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CAPITOLO 4. INQUADRAMENTO TERRITORIALE
4.1 INQUADRAMENTO GEOGRAFICO
La Toscana ha una superficie di 22.990 Kmq (corrispondenti al 7,6% del territorio nazionale), ed è
la quinta regione italiana per estensione. Presenta una conformazione fisica estremamente mossa
con una grande varietà di ambienti geografici frutto della sua complessa storia geologica. Ha
forma quasi perfettamente triangolare ed è delimitata a nord-est dall'Appennino Tosco-Emiliano, a
ovest dal Mar Ligure e dal Mar Tirreno, mentre verso sud-est è pressoché priva di precisi confini
naturali e i limiti sono dovuti ad un complesso di fattori storico-culturali.
Solo nel settore nordoccidentale il confine amministrativo segue lo spartiacque naturale
dell'Appennino Tosco-Emiliano; a nord-est lo travalica in vari punti inglobando parti delle valle
del Fiume Reno, del Santerno e del Lamone, mentre a est comprende l'alta valle del Marecchia e
del Fiume Tevere.
Il territorio presenta una conformazione morfologica varia e complessa. Il 25,1% del territorio è
occupato da montagne (Appennino, Antiappennino, Alpi Apuane), il 66,5% da colline e solo l'8,4%
da pianure.
Dell'Appennino fanno parte le cime più elevate poste lungo la linea spartiacque (Monte Prato, 2054
m; monte Falterona, 1654 m, e altre vette vicine ai 2000 m), il gruppo del Pratomagno, tra il
Casentino e il Val d'Arno superiore, l'Alpe di Catenaia e più a Sud l'Alpe di Poti.
All'Antiappennino appartengono il Monte Cetona, il massiccio vulcanico del Monte Amiata (1.738
m), le Colline Metallifere e i Monti Pisani separati a nord-ovest attraverso l'incisione del Fiume
Serchio dai primi contrafforti delle Alpi Apuane.
Appennini e Antiappennini si allungano in direzione nord-ovest – sud-est pressoché paralleli alla
costa. Tra i rilievi montuosi si aprono ampie vallate e conche che costituiscono vere e proprie sub-
regioni: Lunigiana, Garfagnana, Mugello, Casentino, Val Tiberina, Val di Chiana, Valdarno.
Le pianure, poche e poco estese (8,4% del territorio), si distribuiscono prevalentemente lungo la
costa (Versilia, Piana di Lucca e di Pisa, Maremma) o lungo il corso del Fiume Arno da Firenze fino
alla foce.
I fiumi toscani hanno in genere portate irregolari, regime torrentizio e percorsi tortuosi, per
adattarsi all'irregolarità morfologica della regione. Ad eccezione del Reno, del Santerno, del
Lamone, della Marecchia che sfociano nell'Adriatico, gli altri corsi d'acqua toscani mandano le loro
acque al mar Tirreno. I fiumi principali sono il Tevere, che interessa la regione solo nel suo corso
superiore; l'Arno che, con i suoi affluenti (il Sieve, il Bisenzio, la Greve, la Pesa, l'Elsa e l'Era), dal
Monte Falterona attraverso il Casentino e il Valdarno arriva al Mar Tirreno a Nord di Livorno, il
Magra e il Serchio che percorrono rispettivamente la Lunigiana e la Garfagnana; il Cecina,
l'Ombrone che scende dai Monti del Chianti, e l'Albegna che scende dai rilievi del Monte Amiata.
La Toscana è pressoché priva di laghi. Gli ampi specchi d'acqua che occupavano le pianure
litoranee e i bacini intermontani fino in epoca recente sono stai colmati da depositi fluviali
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lasciando il posto ad ampie pianure. Rimangono i laghi costieri di Massaciuccoli, di Burano e la
Laguna di Orbetello; mentre all'interno troviamo i laghetti di Chiusi e Montepulciano in Val di
Chiana.
Le costa si sviluppano per una lunghezza di 379 Km; sono prevalentemente basse e sabbiose ad
eccezione di un tratto della costa livornese e dei promontori di Piombino, Punta Ala e
dell'Argentario. Al territorio toscano appartengono le isole dell'Arcipelago toscano tra le quali
l'isola d'Elba, con i suoi 223,5 Kmq, è la maggiore tra le isole italiane minori. Lo sviluppo costiero
delle isole è di 254 Km. Tra le più alte in Italia, inoltre, è la presenza di parchi marini che
preservano le coste da attività umane incompatibili con la tutela ambientale.
Figura 4.1 - Carta fisica della Toscana - Atlante GeoAmbientale della Toscana (2006)
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4.2 INQUADRAMENTO CLIMATOLOGICO
Dal punto di vista climatico la Toscana può essere divisa in due parti: l'alta Toscana, dove la
presenza delle catena degli Appennini, con cime che superano i 2.000 m, protegge il resto della
regione dalle masse d'aria fredda provenienti dai versanti settentrionali e orientali; e la Toscana
centro-meridionale, che è invece caratterizzata dalla presenza di rilievi collinari (ad eccezione del
Monte Amiata) e dove la maggiore o minore continentalità del clima dipende dalla distanza dal
mare. Lungo le coste infatti il Mare Tirreno determina un clima tipicamente mediterraneo, con
estati fresche e inverni miti, mentre nella parte più orientale della regione possono verificarsi
fenomeni legati all'inversione termica, quali nebbie e gelate. In particolare nella Val di Chiana la
presenza di rilievi montuosi contribuisce a conferire all'area un clima più caldo e meno piovoso
delle altre zone limitrofe. Nella parte meridionale gli elevati valori delle temperature e le scarse
precipitazioni caratterizzano il clima determinando condizioni di aridità strutturale.
Più a nord le Apuane, la parte occidentale della catena appenninica, il Valdarno e il Mugello sono
esposte alle masse d'aria occidentali che portano precipitazioni, anche intense, nel periodo
autunnale e invernale.
Anche la Toscana risente degli effetti del cambiamento climatico in atto a livello globale. Infatti il
trend di variazione di alcuni parametri climatici, quali la temperatura e le precipitazioni, sono in
linea con quanto registrato sia a livello nazionale che nel bacino del Mediterraneo.
Si riporta di seguito una sintesi della variazione di alcuni parametri climatici significativi
contenuta nel “Libro bianco sui cambiamenti climatici in Toscana” contenuta nel P.A.E.R. in corso
di approvazione da parte della Regione Toscana.
Temperatura ed estremi termici
La variazione della temperatura è il parametro più evidente del cambiamento climatico in atto. In
Toscana l'elaborazione dei dati termometrici su 22 stazioni per un periodo di circa 50 anni (dal
1955 al 2007) ha evidenziato un aumento della temperatura minima di + 0,89° C e della
temperatura massima di 0,81° C.
Gli ultimi diciotto anni, dal 1991 al 2008, confrontati con il trentennio di riferimento 1961 – 1990,
mostrano un'anomalia media annua pari a +0,5° C con picchi superiori al grado centigrado in Valle
del Serchio e Lunigiana e una diminuzione sui maggiori rilievi centro meridionali (M. Amiata e
Colline Metallifere) e del Pratomagno. A livello stagionale (Figura 4.2) si notano forti variazioni
positive nel periodo estivo nella parte nord-occidentale (Valle del Serchio, Lunigiana e Costa
Apuo-Versiliese). In autunno il trend si presenta generalmente negativo con valori medi di – 0,34°
C, eccetto lungo il litorale Apuo – Versiliese, mentre in inverno non si notano variazioni di rilievo,
salvo nella zona Nord occidentale, in particolare la Lunigiana e nella costa Apuo – Versiliese e, in
misura minore, nella Valle del Serchio.
Per quanto concerne gli eventi estremi legati alle temperature, i dati mostrano come la variabilità
negli ultimi anni abbia fatto registrare un sensibile incremento dei giorni estivi con una
temperatura minima e massima molto più alta della media. E anche le ondate di calore registrano
un significativo aumento (Figura 4.3).
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Figura 4.2 – Mappe delle variazioni delle temperature medie stagionali nel periodo 1991–2008 rispetto al trentennio di riferimento 1961–1990 - LaMMA, 2010. Dati: Aeronautica Militare, Centro Funzionale, ARSIA
Figura 4.3 - Numero di ondate di calore di lunga durata. Le linee tratteggiate indicano la media relativa ai due periodi climatici messi a confronto 1955 – 1980 e 1981 – 2007 - IBIMET – CNR
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Precipitazioni ed eventi estremi
A parte qualche annata particolarmente piovosa, gli ultimi decenni mostrano un trend negativo
diffuso con una media annua regionale di – 12% di precipitazioni, come indicato nella Figura 4.4
da cui emerge che le contrazioni maggiori si riscontrano nell'area apuana, nell'alta valle del
Torrente Lima, nella zona delle Colline Metallifere e nella zona del Monte Amiata.
Figura 4.4 - Mappa delle anomalie di pioggia annua (mm) del periodo 1991 – 2008 rispetto al periodo di riferimento 1961 – 1990 - LaMMA, 2010
In Figura 4.5 sono riportate le mappe dei cumulati di pioggia stagionali del periodo 1991 – 2008
rispetto al periodo di riferimento 1961 – 1990. Fatta eccezione per l'autunno dove si registra una
variazione positiva (+7%) dei cumulati di pioggia (salvo area apuana, Colline Metallifere e Monte
Amiata dove permangono cumulati negativi), nelle altre stagioni abbiamo valori negativi con
addirittura un – 25,5% in inverno. La maggiore piovosità autunnale non è in grado di compensare
il deficit che si registra nelle altre stagioni.
La tendenza delle ultime decadi in Toscana è verso una diminuzione delle piogge e del numero dei
giorni piovosi, mentre si assiste a un aumento dei fenomeni piovosi molto intensi e un aumento
dell'intensità media oraria della pioggia.
In Toscana dagli anni novanta la frequenza di precipitazioni a forte intensità è aumentata di ben
tre volte con il ripetersi di forti eventi alluvionali:
19 giugno 1996: Alta Versilia, 500 mm di pioggia in 6 ore;
20 settembre 1999: Grosseto, 55 mm di pioggia in 1 ora;
23 settembre 2003: Massa Carrara, 80 mm/ora, cumulati oltre 300 mm;
24 – 25 dicembre 2009: Provincie di Massa, Lucca, Pistoia, Prato – massimo giornaliero di 241,2 mm registrato a Stazzema frazione Campagrina (LU) il giorno 24;
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31 ottobre 2010: Massa Carrara, Lucca Appennino Pistoiese: tra il 30 ottobre e il 1 novembre nell'area apuana si sono registrati cumulati di pioggia tra 300 – 350 mm;
24 – 25 ottobre 2011: Lunigiana, 366 mm di pioggia in 24 ore.
Figura 4.5 - Mappe delle anomalie di precipitazione stagionale (mm) del periodo 1991 – 2008 rispetto al periodo di riferimento 1961 – 1990 - LaMMA, 2010
Rischio di desertificazione
La definizione di desertificazione comunemente accettata dalla comunità internazionale è “[…] il
degrado del territorio nelle zone aride, semi aride e sub umide secche attribuibile a varie cause fra
le quali le variazioni climatiche e le attività umane”.
Per quanto riguarda i fattori climatici, la desertificazione è strettamente connessa a fenomeni quali
la siccità, l'aridità e l'erosione del suolo prodotta dalle precipitazioni. L'esame integrato della
siccità e dell'aridità e la loro evoluzione nel tempo fornisce indicazioni sulla qualità del clima in
una determinata regione e di conseguenza sul rischio di desertificazione.
Siccità
La siccità è una prolungata mancanza d'acqua dovuta in genere a insufficienti precipitazioni
atmosferiche che provocano squilibri nel bilancio idrologico; gli effetti possono essere accentuati
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dal persistere di lunghi periodi di alta pressione, dal prevalere di venti secchi di origine
continentale, dalla temperatura.
Spesso la temperatura è considerata causa diretta della siccità, si possono però avere periodi di
siccità anche nella stagione invernale. Si possono avere condizioni di siccità anche in condizioni di
precipitazioni normali quando si ha una eccessiva richiesta di risorsa idrica.
Come si apprende dal PAER in corso di approvazione, in Toscana negli ultimi 20 anni sono
nettamente aumentati gli episodi di siccità invernale e primaverile, problematici dal punto di vista
idrologico in quanto in tali stagioni (oltre che in quella autunnale) le precipitazioni, anche a
carattere nevoso, dovrebbero ricaricare le falde.
Aridità
L'aridità è la conseguenza di frequenti e prolungati periodi di scarse precipitazioni ed elevata
evapotraspirazione che interessano una determinata area.
L'aridità di un territorio è normalmente espressa da “indici di aridità” che mettono in relazione
precipitazioni, temperatura, evapotraspirazione e, in alcuni casi, anche le caratteristiche del suolo.
Per la Toscana il confronto delle mappe di aridità primaverile e estiva del trentennio 1961 – 1990 e
1991 – 2008 mostra una espansione verso l'interno delle aree semiaride (Figura 4.6).
Figura 4.6 - Indice di aridità primaverile-estiva del trentennio 1961 – 1990 e del periodo 1991 – 2008 - LaMMA, 2010
Indice di qualità del clima
Dall'evoluzione nel tempo degli indici di siccità e di aridità è stata ricavata una mappa
riepilogativa della qualità del clima che individua le aree più vulnerabili sotto l'aspetto climatico
(LaMMA, 2010) (Figura 4.7).
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L’indice di qualità del clima rappresentato in Figura 4.7 varia tra 1 a 2, dove 1 indica situazioni di
assenza di criticità, 2 situazioni di estrema criticità.
In Toscana non sono presenti zone con valori estremi, ma situazioni di vulnerabilità medio-alta si
hanno nella costa meridionale, nella Val di Chiana, tra il medio e basso bacino dell'Arno, e
nell'estremo sud-est del senese.
Figura 4.7 - Mappa di qualità del clima derivante dall’analisi strutturale e congiunturale di aridità e siccità - LaMMA, 2010
Aree sensibili alla desertificazione
L'analisi di sensibilità alla desertificazione mostra la probabilità che ha un determinato territorio di
essere esposto a fenomeni negativi che interessano il degrado della risorsa suolo, la carenza idrica
e la perdita di biodiversità. I fattori che possono incidere su questa sensibilità sono il clima, il
suolo, lo sviluppo della vegetazione, la disponibilità d'acqua, i fattori antropici.
Nella prospettiva di una pianificazione sostenibile è importante individuare le aree più critiche e
sensibili alla desertificazione e valutare quali fattori hanno maggiore influenza, se quelli climatici
oppure antropici, o quelli legati alla vegetazione.
La carta di sensibilità alla desertificazione elaborata dal Consorzio LaMMA nell'ambito del P.A.L.
(“Programma di Azione Locale di lotta alla siccità e alla desertificazione”) attraverso l'incrocio di
tematismi diversi, permette di avere una visione completa del territorio toscano e valutare nel
dettaglio le singole vulnerabilità e criticità (Figura 4.8).
Con riferimento alle zone più vulnerabili individuate in Figura 4.8, si riporta di seguito un estratto
delle conclusioni contenute nel Rapporto del LaMMA, rimandando a questo per tutti gli
approfondimenti sull'argomento.
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“Da un’analisi comparata degli indici intermedi, presentati nel corso dei paragrafi precedenti, si
possono trarre le seguenti conclusioni:
• nella zona 1, che comprende la porzione più a nord della provincia di Siena, l’asse Firenze-Prato-Pistoia e la piana lungo il corso dell’Arno, i problemi di natura climatica legati ad aridità e siccità, peraltro confermati dalla diminuzione di portata del fiume Arno, si sommano all’elevata densità di popolazione ed alla pressione turistica; • la zona 2, invece, presenta dei problemi legati alla particolare natura dei suoli nel tratto terminale dell’Arno e squilibri nello sfruttamento delle risorse naturali nel nord livornese a causa dell’attività turistica concentrata nei periodi estivi; • nella zona 3, che comprende la Val di Cornia e il grossetano centrosettentrionale, il fattore che più degli altri porta a valori elevati di sensibilità del territorio è il clima, con le sue estati aride e gli inverni secchi. La zona presenta, inoltre intense attività agricole; • la zona 4, concentrata nella Val di Chiana, subisce una forte pressione di carattere antropico, legata alle attività agricole; • la zona 5, infine, ricadente nella zona centrale della provincia di Siena presenta problematiche di gestione dovute all’attività agricola e alle politiche di protezione.”
Figura 4.8 - Carta di sensibilità alla desertificazione - “Programma di Azione Locale di lotta alla siccità e alla desertificazione” - LaMMA
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Scenari futuri
Nel “Libro bianco sui cambiamenti climatici in Toscana” contenuto nel PAER sono riportati i
risultati dell’applicazione di un modello matematico alle serie storiche dei dati climatici finalizzata
all’elaborazione di ipotesi sui possibili effetti che le variazioni climatiche possono avere sul
territorio.
Il modello è stato applicato a due differenti scenari SRES (Special Report on EmissionScenarios)
elaborati dall'IPCC (Intergovernmental Panel on ClimateChange) che ipotizzano le concentrazioni
dei gas serra in base a diverse condizioni di sviluppo socio-economico. Gli scenari considerati
sono: lo scenario A2 che prevede emissioni di gas serra medio-alte e lo scenario B2, più
conservativo, che prevede emissioni medio-basse.
Per il periodo 2006 – 2036, per entrambi gli scenari A2 e B2 il modello ha rilevato un generale
aumento della temperatura pari a 1,5° C, con valori di 1° C per i mesi invernali di dicembre,
gennaio, febbraio, e di 1,5° C per l'estate, pur evidenziando con lo scenario A2 aumenti maggiori di
temperatura rispetto al B2.
Per quanto riguarda le precipitazioni, più difficilmente stimabili in proiezione perché
particolarmente legate a fenomeni locali, i risultati ottenuti con i due scenari A2 e B2 sono
differenti. In particolare, lo scenario A2 mostra un maggior rischio di aridità in pianura e bassa
collina, e un aumento delle piogge per quote maggiori.
4.3 INQUADRAMENTO GEOLOGICO
Le forme di rilievo del territorio toscano sono il risultato di una complessa successione di eventi
geologici avvenuti negli ultimi 35 milioni di anni (35 Ma).
Tutto ha avuto inizio nel Cretaceo superiore - Eocene medio (da 65 a 40 Ma) con l'avvicinamento e
la successiva collisione avvenuta nel Eocene superiore - Oligocene (da 34 a 28 Ma) del
paleocontinente africano con quello euro asiatico e la progressiva chiusura, per subduzione della
crosta oceanica al di sotto del margine europeo, dell'oceano (la Tetide) che separava i due
paleocontinenti.
Figura 4.9 – Rilievi montuosi dell'orogenesi alpina nell'Europa meridionale e nel Medio Oriente - internet
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L'edificio geologico formatosi dalla collisione comprende una serie di catene montuose che dalla
Spagna/Africa settentrionale (Gibilterra), attraverso le Alpi/Appennini, l'Anatolia, il Caucaso e
l'Himalaia arriva fino in Indonesia (Figura 4.9).
Il processo geodinamico che ha prodotto la formazione di queste catene montuose è conosciuto
come “orogenesi alpina”.
Nella storia evolutiva della terra si sono succeduti altri processi orogenetici in epoche diverse:
quella precedente all'orogenesi alpina è stata l'orogenesi ercinica (o varisica), avvenuta tra il
Carbonifero (350 Ma) e il Permiano (250 Ma). A questa orogenesi sono riferibili gran parte dei
rilievi montuosi presenti in Europa. In Italia l'orogenesi ercinica è visibile in Sardegna, mentre
nelle Alpi e nell'Appennino è parzialmente occultata e ricoperta dall'orogenesi alpina. In Toscana
rocce riferibili al basamento interessato dall'orogenesi ercinica sono presenti nelle Alpi Apuane
all'isola d'Elba.
La storia geologica dell'Appennino settentrionale può essere divisa in due importanti momenti:
1. 27 → 10 Ma: in questa fase si è avuta la costruzione della catena appenninica per effetto della collisione dei due paleocontinenti e dei conseguenti fenomeni compressivi che hanno portato alla sovrapposizione di serie sedimentarie depositatesi in differenti zone di sedimentazione (domini plaogeografici) sia della crosta continentale che dei fondali oceanici, distanti tra di loro anche oltre 150 Km dalla collocazione attuale delle rocce formatesi da questi sedimenti.
2. 10 Ma → attuale: all'innalzamento dell'edificio orogenetico è seguita una fase di distensione della catena appenninica nella parte occidentale e compressione nella fascia padano-adriatica. Nella parte occidentale, quindi in gran parte del territorio della Toscana, la tettonica distensiva ha dato origine a depressioni tettoniche (graben) dove si sono formate ampie valli (valle del Magra, del Serchio, Valdarno, Mugello, ecc.) e dorsali montuose (horst) orientate prevalentemente in direzione NO-SE e delimitate da sistemi di faglie. In questa fase si è avuto anche un assottigliamento della crosta terrestre per l'apertura del bacino tirrenico che ha comportato l'insorgere di manifestazioni vulcaniche intrusive ed effusive nella Toscana meridionale e nelle isole dell'Arcipelago Toscano.
Domini paleogeografici e unità strutturali
Nel corso dell'orogenesi alpina i sedimenti formatisi sia in mare che sulla crosta continentale sono
stati profondamente deformati e suddivisi in spessi ed estesi blocchi, denominati “unità
strutturali”. Queste “unità”, con il progredire dei movimenti orogenetici, hanno subito
accavallamenti e sovrascorrimenti le une sulle altre fino a formare una pila di “unità” sovrapposte
detta anche “struttura a falde di ricoprimento”.
L’ambiente di deposizione, oceanico o di crosta continentale, individua dei “domini” ai quali sono
riferiti una o più “unità strutturali”.
In Toscana sono presenti i seguenti “domini” (Figura 4.10, Figura 4.11):
“Dominio Umbro – Marchigiano” e “Dominio Toscano”, comprendenti il margine continentale africano – adriatico;
“Dominio Subligure” posto in una zona di transizione tra il margine continentale e l'area oceanica;
“Dominio Ligure - Piemontese”, a sua volta suddiviso in “Dominio Ligure Esterno” e “Dominio Ligure Interno”, il cui ambiente di deposizione era quello di un fondale oceanico.
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Nel tratto toscano dell’Appennino settentrionale (1) le “unità strutturali” poste alla base della pila
di sovrapposizione formatasi con i sovrascorrimenti sono quelle che in origine si erano formate nel
margine continentale africano-adriatico e che sono ora comprese nel “dominio Umbro-
Marchigiano” e nel “dominio Toscano”.
