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    CI SONOANCHIO

    Costruire opportunit, superare il disagio, allenare alla cittadinanza attiva

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    Progetto finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Socialiai sensi dellart. 12, c. 3, lett.f, legge n. 383/2000 Direttiva 2008Le attivit inerenti al progetto sono a titolo gratuito

    Quando lo sport e sociale

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    Via G.Marcora 18/20 00153 RomaTel. 06.5840650 Fax 06.5840564

    [email protected]

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  • CI SONOANCHIO

    Costruire opportunit, superare il disagio, allenare alla cittadinanza attiva

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  • Responsabile progettoAlessandro Galbusera

    Content editingMarinella Cucchi

    Raccolta/coordinamento testiMonica Baffa Pacini

    Progettazione grafica e impaginazioneAesse Comunicazione - Roma

    FotoUS Acli Caserta, US Acli Caltanisetta,US Acli Catanzaro, US Acli Trento,Archivio fotografico US Acli,Fotolia.com, iStockphoto

    EditoreAesse Comunicazione - Via Giuseppe Marcora 18 - 00153 [email protected]

    Progetto finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Socialiai sensi dellart. 12, c. 3, lett.f, legge n. 383/2000 Direttiva 2008Le attivit inerenti al progetto sono a titolo gratuito

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  • Uno sport dal sapore sociale 5Alessandro Galbusera

    Lo sport sociale strumento di welfare 6Elisabetta Mastrosimone

    Uno strumento di cittadinanza attiva 9Vittoria Boni

    Ci sono anchio 11Marinella Cucchi

    Disagio e adolescenza:lo sport come opportunit 14Silvana Poloni

    Cambiare passo per passo 24Monica Baffa Pacini

    Lallenatore come educatore 27Monica Baffa Pacini

    Esperienze territoriali 31

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  • 5Uno sportdal sapore sociale

    Alessandro Galbusera*

    enticinque anni della nostra storia, questo il titolo di una vecchiapubblicazione dellUS Acli che qualche tempo fa, mentre cercavo di rior-dinare un podi libri, mi capitato di sfogliare. Mi ha incuriosito e ap-passionato e sono andato allora alla ricerca di tutte le pubblicazioni ele agende degli anni precedenti che sono riuscito a trovare. Tutte in-sieme raccontano, attraverso le tante campagne e i progetti, che in 50anni di vita lUS Acli ha promosso una storia bellissima.Molti di voi ricorderanno: Il cuore sociale dello sport, I nuovi orizzontidello sport per tutti, Vitattiva. Diritti alla meta.

    Ogni anno un tema diverso che ha narrato, con passione e entusiasmo,le numerose attivit che i molti dirigenti che hanno dato vita allUS Acli cihanno lasciato. Tanti titoli, tanti temi che raccontano non solo la nostra sto-ria ma la storia della nostra societ, raccontano il periodo e il contesto incui sono stati calati. Testimoniano limpegno dellUS Acli che, attraverso lecampagne di questi 50 anni, ha mantenuto fermo un obiettivo: quello dellapromozione dello sport per tutti e di tutti. Di uno sport insomma, che condiverse attenzioni e diverse prospettive, per 50 anni stato non solo pro-tagonista allinterno della societ del proprio tempo ma si messo a di-sposizione della societ stessa: uno sport dal sapore sociale.

    In questi ultimi due anni abbiamo proseguito e rilanciato il lavoro perprogetti, convinti della straordinaria efficacia di questo metodo che dauna parte valorizza il lavoro dei territori dallaltra mette a fuoco e alcentro temi e caratteristiche che fanno dello sport un strumento so-cialmente rilevante per la costruzione di un nuovo welfare. Abbiamo poipensato che fosse anche utile provare a ordinare tutte le attivit e leidee che vengono elaborate durante i progetti.Ecco allora Quando lo sport sociale che apre con lesperienza di Cisono anchio. Speriamo solo il primo di una serie di pubblicazioni che,attraverso un unico filo rosso terr insieme e racconter nei prossimianni i lavori e limpegno dellUS Acli a partire dai progetti nazionali.

    questa unaltra sfida e un altro importante tassello delliniziativa del-lUS Acli che in questepoca veloce, distratta e molto spesso individua-lista, dentro i fili di un impegno sociale troppo spesso labile e sfuggente,vuole esserci e fare, fino in fondo, la propria parte.

    *Responsabile nazionale progetti US Acli

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  • 6Lo sport socialestrumento di welfareFORSE PI DI OGNI ALTRA AZIONE, LA PRATICA MOTORIA E SPORTIVA AIUTAA REALIZZARE IL WELFARE DI PROSSIMIT CHE, PER LA SUA VICINANZA ALLA GENTE, SUPPORTO ALLA QUALIT DELLA VITA E NON SOLO RISPOSTA AI BISOGNI.

    Elisabetta Mastrosimone*

    l libro verde del terzo settore, promosso dal forum nella primaveradel 2010, afferma che la visione di una societ pi attiva e pi inclu-siva, comporta una coerente visione strategica in grado di definire e ca-ratterizzare il welfare come investimento sociale; in grado inoltre diassumere non solo il territorio e le sue caratteristiche come risorsa maanche di sostenere quelle relazioni tra soggetti e contesti che, in unadimensione pienamente partecipativa, sono un valore per la coesionesociale e tracciano un profilo integrato di sviluppo umano ed econo-mico. Il welfare dunque, elemento di promozione di una societ piattiva quando promuove legami sociali. Quando cio pone lo sviluppodelle relazioni tra i cittadini come obiettivo e come propria pratica co-stante diventando anche un indicatore privilegiato della qualit dei ser-vizi e delle prestazioni fornite.

    3 ASSI STRATEGICILo stesso documento delle Acli sulla povert, sostiene che i risultati mi-gliori si raggiungono l dove la rete dei servizi pubblici ha unarchitet-tura riconoscibile e definita. Cos che, nella lotta alla povert, il nuovowelfare deve agire su una pluralit di assi strategici: 1. mettere al cen-tro la persona con progetti focalizzati sulla promozione e valorizzazionedi capacit, responsabilit e opportunit; 2. prevedere un sistema di in-terventi che sottraggano chi povero al peggioramento progressivodella propria condizione e contemporaneamente consentano di risalirela china a chi oggi in via di impoverimento; 3. investire soprattuttosulla qualit della rete dei servizi sociali e socio-assistenziali e su unapubblica amministrazione competente, capace di facilitare laccompa-gnamento e laccesso agli strumenti offerti.

    PER TUTTI OVVERO A MISURA DI CIASCUNOPensando quindi ad un quadro di robuste politiche integrate cen-trate sul superamento della logica dellemergenza e dellassistenza edi fronte al crescente interesse sulla promozione della socialit, sulla tu-tela e difesa della salute, diventa prioritario richiamare lattenzione sullosport quale elemento di nuovo welfare. Quello sport che misura i suoi

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  • 7risultati nel sociale, quella pratica di attivit motorie e sportive funzio-nale a favorire il benessere personale e sociale, incompatibile con losport di selezione i cui interessi continuano a schiacciare il diritto diciascun cittadino in questo campo. La promozione sportiva ha comeprincipale obiettivo lallargamento della base dei praticanti; tuttavia as-sume un autentico significato sociale quando il suo centro il citta-dino, tutti i cittadini nessuno escluso, con la loro richiesta di pratica amisura della persona. A misura quindi delle capacit, motivazioni, bi-sogni individuali. questa la ragione per cui lo sport per tutti vienemeglio definito come sport a misura di ciascuno.

    UN WELFARE DI PROSSIMITForse pi di qualsiasi altra azione, la pratica motoria e sportiva aiutaa realizzare il welfare di prossimit; supporto alla qualit della vitae non solo risposta ai bisogni poich riesce ad instaurare una formadi vicinanza alla gente che facilita laccostamento ai servizi e allerisorse informali del territorio. Di fatto, le attivit motorie diventanofacilitatori poich mettono in grado le persone di svolgere un ruoloattivo nella ricerca delle soluzioni ai propri problemi. Basta pensareci che la pratica motoria di gruppo offre alle persone in difficolt: illavoro corporeo di gruppo infatti aiuta ad azzerare le barriere di diffi-denza, il linguaggio del corpo va oltre il linguaggio verbale; in palestranon ci sono differenze sociali e la comunicazione e socializzazione se-guono un canale preferenziale. Anche qui si conferma che una mag-gior conoscenza e consapevolezza delle proprie capacit, limiti epossibilit, aiuta a sviluppare una crescente autostima e una solidaattitudine sia a risolvere i problemi con risorse proprie sia a recupe-rarne sul territorio.

    STARE E CRESCERE INSIEMELesperienza della mobilit, cos frequente nei nostri territori, pone lefamiglie, la scuola e le realt associative in situazione di incontro con-tinuo con il nuovo, con la diversit; il che richiede una costante at-tenzione a fenomeni sociali come la multiculturalit o un differenterapporto pubblico/privato. Ma richiede anche unattenzione specialealla ricerca del benessere relazionale di bambini, giovani, adulti e an-ziani, alla riscoperta del dialogo e dellascolto, cos da poter sperimen-tare di nuovo il piacere di stare e di crescere insieme. La sfida pisignificativa tentare lintegrazione tra queste diverse risorse. Come risponde lo sport sociale evidente. La pratica motoria e spor-tiva privilegia la relazione pedagogica e la valorizzazione dellincontrocon laltro attraverso attivit ludiche tra ragazzi e ragazze e tra bam-bini e adulti. Qui si pu vivere il gioco in tutti i suoi aspetti: strutturato,libero, individuale, di gruppo. Ed il gioco, il movimento sono strumenti

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  • 8che facilitano la conoscenza e i rapporti tra persone, aiutano lespres-sione delle emozioni, sostengono lo sviluppo dellidentit e dellauto-stima dei pi giovani.

    I PRESUPPOSTI DELLO SPORT SOCIALELo sport e tutte le attivit motorie ad esso collegate diventano realestrumento di promozione sociale quando provano a rispondere alle ne-cessit del singolo e della comunit con interventi diversificati e mirati.Per far questo importante lutilizzo di personale qualificato, un inve-stimento graduale delle risorse ed un costante miglioramento dei ser-vizi offerti. E soprattutto importante dotarsi di strumenti per la letturadei bisogni, mettersi in grado di attivare reti formali ed informali e diconsolidare capacit di progettazione di servizi integrati. Lanalisi della realt territoriale, il coordinamento e lo sviluppo delle atti-vit esistenti, la creazione e pubblicizzazione di nuove attivit con par-ticolare riferimento ad iniziative rivolte ai giovani, agli anziani, alle famiglie,ai disabili sono presupposti fondamentali dello sport sociale cos comelo la stretta collaborazione con gli Enti Locali, le Parrocchie, le SocietSportive e le Associazioni culturali e ricreative presenti sul territorio. Poi-ch anche oggi siamo convinti che insieme si pu, grazie al concorsodi tutte queste componenti vitali che lo sport pu diventare davvero pro-tagonista della realizzazione di buone politiche di welfare. Come ci ricordala nostra esperienza infatti, nonostante i richiami del libro bianco sullosport della Commissione Europea (2007), nel campo dello sport di basepari opportunit e accesso aperto alle attivit sportive possono essere ga-rantiti soltanto attraverso una forte partecipazione pubblica.

