ossei sono stati misurati tramite radiografia sia di-rettamente dopo l’impianto sia a una distanza di 10 anni. È stato evidenziato che i livelli ossei intorno ai denti si sono ridotti notevolmente di meno rispetto ai livelli ossei intorno agli impianti, anche in quei casi in cui il livello osseo era già stato compromesso da una precedente paro-dontite.

}  Rasperini G, et al.: J Periodontol 2014; 85(6): e152–59.

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«Anche una parodontite trattata aumenta il rischio di successiva perdita dell’impianto.»

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Come fanno gli anfibi a sostituire anche organi complessi in caso di difetti?

UN CUORE NUOVO PER IL TRITONE.

NUOVI SCENARI

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Dr. Klaus Duffner

NUOVI SCENARI

Se un tritone perde una zampa, gli ricresce. Anche il tessuto cardiaco distrutto viene sostituito in brevis­simo tempo da tessuto sano. Qual è il meccanismo responsabile di questi fenomeni?

I tritoni e le salamandre hanno una ca-ratteristica unica fra gli animali verte-brati di terra. Essi sono in grado di ri-generare completamente gli arti persi. Sono in grado di ricostruire non solo le zampe, ma anche le lenti degli oc-chi, le mascelle, parti del sistema ner-voso centrale e addirittura il tessuto cardiaco. Gli scienziati del Max Planck-Institut für Herz und Lungenforschung [Istituto di ricerche sul cuore e sui pol-moni] di Bad Nauheim, Germania, si occupano già da anni, intensamente, dei meccanismi alla base di tale feno-menale capacità rigenerativa. Grazie ai loro studi sarà forse possibile trova-re la chiave per un approccio terapeu-tico del tutto nuovo.

Movimenti cellulari dopo un infarto cardiaco

Per i loro esperimenti, i ricercatori si sono occupati principalmente del No-tophthalmus viridescens, lungo circa dieci centimetri, uno dei tritoni più dif-fusi nell’America del Nord. Con un in-tervento chirurgico si è recato un dan-no meccanico al cuore. Gli effetti sono simili a quelli susseguenti un infarto del miocardio nell’uomo. La struttura delle cellule muscolari viene distrutta. Dopo un infarto miocardico una gran

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parte del tessuto miocardico muore e il funzionamento della pompa cardia-ca peggiora notevolmente. Solo dopo pochi giorni, al microscopio si può no-tare come numerose cellule (in preva-lenza leucociti) migrino nell’area dan-neggiata ed elimino i frammenti cellulari. Subito dopo, da singole cel-lule miocardiche si formano strutture filiformi. Nel giro di pochi mesi sem-pre più cellule si insediano in queste cosiddette trabecole fino a quando, con l’ausilio di un’impalcatura protei-ca collagenica, il muscolo miocardico si rigenera completamente.

Nuove cellule grazie alla regressione

Ma la vera questione è: da dove pro-vengono queste cellule miocardiche? È interessante notare che questi ani-mali rigenerano il tessuto danneggia-to non tanto con cellule staminali, ma con cellule originariamente specializ-zatesi che regrediscono solo a scopo di rigenerazione. Il vantaggio di que-ste cellule «de-differenziate»: neces-sitano di una quantità molto minore di ossigeno rispetto alle cellule mio-cardiche mature e possono pertanto sopravvivere più a lungo. In effetti, i tritoni, in questa fase, riducono al mi-

nimo tutto il loro metabolismo e la pressione sanguigna per guadagnare il tempo necessario per la riconversio-ne del cuore. Le cellule regredite co-minciano nuovamente a dividersi cre-ando nuove cellule miocardiche in grado di funzionare completamente.

Cicatrici dinamiche

Nei vertebrati le cose vanno diversa-mente. Dopo un infarto miocardico si creano tessuti cicatriziali in grado di funzionare come sostegno ma non co-me muscoli. «Se nell’uomo si crea una cicatrice nel muscolo cardiaco, ciò rap-presenta una situazione statica che non potrà mai cambiare», ha spiegato il responsabile del progetto di ricerca, Prof. Thomas Braun del Max Planck-Institut, in una recente intervista per «SciViews». «Il tritone è, invece, mol-to più dinamico. È in grado di riparare questi danni e di far scomparire le ci-catrici. Grazie a ciò si ha un recupero del tutto funzionante». In effetti, an-che i topi appena nati sono in grado, entro alcune settimane dalla nascita, di rigenerare straordinariamente bene il tessuto miocardico. Anche il cuore umano è in grado, in alcune patologie cardiocircolatorie, di rigenerarsi, ma in modo molto minore rispetto ai tritoni.