Figura 4.10 - Carta e sezione geologica schematica dell'Appennino settentrionale - E. Pandeli (2008)
1 L’Appennino settentrionale è limitato a N e a S da due lineamenti tettonici: a N la linea Sestri – Voltaggio, a
S la linea Ancona – Anzio
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Figura 4.11 - Sezione schematica con le relazioni geometriche tra le maggiori unità strutturali dell'appennino settentrionale - P. Elter
Dominio Umbro Marchigiano
E' quello più esterno nella struttura a falde di ricoprimento dell’Appennino settentrionale
affiorante in Toscana (Figura 4.11). Gli affioramenti rocciosi sono costituiti da torbiditi silico-
clastiche e marne emipelagiche presenti principalmente all'estremità Nord -Est della Regione (Alpe
di San Benedetto, dintorni di Marradi e di Palazzuolo sul Sennio), affioramenti minori sono
presenti nei dintorni di Badia Tedalda.
Dominio Toscano
E' costituito da successioni litologiche deposte nella fascia più periferica del continente africano -
adriatico, prospiciente l’area oceanica. In questo dominio sono distinte due unità strutturali: la
Successione Metamorfica Toscana e la sovrastante Successione non Metamorfica a sua volta divisa
da vari autori in due sotto unità strutturali, la Falda Toscana e l’Unità Cervarola-Falterona; queste
ultime due unità contribuiscono a formare estesi e potenti affioramenti rocciosi che formano
l’ossatura di gran parte della catena appenninica toscana. Le formazioni della Successione
Metamorfica Toscana risultano correlabili e coeve con quelle della sovrastante Falda Toscana
(Figura 4.12).
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Figura 4.12 - Rapporti tra le serie stratigrafiche dell'Unità metamorfica apuana e la Falda Toscana
La Successione Metamorfica Toscana si compone di varie unità litologiche derivate dalla
deformazione e metamorfismo in facies di scisti verdi di successioni sedimentarie deposte sul
margine continentale africano. Gli affioramenti più estesi sono presenti nelle Alpi Apuane, nei
Monti Pisani, nella Montagnola Senese e Colline Metallifere, affioramenti di minore estensione si
hanno all’Isola d’Elba, Monti dell’Uccellina, Argentario e nei dintorni di Capalbio.
La successione metamorfica poggia su un basamento [età Cambriano (541-485 Ma) – Devoniano
(416-359 Ma)], costituito da filladi, calcescisti, calcari metamorfici, dolomie, metabasiti che
rappresenta il basamento continentale deformato dall’orogenesi ercinica. I maggiori affioramenti
del basamento Ercinico si hanno nella finestra tettonica delle Alpi Apuane e all’Isola d’Elba (Monte
Calamita).
Sul basamento Ercinico è presente una copertura post-Ercinica riferibile al Viséano (345-328 Ma) –
Permiano (299-251 Ma) costituita da filladi, arenarie e calcari metamorfici. I maggiori affioramenti
sono presenti nei M. Pisani, Colline Metallifere e nei dintorni di Capalbio.
Alla copertura post – Ercinica segue una successione silicoclastica-carbonatica di età mediotriassica
[trias inf. (250 Ma) – Carnico (216 Ma)] e una successione da carbonatica a silicoclastica che si
chiude con le arenarie metamorfiche feldspatiche dell’Oligocene sup. – Miocene inf. (23 Ma).
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Gli affioramenti più estesi sono presenti nelle Alpi Apuane, nei Monti Pisani, nella Montagnola
Senese e nelle Colline Metallifere; affioramenti minori interessano i Monti dell’Uccellina, il
promontorio di Orbetello e i dintorni di Capalbio.
La “Successione non Metamorfica” comprende la Falda Toscana e l'Unità del Cervarola.
La Falda Toscana è una Unità tettonica derivata dal margine continentale africano, non
metamorfica (o debolmente metamorfica) e si compone di una serie di formazioni litologiche
databili dal Triassico sup. (200 Ma) al Miocene inf. (23 Ma). La successione (Figura 4.12) si apre con
una serie carbonatica costituita da dolomie, calcari dolomitici e anidriti, alla quale seguono calcari
e calcari dolomitici, marne, calcari nodulari, calcari selciferi, diaspri, calcareniti, argilliti. La
successione si chiude con il flyschtorbiditicooligo-miocenico.
La successione stratigrafica dei terreni della Falda Toscana non risulta sempre completa in tutti gli
affioramenti, spesso si presenta ridotta ai soli termini basali.
Gli affioramenti più estesi della serie carbonatica della Falda Toscana sono presenti nella Toscana
Nord occidentale nei due versanti della valle del F. Serchio e nei nuclei carbonatici della Val di
Lima e di Montecatini Terme – Monsummano. Affioramenti minori sono presenti nei dintorni di
Campiglia Marittima, a Casciana Terme, tra Massa Marittima e Chiusdino, a Gavorrano, a Nord -
Est di Grosseto e nei Monti dell'Uccellina. Affioramenti più estesi interessano la parte Sud
occidentale della Toscana a Sud del F. Albegna fino al confine con il Lazio e tra Semproniano e
Roccalbegna. Più a Est sono presenti vari affioramenti, discontinui e di modesta estensione,
disposti lungo un allineamento NNW – SSE, che dai Monti del Chianti arrivano fino al confine con
l'Umbria. In questi affioramenti sono localizzate le importanti manifestazioni termali di Rapolano
Terme e Chianciano Terme.
Il flyschtorbiditico della Falda Toscana costituisce tutta l'ossatura della catena appenninica della
Toscana Nord occidentale fino all'altezza di Cutigliano e San Marcello Pistoiese. Continua poi con
affioramenti di minore estensione nel Monte Albano e nei Monti del Chianti fino ai depositi recenti
della Val di Chiana. Altri affioramenti di una certa importanza li troviamo nei rilievi collinari posti
tra la pianura di Follonica e quella di Grosseto e nei rilievi posti immediatamente a Sud - Est di
Grosseto.
L’Unità Cervarola è costituita da flyschtorbiditicisilicoclastici e depositi emilelagici di età compresa
tra l’Oligocene inf. (Rupeliano - 28Ma) e il Miocene medio (Langhiano - 14 Ma).
Questo flysch forma gran parte dell'ossatura della catena appenninica presente nella parte
orientale della Toscana estendendosi da Cutigliano – San Marcello Pistoiese al Mugello, Prato
Magno, Casentino, per proseguire nel versante sinistro della Val di Chiana fino al confine con
l'Umbria.
Al Dominio Toscano appartiene anche l’Unità dello Pseudoverrucano. Questa unità ha una
limitata estensione affiorando solo nella Toscana meridionale nei Monti dell’Uccellina e in
prossimità di Grosseto (Poggio di Moscona). E’ costituita da una successione che va dal Lias (200
Ma) all’Eocene (≈ 40Ma) ed è formata da conglomerati quarzosi, calcareniti, marne, calcilutiti,
calcare cristallino grigio-rosato e nero.
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Dominio Subligure
Il successioni litologiche appartenenti al “Dominio Subligure” geometricamente si collocano sopra
le Unità del Dominio Toscano (Figura 4.11). Questo Dominio è formato da arenarie, conglomerati,
argilliti, calcari e marne ed è considerato una zona di transizione tra il “Dominio Toscano” e l'area
oceanica del “Dominio Ligure -Piemontese”, dove invece sono presenti le litologie tipiche dei
fondali oceanici. E' presente in vari affioramenti di limitata estensione nella Toscana settentrionale
(alta valle del Fiume Magra e del Serchio, bordo settentrionale del massiccio apuano) e tra
Castagneto Carducci e Campiglia Marittima. Affioramenti più estesi sono presenti nella Toscana
meridionale, a sud di Grosseto, nel versante destro del Fiume Albegna.
Dominio Ligure - Piemontese
Le Unità strutturali riferibili a questo Dominio rappresentano porzioni della litosfera oceanica
della Tetide ligure, scagliate e impilate sopra il margine del paleocontinente africano (Dominio
Toscano) durante la deformazione orogenetica.
Una successione “tipo” ligure si compone, dal basso, dei seguenti termini (Pandeli, 2008):
1. Basamento oceanico: è rappresentato dalle rocce ignee ultrabasiche peridotitiche (appartiene a questa varietà litologica il cosiddetto “marmo verde di Prato”) e basiche (gabbri). Le peridotiti rappresentano porzioni del mantello terrestre, mentre i gabbri derivano dalla lenta consolidazione di magmi in profondità nella crosta oceanica.
2. Copertura vulcanica: sono rocce ignee a composizione basaltica dove spesso sono ancora evidenti forme laviche “a cuscino” (pillow lava) segno di uno scorrimento e consolidamento di magmi su un fondale oceanico. Con le rocce del basamento costituiscono le “ofioliti” o rocce verdi.
3. Copertura sedimentaria: sui basalti o direttamente sul basamento oceanico dal Giurassico sup. (Maln) (161 - 145 M.a) al Paleocene (65 - 55 M.A.) si è depositata una successione sedimentaria che comprende diaspri, calcari micritici (Calcari a Calpionelle), argilloscisti con intercalazioni calcaree (Argille con Calcari a Palombini) e brecce a elementi ofiolitici, depositi arenacei e calcareo-marnosi di mare profondo (flysch ad Helmintoidi).
Il “Dominio Ligure-Piemontese” è a sua volta diviso in due Domini detti rispettivamente
“Dominio Ligure Interno” e “Dominio Ligure Esterno”. Entrambi i Domini sono caratterizzati
dalla presenza di rocce ofiolitiche: nelle Liguridi Interne esse si trovano in posizione primaria e
rappresentano frammenti del fondo marino sul quale ha inizio, con i diaspri, la successione
sedimentaria. Nelle Liguridi Esterne non sono presenti ofioliti che rappresentino sicuramente la
base della successione sedimentaria essendo quest'ultima scollata dalla sua originaria base. Le
ofioliti compaiono come masse, anche di dimensioni plurichilometriche, scivolate nel bacino di
sedimentazione ligure e pertanto intercalate in questi sedimenti.
Le successioni sedimentarie di “tipo ligure” si estendono su tutto il territorio toscano (Fig 14) e
comprendono varie unità strutturali, appartenenti all'uno o all'altro dei due Domini, con
successioni sedimentarie diverse da una unità all'altra.
Depositi post-orogenici
Dal Miocene Sup. (7 – 5,5 M.a.), dopo la tettonica compressiva che ha determinato l'emersione
della catena appenninica, inizia una tettonica distensiva con la formazione di varie depressioni
tettoniche (Graben), separate da alti tettonici (Horst), con direzione appenninica (NW-SE) e
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delimitate da faglie, che hanno condizionato quasi tutta l'attuale idrografia superficiale (Figura
4.13).
Le fosse tettoniche più occidentali furono ripetutamente invase dal mare in seguito a variazioni del
livello del mare, dovuto principalmente al succedersi delle glaciazioni, e movimenti della crosta
terrestre, dando luogo a depositi di tipo continentale e marino. Le fosse più orientali, le più elevate,
diventarono sede di bacini lacustri (laghi di Castelnuovo Garfagnana e di Barga, i laghi del
Mugello e del Valdarno).
Figura 4.13 - Distribuzione dei principali bacini post-orogenici dell'Appennino settentrionale. In rigato i bacini mio-pliocenici con depositi continentali e marini; in puntinato i bacini plio-pleistocenici con sedimenti continentali fluvio-lacustri. 1) principali fronti di accavallamento delle unità tettoniche appenniniche; 2) faglie principali al bordo dei bacini; 3) linee tettoniche trasversali; 4) faglie minori al bordo dei bacini. - Martini & Sagri (1993)
Più in dettaglio si possono individuare almeno tre fasi sedimentarie:
Miocene superiore (11,3 – 5,3 M.a.): depositi di tipo continentale costituiti da
conglomerati, arenarie, siltiti, argille lignitifere e marne e depositi marini costituiti da
argille e calcari bioclastici di ambiente lagunare e di mare basso. La ripresa degli
sprofondamenti tettonici favorì l'instaurarsi di bracci di mare poco profondi all'interno del
continente con la formazione di depositi evaporitici (es. gessi e alabastri di Volterra).
Pliocene (5,3 – 2,5 M.a.): l'ingressione marina si spinse ancor più all'interno creando nuovi
ampi bacini come quello di Volterra – Radicondoli, Val D'Elsa – Siena – Radicofani
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arrivando fino alla dorsale M. Albano-Monti del Chianti-M. Cetona. In questi bacini si
depositarono argille, arenarie, conglomerati e calcari bioclastici.
Pleistocene (2,5 M.a.- 11.500 anni): in questa ultima fase la Toscana, come gran parte
dell'Appennino aveva assunto la configurazione attuale con valli fluviale e ampi bacini
fluvio-lacustri (Valdarno superiore, bacino di Firenze-Prato-Pistoia). Solo nelle zone più
vicino alla costa si hanno evidenze di ingressioni e regressioni marine in conseguenza del
succedersi delle glaciazioni, con abbassamenti del livello del mare anche di 150 m, con
deposizione di argille, arenarie, calcari e conglomerati.
A questa fase sono riferibili i depositi dei bacini Villafranchiani (2,6 – 1 Ma) costituiti da
conglomerati, arenarie, argille e calcari presenti in ampie parti del territorio della regione
(Lunigiana, Valle del Serchio, Le Cerbaie, Val di Pesa, Valdarno superiore, Val di Chiana, gli
affioramenti più estesi), i travertini tardopliocenici (da 2,6 Ma) - quaternari presenti nella zona di
Poggibonsi – Colle Val d'Elsa e nella Toscana meridionale e i depositi di ciottoli, sabbie, limi,
argille di origine alluvionale, eolica, lacustre, palustre, lagunare e di spiaggia che formano le
attuali pianure costiere e interne.
Figura 4.14 – Schema tettonico dell'Appennino settentrionale - Carta Geologica della Toscana: (2012)
Il magmatismo post-orogenetico in Toscana
Dal Miocene superiore (8,4 Ma) a tempi geologicamente recenti (200.000 anni) la lacerazione e
l'assottigliamento della crosta terrestre per l'apertura del bacino tirrenico ha dato luogo nella
Toscana sud occidentale a una serie di fenomeni magmatici, sia intrusivi che effusivi, con magmi
provenienti da sorgenti diverse e caratterizzati da un ampio spettro composizionale.
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Sono individuabili le seguenti fasi magmatiche:
una prima fase, databile a 6-7 Ma, comprende i plutoni dell'Isola di Montecristo, del M
Capanne all'Isola d'Elba e il primo periodo dell'attività vulcanica della Capraia.
una seconda fase che comprende i plutoni di Porto Azzurro (5,9 Ma), dell'Isola del Giglio (5
Ma), di Campiglia (5 – 4,3 Ma), di Gavorrano (4,4 Ma), di M. Spinosa e Monteverdi (3,8
Ma), di Radicondoli (2,5 Ma) e di Travale (2,4 Ma). A questa fase appartengono anche le
rioliti di San Vincenzo (4,7 Ma) e di Roccastrada (2,5 Ma) e il secondo periodo di attività
della Capraia (4,6 – 3,5 Ma).
l'ultima fase ha inizio con la messa in posto delle vulcaniti di Radicofani (1,3 Ma), del
granito sepolto di Carboli – Larderello (1,3 Ma). Le vulcaniti del M. Amiata (200.000 anni)
sono le manifestazioni più recenti.
I fenomeni postmagmatici sono ancora evidenti in Toscana per le diffuse manifestazioni
termominerali e idrotermali: tra tutte l'area geotermica di Larderello.
4.4 QUALITÀ DELLE ACQUE SUPERFICIALI
In attuazione della Direttiva Europea 2000/60/CE i Piani di distretto individuano, sulla base dello
stato di qualità dei corpi idrici superficiali ricadenti all’interno dei territori di competenza
risultanti dallo stato ecologico e da quello chimico, obiettivi da raggiungere in determinate
tempistiche.
Piano di gestione del distretto Appennino Settentrionale
Concentrandoci sulle acque fluviali, nel distretto Appennino Settentrionale lo stato di qualità
“buono” risulta prevalente (Figura 4.15); tuttavia nelle zone di pianura dove più alto è l'impatto
delle attività antropiche, vari corsi d'acqua presentano condizioni di stato “sufficiente” e perfino
“scadente” per l'asta dell'Arno e di alcuni suoi affluenti.
Sulla base dello stato ambientale rilevato, il Piano di distretto fissa determinati obiettivi ambientali
per le acque interne: l’obiettivo di raggiungimento dello stato “buono” al 2015 riguarda
esclusivamente quei corpi idrici che sono già in stato “buono”; per gli altri la previsione di
“buono” stato è fissata al 2021 (Figura 4.16) ad eccezione dell'asta dell'Arno a valle della città di
Firenze dove l'obiettivo dello stato “buono” è previsto al 2027.
Le ragioni sono individuabili nelle specifiche caratteristiche del sistema fluviale e nel complesso
quadro delle pressioni che influenzano lo stato di qualità di questi corpi idrici. Il Piano sottolinea
come “a fronte di misure opportunamente individuate ed in corso di attuazione, la complessità del sistema è
tale da comportare margini di incertezza sugli effetti nel tempo delle misure, che potranno essere risolti
attraverso il monitoraggio”. Inoltre fa presente che “è opportuno evidenziare che gli interventi
programmati per il raggiungimento dell'obbiettivo buono nei corpi idrici a valle di Firenze, devono essere
realizzati in ogni caso con congruo anticipo rispetto al 2027, seguendo la tempistica indicata esplicitamente
negli strumenti di pianificazione e di attuazione da cui derivano (Piano di Tutela della Regione Toscana e
accordi di programma specifici)”.
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Figura 4.15 - Stato di qualità complessiva acque fluviali - Distretto Appennino Settentrionale Piano di Gestione (febbraio 2010)
Figura 4.16 - Obiettivi di qualità acque fluviali - Distretto Appennino Settentrionale Piano di Gestione (febbraio 2010)
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Piano di gestione del distretto pilota del fiume Serchio
Si riportano di seguito gli estratti delle cartografie del Piano di Gestione con indicato: lo stato
ecologico dei corpi idrici superficiali/potenziale ecologico nel caso di corpi idrici modificati
(Figura 4.17), il relativo stato chimico (Figura 4.18) e gli obiettivi (Figura 4.18) individuati dal Piano
vigente.
Figura 4.17 – Stato/potenziale ecologico delle acque superficiali - Piano di Gestione del Distretto Idrografico Pilota del Fiume Serchio (2010)
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Figura 4.18 – Stato chimico delle acque superficiali - Piano di Gestione del Distretto Idrografico Pilota del Fiume Serchio (2010)
Figura 4.19 – Obiettivi ambientali delle acque superficiali - Piano di Gestione del Distretto Idrografico Pilota del Fiume Serchio (2010)
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Il Piano di gestione del Serchio è attualmente in fase di aggiornamento e in data 14 gennaio 2015 è
stata avviata la fase di partecipazione di tutti i soggetti interessati che avrà una durata di sei mesi.
All’interno “Progetto di Piano di Gestione delle acque del Distretto idrografico del fiume Serchio -
Primo aggiornamento” disponibile ai fini della consultazione, è contenuta la nuova proposta di
stato ecologico e chimico dei corpi idrici superficiali (Figura 4.20e Figura 4.21) e di ridefinizione
degli obiettivi ambientali (Figura 4.22), in aggiornamento rispetto al Piano adottato nel 2010 e oggi
vigente.
Figura 4.20 – Proposta di Stato/potenziale ecologico delle acque superficiali – Tavola 7.2 “Progetto di Piano di Gestione delle acque del Distretto idrografico del fiume Serchio - Primo aggiornamento” (2015) (Documento in fase di consultazione)
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Figura 4.21 – Proposta di Stato chimico delle acque superficiali – Tavola 7.3 “Progetto di Piano di Gestione delle acque del Distretto idrografico del fiume Serchio - Primo aggiornamento” (2015) (Documento in fase di consultazione)
Figura 4.22 – Proposta di Obiettivi di Piano delle acque superficiali – Tavola 7.6 “Progetto di Piano di Gestione delle acque del Distretto idrografico del fiume Serchio - Primo aggiornamento” (2015) (Documento in fase di consultazione)
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Piano di gestione del distretto Appennino centrale
Si riporta di seguito l’estratto della cartografia del Piano di Gestione indicativa dello stato di
qualità dei corpi idrici superficiali contenuta nel Piano (Figura 4.23).
Figura 4.23 – Stato di qualità delle acque superficiali - Piano di Gestione del Distretto Idrografico Appennino Centrale (2010)
Gli obiettivi ambientali contenuti nel piano di gestione del distretto coincidono invece con quelli
che le Regioni hanno individuato nei rispettivi Piani di tutela.
Il monitoraggio dello stato di qualità delle acque superficiali da parte di ARPAT
Lo stato di qualità delle acque superficiali – triennio 2010-2012
La qualità delle acque superficiali interne intesa come stato ecologico e stato chimico è oggetto di
monitoraggio da parte di ARPAT; con il 2012 è stato chiuso il primo ciclo di monitoraggio
triennale (2010 – 2012) e i risultati sono illustrati nel rapporto “Monitoraggio delle acque – Rete di
Monitoraggio Acque Superficiali interne: Fiumi, Laghi, Acque di transizione – Risultati 2012 – Proposta di
classificazione su triennio 2010 – 2012” (ARPAT – 2013), del quale si riporta di seguito una sintesi.
Per quanto riguarda lo stato ecologico, il monitoraggio ha rilevato che il 35 %dei corpi idrici
toscani ha raggiunto lo stato ecologico “buono”. Poco meno di un terzo (30,3%) presenta invece
uno stato ecologico “scarso” o inferiore (Figura 4.24).
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Figura 4.24 – Stato ecologico dei corpi idrici superficiali rilevato nel triennio 2010-2012 - “Monitoraggio delle acque – Rete di Monitoraggio Acque Superficiali interne: Fiumi, Laghi, Acque di transizione – Risultati 2012 – Proposta di classificazione su triennio 2010 – 2012” (ARPAT – 2013)
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Analizzando lo stato ecologico nel triennio dei principali corpi idrici toscani, il Magra si presenta
in uno stato complessivamente sufficiente.