    *Responsabile nazionale Welfare US Acli

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  • 9Uno strumentodi cittadinanza attivaLE ATTIVIT MOTORIE E SPORTIVE SONO CENTRALI NELLA COSTRUZIONEDI BENESSERE E DI VITA BUONA DEI CITTADINI. PER QUESTO LO SPORTVA INTERSECATO CON POLITICHE SOCIALI E DI WELFARE.

    Vittoria Boni*

    e Acli, come sistema integrato di associazioni, servizi e imprese so-ciali, da oltre 60 anni sono impegnate per la difesa e la promozione deidiritti di cittadinanza delle persone, delle famiglie, delle comunit. Lotestimoniano i molti progetti e servizi attivati nei vari ambiti, dalla curaalla salute, dal patrocinio al turismo, alla formazione, allo sport: in tuttisono insiti quellanima e quel sentire di unassociazione popolare cheda sempre si collocata e tuttora si pone sulla difficile frontiera dellatutela di coloro che meno di altri riescono a reggere le fatiche dellacomplessit. Ci significa porre al centro di ogni azione la persona con-siderandola non come semplice utente, cliente o consumatore ma sog-getto protagonista del suo sviluppo, da accompagnare, orientare etutelare con relazioni rispettose della sua dignit e dei suoi diritti di cit-tadinanza.La visione di un welfare integrato, promozionale, con al centro la per-sona, secondo la visione delle Acli, non pu dunque che orientarsiverso una logica di investimento sociale che fa del territorio e dellesue specificit una risorsa e delle relazioni tra contesti un valore perla democrazia e la coesione sociale. Un welfare mix capace di tra-sformare le condizioni che generano bisogno, povert e disagio pro-muovendo lo sviluppo umano e non abbandonando al proprio destinochi in difficolt.Rientra in questo ambito la riorganizzazione delle politiche per la salute,riconoscendo anche alla pratica di attivit motorie e sportive le fun-zioni di promozione di benessere personale e sociale, di prevenzione e,talvolta, di sostegno, di cura e di presa in carico della famiglia e dellapersona (giovani, anziani, disabili), nella sua quotidianit e nelle si-tuazioni di fragilit. Ci significa considerare lo sport, nei processi edu-cativi, formativi e sociali, come linguaggio e proposta culturale divalore, come stile di vita attivo, come occasione per rendere esigibili idiritti di cittadinanza e come veicolo di legalit per ben-vivere nella tol-leranza e nella non violenza.Il progetto Ci sono anchio promosso dallUS Acli, testimonia in ma-niera significativa come lo sport possa essere uno strumento di citta-dinanza attiva per tutti, in una logica attenta a coltivare e sviluppare

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    quei legami di prossimit, partecipazione, condivisione e cooperazionepropri dellesperienza aclista nel suo complesso.In sintesi, proprio perch riteniamo le attivit motorie e sportive cen-trali nella costruzione di benessere e di vita buona dei cittadini, sem-pre pi lo sport va intersecato con politiche sociali e di welfare. Lo sportdi cittadinanza costituisce un ambito di protagonismo della persona edella famiglia; di auto-imprenditivit della societ civile organizzatache, nel rispondere a dei bisogni specifici, produce cittadinanza attivae valore aggiunto, anche attraverso la creazione di attivit economiche. altres un formidabile strumento educativo e di formazione integrale,capace di diventare stile di vita e determinare consumi, corretta ali-mentazione e inclusione sociale.In questa sfida di un welfare promozionale e integrato, le Acli e lUnionesportiva Acli continuano a svolgere limportante funzione di leggere erappresentare nuovi bisogni; molti progetti e percorsi effettuati nellacooperazione sussidiaria con le istituzioni nazionali e locali, non solonon hanno comportato oneri per lo Stato ma hanno creato valore ag-giunto per lintera collettivit.

    *Responsabile Dipartimento Welfare Acli nazionali

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    Ci sono anchio

    APPROVATO DAL MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI,CI SONO ANCHIO UN PROGETTO FRUTTO DELLA GRANDE ATTENZIONE RIVOLTAALLADOLESCENZA DALLUS ACLI E MATURATA IN PARTICOLARE NELLESPERIENZACHE ORMAI DA MOLTI ANNI LASSOCIAZIONE PORTA AVANTICON E PER QUESTA DELICATA FASCIA DI ET.

    Marinella Cucchi

    a scelta del titolo non casuale. Ci sono anchio rimanda infatti aduna stringente richiesta di ascolto da parte di chi vive una fase di granditrasformazioni a partire da quelle biologiche, anatomiche e siologi-che che segnano soprattutto gli ambiti dellidentit, dei valori, deimodelli della relazione (con se stesso, la famiglia, la scuola, ilgruppo). Ladolescenza momento di ricerca di un nuovo equilibrioper far fronte alla rottura degli assetti precedenti ed punto di par-tenza di un faticoso cammino verso lacquisizione di identit e di auto-nomia. Un cammino non facile, spesso pieno di ostacoli in cui simanifesta quel disagio evolutivo caratteristico dellet stessa ma che,se non superato, pu dar luogo a disadattamento e devianza.

    CI SONO ANCHIO testimonia ancora una volta linguaribile voca-zione dellUS Acli ad attraversare il mondo sportivo con obiettivi edu-cativi: educare allo sport e attraverso lo sport infatti compito cheviene afdato ad ogni operatore. Con gli adolescenti questo compito particolarmente importante: richiede un atteggiamento di grande aper-tura mentale non solo per poter leggere i difcili percorsi che ac-compagnano il cambiamento ma per dare spazio allascolto e alloscambio, per concretizzare interventi che agiscano prima ancora chesulla cura del disagio, su azioni di prevenzione con la persona.

    CI SONO ANCHIO traccia un percorso e fornisce agli operatori alcunistrumenti funzionali a sostenere ragazzi e ragazze nel loro processo ditransizione verso let adulta: quindi con interventi non centrati unica-mente sulla trasmissione-acquisizione di capacit tecniche, non orien-tati allincremento della competitivit e al raggiungimento di unrisultato da conseguire ad ogni costo. La necessit di questo speciale percorso molto articolato e differen-ziato, deriva anche dallobiettivo specico del progetto, quello di pren-dersi cura di pre-adolescenti e adolescenti in situazioni particolarmentedifcili: ragazze e ragazzi immigrati; portatori di disabilit; ragazze e ra-gazzi a forte rischio di disagio sociale.

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    IN VIAGGIO CON GLI ADOLESCENTI IMMIGRATIA differenza degli adulti che arrivano nel paese ospitante con uniden-tit denita, rispetto ai loro coetanei i ragazzi in immigrazione speri-mentano distanze spaziali e valoriali. La precariet emotiva del ladole-scenza si acutizza per il passaggio reale e simbolico del viaggio tra pae-si, culture, valori e modi di vivere diversi. Mentre proprio di tutti gliadolescenti intraprendere il viaggio simbolico di abbandono dellinfan-zia e dei luoghi conosciuti delle sicurezze e delle rassicurazioni avvian-do un percorso verso let adulta, per gli adolescenti provenienti da al-tri paesi, c anche la realt di un viaggio concreto nella migrazione. Par-te da qui lesperienza di accoglienza e di inclusione promossa da Ci so-no anchio per quei minori che vivono tra sradicamento e ri-orienta-mento. Senza pensare a interventi miracolosi, il progetto poggia sullaconvinzione che per questi ragazzi, unattivit sportiva mirata possa es-sere strumento prezioso per facilitare la negoziazione tra le tradizionidella famiglia e gli atteggiamenti messi in atto dai coetanei, frutto del-la cultura dei paesi di approdo.

    ADOLESCENTI DISABILI, UN SOSTEGNO ALLA CRESCITALa fatica di diventare adulto particolarmente pesante per chi por-tatore di disabilit perch nel cammino di auto-accettazione che av-viene in base alla percezione di s e della propria persona deveimparare a convivere con i propri limiti, ad accettare il proprio corpo.Un corpo che cambia con lesplosione delladolescenza. Per chi si trovain una situazione di handicap, il disagio evolutivo si accentua ulterior-mente in quanto questa realt difcile e dolorosa incide profondamentesu tutte le tappe della crescita, limitando anche molte delle comuniesperienze tipiche degli adolescenti. Per questo Ci sono anchio ha trai suoi principali obiettivi quello di restituire agli adolescenti disabililattivit sportiva come luogo orientato a favorire il loro benesserepsico-sico, laggregazione e la socializzazione con il gruppo dei pari,la vicinanza anche sica con gli altri.

    ADOLESCENZA A RISCHIOPur operando una distinzione tra la tendenza alla trasgressione, sio-logicamente connaturata alladolescenza e i comportamenti pi pro-priamente devianti che bloccano o ostacolano un equilibrato sviluppopsico-affettivo, appare evidente come da diversi anni, il rapporto traadolescenza e devianza stia diventando un problema di natura sociale.La famiglia e la scuola, anche quando ne colgono lesistenza, spesso ri-sultano incapaci di gestirlo. cos che in molti casi, il tempo libero e gli spazi informali diventanotempo e spazio in cui emergono drammaticamente disadattamento edevianza adolescenziale. Il gruppo degli amici pu fare grande pres-

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    sione e piegare i soggetti pi fragili; e proprio nel gruppo il disagio di-venta pi visibile. Per esempio attraverso i rituali di quella cultura dellosballo che rappresenta la reazione degli adolescenti al loro disadat-tamento. Il progetto vuole dimostrare che anche attraverso lo sport esiste la possibilit di costruire strumenti e di utilizzare modalit di in-tervento orientati a stimolare e sostenere quegli adolescenti che pihanno bisogno di aiuto per giungere alla denizione di s; per arrivarealla formazione di una propria coscienza autonoma in grado di farfronte alle pressioni della cultura della trasgressione.

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    Disagio e adolescenza:lo sport come opportunitLO SPORT PU ESSERE UNOTTIMA RISORSA PER LAVORARE CON I GIOVANIPERCH MOLTO PI ALLETTANTE DI ALTRE INIZIATIVE ED AIUTA A SOSTENERLI

    NEL NON FACILE CAMMINO VERSO LET ADULTA.

    Silvana Poloni*

    ggi si parla molto di disagio spesso senza riuscire a riflettere benesu ci che si vuole intendere con questo termine. Si pu pensare difare un ragionamento unico rispetto alladolescenza e alla pre-adole-scenza visto che il progetto copre dai 10 ai 18 anni, due fasce di etmolto spesso associate ma in realt con caratteristiche diverse te-nendo conto che la preadolescenza annuncia e abbozza quei problemiche poi si incontrano nelladolescenza. Su questo terreno lo sport va inteso come opportunit: crediamo, in-fatti, che possa essere una risorsa forte per lavorare con i giovani per-ch sicuramente unattivit sportiva molto pi attraente di altreiniziative, viene pi facilmente scelta dai ragazzi e ci aiuta quindi a so-stenerli in questo non facile cammino verso let adulta. Partiamo al-lora da una sintesi di contenuti psicologici e sociologici sul concetto didisagio giovanile collocandola nel periodo delladolescenza e pre-ado-lescenza, per poi prendere in considerazione gli strumenti da utilizzareavendo lobiettivo di capire come lo sport possa contribuire alla pre-venzione di queste diverse forme di disagio.

