ASTRATTISMO Il significato di astratto e di astrazione
Nelle arti figurative il concetto di astratto assume il significato di «non reale». L’arte astratta è
quella che crea immagini che non appartengono alla nostra esperienza visiva. Essa, cioè, cerca di
esprimere i propri contenuti nella libera composizione di linee, forme,
colori, senza imitare la realtà concreta in cui noi viviamo.
L’astratto, in tal senso, nasce agli inizi del Novecento. Ma esso era già
presente in molta produzione estetica precedente, anche molto antica.
Sono astratte sia le figurazioni che compaiono sui vasi greci più antichi,
sia le miniature altomedievali, solo per fare alcuni esempi.
In questi casi, però, la figurazione astratta aveva un solo fine estetico
ben preciso: quello della decorazione.
L’arte astratta del XX secolo ha, invece, un fine completamente diverso: quello della comunicazione. Vuole esprimere contenuti e
significati, senza prendere in prestito nulla dalle immagini già esistenti
intorno a noi.
Il concetto di astrazione invece è molto generale, ed esprime
un procedimento mediante il quale le immagini, i segni, intesi
come simboli rimandano a cose o idee, come nell’arte egizia o
bizantina.
Appartenenti al campo dell’astrazione entrano anche le
stilizzazioni che, ad esempio, proponeva l’arte liberty. E,
ovviamente, tutta l’esperienza estetica delle avanguardie storiche
è un modo tendenzialmente astratto di rappresentare la realtà.
La scomposizione di una bottiglia, ad esempio, che effettua
Picasso, gli consente di giungere ad una rappresentazione
"astratta" di quella bottiglia. Ma nel suo quadro la bottiglia, intesa
come realtà esistente, rimane presente.
L’astrattismo nasce, invece, quando nei quadri non vi è più alcun riferimento alla realtà. Nasce
quando i pittori procedono in maniera totalmente autonoma rispetto alle forme reali, per cercare e
trovare forme ed immagini del tutto inedite e diverse da quelle già esistenti. In questo caso,
l’astrattismo ha un procedimento che non è più definibile di astrazione, ma diviene totale
invenzione.
L’astrattismo nasce intorno al 1910, grazie al pittore russo Wassilj
Kandinskij.
Wassilj Kandinskij
Wassilj Kandinskij (1866-1944) è nato il 4 dicembre 1866. Proviene
da un’agiata famiglia borghese di Mosca e viene avviato agli studi di
legge. Dopo aver conseguito la laurea in Giurisprudenza, gli viene
offerta una cattedra all’università che egli però rifiuta per dedicarsi
alla pittura. In questa fase della sua gioventù egli si dedica allo studio
del pianoforte e del violoncello. Il contatto con la musica si rivelerà in
seguito fondamentale per la sua evoluzione artistica come pittore.
Nel 1896 si trasferisce a Monaco, in Germania, per intraprendere studi più approfonditi nel campo
della pittura. In questa città viene in contatto con l’ambiente artistico che in quegli anni aveva fatto
nascere la Secessione di Monaco (1892). Sono i primi fermenti di un
rinnovamento artistico che avrebbe in seguito prodotto il fenomeno
dell’espressionismo. Kandinskij partecipa attivamente a questo clima
avanguardistico e, proprio partendo dall’espressionismo, nel 1911
fonda, insieme all’amico pittore Franz Marc, «Der Blaue Raiter»
(Il Cavaliere Azzurro).
Inizia così il periodo più intenso e produttivo della sua vita artistica.
Nel 1910 pubblica il testo fondamentale della sua concezione artistica:
«Lo spirituale nell’arte». È un testo fondamentale per comprendere la sua opera. Al quarto
capitolo Kandinskij scrive che in un confronto tra le varie arti: «il più
ricco insegnamento viene dalla musica. Salvo poche eccezioni, la musica è già da alcuni secoli
l’arte che non usa i suoi mezzi per imitare i fenomeni naturali, ma per esprimere la vita psichica
dell’artista e creare la vita dei suoni».
