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L’Obamacare finiscedi nuovo nel mirinodella Corte suprema:a marzo i giudicianalizzeranno duedei cento ricorsi diditte, gruppi laici ereligiose, diocesicomprese, che nonintendono piegarsi alcosiddetto «obbligocontraccettivo»contenuto nellalegge e denuncianola violazione dellalibertà religiosa. Lamisura imponeun’assicurazionesanitaria checomprendacontraccezione eaborto.

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Anno XLVI N. 281

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Mercoledì27 novembre2013

n casa entra da sempremoltissima carta: libri, giornalie altro. Sino a un po’ di tempo fa

riuscivo a tenerla a bada. Nedavo via, ne gettavo (vincendo laradicata vocazione a conservare);e periodicamente mettevo ognicosa al suo posto: stipando letante librerie, controllando esmistando i documenti bancari ele ricevute. Ma da parecchioormai trascuro di farlo: quantoarriva si ammucchia sullascrivania, sulle sedie e perfino sulpavimento. Me ne resta uncrescente, oscuro rimorso: resopiù acuto a volte dalla ricercavana di qualcosa che mi serve odal crollo d’una catastapericolante. Perché ne parlo?Perché questo disordine, questoMar dei Sargassi in cui riesco

sempre meno a muovermi, miduole soprattutto per il suo pesosimbolico: trovando dentro di mecorrispondenza, magariinconscia, negli arretrati e negliinsoluti dell’anima. Gliadempimenti omessi, materiali emorali, mi ossessionanosuscitandomi il pensiero diquando - tempi non lontani - ionon ci sarò più. Come siraccapezzeranno le mie figlie,cosa se ne faranno di tante carteche hanno senso, se mai, solo perme? E quale ricordoconserveranno di me? Talvoltami capita di leggere nei necrologiparole di lode e rimpianto chesuonano sincere. E provo unasorta di invidia: io alla fine nonne avrò meritate.

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I

GLI INSOLUTI DELL’ANIMASALVATORE MANNUZZU

sciamo, usciamo». Incomincia così il n.49 dell’Esortazione Apostolica di papa

Francesco sul tema dell’evangelizzazione, che haimpegnato il recente Sinodo mondiale dei Vesco-vi. L’immagine non è occasionale, né casuale. Chesi tratti di una chiave di lettura – e quindi di azio-ne – del messaggio destinato alle Chiese cristiane,è confermato dalla dicitura che sta all’ingresso delprimo capitolo: «Una Chiesa in uscita».Francesco si mette a capo del popolo di Dio e lo gui-da all’uscita dalla schiavitù. Uscita dall’inerzia diuna posizione di rendita, che può apparire rassi-curante e persino confortevole, ma che ormai con-fina con l’assuefazione alla «mondanità spiritua-le». Uscita dalla mancanza di iniziativa, dalla per-dita di creatività, dall’amorevole coltivazione del-la propria nobile malinconia: la storia della mo-dernità ha deviato dal corso previsto, che dovevapassarci sotto casa. Invece. E allora, tanto peggioper la storia, e per gli uomini, le donne e i bambi-ni che ci sono dentro. L’accidia, la rassegnazione,lo scoraggiamento – scrive Francesco – portano al-la «psicologia della tomba». Può sembrare un rifu-gio, un sacrario persino. Ma è un luogo di morti.Non c’è però solo una cristianesimo ripiegato suse stesso perché vive una perenne «Quaresima sen-za Pasqua» (n. 6). In questi anni, i cristiani ci han-no messo del proprio per mortificare ciò che loSpirito aveva pur messo in moto. Hanno creatocontrapposizioni artificiose nel popolo di Dio, se-minato arroganza di élites fra i cristiani diversa-mente impegnati, acceso vere e proprie «guerre»interne, nelle quali sono state dilapidate energie esostanze che erano destinate alla missione comu-ne (n. 94). Anche da queste stupide liti bisogna u-scire. In fretta, e con un taglio netto. E bisogna pen-sare di più ai «poveri». Soprattutto al loro ricono-scimento da parte di una religione che non se neserve come strumento per disegni che non li ri-guardano.

il fatto. Nella sua prima Esortazione apostolica il Papa chiama a uno «stato permanentedi missione», a una collegialità che valorizzi le Conferenze episcopali e a servire i poveri

LE INTERVISTE

● L’Evangelii gaudium indicaprospettive e sfide dellacomunità ecclesiale

● Sulla scia del Conciliol’impegno per un maggioredecentramento

● Il papato pronto a unaconversione per essere piùfedele al mandato di Gesù

● «Preferisco una Chiesaaccidentata e ferita chemalata per la sua chiusura»

● L’Eucaristia non è premioper i perfetti ma rimedio ealimento per i deboli

OLTRE RENDITE E RASSEGNAZIONI, CON FEDE

L’ESSENZIALECAMMINO

PIERANGELO SEQUERI

PRIMOPIANO ALLE PAGINE 2/3/5

La gioia del VangeloIL CASO / RIFORMA SANITARIA ALL’ESAME DELLA CORTE SUPREMA

Francesco: la Chiesa sia sempre la casa aperta del Padre

Aborto e pillolaObamacaresotto processo

● Fiducia nella notte sul maxi-emendamentoalla manovra. Per la"prova" sul reddito solo 40 milioni l’anno. Saltatala norma sulle spiagge

● Fi: non votiamo lamanovra, si dimetta Letta("appeso" ora in Senato a6-7 voti). Il Colle dice no

NAPOLITANO A LETTA: LA VERIFICA PER IL GOVERNO È IL SÌ ALLA STABILITÀ

INCHIESTA / CORAGGIO, RIFORME E TECNOLOGIE PER CAMBIARE

A PAGINA 14

DI LUCIA CAPUZZI

uando uno “degli angelicustodi” apre la porta blindata,non immagini di ritrovarti inuna stanza dai colori sgargianti

e il sottofondo di musica jazz. Fuori sirespira il grigiore tesodel Juzgado de mayorriesgo, il tribunale dimassima sicurezza delGuatemala. Dentro lerose color cipriasvettano nel vasopoggiato sul tavolo.Dietro si nascondeuna sagoma minuta.Che si precipitaincontro al visitatore

con un sorriso largo e accogliente. Ègiovane e molto bella, Jazmín Barrios:lunghi capelli neri ondulati,lineamenti delicati. Eccola la “giudicedi ferro”, come l’ha ribattezzata lastampa internazionale. «Ma va. Sonosolo una donna semplice e vicina alla

gente». È anche moltoaltro, però.Coraggiosa,determinata, testarda,da quando è entrata inmagistratura, nel 1996– lo stesso anno degliaccordi di pace –,Barrios non si è maitirata indietro difronte a un caso“difficile”

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Intervista

CASSANO: LA CHIESAFRA IL SUD E IL GRANDEINQUISITORE

ZACCURI 24

Torino Film Festival

I GIOVANIREGISTIPARTONODALLAFAMIGLIA

DE LUCA 27

RETROSCENA

CELLETTI A PAGINA 7

Il Cav. in piazza:non cederòai miei carneficiIl Cav non molla: «Se si vota nel2015, posso tornare io a PalazzoChigi. Per la quinta volta». E apre la guerra ad Alfano: scomparirà

(Continua a pagina 32)

utti fuori. In un vitale dinamismo di "uscita".Fuori, sulle strade aperte della via pulchritudi-

nis, la via del Vangelo. Perché solo uscendo si puòrimanere fedeli a Cristo e alla natura propria dellaChiesa. È la sollecitudine di un padre quella che de-finisce l’Evangelii gaudium, la prima esortazioneapostolica di Francesco, che invita «a uno stato per-manente di missione» e nasce dal «generoso», «im-prorogabile» bisogno di «rinnovamento», per «a-vanzare nel cammino di una conversione pastora-le e missionaria, che non può lasciare le cose comestanno» (n.25). Nell’Evangelii gaudium c’è tutto l’a-nimo di ciò che abbiamo visto e ascoltato di papaFrancesco. È un documento-chiave, corposo e sin-golare, foriero di spunti indicativi, che non si pre-sta a banali riduzioni. Si potrebbe dire una sorta diregula pastoralis, di summa pastorale e al tempostesso un incipit. Certamente una scommessa, unquaderno operativo aperto, un work in progress chenon "chiude", come la missione stessa, il cui sco-po principale è l’annuncio del cuore pulsante delVangelo agli uomini e alle donne nella realtà di oggi.È infatti l’annuncio dell’allegria del Vangelo, con-centrato sull’essenziale, negli accenti che gli so-no propri – la bellezza, la bontà, la misericordia equindi l’attrattiva – la priorità assoluta e il fine delcammino della Chiesa per Francesco, alla qualetutte le istanze, le istituzioni, le strutture vengo-no ricondotte: «L’azione missionaria è il paradig-ma di ogni opera della Chiesa» (15). E in questosenso l’esortazione è destinata a scuotere la com-pagine ecclesiale nei prossimi anni, invitando aemanciparsi da tutto quanto può far velo all’am-piezza creativa di tale respiro missionario. Affin-ché a tutti possa «giungere la consolazione e lo sti-molo dell’amore salvifico di Dio» (44) e «sia favo-rita la risposta positiva di tutti coloro ai quali Ge-sù offre la sua amicizia». Un no è quindi chiara-mente rivolto «all’autopreservazione, alle strut-ture prolisse separate dalla gente, a gruppi di e-letti che guardano se stessi» (27).