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NUOVI SCENARI

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Un piccolo tritone con un grande genoma

Per questi processi rigenerativi, nell’in-formazione genetica dei tritoni vengo-no attivati determinati segmenti di ge-ni. Il genoma dei tritoni, a differenza di quello della Drosophila, di Zebrafish o dell’uomo, non è stato ancora stato codificato, e non sarà possibile farlo ancora per molto tempo. È vero che il genoma del Notophthalmus viride-scens ha una dimensione di 10 volte superiore a quella dell’uomo, ma è an-che vero che in tutto il mondo solo po-chissimi gruppi di lavoro studiano que-sto anfibio. Per bypassare questo ostacolo, i ricercatori tedeschi si limi-tano, invece di decodificare tutto il ge-noma, a quei segmenti di geni che, du-rante lo sviluppo degli stadi di larva e della rigenerazione tessutali, sono ef-fettivamente attivi. L’RNA messagge-ro (o mRNA) è il modello di produzio-ne delle proteine. Delle oltre 15 000 molecole mRNA esaminate, è stato possibile identificare circa 800 protei-ne, presenti solo nei tritoni.

Oncostatina M: Una proteina con due facce

Un ruolo centrale nella «de-differen-ziazione» di cellule miocardiche sem-bra averlo una proteina denomina On-costatina M. Essa viene rilasciata subito dopo l’infarto dalle immunocel-lule migrate nel tessuto danneggiato e accelera la de-differenziazione delle cellule miocardiche. In topi modificati geneticamente, senza l’Oncostatina M, la rigenerazione delle cellule mio-cardiche avviene in modo notevolmen-te più rallentato. E un numero supe-riore di roditori muore in seguito all’infarto. Questo messaggero chimi-co presenta, però, anche un rovescio della medaglia: poiché l’Oncostatina M si accumula anche in altri recettori, essa rafforza la tendenza del sangue a coagularsi e ciò, a sua volta, aumenta il rischio di un infarto. Inoltre, nel to-po e nell’uomo, almeno nella fase tar-da di un infarto miocardico, essa sem-bra favorire la formazione di cicatrici e non, come nel tritone, la rigenerazio-ne cellulare. Forse, come ha spiegato

Nord e sud…

La diffusione delle salamandre e dei tri-toni si concentra, con poche eccezioni nell’America del Sud, nei paesi dell’emi-sfero settentrionale. Attualmente sono note circa 670 specie, vale a dire circa il 9 % di tutti gli anfibi.

I singoli attori

Quando il cuore dei tritoni è danneggiato, le cellule si de-differenziano. A tal fine, la regolazione delle proteine tipiche delle cellule miocardiche, quali le catene pesanti della miosina e delle diverse tro-ponine viene considerevolmente ridotta. Allo stesso tempo le cellule iniziano a dividersi notevolmente e a creare in tal modo nuovo muscolo miocardico. Dopo circa due settimane il cuore del tritone batte come se non fosse successo nulla.

il Prof. Braun in una pubblicazione, si tratta solo del giusto equilibrio tra un’acuta riparazione di emergenza e la progressiva perdita di funzionamento della pompa cardiaca. È possibile, inol-tre, che altri messaggeri chimici anco-ra ignoti, siano coinvolti in questi pro-cessi. In un modo o nell’altro, l’uomo può imparare ancora tanto dall’enor-me capacità rigenerativa del tritone.

Fonti bibliografiche

1 Kubin T, et al.: Cell Stem Cell 2011; 9 (5): 420–432.

2 Szibor M, et al.: Cell Mol Life Sci 2014; 71: 1907–1116.

3 Reinberger S: Max Plank Forschung 2014; 2: 52–57.

4 Heil M, Braun T: Forschung Frankfurt 2013; 1: 53–57.

5 Neubauer U: Hessen-Biotech; 2013; 3: 10–11.

6 Reinberger S: MPI-Video. 2016. (http://www.sciviews.de/video/vom-molch-lernen)

Il cuore del tritone non si rigenera, dopo un danno, da cellule staminali, ma da cellule originariamente specializzate che a tal fine regrediscono.

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GEISTLICH PHARMA | OSTEOLOGY STIFTUNG

BACKGROUND.Geistlich Pharma & Osteology Foundation

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«Il corpo umano ha bisogno di spazi protetti»Intervista del Dr. Klaus Duffner

GEISTLICH PHARMA

Il collagene è una compo­nente fondamentale del nostro corpo ed uno dei costituenti di diversi tessuti. Abbiamo intervistato il Dr. Lothar Schlösser, esperto in collagene, Direttore Geistlich Material Discovery Research, sull’efficace uso di collagene nella rigenera­zione di ossa, cartilagini e pelle.

Dr. Schlösser, come sarebbe il nostro corpo se non avessimo il collagene? Dr. Schlösser: Circa un terzo delle pro-teine del nostro corpo consiste di col-lagene. Senza di esso noi non potrem-mo esistere. Innanzitutto, saremmo completamente permeabili e un muc-chio di cellule prive di struttura. Per creare delimitazioni o spazi protetti il nostro corpo, infatti, ha bisogno di col-lagene. E poi senza collagene, le ossa non avrebbero nessun sostegno. Il no-stro scheletro sarebbe troppo fragile e si romperebbe subito. Solo grazie al rinforzo del collagene, le nostre ossa acquistano stabilità e una certa flessi-bilità. E per ultimo, il collagene svolge un’importantissima funzione, quella di

TendiniCosa rende i tendini così resistenti? L’alta % di collagene I che contengono.

