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  • 350 IL SENSO D E L PASSATO

    una prospettiva letterale e visiva, e quest'analogia ha due i m p l i -cazioni: che comprendiamo che possono essen/i prospettive al-ternative, e - cosa importante - che saranno prospeLtive alterna-tive sulla stessa realt. Nelle sue opere tarde Nietzsche spesso tutt 'al tro che preciso su quel che comporta questa seconda i m -plicazione, ma chiarissimo sulla p r i m a , e anzi ci spinge a com-binare prospettive diverse o a muoverci tra di esse, i l che dimo-stra che noi non soltanto sappiamo che ci sono vedute prospetti-che diverse, ma che sappiamo che cosa alcune di esse sono. Nel-la Gaia scienza d l'impressione d i essere sul punto d i affrontare i l problema. Nel paragrafo 299, per esempio, suggerisce che pos-siamo fare uso d i prospettive diverse. M a in 374, dove dice che " n o n possiamo sottrarci alla possibilit che esso [ i l m o n d o ] rac-chiude i n s interpretazioni in f in i te " , l'idea delle "alternative" sembra restare una possibilit del t u t t o astratta: "non possiamo girai-e con lo sguardo i l nostro angolo".

    I "Greci erano superficiali - per profondit", dice nella Prefa-zione (e l'ha r ipetuto in seguito nell'epilogo d i Nietzsche cantra Wagner). Ma ai loro tempi i greci potevano mostrare apertamen-te una gioia delle superfici e delle pai'venze che nondimeno era profonda. Per no i questo impossibile dopo tanta storia: qualsiasi atteggiamento del genere sar per noi cosa diversa e pi raffina-ta, e rappresenter una conquista. Alla fine del l ibro Nietzsche tor-na alla gaiezza della gaia scienza ed evoca l'ideale di "uno spirito che ingenuamente, cio suo malgrado e per esuberante pienezza e possanza, giucca con tutto quanto fino a oggi t\i detto sacro, buono, intangibile, divino. . ." . Ci parrebbe inumano a paragone delle forme convenzionali d i seriet, ossia d i austerit, e

    nonostante tutto ci, comincia forse per la prima volta la grande se-riet, posto per la prima volta i l vero punto interrogativo, con cui il destino dell'anima ha la sua svolta, la lancetta si muove...

    E aggiunge, concludendo questo paragrafo, "... la tragedia co-mincia" . Ma ecco S L i b i t o dopo VEpilogo, l 'ult imissimo paragrafo, i n cui gli spir i t i del suo l ibro gli dicono d i cessare quei toni m i -steriosi, quelle "voci sepolcrali e s ib i l i d i marmotta" . " N i c h t sol-che Tne!" esclamano riecheggiando l'Ode alla gioia d i Schiller, "Basta con questi suoni ! " E l u i dice che dar loro qualcos'altro: le poesie, probabilmente, con le qual i conclude i l l ibro . M a lo fa formulando un 'u l t ima domanda, ed una domanda che chiede ai let tori d i farsi, n o n a conclusione del l ibro, ma dal pr inc ip io alla fine di esso e d i t u t t i i suoi l i b r i : "Volete voi questo?".

    22. "Ci sono molti occhi diversi"

    "Ci sono m o l t i occhi diversi", dice Nietzsche nel Nachlass [VP {La volont di potenza) 540 (1885)]; "Anche la sfinge ha occhi: e pertanto ci sono molte 'verit' diverse, e pertanto n o n c' verit." Qui "non c' verit" pu voler dire che non c' una verit, e que-sto un senso della sua affermazione. Ma i n un'altra, e signifi-cativa, considerazione del Nachlass [VP 616 (1885/86)] la stessa fi'ase ricompare accompagnata da quel che pare u n inquietante suggerimento: che c' e insieme n o n c' qualcosa che viene falsi-ficato da tutte le concezioni che se ne hanno:

