160
1.8 – Verso la generalizzazione
A questo punto del percorso gli alunni dovrebbero aver
acquisito alcune conoscenze di base in merito alla struttura della
Domus, all’organizzazione dei suoi spazi interni, al tipo di vita che
vi si svolgeva e si pone quindi la necessità di compiere un secondo
salto cognitivo che li porti ad effettuare una generalizzazione:
rendersi conto che la Domus di Suasa rappresenta un esempio
abbastanza fedele del modello tipico di casa romana in un certo
periodo della storia, che le tecniche e i materiali di costruzione
erano quelli impiegati dagli artigiani dell’epoca, che in questi spazi,
privati e pubblici, si conduceva una vita scandita da attività
lavorative, abitudini quotidiane ben precise e tipiche di un popolo e
di una civiltà.
Per favorire il passaggio alla dimensione generale si è
pensato di proporre agli alunni alcune attività centrate sull’uso di
testi divulgativi per ragazzi o di testi esperti riveduti e riadattati.
Questo in particolare si configura come un momento cruciale
del percorso didattico in cui la dimensione locale e la dimensione
generale della storia entrano in relazione, in cui l’esperienza della
ricostruzione storica diviene patrimonio cognitivo indispensabile
alla costruzione di una cultura storica di base.
Non a caso, contestualmente alle attività di ricerca sui reperti
e mediante l’uso delle schede di approfondimento sono state
“gettate le fondamenta” per il lavoro di generalizzazione e per la
costruzione di un possibile modello di conoscenza di un quadro di
civiltà.
Infatti i reperti osservati suggeriscono per la loro tipologia e
il contesto di ritrovamento precisi e determinati temi di indagine e
approfondimento su cui soffermarsi, ad esempio le ceramiche da
tavola possono rimandare a conoscenze più generali riferite alle
161
tecniche e ai materiali di lavorazione, alle attività di tipo artistico e
artigianale alle abitudini alimentari o agli oggetti di uso quotidiano.
In altre parole, il reperto osservato delinea l’indicatore di civiltà
che potrà essere esplorato. In definitiva, per strutturare un quadro di
civiltà partendo dalla storia locale la gamma degli indicatori che
connotano la conoscenza di un popolo non può essere “standard”
ma coerente con i reperti disponibili e utilizzati nella fase di
ricerca: ampliare la gamma degli indicatori per arricchire di
informazioni il quadro di civiltà può essere il passo successivo e
può caratterizzare la conoscenza di civiltà diverse in cui le
informazioni vengono reperite esclusivamente da testi storici e non
prevedono la fase preliminare della ricerca didattica.
Strutturare un itinerario in cui siano presenti sia la fase della
ricerca a livello locale che la fase di conoscenza mediante l’uso di
testi è decisamente oneroso e non sempre necessario.
Quello presentato è infatti un progetto molto corposo che non
può essere riproposto per ogni civiltà che si desidera conoscere: il
monte ore annuale da dedicare allo studio della storia non lo
consentirebbe, le capacità di programmazione di qualsiasi
insegnante verrebbero messe a dura prova e soprattutto non
risulterebbe funzionale alla formazione storica di base adeguata ai
nostri alunni di 10 anni.
Essa è importante per la costruzione di un modello operativo e di
conoscenza che può proseguire con esperienze più semplici per
numero di temi affrontati e di reperti scelti, o con un lavoro a
carattere esclusivamente testuale che consente peraltro di attivare
operazioni cognitive specifiche e di conseguire abilità e
competenze testuali ugualmente importanti e utili a fini cognitivi e
conoscitivi.
163
SCHEDE DI APPROFONDIMENTO E DI
GENERALIZZAZIONE
Scheda n. 1 Tabella di ricapitolazione.
Scheda n. 2 Approfondimento del tema N.1: i pavimenti.
Scheda n. 3 Approfondimento del tema N.2: le pitture parietali.
Scheda n. 4 Le case al temo dei Romani.
Scheda n. 5 Approfondimento del tema N.3: la ceramica.
Scheda n. 6 Approfondimento del tema N.4: il rifornimento
idrico.
Tabella di ricapitolazione
164
SCHEDA 1
Durante la visita al sito archeologico e al museo di Suasa hai
osservato direttamente fonti e reperti riguardanti vari argomenti:
TEMA N.1 TEMA n.2 TEMA n.3 TEMA n.4
I PAVIMENTI LE PITTURE PARIETALI
GLI OGGETTI DI CERAMICA
IL RIFORNIMENTO IDRICO
DOMESTICO
Approfondimento del Tema N.1: i pavimenti
165
SCHEDA 2
Utilizzando i dati di osservazione che hai raccolto mediante le
apposite schede e le informazioni fornite dal dossier, prova a
stendere due brevi testi che descrivano i due diversi tipi di
pavimento osservati.
Osserva sulla piantina le stanze che presentano le pavimentazioni a
mosaico e quelle che presentano le pavimentazioni a esagonette.
Per quale ragione, secondo te, nella stessa casa si trovano
pavimentazioni con decorazioni così diverse?
Secondo te, le stanze osservate erano adibite ad usi simili?
A che cosa potevano servire e quali ambienti potevano ospitare?
Prova a formulare delle ipotesi.
PAVIMENTO A MOSAICO
..........................................................
..........................................................
..........................................................
..........................................................
..........................................................
..........................................................
..........................................................
..........................................................
..........................................................
..........................................................
PAVIMENTO A ESAGONETTE FITTILI
..........................................................
..........................................................
..........................................................
..........................................................
..........................................................
..........................................................
..........................................................
..........................................................
..........................................................
..........................................................
Approfondimento del Tema N.2: le pitture parietali
166
SCHEDA 3
In molte stanze della Domus sono state rinvenute interessanti
pitture parietali, cioè decorazioni pittoriche sulle pareti delle stanze.
La tecnica usata per la decorazione della parete del
cubiculum (vano AK) e delle altre stanze della Domus era molto
diffusa tra gli antichi romani, ed era quella dell’AFFRESCO.
Essa trae il proprio nome dal modo in cui veniva eseguita
ovvero stendendo su uno strato di intonaco ancora fresco il colore
di origine minerale o organica che talvolta dopo l’applicazione
veniva ravvivato e protetto spalmando la parete di cera ed olio.
Il lavoro, effettuato sempre dall’alto verso il basso, procedeva
per fasce orizzontali e per lo spazio che l’artista era in grado di
decorare nel corso di una giornata.
Al tempo dell’imperatore Augusto (primi anni del I sec. d.C.)
era di moda dipingere sulle pareti paesaggi e finte architetture che
creavano l’illusione di una dilatazione e di un ampliamento dello
spazio. In seguito si affrescarono grandi composizioni a soggetto
mitologico con sfondi di un solo colore e bordure a motivi floreali
o geometrici
Immagine tratta da: Gli Antichi Romani, op.cit., pagg. 86-87
Le case al tempo dei romani
167
SCHEDA 4
Ora leggi con attenzione il testo riportato di seguito nel quale
vengono descritti vari tipi di abitazione nell’antica Roma;
dopodiché svolgi gli esercizi che ti vengono proposti.
"Le case romane avevano finestre che si affacciavano unicamente
sulla corte e soltanto una porta d'ingresso che si apriva sulla
strada, talora custodita da uno schiavo che poteva anche essere
armato di bastone per proteggere la tranquillità dei padroni.
Le case dei cittadini molto ricchi erano spaziose e comprendevano
l'atrio d'ingresso, la sala di ricevimento e il peristilio, un giardino
circondato da un porticato a colonne con alberi e fontanelle. Varia
era la posizione della sala da pranzo, delle camere da letto, dei
locali di servizi. I vari ambienti erano poi abbelliti da dipinti,
mosaici e statue.
Le case di questo tipo non erano però molte nella città di Roma.
Documenti del IV sec. d.C. ricordano soltanto 1800 case
unifamiliari e ben 46000 appartamenti d'affitto in grandi casamenti
plurifamiliari, detti insulae; ciò significa che migliaia di cittadini,
senza contare gli schiavi, vivevano in condizioni assai modeste.
Gli appartamenti in affitto non erano davvero molto confortevoli.
Si trattava di edifici di più piani, poco luminosi, senza comodità,
senz'acqua, in pessime condizioni igieniche. I soffitti dei piani
superiori erano bassi, mentre quelli del pianterreno erano più alti
e stretti. Nei locali a piano terra, per lo più adibiti a botteghe e
laboratori, gli occupanti erano soliti costruire soppalchi di tavole,
sfruttando appunto l'altezza dei soffitti per ricavare vani da
abitare.
Queste le costruzioni tipicamente urbane che si trovavano cioè
all'interno delle città.
Le case al tempo dei romani
168
SCHEDA 4
Le costruzioni romane nella campagna erano ben diverse sia dai
casamenti a più piani abitati dal popolo delle città sia dalle case
dei ricchi.
Le case di campagna erano chiamate villae ed avevano dimensioni
proporzionate a quelle del territorio agricolo circostante e al
numero degli animali, principalmente da soma, che dovevano
trovarvi ricovero. Erano costituite da più costruzioni, l'edificio
principale con i relativi edifici secondari per le attrezzature.