CartilaginiLe cartilagini delle artico-lazioni, ad es. del gomito, dell’anca e del ginocchio, contengono grosse quan-tità di collagene II.

PelleLa pelle è costituita prin-cipalmente da collagene I e III.

dare struttura al nostro organismo. Nello spazio intercellulare, il collage-ne è la proteina prevalente che funge da guida nella formazione del tessuto. Si potrebbe dire che fornisce un vero e proprio manuale di costruzione.

Il collagene sembra essere stato un modello di successo anche nell’evolu­zione umana…Dr. Schlösser: Si, il collagene è esistito molto prima delle ossa. Il collagene è esistito sin dalla prime forme di vita,

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nei polipi di acqua dolce, nelle medu-se e nelle spugne. Ma anche con l’evol-versi della specie e con lo sviluppo delle ossa, il collagene rimase un elemento essenziale dell’organismo. La natura sembra aver giocato con questo materiale nel corso dell’evolu-zione umana, provando a utilizzarlo in diversi ambiti e con diverse funzioni. Esso trova molti e utilissimi ambiti di applicazione nel nostro corpo, spesso in associazione con altri materiali, co-me ad esempio nel geniale abbinamen-to tra collagene e ossa.

Lei utilizza questo abbinamento per la rigenerazione ossea.Dr. Schlösser: Esattamente. Se voglio effettuare aumenti ossei per il fissag-gio degli impianti, devo proteggere queste aree per un po’ di tempo. Ho bisogno quindi di una membrana col-lagenica, talmente ermetica, da preve-nire la crescita di cellule di tessuto molle negli alveoli dell’osso mascella-re. La presenza di tessuto molle, infat-ti, previene la formazione di osso. Nonostante questa barriera, la mem-brana è permeabile. Ciò rende possi-bile, ad esempio, lo scambio di nutri-tivi e una certa comunicazione tra gli spazi. Abbiamo pertanto una barriera sicura per prevenire la formazione di

cellule di tessuto molle come i fibro-blasti ma non un’ermeticità totale. Do-po circa due settimane il rischio è su-perato. L’area è talmente stabile che non consente più la migrazione di cel-lule di tessuto molle. A partire da que-sto momento la membrana inizia a dis-solversi.

In che misura è possibile influire sul collagene per realizzarlo come si de­sidera?Dr. Schlösser: Molto. Vogliamo fornire all’organismo un materiale lavorato che si distingue per la sua particolare organizzazione ed architettura. Per conseguire ciò separiamo parzialmen-te i fasci di fibre di collagene nei loro componenti di base e li ricomponiamo con l’ausilio della liofilizzazione. In ba-se al tipo di liofilizzazione si ottengo-no cristalli di ghiaccio piccoli o grandi. I cristalli di ghiaccio grandi creano po-ri grandi, quelli piccoli pori piccoli. Per le membrane con funzione barriera, il collagene non viene separato ma la-sciato nella sua originaria organizza-zione e architettura.

La rigenerazione cutanea è un tema molto attuale a livello mondiale. Qual è il ruolo svolto dalle Sue membrane collageniche in questo contesto? Dr. Schlösser: non abbiamo prodotti ap-provati per tali indicazioni. È stato av-viato, tuttavia, in ambito di chirurgia maxillo-facciale, uno studio clinico sull’uso di una matrice collagenica. Si tratta della rigenerazione cutanea del viso, ad esempio dopo la rimozione chirurgica dei cosiddetti basaliomi. Si tratta di tumori che si formano soprat-tutto nelle zone esposte alle radiazio-ni solari, ad esempio la fronte, il naso o le orecchie. In passato, la loro inci-denza è molto aumentata. Per molti di essi è stato necessario rimuoverli chi-rurgicamente. Se queste ferite non vengono trattate specificatamente, si

OssaLa stabilità e flessibilità di cui

sono dotate le nostre ossa sono dovute principalmente al

collagene I.

Legamento parodontaleIl legamento che circonda la radice

del dente consiste, fra l’altro, di fibre collageniche.

LegamentiI legamenti consistono,

alla pari dei tendini, prin-cipalmente di collagene I.

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GEISTLICH PHARMA

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formano cicatrici e fori, che natural-mente, in particolare nella zona del vi-so, possono sfigurare le zone colpite. Ad oggi non esistono rimedi efficaci che consentano di far riformare il tes-suto senza tali svantaggi. Un intelli-gente sistema di matrice collagenica potrebbe riempire i fori e - secondo quanto risulta dai primi dati raccolti - favorire la rigenerazione dei tessuti.

Anche altre parti del corpo necessita­no a volte di una «riparazione» …Dr. Schlösser: Sì, ad esempio il ginoc-chio. Molte persone subiscono, quan-do fanno sport, dolorose lesioni della cartilagine. Con il sistema AMIC®, la cartilagine danneggiata viene parzial-mente rimossa e si effettua un foro sull’osso sottostante. Ciò consente il sanguinamento e la formazione di nuovo tessuto. Sul difetto si fissa un’i-donea membrana in collagene. In tal modo si crea uno spazio protetto che consente la rigenerazione del tessuto.