    Che il valore del mondo risieda nella nostra interpretazione (che for-se in qualche parte siano possibili interpretazioni diverse da quelle meramente umane) che tutte le passate interpretazioni siano valu-tazioni prospettiche grazie a cui ci teniamo in vita, cio nella volont di potenza e di accrescimento della potenza, che ogni innalzamento dell'uomo porti seco il superamento di intCTpretazioni pi anguste, che ogni conseguito rafforzamento e ampliamento della potenza di-schiuda nuove prospettive e imponga di credere a nuovi orizzonti - un'idea che pervade i miei scritti. I l mondo che in qualche manie-ra ci concerne falso ossia non un dato di fatto, ma un'escogita-zione e approssimazione che muove da una magra quantit di os-sen'azioni; "fluida", come cosa in divenire, come una falsit che sempre si sposta e mai s'avvicina alla verit: giacch non c' verit.

    " I l mondo che i n qualche maniera ci concerne": c' un pro-blema d i significato, un problema che pu presentarsi come u n problema d i traduzione. Cfr. A B M {Al di l del bene e del male), 34: "Per quale ragione mai i l mondo, che i n qualche maniera ci concerne, n o n potrebbe essere una finzione?" ("die Welt, die uns etwas angeht"), che vicino a " i n quanto ci abbiamo a che fare" oppure a " affar nostro".

    C', ancora una volta, qualcosa d i goffo nel mettere insieme l ' i -dea che tutte quelle interpretazioni siano false, che i l mondo da esse variamente composto sia una favola o un'approssimazione, e l'idea che per esse non ci sia nul la da falsificare o cu i appressi-

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    marsi. Ma dovremmo leggere queste parole alla luce d i ci che le precede. Innanzitutto chiaro che dovremmo tener ferma la pr i -m a implicazione dell'idea di prospettiva che ho menzionato p r i -ma, ossia che possiamo ammettere che vi sono molte prospettive e possiamo sapere quali sono alcune d i esse. L'idea nietzscheana d i un'intei-pretazione o prospettiva n o n trascendentale i n senso kantiano - i n u n senso, cio, in cui essa fornirebbe la forma d i quel-la che possiamo considerare l'esperienza. Se la nostra prospettiva fosse tale, non potremmo avere l'idea che ne esista pivi d'una, e al-lora, come ne ha giustamente inferito Donald Davidson, n o n po-tremmo avere l'idea che ne esista anche una sola. Nietzsche si sta occupando d i una molteplicit ammissibile di prospettive, i l che implica una molteplicit d i prospettive ammissibili .

    Qui una prospettiva o interpretazione una visione del mon-do i n grande, ovvero u n sistema d i va lor i , qualcosa che rende pos-sibile la sopravvivenza a noi o agli a l t r i . Ne conosciamo alcune, e le possiamo confrontare, non con u n mondo vero d i va lor i af-ferrabiU indipendentemente dalle diverse prospettive personali, m a almeno l'una con l 'altra e con la nostra. Vedute di questo ge-nere possono essercene un numero indefinito. I n m o l t i casi sia-m o i n grado d i affeiTarle solo come possibilit astratte, senza ar-rivare al loro contenuto. Potrebbero essere, suggerisce Nietzsche nel passo appena citato, vedute d i creature neppure Limane. I n tal caso noi n o n avremmo che una comprensione l imitat iss ima e oltremodo astratta dell'idea che quella loro visione, come dob-biamo chiamarla se vogliamo tener ferma quest'idea, ceixa d i operare come la nostra. Ma ci dovrebbe implicare almeno que-sto, che quelle creature hanno una vi ta sociale cosciente e in cer-ta misura riflessiva, che chiede loro d i comprendere la propria condizione. Abbiamo un'idea vaghissima di come possa essere una vita del genere, a meno che n o n la pensiamo i n tenTiini uma-n i (come hanno pi volte evidenziato le esili fantasie della fanta-scienza). Molto pi rilevante, tuttavia, per Nietzsche e per noi , che esistano prospettive e interpretazioni umane che possiamo solo scarsamente afferrare. Indubbiamente alcune d i esse sono relegate nel passato, e la nostra incapacit di affeiTarle que-stione di ignoranza e d i insufficienza intellettiva. Ma fatto con-tingente: Nietzsche pensa che vi siano concezioni passate che r i u -sciamo a cogliere, come quelle dei greci antichi. Quel che vera-mente gH interessa sono quelle concezioni che ci sono inaccessi-b i l i perch stanno avanti a noi , nel frituro.