Il Serchio presenta uno stato ecologico scarso nel tratto Lucchese, mentre per quanto riguarda
l’Arno, risulta in buono stato ecologico il corpo idrico Arno Aretino; in cattivo stato ecologico Arno
Valdarno Superiore e Arno Valdarno Inferiore; in scarso stato l’Arno Fiorentino e quello Pisano; la
foce risulta invece in stato sufficiente.
Cecina e Cornia presentano uno stato sufficiente/buono.
L’Ombrone risulta invece quasi completamente in stato di scarso ecologico (soltanto alla foce
presenta la sufficienza), mentre da monte verso valle l’Albegna si presenta in stato elevato, poi
sufficiente e infine buono.
Lo stato chimico complessivo del triennio 2010-2012 indica invece che oltre un terzo dei corpi idrici
(circa il 31%) si trova in uno stato di qualità “non buono” (Figura 4.25).
Figura 4.25 – Stato chimico dei corpi idrici superficiali rilevato nel triennio 2010-2012 - “Monitoraggio delle acque – Rete di Monitoraggio Acque Superficiali interne: Fiumi, Laghi, Acque di transizione – Risultati 2012 – Proposta di classificazione su triennio 2010 – 2012” (ARPAT – 2013)
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Il mercurio rappresenta l'elemento che più diffusamente determina superamenti di soglia
(superamento rilevato nel triennio per 42 stazioni monitorate). Non si esclude anche un apporto di
origine naturale, sulla cui questione sono in corso studi di approfondimento. Per quanto riguarda
il tributilstagno (TBT - prodotto antimuffa un tempo presente in numerosi preparati e oggi non più
utilizzato) nel corso del triennio si sono avute 15 stazioni con superamenti di soglia. Per questa
sostanza va precisato che i metodi disponibili non raggiungono sensibilità adeguate, per cui i
superamenti registrati nel triennio rappresentano un dato sicuramente sotto stimato. Altri
superamenti di soglia nel triennio si sono verificati per dietilesilftalato (4 casi), nonilfenolo (1),
esaclorobenzene (1), nichel (1), cadmio (1), cloroformio (1), IPA (1).
Per quanto riguarda i pesticidi, nonostante una diffusa presenza, le ricorrenze e le concentrazioni
rilevate risultano molto contenute.
Sulla base delle rilevazioni effettuate nel triennio 2010-2012, si riportano alcuni dei principali corpi
idrici toscani che hanno presentato stato chimico non buono: Arno Valdarno Superiore, Arno
Valdarno Inferiore, Arno Pisano, Arno Fiorentino, Arno foce; Corfino, Ozzeri e Foce del Serchio
nel relativo bacino; Cecina medio; Ombrone senese.
Per quanto riguarda nello specifico laghi e invasi, si sottolinea che lo stato ecologico dei
laghi/invasi di Levane (AR), La Penna (AR), Montepulciano (SI), Chiusi (SI), Elvella (SI) e Orcia-
Astrone (SI) ha raggiunto nel 2012 lo stato sufficiente; scarso è invece lo stato del lago di
Massaciuccoli (LU). Per Montedoglio (AR) e Bilancino (FI) lo stato ecologico è stato rilevato nel
2010 e in quanto monitoraggio di sorveglianza verrà ripetuto a cadenza triennale.
Lo stato chimico risulta invece non buono per Massaciuccoli, anche se con dati analitici derivanti
da campionato sulle sponde e non in centro lago, e per Montepulciano - in entrambi i casi per la
presenza di mercurio. Stato chimico buono caratterizza invece gli invasi di Montedoglio, Bilancino,
Levane, La Penna, Chiusi, Elvella e Orcia-Astrone.
Lo stato di qualità delle acque superficiali – triennio 2013-2015 – Risultati 2013
Per quanto attiene il triennio 2013-2015 in corso, sono disponibili sul sito dell’ARPAT i risultati del
monitoraggio 2013 (“Monitoraggio delle acque – Rete di Monitoraggio Acque Superficiali interne: Fiumi,
Laghi, Acque di transizione – Risultati 2013 – Classificazione provvisoria – Primo anno del triennio 2013-
2015”, ARPAT – giugno 2014).
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Figura 4.26 – Stato ecologico e stato chimico dei corpi idrici superficiali - “Monitoraggio delle acque – Rete di Monitoraggio Acque Superficiali interne: Fiumi, Laghi, Acque di transizione – Risultati 2012 – Proposta di classificazione su triennio 2010 – 2012” (ARPAT – 2013)
All’interno della relazione, la stessa ARPAT sottolinea come i risultati del 2013 diano vita ad una
classificazione ancora provvisoria – diventerà definitiva a conclusione del triennio 2013-2015 – e in
quanto tale non immediatamente confrontabile con quella del precedente triennio, nemmeno a
livello di tendenza più prudenzialmente valutabile nel lungo periodo.
Ciò detto, in linea di massima i risultati del 2013 non si discostano significativamente da quelli del
triennio precedente. Gli indicatori ecologici più penalizzanti risultano macroinvertebrati e
macrofite. La sostanza più frequentemente responsabile dello stato chimico non buono è come nel
triennio precedente il mercurio, in alcuni casi di probabile origine naturale.
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Analizzando lo stato ecologico 2013 dei principali corpi idrici toscani già presi in considerazione
nel triennio 2010-2012, il Magra conferma uno stato complessivamente sufficiente.
Il Serchio continua a presentare uno stato ecologico scarso nel tratto Lucchese, mentre l’Arno
risulta scarso nei tratti Valdarno Inferiore, Valdarno Superiore e nel tratto fiorentino.
Infine l’Ombrone Senese risulta in una stazione di monitoraggio scarso, in un’altra sufficiente.
Si elencano di seguito alcuni dei principali corpi idrici toscani che hanno presentato stato chimico
non buono nel 2013: Arno Valdarno Superiore (presenza di mercurio Hg), Arno Pisano (Hg), Pesa
monte e valle (Hg), Ombrone Senese (Hg), Cecina Monte (tribultistagno - TBT), Cornia Medio
(Hg).
Per quanto riguarda nello specifico laghi e invasi, lo stato ecologico di tutti i corpi idrici monitorati
nel 2013 risulta sufficiente: tra questi si richiamano Vagli, Montedoglio, Penna, Levane,
Montepulciano, Chiusi, Bilancino, Massaciuccoli.
Lo stato chimico risulta invece non buono per Massaciuccoli, Montepulciano, Levane, Penna - in
tutti i casi per la presenza di mercurio. Stato chimico buono caratterizza gli invasi di Montedoglio,
Chiusi, Elvella.
Si sottolinea infine che l’indicazione dello stato ecologico e chimico di tutti i corpi idrici della
Toscana nel triennio 2010-2012 e nell’anno 2013 è consultabile in formato tabellare sull’Annuario dei
dati ambientali 2014 disponibile sul sito dell’ARPAT Toscana.
Lo stato di qualità delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile – risultati
triennio 2011-2013
Nel corso del triennio 2011-2013 ARPAT ha eseguito ai sensi dell’art. 80 del D. Lgs. 152/2006 il
controllo su n. 122 stazioni di monitoraggio rappresentative di altrettanti corpi idrici superficiali
destinati alla produzione di acqua potabile e ricadenti soprattutto nelle Province di Firenze,
Pistoia, Arezzo, al fine di elaborarne una proposta di classificazione nelle categorie A1, A2, A3 e
subA3.
I risultati del monitoraggio sono illustrati nel rapporto: “Monitoraggio delle acque superficiali destinate
alla produzione di acqua potabile (art. 80 D.Lgs 152/2006) – Risultati triennio 2011 – 2013 e proposta di
classificazione” (ARPAT – 2014) del quale si riporta di seguito una sintesi.
Le 122 stazioni utilizzate per il monitoraggio di ARPAT risultano distribuite per Provincia come
segue: Arezzo 23 – Grosseto 1 – Lucca 1 – Pisa 9 – Prato 10 – Firenze 38 – Livorno 4 – Massa
Carrara 4 – Pistoia 24 Siena 8.
I risultati ottenuti hanno portato ad una proposta di classificazione da parte di ARPAT che
prevede:
n. 23 corpi idrici di categoria A2 (corrispondente al 19% del totale);
n. 60 di categoria A3 (49% del totale – in sensibile aumento rispetto al triennio precedente a
discapito della classe A2);
n. 37 di categoria SubA3 (30% del totale – in leggero aumento rispetto al triennio
precedente);
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n. 2 di categoria non classificabile (2% del totale: Lago Enel – AR e Lago Paradiso - PT).
La totale scomparsa della classe A1, registrata fin dall’anno 2005, si riconferma anche nella
proposta di classificazione in oggetto.
Figura 4.27 – Classificazione delle acque superficiali destinate al consumo umano nel corso degli anni - “Monitoraggio delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile (art. 80 D.Lgs 152/2006) – Risultati triennio 2011 – 2013 e proposta di classificazione” (ARPAT – 2014)
Per 25 dei 37 corpi idrici di classe subA3, la classificazione è stata determinata dal superamento di
soglia di parametri per i quali la normativa consente deroghe come la temperatura, il COD, il
BOD5, il ferro, il manganese.
Come nel triennio precedente, i parametri che hanno determinato la classificazione scadente (A3 o
subA3) sono stati principalmente i parametri microbiologici (salmonelle, coliformi fecali, coliformi
totali). Con minor frequenza hanno contribuito altri parametri quali la conducibilità, gli
idrocarburi, i tensioattivi e il mercurio (quest’ultimo in un unico caso). Vista la criticità legata
all’utilizzo di acqua potabile da corpi idrici di classe subA3, se ne riporta l’elenco contenuto nella
proposta di classificazione 2011-13 dell’ARPAT, tornando a sottolineare che per n. 25 dei n. 37
corpi idrici in subA3 la classificazione è determinata dal superamento di parametri per i quali la
normativa consente deroghe (temperatura, BOD5, COD, ferro, manganese, solfati) e per i quali
dunque, se fosse applicata la deroga, la classificazione passerebbe ad A2 in 4 casi e A3 nei
rimanenti 21 casi.
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Figura 4.28 – Elenco stazioni di monitoraggio classificabili SubA3 nel triennio 2011-2013 - “Monitoraggio delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile (art. 80 D.Lgs 152/2006) – Risultati triennio 2011 – 2013 e proposta di classificazione” (ARPAT – 2014)
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Figura 4.29 – Esiti del monitoraggio dei corpi idrici destinati all’uso idropotabile nel triennio 2011-2013 - “Annuario dei dati ambientali 2014” (ARPAT – 2014)
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Presenza di fitofarmaci nelle acque superficiali destinate alla produzione potabile - risultati del
monitoraggio ARPAT 2011-2013
Nell'ambito del monitoraggio svolto negli anni 2011-2013, ARPAT ha approfondito la questione
della presenza di fitofarmaci nelle acque destinate alla produzione potabile, sia superficiali che
sotterranee, avendo rilevato un sensibile aumento dei casi in cui la presenza di residui di queste
sostanze superano i limiti di determinazione analitica e in alcuni casi anche quello fissato per le
acque potabili dal D.Lgs 31/2001 (0,10 μg/L).
L'indagine svolta da ARPAT è illustrata nella relazione “Fitofarmaci – esiti del monitoraggio delle
acque destinate alla produzione di acqua potabile – 2013”.
La relazione sottolinea che la situazione non deve suscitare allarme in quanto l'indagine è stata
svolta sulle acque grezze, a monte dei trattamenti per l'immissione nella rete di distribuzione
acquedottistica, ma che è in ogni caso opportuno valutare azioni preventive per un uso sostenibile
dei prodotti fitosanitari, oltre che mantenere un elevato e uniforme grado di controllo sulla qualità
dell'acqua captata dai gestori del Servizio Idrico Integrato.
Viene inoltre evidenziata la necessità di applicare la disciplina delle aree di rispetto di cui all'art 94
del D.Lgs 152/2006 – generalmente di 200 metri di raggio intorno ai punti di captazione - dove
l'uso di prodotti fitosanitari sarebbe vietato o almeno disciplinato da specifici piani di utilizzo.
Nell'evidenziare che tale norma è probabilmente in larga misura disattesa, si richiama anche
quanto previsto dal recente D.M. 22 gennaio 2014 sull'adozione del Piano di azione nazionale per
l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, dove è ribadito l'obbligo delle regioni di regolamentare
tale materia.
L'aumento dei casi positivi può essere spiegato sia con l'andamento stagionale piuttosto piovoso
del 2013, sia con il fatto che a partire dal 2010 sono state concentrate le analisi su un certo numero
di corpi idrici superficiali e sotterranei ritenuti a rischio e che dalla metà del 2012 l'analisi di
laboratorio sui pesticidi si è orientata su una nuova lista di circa 80 sostanze attive “prioritarie”
regionali.
Per le acque superficiali il monitoraggio dei fitofarmaci ha interessato 44 stazioni principalmente
distribuite sulle province di Firenze, Pistoia e Arezzo. Si riporta in Figura 4.30 una sintesi dei
risultati ottenuti.
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
52
Figura 4.30 – Rilevazione di fitofarmaci nelle stazioni di monitoraggio della rete POT negli anni 2011-2103 (acque superficiali a specifica destinazione per la produzione di acqua potabile) - “Fitofarmaci – esiti del monitoraggio delle acque destinate alla produzione di acqua potabile” (ARPAT – 2014)
A seguito della pubblicazione della relazione da parte di ARPAT, nel corso del 2014 l’Autorità
Idrica Toscana ha effettuato una verifica presso i Gestori del Servizio Idrico rispetto al
monitoraggio da questi effettuato per il rilevamento della presenza di fitofarmaci ai punti di
prelievo, con particolare riferimento ai superamenti registrati, e all’eventuale criticità dei sistemi di
trattamento delle acque in uso. Il risultato ha confermato disuniformità tra i laboratori di analisi
dei Gestori, sia sulla tecnica di analisi sia sul tipo di sostanza ricercata. I Gestori hanno registrato
negli anni alcuni sforamenti ma, a valle dei trattamenti, nell’acqua distribuita in rete è garantita la
potabilità.
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
53
La Regione Toscana ha infine avviato una collaborazione tecnico-operativa con AIT, ARPAT,
Comuni, ASL, ARTEA e Gestori volta a: individuare le principali attività agricole che potrebbero
essere la fonte delle criticità rilevate, informarle adeguatamente delle limitazioni d’uso presenti
nelle aree di salvaguardia delle captazioni idropotabili (limitazioni che dovranno confluire anche,
laddove non già presenti, negli strumenti urbanistici comunali), e uniformare inoltre i sistemi di
monitoraggio di ARPAT, ASL e Gestori.
4.5 DISPONIBILITÀ DEI CORPI IDRICI SUPERFICIALI
Bacino del Fiume Magra
Il bacino interregionale del Fiume Magra si estende per 1698,5 Kmq di cui 983,9 Kmq (57,7%) in
territorio toscano e 714,6 Kmq (42,3%) in territorio ligure comprendendo la Val di Vara, la
Lunigiana, e la bassa Val di Magra Ligure.
Nello “Studio per la definizione del bilancio idrico ed idrogeologico del bacino del Fiume Magra” (2004) (2)
è stata calcolata annualmente la Precipitazione Efficace (PE), che rappresenta la risorsa idrica totale
potenziale ottenuta dalla differenza tra la precipitazione totale annua (Ptot) e l’evapotraspirazione
reale (ER): PE= Ptot – ER, per gli Anni Idrologici (A.I.) 1970 – 1999.
Attraverso l'applicazione di tecniche di “lisciamento” dei dati meglio note con il nome di
“smoothing”, il valore medio di PE (A.I. 1970-1999) è stato poi proiettato a 10, 20 e 30 anni
nell’ipotesi di costanza nel tempo del relativo trend. Estendendo i risultati ottenuti a livello di
volumi idrici disponibili, è stata eseguita una stima previsionale delle risorse idriche totali
potenziali rinnovabili (Ws) nel trentennio 2000-2030 nei vari bacini idrografici del F. Magra, i cui
valori medi sono riportati in Tabella 4.1 con riferimento ai bacini toscani.
Tabella 4.1 - Valori medi annuali del volume potenziale rinnovabile (Ws) nel trentennio 2000-2030 per ogni sottobacino idrografico toscano del fiume Magra
Sottobacino idrografico (toscano) Ws
(mil. m3/anno)
Magra e Calamazza 905
Magra e Piccatello 73
Bagnone a Bagnone 54
Aulella a Soliera 188
da “Studio per la definizione del bilancio idrico ed idrogeologico del bacino del Fiume Magra” di P. Barazzuoli; R Rigati per Autorità di Bacino Interregionale del F. Magra – Università degli Studi di Siena (2004)
Per quanto invece riguarda i dati di deflusso minimo vitale (DMV) si osserva come, nel Piano
Stralcio “Tutela dei corsi d’acqua interessati da derivazioni” approvato dalla competente Autorità
di Bacino nel 2010 e oggi vigente, non vengano definiti valori assoluti di DMV alle diverse sezioni
2 P. Barazzuoli; R Rigati – “Studio per la definizione del bilancio idrico ed idrogeologico del bacino del Fiume Magra” : Autorità di Bacino Interregionale del F. Magra – Università degli Studi di Siena (2004)
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
54
dei corpi idrici superficiali del bacino del Magra, risultando infatti i valori di riferimento del DMV
dipendenti dalla superficie del bacino e da fattori di qualità ambientale, sulla base di specifiche
formule diversificate per richieste di derivazione per uso irriguo e non irriguo, con esclusione in
ogni caso dell’uso idropotabile al quale il Piano Stralcio espressamente non fa riferimento.
Bacino del Fiume Arno
Il Piano di Bacino del fiume Arno – stralcio Bilancio Idrico – è stato adottato in via definitiva dal
Comitato Istituzionale con delibera n. 221 del 18/07/2012.
Per quanto riguarda il bilancio idrico delle acque superficiali, all’interno del Piano sono state
individuate n. 44 sezioni significative di cui 12 sull’Arno, 29 sugli affluenti e 3 sul bacino del
Canale Scolmatore definite, in particolare, con riferimento ai corpi idrici significativi (CIS) del
Piano di Tutela. Ciascuna sezione significativa sottende un “sottobacino”, inteso come l’area
compresa tra la sezione significativa di chiusura e lo spartiacque, e un “interbacino” definito come
l’area compresa tra due sezioni consecutive.
Per ogni sezione e relativo sottobacino è stato calcolato il valore del DMV riferito al periodo estivo
all’interno di specifiche schede di sintesi del Piano.
In particolare, essendo l’Arno e i suoi affluenti caratterizzati da regimi fortemente torrentizi e
dunque direttamente correlati all’andamento delle piogge, nel periodo estivo si concentrano le
criticità maggiori legate ai DMV - intese non tanto come raggiungimento di valori estremi di
siccità, quanto come prolungati periodi di magra dei corpi idrici. Per tale motivo, all’interno del
Piano sono state individuate quattro classi di criticità in funzione del numero di giorni in cui le
portate medie giornaliere risultano inferiori al DMV, come indicato in Figura 4.31.
Figura 4.31 - Classi di criticità delle acque superficiali – da Piano di Bacino del fiume Arno – stralcio Bilancio Idrico (Il bilancio delle acque superficiali), Autorità di Bacino Fiume Arno 2012
Come si può osservare dal dettaglio riportato in Figura 4.32, le sezioni a criticità molto elevata C4
(quelle per cui la portata è inferiore al DMV per più di 60 giorni) sono concentrate nella porzione
meridionale del bacino: si tratta principalmente degli affluenti posti in sinistra idrografica
dell'Arno: Chiana, Ambra, Greve, Pesa, Egola, Era. Tale livello di criticità si riscontra anche per la
parte montana dell'Ombrone, per il Torrente Nievole e per l'intero bacino del Bisenzio.
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
55
Figura 4.32 - Criticità per deficit idrico nel reticolo superficiale
Da Piano di Bacino del fiume Arno – stralcio Bilancio Idrico (Il bilancio delle acque superficiali), Autorità di Bacino
Fiume Arno 2012
All’interno delle Misure di Piano, vengono riportate prescrizioni specifiche (vincolanti) a seconda
della classe dell’interbacino (C1, C2, C3 o C4 – vedi Tabella 4.2).
Tabella 4.2 - Estratto delle misure di Piano con valenza sul SII - da Piano di Bacino del fiume Arno – stralcio Bilancio Idrico (Misure di Piano), Autorità di Bacino Fiume Arno 2012
Rif. Norme
di Piano Oggetto della Misura Misura
Art. 21 Interbacini a deficit idrico molto elevato (C4)
Divieto di nuovi prelievi e revisione delle concessioni con riferimento al periodo estivo, anche con eventuale riduzione dei prelievi ad uso idropotabile, fatte salve dimostrate sostenibilità e necessarietà dei medesimi.
Art. 22 Interbacini a deficit idrico elevato (C3)
Limitazione di nuovi prelievi e revisione delle concessioni con riferimento al periodo estivo. Nuovi prelievi consentiti nel periodo estivo attengono a nuove concessioni ad uso idropotabile laddove non sia possibile una localizzazione alternativa, da rilasciare sulla base di uno studio comprovante gli effetti del prelievo sul reticolo di valle e la sostenibilità dello stesso in relazione ai valori di DMV.
Art. 23 Interbacini a deficit idrico medio (C2)
Pianificazione della gestione della risorsa da parte delle Autorità competenti, sulla base dei dati di bilancio riportati nelle schede di sintesi, secondo le priorità di legge ai fini del raggiungimento degli obiettivi.
Art. 24 Interbacini a deficit idrico nullo (C1)
Gestione della risorsa con mantenimento delle condizioni di equilibrio in atto.
Art. 25 Interbacini di classe C1, C2 o C3
Applicazione della disciplina più restrittiva nel caso di interbacini a valle – lungo la medesima asta fluviale – con criticità maggiore.
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
56
Bacino del Fiume Serchio
Il Piano di gestione del Serchio è attualmente in fase di aggiornamento e all’interno “Progetto di
Piano di Gestione delle acque del Distretto idrografico del fiume Serchio - Primo aggiornamento”,
attualmente in fase di consultazione, è contenuto il bilancio idrico del bacino del fiume Serchio
(paragrafo 3.1 del cap. 8: “Analisi economica sull’utilizzo idrico”) basato sullo studio “Raccolta,
elaborazione e analisi dei dati necessari alla definizione del bilancio idrico del bacino del fiume
Serchio, alla valutazione del Deflusso Minimo Vitale (D.M.V.) in relazione alla quantificazione
del bilancio idrico e alla predisposizione del relativo Piano di Gestione di cui alla Direttiva
2000/60/CE”, redatto nel 2009 dall’Autorità di Bacino del fiume Serchio e successivamente
aggiornato con dati di prelievi e afflussi meteorici disponibili.