E questa tecnica funziona?Dr. Schlösser: Sì, eccome! Si tratta di una tecnica chirurgica abbastanza

complessa, anche se non lo è quanto ad esempio la tecnica ACI, per la qua-le si debbono coltivare innanzitutto i condrociti, ma funziona.

In realtà, il corpo si ripara da solo...Dr. Schlösser: È proprio questo il punto. Ciò significa che non facciamo altro che dare una mano alla natura. L’orga-nismo vuole ricostituirsi. La natura ha bisogno di spazi protetti e di un ma-nuale di costruzione. Ma non ce l’ha sempre.Se noi mettiamo a disposizione una matrice e un sicuro «spazio di riposo», aiuteremo l’organismo a rigenerare de-terminate strutture. Noi supportiamo solo l’auto-aiuto.

Ma può succedere che il nostro corpo dica, «non ho bisogno del tuo aiuto» e rigetti il materiale?Dr. Schlösser: Il collagene è una sostan-za molto antica che si è conservata ge-neticamente tra le diverse specie. Va-le a dire che, con solo poche eccezioni, è un elemento presente in tutti i mam-miferi. Se il collagene è stato realizza-to adeguatamente – e in tal ambito

Geistlich può avvalersi di un ampio ba-gaglio di conoscenze specifiche –non crea reazioni immunitarie. Molto rara-mente si sono verificati casi di un’al-lergia al collagene. A cosa è necessario fare attenzione?Dr. Schlösser: La lavorazione del mate-riale di base deve essere effettuata con ogni cura e con tutte le dovute precau-zioni. Un fattore molto importante è la stabilizzazione del materiale. Il collagene di regola può accumulare una grande quantità di acqua. Questa caratteristica comporta però anche il rischio di destabilizzare la struttura. La natura si aiuta da sola collegando le molecole tramite cross-linking. Ciò serve a stabilizzare il materiale. Se i processi sono tali da indebolire tale impalcatura collagenica, essa dovrà es-sere resa nuovamente stabile in modo artificiale. Se questi legami artificiali non vengono effettuati in modo ido-neo, possono causare problemi nell’in-tegrazione dei tessuti e si possono ve-rificare infiammazioni. Geistlich segue in tale ambito la stra-tegia di pulire le fibre in modo tale da lasciare loro la loro naturale organiz-zazione e stabilizzazione. In tal modo esse sono flessibili e allo stesso tempo sufficientemente stabili e non neces-sitano di un linking artificiale. E que-sto è il nostro segreto.

Geistlich da diversi decenni lavora e fa ricerche nel campo del collagene. Crede che questo materiale abbia an­cora molte cose a noi sconosciute?Dr. Schlösser: il collagene è una sostan-za estremamente versatile di cui non sappiamo ancora tutto. Sebbene io ab-bia studiato il collagene da tantissimo tempo, ha sempre qualche sorpresa in serbo.

GEISTLICH PHARMA

34 Geistlich News 01 | 2017

Dr. Lothar Schlösser: «Le membrane collageniche aiutano il corpo umano ad aiutarsi da solo.

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Nel corso del congresso EAO 2016 di Parigi, Geistlich Biomaterials ha presentato l’ultimo membro della fami-glia di prodotti Geistlich Bio- Gide®.

All’EAO 2016 di Parigi, Geistlich Pharma ha festeggiato il 20° anniversario di Geistlich Bio-Gide®, la prima membra-na in collagene nativo per la Rigenerazione Tissutale Gui-data (GTR)1. Nel corso di questi festeggiamenti, l’azienda ha presentato Geistlich Bio-Gide® Compressed , una nuova membrana di collagene. Per i chirurghi ciò significa avere una scelta ancora più ampia.

Creata con il know­how acquisito nell’ambito del collagene

Lo scopo degli esperti di collagene Geistlich è portare sem-pre avanti lo sviluppo dei prodotti. Geistlich Bio-Gide® Compressed è una membrana in collagene nativo bistrato, specificatamente creata per gli odontoiatri che preferisco-no membrane con caratteristiche di uso diverse rispetto a Geistlich Bio-Gide®. Come alternativa, Geistlich Bio-Gide® Compressed è più rigida e ha una superficie levigata.

Nuovo prodotto, lunga tradizione

Creata sul modello di Geistlich Bio-Gide®, Geistlich Bio- Gide®Compressed offre i noti e invariati vantaggi di Geistlich Bio-Gide® con la sua impareggiabile biofunziona-lità biologica2,3 e la sua eccezionale qualità. In oltre 280 pubblicazioni4 vengono documentate le inten-se ricerche condotte su Geistlich Bio-Gide®, il che dimo-stra come questa membrana, anche dopo 20 anni dal suo lancio sul mercato, è ancora la membrana di riferimento in odontoiatria rigenerativa.5,6

Riferimenti bibliografici

1 Dati negli atti.

2 Schwarz F, et al. : Clin Oral Implants Res 2014, 25(9): 1010–1015.

3 Becker J, et al.: Clin Oral Implants Res 2009, 20(7): 742–793.

4 Pubmed 2016; Suchwort «Bio-Gide»

5 iData Research Inc., US Dental Bone Graft Substitutes and other Biomaterials Market, 2015.