T

I NOSTRI COMPITI E LA PREFERENZA DI DIO

LAVORIIN CORSO

STEFANIA FALASCA

(Continua a pagina 32)

NEL GIORNALE

■ Crisi

Ora sono le mammea rubare per fameFurti cresciuti del 20%

SCAVO A PAGINA 12

■ Istanbul

Basilica di Santa SofiaGli islamisti premonoper «riconvertirla»in una moschea

OTTAVIANI A PAGINA 13

■ Nordest

Veneto e Friuli V.G.oltre le fabbriche:il futuro nel terziario

MOTTA A PAGINA 23

Guatemala alla mercè della criminalitàDue donne in toga per guarire il Paese

FOLENA A PAGINA 5

CodaTrasformarci:ecco cosaci è chiesto

FOLENA A PAGINA 5

GheddoIn missioneossia usciree rischiare

BELLASPIGA A PAGINA 5

RamondaSulle spallela crocedegli ultimi

ALLE PAGINE 6/7/8/9

Reddito minimo, pagano le maxipensioniForza Italia ha deciso: va all’opposizione

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DA ROMA MIMMO MUOLO

e la Lumen fidei era stata defini-ta un’enciclica a quattro mani(dato l’apporto di Benedetto X-

VI), la Evangelii gaudium è sicura-mente il manifesto programmaticodel pontificato di papa Francesco.Cinque capitoli più l’introduzione,220 pagine, ampi riferimenti al Sino-do sulla nuova evangelizzazione (conle proposizioni dei padri sinodali ci-tate 27 volte, anche se il testo va oltrel’esperienza del Sinodo). Ma soprat-tutto una parola chiave. La parola«gioia» menzionata per ben 59 volte.Questa in estrema sintesi la prima e-sortazione apostolica di papa Bergo-glio, che chiede di essere analizzatanei suoi particolari. A cominciare pro-prio da quella gioia del Vangelo che

diventa la forza propulsiva della«Chiesa in uscita», come la vuole il Pa-pa.La Chiesa della gioia. «Il grande ri-schio del mondo attuale – esordisce difatto il Pontefice –, con la sua molte-plice e opprimente offerta di consu-mo, è una tristezza individualista chescaturisce dal cuore comodo e avaro,dalla ricerca malata di piaceri super-ficiali, dalla coscienza isolata». Inve-ce «la gioia del Vangelo riempie il cuo-re e la vita intera di coloro che si in-contrano con Gesù» e rappresenta ilmigliore antidoto a «peccato, tristez-za, vuoto interiore, isolamento». Alcentro del nuovo documento c’è l’ideabase del pontificato di Francesco: unDio che «non si stanca mai di perdo-nare», mentre «siamo noi che ci stan-chiamo di chiedere la sua misericor-dia». Dio «torna a caricarci sulle suespalle una volta dopo l’altra», «ci per-mette di alzare la testa e ricomincia-re, con una tenerezza che mai ci de-lude e che sempre può restituirci lagioia». E il cristiano deve entrare «inquesto fiume di gioia». No, dunque a«cristiani che sembrano avere uno sti-le di Quaresima senza Pasqua»: «unevangelizzatore non dovrebbe averecostantemente la faccia da funerale»,scrive il Papa, auspicando che il no-stro tempo possa «ricevere la BuonaNovella non da evangelizzatori tristi escoraggiati, impazienti e ansiosi, mada ministri del Vangelo la cui vita ir-radi fervore».La Chiesa in uscita. È l’altro nome del-la missione usato da Francesco. «L’a-zione missionaria è il paradigma di o-gni opera della Chiesa», afferma il Pa-pa. Il primo capitolo, quindi, svilup-pa il tema della riforma missionariadella comunità ecclesiale, chiamataad uscire da sé per incontrare gli altri.In altri termini la Chiesa sa che deve«andare incontro, cercare i lontani earrivare agli incroci delle strade per

Sinvitare gli esclusi». Perché questo av-venga, papa Francesco ripropone conforza la richiesta della «conversionepastorale», che significa passare da u-na visione burocratica, statica e am-ministrativa della pastorale a una pro-spettiva missionaria; anzi, una pasto-rale in stato permanente di evange-lizzazione. No a prassi stantie e ran-cide obbliga. Si, invece a essere crea-tivi per ripensare l’evangelizzazione. In questo contesto l’esortazione par-la anche delle parrocchie che devonoessere «ancora più vicine alla gente».Insomma una Chiesa dal «cuore mis-sionario» e dalle «porte aperte». Inve-ce, ammonisce il Pontefice, «di fre-quente ci comportiamo come con-trollori della grazia e non come faci-litatori». Ma «la Chiesa non è una do-gana, è la casa paterna dove c’è posto

per ciascuno con la sua vita faticosa»,soprattutto «i poveri e gli infermi, co-loro che spesso sono disprezzati e di-menticati». «Preferisco una Chiesa ac-cidentata, ferita e sporca per essereuscita per le strade – scrive Francesco–, piuttosto che una Chiesa malata perla chiusura e la comodità di aggrap-parsi alle proprie sicurezze. Più dellapaura di sbagliare spero che ci muo-va la paura di rinchiuderci nelle strut-ture che ci danno una falsa protezio-ne, nelle norme che ci trasformano ingiudici implacabili, nelle abitudini incui ci sentiamo tranquilli».Papato e Conferenze episcopali. Dal-la conversione non è escluso nean-che l’esercizio del Primato del Suc-cessore di Pietro. Come Giovanni Pao-lo II in Ut unum sint aveva avanzatouna richiesta di aiuto per compren-dere meglio i compiti del Papa nel dia-logo ecumenico, anche papa Bergo-glio prosegue su questa richiesta e ve-de che una più coerente forma di aiu-to potrebbe giungere se si sviluppas-se ulteriormente lo Statuto delle Con-ferenze episcopali. «Non credo che cisi debba attendere dal magistero pa-pale una parola definitiva o comple-ta su tutte le questioni che riguarda-no la Chiesa e il mondo», sottolineaFrancesco. E «non è opportuno – ag-giunge – che il Papa sostituisca gli e-piscopati locali nel discernimento ditutte le problematiche che si pro-spettano nei loro territori». «A mespetta, come vescovo di Roma – pun-tualizza – rimanere aperto ai suggeri-menti orientati ad un esercizio delmio ministero che lo renda più fede-le al significato che Gesù Cristo inte-se dargli e alle necessità attuali dell’e-vangelizzazione». Per il resto «ancoranon si è esplicitato sufficientementeuno statuto delle Conferenze episco-pali che le concepisca come soggettidi attribuzioni concrete, includendoanche qualche autentica autorità dot-

LE PAROLEDI PIETRO

MERCOLEDÌ27 NOVEMBRE 20132

il fattoLa necessità di recuperarela freschezza del Vangelo,trovando strade nuove emetodi creativi. L’auspicioche, sulla scia del Concilio,cresca la collegialità invirtù del coinvolgimentomaggiore delle Conferenzeepiscopali. La disponibilitàa una conversione anchedel papato. Nell’Evangeliigaudium Francesco indicaattese e sfide nel camminodella comunità ecclesiale