Si riporta in Figura 4.33 il bilancio idrico del fiume Serchio con sezione di chiusura a Ripafratta,
stimato dall’Autorità di Bacino all’interno del “Progetto di Piano di Gestione delle acque del
Distretto idrografico del fiume Serchio - Primo aggiornamento” ai sensi del D.M. 28 luglio 2004.
Figura 4.33 - Bilancio idrico del fiume Serchio con sezione di chiusura a Ripafratta, stimato dall’Autorità di Bacino ai sensi del D.M. 28 luglio 2004 (Volumi espressi in Mmc)
“Progetto di Piano di Gestione delle acque del Distretto idrografico del fiume Serchio - Primo aggiornamento” (2015) – Documento in fase di consultazione
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
57
Come si legge nel documento dell’Autorità di bacino, dai risultati ottenuti “risulta un bilancio idrico
largamente positivo pari ad oltre 1500 milioni di m3. Al momento resta più incerta la distribuzione della
disponibilità idrica nell'arco dell'anno e con riferimento a un periodo secco. Ai fini della valutazione della
disponibilità reale della risorsa idrica nel bacino del fiume Serchio occorre peraltro considerare che una
porzione significativa del volume di deflusso si ha in occasione delle piene, che si registrano per lo più nel
periodo autunnale. Tale porzione di volume è solo teoricamente disponibile in quanto mal si presta al suo
utilizzo a causa delle caratteristiche di deflusso che si hanno in occasione delle piene del fiume Serchio”.
Per quanto riguarda più nello specifico il sottobacino del lago di Massaciuccoli, il Piano Stralcio
“Bilancio idrico del bacino del lago di Massaciuccoli” adottato dal Comitato Istituzionale nel 2010
rilevava una condizione di deficit idrico, dell’ordine dei 30 Mmc/anno, riconducibile ai consumi
antropici e, sostanzialmente, individuata dalla differenza tra la portata in uscita dal sistema
attraverso il Canale Burlamacca in condizioni preantropiche e la portata in uscita reale.
Dal “Progetto di Piano di Gestione delle acque del Distretto idrografico del fiume Serchio - Primo
aggiornamento” il bilancio idrico del bacino del Massaciuccoli risulta essere stato aggiornato, con
risultati analoghi a quelli del 2010.
Figura 4.34 - Bilancio idrico del bacino del lago di Massaciuccoli - “Progetto di Piano di Gestione delle acque del Distretto idrografico del fiume Serchio - Primo aggiornamento” (2015) – Documento in fase di consultazione
Bacino del Fiume Fiora
Il Fiume Fiora nasce dal gruppo dell’Amiata e, dopo un percorso di 80 km lungo il quale segna in
due tratti il confine tra il Lazio e la Toscana, sfocia nel Mar Tirreno all’altezza di Montalto di
Castro. La superficie complessiva del bacino idrografico è di 850 kmq.
La circolazione superficiale delle acque è fondamentalmente alimentata durante la stagione estiva
da acquiferi di natura vulcanica posti ad alta quota. I più importanti (il sistema del Monte Amiata
e quello di Latera Bolsena) sono costituiti da due grossi agglomerati di rocce vulcaniche molto
fratturati e permeabili che hanno una notevole capacità di accumulo e danno luogo ad un discreto
rilascio di acqua durante la stagione estiva. Mentre l’acquifero del Monte Amiata alimenta in
particolare l’asta principale del Fiora, quello di Latera Bolsena alimenta in gran parte i suoi
principali affluenti di sinistra.
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
58
L’alveo del fiume Fiora si trova su un materasso alluvionale (complesso idrogeologico del
fondovalle) in cui esiste una non trascurabile circolazione sotterranea dovuta all’alta permeabilità
dei sedimenti alluvionali – ghiaie e sabbie medio grosse – che permette di porre in relazione la
circolazione superficiale lungo l’alveo con quella sotterranea di subalveo. In questa situazione un
prelievo dal sottosuolo comporta un diretto richiamo dalle acque di superficie.
Dalla relazione generale del Piano stralcio “Tutela delle risorse idriche superficiali soggette a
derivazioni” approvato nel 2001 (e le cui norme di piano sono state rinnovate prima nel 2006 e poi
nel 2009), il bacino del Fiora risulta suddiviso nei sottobacini riportati in Figura 4.35.
Figura 4.35 - Sottobacini idrografici del Fiora – Piano Stralcio Tutela delle risorse idriche superficiali soggette a derivazioni – Allegato A – Autorità di Bacino del Fiora, 2001
Per ogni sottobacino, vengono sintetizzati nella relazione di piano i valori delle portate di magra
corrispondenti ad un rischio del 10% di avere portate inferiori, e assunti in media quali valori dei
DMV di riferimento.
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
59
Tabella 4.3 – DMV per sottobacini idrografici del Fiora – Piano Stralcio Tutela delle risorse idriche superficiali soggette a derivazioni – Allegato A – Autorità di Bacino del Fiora, 2001
Sottobacino idrografico
Giu (mc/s)
Lug (mc/s)
Ago (mc/s)
Set (mc/s)
DMV (mc/s)
Area bacino (kmq)
Coefficiente unitario (C.U. = DMV/Area
bacino) (l/s per kmq)
1 – Fiora a Selvena 0.666 0.505 0.522 0.438 0.434 100.708 4.31
2 - Lente 0.212 0.145 0.108 0.084 0.095 82.580 1.15
3 – Fiora a Ponte Pitigliano
1.453 0.911 0.821 0.834 0.736 295.654 2.49
4 – La Nova 0.195 0.182 0.190 0.154 0.175 37.079 4.72
5 – Fiora a Ponte San Pietro
1.591 1.089 0.952 1.028 0.870 413.360 2.10
6 - Olpeta 0.140 0.118 0.104 0.205 0.129 115.149 1.12
7 - Timone 0.143 0.067 0.128 0.200 0.139 91.951 1.51
8 – Fiora a Montalto di C.
1.768 1.186 0.998 1.441 0.987 825.000 1.20
Dal suddetto Piano Stralcio, come ripreso anche nel Piano di Tutela delle Acque della Regione
Toscana, risultano anche i dati relativi al bilancio idrico - relativi alla sezione finale di Montalto di
Castro (807 kmq) - come sintetizzati nella Figura 4.36.
Figura 4.36 - Dati di sintesi relativi allo studio sul bilancio idrico - Piano Stralcio Tutela delle risorse idriche superficiali soggette a derivazioni – Allegato A – Autorità di Bacino del Fiora, 2001
Ai fini di una corretta lettura della tabella è opportuno osservare che i valori dei deflussi sono da
considerarsi al netto delle dissipazioni di acqua nel bacino determinate dalle attività antropiche.
Le immissioni invece possono avere origine da acqua proveniente da altri bacini o da acqua
comunque proveniente dal bacino del Fiora in quanto precedentemente sottratta da questo tramite
opere di captazione; questa distinzione, pur non avendo rilevanza alla scala di lettura della tabella
(che si ricorda fa riferimento alla sezione di chiusura collocata a Montalto di Castro), potrebbe
determinare qualche effetto qualora si procedesse a scale di maggior dettaglio.
In particolare, premesso che dal Piano Stralcio emergono alcune lacune informative che la stessa
Autorità di Bacino afferma dover essere colmate, i dati riportati nella Figura 4.36 indicano che nel
periodo estivo la percentuale di acqua sottratta corrisponde al 58% della quantità che defluirebbe
nei corpi idrici superficiali se non vi fossero prelievi, percentuale che sembrerebbe prospettare una
situazione di non criticità delle pressioni esercitate sulla risorsa idrica superficiale, fatte salve
alcune situazioni di sovrasfruttamento locale che non emergono dai dati complessivi sopra
richiamati. Negli altri periodi si hanno percentuali naturalmente più contenute: 5,4% nel periodo
che va da ottobre a maggio e 9,7% nell’intero anno.
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
60
Sulla base delle stime di bilancio idrico di cui sopra, le norme di attuazione del Piano Stralcio
prevedono che, per prelievi caratterizzati da una portata restituita inferiore al 75% di quella
derivata, debba essere rispettata la condizione che a valle del prelievo, per uno sviluppo di almeno
10km, venga verificata in corrispondenza di ogni singola sezione ove è presente un prelievo la
presenza di una portata residua in alveo in l/s non inferiore al prodotto dell’area del bacino
sotteso dalla sezione del medesimo prelievo (in kmq) per il coefficiente unitario C.U. indicato nella
tabella sopra riportata.
Bacino Toscana Nord
Il bacino denominato Toscana Nord copre il territorio compreso tra il bacino del Fiume Magra a
Nord (confine torrente Parmignola), quello del Fiume Serchio a Est (crinale apuano) e Sud-Est
(Fiume Camaiore), e il Mar Tirreno ad Ovest. La superficie complessiva del bacino è pari a 430km2.
Il territorio comprende pertanto più bacini idrografici e cioè quelli dei corsi d’acqua che si
originano dalla catena delle Alpi Apuane e sboccano direttamente a mare.
Tutti i corsi d’acqua presentano arginature nel tratto di pianura con pensilità più o meno
pronunciata (più marcata per quelli meridionali).
I corsi d’acqua principali sono, da Nord verso Sud:
• Torrente Carrione;
• Torrente Ricortola;
• Fiume Frigido;
• Fiume Versilia;
• Torrente Baccatoio;
• Fiume Camaiore.
L’area ricompresa nel Bacino Toscana Nord è inoltre attraversata da una fitta rete di canali di
bonifica con sbocco diretto in mare.
Dal Piano di Tutela delle Acque della Regione Toscana risulta che allo stato attuale non è stato
approvato il Piano di Bacino - Stralcio bilancio idrico. Anche dai documenti attualmente
disponibili sulla pagina regionale on line dedicata al bacino Toscana Nord non risultano disponibili
documenti di riferimento per la valutazione della disponibilità idrica dei corpi idrici superficiali
del bacino Toscana Nord.
Dalla pagina regionale risultano soltanto essere stati effettuati i seguenti studi (non consultabili da
internet):
- Pranzini G. (2004): Studio Idrogeologico del Bacino Toscana Nord; - Segreteria Tecnica del Bacino Regionale Toscana Nord (gennaio 2008): Ottimizzazione del
monitoraggio della falda costiera Apuo-Versiliese e formazione della banca dati.
Bacino del Fiume Ombrone
Il fiume Ombrone nasce sul versante sud-orientale dei Monti del Chianti e dopo un percorso di 161
Km sfocia nel Mar Tirreno a Sud-Ovest di Grosseto. I suoi affluenti di destra sono il Torrente Arbia
e il Fiume Merse, mentre quelli di sinistra sono il Fiume Orcia ed altri minori come il Torrente
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
61
Melacce ed il Torrente Trasubbie. Il fiume Ombrone, con il suo bacino idrografico di 3.494 km2 , è
il più grande fiume della Toscana meridionale e ha la maggior portata di sedimenti in sospensione
dei fiumi toscani.
Dal Piano di Tutela delle Acque della Regione Toscana risulta che allo stato attuale non è stato
approvato il Piano di Bacino - Stralcio bilancio idrico. Anche dai documenti attualmente
disponibili sulla pagina regionale on line dedicata al bacino dell’Ombrone non risultano disponibili
documenti di riferimento per la valutazione della disponibilità idrica dei corpi idrici superficiali
del bacino dell’Ombrone.
Bacino Toscana Costa
Il bacino Toscana Costa è diviso in quattro sottobacini: Cecina, Cornia, Pecora e Fine. I due
sottobacini più importanti sono il Cecina ed il Cornia, che rispettivamente si estendono su una
superficie pari a 765 ha e 435 Km2. Fa parte del bacino idrografico Costa Toscana anche
l’Arcipelago Toscano di cui le isole maggiori sono: Isola d’Elba (223,5 Km2), Isola del Giglio (21,22
Km2), Isola di Capraia (19,5 Km2), Isola di Montecristo (10,39 Km2), Isola di Pianosa (10,25 Km2),
Isola di Giannutri (2,62 Km2), Isola di Gorgona (2,23 Km2).
Dal Piano di Tutela delle Acque della Regione Toscana risulta che allo stato attuale non è stato
approvato il Piano di Bacino - Stralcio bilancio idrico. Anche dai documenti attualmente
disponibili sulla pagina regionale on line dedicata al bacino Toscana Costa non risultano disponibili
documenti di riferimento per la valutazione della disponibilità idrica dei corpi idrici superficiali
del bacino.
Dal Piano di Tutela delle Acque, seppure non disponibili on line, risultano due studi
sull'argomento: il primo dal titolo “Studio conoscitivo del contesto idrogeologico della Val di
Cornia di supporto alla pianificazione in materia di risorsa idrica e tutela delle acque” con eseguito
da Getas Petrogeo s.r.l. Il secondo studio dal titolo “Studio idrogeologico della fascia costiera
livornese e del bacino del Fiume Cecina” eseguito dal Prof. Geol. Giovanni Pranzini.
4.6 QUANTITÀ E QUALITÀ DELLE ACQUE SOTTERRANEE
In Toscana le acque sotterranee rappresentano la risorsa più importante e più utilizzata; infatti,
oltre a fornire la maggior parte di acqua per gli usi agricoli e industriali, i pozzi e in misura minore
le sorgenti rappresentano la principale risorsa per l'alimentazione di acquedotti civili; tra le grandi
città solo Firenze e Arezzo utilizzano acque di superficie.
Per le acque sotterranee si possono distinguere due grandi gruppi di acquiferi: quelli permeabili
per porosità e quelli permeabili per fratturazione.
Ai primi appartengono gli acquiferi delle pianure alluvionali e delle depressioni quaternarie; ai
secondi gli acquiferi compresi in rocce attraverso i quali l'acqua circola nella rete di fratture. Nelle
rocce carbonatiche risulta molto importante la rete dei canali carsici prodotta dalla corrosione della
roccia da parte delle acque circolanti.
Gli acquiferi permeabili per porosità sono sede di importanti falde idriche intensamente sfruttate
per la loro produttività e per la facilità di captazione con pozzi, generalmente poco profondi.
Essendo generalmente in aree fortemente antropizzate, sono soggetti all'esposizione da parte di
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
62
varie fonti d'inquinamento, sia puntuale che diffuso, che interessano soprattutto le falde più
superficiali e a sovrasfruttamento, con conseguenza quali la salinizzazione (per gli acquiferi in
prossimità della costa) e fenomeni di subsidenza. Falde a maggiore profondità talvolta si
presentano fortemente mineralizzate.
Dall'analisi dei dati del bilancio idrico stimato dalle Autorità di Bacino solo su alcuni di questi
acquiferi si possono ipotizzare prelievi maggiori rispetto a quelli attuali.
Gli obiettivi ambientali individuati dai Piani di gestione
In attuazione della Direttiva Europea 2000/60/CE i Piani di distretto individuano, sulla base dello
stato di qualità dei corpi idrici sotterranei ricadenti all’interno dei territori di competenza come
risultante dallo stato quantitativo e da quello chimico, obiettivi da raggiungere in determinate
tempistiche.
Piano di gestione del distretto Appennino Settentrionale
In Figura 4.37 si riporta lo stato di qualità ambientale dei corpi idrici sotterranei come individuato
dal Piano di gestione dell’Appennino Settentrionale.
Dalla figura si osserva una distribuzione dello stato scadente in particolare per molti degli
acquiferi in prossimità della costa, e alcuni degli acquiferi interni posizionati in corrispondenza di
zone ad alto impatto industriale e agricolo (Val di Chiana e piana Firenze – Prato – Pistoia).
Figura 4.37 - Stato di qualità complessiva acque sotterranee (Distretto Appennino Settentrionale - Piano di Gestione – febbraio 2010)
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
63
L'obiettivo di qualità ambientale di raggiungimento dello stato “buono” è previsto per il 2015 solo
per i corpi idrici sotterranei che hanno già uno stato “buono” (Figura 4.38), come obiettivo dunque
di mantenimento. Per i corpi idrici con stato “scadente”, il raggiungimento del “buono” stato è
previsto per il 2021 ad eccezione dell'acquifero della Val di Chiana per il quale si prevede al 2027:
ciò dipende dalle particolari caratteristiche dell'acquifero che è composto da una falda più
superficiale, vulnerabile all’inquinamento per la presenza di ampie aree caratterizzate da esigui
spessori della copertura e da una falda più profonda. Le due falde sono separate da un interstrato
argilloso di spessore variabile e discontinuo che tende a scomparire ai bordi dell’acquifero. Tale
condizione, oltre che influenzare le modalità di ricarica e di intercomunicazione tra le due falde, ne
modifica anche il relativo grado di protezione.
Figura 4.38 - Obiettivi di qualità ambientale distretto Appennino Settentrionale - Piano di Gestione – febbraio 2010
Piano di gestione del distretto sperimentale del fiume Serchio
Si riportano di seguito gli estratti delle cartografie del Piano di Gestione con indicato lo stato
quantitativo (Figura 4.39) e chimico (Figura 4.40) dei corpi idrici sotterranei del distretto del
Serchio, e i relativi obiettivi di piano (Figura 4.41).
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
64
Figura 4.39 - Stato quantitativo delle acque sotterranee - Piano di Gestione del Distretto Idrografico Pilota del Fiume Serchio (2009)
Figura 4.40 - Stato chimico delle acque sotterranee - Piano di Gestione del Distretto Idrografico Pilota del Fiume Serchio (2009)
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
65
Figura 4.41 – Obiettivi di piano delle acque sotterranee - Piano di Gestione del Distretto Idrografico Pilota del Fiume Serchio (2009)
Il Piano di gestione del Serchio è attualmente in fase di aggiornamento e in data 14 gennaio 2015 è
stata avviata la fase di partecipazione di tutti i soggetti interessati che avrà una durata di sei mesi.
All’interno “Progetto di Piano di Gestione delle acque del Distretto idrografico del fiume Serchio -
Primo aggiornamento” disponibile ai fini della consultazione, è contenuta la nuova proposta di
stato chimico dei corpi idrici sotterranei (Figura 4.42) e di ridefinizione degli obiettivi di Piano
(Figura 4.43), in aggiornamento rispetto al Piano adottato nel 2010 e oggi vigente. Non risultando
disponibili dati aggiornati relativi allo stato quantitativo delle acque sotterranee, il documento
rimanda ad una fase successiva la relativa definizione, in ogni caso fondamentale per la corretta
predisposizione dell’aggiornamento del Piano.
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
66
Figura 4.42– Proposta di stato chimico delle acque sotterranee – Tavola 7.5 “Progetto di Piano di Gestione delle acque del Distretto idrografico del fiume Serchio - Primo aggiornamento” (2015) (Documento in fase di consultazione)
Figura 4.43 – Proposta di obiettivi di Piano delle acque sotterranee – Tavola 7.7 “Progetto di Piano di Gestione delle acque del Distretto idrografico del fiume Serchio - Primo aggiornamento” (2015) (Documento in fase di consultazione)
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Piano di gestione del distretto Appennino Centrale
Si riportano di seguito gli estratti delle cartografie del Piano di Gestione con indicato lo stato
quantitativo (Figura 4.44) e chimico (Figura 4.45) dei corpi idrici sotterranei del distretto.
Figura 4.44 – Stato quantitativo delle acque sotterranee - Piano di Gestione del Distretto Idrografico Appennino Centrale (2010)
Figura 4.45 – Stato chimico delle acque sotterranee - Piano di Gestione del Distretto Idrografico Appennino Centrale (2010)
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Gli obiettivi ambientali contenuti nel piano di gestione del distretto coincidono invece in sostanza
con quelli che le Regioni hanno individuato nei rispettivi Piani di tutela.
Il monitoraggio dello stato di qualità dei CISS da parte di ARPAT
Lo stato di qualità dei CISS – triennio 2010-2012
ARPAT esegue il monitoraggio per determinare lo stato chimico dei Corpi Idrici Sotterranei
Significativi (CISS) secondo le indicazioni della normativa nazionale e comunitaria.
Con riferimento al triennio 2010-2012, nel 2012 in applicazione della DGRT n. 100/2010 il
monitoraggio di ARPAT ha riguardato 50 CISS - sui 67 definiti dalla Regione Toscana - 29 dei quali
risultati a rischio di non raggiungimento nel 2015 dello stato chimico di buono. A conclusione del
monitoraggio è stato prodotto da ARPAT lo studio: “Monitoraggio Corpi Idrici Sotterranei Risultati
2012” le cui risultanze si sintetizzano nel seguito.
I risultati del monitoraggio 2012 sono sintetizzati nella Figura 4.46.
Figura 4.46 – Distribuzione percentuale della classificazione dello stato chimico dei CISS eseguita da ARPAT - anno 2012 - Monitoraggio Corpi Idrici Sotterranei Risultati 2012 (ARPAT 2013)
I parametri maggiormente incidenti sulle condizioni di scarso, in 8 casi su 13, sono rappresentati
dai nitrati e dai composti organoalogenati (PCE e triclorometano) seguiti da casi isolati di
idrocarburi totali, conduttività, ammonio, dibromoclorometano.
Estendendo la valutazione al triennio 2010-2012, si registra in tale periodo una ripresa
dell'aumento degli organo alogenati rispetto al trend in discesa degli anni precedenti a partire dal
2004, probabilmente dovuta alle forti precipitazioni degli ultimi anni che hanno mobilizzato fonti
inquinanti ancora attive (Figura 4.47). Anche l'indicatore conduttività registra sfavorevoli
incrementi negli ultimi anni probabilmente dovuti a fattori locali. Per i nitrati e i pesticidi, si
mantiene invece negli anni un trend discendente.
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Figura 4.47 - Trend 2004 – 2012 classificazione di Stato Chimico con indicatore quantitativo - Monitoraggio Corpi Idrici Sotterranei Risultati 2012 (ARPAT 2013)
Il trend 2004-2012 registra un generale peggioramento dello stato chimico dei CISS, solo il 2012
presenta un leggero miglioramento: infatti lo stato scarso scende al 26% (dal 28% nel 2011 e 29%
nel 2010) e lo stato chimico buono sale al 18% (dal 10% nel 2010 e 14 % nel 2011).
In generale, l’elaborazione dello stato chimico sulle medie del triennio 2010 – 2012 mostra un
quadro vicino a quello del 2012, con il 26% dei CISS in stato chimico scarso e il 19% in stato
chimico buono.