6 iData Research Inc., European Dental Bone Graft Substitutes and other Biomaterials Market, 2015.

Geistlich Bio­Gide® Compressed: La differenza si vede! Evelyn Meiforth

Geistlich Bio-Gide® Compressed in sintesi

› Membrana in collagene nativo bistrato

› Uso alternativo

› Struttura più compatta

› Superficie più liscia

› Più stabile nel posizionamento

› Più facile da tagliare

GEISTLICH PHARMA

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20 mm25

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13 mm

Geistlich Bio-Gide® Compressed: I due lati della membrana nativa bistrato supportano la guarigione del difetto.

Geistlich Bio-Gide® Compressed è disponibile in due formati.

SUCCESSO NEGLI INCREMENTI OSSEI ESTESI: La Sausage Technique™ del Prof. Istvan Urban con Geistlich Bio-Gide® Compressed: https://www.geistlich.it/it/dental/membrane/bio-gide-compressed/vantaggi/

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GEISTLICH PHARMA

Incrementi Ossei Minori – È arrivato il nuovo manuale!Turgut Gülay

Il nuovo manuale espone concetti e casi clinici per gli incrementi ossei minori.

Nel nuovo manuale sugli incrementi ossei minori vengono presentati 14 casi clinici nei quali sono state utilizzati Geistlich Bio-Oss® e Geistlich Bio-Gide®. Uno di questi casi è stato trattato da Dr. Ueli Grunder, Svizzera (vedi sotto). A causa di una malattia parodontale in stato avanzato e di una grave perdita di osso con difetto osseo intra-alveolare senza deiscenza o fenestrazione, è stato necessario estrarre il premolare superiore. Il riempimento del difetto con Geistlich Bio-Oss® Collagen dopo l’inserimento dell’impianto ha mostrato buoni risultati nel lungo periodo, i margini del tessuto duro e molle sono stabili dopo 25 anni.

1

CONCETTI DI TRATTAMENTO PER

INCREMENTI OSSEI MINORI

11

INCREMENTO DEL CONTORNO CON GEISTLICH BIO-OSS® COLLAGEN

Dr. Ueli Grunder | Svizzera

1 2 3 4

5 6 7 8

DIFETTO REGIONE TRATTAMENTO ALTRI MATERIALI

Classe 0 Classe II anteriore mascella Geistlich Bio-Oss® Collagen Compressa in collagene

Classe I posteriore mandibola Geistlich Bio-Gide®

DIDASCALIA

1. Radiografi a preoperatoria che mostra il grave difetto osseo attorno al dente.

2. 6 settimane dopo l’estrazione è visibile una guarigione senza complicanze dei tessuti molli in fase postoperatoria.

3. Dopo aver preparato il lembo, è stato inserito un impianto nella sede con un grave difetto osseo.

4. Per riempire il difetto e garantire stabilità di volume, si è applicato Geistlich Bio-Oss® Collagen.

SFIDA CLINICA

È stato necessario estrarre il premolare superiore a causa di una patologia parodontale di stadio avanzato e una grave perdita ossea attorno al dente. Il difetto osseo era di tipo intralveolare senza deiscenza né fenestrazione.

SCOPO / APPROCCIO

É stato scelto l’impianto precoce con tempo di guarigione di sei settimane prima dell’inserimento. L’incremento osseo con Geistlich Bio-Oss® Collagen è stato eseguito contestualmente all’inserimento dell’impianto. Poiché il paziente è stato trattato nel 1991, questo caso costituisce una delle pri-missime applicazioni cliniche di Geistlich Bio-Oss® Collagen.

5. Dopo l’incremento con Geistlich Bio-Oss® Collagen, il sito è stato coperto con una compressa in collagene.

6. Restauro fi nale con corona 6 mesi dopo l’intervento.

7. La radiografi a dopo 25 anni mostra una situazione ossea stabile.

8. La condizione clinica dopo 25 anni presenta una situazione stabile ed esteticamente molto apprezzabile dell’osso e dei tessutimolli.

CONCLUSIONE

Un premolare innestato con Geistlich Bio-Oss® Collagen contestualmente all’inserimento dell’impianto ha dato prova di un buon risultato a lungo termine. A 25 anni di distanza dall’impianto, è presente un contorno di tessuti molli e duri soddisfacente.

follow-up a 25 anni

INCREMENTO DEL CONTORNO DI UN DIFETTO INTRAOSSEO

Dr. Su Yu Cheng | Cina

1 2 3 4

5 6 7 8

DIFETTO REGIONE TRATTAMENTO ALTRI MATERIALI

Clase 0 Classe II anteriore mascella Geistlich Bio-Oss® Nessuno

Classe I posteriore mandibola Geistlich Bio-Gide®

DIDASCALIA

1. Situazione preoperatoria che mostra l’incisivo centrale destro supe-riore e la condizione dei tessuti molli.

2. Stato dopo l’inserimento dell’impianto. Si vede il sondaggio della pa-rete alveolare vestibolare. Si noti il difetto osseo locale tra l’impianto e la parete vestibolare.