Ad esempio le stalle, che dovevano essere riscaldate, ma il focolare
doveva essere lontano per non spaventare gli animali; il bagno
all'aperto ma vicino alla cucina per poter comodamente scaldare
l'acqua. Non lontano dalla cucina erano anche sistemati il torchio
per l'uva e le cantine nelle quali si faceva invecchiare il vino. Le
cantine dovevano avere come avviene ancora oggi le finestre
rivolte verso nord, in modo che il vino non fermentasse a causa del
caldo. Le stanze dove invece si conservava l'olio d'oliva erano
affacciate a sud, per evitare l'addensamento favorito dal freddo. I
granai erano orientati a nord o a nordest perché il grano non
germogliasse o non ospitasse insetti. Fienili, granai e mulini erano
costruiti lontano dagli edifici della fattoria per ridurre il pericolo
di incendi."28
28 Rielaborazione dal testo tratto da, "Le civiltà del passato. Vita
quotidiana nell’antichità", FABBRI EDITORI, Milano, 1990, pag. 13
Le case al tempo dei romani
169
SCHEDA 4
Ricostruzione di una casa d’affitto romana (insula) nella città di Ostia Immagine tratta da, Le Civiltà del Passato, op.cit., pag.
Ricostruzione di una Domus di età imperiale rinvenuta nella città campana di Pompei Immagine tratta da, Gli Antichi Romani, op.cit., pag. 37
Le case al tempo dei romani
170
SCHEDA 4
Figura tratta da Maurizio Viganò, La base dei saperi, op. cit, classe III, pagg. 60-61
Le case al tempo dei romani
171
SCHEDA 4
Figura tratta da Maurizio Viganò, La base dei saperi, op. cit, classe IV, pagg. 10-11
Le case al tempo dei romani
172
SCHEDA 4
Rispondi alle seguenti domande per esteso e in modo discorsivo:
Quante e quali tipologie di case vengono descritte nel testo?
………………………………………………………………………
………………………………………………………………………
………………………………………………………………………
………………………………………………………………………
………………………………………………………………………
Quali sono le caratteristiche principali di ogni tipo di casa?
………………………………………………………………………
……………………………………………………………………...
………………………………………………………………………
………………………………………………………………………
………………………………………………………………………
Ora rispondi cercando le informazioni nel brano e riscrivendole in
Caratteristiche della costruzione
Caratteristiche della costruzione
Caratteristiche della costruzione
Le case al tempo dei romani
173
SCHEDA 4
modo più sintetico negli appositi spazi dello schema seguente.
A quale tipologia di abitazione appartiene secondo te, la Domus di
Suasa?
..............................................................................................
..............................................................................................
Di quale città in particolare si parla nel testo?
..............................................................................................
..............................................................................................
A quale periodo risalgono, cioè in quale punto della linea del tempo
è possibile collocare, le abitazioni descritte nel brano? ( Cerca
l'indicazione temporale nel testo se questa ti viene fornita).
..............................................................................................
..............................................................................................
Quale tipologia di abitazione era più frequente nell'antica Roma?
..............................................................................................
..............................................................................................
Approfondimento del Tema N.3: la ceramica
174
SCHEDA 5
Durante gli scavi all’interno della Domus sono stati ritrovati molti
oggetti e suppellettili interessanti utilizzati nella vita di tutti i giorni
e raccolti presso il museo del Palazzo della Rovere a Castelleone di
Suasa. Tra questi hai potuto osservare degli oggetti in ceramica.
LAVORAZIONE DELLA CERAMICA
Gli artigiani romani erano dediti alla lavorazione dell’argilla, un
tipo di roccia estratta dalle cave in autunno e poi fatta stagionare in
modo che la massa solida si frantumasse e ammorbidisse più
facilmente.
Una volta liberata dalle impurità e impastata con acqua a mano,
questa veniva modellata per i diversi usi: costruzione di mattoni e
tegole, vasi e recipienti vari.
Riguardo alla cottura dei manufatti ceramici si utilizzavano varie
tecniche e vari strumenti:
LA FORNACE A CATASTA dove i manufatti da cuocere
venivano posti uno sull’altro sopra uno strato di combustibile
(legna o carbone) e completamente ricoperti di terra o argilla a
formare una sorta di cumulo attraversato da alcuni fori per far
passare l’aria;
LA FORNACE VERTICALE in cui l’aria calda per la cottura
andava dal basso (camera di combustione) verso l’alto (camera di
cottura) attraverso un’apertura lasciata libera in modo che
l’ambiente in entrambe le camere fosse uguale;
LA FORNACE ORIZZONTALE formata da una camera di cottura
posta a fianco della camera di combustione in modo tale che il
percorso dell’aria calda risultasse orizzontale.
Approfondimento del Tema N.3: la ceramica
175
SCHEDA 5
Durante la combustione era essenziale il controllo della
circolazione dell’aria nella fornace: da questo dipendeva il tipo di
colorazione che avrebbero assunto i manufatti in cottura.
Infatti, quando il tiraggio era forte e il combustibile secco, si creava
un’atmosfera ossidante (ricca di ossigeno) che conferiva alla
ceramica una colorazione più o meno rossa. Il colore rosso si
poteva ottenere anche introducendo ossigeno nel forno di cottura
durante la fase di raffreddamento.
Al contrario, quando il tiraggio e l’ossigeno erano scarsi e il
combustibile umido e fumoso, si creava una riduzione di ossigeno
nell’atmosfera della fornace per cui la ceramica assumeva una
caratteristica colorazione bruna o nera.
La cottura era sempre preceduta da un periodo di essiccazione della
ceramica per evitare la formazione di bolle d’aria e di acqua o
fessure.
La temperatura di cottura era comunque molto elevata, andava
dagli 800° fino a 1100° a seconda del tipo di manifattura.
La cottura si articolava in due momenti: il primo di cottura vera e
propria; il secondo in cui la temperatura veniva gradualmente
diminuita fino al raffreddamento a temperatura ambiente.
La fabbricazione di vasi avveniva in genere con l’uso del tornio,
costituito da un disco rotante per mezzo di un perno su un sostegno
verticale, azionato a mano o con il piede.
In quest’ultimo caso il movimento rotatorio è costante e il vasaio è
in grado di usare entrambe le mani per fabbricare il vaso. La spinta
che il vasaio imprime al disco permette una rapida modellazione
dell’impasto argilloso, che prende la forma del recipiente.
Approfondimento del Tema N.3: la ceramica
176
SCHEDA 5
Alcuni tipi di vasi erano realizzati anche a matrice, utilizzando cioè
un vaso-matrice che veniva tornito. La presenza di una matrice
consente ovviamente la produzione di vasi identici e quindi più che
un’attività artigianale, una di tipo quasi industriale.
Le due principali tipologie di oggetti ceramici usati in cucina sono:
la ceramica da mensa e la ceramica da cucina o da fuoco.
Per “ceramica comune da mensa”, si intende l’insieme di quei
recipienti utilizzati durante il banchetto: brocche, bottiglie, coppe,
coppette, e piatti caratterizzati spesso da decorazioni, fatti con
argilla abbastanza depurata.
Nella “ceramica da cucina”, invece, sono compresi tutti quei
recipienti utilizzati per la conservazione e la cottura dei cibi:
tegami, pentole e coperchi realizzati con argille grezze, poco
depurate, più resistenti al calore, con la superficie ruvida, con
colorazioni tendenti al rossiccio o al marrone, con evidenti tracce di
bruciature e di avvampature provocate dal diretto contatto con la
fiamma.
La decorazione dei vasi, effettuata il più delle volte su manufatti a
crudo (prima di essere cotti), veniva eseguita in vari modi: per
mezzo di una o più punte rigide, con una stecca o un pettine in
modo da ottenere motivi decorativi lineari o ondulati (decorazione
INCISA); facendo pressione con punzoni di legno, osso o metallo,
con una punta rigida o con una semplice pressione del dito
(decorazione IMPRESSA); con pennellate di solito rosse che
formavano bande o motivi geometrici (decorazione DIPINTA)29.
29 Per l’elaborazione della scheda informativa sono stati utilizzati i
materiali predisposti per il corso di formazione delle guide organizzato dal consorzio Città Romana di Suasa.
Approfondimento del Tema N.3: la ceramica
177
SCHEDA 5
Figura tratta da, Gli antichi romani, op. cit, pag. 53
Approfondimento del Tema N.4: Il rifornimento idrico
178
SCHEDA 6
Ricordi la caccia al tesoro per scoprire i luoghi dell’acqua?
Con la apposita scheda di osservazione hai potuto individuare
alcuni spazi all’interno della casa adibiti all’approvvigionamento e
al consumo idrico, cioè usati per la raccolta, la conservazione
dell’acqua necessaria ai vari usi.
Rileggi le informazioni che ti sono state fornite nella scheda di
osservazione e usale per compilare la seguente tabella riassuntiva.
TIPO DI STRUTTURA
UTILIZZO
PERIODO DI
COSTRUZIONE
ZONA DI
RAPPRESENTANZA
QUARTIERE TERMALE
GIARDINO
ZONA DI SERVIZIO
Questi ambienti si trovano tutti in quella parte della Domus
“aggiunta” all’antica costruzione di età repubblicana.
Con questa attività hai potuto seguire il percorso dell’acqua in un
ambiente domestico di 2000 anni fa circa.
Quali sono gli spazi domestici di oggi in cui puoi trovare di solito
l’acqua?
Salotto
Giardino
Bagno
Studio
Approfondimento del Tema N.4: Il rifornimento idrico
179
SCHEDA 6
Cucina
Qual è il dispositivo che consente di avere subito a disposizione
l’acqua che ci serve per le nostre necessità quotidiane?
………………………………………………………………………
……………………………….
Da dove arriva l’acqua che usiamo oggi nelle nostre case?