In Figura 4.48 si riportano i risultati del monitoraggio sullo stato chimico dei CISS nel triennio
2010-2012.
Figura 4.48 - Stato Chimico dei CISS toscani nel triennio 2010-2012 - Monitoraggio Corpi Idrici Sotterranei Risultati 2012 (ARPAT 2013)
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Sono stati resi disponibili da ARPAT anche i dati di dettaglio con riferimento alle Conferenze
Territoriali di riferimento per l’Autorità Idrica Toscana, come evidente nelle figure che seguono.
Figura 4.49 - Stato Chimico dei CISS toscani nel triennio 2010-2012 rif. D. Lgs. 31/2001 - Conferenza Territoriale n. 1 - Monitoraggio Corpi Idrici Sotterranei Risultati 2012 (ARPAT 2013)
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Figura 4.50 - Stato Chimico dei CISS toscani nel triennio 2010-2012 rif. D. Lgs. 31/2001 - Conferenza Territoriale n. 2 - Monitoraggio Corpi Idrici Sotterranei Risultati 2012 (ARPAT 2013)
Figura 4.51 - Stato Chimico dei CISS toscani nel triennio 2010-2012 rif. D. Lgs. 31/2001 - Conferenza Territoriale n. 3 - Monitoraggio Corpi Idrici Sotterranei Risultati 2012 (ARPAT 2013)
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Figura 4.52 - Stato Chimico dei CISS toscani nel triennio 2010-2012 rif. D. Lgs. 31/2001 - Conferenza Territoriale n. 4 - Monitoraggio Corpi Idrici Sotterranei Risultati 2012 (ARPAT 2013)
Figura 4.53 - Stato Chimico dei CISS toscani nel triennio 2010-2012 rif. D. Lgs. 31/2001 - Conferenza Territoriale n. 5 - Monitoraggio Corpi Idrici Sotterranei Risultati 2012 (ARPAT 2013)
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Figura 4.54 - Stato Chimico dei CISS toscani nel triennio 2010-2012 rif. D. Lgs. 31/2001 - Conferenza Territoriale n. 6 - Monitoraggio Corpi Idrici Sotterranei Risultati 2012 (ARPAT 2013)
Lo stato di qualità dei CISS – anno 2013
I risultati del monitoraggio dello stato chimico dei CISS effettuato da ARPAT nel 2013 sono
anch’essi disponibili sia in forma tabellare che in cartografia sul sito dell’Agenzia, oltre che
pubblicati sull’Annuario dei dati ambientali 2014.
Come evidenziato dalla stessa ARPAT nell’Annuario 2014, “il trend 2002-2013, a fronte di un generale
incremento degli afflussi, mostra un peggioramento dello stato di qualità delle acque sotterranee. Prevale
ancora una vota sull’incremento della risorsa un più intenso dilavamento dalla superficie di inquinanti
antropici. Rispetto al 2012, che aveva registrato un temporaneo miglioramento, il 2013 prosegue il trend
negativo”.
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Figura 4.55 - Stato Chimico dei CISS toscani – risultati monitoraggio ARPAT nell’anno 2013 - Annuario dei dati ambientali 2014 (ARPAT 2014)
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Figura 4.56 - Stato Chimico dei CISS toscani – risultati monitoraggio ARPAT nell’anno 2013 - Annuario dei dati ambientali 2014 (ARPAT 2014)
Valori di fondo naturale
Secondo quanto indicato dal D.Lgs 30/2009, per la valutazione dello stato chimico di un corpo
idrico sotterraneo, le regioni adottano gli Standard di Qualità Ambientale (SQA) e i Valori Soglia
(VS) indicati dal Decreto stesso. Nei corpi idrici sotterranei in cui è dimostrata scientificamente la
presenza di metalli e di altre sostanze pericolose di origine naturale in concentrazioni di fondo
naturale superiori ai limiti fissati dal D.Lgs 30/09, tali livelli di fondo possono essere adottati dalle
regioni e costituiscono i valori soglia del buono stato chimico delle acque.
La presenza nelle acque sotterrane toscane di tenori elevati di sostanze pericolose di origine
naturale è nota da tempo e il problema è stato affrontato già dai primi rapporti ARPAT di
monitoraggio.
Per la definizione di possibili Valori di Fondo naturale sostitutivi dei Valori Soglia indicati dal
D.Lgs 30/2009 ai fini della definizione del Buono Stato Chimico delle acque, ARPAT ha condotto
lo studio: “Elaborazione dati disponibili relativi al progetto GEOBASI su determinazione dei valori di fondo
di sostanze pericolose nelle acque sotterranee con particolare riferimento a metalli pesanti e boro ed agli
acquiferi destinati all'estrazione di acqua potabile” (2013).
Le elaborazioni condotte nello studio seguono un preliminare lavoro condotto dalle Università di
Firenze, Siena e Pisa e dal CNR di Pisa – Istituto di Geoscienze e Georisorse che, nell'ambito del
Progetto “GEOBASI” concluso nel dicembre 2011, hanno indicato una serie di preliminari e
possibili “livelli” di fondo derivati da uno studio sulle distribuzioni di frequenza cumulata su scala
di probabilità.
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Si riporta di seguito un estratto delle conclusioni dello studio ARPAT sopra citato.
“I risultati riportano un numero, relativamente contenuto, di dieci corpi idrici con fondi presumibilmente
naturali omogenei, riconducibili ai livelli Geobasi e di interesse, cioè eccedenti i Valori Soglia del Buono
Stato Chimico. Questi sono rappresentati per le sostanze di maggiore diffusione da:
· Arsenico, VFN di livello C (20,3 mg/L):
- Pianura del Cornia
- Amiata
- Vulcaniti di Pitigliano
· Cromo VI, VFN di livello C (5,5 mg/L):
- Costiero tra Fine e Cecina
- Costiero tra Cecina e San Vincenzo
· Boro, VFN di livello B (3600 mg/L)
- Carbonatico delle Colline Metallifere Zona Valpiana e Poggio Rocchino;
- Pianura dell’Albegna
- Pianura del Cornia
- Cecina
· Mercurio, VFN di livello B (1,9 mg/L)
Carbonatico dell’Uccellina
In aggiunta ai dieci corpi idrici con probabili contenuti di fondo naturale superiori al VS sono state inoltre
riconosciute numerose stazioni con presunti contenuti di fondo comunque naturali ma superiori ai contenuti
generali del corpo idrico; si tratta per la generalità delle sostanze indagate di:
· Arsenico, 24 stazioni di fondo locale, VFN di livello A (310 mg/L) , B (63 mg/L), C (20,3 mg/L) nei corpi
idrici di:
- Valdarno Inferiore e Pianura Pisana Zona Santa Cioce (A, C)
- Valdarno Inferiore e Pianura Pisana Zona Pisa (B, C)
- Pianura di Lucca Zona Bientina (B)
- Carbonatico C. Metallifere Zona Valpiana Poggio Rocchino (B)
- Carbonatico di Gavorrano (B)
- Pianura del Cornia (B)
- Amiata (B)
- Carbonatico C. Metallifere Zona Cornate Boccheggiano Montemurlo (C)
- Pianura di Grosseto (C)
- Pianura di Follonica (C)
- Cecina (C)
- val di Chiana (C)
· Cromo esavalente, 7 stazioni di fondo locale, VFN di livello A (22 mg/L), B (15 mg/L), negli stessi corpi
idrici di:
- Costiero tra Cecina e San Vincenzo (A, B)
- Costiero tra Fine e Cecina (B)
· Boro, 11 stazioni di fondo locale, VFN di livello B (3570 mg/L):
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- Santa Croce, Grosseto, Uccellina, Gavorrano e Le Cornate, oltre ai due costieri tra Fine e Cecina e Cecina e
San Vincenzo.
- Valdarno Inferiore e Pianura Pisana Zona Santa Croce
- Pianura di Grosseto
- Carbonatico dell’Uccellina
- Carbonatico di Gavorrano
- Carbonatico delle C- Metallifere Zona Le Cornate
· Mercurio, 4 stazioni di fondo locale, VFN di livello B (1,9 mg/L) :
- Era
- Non Metamorfico delle Apuane
· Nichel, 7 stazioni di fondo locale, VFN di livello A (120 mg/L) e B (28 mg/L)
- Carbonatico C. Metallifere Zona Cornate Boccheggiano Montemurlo (A)
- Pianura di Grosseto (A, B)
- Valdarno Inferiore e Pianura Pisana Zona Pisa (B)
- Valdarno Inferiore e Pianura Pisana Zona Santa Croce (B)
· Piombo, 1 stazioni di fondo locale, VFN di livello B (25 mg/L):
- Pozzo Cacciagrande della Pianura di Grosseto;
· Antimonio, 3 stazioni di fondo locale, VFN di livello A (35 mg/L) , B (10 mg/L) e C (7,0 mg/L) nei corpi
idrici di:
- Pozzo Scolastici del Carbonatico dell’Argentario Orbetello (B)
- Pozzo Inferno (A) e Pozzo Case San Giorgio (C) del Carbonatico di Gavorrano
· Cromo totale, 1 stazione di fondo locale VFN di livello A (78 mg/L)
Pur auspicando, nel prossimo futuro, maggiori approfondimenti di natura geologica e geochimica tesi alla
comprensione dei contesti e dei processi naturali che portano a contenuti così elevati e particolari di sostanze
pericolose o comunque indesiderate, appare ragionevole proporre, allo stato attuale delle conoscenze per i
Corpi Idrici e le Stazioni sopra elencate la sostituzione, come richiesto e ammesso dalla normativa, del Valore
Soglia per la definizione del Buono Stato Chimico con i corrispondenti VFN.”
Presenza di fitofarmaci nelle acque sotterranee destinate alla produzione potabile - risultati del
monitoraggio ARPAT 2011-2013
Nell'ambito del monitoraggio svolto negli anni 2011-2013, ARPAT ha approfondito la questione
della presenza di fitofarmaci nelle acque destinate alla produzione potabile, sia superficiali che
sotterranee, avendo rilevato un sensibile aumento dei casi in cui la presenza di residui di queste
sostanze superano i limiti di determinazione analitica e in alcuni casi anche quello fissato per le
acque potabili dal D.Lgs 31/2001 (0,10 μg/L).
L'indagine svolta da ARPAT è illustrata nella relazione “Fitofarmaci – esiti del monitoraggio delle
acque destinate alla produzione di acqua potabile – 2013”.
La relazione sottolinea che la situazione non deve suscitare allarme in quanto l'indagine è stata
svolta sulle acque grezze, a monte dei trattamenti per l'immissione nella rete di distribuzione
acquedottistica, ma che è in ogni caso opportuno valutare azioni preventive per un uso sostenibile
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
78
dei prodotti fitosanitari, oltre che mantenere un elevato e uniforme grado di controllo sulla qualità
dell'acqua captata dai gestori del Servizio Idrico Integrato.
Viene inoltre evidenziata la necessità di applicare la disciplina delle aree di rispetto di cui all'art 94
del D.Lgs 152/2006 – generalmente di 200 metri di raggio intorno ai punti di captazione - dove
l'uso di prodotti fitosanitari sarebbe vietato o almeno disciplinato da specifici piani di utilizzo.
Nell'evidenziare che tale norma è probabilmente in larga misura disattesa, si richiama anche
quanto previsto dal recente D.M. 22 gennaio 2014 sull'adozione del Piano di azione nazionale per
l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, dove è ribadito l'obbligo delle regioni di regolamentare
tale materia.
L'aumento dei casi positivi può essere spiegato sia con l'andamento stagionale piuttosto piovoso
del 2013, sia con il fatto che a partire dal 2010 sono state concentrate le analisi su un certo numero
di corpi idrici superficiali e sotterranei ritenuti a rischio e che dalla metà del 2012 l'analisi di
laboratorio sui pesticidi si è orientata su una nuova lista di circa 80 sostanze attive “prioritarie”
regionali.
Per le acque sotterranee l'analisi dei pesticidi nel 2013 ha interessato più di 300 stazioni, di cui 250
rappresentative di corpi idrici giudicati a rischio per inquinamento da fitofarmaci sulla base della
preventiva analisi delle pressioni. A differenza delle acque superficiali, l’inquinamento rilevato
risulta meno diffuso e con concentrazioni molto più basse.
Figura 4.57 – Rilevazione di fitofarmaci nelle acque sotterranee a specifica destinazione per la produzione di acqua potabile nell’anno 2103 - “Fitofarmaci – esiti del monitoraggio delle acque destinate alla produzione di acqua potabile” (ARPAT – 2014)
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
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A seguito della pubblicazione della relazione da parte di ARPAT, nel corso del 2014 l’Autorità
Idrica Toscana ha effettuato una verifica presso i Gestori del Servizio Idrico rispetto al
monitoraggio da questi effettuato per il rilevamento della presenza di fitofarmaci ai punti di
prelievo, con particolare riferimento ai superamenti registrati, e all’eventuale criticità dei sistemi di
trattamento delle acque in uso. Il risultato ha confermato disuniformità tra i laboratori di analisi
dei Gestori, sia sulla tecnica di analisi sia sul tipo di sostanza ricercata. I Gestori hanno registrato
negli anni alcuni sforamenti ma, a valle dei trattamenti, nell’acqua distribuita in rete è garantita la
potabilità.
La Regione Toscana ha inoltre avviato una collaborazione tecnico-operativa con AIT, ARPAT,
Comuni, ASL, ARTEA e Gestori volta a: individuare le principali attività agricole che potrebbero
essere la fonte delle criticità rilevate, informarle adeguatamente delle limitazioni d’uso presenti
nelle aree di salvaguardia delle captazioni idropotabili (limitazioni che dovranno confluire anche,
laddove non già presenti, negli strumenti urbanistici comunali), e uniformare inoltre i sistemi di
monitoraggio di ARPAT, ASL e Gestori.
Acquifero del Monte Amiata – Monitoraggio ARPAT anni 1998 - 2012
I risultati del monitoraggio ARPAT condotto sull’acquifero vulcanitico del Monte Amiata sono
disponibili sul sito dell’Agenzia all’interno del rapporto: "Acquifero del Monte Amiata. Monitoraggio
ARPAT anni 1998-2012. Valutazioni statistiche per i parametri maggiormente significativi".
Il monitoraggio è stato svolto attraverso 10 stazioni, di cui 8 sorgenti e 2 pozzi, i cui dati sono stati
elaborati statisticamente per la definizione degli andamenti temporali di elementi, composti e
parametri chimico-fisici necessari alla valutazione dello stato chimico qualitativo delle acque
sotterranee (arsenico, boro, conducibilità, pH, solfati, cloruri).
Lo studio degli andamenti dell’arsenico nel periodo 2002-2012 ha evidenziato una prevalente
condizione di stazionarietà, con trend statisticamente significativi in decremento nei casi delle
sorgenti Ente e Burlana e del pozzo Acqua Gialla. Il raffronto dei dati di monitoraggio chimico e
quantitativo conduce ad ipotizzare che il triennio 2004-2006 abbia presentato concentrazione di
arsenico dovuta a condizioni di minimo piezometrico e di deflusso delle sorgenti, maturate in
almeno un decennio di afflusso deficitario.
Boro e conducibilità evidenziano andamenti in prevalenza stazionari, mentre solfati e pH hanno
tendenze contrastanti, con alcuni casi di trend monotonico in decremento e in incremento. Un caso
particolare è rappresentato dai cloruri, in generale incremento in 7 su 10 stazioni e dunque in
controtendenza rispetto al decremento di altre sostanze, il che – suggerisce ARPAT – potrebbe
essere dovuto all’aumento dei volumi saturi invasati e dunque all’incremento dei tempi di
residenza o rinnovamento.
Presenza di composti organoalogenati nelle acque della falda pratese
E’ nota da tempo la criticità legata alla presenza di organoalogenati nella falda pratese captata
peraltro sia per scopi irrigui che idropotabili, con particolare riferimento al tetracloroetilene –
solvente largamente adoperato sia nel settore tessile sia nelle lavanderie a secco non industriali -
per il quale il monitoraggio da anni condotto dall’ARPAT registra un progressivo innalzamento
dal 2002 al 2014 con punte di 550 μg/L circa registrate nell’anno 2011.
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
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Dallo studio “1957 – 1999: la falda pratese: oltre 40 anni di monitoraggio e caratteristiche ambientali”
prodotto da Consiag, si desume che sin dal 1993 è stata registrata in falda la presenza di
tetracloroetilene in alcuni pozzi delle zone di Grignano, Le Querce, Galciana, Prato nord e Prato
centro.
Dall’ulteriore “Realizzazione dello studio idrogeologico delle principali risorse idriche del territorio della
Provincia di Prato - 2010” commissionata dalla stessa Provincia si desume poi “uno stato diffuso del
tetracloroetilene (PCE). Ben 20 pozzi su 41 (praticamente 1 su 2) superano i limiti di contaminazione ai
sensi del D.Lgs. 152/06 per il PCE. Lo stato di contaminazione “latente”, oltre il limite di attenzione, è
diffuso su tutta la piana. Certamente lo stato di contaminazione della piana di Prato da PCE è definibile, per
intensità ed estensione, grave e riflette ovviamente la pressione diffusa dell’industria tessile”.
Infine, si sottolinea come già dal rapporto ARPAT 2010 sulla qualità delle acque di falda dell’area
FI-PO-PT emerga una contaminazione estesa, oltre che su parte del territorio provinciale di Prato,
anche sui territori di Firenze e Pistoia.
Si sottolinea infine che, ai fini dell’utilizzo idropotabile della risorsa captata dall’acquifero della
falda pratese, il tetracloroetilene viene attualmente rimosso dal Gestore Publiacqua a garanzia del
rispetto dei limiti di potabilità previsti dal D. Lgs. 31/2001.
Contaminazione da tallio nelle sorgenti a servizio della fraz. Valdicastello nel Comune di
Pietrasanta
Nella seconda metà dell’anno 2014, da indagini effettuate dal Dipartimento di Scienze della Terra
dell’Università di Pisa finalizzate alla bonifica di una vecchia miniera dismessa (ex EDEM), è stata
rilevata in concentrazioni non trascurabili la presenza di tallio nelle acque prelevate dalle sorgenti
in uso al SII a servizio della frazione Valdicastello nel Comune di Pietrasanta.
Trattandosi il tallio di una sostanza non monitorata ai fini della potabilità da D. Lgs. 31/2001, né
disciplinata da direttive europee o indicazioni dell’OMS in termini di concentrazioni limite, l’unico
riferimento di concentrazione massima ammissibile per le acque potabili è stato individuato
dall’EPA statunitense in 2 µg/l.
Da conseguenti immediati monitoraggi effettuati sull’acqua erogata alle utenze, tale limite è
risultato essere superato nell’acqua distribuita in rete ad alcune frazioni del Comune di Pietrasanta
tra le quali quella di Valdicastello.
Emesse immediatamente le necessarie ordinanze sindacali di non potabilità e messi in atto i primi
interventi emergenziali da parte del Gestore del SII, a seguito di specifici incontri tra tutti gli Enti
competenti è stato approvato con DGRT 1259 del 22/12/2014 e successivamente siglato un
protocollo di intesa “per il coordinamento degli Enti competenti nell’ambito della realizzazione di attività
ed interventi per il superamento della contaminazione da tallio dell’acqua pubblica nel Comune di
Pietrasanta e per la realizzazione della bonifica delle aree minerarie “Buca della Vena” e “Monte Arsiccio”
che in particolare, con riferimento al SII, mette in campo importanti investimenti volti al
superamento della criticità emersa e al definitivo ripristino della potabilità delle acque erogate, da
realizzarsi da parte del Gestore GAIA SpA entro il mese di maggio 2015 per un costo totale di €
1.320.000.
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
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Il monitoraggio dello stato quantitativo dei CISS da parte del Servizio Idrologico Regionale (SIR)
E’ di competenza del SIR il monitoraggio dello stato quantitativo dei CISS toscani.
All’interno del documento del SIR: “Stato quantitativo delle acque sotterranee ai sensi del DLgs 16 marzo 2009 (aggiornato al 31/12/2012)” si legge:
“Un importante elemento da prendere in considerazione per la valutazione d[ello stato quantitativo dei CISS], specialmente per i complessi idrogeologici, è l'andamento nel tempo del livello piezometrico. ll parametro sperimentale “livello piezometrico” è […] di particolare rilevanza per la definizione della sostenibilità dell’utilizzo delle acque sotterranee. E' infatti un indicatore efficace della storia della falda: testimonia l’immagazzinamento o lo svuotamento dell’acquifero. In presenza di serie temporali sufficientemente lunghe, lo stato quantitativo può essere valutato seguendone il trend: ove esso sia costante o positivo, lo stato è “buono”, in caso contrario si ha evidenza di sovra sfruttamento sul lungo periodo. Nel presente studio, al fine di ottenere dei risultati che siano il meno possibile influenzati da variazioni climatiche (es. periodi particolarmente siccitosi) sono state esaminati i dati di soggiacenza medi annuali delle stazioni che dispongono del maggior numero di anni di osservazione, afferenti al periodo 2005-2012. Per le altre stazioni di più recente installazione (2-3 anni) le suddette analisi saranno possibili solo al raggiungimento di una congrua serie storica di dati.”
All’interno dello studio, nove risultano i CISS per i quali le serie storiche di dati disponibili hanno consentito la valutazione del trend del livello piezometrico quale parametro indicatore dello stato quantitativo del corpo idrico. Di questi nove CISS, come visibile in Figura 4.58 soltanto il corpo idrico dell’Elsa ha presentato un trend negativo del livello piezometrico.
Figura 4.58 – Monitoraggio dello stato quantitativo dei CISS toscani da parte del SIR (anno 2012)
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
82
4.7 DISPONIBILITÀ DEI CORPI IDRICI SOTTERRANEI
Bacino del Fiume Magra
Il bacino interregionale del Fiume Magra si estende per 1698,5 Kmq di cui 983,9 Kmq (57,7%) in
territorio toscano e 714,6 Kmq (42,3%) in territorio ligure comprendendo la Val di Vara, la
Lunigiana, e la bassa Val di Magra Ligure.
Nello “Studio per la definizione del bilancio idrico ed idrogeologico del bacino del Fiume Magra” (2004) (3)
è stata calcolata annualmente la Precipitazione Efficace (PE), che rappresenta la risorsa idrica totale
potenziale ottenuta dalla differenza tra la precipitazione totale annua (Ptot) e l’evapotraspirazione
reale (ER): PE= Ptot – ER, per gli Anni Idrologici (A.I.) 1970 – 1999.
