Economia del Lavoro
Lezione 15PROF.SSA FRANCESCA LOTTI
DOTT. ALESSANDRO PALMA
Incentivi salariali - Introduzione
Finora abbiamo approfondito il rapporto lavoratore-impresa in un mercato del lavoro che è definito spot.
(no aspetti dinamici)
Tuttavia, la diversa natura del rapporto contrattuale del lavoratore influenza sia la produttività sia i profitti
dell’impresa.
Il tipo di contratto è quindi rilevante perchè esiste un conflitto di interessi tra lavoratore e impresa (le imprese non
conoscono la reale produttività dei lavoratori e questi ultimi vorrebbero essere pagati il più possibile con un
impegno minimo).
Alcune imprese offrono un salario legato alle performances incentivando il lavoratore a produrre di più, altre
preferiscono pagare un salario fisso.
In generale, I mercati del lavoro utilizzano un’ampia gamma di sistemi di retribuzione, che possono prevedere
diversi incentivi salariali volti ad aumentare l’impegno del lavoratore.
Incentivi salariali - Introduzione
Un modo semplice di illustrare il meccanismo di retribuzione è quello di esaminare i due sistemi retributivi più
utilizzati: la retribuzione legata alla performance e i salari orari fissi.
Il primo paga il lavoratore in base a qualche indicatore di output (ad esempio in base alle vendite o particolari
risultati ottenuti). Il salario orario fisso paga la retribuzione solo in base al numero di ore che si trascorrono sul
luogo di lavoro.
In Italia le retribuzioni dei lavoratori dipendenti sono pagate mensilmente. I contratti sono definiti dai CCNL in base
al settore merceologico con minimi salariali sui quali è possibile applicare una parte aggiuntiva variabile sulla base
di prestazioni specifiche o voci annuali (tredicesima o quattordicesima mensilità).
I contratti fissano anche un monte ore settimanale minimo, permessi (malattie, maternità etc) e le ferie. Vengono
inoltre stabilite le regole retributive per le ore di straordinario.
Quale tipo di retribuzione offrire?
Sappiamo che i lavoratori sono diversi nelle loro abilità e produttività. Se un’impresa offrisse una retribuzione legata
alla performance il salario del lavoratore dovrebbe essere pari alla valore del suo prodotto marginale. Se fosse più
basso, il lavoratore avrebbe incentivo a trovare lavoro presso altre imprese disposte a pagare di più.
Tuttavia, l’impresa non sempre ha perfetta conoscenza di quanto il lavoratore ha prodotto. Se il salario è pagato in
base alla performance, l’impresa deve acquisire informazioni monitorando il lavoratore in modo costante. Le risorse
impiegate nel monitoraggio rappresentano un costo per l’impresa (a seconda di quanto sia difficile acquisire
informazioni corrette). L’impresa quindi potrebbe allo stesso costo prendere in leasing altro capitale per la
produzione.
Solitamente le imprese che hanno alti costi di monitoraggio scelgono una retribuzione fissa, perchè nè lavoratore
nè impresa possono permettersi di affrontare queste spese. Quando invece l’output per lavoratore può essere
facilmente controllato, all’impresa conviene retribuire in base alla performance.
Scelta di output/impegno per i lavoratori con retribuzione in base alla performance.
La scelta del livello di impregno del lavoratore pagato in base alla performance è legato a un trade-off.
Da una parte vorrebeb massimizzare la sua utilità (salario) massimizzando la produzione. Allo stesso tempo, il grande impegno per
lavorare crea una disutilità (preferirebbe parlare con i colleghi, andaer al bar, etc).
La figura illustra la curva del beneficio marginale dell’impegno
(MB) nel modello di scelta, assumendo che la sua retribuzione sia
pagata � Euro ogni unità prodotta, che rappresenta sia il costo del
lavoro dell’impresa sia il beneficio marginale del lavoratore.
Poichè la fatica addizionale per produrre ogni unità cresce al
numero di unità prodotte, quindi il costo marginale dell’impegno
aumenta al crescere dell’output. Pertanto la curva del costo
marginale è inclinata positivamente.
Un lavoratore che vuole massimizzare la propria utilità produce
fino al punto in cui il beneficio marginale (MR) uguaglia il costo
marginale (MC).
Poichè i lavoratori hanno abilità differenti, quelli con alta abilità
producono maggiore output perchè hanno una curva di costo
marginale inferiore, come quella MCabile.