Pozzi
Fontane
Cisterne
Acquedotto
La comodità di veder sgorgare l’acqua dal rubinetto, averla
immediatamente disponibile per le nostre necessità e usi quotidiani,
è relativamente recente.
Ancora all’inizio del ‘900 moltissime persone nel nostro Paese non
avevano l’acqua corrente in casa, proprio come al tempo dei
Romani. Ma da dove proveniva e come veniva distribuita l’acqua
nel periodo dell’antica Roma?
Approfondimento del Tema N.4: Il rifornimento idrico
180
SCHEDA 6
Leggi i testi seguenti e osserva con attenzione le immagini di cui
sono corredati.
“Una delle meraviglie tecniche del mondo antico è rappresentata
dagli acquedotti romani. Uno di questi portava acqua alla città con
un percorso di 91 Km. L’acqua correva inizialmente all’interno di
un cunicolo sotterraneo, poi in un acquedotto fuori terra, che era a
tre piani con grandi archi; da tale livello più alto, in caduta,
l’acqua poteva, attraverso i tubi, raggiungere tutti i piani delle
case. L’acquedotto dell’imperatore Claudio, della metà del I sec.
d.C., era lungo 69 Km; 13 Km di questo percorso correvano su
grandi archi. All’epoca di Costantino (IV secolo d.c.) Roma
riceveva la sua acqua da 19 differenti acquedotti. A Roma l’acqua
sgorgava in fontane pubbliche dove la gente comune poteva
servirsene. I tubi che portavano l’acqua direttamente alle case
private delle persone più abbienti avevano un diametro costante in
modo che fosse facile misurare la quantità quotidianamente
consumata; la legge prescriveva che non se ne potessero usare più
di 420 litri al giorno. In Roma un’applicazione dell’idraulica
interessante quanto gli acquedotti, era rappresentata dalla rete
delle fognature. La prima fu realizzata nel VI sec. a.C.: è la Cloaca
Massima, costruita dagli Etruschi. Le sue dimensioni erano così
ampie che nei principali sotterranei di questa fogna ci poteva
agevolmente passare un carro pieno di fieno. Tali sotterranei
erano costruiti con grandi pietre che stavano insieme senza calce;
le volte erano a botte. Nelle fogne veniva scaricata l’acqua
piovana delle grondaie, cui si aggiungeva il liquame delle
numerose latrine pubbliche.”30
30 Brano dal testo, Le civiltà del passato. Vita quotidiana nell’antichità ,
FABBRI EDITORI, Milano, 1990, pag. 64
Approfondimento del Tema N.4: Il rifornimento idrico
181
SCHEDA 6
DOMANDE SUL TESTO
Qual è il tema principale di cui si parla nel testo?
Gli acquedotti romani
Il rifornimento idrico della città di Roma
La rete di fognature costruite a Roma
A quale città si riferiscono le informazioni del testo?
………………………………………………………
Dove attingeva l’acqua la gente comune?
………………………………………………………
E i più ricchi?
………………………………………………………
L’uso dell’acqua a Roma era:
libero, e ciascuno poteva prelevare la quantità che voleva
regolato dalla legge
Immagine tratta da, Le civiltà del passato, op. cit., pag.65
Approfondimento del Tema N.4: Il rifornimento idrico
182
SCHEDA 6
Ricerca e sottolinea nella fotocopia seguente il paragrafo che spiega il funzionamento degli acquedotti romani; fai corrispondere ad esso con una freccia l’immagine corrispondente; infine ricerca quando venne costruito il primo acquedotto romano.
Immagine tratta da, Gli Antichi Romani, op. ci. , pagg 56-57
183
1.9 – FASE IV – dalla dimensione locale al Quadro di
Civiltà
Concluso il lavoro specifico sulla Domus, i ragazzi hanno
elaborato un patrimonio di conoscenza nel quale sono
implicitamente disseminati gli elementi strutturali che costituiscono
un Quadro di Civiltà.
Pertanto il compito dell’insegnante è quello di aiutarli a
rintracciare tali elementi, riportarli ad un livello consapevole al fine
di trasformarli in un nuovo e diverso modello di conoscenza.
Gli strumenti individuati per quest’ultima fase di lavoro sono
i testi storici specialistici e le monografie per ragazzi che dovranno
essere letti e integrati in maniera adeguata e funzionale.
Si è scelto di proporre due testi specifici riguardanti la civiltà
romana durante il periodo dell’Impero: “La vita quotidiana a
Roma” di Jérome Carcopino edito da Laterza di cui è stata
elaborata una riduzione della II parte, e “Gli Antichi Romani”,
inserito nella collana “La Vetrina delle Civiltà” ed edito dalla
Giunti. Per alcuni riferimenti rientra nella bibliografia anche il
testo “Le civiltà del passato: vita quotidiana nell’antichità”, edito
dalla Fabbri Editori.
Come si può vedere, i testi utilizzati non sono numerosi e
sono comunque stati individuati per le loro caratteristiche
dall’insegnante: sono prettamente descrittivi, ricchi di riferimenti
alle fonti, di semplice comprensione; uno in particolare è corredato
di un apparato figurativo ricco ed accattivante, con riproduzioni
disegnate di reperti, ambienti e fonti archeologiche che vivacizzano
e restituiscono dinamicità alla pagina scritta. Due dei testi proposti
sono monografie storiche adatte ai ragazzi di scuola elementare e
medie mentre il primo tra quelli elencati è un testo specialistico che
184
si caratterizza, tuttavia, per l’aspetto fortemente divulgativo e che
per questo si può utilizzare in classe molto più agilmente di tanti
“ermetici” sussidiari.
Dunque per la fase di reperimento del materiale si è scelto di
non chiedere ai ragazzi una ricerca individuale di testi e questo per
evitare di gestire poi una mole onerosa di libri che spesso si
ripetono sia nella struttura e nei temi affrontati che nel linguaggio
utilizzato.
Al contrario si propone la lettura di alcune pagine e si offrono
linee di approfondimento strette e circostanziate, volute per evitare
una dispersione di argomenti e di energie.
Molto spesso, infatti, quello del materiale sembra divenire un
falso problema e nel tentativo di strutturare un percorso didattico
alternativo all’uso esclusivo del sussidiario si incappa in una
situazione altrettanto difficile dovuta non alla scarsità, ma alla
sovrabbondanza del materiale.
A titolo riassuntivo i ragazzi sono inizialmente invitati a
ricapitolare in modo schematico il lavoro di storia locale
ripercorrendo le varie fasi della ricerca e ad indicare sinteticamente
in una tabella gli argomenti che hanno avuto modo di conoscere.
Successivamente la classe viene invitata a riflettere sul fatto che gli
argomenti e i temi rispetto ai quali essi hanno raccolto informazioni
dalle fonti indicano i modi di vita del popolo a cui si riferiscono e
possono assumere questo nuovo termine “INDICATORE” come
una parole chiave carica di un potenziale semantico e concettuale
del tutto nuovo.
Si segnala in modo particolare la mappa che i ragazzi sono
invitati a completare, la quale, oltre a verificare gli apprendimenti,
ha lo scopo di evidenziare i nodi e i legami logici su cui sono
costruite le varie conoscenze, aiuta a riflettere sui passaggi dalla
categoria del particolare a quella del generale e quindi a rintracciare
la strada percorsa per la costruzione di alcuni concetti storici.
185
A questo punto si propone alla classe la lettura di un brano
tratto dal testo di Carcopino in cui si racconta la giornata di un
cittadino romano a Roma durante gli anni dell’Impero e si invitano
i ragazzi a compiere alcune operazioni sia di carattere storico che di
carattere più specificatamente testuale sul brano oggetto di
riflessione.
Il testo scelto e rielaborato dall’insegnante per risultare più
semplice e adeguato a ragazzini di questa fascia scolare,
risulterebbe abbastanza complesso se letto nella sua interezza, per
cui la ricomposizione di tutte le sue parti in un unico affresco finale
di vita al tempo dei Romani costituirà l’obiettivo finale per cui
lavorare.
In questa fase, invece, si ritiene opportuno e più funzionale
suddividere la classe in gruppi di lavoro i quali procederanno
parallelamente a lavorare su una sola porzione di testo assegnata
loro dall’insegnante e accompagnata da precise consegne:
individuare l’argomento o tema trattato ed eventuali sottotemi;
sottolineare i riferimenti cronologici e spaziali, citare le fonti
eventualmente menzionate, elencare le informazioni che vengono
fornite relativamente all’argomento di partenza, dare un titolo al
brano.
L’insegnante, oltre a proporre l’attività da svolgere, dovrà
assumere un ruolo di facilitatore nel processo di conoscenza,
rilanciando la ricerca e lo studio con materiali strutturati per
l’approfondimento o favorendo l’integrazione di quelli scaturiti dai
lavori di gruppo, e comunque mantenere le fila delle varie attività
per ricondurle ad un obiettivo finale comune: la conoscenza del
quadro di civiltà romana. Alla fine, infatti, ogni gruppo convoglierà
il materiale elaborato per la realizzazione di un prodotto comune: la
rappresentazione di una giornata tipo vissuta dai Romani all’epoca
dell’Impero. Nei materiali strutturati in sede di programmazione,
inoltre, dovranno essere presenti delle sollecitazioni aventi lo scopo
186
di evidenziare come le informazioni veicolate dal testo si
riferiscano specificatamente alla città di Roma nel momento di
massimo splendore dell’Impero ma che per alcuni aspetti possano
essere considerate valide e calzanti anche per altre città romane
disseminate nei territori dell’Impero e costituire così un
denominatore comune, un elemento ricorrente e ripetibile nel modo
di vita di questo popolo.