Attraverso l'applicazione di tecniche di “lisciamento” dei dati meglio note con il nome di
“smoothing”, il valore medio di PE (A.I. 1970-1999) è stato poi proiettato a 10, 20 e 30 anni
nell’ipotesi di costanza nel tempo del relativo trend. Estendendo i risultati ottenuti a livello di
volumi idrici disponibili, è stata eseguita una stima previsionale delle risorse idriche totali
potenziali rinnovabili (Ws) nel trentennio 2000-2030 nei vari bacini idrografici del F. Magra, i cui
valori medi sono riportati in Tabella 4.4 con riferimento ai bacini toscani.
Tabella 4.4 - Valori medi annuali del volume potenziale rinnovabile (Ws) nel trentennio 2000-2030 per ogni complesso idrogeologico toscano del fiume Magra
Complesso idrogeologico Ws
(mil. m3/anno)
Rocce a permeabilità elevata 28
Rocce a permeabilità buona 362
Rocce a permeabilità mediocre 927
Rocce a permeabilità scarsa 252
Rocce carbonatiche apuane 52
Alluvioni interne 5290
Da “Studio per la definizione del bilancio idrico ed idrogeologico del bacino del Fiume Magra” di P. Barazzuoli; R
Rigati per Autorità di Bacino Interregionale del F. Magra – Università degli Studi di Siena (2004)
3 P. Barazzuoli; R Rigati – “Studio per la definizione del bilancio idrico ed idrogeologico del bacino del Fiume Magra”: Autorità di Bacino Interregionale del F. Magra – Università degli Studi di Siena (2004)
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
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Bacino del Fiume Arno
Per le acque sotterranee del bacino dell’Arno si possono distinguere due grandi gruppi di
acquiferi, quelli permeabili per porosità e quelli permeabili per fratturazione.
Al primo gruppo appartengono gli acquiferi delle pianure alluvionali appartenenti al complesso
delle Alluvioni vallive e al complesso delle depressioni quaternarie. Sono gli acquiferi più
produttivi e più sfruttati, ma anche quelli più esposti all'inquinamento, sia per l'elevata
vulnerabilità intrinseca che per la presenza di diffuse fonti di inquinamento potenziale.
Al secondo gruppo appartengono le formazioni permeabili per fratturazione. Gli acquiferi migliori
sono nelle formazioni carbonatiche mesozoiche, presenti in varie parti della Toscana ma poco
estese nel bacino dell'Arno. Altri acquiferi interessano le formazioni arenacee della Successione
Toscana, normalmente ritenuta a bassa permeabilità, che in alcuni casi può essere sede di acquiferi
interessanti (pozzi nel Pratomagno e nel M. Albano con portate di fino a 15 l/s). Di minore
importanza rispetto agli acquiferi carbonatici mesozoici sono quelli delle formazioni calcareo-
marnose delle Unità Liguri, quali la formazione di Monte Morello; in particolari condizioni i pozzi
possono dare portate di qualche litro al secondo.
Ai fini della presente esposizione si riportano i dati salienti dell'indagine di dettaglio contenuta nel
Piano di Bacino del fiume Arno – stralcio Bilancio Idrico – adottato in via definitiva dal Comitato
Istituzionale con delibera n. 221 del 18/07/2012, all’interno del quale il bilancio delle acque
sotterranee è stato calcolato per gli acquiferi significativi individuati dal Piano di Tutela delle
Acque, coincidenti con quelli delle pianure alluvionali contenenti oltre l’80% del volume delle
risorse sotterranee del bacino (Figura 4.59).
Figura 4.59 - Corpi idrici sotterranei del bacino dell’Arno oggetto di bilancio e rispettive aree di ricarica - da Piano di Bacino del fiume Arno – stralcio Bilancio Idrico (Tav. 07), Autorità di Bacino Fiume Arno 2012
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84
I valori della riserva idrica corrispondente al volume d'acqua medio immagazzinato nell'acquifero
- parametro utile alla valutazione della disponibilità idrica dell’acquifero: una grande riserva fa
infatti da volano al sistema consentendo di superare con minore criticità eventuali anni poco
piovosi - confrontati i valori del saldo risultante dai bilanci redatti per gli acquiferi significativi del
bacino sono riportati in Figura 4.60.
Figura 4.60 - Valori di riserva e saldo degli acquiferi significativi
Da Piano di Bacino del fiume Arno – stralcio Bilancio Idrico (Cap. 3 della Relazione di Piano: ”Il bilancio delle acque
sotterranee e la valutazione della disponibilità idrica”), Autorità di Bacino Fiume Arno 2012
Dalla Figura 4.60 si evince che due acquiferi presentano un saldo negativo: l'acquifero del Bientina
e quello della Piana di Lucca.
In particolare nella pianura del Bientina si ha un forte saldo negativo, accompagnato da un
abbassamento dei livelli di falda monitorati e da fenomeni di subsidenza che confermano lo stato
di sovrasfruttamento dell'acquifero.
Anche per l'acquifero di Lucca, in parte compreso nel bacino del Fiume Serchio, il saldo negativo è
confermato dai dati di monitoraggio piezometrico; tuttavia è importante evidenziare che tale
acquifero, seppure a saldo negativo, presenta una ricarica elevata.
Altri acquiferi invece, seppure a bilancio (saldo) positivo, presentano una capacità di ricarica
modesta che non può che limitarne lo sfruttamento.
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85
Per gli acquiferi a bilancio positivo, il Piano Stralcio individua le aree a maggior sfruttamento
(zonazione delle disponibilità idriche), vale a dire quelle che presentano abbassamenti della
superficie piezometrica forti e persistenti nel tempo, peggioramento della qualità delle acque e
fenomeni di subsidenza in relazione ad un grado di sfruttamento locale non supportato da
un’adeguata capacità di ricarica.
L’individuazione delle zone a diversa suscettibilità di criticità idrica è stata effettuata attraverso
l’incrocio di due indicatori: i prelievi che rappresentano le pressioni sull’acquifero, e la
trasmissività caratterizzante la produttività dello stesso.
Sulla base della stima della ricarica unitaria per ogni acquifero espressa in mc/ha, sono state infine
individuate quattro classi di disponibilità residua di acqua sotterranea (Figura 4.61).
classe D1: aree dove la ricarica media su unità di superficie copre ampiamente o comunque in maniera sufficiente i prelievi in atto. In queste aree nuovi prelievi non creano nessun disequilibrio al bilancio idrico, se a livello complessivo l'acquifero risulta in saldo di pareggio o positivo (disponibilità residua compresa tra 500 mc/ha e 5.000 mc/ha).
classe D2: aree dove la ricarica media su unità di superficie copre in maniera sufficiente i prelievi, in queste aree le disponibilità sono prossime al pareggio (limite dell'equilibrio) e nuovi prelievi potrebbero creare disequilibri anche a livello di area complessiva (disponibilità residua compresa tra -1.000 mc/ha e 500 mc/ha).
classi D3 e D4: aree dove il disavanzo fra la ricarica media su unità di superficie e i prelievi risulta elevato (classe D3: disponibilità residua compresa tra -10.000 mc/ha e -1.000 mc/ha) o molto elevato (classe D4: disponibilità residua inferiore a -10.000 mc/ha), laddove non ci siano apporti ulteriori di ricarica (es. fonti di alimentazione come i fiumi).
Figura 4.61 - Zonazione delle disponibilità idriche di acque sotterranee negli acquiferi oggetto di bilancio
da Piano di Bacino del fiume Arno – stralcio Bilancio Idrico (Cap. 3 della Relazione di Piano: ”Il bilancio delle acque
sotterranee e la valutazione della disponibilità idrica”), Autorità di Bacino Fiume Arno 2012
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All’interno delle Misure di Piano, vengono riportate prescrizioni specifiche (vincolanti) per i
diversi tipi di acquifero. Si riportano in Tabella 4.5 le misure con diretto impatto sul Servizio Idrico
Integrato.
Tabella 4.5 - Estratto delle misure di Piano con valenza sul SII - da Piano di Bacino del fiume Arno – stralcio Bilancio Idrico (Misure di Piano), Autorità di Bacino Fiume Arno 2012
Rif. Norme di Piano
Oggetto della Misura Misura
Art. 7 Acquiferi a grave deficit di bilancio
Riduzione dei prelievi ad uso idropotabile anche attraverso una diversa distribuzione degli stessi sul territorio e l’approvvigionamento di acque di superficie. Divieto di nuovi prelievi, ad esclusione di quelli finalizzati all’ottimizzazione del sistema di prelievi esistenti o quelli richiesti, a fini domestici, igienici e di antincendio – in aree non servite da pubblico acquedotto, con obbligo di istallazione di contatore. Gli strumenti di governo del territorio non devono prevedere nuovi insediamenti con approvvigionamento da acque sotterranee.
Art. 9
Acquiferi con bilancio prossimo all’equilibrio e a bilancio positivo (aree a disponibilità idrica molto inferiore alla ricarica – classe D4)
In tali aree sono vietati nuovi prelievi anche ad uso idropotabile, ad esclusione dei casi in cui non sia possibile una localizzazione alternativa e a condizione che sia dimostrata la sostenibilità per l’area. Gli strumenti di governo del territorio possono prevedere nuovi insediamenti con approvvigionamento da acque sotterranee, previa valutazione della sostenibilità del fabbisogno stimato. La durata delle concessioni non può superare i 5 anni.
Art. 10
Acquiferi con bilancio prossimo all’equilibrio e a bilancio positivo (aree a disponibilità idrica inferiore alla ricarica – classe D3)
In tali aree le concessioni ad uso idropotabile possono essere rilasciate a condizione che ne sia dimostrata la sostenibilità per l’area. Gli strumenti di governo del territorio possono prevedere nuovi insediamenti con approvvigionamento da acque sotterranee, previa valutazione della sostenibilità del fabbisogno stimato. La durata delle concessioni non può superare i 5 anni.
Art. 11
Acquiferi con bilancio prossimo all’equilibrio e a bilancio positivo (aree a disponibilità idrica prossima alla ricarica – classe D2 – e a elevata disponibilità – classe D1)
In tali aree le concessioni sono rilasciate nel rispetto dei dati di bilancio dell’acquifero, tenendo conto anche degli effetti indotti localmente e nelle aree contermini sulla disponibilità residua in base a densità di prelievo e ricarica specifica.
Art. 12
Aree del bacino idrografico esterne agli acquiferi alluvionali significativi
In tali aree il rilascio delle concessioni è regolato in relazione alle singole richieste in conformità al quadro conoscitivo disponibile.
Art. 15
Aree di possibile interferenza significativa con il reticolo superficiale
In tali aree la concessione è rilasciata previa verifica del rapporto con la risorsa superficiale e delle eventuali criticità ad essa afferenti.
Art. 17 Acquiferi di Bientina a della Pianura di Lucca
Per tali acquiferi deve essere operata la riduzione dei prelievi ad uso idropotabile anche attraverso una diversa distribuzione degli stessi sul territorio e l’utilizzo di acque superficiali. L’area di ricarica dell’acquifero di Bientina (area delle Cerbaie) è soggetta alla disciplina del relativo acquifero.
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Aree a rischio di salinizzazione - bacino dell’Arno
All’interno del Piano di Bacino del fiume Arno – stralcio Bilancio Idrico – adottato in via definitiva
dal Comitato Istituzionale con delibera n. 221 del 18/07/2012, è stato approfondito il tema delle
arre a rischio di salinizzazione dell’acquifero confinato costiero della falda profonda in ghiaia della
Pianura di Pisa: tale acquifero, caratterizzato da numerosi prelievi di diversa natura nell’entroterra
pisano, nella fascia costiera è interessato da pochi prelievi ma di intensità consistente ad uso
irriguo.
L’analisi prodotta sulla base di diversi studi disponibili ha portato, all’interno dell’acquifero, alla
distinzione di tre diverse zone (Figura 4.62):
la zona IS1 - (Tirrenia -Calambrone), già interessata da ingressione salina;
la zona IS2 - parallela alla linea di costa, da considerarsi di “attenzione” sia per la vicinanza
dal mare, sia per la presenza di emungimenti che intercettano il naturale flusso di acqua
dolce verso il mare, comportando una diminuzione dell’azione di contrasto del flusso di
acqua dolce contro il cuneo di ingressione salina;
la zona IS3 – ulteriore zona di attenzione, anche in funzione dei livelli piezometrici
riscontrati, che comprende l’entroterra della pianura, dove il sistema dei prelievi, assai
rilevante, intercetta parte del flusso che naturalmente andrebbe a mare, contrastando la
spinta di acqua salata.
Figura 4.62 - Zonazione intrusione salina nell’acquifero profondo della Pianura di Pisa
Da Piano di Bacino del fiume Arno – stralcio Bilancio Idrico (Cap. 3 della Relazione di Piano: ”Il bilancio delle acque
sotterranee e la valutazione della disponibilità idrica”), Autorità di Bacino Fiume Arno 2012
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
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Per le aree a rischio di salinizzazione, l’art. 14 della Misure di Piano prevede infine che:
- Nell’area IS1 non è consentito il rilascio di nuove concessioni dall’acquifero. La perforazione di
nuovi pozzi è consentita solo ai fini del monitoraggio della falda o della redistribuzione dei
prelievi esistenti, per ridurre le depressioni piezometriche.
- Nell’area IS2 è consentito il rilascio di nuove concessioni dall’acquifero solo per usi dotati di
sistemi di risparmio idrico e le nuove concessioni non potranno avere durata superiore a 5 anni.
- Nell’area IS3 le nuove concessioni non potranno avere durata superiore a 5 anni e il rinnovo
potrà essere vincolato al raggiungimento di obiettivi di rientro del livello piezometrico.
Disponibilità idrica dell’Acquifero di Prato
Ai fini dell’aggiornamento del Piano stralcio Bilancio Idrico di competenza dell’Autorità di Bacino
dell’Arno e più in generale di una gestione sempre più razionale della risorsa idrica, nel 2012 è
stata stipulata un’intesa tra la stessa Autorità di Bacino e la Provincia di Prato, estesa poi anche
all’AIT e al Gestore Publiacqua, per la creazione di un gruppo di lavoro volto alla modellazione in
regime transitorio dell’Acquifero di Prato.
La relazione finale dell’attività di modellazione, trasmessa dall’Autorità di Bacino a Provincia, AIT
e Gestore nel dicembre 2014, mette in luce importanti aspetti dell’acquifero.
Come specificato all’interno della relazione, l’alimentazione dell’acquifero avviene attraverso:
- ricarica diretta: infiltrazione efficace delle precipitazioni e reinfiltrazioni dovute alle perdite delle
reti acquedottistiche e fognarie;
- fiumi: alimentazione dai fiumi Bisenzio e, in misura minoritaria, Ombrone;
- afflussi da acquiferi contermini: apporto dal margine montano a nord attraverso l’acqua di
ruscellamento superficiale che raggiunge la piana; apporto profondo dai calcari dei Monti della
Calvana situati a nord di Prato e afflusso minoritario dal margine ovest in corrispondenza del
torrente Calice.
I principali deflussi sono invece costituiti dagli emungimenti e, in misura minoritaria, dal
drenaggio dei corsi d’acqua.
Il bilancio del corpo idrico studiato con il modello in regime transitorio nel periodo 2008-2012 (il
2007 è stato l’anno di prima simulazione del modello) è risultato di circa 103 Mmc di ricarica totale,
ripartita tra il 55% di ricarica zenitale in parte sostenuta anche dalle perdite delle reti del SII, il 33%
di afflussi dai fiumi (Bisenzio) e il 12% dagli apporti degli acquiferi contermini.
Si sottolinea che nel periodo considerato il bilancio è risultato positivo per il decremento dei
prelievi industriali e l’incremento della ricarica, anche nel 2012 – anno caratterizzato
dall’emergenza idrica in tutta la Toscana: il conoide con le sue caratteristiche idrostatigrafiche
funge da ottimo bacino di accumulo di riserva idrica sotterranea soprattutto nelle zone più interne
e la falda, seppure sfruttata ancora in maniera importante, non risulta più sovrasfruttata ai livelli
degli anni ’80 e ’90 ( Figura 4.63).
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
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Figura 4.63 - Confronto tra ricarica e prelievi della falda di Prato nel periodo 2008-2012
Da Documento di Intesa Tecnica per la modellazione dell’acquifero di Prato finalizzata all’aggiornamento del Piano di
bacino del fiume Arno, stralcio “bilancio idrico”. Modellazione in regime transitorio – Relazione finale (2014)
Rispetto allo sviluppo di scenari futuri, una simulazione effettuata con il modello ipotizzando una
situazione climatica nel periodo 2015-2020 analoga a quella registrata negli ultimi anni, mostra che
un eventuale incremento del prelievo acquedottistico sarebbe compatibile con lo stato quantitativo
dell’acquifero, anche negli anni più siccitosi.
Infine, nella Relazione finale del lavoro di modellizzazione dell’acquifero di Prato si legge che tale
risorsa idrica rappresenta “una riserva strategica e centrale nell’ottica di un aumento delle disponibilità
idriche locali, ma potrà svolgere, progressivamente nel tempo, un ruolo rilevante anche a scala regionale
integrandosi in uno schema di produzione-adduzione volto ad interconnettere i maggiori schemi
acquedottistici della Toscana Centrale. Non esiste infatti, all’interno dell’Area Metropolitana Firenze-
Prato_Pistoia, una riserva di acqua in grado di soddisfare l’eventuale esigenza a garanzia della produzione
che il Gestore rileva come fondamentale non solo in uno scenario di aumento della popolazione e quindi della
domanda, ma anche per una diversificazione degli approvvigionamenti”.
Bacino del Fiume Serchio
Il Fiume Serchio nasce nella zona appenninica a nord della Provincia di Lucca, scorre nella Piana
di Lucca fino a Ripafratta, dove entra nel territorio provinciale pisano per poi sfociare nel Mar
Tirreno. Nella parte montana sono presenti estesi affioramenti di rocce carbonatiche (Val di Lima e
Alpi Apuane) e numerosi invasi ENEL. Il territorio di pianura del bacino è costituito dalla Piana di
Lucca e dalla Piana di San Giuliano ed è caratterizzato da sistemi acquiferi impostati su depositi
alluvionali.
Le condizioni lito-stratigrafiche della pianura di Lucca fanno sì che l’acquifero alluvionale,
costituito essenzialmente da ghiaie, ciottoli e sabbie, si presenti a falda libera nel settore centro-
settentrionale della piana e a falda confinata nel settore meridionale della piana medesima, in
conseguenza dell’ispessimento di una coltre superficiale di terreni a bassa permeabilità.
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
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Il livello piezometrico medio si trova a 6-7 metri di profondità dal piano di campagna.
Per quanto riguarda il bilancio dell’acquifero:
• le entrate (riserve regolatrici) ammontano a circa 79.000.000 m3/anno; • le uscite (prelievi e risorgive), ammontano a circa 77.000.000 m3/anno (compresi pozzi di
Filettole).
Il saldo attivo è quindi di soli 2.000.000 m3/anno, pari a circa 60 l/sec.
Le riserve totali sono state calcolate in 675.000.000 m3 a conferma dell’importanza strategica della
falda lucchese.
Il sistema idrogeologico della pianura lucchese dipende quasi esclusivamente dai contributi del
Fiume Serchio e dal suo livello idraulico che assicura il rifornimento della falda. Nelle zone in cui
la falda è freatica abbiamo una buona capacità di risposta della piezometrica alle sollecitazioni
dovute a emungimenti di rilievo o a periodi di forte siccità, nel senso che è sufficiente un periodo
di morbida del fiume per riportare la falda a livelli normali almeno nelle zone vicino al fiume. Ciò
dipende dagli elevati valori di trasmissività (tra 10-1 e 10-3 mq/sec) dovuti all’alto coefficiente di
permeabilità delle alluvioni sabbioso-ghiaiose e all’elevato valore del gradiente con cui la falda si
muove.
Diverso è il caso delle zone dove la falda presenta caratteristiche di artesianità. La rapida risposta
del livello piezometrico alle fasi di ricarica e discarica della falda è indice di una bassa capacità di
immagazzinamento che può creare problemi in presenza di importanti e prolungati prelievi.
In base a queste considerazione si possono ipotizzare maggiori prelievi in prossimità dell’asta del
fiume, nelle zone dove la falda è freatica (es. zona di S. Alessio e zona a monte), soprattutto se
limitati ad una captazione stagionale nei periodi di morbida del fiume, per alimentare acquedotti
interconnessi e consentire quindi la temporanea sospensione o riduzione dei prelievi dove la falda
presenta caratteri di artesianità con sofferenza nei livelli piezometrici. L’entità di eventuali nuovi
prelievi deve essere valutata in base ad un bilancio previsionale delle portate stagionali del fiume a
garanzia della ricarica della falda della pianura lucchese.
Più complessa è la previsione di nuove captazioni nelle zone dove la falda presenta caratteri di
artesianità, come l’area di Ripafratta – Filettole. In questa zona, la falda confinata non consente una
ricarica diretta dal fiume che avviene più a nord, dove la falda non è confinata. Eventuali maggiori
prelievi devono quindi essere valutati in base ai tempi di ricarica della falda stessa e con
particolare attenzione al rischio di fenomeni di subsidenza già verificatisi in passato.
Il comprensorio apuo-versiliese del Bacino del Serchio
Il comprensorio apuo-versiliese è costituito da acquiferi carbonatici in cui la permeabilità risulta
elevata, anche se con differenze notevoli legate soprattutto al minore o maggiore sviluppo del
carsismo. In particolare, l’entità dei fenomeni carsici superficiali condiziona il coefficiente di
infiltrazione, che in certe situazioni può arrivare quasi al 100% della precipitazione efficace. Le
acque di infiltrazione hanno come recapito comune una sorgente o un gruppo di sorgenti.
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
91
La delimitazione dei principali sistemi idrogeologici del versante marino delle Alpi Apuane - della
Pollaccia e delle Panie - appartenenti al bacino del Serchio, si è basata principalmente sulla
struttura geologica e sulla distribuzione e portata delle sorgenti. Le risorse idriche dinamiche
sotterranee sono complessivamente superiori a quelle attualmente sfruttate: l’infiltrazione media si
aggira sui 600 milioni di m3 annui, le emergenze sorgentizie ne restituiscono solo un 30%, mentre
il volume effettivamente captato è di circa 38 milioni di m3 annui. Il sottosfruttamento dipende in
parte dalla mancanza delle opere di captazione, ma in misura maggiore dal regime delle portate
delle sorgenti, le quali sono prossime ai valori minimi quando la richiesta è più alta.