3. Applicazione di Geistlich Bio-Oss® in granuli nel difetto osseo locale. Nel contempo, si è migliorata anche l’anatomia ossea.

4. Copertura dei granuli di Geistlich Bio-Oss® con una membrana Geistlich Bio-Gide® secondo il principio della GBR.

SFIDA CLINICA

È stato necessario estrarre l’incisivo centrale mascellare, sostituito con un impianto immediato. La sfi da clinica in questa situazione consisteva nel mantenere il volume della cresta, che è fondamentale non soltanto dal punto di vista funzionale, ma anche estetico.

SCOPO / APPROCCIO

L’impianto è stato inserito immediatamente dopo l’estrazione del dente 11. Per minimizzare il riassorbimento osseo e la perdita di volume, lo spazio tra l’impianto e le pareti ossee alveolari è stato riempito con Geistlich Bio-Oss®. L’area è stata poi coperta con una membrana Geistlich Bio-Gide®.

5. Vista occlusale: il sito incrementato è protetto dalla membrana estendendone i margini all’osso nativo. Si preparano i lembi per ottenere la chiusura primaria del sito rigenerato.

6. Condizione clinica dopo 6 mesi, prima del restauro.

7. Vista laterale del restauro a 12 mesi. Si è ottenuto un contorno della cresta ottimale.

8. Vista frontale: risultato estetico nella sede dell’incisivo centrale destro superiore al follow-up a 12 mesi.

CONCLUSIONE

Utilizzando la chirurgia rigenerativa si sono ottenuti risultati estetici predicibili per l’impianto immediato in un’area ad elevata valenza estetica.

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e I

10 – CONCETTI DI TRATTAMENTO PER INCREMENTI OSSEI MINORI

2 3 4

5 6 7 8

DIFETTO REGIONE TRATTAMENTO ULTERIORI MATERIALI

Classe 0 Classe II anteriore mascella Geistlich Bio-Oss® Collagen spugna di collagene

Classe I posteriore mandibola Geistlich Bio-Gide®

1 Immagine radiografica pre-operatoria che mostra il grave difetto osseo intorno al dente.

2 Sei settimane dopo l’estrazione del dente si vede in fase post-operatoria una guarigione regolare del tessuto molle.

3 Dopo la preparazione del lembo è stato inserito l’impianto.

4 Per riempire il difetto e per fornire una buona stabilità volumetrica è stato applicato Geistlich Bio-Oss® Collagen.

5 Dopo l’aumento con Geistlich Bio-Oss® Collagen, il sito è stato ricoperto con un spugna di collagene.

6 Restauro definitivo della corona 6 mesi successivi all’intervento.

7 L’immagine radiografica mostra dopo 25 anni una situazione stabile dell’osso.

8 Il quadro clinico del follow-up effettuato dopo 25 anni mostra un’ottima situazione e buona stabilità dell’osso e del tessuto molle.

1

Follow-up di 25 anni

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Geistlich porta avanti la serie dei webinarDr. Maria Scheuermann

Anche nel 2017 Geistlich organizza un Webinar World Tour, offrendo ai professionisti di tutto il mondo corsi di formazione online, dal vivo, in modo interattivo e gra-tuito.

Il Webinar World Tour è stato avviato nel 2016 nell’ambito dell’anniversario ventennale di Geistlich Bio-Gide® e dell’anniversario trentennale di Geistlich Bio-Oss®. In seguito al grande successo ottenuto, il tour proseguirà an-che nel 2017.

La chiave del successo

Il motto della presente edizione del Webinar è «Key to Suc-cess». I relatori si concentreranno pertanto su quei fattori che sono determinanti per il successo del trattamento, sve-leranno i loro particolari trucchi e mostreranno con dati dalla letteratura quali sono i migliori metodi basati sulle evidenze scientifiche.

Registrati ora: https://geistlich.dental-campus.com

GEISTLICH PHARMA

Prof. Lisa Heitz-Mayfield I AustraliaPERI-IMPLANTITIS: DECISION-MAKING IN CLINICAL PRACTICE28 marzo 2017 – ore 19:00 AWSTUTC +8 ore

Prof. Michael Norton I Regno UnitoASSESSMENT AND PLANNING BEFORE SINUS LIFT3 maggio 2017 – ore 19:00 GMT/UTC

Prof. Daniel Buser I Svizzera LONG TERM RESULTS FOR GBR28 giugno 2017 – ore 19:00 CETUTC +1 ora

Dr. Isabella Rocchietta I Regno UnitoMANAGEMENT OF SEVERE ALVEOLAR DEFECTS21 settembre 2017 – ore 19:00 GMT/UTC