Le riflessioni sui rapporti tra pittura e musica convincono
Kandinskij che la pittura deve essere sempre più simile alla
musica e che i colori devono sempre più assimilarsi ai
suoni. La musica, infatti, è pura espressione di esigenze
interiori e non imita la natura: è astratta. Anche la pittura,
secondo Kandinskij, deve essere astratta, abbandonando
l’imitazione di un modello. Solamente una pittura astratta,
cioè non figurativa, dove le forme non hanno attinenza con
alcunché di riconoscibile, liberata dalla dipendenza con
l’oggetto fisico, può dare vita alla spiritualità. Impressione III (Concerto) 1911 olio su tela, 77x100 cm,
Monaco Städtische Galerie im Lenbachhause
L’artista affronta la pittura astratta attraverso tre gruppi di opere, che anche nelle loro
denominazioni indicano il legame dell’arte di Kandinskij con la musica:
1. "Impressioni" nelle quali resta ancora visibile l’impressione diretta della natura esteriore;
2. “Improvvisazioni” le opere nate improvvisamente dall’intimo e inconsciamente;
3. “Composizioni” opere alla cui costruzione partecipa il cosciente, definite attraverso una
serie di studi.
Le attività del Cavaliere Azzurro proseguono con
l’organizzazione di mostre e la pubblicazione di un
almanacco. Si viene così più chiaramente a definire un
secondo filone espressionistico, definito "lirico", per
distinguerlo da quello più intensamente drammatico che
faceva capo al primo gruppo sorto a Dresda nel 1905: il
“Die Brücke”.
Nel 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale,
Kandinskij rientra in Russia. Qui, dopo la rivoluzione
del 1917, viene chiamato a ricoprire importanti cariche
pubbliche nel campo dell’arte.
Improvvisazione 26, 1912 olio su tela, 97x107.5 cm,
Monaco Städtische Galerie im Lenbachhause
Tuttavia, avvertita l’imminente svolta
normalizzatrice, che avrebbe, di fatto, tolto
spazio alla ricerca delle avanguardie, nel
1921 ritorna in Germania e non farà più
ritorno in Russia.
Composizione VI, 1913 olio su tela, 200x300 cm, Galleria
Tretjakov, Mosca
Nel 1922 viene chiamato da Walter Gropius ad insegnare al Bauhaus di Weimar. Questa
scuola di arti applicate, fondata nel 1919 dall’architetto tedesco, svolge un ruolo fondamentale nel
rinnovamento artistico europeo degli anni ’20 e ’30. Qui Kandinskij ha modo di svolgere la sua
attività didattica con grande libertà e serenità, stimolato da un ambiente molto ricco di presenze
qualificate. In questa scuola operarono in
quegli anni i maggiori architetti, designer
ed artisti provenienti da tutta Europa.
In questa fase il suo astrattismo conosce
una svolta molto decisa. Nella prima fase i
suoi quadri si componevano di figure molto
informi mischiate senza alcun ordine
geometrico. Anche i colori erano molto
vari, mischiati tra loro, ottenendo infinite
varietà cromatiche intermedie. Nella nuova
fase, coincidente con il suo insegnamento
al Bauhaus, i quadri di Kandinskij
assumono un ordine molto più preciso. Si
compongono di forme dalle geometrie più
riconoscibili e dalle tinte più separate tra
loro. Ciò segna un passaggio ben preciso
nel suo approccio all’arte astratta.
Nella prima fase il suo astrattismo risponde solo alle sue esigenze interiori di esprimere
emozioni e sentimenti e per questo viene definito “lirico”.
Nella seconda fase prevale la necessità della didattica, e quindi la razionalizzazione di un metodo
che possa essere di insegnamento agli allievi.
Il periodo trascorso al Bauhaus finisce nel 1933 quando la scuola viene chiuso dal regime nazista.
L’anno successivo Kandinskij si trasferisce in Francia. A Parigi vive gli ultimi dieci anni della sua
vita dove muore il 13 dicembre 1944.
Quadro con arciere
Quest'opera segna un momento cruciale di quella crisi della rappresentazione che porterà
Kandinsky ad abbandonare ogni elemento figurativo a favore di una pittura di forme pure.
Il titolo è uno dei pochi elementi descrittivi dell'opera, senza il quale si faticherebbe a
comprenderne il contenuto.
Anche per l'arciere, raffigurato in basso a destra, pur stagliandosi con prepotenza in mezzo alla
"foresta" cromatica in cui il cavallo compie un balzo prodigioso, sembra confondersi con le
macchie di colore che lo circondano.
