Dispense di Economia Politica
Luigi MarengoCorrado Pasquali
Indice
1 Come si parla delle grandezze economiche 11.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11.2 Numeri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31.3 Il piano cartesiano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81.4 Funzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101.5 Grafici di funzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
2 La teoria dei giochi 212.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 212.2 Il ragionamento strategico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 232.3 Kong e Cita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 252.4 Concetti ed ipotesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
2.4.1 Giochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 312.4.2 La scelta razionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 332.4.3 L’equilibrio di Nash . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 352.4.4 Strategie dominanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
3 Mercati e imprese 433.1 Perche esistono le imprese? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 433.2 Mercato e informazione: la selezione avversa . . . . . . . . . . 463.3 Mercato e informazione: il rischio morale . . . . . . . . . . . . 493.4 I costi di transazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 513.5 I costi di transazione e la natura delle imprese . . . . . . . . . 523.6 La trasformazione fondamentale e l’origine delle imprese . . . 56
4 La teoria economica dei diritti di proprieta 594.1 Diritti e proprieta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 594.2 Il teorema di Coase . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 674.3 Il teorema di Coase e vero? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76
5 I diritti di proprieta intellettuale 81
ii Indice
5.1 Tecnologia, innovazione ed economia . . . . . . . . . . . . . . 815.2 La conoscenza come bene pubblico . . . . . . . . . . . . . . . 825.3 Il ruolo dello stato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85
Capitolo 1
Come si parla delle grandezzeeconomiche
1.1 Introduzione
Come tutte le scienze, l’economia cerca di osservare, comprendere e descrivere
regolarita in determinate classi di fenomeni e, dunque, di formulare ipotesi e
scoprire leggi che permettano di fare previsioni sul corso futuro delle cose.
I fenomeni descritti dalla teoria economica sono quelli che riguardano i
modi in cui gli uomini cercano di soddisfare i loro bisogni materiali utiliz-
zando risorse scarse e di come le necessita degli individui e le azioni che
essi compiono per soddisfarle possano coesistere in modo vicendevolmente
compatibile.
Il metodo adottato dalla teoria economica per portare a termine il suo
compito consiste nell’individuare quei tratti di un fenomeno ritenuti essenziali
per spiegarlo e, successivamente, nel descrivere e spiegare il fenomeno stesso
in termini causali e quantitativi.
Descrivere un fenomeno in termini causali significa descriverlo in relazione
alle cause che pensiamo lo abbiano determinato. Spiegare e descrivere qual-
cosa in termini causali significa dunque spiegarne il perche.
Descrivere e spiegare un fenomeno in termini quantitativi significa in-
nanzitutto fornirne una descrizione in cui ogni costituente elementare ed
ogni proprieta rilevante sono espressi in termini di quantita misurabili. Cosı,
quando parliamo del moto di una sfera su un piano inclinato consideriamo
il peso della sfera o l’inclinazione del piano piuttosto che il materiale della
2 Come si parla delle grandezze economiche
sfera o il suo colore oppure, quando parliamo della ricchezza di una persona,
parliamo del suo reddito e cosı via. I costituenti di un discorso quantitativo
sono percio numeri che esprimono grandezze relative ad aspetti misurabili di
certi oggetti.
Una delle attivita piu amate dagli economisti e la costruzione di modelli.
La nozione di “modello” e spesso non ambigua. In un primo senso, essa
puo essere un sinonimo di “teoria”: in questo senso diciamo, ad esempio,
“modello di determinazione del reddito nazionale” per intendere “la teoria
che spiega come calcolare il reddito di una nazione”. In un secondo senso,
utilizziamo la nozione di “modello” per indicare un sottoinsieme specifico di
teorie economiche: si parla allora di “modello noeclassico” oppure di “modello
keynesiano” per indicare le teorie degli economisti di scuola neoclassica o di
scuola keynesiana.
Tuttavia, il senso di “modello” cui siamo ora interessati e un altro. Per
“modello” intenderemo una rappresentazione astratta di un fenomeno em-
pirico. “Astratta” vuol dire che, nel rappresentare un fenomeno con lo scopo
di costruirne un modello, ne consideriamo solo i tratti che riteniamo ver-
amente essenziali ovvero quelli che crediamo abbiano un ruolo causale nel
determinarne il comportamento (ad esempio, nel caso della sfera consideri-
amo il peso ma non il colore, nel caso delle scelte di consumo di un agente
economico consideriamo le sue preferenze o il suo reddito ma non l’umore o
il peso di chi sceglie). Cosı facendo, appunto, astraiamo tutto cio che non
riteniamo essenziale ai fini di costruire una spiegazione.
La teoria economica assume il punto di vista secondo il quale e possi-
bile descrivere e spiegare i fenomeni sociali (come la scelta, la produzione,
l’aggregazione, la crescita. . . ) guardando solamente a cio che e esprimibile
in termini di grandezze numeriche e di relazioni tra queste.
Tipicamente, un modello economico e costituito proprio da queste due
classi di oggetti: numeri e relazioni tra numeri. Come s’e gia detto, quel che
cerchiamo di fare spiegando un fenomeno economico e portare alla luce delle
relazioni di causa ed effetto tra grandezze diverse: ovvero cerchiamo di capire
come e perche una certa quantita (ad esempio la domanda di Girelle Motta)
muti al mutare di un’altra quantita (ad esempio il reddito).
Il nostro scopo in questo capitolo e dunque introdurre gli strumenti fon-
damentali che permettono di parlare delle grandezze e del loro mutamento.
1.2 Numeri 3
1.2 Numeri
La matematica e il linguaggio con cui si parla delle quantita, o meglio: con
cui si parla degli aspetti quantitativi della realta. Le parole della matem-
atica sono i numeri. Esistono molti tipi di numeri; in questo paragrafo ne
esamineremo in qualche dettaglio le proprieta fondamentali.
I numeri naturali
I numeri naturali sono quelli con cui contiamo, ordiniamo e confrontiamo
oggetti interi nella vita di ogni giorno. L’insieme dei numeri naturali e deno-
tato con la lettera N e si esprime in questo modo:
N = {0, 1, 2, 3 . . .} (1.1)
L’espressione precedente descrive un insieme. Un insieme e una collezione
di oggetti raggruppati secondo una proprieta che li accomuna. Posso, ad
esempio dire “l’insieme delle persone con i capelli rossi”, “l’insieme delle
citta di mare”, “l’insieme dei numeri pari”. L’espressione 1.1 e la descrizione
di un insieme: in essa troviamo innanzitutto il nome dell’insieme considerato
N, poi troviamo due parentesi graffe che racchiudono la lista degli elementi
che compongono l’insieme, infine troviamo dei puntini di sospensione che
stanno a dire “e cosı via”.
I numeri naturali possono essere sommati e moltiplicati tra loro ottenendo
come risultato altri numeri naturali. Tuttavia questo non e sempre vero se
invertiamo l’operazione di addizione: se infatti sottraiamo il numero naturale
b dal numero naturale a rischiamo di non riuscire a rimanere all’interno di N.
Cosı, ad esempio, e impossibile sottrarre 9 da 5. Il problema della sottrazione
puo essere considerato in questi termini: dati due numeri naturali a e b,
desidero trovare un numero naturale x che restituisca a se sommato a b.
Quest’ultima affermazione non sempre e vera. In termini piu precisi, diciamo
che l’equazione (nell’incognita x)
b + x = a (1.2)
puo essere priva di soluzione in N. Infatti se considero 3+x = 9 allora x = 6
e una soluzione in N (ovvero: 6 appartiene ancora a N) ma se considero
4 Come si parla delle grandezze economiche
3 + x = 2 non sono piu in grado di trovare una soluzione appartenente ad N(i.e. un numero naturale x tale che 3 + x = 2).
I numeri interi relativi
Per ovviare a questa difficolta, si introduce l’insieme dei numeri interi rela-
tivi : i numeri con cui esprimiamo anche quantita negative. Questo insieme
e denotato dalla lettera Z ed e cosı composto:
Z = {. . . ,−3,−2,−1, 0, 1, 2, 3, . . .}. (1.3)
Ora, se a e b sono due numeri interi arbitrari (ovvero appartenenti a Noppure a Z), l’equazione 1.2 ha una ed una sola soluzione appartenente a
Z. Ad esempio il caso precedente di 3 + x = 2 ha x = −1 come soluzione
in Z. E piu complicato il caso della divisione, ovvero dell’operazione inversa
alla moltiplicazione. In questo caso, dati due interi a e b, desidero trovare un
intero x che restituisca a se moltiplicato per b. Ovvero: per a/b intendiamo
un numero che moltiplicato per b dia a cioe: a/b · b = a. Si tratta, cioe, di
risolvere l’equazione:
bx = a (1.4)
Ci accorgiamo subito che una difficolta si presenta quando b e uguale a 0:
0 · x e infatti uguale a 0 per ogni x. Ne segue che qualsiasi intero risolve
l’equazione 1.4 se a = 0 ma nessun intero la risolve se a 6= 0. Questo
problema rimane insormontabile anche ampliando l’insieme dei numeri che
siamo in grado di trattare. Diciamo dunque che la divisione per 0 e sempre
un’operazione impossibile (oppure indeterminata) con gli strumenti matem-
atici cui ci limitiamo in queste dispense.
Torniamo all’equazione 1.4 supponendo ora che b 6= 0; essa puo comunque
non ammettere alcuna soluzione in Z (basti considerare l’equazione 2x = 3).
I numeri razionali
Per superare questa difficolta, continuiamo ad estendere l’insieme dei numeri
ed introduciamo l’insieme Q dei numeri razionali : i numeri che possono essere
rappresentati come quozienti tra interi (notiamo che il termine “razionali”
deriva dal latino ratio ovvero “rapporto”).
1.2 Numeri 5
Nell’introdurre l’insieme dei numeri razionali, adotteremo una procedura
leggermente diversa dai casi precedenti: invece di descrivere un insieme come
un elenco, ricorriamo ad una descrizione che chiamiamo “parametrica”: una
descrizione parametrica specifica una o piu condizioni di appartenenza ad un
insieme. Ad esempio posso dire: “ A e l’insieme di tutti gli studenti con i
capelli rossi”. Questa espressione si esprime in simboli nel modo seguente:
A = {studenti : capelli = rossi}.
I due punti e cio che li segue servono a specificare una condizione per ap-
partenere all’insieme A. Non abbiamo piu un elenco completo degli elementi
dell’insieme ma una condizione per decidere se un oggetto appartiene o meno
all’insieme stesso.
Questo tipo di descrizione e quella che si usa per introdurre l’insieme
dei numeri razionali. Questo insieme e denotato con la lettera Q ed e cosı
definito:
Q = {p/q : p, q ∈ Z, q 6= 0} (1.5)
L’espressione 1.5 denota, come avrete capito, l’insieme dei numeri che esp-
rimono un rapporto tra due quantita (cio che chiamiamo anche “frazioni”).
Nella 1.5 troviamo alcuni elementi nuovi: il simbolo ∈ significa “appartiene”
ed e usato per dire che un certo oggetto appartiene ad un insieme; ad es-
empio l’espressione 4 ∈ N si legge “il numero 4 appartiene all’insieme dei
numeri naturali”. Il simbolo 6=, invece, significa “e diverso da”. La 1.5 si
legge dunque in questo modo: “Q e l’insieme dei rapporti tra numeri tali
che numeratore e denominatore appartengono all’insieme degli interi ed il
denominatore e diverso da zero”. Appartengono dunque all’insieme Q tutti
i numeri come 34, 2
8, 6
43ma non, ad esempio, 9
0.
Notiamo che un numero razionale del tipo a/b con a = nb ed n ∈ Zpuo essere identificato con il numero intero n. Ad esempio: 9/27 equivale
a 3. I numeri interi possono dunque essere considerati come una parte dei
numeri razionali cosı come i numeri naturali sono una parte di numeri interi.
Valgono cioe le seguenti relazioni:
N ⊂ Z ⊂ Q (1.6)
Il simbolo ⊂ si legge “e sottoinsieme di”. Se dunque scrivo A ⊂ B sto dicendo
che l’insieme A e contenuto nell’insieme B. La relazione ⊂ e detta relazione
6 Come si parla delle grandezze economiche
di inclusione stretta. Esiste una relazione assai simile denotata con il simbolo
⊆ (detta “relazione di inclusione debole”). Se diciamo A ⊆ B diciamo che
l’insieme A e incluso nell’insieme B e puo anche coincidere con esso.
I numeri razionali possono essere sommati, moltiplicati, divisi e sottratti
tra loro (con la sola esclusione della divisione per 0) ottenendo sempre altri
numeri razionali.
S’e gia detto come la stessa parola “razionali” derivi dal latino ratio
ovvero “rapporto”, “misura”. Consideriamo allora il problema della misura
dei segmenti, ovvero del rapporto tra segmenti, guardando la figura 1.1. Se
consideriamo un segmento qualsiasi a e lo usiamo come unita di misura, dire
che un altro segmento b misura 4/3 di a significa dire che b puo essere ot-
tenuto dividendo a in tre parti uguali e mettendo 4 delle parti cosı ottenute
una dopo l’altra.
a
13 a
b
Figura 1.1: Il segmento b misura 4/3 del segmento a.
Ora chiediamoci: dato un segmento unita, e sempre possibile misurare
rispetto ad esso qualsiasi altro segmento (cosı come abbiamo fatto ora)? La
risposta a questa domanda e negativa: esistono infatti segmenti incommen-
surabili rispetto ad altri. L’esempio piu noto e quello della diagonale di
un quadrato rispetto al suo lato. Questo notissimo ed antichissimo prob-
lema porta alla conclusione che√
2 non e esprimibile come numero razionale,
ovvero che l’estrazione di radice quadrata non e generalmente possibile nell’am-
bito dei numeri razionali. Questo significa che l’equazione:
x2 = a (1.7)
con a razionale e positivo, non ha soluzione in Q.
1.2 Numeri 7
I numeri reali
Per ovviare a questo limite, estenderemo ulteriormente il nostro linguaggio
introducendo l’insieme dei numeri reali.
Quando parliamo di quantita, e assai naturale iniziare a confrontare tra
loro quantita diverse ed a chiederci quanto una quantita A sia maggiore o mi-
nore di una quantita B. Questo tipo di domanda sorge nella vita quotidiana
ogni volta che ci domandiamo quanto una cosa sia piu pesante di un’altra
o piu grande o piu lunga o piu lenta. Confronti rispetto alle grandezze,
possono essere fatti non solo confrontando coppie di oggetti (ovvero con-
frontando oggetti a due a due) ma anche confrontando tra loro un numero
arbitrariamente grande di oggetti.
Un modo veloce per compiere confronti di questo tipo consiste nel collo-
care gli oggetti del confronto su una scala di grandezze: ogni volta si scelga
un punto di inizio (un’origene) ed un’unita di misura tale scala diventa una
scala numerica. Ad esempio, la scala dei numeri naturali ha in 0 la sua orig-
ine ed ha l’unita come unita di misura; la rappresentiamo nella figura 1.2 a).
La stessa cosa facciamo per gli interi relativi 1.2 b) e per i razionali 1.2 c).
0 1 2 3 4 . . . . .
-2 -1 0 1 2. . . . .
-1 -1/2 0 1/2 1. . . . .
. . . . . . -1 -1/2 0 1/2 1 2
a)
b)
c)
d)
Figura 1.2: Scale numeriche.
Un fatto interessante e che una singola scala numerica puo essere ap-
plicabile a qualsiasi tipo di confronto (quantita, distanza, peso, lunghezza,
tempo. . . ): una volta che si sia scelta una scala ognuna delle grandezze ora
considerate esemplifica la stessa scala numerica ed ogni scala e pensabile e
8 Come si parla delle grandezze economiche
rappresentabile in termini dei punti di una linea con un’origine ed un’unita
di misura.
Ovviamente, la caratteristica piu importante di ogni scala e la com-
pletezza. Con “completezza” intendiamo che i suoi punti non siano solo,
ad esempio, i numeri naturali o i razionali (in questo senso, la scala dei nu-
meri razionali e “piu completa” ovvero piu ricca di quella dei numeri naturali:
in essa troviamo infatti dei punti che non troviamo nell’altra e, dunque, pos-
siamo misurare una classe piu ampia di differenze tra quantita). Cosı come
un righello che riporta solo i centimetri e meno utile di uno che riporta anche
i millimetri, allo stesso modo una scala numerica in cui qualsiasi distanza
dall’origine puo essere misurata e piu utile di una in cui solo alcune distanze
posono essere misurate. Costruiamo percio una scala numerica con questa
proprieta: anche distanze irrazionali come√
2 possono essere misurate su di
essa come mostrato nella 1.2 d).
Introduciamo dunque, seppur solo in modo intuitivo, l’insieme dei numeri
reali R che comprende i numeri naturali, gli interi relativi, i razionali ed anche
gli irrazionali come√
2. Equazioni come
x2 = 2 (1.8)
che non hanno soluzione in Q hanno soluzione in R. Questo, fra l’altro,
significa che senza i numeri reali non potremmo misurare la diagonale di un
quadrato il cui lato e un numero razionale.
1.3 Il piano cartesiano
Abbiamo visto come i numeri reali corrispondano ai punti di una retta. Nella
Figura 1.2 abbiamo fissato un’origine corrispondente allo zero ed un’unita di
misura data dal punto 1. In questo modo, abbiamo rappresenteremo quantita
positive alla destra dello zero e quantita negative alla sua sinistra.
Vogliamo ora estendere al piano il caso della retta, in modo tale da far
corrispondere coppie di numeri reali a punti del piano. Per fare cio introdur-
remo innanzitutto la nozione di coppia ordinata.
Una coppia ordinata (x, y) e semplicemente una coppia di numeri in cui
sia specificato un ordine tra i due. La proprieta fondamentale che deve essere
1.3 Il piano cartesiano 9
soddisfatta e dunque che
(x, y) = (z, w) se e solo se x = z ed y = w.
Dati due insiemi A e B, chiameremo prodotto cartesiano di A e B l’insieme:
A×B = {(x, y) : x ∈ A, y ∈ B} (1.9)
ovvero, l’insieme di tutte le coppie il cui primo elemento appartiene ad A
ed il cui secondo elemento appartiene a B. L’insieme di tutte le coppie di
numeri reali (x, y) e indicato con R2 ovvero: R×R = R2 e l’insieme di tutte
le coppie di numeri reali.
Cosı come abbiamo fatto corrispondere numeri reali a punti della retta,
faremo corrispondere coppie di numeri reali a punti del piano.
A tal fine, considereremo una retta orizzontale (l’asse delle x ) ed una retta
verticale ad essa perpendicolare (l’asse delle y). In entrambe le rette, cias-
cuno dei punti corrisponde ad un numero reale. L’origine (cioe il punto cor-
rispondente allo 0) dell’asse delle x sara fatto coincidere con l’origine dell’asse
delle y. Cio che otteniamo e rappresentato nella figura 1.3.
O=(0, 0) x
y
x > 0y > 0
x < 0y > 0
x > 0y < 0
x < 0y < 0
Figura 1.3: Il piano cartesiano.
Le frecce stanno a ricordarci da quale parte stanno i valori positivi. I
quattro quadranti formati dalle due rette sono detti ortanti ed in particolare,
quello in i valori della x e della y sono entrambi positivi e detto ortante
positivo. Esso comprende i punti che corrispondono ai soli reali positivi. Il
sottoinsieme di R che contiene solo numeri reali positivi e di solito indicato
con R+.
10 Come si parla delle grandezze economiche
Ora, se immagino un punto qualsiasi nell’ortante positivo del nostro
sistema di assi, posso immaginare di farne la proiezione ortogonale tanto
sull’asse delle x quanto su quello delle y. In questo modo individuero due
numeri reali: il numero a sull’asse delle x ed il numero b su quello delle y.
I due numeri cosı individuati sono le coordinate del punto. Normalmente
il punto a e detto ascissa ed il punto b ordinata del punto. Il punto e
dunque rappresentabile mediante due numeri ovvero mediante la coppia or-
dinata (a, b). Viceversa, avendo due numeri e pensandoli rispettivamente
come un’ascissa ed un’ordinata posso esser certo che ad essi corrispondera
uno ed un solo punto: infatti esistera uno ed un solo punto sull’intersezione
della retta perpendicolare all’asse x passante per il punto a e della retta
perpendicolare all’asse y passante per b. Ne segue che possiamo indiffer-
entemente parlare del punto P o della coppia (a, b) cosı come mostrato nella
figura 1.4.
a
b P = (a, b)..
..O = (0, 0)
Figura 1.4: Ogni punto nel piano cartesiano corrisponde ad una coppia di numeri reali.
E evidente che ogni punto dell’asse delle x ha ordinata 0 ed e quindi
sempre della forma (a, 0) ed ogni punto dell’asse delle y ha ascissa 0 ed e
sempre della forma (0, b). Allo stesso modo, giacche il prodotto cartesiano
puo essere esteso ad un numer qualsiasi di fattori, potremmo pensare ad R3
come all’insieme di tutte le terne di numeri reali. Tale insieme corrisponde
allo spazio tridimensionale ordinario.
1.4 Funzioni 11
1.4 Funzioni
E un’esperienza quotidiana osservare come alcune grandezze dipendano da
altre. Se vado dal benzinaio, la quantita di danaro che pago dipende dal
numero dei litri di benzina che acquisto; il peso di una sfera d’acciaio dipende
dalla sua grandezza; le tasse che pago dipendono da quanto guadagno e cosı
via.
Osserviamo dunque che esistono grandezze legate tra di loro in modo
sistematico ovvero che i valori da esse assunti siano dipendenti sistematica-
mente dalla grandezza di qualcos’altro. Ne segue che ad ogni variazione di
qualcosa segue una varizione della grandezza di qualcos’altro: se aumenta il
numero dei litri di benzina acquistati aumentera la quantita di danaro che
dovro pagare; se aumenta il diametro della sfera d’acciaio aumentera il suo
peso; se aumenta il mio reddito paghero piu tasse.
La nozione di funzione, che ora introdurremo, e lo strumento matematico
che ci permette di parlare della variazione sistematica e contemporanea di
una grandezza al variare di un’altra. In un certo senso, dunque, una funzione
e una regola che descrive come cambia la grandezza di un’entita quando varia
la grandezza di un’altra entita ad essa correlata.
Stabiliamo innanzitutto cosa sia una variabile. Una variabile e un’entita
che puo assumere un certo numero di valori diversi. Le variabili sono nor-
malmente indicate con le lettere x, y, z. Nel caso del benzinaio, ad esempio,
la quantita di danaro che pago per la benzina acquistata e una variabile -
che indico con y. Il valore specifico che y assume dipende dal numero di litri
di benzina che compro - che indico con x e dal prezzo di un litro di benzina
- che indico con p. Percio:
y = px.
Quando x ed y variano insieme ed in modo sistematico esse sono fun-
zionalmente collegate. Sicche, se una variabile y varia in modo definito al
variare di una variabile x, diremo che y e una funzione di x (ovvero: il val-
ore di y dipende dal valore assunto da x). Chiameremo dunque x variabile
indipendente ed y variabile dipendente.
Volendo essere piu precisi, quando diciamo che y e una funzione di x
vogliamo dire che per ogni valore assunto da x, y assumera un valore definito
dipendente dalla forma di una specifica funzione, ovvero da una specifica
12 Come si parla delle grandezze economiche
relazione che lega tra loro le due variabili.
Una funzione puo dunque essere pensata come una regola che descrive
una relazione tra variabili e che ci pemette di conoscere quale valore assuma
y in corrispondenza di ogni valore assunto da x. Una funzione e dunque
un oggetto descrivibile come una regola di calcolo, come ad esempio: “per
conoscere il valore di y bisogna moltipicare x per 3”.
Immaginiamo, ad esempio, che y sia sempre uguale al quadrato di x.
Le due variabili sono dunque funzionalmente collegate giacche varieranno
insieme ed in modo sistematico. Possiamo dunque scrivere:
y = x2 (1.10)
Questa relazione puo esser letta dicendo che y e una funzione di x ed, in
particolare, una funzione che associa ad ogni valore di x il suo quadrato.