    CHE COSA SI INTENDE PER DISAGIO?Per disagio giovanile si intende la difficolt che il giovane vive nellaf-frontare i compiti di sviluppo richiesti dal contesto sociale per il conse-guimento dellidentit personale e sociale: una identit altra rispettoa quella dei genitori, che nellinfanzia sono le personalit pi rappre-sentative ma cominciano a non esserlo pi nella preadolescenza. Con-seguimento di unidentit personale e sociale autonoma che sia altroanche rispetto a quella dellallenatore e del gruppo dei pari, riferimentiestremamente importanti ma non unici. Sarebbe sbagliato, infatti, cheladolescente plasmasse la sua identit su quella del suo migliore amicoo del capitano della squadra. Un secondo compito lacquisizione delle abilit necessarie alla ge-stione delle relazioni quotidiane, indispensabile per approdare ad unosviluppo armonico, imparando a stare nel mondo senza la mediazionedi quelli che sono stati fino a quel momento gli adulti di riferimento.Sono io che imparo a relazionarmi con i miei amici, con il mondo

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    esterno e con gli adulti, sono io che imparo quindi a rispettare le re-gole, acquisisco la capacit di mettermi nei panni degli altri e a dila-zionare la realizzazione dei miei desideri. Anche lo sport pu aiutare in tale percorso: qui il ragazzo comincia acapire e ad accettare che non sempre si pu ottenere tutto e subito,che bisogna lavorare per raggiungere gli obiettivi fissati. Da quello dimigliorare il proprio aspetto fisico o di avere un corpo non solo bello mache funziona meglio, allobiettivo pi grande di riuscire a finire la scuolao a finire un lavoro. Il disagio, allora, pu essere inteso come difficolt ad affrontare tutti icompiti di sviluppo che il soggetto, in particolare ladolescente ed ilpreadolescente, deve affrontare per arrivare ad avere unidentit per-sonale e sociale autonoma, quindi per diventare una persona con unachiara idea di cosa vuole essere e cosa vuole fare, che sa relazionarsicon il mondo adulto e il mondo dei pari che lo circonda.

    IL DISAGIO OGGIOggi si parla di disagio molto pi di quanto si facesse 20/30 anni fa ocomunque se ne parla in forma diversa. Il disagio giovanile c semprestato, ma attualmente si presenta in maniera un po pi articolata.Certo abbiamo pi strumenti per leggerlo e per questo, a ragione, cene preoccupiamo maggiormente, ma anche vero che diventare adultiai giorni nostri forse un po pi complesso. Il disagio giovanile pu essere inteso come il prodotto di un intrecciotra una condizione sociale ovvero il fatto di vivere in una societ com-plessa caratterizzata da molteplici punti di riferimento ed una condi-zione individuale. Di per s il percorso di crescita sempre stato e sarproblematico, in quanto ci si deve staccare da alcune figure di riferi-mento. Ci sono anche molti altri motivi, la condizione individuale puessere difficoltosa per diversi aspetti: il contesto nel quale si cresce, adesempio, pu essere un contesto a rischio. La condizione individuale diun ragazzo straniero di 2 o 3 generazione non ininfluente, coscome non lo una situazione particolare, ad esempio, di un ragazzinocon un passato di piccoli episodi di devianza alle spalle o con lo stigmaforte di essere stato in carcere o di essere figlio di genitori che sono osono stati reclusi. Nel percorso di crescita gli inevitabili fattori fisiologici sintrecciano, dun-que, con fattori legati al contesto o ad aspetti della situazione indivi-duale. un discorso generale che vorrei sistematizzare.

    IL CAMBIAMENTO FISICOIl preadolescente e ladolescente vivono tre livelli di difficolt: unprimo livello la difficolt del cambiamento. Il cambiamento pi evi-dente quello fisico che fonte di difficolt non solo perch il ra-

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    gazzo non si riconosce pi allo specchio (il che ha una serie di rica-dute sulla stessa formazione dellidentit) ma anche semplicementeperch deve riabituarsi a un corpo diverso. Si perde la padronanza delcorpo che fino a tre mesi prima si conosceva e che magari ha avutounimpennata di crescita. Non riconoscere e non padroneggiare il pro-prio corpo sono causa di disagio da non sottovalutare per un ra-gazzo la cui identit e autostima erano state costruite sulla base delcorpo che aveva prima.

    IL CAMBIAMENTO DEL MODO DI PENSAREIl secondo livello quello del cambiamento del modo di pensare del ra-gazzo, che nella fascia di et 10-11 passa dal pensiero logico operativoal pensiero logico formale. Ci vuol dire che comincia a pensare inastratto e ad avere la possibilit di riflettere sul proprio pensiero e suquello degli altri. Inizia cos la messa in discussione di tutto quello cheprima veniva considerato per dato. Se nella fase precedente gli adultidi riferimento dicevano cos, laffermazione era accettata, mentreora questa fiducia inizia a scricchiolare. Cominciando a ragionare in astratto si arriva a mettere in dubbio le opi-nioni degli altri e a reggere il confronto. Iniziano cos i conflitti che sonofunzionali al distacco dai punti di riferimento dellinfanzia distacco fon-damentale per la creazione di unidentit autonoma ma sono sicura-mente fonte di infelicit per il ragazzo. Anche perch dal punto di vistaemotivo deve iniziare a tollerare, lui per primo, il fatto di mettere in dub-bio la perfezione dei genitori. un passo grosso, certo molto faticosoper i genitori ma maggiormente per i ragazzi che, perdendo i loro puntidi riferimento, iniziano a chiedersi a chi si possono rivolgere, di chi sipossono fidare o chi pu essere persona di riferimento.

    IL CAMBIAMENTO DELLORIENTAMENTO VALORIALEIl terzo livello quello valoriale. Fino a 40 anni fa lorientamento valo-riale era pressoch uno. I riferimenti erano quelli e si poteva sceglierese sposarli o contrapporvisi. Oggi non pi cos: Internet, la televi-sione, una migrazione molto pi alta, tutto ci vuole dire una continuacompenetrazione di culture, punti di riferimento, modelli. Il ragazzinodegli anni 70/80 sostanzialmente li confermava, ora basta andare suInternet e si trovano svariati riferimenti: una risorsa positiva se utiliz-zata con intelligenza; in caso contrario, una fonte di difficolt con i suoimille riferimenti valoriali a cui attingere. In un contesto di crescita pidifficile riconoscere e capire quali sono le norme da rispettare. C poiil livello dei fattori di rischio pi comunemente intesi: ad esempio, sesi cresce in una periferia dove c una subcultura criminale stabile, il ri-schio di sposare quella formula di successo forte perch si presentaimmediata e facile. Ladolescente sta imparando a dilazionare i propri

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    desideri ma naturale che cerchi la proposta capace di dare soddisfa-zione immediata materiale o anche il successo ed contro questo tipodi fascino che bisogna lavorare.Essere straniero di prima o di seconda generazione, gi stato detto,rappresenta un possibile fattore di rischio. Lessere appena arrivato inun paese sconosciuto rende faticoso il relazionarsi gi per il fatto chenon si conosce bene la lingua; ma anche uno straniero di seconda ge-nerazione che conosce bene litaliano, perch cresciuto qui, pu vi-vere il contrasto tra i riferimenti valoriali di casa propria e quellidellesterno: in casa la famiglia ha una cultura diversa da quella al-lesterno, il suo gruppo di riferimento costituito da ragazzi di culturaitaliana e gi questo fattore di rischio. Il giovane immigrato di se-conda generazione, infatti, scopre ad esempio, che le norme alle quali stato socializzato in famiglia sono spesso diverse dalle norme chevalgono a scuola, o col gruppo dei pari.

    I BISOGNI E LE SFIDETutti questi tipi di difficolt portano a una situazione di squilibrio traquelli che sono i bisogni e quelle che sono le sfide a cui ladolescentedeve rispondere; tra lacquisizione della capacit di relazionarsi, la for-mazione dellidentit e le risorse che pu mettere a disposizione. Il ri-schio di disagio reale, anche se bisogna vedere che cosa poiladolescente e il preadolescente tireranno fuori dallinsieme di tantielementi. Non detto, infatti, che il ragazzino pi disastrato arrivi auna situazione di disagio, e viceversa. Anzi, oggi lemergenza nuova proprio quella del ragazzo benestante e di buona famiglia che rivelaforme di disagio conclamato, spesso forti richieste di aiuto.Nostro compito quello di prevenire e per prevenire occorre saper leg-gere le situazioni di rischio che nascono dal dualismo tra sfide e risorsedove le une e le altre possono essere tanto interne quanto esterne alragazzo. Le sfide sono interne perch il ragazzo deve costituirsiunidentit autonoma e deve imparare a star bene con se stesso e sonoesterne perch, ad esempio, legate al contesto dello studio o del la-voro. Rispetto alle risorse, ci sono poi risorse interne: lautostima, laconsapevolezza di s, lauto accettazione, una serie di dimensioni psi-cologiche costruite negli anni e da rinsaldare o costruire nelladole-scenza e poi risorse esterne. Qui subentra anche lo sport, gli allenatori,il gruppo dei pari oltre ai genitori e alla scuola. Sono tutte risorse esterne che per possono diventare fattori di rischio.Pensiamo a una scuola che non sempre in grado di farsi carico delledifficolt degli adolescenti: una bocciatura pu essere un episodio irri-levante o, per un adolescente con una bassa autostima, un colpo du-rissimo perch in questo momento il ragazzo pu percepire unavalutazione negativa, da parte della scuola, di tutto il suo essere.

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    Daltra parte, tutte le risorse possono essere fattori di rischio, anche lostesso gruppo dei pari. Possiamo indicare il rischio di disagio l dove c mancanza oppure ca-renza di tutte le risorse interne ed esterne che vengono utilizzate dalsoggetto per rispondere alle sfide poste dallambiente. Quindi mancanzao carenza di autostima, mancanza o carenza di un gruppo dei pari chesappia aiutare ladolescente nel percorso di crescita, mancanza o ca-renza di una famiglia che sappia sostenerlo nella sua fase di allontana-mento ma che sia in grado di riprenderlo nel momento in cui si riveliancora impreparato a questo distacco. Una famiglia capace di fare da cu-scinetto, di lasciar rischiare e di riaccogliere. Il rischio di disagio nonnasce da un evento specifico traumatico, perch se ladolescente ha unarete che lo sostiene levento traumatico si supera, crea una crisi tempo-ranea magari anche funzionale alla crescita che viene riassorbita. Il problema si presenta quando si concatenano una serie di bisogninon soddisfatti.

    IDENTIT AUTONOMA E INSERIMENTO NEL SOCIALELe sfide che il preadolescente e ladolescente devono affrontare sonola costituzione di unidentit autonoma e linserimento positivo nelmondo sociale. Sono sfide strettamente collegate: accettare di stare bene con se stessi,accettare i propri limiti, accettare quello a cui si chiamati, riconosceree imparare a valorizzare la propria individualit indipendentemente daisogni dellinfanzia e della prima adolescenza. Linserimento positivo nelmondo sociale significa individuare e sperimentare le proprie potenzia-lit e le richieste poste dal mondo adulto e in generale dal mondo so-ciale. I sociologi parlano di socializzazione secondaria. Mentre nellasocializzazione primaria si acquisiscono le norme, i valori (con un puntodi domanda su quali siano le norme e i valori della societ di riferi-mento), nella socializzazione secondaria ladolescente impara le normee valori specifici dei ruoli che sar chiamato a occupare nella societadulta. Ad esempio, impara che differente il modo di relazionarsi coni professori nella scuola superiore e nella scuola media, o alluniversit,o con un datore di lavoro. Sono aspetti sui quali ladolescente deve la-vorare: lo sport pu aiutare molto, cos come il gruppo dei pari e le altrerisorse che si possono mettere in gioco. In primo luogo la famiglia, concapacit di giocarsi il duplice ruolo di soggetto che accoglie e proteggee contemporaneamente di trampolino di lancio.