A questo scopo nel momento finale del lavoro di gruppo si
chiederà ai ragazzi di operare, ove possibile, un parallelismo tra
quello che viene scritto da Carcopino a proposito di Roma e ciò che
loro possono aver scoperto sull’argomento ma in riferimento a
Suasa.
Un lavoro così strutturato consente di delineare tra le righe
una figura di insegnante decisamente diversa da quella a cui si è
tradizionalmente abituati che si arricchisce di competenze e
funzioni diversificate più consone al tipo di formazione storica a
cui si vuole tendere.
“Le sue competenze non sono più quelle del buon narratore
di vicende, di colui che semplifica con la parafrasi il testo del
manuale, inserendo magari aneddoti al fine di rendere più incisivo
il racconto.
Questo appare sicuramente un modello inadeguato e quello
che lo sostituisce conferisce alla professionalità docente uno
spessore di ben altra natura.
Infatti al fine di favorire la trasmissione delle conoscenze
storiche, l’insegnante deve in primo luogo avere una certa
competenza epistemologica che gli permetta di valutare il sistema
di sapere che propone e la struttura dei testi storici con cui mette in
contatto i ragazzi: ad esempio verificare i testi monografici per
ragazzi nella struttura e nei contenuti.
Al tempo stesso deve essere operativamente attivo nel
predisporre schemi, serie di informazioni, o rielaborazioni di testi,
187
affinché il sapere con cui gli alunni vengono a contatto sia trattato
didatticamente e predisposto in maniera adeguata all’età e alle
possibilità degli alunni.
L’insegnante deve inoltre essere in grado di valutare i livelli
di partenza, attraverso l’analisi delle preconoscenze e valutare
l’efficacia dei processi di apprendimento che i ragazzi attivano;
oltre ad avere una buona conoscenza delle dinamiche
comunicative, di gestione della classe e di conoscenza dei ragazzi a
cui si rivolge, in relazione ai loro processi cognitivi e alla modalità
con le quali si è in grado di attivarli; quindi nell’insieme una buona
competenza psicopedagogia che permetta di organizzare l’unità
didattica in momenti di riflessione collettiva, di elaborazione
personale, di cooperazione per piccoli gruppi:”31
Il progetto pedagogico, sicuramente ambizioso, che è
possibile leggere sullo sfondo richiede dunque una figura
professionale rinnovata nei suoi tratti fondamentali, un operatore
che sappia trovare nella mediazione didattica il momento realmente
discriminante tra un modello di storia come narrazione di
“reportage trasferiti nel passato”32 e una formazione storica che,
oltre a favorire una crescita di conoscenza diventi un utile
strumento per pensare la realtà.
31 cfr. Mirando Celli, L’”elementare” sapere storico. Il problema della
storia insegnata nella scuola elementare, Tesi di Laurea in Metologia e Didattica della Storia, Università degli studi di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di Laurea in Storia Indirizzo Moderno, a.a. 1996-‘97
32 Locuzione utilizzata da F.Braudel in, Storia, misura del mondo, op.cit. ,pag. 36 per connotare un racconto storico fatto di avvenimenti giustapposti, allineati uno di seguito all’altro anche se in un contesto narrativo piacevole e vivace.
189
SCHEDE INTRODUTTIVE AL QUADRO DI
CIVILTA’
Scheda n. 1 Ricapitoliamo
Tracce di approfondimento per i gruppi di lavoro
Scheda n. 2 Traccia N. 1.
Scheda n. 3 Traccia N. 2.
Scheda n. 4 Traccia N. 3.
Scheda n. 5 Traccia N. 4.
Scheda n. 6 Traccia N. 5.
Scheda n. 7 Traccia N. 6.
Ricapitoliamo
190
SCHEDA 1
Con la ricostruzione della storia della Domus di Suasa e della vita
che si svolgeva sia al suo interno che fuori di essa, hai potuto
conoscere alcuni aspetti interessanti della vita quotidiana al tempo
degli antichi romani, alcuni tratti caratteristici della vita collettiva
di questo popolo, della sua civiltà. Gli argomenti che di volta in
volta ti hanno indicato la strada per la ricerca delle informazioni
possono a ragione essere considerati e chiamati INDICATORI DI
CIVILTA’.
Partendo dai reperti indagati e ripercorrendo il lavoro finora svolto,
prova a risalire agli argomenti studiati, trasformali in indicatori di
civiltà utilizzando gli schemi che ti vengono proposti.
Elenca i reperti studiati e gli indicatori che da essi possono derivare
REPERTO INDICATORE …………………….. ……………………..
Elenca qui sotto gli INDICATORI emersi.
1…………………………………………………….
2……………………………………………………
3 ……………………………………………………
4…………………………………………………
Ricapitoliamo
191
SCHEDA 1
Sito archeologico museo
TIPO DI FONTE INFORMAZIONI
Abitazioni
Mosaici
Ceramiche
Suddivisione degli spazi interni
Materiali usati
Ceramica da fuoco / ceramica
da portata
Organizzazione sociale
Tecniche e materiali di lavorazione
Mestieri
Alimentazione
INDICATORI
Traccia per il lavoro di gruppo N. 1
192
SCHEDA 2
“Dopo la riforma operata da Giulio Cesare nel 46 a.C., il
calendario dei Romani si fondava, come il nostro che da quello
deriva, sulla durata della rotazione terrestre intorno al Sole.
I dodici mesi del nostro anno conservano l’ordine, la lunghezza, i
nomi assegnati loro da Cesare e da Augusto; e dal principio
dell’impero non solo ogni mese – compreso febbraio negli anni
ordinari e negli anni bisestili – racchiuse lo stesso numero di
giorni cui noi siamo abituati, ma in più era stato introdotto l’uso
delle settimane di sette giorni subordinate ai sette pianeti i cui
movimenti si riteneva governassero l’universo.
Infine, ciascuno dei sette giorni della settimana si divideva in 24
ore, il cui punto di partenza era fissato non come presso i
Babilonesi, al levarsi del sole, o come presso i greci al suo
tramonto, ma, ancora come tra noi, a metà della notte.
Tuttavia le analogie tra il tempo dell’antichità romana e quello
della nostra epoca finiscono a questo punto; e le ore, pur portando
lo stesso nome delle nostre e raggiungendo lo stesso totale,
rappresentano una realtà ben differente.
Alla fine del IV sec. a.C. ci si limitava ancora a dividere il giorno
in due parti, una prima di mezzogiorno e l’altra dopo. Solo più
tardi si compì un leggero progresso per via della divisione di
ognuna delle metà del giorno in due sezioni: la mattina e
l’antimeriggio da una parte e dall’altra il pomeriggio e la sera.
Per questi motivi, l’ora romana fu sempre approssimativa.
Mentre le nostre ore comprendono uniformemente 60 minuti di 60
secondi, nelle ore romane l’assenza di una divisione interna faceva
sì che ognuna di esse si estendesse per il periodo compreso tra la
precedente e la seguente; e tale intervallo, invece di essere
invariabile, cambiava a seconda del periodo dell’anno. Inoltre,
poiché le dodici ore della giornata erano comprese tra il levarsi e
Traccia per il lavoro di gruppo N. 1
193
SCHEDA 2
il tramontare del sole, e le dodici ore della notte erano comprese
tra il tramonto e l’alba, le une e le altre aumentavano e
diminuivano la loro durata a seconda delle stagioni.
Tutto questo aveva numerose e profonde conseguenze sulla vita
romana che, malgrado il grande affaccendamento urbano, godette
sempre di una flessibilità e di una elasticità oggi sconosciute.
D’altro canto, poiché la durata del tempo si modellava sulle
differenze stagionali, l’intensità della giornata era minore durante
i mesi invernali e maggiore quando ritornava la stagione delle
belle giornate luminose.
Sicché, malgrado il movimento della grande città, la vita romana
rimase campagnola nel suo profilo e nelle sue cadenze.
Per cominciare, Roma imperiale si svegliava presto: all’aurora, se
non prima dell’alba.
Dovunque nella città antica, l’illuminazione artificiale era così
disagevole che tanto i ricchi che i poveri tenevano ad approfittare
il più possibile della luce del giorno.” 33
Qual è l’argomento generale o tema trattato nel testo ?
............................................................................................................
Qual è l’evento periodizzante di cui si parla?
...........................................................................................................
Di quale città in particolare si parla nel brano?
............................................................................................................
Prova a spiegare i termini “affaccendamento urbano” e “Roma
imperiale”.
33 cfr, J.Carcopino, La vita quotidiana a Roma, Ed. Laterza, Bari, 2001,
pagg. 167-175
Traccia per il lavoro di gruppo N. 1
194
SCHEDA 2
............................................................................................................
............................................................................................................
............................................................................................................
Quali informazioni vengono fornite relativamente all’argomento
trattato?
............................................................................................................
............................................................................................................
............................................................................................................
............................................................................................................
............................................................................................................
Sono citate delle fonti?
............................................................................................................
Che titolo daresti a questo brano?
............................................................................................................