LA STRUTTURA

IN CINQUE CAPITOLI SFIDE, FINALITÀ E STRUMENTI DELL’ANNUNCIO

L’Esortazione apostolica di papa Francesco «Evangelii gaudium» è suddivisa in cinquecapitoli. Il documento raccoglie i frutti dell’Assemblea generale ordinaria del Sinodo deivescovi su «La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede», che si è tenuta inVaticano dal 7 al 28 ottobre 2012. Il documento si apre con un’introduzione che a sua volta èdivisa in tre paragrafi: «Gioia che si rinnova e si comunica», «La dolce e confortante gioia dievangelizzare» e «La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede». Il primocapitolo, «La trasformazione missionaria della Chiesa», affronta cinque sotto-temi: «UnaChiesa in uscita», «Pastorale in conversione», «Dal cuore del Vangelo», «La missione che siincarna nei limiti umani» e «Una madre dal cuore aperto». Segue il secondo capitolo, «Nellacrisi dell’impegno comunitario», diviso in due paragrafi su «Alcune sfide del mondo attuale»e «Tentazioni degli operatori pastorali». Sono quattro i paragrafi che compongono il terzocapitolo su «L’annuncio del Vangelo»: «Tutto il Popolo di Dio annuncia il Vangelo»,«L’omelia», «La preparazione della predicazione», «Un’evangelizzazione perl’approfondimento del kerygma». Quattro i temi principali affrontati anche nel quarto

capitolo su «La dimensione socialedell’evangelizzazione»: «Le ripercussioni comunitarie esociali del kerygma», «L’inclusione sociale dei poveri», «Ilbene comune e la pace sociale», «Il dialogo sociale comecontributo per la pace». Infine «Evangelizzatori conspirito» è il titolo del quinto capitolo, che riporta duesottocapitoli: «Motivazioni per un rinnovato impulsomissionario» e «Maria, la Madre dell’evangelizzazione».

IL SINODO

NELLE 58 PROPOSIZIONI IL FRUTTO CONSEGNATO AL PONTEFICE

«Ho accettato con piacere l’invito dei Padri sinodali di redigere questa Esortazione.Nel farlo, raccolgo la ricchezza dei lavori del Sinodo». Così papa Francesco all’iniziodell’«Evangelii gaudium» ricorda che il documento presentato ieri nasce dai lavoridella XIII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, svoltasi dal 7 al 28ottobre 2012 sul tema «La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fedecristiana». Ma Bergoglio non si ferma ai soli contenuti emersi dal Sinodo: «Sonoinnumerevoli i temi connessi all’evangelizzazione nel mondo attuale che qui sipotrebbero sviluppare – spiega –. Ma ho rinunciato a trattare in modoparticolareggiato queste molteplici questioni che devono essere oggetto di studio e diattento approfondimento». Ai lavori del Sinodo dell’anno scorso hanno preso parte262 padri sinodali, il numero più elevato nella storia dei Sinodi. Relatore generale erail cardinale Dondald William Wuerl, arcivescovo di Washington. I lavori si sono svoltiin 23 Congregazioni generali e 8 Sessioni dei circoli minori: il frutto più rilevante diquesto percorso sono state le 58 proposizioni finali consegnate al Papa. Inoltre i padrisinodali hanno redatto un «Messaggio al popolo di Dio». Bergoglio nota che il Sinodo

ha «ricordato che la nuova evangelizzazionechiama tutti e si realizza fondamentalmente intre ambiti»: l’ambito della pastorale ordinaria,l’ambito delle «persone battezzate che però nonvivono le esigenze del Battesimo», l’ambitodell’annuncio «a coloro che non conosconoGesù Cristo o lo hanno sempre rifiutato».

Il Papa: una Chiesa con le porte aperteNell’Esortazione l’invito alla conversione pastorale e a uno stato permanente di missione

trinale».Un’economia che uccide. «No a un’e-conomia dell’esclusione e dell’ini-quità», perché «questa economia uc-cide». «No alla nuova idolatria del de-naro». «No a un denaro che governainvece di servire». «No all’iniquità chegenera violenza». Sono questi alcunidei capitoli principali del secondo ca-pitolo dell’esortazione, che torna astigmatizzare la «cultura dello scar-to». «Non è possibile – ricorda papaFrancesco – che non faccia notizia ilfatto che muoia assiderato un anzia-no ridotto a vivere per strada, mentrelo sia il ribasso di due punti in Borsa.Questo è esclusione. Non si può tol-lerare il fatto che si getti il cibo, quan-do c’è gente che soffre la fame. Que-sto è iniquità. Oggi tutto entra nel gio-co della competitività e della legge delpiù forte, dove il potente mangia il piùdebole». Così «grandi masse di popo-lazione si vedono escluse ed emargi-nate: senza lavoro, senza prospettive,senza vie di uscita».Il denaro poi «deve servire e non go-

vernare», incalza il Papa, secondo ilquale «l’adorazione dell’antico vitel-lo d’oro ha trovato una nuova e spie-tata versione nel feticismo del dena-ro e nella dittatura di una economiasenza volto e senza uno scopo vera-mente umano». «Una riforma finan-ziaria che non ignori l’etica richiede-rebbe un vigoroso cambio di atteg-giamento da parte dei dirigenti poli-tici». Inoltre tra i mali del nostro tem-po, il Pontefice cita «una corruzioneramificata e un’evasione fiscale egoi-sta».Il pericolo della mondanità. Innan-zitutto il documento fa notare che lesfide dell’evangelizzazione dovreb-bero essere accolte più come una op-portunità per crescere che non comeun motivo di depressione. Bandoquindi «al senso della sconfitta». Perquesto, afferma ancora il Papa, di-nanzi alle sfide delle grandi «cultureurbane», i cristiani sono invitati a fug-gire da due rischi. In primo luogo, il«fascino dello gnosticismo», una fedecioè rinchiusa in se stessa, nelle sue

certezze dottrinali, e che fa delle pro-prie esperienze il criterio di verità peril giudizio degli altri. Inoltre, il «neo-pelagianesimo autoreferenziale e pro-meteico» di quanti ritengono che lagrazia sia solo un accessorio mentreciò che crea progresso è solo il pro-prio impegno e le proprie forze. Tut-to questo contraddice l’evangelizza-zione e crea una sorta di «elitarismonarcisista» che deve essere evitato.Cosa vogliamo essere, si domanda ilPapa, «generali di eserciti sconfitti»oppure «semplici soldati di uno squa-drone che continua a combattere?».È in altre parole il rischio – reale – diuna «Chiesa mondana sotto drap-peggi spirituali o pastorali». Occorre,quindi, non soccombere a queste ten-tazioni, ma offrire la testimonianzadella comunione nella complemen-tarità dei ruoli. A partire da questaconsiderazione, Papa Francesco e-spone l’esigenza della promozione dellaicato e della donna «(«allargare glispazi per una presenza femminile piùincisiva nella Chiesa»); dell’impegno

per le vocazioni e dei sacerdoti. E indefinitiva chiede di evitare la menta-lità del potere facendo invece cresce-re quella del servizio per la costruzio-ne unitaria della Chiesa.Il ruolo della famiglia. La famiglia «at-traversa una crisi culturale profonda,come tutte le comunità e i legami so-ciali». E a questo proposito l’Evange-lii Gaudium fa notare che «la fragilitàdei legami diventa particolarmentegrave» nella famiglia, «cellula fonda-mentale della società, luogo dove siimpara a convivere nella differenza ead appartenere ad altri e dove i geni-tori trasmettono la fede ai figli». «Ilmatrimonio – è la notazione del Papa– tende ad essere visto come una me-ra forma di gratificazione affettiva chepuò costituirsi in qualsiasi modo emodificarsi secondo la sensibilità di o-gnuno. Ma il contributo indispensa-bile del matrimonio alla società su-pera il livello dell’emotività e delle ne-cessità contingenti della coppia».

UN PAPATO SEMPRE PIÙ ATTENTOAL SENSO CHE VOLLE DARGLI GESÙ

Chiamato a vivere quanto chiedo agli altri, devo anchepensare a una conversione del papato (...) aperto aisuggerimenti orientati ad un esercizio del mio ministeropiù fedele al significato che Gesù Cristo intese dargli ealle necessità attuali dell’evangelizzazione. Il ConcilioVaticano II ha affermato che come le antiche Chiesepatriarcali, le Conferenze episcopali possono «portareun molteplice e fecondo contributo, acciocché il sensodi collegialità si realizzi concretamente»

Il testo integraledella Esortazioneapostolica si puòconsultare

nell’edizione online delgiornale. È sufficiente entrarein www.avvenire.it. e cercarenella prima colonna lanotizia, alla quale è allegato iltesto in formato Pdf.