    Come Nietzsche ripete spesso, m o l t a della sua filosofia, com-prese le sue crit iche al passato e al presente, avvengono nell ' in-teresse del foturo.

    [Si not i bene i l sottotitolo d i A B M : Vorspiel einer Philosophie

    22. "ci S O N O M O L n O C C H I D n ' E R S i " 353

    der Zukunft. Signif ica questo: una filosofia che ha come ogget-to i l f-uturo, o che si occupa del f u t u r o come la legge Alexander Nehamas)? O significa invece: una filosofia che verr i n futu-ro? I l doppio r i c h i a m o wagneriano suggerisce sicuramente la seconda alternativa.]

    E chi ne sar i l creatore? Nietzsche non aveva u n gran con-cetto della polit ica. Aveva delle o p i n i o n i politiche, d ' impronta ari-stocratica; aveva una notoria avversione per i l socialismo, i l libe-ralismo, l'uguaglianza, la democrazia e s imil i . M a come ha ben mostrato M a r k Waixen, non aveva la m i n i m a idea della natura d i uno stato moderno. ' Le sue idee polit iche generali, cos com'era-no, erano i n larga parte ricavate dal mondo antico e, pi che rea-zionarie, erano arcaiche. I n effetti aveva scarso senso, n o n tanto dello stato moderno, quanto della societ moderna: si potrebbe anzi dire, della societ i n generale. I n ci era sostenuto da una tendenza, che probabilmente gli veniva dall'idealismo tedesco, a muoversi liberamente tra categorie storiche e sociali, da u n lato, e categorie psicologiche dall'altro: G M {Genealogia della morale) ne una prova sconcertante. Come che sia, i modell i d i cui si ser-viva per superare e trasformare i nostri valori, che i l suo impe-gno pi tenace, tendono a essere personali, individual ist ic i , d i quando i n quando eroici. L'impresa da lu i spesso considerata semplicemente espressione di uno sforzo personale, come quello d'un artista; a volte prende i l colore di una trasformazione stori-ca, come se l ' impresa individuale della transvalutazione sia da s destinata a cambiare la societ. Quanto al "creare nuovi nomi", egli ci offre perlopi l 'immagine d i una persona solitaria che po-ne in essere nuovi valori: un'immagine che, messa i n rapporto con una trasformazione della societ, deve avere un certo pathos.

    La questione n o n se gli ideali nietzscheani d i una societ trasformata, nella misura i n cui egli ne aveva, siano qualcosa che possiamo senz'altro accettare. I l punto che questo m o d o indi-vidualistico o artistico di concepire la creazione attraverso la di-struzione, soprattutto quando applicato alla trasformazione so-ciale, non vale per molte altre cose che Nietzsche credeva. Esso implica nel creatore una trascendenza eroica delle condiz ioni so-cial i e storiche, i l che smentisce uno dei suoi pensieri: n o i non creiamo dal nul la i nostri pensieri; questi provengono i n parte dall'ambiente circostante, e generalmente riusciamo assai poco a coglierne la fonte. I l che impl ica ancora, per quanto confosa-mente, che la societ pu essere trasformata, n o n tanto da una creazione eroica, ma nei termini stessi ideati dal creatore, i l che

    ' Mark Warren, Nietzsche and Politicai Thought, MIT Press, Cambridge (Mass.), J988.