Questo modo di vedere le cose ci permette di capire meglio cosa significhi
che una funzione e una regola che associa i valori assunti da una variabile a
quelli assunti da un’altra. In particolare, la funzione espressa nella 1.10 ci
mostra come si debba operare sui valori di x per ottenere i valori assunti da
y in loro corrispondenza. Ad esempio, se x = 2 allora y = 4, se x = 3 allora
y = 9 e cosı via.
Possono esistere una grandissima quantita di relazioni funzionali tra vari-
abili (si provi a riflettere su quante ne esistano esattamente...). Ad esempio
potremmo avere:
y = 3x2 (1.11)
oppure:
y = sin x (1.12)
Nella 1.11, ad esempio, la regola che lega le due variabili stabilisce che se
consideriamo un valore di x, ad esempio, 2, elevando al quadrato tale valore
e poi moltiplicandolo per 3 otterremo il valore assunto da y quando x assume
il valore 2. Allo stesso modo, la 1.12 stabilisce che occorre calcolare il seno
di ogni valore di x per ottenere i corrispondenti valori assunti da y.
E istruttivo pensare alla nozione di funzione anche in termini di insiemi.
Consideriamo i due insiemi D e C rappresentati nella figura 1.5: L’insieme
D si chiama dominio di f e l’insieme C si chiama codominio di f . Possiamo
1.4 Funzioni 13
1
2
3
4
5
acqua
b
c
4
D C
f
f
f
f
f
Figura 1.5: La funzione f associa all’elemento 1 di D l’elemento acqua di C, all’elemento2 di D l’elemento b di C, all’elemento 3 di D l’elemento c di C e agli elementi 4 e 5 di Dl’elemento 4 di C.
osservare che dominio e codominio possono contenere elementi della stessa
natura (e.g. il numero 4) o elementi natura diversa (e.g. l’acqua).
Possiamo dunque dire fin d’ora che una funzione e una regola o una
corrispondenza che ad ogni elemento di un dominio associa uno ed un solo
elemento di un codominio. Una funzione generica si indica cosı:
y = f(x)
dove x e un elemento del dominio e y e un elemento del codominio associato
alla x dalla funzione f . Quella appena usata e la notazione piu generale per
esprimere le funzioni: un modo per esprimere che x e y sono funzionalmente
collegate senza essere costretti ad esplicitare la forma esatta assunta da tale
relazione come abbiamo fatto negli esempi precedenti. Uno dei motivi per cui
e conveniente disporre di una forma generale per esprimere una relazione fun-
zionale e che non sempre siamo in grado di specificare quale precisa relazione
algebrica sussista fra due variabili.
Nell’esempio della figura 1.5 abbiamo dunque:
f(1) = acqua
f(2) = b
f(3) = c
f(4) = 4
f(5) = 4.
14 Come si parla delle grandezze economiche
Una funzione, dunque, puo anche essere definita come un’operazione che
ad ogni elemento di un insieme D associa uno ed un solo elemento di un altro
insieme. Ad esempio, se l’insieme D e cosı definito:
D = {0, 1, 2, 3, 4, . . .} (1.13)
e l’insieme C e invece dato da:
C = {0, 1, 4, 9, 16, . . .} (1.14)
possiamo immaginare che la funzione che associa ogni elemento di D ad un
unico elemento di C sia la funzione corrispondente all’operazione di eleva-
mento al quadrato. Adottando questa prospettiva insiemistica, si usa spesso
la seguente notazione:
f : D 7→ C (1.15)
ovvero: la funzione f che associa ad ogni elemento dell’insieme D uno ed un
solo elemento dell’insieme C.
Concluderemo dunque questo primo avvicinamento alla nozione di fun-
zione dicendo che una funzione e una regola (o corrispondenza) che ad ogni
elemento di un dominio associa un unico elemento di un codominio. E assai
importante ricordare che si richiede sempre che una funzione, per essere tale,
associ sempre uno ed un solo elemento del codominio a ciascun elemento del
dominio. Non puo mai darsi, dunque, il caso rappresentato nella figura 1.6:
1
2
3
4
5
acqua
b
c
4
D C
f
f
f
f
f
Figura 1.6: Questa non e una funzione: poiche ad un elemento del dominio - l’elemento 1- sono associati due diversi elementi del codominio - acqua e b.
1.5 Grafici di funzioni
Abbiamo visto nel paragrafo precedente come si possano rappresentare in
modo univoco dei punti nel piano cartesiano facendo uso di sistemi di co-
1.5 Grafici di funzioni 15
ordinate. Abbiamo anche visto che due numeri reali (x, y) individuano un
punto in modo unico. Ora vogliamo rappresentare sul piano cartesiano il
grafico di una funzione ovvero rappresentarne graficamente l’andamento.
Il grafico di una funzione e un oggetto che ne rappresenta l’andamento in
modo, appunto, grafico e cioe attraverso una curva che descrive la variazione
della variabile dipendente al variare di quella indipendente. Per rappresentare
tale curva si fa uso degli assi cartesiani.
S’e detto come una funzione sia una regola che che collega i valori di x ai
valori di y. Dunque per ogni valore di x, la funzione ci permette di calcolare
il valore di y ad esso associato. Avremo cosı, di volta in volta, una coppia
di numeri e, di conseguenza, la possibilita di individuare in modo unico un
punto nel piano cartesiano. Immaginiamo di calcolare il valore della y per
ogni valore della x e di individuare nel piano cartesiano tutti i punti che
corrispondono alle coppie formate dal valore della x e da quello assunto dalla
y in sua corrispondenza. La linea che congiunge tutti i punti cosı ottenuti
costituira il grafico della funzione in esame.
Ad esempio, se abbiamo:
y = x + 1 (1.16)
la variabile dipendente y assumera i valori elencati nella figura 1.7.
x y0 11 22 33 44 5
Figura 1.7: I valori della variabile dipendente y corrispondenti a quelli della variabileindipendente x per y = x + 1.
I valori di x e di y rappresentati nella figura 1.7 ci forniscono di volta
in volta delle coordinate che possiamo usare per individuare dei punti nel
piano cartesiano cosı come mostrato nella figura 1.8: Possiamo immaginare
di ripetere questo procedimento per un numero qualsiasi di valori di x: la
linea che congiunge tutti i punti cosı individuati e il grafico della funzione:
16 Come si parla delle grandezze economiche
. . . . . . . . . ...........
(1, 2)
(2, 3)
(3, 4)
(0, 1)
(4, 5)
(5, 6)
y
x
Figura 1.8: La rappresentazione per punti della funzione y = x + 1.
. . . . . . . . . ...........
..
..
.y = x + 1
Figura 1.9: Il grafico della funzione y = x + 1.
A questo punto sara utile introdurre una nuova definizione del concetto di
funzione che ci permetta di sottolinearne, oltre l’aspetto insiemistico e quello
di regola anche l’aspetto geometrico.
Definizione 1 Una funzione e una curva nel piano cartesiano tale che ogni
retta verticale passante per il punto (a, 0) incontra tale curva in un unico
punto di coordinate (a, b). In tal caso, b e il valore della funzione per
l’argomento a.
Vediamo cosa significa questa definizione. Innanzitutto essa ci permette
di affermare che non tutte le curve del piano sono il grafico di una funzione.
La definizione appena introdotta, introduce un criterio normalmente detto
criterio della retta verticale: solamente se ogni retta verticale passante per
1.5 Grafici di funzioni 17
l’asse delle x interseca la curva considerata in un solo punto, tale curva e
il grafico di una funzione. In altri termini, cio significa che ad ogni valore
della x (i.e. del dominio) e associato uno ed un solo valore dela y, ovvero
quello individuato dall’intersezione con la corrispondente retta verticale. Si
noti anche che per tutti i valori della x non appartenenti al dominio della
funzione non ci sara alcuna intersezione e dunque nessuna y. Allo stesso
modo, se la retta verticale interseca la curva in piu punti, cio significa che
ad un valore della x corrispondono piu valori della y venendo cosı meno alla
nostra richiesta che ad ogni valore della x corrisponda uno ed un solo valore
della y.
Ad esempio: la curva rappresentata nella figura 1.10 e il grafico di una
funzione mentre quella rappresentata nella figura 1.11 non lo e.
. . . . . . . . . ...........
Figura 1.10: Questa curva e il grafico di una funzione: la condizione della definizione 1 esoddisfatta.
L’equazione della retta
Abbiamo ora visto come rappresentare graficamente una funzione nel piano
cartesiano. Il grafico di una funzione e un insieme di punti nel piano carte-
siano: vediamo come esprimere questo insieme.
Innanzitutto immagino di avere a che fare con una funzione che ha l’insieme
dei reali come dominio e come codominio, dunque una funzione che assegna
univocamente numeri reali a numeri reali. Questo fatto si esprime in questo
modo:
f : R 7→ R (1.17)
18 Come si parla delle grandezze economiche
. . . . . . . . . ...........
Figura 1.11: Questa curva non e il grafico di una funzione!!!
Suppongo poi che la funzione abbia una forma specifica e che essa sia:
f : x 7→ mx. (1.18)
La funzione considerata e dunque una funzione che ad x assegna mx dove m
e una costante assegnata. Poniamo dunque che:
y = f(x) = mx. (1.19)
Come gia detto, la nostra funzione individuera un insieme di punti nel piano
cartesiano: tale insieme di punti e il grafico della funzione. Se chiamo G(f) il
grafico della funzione f e se chamo Π il piano cartesiano, allora tale insieme
di punti puo essere cosı descritto:
G(f) = {P ∈ Π; P = (x, y); y = mx} (1.20)
ovvero: il grafico della funzione f e l’insieme P dei punti del piano cartesiano
di coordiante (x, y) dove y e data da mx.
L’esempio non e scelto a caso: infatti G(f) e una retta. Ovvero: l’equa-
zione1.21
y = mx (1.21)
e l’equazione della retta. Ovviamente, se la retta r e il grafico della funzione
y = mx posso anche dire che la funzione y = mx e l’equazione della retta r.
Con questo, si intende dire che i punti della retta ed essi soltanto verificano
l’uguaglianza y = mx.
1.5 Grafici di funzioni 19
La costante m e detta coefficiente angolare. Esso puo essere positivo,
negativo o uguale a zero. Proviamo ora a vedere quale sia l’effetto della
variazione di m. Per fare cio consideriamo un certo numero di valori di m e
per ognuno di essi tracciamo il grafico della funzione.
Poniamo i tre casi: m = 2 e m = 1/2 e m = −1 ottenendo cosı
y = 2x, y = 1/2x e y = −1x. La figura 1.12 mostra i valori assunti
da y: La figura 1.13 mostra invece i grafici per ogni valore asunto da m:
x y = 2x y = 1/2x y = -1x1 2 1/2 −12 4 1 −23 6 3/2 −34 8 2 −4
Figura 1.12: I valori della variabile dipendente y corrispondenti a quelli della variabileindipendente x per y = 2x, y = 1/2x e y = −1x.
Osserviamo immediatamente che l’effetto dell’aumento del valore di m e
x
yy = 2x
y = 1/2 x
y = -1 x
Figura 1.13: I grafici di y = mx per m = 2 e m = 1/2 e m = −1.
l’aumento dell’inclinazione della retta. Il coefficiente angolare m rappresenta
percio la variazione subita dall’ordinata y quando l’ascissa x viene aumentata
di un’unita. Infatti:
f(x + 1)− f(x) = m(x + 1)−mx = m. (1.22)
Nell’esperienza quotidiana, quando parliamo di “pendenza” parliamo, ad
esempio, di quanto una salita sia ripida. Indichiamo, cioe, una misura della
20 Come si parla delle grandezze economiche
variazione della distanza verticale associata ad una data variazione della dis-
tanza orizzontale lungo la strada. Cosı, quando diciamo che una strada ha
una pendenza del 6 % diciamo che per ogni 100 metri percorsi in direzione
orizzontale l’altezza della strada sul livello del mare e aumentata di 6 metri.
Questa stessa definizione di pendenza e valida anche quando parliamo della
pendenza di una funzione. Ovvero: la pendenza del grafico di una fun-
zione e la variazione misurata verticalmente associata ad una data variazione
della distanza orizzontale lungo il grafico della funzione. La pendenza, che
si chiama anche valore incrementale, puo dunque essere espressa come un
rapporto:variazione nella distanza verticale
variazione nella distanza orizzontale(1.23)
Cosı, per la funzione:
y = f(x)
la pendenza fra i valori di x da x1 a x2 e:
f(x2)− f(x1)
x2 − x1
ovvero:
m =y2 − y1
x2 − x1
.
Dove l’espressione f(x1) indica il valore di f(x) quando x = x1 e f(x2) indica
il valore di f(x) quando x = x2.
Proviamo, ad esempio, a calcolare la pendenza dei segmenti di retta che
congiungono le seguenti coppie di punti (ovvero: la pendenza delle rette cui
tali segmenti appartengono):
1. (2, 3) e (6, 12);
2. (4, -3) e (-1, 3);
3. (1, 3) e (6, 3);
4. (2, 5) e (2, 8).
Nel caso 1 otteniamo:
m =y2 − y1
x2 − x1
1.5 Grafici di funzioni 21
e quindi:
m =12− 3
6− 2=
9
4.
Nel caso 2 si ha invece:
m =3− (−3)
−1− 4=
6
−5.
Nel terzo caso si ha:
m =3− 3
6− 1=
0
5= 0.
Infine nel quarto caso otteniamo:
m =8− 5
2− 2=
3
0.
Nel primo caso, abbiamo ottenuto una pendenza positiva, nel secondo
una pendenza negativa, nel terzo una pendenza pari a zero. Nel quarto
caso, invece, m non e definito perche il denominatore si annulla: avremo una
pendenza infinita. La figura 1.14 mostra graficamente cio che accade:
1 2 3 4
Figura 1.14: La variazione della pendenza di una retta.
Torniamo ora a considerare l’equazione della retta:
y = mx.
Ad mx possiamo sommare una costante ottenendo:
y = mx + c.
Quest’ultima e una forma piu generale dell’equazione 1.21. Ovvero: l’equazione
1.21 e il caso in cui c = 0. Come abbiamo visto, ogni funzione del tipo:
y = mx
22 Come si parla delle grandezze economiche
corrisponde ad una retta passante per l’origine. Cosa accade quando poniamo
c 6= 0? Consideriamo, ad esempio, le due funzioni:
y = 2x
e
y = 2x + 3.
Notiamo immediatamente che le rette corrispondenti alle due funzioni avranno
uguale inclinazione e che questa sara uguale a 2. Tuttavia, la funzione y = 2x
assumera valore 0 quando x = 0 mentre quando x = 0 la funzione y = 2x+3
assumera valore 3. Avremo dunque due rette con uguale inclinazione ma dis-
tanti fra loro verticalmente di 3 unita cosı come mostrato nella figura 1.15:
La funzione y = 2x + 3 assume valore 3 quando x = 0 ed il valore 3 e detto
. . . . . . . . . ........... y = 2x
y = 2x + 3
Figura 1.15: La funzione y = 2x + 3 assume valore 3 quando x = 0.
intercetta della funzione sull’asse verticale.
Riassumendo: la funzione
y = mx + c (1.24)
corrisponde ad una retta con inclinazione data da m ed un’intercetta data
da c e tali costanti possono essere positive, negative o uguali a zero.
Capitolo 2
La teoria dei giochi
2.1 Introduzione
La teoria dei giochi e la teoria delle interazioni strategiche ovvero delle inter-
azioni in cui un individuo sceglie come agire in base a come prevede agiranno
gli altri ed in cui l’esito delle azioni di un individuo e determinato dalle azioni
compiute dagli altri.
Alcuni esempi di interazioni strategiche: scegliere la strada piu veloce per
arrivare a Teramo da Roma quando l’autostrada e chiusa, fare un’offerta ad
un’asta, decidere se servire a destra o a sinistra in una partita di tennis, sta-
bilire con quale velocita abbassare il prezzo di un tappeto mentre cerchiamo
di venderlo a dei turisti americani in un bazaar di Istambul, l’unica pizzeria
della citta decide di vendere ad un prezzo speciale la pizza margherita poco
prima della chiusura, la Fiat ed i sindacati dei metalmeccanici negoziano
i salari per il prossimo anno, Napoleone e Wellington si danno battaglia a
Waterloo, Kruscev e Kennedy gestiscono la crisi della Baia dei Porci, Buffon
decide da che lato tuffarsi per parare un rigore di Totti, i cacciatori Inuit
decidono se partecipare alla caccia alla balena di quel giorno e stabiliscono
come dividerla se ne prenderanno una.
La teoria dei giochi si occupa di costruire e di risolvere dei modelli di
situazioni sociali come quelle ora introdotte. Questi modelli si chiamano,
non sorprendentemente, “giochi”.
Le situazioni che abbiamo ora preso ad esempio sono tutte molto diverse
tra loro nella sostanza ma presentano alcuni tratti comuni. Ci sono sempre
due o piu agenti che cercano di raggiungere uno scopo. Per raggiungere il
24 La teoria dei giochi
proprio scopo i giocatori scelgono di compiere, tra quelle a loro disposizione,
certe azioni piuttosto che altre. Infine, l’esito finale delle azioni compiute
da un giocatore dipende da quelle compiute dal suo opponente. In ognuna
di queste situazioni si deve cercare di anticipare e prevedere cio che faranno
gli altri e cosa gli altri dedurranno dalle nostre azioni. In un gioco sono
esplicitate le strategie di ogni giocatore, l’ordine in cui i giocatori faranno le
proprie mosse, l’informazione a loro disposizione al momento della scelta e
il modo in cui ciascun giocatore valuta i possibili esiti finali secondo le sue
preferenze.Lo scopo della teoria e di fornire previsioni su quali saranno gli
esiti finali dei giochi una volta soddisfatte alcune ipotesi sulla razionalita e
le preferenze dei giocatori.
Il principale contributo della teoria dei giochi alle scienze sociali e di offrire
delle rappresentazioni molto astratte di classi di reali situazioni interattive.
La caratteristica principale della teoria e l’enfasi posta sulla chiarezza e la
totale esplicitazione delle regole e dei flussi di informazione che formano la
struttura portante di un gioco. In questo senso, un gioco e una sorta di
“lastra ai raggi x” di un’interazione sociale: lo scopo che ci proponiamo
non e di rappresentarla in tutta la sua ricchezza ma, piuttosto, di estrarne
le caratteristiche assolutamente cruciali cosı da capire di piu mostrando di
meno.
Si noti che nell’espressione “teoria dei giochi”, a seconda che l’attenzione
venga posta su “teoria” o su “giochi”, sono presenti due diversi modi di porsi
rispetto a cosa debba significare costruire modelli dei fenomeni sociali. Se la
nostra attenzione si concentra sul termine “giochi”, allora l’idea di fondo e di
disporre di un linguaggio in grado di esprimere e classificare differenti situ-
azioni sociali in una precisa tassonomia di strutture strategiche organizzata
intorno alle categorie di giocatore, azioni, informazione, strategie, esiti ed
equilibrio. In questa prospettiva, la teoria dei giochi puo essere immaginata
come un tentativo di far corrispondere situazioni sociali a particolari mod-
elli matematici che chiamiamo “giochi”. Cio che, in linea teorica, si ottiene e
qualcosa di molto simile alla tavola periodica degli elementi usata in chimica.
D’altro canto, se poniamo l’enfasi su “teoria”, il riferimento concettuale
piu immediato e diretto e alla “teoria dei giochi” in senso stretto intesa come
un preciso corpus di teorie matematiche sulle scelte e gli esiti di equilibrio
raggiunti da giocatori perfettamente razionali.
2.2 Il ragionamento strategico 25
La teoria dei giochi occupa un posto intermedio tra la teoria delle decisioni
e la teoria dei mercati perfettamente competitivi. La teoria delle decisioni
individuali, infatti, si occupa delle decisioni e delle scelte di un unico agente
e dei risultati determinati da quelle scelte in un contesto sociale che fa solo
da sfondo. L’analisi di equilibrio dei mercati perfettamente competitivi, in-
vece, assume che gli agenti individuali agiscano e scelgano in un contesto (il
mercato) sul quale non hanno alcun controllo. La teoria dei giochi, come si
diceva, occupa un posto intermedio e considera le situazioni in cui un numero
limitato di agenti considera le possibili scelte di altri agenti, cerca di preved-
erle e di costruire, basandosi proprio su quelle previsioni, una strategia.
In quanto abbiamo finora detto, abbiamo piu volte usato le espressioni
“strategia” ed “interazione strategica” senza definirle con esattezza: e quanto
ci proponiamo di fare nel paragrafo seguente.
2.2 Il ragionamento strategico
Paolo, Giovanni e Francesco sono vecchi amici e sono i tre soli membri
del club, molto esclusivo, degli Amici della Microeconomia Neoclassica. In
una delle loro riunioni, l’ordine del giorno prevede, al punto 3, che si voti
l’ammissione al Club di un nuovo membro: Sandro. Uno dei membri, pero,
fa presente la domanda di ammissione di un altra persona: Riccardo. Viene
dunque proposto di emendare l’ordine del giorno e di sostituire Sandro con
Riccardo come possibile candidato. Tuttavia, le regole per le votazioni
nel Club prevedono che gli emendamenti debbano essere votati esattamente
nell’ordine in cui vengono proposti. La prima votazione sara percio per de-
cidere se Riccardo debba sostituire Sandro come possibile candidato. Nel
caso vinca Sandro, allora si procedera a votare per decidere se Sandro puo
essere ammesso al Club oppure no. Nel caso vinca Riccardo allora si pro-
cedera a votare per decidere se Riccardo possa essere ammesso al club oppure
no.
L’intera situazione e rappresentata nella Figura 2.1 dove i due candidati
sono indicati con le iniziali dei loro nomi (S e R) e la possibilita che nessuno
venga ammesso e indicata con la lettera n.
Paolo, Giovanni e Francesco hanno delle preferenze su chi debba essere
ammesso al Club. In particolare, sappiamo che Paolo vorrebbe che nessun
26 La teoria dei giochi
b���
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S/R
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Figura 2.1: L’ammissione di Sandro e Riccardo.
nuovo membro fosse ammesso al Club, sarebbe disposto a tollerare Sandro e
proprio non vorrebbe avere Riccardo come nuovo membro. Giovanni, invece,
vorrebbe che Riccardo facesse parte del club, sarebbe disposto ad accettare
Sandro se Riccardo non potesse essere ammesso e proprio non vorrebbe che
nessun nuovo membro entrasse a far parte del Club. Infine Francesco sarebbe
contentissimo che venisse ammesso Sandro, contento che non fosse ammesso
nessuno e dispiaciuto che venisse ammesso Riccardo. Le preferenze dei soci
possono dunque essere riassunte nella seguente tabella:
Francesco Paolo Giovanni
Sandro Nessuno Riccardo
Nessuno Sandro Sandro
Riccardo Riccardo Nessuno
Proviamo ora a ragionare su come i tre possano votare. Il caso piu sem-
plice e che ognuno voti semplicemente a favore della possibilita che gradisce
di piu senza stare a pensare a come gli altri voteranno. Chiameremo non
strategica una scelta del candidato compiuta senza pensare al modo in cui gli
altri voteranno. Notiamo che se tutti votassero in questo modo, Sandro ver-
rebbe ammesso al Club. Infatti Sandro vince tanto contro Riccardo (infatti
e preferito a Riccardo sia da Francesco che da Paolo) quanto contro nessuno
(infatti e preferito a nessuno sia da Francesco che da Giovanni).
Tuttavia se Paolo si sofferma a ragionare, si accorge che dal suo punto
di vista non ha alcun senso votare contro Riccardo al primo voto. Infatti,
se Riccardo (il meno preferito da Paolo) vince al primo voto, al secondo
voto si decidera di non ammettere nessun nuovo membro al Club e questa e
la possibilita che Paolo preferisce in assoluto. Dunque a Paolo conviene, in
realta, votare per Riccardo, che e il candidato che ama di meno, al primo voto
2.3 Kong e Cita 27
in modo tale da far vincere la sua possibilita preferita al secondo voto. Tutto
questo, naturalmente, vale solamente se Giovanni e Francesco non votano in
modo strategico.