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MERCOLEDÌ27 NOVEMBRE 2013 3

LE PAROLEDI PIETRO

QUESTA ECONOMIA UCCIDE ED ESCLUDE

Così come il comandamento “nonuccidere” pone un limite chiaro perassicurare il valore della vita umana, oggidobbiamo dire “no a un’economiadell’esclusione e della inequità”. Questaeconomia uccide. Non è possibile che nonfaccia notizia il fatto che muoia assideratoun anziano ridotto a vivere per strada,mentre lo sia il ribasso di due punti inborsa. Questo è esclusione. Non si può piùtollerare il fatto che si getti il cibo, quandoc’è gente che soffre la fame. Questo èinequità. Oggi tutto entra nel gioco dellacompetitività e della legge del più forte,dove il potente mangia il più debole.

L’EUCARISTIA NON ÈPREMIO PER I PERFETTI

La Chiesa è chiamata ad essere sempre lacasa aperta del Padre. Uno dei segniconcreti di questa apertura è averedappertutto chiese con le porte aperte.Tutti possono partecipare in qualchemodo alla vita ecclesiale, tutti possono farparte della comunità, e nemmeno le portedei Sacramenti si dovrebbero chiudere peruna ragione qualsiasi. Questo valesoprattutto quando si tratta di quelsacramento che è “la porta”, il Battesimo.L’Eucaristia, sebbene costituisca lapienezza della vita sacramentale, non è unpremio per i perfetti ma un generosorimedio e un alimento per i deboli

La gioia di portare Cristo al mondoFisichella, Celli e Baldisseri presentano l’Evangelii gaudium: il Papa ci indica il cammino

USCIAMO PER OFFRIREA TUTTI LA VITA DI GESÙ

Usciamo, usciamo a offrire a tutti la vitadi Gesù Cristo. Ripeto qui per tutta laChiesa ciò che molte volte ho detto aisacerdoti e laici di Buenos Aires:preferisco una Chiesa accidentata, feritae sporca per essere uscita per le strade,piuttosto che una Chiesa malata per lachiusura e la comodità di aggrapparsialle proprie sicurezze. Non voglio unaChiesa preoccupata di essere il centro eche finisce rinchiusa in un groviglio diossessioni e procedimenti. Se qualcosadeve inquietarci e preoccupare la nostracoscienza è che tanti nostri fratelli vivonosenza la forza, la luce e la consolazionedell’amicizia con Gesù Cristo, senza unacomunità di fede che li accolga, senza unorizzonte di senso e di vita.

DA ROMA SALVATORE MAZZA

n invito, forte, a «recepire lesfide del mondo contempo-raneo e a superare le facili

tentazioni che minano la nuova e-vangelizzazione». A partire dal «ricu-perare la propria identità» di cristia-ni «senza avere complessi di inferio-rità, che portano poi ad occultare lapropria identità e le convinzioni, chefiniscono per soffocare la gioia dellamissione in una specie di ossessioneper essere come tutti gli altri, e per a-vere quello che gli altri possiedono».Ed è proprio questa gioia della mis-sione – gioia quotidiana che viene dalcredere in Gesù Cristo, capace di da-re prospettiva e senso al vivere – laparola chiave della Esortazione apo-stolica Evangelii gaudium, firmata il24 novembre, alla chiusura dell’An-no della fede, da papa Francesco epresentata ieri in Sala Stampa vati-cana dagli arcivescovi Rino Fisichel-la, presidente del Pontificio Consiglioper la promozione della nuova evan-gelizzazione, Lorenzo Baldisseri, se-gretario generale del Sinodo dei ve-scovi, e Claudio Maria Celli, presi-dente del Pontificio Consiglio dellecomunicazioni sociali. Un docu-mento "pesante" non solo per la suacorposità – oltre duecentoventi pa-gine nella versione distribuita allastampa mondiale in sede di presen-tazione – ma soprattutto per l’am-piezza di respiro e la metodica preci-sione con cui Francesco delinea gliambiti di un’azione pastorale lonta-na da ogni timidezza. Un testo in cui,come ha osservato Fisichella, «a piùriprese papa Francesco fa riferimen-to alle Propositiones del Sinodo del-l’ottobre 2012 (sul tema della nuovaevangelizzazione, ndr) mostrandoquanto il contributo sinodale sia sta-to un punto di riferimento impor-tante per la redazione di questa E-sortazione», ma che allo stesso tem-po «comunque va oltre l’esperienzadel Sinodo». Infatti, ha sottolineato ilpresule, «il Papa imprime in questepagine non solo la sua esperienza pa-storale precedente, ma soprattutto ilsuo richiamo a cogliere il momentodi grazia che la Chiesa sta vivendoper intraprendere con fede, convin-zione, ed entusiasmo la nuova tappadel cammino di evangelizzazione».Tutto questo mettendo chiaramentein guardia da «un relativismo ancora

Upiù pericoloso di quello dottrinale,perché intacca direttamente lo stiledi vita dei credenti», a causa del qua-le «in molte espressioni della nostrapastorale le iniziative risentono di pe-santezza perché al primo posto vie-ne messa l’iniziativa e non la perso-na».Nell’Esortazione apostolica così, se-condo Fisichella, Bergoglio mostra«l’urgenza» con la quale intende agi-re «per portare a termine alcune pro-spettive del Vaticano II: per esempio«circa l’esercizio del Primato del suc-cessore di Pietro», in continuità coni suoi predecessori – Giovanni PaoloII, che nella Ut unum sint affermò ladisponibilità a ripensare in chiave e-cumenica l’esercizio del primato pe-trino, e Benedetto XVI, che a quelladisponibilità diede corso nel dialogoteologico con l’ortodossia; come pu-re sul ruolo delle Conferenze episco-pale, delle quali il Pontefice invita a«sviluppare ulteriormente lo Statu-to».Circa la prima di queste sottolinea-ture, in risposta alle domande deigiornalisti, Fisichella ha messo in e-videnza che la «conversione del pa-pato» va intesa «alla stessa stregua»della «conversione pastorale»: il Pa-pa, cioè, «si pone come primo esem-pio di quella conversione pastoraleche chiede ai fedeli». In altre parole«il Papa sente l’esigenza di dire: sonoin mezzo al popolo di Dio, sono il pri-mo a voler illustrare come si debbadare una testimonianza pastorale»,che «non si manifesta solo nella scel-ta di non vivere nel palazzo, ma an-che nella vita quotidiana, nella natu-ralezza con cui il Papa vive in mezzoagli altri».Quanto al ruolo delle Conferenze e-piscopali, Baldisseri ha invitato a ri-levare come sia «la prima volta che unPapa cita i documenti delle Confe-renze episcopali», in una Esortazio-ne apostolica. Con ciò Francescovuole mostrare che «il magistero or-dinario – ha affermato – non è sol-tanto quello del Papa, ma anche ilmagistero ordinario di tutti i vescovidel mondo», che in questo modo«partecipano al governo, al magiste-ro del Papa». Già nel decennio pre-cedente al 1998, quando GiovanniPaolo II ha scritto l’Apostolos suos, hafatto poi notare Fisichella, «c’è statauna lunga discussione nella Chiesasul ruolo delle Conferenze episco-pali»; col documento di oggi «papaFrancesco chiede che esse prenda-no visione del proprio statuto, perriflettere su quale identità voglionosviluppare di più, all’interno dei va-ri Paesi, nell’ordine della nuova e-vangelizzazione e della sinodalità».È su questo piano che va operata la«decentralizzazione» a cui fa riferi-mento il Papa, un «ripensamento»del proprio ruolo che in futuro puòportare le singole Conferenze epi-scopali ad assumere «ruoli anchedottrinali».Sul linguaggio «sereno, cordiale, di-retto, in sintonia con lo stile manife-stato in questi mesi di pontificato»con cui è scritta l’Esortazione s’è in-fine soffermato Celli, che ha poi cita-to in particolare un brano del testo,con il quale, ha detto, «papa France-sco dà senso alla nostra attività co-municativa nella Chiesa: "Bisogna a-vere il coraggio di trovare nuovi segni,nuovi simboli, una nuova carne perla trasmissione della Parola, le diver-se forme di bellezza che si manife-stano in vari ambiti culturali"».