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    smentisce u n a l t ro dei suoi pensieri: c i che le idee operano ef-fettivamente n o n sotto i l control lo dei loro creatori, e d i rado corrisponde alle intenzioni di questi. Le idee dei creatori potranno contribuire a plasmare gli scopi d i al tr i uomini , ma sono anche p i profondamente alla m e r c dei bisogni d i questi a l t r i uomini , e sono d i un'oscura contingenza storica.

    Pensieri s imi l i sottendono l'uso nietzscheano dell'idea che pro-spettive e interpretazioni nuove comportino un incremento d i po-tenza. Non che (e questo d i vitale importanza) un incremento di potenza possa valere come criterio per scegliere quale interpreta-zione o prospettiva adottare. N o n esaminiamo una serie d i pro-spettive o d'insiemi d i valori per po i sceglierne una i n base alla mi-sura in cui acc resce r la nostra potenza. C' nel Nachlass una fra-se memorabile: "Das ICriterium der Wahrheit liegt i n der Steige-rung des Machtgefiihls [ I l criterio della verit risiede nell'incre-mento del senso d i potenza]" [VP 534 (1887/1888)]. Qui vi sono due errori: che questo possa essere i l modo di esprimere i rappor-ti esistenti tra veri t e potenza, e anche (forse p i significativa-mente) che u n incremento della potenza, in un senso conforme agli intenti d i Nietzsche, possa essere i l criterio di a l cunch .

    C' p i d i una ragione per cu i questo necessariamente sba-gliato. Una che, come ho appena detto, non possiamo immagi-nare o comprendere adeguatamente una prospettiva o interpre-tazione nuova, i n questo senso mol to lato, pr ima che essa sia so-pravvenuta. Un'altra che non possiamo prevederne la potenza: anzi, non possiamo comprendere previamente che genere d i po-tenza creer , qual i nuove forme di vita r ender possibili , o come quelle nuove forme di vita esprimeranno la vitali t umana: esat-tamente come gli antichi non avrebbero saputo prevedere i con-tomi precisi del mondo, la cui creazione G M pretende d i descri-vere: d'un mondo cio imperniato sul cristianesimo; n avrebbe-ro saputo comprendere come questa stranissima cosa potesse mai arrivare a rappresentare un modo nuovo di dar senso alla vita. Gi Hegel aveva visto che ogni evento del genere p u comprendersi soltanto a cose fatte, ma Hegel credeva che possiamo guardarci indietro p e r c h ci troviamo p i i n alto sul monte storico d i una l i -ber t e ragione progredienti. Nietzsche non crede per l'appunto a questo, ma per l u i , a maggior ragione, non c' modo in cui, sotto questo rispetto sostanziale, la comprensione della vita possa pas-sare innanzi alla vita stessa. C' u n verso meraviglioso del Faust d i Goethe, che Wittgenstein cita p i d'una volta: " I m Anfang war die Tat [ I n pr inc ip io era l'azione]". Nietzsche, per quanto ne so, non lo cita ma i , ma potrebbe bene averlo fatto.

    Ho detto che Nietzsche fondamentalmente vinse la tentazio-ne d i guardare dietro le nostre rappresentazioni del mondo e d i

    il

    22. "CI SONO MOLTI OCCHI DIVERSI" 355

    dire che sono tutte false in rapporto al mondo indefinito all'altro capo del paragone. I n questo senso, io credo, vinse la metafisica. Ma, al tempo stesso, penso che siamo in grado di capire perch continuasse a sentire l ' impulso d i dire, come fa in diverse consi-derazioni che ho citato, sia che le nostre interpretazioni sono tut-te false, sia che non c' nulla rispetto a cui esse siano false. Qui Nietzsche sta pensando, come ho detto, a inteipretazioni del mon-do in grande e ai sistemi di valor i che le accompagnano. Tali in-terpretazioni includono narrazioni storiche che ci aiutano a ren-derci ragione di quei valori - esposizioni di come gli esseri uma-ni sono arr ivat i al punto i n cui si trovano: per esempio un'espo-sizione de i r i l luminismo, del progresso morale, della nascita del-la moderna idea di l ibert. Queste narrazioni portano con s, o hanno finora portato con s, un'esigenza di chiusura, incarnata da queste due idee: che c' un insierne vero di valori cui ci stia-mo felicemente avvicinando, e che c' una narrazione esatta del modo in cui siamo arrivati al punto in cui ci troviamo.