Giovanni, pero, potrebbe anticipare che Paolo votera strategicamente.
In questo caso, anche Giovanni spostera il suo voto da Riccardo a Sandro
cioe non votera per il candidato che preferisce in assoluto ma, cosı facendo,
si assicurera la vittoria di Sandro piuttosto che quella di nessuno (essendo
quest’ultima la possibilita che gradisce meno di tutte le altre).
Il modo di ragionare usato da Paolo e Giovanni in questo esempio si
chiama backward induction (induzione a ritroso) e, come si e visto, consiste
nell’anticipare gli esiti possibili di un gioco e nel ragionare “all’indietro” con
lo scopo di giungere all’esito che si preferisce rispetto ad altri.
2.3 Kong e Cita
Esamineremo ora un gioco vero e proprio ed introdurremo in modo intuitivo
alcune delle nozioni fondamentali della teoria. Il gioco si chiama “Kong e
Cita” e descrive una situazione sociale in cui due scimmie, agendo strategi-
camente, competono per assicurarsi la maggior quantita di cibo disponibile.
Abbiamo due scimmie: una grande scimmia che chiameremo Kong ed
una piccola scimmia che chiameremo Cita. Kong e Cita vivono nella giungla,
dove solo i forti sopravvivono e bisogna essere veloci, aggressivi e, soprattutto,
bisogna essere bravi in teoria dei giochi per farcela.
Kong e Cita si nutrono di frutta e bacche che raccolgono nella giungla.
Una parte importante della loro dieta, pero, e il frutto dell’albero Blob che
produce un solo frutto alla volta e solo in modo occasionale. Il frutto del
Blob, che chiameremo blob, pende dai rami piu alti dell’albero. Per prendere
un blob, occorre che almeno una delle due scimmie si arrampichi sull’albero
e ne scuota i rami finche il blob non cade per terra.
Un blob vale 10 Kilocalorie; il costo di arrampicarsi, scuotere l’albero
e tornare a terra e di 2 Kc per Kong e pari a zero per Cita (che e molto
piu piccola). Inoltre, se entrambe le scimmie vanno ad arrampicarsi, fanno
cadere il blob e lo mangiano Kong assume 7 Kc e Cita 3 Kc (Kong e piu
forte e ne mangia la maggior parte). Se solamente Kong va ad arrampicarsi
mentre Cita aspetta a terra, allora Kong riesce ad accaparrarsi 6 Kc e Cita 4
28 La teoria dei giochi
Kc (Cita inizia a mangiare prima che Kong torni a terra dall’albero). Infine,
se solamente Cita va ad arrampicarsi, allora Kong riceve 9 Kc e Cita 1 Kc
(Kong mangia quasi tutto il blob prima che Cita ritorni).
Come si comporteranno Kong e Cita volendo entrambe massimizzare il
loro guadagno netto di energia? Lasceremo, per ora, da parte alcune do-
mande importanti: come facciamo a sapere che le scimmie massimizzano
qualcosa? come fanno le scimmie a conoscere costi e benefici di diverse
azioni? le scimmie sono veramente cosı furbe da trovare soluzioni ottimali
al loro problema? perche dovremmo occuparci di scimmie? Evitando di
rispondere a queste domande, assumeremo che: le scimmie massimizzano
la loro utilita, conoscono costi e benefici delle loro azioni, sono in grado di
trovare soluzioni ottimali, e possibile imparare qualcosa di interessante dal
comportamento di scimmie immaginarie e da questo problema.
Iniziamo osservando che si danno subito tre possibilita rispetto a chi de-
cide per primo cosa fare: decide per primo Kong, decide per prima Cita,
decidono insieme. Esamineremo i tre casi separatamente.
Assumendo che sia Kong a decidere per primo, possiamo rappresentare
la situazione con un oggetto che chiameremo albero del gioco e che rappre-
sentiamo nella Figura 2.2
b��
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Kong
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Cita
a vr0, 0
r9, 1
r�
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Cita
a vr4, 4
r5, 3
Figura 2.2: Kong decide per primo.
Un albero del gioco offre una rappresentazione di un gioco che chiamiamo
rappresentazione in forma estesa, per analogia chiameremo il gioco rappre-
sentato gioco in forma estesa. Alla sommita dell’albero troviamo il nodo
principale dell’albero: esso e detto radice e due rami etichettati con le lettere
a (aspetta) e v (vai). Kong deve dunque scegliere se imboccare il ramo sin-
istro dell’albero e aspettare o quello destro ed andare. Una volta scelto uno
dei due rami ci troviamo in uno dei due nodi con etichetta Cita in ognuno
2.3 Kong e Cita 29
dei quali Cita scegliera se andare o aspettare.
Notiamo subito che mentre Kong ha due strategie, Cita ne ha quattro:
1. andare comunque (qualsiasi cosa Kong faccia) (vv);
2. aspettare comunque (qualsiasi cosa Kong faccia) (aa);
3. fare la stessa cosa che fa Kong (av);
4. fare l’opposto di quel che fa Kong (va).
Chiameremo azione la mossa compiuta da un giocatore in un nodo dell’al-
bero e chiameremo strategia una combinazione di azioni che definiscono
l’intero comportamento del giocatore. Dunque, Kong ha due strategie (og-
nuna delle quali e composta da un’azione) e Cita ne ha quattro (ognuna
delle quali e composta da due azioni): una da usare quando si trova sul lato
sinistro dell’albero e l’altra quando si trova sul lato destro.
All’estremita inferiore dell’albero, troviamo quattro nodi detti nodi ter-
minali. Ognuno dei nodi terminali e etichettato con due numeri che rapp-
resentano rispettivamente il guadagno netto di Kong e di Cita. Il guadagno
netto corrispondente alla strategia che li ha portati a quel nodo terminale e
detto payoff.
Dunque, cosa dovrebbe scegliere di fare Kong? Innanzitutto dovrebbe
immaginare la reazione di Cita a ciascuna delle sue due possibili scelte a e v.
Se Kong scegliesse a, allora Cita scegliera v giacche questa scelta le garantira
un payoff di 1 Kc anziche di 0 Kc. Dunque Kong otterrebbe 9 Kc muovendo
a sinistra. Se Kong scegliesse v, allora Cita scegliera a giacche cosı facendo
ricevera 4 Kc invece delle 3 che otterrebbe scegliendo v. Ne segue che Kong
ottiene 4 Kc scegliendo v e 9 scegliendo a. La conclusione e che, dopo questo
ragionamento, Kong scegliera di aspettare.
E altrettanto chiaro che a Cita conviene scegliere v nel nodo di sinistra
ma cosa dovrebbe fare in quello di destra? Questa potrebbe sembrare una
domanda oziosa giacche abbiamo appena visto che Cita non si trovera mai
a quel nodo. Tuttavia, per ragioni sulle quali torneremo tra poco, dobbiamo
specificare non solo cio che un giocatore fa nell’attuale percorso del gioco (il
ramo sinistro dell’albero, nel nostro caso) ma anche in ogni altro possibile
nodo dell’albero di gioco. La ragione ne e che possiamo dire con certezza
30 La teoria dei giochi
assoluta che Kong sta scegliendo la migliore risposta possibile alla scelta di
Cita solo se siamo certi Cita stia facendo altrettanto. Se Cita facesse una
scelta sbagliata nel nodo di destra, in alcun giochi - non in questo - per Kong
sarebbe piu vantaggioso scegliere v anziche a. In breve, Cita deve scegliere
una delle quattro strategie sopra elencate e, ovviamente, deve scegliere va
(ovvero, “fai l’opposto di quello che fa Kong”) giacche questa scelta le garan-
tisce il massimo payoff qualsiasi sia la scelta compiuta da Kong.
Conclusione: la soluzione del gioco e che Kong aspetti a terra e che Cita
faccia l’opposto di cio che fa Kong. In questo caso, i payoff saranno (9, 1).
La combinazione di strategie che porta a questa soluzione e detta equilibrio
di Nash in onore del matematico John Nash. In un gioco a due giocatori, un
equilibrio di Nash e una coppia di strategie (una per ogni giocatore), ognuna
delle quali e la migliore risposta all’altra. Ovvero: ciascuna delle strategie
assicura al giocatore che la adotta il piu alto payoff possibile data la strategia
dell’altro giocatore.
Esiste un’altra rappresentazione di un gioco: la forma normale (detta
anche forma strategica). La forma normale del nostro gioco e rappresentata
nella Figura 2.3. Nella forma normale, disponiamo nelle righe le strategie
del giocatore 1 (Kong) e nelle colonne le strategie del giocatore 2 (Cita); in
ogni casella della matrice troviamo i payoffs dei due giocatori corrispondenti
a quella combinazione di strategie.
Kong
Citavv va av aa
a 9, 1 9, 1 0, 0 0, 0v 5, 3 4, 4 5, 3 4, 4
Figura 2.3: La forma normale del gioco.
Risolviamo il gioco nella sua forma normale cercando di prendere una riga
ed una colonna tali che il payoff nella loro intersezione sia il piu alto possibile
per il giocatore 1 nella colonna ed il piu alto possibile per il giocatore 2 nella
riga. Cosı facendo, individueremo un equilibrio di Nash del gioco. (si noti che
puo esistere piu di un equilibrio nel medesimo gioco). La coppia di strategie
(a, va) e un equilibrio di Nash del gioco in forma normale: 9 e infatti meglio
di 4 per Kong lungo la colonna va e 1 e il massimo che Cita possa ottenere
nella riga corrispondente a a.
2.3 Kong e Cita 31
E possibile trovare un altro equilibrio di Nash per questo gioco? Certa-
mente! La coppia di strategie (a, vv) e un equilibrio di Nash giacche a e la
miglior risposta possibile a vv e viceversa. Tuttavia, l’equilibrio (a, vv) ha
come conseguenza che se Kong dovesse commettere un errore e dovesse gio-
care v, Cita otterrebbe solamente 3 mentre con va ottiene 4. Come vedremo
tra breve, la strategia (vv) e debolmente dominata da av.
E cosa accadrebbe se Cita giocasse aa? Kong dovrebbe giocare v e risulta
chiaro che aa e la miglior risposta possibile a v. Otteniamo cosı un altro
equilibrio di Nash (v, aa) in cui Cita se la cava molto bene ottenendo 4
invece di 1 e a Kong va molto peggio perche ottiene 4 invece di 9. Perche non
abbiamo visto questo equilibrio nell’analisi del gioco nella rappresentazione
estesa? La ragione e che (v, aa) e quello che i teorici dei giochi chiamano
“minaccia non credibile”. E come se Cita dicesse a Kong: “non me ne importa
niente di quello che fai! Io aspetto e non mi muovo qualsiasi cosa tu faccia!”
La minaccia e, naturalmente, non credibile giacche Kong sa che se gioca a
quando tocchera a Cita giocare e attuare la minaccia giocando a, Cita non lo
fara semplicemente perche 1 e meglio di 0. Diciamo allora che un equilibrio di
Nash e perfetto nei sottogiochi se, ad ogni punto dell’albero di gioco, l’azione
indotta dall’equilibrio di Nash rimane tale anche nel sottogioco. La strategia
(v, aa) non soddisfa questa condizione perche nel sottogioco che ha come
nodo radice la scelta a di Cita nella parte sinistra dell’albero, essa non e la
miglior risposta possibile alla scelta di Kong.
Passiamo ora a vedere cosa accade se e Cita a muovere per prima. L’albero
del gioco e rappresentato nella Figura 2.4.
b����
��
HHHHHH
Cita
a vr�
��
@@
@
Kong
a vr0, 0
r4, 4
r�
��
@@
@
Kong
a vr1, 9
r3, 5
Figura 2.4: Cita sceglie per prima.
Chiameremo ora Cita giocatore 1 e Kong giocatore 2. Kong ha ora quattro
strategie (le stesse che prima erano a disposizione di Cita) e Cita ne ha due.
32 La teoria dei giochi
Cita nota subito che la miglior risposta di Kong a a e v e che la miglior
risposta di Kong a v e a. Siccome Cita ottiene 4 nel primo caso e solo 1 nel
secondo, Cita sceglie a. La miglior risposta di Kong e allora va ed il payoff
che risulta da questa scelta di strategie e (4,4). E interessante notare che
nel caso in cui Cita muove per prima, Cita puo impegnarsi ed effettivamente
mettere in atto una strategia che, nel caso in cui muova per seconda, e una
minaccia non credibile. Nella Figura 2.5 e rappresentata la forma normale
del gioco.
Cita
Kongvv va av aa
a 4, 4 4, 4 0, 0 0, 0v 3, 5 1, 9 3, 5 1, 9
Figura 2.5: La forma normale del gioco. Cita sceglie per prima.
Anche in questo caso troviamo due equilibri di Nash: (a, vv) e (a, va) ed
anche questa volta troviamo un equilibrio di Nash che non risultava evidente
dall’analisi dell’albero del gioco: ora e Kong a trovarsi nella situazione di
minaccia non credibile. Tale situazione corrisponde alla sua scelta di giocare
aa, alla quale la miglior risposta di Cita e v.
L’ultima possibilita da considerare e che le due scimmie scelgano simul-
taneamente o, il che e equivalente, che ognuna delle due scimmie scelga
un’azione senza vedere cio che ha scelto l’altra. In questo caso, ogni scim-
mia ha due opzioni: andare a scalare l’albero: v oppure aspettare a terra a.
Otteniamo allora la situazione rappresentata nella Figura 2.6.
b�
�����
HHHH
HH
Kong
a vr�
��
@@
@
a vr0, 0
r9, 1
r�
��
@@
@
a vr4, 4
r5, 3
p p p p p p p p p p p p p p p p p p p pCita
Figura 2.6: Kong e Cita scelgono simultaneamente.
Notiamo subito un nuovo elemento nell’albero del gioco: la linea trat-
teggiata che connette i due nodi in cui Cita sceglie. I due nodi formano un
2.4 Concetti ed ipotesi 33
insieme di informazione. Un insieme di informazione e un insieme di nodi
nei quali e lo stesso giocatore a scegliere e nei quali il giocatore non sa in
quale dei (due) nodi si trovi esattamente.
Anche se in questo caso abbiamo due sole strategie possibili invece di quat-
tro, e difficile stabilire quali equilibri possano darsi semplicemente guardando
l’albero del gioco. Questo accade perche la scelta di Cita non puo dipendere
da cio che fa Kong: infatti Cita non e al corrente di quale sia la scelta del suo
opponente. La forma normale nella Figura 2.7 ci e allora di grande aiuto.
Cita
Kongv a
v 5, 3 4, 4a 9, 1 0, 0
Figura 2.7: La forma normale del gioco con mosse simultanee.
Si vede facilmente che sia a, v che v, a sono equilibri di Nash: il primo
in favore di Kong ed il secondo in favore di Cita.
2.4 Concetti ed ipotesi
In questo paragrafo esporremo in modo piu sistematico alcune nozioni di base
di teoria dei giochi alcune delle quali abbiamo gia introdotto nel paragrafo
precedente.
2.4.1 Giochi
Inizieremo presentando i costituenti di base di ogni gioco e una prima clas-
sificazione dei giochi in base alla loro struttura dinamica ed informativa.
Come abbiamo gia detto, un gioco e un modello di una situazione so-
ciale caratterizzata da interazioni strategiche. Un modello e una descrizione
semplificata di un fenomeno costruita catturandone le caratteristiche essen-
ziali. Lo scopo per cui si costruiscono modelli di fenomeni naturali o sociali e
fare delle previsioni accurate e realistiche sull’andamento dei fenomeni con-
siderati. Nell’esempio dell’ammissione al Club, il fenomeno che abbiamo
preso in considerazione era il modo in cui i soci votano strategicamente. La
previsione che abbiamo formulato, basandoci su alcune ipotesi sul compor-
34 La teoria dei giochi
tamento e le preferenze dei membri del Club, e che se Paolo votera in modo
strategico allora il suo primo voto andra a Riccardo piuttosto che a nessuno.
Quando, basandoci su insieme di ipotesi, di astrazioni e di assunzioni, de-
scriviamo i possibili esiti finali che emergeranno da un’interazione strategica
diciamo che abbiamo fornito una soluzione di un gioco. Quel che si fa in
teoria dei giochi e, dopo aver costruito un modello di una situazione sociale
interattiva, predire le strategie che saranno adottate da un insieme di agenti
razionali.
I teorici dei giochi sono interessati a particolari insiemi di scelte strate-
giche detti equilibri. Un equilibrio e un insieme di strategie, una per ogni
giocatore, tale che la strategia adottata da ogni giocatore e la miglior risposta
a quella adottata dall’altro. In altre parole, un equilibrio e una situazione in
cui nessuno ha motivo di mutare le proprie scelte se gli altri non fanno altret-
tanto. 5n teoria dei giochi, la piu importante nozione di equilibrio e quella
di equilibrio di Nash che abbiamo gia introdotto brevemente nel paragrafo
precedente.
L’entita di base in ogni gioco e il giocatore. Un giocatore puo essere tanto
un individuo quanto un gruppo di individui che prendono collettivamente
una decisione.
Una volta definito un insieme di giocatori, possiamo distinguere due
grandi classi di giochi: quelli in cui la nozione primitiva e l’insieme delle
possibili azioni individuali e quelli in cui la nozione primitiva e l’insieme
delle possibili azioni collettive di gruppi di individui. I giochi del primo tipo
si chiamano giochi non cooperativi, quelli del secondo tipo si chiamano giochi
cooperativi.
A seconda dell’ordine in cui i giocatori decidono ed agiscono, possiamo
classificare i giochi in due classi. Un gioco strategico e un modello di una
situazione sociale in cui ogni giocatore sceglie il suo piano d’azione una volta
per tutte e le decisioni dei giocatori sono prese simultaneamente. Un gioco
dinamico, invece, specifica il possibile ordine degli eventi ed ogni giocatore
considera il suo piano d’azione non all’inizio del gioco ma ogni volta che e il
suo turno di muovere.
Un’ulteriore classificazione puo essere fatta in base alla distribuzione
dell’informazione in un gioco. In particolare, distinguiamo tra giochi ad in-
formazione completa e giochi ad informazione incompleta. Questa distinzione
2.4 Concetti ed ipotesi 35
e resa chiara dall’osservazione della Figura 2.6 in cui abbiamo descritto la
situazione in cui due giocatori scelgono simultaneamente le loro mosse. Di-
remo che un gioco e ad informazione completa quando ad ogni stadio del
gioco l’insieme di informazione di ogni giocatore contiene un unico elemento
(il che significa che ogni giocatore sa sempre in quale nodo dell’albero si trova
a dover scegliere). Quando invece l’insieme di informazione contiene piu di
un elemento ci troviamo di fronte ad un gioco ad informazione incompleta
(i.e. un giocatore non sa in quale nodo dell’albero sta scegliendo).
2.4.2 La scelta razionale
A questo punto, possiamo presentare gli elementi fondamentali di un modello
della scelta razionale individuale. Questo modello e adottato dalla teoria dei
giochi come adeguatamente descrittivo del comportamento dei giocatori e
della loro razionalita. I costituenti di base del modello sono:
• un insieme di azioni che indicheremo con A. Questo e l’insieme nel quale
un giocatore compie la sua scelta;
• un insieme di conseguenze di queste azioni che indicheremo con C ;
• una funzione che chiameremo funzione di conseguenza g : A 7→ C che
ad ogni azione associa una conseguenza;
• una relazione di preferenza sull’insieme C che soddisfi tutte le proprieta
introdotte finora. Questa relazione sara indicata con il simbolo �.
La relazione di preferenza � soddisfa le ipotesi standard richieste dalla teoria
microeconomica, ovvero: e una relazione binaria, completa e transitiva.
Naturalmente, e possibile specificare, per ogni giocatore, una funzione di
utilita U : C 7→ R che ne rappresenti le preferenze attraverso la condizione:
x � y se e solo se U(x) ≥ U(y).
Dato un insieme B ⊆ A di azioni tra le quali un giocatore puo effetti-
vamente scegliere, un decisore razionale scegliera un’azione a∗ fra quelle ef-
fettivamente a disposizione (cioe un’azione che appartiene all’insieme B) che
abbia la seguente caratteristica: U(a∗) � U(a) per ogni a ∈ B). Scegliera
cioe l’azione ottimale: l’azione che gli garantisce il pagamento piu alto.
36 La teoria dei giochi
Da queste brevi considerazioni, emerge gia in modo chiaro che l’idea di
comportamento razionale e di razionalita su cui si basa la teoria dei giochi
sono molto idealizzate. Di fatto, la nozione di razionalita fatta propria dalla
teoria e molto specifica e possiamo riassumerla in tre punti chiave:
• ogni giocatore e al corrente di tutte le azioni che gli sono disponibili;
• ogni giocatore e sempre in grado di ragionare in modo strategico e di
formarsi delle chiare aspettative sugli esiti di un gioco;
• e fornito di preferenze definite nel modo che abbiamo visto sopra;
• sceglie le azioni da compiere in base ad un processo di ottimizzazione.
A questo punto, siamo equipaggiati di quanto ci occorre per definire in
modo preciso il tipo di giochi a cui siamo particolarmente interessati: i giochi
strategici.
Un gioco strategico e un modello dei processi decisionali interattivi in cui
ogni giocatore sceglie il suo piano d’azione una volta per tutte all’inizio del
gioco e le scelte dei giocatori sono compiute simultaneamente. I componenti
del modello sono:
• un insieme finito N di giocatori;
• per ogni giocatore i, un insieme Ai di azioni;
• per ogni giocatore una relazione di preferenza definita sull’insieme dei
profili di azioni.
Per specificare un gioco e sufficiente specificare gli elementi indicati sopra; si
adotta percio la seguente notazione: < N, (Ai), (�i) >. Nel caso del gioco
delle scimmie avremmo quindi: < Kong, Cita, (a, v)Kong, (a, v)Cita �Kong
,�Cita>
Un profilo di azioni e una lista di strategie, una per ogni giocatore, a cui
corrisponde un esito possibile del gioco. Nel gioco delle scimmie, ad esempio,
(a, vv) e il profilo di azioni in cui Kong sceglie di aspettare e Cita sceglie di
andare qualsiasi cosa Kong scelga di fare. A tale profilo di azioni corrisponde
l’esito del gioco in cui Kong guadagna 9 Kc e Cita 1 Kc. E importantissimo
notare che le preferenze del giocatore i non sono definite sull’insieme Ai (cioe
2.4 Concetti ed ipotesi 37
sull’insieme delle azioni a lui disponibili) ma sull’insieme dei profili di azioni e
cioe sugli esiti finali del gioco. Questo e cio che distingue un gioco strategico
da un problema di decisione: ogni giocatore non si preoccupa solo delle sue
azioni ma anche di quelle compiute dagli altri giocatori.
Come abbiamo gia accennato, la relazione di preferenza �i del giocatore
i in un gioco strategico puo essere rappresentata da una funzione detta fun-
zione di payoff Ui. Tale funzione associa un numero reale ad ogni profilo di
azioni, ovvero: Ui : A 7→ R nel senso che Ui(a) ≥ Ui(b) se a �i b. Il valore
di tale funzione e detto payoffs. E assai frequente specificare la relazione di
preferenza di un giocatore attraverso la funzione di payoff che la rappresenta.
In tal caso, il gioco < N, (Ai), (�i) > e denotato con < N, (Ai), (Ui) >.