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a difesa della vita è un altrodei temi toccati nel docu-mento, che ribadisce come

la posizione della Chiesa sull’a-borto non sia «un argomento sog-getto a presunte riforme o a mo-dernizzazioni». «Non è progressi-

Lsta pretendere di risolvere i pro-blemi eliminando una vita uma-na», scrive Francesco. «Però è an-che vero – aggiunge – che abbia-mo fatto poco per accompagna-re adeguatamente le donne che sitrovano in situazioni molto dure,dove l’aborto si presenta loro co-me una rapida soluzione alle lo-

ro profonde angustie, particolar-mente quando la vita che crescein loro è sorta come conseguen-za di una violenza o in un conte-sto di estrema povertà». La con-vinzione della della Chiesa non è«oscurantista», ideologica o con-servatrice, perché la difesa dellavita nascente «è intimamente le-gata alla difesa di qualsiasi dirit-to umano», che è sempre «sacroe inviolabile, in qualunque situa-zione e in ogni fase del suo svi-luppo».La dimensione sociale dell’evan-gelizzazione. A questo argomen-to è dedicato il quarto capitolo.La Chiesa sente come propriamissione quella di «collaborareper risolvere le cause strumenta-li della povertà e per promuoverelo sviluppo integrale dei poveri»,come pure quella di «gesti sem-plici e quotidiani di solidarietà difronte alle miserie molto concre-te» che ogni giorno sono dinanziai nostri occhi. Lo sguardo del Pa-

pa è a 360 gradi e tiene conto deiproblemi (il tema dei migranti, ladenuncia delle nuove schiavitù)e delle responsabilità individualiche di solito non vengono consi-derate. «Dov’è quello che stai uc-cidendo ogni giorno nella picco-la fabbrica clandestina, nella re-te di prostituzione, nei bambiniche utilizzi per l’accattonaggio, inquello che deve lavorare di na-scosto perché non è stato regola-rizzato? Non facciamo finta diniente. Ci sono molte compli-cità». Più in generale due temati-che appartengono a questa se-zione dell’Esortazione: l’inclu-sione sociale dei poveri e la pacee il dialogo sociale. Alla fine deldiscorso il Pontefice ricorda poiche «il tempo è superiore allo spa-zio, l’unità prevale sul conflitto,la realtà è più importante dell’i-dea e il tutto è superiore alla par-te.Non lasciamoci rubare la gioiadell’evangelizzazione. È questo

in definitiva l’invito del Papa, chericorda come quello di evangeliz-zare non sia un impegno da ad-detto ai lavori, ma riguarda tutti icristiani. «La nuova evangelizza-zione, scrive Francesco nel quin-to e ultimo capitolo, si sviluppasotto il primato dell’azione delloSpirito Santo che infonde sempree di nuovo l’impulso missionarioa partire dalla vita di preghiera,dove la contemplazione occupail posto centrale. La Vergine Ma-ria «stella della nuova evangeliz-zazione» è presentata, a conclu-sione, come l’icona della genui-na azione di annuncio e trasmis-sione del Vangelo che la Chiesa èchiamata a compiere nei prossi-mi decenni con entusiasmo fortee immutato amore per il SignoreGesù. In sostanza una Chiesa chesi fa compagna di strada di quan-ti sono nostri contemporanei nel-la ricerca di Dio e nel desiderio divederlo».

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UNA CHIESA CON I SENTIMENTIDI GESÙ, POVERA PER I POVERI

Per la Chiesa l’opzione per i poveri è unacategoria teologica prima che culturale,sociologica, politica o filosofica. Dio concedeloro «la sua prima misericordia». Questapreferenza divina ha delle conseguenze nellavita di fede di tutti i cristiani, chiamati ad avere«gli stessi sentimenti di Gesù». Per questodesidero una Chiesa povera per i poveri

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LE PAROLEDI PIETRO

MERCOLEDÌ27 NOVEMBRE 2013 5

le reazioniUn missionario, un teologo, unlaico impegnato si confrontanocon l’Esortazione apostolica sullabellezza di incontrare Gesùe sul bisogno di annunciarlo atutti. «Se Cristo conta nella vitadei credenti, tutte le attività dellaChiesa si trasformano nel sensodella missione». «Il testo èun continuo invito a cambiare,trasformarsi, mettersi in viaggio»«I poveri sono i nostri verimaestri, devono avere un postoprivilegiato nel popolo di Dio»

Così papa Francesco parlaalla Chiesa e al mondo

Piero Coda«Ci ricorda che nel gridodei poveri troviamo Cristo»

DI UMBERTO FOLENA

eri don Piero Coda stava rientrando in Italia da Berli-no, dopo aver parlato a una trentina di vescovi del Norde dell’Est Europa in ritiro spirituale sul tema "Le vie

dell’evangelizzazione": «Ho avuto la netta percezione chefossero in attesa di una spinta che li aiutasse a compiereuna trasformazione profonda».In tal caso, l’Esortazione apostolica di Francesco giungedecisamente a proposito.Sì, l’intero testo è un continuo invito a cambiare, a tra-sformarsi, a mettersi in viaggio. Una trasformazione anzi-tutto spirituale, interiore, frutto dell’ascolto dello Spirito.Per andare dove?Al centro della fede, come non mancava di ricordarci Be-nedetto XVI. All’essenza del Vangelo, riproposto nella suabellezza nuda, affascinante e coinvolgente.Un testo comprensibile, agile, veloce... Non è che verrà cri-ticato per «eccesso di semplicità?È vero, non c’è nulla di ricercato e faticoso e il suo mes-saggio è semplice, immediato, diretto, concreto. Ma nonlasciamoci ingannare. Al di là dell’immediata fruibilità,

l’Evangelii gaudium richie-de una profonda medita-zione, personale e comuni-taria, per introiettarla nel-l’anima e discernere le viepraticabili. Non è un testoda leggere una volta persempre, ma un vademecumche chiede di essere ripre-so.Semplice eppure profondocome il Vangelo, presentenel titolo?Nel Vangelo convivono as-sieme la semplicità e la ra-dicalità. Penso ad esempio asan Francesco: non è com-plesso né facilone, ma la suascelta di vita – il suo canto –scaturisce da una radicaleadesione al Vangelo di Cri-sto, che genera comunquegioia, anche nella condivi-sione delle lacrime.Qual è dunque il cuore del-

l’Esortazione?Bergoglio parla di Cristo e di una Chiesa che deve ascol-tare il grido dei poveri, che è il grido di Cristo. Questo gri-do esige di trovare un’eco nella comunità ecclesiale.In effetti, la comunità ecclesiale è più volte chiamata incausa, spronata, esortata...Mi ha molto colpito un particolare. In questa Esortazio-ne, che raccoglie l’eredità del Concilio e cita l’Ecclesiamsuam, per la prima volta si citano documenti di episco-pati di tutto il mondo, segno di un reale e concreto scam-bio di doni.Il Papa non è tenero con alcune derive della cultura con-temporanea...Si dimostra assai lucido nel leggere le crisi della nostra so-cietà e le tentazioni sottili e vistose della prassi ecclesiale.E le chiama per nome. Sono tentazioni a cui è facile soc-combere, quando scivoliamo nel tran tran. Per questo ciinvita alla trasformazione.

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I

«Questo documentorichiede una profondameditazione personalee comunitaria perfarla propria nell’anima»

Nell’Evangelii gaudium un invito alla gioia e alla responsabilità

Paolo Ramonda (Giovanni XXIII)«La nuova evangelizzazione si fa mettendola nostra spalla sotto la croce degli ultimi»

o scorso 28 giugno ha fe-steggiato i suoi primi 60 an-ni da sacerdote. «E dopo 60

anni di Messa e missione – con-fida padre Piero Gheddo – con-fermo: fare il prete e fare il mis-sionario è bello. Entri in contat-to con Chiese più giovani, pove-re, analfabete... con cristiani chenon saranno particolarmente e-ruditi, ma hanno in sé l’entu-siasmo della fede. Ed è quella fe-de a renderli spontaneamentemissionari».Quindi, quando Francesco af-ferma che «l’azione missiona-ria è il paradigma di ogni ope-

ra della Chiesa», lei fa i salti digioia?Mi vengono in mente le paroledi madre Teresa: «Il missionarioè quel battezzato talmente in-namorato di Gesù da non desi-derare altro che farlo conosceree amare». E poi Maritain: «In o-gni angolo del mondo, tutti gliuomini credono in Dio, ma la lo-ro vita dipende da quale imma-gine hanno di quel Dio». Se è re-moto e disinteressato, l’uomo ètriste. Se invece conosce Cristo,volto di Dio, e si innamora dilui...Lo deve annunciare, e la mis-

sione diventa il «paradigma»?Se davvero Gesù conta nella vi-ta dei credenti, allora tutte le at-tività della Chiesa si trasforma-no in senso missionario. Sonomolto contento che papa Ber-goglio abbia ripreso papaWojtyla e la sua Redemptorismissio...