In base alle informazioni fornite dal testo puoi dire che si facevano
più cose in un giorno d’estate:
vero
falso
Traccia per il lavoro di gruppo N. 1
195
SCHEDA 2
Aprile
Gen
naio
Febbra
io
Marzo
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novem
bre
Dic
embr
e
LUNDOM
MAR
MER
GIO
VEN
SAB
DIVISIONE DEL TEMPO Analogie e differenze tra noi e i Romani
Completa la divisione dell’anno in base ai mesi OGGI AL TEMPO DEI ROMANI
Completa la divisione della settimana in base ai giorni
OGGI AL TEMPO DEI ROMANI
ANALOGIA
DIFFERENZA
12
3
4
5
6
7
8
9
10
111213
14
15
16
17
18
19
20
21
22
2324
ANALOGIA
DIFFERENZA
AL TEMPO DEI ROMANI
ANALOGIA
DIFFERENZA
Completa la divisione del giorno in base alle ore OGGI
Traccia per il lavoro di gruppo N. 2
196
SCHEDA 3
“Per cominciare, Roma Imperiale si svegliava presto: all’aurora,
se non prima dell’alba.
Dovunque nella città antica l’illuminazione artificiale era così
disagevole che tanto i ricchi che i poveri tendevano ad approfittare
il più possibile della luce del giorno.
Il risveglio era un’operazione semplice, rapida istantanea
considerando anche che la camera da letto (cubiculum), con le sue
dimensioni ridotte, con le sue imposte cieche che, chiuse, la
sprofondavano nell’oscurità, e aperte l’esponevano alla pioggia, al
sole, alle correnti d’aria, non aveva attrattive per i propri ospiti.
Questa di solito non possedeva altro mobile che il letto (cubile), la
sedia, infine il vaso da notte o il “pitale” di cui la letteratura ci
descrive diversi modelli, che vanno dall’argilla volgare all’argento
incastonato di pietre preziose. Quanto al letto, esso era costituito
da un materasso e un guanciale appoggiati su cinghie incrociate,
la cui imbottitura consisteva, per i più poveri in fieno o foglie di
canna, per i più ricchi in lana tosata o in piume di cigno. Il
materasso era rivestito da due coperte, uno per poggiarsi, l’altro
per coprirsi.
Vestirsi era un’operazione molto semplice e veloce in quanto gli
indumenti che si indossavano erano pochi: una mutanda o
perizoma confezionato quasi sempre in lino e annodato alla vita
sopra al quale si indossava una tunica che divenne l’indumento per
eccellenza.
La tunica consisteva in una specie di camicia di lino o di lana
formata da due pezzi di stoffa cuciti insieme; per prima cosa vi si
infilava il capo e la si stringeva intorno al corpo con una cintura;
la si accomodava perché cadesse inegualmente: dalla parte di
dietro doveva arrivare all’altezza dei ginocchi, e davanti un po’
più giù. La moda poi aveva introdotto alcune varianti in questo
Traccia per il lavoro di gruppo N. 2
197
SCHEDA 3
indumento che in origine era comune ai due sessi e alle diverse
condizioni sociali: la tunica delle donne era più lunga di quella
degli uomini e poteva ricadere sino ai talloni, la tunica dei militari
era più corta di quella dei civili, e quella dei semplici cittadini, più
corta di quella dei senatori, che era inoltre bordata di una larga
striscia di porpora, il laticlavio.
Ma, d’inverno come d’estate, le tuniche avevano solo delle
maniche corte che coprivano appena la parte più alta del braccio,
per cui si usavano dei guantoni e soprattutto una toga che
avvolgesse tutto come una sopravveste.
La toga era un ampio semicerchio di stoffa di lana bianca di 2
metri e 70 di diametro, e divenne il costume nazionale dei romani,
inseparabile da tutte le occasioni della loro attività civica.
Così vestiti i romani dopo essere usciti dal letto erano già pronti a
compiere le funzioni della vita pubblica.
Essi sostituivano la colazione del mattino con un bicchiere d’acqua
trangugiato in tutta fretta. Giacché sapevano che alla fine del
pomeriggio sarebbero andati al bagno, o nel loro balneum privato,
o alle terme pubbliche, non si attardavano in lavaggi mattutini.
La vera toilette dei romani eleganti si compiva presso il tonsor, che
aveva il compito di tagliare e acconciare i capelli e di radere la
barba.
Se si era abbastanza ricchi da avere dei tonsores tra i propri
domestici ci si affidava a loro sin dal mattino, se non si poteva
sostenere una spesa così forte si andava in una delle innumerevoli
botteghe di tonsor aperte nelle tabernae della città, quando non
accampate addirittura all’aria aperta per la clientela più volgare.
La bottega del barbiere, o tonstrina, aveva tutto un giro di panche
sulle quali sedevano i clienti in attesa, al muro erano appesi degli
specchi, nel mezzo, con gli abiti protetti da una semplice salvietta,
Traccia per il lavoro di gruppo N. 2
198
SCHEDA 3
il cliente di turno prendeva posto su di un semplice sgabello. Il
tonsor, intorno al quale si davano da fare gli aiutanti, si accingeva
a tagliare i capelli o semplicemente, se non erano cresciuti troppo
dall’ultima volta, ad acconciarli all’ultima moda che era dettata
naturalmente dall’imperatore. A parte Nerone, a cui piaceva
modellare artisticamente la chioma, dalle monete e dai busti
ritrovati, l’acconciatura maschile non richiedeva eccessive o
particolari cure.
Ciò che conta comunque, è che nessuno si radeva da sé. Tuttavia
gli archeologi sebbene abbiano scoperto molti rasoi nelle rovine
preistoriche ed etrusche, ne hanno ritrovati pochissime in quelle
romane poiché, mentre i rasoi delle prime e delle seconde erano in
bronzo, i rasoi o i coltelli usati per radersi o per tagliarsi le unghie
erano di ferro, e per questo sono stati distrutti dalla ruggine.
La donna romana procedeva a una toilette che somigliava molto a
quella del marito.
Andando a letto conservava anche lei la biancheria intima, il
perizoma, la fascia del seno, la tunica, talvolta un mantello.
Quindi, appena alzata non aveva altro da fare che calzare i
sandali.
A questo punto cominciava con l’acconciare la capigliatura, che
durante il periodo imperiale era diventata molto complicata al
contrario del periodo repubblicano, quando, si usava una
scriminatura unica che separava davanti i capelli i quali venivano
poi raccolti dietro in un nodo.
Così, come i loro mariti non potevano fare a meno del tonsor, così
le romane non potevano rinunciare all’abilità delle pettinatrici: le
ornatrices.
Ma il compito delle ornatrices non si esauriva con l’acconciatura
dei capelli; dovevano depilare la padrona e, soprattutto,
Traccia per il lavoro di gruppo N. 2
199
SCHEDA 3
“dipingerla”: in bianco sulla fronte e sulle braccia, con gesso e
biacca; in rosso con ocra o feccia di vino sui pomelli e sulle
labbra; in nero con fuliggine e polvere di antimonio sulle ciglia e
intorno agli occhi. Per tutto questo le donne avevano una
collezione di vasi, boccette, pissidi, da cui estraevano pomate e
belletti. La padrona di casa teneva abitualmente questo arsenale
chiuso nell’armadio della stanza nuziale, al mattino disponeva
tutto sulla tavola, compresa la polvere di corno per pulirsi i denti,
e quando partiva per andare al bagno, portava con sé tutto il
bagaglio, ogni vaso al suo posto nei cassettini di uno speciale
cofanetto.
Una volta imbellettata, la matrona, sempre con l’aiuto delle
ornatrices, tira fuori i suoi gioielli, incastonati di pietre preziose e
li mette a posto uno a uno: il diadema sui capelli, gli orecchini agli
orecchi, la collana e le catene intorno al collo, i ciondoli sul petto,
i braccialetti ai polsi, gli anelli alle dita, senza dimenticare gli
anelli che porta al braccio e quelli alle caviglie.
Finalmente le cameriere accorrono in soccorso del suo vestiario:
le fanno indossare la lunga tunica, segno della sua condizione
elevata, la stola in fondo alla quale è cucito un gallone ricamato in
oro; le annodano la cintura e infine l’avvolgono in un lungo scialle
che le copre le spalle e scende fino ai piedi.
Sono proprio i giuristi che, stabilendo l’inventario delle
successioni femminili, ci fanno sapere quali erano di solito gli
oggetti personali che le donne lasciavano in eredità. Questi di
solito sono divisi in tre categorie: la toilette, gli oggetti che
adornano, il vestiario, ovvero tutti i differenti capi di
abbigliamento di cui si rivestivano. Riguardo alla toilette, si
trovano nominati i catini, gli specchi di rame, d’argento, di vetro
ricoperto di piombo e, se era una donna particolarmente ricca
Traccia per il lavoro di gruppo N. 2
200
SCHEDA 3
anche la sua vasca da bagno privata. Quanto ai suoi ornamenti,
essi comprendono gli strumenti che servono ad abbellirla, dai
pettini alle spille fino agli unguenti da spalmare sulla pelle ai
gioielli per adornarsi.
Le donne poi, restavano per la maggior parte del tempo a casa. Se
erano povere badavano alle faccende domestiche, almeno fino
all’ora in cui si recavano alle terme pubbliche, a loro riservate. Se
erano ricche e sgravate da numerosi domestici dalle cure
materiali, potevano uscire secondo il loro capriccio e piacere per
andare in visita dalle amiche, alla passeggiata o allo spettacolo, e
più tardi ai pranzi cui fossero state invitate. Tuttavia, come appare
dalle numerose raffigurazioni che i pompeiani ci hanno lasciato
delle loro piazze pubbliche, le donne, o sono poco presenti, o, sono
ritratte a mani vuote, o in compagnia di un fanciullo ad indicare
che le matrone del periodo imperiale non si occupavano degli
affari o delle compere per l’approvvigionamento della casa che
competeva invece agli uomini.” 34
Qual è l’argomento generale o tema trattato nel testo? Vi sono dei
sottotemi?