Scelta di output/impegno per i lavoratori con retribuzione oraria fissa.
In questo caso esiste un livello minimo di output (q) che può essere facilmente monitorato dall’impresa. Una volta raggiunto il
livello minimo stabilto, al lavoratore spetta la paga oraria fissa che non dipende dal livello di produzione.
Poichè produrre è faticoso, per il lavoratore sarà sufficiente produrre esattamente un numero di unità pari a q e nulla di più per
mantenere salario e posto di lavoro. Ai lavoratori viene corrisposto � x q Euro, che corrisponde alla sua utulità totale.
In questo caso, l’utilità del lavoratore non dipende dalla sua abilità.
I lavoratori però sono sensibili ai diversi tipi di contratto offerti
dalle imprese e si selezioneranno in base alle proprie preferenze.
A rappresenta un lavoratore meno abile, cui conviene accettare
l’offerta di un’impresa a retribuzione fissa. Al contrario, ad un
lavoratore molto capace come B converrà accettare il contratto di
un’impresa che retribuisce in base alla performance.
Pertanto, tutti i lavoratori con meno di x* unità di abilità
sceglieranno di lavorare a retribuzione fissa. Quelli con abilità
maggiore di x* preferiranno invece una retribuzione basata sulla
performance.
Gli studi empirici tendono a confermare la validità di questo
modello di scelta. I lavoratori con retribuzione su performance
sono più produttivi e guadagnano di più di quelli con salario fisso
orario.
Svantaggi della retribuzioni basate su performance.
Quindi la retribuzione basata sulla perfromance produce un’allocazione più efficiente tra lavoratori con abilità eterogenee e
imprese (mantiene alti livelli di impegno, attrae lavoratori più capaci, minimizza la discriminazione e il nepotismo, aumentando la
produttività dell’impresa). Come mai allora non è sempre utilizzata dalle imprese?
Prima di tutto, la retribuzione su performance funziona bene quando è possibile legare direttamente il salario del lavoratore alla
sua produttività. Questo non è sempre possibile in tutte le imprese.
Inoltre, la retribuzione su performance è incentrata sulla quantità di output, non sulla qualità. Il lavoratore potrebbe quindi non
curare gli aspetti legati alla qualità dell’impegno. Questo problema potrebbe ridursi se le retribuzioni fossero legate non solo alla
quantità ma anche alla qualità, ma i costi di monitoraggio aumenterebbero sensibilmente.
Svantaggi della retribuzioni basate su performance.
Un altro punto a sfavore della retriubuzione su performance è l’oscillazione del salario nel tempo.
Si pensi ai lavoratori del settore agricolo, in cui lo stipendio di chi raccoglie frutta potrebbe influenzato da fattori non controllabili
come il meteo. Il lavoratore meno avverso al rischio potrebbe anche preferire una retribuzione meno ricca ma caratterizzata da un
flusso costante. Poichè le variazioni di salario producono disutilità, le imprese che offrono retribuzioni su performance dovranno
compensare questa disutilità con premi salariali, che rende questa scelta retributiva meno praticabile.
Infine, i lavoratori retribuiti su performance temono il cosiddetto effetto ratchet, cioè un meccanismo d’arresto per cui una volta
raggiunto un determinato livello non è più possibile tornare indietro.
Ad esempio un lavoratore produce più output di quanto l’impresa sia aspetti, l’impresa potrebbe interpretare l’elevato livello di
produzione come una prova del fatto che il lavoro non era poi così difficile, riducendo la retribuzione legata alla performance.
Questo potrebbe portare i lavoratori a rifiutare tali contratti.
Bonus, profit sharing e incentivi di gruppo
Un altro modo di premiare lavoratori ad alta produttività è di utilizzare i bonus, cioè pagamenti aggiuntivi al salario base legati alla
performance del lavoratore (o dell’impresa) in un dato periodo di tempo. I bonus sono molto comuni tra i senior executives e sono
solitamente molto cospicui (un tipico manager in USA riceve circa il 10% del salario annuale).
Se il bonus non è legato alla performance individuale ma a quella dell’impresa nel mercato viene chiamato profit sharing. Tali
bonus distribuiscono le rendite legate alla performance di specifici gruppi di lavoratori all’interno dell’impresa, generando
potenziali problemi di free-riding (un singolo lavoratore non avrà incentivo a impegnarsi, contanto sulla pefrormance altrui).