    IL GRUPPO DEI PARI E GLI ADULTI SIGNIFICATIVIUna grande risorsa pu essere il gruppo dei pari. Tanti sport vengonofatti in squadra, ma anche nello sport individuale lallenamento pucreare un gruppo. Il gruppo dei pari una risorsa sotto molti aspetti.

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    C condivisione dei problemi, si sperimentano i nuovi ruoli e se negiocano di diversi. Spesso per si manifesta come fattore di rischio:in questo caso potrebbe essere un momento di osservazione utile aun adulto attento per aggiustare le dinamiche negative senza inter-venire troppo. Sono poi risorse gli adulti significativi: lallenatore e lo stesso dirigente.Si tende a non considerare molto questa seconda figura che, tuttavia,nel caso in cui ci sia un periodo di conflittualit con lallenatore, pudavvero funzionare da risorsa aggiuntiva: spesso infatti ha esperienzacome lallenatore ma ha unet un po pi matura, il che lo rende mag-giormente autorevole. Dunque, il ruolo di un dirigente o di un presi-dente di societ sportiva non da sottovalutare. Ladolescente spessopercepisce lattenzione di un presidente interessato non solo alle pra-tiche burocratiche ma anche alle questioni educative.

    LA SCUOLAAnche la scuola una possibile risorsa e contemporaneamente un pos-sibile fattore di rischio. A scuola ladolescente e il preadolescente tra-scorrono gran parte della loro giornata, normalmente dalle 6 alle 8 ore.Per questo avere una scuola che si rende disponibile a una collabora-zione con lesterno, malgrado la difficolt e le fatiche che oggi il corpoinsegnante fa, sicuramente una grossa risorsa. Di fatto sappiamo chedifficilmente a un adolescente piace andare a scuola, ma se ladole-scente percepisce che la scuola attenta ai suoi bisogni e non soloai bisogni di istruzione probabilmente impara a relazionarsi con que-sto luogo in modo diverso. Percepire scuola e insegnanti come parte diun progetto che esce dalle ore scolastiche, per ladolescente fonda-mentale perch l allora scatta la consapevolezza della presa in ca-rico. Ad esempio, sapere che la scuola organizza dei progetti con lesociet sportive del territorio, significa farla vivere alladolescente comerisorsa e non solo come struttura giudicante.

    LATTIVIT SPORTIVA COME RISORSALO SPORT COME GIOCOIl gioco uno strumento necessario fin dallinfanzia per molti motivi.Nelladolescenza soprattutto, il gioco aiuta ad acquisire equilibrio e con-sapevolezza del corpo che cambia e con cui difficile relazionarsi. Faresport in adolescenza fondamentale per rifamiliarizzare con il propriocorpo, che abbiamo visto cambia molto velocemente.Il gioco, e lo sport in particolare, offrono una serie di opportunit cheuna volta il bambino trovava giocando sotto casa. Ad esempio quelladi sviluppare le proprie potenzialit: giocando si pu capire se si ve-loci o quanto si in grado di saltare, o se si ha una visione comples-siva del gioco. Questo serve allallenatore ma anche al giocatore,

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    perch capisce quali sono i suoi limiti e le sue potenzialit e che, adesempio, anche se sovrappeso pu avere un ruolo nella squadra, se basso pu essere pi veloce e pi agile In altre parole, per qualeruolo particolare pu essere adatto. In sintesi, il gioco e lo sport aiutano i ragazzi a vivere bene il propriocorpo, favoriscono la formazione della personalit, facilitano la ricercadi un ruolo allinterno del gruppo sulla base di caratteristiche fisiche opsicologiche. Ci, tuttavia, possibile in presenza di allenatori e diri-genti attenti a questa dimensione, anche se spesso il loro lavoro resodifficile da mancanza di tempo o da condizioni oggettive come il nu-mero eccessivo dei partecipanti ai gruppi.

    IL RISPETTO DELLE REGOLESul piano sociale il gioco e sport sono altrettanto importanti perch ilsoggetto acquisisce la capacit di rispettare le regole e un po alla voltaimpara che ci sono ruoli, posizioni e regole non sono solo scritte maanche non scritte (fair play). pi facile che anche il ragazzo tenden-zialmente trasgressivo, in palestra, sia molto attento al rispetto delle re-gole perch qui c qualcuno che le regole gliele d spiegandone leragioni e la funzionalit.Un esperimento quello di non dare regole ma affidare ai ragazzi ilcompito di stabilirle: alla fine si arriva sempre ad avere una serie di re-gole che vengono rispettate. Il gioco permette di uscire dal proprio egocentrismo: il bambino estre-mamente egocentrico, gli altri ci sono ma soltanto in chiave funzionalea se stesso. Attraverso il gioco e lo sport si comincia invece a interagirecon gli altri, a mettersi nei loro panni. Pensiamo allimportanza del mo-mento dello spogliatoio, dove si pu vedere lumore del compagno odella compagna di squadra, facendosi parte del loro stato danimo.Nello spogliatoio simpara a uscire dallegocentrismo perch l ci si con-fronta al di fuori del momento prettamente agonistico (dove si con-centrati sullacquisizione della vittoria) e si percepisce anche lo statodanimo degli altri compagni. Si esce dallunicit del proprio punto divista e si comincia a capire che non solo una questione di regole dellosport, ma anche di come gli altri ci vedono. molto importante gestire questi momenti di squadra allinterno dellospogliatoio proprio perch i ragazzi si parlano, discutono e si confrontano. Molto spesso le regole, i bisogni e i desideri altrui sono concetti che iragazzi figli unici o comunque ben protetti non hanno, perch a casaogni richiesta viene esaudita dai genitori ai quali costa molto meno ac-contentarli piuttosto che dire di no o rimandare ad altri momenti. Insquadra non cos, in quanto si devono rispettare anche i tempi deglialtri. Spesso i contrasti nascono su questo, i ragazzi non sono abituatia rispettare le regole, ad affrontare gli altri e i loro tempi ma sono abi-

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    tuati a fare ci che vogliono. Quando vengono in palestra, il contrastoin genere solo con i ragazzi ma se ci va male il contrasto anche coni genitori ai quali, per questo, necessario spiegare le motivazioni edu-cative e pedagogiche a cui si attengono allenatori e dirigenti.

    SCARICARE LAGGRESSIVITLo sport una forma di gioco che, soprattutto in questa fase della vita,d modo di scaricare laggressivit in un contesto competitivo e quindiaccettato socialmente. In alcuni sport poi, necessario stare attenti perch proprio la caricaagonistica non diventi aggressivit. Anche questo si pu imparare. Siimpara a non reagire ad un fallo, a non fare un fallo perch si arrab-biati; si impara a non insultare larbitro, lavversario o il proprio com-pagno di squadra. Rispetto ad altri contesti il fatto stesso di competere catartico. Un nuovo corpo, la costruzione di una nuova immagine di s, soventeunimpennata nella crescita, la tempesta ormonale che non va sotto-valutata: i ragazzi sono progressivamente pi attenti al proprio corpo,c distrazione, non riescono a concentrarsi, si sentono goffi con lapaura di rimanere cos. Vi necessit di gestire una crescita continuache pu essere disarmonica, pu essere improvvisa o al contrario puessere lenta rispetto a quella dei compagni. comunque difficile adat-tarsi a un corpo il cui cambiamento avviene a ritmi variabili e del tuttoimprevedibili. Far sperimentare un rapporto positivo con questo corpo richiede ungrande lavoro dellallenatore (pensiamo, ad esempio, a quanti ragazzisia maschi che femmine soffrono per problemi legati al cibo), per aiu-tare il ragazzo a raggiungere quegli obiettivi che ci si prefissati.

    IL RUOLO DELLALLENATOREIl ragazzo viene sostenuto se alla base c un percorso ragionato adattoa facilitare questa esperienza anche grazie alle competenze dellalle-natore o di chi pu fornirle. Attraverso lo sport, lallenatore pu favo-rire laccettazione delle trasformazioni corporee facendone anchecomprendere il senso. Una costante pratica sportiva, oltre a trasmet-tere il rispetto del proprio corpo e a permettere di sfogare tutte le ener-gie che il ragazzo ha bisogno di esternare, offre gli strumenti permigliorarne laspetto e le potenzialit: per i pre-adolescenti e gli ado-lescenti questo un aggancio importante. Unattenzione speciale bisogna porre ai momenti di particolare crescitafisica, per cui necessario che gli allenatori siano formati a gestirequesti cambiamenti. Lattivit inoltre fornisce momenti di canalizza-zione delle pulsioni fisiche. Una proposta che si potrebbe avanzare quella di fare una conven-

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    zione con una palestra, invitando i ragazzi a frequentarla in modo fun-zionale al tipo di sport praticato, cos da conciliare le due cose (mi-glioramento del proprio fisico e attivit sportiva). Unaltra cosa chepotrebbe risultare utile, soprattutto nella fascia 11-14, potrebbe esseremettere la palestra a disposizione di dirigenti o di un genitore che as-suma la responsabilit, un quarto dora prima dellinizio, in modo chei ragazzi possano avere unattivit libera catartica. Uno dei grandi cambiamenti di cui abbiamo parlato quello relativo aun nuovo modo di pensare, al distacco dai genitori e alla formazionedi una identit autonoma. Il ragazzo acquisisce una forma di pensieroastratto e avviene la demitizzazione dei genitori. Nascono nuovi schemidi riferimento: schemi di riferimento orizzontali con il gruppo di pari everticali con altri adulti significativi, lallenatore, linsegnante, leduca-tore. Si avvia il processo di desatellizzazione, cio il distacco dai geni-tori per diventare un pianeta autonomo. Spesso il ragazzo ha unatteggiamento bivalente; quando si accorge che i genitori non sonopoi cos perfetti nasce la paura di diventare come loro perch in que-sta fase c lopposizione netta, la sfida. la ragione per cui la societ sportiva non pu essere attenta solo alragazzo, ma deve gestire lemotivit del rapporto ambivalente. Quandoin palestra i ragazzi si lamentano dei genitori (per incomprensione o perdispiacere) importante ascoltarli, aiutarli a comprendere senza averepaura di prendere posizioni nette, offrire punti di riferimento precisi.Una cosa che i genitori a volta temono per paura di un allontanamento. Il ragazzo ha necessit di creare un rapporto di fiducia, di percepire ilrapporto con gli adulti come positivo e resistente agli urti; si discute,ma lallenatore che alla fine decide senza che tuttavia si scalfisca lafiducia reciproca. Di fatto, occorre fornire agli adolescenti la possibilitdi sperimentare il rapporto con un adulto differente da quello genito-riale, consentendo loro di trovare nella figura degli allenatori e dei di-rigenti, qualcuno che li accompagna. Opportuno, a questo proposito, il cercare di assegnare a ciascun gruppo un allenatore che lo seguaper un periodo mediamente lungo, almeno cicli di 2/3 anni, perch cossi ha la possibilit di seguire il cambiamento e di creare un rapporto difiducia con i ragazzi e con le famiglie.