2.4.3 L’equilibrio di Nash
Nella discussione del gioco di Kong e Cita abbiamo gia incontrato la nozione
di equilibrio di Nash ed abbiamo detto che e la piu importante e piu usata
nozione di equilibrio in teoria dei giochi. Per ampliare la nostra comprensione
di questo argomento, riportiamo qui di seguito la forma normale del gioco
con mosse simultanee: Abbiamo gia visto che (a, v) e (v, a) sono entrambi
Cita
Kongv a
v 5, 3 4, 4a 9, 1 0, 0
Figura 2.8: La forma normale del gioco con mosse simultanee.
equilibri di Nash. Se consideriamo (a, v), ci accorgiamo che soddisfa una
condizione: a e la miglior scelta per Kong il quale sa che Cita scegliera v
e v e la miglior scelta per Cita la quale sa che Kong scegliera a. In altre
parole, (a, v) e un insieme di strategie che sono contemporaneamente l’una
la miglior risposta all’altra. Ne segue che un equilibrio di Nash e un insieme
di strategie tale che nessun giocatore trae vantaggio dal cambiare la propria
scelta se il suo opponente non fa altrettanto.
Un modo non molto elegante ma molto semplice per calcolare gli equilibri
di Nash di un gioco e il seguente: per ogni giocatore e per ognuna delle sue
strategie si determini la miglior risposta possibile del suo avversario. Una
38 La teoria dei giochi
coppia di strategie e un equilibrio di Nash e un equilibrio di Nash se la
strategia di ogni giocatore e la miglior risposta possibile a quella del suo
avversario.
Nel caso rappresentato nella Figura 2.8 possiamo procedere ragionando
prima dal punto di vista di Cita e poi da quello di Kong:
1. se Kong gioca v, la miglior risposta di Cita e a mentre se Kong gioca
a, la miglior risposta di Cita e v.
2. se Cita gioca v la miglior risposta di Kong e a mentre se Cita gioca a
la miglior risposta di Kong e v.
Se, di volta in volta abbiamo sottolineato nella tabella le migliori risposte
alle strategie dell’avversario, vedremo che i due equilibri di Nash sono le due
uniche situazioni in cui entrambi i payoff sono sottolineati.
Un esempio molto spesso usato per introdurre l’equilibrio di Nash e un
gioco chiamato dilemma del prigioniero. La storia e questa: due persone ven-
gono arrestate e messe in prigione perche sospettate di un crimine. Tuttavia
non si hanno prove sufficienti a condannarle e la polizia prova a fare in modo
che almeno uno dei due confessi il crimine commesso insieme all’altro. I due
vengono cosı messi in due celle separate in modo tale che non possano comu-
nicare. I due arrestati ricevono questa offerta: se ciascuno dei due confessa
il crimine e denuncia l’altro allora entrambi saranno condannati ad un anno
di carcere. Se uno solo dei due confessa il crimine e denuncia l’altro allora
il delatore sara lasciato libero e l’altro sara condannato a quattro anni di
carcere. Infine se entrambi rifiutano di confessare e di denunciare il complice
riceveranno tre anni di prigione ciascuno. Indichiamo con C la cooperazione
tra arrestati, cioe il non tradirsi a vicenda e con T il tradimento. La forma
normale del gioco e rappresentata nella Figura 2.9:
T CC 3, 3 0, 4T 4, 0 1, 1
Figura 2.9: Il dilemma del prigioniero.
In questo gioco ci sono comunque vantaggi dalla cooperazione (cioe dal
non tradirsi vicendevole), tuttavia ognuno dei due giocatori ha un incentivo
2.4 Concetti ed ipotesi 39
a tradire l’altro cosicche qualsiasi cosa l’uno faccia l’altro preferira comunque
tradirlo piuttosto che cooperare con lui. Come si puo facilmente verificare,
il gioco ha un unico equilibrio di Nash (T, T ).
2.4.4 Strategie dominanti
Un modo assai potente di trovare gli equilibri di Nash in un gioco e l’elimi-
nazione delle strategie dominate. Supponiamo che s ed s∗ siano due strategie
per il giocatore i in un gioco in forma normale con due giocatori. Diremo
che s∗ e strettamente dominata da da s se, qualsiasi sia la scelta dell’altro
giocatore, il payoff di i se sceglie s e strettamente maggiore di quello che
riceverebbe se scegliesse s∗. Diremo, invece, che s∗ e debolmente dominata
da da s se, qualsiasi sia la scelta dell’altro giocatore, il payoff di i se sceglie
s e almeno uguale a quello che riceverebbe se scegliesse s∗.
Nel gioco rappresentato nella Figura 2.10, ad esempio, la strategia s∗
domina strettamente la strategia s. Dunque per il giocatore di riga e co-
munque preferibile sceglierla, qualsiasi cosa faccia il giocatore di colonna.
t t∗
s 1, 1 2, 0s∗ 2, 0 4, 0
Figura 2.10: La strategia s∗ domina la strategia s.
E evidente che una strategia strettamente dominata s∗ non puo mai es-
sere parte di un equilibrio di Nash. Infatti, ad un giocatore converrebbe
sempre passare alla strategia che domina s∗. Ne segue che e sempre possibile
compiere l’eliminazione delle strategie strettamente dominate senza perdere
nessun equilibrio di Nash.
Una volta eliminate le strategie strettamente dominate di un giocatore
possiamo passare all’eliminazione delle strategie strettamente dominate dell’altro
ed andare avanti sinche non rimangano piu strategie strettamente dominate.
Questo processo si chiama eliminazione iterata delle strategie dominate. Se
rimane una sola strategia per un giocatore, la chiameremo strategia domi-
nante per quel giocatore. Se rimane un unica strategia per ogni giocatore,
chiameremo questa situazione un equilibrio in strategie dominanti.
40 La teoria dei giochi
Cosa accade se iniziamo ad eliminare anche le strategie debolmente domi-
nate? Nel caso in cui l’eliminazione iterata lasci esattamente una sola strate-
gia per ogni giocatore allora l’esito che ne risulta e un equilibrio di Nash. In
generale, tuttavia, e possibile che l’eliminazione iterata delle strategie debol-
mente dominate elimini degli equilibri di Nash. Questo significa che e ben
possibile che un giocatore possa usare una strategia debolmente dominata
in un equilibrio di Nash. Questo e evidente nel gioco in Figura 2.11 che
ha due equilibri in strategie debolmente dominate (trovarli e lasciato come
esercizio).
l c rt 1, 0 −2,−1 0, 1d 1, 2 −5,−1 0, 0
Figura 2.11: Esercizio: trovare i due equilibri di Nash in strategie debolmente dominate.
L’eliminazione delle strategie dominate e assai interessante nel caso dei
giochi in forma estesa ad informazione completa. Scegliamo innanzitutto un
nodo terminale t e ne troviamo il nodo genitore (cioe il nodo da cui t discende
direttamente) che chiameremo a. Immaginiamo che il giocatore i scelga al
nodo a ed immaginiamo che il piu alto payoff che puo ottenere da a sia al
nodo t′. Cancelleremo allora tutti i rami che discendono da a in modo tale
che a stesso diventi un nodo terminale e etichetteremo a con il payoff del
nodo t′. Allo stesso tempo, annoteremo la mossa di i al nodo a per poter poi
specificare la strategia di equilibrio del giocatore una volta conclusa l’analisi.
Ripeteremo poi l’intera procedura per ogni nodo terminale del gioco. Alla
fine avremo un albero che avra un livello in meno di quello da cui siamo
partiti. Continueremo l’intera storia finche l’intero albero avra un solo nodo.
Questo procedimento, che abbiamo in parte gia descritto nel gioco dell’am-
missione al Club, si chiama backward induction (iniziamo infatti dal fondo
dell’albero e muoviamo verso l’alto). Si noti che la backward induction elim-
ina ogni strategia debolmente dominata e non permette di distinguere tra
strategie debolmente e strettamente dominate giacche non “guarda” mai
all’intero albero del gioco. Ne segue che questo metodo elimina gli equilibri
di Nash in strategie debolmente dominate.
La descrizione del metodo lo fa sembrare molto piu macchinoso ed oscuro
di quanto non sia in realta. Consideriamo allora il gioco di Kong e Cita nel
2.4 Concetti ed ipotesi 41
caso in cui Kong muova per primo: Figura 2.12
b�
�����
HHHH
HH
Kong
a vr�
��
@@
@
Cita
a vr0, 0
r9, 1
r�
��
@@
@
Cita
a vr4, 4
r5, 3
Figura 2.12: Kong decide per primo.
Iniziamo dal nodo terminale etichettato con il payoff (0, 0) e lo seguiamo
fino al suo nodo genitore, ovvero il nodo in cui sceglie Cita sulla sinistra
dell’albero. In questo nodo a e strettamente dominato da v perche 1 ¿ 0.
Scriviamo allora che Cita a questo nodo sceglie v, cancelliamo i due rami
ed etichettiamo il nodo genitore con il payoff (9, 1). Otteniamo cosı l’albero
della Figura 2.13
b��
����
HHHHHH
Kong
a vr9, 1
rr�
��
@@
@
Cita
a vr4, 4
r5, 3
Figura 2.13:
Passiamo poi alla destra dell’albero e consideriamo il nodo terminale
etichettato dal payoff (4, 4). Il suo nodo genitore e quello in cui Cita sceglie
sulla destra dell’albero di gioco. In questo nodo v e strettamente dominato
da a. Anche questa volta, scriviamo che Cita in questo nodo sceglie a, cancel-
liamo i due rami ed etichettiamo il nuovo nodo terminale con (4, 4) ottenendo
cosı il gioco qui sotto rappresentato nella Figura 2.14:
A questo punto e facile concludere partendo dal nodo terminale (9, 1) e
riconducendolo al nodo in cui sceglie Kong. In questo nodo, v e strettamente
dominata da a. Scriviamo dunque che Kong sceglie a ed etichettiamo con
(9, 1) l’unico nodo rimanente. La soluzione cosı ottenuta e che Kong scegliera
a mentre Cita scegliera va giungendo cosı all’esito (9, 1).
42 La teoria dei giochi
b���
������
���
HHHHHH
HHHHHH
Kong
a v
r9, 1
r4, 4
Figura 2.14:
Consideriamo ora un gioco detto gioco del centipede. Il gioco e un mod-
ello di questa situazione: due amici Isaia e Geremia incontrano un generoso
filantropo. Questi offre 2 ¤ai due amici e li invita a impegnarsi in un gioco.
In questo gioco, i due amici muovono uno alla volta scegliendo se cooper-
are (c) o tradire (t). Il primo a muovere e Isaia: se coopera allora riceve 1
¤come premio se invece tradisce allora incamera anche i 2 ¤di Geremia ed
il gioco finisce. Dunque la cooperazione porta Geremia a possedere 3 ¤ed
Isaia a possederne 2, mentre il tradimento porta Isaia ad avere 4 ¤lasciando
Geremia senza un soldo. Quando e il turno di Geremia, questi potra a sua
volta tradire o cooperare ottenendo nel primo caso 4 ¤e nel secondo 3. Il
gioco finisce quando uno dei due tradisce oppure quando la somma delle
vincite supera i 10 EURO. Nella Figura 1.15 e rappresentato l’albero del
gioco del centipede. Proviamo ora ad usare il metodo della backward induc-
tion per risolvere questo gioco. Nell’ultimo nodo, ad Isaia conviene tradire:
infatti tradendo si assicura 7 ¤invece di 6. Ne segue che nel penultimo nodo
Geremia scegliera t invece di c, infatti se scegliesse c arriverebbe all’ultimo
nodo in cui sarebbe tradito da Isaia ed otterrebbe solo 3 ¤invece dei 6 che
si assicura tradendo al penultimo nodo. Continuando ad applicare il metodo
della backward induction arriveremo alla conclusione che Isaia scegliera di
tradire sin dal primo nodo ottenendo cosı 4 ¤invece di 7.
Questo gioco mostra, come gia il dilemma dei prigionieri, un paradosso del
comportamento razionale: l’agire razionale, cosı come descritto dall’equilibrio
di Nash, puo determinare equilibri pessimi sia per l’individuo che per la col-
lettivita. Nel dilemma dei prigionieri la soluzione in cui entrambi cooperano
e migliore, nel senso di Pareto, dell’equilibrio di Nash ma l’incentivo a tradire
e cosı fort per ogni individuo che alla fine tutti tradiscono con un risultato
molto inferiore sia collettivamente che individualmente. Altrettanto nel gioco
2.4 Concetti ed ipotesi 43
del centipede la razionalita (espressa questa volta dalla backward induction
porta alla perdita di possibili elevati guadagni per entrambi i giocatori. E
sicuramente uno dei meriti della teoria dei giochi aver evidenziato che in
situazioni strategiche e possibile che l’agire razionale non porti sempre al
benessere individuale e collettivo, contrariamente a quanto risulterebbe dai
modelli di mercato concorrenziale.
Infine e interessante notare che in questi paradossi della razionalita il com-
portamento razionale individuato dall’equilibrio di Nash non e in genere una
buona predizione di come gli essere umani effettivamente agiscono. Infatti se
si fanno giocare questi giochi a soggetti reali si osserva quasi sempre un certo
grado di cooperazione: cosı nel dilemma dei prigionieri molti soggetti scel-
gono di cooperare e nel gioco del centipede tipicamente i giocatori cooperano
per un certo di passi (anche se molto raramente fino alla fine).
44 La teoria dei giochi
Capitolo 3
Mercati e imprese
3.1 Perche esistono le imprese?
Non c’e dubbio che le imprese costituiscono la piu importante istituzione eco-
nomica che caratterizza le societa capitalistiche industriali (e post-industriali).
E nelle imprese infatti che si svolge l’attivita lavorativa della maggioranza
dei lavoratori, le imprese hanno nelle nostre societa un ruolo importantissimo
nel definire cosa si deve produrre, come lo si deve produrre, in quali direzioni
deve indirizzarsi la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie e nuovi prodotti.
In un certo senso sarebbe piu corretto non definire le nostre economie “di
mercato” ma piuttosto “di impresa” in quanto le imprese sono le entita piu
importanti sia per la loro dimensione (anche centinaia di migliaia di occupati
in una singola impresa) sia per il potere di decisione ed indirizzo nell’ambito
della vita economica.
Nonostante la centralita dell’impresa nella organizzazione economica e
sociale delle nostre societa, la teoria microeconomica tradizionale riserva alle
imprese una trattazione molto insoddisfacente. Le imprese sono trattate
come individui, dotati di una propria funzione obiettivo (la massimizzazione
del profitto) e non come organizzazioni composte da una molteplicita di in-
dividui ciascuno con propri obiettivi in parte concordanti ed in parte in con-
flitto tra loro. Esse sono caratterizzate dalla sola funzione di produzione,
che rappresenta l’insieme delle possibilita tecnologiche, mentre l’aspetto or-
ganizzativo e totalmente trascurato. Per la teoria economica tradizionale
l’impresa e esclusivamente un’entita tecnologica, quindi la sua dimensione
puo essere spiegata solo da ragioni tecnologiche (andamento dei costi medi,
46 Mercati e imprese
rendimenti di scala). Ma cio contrasta nettamente con l’osservazione empir-
ica che non solo ci mostra l’esistenza di imprese di dimensioni molto superiori
a quelle spiegabili dai rendimenti di scala, ma addirittura, ed in misura cres-
cente, l’esistenza di imprese che impiegano molte tecnologie e producono
molti prodotti, operano su mercati tra loro molto diversi e svolgono attivita
di ricerca ed innovazione in aree tecnologiche molto distanti tra loro.
Queste limitazioni nella teoria tradizionale delle imprese sono in realta la
conseguenza di un’impostazione di fondo che considera lo studio dell’economia
come analisi delle decisioni individuali e dei meccanismi che ne promuovuono
il coordinamento e che ritiene il mercato come l’unico o quantomeno il piu
efficiente tra tali meccanismi. In questa impostazione le imprese sono con-
siderate come decisori individuali al pari dei consumatori.
Il primo economista a contrastare questa impostazione fu Ronald Coase,
che in un articolo pubblicato nel 1937 e intitolato “The Nature of the Firm”
(“La natura dell’impresa”) noto come per costruire una vera teoria dell’impresa
sia necessario liberarsi delle visione che considera le imprese esclusivamente
come individui le cui decisioni vengono coordinate dal meccanismo di mer-
cato ed iniziare a considerare le imprese come meccanismi di coordinamento
delle decisioni degli individui operanti al proprio interno.
Ma se si accetta questa nuova prospettiva che pone le imprese tra i mecca-
nismi di coordinamento a fianco dei mercati ci troviamo di fronte ad un grosso
problema: dal momento che la teoria microeconomica ci insegna che i mercati
(almeno quelli di concorrenza perfetta) sono meccanismi di coordinamento
ottimali perche mai allora dovrebbero esistere e prosperare meccanismi alter-
nativi, le imprese appunto, che ovviamente non possono raggiungere gli stessi
livelli di efficienza (Paretiana) dei mercati concorrenziali? In linea di prin-
cipio infatti l’organizzazione delle attivita economiche, produzione inclusa,
potrebbe essere infatti essere gestita interamente dal mercato: imprese che
producono un singolo semilavorato affittando sul mercato i beni capitali di
cui necessitano e stipulando sul mercato contratti di brevissima durata con
i lavoratori, lo vendono sul mercato dove altre imprese lo acquistano e lo as-
semblano in un altro semilavorato, e cosı via fino ad avere un prodotto finito
destinato ai consumatori finali.
Il punto importante per la teoria economica e che questo mondo (che
nella realta e molto piu simile ad un sistema di produzione pre-industriale)
3.1 Perche esistono le imprese? 47
dovrebbe in linea di principio essere il piu efficiente, in quanto sappiamo che
i mercati attraverso il meccanismo dei prezzi sono in grado di coordinare
in maniera ottima domanda e offerta. Se invece, come accade nelle nostre
societa, molte di queste attivita vengono svolte all’interno di un’unica grande
impresa sulla base di contratti di lunga durata questo coordinamento non
viene piu svolto dai prezzi mercato, ma attraverso altre modalita: autorita,
norme, convenzioni, routines, procedure standardizzate, ecc.. Ad esempio un
reparto della FIAT che produce scocche per automobili non decide quante
scocche produrre e con quale combinazione di fattori produttivi in base ai
prezzi di mercato di scocche (output) e fattori produttivi (input), ma in base
agli ordini ed ai piani di produzione emessi dal management della FIAT.
Ma qui incontriamo due problemi:
• se il meccanismo dei prezzi ha efficienza massima, questi altri meccan-
ismi sono necessariamente meno efficienti
• i prezzi di mercato svolgono il compito di coordinamento non soltanto
in modo ottimo, ma anche “gratuitamente”, cioe l’implementazione
e l’uso del meccanismo dei prezzi non costa nulla alla societa. Ma
allora perche la societa dovrebbe pagare dei manager (ed in genere
pagarli molto profumatamente!!) per svolgere un compito che i mercati
svolgono meglio e gratuitamente 1?
La spiegazione che Ronald Coase offre di questi apparenti paradossi si basa
proprio su di una critica, o meglio una puntualizzazione, di questa ultima af-
fermazione. Coase sostiene infatti che non e vero che il meccanismo dei prezzi
funziona senza alcun costo sociale. Solo nei libri di testo infatti domanda e
offerta si incontrano magicamente, il prezzo di equilibrio si determina senza
problemi e l’informazione e perfetta e si diffonde all’istante. Nella realta i
mercati hanno sempre un costo di funzionamento. Questi costi sorgono es-
senzialmente da problemi informativi: l’ipotesi di informazione perfetta alla
base della concorrenza perfetta e infatti impossibile da realizzarsi nella realta,
1Si noti a questo proposito che oggi, grazie a tecnologie che hanno drasticamente ridottol’intensita di lavoro nella produzioni, in molti settori produttivi una quota sempre piugrande e ormai preponderante degli occupati svolgono compiti non di produzione in sensostretto, ma di coordinamento a vari livelli.
48 Mercati e imprese
se non altro perche l’acquisizione l’elaborazione e l’utilizzo dell’informazione
e comunque un’attivita costosa.
La teoria economica ha negli ultimi decenni dedicato una grandissima
attenzione ai problemi informativi negli scambi. I problemi sorgono es-
senzialmente ogni volta che delle informazioni rilevanti per uno scambio
sono possedute da una delle controparti nello scambio ma non dall’altra e
colui che possiede l’informazione puo utilizzarla a proprio vantaggio e quindi
non ha interesse a rivelarla alla controparte. Questa ineguale distribuzione
dell’informazione viene detta asimmetria informativa e puo riguardare sia
l’informazione sulle caratteristiche intrinseche dell’oggetto dello scambio, sia
le azioni che una controparte si impegna a compiere. Nei prossimi due para-
grafi analizzeremo separatamente questi due tipi di asimmetrie informative.
3.2 Mercato e informazione: la selezione av-
versa
Un esempio di come i problemi informativi possono avere conseguenze anche
molto “devastanti” sul corretto funzionamento del mercato e stato fornito
da Akerlof 2 con il suo mercato dei “bidoni”. Consideriamo il mercato delle
automobili usate ed immaginiamo che esistano due tipi di auto usate quelle
in buone condizioni (gli “affari” per chi le compra) e quelle in pessime con-
dizioni (i “bidoni”). Ovviamente chi vende l’auto e perfettamente informato
sulle sue condizioni e quindi sa se si tratta di un affare o di un bidone, invece
che acquista puo solamente avere un’informazione molto incompleta sullo
stato dell’auto di cui e acquirente. Supponiamo per semplicita che i poten-
ziali acquirenti siano totalmente disinformati e quindi totalmente incapaci
di distinguere tra un affare ed un bidone. E facile mostrare che in queste
condizioni il mercato non puo funzionare in modo efficiente. Vediamolo con
un esempio.
Supponiamo che vi siano due tipi di auto: quelle di tipo A (gli “affari”)
e quelle di tipo B (i “bidoni”). I venditori sono disposti vendere un’auto di
2Il modello qui presentato sotto forma di esempio e contenuto nell’articolo di GeorgeAkerlof intitolato “The Market for ’Lemons’: Quality Uncertainty and the Market Mecha-nism”, Quarterly Journal of Economics, vol. 84 (1970). Un “lemon” nello slang americanoe l’equivalente del nostro “bidone”.
3.2 Mercato e informazione: la selezione avversa 49
tipo A ad un prezzo di almeno 2500 ¤, quelle di tipo B ad un prezzo di
almeno 1000 ¤. Gli acquirenti sono disposti a pagare un prezzo massimo di
3000 ¤per un’auto di tipo A e 2000 ¤per un’auto di tipo B. Supponiamo
che i mercati siano concorrenziali con moltissimi venditori e compratori.
Come si vede in caso di informazione completa i due mercati avranno un
prezzo di equilibrio rispettivamente:
2500 ≤ pA ≤ 3000
1000 ≤ pB ≤ 2000
In particolare, assumendo liberta di entrata e uscita sul lato dell’offerta e
quindi profitti nulli nel lungo periodo, i prezzi di equilibrio di lungo periodo
saranno rispettivamente:
pA = 2500
pB = 1000
Supponiamo ora che ne i venditori ne gli acquirenti siano informati sul tipo di
auto, ma tutti sappiano che in totale due auto su tre sono di tipo B mentre
una su tre e di tipo A. In questo caso ciascun venditore puo ritenere di
possedere un’auto che in valore atteso (ipotizzando per semplicita neutralita
rispetto al rischio) vale:
1
32500 +
2
31000 = 1500
mentre ciascun acquirente ritiene che l’auto che sta per comprare abbia un
valore atteso:1
33000 +
2
32500 = 2333.33
Quindi anche in questo caso il mercato puo funzionare e puo stabilirsi un
unico prezzo di equilibrio che, in caso di liberta di entrata tra i venditori, nel
lungo periodo sara di 1500 ¤.
Fin qui tutto bene: anche un’eventuale situazione di carenza di infor-
mazioni non crea alcun problema al funzionamento del mercato, purche l’in-
formazione sia egualmente incompleta per venditori e compratori, ovvero,
come si dice nel gergo degli economisti, simmetrica. Le cose invece si com-
plicano radicalmente se venditori e compratori hanno diversi livelli di infor-
mazione, ovvero se l’informazione e asimmetrica.