Le figure emergenti dall'oscurità del lato
sinistro sono appena accennate e riconoscibili
solo grazie al contorno nero che impedisce loro
di annegare nel "ribollire" dei colori.
Le architetture al centro della composizione,
ricordo degli edifici moscoviti, costituisce
l'ultimo accenno "realistico" sullo sfondo di un
cielo variopinto, dai forti accenni espressionisti.
L'artista vorrebbe già liberare la "vita
autonoma" dei colori, ma continua ad aver
bisogno di "un ponte oggettuale";
''L'oggetto non voleva scomparire
completamente dai miei quadri, poiché forma
in sé e per sé un preciso suono spirituale, che
può servire e serve come materiale in tutti i
settori dell'arte. Detto in altri termini, non ero
ancora maturo per sperimentare la forma
puramente astratta senza un ponte oggettuale".
Quadro con arciere, 1909, Olio su tela 177x147cmMoMa - New York
Kandinsky trova in questo caso il "ponte oggettuale" nell'arciere che si volge indietro per scagliare
una saetta, mentre il suo cavallo salta con impeto verso il centro della composizione.
In questo caso intende porre l'accento sul cavaliere come simbolo di lotta contro la tradizione:
avanguardia militare e artistica si fondono nella figura dell'arciere che si volge indietro per
combattere il passato, la tradizione, mentre il cavallo trascina l'artista verso le nuove frontiere della
modernità.
”Primo acquerello astratto”
Per Kandinskij la pittura astratta, deve poter essere paragonata alla musica, altra grande Arte, che
ha bisogno soltanto di note per poter evocare forti emozioni e sentimenti puri e veri. Quindi anche
la pittura astratta, deve poter evocare queste emozioni e questi sentimenti in ognuno di noi
osservatori, senza dover per forza di
cose, raffigurare temi ed oggetti che
esistono nella vita reale.
Kandinskij in questo dipinto, dispone
segni e macchie colorate con assoluta
libertà. Usando dei mezzi soliti e
tradizionali l’artista, scopre un nuovo
linguaggio.
Infatti, gli elementi come le linee le
macchie di colore, trovano una libera
disposizione nello spazio. Iniziano a
convivere tra di loro le linee curve
con quelle rette, quelle spigolose, ed i
toni luminosi trovano il posto insieme
ai toni delicati vicino a delle masse
che hanno un peso piuttosto pesante
nell'opera.
Primo acquerello astratto, 1910, matita, acquerello e china su carta, 49,6x64,8 cm, Parigi
Museo Nazionale d’Arte Moderna, Centre Georges Pompidou
Tutti gli elementi sono in sospensione, sembrano volare in uno spazio indefinito. Nella mente
dell’artista, nasce un senso di armonia, che sfocia in un ordine assoluto dei vari elementi Il loro
inserimento nel dipinto, non risponde più alle regole tradizionali di prospettiva e di spazialità.
Valori espressivi Nel suo celebre saggio Lo Spirituale nell'arte e in particolare nel capitolo intitolato «Linguaggio dei
colori», Kandinskij elabora una vera e propria «teoria armonica» del colore fino a giungere a un
accostamento programmatico dei colori con i timbri prodotti da particolari strumenti musicali: il
giallo alla tromba, l'azzurro chiaro al flauto, il bianco alla pausa creativa, simbolo di un silenzio
carico di nuove possibilità espressive.
Kandinskij espone il suo principio della necessità e della risonanza interiore stabilendo gli
psichici che i singoli colori producono sulla sensibilità dello spettatore. Il pittore ha la capacità di trasformare le proprie impressioni percettive in eventi psichici particolari:
dalla percezione della realtà si passa immediatamente a una risonanza psichica (esterno-interno) che
mette in moto le corde dell'anima e le spinge all’espressione artistica (interno-esterno).
Tale esperienza interiore porta Kandinskij alla presa di coscienza del contenuto spirituale
dell'arte e dei suoi mezzi espressivi.
Anche la percezione dei colori sulla tavolozza diventa una vera e propria esperienza spirituale:
«Il colore è il tasto, l'occhio è il martelletto, l'anima è il pianoforte dalle molte corde. L'artista
è la mano che, toccando questo o quel tasto, mette opportunamente in vibrazione l'anima umana», scrive nello Spirituale nell'arte.