Francesco usa spesso i verbi u-scire e aprire. In che senso?Uscire dalle chiese, non essereautoreferenziali, rischiare! Piùavanti, il Papa dice anche (n.56,ndr) di preferire una Chiesa ac-cidentata e sporca, perché perle strade del mondo, piuttostoche appesantita dalle proprie si-curezze. Certamente si rischia.Si possono commettere deglisbagli. Ma se a guidarci è la pas-sione...Passione?La «gioia del Vangelo» è questa.Se ti innamori di Gesù, a guidartiè la passione e la stessa missio-

ne diventa un fatto passiona-le, di cuore. Gli effetti? Intan-to nessuno è gregario, ma tut-ti diventano protagonisti. Co-sa particolarmente impor-tante soprattutto per i laici,perché in giro c’è ancoratroppo clericalismo.E la passione ti costringe a u-scire e a guardare in avanti, ècosì?Mi viene in mente il beatoClemente Vismara, 65 annipassati in Birmania. Lo in-contrai che di anni ne aveva85. Pensavo di intervistarlosul suo passato, ma lui nonfaceva che parlarmi del fu-turo, dei suoi progetti. Morìsei anni dopo. I suoi confra-telli dissero di lui: è morto a91 anni senza essere mai in-vecchiato. Ecco, quello è unmissionario.

Umberto Folena© RIPRODUZIONE RISERVATA

L

«Se davvero Gesùconta nella vitadei credenti, alloratutte le attività dellaChiesa si trasformanoin senso missionario»

Piero Gheddo«La spinta ad uscire, a rischiareQuesto è il bello del Vangelo»

DI LUCIA BELLASPIGA

ià il titolo di que-sta Esortazione a-postolica porta in

sé l’essenza del Vangelo, cioèl’incontro di gioia con Dio,quell’incontro "simpatico"con Cristo, come lo chiamavadon Oreste». Paolo Ramonda,responsabile generale del-l’associazione Papa GiovanniXXIII fondata da don OresteBenzi, che conta nel mondooltre 500 strutture di acco-glienza per tutti gli ultimi sen-

G«za distinzione, parte proprioda quel «gaudium», lo stessoche si riconosce e respira nel-le case famiglia di don Oreste.Da dove nasce questa gioia distare accanto a chi ha meno?Quando la vita interiore sichiude nei propri interessinon vi è più spazio per gli al-tri, dice il Papa, e allora nonsentiamo più palpitare nelcuore l’entusiasmo di fare ilbene. Così don Oreste par-lando di incontro «simpatico»con Cristo intendeva la pienarealizzazione di tutta la per-

sona nella sua dimensione in-teriore, ma anche nelle rela-zioni sociali: il Vangelo portail compimento pieno dellanostra umanità nella giusti-zia. In questo documento pa-pa Francesco ha sintetizzatoil suo magistero, ricordandoche la nuova evangelizzazio-ne si fa mettendo la nostraspalla sotto la croce dei pove-ri, ma anche non andando abraccetto con chi queste cro-ci le fabbrica, altrimenti si èconniventi con le ingiustizie esi cade in un assistenzialismo

che non rimuove le cause del-l’emarginazione.Misericordia significa getta-re il proprio cuore nella mi-seria altrui, farla propria.Splendido è il passaggio in cuiFrancesco fa un richiamo atutti i cristiani, anche ai pa-stori, alle associazioni e aimovimenti, perché diventino«ospedali da campo», sianomissionari ovunque, escanodalle sacrestie, sempre peròcon un atteggiamento di con-versione e di servizio.Al centro ci sono i poveri, i ve-ri privilegiati non solo in que-sta esortazione ma nelle a-zioni del Papa, che ha sceltodi sedersi a mensa con loro,non con le autorità.C’è un passaggio molto belloche mi ha colpito, quandoFrancesco scrive che Cristo èsempre vicino agli esclusi, che

i poveri devono avere un po-sto privilegiato nel popolo diDio, e questo ci dice che sonoi nostri maestri, non più sologli oggetti della nostra assi-stenza. Noi della Papa Gio-vanni viviamo ogni giorno laconsapevolezza di quantosiano le membra più neces-sarie del popolo di Dio, maanche il punto di riunifica-zione della società e del ge-nere umano: da lì dobbiamoripartire, dagli ultimi, dal pas-so dei deboli. Una società cheli lascia indietro non è un po-polo ma un’accozzaglia infor-me.Forte il richiamo al sì alla vi-ta, un richiamo che le vostrecase famiglia ascoltano sen-za se e senza ma.La cosa interessante è che ilPapa parte dalla difesa del na-scituro come principio dei di-

ritti umani, il fondamento dacui discendono tutti gli altri.Come il popolo di Dio devetenere il passo dei più fragili,così la vita degli uomini traeforza dai più inermi.Anche il passaggio sulla fa-miglia vi è certamente caro.Noi siamo testimoni del biso-gno primario di ogni bimbodi poter crescere sulle ginoc-chia di un papà e una mam-ma. Poi però la famiglia fon-data sul matrimonio diventafeconda nell’accoglienza deifigli che mette al mondo, maancor più nell’accoglienza so-vrabbondante di chi non hanessuno. Il Papa scrive che ilbene tende a comunicarsi equesto avviene attraverso untrapianto vitale del Vangelo,cioè azioni concrete, signifi-cative, di misericordia.

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Una società che lasciaindietro i più bisognosie in difficoltà non si puòconsiderare un popoloma al contrario «soloun’accozzaglia informe»

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MERCOLEDÌ27 NOVEMBRE 201332

Consiglieri Federico FalckGuido GiliRinaldo MarinoniDomenico PompiliMatteo Rescigno

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La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250

GIORNALE QUOTIDIANO DI ISPIRAZIONE CATTOLICAPER AMARE QUELLI CHE NON CREDONO

Direttore responsabile: Marco Tarquinio

ell’immaginario comune i santi sonopersone perfette, prive di macchie o di

errori, esempi di vita retta o di percorsi luminosiverso la più alta testimonianza di fede. In realtàspesso le vite dei santi e dei beati sono state vitedifficili e accidentate, non prive di errori e cadute.Oggi, ad esempio, la Chiesa ricorda san Giacomol’Interciso, martire persiano e potentepersonaggio della corte di Yazdegerd I, sovranosasanide che regnò tra il 399 e il 420. Giacomoera cristiano ma gli fu chiesto di negare la propriafede, cosa che l’uomo fece per evitare problemi.Una lettera della madre, però, lo riportò alVangelo: per questo fu arrestato, torturato (vienedetto interciso perché gli vennero amputati gli artipezzo a pezzo) e infine decapitato.Altri santi. San Virgilio di Salisburgo, vescovo (VIIIsec.); beato Bernardino da Fossa, francescano(1421-1503). Letture. Dn 5,1-6.13-14.16-17.23-28; Sal da Dn 3; Lc 21,12-19. Ambrosiano. Ez6,1-10; Sal 31; Abd 1,19-21; Mt 12, 22-32.