50 Mercati e imprese
Per capire meglio cosa succede, consideriamo un caso estremo in cui l’a-
simmetria informativa e massima: i venditori sono perfettamente informati
(sanno con certezza se l’auto in loro possesso e di tipo A o B), mentre i com-
pratori sono totalmente disinformati e quindi non hanno modo di conoscere
il tipo di auto che viene loro offerta. Vediamo cosa accade in questo caso.
Consideriamo dapprima il lato dell’offerta. La curva di offerta al variare
del prezzo p e la seguente:
• con 0 ≤ p < 1000 nessuna auto viene offerta;
• con 1000 ≤ p < 2500 vengono offerti solo i bidoni;
• con p ≥ 2500 vengono offerte tutte le auto.
Vediamo ora il lato della domanda:
• se p ≥ 2500 i compratori sanno che tutte le auto vengono offerte e
quindi, come gia calcolato, ciascun compratore sa che acquistera un
auto che in valore atteso vale solamente 2333.33 ¤(meno del prezzo di
acquisto). Quindi la domanda sara nulla.
• se 1000 ≤ p < 2500 i compratori sanno con certezza che verranno offerti
solo bidoni quindi sono disposti ad acquistare solo se p ≤ 2000
Quindi il risultato e che solo le auto di qualita peggiore (quelle di tipo
B) vengono offerte, mentre il mercato per quelle migliori sparisce a causa
dell’asimmetria informativa. Questo fenomeno si chiama “selezione avversa”
in quanto si traduce in un uscita dal mercato dei beni di qualita migliore
(quelli che i consumatori preferirebbero), a favore di quelli di qualita peggiore.
E possibile evitare o eliminare questi problemi derivanti dall’asimmentria
informativa? Ovviamente sarebbe interesse dei possessori di auto di tipo A
farlo perche sono loro a subire le conseguenze. Si noti pero che i venditori di
bidoni non hanno alcun interesse a rivelare il tipo della propria auto, e quindi
alla domanda “Di che tipo e la tua auto?”, tutti i venditori, anche quelli di
bidoni, risponderebbero “Di tipo A”, e quindi l’asimmetria non verrebbe
eliminata. Una possibile soluzione puo essere fornita da un’attivita che in
gergo si chiama segnalazione: vediamo di cosa si tratta con un esempio.
Immaginiamo che i possessori di auto usate possano offrire una garanzia agli
3.3 Mercato e informazione: il rischio morale 51
acquirenti, ad esempio impegnadosi per X anni dall’acquisto a coprire tutte
le spese necessarie per ripararla in caso di guasto. Una garanzia di questo
tipo risultera sicuramente piu onerosa per i venditori di bidoni, in quanto
per definizione un bidone ha una probabilita molto piu elevata di guastarsi
rispetto ad un’auto di tipo A. E facile comprendere che al crescere del livello
della copertura offerta dalla garanzia (ad esempio allungandone la durata o
estendendo il tipo di guasti previsti) si giungera ad un livello troppo oneroso
per i venditori di auto di tipo B (tutto il loro surplus verrebbe speso in
riparazioni per onorare la garanzia) ma ancora sostenibile dai venditori di
auto di qualita elevata. Questo contratto di garanzia servirebbe dunque a
segnalare che chi lo offre e necessariamente venditore di un’auto di tipo A,
poiche per un venditore del tipo B non sarebbe profittevole offrirlo.
Piu in generale chiamiamo segnale un’attivita che risulta piu costosa per
coloro che offrone beni di qualita inferiore. L’esempio mostra che grazie a
questo differenziale di costo, e possibile che un segnale separi efficacemente i
diversi tipi di offerenti poiche solo i tipi migliore puo trovare economicamente
vantaggioso produrre il segnale.
3.3 Mercato e informazione: il rischio morale
Le asimmetrie informative che danno luogo alla selezione avversa sono de-
terminate dal fatto che alcuni tra coloro che offrono (ma in altri casi lo
stesso fenomeno potrebbe riguardare anche coloro che domandano) un bene
possiedono informazioni private su alcune caratteristiche rilevanti di questo
bene e non hanno interesse a rivelarle in modo corretto ai potenziali ac-
quirenti. Abbiamo visto che cio rende tutta l’informazione (anche quella
corretta) non affidabile e fa sı che i potenziali acquirenti non siano disposti
a stipulare contratti per quelle transazioni che richiederebbero da parte loro
una capacita di discriminare tra tipi di beni. Dal momento che i venditori
sono in grado di discriminare perfettamente tra i tipi di beni mentre gli ac-
quirenti non lo sono per nulla, questi ultimi saranno indotti a ritenere di
trovarsi sempre di fronte ad un bene di qualita bassa.
Esiste un’altra forma di asimmetria informativa che riguarda invece le
azioni delle parti dopo la stipula di un contratto che obbliga una parte a
svolgere delle azioni. Proprio in conseguenza delle stipula di un contratto una
52 Mercati e imprese
parte puo mettere in opera comportamenti non verificabili che danneggiano
l’altra parte. Questo fenomeno viene normalmente chiamato “rischio morale”
(brutta traduzione della gia non bella espressione inglese “moral hazard”).
Vediamo con un esempio di capire meglio di cosa si tratta e come si distingue
dalla selezione avversa del paragrafo precedente.
Consideriamo il mercato delle assicurazioni sulla vita. Un’assicuratore
vende polizze con le quali si impegna, in caso di morte dell’assicurato, a ver-
sare una somma ai suoi eredi. Ovviamente l’assicuratore vorrebbe preferi-
bilmente vendere queste polizze a compratori sani, che non fumano e non
si drogano, che guidano l’automobile con prudenza, che non praticano sport
pericolosi, ecc.. Tuttavia e chiaro che saranno proprio i compratori con queste
caratteristiche quelli maggiormente interessati ad assicurarsi ed ovviamente
non saranno disposti a rivelare all’assicuratore di essere soggetti ad alto ris-
chio di morte. Questo e un problema di informazione nascosta che da luogo
a selezione avversa. Il rischio morale invece compare dopo la stipula del con-
tratto di assicurazione e dipende dal fatto che l’assicurato puo decidere di in-
traprendere comportamenti piu rischiosi proprio in conseguenza della stipula
del contratto assicurativo. Il motivo e molto semplice: poiche l’assicuratore
si impegna a ridurre l’entita del danno in caso di evento negativo, l’assicurato
sara indotto a ridurre le proprie precauzioni.
Questo tipo di problemi sono anche tipici del mercato del lavoro. Quando
un’impresa vuole assumere dei lavoratori vorrebbe ovviamente avere i piu
efficienti (capaci, preparati, volenterosi, ecc.). Ma le caratteristiche di un
lavoratore sono in gran parte un informazione privata che il lavoratore stesso
non ha interesse a rivelare in modo corretto 3, da cui la selezione avversa.
Inoltre dopo la stipula di un contratto di lavoro, il lavoratore sara indotto
a non impegnarsi a fondo se il livello del proprio impegno non e facilmente
osservabile da parte del datore di lavoro.
Si noti che l’azione nascosta, come gia l’informazione nascosta, puo creare
notevoli problemi al funzionamento del mercato: se c’e totale inosservabilita
dell’impegno del lavoratore il datore di lavoro sara indotto a ritenere che
3Il livello di istruzione puo essere assunto come segnale (nell’accezione esposta nelparagrafo precedente) della capacita di un lavoratore . Se studiare e meno faticoso per lepersone capaci allora puo esistere un livello di studio che discrimina in modo corretto tracapaci ed incapaci, a prescindere dal fatto che cio che si studia sia utile per il lavoro dasvolgere.
3.4 I costi di transazione 53
razionalmente il lavoratore si impegni sempre al minimo possibile e quindi
offrira anche contratti la cui remunerazione e commisurata all’impegno mi-
nimo. Cio evidentemente danneggia i lavoratori che sarebbero disposti ad
un impegno elevato in cambio di una remunerazione maggiore e danneggia
il datore di lavoro che potrebbe ottenere livelli di produzione piu elevati. Il
risultato e dunque una perdita di benessere sociale rispetto al caso di azione
perfettamente osservabile.
Una soluzione possibile a questo problema e valersi di sistemi di controllo
(“monitoraggio” come si dice in gergo) che riducano l’asimmetria infor-
mativa. Si noti che tali sistemi sono convenienti anche per coloro che sono
sottoposti al controllo perche possono ridurre o eliminare anche per loro la
perdita di surplus. Un’altra possibilita e offrire contratti che incentivino il
lavoratore ad impegnarsi offrendogli anziche una remunerazione costante una
remunerazione variabile in funzione del risultato finale. In questo modo si fa
partecipare il lavoratore al rischio in misura tale da indurlo ad un impegno
maggiore, ma il risultato che si ottiene puo non essere efficiente (in senso
paretiano) se il lavoratore e avverso al rischio e quindi disposto ad accettare
una remunerazione certa inferiore al valore atteso di quella variabile.
3.4 I costi di transazione
Torniamo a Coase: come gia detto egli sostiene che il funzionamento del
meccanismo di mercato comporta sempre che un costo sociale venga soppor-
tato. Il mercato non e un fenomeno naturale, ma e un’istituzione sociale che,
come ogni altra istituzione, richiede l’utilizzo di risorse e quindi comporta
dei costi di funzionamento. Questi costi vengono chiamati da Coase “costi
di transazione” che in prima approssimazione potremmo considerare come
“costi di funzionamento del meccanismo dei prezzi” (il termine “transazione”
puo essere considerato approssimativamente come sinonimo di scambio).
A questo punto l’argomento di Coase e il seguente: se il funzionamento
del mercato comporta dei costi sociali e possibile che in alcune circostanze tali
costi siano cosı elevati da rendere il mercato altamente inefficiente e quindi
altre forme di coordinamento, seppure costose, possono comunque risultare
piu efficienti dei mercati. L’esempio delle auto usate ci ha mostrato che
nel caso di asimmetrie informative il mercato delle auto migliori non puo
54 Mercati e imprese
funzionare, con conseguente perdita di un surplus sociale (pari alla somma
del surplus dei venditori e dei compratori) che si genererebbe se il mercato,
in assenza di asimmetrie informative, funzionasse in modo concorrenziale.
Pertanto una diversa forma di coordinamento, che fosse in grado di rendere
possibili le transazioni tra venditori ed acquirenti di auto di tipo A, potrebbe
aumentare il benessere sociale a patto che il suo costo di funzionamento fosse
inferiore alla perdita di surplus dovuta alla sparizione del mercato.
Tra le istituzioni sociali che possono svolgere questa funzione, particolare
importanza hanno assunto nel mondo capitalistico le imprese. Vedremo nel
prossimo paragrafo come la teoria dei costi di transazione sia in grado di
offrire una possibile spiegazione della genesi e delle principali caratteristiche
dell’istituzione “impresa”. In questo seguiremo soprattutto la linea di analisi
tracciata da Oliver Williamson, che a partire dagli anni ’70 ha sviluppato e
affinato la teoria dei costi di transazione 4.
3.5 I costi di transazione e la natura delle
imprese
L’opera di Williamson tenta di dare innanzitutto un fondamento piu rigoroso
alla teoria dei costi di transazione, chiedendosi da dove traggano origine tali
costi. Vi sono due tipi di fattori che determinano il sorgere dei costi di
transazione: fattori legati alle caratteristiche degli individui che partecipano
agli scambi e fattori legati alle caratteristiche delle transazioni stesse.
Per quanto riguarda i primi, due sono le caratteristiche importanti degli
individui secondo questa teoria:
• razionalita limitata
• opportunismo
La razionalita limitata e la caratteristica piu importante e differenzia net-
tamente la teoria dei costi di transazione dalla microeconomia tradizionale.
4Tra le molte opere di Williamson le principali sono i libri: Markets and Hierarchies:Analysis and Antitrust Implications, New York, The Free Press, 1975, e The EconomicInstitutions of Capitalism, New York, The Free Press, 1985 (trad. it.: Le IstituzioniEconomiche del Capitalismo, Milano, Franco Angeli, 1987)
3.5 I costi di transazione e la natura delle imprese 55
Quest’ultima infatti ipotizza che gli individui siano in grado di acquisire, me-
morizzare, elaborare ed utilizzare tutta l’informazione rilevante per le loro
decisioni economiche in modo completo e perfetto e tale da poter sempre
pervenire a decisioni ottimali. Questa ipotesi e totalmente irrealistica, in
quanto sappiamo che esistono problemi (si pensi ad esempio al gioco degli
scacchi) che richiedono capacita computazionali che vanno ben al di la di
quelle umane ma anche dei piu potenti calcolatori. In altre parole, come
possiamo pensare che ad esempio l’uomo della strada sia in grado di svol-
gere i complessi calcoli richiesti per determinare il proprio paniere ottimo di
consumo, quando molti studenti universitari vengono bocciati sulla soluzione
di modellini estremamente semplificati rispetto ad un qualunque problema
reale?
Ma al di la della mancanza di realismo, l’ipotesi di razionalita perfetta
puo essere criticata sotto un piano, ancora piu importante, di coerenza log-
ica. Se l’economia politica si occupa innanzitutto di studiare come risorse
scarse vengono allocate nella societa tra i possibili usi alternativi, e assurdo
ipotizzare che la risorsa forse piu importante, cioe le nostre capacita cogni-
tive e computazionali, siano invece non scarse ma disponibili a ciascuno di
noi senza limiti.
La teoria dei costi di transazione si basa invece sull’assunzione che gli
individui sono sı razionali (e quindi cercano di avere comportamenti che mas-
simizzano il proprio benessere) ma siano soggetti a limitazioni nelle capacita
cognitive e computazionali necessarie per risolvere in modo ottimale i pro-
blemi economici che affrontano. La conseguenza piu importante di tali limiti
e che e di fatto impossibile per le parti contraenti in uno scambio stipulare
contratti onnicomprensivi, cioe contratti che prevedano esattamente tutti i
possibili eventi che possono influire sulla materia del contratto e i conseguenti
comportamenti che le parti dovrebbero seguire. Questo problema e sempre
presente ma e ovviamente particolarmente importante in contratti di lunga
durata, cioe che impegnano le parti per un lungo periodo e sono quindi mag-
giormente esposti all’influenza di eventi imprevisti.
La presenza di questi limiti alla capacita di contrattazione fa sı che gli
agenti limitatamente razionali possano stipulare solo contratti incompleti,
cioe contratti che non prevedono con precisione un comportamento delle parti
per tutti i possibili eventi che possono influire sulla loro esecuzione. L’in-
56 Mercati e imprese
completezza dei contratti richiede dunque che vengano predisposti dei mezzi
“esterni” al contratto stesso che servano a “completare” il contratto durante
la sua esecuzione, determinando i comportamenti nel caso in cui un evento
imprevisto accada. Questi mezzi sono chiamati “strutture di governo”.
Ad esempio in un contratto di lunga durata come quello di lavoro sarebbe
impossibile prevedere esattamente cosa il lavoratore debba fare in ogni cir-
costanza, quindi una possibile soluzione e stabilire i suoi compiti solo in
termini generali ed istituire una struttura di governo, basata su un principio
di autorita, che assegna ad un manager il compito di decidere quali compiti
di volta in volta il lavoratore debba esattamente svolgere.
Per quanto riguarda l’opportunismo, esso non si discosta sostanzialmente
dalla normale ipotesi di comportamento basato sul perseguimento egoistico
del proprio interesse tipico di tutta la teoria microeconomica, salvo prevedere
la possibilita che gli agenti possano ricorrere all’inganno vero e proprio. Si
noti che in un mondo di agenti perfettamente razionali e perfettamente in-
formati non c’e spazio per l’inganno in quanto gli agenti sono per definizione
in grado di prevedere perfettamente anche possibili inganni e quindi pre-
disporre perfettamente le contromisure in fase di stipula del contratto. Se
invece gli agenti non sono perfettamente razionali c’e spazio per l’inganno in
quanto essi possono, per ottenere vantaggi, nascondere informazioni rilevanti
o modificare il proprio comportamento anche venendo meno a patti gia stip-
ulati. Si noti che l’ipotesi di opportunismo aggiunge comunque qualcosa a
quella di razionalita limitata: se quest’ultima determina la sostanziale incom-
pletezza dei mercati, l’opportunismo rende i contratti incompleti scarsamente
affidabili, perche proprio approfittando del fatto che la controparte non puo
prevedere tutte le possibili circostanze in un contratto, c’e sempre spazio
per far mutare secondo la propria convenienza i termini di esecuzione del
contratto stesso (il rischio morale di cui abbiamo discusso in precedenza).
Questi sono i due fattori che danno origine a costi di transazione e che
traggono origine dalle caratteristiche dei soggetti che partecipano alla transazione
stessa. Veniamo ora ai fattori che traggono origine dalle caratteristiche delle
transazioni, essi sono normalmente raggruppati in tre categorie:
• specificita delle risorse
• incertezza
3.5 I costi di transazione e la natura delle imprese 57
• frequenza
La specificita delle risorse svolge il ruolo piu importante e merita
un’attenzione particolare. Chiamiamo risorsa ogni elemento utile ad una
transazione: puo trattarsi di capitale fisico (un macchinario, un impianto),
di capitale umano (conoscenze, abilita lavorative, esperienze accumulate),
od altro (es. una particolare localizzazione ). La specificita di una risorsa
rispetto ad una transazione e misurata dalla differenza tra il valore di questa
risorsa nella transazione in oggetto ed il suo valore nel miglior uso alterna-
tivo possibile. Ad esempio se io possiedo competenze molto generiche, poni-
amo sono un programmatore in un linguaggio molto utilizzato come C++,
possiedo una risorsa scarsamente specifica, perche sono in grado di offrire tali
competenze a molti possibili acquirenti a prezzi analoghi. Al contrario se ad
esempio sono un programmatore che si e molto specializzato sulla gestione
di un sistema informatica di una singola impresa (la XX SpA), scarsamente
o per nulla utilizzato altrove, allora possiedo un risorsa altamente specifica,
che non riusciro a vendere ad altri acquirenti diversi dalla XX SpA se non a
prezzi molto inferiori o sopportando ingenti costi di riconversione delle mie
competenze.
La conseguenza economica della specificita delle risorse e che quando una
transazione coinvolge risorse altamente specifiche allora essa non puo avvenire
in un mercato concorrenziale perche la specificita delle risorse implica che
non possono essere soddisfatte ne la condizione di numerosita dei venditori
e dei compratori ne quelle di anonimita delle transazioni che sono necessarie
per avere un regime di concorrenza perfetta. Se infatti ritorniamo all’ultimo
esempio, e evidente che al limite io posso essere l’unico lavoratore che possiede
le capacita richieste dalla XX SpA (sono quindi un monopolista nell’offrire
questa tipologia di lavoro) mentre la XX SpA puo essere l’unica impresa a
richiederle (ed essere quindi un monopsonista). In ogni caso l’identita della
mia controparte per me sara fondamentale, perche il tipo di contratto che
posso stipulare con la XX SpA e sicuramente diverso da quello che potrei
stipulare con la YY SpA.
L’incertezza di una transazione puo riguardare sia gli eventi esterni che
possono influire sul suo svolgimento e che, a causa della razionalita limitata,
sono solo in parte conoscibili a priori, sia il comportamento della controparte,
58 Mercati e imprese
anch’esso almeno in parte imprevedibile a causa della razionalita limitata
(propria e della controparte) e dell’opportunismo.
Infine la frequenza di una transazione indica quante volte in un certo
periodo lo stesso tipo di transazione viene effettuato tra le stesse controparti.
3.6 La trasformazione fondamentale e l’origine
delle imprese
Abbiamo ora tutti gli elementi per delineare almeno nelle sue linee genera-
li la spiegazione che la teoria dei costi di transazione fornisce alla nascita
dell’impresa come sistema di coordinamento alternativo al mercato ed alla
sua crescita dimensionale oltre a quanto potrebbe essere spiegato dalla sem-
plice esistenza di economie di scala. L’elemento fondamentale di questa sp-
iegazione risiede nell’osservazione che a causa della razionalita limitata e
dell’opportunismo degli individui, quando una transazione e caratterizzata
da elevata specificita delle risorse, elevata incertezza ed elevata frequenza,
sorgono problemi informativi che impediscono un corretto funzionamento
del mercato e quindi diverse modalita di coordinamento, ed in particolare
quella basata sulla gerarchia, possono risultare piu efficienti.
Seguiamo passo a passo la spiegazione valendoci di un esempio. Immagi-
niamo di analizzare il mercato dei diritti di sfruttamento delle miniere e sup-
poniamo che tale mercato sia perfettamente concorrenziale: esiste una molti-
tudine di siti minerari aventi eguali caratteristiche (qualita e quantita del
metallo estraibile e costi di estrazione) che chiamiamo {S1, S2, S3, ...., Sn, ...}ed una moltitudine di potenziali imprese estrattive che chiamiamo {I1, I2, I3, ...., Im, ...}e che competono per acquistare i diritti di sfruttare tali miniere. Date queste
condizioni si puo formare il prezzo concorrenziale che consente di allocare i
diversi siti minerari alle diverse imprese estrattive. Immaginiamo ad esempio
che il sito Si stipuli un contratto con l’impresa Ik che prevede da parte di
quest’ultima un pagamento di 500 ¤per ogni tonnellata di minerale estratto.
A questo punto l’impresa Ik si installa sul sito Si, effettuando un investi-
mento che e chiaramente molto specifico: si tratta presumibilmente di grandi
macchinari, impianti, costruzioni che sono localizzati sulla miniera in ques-
tione e la cui rilocalizzazione su di un’altra miniera sarebbe estremamente
3.6 La trasformazione fondamentale e l’origine delle imprese 59
costosa. Inoltre la transazione e ad elevata frequenza, poiche l’investimento
da parte dell’impresa estrattiva ha senso solamente se l’estrazione perdura
nel tempo, ed infine anche l’incertezza sara elevata a causa dei molti fattori
che possono incidere sullo svolgimento della transazione.
L’impresa Ik si ritrova dunque legata al sito sul quale si e localizzata e
quindi ora le transazioni (estrazione di minerale ed il suo pagamento) non
avvengono piu su di un mercato concorrenziale perche l’identita delle parti e
un elemento caratterizzante delle transazioni stesse. Infatti l’impresa estrat-
tiva in questione dovra continuare ad acquistare i diritti dal sito Si anche
se questo praticasse un prezzo piu elevato di tutti gli altri, poiche a causa
della specificita dell’investimento effettuato, acquistare da altri avrebbe costi
molto elevati.
Quello che stiamo descrivendo e un fenomeno importante: un mercato
che inizialmente e in regime di concorrenza perfetta non puo continuare
ad esserlo se regola transazioni che coinvolgono risorse altamente specifiche.
Questo venir meno delle condizioni di concorrenza perfetta viene chiamato
“trasformazione fondamentale” e rappresenta un importante caso di fal-
limento del mercato dovuto alle caratteristiche delle transazioni. Supponi-
amo infatti che il proprietario del sito minerario agisca opportunisticamente e
chieda un forte aumento del prezzo che l’impresa Ik deve pagare: quest’ultima
dovra subire questo aumento perche l’alternativa di rivolgersi ad un altro sito
minerario e troppo costosa. Ora si noti che l’impresa Ik sa a priori che Si
ha questo forte incentivo a non rispettare gli accordi contrattuali presi in
condizioni di concorrenza perfetta ed agire opportunisticamente e quindi,
scontando questo fatto puo non essere disposta a stipulare alcun contratto
con Si avendo la certezza che comunque tale contratto non sara rispettato.
La conseguenza puo essere che le transazioni tra le miniere e le imprese es-
trattive non hanno mai luogo, con conseguente perdita del relativo surplus
sociale.
In queste condizioni e socialmente efficiente che le transazioni tra Si e
Ik non siano regolate dal mercato, ma che le due imprese si uniscano diven-
tando una sola ed adottando un coordinamento gerarchico per le transazioni
in questione. Questo fenomeno e detto integrazione verticale, cioe la for-
mazione di un’unica impresa dall’unione di due entita separate delle quali una
produce un bene che e usato come input nel processo produttivo dell’altra.