    SOSTENERE LA FAMIGLIAPer la famiglia necessario imparare a gestire e assorbire i comporta-menti, le reazioni e le sfide lanciate dai figli che spesso vengono per-cepiti come dei puzzle impazziti. Gli allenatori, che hanno la carta in pi dello sport, devono farsi unpo carico delle famiglie, aiutandole a comprendere e ad accettare ilprocesso di autonomia dei figli, sgravandole dalla responsabilit allin-terno dellarea sportiva, fornendo loro un supporto ulteriore nella rela-

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    zione anche attraverso riunioni a tema e un costante rapporto per so-nale tra lallenatore ed ogni singola famiglia.Acquisisce valore il gruppo dei pari. Abbiamo detto che c un nuovocorpo, un nuovo pensiero e anche gli amici diventano pi importanti,perch ognuno vede nellamico una sua proiezione, e perch i riflessidi immagine che gli altri gli rimandano sono necessari per la forma-zione della sua identit. Per ladolescente dunque necessario vivere una situazione accoglientenel gruppo dei pari, sentirsi accettato. Nel gruppo dei pari pi faciletrovare un canale di sfogo ed anche sperimentare ruoli diversi perchnon si viene giudicati e le regole sono stabilite dal gruppo stesso.

    LA FUNZIONE DELLA SQUADRAIn sintesi: la squadra un sociale circoscritto nel quale ladolescenteimpara a rispettare le regole, a mettersi in gioco, a svolgere ruoli diversi. Lobiettivo deve essere quello di fornire attraverso lo sviluppo di unsano ambiente di spogliatoio lopportunit di sperimentarsi con ilgruppo di coetanei o anche di ragazzi un po pi grandi o un po pi pic-coli. Nello spogliatoio il ragazzo pi grande si confronta, ad esempio,con lamico che ha appena iniziato le medie e gli d una mano per af-frontare quello che lui ha affrontato in precedenza. Per questo motivo sembra opportuno organizzare le squadre per et,privilegiando le esigenze dei ragazzi piuttosto che il rendimento. Allin-terno della squadra, il ragazzo che sperimenta se stesso viene valoriz-zato per il suo essere e per le sue caratteristiche. Poich lobiettivo fornire ai ragazzi lo spazio vitale dove imparare adaccettare i propri limiti e far fruttare le proprie potenzialit, opportunoavere gruppi squadra non troppo numerosi e lavorare costantementecon i singoli ragazzi per raggiungere obiettivi individuali. Ladolescenteche impara a dilazionare il soddisfacimento dei propri bisogni e a indi-viduare lallenamento come abitudine allo sforzo per raggiungere il ri-sultato, accetter anche la sconfitta come incidente di percorso cheper non scalfisce la consapevolezza dei progressi fatti.

    *Docente di sociologia allUniversit Cattolica di Milano

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    Cambiare passo per passo

    ATTIVIT MOTORIE E SPORTIVE ADATTE ALLE VARIE FASI DI CAMBIAMENTODALLINFANZIA ALLADOLESCENZA

    Monica Baffa Pacini

    urante il suo ciclo vitale luomo sottoposto a trasformazioni sia dicarattere biologico sia psicologico. I fattori che determinano questicambiamenti possono essere di vario tipo: genetici, endocrini, am-bientali, socio economici, alimentari e anche legati allattivit fisica esportiva. Ai fini di unadeguata pratica sportiva opportuno che lope-ratore abbia una formazione specifica per poter elaborare e proporreil tipo di attivit motorio-sportiva pi adatta allaccrescimento fisiologicoe psicologico dei suoi allievi.

    6/7 ANNI: LIMPORTANZA DEL GIOCOIl periodo di et intorno ai 6/7 anni compreso nella fase evolutivadellinfanzia. Qui si verifica il processo di Proceritas I con crescita inlunghezza degli arti inferiori, plasticit e lassit legamentose e strutturamuscolare ipotonica. Lapparato cardiocircolatorio e respiratorio inconseguenza di un ridotto spazio toracico vitale reagiscono allimpe-gno fisico attraverso un aumento della frequenza dei loro atti. In que-sto periodo il gioco fondamentale per lo sviluppo del bambino chepassa dalla fase esplorativa a quella organizzativa concreta, dalla faseegocentrica a quella di socializzazione in cui cerca unidentit propriaallinterno del gruppo del quale per rispetta le regole. dunque nel-lottica del gioco che va elaborato lintervento operativo motorio. At-traverso il gioco si sviluppa lo schema corporeo e le abilit motorie dibase trovano uno sviluppo anche in semplici forme combinate e co-munque di durata ridotta.

    LET DELLA RAGIONENel periodo tra gli 8 e i 9/11 anni lapparato locomotore tende a con-solidarsi (turgor) mentre quello cardiocircolatorio e quello respirato-rio aumentano la funzionalit grazie allaccrescimento dei loro valorivolumetrici.Dal punto di vista psicologico questa definita et della ragione inquanto contestualmente ad un aumento della capacit intellettiva simanifesta una maggiore consapevolezza di s, si formano concettiastratti ed presente una buona capacit di analisi. Buona la socia-lizzazione e la partecipazione allattivit del gruppo, di grande impor-tanza il giudizio degli adulti sul proprio operato.

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    Lattivit motoria e sportiva in questo periodo prevede il perfeziona-mento delle abilit motorie di base e la possibilit di apprenderne di picomplesse: il bambino infatti in grado di risolvere diversi compiti mo-tori grazie ad una maggiore capacit di concentrazione nei movimenti.In questa fase possono essere proposti in forma ludica, semplici ele-menti di tecnica di base di discipline sportive, grazie allaccettazionedelle regole e la disponibilit alle varie attivit motorie.

    LA PREADOLESCENZATra i 12-13 anni per i maschi e tra i 10 e i 12 anni per le femmine si col-loca il periodo della preadolescenza. Dal punto di vista scheletrico si as-siste ad un notevole sviluppo in lunghezza degli arti (proceritas II) alquale per non corrisponde una sufficiente crescita a livello muscolare.Si determina cos una disarmonia morfo-cinetica per cui compaiono confrequenza atteggiamenti viziati e paramorfismi.Anche lap pa rato cardio circolatorio non ancora adeguato allimpegnofisico. Sono proprie di questa fase la maturazione puberale e il risvegliodelle pulsioni sessuali.Fra le ripercussioni psicologiche che laccelerato sviluppo fisico pro-voca nella vita del preadolescente, ricordiamo una caduta della ca-pacit di concentrazione. Poich lattenzione si focalizza sul corpo chesi trasforma, questo pu indurre il ragazzo a confrontarsi con i coe-tanei e a preoccuparsi per laspetto che il corpo potr assumere allafine dello sviluppo. Il giudizio del gruppo di appartenenza pu in-fluenzare notevolmente la sua autostima e, di conseguenza, la mag-giore o minore fiducia in se stesso. Frequenti sono le variazioni diumore, la scarsa disponibilit e linsofferenza rispetto ai giudizi e alleregole familiari e sociali.A livello di sviluppo cognitivo compare il pensiero ipotetico-deduttivoche completa le acquisizioni precedenti. Si afferma sempre pi il biso-gno di compiere, in autonomia, delle sperimentazioni nei vari ambitidellesperienza. Ne consegue che il rapporto con le figure genitorialidiventa pi difficile, perch il bisogno di discutere alla pari o proprio disperimentare autonomamente possono venire repressi dai genitori nonconsenzienti.A met strada tra lessere bambino e lessere adulto, limmagine cor-porea muta con risultati diversi sulla forza muscolare e sulle capacitcoordinative che non riescono a trovare punti di riferimento. Lattivit motoria e sportiva pu assumere un ruolo determinante siacome canale di sfogo della naturale esuberanza sia come formazioneed educazione generale. possibile dare spazio a tutte le capacit mo-torie a patto per di seguire i criteri di progressivit, gradualit e sim-metria del lavoro muscolare. Il miglioramento del trofismo muscolare molto utile per prevenire gli atteggiamenti viziati ed i paramorfismi.

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    LADOLESCENZANelladolescenza dopo i 13 anni per i maschi e dopo i 14 anni per lefemmine i ragazzi acquisiscono le caratteristiche fisiche, emotive, so-ciali e cognitive che li fanno sentire adulti. Dal punto di vista fisico lapparato scheletrico va verso una progressivadefinizione mentre i muscoli migliorano la propria forza ed efficienzagenerale e lapparato cardiocircolatorio e respiratorio aumentano lapropria funzionalit.Lambito psicologico marcato dallincertezza, dalloscillazione tra fi-ducia e diffidenza verso il prossimo, dal desiderio di indipendenza edal timore di perdere la protezione della famiglia, dalla voglia di cono-scere la realt delladulto e dalla tendenza a chiudersi in se stesso. Ilragazzo si sforza di costruire una propria visione originale del mondoPer ladolescente molto importante che le sue iniziative e le sue con-dotte siano accolte positivamente dal modo esterno, in particolare dalgruppo dei pari o dagli adulti significativi.In questo momento della vita si effettua la scelta verso una specificaattivit sportiva, attivit che pu diventare importante nella formazioneglobale della personalit.Lappartenenza ad un gruppo sportivo e la relativa accettazione dellenorme comportamentali, possono essere utili per una identificazionecollettiva e quindi per lacquisizione di sicurezza delle proprie azioni.La presenza dellelemento agonistico, unito a un buon programma dipreparazione fisica, sono importanti ai fini della costruzione armonicadel corpo sia da un punto di vista fisico sia per rafforzare la propriaautostima. importante tener presente come il periodo della pre-adolescenza edelladolescenza sia tra i pi sensibili alle ripercussioni delle condizionidi vita nellinfanzia e alle influenze sociali e culturali del mondo degliadulti. il periodo in cui si possono manifestare difficolt nei processidi crescita evidenziate da manifestazioni sociali di particolare ampiezza(evasione scolastica e dispersione scolastica, assunzione di comporta-menti devianti) ma anche espressioni di sofferenza individuale di par-ticolare gravit (disturbi nei comportamenti alimentari, comparsa digravi disturbi del comportamento, suicidio, etc.). Il disagio adolescenziale richiede dunque forme di intervento che sap-piano rispondere ai bisogni di prevenzione degli adolescenti.Anche la pratica motoria e sportiva se progettata e portata avanti comevera e propria strategia di salvaguardia e di promozione del benesserepsico fisico, emozionale, relazionale dei ragazzi, rappresenta senzadubbio uno spazio significativo ed efficace di sostegno in un momentoparticolare della loro vita.

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    Lallenatore come educatore

    LALLENATORE UNA FIGURA DI PRIMARIA IMPORTANZA ALLINTERNO DELLEDINAMICHE CHE SI VERIFICANO NELLAPPRENDIMENTO E NELLA GESTIONEDI UNA ATTIVIT SPORTIVA.