I tornei
Non sempre le imprese pagano la retribuzione su una misura assoluta della performance sul lavoro (ad esempio un lavoratore
produce 10 Euro marginali di lavoro e riceve in retribuzione esattamente 10 Euro).
In alcuni casi l’impresa classifica i dipendenti e basa la misura di performance in relazione agli altri lavoratori. In questi casi è
come se l’impresa istituisse un torneo. Ad esempio, questo sistema è tipico del mercato del lavoro nei professionisti dello sport in
cui il primo classificato riceve un grande ammontare, mentre gli altri classificati ricevono premi sensibilmente più ridotti.
Non solo nel mercato dello sport professionale ma anche in molte aziende i vice-president competono ferocemente per
guadagnare la posizione di presidente o chief executive officer. Uno studio condotto su 200 grandi imprese dimostra che la
promozione da vice-presidente a presidente è associata ad un aumento salariale del 142%.
E’ più facile per l’impresa stabilire una misura di performance retributiva quando è in relazione agli altri lavoratori.
Impegno del lavoratore in un torneo
Nel torneo i giocatori sanno che vincere comporta fama e fortuna, mentre ai perdenti rimane anonimato e bassi salari. Un torneo
quindi riesce ad impegnare massimamente il lavoratore. Consideriamo due lavoratori, Andrea e Beatrice, che concorrono per due
premi: al primo verrà corrisposta una grande somma di denaro (Z1), al secondo solo una piccola parte (Z2). Entrambi hanno le
stesse abilità e sanno che sarà il loro impegno a determinare la vittoria.
MC rappresenta la curva del costo marginale dell’impegno, inclinata
positivamente. Il beneficio marginale di un’unità di impegno dipende
dallo spread tra il premio del primo e secondo posto (Z1-Z2).
Se la differenza è piccola, il MB è relativamente basso (MBbasso), e il
lavoratore sceglie il livello di impegno Fbasso in cui MC=MB,
posizionandosi in X.
Se lo spread è alto, il MB di un’unità d’impegno è molto più ampio
(MBalto) e il livello di impegno sarà Falto.
Se entrambi mettono lo stesso livello di impegno e hanno uguali abilità,
saranno altri elementi a decidere il vincitore (la stima personale, le
simpatie per una persona, oppure fattori casuali).
In ogni caso il divario nella remunerazione (spread) tra il vincitore e gli
altri rimane il fattore determinante per estrarre il massimo impegno dai
giocatori. Questo spiega anche la grande disparità tra i premi.
Svantaggi del torneo
Esistono anche alcuni svantaggi collegati all’utilizzo dei tornei. Di questi, due sono i principali:
- Rischio di collusione tra i partecipanti ai tornei. Supponiamo che un giocatore sia in gara per un grande premio
in un torneo di tennis. Di solito i giocatori hanno partecipato anche ad altri tornei e spesso sanno di avere lo
stesso livello di abilità e che il premio alla fine sarà determinato da eventi più o meno casuali. Possono quindi
mettersi d’accordo per spartirsi il premio con accordi collusivi “sottobanco”. In questo caso le mosse del gioco
sarebbero predeterminate in modo che nessuno dei giocatori metta troppo impegno per arrivare a fine gara
incassando comunque metà del premio.
- Eccessiva competizione generata dallo spread elevato. Può succedere che un premio particolarmente ambito sia
una lama a doppio taglio: da una parte stimola l’impegno, dall’altra incoraggia a sabotare il lavoro degli altri.
Quindi nelle imprese in cui è facile danneggiare l’output prodotto dagli altri lavoratori, si sceglie un sistema
retributivo basato sull’equità dei salari piuttosto che sui tornei.
Applicazioni di politica economica: la retribuzione dei dirigenti.
Il salari dei dirigenti di alto livello sono stati, negli ultimi anni, al centro della pubblica attenzione. I salari hanno raggiunto cifre da
capogiro, come evidenzia la tabella sottostante:
Valori espressi in milioni di Euro/anno. Fonte: www.ilsole24ore.it
Il problema principale-agente nelle retribuzioni dei CEO
Il CEO è un ”agente” dei proprietari delll’impresa, detti anche ”principali”. Il CEO quindi deve massimizzare i profitti dei proprietari
(azionisti).
Tuttavia il CEO potrebbe avere interessi diversi, come la carriera personale o l’utilizzo eccessivo di benefits legati al suo contratto.