60 Mercati e imprese
Si noti che le due imprese possono (come e il caso del nostro esempio) avere
caratteristiche e tecnologie molto distanti tra loro, e quindi l’integrazione non
puo essere spiegata da fattori relativi alla funzione di produzione, ma solo
organizzativi legati al coordinamento tra attivita tecnologicamente distinte.
Riassumendo, la teoria dei costi di transazione sostiene che quando una
transazione e caratterizzata da elevata specificita delle risorse, elevata in-
certezza ed elevata frequenza 5 allora essa sara gestita in modo piu efficiente
attraverso un coordinamento gerachico piuttosto che di mercato e quindi
tenderemo ad osservare un’integrazione verticale tra le due controparti della
transazione stessa.
5La frequenza svolge un ruolo subordinato rispetto alla specificita delle risorse maimportante. Infatti solo se la transazione e ripetuta molte volte ha senso sopportare i costidi una struttura di coordinamento gerachico.
Capitolo 4
La teoria economica dei dirittidi proprieta
4.1 Diritti e proprieta
Un sistema sociale e, innanzitutto, un insieme di regole, pratiche, costumi,
usi e procedure per risolvere e gestire i conflitti che sorgono tra i suoi compo-
nenti per l’uso di risorse scarse. La guerra, gli scioperi, le elezioni politiche,
l’autorita religiosa e quella legale sono alcuni degli strumenti che una societa
adotta per risolvere conflitti di interesse tra i suoi membri e per comporre
spinte e scopi contrastanti. E possibile immaginare di definire differenti orga-
nizzazioni sociali in base all’insieme di strumenti e metodi usati per risolvere
conflitti associati con l’allocazione di risorse scarse.
Adottando questa prospettiva, possiamo immaginare di descrivere il cap-
italismo come l’organizzazione sociale i cui principali strumenti di compo-
sizione dei conflitti sono il mercato e la proprieta privata. La proprieta
privata, come vedremo in dettaglio, e l’istituzione piu comune ed efficiente
per fornire agli agenti economici degli incentivi per creare, mantenere ed au-
mentare la ricchezza. I diritti di proprieta, stabilendo confini e limiti precisi
su chi ha autorita su cosa, modularizzano l’interazione sociale in modo tale
che essa possa essere mediata dall’interfaccia dello scambio volontario.
Si e visto durante il corso che uno degli scopi principali della teoria eco-
nomica cosı come oggi la concepiamo e valutare gli esiti risultanti da differenti
sistemi di organizzazione sociale in base alla loro efficienza allocativa. Il nu-
cleo teorico centrale della moderna teoria microeconomica e la proposizione
62 La teoria economica dei diritti di proprieta
secondo la quale il sistema dei prezzi e in grado di giungere ad allocazioni
efficienti delle risorse.
I prezzi sono, in un certo senso, un’interfaccia standard che permette ad
agenti economici diversi ed autonomi di coordinarsi senza essere costretti a
scambiarsi enormi volumi di informazione. Come ci ha insegnato, insieme
ad altri, l’economista austriaco F. Hayek la proprieta piu significativa del
sistema dei prezzi e la sua economicita rispetto alla quantita di conoscenze
ed informazione che occorrono per usarlo: di fatto i prezzi contengono tutta
l’informazione necessaria ad un individuo per effettuare scambi in un mer-
cato.
Alla base di questa proposizione troviamo un assunto ancora piu forte
ed assolutamente indispensabile all’intera teoria. Si tratta dell’idea che gli
agenti in un’economia siano totalmente e perfettamente indipendenti l’uno
dall’altro e che prendano le loro decisioni di consumo o di produzione in modo
assolutamente autonomo. Nel lessico della teoria dei giochi, diremmo che le
decisioni di un agente economico in un mercato perfettamente competitivo
non sono mai di natura strategica.
Il piu importante risultato della microeconomia, il primo teorema fonda-
mentale dell’economia del benessere, afferma che ogni allocazione generata
da un mercato perfettamente competitivo e un’allocazione Pareto efficiente.
Questo risultato si basa in modo decisivo sulla totale indipendenza reciproca
degli agenti economici l’uno dall’altro e quindi sul fatto che l’utilita di ciascun
agente non sia mai determinata dalle scelte compiute da altri agenti1.
In questo senso, il grande nemico si chiama “esternalita”: ovvero le situ-
azioni in cui le decisioni di qualcuno hanno effetto sulla mia utilita ma non
sui prezzi sfuggendo cosı ad ogni possibilita di coordinamento attraverso il
mercato. Il mezzo principale attraverso il quale si impedisce il manifestarsi
delle esternalita e lo stabilire una struttura di diritti di proprieta, ovvero
una precisa suddivisione delle sfere di influenza e d’azione di ciascun agente
economico. Come vedremo in dettaglio, e solo l’esistenza di una struttura di
diritti di proprieta che soddisfi alcune ben precise caratteristiche ad assicu-
rare il perfetto funzionamento del mercato come sistema allocativo.
La piu classica e la piu largamente accettata definizione di “diritto di pro-
1Fatte ovviamente salve le scelte di mercato degli altri agenti, ovvero quelle che siriflettono direttamente nei prezzi
4.1 Diritti e proprieta 63
prieta” e dovuta ad Armen Alchian e risale ad un lavoro del 1965. Secondo
questa definizione, un sistema di diritti di proprieta e un metodo di asseg-
nare agli individui l’autorita di scegliere per beni specifici ogni uso possibile
all’interno di una classe di usi non proibiti.
Le nozioni di proprieta e di diritto di proprieta sono piu ricche di signifi-
cati e di ambiguita di quanto non sembri a prima vista. Quando diciamo che
qualcuno possiede una macchina o un terreno, ad esempio, diciamo in realta
che quel qualcuno possiede il diritto ad usare quella risorsa (cioe la macchina
o il terreno) entro certi limiti prefissati. Possedere un terreno significa avere
il diritto di seminarlo o di lasciarlo incolto, di scavarci delle buche, di vendere
i frutti che da e decidere del ricavato ottenuto oppure di venderlo. Non sig-
nifica pero avere la possibilita di deviare il corso di un fiume che lo attraversa
o di sparare a chi passa nei dintorni o di impedire ai cacciatori di attraver-
sarlo. Cio che possediamo sono, in realta, dei diritti d’azione socialmente
riconosciuti su quel terreno.
Similmente, se possiedo un’automobile ho automaticamente una serie di
diritti su di essa che mi derivano dal fatto stesso di possederla, cioe dal fatto
di averla acquistata, ed ho una serie di doveri, ovvero di limiti e regole per
i diritti che posso esercitare sull’auto. Posso guidarla (se ho la patente e
rispetto il codice stradale), posso parcheggiarla (negli spazi e nei tempi con-
sentiti), posso dipingerla e decorarla come credo (se non offendo in modo
eccessivo il pudore e la morale pubblica), posso decidere quando e se por-
tarla dal meccanico (sempre che rispetti le leggi sull’emissione di agenti in-
quinanti), posso prestarla (ma solo a qualcuno che abbia la patente) e posso
anche regalarla o venderla ricavandone un guadagno.
Allo stesso modo, se possiedo un’impresa sono libero di assumere e li-
cenziare i dipendenti (rispettando le leggi che regolano tale pratica), posso
scegliere cosa produrre, quali prezzi praticare e quali strategie commerciali
adottare (rispettando, anche in questo caso, tutta una serie di norme e regole
socialmente accettate e fatte rispettare da un’autorita).
Proveremo ora ad esporre il modo in cui la teoria economica risponde a
queste tre domande: Quali sono le carattersitiche della struttura dei diritti di
proprieta in una societa ad un tempo dato? Come e perche sorge una specifica
struttura di diritti di proprieta? Quali sono le conseguenze dell’adozione di
una particolare struttura dei diritti di proprieta sull’interazione sociale?
64 La teoria economica dei diritti di proprieta
Ai fini dell’analisi economica, l’idea di “avere proprieta” di qualcosa e
resa nei termini della possibilita di poter esercitare un diritto residuale di
controllo su di essa. Ovvero: avere il diritto di prendere su quel bene ogni
decisione che non sia esplicitamente controllata da norme o assegnata ad altri
per mezzo di un contratto.
Questo rende possibile al possessore di un bene di impedirne l’uso a chi
non gli corrisponda il prezzo che lui stesso stabilisce. Lo stesso meccanismo
permette a chi possiede un bene di ricevere, trattenere e decidere dei ritorni
prodotti dal bene stesso. Anche in questo caso, definiremo questi ritorni in
modo “negativo” chiamando ritorni residuali tutto cio che resta di un ricavo
al netto delle spese, dei debiti e di ogni altro adempimento contrattuale.
La definizione di proprieta in termini di diritti residuali e fondata, come
vedremo in seguito, sull’impossibilita di formulare contratti completi ovvero
contratti che specifichino in modo completo ed esaustivo ogni diritto di con-
trollo su un bene senza lasciare non specificata alcuna possibile eventualita
o contingenza che possa manifestarsi nel tempo.
La forza ed i limiti con cui si possiedono diritti di proprieta su qualcosa
e definita dalla misura in cui le decisioni del possessore dei diritti su una
risorsa ne determinano effettivamente l’uso. Se le scelte di un agente sugli
usi di una risorsa determinano totalmente i processi decisionali che destinano
quella risorsa ad un particolare uso allora quell’individuo e il possessore totale
dei diritti di proprieta su quella risorsa.
Puo darsi, infatti, il caso in cui sulla stessa risorsa possa esercitare diritti
di proprieta una molteplicita di agenti; puo darsi cioe il caso che i diritti su
una risorsa possano essere distribuiti tra vari agenti. Ad esempio, un agente
ha il diritto di scegliere cosa seminare in un terreno ed un altro ha il diritto
di attraversarlo o di espropriarne una parte per usi socialmente utili. Questa
situazione rende ancora piu chiaro come, in realta, non si possiedano risorse
in senso stretto ma diritti di uso su risorse o su parti delimitate di esse.
Lo stesso problema di individuare la struttura dei diritti di proprieta in
una societa non e banale. Un particolare diritto puo esistere in una societa e
non in un’altra oppure puo non esistere in un certo tempo ed essere riconosci-
uto come tale in un secondo momento. Ai primordi della storia delle comu-
nicazioni radio ad esempio, chi usava frequenze radiofoniche per trasmettere
non aveva il diritto di impedire ad altri di trasmettere sulle stesse frequenze.
4.1 Diritti e proprieta 65
Anche il problema di identificare i possessori di certi diritti non e privo
di difficolta. In questo senso, la distinzione piu ampia puo essere fatta tra
proprieta privata e proprieta pubblica: la classificazione dei sistemi sociali a
seconda del grado di centralizzazione del controllo e strettamente legata al
grado in cui i diritti di proprieta sono allocati allo stato o ai privati.
Uno dei punti chiave per comprendere la rilevanza della domanda su quali
diritti esistano e il confronto tra situazioni in cui esiste il diritto di escludere
qualcuno dall’uso di una risorsa e situazioni in cui questo diritto non esiste.
Per indicare un insieme di diritti che includono il diritto ad usare una
risorsa scarsa ma non il diritto ad escludere qualcuno dall’usarla useremo
l’espressione diritti comuni. Il primo autista che entra in una strada statale,
ad esempio, ha diritto ad usare quella strada per tutto il tempo che vuole e
l’automobilista che lo segue ha il diritto a usare la strada insieme al primo
ma non quello di cacciarlo.
Dal punto di vista economico, la principale difficolta associata ai diritti
comuni e che questi non contribuiscono ad esplicitare i costi sociali associati
all’uso pubblico delle risorse da essi regolate. Chi esercita un diritto pubblico
su una risorsa, infatti, tendera ad esercitare il suo diritto in modi che non
considerano pienamente le conseguenze di quell’uso.
Ad esempio, uno dei costi associati alla caccia, quando la pensiamo come
esercizio di un diritto comune, e la diminuzione non controllata delle specie
cacciate ovvero l’abuso della risorsa in questione. Questo costo, sara preso in
considerazione solo quando sara interesse di qualcuno che cio avvenga ovvero
quando qualcuno avra un interesse economico a che le specie cacciate cessino
di essere un bene comune.
D’altra parte, e evidente come in un regime di diritti comuni se un singolo
cacciatore limitasse il numero degli animali uccisi (e quindi il suo reddito)
assumerebbe su di se l’intero costo della conservazione delle risorse mentre
il vantaggio derivante dal fatto che gli animali cacciati non si estinguano
sarebbe condiviso da un vasto numero di cacciatori.
L’inquinamento e un altro esempio significativo. I laghi, il mare e, piu in
generale l’ambiente naturale, sono risorse usate dai cittadini in un regime di
diritti comuni e, nella maggior parte dei casi, lo stato non riesce ad escludere
nessuno dall’usare in tal modo queste risorse. Cio che ne segue e una super-
utilizzazione delle risorse stesse che non tarda a manifestare i suoi costi sociali
66 La teoria economica dei diritti di proprieta
ad esempio in termini di inquinamento.
Un altro esempio interessante e fornito dai giacimenti di petrolio. Un
giacimento di petrolio puo estendersi per molti chilometri sotto la superficie
terrestre. In assenza di diritti di proprieta precisamente stabiliti si manifesta
un problema delle risorse collettive del tutto simile a quello della caccia. Se
il giacimento si estende attraverso due diverse proprieta, ciascuno dei due
proprietari cerchera di estrarre il petrolio piu velocemente possibile in modo
tale che non sia l’altro a finirlo per primo. L’eccessivo ritmo di estrazione non
solo porta al rapido esaurirsi della risorsa ma anche all’aumentare dei costi
di estrazione. E infatti pratica comune che i diritti di estrazione vengano
assegnati a chi possiede i terreni sopra i giacimenti. Ne segue che sullo stesso
giacimento puo esercitare diritti di proprieta chiunque riesca ad estrarre il
greggio da un pozzo scavato sul suo terreno.
Il problema della super-utilizzazione delle risorse su cui vigono diritti che
non permettono possibilita di esclusione e noto in letteratura come problema
delle risorse collettive2. Come abbiamo visto, l’essenza del problema e che
quando molte persone hanno diritto ad usare una singola risorsa condivisa
si crea un incentivo a che la risorsa sia super-utilizzata e, simmetricamente,
che quando molte persone condividono il dovere di fornire una risorsa, questa
sara fornita in misura insufficiente.
Il fenomeno dei diritti di proprieta non completamente assegnati e assai
rilevante soprattutto se consideriamo la nozione di diritto di proprieta come
incentivo a creare, mantenere ed aumentare la ricchezza. Il proprietario di
un’automobile, ad esempio, tende ad avere buona cura della propria vettura
e cerca di proteggerla dal furto nel migliore dei modi. Cosı facendo, egli
protegge il suo investimento dal perdere valore nel tempo e fa in modo che
l’auto sia per il piu lungo tempo possibile in buone condizioni di efficienza.
Normalmente, di un’auto presa a nolo si ha minor cura che non della pro-
pria, non vi si installa un antifurto e la si guida con maggior disinvoltura.
Simmetricamente, quando i ritorni residuali di una risorsa sono largamente
condivisi nessuno ha sufficiente interesse ad assumersi i costi associati con il
suo mantenimento e nessuno ha sufficiente interesse ad aumentarne la reddi-
tivita.
2L’espressione inglese e tragedy of the commons.
4.1 Diritti e proprieta 67
I costi di transazione rivestono un ruolo importante quando e assente il
diritto di esclusione. Consideriamo, ad esempio, il problema del traffico nelle
superstrade durante le ore di punta. In una superstrada nessuno puo esclud-
ere qualcun altro dall’accedervi e dall’usarla: si tratta infatti di un diritto
comune. Tuttavia, gli automobilisti che non amano il traffico potrebbero, in
linea teorica, pagare gli altri perche usino strade alternative durante certe ore.
Il fatto, pero, che le superstrade siano regolate da diritti comuni incentiva gli
automobilisti a far sı che sia qualcun altro a sostenere questo costo giacche
chi non paga non puo comunque essere escluso dall’usare la superstrada. I
diritti comuni, cioe, creando un problema di risorse comuni contribuiscono
ad alzare i costi di transazione. Inoltre, anche se si ottenesse, comprandola
e quindi pagando per essa, una riduzione temporanea del traffico potrebbero
arrivare nuovi automobilisti attratti proprio dalla riduzione del traffico nella
superstrada. Ovvero: l’offerta di nuovo spazio crea domanda per il suo uso
proprio perche in un sistema di diritti comuni i nuovi utenti non possono
essere esclusi. Nella situazione che verrebbe a crearsi, i nuovi utenti dovreb-
bero essere pagati per tornare alle strade alternative e questo finirebbe per
caricare il sistema allocativo di ulteriori costi di transazione. Un’autostrada,
al contrario, e un sistema in cui vige il diritto ad escludere chi non paga ed
in cui sono eliminate le cause di alti costi di transazione: chi ad un dato
momento non sta usando l’autostrada puo usarla solo se valuta la possibilita
di usarla abbastanza da pagare per essa.
Abbiamo fin qui sottolineato un’asimmetria tra le opportunita offerte ad
un agente economico dalla proprieta in un regime di diritti comuni. Questa
asimmetria consiste nel fatto che in regime di diritti comuni ognuno ha un
diritto individuale non limitato ad usare una risorsa una volta che ne sia
entrato in possesso ma solo un diritto comune sulla stessa risorsa prima di
entrarne materialmente in possesso. Questa asimmetria, spinge le persone a
trasformare i loro diritti nelle forme che hanno piu valore economico per loro
facendo sı che le risorse possedute sotto un regime di diritti comuni siano
trasformate in risorse possedute nella pienezza del diritto di proprieta. Ad
esempio: lo scopo della caccia e trasformare il mio diritto comune su un
animale in un diritto privato ed esclusivo su di esso.
Questo problema puo essere risolto convertendo i diritti comuni in diritti
privati (nel qual caso non ci sarebbe piu un pressante bisogno di cacciare
68 La teoria economica dei diritti di proprieta
impoverendo cosı le risorse) oppure l’incentivo a trasformare i diritti comuni
in diritti privati puo essere vincolato e regolato attraverso autorita e regola-
menti.
Il problema principale e che ogni sistema che preveda una forma di diritti
od un’altra su una stessa risorsa a seconda della forma che la risorsa assume
(e.g. un cervo morto e proprieta di chi lo ha ucciso mentre un cervo vivo e pro-
prieta comune) e altamente instabile. I diritti privati tenderanno a prevalere
su quelli comuni ed a soppiantarli. Questo fenomeno e molto importante
soprattutto se consideriamo i diversi costi del processo di trasformazione dei
diritti comuni in diritti privati. Ad esempio, potremmo immaginare che sia
il marchio e non l’uccisione a trasformare un animale da risorsa comune a
risorsa privata. Si verificherebbe una corsa a marchiare gli animali bradi il
cui costo sociale sarebbe molto minore della caccia indiscriminata.
D’altra parte, il problema dell’asimmetria tra diritti comuni e diritti pri-
vati potrebbe essere risolto semplicemente eliminando questi ultimi. Il prob-
lema dell’asimmetria sarebbe allora immediatamente sostituito da un prob-
lema di incentivi alla cooperazione. Ad esempio, se immaginassimo che gli
animali uccisi non appartengono a chi li ha uccisi ma alla comunita l’incentivo
ad impegnarsi nella caccia sarebbe molto debole. Questo risolverebbe il prob-
lema della super-utilizzazione delle risorse creandone uno, diametralmente
opposto, di sotto-utilizzazione delle stesse. Accadrebbe, cioe, che tutti as-
petterebbero che qualcun altro andasse a caccia e che portasse cibo da con-
dividere. Normalmente, nelle societa in cui fenomeni di questo genere sono
accaduti, si e verificato un mutamento progressivo verso forme di controllo
del comportamento degli individui sempre piu centralizzate e laddove si e
stati incapaci di mettere in atto un efficiente sistema di diritti di proprieta
privata si e giunti a sistemi di controllo basati sull’autorita. Restando nei
termini del nostro esempio, prima o poi, in una situazione in cui non e garan-
tito il diritto privato a cio che si e cacciato, tutti smetteranno di cacciare e
lo stato dovra ordinare di andare a caccia e regolare d’autorita i modi di
condivisione delle prede. In questo senso, dunque, i diritti privati sono uno
strumento che incentiva gli agenti economici a prendere in considerazione i
costi sociali delle loro azioni.
Un altra questione interessante, riguarda l’acutizzarsi dell’instabilita dei
sistemi di diritti comuni nel caso in cui mutamenti della domanda o muta-
4.2 Il teorema di Coase 69
menti tecnologici fanno aumentare il valore di una ricchezza comune. Normal-
mente, tali cambiamenti producono effetti benefici che pero possono essere
apprezzati solo a costo di alti costi di transazione se si resta fermi alle strut-
ture di diritti esistenti precedentemente ad essi. In tali situazioni, dunque, ci
si aspetta di osservare un mutamento delle strutture dei diritti di proprieta
che permettano di rispondere in modo pieno ed appropriato ai nuovi costi ed
ai nuovi benefici portati dall’innovazione tecnologica.
La diffusione dei segnali radiofonici attraverso nazioni diverse e un es-
empio interessante dell’ampiezza nei mutamenti delle strutture dei diritti di
proprieta che segue da un’innovazione tecnologica economicamente significa-
tiva. Nel 1926, la compagnia telefonica olandese decise di usare la propria
rete per diffondere programmi radio ricevuti da paesi esteri ai suoi abbon-
ati in cambio di un costo aggiuntivo. Tuttavia, molti dei programmi diffusi
erano stati prodotti in Francia o in Inghilterra ed erano soggetti a copy-
right. Ovviamente i possessori dei copyright non ricevevano alcun compenso
dalla compagnia telefonica olandese. L’uso di una risorsa che diveniva au-
tomaticamente disponibile in un paese essendo stata prodotta in un altro
pose nuovi problemi legali ed economici che portarono alla Conferenza di
Berna del 1928 in cui si assegno ai titolari del copyright il solo diritto di
autorizzare la trasmissione del materiale sotto diritto ai cittadini dei paesi
che sottoscrissero l’accordo.
4.2 Il teorema di Coase
Nonostante l’importanza delle regole sulla proprieta privata rispetto ad una
teoria dello scambio fu solo a partire dagli anni ’60 che gli economisti si resero
conto dell’importanza di pensare in termini esplicitamente istituzionali. Il
lavoro di Ronald Coase The Problem of Social Cost pubblicato nel 1960 fu
una grossa spinta verso questo interesse.
Il contesto di questo articolo e la teoria delle esternalita tradizionalmente
sviluppata secondo le idee dell’economista inglese A. Pigou. Gli argomenti
di Coase hanno a che fare, in termini generali, con gli effetti economici dei
conflitti nell’uso della proprieta. Il problema centrale puo essere formulato
dicendo che nella misura in cui chi possiede una proprieta puo influire su
altri senza pagare i costi della sua influenza crea dei costi sociali maggiori
70 La teoria economica dei diritti di proprieta
dei loro costi privati. Fino a Coase, la divergenza tra costi sociali e costi
privati era una delle ragioni classiche per giustificare l’intervento dello stato
nell’economia (ad esempio con l’imposizione di una tassa) al fine di correggere
un comportamento inefficiente. Coase, invece, sottolineo come il problema
delle esternalita potesse essere affrontato dal punto di vista delle regole sulle
proprieta privata o meglio: da modo in cui il dominio dell’azione privata e
modularizzato.
In un mondo ideale di diritti perfettamente decomposti tutte le inter-
dipendenze tra diritti sarebbero risolte dal sistema dei prezzi. Infatti, fin
quando i diritti di proprieta sono completi e ben definiti, ogni conflitto
nell’uso della proprieta sarebbe risolto dallo scambio e dalla negoziazione.
Quando pero i diritti di proprieta sono assenti, ambigui o mal definiti le
assegnazioni iniziali dei diritti influenzano l’efficienza.