    Ci genera una tensione o conflitto. Da una parte, pare che dob-biamo avere idee del genere se quei valori, quella prospettiva han-no da essere i nostri. Dall'altra, la conoscenza della nostra storia e delle atfivit umane desunte da tale storia ci dicono su un piano riflessivo che quelle aspirazioni alla chiusura non sono vere. Nietz-sche tutt 'altro che irriflessivo: rappresenta la riflessione portata al punto i n cui riconosce che la riflessione stessa e l'autocoscien-za della m o d e r n i t possono indebolire o distruggere la capacit di vivere fiduciosamente. Per questo rispetto egli, come anche lui sa-peva, si trovava i n conflitto con la propria stessa filosofa.

    riuscito, o, dovremmo forse dire, sta riuscendo a vedere co-me sarebbe un mondo di valor i nuovi, Im Anfang war die Tat - e quando disse [CI (Crepuscolo degli idoli)] di aver filosofato col martello, intendeva, come disse, che stava venficando le ruote, non costruendo un nuovo veicolo. I l punto non semplicemen-te se siamo i n grado di prevedere un mondo al di l del nostro; ma anche p e r c h dovremmo vedere in esso un miglioramento, un'alternativa superiore alla vita che conduciamo. La potenza da esso incarnata non accettabile pr ima che sia posseduta da qual-cuno.

    Nietzsche i n realt fu p i acuto nel presentare le qualit di coloro che potrebbero dare una nuova interpretazione e creare nuovi nomi , d i quanto non lo fu nell'impresa impossibile di pre-sentare i l contenuto di una futura interpretazione. Essenziale a quelle qua l i t era certo la ver id ic i t : una veridicit rispettosa del-le verit che, come si visto, egli era pronto a chiamare "fatti" - verit che restano vere anche se non c' "una verit" intomo a ci che potrebbe dare un senso alla vita umana, verit che certo

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    provano che non c' quell'una ver i t . Pe r ch questa q u a h t tan-to importante per ki i?

    Una ragione sta nell'altra implicazione, che ho menzionato prima, della metafora prospettica: che cio tali prospettive sono interpretazioni o vedute di una r ea l t . N o n possono essere vedu-te diverse di quelF'una verit" sulla vita umana, d i quella rea l t che non esiste. M a sono comunque - e qui tralascio le eventua-li t extraterrestri - tutte vedute della vita umana, e questa viene identificata mediante tutto un insieme d i verit, comprese (ed molto significativo) le verit della storia. Inoltre sono solamente quelle veri t "semplici, aspre, brutte, r ipugnanti , non cristiane, amorali" che possono farci capire dove c i troviamo adesso e qual i l nostro problema.