N

Il Santodel giorno

Dall’apostasiafino al martirio

di Matteo Liut

Giacomol’Interciso

a luce della fede: conquest’espressione, la tradizione

della Chiesa ha indicato il grande donoportato da Gesù, che così si presenta:"Io sono venuto nel mondo come luce,perché chi crede in me non rimanganelle tenebre" (Gv 12,46)» (Lumenfidei, 1).Lumen fidei è la prima enciclica dipapa Francesco, promulgata nel cuoredell’anno della fede a completamentodella trilogia iniziata da papaBenedetto con le encicliche DeusCaritas est e Spe salvi, rispettivamentesulla carità e sulla speranza. Vogliamosostare su di essa per qualche giornoancora, prima di congedarci da questarubrica – Catechismo Quotidiano –che ci ha accompagnato lungo l’Ànnodella fede.La fede è luce. È conoscitiva infatti la

fede. Conoscere significa accendereuna luce, che dirada il buio e favedere ciò che c’è. Per essa ilsoggetto soddisfa l’aspirazione allaverità. Ci sono le innumerevoli veritàparticolari delle cose e dei fenomeniintorno a noi. Ad esse perveniamocon le luci accese dal saperericognitivo e scientifico. Ma la sete diverità dell’uomo non concerne soloverità parziali e penultime. Concernesoprattutto la verità della vita, la«verità tutta intera» come la chiama ilVangelo. Verità del senso e del destinodella vita, il cui buio è motivod’inquietudine e smarrimento.«Quando manca la luce, tutto diventaconfuso, è impossibile distinguere lastrada che porta alla mèta da quellache ci fa camminare in cerchiripetitivi, senza direzione» (3). Per una

verità tanto grande, i lumi dellaragione sono flebili: «La luce dellaragione autonoma non riesce ailluminare abbastanza il futuro» (3).«Perché una luce sia così potente,non può procedere da noi stessi,deve venire da una fonte piùoriginaria, deve venire da Dio» (4). Ilgrande annuncio cristiano è chequesta luce è venuta, Dio l’ha accesanel cuore del mondo conl’incarnazione del Verbo, narrata dalIV Vangelo nel segno della luce:«Veniva nel mondo la luce vera, quellache illumina ogni uomo» (Gv 1,9).Questi la intercetta con gli occhi dellafede, in grado di penetrare l’Evento ericonoscere «la grazia e la veritàvenute per mezzo di Gesù Cristo»(Gv 1,17).

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Catechismoquotidiano

La luce della fede dirada il buiodi Mauro Cozzoli

ASIA BIBI IN CARCEREDA PERCHÉ CRISTIANA

1.623 GIORNI

I DATI OCSE SULLE PENSIONI DEI GIOVANI E LE INIZIATIVE DEL GOVERNO

Fermiamo la fabbricadell’impoverimento

FRANCESCO RICCARDI

a davvero eratroppo tardi, innome del buon

senso e di quel realismoche Giorgio Napolitano hainvocato di nuovo ieri perplacare almeno in partel’«irrequietezza» della

politica nazionale, tentare un’ultimamediazione attorno al "nodo decadenza"di Sivio Berlusconi? La proposta di PierFerdinando Casini, che resterà agli attisotto forma di pregiudiziale presentatanell’aula del Senato, è stata liquidata nelgiro di poche ore con giudizi frettolosi e

a dir poco miopi. L’idea di sospenderel’applicazione della legge Severino e diattendere alcune - poche - settimane,perché scatti l’ormai ineluttabileinterdizione giudiziale dai pubblici ufficia carico dell’ex premier, non è nuova peri lettori di questo giornale, che l’hacaldeggiata in giorni meno agitati e in unclima meno convulso di quello odierno.Ma evidentemente ormai sta prevalendo,per l’ennesima volta, la logica del partitopreso e della "confrontation", per usareun lessico da guerra fredda chepurtroppo ben si attaglia allo scenario inatto. Cade probabilmente anche

l’equivoco che, mai apertamenteevocato, è stato messo dagli oppostipasdaran degli schieramenti principalialla base del loro "sì" alla "stranamaggioranza" partorita più che a faticadalle urne di febbraio. Un consenso adenti stretti alla nascita del governo dellelarghe intese, accompagnato dallemalcelate riserve mentali di chiimmaginava di ottenere in cambio unsalvacondotto personale e di chi,sull’altro versante, gli attribuiva il ruolodi traghettatore verso un post-berlusconismo da gestire in proprio esenza il minimo supporto di un coerenteresponso elettorale.Di fatto, dalla ripresa settembrina in poiabbiamo assistito a un progressivoavvelenamento dei pozzi, interrotto soloprovvisoriamente dal voto di fiducia del2 ottobre, che tuttavia già conteneva innuce le premesse del successivo showdown. Non a caso, anche da PalazzoChigi quel voto ieri veniva indicato comel’atto di nascita implicito di una nuova,più ridotta e potenzialmente più saldamaggioranza, come tale non bisognosa

oggi - per ammissione stessa delQuirinale - di una immediata verificaparlamentare ad hoc. Tuttavia ledifficoltà che l’esecutivo sta incontrandonel portare alla meta la legge di stabilità,con l’annuncio ufficiale del passaggioall’opposizione della rediviva ForzaItalia, dimostrano che le conseguenzedello strappo non saranno facili dametabolizzare. E che ai vantaggi intermini di maggior coesione interna sicontrappone il sostanziosoaffievolimento della forza numerica.Mentre da più di un candidato in corsaper la guida del Partito democraticoarrivano, per Enrico Letta, preannunci dipressioni e di condizionamenti quasispeculari agli squilli guerrieri delCavaliere e dei suoi fedelissimi.Eppure la missione di questo esecutivo,nonostante la sfibrante maratonanotturna per incassare la fiducia sullamanovra e gli scossoni ai quali saràsottoposto oggi dal confronto sulladecadenza, non può e non deve essereconsiderata esaurita. Il Paese viene da unbiennio di durissimi sacrifici che, piaccia

o no, siamo stati obbligati ad infliggerci acausa di scelte e non-scelte sbagliate deipassati esecutivi. E oggi sarebbepoliticamente criminale gettare tutto alleortiche.Allo stesso modo, il doppio traguardo delsemestre di presidenza italiananell’Unione Europea e delle riformeminime necessarie per garantireun’agibilità istituzionale futura miglioredi quella oggi disponibile vaassolutamente centrato. A cominciaredal superamento di un sistema elettoralesciagurato e iniquo (e la Consulta trabreve ci ripeterà quanto...), capace solodi enfatizzare la vocazione estremista - ealla lunga impotente - di tantiprotagonisti della nostra politica. Infondo, nonostante i toni roboanti di chigià conta le truppe per un prossimoscontro sugli schermi e nelle piazze,queste considerazioni sono ben presentia tutti gli aspiranti premier di domani.Comportarsi di conseguenza sarebbeuna prima verifica della loro concretaaffidabilità.

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M

na religione la cuiambizione è solo quella direstituirli alla dignità

spirituale della loro mente, deiloro affetti, della loro persona. Edi una relazione con Dio che nondevono mendicare, perché èsemplicemente destinata edonata. La comunità umana ecristiana è in debito di inclusionee di reciprocità nei loro confronti.L’enorme sofisticazione dellenostre occupazioni diautorealizzazione spirituale edecclesiale, che poi ammettonoall’aristocrazia della fraternitàsolo i portatori professionalidei carismi, deve metterci inimbarazzo una volte pertutte. «Occorre affermare,senza giri di parole, cheesiste un vincoloinseparabile tra la nostrafede e i poveri. Nonlasciamoli mai soli” (n. 48). La caduta in verticale delgusto comunitario della vitaè oggi direttamenteproporzionale all’ossessionedel godimento dei suoipiaceri, che seleziona iprivilegiati dellacompetizione perl’evoluzione migliore. Laloro avidità è peggio delbuco nell’ozono. Èl’economia dell’esclusione,che «uccide». È l’idolatriadel denaro di Epulone, chenon ha alcuna «ricaduta»favorevole. (i cani hannoanche il salone di bellezza, aLazzaro – come da copione– continuano a non arrivareneppure le briciole). Èl’iniquità che generafatalmente aggressività eviolenza: nel contestourbano, ormai, è un tratto distile, per così dire. La Chiesaesce dalla tomba, e moltiuomini e donne che non cicredevano più escono dalguscio. E ritrovano il piacere«spirituale» di essere«popolo», che stadiventando sconosciuto agliumani. Questo e molto altrotroverete, in questo poema

Usinfonico dell’evangelizzazione,in cui sono raccolti i motiviconduttori del magistero diFrancesco. Due movimenti danon perdere. Il trattatello sullacittà secolare, che mette a fuocola differenza strutturale dellamissione nell’odierno contestourbano (nn. 52–75). E il trattatosull’omelia liturgica (135–159).Cominciate pure di qui. Unite idue fili, e la mente si metterà inmoto. La formula della nuovaevangelizzazione perderà ogniambiguità possibile, e mostreràl’essenziale.