    Monica Baffa Pacini

    allenatore una figura di primaria importanza allinterno delle di-namiche che si verificano nellapprendimento e nella gestione di una at-tivit sportiva. Per questo il suo modo di rapportarsi non si deve limitaresolo agli aspetti tecnici ma includere, come elementi determinanti, lerelazioni interpersonali (atleta/famiglia), le motivazioni e la partecipa-zione emotiva.Gli stili di insegnamento possono essere di varia natura e si distinguonoin base ai tipi di decisione che prende lallenatore, alle strategie didat-tiche che adotta, al grado di autonomia che viene lasciata agli allievi,al controllo sociale e al mantenimento della disciplina.Parliamo di allenatore autoritario quando lallenatore colui che pre-scrive, determina gruppi e sottogruppi, crea tensione e non concede li-bert di espressione, elargisce premi o infligge punizioni senza unagiustificazione chiara. Parliamo di allenatore permissivo quando una persona arrendevolealle decisioni del gruppo che agisce liberamente, intervenendo soloquando gli viene richiesto.Parliamo di allenatore partecipativo o democratico quando lallenatore di guida per il gruppo ed partecipe dei suoi stati danimo. Nelgruppo evidente il rispetto e la fiducia reciproca.

    LUOMO IN PILallenatore deve essere il leader del gruppo, non solo una guida tec-nica bens una persona che comprende e coordina le dinamiche inter-personali e psicologiche, che sa gestire con equilibrio il suo coinvolgi-mento emotivo e il distacco obiettivo in modo da poter mettere in at-to comportamenti adeguati alle diverse situazioni, trasmettendo sicu-rezza, gestendo le vittorie e le sconfitte, proponendosi come luomo inpi in campo. E ancora: una presenza che in grado di proporre la fi-gura arbitrale come indispensabile ai fini della regolare attivit delle ga-re e di filtrare le regole, le norme ed i valori etici e morali come com-ponenti del momento sportivo. Un buon allenatore di costante inco-raggiamento per gli atleti attraverso interventi propositivi e la valoriz-zazione dei traguardi raggiunti, personali e di gruppo; sa trasformarelerrore in un gradino di partenza per poter migliorare, capace di coin-

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    volgere i genitori rendendoli preziosi collaboratori e di far crescere ilgruppo in maniera coesa e competente con lobiettivo di garantire al suointerno un equilibrio relazionale.

    LA FUNZIONE EDUCATIVALallenatore, oltre ad essere competente sul piano teorico e metodolo-gico, deve avere un buon senso di autocritica che gli permetta di mi-gliorare il suo intervento diventando educatore di s stesso. La suafunzione educativa deve manifestarsi sempre come parte fondamentaledel suo essere.La credibilit dellallenatore viene testimoniata dal tipo di rapporto cheinstaura con i suoi allievi, basato su una serie di elementi: niente pro-messe che possano rimanere inattese, competenza nel rispondere alledomande, uso di un linguaggio e di un tipo di comunicazione verbalee corporea comprensibile che esprima sincerit e sensibilit, rifiuto difrasi che possano risultare offensive o disarmanti. Egli rende partecipii suoi atleti del lavoro che stanno facendo mettendone in risalto le abi-lit, utilizzando frequentemente rinforzi e garantendo in questo modolautostima.

    UNA FIGURA DI RIFERIMENTOIn sintesi, il ruolo dellallenatore nellet evolutiva deve essere princi-palmente quello di educatore. Egli influenza molto il modo in cui vienepercepita la capacit personale e lo stress competitivo. una figura diriferimento affettivo, trasmette contenuti e valori ben sapendo che ilsuo comportamento pu essere determinante sia rispetto allaccresci-mento delle motivazioni sia rispetto agli abbandoni. Per ottemperare alsuo ruolo di educatore, lallenatore deve avere consapevolezza del li-vello educativo dei suoi allievi, deve essere autorevole e non autorita-rio, stabilire regole precise ma consentire allallievo di esprimere lapropria originalit.Deve essere un punto solido di riferimento, creare un ambiente acco-gliente e favorevole dove la naturale aggressivit e la competitivit in-site negli allievi possano essere funzionali alla formazione di unapersonalit equilibrata e matura. importante che lallenatore abbia rispetto per la personalit in via disviluppo dei ragazzi, che ponga obiettivi alla portata di tutti, che con-trolli il percorso attraverso feedback e verifiche. Le dinamiche delgruppo gli devono essere ben chiare per sapersi relazionare sia indivi-dualmente sia con linsieme degli allievi . Infine egli deve essere etica-mente un modello di comportamento avendo la consapevolezza di farparte di un gruppo di adulti educatori (genitori insegnanti) con i quali indispensabile comunicare e cooperare, mettendo il ragazzo sempreal centro del processo educativo.

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    BIBLIOGRAFIA

    Cambiare passo per passoLucidi Simona Lallenatore in et evolutiva

    Vailati P. 2004 Il valore educativo dello sport

    Piaget J. e Inherlder B. 1966 La psicologia del bambino

    Beraldo Stelvio Da bambino a pre-adolescente

    Caraccio Elena 2006 Le fasi della vita: pre-adolescenza e adolescenza

    Berger K.S. 2000 Lo sviluppo della persona

    Maura Santandrea, Isabella Biondi Adolescenza e i suoi problemi

    Alessandra Banche Adolescenza

    Lallenatore come educatoreLucidi Simona Lallenatore in et evolutiva

    Mois Paolo Metodologia dellinsegnamento

    Bellani Claudio Lintervento didattico dellallenatore nella correzione dei gesti tecnici

    Cetteo Di Mascio Il compito dellallenatore-educatore

    Francesca Zannoni Leducazione sportiva in adolescenza: il pedagogista sportivo

    Pieron M. Analisi dellinsegnamento nelle attivit fisiche

    Milanesi G. Pieroni V. Educare con lo sport

    Isidori R. La pedagogia dello sport

    Baffa Pacini Monica Applicazione allinsegnamento dei giochi sportivi delle moderne

    tecnologie educative (microteaching)

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    Impararea mettersi in gioco

    AGRIGENTOComitato provinciale US Acli AGRIGENTOResponsabile locale Stefano Urso

    Operatore Daniele DOroGruppo partecipanti N. 10 ragazzi/e

    Attivit calcetto, tennis tavolo,calciobalilla

    Impianto Campo calcio e tennis,Oratorio Orebdi Porto Empedocle

    Tipo di disagio emarginazione sociale,immigrazione

    Foto di repertorio archivio US Acli

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    UN TERRITORIO PROBLEMATICOPorto Empedocle, localit in cui abbiamo scelto di sperimentare il pro-getto, conta poco pi di 16.000 abitanti ed situata sulla costa meri-dionale siciliana a breve distanza da Agrigento alla quale strettamentevincolata da legami economici e sociali. Non a caso il comune vive lastessa dura situazione economica di tutta la provincia di Agrigento incui la crisi generale che coinvolge il Paese, ha colpito pesantemente so-prattutto le famiglie gi in forte disagio per i numerosi licenziamenti, ladisoccupazione dilagante e lassenza di nuove opportunit di sviluppo.Povert e disoccupazione, con le inevitabili conseguenze sul piano so-ciale ma anche evidenti carenze di strutture e problemi a livello fami-liare che rendono ancor pi difficoltoso lattraversamento del ladolescen-za, stata la realt in cui ci siamo impegnati ad operare.I ragazzi che hanno partecipato a Ci sono anchio provenivano infattiquasi tutti da famiglie in situazione di povert per la mancanza o lagrande incertezza e precariet del lavoro.

    GIOCHI DI GRUPPOI ragazzi che hanno preso parte al progetto sono stati individuati attra-verso la parrocchia il cui oratorio Oreb stato poi luogo di svolgimentodelle nostre attivit. Il gruppo formato da dieci ragazzi di cui due immi-grati, andava dai dieci ai diciassette anni ma con una presenza maggio-ritaria della fascia di et 12/15. Rispetto al sesso invece, la prevalenzaera maschile (otto maschi e due femmine). Le condizioni di partenzasono state quelle legate ai problemi derivanti dallo stato di emargina-zione sociale e di immigrazione dei ragazzi; ai quali abbiamo proposto dasubito attivit ricreative collettive di gioco e di sport, per aiutarli a supe-

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    rare il disagio iniziale ed avviarli a viversi come gruppo. Infatti, lisola-mento sociale e la mancanza di esperienza dei ragazzi con altre situazioniorganizzate faceva emergere soprattutto difficolt di tipo relazionale.

    MUOVERSI VERSO LA METAConsiderando gli obiettivi generali del progetto in rapporto ai problemiche avevamo di fronte, abbiamo puntato in primo luogo a fare in modoche i partecipanti entrassero in rapporto tra di loro, imparando a muo-versi come una vera squadra, in cui luno funzionale allaltro, per rag-giungere un obiettivo comune. Nonostante avessimo scelto i ragazzianche il base alle loro capacit, ben sapendo che se i livelli di partenzafossero stati troppo disuguali avremmo corso il rischio di creare osta-coli difficili da superare, lintegrazione di ognuno nel gruppo non statoun percorso semplice. Molto ha aiutato laver scelto tre tipi di attivit(calcetto, calciobalilla, tennis tavolo) che richiedendo abilit varie, hadato a ciascuno la possibilit di svolgere ruoli diversi e di sentirsi valo-rizzato per le sue caratteristiche. I giochi di squadra daltra parte, vannoproprio in questa direzione.Lavorare in gruppo, confrontarsi sul campo con le regole del gioco, ri-conoscere la figura delloperatore come adulto di riferimento, mentreha consentito di contenere e finalizzare razionalmente quella aggres-sivit tipica delladolescenza e spesso dirompente nel gioco sportivo, haanche sostenuto lo sviluppo e il miglioramento delle competenze per-sonali, fisiche e psichiche di ogni ragazzo, facilitando la crescita e lau-mento dellautostima.

    UN PERCORSO IN PROGRESSLa preparazione e la competenza delloperatore, i criteri che hanno de-terminato la scelta delle attivit da svolgere, il coinvolgimento di altrestrutture (loratorio e la parrocchia), sono stati punti forti del percorsoche progressivamente i partecipanti a Ci sono anchio hanno compiuto.Piccoli segnali positivi indicanti lavanzamento verso gli obiettivi cui ilprogetto mirava, si sono resi visibili nel torneo di calcetto organizzatocon altre realt circostanti.Primo segnale: il rispetto che parte fondamentale della capacit dimettersi in relazione con gli altri e con il mondo esterno. Partecipandoal torneo, i ragazzi hanno dimostrato di saper rispettare il proprio turnodi entrata in gioco, di saper quindi controllare il desiderio di otteneretutto e subito; manifestando allo stesso tempo rispetto delle regolee dellavversario.Secondo segnale: la cooperazione, risultato dellaver compiuto un pro-cesso di integrazione come gruppo, che si evidenziata nella capacitdi sapersi rendere disponibili per i compagni con i quali, nel gioco, man-tenere il compito assegnato.

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    Terzo segnale: il rapporto con il risultato della propria azione che nellosport il rapporto con la vittoria o la sconfitta. I ragazzi pur avendo di-sputato la fase finale del torneo, non sono riusciti a vincere e tuttaviahanno saputo accettare la loro sconfitta nelle giusta dimensione.