    Ma non vuol questo dire che esiste una narrazione che Nietz-sche deve giudicare esatta, o esatta per quanto possibile: la nar-razione del modo in cui sono morte le vecchie i l lus ioni , la nar-razione, come direbbe lu i , della morte d i Dio? Ci che noi chia-meremmo; la narrazione negativa de i r i l luminismo. Credo che la risposta a questa domanda debba essere s. Ma abbiamo bisogno d i tener ferma quella narrazione? Alcun i d i noi sarebbero pi i j d i -sposti d i Nietzsche a dire che, se non guardiamo fiduciosamen-te al mondo, qualsiasi speranza d'una polit ica migl iore s a r vo-tata al fallimento. Non una risposta intei-amente strumentale, p e r c h dobbiamo credere nella ver id ic i t i n s e per s , se vo-gliamo tener ferme quelle verit: qu i , come spesso accade, i va-l o r i intrinseci hanno la loro uti l i t. M a questo comporta che non abbiamo bisogno d i comprendere i l mondo su un piano tecnico, se voghamo cambiarlo in una maniera che si possa considerare un miglioramento. Inoltre una condizione della nostra com-prensione del futuro in quanto nostro frrturo: non saremo noi , si capisce, dobbiamo pensarlo come la vita di persone legate a noi dal filo di quella stessa narrazione. Potremmo pensare pure che l'aver compreso che la vecchia immagine metafisica del mondo era una finzione, perlomeno, stato un risultato di tut ta quella sofferenza, e sarebbe tilste se lo si gettasse via.

    Ma Nietzsche c i r a m m e n t e r sicuramente che se necessa-r io gettarle via, cos sar . Forse g l i u o m i n i arriveranno a dimen-ticarsi d i tutto questo e a vivere con una qualche nuova conce-zione deV'una ver i t" , con qualche nuova illusione. O forse non avranno un'idea simile e non sapranno di non averla, n si ram-menteranno che u n tempo gli u o m i n i la ebbero e poi la persero: non awanno nessun bisogno di credere in un qualche senso del-la vita. L'ult imo uomo conqu i s t e r i l mondo. Ecco che cosa ac-cad r . Per m o l t i d i noi , come per Nietzsche, questa sarebbe un'ul-t ima defezione. M a qui ci troviamo, con lu i , su un terreno mo-rale. Come Wittgenstein e i l libero arbi t r io .

    23. Sofferenza insopportabile

    Nietzsche ha scritto:

    Was eigentlich gegen das Leiden empri, ist nicht das Leiden an sich, sondern das Sinnlose des Leidens. [Ci che propriamente fa indi-gnare contro la sofferenza non la sofferenza in s, bens l'assurdit del soffrire.]

    E ancora:

    [Der Mensch] Un am Probleme seines Sinns. Er li t t auch sonst, er war in der Hauptsache ein krankhaftes Thier: aber nicht das Leiden selbst war sein Problem, sondern dass die Antwort fehlte fiir den Schrei der Fraga "wozu leiden?" Der Mensch, das tapferste und leid-gevvohnteste Thier vemeint an sich nicht das Leiden; er will es, er sucht es selbst auf, vorausgesetzt, dass man ihm einen Sinn dafur aufzeigt, einDnzM des Leidens. Die Sinnlosigkeit des Leidens, nicht das Leiden, war der Fiuch, der bisher uber der Menschheit ausge-breitetiag.' [(L'uomo) so^riva del problema del suo significato. Sof-friva anche d'altro, era principalmente un animale malaticcio: ma non la sofferenza in se stessa era il suo problema, bens i l fatto che il grido della domanda "a che scopo soffrire?" restasse senza rispo-sta. L'uomo, l'animale pi coraggioso e pi abituato al dolore, in s non nega la sofferenza; la vuole, la ricerca persino, posto che gli si indichi un senso di essa, un perch del soffrire. L'assurdit della sof-ferenza, non la sofferenza, stata la maledizione che fino a oggi dilagata su tutta l'umanit.]

    Questo naturalmente non solo i l pensiero d i Nietzsche: i n forme diverse stata un'idea ricorrente della filosofia occidenta-le. Non c e r c h e r di delineame la storia, o d i collocare l'idea nel contesto del pensiero di Nietzsche, ma intendo, come per molte altre questioni, prendere le mosse da Nietzsche. Trovo i l punto saliente di questi problemi nella sua interpretazione di ci che

    ' Ziir Genealogie der Maral, I I , 7; L [ [ , 28 ( t r it. di Fermccio Mas in i , Genealogia della morale, Ade lph i , Mi lano 1968).

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