Secondo Kandinskij, l’arte non deve fermarsi alla rappresentazione della scorza esteriore dei
fenomeni, alla loro superficie visibile, ma deve essere capace di portarne alla luce i contenuti
espressivi: non è più l'oggetto in sé ad attrarre l'attenzione percettiva del pittore, bensì la
sua risonanza interiore in grado di entrare direttamente in comunicazione con la sensibilità creatrice
dell'artista.
Composizione VII, 1913, olio su tela, 200x300 cm, Mosca, Gallerie Statale Trejakov
E come le opere musicali, che hanno un tempo preciso di esecuzione, anche i quadri di Kandinskij
hanno un tempo di lettura. Non possono essere guardati con un solo sguardo. Sarebbe come
ascoltare un concerto eseguito in un solo istante: tutte le note si sovrapporrebbero senza creare
alcuna melodia.
I quadri di Kandinskij vanno letti alla stessa maniera. Guardando ogni singolo colore, con il tempo
necessario affinché la percezione si traduca in sensazione psicologica, che può far risuonare
sensazioni già note, o può farne nascere di nuove. Tenendo presente ciò, i quadri di Kandinskij,
soprattutto quelli più complessi a cui diede il nome di Composizioni, si rivelano essere popolati di
una quantità infinita di immagini. Ogni frammento, comunque preso, piccolo o grande che sia, ha
una sua valenza estetica affidata solo alla capacità del colore di sollecitare una sensazione interiore.
Si tratta di un approccio all’opera d’arte assolutamente nuovo ed originale che sconvolge i normali
parametri di lettura di un quadro. Ma è un approccio che ci apre mondi figurativi totalmente nuovi
ed inediti, dove, per usare un’espressione di Paul Klee, «l’arte non rappresenta il visibile, ma
rende visibile ciò che non sempre lo è».
”Accento in rosa”
Questo dipinto è considerato all'unanimità uno dei capolavori realizzati da Kandinsky nel periodo in
cui svolse la sua attività di docente presso il Bauhaus di Dessau e risale allo stesso anno di
pubblicazione del saggio "Punto, linea, superficie".
Accento in rosa 1926 Olio su tela, 100x80cm, Centre Georges Pompidou
Partendo dall'esame degli enti geometrici
fondamentali, Kandinsky cerca di creare una sorta
di "grammatica" della pittura astratta.
Il suo obiettivo, che costituiva anche il fulcro
delle sue lezioni al Bauhaus era far interagire
correttamente le figure geometriche di base con i
colori primari, per poi estendere tali regole a tutte
le possibili combinazioni forma-colore: "In arte,
come in natura, la ricchezza delle forme è senza
limiti".
In questo dipinto del 1926 vediamo interagire il
rettangolo, il quadrato e il cerchio con colori puri:
il nero, il bianco, il rosso, il giallo, il blu e così
via...
La tela è, infatti, di forma rettangolare e al suo
interno un quadrilatero giallo dai contorni
irregolari squarcia l'oscurità dello sfondo.
Al suo interno numerosi cerchi di vario colore si
addensano all'interno di un quadrato di colore
scuro.
All'esterno di questa "realtà geometrica" altri quadrati giungono all'estremità dello spazio giallo,
mentre i cerchi sono liberi di muoversi fino ai limiti della composizione, i confini della "realtà
pittorica".
Il cerchio diventa così una figura simbolica come prima lo erano stati il cavallo e il cavaliere:
"Oggi amo il cerchio come prima amavo il cavallo e forse più, perché nel cerchio trovo
maggiori possibilità interiori", esso "reagisce alle pressioni dello spazio circostante, riunisce il
fuori e il dentro".
In "Accento in rosa" il cerchio con la sua mobilità, esprime un'energia positiva, reagendo alla
staticità e negatività del quadro. Gli aloni che circondano alcuni cerchi sono infine la
rappresentazione visiva delle "aure che segnalano il corpo spirituale e il corpo astrale", che vanno
ricondotte agli studi teosofici dell'artista.
Ogni colore, ogni tonalità, ogni piccola sfumatura corrisponde a uno stato interiore del pittore,
trasmesso direttamente allo spettatore.
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