Il lavoro di Coase suggerisce anche un’altra importante conclusione: il
modo corretto di trattare gli aspetti economici degli usi conflittuali delle pro-
prieta e guardare le regole che ne governano l’uso piuttosto che intervenire
direttamente nelle decisioni dei possessori dei diritti di proprieta. Questa
idea e sviluppata intorno alla possibilita di libero scambio dei diritti di pro-
prieta. In particolare, Coase cerca di rispondere a questa domanda: in quali
circostanze e sotto quali ipotesi un diritto sara effettivamente posseduto da
chi gli attribuisce il maggior valore?
Stabilire una struttura di diritti e costoso ed una societa (cosı come gli
agenti che la compongono) saranno disposti a pagare tali costi solamente se
questi valgono i benefici che ne scaturiranno. Ad esempio, i proprietari dei
ristoranti scelgono di non esercitare pienamente i loro diritti di proprieta sul
sale che mettono in tavola: esso e posto in regime di diritti pubblici. Anche
se cio elimina ogni incentivo del ristoratore ad amministrare il sale con par-
simonia, ogni inefficienza e compensata dall’evitare i costi di transazione che
sorgerebbero per monitorare l’uso del sale da parte dei clienti. Nuovi diritti
di proprieta emergono (o i vecchi vengono alterati) ogni volta che si creano
condizioni esterne che rendono vantaggioso ridefinire una nuova modulariz-
zazione dell’interazione sociale. L’internalizzazione delle esternalita - ovvero
l’eliminazione delle interdipendenze tra le scelte e le azioni di diversi agenti
economici - e il processo che genera l’accorpamento, la divisione, la creazione
o l’eliminazione dei diritti di proprieta.
4.2 Il teorema di Coase 71
Come abbiamo gia visto, un’esternalita e il fenomeno che si verifica quando
il benessere di un consumatore dipende dal consumo o dalla produzione di
un altro agente. Ad esempio, io posso avere delle preferenze sul fatto che il
mio vicino di casa ascolti i Sex Pistols a tutto volume alle tre del mattino
o che qualcuno fumi al ristorante accanto al mio tavolo oppure sulla quan-
tita di inquinamento prodotta dalle automobili nella mia citta. Gli esempi
appena fatti sono tutti esempi di esternalita di consumo negative ovvero di
esternalita che hanno un effetto negativo sul mio benessere. Il fatto che il
mio vicino di casa curi il suo giardino e che questo sia sempre fiorito e invece
un esempio di esternalita di consumo positiva. In modo del tutto analogo,
si verifica un’esternalita di produzione negativa quando, ad esempio, le pos-
sibilita produttive di un’impresa vengono influenzate dalle scelte di un’altra
impresa o di un consumatore.
Il problema centrale delle esternalita e che esistono beni ai quali i con-
sumatori sono interessati e che pero non sono scambiati sul mercato: non
esiste il mercato della musica a tutto volume alle tre di notte, ne quello
del fumo a ristorante ne quello dei giardini fioriti. Molti dei problemi di
cui abbiamo parlato finora derivano proprio dalla mancanza di mercati delle
esternalita. Si e infatti visto che nei modelli proposti dalla microeconomia
classica ogni individuo prende le sue decisioni di consumo (o di produzione)
senza tener conto di quelle degli altri e senza esserne influenzato. Ogni inter-
azione tra produttori e consumatori avviene nel mercato e tutto cio che gli
agenti debbono conoscere sono i prezzi di mercato e le proprie possibilita di
consumo o di produzione. In questo paragrafo, ci chiederemo cosa succede
quando sono presenti delle esternalita e quali siano gli effetti economici di
queste. A questo punto, dovrebbe essere evidente che i meccanismi di mer-
cato sono in grado di determinare allocazioni Pareto efficienti in assenza di
esternalita e che questo cessa di essere vero in loro presenza. Ci avvarremo
di un esempio per illustrare meglio l’intera situazione.
Immaginiamo due persone che abitano nello stesso appartamento. I due
si chiamano Matteo e Paolo. Questi hanno delle preferenze rispetto a danaro
e fumo: in particolare, il danaro piace ad entrambi mentre a Matteo piace il
fumo, a Paolo l’aria pura.
Le possibilita di consumo di Matteo e Paolo possono essere rappresentate
con la scatola di Edgeworth. Sull’asse orizzontale rappresentiamo la quantita
72 La teoria economica dei diritti di proprieta
totale di danaro dei due consumatori e sull’asse verticale la quantita di fumo.
Le preferenze di Matteo sono crescenti rispetto a danaro e fumo mentre quelle
di Paolo sono crescenti rispetto a danaro ed aria pura (i.e. assenza di fumo).
Misureremo il fumo in una scala che va da 0 ad 1 dove 0 corrisponde all’aria
pura ed 1 ad una stanza piena di fumo.
Su queste premesse, possiamo costruire il grafico della Figura 3.1. Noter-
emo che il grafico va interpretato in modo leggermente diverso da una con-
sueta scatola di Edgeworth. Infatti, se il fumo e un bene per Matteo ed
un male per Paolo allora la soddisfazione di Paolo aumenta se Matteo fuma
meno. Consideriamo come sono misurati i beni sugli assi cartesiani. Il da-
naro a disposizione di Matteo e rappresentato sull’asse orizzontale partendo
dall’angolo in basso a sinistra della scatola e quello a disposizione di Paolo
sull’asse orizzontale a partire dall’angolo in alto a destra, mentre la quan-
tita totale di fumo e rappresentata sull’asse verticale a partire dall’angolo in
basso a sinistra. Questo accade perche mentre il danaro puo essere ripartito
tra i due consumatori la quantita di fumo che essi consumano e identica per
entrambi.
Notiamo dunque che nella usuale rappresentazione della scatola di Edge-
worth la soddisfazione del consumatore 2 aumenta se il consumatore 1 dimi-
nuisce il consumo di uno dei due beni a disposizione perche in tal modo il con-
sumatore 2 puo consumare una quantita maggiore dello stesso bene. Anche
nella nostra scatola la soddisfazione di Paolo aumenta se Matteo diminuisce
il consumo del bene 2 (il fumo) ma per una ragione molto diversa. Nel
nostro esempio, la soddisfazione di Paolo aumenta perche entrambi devono
consumare la stessa quantita di fumo e per Paolo il fumo e un male.
Assumeremo poi che Paolo e Matteo dispongano entrambi della stessa
quantita di danaro: 100 ¤ a testa e che le loro dotazioni si trovino quindi in
qualche punto sull’asse verticale. Per determinarne l’esatta posizione, occor-
rera individuare la dotazione iniziale di fumo/aria pura e questa dipendera
dai diritti che la legge riconosce ai fumatori e ai non fumatori. Per esempio,
puo darsi il caso che Matteo abbia il diritto di fumare quanto vuole ed, in tal
caso, Paolo dovra rassegnarsi. Oppure Paolo puo avere il diritto di respirare
aria pura o, infine, la legge puo prevedere ogni altro caso intermedio.
Dire che un agente possiede o gode di un diritto su 100 ¤ e, come sap-
piamo, un’affermazione che si basa su una definizione giuridica del diritto di
4.2 Il teorema di Coase 73
proprieta; dire che la dotazione iniziale di Matteo e di 100 ¤ equivale percio
a dire che egli puo decidere di utilizzare tale somma come crede oppure che
la puo regalare o scambiare con altri beni. Analogamente, se un individuo ha
un diritto di proprieta sull’aria pura allora egli puo decidere se consumarla,
cederla oppure venderla a qualcun altro.
Consideriamo il caso in cui Paolo ha diritto all’aria pura. In tal caso,
la dotazione iniziale nella Figura 3.1 e indicata da E: questo e il punto in
cui Matteo possiede (100, 0) e Paolo (100, 0) ovvero: i due agenti dispongono
entrambi di 100 ¤ e la dotazione iniziale e interamente aria pura.
Matteo
PaoloFUMO
DANARO
.Possibile equilibrio X
Possibile equilibrioX'.
Possibile dotazione E.
Possibile dotazione E'
.
Figura 3.1: Il teorema di Coase
Ovviamente, non c’e ragione per cui la dotazione iniziale debba essere
Pareto efficiente. Uno degli aspetti del diritto di proprieta sull’aria pura e
che si ha il diritto di scambiarne una parte con altri beni, in questo caso con
il danaro. E possibile che Paolo preferisca scambiare parte del suo diritto
all’aria pura con danaro. Il punto X nella Figura e un esempio di un caso
del genere.
74 La teoria economica dei diritti di proprieta
Sappiamo che in corrispondenza di un’allocazione Pareto efficiente, nes-
sun consumatore puo aumentare la propria soddisfazione senza diminuire
quella dell’altro. In tale situazione, come sappiamo, il saggio marginale di
sostituzione tra fumo e danaro e uguale per entrambi gli agenti. Immag-
iniamo ora che Matteo e Paolo inizino a scambiare ed a negoziare fino ad
arrivare ad un punto Pareto efficiente. Ovvero: Paolo ha bensı diritto a res-
pirare aria pura ma puo chiedere del danaro ed accettare di respirare un po’
del fumo di Matteo.
E possibile assegnare i diritti di proprieta in modo diverso e, per esempio,
concedere a Matteo il diritto di fumare quanto crede in modo tale che sara
Paolo a cercare di corromperlo perche fumi di meno. Questa situazione e
rappresentata dalla dotazione E’ della Figura 3.1. Questa, come nel caso
precedente, puo non essere un’allocazione Pareto efficiente: possiamo cioe
immaginare che gli individui inizino a scambiare fino a raggiungere un punto
preferito da entrambi come il punto X’ della Figura 3.1.
Sia X che X’ sono allocazioni Pareto efficienti che si ottengono da dotazioni
iniziali diverse. Infatti, la soddisfazione di Matteo e maggiore in X’ piuttosto
che in X e quella di B e maggiore in X piuttosto che in X’. Ovvero: ai due
punti corrispondono diverse allocazioni delle risorse ma sono entrambi Pareto
efficienti. Non solo: come sappiamo, ogni punto della curva dei contratti e
un’allocazione Pareto efficiente di fumo e danaro. Quindi, se gli individui
possono scambiare entrambi i beni, alla fine si troveranno in corrispondenza
di qualche punto della curva dei contratti che dipendera pero dai loro diritti
di proprieta su fumo e danaro e dal processo di scambio.
Potremmo anche immaginare che tale processo di scambio sia quello
basato sul meccanismo dei prezzi e che ci sia un banditore che annuncia
i prezzi e a ciascun contraente chiede quanto e disposto ad acquistare in
corrispondenza di quei prezzi. Se la dotazione iniziale consente a Matteo di
fumare, questi puo pensare di vendere parte dei propri diritti a Paolo in cam-
bio di danaro. Analogamente, se Paolo ha diritto all’aria pura, potra vendere
parte della sua aria a Matteo. Se il banditore riesce a trovare un insieme di
prezzi in corrispondenza dei quali l’offerta e uguale alla domanda si arrivera
ad una situazione di efficienza paretiana. Inoltre, se esistera un mercato per il
fumo l’equilibrio concorrenziale sara Pareto efficiente ed i prezzi misureranno
il saggio marginale di sostituzione tra i due beni.
4.2 Il teorema di Coase 75
Ora, finche i diritti di proprieta sui beni che comportano esternalita sono
definiti esattamente, gli agenti possono effettuare degli scambi, partendo
dalla loro dotazione iniziale, per raggiungere un’allocazione Pareto efficiente.
Introducendo un mercato per i beni che comportano esternalita conseguiremo
lo stesso risultato.
I problemi sorgono quando i diritti di proprieta non sono esattamente
definiti: ad esempio quando Matteo ritiene di avere il diritto di fumare e
Paolo il diritto di respirare aria pura. Il punto importante e dunque che
i problemi relativi alle esternalita sorgono quando i diritti di proprieta non
sono esattamente definiti. Il nostro vicino di casa puo dunque pensare di
avere il diritto di ascoltare i Sex Pistols a tutto volume alle tre di notte
e noi possiamo pensare di avere il diritto di dormire tranquilli, un’impresa
puo pensare di avere il diritto di inquinare mentre noi pensiamo che non
lo abbia. In tutti i casi che abbiamo portato ad esempio, vediamo come i
diritti di proprieta non definiti comportano una produzione di una quantita
di esternalita inefficiente (sarebbe cioe possibile aumentare la soddisfazione di
entrambi variando tale quantita). Se invece i diritti di proprieta sono esatta-
mente definiti e negoziabili tra i contraenti allora questi potranno scambiare
i loro diritti a produrre esternalita esattamente come possono scambiare i
loro diritti a consumare (o produrre) qualsiasi altro bene.
Abbiamo dunque visto che se i diritti di proprieta sono definiti in modo
preciso, allora gli scambi tra agenti danno luogo ad un’allocazione efficiente
delle esternalita. In generale, tuttavia, abbiamo anche visto come la quantita
di esternalita prodotta nella soluzione efficiente dipende dal modo in cui sono
assegnati i diritti di proprieta. Nel caso di Matteo e Paolo la quantita di fumo
prodotta dipende da chi gode dei diritti di proprieta: il fumatore o il non
fumatore.
Siamo cosı arrivati al nostro punto principale: il Teorema di Coase. La
piu grande difficolta nello spiegare questo teorema e che in realta esso non e
un teorema nel senso classico del termine: un enunciato preciso ed univoco
piu una dimostrazione formale. Esso e stato definito “congettura”, “tautolo-
gia”, “argomento circolare”: noi continueremo a chiamarlo “teorema” per
comodita. Il vero problema e che a questo teorema e stata attribuita una
quantita di significati e valenze diverse con le quali proveremo a confrontarci.
Il modo forse piu generale di enunciarlo e questo:
76 La teoria economica dei diritti di proprieta
Teorema 1 (Teorema di Coase) Se le contrattazioni tra agenti non com-
portano alcun costo e se gli agenti non mostrano alcun effetto reddito3, al-
lora si giungera ad un’allocazione Pareto efficiente indipendente dalla dis-
tribuzione iniziale dei diritti di proprieta.
Come si diceva prima, cio che oggi chiamiamo Teorema di Coase e in
realta un insieme di proposizioni ed argomenti diversi presentati dallo stesso
Coase sotto forma di esempi che mettono in luce sensi e significati diversi della
sua idea. Proveremo ora ad esaminare alcune di queste diverse formulazioni
dell’idea di Coase.
Sappiamo bene che secondo la teoria microeconomica neoclassica le in-
terazioni economiche che avvengono in mercati anonimi, completi e competi-
tivi producono allocazioni Pareto efficienti delle risorse. Abbiamo poi detto
all’inizio di questa esposizione che esistono diritti di proprieta definiti non
solo per le risorse materiali ma anche diritti di proprieta definiti legalmente
che garantiscono il controllo residuale sull’uso delle risorse materiali. Possi-
amo allora leggere il Teorema come una proposizione che generalizza alcune
proprieta dello scambio di risorse al caso dello scambio di diritti di proprieta
legalmente definiti. Possiamo allora formularlo in questo modo:
Teorema 2 (Teorema di Coase: diritti legali) L’allocazione iniziale dei
diritti legali non influisce sull’efficienza nella misura in cui tali diritti possono
essere liberamente scambiati.
Basandoci su questa interpretazione, possiamo affermare che il modo per
assicurare l’efficienza dei diritti di proprieta definiti legalmente e semplice-
mente abbattere ogni barriera che ne ostacoli il libero scambio sul mercato.
Come abbiamo visto, le principali tra queste barriere sono la non perfetta
definizione dei diritti di proprieta e la difficolta (i.e. i costi) di far rispettare
ogni contratto che ne regoli limiti e scambio.
La nozione di costo di transazione, introdotta nel Capitolo 2 di queste
dispense, ci permette un’altra interessante lettura del Teorema:
Teorema 3 (Teorema di Coase: costi di transazione) L’allocazione in-
iziale dei diritti legali non influisce sull’efficienza nella misura in cui i costi
di transazione sono pari a zero.
3Ovvero: le domande dei beni che provocano l’esternalita non dipendano dalla dis-tribuzione del reddito.
4.2 Il teorema di Coase 77
L’idea di una situazione in cui i costi di transazione sono pari a zero e ev-
identemente un costrutto logico piu che una descrizione di una situazione
reale. Pur tenendo presente questo fatto, possiamo interpretare il Teorema
come l’affermazione secondo la quale e possibile e consigliabile usare stru-
menti legali per minimizzare i costi di transazione. Dunque, piuttosto che
allocare efficientemente i diritti legali iniziali e preferibile, al fine di raggiun-
gere allocazioni efficienti, ridurre al minimo i costi di transazione lasciando
che sia poi il buon funzionamento del mercato a favorire il raggiungimento
di un’allocazione efficiente.
Infine, possiamo pensare di leggere il Teorema dal punto di vista dei falli-
menti del mercato e di ogni forma di deviazione dalla competizione perfetta:
Teorema 4 (Teorema di Coase: fallimenti del mercato) L’allocazione
iniziale dei diritti legali non influisce sull’efficienza nella misura in cui questi
possono essere scambiati in un mercato perfettamente competitivo.
In questo senso, assicurare l’efficienza di un sistema di diritti legali equivale
ad assicurare l’esistenza di un mercato perfettamente competitivo per essi.
Come sappiamo, le condizioni per l’esistenza di un mercato perfettamente
competitivo sono: l’esistenza di un grande numero di agenti passivi rispetto
a prezzi, l’assenza di esternalita, la perfetta capacita dei prezzi di veicolare
informazione sulla scarsita relativa dei beni e l’assenza di costi di transazione.
Coase, nel suo articolo, usa un esempio che puo essere preso a prestito
per illustrare le relazioni tra queste tre diverse letture del suo teorema. Im-
maginiamo un campo di grano vicino al quale passa una ferrovia percorsa da
treni a vapore. E assai probabile che le scintille del motore della locomotiva
a carbone possano incendiare il grano e danneggiare il raccolto. Ora, tanto
il proprietario del campo di grano quanto la compagnia ferroviaria possono
prendere precauzioni per limitare i danni prodotti dal fuoco. I contadini pos-
sono evitare di seminare troppo vicino alla ferrovia e la compagnia ferroviaria
puo adottare qualche dispositivo che riduce l’emissione di scintille.
Possiamo immaginare che il modo in cui la questione sara risolta dipenda
da un ordinamento legale e che sia dunque questo a controllare ogni incentivo
a prendere precauzioni e, conseguentemente, a determinare l’ammontare del
danno eventualmente prodotto dal fuoco. In particolare, se ai contadini e
assegnato il diritto di far chiudere la ferrovia finche non smettera di produrre
78 La teoria economica dei diritti di proprieta
scintille, allora il danno provocato dal fuoco sara pari a zero. Se invece la
compagnia ferroviaria ha il diritto di far passare i propri treni ovunque voglia
e non ha il dovere di prendere precauzioni contro l’emissione di scintille, allora
il danno causato dal fuoco sara notevole.
Coase ci direbbe che questa e solo una visione superficiale del problema.
Infatti se e vero che e la legge a determinare l’allocazione iniziale dei diritti e
il mercato4 a determinare l’allocazione finale. Dunque, se i contadini hanno
il diritto a bloccare la ferrovia hanno anche il diritto a vendere questo diritto.
Ovvero: la compagnia ferroviaria potrebbe pagare in cambio della promessa
certa che i contadini non bloccheranno la linea ferroviaria. Viceversa, se la
compagnia ferroviaria ha il diritto di emettere tutte le scintille che vuole, puo
vendere questo diritto ed i contadini possono pagare una somma di danaro
in cambio della promessa certa che le emissioni di scintille saranno eliminate.
Quale che sia l’allocazione iniziale dei diritti, entrambe le parti hanno un
incentivo a continuare a negoziare ed a scambiare i propri diritti finche esis-
tano per entrambi dei potenziali vantaggi e, come accade per qualsiasi altro
bene, i guadagni che derivano dalla scambio di diritti legali non si esauriscono
finche ogni diritto non sia nelle mani di chi gli attribuisce maggior valore.
Se i contadini hanno il diritto di non avere scintille sul proprio raccolto e
se la compagnia ferroviaria attribuisce maggior valore al diritto ad emettere
scintille di quanto i contadini non ne attribuiscano a non vedere incendiato
il proprio raccolto, allora entrambe le parti trarranno beneficio dal fatto che
i contadini vendano i propri diritti alla compagnia ferroviaria. I guadagni
potenziali che derivano dallo scambio si esauriranno solo quando si sara rag-
giunta un’allocazione efficiente o, in altre parole, quando i mercati funzionano
bene l’allocazione di equilibrio dei diritti legali sara efficiente.
4.3 Il teorema di Coase e vero?
Il Teorema di Coase e oggetto di molte critiche ed e spesso circondato da un
diffuso scetticismo circa la sua effettiva adeguatezza ai reali fenomeni eco-
nomici. Come abbiamo gia detto, uno dei modi di leggere il teorema si basa
sull’idea che i diritti legali saranno allocati in modo efficiente in condizioni
4Sempre che esista e che funzioni come deve...
4.3 Il teorema di Coase e vero? 79
di perfetta competizione. Nel 1969, l’economista americano Kenneth Arrow
sottolineo in modo molto convincente e formalmente rigoroso un fatto tanto
ovvio quanto poco notato in precedenza, ovvero che le esternalita per la loro
stessa natura hanno esattamente la caratteristica di prevenire ed impedire
la formazione di mercati completi (ricorderemo che la completezza e proprio
una delle caratteristiche essenziali perche si abbia perfetta competizione).
Immaginiamo infatti che il governo fornisca dei “buoni di inquinamento”
e che questi siano liberamente scambiabili. Immaginiamo anche che inquinare
sia totalmente vietato a tutti ma non ai possessori di tale tessera. Chiun-
que possieda un buono di inquinamento senza pero effettivamente inquinare
non contribuisce all’aumentare dell’inquinamento mentre chiunque compra
un buono per inquinare aumenta la quantita di inquinamento. Accade cosı
che i benefici sociali del possessore di buono che non inquina superano i suoi
benefici privati e di conseguenza questi agenti tenderanno a vendere troppi
buoni. Allo stesso modo, il costo sociale di un inquinatore che compra un
buono superera il suo costo privato e di conseguenza gli inquinatori compre-
ranno troppi buoni. Questa divergenza tra costi sociali e costi privati e essa
stessa un’esternalita, ovvero: creare un mercato per i buoni di inquinamento
con lo scopo di eliminare un’esternalita non fa altro che generarne una nuova.
Anche se consideriamo l’interpretazione del Teorema basata sui costi di
transazione, non e difficile trovare argomenti contro di esso. Infatti, e molto
plausibile che i costi di transazione siano sufficientemente bassi solo nel caso
in cui i contadini coinvolti nella negoziazione siano in numero molto piccolo.
Non solo: occorre anche considerare un altro fatto molto importante e cioe
che ogni processo di contrattazione5 ha un ineludibile carattere strategico.
Per definizione, ogni situazione di contrattazione puo generare un surplus
attraverso il raggiungimento di un accordo. Tuttavia, non esiste un unico
modo di dividere quel surplus tra chi ne puo beneficiare. Ogni partecipante
alla contrattazione cerchera di massimizzare la sua quota di surplus fino a
che non pensera che la contrattazione possa fallire integralmente e l’accordo
non possa piu essere raggiunto con conseguente perdita del surplus.
Il problema dell’inevitabile instabilita delle situazioni di contrattazione e
stato affrontato dagli economisti Paul Milgrom e John Roberts in un lavoro
5Bargaining in inglese.
80 La teoria economica dei diritti di proprieta
del 19906. Milgrom e Roberts mostrano che in ogni gioco di contrattazione
anche ad informazione completa l’insieme degli equilibri di Nash e tale da
lasciare indeterminate sia le condizioni alle quali i soggetti dividono i benefici
dello scambio, sia l’ammontare totale dei benefici conseguiti. Questo risultato
e interessante in quanto associa ad ogni contesto di interazione sociale la
possibilita del fallimento del coordinamento individuando in essa la ragione
del manifestarsi di relazioni e forme di coordinamento autoritarie diverse dal
mercato.