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............................................................................................................
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Nel testo puoi facilmente rintracciare alcuni termini latini (scritti in
corsivo). Componi una specie di glossario e correda queste parole
di una semplice spiegazione che puoi ritrovare nel testo.
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............................................................................................................
34 cfr.. J.Carcopino, La vita quotidiana a Roma, op. cit. ,pagg 175-197
Traccia per il lavoro di gruppo N. 2
201
SCHEDA 3
............................................................................................................
Nel testo puoi rintracciare un lungo elenco di oggetti di
arredamento e di suppellettili della casa in genere. Prova a
ricomporre qui sotto tale elenco scrivendo, ove è possibile, accanto
ad ogni oggetto il relativo uso.
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Ti è capitato di osservare oggetti simili a questi anche nel museo di
Suasa?
Se sì, quali ricordi?
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............................................................................................................
Quali sono i principali capi di abbigliamento di cui si parla nel
brano?
............................................................................................................
............................................................................................................
............................................................................................................
Alcuni indumenti erano caratterizzati da segni di distinzione
sociale.
Cosa puoi dire in merito a questo? Quali informazioni ti vengono
fornite dal testo?
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Traccia per il lavoro di gruppo N. 2
202
SCHEDA 3
Prova a ricercare delle immagini in cui vengano riprodotti i capi di
abbigliamento di cui si parta nel brano e inseriscile qui sotto (in
fotocopia o in disegno).
Nel brano vengono nominate alcune “figure di servizio” ovvero
persone che avevano particolari compiti e mansioni e che potevano
anche vivere all’interno delle case dei romani se questi
appartenevano a famiglie particolarmente ricche e benestanti. Di
quali figure si tratta?
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............................................................................................................
In quale parte della giornata possono essere collocate le “faccende”
descritte?
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............................................................................................................
Nel testo vengono citate delle fonti a supporto delle informazioni
fornite?
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Traccia per il lavoro di gruppo N. 2
203
SCHEDA 3
............................................................................................................
Nel brano si parla più volte di un “periodo repubblicano” e di un
“periodo imperiale”. Ricordi che cosa si vuole intendere con queste
parole? (Per rispondere puoi consultare il materiale inserito nel
dossier di partenza)
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Che titolo daresti al brano?
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Traccia per il lavoro di gruppo N. 3
204
SCHEDA 4
“Gli uomini non trascorrevano in casa molto tempo; se lavoravano
per guadagnarsi la vita, si affrettavano ad occuparsi dei loro
affari, se erano degli oziosi, appena alzati erano subito presi dai
doveri della clientela. Il patrono era tenuto ad accogliere in casa i
suoi clienti, ad invitarli qualche volta alla sua tavola, ad aiutarli
con i suoi soccorsi e con i suoi regali.
Quando mancavano del necessario, distribuivano loro delle
vettovaglie, ch’essi portavano via in un paniere, la sportula, o
piuttosto, per risparmiarsi questo fastidio, consegnava loro, nel
momento della visita, delle gratificazioni in denaro. Le visite della
clientela erano ordinate da un protocollo severo e minuzioso: i
clienti potevano recarsi a piedi o in lettiga dai loro patroni, ma
dovevano indossare la toga, poi dovevano pazientemente attendere
il loro turno, regolato non secondo l’ordine di arrivo, ma secondo
il loro grado sociale e chiamare il l patrono non con il suo nome,
ma con il titolo di “signore” (in latino “dominus”).
Così Roma tutte le mattine si svegliava in questo viavai di cortesie
consuetudinarie; i più umili, per accumulare le sportule,
moltiplicavano le visite né i più ricchi erano dispensati dal farne
dopo che ne avevano ricevute; perché per alto che si salisse nella
gerarchia romana, si conosceva sempre qualcuno più in alto
ancora che meritava omaggio.
Finita questa funzione ciascuno si dava da fare per le sue
faccende: i cittadini che vivevano di rendita e non avevano bisogno
di lavorare si recavano al Foro a seguire le cause e i processi, chi
esercitava un mestiere o possedeva una bottega attendeva alle
proprie attività. Infatti, sebbene molti abitanti di Roma vivevano di
rendita, esisteva una parte di città del tutto diversa: la sua
supremazia politica, il suo gigantesco sviluppo urbano, la
Traccia per il lavoro di gruppo N. 3
205
SCHEDA 4
obbligavano ad avere un’intensa attività, non solo di speculazione
e di traffico, ma di manifattura varie e di effettivo lavoro.
Attraverso i suoi porti, affluivano a Roma le tegole e i mattoni, i
legumi, i frutti e i vini dall’Italia; i grani dall’Egitto e dall’Africa;
l’olio dalla Spagna; la selvaggina il legno e la lana dalla Gallia; i
datteri dalle oasi; i marmi dalla Toscana e dalla Grecia;il piombo,
l’argento e il rame dalla penisola iberica, l’avorio dalla
Mauritania; l’oro dalla Dalmazia e dalla Dacia; i papiri dalla
vallata del Nilo; il vetro dalla Fenicia e dalla Siria; le stoffe
dall’Oriente; le spezie, le gemme e i coralli dall’India. Per questo
la città era piene di magazzini per il deposito dei materiali, alcuni
specializzati nel deposito di un unico prodotto, altri di derrate
miste. I vari prodotti venivano poi venduti e smerciati nelle
tabernae. Sebbene questa Roma non abbia conosciuto lo sviluppo
di quella che noi chiamiamo la grande industria, tuttavia doveva
contare su un esercito di impiegati nei vari uffici, di rivenditori al
minuto all’interno delle botteghe, di operai nei cantieri necessari
alla manutenzione dei monumenti e delle abitazioni, intorno ai
magazzini generali dove venivano scaricate, immagazzinate e
smerciate le colossali importazioni; infine nei laboratori e nelle
botteghe artigianali dove le materie prime importate venivano
trasformate in oggetti di uso quotidiano.
Vi erano molte professioni e mestieri inerenti l’alimentazione:
mercanti di lupini, di meloni, di legumi, ortolani, pescatori e
mercanti di pesce, bettolieri che offrivano misture di acqua e di
vino, panettieri, mugnai, pasticceri e albergatori.
Senza contare le professioni e i mestieri inerenti l’edilizia e altri
settori del mondo lavorativo.
Questo ci dà l’dea che la Roma imperiale era più popolata di
lavoratori che di gente che viveva di rendita. Tuttavia i lavoratori
Traccia per il lavoro di gruppo N. 3
206
SCHEDA 4
romani si differenziano per tre caratteri essenziali dai lavoratori
delle grandi città contemporanee: anzitutto non si raccoglievano in
agglomerati densi, compatti, esclusivi. Erano invece sparsi
dovunque, ma in nessun luogo costituivano una città nella città.
Invece di concentrarsi in un gigantesco bazar, o in un opificio
colossale, essi si separavano in una sequela interminabile e assai
discontinua di magazzini, di laboratori, di squadre, per cui nelle
città era un curioso alternarsi di magazzini, botteghe, laboratori
artigiani con case private e fabbricati d’affitto.
In secondo luogo, tali sciami ronzanti erano quasi esclusivamente
maschili. Infine, la loro giornata lavorativa era più corta della
nostra e, seppure iniziava all’alba durava in genere solo fino a
mezzogiorno dando così modo di vivere un pomeriggio di riposo.” 35
Quali sono i temi principali trattati nel testo?
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Quali informazioni ti vengono fornite in riferimento ai vari temi?
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Chi era il Patrono, chi il cliente e che cos’era la sportula?
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35 cfr.. J.Carcopino, La vita quotidiana a Roma, op. cit. ,pagg 199-213
Traccia per il lavoro di gruppo N. 3
207
SCHEDA 4
Che cosa si intende con i termini “doveri della clientela”?
............................................................................................................
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In quale parte della giornata possono essere collocate le “faccende”
descritte?
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Di quale città in particolare si parla nel brano?
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A quale periodo si riferiscono le informazioni fornite da testo?
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Pensi che alcune di queste possano considerarsi valide anche per un
centro periferico come Suasa?
Da cosa lo puoi dedurre?
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Traccia per il lavoro di gruppo N. 3
208
SCHEDA 4
In questa cartina36 puoi osservare l’estensione dell’impero romano
nel II sec. d.C.
A quali Stati attuali corrispondono i territori rappresentati?
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............................................................................................................
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36 Gli Antichi Romani, della collana “La vetrina delle civiltà”, Editrice
Giunti, Firenze, 1996
Immagine tratta da, Gli Antichi Romani, op.cit, pagg. 16-17
Traccia per il lavoro di gruppo N. 3
209
SCHEDA 4
Nel testo vengono citati alcuni prodotti di importazione che
giungevano a Roma dalle varie parti dell’impero. Quali sono?
Evidenziali nella seguente scheda37 indicando anche la loro
provenienza.
Utilizzando il materiale di cui disponi, scrivi un breve testo
indicando il tema affrontato nella ricerca, i principali prodotti di
importazione e i rispettivi paesi di provenienza, i fattori che
favorivano i traffici commerciali, illustrando sulla cartina …le rotte
seguite dalle varie merci.