    UNA SPERIMENTAZIONE RIUSCITAConcluso Ci sono anchio, possiamo dire che nonostante le diverseproblematiche che si sono dovute affrontare nella formazione delgruppo, nellintegrazione dei ragazzi pi disadattati, nel far acquisireparticolari competenze, nel confronto con i genitori, i risultati siano daconsiderarsi buoni. I ragazzi hanno sicuramente vissuto unesperienza positiva e grade-vole; a loro e alle famiglie siamo riusciti a trasmettere lidea di come leattivit ludico, ricreative, sportive siano uno spazio importante di so-stegno alla crescita e possano continuare al di l della sperimentazionedel progetto attraverso la frequenza alle diverse iniziative portate avantinelloratorio Oreb. Per quanto ci riguarda, siamo consapevoli di dover continuare su que-sta strada intrapresa dallUS Acli perch ben sappiamo che lavoraresulleducazione e lintegrazione delle nuove generazioni anche attra-verso lo sport, significa lavorare per il futuro di tutti.

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  • Foto di repertorio archivio US Acli

    Musica e movimentoper comunicare

    BARIComitato provinciale US Acli BARIResponsabile locale Nicola Mangialardi

    Operatore Giuseppina ScarolaGruppo partecipanti N. 10 ragazzi / e

    Attivit danzaImpianto Palestra via Lucca, 12

    ModugnoTipo di disagio emarginazione sociale

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    UNA SITUAZIONE DI POVERTAbbiamo scelto di realizzare Ci sono anchio in unarea che presentai tanti problemi tipici delle situazioni di povert perch ci sembratoimportante intervenire per contribuire ad aiutare quegli adolescenti chequi affrontano con particolari difficolt il passaggio verso let adulta.Problemi economici conseguenti a un reddito molto basso o anche per-dita del lavoro di uno o entrambi i genitori: questa la situazione dellaquasi totalit delle famiglie che unattenta analisi del territorio hamesso in evidenza. Una povert diffusa che crea isolamento, che rendedifficile una possibile integrazione sociale, che influisce pesantementeanche sulla partecipazione dei ragazzi ad attivit di tempo libero orga-nizzate: per esempio a tutte quelle attivit sportive che richiedono il pa-gamento, anche minimo, di una quota associativa. Una realt cosradicata che, abbiamo scoperto, aveva contribuito a creare parados-salmente, una grande diffidenza verso qualunque offerta gratuita.

    LA FORMAZIONE DEL GRUPPOLa prima difficolt che ci si presentata stata proprio quella di for-mare il gruppo. In primo piano il problema dei ragazzi di accettare diessere insieme per raggiungere un obiettivo: nessuno voleva ricono-scersi in un gruppo invitato a partecipare senza dover pagare. Unapre-adolescenza dunque, profondamente segnata anche psicologica-mente da una povert che tiene ai margini. A sciogliere la situazione stata lattivit proposta, il numero dei giovanivolontari che si sono aggiunti per collaborare con linsegnante e lagrande tenacia che si impiegato per riuscire ad aprire un efficace ca-nale di comunicazione con i dieci ragazzi e ragazze coinvolti nel progetto.

    PER CRESCERE IN ARMONIALattivit messa in campo per realizzare il progetto stata la danza. Unascelta quanto mai opportuna perch la musica si rivelata una passionefondamentale di ogni ragazzo e per questo un approccio comunicativoestremamente valido. In tal modo abbiamo puntato a rendere tutti pro-motori/attori del progetto. Musica e movimento hanno consentito diraggiungere lobiettivo che, per questo gruppo, costituiva il presuppo-sto del lavoro: quello di facilitare i ragazzi a rapportarsi ed integrarsi tradi loro. Riconoscersi nel gruppo dei pari stato ugualmente importan-te per attivare le capacit di confrontarsi con le regole e con la figuraadulta di riferimento ma anche di contenere e finalizzare razionalmen-te laggressivit tipica di questo periodo della vita. Progressivamenteognuno non si sentito pi isolato ed emarginato, cogliendo laspettopositivo di un lavoro fatto insieme, scoprendo che il gruppo permettenon solo di divertirsi ma soprattutto di fare nuove amicizie, di sentirsivalorizzati come persone e non come oggetti poveri.

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    EMOZIONI E SENTIMENTIDopo le difficolt iniziali, lattivit proseguita in un clima abbastanza tran-quillo. Avere problemi economici non pregiudica una buona educazione:il rispetto per tutti e tra tutti stata la base di un lavoro completo che nonha richiesto nemmeno troppa fatica. Non essere ricco non cosa di cuivergognarsi e non preclude la possibilit di una vita sociale modesta e fe-lice. Comprendere questo, ha consentito ai ragazzi di non creare troppi di-vari tra di loro e di compiere il percorso, pi pratico che teorico, progettatoper realizzare Ci sono anchio. Percorso che ha portato i suoi frutti. Ab-biamo lavorato con ragazzi det compresa fra i dieci e i tredici anni, fa-cendo in modo che attraverso la musica ognuno esprimesse emozioni esentimenti che quasi mai si riescono a manifestare attraverso le parole. Lapreparazione di uno spettacolo ha permesso poi ai partecipanti di met-tersi in gioco fino in fondo, dimostrando grande tenacia di fronte alla con-statazione che non sempre tutto pu risultare facile al primo tentativo.

    UN PASSO POSITIVOPurtroppo i problemi economici, sociali, culturali sono ampiamente pre-senti nella nostra societ: aver dato la possibilit a qualcuno dei pigiovani di potersi divertire ed impegnare, stato gratificante per tuttima non certo la soluzione di situazioni delle quali dovrebbe farsi caricouna societ pi giusta, che non persegua solo interessi materiali. Rite-niamo tuttavia che nella realt in cui abbiamo operato, sia stato fattoun piccolo positivo passo avanti. Lo abbiamo letto nellentusiasmo deigenitori di fronte alla esibizione dei ragazzi nella festa di chiusura delprogetto. Ma soprattutto lo abbiamo scoperto vedendo le tante amici-zie, i tanti rapporti che si sono creati allinterno di un gruppo inizial-mente diffidente ed ostile.

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    Se lo sportva in rete

    BENEVENTOComitato provinciale US Acli BENEVENTOResponsabile locale Angelo Donisi

    Operatore Giovanni PucinoGruppo partecipante N. 10 ragazzi/e

    Attivit minibasket, musicoterapia,psicomotricit, laboratori teatrali,lavorazione ceramica e cera

    Impianto Plesso scolastico San Modestodi via Firenze

    Tipo di disagio disabilit e ragazzi a rischio

    Foto di repertorio archivio US Acli

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    NELLA CITT DELLE STREGHEBenevento, capoluogo dellomonima provincia in Campania, conta pocopi di 62.000 abitanti che arrivano a circa 100.000 se si considera lareametropolitana con i comuni contigui. A Benevento, nellaccettare diprendere attivamente parte a Ci sono anchio, il comitato provincialedellUS Acli ha individuato come luogo in cui sviluppare il progetto, ilrione Libert: nato nel ventennio fascista e notevolmente ampliatosinel secondo novecento, il quartiere che oggi il pi popoloso dellacitt si caratterizza come area a rischio sociale. Sul territorio si in-treccia una fitta rete di soggetti che collaborano per evitare, in parti-colare, la dispersione giovanile: chiesa locale, associazioni, comitati diquartiere, cooperative sociali. Una rete per noi davvero necessaria vistoche le problematiche dei ragazzi partecipanti al progetto erano varie:da quelle emergenti da un precoce uso di droga a quelle legate a di-sabilit fisiche e psichiche.

    LAVVIO DEL GRUPPOIl canale mediatico ha funzionato come importante diffusore dellavviodel progetto. Quotidiani e TV locali hanno affiancato il lavoro pi ca-pillare e pi mirato dei soggetti della rete che hanno interagito connoi: associazioni, parrocchie, comitati di quartiere in primo piano ac-canto alle ramificazioni del sistema Acli.Il gruppo misto (sei maschi e quattro femmine), eterogeneo per et(dai 10 ai 17 anni con prevalenza della fascia 11/14) e per la diversitdei tipi di disagio, si suddiviso in piccoli gruppi di lavoro per facilitarelo svolgersi delle attivit. Attivit il cui stesso momento di start up erastato finalizzato a incoraggiare la partecipazione di tutti.

    IL PROBLEMA DELLE REGOLETra i tanti problemi che abbiamo dovuto affrontare, stato preponde-rante quello del rispetto delle regole poich avevamo di fronte ragazziabituati alla libert; ragazzi ai quali il concetto di regola portava cons lidea di vincolo, divieto, ostacolo ingiustificato al loro modo di vivereliberi da ci che veniva percepito come imposizione.Li abbiamo coinvolti nella pratica del minibasket, un gioco sport che ciha aiutato a raggiungere alcuni obiettivi del progetto: giocando, oltrea sentirsi persona e soggetti attivi in campo, i ragazzi hanno socializ-zato con i compagni, compreso limportanza di interagire tra loro e lanecessit di rispettare le regole del gioco; allo stesso tempo hanno av-viato un progressivo miglioramento delle loro abilit/capacit fisiche.Le lezioni erano articolate in momenti diversi; unarticolazione utile adare significato allattivit e a far acquisire la capacit di rapportarsianche con loperatore, riconoscendone il ruolo di adulto di riferimento.In sintesi: momento di accoglienza (la fase di attesa di tutto il gruppo

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  • perch tutti sono importanti); momento di partecipazione (nessunoescluso dal gioco); momento di condivisione (anche gli spazi e le atti-vit sono per tutti); momento di elaborazione delle attivit; momentodi congedo (spazio anche per esprimere emozioni e sensazioni vissute).

    NON SOLO GIOCOPrima di iniziare le attivit veniva spiegato ai ragazzi il contenuto e il va-lore di ogni singolo movimento.Per conoscerli meglio abbiamo utilizzato un momento di scrittura inmodo che ognuno potesse liberamente esprimere non solo la propria vo-lont di fare ma anche desideri, aspettative, opinioni rispetto a quan-to loperatore aveva presentato. Proprio la complessit delle proble-matiche di questi ragazzi ci ha spintoa mettere in campo altre attivitoltre a quella sportiva (musicotera-pia, psicomotricit, laboratorio tea-trale e di lavorazione di ceramica ecera), ricorrendo anche alle compe-tenze di altri soggetti della rete. Inparticolare, sin dal primo momento stata richiesta la collaborazionegratuita di alcuni esperti dellasso-ciazione Il Bambino incompreso(da tempo presente su questo terri-torio), che hanno coinvolto tutti inlaboratori educativi-creativi, in attivit della bibliomediateca, in speci-fici percorsi di autostima, in interventi mediatici con le famiglie. Fami-glie che, pur essendo conosciute, non sempre purtroppo si sonodimostrate favorevoli al coinvolgimento nelle attivit.

    DIFFICILE MA POSITIVOQualunque percorso si compia, sempre indispensabile valutare i passiche si sono compiuti e rivederli alla luce del punto in cui si arrivati. Ilmomento della verifica coincide con il momento in cui si raccolgono i fruttidel lavoro che, per quanto ci riguarda, non sempre stato facile portareavanti. Dopo le prime battute di partenza, limpegno a proseguire linter-vento con i ragazzi di un quartiere a rischio ha comportato infatti cheprendessimo alcuni accorgimenti personali: fatto questo che ha reso ne-cessario modificare le modalit di prosecuzione sul piano lavorativo.Siamo per convinti che, avendo a disposizione un periodo di tempo pilungo, si possano riprendere attivit che hanno mostrato tutta la loro ef-ficacia e, allo stesso tempo, si possa predisporre il terreno favorevoleper avviarne altre finalizzate a un pi mirato coinvolgimento sociale.