Lasciando ora da parte le questioni piu astratte, proveremo, illustrando
una situazione reale, a discutere la validita ed i limiti del Teorema di Coase
rispetto alla trasferibilita ed alla sicurezza dei diritti di proprieta.
Per la maggior parte della sua estensione, la California e un deserto.
L’acqua e resa disponibile dalle piogge durante la (brevissima) stagione in-
vernale e dalla neve che cade nelle montagne del Nord-Est dello stato. La
maggior parte di quest’acqua andrebbe naturalmente a finire nell’Oceano
Pacifico se non fosse raccolta e convogliata da un vasto sistema di dighe ed
acquedotti. In questo modo il 75 % dell’acqua californiana, che viene dal
Nord dello stato, viene distribuita ed usata nella California meridionale dove
vive il 75 % della popolazione.
L’utilizzo cosı intensivo delle risorse idriche e la deviazione sistematica dal
loro corso naturale ha procurato, fra l’altro, numerosi problemi ambientali
negli anni ’70 ed ’80. In particolare, la California settentrionale ha attraver-
sato lunghi periodi di siccita sino alla fine degli anni ’80 mentre l’acqua veniva
convogliata per usi industriali e domestici nella California meridionale.
I diritti sull’acqua degli agricoltori vengono regolati da una varieta di
istituzioni federali, statali e locali e variano da luogo a luogo. In generale,
tuttavia, per gli agricoltori l’acqua e estremamente economica, tanto che
risulta addirittura redditizia la coltivazione del riso nel deserto. L’acqua che
invece e venduta per usi domestici ed industriali puo costare fino a oltre 20
volte il prezzo di quella per usi agricoli. Inoltre alcune zone che soffrono di
forte carenza utilizzano costossimi impianti di desalinizzazione dell’acqua di
mare che forniscono acqua ad un costo che puo arrivare fino a 300 volte il
6Milgrom, P., Roberts, J. “Bargaining Costs, Influence Costs and the Organization ofEconomic Activity” in Alt, J., Shepsle, K. A., Perspectives on Political Economy, Cam-bridge University Press, 1990.
4.3 Il teorema di Coase e vero? 81
prezzo dell’acqua utilizzata dagli agricoltori.
L’85 % delle risorse idriche californiane viene destinato all’agricoltura ed,
in particolare all’irrigazione dei campi. Tuttavia l’agricoltura rappresenta
solamente il 3 % del prodotto complessivo di quello stato. La prima ed
evidentissima conclusione che traiamo da questi semplici fatti e che destinare
una quantita cosı enorme di una risorsa ad un uso cosı poco redditizio e
possibile solo perche l’acqua per gli agricoltori e cosı economica.
Sulla base di quello che abbiamo detto intorno al Teorema di Coase, pos-
siamo chiederci: perche l’acqua non viene allocata alle risorse piu redditizie?
Parte della risposta e nel fatto che i diritti sull’acqua degli agricoltori non
sono liberamente scambiabili, ovvero: non e possibile venderli al miglior of-
ferente.
Cosa accadrebbe se gli agricoltori avessero pieno diritto di comprare una
certa quantita d’acqua al (bassissimo) prezzo usuale e di rivenderla o di
vendere il diritto a comprarla a quel prezzo ad altri? E evidente che l’utilita
marginale dell’acqua sia maggiore per un industriale o per una famiglia che
non per un agricoltore, altrimenti per quale motivo questi sarebbero disposti
a pagare fino a 300 volte il prezzo che i contadini pagano? In questo caso, i
contadini troverebbero assai vantaggioso diminuire la loro produzione oppure
adottare metodi di irrigazione piu efficienti o passare a colture che richiedono
meno acqua e vendere la parte restante dei loro diritti sull’acqua a chi gli
attribuisce maggior utilita.
Il Teorema di Coase, allora, ci direbbe che se i diritti sul’acqua fossero
perfettamente scambiabili l’acqua sarebbe allocata nel modo piu efficiente. Il
fatto e che che i diritti sull’acqua in California non sono assegnati in tal modo
e, come e ora evidente, il problema principale e la loro non trasferibilita.
Esiste poi un’ulteriore regolamentazione dell’uso dell’acqua che rende l’in-
tera struttura dei diritti e degli incentivi ancora meno efficiente. Queste e la
disposizione secondo la quale chi riceve l’acqua al prezzo piu basso perde il
diritto ad avere allo stesso prezzo sempre la stessa quantita d’acqua se non la
usa tutta. Ora, nella misura in cui un agricoltore attribuisce valore ad avere
in futuro la stessa quantita d’acqua allo stesso prezzo basso egli avra un forte
incentivo ad usare tutta l’acqua a sua disposizione anche quando l’acqua ha
un valore marginale minore del prezzo richiesto.
Lo stesso problema si e manifestato in California durante i cinque anni
82 La teoria economica dei diritti di proprieta
di siccita ininterrotta che andarono dal 1986 al 1991. In quegli anni, le au-
torita statali chiesero alle famiglie di ridurre il proprio consumo di acqua. Le
famiglie che negli anni di abbondanza d’acqua avevano accumulato delle riser-
ve, si trovarono a ridurre sulla base di quantita rese piccole dalla disponibilita
delle riserve accumulate. Al contrario le famiglie che non avevano accumu-
lato alcuna riserva si trovarono ad operare la loro riduzione su un volume
d’acqua consumata ben maggiore. Ovvero: il sistema di allocazione basato
sul consumo passato crea, in realta, forti incentivi allo spreco d’acqua.
Riassumendo, abbiamo visto come, in linea teorica, trasformare i diritti
sull’acqua in diritti perfettamente scambiabili potrebbe portare ad un’allo-
cazione piu efficiente. I contadini venderebbero i propri diritti sull’acqua a
bassissimo prezzo agli abitanti delle citta o alle industrie, poiche entrambi
attribuiscono all’acqua maggiore utilita di quanto non facciano i contadini,
ed entrambe le parti avrebbero da guadagnare da un simile scambio. Ovvia-
mente, qualsiasi altra soluzione potrebbe funzionare in linea teorica ammesso
che rendesse scambiabili i diritti sull’acqua.
Tuttavia, anche immaginando una soluzione di questo genere il problema
assumerebbe le vesti di un problema politico anche piu ampio. Infatti, l’intero
sistema di canali, dighe ed acquedotti e stato pagato e costruito con il danaro
di tutti i contribuenti i quali avrebbero ogni ragione di opporsi a che gli
agricoltori ricavassero profitto da un bene prodotto con risorse collettive. In
definitiva, dall’esempio dell’acqua in California si imparano almeno due cose:
la prima e che strutture di diritti di proprieta non perfettamente definite
o incomplete portano ad un uso inefficiente delle risorse e fanno nascere
spinte verso un cambiamento istituzionale. La seconda, che e forse meno
centrale nel nostro discorso ma egualmente interessante, e che un intervento
centralizzato ed autoritario teso a riformare una struttura di diritti lascia
aperto il problema della ridistribuzione del surplus di risorse generato dal
cambiamento istituzionale. In generale, e ben possibile pensare che i costi
e le difficolta connesse alla contrattazione ed ai cambiamenti istituzionali
blocchino ogni applicazione diretta di principi e strutture di diritti ispirati
alla sola efficienza.
Capitolo 5
I diritti di proprietaintellettuale
5.1 Tecnologia, innovazione ed economia
In questo capitolo discuteremo, in termini ancora molto generali, del prob-
lema dei diritti di proprieta intellettuali. Com e facile capire, si tratta del
problema di come (e se) stabilire una struttura di diritti di proprieta rispetto
ai prodotti della creativita e dell’intelligenza umana. Ci occuperemo princi-
palmente di innovazioni tecnologiche, ovvero del mutamento e del migliora-
mento dei prodotti e dei processi produttivi.
Prima di passare al nostro tema vero e proprio, occorrera dire due parole
sul rapporto tra innovazione tecnologica e teoria economica.
Dalla prima rivoluzione industriale ai nostri giorni la qualita della vita,
la ricchezza e la disponibilita diffusa di beni materiali sono enormemente
aumentate in seguito ad un ininterrotto succedersi di miglioramenti delle
tecniche produttive.
Tuttavia, nonostante questo fatto sia non solo davanti agli occhi di tutti
ma anche supportato da una quantita di ricostruzioni storiche ed evidenza
empirica, la teoria economica neoclassica non ha saputo affrontare la relazione
tra crescita economica ed innovazione tecnologica in modo soddisfacente.
La teoria della crescita economica standard e basata essenzialmente sull’i-
dea di ritorno marginale decrescente. Ricorderemo che questa nozione si
riferisce al fatto che se un’impresa continua ad aumentare la quantita di
capitale (macchinari, impianti, etc.) destinata ad un processo di produzione,
84 I diritti di proprieta intellettuale
il contributo marginale generato da tale aumento, dopo un iniziale crescita,
inizia a diminuire fino ad arrivare a zero.
Se e vero che i ritorni marginali finiscono per approssimare lo zero, al-
lora la crescita economica nel lungo periodo e possibile solo grazie a qualche
fattore esterno (o “esogeno”, come si dice). Uno di questi fattori puo essere,
ad esempio, un mutamento tecnologico che arriva improvviso ed immoti-
vato. Essendo, appunto, esogeno il mutamento tecnologico, come induttore
di crescita, non e e non puo avere a che fare con decisioni e ragioni eco-
nomiche. Per grandi linee questo e il motivo per cui i manuali di economia
dicono cosı poco su un ingrediente apparentemente cosı importante della
crescita economica.
Solo in tempi molto recenti alcuni economisti hanno iniziato a considerare
il mutamento tecnologico come motivato ed indotto da ragioni economiche e
a pensare alla ricerca ed all’innovazione proprio come ad un modo di evitare
che i ritorni marginali degli investimenti di capitale siano decrescenti.
Esiste dunque un senso importante in cui la conoscenza tecnologica e un
bene economico in cui imprese (e governi) investono risorse. La competizione
tra imprese e basata sulla qualita dei prodotti offerti sul mercato e sui prezzi
ed e evidente come la tecnologia possa influire su entrambi questi fattori.
Sappiamo infatti che il prezzo di un bene dipende dai costi degli input e dalla
produttivita: attraverso il miglioramento della produttivita, il mutamento
tecnologico e in grado di produrre riduzioni dei costi di produzione e quindi
dei prezzi.
Il nostro problema e allora: visto che la conoscenza (quando si trasforma
in conoscenza tecnologica) gioca un ruolo economico cosı importante e se e
un bene economico vero e proprio per le imprese, sara opportuno esporre per
grandi linee alcuni dei principi che ne regolano il funzionamento nella societa
e nella vita economica.
5.2 La conoscenza come bene pubblico
Un bene pubblico e definito da due caratteristiche: la non rivalita: il consumo
esercitato da un individuo non diminuisce la quantita del bene che puo essere
consumata da un altro individuo e la non escludibilita: nessuno puo essere
escluso dal consumo del bene. I marciapiedi, le superstrade, i parcheggi,
5.2 La conoscenza come bene pubblico 85
Campo de’ Fiori, il Primo Teorema Fondamentale dell’economia del benessere
sono esempi di beni pubblici.
Quest’ultimo esempio non e casuale. In questo capitolo, infatti, ci occu-
peremo di come e se imporre diritti di proprieta sulle creazioni dell’intelletto
umano: teoremi, musica, letteratura, invenzioni, software ed altro. Un teo-
rema soddisfa in modo molto evidente entrambe le proprieta con cui defini-
amo i beni pubblici. Se qualcuno mi insegna un teorema, dopo che lo ho
imparato, sia io sia il mio insegnante continueremo a godere di ogni beneficio
derivante dalla conoscenza del teorema. Se poi io stesso dimostro un nuovo
teorema e pubblico i miei risultati su una rivista scientifica chiunque godra
dei vantaggi della mia scoperta ed, in teoria, e anche possibile che qualcuno
tragga grandi profitti applicando idee basate sul mio teorema.
Da un punto di vista economico, sara importante sottolineare che i beni
pubblici sono connessi ad una forma di fallimento del mercato, i.e. un’economia
capitalista non produrra affatto beni pubblici oppure li produrra in quantita
troppo piccole rispetto alla domanda.
La non rivalita ha importanti implicazioni. Innanzitutto, noteremo che il
costo marginale dell’ammissione di un nuovo individuo a godere dei vantaggi
della conoscenza e pari a zero. L’esclusione, dunque, anche se fosse possibile
non sarebbe necessariamente vantaggiosa perche il costo marginale della con-
divisione e pari a zero. Un uso efficiente della conoscenza e incompatibile con
il trattarla in un regime di diritti privati: infatti, l’efficienza implicherebbe
un prezzo pari a zero (i.e. il costo marginale dell’ammissione di un nuovo
individuo a godere dei benefici della conoscenza). Tuttavia, a tale prezzo si
finirebbe per produrre solo conoscenza producibile a costo zero.
In effetti, l’uso e l’acquisizione della conoscenza sono attivita costose cosı
come e costoso attingere acqua da un lago (pubblico). Questo, tuttavia, non
influisce sul carattere pubblico della conoscenza: e, ad esempio, immagin-
abile che un privato fornisca trasmissione di conoscenza a pagamento (e.g.
imponga un prezzo che riflette il costo marginale della trasmissione) senza
per questo alterare la natura pubblica della conoscenza1.
Anche la non escludibilita ha un significato e delle conseguenze impor-
1Questo accade, ad esempio, con le distribuzioni commerciali di Linux come Debian oRed Hat: il codice sorgente del sistema operativo rimane liberamente accessibile e si pagaun prezzo solo per il supporto, la distribuzione etc.
86 I diritti di proprieta intellettuale
tanti e se la non rivalita suggerisce che nessuno debba essere escluso dal
godimento della conoscenza, essa suggerisce che, di fatto, nessuno puo essere
escluso. La conseguenza economica piu importante della proprieta di non
escludibilita e che la conoscenza non puo essere fornita privatamente (i.e. in
regime di diritti privati). Immaginiamo, ad esempio, che qualcuno dimostri
un teorema importante e che questo teorema possa fornire soluzioni a prob-
lemi pratici rilevanti come, ad esempio, la progettazione di un ponte o di
un nuovo microprocessore. Assumiamo poi che il teorema non possa essere
tenuto segreto e che debba essere divulgato e reso pubblico immediatamente.
Giacche chiunque puo immediatamente appropriarsi del teorema e goderne
i frutti, lo scopritore non puo trarre alcun profitto dalla sua scoperta. La
competizione porterebbe immediatamente il prezzo ad essere pari a zero e
nessuno riuscirebbe a vendere il teorema ad un prezzo positivo.
In alcuni casi, tuttavia, e ben possibile rendere escludibili alcune forme di
conoscenza. Il segreto commerciale e uno degli strumenti usati a tale scopo:
le industrie metallurgiche, ad esempio, possono tenere nascosta la formula o
la composizione di una lega metallica. Tuttavia, si corre sempre un rischio:
l’ipotetica nuova lega, infatti, puo essere osservata ed analizzata da qualsiasi
impresa concorrente. Naturalmente e possibile che sia molto difficile risalire
dai componenti della lega al processo di fabbricazione vero e proprio ma in
ogni caso non c’e modo di escludere i propri rivali dalla conoscenza della
composizione chimica e delle proprieta della nuova lega.
I brevetti sono un modo di garantire il diritto esclusivo ad un inventore di
trarre profitto dalla sua invenzione per un periodo di tempo che varia da paese
a paese. In cambio dell’acquisizione di questo diritto, si devono pero fornire
tutti i dettagli relativi all’invenzione stessa. Tuttavia, ed e questo il punto
chiave dell’intera faccenda, e il fatto stesso dell’invenzione al di la dei singoli
fatti tecnici contenuti in un brevetto che mette a disposizione un’enorme
quantita di informazione pubblica commercialmente rilevante anche per il
solo fatto di mostrare come tecnicamente possibile qualcosa che prima era al
di fuori dell’ambito della realizzabilita.
Il sistema dei diritti di proprieta intellettuali e dunque un’istituzione
sociale che ha lo scopo di risolvere il fallimento del mercato cui abbiamo
sopra accennato attraverso l’introduzione di incentivi ai privati a produrre
conoscenza. In effetti, come vedremo con maggior precisione, il sistema dei
5.3 Il ruolo dello stato 87
diritti di proprieta intellettuale non e altro che un sistema di introdurre nel
sistema economico una scarsita artificiale di un bene non rivale e non escludi-
bile.
Proprio per il grande valore della conoscenza comunque resa disponibile
attraverso il processo dei brevetti e per il limitato periodo di inappropriabilita
che questi garantiscono, molte imprese preferiscono rinunciare a brevettare
le proprie innovazioni cercando semplicemente di mantenere segrete o quan-
tomeno protette le proprie conoscenze innovative.
5.3 Il ruolo dello stato
Come abbiamo visto nel capitolo precedente, i beni economici soggetti ad
un regime di diritti pubblici tendono ad essere prodotti in misura insuffi-
ciente. Questo vale anche per la conoscenza ed e anche la ragione centrale per
l’intervento dello stato nella produzione di conoscenza. Se infatti le imprese
non possono appropriarsi interamente dei ritorni che gli derivano dai pro-
pri investimenti nella ricerca e nello sviluppo, allora avranno incentivi molto
limitati ad impegnarsi in investimenti di quel tipo. Inoltre, affrontando la
questione in termini piu sottili, quando un’impresa decide quanto investire
guardera esclusivamente alla misura dei ritorni di cui potra appropriarsi senza
pensare ad altri benefici derivanti dall’accrescimento della conoscenza che an-
drebbero gratuitamente a vantaggio di altri. Basti pensare alla mancanza di
proporzione tra la quantita di profitto di cui si e appropriato chi ha effetti-
vamente investito capitali nello sviluppo del transistor e quella che e andata
a vantaggio di un numero enorme di imprese che di quella conoscenza tecno-
logica si e appropriata.
I governi, in termini molto generali, adottano due diverse strategie per
incentivare la produzione di conoscenza.
La prima consiste nell’aumentare il grado di appropriabilita dei ritorni
economici derivanti dalla conoscenza ed e essenzialmente costituita dall’in-
troduzione dei brevetti e delle licenze. Il problema che un governo si trova cosı
ad affrontare consiste nel bilanciare due forze contrapposte. Un inventore,
infatti, ottiene un ritorno dalla sua scoperta e dalla sua attivita imponendo
un costo sull’uso di un bene, come la conoscenza, altrimenti caratterizzato
da non rivalita: l’imposizione di questo costo e permessa proprio dal brevetto
88 I diritti di proprieta intellettuale
o dalla licenza d’uso. L’altra possibilita e che all’inventore sia concessa una
posizione di monopolio derivante dal fatto che egli e in realta l’unico ad es-
sere in pieno possesso della possibilita di sfruttare commercialmente la sua
invenzione. Il punto chiave e che in entrambi i casi ci troviamo di fronte ad
una forma di inefficienza. L’idea e dunque equilibrare l’inefficienza statica
derivante dalla sotto-utilizzazione della conoscenza ovvero dalla produzione
insufficiente del bene protetto dal brevetto con un guadagno in efficienza di-
namica - ovvero con il risultato della maggiore attivita innovativa incentivata
da un maggior grado di appropriabilita.
Lo strumento principale in questo processo di bilanciamento e imporre
una durata ai brevetti: un brevetto valido per un periodo molto breve, in-
fatti, implicherebbe un livello di appropriabilita molto basso tale da limitare i
ritorni derivanti dalle attivita innovative e da indurre, di conseguenza, bassis-
simi livelli di innovazione. D’altro canto, un brevetto eccessivamente esteso
nel tempo implicherebbe grandi perdite dal punto di vista dell’efficienza stat-
ica: la maggior parte dei frutti dell’innovazione andrebbero a solo vantaggio
dell’inventore che non sarebbe mai sottoposto a pressioni competitive ren-
dendo pochissimi benefici ai consumatori, ad esempio sotto forma di prezzi
piu bassi.
Un aspetto interessante, e di grande attualita, e come l’ampiezza e la pro-
fondita di un brevetto possano influenzare il bilanciamento tra efficienza di-
namica ed inefficienza statica. Per ampiezza e profondita si intende l’estensione
di un brevetto ovvero l’insieme di oggetti, tecniche e processi tecnologici che
esso copre legittimamente. Il caso oggi piu studiato e quello degli organismi
geneticamente modificati: cosa copre esattamente il brevetto di un pomodoro
geneticamente modificato? tutti i vegetali modificati? solo i pomodori? solo
questo singolo pomodoro?
In questo senso, il problema piu generale e come l’architettura di un
sistema di brevetti possa avere effetto sulla frequenza ed il ritmo delle inno-
vazioni. Un sistema di brevetti eccessivamente forte (e.g. brevetti molto ampi
e che valgono per tempi molto lunghi) pone infatti dei limiti sull’utilizzabilita
della cosiddetta “conoscenza iniziale”, ovvero sul corpus delle conoscenze sci-
entifiche e tecnologiche disponibili ad un dato momento. Queste sono, ovvi-
amente, la sorgente primaria di ogni innovazione. Rispetto al problema delle
conseguenza infauste di un sistema di protezione della proprieta intellettuale
5.3 Il ruolo dello stato 89
troppo forte, una discussione recente e molto accesa si e sviluppata intorno
al caso Microsoft. Nel caso specifico, la Microsoft fu accusata di far leva sul
potere che le derivava dal suo controllo totale del sistema operativo domi-
nante2 per dominare con sempre maggior intensita il mercato del software.
Questo problema, fra l’altro, e di grande importanza per lo sviluppo delle
nazioni sottosviluppate. Come e naturale, infatti, l’innovazione e la spesa
per l’innovazione sono concentrate nelle nazioni piu ricche e la produzione
di conoscenza ed innovazione nelle nazioni meno sviluppate consiste assai
spesso nell’adattamento o nella parziale estensione di innovazioni prodotte
nei paesi piu ricchi. E evidente come un sistema di brevetti e degli standard di
appropriabilita eccessivamente elevati non possono che ritardare lo sviluppo
dei paesi poveri.
La seconda strategia adottata dai governi per affrontare il problema dell’ap-
propriabilita si basa sull’intervento diretto dello stato a supporto dell’innova-
zione. Se il governo potesse aumentare senza costi le entrate per supportare
l’innovazione e se il governo potesse efficacemente distinguere tra progetti di
ricerca validi e infruttuosi, questa strategia sarebbe chiaramente superiore al
rafforzamento dei diritti di proprieta intellettuali di cui abbiamo discusso.
Quest’ultima, come abbiamo gia visto, comporta il manifestarsi di prezzi di
monopolio derivanti dai diritti garantiti dai brevetti ed uso inefficiente della
conoscenza.
Tuttavia, anche se i due “se” del capoverso precedente potessero essere
soddisfatti, il sistema dei brevetti garantisce un forte sistema di selezione
basato sul fatto che solo i progetti di ricerca giudicati credibili o proba-
bilmente fruttuosi saranno finanziati dalle imprese e da singoli privati che,
di conseguenza, saranno i soli a sopportarne costi e rischi. E proprio per
questo motivo che la maggioranza degli economisti ritiene la politica basata
sul rafforzamento e la garanzia dei diritti di proprieta intellettuali superiore
all’intervento diretto dello stato.
Anche in questo caso, pero, si da almeno un caso in cui i costi della
strategia basata sul rafforzamento dei diritti sono alti. Si tratta della cosid-
detta “ricerca di base” ovvero della ricerca scientifica che non ha scopi di
applicazione immediata (e.g. la matematica, la fisica teorica). I benefici eco-
2Risultato esso stesso di rilevanti esternalita di rete che hanno determinato un enormevantaggio rispetto allo stabilire standards nell’industria del software.
90 I diritti di proprieta intellettuale
nomici della ricerca di base, infatti, sono, quasi per definizione, destinati ad
una larga diffusione e, in linea di principio, e assai difficile immaginare un
sistema di appropriabilita dei suoi risultati che non rallenti lo sviluppo della
ricerca.