In genere le caratteristiche qualitative degli acquiferi del comprensorio apuano – di alimentazione
anche di molte delle sorgenti situate nel versante costiero ovvero nel bacino Toscana Nord -
risultano elevate, dato che essi si trovano in zone montane, prive di attività inquinanti.
Nel versante orientale delle Alpi Apuane sono presenti sistemi idrogeologici importanti come
quello della Pollaccia (sorgente La Pollaccia Qmed. = 500 L/s), del Fontanaccio (sorgente Fontanaccio
Qmed. 30 L/s) la cui sorgente è posta poco a valle rispetto a quella della Pollaccia, oppure quello della
Chiesaccia (dove sono presenti varie sorgenti per un totale di circa 200 L/s come portata media). Tutti
sistemi hanno sorgenti non captate poste nella fascia altimetrica compresa 500 – 600 m s.l.m. e
rappresenterebbero interessanti punti di captazione, potendo anche sfruttare il salto di quota per
l’alimentazione di acquedotti. Tra l’altro, nell’area di alimentazione di questi sistemi idrogeologici,
non sono presenti attività antropiche impattanti sulla qualità delle acque, se si fa eccezione per una
rada attività agro-silvo-pastorale. E’ appena il caso di ricordare come alla fine del 1800 queste
sorgenti abbiano suscitato un forte interesse da parte del comune di Firenze per alimentare
l’acquedotto fiorentino.
Il Lago di Massaciuccoli si è formato in epoca storica come laguna costiera quando ancora riceveva
le portate di piena del Serchio ed attualmente può essere considerato quasi completamente
indipendente dal bacino del Serchio. Il bacino del lago si estende per 95 km2, è circondato da
un’area palustre di circa 1.500 ha modificata da un’opera di bonifica meccanica. L’area circostante
al lago è posta sotto il livello medio marino ed è interessata da fenomeni di subsidenza: è
mantenuta asciutta in maniera artificiale attraverso canali che convogliano l’acqua al mare
attraverso il Canale della Burlamacca, presso il porto di Viareggio.
L'Autorità di Bacino del Fiume Serchio ha adottato con delibera n. 169 del 21 dicembre 2010 il
"Piano di Bacino, Stralcio Bilancio idrico del bacino del lago di Massaciuccoli”, del quale si riporta
una sintesi per le parti salienti.
Il Piano prende in considerazione il tratto di pianura costiera compresa tra il Torrente Camaiore ed
il Fiume Morto costituito essenzialmente dalla duna costiera e dai terreni che sottendono il lago di
Massaciuccoli e le aree di bonifica poste a Nord e a Sud del medesimo e consente una prima
valutazione delle riserve totali e delle risorse regolatrici relative alla falda freatica della duna
costiera nel territorio considerato. L'acquifero sabbioso risulta essere medio granulare, con
frequenti lenti di sabbie fini, fino a sabbie limose. Il valore delle riserve totali (Wt) è di 271.365.000
m3.
L’entità attuale delle risorse regolatrici (Wr) è stata stimata considerando il valore dell’escursione
annuale delle isofreatiche, come registrata tra i due rilievi del 2002. Per il calcolo è stato adottato
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
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un metodo a zonazione suddividendo la fascia della duna costiera in 3 zone: Viareggio, Torre del
Lago e Migliarino-Vecchiano.
In totale le risorse regolatrici attuali delle tre zone individuate assommano a 5.750.000 m 3/anno,
pari, complessivamente, a 10.940 L/min (182 L/sec) il che significa che il tasso di rinnovamento
dell’acquifero, inteso come rapporto tra l’alimentazione media annuale, espressa in volume, ed il
totale della riserva permanente rappresenta solo il 2%. Si consideri che queste valutazioni, pur se
approssimate, sono riferite ad un anno idrologico (dicembre 2001 – novembre 2002) in cui la
piovosità totale è stata assai vicina (+6%) al valore medio cinquantennale; inoltre anche l’adozione
di un diverso valore nella porosità efficace, pur potendo spostare i valori assoluti delle risorse
regolatrici e delle riserve permanenti, non provocherebbe variazioni nell’incidenza delle une sulle
altre, vale a dire sul tasso di rinnovamento come sopra calcolato.
Ne deriva uno scenario di scarsissima disponibilità idrica ai fini di ulteriori prelievi, in modo
particolare per le zone di Viareggio e Torre del Lago.
Acquiferi del versante sinistro del Fiume Serchio
Nel versante sinistro della valle del Fiume Serchio sono presenti 12 sistemi idrogeologici
carbonatici ricchi di acque sotterranee la cui restituzione avviene prevalentemente per mezzo di
sorgenti (quasi tutte captate) alcune con portate medie elevate, come è il caso della sorgente
Pollatoio (Qmed. = 400 L/s).
La potenzialità di alcuni sistemi è probabilmente superiore rispetto a quella che risulta dalla
portata media delle sorgenti. E’ il caso del sistema idrogeologico della sorgente Le Vene (Qmed. =
200 L/s) che presenta una ampia area di alimentazione (34,4 Km2) ma i suoi limiti sono molto
incerti. Altri sistemi sono quelli del Pollatoio e della sorgente Il Pollone di Magnano (Qmed. = 320
L/s), entrambi con aree di alimentazione più ristrette e dai limiti altrettanto incerti.
Non tutti i sistemi danno luogo a restituzioni di acque tramite sorgenti con portate elevate. In
questo caso si ammette che la restituzione avvenga da sorgenti sepolte, emergenze lineari, ricarica
dell’acquifero alluvionale della valle del Serchio e del sistema carbonatico profondo con travasi di
acqua verso i bacini limitrofi.
Questi sistemi (in particolare quelli posti in destra orografica) possono rappresentare interessanti
idrostrutture da valutare nella loro reale potenzialità idrica per opere di captazione.
Bacino Fiora
Dalla relazione generale del Piano stralcio “Tutela delle risorse idriche superficiali soggette a
derivazioni” approvato nel 2001 (già citato nel capitolo relativo alle acque superficiali), risulta che
l’alveo del fiume Fiora si trova su un materasso alluvionale (complesso idrogeologico del
fondovalle, vedi Figura 4.64) in cui esiste una non trascurabile circolazione sotterranea dovuta
all’alta permeabilità dei sedimenti alluvionali – ghiaie e sabbie medio grosse – che permette di
porre in relazione la circolazione superficiale lungo l’alveo con quella sotterranea di subalveo. In
questa situazione un prelievo dal sottosuolo comporta un diretto richiamo dalle acque di
superficie.
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
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Figura 4.64 - Complesso idrogeologico del fondovalle – Piano Stralcio Tutela delle risorse idriche superficiali soggette a derivazioni – Allegato C – Autorità di Bacino del Fiora, 2001
In relazione a tale aspetto, all’interno delle norme di attuazione del Piano Stralcio, l’Autorità di
Bacino ha previsto di assimilare i prelievi di acque sotterranee dal complesso idrogeologico del
fondovalle a derivazioni superficiali.
L’art. 9 delle norme prevede infatti che le acque sotterranee ricadenti nel complesso idrogeologico
del fondovalle sono da considerarsi assimilate ad acque superficiali ai fini delle concessioni delle derivazioni
e delle licenze di attingimento, con l’unica esclusione dei casi in cui il progetto di massima attesti che
il prelievo non interessa in modo diretto il subalveo fluviale.
Sulla base delle stime di bilancio idrico di cui sopra, le norme di attuazione del Piano Stralcio
prevedono che, per prelievi caratterizzati da una portata restituita inferiore al 75% di quella
derivata, debba essere rispettata la condizione che a valle del prelievo, per uno sviluppo di almeno
10km, venga verificata in corrispondenza di ogni singola sezione ove è presente un prelievo la
presenza di una portata residua in alveo in l/s non inferiore al prodotto dell’area del bacino
sotteso dalla sezione del medesimo prelievo (in kmq) per il coefficiente unitario C.U..
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
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Bacino Fiume Ombrone
Acquiferi in mezzo poroso
Nei depositi alluvionali formati dal Fiume Ombrone e Bruna sono presenti più acquiferi,
corrispondenti a livelli di ghiaie e sabbie, separate da argille. I livelli ghiaiosi contengono falde in
pressione, salvo in prossimità dell’Ombrone, dove le ghiaie e sabbie giungono quasi in superficie, e
in alcune zone ai margini della pianura. Le falde di duna contengono una falda libera di scarsa
produttività ma di scarsa importanza per l’ecosistema locale.
Indagini di maggior dettaglio sono state condotte nel settore orientale del Comune di Grosseto,
zona caratterizzata dalla presenza di un acquifero principale, costituito da ghiaie sabbiose, avente
condizioni di parziale compartimentazione ed in stretta connessione idraulica ed idrochimica con
il Fiume Ombrone. Lo studio della geometria dell’acquifero ha permesso di evidenziarne lo
sviluppo, a partire dai fianchi marginali dell’ambiente collinare, d i notevoli spessori dai quali
consegue un elevato grado di immagazzinamento idrico.
L’acqua di falda nella pianura di Grosseto presenta problemi di salinizzazione dovuti a intrusione
di acqua marina nella falda; questo è un fenomeno stagionale e progressivo nello stesso tempo.
L’intrusione procede nel periodo estivo e retrocede nel periodo invernale ma ogni tanto conquista
terreno. Oltre al richiamo di acqua marina, per effetto dei pompaggi si verifica, almeno in certe
aree, la risalita di acqua mineralizzata profonda che in parte si mescola con quella marina. Molto
probabilmente un altro fenomeno contribuisce alla salinizzazione dell’acqua nel sottosuolo: il
drenaggio di acqua connata (quindi salata) delle argille marine e lagunari.
Dal Piano di Tutela delle Acque della Regione Toscana risulta che allo stato attuale non è stato
approvato il Piano di Bacino - Stralcio bilancio idrico. Anche dai documenti attualmente
disponibili sulla pagina regionale on line dedicata al bacino dell’Ombrone non risultano disponibili
documenti di riferimento per la valutazione della disponibilità idrica degli acquiferi del bacino
dell’Ombrone.
Acquifero in roccia del Monte Amiata
Le vulcaniti del Monte Amiata coprono una superficie di circa 80 Kmq e ospitano il più importante
serbatoio idrico della Toscana meridionale; ad esso, infatti, attingono numerosi acquedotti che
servono buona parte delle province di Siena e Grosseto e dell’Alto Lazio.
Nello studio di P. Barazzuoli et. al. (2014) (4) gli autori, dopo aver sottolineato che, nonostante
l'importanza di questo acquifero, le conoscenze idrogeologiche dal punto di vista qualitativo e
quantitativo sono carenti, affrontano il problema della valutazione delle risorse idriche
4 P. Barazzuoli; F. Capaci; M. Gobbini; J. Migliorini; R. Rigati; B: Mocenni “ Valutazione delle risorse idriche dell'acquifero contenuto nelle vulcaniti del M. Amiata attraverso criteri strettamente idrologici”- Il Geologo Ordine dei Geologi della Toscana anno XXV n. 94 – aprile 2014
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
95
dell'acquifero del M. Amiata attraverso criteri strettamente idrogeologici arrivando a concludere
che esiste “una stretta e chiara interdipendenza tra i valori dell'alimentazione meteorica e quelli del deflusso
sotterraneo in uscita dall'acquifero amiatino”.
Dallo studio risulta un immagazzinamento totale pari a 1,9 106 m3 che si ripartisce in:
• immagazzinamento dinamico pari a 1 106 m3, (risorsa dinamica di 70 106 m3 e riserva
regolatrice di 950 106 m3);
• riserva permanente pari a 958 106 m3.
Lo studio evidenzia l'importanza di questo corpo idrico sotterraneo riportando l'analisi dei
fabbisogni documentati dall'AATO 6 che indica al 2026 un consumo totale di acqua di circa 40 106
m3/anno (al netto delle perdite di rete) che è ampiamente sostenuto dal deflusso idrico sotterraneo
dell'acquifero del Monte Amiata.
L'acquifero oggi non mostra particolari criticità dal punto di vista quantitativo, in quanto la
variazione delle portate delle sorgenti è in stratta correlazione con la naturale variabilità degli
apporti meteorici per infiltrazione.
Bacino Toscana Costa
Riprendendo quanto contenuto nel Piano di Tutela delle Acque della Regione Toscana si riporta
una sintesi delle caratteristiche idrogeologiche degli acquiferi in mezzo poroso presenti nel bacino
Toscana Costa.
Il bacino Costa Toscana è diviso in quattro sottobacini: Cecina, Cornia, Pecora e Fine. I due
sottobacini più importanti sono il Cecina ed il Cornia, che rispettivamente si estendono su una
superficie pari a 765 ha e 435 Km2.
I sedimenti alluvionali trasportati dai fiumi Cecina e Fine e da alcuni corsi d’acqua minori hanno
originato la stretta pianura costiera, che da Vada giunge fino alla località “La California”, posta a
sud di Cecina, la quale ha caratteristiche di terrazzo degradante con debole inclinazione verso il
mare; questa forma pianeggiante corrisponde ad una superficie di regressione del mare
Quaternario antico ed è incisa dagli alvei dei corsi d’acqua attuali, che si sono approfonditi in
seguito ad una recente ripresa dell’attività erosiva.
Il margine occidentale delle colline che delimitano la pianura costiera è segnato da un sistema di
faglie dirette, che hanno provocato l’abbassamento del territorio dal lato del mare; così mentre
nella zona fra Riparbella e Montescudaio i depositi argillosi marini del Quaternario antico
affiorano sui due lati della Val di Cecina fino alla quota di 200 m, al di sotto della pianura costiera
si approfondiscono di circa 100 m sotto il livello del mare, formando il substrato dei sistemi
alluvionali e costieri recenti ed attuali.
Per quanto riguarda la geometria e la caratteristiche degli acquiferi si possono distinguere due
settori separati:
• il settore a Nord del Fiume Cecina, nel quale lo spessore dei depositi permeabili è variabile fra
30 e 40 m e l’acquifero è prevalentemente di tipo freatico; la presenza di lenti di limo argillose
intercalate alle ghiaie e alle sabbie nella parte inferiore, determina l’esistenza di falde profonde
con locali caratteri di artesianità;
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
96
• il settore a Sud del Fiume Cecina, dove lo spessore dei sedimenti varia da 40 m, presso Cecina,
a circa 100 m presso la località “ La California”. In questo settore si rileva la presenza di falde
di tipo freatico, dalle quali attingono i pozzi della profondità massima di 40 m, e di una falda
profonda di tipo artesiano, separata dalle falde freatiche da livelli pressoché continui di lime ed
argille grigio-azzurre.
In particolare:
• nei bacini dei fiumi Fine e Cecina mancano strutture idrogeologiche atte a costituire grosse
riserve di acque sotterranee. Le rocce permeabili ed acquifere sono infatti limitate a piccoli
nuclei affioranti nella parte alta e mediana del corso del Cecina.
• I depositi alluvionali dei tratti intervallivi del F.Cecina e degli affluenti hanno generalmente
spessore limitato e scarsa permeabilità; la circolazione subalvea è limitata e talora assente nei
periodi estivi. Le escavazioni in alveo hanno inoltre ridotto notevolmente il volume degli
acquiferi alluvionali.
• Le falde della pianura sono utilizzate al limite della loro potenzialità e ciò causa un
peggioramento della qualità dell’acqua usata per scopi idropotabili e industriali a causa
dell’intrusione marina. Il serbatoio naturale di acqua dolce è localizzato quasi interamente in
depositi quaternari, la fonte di alimentazione dei quali è costituita dalle infiltrazioni
superficiali, dai flussi di subalveo del Fiume Cornia e di alcuni torrenti minori al loro ingresso
nella pianura. La natura dell’acquifero è tipica dei depositi alluvionali presentando una
variabilità litologica con l’alternarsi di sabbie, ghiaie e limi argillosi, in senso orizzontale e
verticale.
È possibile distinguere tre zone con depositi alluvionali a diversa granulometria e con diverse
caratteristiche idrogeologiche: la zona posta a Nord-Ovest dell’allineamento Venturina-
Montegemoli, la zona rappresentata dalla parte più alta della pianura, in loc. Forni (a Sud di
Suvereto) e la zona di pianura compresa tra la Strada Statale Aurelia, l’allineamento Venturina-
Montegemoli ed il Golfo di Follonica.
In generale, la falda è di tipo confinato ed è soggetta a sfruttamento da molto tempo; nel 1928 si
aveva notizia di 49 pozzi eseguiti per l’alimentazione dell’acquedotto di Piombino e dell’ottima
ricarica della falda.
Attualmente nella piana si contano più di 1.000 pozzi ed i consumi idrici sono enormemente
aumentati, in particolare per l’uso idropotabile (una certa quantità di acqua viene fornita anche
all’Isola d’Elba tramite condotta sottomarina).
Ciò ha comportato un abbassamento della piezometrica di circa 10 m in 26 anni, più marcato in
vicinanza del Comune di Piombino, di Magone e dell’Ilva, con la formazione di due grandi coni di
depressione.
Unitamente al depauperamento della falda, l’eccessivo emungimento ha determinato in quest’area
un marcato fenomeno di subsidenza del suolo.
Altra problematiche che interessa le falde della Val di Cornia è il fenomeno dell’intrusione salina.
L’area interessata dalla presenza di cloruri da apporti marini, con punte che arrivano a circa 10.000
mg/L, si estende dalla linea di costa, alla Torraccia, verso Campo dell’Olmo a S-E, e si collega più a
S (verso Piombino) con la fascia Vignarca-Salcio. Il cuneo salino interessa la maggior parte
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
97
dell’area affetta da depressione piezometrica oltre i 5 m sotto il l.m., i dati storici indicano che il
fenomeno si estende e si aggrava nel tempo, con fluttuazioni legate all’apporto pluviometrico
(ricarica) ed all’entità degli emungimenti.
Per quanto riguarda le caratteristiche idrogeologiche dell’Isola d’Elba, la permeabilità della
maggior parte dei corpi rocciosi affioranti risulta prevalentemente di tipo secondario, cioè per
fratturazione, mentre si ha permeabilità primaria soltanto in corrispondenza delle piccole pianure
costiere. In generale, pur presentando gli ammassi rocciosi un certo grado di fratturazione, non si
ha presenza di acquiferi di una certa importanza poiché o le fratture risultano di depositi
impermeabili oppure l’acclività dei versanti risulta talmente elevata da impedire di fatto
l’infiltrazione dell’acqua. Ne risulta che in generale la permeabilità non è molto elevata.
Gli acquiferi sono rappresentati da strati di ghiaia e di sabbia compresi in sedimenti alluvionali
prevalentemente limosi. Un livello di ghiaie si trova generalmente appoggiato sul substrato
roccioso, il cui tetto è al di sotto del livello marino in gran parte delle pianure. La trasmissività
degli acquiferi risulta piuttosto bassa sia per la granulometria dei sedimenti (fine) sia per il ridotto
spessore dei livelli porosi e permeabili.
Dal Piano di Tutela delle Acque della Regione Toscana risulta che allo stato attuale non è stato
approvato il Piano di Bacino - Stralcio bilancio idrico. Anche dai documenti attualmente
disponibili sulla pagina regionale on line dedicata al bacino Toscana Costa non risultano disponibili
documenti di riferimento per la valutazione della disponibilità idrica dei corpi idrici superficiali
del bacino.
Dal Piano di Tutela delle Acque, seppure non disponibili on line, risultano due studi
sull'argomento: il primo dal titolo “Studio conoscitivo del contesto idrogeologico della Val di
Cornia di supporto alla pianificazione in materia di risorsa idrica e tutela delle acque” con eseguito
da Getas Petrogeo s.r.l.. Il secondo studio dal titolo “Studio idrogeologico della fascia costiera
livornese e del bacino del Fiume Cecina” eseguito dal Prof. Geol. Giovanni Pranzini.
Bacino Toscana Nord
Il bacino Toscana Nord copre il territorio compreso tra il bacino del Fiume Magra a Nord (confine
torrente Parmignola), del Fiume Serchio a Est (crinale apuano) e Sud-Est (Fiume Camaiore), il Mar
Tirreno ad Ovest. La superficie complessiva del bacino è pari a 430 Km2.
La morfologia del bacino, con l’alta catena montuosa delle Apuane ad est (quota media da 1.700 a
2.000 m circa) a breve distanza dal mare (10-15 km), determina facilmente l’intercettazione delle
correnti umide di provenienza mediterranea ed atlantica determinandone l’alta piovosità media
annua (valori fino a 3.000 mm). L’alta piovosità e la presenza di formazioni geologiche permeabili
(calcari diffusi, con particolare presenza a sud nel bacino del Camaiore ed a nord nel bacino del
Ricortola ed in parte del Carrione), rendono la zona ricca di acqua.
Nell’area del bacino Toscana Nord sono infatti presenti diversi complessi idrogeologici,
prevalentemente carbonatici, caratterizzati da elevata permeabilità dovuta a fratturazione e
carsismo. In genere le caratteristiche qualitative degli acquiferi del comprensorio apuano risultano
elevate, dato che essi si trovano in zone montane, prive di attività inquinanti. Ciò nonostante
alcune importanti sorgenti, fonti di approvvigionamento idrico delle città di Massa e Carrara, sono
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
98
state (e in alcuni casi sono tuttora) oggetto di casi di inquinamento di natura antropica, dovuti
essenzialmente alle infiltrazioni in falda di residui derivanti dalle attività di cava: è il caso in
particolare delle sorgenti del bacino di Torano per le quali sono in corso gli studi propedeutici alla
proposta di delimitazione dell’area di salvaguardia da parte dell’Autorità Idrica Toscana alla
Regione.
L. Piccini et al. (1999) (5) individuano nel versante occidentale delle Alpi Apuane 18 sistemi
idrogeologici. Per ciascun sistema è stato eseguito il bilancio idrogeologico dal quale risulta che,
per la maggior parte dei sistemi esaminati, le risorse idriche rinnovabili sono in generale assai
maggiori di quelle captate e rappresentano un notevole potenziale di risorsa idrica ulteriormente
sfruttabile.
Uno dei principali complessi acquiferi è rappresentato dalla serie carbonatica metamorfica
compresa nell’Unità delle Alpi Apuane. Tale acquifero è delimitato in basso dal basamento
filladico impermeabile e in alto dai sovrastanti calcescisti e diaspri a permeabilità medio bassa.
L’altro importante complesso idrogeologico è rappresentato dalla serie carbonatica non
metamorfica della Falda Toscana delimitato in basso dalle Brecce Poligeniche e al tetto dalle
Marne.