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  • Dialogoe movimento

    CALTANISSETTAComitato provinciale US Acli CALTANISSETTAResponsabile locale Nicola Sposito

    Operatori Angelo DAuriaFabio CaracausiGiuseppe Strano

    Gruppo partecipante N.15 ragazzi Attivit calcetto, basket,

    tennis tavolo, volley,badminton

    Impianto campo calcetto San Luca/palestraScuola elementare L.Radice

    Tipo di disagio emarginazione sociale

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    UNA REALT SOFFERENTECaltanisetta rappresenta oggi una delle cittadine siciliane con il mag-gior numero di realt associative operanti nel territorio della provinciasia in ambito socio-assistenziale sia in ambito sportivo dilettantistico. Lacondizione socio-economica del territorio caratterizzata da una ele-vata percentuale di disoccupazione giovanile e da uneconomia fonda-mentalmente basata sul reddito da lavoro terziario; lattuale periodo dicrisi economico-finanziaria sta investendo le piccole e medie impreseoperanti nel territorio, con conseguente chiusura di numerose attivitcommerciali, a fronte del continuo aumento del numero di ipermercatie centri commerciali. Anche le attuali amministrazioni comunali e pro-vinciali risentono dei consistenti tagli ministeriali che si ripercuotonosul sistema del welfare causando la chiusura di servizi socio-assisten-ziali operanti sul territorio da parecchi anni. La presenza del CPA e delCPT di Pian del Lago, porta sul territorio cittadino un gran numero diextra-comunitari destinati al rimpatrio e quindi poco interessati a unavera integrazione con la popolazione locale, fatta eccezione per queipochi che essendo in regola con i permessi di soggiorno decidonodi intraprendere attivit lavorative che consentano loro di integrarsigradualmente. Molto diffusi purtroppo sono fenomeni come il bullismoe il consumo di alcolici e sostanze stupefacenti. Questa piaga coinvolgein modo preoccupante soprattutto i pi giovani anche a causa dellalenta ma inesorabile disgregazione dellistituzione famiglia il cui valoreviene messo sempre pi in discussione.

    GIOVANISSIMI IN GRUPPOIl gruppo di ragazzi che sono stati coinvolti nel progetto, si formatograzie allintervento del Parroco della Chiesa di San Luca e del direttivodellomonimo Comitato di quartiere che, successivamente ad una riu-

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    nione operativa con i dirigenti dellUS Acli di Caltanisetta, hanno diffusoliniziativa. Questa rete ha consentito di individuare i ragazzi interes-sati a partecipare, provenienti in larga parte da famiglie economica-mente disagiate. Lobiettivo che ci siamo posti stato quello di formareun gruppo non misto e di et omogenea; il che ha determinato la sceltadi quindici giovanissimi di et compresa tra i 9 e i 13 anni.

    LA SCOMMESSA EDUCATIVANellavviare le attivit, avevamo ben chiaro che avremmo lavorato conragazzi inseriti in unarea a rischio di emarginazione sociale, per aiutarliad affrontare un periodo molto delicato della loro vita. Gli obiettivi delprogetto erano una chiara indicazione del percorso da seguire e com-portavano che ci facessimo carico di una vera e propria scommessaeducativa: attraverso le quattro discipline messe in campo (calcio, ba-sket, volley e badminton) abbiamo puntato infatti a sostenere la cre-scita armonica dei ragazzi curando lo sviluppo delle competenze fisichee psichiche di ognuno, ben sapendo che ci avrebbe contribuito ad au-mentare il loro senso di autostima. Soprattutto con laiuto dei giochi disquadra abbiamo mirato a finalizzare in modo sano la competitivitcos come a contenere e finalizzare razionalmente laggressivit. Glistessi giochi di squadra hanno consentito di attivare le capacit dei ra-gazzi di confrontarsi con le regole, con figure di adulti significativi (glioperatori) e con il gruppo dei pari.

    LO STRUMENTO DEL DIALOGOPer raggiungere questi obiettivi abbiamo usato prevalentemente lostrumento del dialogo educativo, preliminare allinizio delle attivit econtestuale alla realizzazione delle stesse. Verbalizzare stato impor-tante. Durante lo svolgimento della pratica loperatore istruiva, ammo-niva, rinforzava, incoraggiava a seconda dei comportamenti specifici

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    messi in campo dai ragazzi. Che hanno progressivamente maturato laconsapevolezza della necessit e del rispetto delle regole e sono statico-responsabili nella scelta delle discipline di volta in volta presentate.Per lesecuzione delle attivit ci si avvalsi della collaborazione di ope-ratori del servizio civile, di alcuni volontari della Fidas (donatori di san-gue) e dellAssociazione Vita Nova che si occupa di disagio psichico.Prima dellavvio del progetto stato realizzato un incontro con i geni-tori, presso la Parrocchia del quartiere di San Luca, per far loro com-prendere e condividere la natura e le finalit di Ci sono anchio.Tradotta in numeri, lattivit didattica prevedeva 10 di ambientamentoe di attivit libera; 40 di attivit polisportiva; 10 di defaticamento e diverbalizzazione.

    CRESCERE CON LO SPORT stato grande motivo di soddisfazione quando abbiamo potuto con-statare che a distanza di tre mesi dal termine delle attivit, la quasi to-talit del gruppo di ragazzi sui quali e con i quali si era lavorato, siincontrava autonomamente per trascorrere alcune ore pomeridiane al-linsegna del divertimento e della spensieratezza ma soprattutto dellapolisportivit. Ci rappresenta un traguardo raggiunto di cui andarefieri: lo stimolo derivato dallattivit del progetto ha infatti dato originead una promozione collettiva di iniziative di prevenzione primaria del di-sagio che hanno portato alla realizzazione di ulteriori iniziative nel corsodellestate presso lo stesso campetto.Nel complesso le uniche difficolt rilevate sono state di tipo organizzati-vo perch hanno riguardato la contemporaneit degli impegni scolasticie sportivo- ricreativi di buona parte dei ragazzi, soprattutto in prossimi-t della fine dellanno scolastico. Difficolt che hanno richiesto una gran-de elasticit da parte degli operatori ed un loro impegno aggiuntivo.

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  • Quando motivare importante

    CASERTAComitato provinciale US Acli CASERTAResponsabile locale Aldo De Lellis

    Operatori Maria Giuseppina CusanoVincenzo VerdicchioOrsola Cesarano

    Gruppo partecipante 15 ragazzi(13 maschi, 2 femmine)

    Impianto Istituto professionale Industriae Artigianato A.Righi

    Attivit nuoto, pallavolo, pallacanestro,potenziamento muscolare

    Tipo di disagio immigrazione,emarginazione sociale

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    UNA REALT COMPLESSALanalisi del territorio, compiuta dallquipe degli operatori di Ci sonoanchio, ha portato lUS Acli provinciale di Caserta alla scelta di coin-volgere nel progetto lIstituto IPSIA A.Righi di S.Maria Capua Vetere. Questa decisione scaturita da una buona ragione. LIstituto vive in-fatti una realt complessa dovuta alleterogeneit degli adolescenti chelo popolano. La struttura frequentata da ragazzi provenienti da fa-miglie in condizione di povert, talvolta cos pesante da rendere im-possibile o molto difficile, anche lacquisto dei libri scolastici. Unacondizione le cui cause sono molteplici: ad esempio, la disoccupazionedi uno o di entrambi i genitori o la carcerazione del capo famiglia. Visono inoltre, ragazzi di diverse etnie e dunque di differenti religionie culture che faticano ad integrarsi con i ragazzi del territorio e ancheragazzi diversamente abili la cui condizione di handicap rende estre-mamente difficile la socializzazione e linstaurarsi di relazioni interper-sonali con i pari. Questi adolescenti sono spesso vittime di bullismo daparte dei compagni di classe o dei ragazzi pi grandi; uno o entrambii genitori hanno alle spalle o fanno attuale uso di alcolici o di sostanzestupefacenti e spesso se si parla con loro ci si rende conto chesono stati o sono testimoni di violenza o loro stessi vittime di abusi.Ragazzi dunque, non sostenuti sufficientemente dalla famiglia, quasisempre carente da un punto di vista economico e/o affettivo, la cuicondizione problematica di partenza si carica di nuovi problemi dovutialla delicata fase di vita che attraversano. A ci si aggiunga che sul ter-ritorio sono assenti agenzie educative come le organizzazioni giovanilidi volontariato e daggregazione culturale, ricreativa e sportiva. Difronte a tale situazione, Ci sono anchio sembrato rispondere alleesigenze di questi adolescenti che se lasciati soli a se stessi rischianodi prendere la strada della devianza, della droga, dellalcool. Strada chepurtroppo molti hanno gi intrapreso.

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    FARE GRUPPOUna docente che allinterno dellIstituto svolge la funzione di referenteai progetti, ha formato il gruppo dei ragazzi destinatari dellintervento.Sono stati individuati una quindicina di studenti, tredici maschi e duefemmine di et compresa tra i 14 e i 19 anni, appartenenti alle classiprime e terze . Occorre tener presente che in una prima classe si pos-sono trovare ragazzi di 18 anni e che la maggior parte degli studentisono ripetenti da almeno due anni, con problematiche che vanno da di-verse forme di disagio alla diversa etnia. Alcuni ragazzi inoltre manife-stano la compresenza di pi problematiche (ad es. immigrazione ebasso reddito familiare).La situazione di partenza vista leterogeneit dellet dei ragazzi e delmotivo del disagio stata laboriosa. Il lavoro preventivo di contattocon la scuola e con gli allievi ci ha permesso di notare un ulteriore dif-ficolt implicita e quindi insidiosa, che rischiava se non tempestiva-mente colta e affrontata, di far saltare lintero progetto: la motivazionedegli studenti. Non avevamo messo in conto una possibile apparenteadesione, dove lo studente poteva iscriversi con iniziale entusiasmo epoi non frequentare il corso. Di fatto, molti studenti che da subito ave-vano dato la loro adesione sembravano volersi tirare indietro. Per questo, prima di iniziare le attivit previste dal progetto si sono or-ganizzati alcuni incontri con gli studenti, condotti da una psicologa e inqualche caso dalla psicologa in collaborazione con gli altri operatori delprogetto: lo scopo era quello di valutare e sviluppare la motivazione ini-ziale dei ragazzi. I colloqui sono serviti a capire il perch di qualche ri-tiro permettendo di superare il problema e di avviare il progetto.Ci sono anchio si servito di una rete di collaborazioni tra lIstitutoRighi, la Sede Provinciale dellUS Acli, lUS Acli Nuoto di Caserta e laPalestra US Acli Dinamic Big Center che hanno permesso la pienarealizzazione del progetto, ognuno con le sue specifiche potenzialit.

    CRESCERE CON LO SPORTLobiettivo principale stato quello di sostenere la crescita armonica delragazzo attraverso lo sviluppo ed il miglioramento delle competenzepersonali psichiche e fisiche. Tutto ci lo si poteva realizzare e lo si realizzato attraverso un Piano Educativo Individ