Prof. Pascal Valentini I FranciaSINUS FLOOR ELEVATION: PREVENTION AND THERAPY OF POSTOPERATIVE COMPLICATIONS24 ottobre 2017 – ore 19:00 CETUTC +1 ora

Prof. Diego Velasquez I Stati UnitiTREATMENT OF SINGLE TOOTH EXTRACTION SOCKETS29 novembre 2017 – ore 19:00 ESTUTC –5 ore

Ecco i webinar in programma, tutte le relazioni sono in lingua inglese:

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WEBINAR WORLD TOUR 2017

GEISTLICH KEY TO SUCCESS

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Geistlich­Blog «The Regeneration Expert»Verena Vermeulen

Da febbraio tutti gli articoli delle Geistlich News sono disponibili nel blog in inglese «The Regeneration Expert».

Conosci le principali fasi di pianificazione di un impianto a carico immediato? In quali casi utilizzeresti una osteopla-stica con la tecnica a «sandwich»? Quali sono i criteri sui quali basi le procedure da effettuare dopo l’estrazione di un dente? Il blog «The Regeneration Expert» fornisce inte-ressanti spunti su temi, problemi e dibattiti attuali in am-bito di odontoiatria rigenerativa.

Rendere la conoscenza più accessibile

Nel blog sono stati inseriti tutti i principali temi trattati nelle Geistlich News dal 2014. Gli argomenti avevano co-me oggetto ad esempio gli incrementi ossei minori ed este-si, la pianificazione e diagnostica in ambito di terapie rige-

nerative, la conservazione della cresta alveolare dopo l’estrazione di un dente e, nella presente edizione, rischi e complicanze.

Un blog come tesoro di conoscenze

I contenuti comprendono oltre 40 articoli di esperti di fa-ma mondiale. Tramite la funzione di ricerca e di categorie di ricerca, i lettori potranno trovare gli articoli ai quali so-no interessati, oppure semplicemente visionare la pagina iniziale facendosi ispirare da immagini, titoli e autori. È na-turalmente possibile commentare, condividere e inoltrare tutti gli articoli.

Venite a trovarci!www.regeneration-expert.com

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L’Osteology Foundation fa incontrare scienziati e clinici interessati a terapie rigenerative in ambito odontoiatrico. Organizza simposi, congressi, corsi e, a partire dal 2017, aumenta le attività online.

Il motto della Osteology Foundation, un organismo indipendente costituito nel 2003 dal Dr. Peter Geistlich e da Geist-lich Pharma AG, è «Linking Science and Practice in Oral Regeneration», vale a dire connettere conoscenze teoriche e pratiche in ambito di rigenerazione ora-le. La Fondazione promuove la ricerca e la formazione professionale di scienzia-ti che operano in questo campo e fa sì che le scoperte scientifiche vengano divulgate tra tutti i professionisti del settore.

61 simposi in 18 paesi

Uno dei principali scopi della Osteology Foundation è anche quello di far in-contrare scienziati e odontoiatri in una rete mondiale dando loro la possibili-tà di imparare gli uni dagli altri e gli uni con gli altri. Molti di questi scopi sono stati raggiunti nel corso degli an-

ni passati e molte altre attività sono in programma in futuro, come ha spiega-to il Presidente della Fondazione, il Prof. Mariano Sanz, nel corso di una conferenza stampa tenutasi durante l’Osteology Symposium del 2016 nel Principato di Monaco.

Un network mondiale della rigenerazione oraleDr. Heike Fania

I simposi della Fondazione vengono tenuti in tutto il mondo. Ad oggi ne so-no stati organizzati complessivamen-te 61 in 18 diversi paesi. Vengono orga-nizzate inoltre altre manifestazioni in collaborazione con società a livello na-zionale (vedi anche la tabella con le

La fondazione fa incontrare scienziati e odontoiatri di tutto il mondo: Il Simposio internazionale Osteology del 2016 nel Principato di Monaco.

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date fissate per il 2017). Per la prima volta, quest’anno si terrà l’Osteology Symposium Australasia a Melbourne.

Research Academy in Asia und Sudamerica

I giovani scienziati traggono vantaggio dai corsi offerti dalla Fondazione, e non solo nei simposi. Essi vengono da tutte le parti del mondo per assistere ai corsi offerti dalla Osteology Resear-ch Academy, corsi nei quali si vogliono trasmettere conoscenze scientifiche nell’ambito della rigenerazione orale. Nel 2017 questi corsi verranno tenuti per la prima volta anche in Asia (Hong Kong) e America del Sud (Rio de Janeiro).

THE BOX

Per rendere possibili scambi a livello mondiale anche oltre tali manifesta-zioni e programmi, la Fondazione ha creato la piattaforma online THE BOX che mette a disposizione non solo informazioni, come ad esempio le Osteology Research Guidelines, ma consente anche alla Osteology Com-munity, della quale fanno parte scien-ziati e odontoiatri, di scambiarsi idee e di mantenere contatti. In tal modo è possibile discutere in pri-vato o in pubblico casi clinici propri o di altri, è possibile mettere a punto in comune e discutere progetti di ricerca ed è possibile intrecciare contatti.La Osteology Foundation pianifica at-tualmente corsi online e corsi abbina-ti online e offline. Le prime attività sa-ranno a dispozione su THE BOX, altre sono in fase di programmazione. Sarà interessante seguire gli sviluppi!