37 ibidem
Immagine tratta da: Gli Antichi Romani, op.cit.,pagg. 60-61
Traccia per il lavoro di gruppo N. 4
210
SCHEDA 5
“Occupare il tempo del pomeriggio non era un problema per i
romani, i quali potevano contare sempre sullo svolgimento di
qualche spettacolo circense o teatrale indetto in occasione delle
varie festività che erano numerosissime. I giochi per eccellenza
erano quelli del circo: circenses. Essi si svolgevano in edifici
espressamente costruiti per questo scopo: enormi piste rettangolari
i cui lati minori si curvavano ad emiciclo con tre ordini di
gradinate, al cui interno si svolgevano gare di corsa con i cavalli,
l’interesse per le quali era rinnovato da tutte le acrobazie di cui
erano capaci i fantini: qualche volta conducevano due cavalli
contemporaneamente e dovevano saltare dall’uno all’altro; oppure
stando a cavallo dovevano manovrare armi o simulare dei
combattimenti; dovevano tenersi successivamente a cavalcioni,
inginocchiati e coricati sul cavallo al galoppo, raccogliere al volo
da terra un drappo appoggiato sulla pista o superare con un salto
prodigioso un carro attaccato a quattro cavalli.
Molto amato tra i romani era anche il teatro, tanto che il più
piccolo dei teatri della Roma imperiale era molto più grande di
tanti teatri di oggi a dimostrare che la passione per la scena, pur
essendo tra i romani meno imperiosa di quella per le corse, era
comunque molto trascinante. Infatti quando la città di Roma
cominciò ad avere teatri permanenti, il mondo da essa governato si
riempì di questo tipo di edifici cosicché ancora oggi l’archeologia
ci restituisce resti evidenti di queste costruzioni monumentali in
varie parti del mondo.
Nell’epoca di cui ci occupiamo, vanno annoverati tra i divertimenti
più consueti e popolari dei romani i cosiddetti munera, o giochi
gladiatori.
Essi costituirono uno spettacolo altrettanto ufficiale e obbligatorio
quanto i ludi del teatro o del circo, e spettacolo imperiale per
Traccia per il lavoro di gruppo N. 4
211
SCHEDA 5
eccellenza, per cui gli imperatori destinarono loro grandiosi edifici
la cui forma, nata quasi per caso, e ripetuta in centinaia di
esemplari, ci appare oggi come una creazione nuova e possente
dell’architettura imperiale: gli anfiteatri.
Infatti fino alla metà del I sec. a.C., i munera venivano
rappresentati nel circo, all’interno dei teatri o su palchi di
palizzate eretti per l’occasione e demoliti il giorno dopo. Questo
finché si pensò di costruire due teatri in legno riuniti faccia a
faccia in modo che i due emicicli formassero un unico ovale. Fu
poi grazie ad Augusto che questa costruzione provvisoria in legno
venne realizzata in pietra e chiamata dagli scrittori di quell’epoca:
amphitheatrum.
Il più antico degli anfiteatri permanenti venne costruito a Roma nel
29 a.C. dalla famiglia di un principe ma venne distrutto in un
incendio nel 64 d.C. Così gli imperatori che si succedettero alla
metà del I sec d.C. decisero di sostituirlo con un altro di forma
simile e di pianta più vasta. Nell’80 venne terminato l’anfiteatro
Flavio meglio noto con il nome di Colosseo. Proprio all’interno di
questa imponente architettura i romani assistevano ai loro
quotidiani giochi sanguinari.
Nell’epoca di cui ci occupiamo, infatti, l’organizzazione dei
munera era perfetta.
Nei municipi italici e nelle città di provincia, i magistrati locali,
obbligati ogni anno ad organizzare i munera, si rivolgevano ad
impresari specializzati, i lanisti, i quali offrono i gladiatori per i
combattimenti. I gladiatori, che vivevano all’interno di scuole di
allenamento, erano mantenuti con il denaro dei lanisti, allettati
dalle ricompense in caso di vittoria.
A Roma invece esistevano degli stabilimenti ufficiali, una sorta di
caserme dove vivevano anche i branchi di bestie selvagge e di
Traccia per il lavoro di gruppo N. 4
212
SCHEDA 5
animali straordinari, che le province soggette mandano
all’imperatore per riempire il suo serraglio. Qui stava un vero e
proprio esercito di combattenti, i gladiatori, reclutati tra coloro
che erano stati condannati alle condanne capitali o catturati in
guerra.
I gladiatori che compongono questo esercito, sono divisi in
istruttori e allievi, e destinati secondo le loro attitudini fisiche ad
armi differenti. In genere i munera duravano dall’alba al tramonto
o anche fino a notte fonda, e dovevano variare gli aspetti, quindi i
gladiatori erano addestrati a combattere nell’acqua, sulla
terraferma, erano chiamati a misurarsi con le bestie feroci o a
battersi tra di loro.
Alla vigilia di ogni manifestazione, un abbondante banchetto, che
molti doveva essere l’ultimo pasto, riuniva i combattenti
dell’indomani. Il giorno dopo il munus iniziava con una parata in
cui i gladiatori entravano nel colosseo su di un carro, facevano il
giro dell’arena in ordine militare, sontuosamente vestiti, con le
mani libere ma seguiti da valletti che portavano le loro armi.
Arrivati di fronte al palco imperiale i gladiatori rivolgevano il loro
omaggio al principe. Seguiva l’esame delle armi per togliere di
mezzo le spade che avessero delle imperfezioni; quando le armi
erano state distribuite, venivano formate le coppie dei duellanti
tirando a sorte i nomi. Su ordine del presidente del munus, si
iniziava a suon di musica la serie dei duelli.
Questi spettacoli, che allettavano tanto i romani si protrassero per
un periodo molto lungo e solo nel IV sec d.C. vennero
definitivamente proibiti.” 38
38 cfr.. J.Carcopino, La vita quotidiana a Roma, op. cit. ,pagg 264-283
Traccia per il lavoro di gruppo N. 4
213
SCHEDA 5
Qual è il tema principale trattato nel testo?
............................................................................................................
Ritieni di poterlo suddividere ulteriormente in sottotemi?
Se sì, quali?
............................................................................................................
............................................................................................................
Sottolinea nel testo le parti in cui vengono decritti i principali tipi
di divertimento diffusi tra i Romani.
Di quale città in particolare si parla nel brano?
............................................................................................................
Pensi che alcune di queste possano considerarsi valide anche per un
centro periferico come Suasa?
Da cosa lo puoi dedurre?
............................................................................................................
............................................................................................................
In quale parte della giornata puoi collocare questo “tempo del
divertimento”?
............................................................................................................
A quale epoca della storia romana si riferiscono le informazioni
desumibili dal brano?
............................................................................................................
Nel testo vengono citate, direttamente o indirettamente, delle fonti
o dei reperti a sostegno delle informazioni fornite?
Se sì, quali?
Traccia per il lavoro di gruppo N. 4
214
SCHEDA 5
............................................................................................................
............................................................................................................
Utilizzando le riflessioni raccolte, scrivi un breve testo riguardante
i divertimenti e i giochi più diffusi tra la popolazione, i luoghi in
cui si svolgevano, le modalità di svolgimento, quando era possibile
assistervi riportando le conti citate nei materiali consultati.
Prova a commentare per iscritto il seguente grafico:
I I II III IV V VI
Costruzione del teatro Flavio o Colosseo
Periodo di maggior splendore dei munera gladiatoria
Periodo dell’Impero
80
0 dC aC
Traccia per il lavoro di gruppo N. 5
215
SCHEDA 6
“Nei giorni in cui non c’erano gli spettacoli offerti dal principe o
dai magistrati, i romani non avevano certamente difficoltà ad
occupare il loro pomeriggio. Il passeggio e il gioco, e poi gli
esercizi e i bagni nelle terme, li facevano arrivare senza troppa
noia fino alla cena, pasto che concludeva la loro giornata
immediatamente prima del sonno della notte. A prima vista le vie
intasate della Roma imperiale non si prestavano affatto alle
passeggiate: il pedone era impacciato dalle bancarelle, urtato
dagli altri pedoni, infangato dai cavalieri, infastidito dai
mendicanti che stazionavano lungo i pendii, sotto le arcate, sopra i
ponti, maltrattato dai militari che, occupando la parte alta del
marciapiede, avanzavano come in terra di conquista e
naturalmente piantavano i chiodi delle loro scarpe nei piedi di quei
borghesi che erano stati tanto temerari da non cedere loro il passo.
Però, a tutta prima, la vista di questo incessante e molteplice flusso
doveva costituire in se stessa un piacere. In quella marea che
trascinava il passante, scorrevano con lui tutte le nazioni della
terra abitata i venditori ambulanti con le loro cianfrusaglie, i
giocolieri e gli incantatori di serpenti con i loro giochi di abilità.
Se poi, malgrado fosse vietato circolare con le vetture in pieno
giorno, qualcuno aveva la possibilità di non camminare a piedi,
ma di muoversi a cavallo di una mula o adagiato su una lettiga o
su una portantina, poteva osservare tutto quel brulichio senza
patirne l’incomodo. I pedoni comunque, potevano trovare riparo
dal sole o dalle pioggia sotto i numerosi portici che
fiancheggiavano le vie o circondavano le piazze: questi erano dei
veri e propri monumenti, freschi di verde e di ombre, pieni di opere
d’arte, di affreschi che tappezzavano i loro muri di fondo, di statue
che decoravano i loro intercolunni e i cortili interni.