Pierangelo Sequeri© RIPRODUZIONE RISERVATA

ome dire... lo sospettavamo da tempo, ma ora locertifica l’Ocse: chi oggi è giovane, disoccupato oprecario, domani sarà con molta probabilità un

anziano povero. La difficoltà a trovare un primo contratto,poi la discontinuità dei lavori, infine le nuove regole delsistema pensionistico, ridurranno di molto sia l’accumulodi contributi, sia la loro trasformazione in rendite.Risultato: «Le future coorti di pensionati saranno più

vulnerabili al rischio di povertà durante la vecchiaia», per usare la felpataformula dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico.Quello delle minori tutele previdenziali per le nuove generazioni è unproblema comune un po’ a tutto l’Occidente. Con l’Europa che negli ultimidue decenni ha profondamente riformato le architetture delle protezionisociali, sotto la pressione da un lato del notevole allungamentodell’aspettativa di vita e dall’altro dell’insostenibilità dei costi in proporzioneal prodotto lordo. Solo che da noi la situazione è particolarmente complicatada una serie di antinomie: abbiamo sempre meno giovani ma con un tassodi disoccupazione fra i più alti del Continente; il livello dei nostri salari ènettamente inferiore a quello medio dell’Ocse, mentre il peso dellatassazione e dei contributi è da record assoluto. E ancora: tra un paio didecenni avremo, assieme ai danesi, l’età pensionabile più alta del mondo:69-70 anni. Intanto, però, registriamo un’età "effettiva" di pensionamentofra le più basse: 61 anni per gli uomini, 60 per le donne. Perché, nonostantele regole più stringenti via via approvate dal 1992 al 2011, non è mai stata deltutto chiusa la scorciatoia dei prepensionamenti. E infine, la contraddizionepiù stridente: ancora oggi abbiamo rendite calcolate sulle ultimeretribuzioni e rivalutate in maniera più che generosa, mentre per i futuripensionati si calcoleranno al centesimo solo i contributi effettivamenteversati, rivalutati con coefficienti minimali.Ma come dire... tutte queste cose le sapevamo da tempo. Quel che ancoranon sappiamo, invece, è che cosa possiamo fare per evitare un futuro distenti ai nostri ragazzi, dopo aver già rivisto in maniera drastica il sistemapensionistico e aver provato – senza riuscirci molto, in verità – a riformarepure il mercato del lavoro. Favorire la crescita economica e l’occupazione,ovvio. Rendere più fluido e meglio garantito l’incontro tra domanda e offertadi lavoro per i giovani, certo. Favorire ancora il ricorso alla previdenzaintegrativa, d’accordo. Ma c’è un nodo, una parola messa nero su biancodall’Ocse che dobbiamo aver il coraggio di pronunciare e affrontare: miseria.Che cosa possiamo fare per evitare che un’intera generazione si trovi già oggie sicuramente domani senza mezzi adeguati e che si scateni un conflittosociale senza precedenti? Una prima risposta è arrivata proprio ieri dalgoverno, che ha inserito nella legge di Stabilità un modulo iniziale di redditominimo di inserimento (o meglio di Sia, il sostegno d’inclusione attiva,meccanismo messo a punto dal ministero del Lavoro). Una sperimentazionenelle grandi città – con un impegno di 120 milioni in tre anni – finanziata daun prelievo di solidarietà sulle pensioni oltre i 90mila euro l’anno. Unintervento assai parziale, se si considera che per coprire appena un quintodella popolazione in povertà assoluta sono necessari 900 milioni di euro. Può rappresentare, però, un avvio importante se non si ridurrà all’ennesimointervento dispersivo, come quelli già in corso con la vecchia Carta acquisti,la nuova Social card, l’utilizzo di fondi europei al Sud, i progetti dei Comuni...Tante, troppe piccole iniziative, insufficienti per spezzare il circolo viziosoche ancora condanna i giovani ad essere i precari di oggi, i poveri di domani.

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DOPO L’USCITA FORMALE DI FI DALLA MAGGIORANZA: STESSI PROBLEMI, NUOVA FASE

Almeno due doveriGIANFRANCO MARCELLI

Essenziale cammino(segue dalla prima)

o a «una Chiesa preoccupata di essere al centro e che finiscerinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti». (49) No auna Chiesa intrisa di «mondanità spirituale che al posto della gloria

del Signore, cerca la gloria umana» (93), nascondendosi dietro apparenze direligiosità. No a una «Chiesa dogana», irrigidita negli schemi: «La Chiesa èuna madre dal cuore aperto», dove anche «la vita sacramentale non è unpremio per i perfetti, ma un rimedio e un alimento per i deboli» (47). Si tratta di conversione, nella crescita fedele alla vocazione della Chiesa, unrinnovamento profondo alla luce del Kerygma, che ci interpella tutti,dall’ultimo dei credenti al Papa, perché anche lui è chiamato a viverecontinuamente quanto chiede. È questa la sostanza della riforma alla qualeci introduce, e che riguarda anzitutto noi stessi. Avendo come punti cardinali la costituzione conciliare Lumen gentium sullanatura della Chiesa, il documento sulla conversione pastorale uscito dallaConferenza della Chiesa latinoamericana ad Aparecida e i testi montinianidell’Ecclesiam suam e dell’Evangelii nuntiandi, la road map proposta da

papa Bergoglio propone alcune linee che possono «incoraggiare intutta la Chiesa una nuova tappa evangelizzatrice piena di fervore edinamismo», e si concentra su alcuni punti nevralgici. Uno degli aspetti, sul quale l’esortazione particolarmente insiste è lacomunicazione del messaggio salvifico. In tutta la vita della Chiesa sideve «sempre manifestare che l’iniziativa è di Dio», che è Lui «che haamato noi per primo e che è Dio solo che fa crescere»: «La gioiaevangelizzatrice brilla sempre sullo sfondo della memoria grata»(13). Ben diciotto pagine sono dedicate all’omelia, al suo significatonel contesto della liturgia e alla sua preparazione. Il vademecum adhoc, indirizzato ai sacerdoti, costituisce una novità nella storiarecente del ministero petrino, sollecitato «dai molti reclamipervenuti in relazione a questo importante ministero». Sono pagineintense che si radicano nella preziosa lezione dei Padri della Chiesa,nelle suggestioni della teologia della predicazione di Hugo Rahner, emettono in luce le ragioni e l’importanza della predicazionenell’economia dell’annuncio del messaggio salvifico. «Il predicatore –dice Francesco – ha la bellissima e difficile missione di unire duecuori che si amano: quello del Signore e quelli del suo popolo» (143).Il mancato rispetto della connessione tra l’amore alla Parola di Dio el’amore che si deve all’uomo rischia di compromettere l’annunciodella stessa verità cristiana. Nel medesimo orizzonte ordinato allamissione trovano armonicamente il loro posto tutte le altreindicazioni dell’esortazione. Come il riconoscere che l’annunciodella gioia promessa da Cristo non può mai essere messo traparentesi e viene sempre prima di ogni insegnamento riguardantel’agire morale. O il prendere atto che l’annuncio cristiano non siidentifica con nessuna cultura: «Non possiamo pretendere che tutti ipopoli di tutti i continenti, nell’esprimere la fede cristiana, imitino lemodalità adottate dai popoli europei in un determinato momentodella storia». E ancora qui papa Francesco ripete con forza che idestinatari prediletti della gioia sprigionata dal Vangelo sono i poveri,i fragili, gli indifesi. È questa la preferenza di Dio. Che non può veniremanomessa dai discorsi di chi a volte contrappone l’annuncio dellaverità alle opere sociali. Come se si potesse contrapporre la fede allacarità che si esprime nelle opere di misericordia. Il "cantiere" aperto da papa Francesco per tutti noi è immenso, ha iconfini sterminati del mondo e di ogni cuore umano uscito dallemani di Dio. Possono venire le vertigini. «Tuttavia – rassicuraFrancesco – non c’è maggiore libertà che quella di lasciarci portaredallo Spirito, rinunciando a calcolare tutto, e permettere che Egli ciillumini, ci guidi, ci orienti, ci spinga dove Lui desidera» (280).

Stefania Falasca© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Lavori in corso(segue dalla prima)

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