APPUNTAMENTI OSTEOLOGY 2017

SIMPOSI OSTEOLOGY

17–18 febbraio Simposio Osteology Spagna Barcellona/Spagna

2–3 giugno Simposio Osteology Australasia Melbourne/Australia

3–4 giugno Simposio Osteology Giappone Tokio/Giappone

20–21 settembre Simposio Osteology Cina Shanghai/Cina

21–22 ottobre Simposio Osteology Russia Mosca/Russia

COLLABORAZIONI

20–22 aprile Sessione Osteology @ CONBRAPE San Paolo/Brasile

25–27 maggio Sessione Osteology @ Congresso SEPA Malaga/Spagna

9–12 settembre Sessione Osteology @ Congresso AAP Boston/Stati Uniti

10–11 novembre Sessione Osteology @ Congresso ÖGI Graz/Austria

15–18 novembre Sessione Osteology @ Congresso FIPP Santiago/Cile

OSTEOLOGY RESEARCH ACADEMY

3–7 luglio Core Module Hong Kong Hongkong

11–15 settembre Core Module Lucerne Lucerna/Svizzera

19–22 settembre Core Module Rio de Janeiro Rio de Janeiro/Brasile

6–8 novembre Expert Module Berna Berna/Svizzera

ALTRO

21 aprile National Osteology Group Brasile Online/Brasile

4–6 maggio ITI, Congresso mondiale Basilea/Svizzera

5–7 ottobre EAO, Congresso – Esposizione Madrid/Spagna

23 novembre National Osteology Group Brasile – Meeting annuale

San Paolo/Brasile

Trova le informazioni su tutte le attività e il link a THE BOX sul sito web: www.osteology.org.

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INTERVISTA

A Milano con Giulio Rasperini

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Giulio, non conosco un’altra persona che ha tanti contatti ed «Endorsemen­ts» nella rete di contatti professionali LinkedIn come te. È importante per te essere in contatto con gli altri? Prof. Rasperini: L’amicizia è la cosa più importante che ci sia per me. Mi piace molto trascorrere il tempo con i miei amici, la maggior parte dei quali sono anche odontoiatri. Vado inoltre spes-so a feste private organizzate da altri odontoiatri nel corso delle quali non parliamo solo del nostro lavoro ma an-che di altri temi.

Qual è il principale vantaggio di di­sporre di una rete di contatti profes­sionali?Prof. Rasperini: Nella condivisione di pensieri, idee, filosofie, tecniche e con-cept. Ritengo che il vero segreto non

consista nel voler imporre la propria opinione ma di condividere il sapere. Ciò significa anche saper accettare le critiche e i feedback. Sono sempre lie-to di ricevere suggerimenti da giovani che sono ancora «nuovi del mestiere». I giovani, oggi, comunicano in modo molto diverso da come lo facevano noi ai nostri tempi.

Nella presente edizione delle Geistli­ch News l’accento è sui rischi e sulle complicanze. Sei anche tu del parere che sia buona cosa parlare di errori?Prof. Rasperini: Certamente. Dagli erro-ri si impara. È per questo che non mi piace quando le persone mettono in bella vista solo i loro successi. Esisto-no naturalmente ottime tecniche, ma nessuna può dare la sicurezza di suc-cesso al 100 %. Dobbiamo anche par-

lare di quei metodi che non danno buoni risultati, solo così impareremo quello che è bene evitare.

Uno dei temi dei quali ti occupi è l’in­novazione...Prof. Rasperini: Sono del parere che le nostre tecniche dovranno diventare più semplici, più predicibili e più eco-nomiche per i pazienti, ad esempio gra-zie all’uso di apparecchiature digitali o nuove tecniche chirurgiche grazie alle quali è possibile effettuare più facil-mente anche grandi aumenti ossei.

Un’ultima domanda: cosa ti sarebbe piaciuto diventare se non avessi scel­to l’odontoiatria? Prof. Rasperini: Sarei diventato proba-bilmente un architetto, mi piace esse-re creativo.

Intervista di Reto Falk

Prof. Giulio Rasperini (a destra) ha uno studio privato di Parodontologia e Impantologia a Piacenza ed è Professore di Parodontologia a Milano. È membro del consiglio di redazione dell’International Journal of Periodontics & Restorative Dentistry e dell’Implant & Advanced Clinical Dentistry e autore di diverse pubblicazioni in ambito di parodontologia e implantologia.

Numero 2 | 17uscirà a settembre / ottobre 2017.

FOCUS

Gestione dei tessuti molli

› Copertura delle recessioni › Gestione dei tessuti molli intorno all’impianto › Gestione dei tessuti molli in incrementi

ossei estesi › Innesti autologhi o biomateriali

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