Questi diversi interessi impoveriscono gli azionisti e aumentano l’utilità del CEO. Questo conflitto d’interesse è conosciuto come
problema principale-agente.
La teoria dei tornei, che sembra essere confermata dai dati, ci dice che i vincitori ambiscono alla posizione di CEO, cui è associato
un altissimo spread rispetto a posizioni dirigenziali immediatamente inferiori. Quando vi sono tornei con molti partecipanti lo
spread deve essere alto, altrimenti i giocatori sono disincentivati a partecipare avendo alta competizione nel gioco.
Per poter estrarre il massimo impegno dal CEO, è necessario associare al premio salariale un controllo sulla performance
economica dell’impresa, in modo che il CEO eviti di prendere decisioni che non massimizzano la ricchezza aziendale. I dati USA
confermano che esiste correlazione positiva tra stipendio del CEO e performance aziendale. In Italia, la correlazione è più debole
ma pur sempre positiva.
Tuttavia, in generale la bassa elasticità tra stipendio dei CEO e redditività d’impresa limita la possibilità di imporre veri vincoli al
comportamento dei managers.
Incentivi e retribuzione differita
I lavoratori caratterizzati da basso impegno e produttività, nonchè da comportamenti scorretti, possono causare grandi perdite alle
imprese. Alcuni dati ci dicono che oltre l’80% delle perdite del trasporto aereo e commercio aeroportuale è dovuto a furti di merce
da parte dei dipendenti. Il 27% del personale ospedaliero ruba materiale medico e il 30% dei commessi ruba merce dal posto di
lavoro. La creazione di pacchetti retributivi che scoraggino i comportamenti scorretti è quindi essenziale per i datori di lavoro.
La figura illustra come la retribuzione differita offra un incentivo ai
lavoratori a non attuare comportamenti dannosi per l’impresa.
Se l’impresa potesse monitorare facilmente il livello di produzione e
l’impegno del lavoratore, offrirebbe in ogni periodo un salario che
eguagli il valore del prodotto marginale del lavoratore, pari a WMP.
Tuttavia, l’impresa affronta dei costi di monitoraggio e riesce a
controllare solo saltuariamente. In tal caso, i lavoratori meno corretti
cercheranno di sottrarsi ai loro compiti.
Un profilo età-retribuzione inclinato positivamente come quello AC
induce i lavoratori a comportarsi correttamente, perchè vengono
pagati meno del loro prodotto marginale durante i primi tempi e più
del loro prodotto marginale nei successivi anni.
Finchè le aree DBA e BCE sono identiche, il lavoratore sarà
indifferente ai due profili salariali, che tuttavia offrono incentivi a
comportamenti molto differenti.
Perchè esiste il pensionamento obbligatorio?
Il salario a retribuzione differita ha anche implicazioni per la politica di pensionamento dell’impresa: all’impresa non conviene
continuare a pagari i dipendenti oltre l’anno N.
Nell’anno N l’impresa ha finito di pagare quello che era dovuto al lavoratore e non esiste alcun vantaggio nel retribuirlo
ulteriormente: ogni retribuzione addizionale supererebbe il valore del prodotto marginale del lavoratore.
Al contrario, al lavoratore converrebbe continuare a lavorare, perchè verrebbe più che compensato del suo contributo alla
produzione.
Questo conflitto di interessi potrebbe spiegare l’origine delle clausole di pensionamento obbligatorio contenute in alcuni contratti
di lavoro (tali clausole sono state dichiarate illegali in alcuni paesi, come ad esempio negli Stati Uniti). Non si capisce altrimenti
perchè un’impresa sia disposta ad occupare un lavoratore sino al giorno prima della pensione con un salario elevato e non il giorno
immediatamente successivo.
In un mercato del lavoro spot, in cui l’impresa conosce livello di impegno e produttività, l’impresa continuerebbe ad occupare il
lavoratore pensionando con un livello di salario parametrato alla perdita di produttività dovuta all’età, ma non avrebbe bisogno di
stabilire una clausola di pensionamento obbligatoria.
Quanto impegno riescono ad estrarre i contratti con retribuzione differita?
Occorre premettere che un lavoratore sarebbe disposto ad accettare una retribuzione differita solo se fosse certo di non essere
licenziato dopo avere accumulato t* anni di attività. Infatti, dopo t* anno l’impresa comincia a ripagare il lavoratore del ”prestito”
che egli ha fatto all’impresa. L’impresa potrebbe interrompere però la relazione esattamente nell’anno t*. Tuttavia questo tipo di
comportamento aziendale non si verifica spesso.