Questi due acquiferi sono in comunicazione tra loro nelle zone in cui è presente il Calcare
Cavernoso che si interpone tra le due unità.
Il deflusso sotterraneo è suddiviso tra il bacino del Serchio ed il bacino Toscana Nord; nella zona
comunque non esiste una netta corrispondenza tra gli spartiacque idrogeologici e quelli
superficiali, sono infatti possibili scambi idrici profondi tra i diversi sistemi contigui soprattutto in
seguito ad eventi meteorici consistenti. Il flusso delle acque nel sottosuolo avviene principale da
NE verso SW e sul lato occidentale del bacino, in corrispondenza di soglie di permeabilità, si
trovano le principali sorgenti carsiche del versante marino della catena apuana.
L'interferenza tra l'assetto strutturale dei complessi carbonatici (metamorfici e non metamorfici) e
l'orografia superficiale, dà luogo ad una serie di sistemi idrogeologici distinti, ove per sistema
idrogeologico si intende l'insieme degli acquiferi e relative aree di ricarica le cui acque hanno come
recapito una o più sorgenti carsiche. Alcuni sistemi idrogeologici non hanno recapiti; ciò avviene
per quei complessi carbonatici che sono in continuità con i depositi altamente permeabili della
pianura costiera. L. Piccini et al. (1999) (6) individuano nel comprensorio apuo -versiliese 18 sistemi
idrogeologici. Per ciascun sistema è stato eseguito il bilancio idrogeologico dal quale risulta che,
per la maggior parte dei sistemi esaminati, le risorse idriche rinnovabili sono in generale assai
5 L. Piccini; G. Pranzini; L. Tedici; P.Forti “Le risorse idriche dei complessi carbonatici del comprensorio apuo-
versiliese” - Quaderni di Geologia Applicata – Pitagora Editrice (1-1999)
6 L. Piccini; G. Pranzini; L. Tedici; P.Forti “Le risorse idriche dei complessi carbonatici del comprensorio apuo-versiliese” - Quaderni di Geologia Applicata – Pitagora Editrice (1-1999)
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
99
maggiori di quelle captate e rappresentano un notevole potenziale di risorsa idrica ulteriormente
sfruttabile.
Lungo la fascia costiera è presente invece in maniera continua un acquifero multifalda all'interno
dei depositi alluvionali. La situazione è diversa tra il tratto apuano e quello versiliese in
conseguenza della diversa storia geologica. Infatti nel tratto versiliese si è avuta una subsidenza
maggiore rispetto al tratto apuano, con due episodi di ingressione marina registrato nei primo 100
m di sedimenti, rispetto ad un unico episodio presente nell'area apuana.
Nel tratto apuano abbiamo un potente corpo sedimentario costituito prevalentemente da ghiaie
che rappresenta un acquifero di buona permeabilità e, per il suo spessore, di elevata trasmissività.
Nella zona interna l'acquifero è libero ed è sede di vari pozzi per uso acquedottistico e industriale.
Diventa confinato verso il litorale per la progressiva presenza di orizzonti impermeabili che lo
sovrastano.
Nella fascia costiera sono invece presenti sabbie marine e eoliche che rappresentano un acquifero
libero di buona permeabilità sede di pozzi ad uso agricolo e domestico.
Nel tratto versiliese la situazione è simile a quella apuana ma più complessa per la presenza di più
livelli acquiferi sia in ghiaie che in sabbie marine. Gli acquiferi in ghiaie alimentano i pozzi degli
acquedotti di Pietrasanta, Forte dei Marmi e Seravezza, oltre a pozzi per uso industriale e irriguo
soprattutto nella parte meridionale della Versilia. L'acquifero nelle sabbie è sfruttato da pozzi poco
profondi ad uso irrigui e domestico.
Sul sito internet della Regione Toscana (www.regione.toscana.it/-/piano-di-bacino-bacino-
regionale-toscana-nord-#ri) sono disponibili alcune cartografie relative ai livelli piezometrici e alla
conducibilità elettrica dell’acquifero costiero, i cui dati più recenti sono del 2009 e si riportano in
Figura 4.65 e Figura 4.66.
Figura 4.65 - Livelli piezometrici dell’acquifero costiero nel bacino Toscana Nord – aprile 2009 - www.regione.toscana.it/-/piano-di-bacino-bacino-regionale-toscana-nord-#ri
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Figura 4.66 - Livelli piezometrici dell’acquifero costiero nel bacino Toscana Nord – aprile 2009 - www.regione.toscana.it/-/piano-di-bacino-bacino-regionale-toscana-nord-#ri
4.8 ACQUE MARINO COSTIERE
La rete di monitoraggio ARPAT per la verifica dello stato di qualità delle acque marino costiere –
costituito dall’insieme dello stato ecologico e di quello chimico - è stata pianificata in accordo
con la Regione Toscana e al momento comprende, per ciascun corpo idrico, uno o più siti
di campionamento per un totale di 19 stazioni.
I risultati del monitoraggio 2013 sono stati recepiti da ARPAT nella relazione, disponibile sul sito
dell’Agenzia: ”Monitoraggio acque marino costiere della Toscana – Proposta di classificazione Anno 2013
(D. Lgs. 152/06)”.
Dalla lettura della relazione di ARPAT emerge che i dati 2013 hanno confermato la tendenza degli anni
precedenti, lasciando ipotizzare l’esistenza di anomalie nei valori di fondo, soprattutto per quanto riguarda la
concentrazione dei metalli nei sedimenti, che comunque hanno presentato, per due anni consecutivi, una
sostanziale assenza di tossicità, sia acuta che cronica. Si è provveduto quindi alla definizione dello stato
chimico di qualità ambientale dei corpi idrici in base alla matrice acquosa, come previsto dal D.M. 260/10.
Si riporta nella Figura 4.67 il dettaglio dello stato ambientale delle acque marino costiere rilevato
nel 2013.
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
101
Figura 4.67 - Classificazione dello stato chimico ed ecologico delle acque marino costiere rilevato nel 2013 in base alla matrice acqua
Monitoraggio acque marino costiere della Toscana – Proposta di classificazione Anno 2013 (D. Lgs. 152/06) (ARPAT
2014)
Dalla Figura 4.67 emerge che il giudizio sulla qualità ecologica risulta buono per tutti i corpi idrici
indagati nel 2013 fatta eccezione per la Costa Pisana, classificato come sufficiente.
Lo stato chimico risulta invece non buono per tutte le stazioni monitorate. Il basso livello di qualità
ambientale è legato essenzialmente ad alte concentrazioni di mercurio e/o Tributilstagno (TBT)
nelle acque.
Pur non essendo stata considerata ai fini della classificazione dei corpi idrici, l’analisi dei sedimenti
ha rivelato diverse anomalie nella concentrazione dei metalli. In generale, è presumibile che una
parte di tali anomalie sia riconducibile a inquinamento di tipo antropico, ma per molte delle
stazioni indagate, se non per tutte, il fattore preponderante potrebbe essere costituito dalla
condizione determinata dalla particolare geochimica del substrato stesso.
Si sottolinea infine che i test di tossicità eseguiti sui sedimenti nell’anno 2013 indicano una tossicità
assente o trascurabile per tutte le stazioni.
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
102
4.9 AREE DI BALNEAZIONE
In merito alle acque di balneazione, si rileva che dalla classificazione ARPAT relativa all’anno 2013
risulta, con una leggera crescita rispetto al 2012, che oltre il 92% delle aree (245) e oltre il 97% dei
km di costa controllati si colloca in classe “eccellente”.
In generale, sia i peggioramenti di classe sia le aree in classe diversa da quella “eccellente”
sono particolarmente frequenti nella costa toscana settentrionale (litorale apuo-versiliese), mentre
altrove (a Sud di Livorno) la qualità migliora e si attesta complessivamente su livelli più elevati.
Gli unici due casi di qualità “scarsa” (per circa 700 metri complessivi) appartengono ai comuni di
Pietrasanta e Camaiore (“Foce fosso Fiumetto” e “Foce fosso dell’Abate” - LU): tale criticità è nota
da tempo e in data 29 agosto 2014 è stato infatti sottoscritto un importante Accordo di Programma
“per la tutela delle foci fluviali e delle acque marino costiere della riviera apuo-versiliese”.
Nelle figure che seguono si riporta un estratto dall’Annuario dei dati ambientali 2014 (ARPAT) dove
sono evidenziate solo le aree di balneazione con classe di qualità inferiore alla “eccellente” (tutte le
aree con classe “eccellente” sono rappresentate dalla linea blu lungo la costa).
Figura 4.68 - Classificazione delle acque di balneazione anno 2013 – Costa settentrionale - Annuario dei dati ambientali 2014 (ARPAT)
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
103
Figura 4.69 - Classificazione delle acque di balneazione anno 2013 – Costa centrale - Annuario dei dati ambientali 2014 (ARPAT)
Figura 4.70 - Classificazione delle acque di balneazione anno 2013 – Costa meridionale - Annuario dei dati ambientali 2014 (ARPAT)
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
104
Figura 4.71 - Classificazione delle acque di balneazione anno 2013 – Isole - Annuario dei dati ambientali 2014 (ARPAT)
4.10 USI DELLA RISORSA
4.10.1 Uso idropotabile
Sulla base dei dati storici forniti annualmente dai Gestori del SII, si riportano in Tabella 4.6 i
volumi complessivamente prelevati dall’ambiente per Conferenza Territoriale (CT) - espressi in
mc/anno. In Figura 4.72 si evidenziano gli andamenti nel tempo di tali prelievi.
Tabella 4.6 - Volumi annuali complessivamente prelevati dall’ambiente per Conferenza Territoriale - espressi in mc/anno (A02 D.M. 99/1997)
Anno CT1 CT2 CT3 CT4 CT5 CT6
2005 86.810.983 78.238.735 194.316.979 26.543.934 39.836.844
2006 84.959.246 77.599.047 178.013.020 26.015.733 39.282.147 60.504.140
2007 82.828.144 74.702.985 165.182.980 25.668.008 41.011.156 65.454.323
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
105
Anno CT1 CT2 CT3 CT4 CT5 CT6
2008 81.642.043 73.567.139 161.459.591 25.007.101 41.295.614 63.772.374
2009 80.904.533 75.608.363 169.099.357 24.033.270 40.799.810 63.240.816
2010 79.827.851 75.375.120 166.150.984 23.633.897 38.089.899 65.291.606
2011 79.870.740 76.981.161 167.418.992 23.300.000 38.766.772 65.421.814
2012 83.999.222 74.544.954 167.412.890 22.535.000 38.600.719 65.465.462
2013 87.288.297 72.886.428 166.216.342 21.222.144 37.918.197 65.902.280
Figura 4.72 – Andamento dei volumi annuali complessivamente prelevati dall’ambiente per Conferenza Territoriale - espressi in mc/anno (A02 D.M. 99/1997)
Come richiamato anche al capitolo 5, per quanto riguarda la CT1 si precisa che una significativa
parte della risorsa idrica captata nel Comune di Lucca (c.ca 14 milioni di mc estratti dai campi
pozzi di Filettole e Sant’Alessio) è destinata all’approvvigionamento delle Conferenze n. 2 e 5. Così
come anche il prelievo della CT2, per quanto riguarda la captazione dai pozzi di Vecchiano,
alimenta in parte il Comune di Livorno (CT5).
4.10.2 Altri usi della risorsa
Dal Piano di Tutela delle Acque della Regione Toscana risultano i consumi di acqua indicati nella
Tabella 4.7.
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
106
Tabella 4.7 - Consumi idrici espressi in metri cubi/anno
Bacini Uso potabile
m3/anno
Uso industriale
m3/anno
Uso irriguo
m3/anno
Fiume Serchio 44.694.346 49.207.988 6.887.209
Toscana Nord 16.870.075 7.434.313 2.125.659
Fiume Fiora 21.323.999 6.187 791.494
Fiume Tevere 8.183.030 218.440 747.024
Toscana Costa 17.386.139 61.038.041 15.160.226
Fiume Ombrone 21.266.311 59.973.434 21.618.797
Fiume Arno 124.924.207 31.665.861 43.340.371
Fiume Magra 3.116.257 2.643.431 1.438.869
Fiume Reno 1.247.324 1.991.014
Lamone 125.647 58.487
Elaborazione dati Regione Toscana, ARPAT (2004)
Sul sito del Servizio Idrologico Regionale (SIR) risultano disponibili i volumi annui consumati per
gli usi irrigui e industriali dal 1995 al 2009, per Comune, Provincia e Conferenza Territoriale
dell’AIT: i dati sui consumi agricoli sono forniti dal CIBIC (Centro Interdipartimentale di
Bioclimatologia); i dati sui consumi industriali e dei servizi sono forniti da IRPET (Istituto
Regionale Programmazione Economica della Toscana).
Prendendo a riferimento le Conferenze Territoriali, si riportano nelle figure seguenti i dati relativi
ai consumi industriali e irrigui (questi considerati al lordo di perdite di rete ipotizzate al 30%)
estrapolati dal sito del SIR.
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107
Figura 4.73 – Consumi idrici annui per tipologia (industriale/irriguo) – Conferenza Territoriale n. 1 Toscana Nord - elaborazione dei dati pubblicati sul sito del SIR (http://www.sir.toscana.it/index.php?IDS=11&IDSS=61)
Figura 4.74 - Consumi idrici annui per tipologia (industriale/irriguo) – Conferenza Territoriale n. 2 Basso Valdarno - elaborazione dei dati pubblicati sul sito del SIR (http://www.sir.toscana.it/index.php?IDS=11&IDSS=61)
Figura 4.75 - Consumi idrici annui per tipologia (industriale/irriguo) – Conferenza Territoriale n. 3 Medio Valdarno - elaborazione dei dati pubblicati sul sito del SIR (http://www.sir.toscana.it/index.php?IDS=11&IDSS=61)
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
108
Figura 4.76 - Consumi idrici annui per tipologia (industriale/irriguo) – Conferenza Territoriale n. 4 Alto Valdarno - elaborazione dei dati pubblicati sul sito del SIR (http://www.sir.toscana.it/index.php?IDS=11&IDSS=61)
Figura 4.77 - Consumi idrici annui per tipologia (industriale/irriguo) – Conferenza Territoriale n. 5 Toscana Costa - elaborazione dei dati pubblicati sul sito del SIR (http://www.sir.toscana.it/index.php?IDS=11&IDSS=61)
Figura 4.78 - Consumi idrici annui per tipologia (industriale/irriguo) – Conferenza Territoriale n. 6 Ombrone - elaborazione dei dati pubblicati sul sito del SIR (http://www.sir.toscana.it/index.php?IDS=11&IDSS=61)
Per i bacini del Fiume Magra, del Fiume Arno del Fiume Serchio si riportano le seguenti ulteriori
informazioni relative agli usi della risorsa idrica.
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
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Bacino del Fiume Magra
Lo “Studio per la definizione del bilancio idrico ed idrogeologico del bacino del Fiume Magra”(7)
analizza i consumi nel settore produttivo e dell'agricoltura e per quest'ultimo parte dai dati forniti
dall'agenzia regionale toscana ARSIA relativa sia a superfici irrigate ed irrigabili, che ai fabbisogni
idrici ad esse relativi e inerenti la parte toscana del bacino del Magra. La valutazione è stata fatta
considerando i vari tipi di colture (frumento, patata, ortive, foraggere, vite, fruttiferi, altre
coltivazioni) integrando i dati ARSIA con quelli indicati in letteratura.
Per i comuni del territorio toscano risulta la seguente domanda d'acqua ai fini irrigui:
Totale superficie irrigata: ha 771,20
Fabbisogno idrico:
ARSIA: 1.624.147 m3 /anno
Max da letteratura: 3.836.051 m3/anno
Totale superficie irrigabile: ha 1.831,56
Fabbisogno idrico:
ARSIA: 3.857.265 m3 /anno
Max da letteratura: 9.110.421 m3/anno
I dati relativi al fabbisogno per il settore produttivo sono estrapolati dal Piano d'Ambito originario
dell'A.A.T.O. n. 1 dal quale risultava un fabbisogno di circa 29.300.000 m3/anno pari a 929 l/s.
Bacino del Fiume Arno
Nel territorio del bacino dell'Arno è concentrata la maggior parte della struttura economico –
produttiva regionale; sono infatti operanti il 76% delle imprese industriali, il 72% delle imprese di
servizi e il 54% delle imprese agricole. I prelievi idrici di questi settori dai corpi idrici sotterranei
significativi del bacino sono ampiamente analizzati nel Piano di Bacino del fiume Arno – stralcio
Bilancio Idrico – adottato in via definitiva dal Comitato Istituzionale con delibera n. 221 del
18/07/2012 e del quale si riporta una sintesi dei dati.
Per i prelievi da pozzo sono state individuate le seguenti categorie:
A – pozzi ad uso idropotabile acquedottistico (dato di riferimento ATO e Gestori);
P – pozzi ad uso produttivo. In questa casistica sono compresi anche gli usi la cui entità è
paragonabile all’uso industriale (ad esempio pozzi ad uso condizionamento);
I – pozzi ad uso irriguo (irriguo in senso stretto, irrigazione aree a verde, attrezzature sportive
condominiale, ittico, zootecnico);
D - pozzi ad uso domestico, (igienico e irriguo), non determinato, consumo umano non
acquedottistico;
S - pozzi ad uso servizi vari (antincendio, igienico, antiparassitario, lavaggio strade).
7 P. Barazzuoli; R Rigati – “Studio per la definizione del bilancio idrico ed idrogeologico del bacino del Fiume Magra”: Autorità di Bacino Interregionale del F. Magra – Università degli Studi di Siena (2004)
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
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Risultano in totale 122143 pozzi così suddivisi fra i vari usi:
Pozzi ad uso Acquedottistico 1528
Pozzi ad uso Produttivo 4312
Pozzi ad uso Irriguo 15784
Pozzi ad uso Domestico 96752
Pozzi ad uso Servizi 3767
Non avendo a disposizione il dato derivato da misure dirette, il volume annuo emunto è stato
stimato in funzione dell’uso dichiarato e dell’acquifero di riferimento (solo per l’uso
acquedottistico sono disponibili dati più affidabili in quanto derivanti da misure dirette).
Il volume totale emunto, così stimato, è risultato di 311,77 Mmc/anno, ripartito per ogni uso come
di seguito indicato (Figura 4.79).
Acquedottistico: 131,69 Mmc/anno (42%)
Produttivo: 71,91 Mmc/anno (23%)
Irriguo: 72,31 Mmc/anno (23%)
Domestico: 30,51 Mmc/anno (10%)
Servizi: 5,35 Mmc/anno (2%)
Figura 4.79 - Ripartizione del prelievo in relazione all’uso nel bacino dell’Arno
Da Piano di Bacino del fiume Arno – stralcio Bilancio Idrico (Cap. 3 della Relazione di Piano - “Il bilancio delle acque
sotterranee e la valutazione della disponibilità idrica”), Autorità di Bacino Fiume Arno 2012
In particolare, ponendo l’attenzione sui soli acquiferi di pianura per i quali è stato calcolato il
bilancio idrogeologico di dettaglio, il volume annuo emunto risulta pari di 253,35 Mmc ripartito
come visibile in Tabella 4.8.
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
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Tabella 4.8 – Ripartizione dei prelievi per tipologie d'uso nel bacino dell’Arno
Acquifero Acquedottistico Domestico Irriguo Produttivo Servizi
Casentino 2,18 0,20 0,37 0,14 0,09
Valdichiana 3,27 3,92 13,67 1,03 0,97
Arezzo 1,00 1,33 1,40 0,35 0,13
Valdarno sup. 5,36 0,73 1,73 0,85 0,15
Mugello 3,31 0,03 0,09 0,07 0,00
Firenze 8,93 2,15 4,18 8,28 0,70
Prato 14,50 0,27 2,09 19,99 0,13
Pistoia 11,52 0,34 22,62 4,87 0,57
Pesa 4,56 0,09 0,18 0,16 0,04
Empoli 7,72 0,51 0,90 2,23 0,07
Valdinievole 2,01 0,22 2,37 1,71 0,31
Elsa 3,88 0,35 0,83 0,44 0,25
Santa Croce 2.20 2,15 0,76 10,71 0,25
Val d'Era 1,76 0,38 0,06 0,01 0,00
Lucca 10,28 2,47 1,10 15,31 0,59
Bientina 13,40 0,33 0,01 0,54 0,02
Pianura Pisa 11,26 3,79 1,84 1,86 0,48
Totali 107,14 19,26 54,20 68,55 4,50
Da Piano di Bacino del fiume Arno – stralcio Bilancio Idrico (Schede bilanci acquiferi), Autorità di Bacino
Fiume Arno 2012
Bacino del Fiume Serchio
Il Piano di gestione del Serchio è attualmente in fase di aggiornamento e all’interno “Progetto di
Piano di Gestione delle acque del Distretto idrografico del fiume Serchio - Primo aggiornamento”,
attualmente in fase di consultazione, è contenuto il bilancio idrico del bacino del fiume Serchio
(paragrafo 3.1 del cap. 8: “Analisi economica sull’utilizzo idrico”) basato sullo studio “Raccolta,
elaborazione e analisi dei dati necessari alla definizione del bilancio idrico del bacino del fiume
Serchio, alla valutazione del Deflusso Minimo Vitale (D.M.V.) in relazione alla quantificazione
del bilancio idrico e alla predisposizione del relativo Piano di Gestione di cui alla Direttiva
2000/60/CE”, redatto nel 2009 dall’Autorità di Bacino del fiume Serchio e successivamente
aggiornato con dati di prelievi e afflussi meteorici disponibili.
Si riportano in Figura 4.80 i dati riepilogativi dei principali usi della risorsa resi disponibili
dall’Autorità di Bacino del fiume Serchio all’interno di tale documento.
Si sottolinea infine l’utilizzo storico della risorsa all’interno del bacino del Serchio a scopo
idroelettrico, di importanza strategica sia per quanto concerne la produzione di energia elettrica,
con un volume utile totale dei 12 invasi Enel nell’area, che raggiunge i 32,8 milioni di m3 (dei quali
circa il 75% rappresentato dall’invaso di Vagli).
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Ambientale CAP 4
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Figura 4.80 - Principali usi della risorsa nel bacino del Serchio (Volumi espressi in Mmc) - “Progetto di Piano di Gestione delle acque del Distretto idrografico del fiume Serchio - Primo aggiornamento” (2015) – Documento in fase di consultazione
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