Le imprese infatti tendono a stabilire relazioni di lavoro di lungo
periodo: se si sapesse che sfruttassero i propri dipendenti pagandoli
meno del loro valore marginale avrebbero difficoltà a reclutare
lavoratori.
Esiste tuttavia la possibilità che l’impresa fallisca e che il lavoratore
perda i guadagni futuri. E` probabile però che la possibilità di
fallimento sia minima in imprese grandi e consolidate, dove l’utilizzo
di contratti a retribuzione differita sembra essere maggiormente
impiegato.
I salari di efficienza (I).
Sino ad ora abbiamo analizzato schemi di incentivazione basati sui vincoli di un mercato competitivo.
La retribuzione legata alla performance e lo schema dei tornei assicura alle imprese un livello di profitti normale: retribuzioni
troppo alte o basse favorirebbero l’uscita o l’entrata di altre imprese sul mercato, riportando i profitti al loro livello normale.
Tuttavia alcune imprese potrebbero pagare un salario al di sopra di quello competitivo, cioè maggiore di quello offerto da altre
imprese.
Esistono contesti in cui un salario competivo non garantisce un livello di sussistenza adeguato (vedi paesi in via di sviluppo) e
produce perdite di produttività (ad esempio non garantendo un’alimentazione sufficiente).
L’impresa può quindi aumentare la produttività del lavoratore pagando salari al di sopra del livello competitivo, favorendo una
forza lavoro più sana e motivata.
Tuttavia, se il salario fosse troppo al di sopra del livello di sussistenza, il costo del fattore lavoro eroderebbe eccessivamente i
profitti.
Esiste quindi un livello di salario, noto come salario di efficienza, tale per cui il costo marginale legato all’aumento del salario dei
lavoratori è esattamente uguale al ricavo marginale dovuto ad un aumento della produttività dei lavoratori.
I salari di efficienza (II).
La figura sotto illustra il meccanismo di scelta dell’impresa sul salario di efficienza che massimizza il profitto.
La curva del prodotto totale rappresenta la relazione tra output prodotto dall’impresa e il salario del lavoratore, per un dato livello
di occupazione. Poichè l’output prodotto dai lavoratori aumenta all’aumentare del salario, essa è inclinata positivamente, cioè la
curva riflette il fatto che la produttività del lavoratore e il suo impegno dipendono dal salario.
Inizialmente l’ouput dell’impresa cresce molto rapidamente al
crescere del salario. Successivamente, aumentando il salario
l’impresa incontra rendimenti decrecenti, rendendo concava la curva
del prodotto totale.
MPw rappresenta il prodotto marginale di un aumento di salario,
cioè l’inclinazione della curva di prodotto totale in un punto.
Si consideri la retta che parte da 0 ed è tangente alla curva di
prodotto totale nel punto X: tale retta ha inclinazione pari a:
����������� ∆� �������
∆� ������������ � 0
�� � 0��
��
cioè pari al prodotto medio di 1 Euro pagati ai lavoratori.
Il salario di efficienza è il salario per il quale l’inclinazione della curva
di costo totale (che è pari al prodotto marginale MPw=∆�
∆�) uguaglia
il prodotto medio (cioè la retta che ha origine dagli assi).
I salari di efficienza (III).
La condizione di equilibrio può essere scritta anche in termini di elasticità:∆�
∆�
�
�
∆�
∆���
�
%∆�
%∆� 1, che genera il
salario di efficienza nel punto we. In tale punto, un aumento di salario dell’1% aumenta l’output esattamente dell’1%.
E’ facile dimostrare che we è il salario d’efficienza che massimizza i
profitti.
Se l’impresa offrisse un salario più basso pari a Y, in cui la curva del
prodotto totale è più ripida di quella del prodotto medio. In questo
caso un aumento del MP supera quello del prodotto medio, quindi:
∆�
∆���
�
%∆�
%∆�� 1
dove l’aumento di 1% del salario genera più di un 1% di aumento di
output. L’impresa quindi avrebbe incentivo a pagare salari più alti. Al
contrario, con salari inziali pari a Z l’impresa avrebbe incentivo a pagare
meno per massimizzare la produzione.
Poichè il salario di efficienza è superiore a quello competitivo, vi sarà
un eccesso di offerta di lavoro nelle imprese che pagano salari di
efficienza. Tuttavia, siccome è proprio il livello del salario di efficienza
che massiizza l’output, l’impresa non avrà bisogno di ridurre i salari.
I salari di efficienza (IV): il legame tra salari e produttività.
Vi sono diverse ragioni che spiegano il perchè esista un legame tra livello di salario e produttività.
Prima di tutto un salario più alto rende costoso per il lavoratori sottrarsi ai propri doveri: se uno
scansafatiche viene scoperto sul luogo di lavoro può essere licenziato e perdere il suo ricco salario.
Inoltre lavoratori ben pagati possono impegnarsi ancor più duramente anche se non vi sia minaccia di
licenziamento. L’alto salario è considerato un ”regalo” del datore di lavoro che può essere ricompensato
tramite un’alta produttività.
I lavoratori ben pagati sono meno propensi a lasciare l’impresa, abbassando i costi del turnover e della
formazione per l’impresa.
Infine le imprese che pagano salari di efficienza riescono a selezionare i lavoratori, poichè quelli con grandi
capacità tenderanno ad avere salari di riserva maggiori e a rifiutare offerte da imprese che pagano salari
competitivi, più bassi di quelli di efficienza. Pertanto un’impresa che paga salari di efficienza riesce ad
attirare lavoratori più qualificati, aumentare la produttività e i profitti.
I salari di efficiena (V): salari di efficienza e mercati del lavoro duali.
Supponiamo esistano due mercati del lavoro: uno con lavoratori il cui compito sia difficile da monitorare,
l’altro con lavoratori che svolgono operazioni routinarie di facile controllo.
Nel settore routinario le imprese non hanno bisogno di pagare un salario di efficienza (più alto) per
massimizzare l’impegno perchè ogni scorrettezza sul lavoro verrebbe scoperta e sanzionata
immediatamente.
Pertanto l’esistenza di salari di efficienza genera mercati del lavoro duali o segmentati. Tale economia è
caratterizzata da un settore primario che offre salari elevati, buone condizioni e stabilità occupazionale.
L’altro settore, chiamato secondario, offre salari più bassi e poche possibilità di carriera.
In concorrenza le differenze tra i settori scomparirebbero perchè i lavoratori sarebbero liberi di muoversi
dal settore ad alto a quello a basso salario. Tuttavia, la presenza di salari di efficienza pone degli ostacoli a
questo processo.
I salari di efficiena (VI): la critica della cauzione.
Nel modello dei salari di efficienza l’ipotesi chiave è che le differenze nei salari siano permanenti, nonostante lavoratori
a basso salario (e disoccupati) si sposterebbero in imprese che offrono un salario più elevato. Esiste una critica
sostanziale a questa ipotesi chiamata critica della cauzione (bonding critique).
Il salario di efficienza è molto diverso dai sistemi di incentivo basato sui tornei, sulla retribuzione legata alla
performance e ai profili età-retribuzione. Mentre in questi ultimi casi le imprese operano entro i confini di un mercato
competitivo, nel caso dei salari di efficienza le imprese determinano il salario senza considerare le condizioni del
mercato e generano un eccesso di offerta di lavoro.
La critica consiste nel fatto che lavoratori che vogliono un lavoro con alto salario dovrebbero essere disposti a pagare
una ”cauzione” (cioè un’obbligazione, un bond) alle imprese per il diritto di essere assunti da queste. A questo punto se
l’impresa scoprisse che il lavoratore fosse uno scansafatiche potrebbe licenziarlo senza restituire la cauzione. In caso
contrario, il bond verrebbe restituito al momento del pensionamento.
I salari di efficienza (VI): la critica della cauzione.
In un mercato competitivo il bond sarebbe tale per cui i lavoratori sarebbero indifferenti tra un posto di lavoro a salario
elevato e uno a salario più basso. In realtà i lavoratori non versano cauzioni per lavorare, ma i profili età-guadagno e gli
altri schemi di retribuzione differita assolvono alla stessa funzione.
Tuttavia, i lavoratori accetterebbero salari inferiori al loro prodotto marginale negli anni iniziali, per essere poi ripagati
successivamente.
Alla fine i lavoratori sarebbero comunque indifferenti tra posto di lavoro in settori ad alto salario e posti di lavoro in
settori a basso salario, perchè il valore attuale netto dei guadagni in entrambi i posti sarebbe uguale.
La critica suggerisce che lo schema dei salari di efficienza si autodistruggerebbe nel lungo periodo.
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