Traccia per il lavoro di gruppo N. 5
216
SCHEDA 6
All’ombra dei colonnati, i romani oziosi passeggiavano, cercavano
di sapere le ultime notizie o i pettegolezzi, oppure si dedicavano ai
giochi che, sebbene fossero stati proibiti dalle legge, erano in
realtà praticati nella vita di tutti i giorni.
Si facevano partite a dadi, a testa o croce, a pari o dispari. Vi sono
numerosi bassorilievi raffiguranti fanciulli che giocano alle noci,
che per gli antichi tenevano il posto delle biglie, e che era
un’esclusiva della prima adolescenza.
Chi poi riteneva il gioco degli scacchi troppo complicato o troppo
ingombrante per il materiale necessario (una scacchiera di
sessanta quadrati e pedine di formato e colore diversi), ripiegava
su un rudimentale gioco di dama che si improvvisava in qualunque
posto, con qualche riga tracciata sul suolo o incisa sul pavimento.
Comunque, per sua fortuna, al popolo romano non mancavano le
possibilità di far miglior uso del suo tempo libero: con la
costruzione delle terme gli imperatori offrirono loro una
ricreazione nel vero senso della parola. Le terme associate alla
palestra dove i corpi acquistano elasticità e i bagni, dove si
detergono di ogni sudiciume, è una cosa specificatamente romana.
Con le terme il regime imperiale pose l’igiene all’ordine del giorno
dell’Urbe e alla portata delle masse e fece degli esercizi e delle
cure del corpo un piacere gradito a tutti e uno svago accessibile ai
più umili. Durante il II sec. i bagni pubblici, distinti naturalmente
per gli uomini e le donne, apparvero in tutta Roma. Se ne
costruirono in ogni quartiere e da un censimento del 33 a.C. ne
risultano 170 in tutta Roma, destinati ad aumentare avvicinandosi
al migliaio.
Il prezzo richiesto per accedervi era minimo e tale restò.
Le terme in realtà non erano solo degli edifici dove si potevano
provare le più diverse forme di bagni: l’essudazione a secco e il
Traccia per il lavoro di gruppo N. 5
217
SCHEDA 6
bagno propriamente detto, il bagno freddo e il bagno caldo, le
piscine e le vasche individuali; erano dei veri complessi
architettonici, quasi dei quartieri, con portici animati di gente,
innumerevoli botteghe, giardini e passeggiate, stadi, saloni da
riposo, palestre e locali per il massaggio, e perfino biblioteche e
veri e propri musei.
Tra gli edifici termali più imponenti costruiti a Roma ricordiamo le
cosiddette Terme di Caracolla costruite intorno alla metà del III
sec. d.C.
Al centro si levavano gli edifici delle terme propriamente dette, con
i serbatoi d’acqua portata dagli acquedotti, con il sistema preciso
e complesso dei forni che trasmettevano, ripartivano e dosavano il
calore nelle sale in cui era inegualmente distribuito.
Vicino all’entrata erano disposti gli spogliatoi in cui i bagnanti
venivano a svestirsi. Poi il tepidarium, larga stanza a volta, la cui
temperatura, soltanto intiepidita, stava tra il frigidarium a nord e il
caldarium a sud. Il frigidarium, certamente troppo vasto per essere
coperto, conteneva la piscina in cui si immergevano i bagnanti. Il
caldarium che veniva preceduto da camere la cui alta temperatura
provocava una traspirazione da bagno turco, formava una rotonda
illuminata dal sole di mezzogiorno e del pomeriggio, riscaldata dai
vapori circolanti tra le suspensurae poste sotto il pavimento; essa
era circondata da piccole sale in cui ci si poteva bagnare
singolarmente, e a sua volta racchiudeva una gigantesca vasca di
bronzo, la cui acqua era mantenuta al grado richiesto di calore per
mezzo del forno collocato immediatamente sotto la vasca, al centro
dell’ipocausto che riscaldava la sala. Infine, questo gigantesco
dispositivo, era affiancato da palestre – a loro volta collegate con
scolae – in cui i bagnanti, già svestiti, potevano dedicarsi agli
esercizi preferiti.
Traccia per il lavoro di gruppo N. 5
218
SCHEDA 6
Ma v’è di più: questo imponente complesso di edifici era
circondato da una spianata, fresca d’ombra e di fontane, destinata
a campo da gioco e fiancheggiata da un ininterrotto portico dietro
al quale si trovavano le sale di ginnastica, le sale delle biblioteche
e delle esposizioni.
Proprio in questo consisteva la vera originalità delle terme: la
cultura fisica associata alla curiosità intellettuale.
Gli esercizi ginnici, di solito precedevano il bagno che si divideva
in tre momenti distinti: in primo luogo il bagnante coperto di
sudore se ne andava, se non lo aveva già fatto, a svestirsi in uno
degli spogliatoi, dello stabilimento termale, poi entrava in uno dei
sudatoria che fiancheggiavano il caldarium, e in quell’atmosfera di
calori surriscaldati attivava la traspirazione: era il bagno a secco;
poi entrava nel caldarium, dove la temperatura era sempre elevata
e nella quale poteva anche aspergere la pelle madida di sudore con
acqua caldissima e poi raschiarla con lo strigile. Quando era
pulito e asciutto, ritornava sui suoi passi, si fermava nel
tepidarium per graduare il passaggio di temperatura e finalmente
correva a gettarsi nella piscina dell’acqua fredda del frigidarium.” 39
Di quale città in particolare si parla nel testo?
............................................................................................................
Questa viene chiamata anche con il termine URBE. Urbs, in latino,
significa infatti città e Urbe, con la U maiuscola indica la città più
importante, la città per eccellenza che per i Romani era la loro
capitale.
Quali sono gli argomenti o temi trattati nel testo?
39 cfr.. J.Carcopino, La vita quotidiana a Roma, op. cit. ,pagg 284-301
Traccia per il lavoro di gruppo N. 5
219
SCHEDA 6
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............................................................................................................
............................................................................................................
Quali sono i giochi citati?
............................................................................................................
Tra quelli elencati nel brano ve ne sono alcuni conosciuti e praticati
ancora oggi?
............................................................................................................
L’abitudine di frequentare le terme, oltre ad essere molto diffusa,
caratterizzò la vita dei Romani per un periodo abbastanza lungo.
Quali date vengono indicate nel testo che ti possono aiutare a
definire la durata, anche approssimativa, di questo periodo?
............................................................................................................
Nella descrizione delle Terme di Caracolla vengono utilizzati molti
termini latini. Componi una specie di glossario elencando queste
parole e corredandole di una semplice spiegazione che puoi trovare
nel testo.
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............................................................................................................
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Traccia per il lavoro di gruppo N. 5
220
SCHEDA 6
Osserva l’immagine che riproduce il complesso termale delle terme
di Caracolla e prova a rintracciare i vari ambienti nominati nel
testo.
Dal testo si capisce che la frequentazione delle terme era per i
Romani un abitudine giornaliera e anche che veniva praticata senza
distinzione di classe o ceto sociale.
Se ben ricordi , anche nello studio della Domus di Suasa è stato
possibile rilevare la presenza di spazi dedicati ai bagni, alla pulizia
e alla cura personale del corpo.
Come veniva definita la zona della Domus utilizzata per questo
scopo?
............................................................................................................
Figura tratta da Gli antichi romani, op.cit., pagg. 34-35
Traccia per il lavoro di gruppo N. 5
221
SCHEDA 6
Ricordi quali ambienti comprendeva? (confronta la piantina che ti è
stata fornita all’inizio del lavoro e rileggi le informazioni presente
nel testo riguardante la storia delle varie fasi evolutive della
Domus).
............................................................................................................
............................................................................................................
........................................................................................................
Che titolo daresti al testo?
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Traccia per il lavoro di gruppo N. 6
222
SCHEDA 7
“Dopo la fatica tonificante delle terme, veniva il pranzo. Il sole
inclina già sull’orizzonte, e non abbiamo ancora visto i romani a
tavola. Nell’epoca di cui ci occupiamo, alcuni romani avevano
mantenuto l’abitudine dei tre pasti, ma per la maggior parte, dopo
aver trangugiato un bicchier d’acqua sopprimevano per consiglio
dei loro igienisti uno dei due primi pasti; il jientaculum, che poteva
essere costituito da pane e formaggio, e il prandium, che talvolta si
riduceva a un pezzo di pane, accompagnato di solito da carne
fredda, verdura e frutta, innaffiati con un po’ di vino. Erano
evidentemente l’uno e l’altro, pasti freddi presi in fretta e furia, e il
solo pasto degno di questo nome, era per tutti il desinare della
sera: la cena.
Fino a sera facevano quasi a meno di mangiare.
L’ora dell’inizio della cena era quasi per tutti la stessa e veniva
dopo il bagno. Invece, l’ora in cui la cena terminava differiva
secondo che si trattasse di un desinare senza pretese o di un festino
in gran pompa, a seconda che si avesse a che fare con un ospite
frugale o con un mangione.
Di regola, una cena decente doveva finire prima che fosse notte
fonda.
La cena, qualunque ne sia la durata, ha sempre luogo, quando
viene offerta da gente agiata, in una stanza a parte della casa o
dell’appartamento: il triclinium che trae il suo nome dal letto a tre
posti sui quali i convitati si distendevano.
Questo particolare era un segno di eleganza e di superiorità
sociale: il mangiare seduti andava bene un tempo per le donne che
stavano ai piedi dei loro mariti, ma ora che le matrone prendevano
posto a fianco degli uomini sui triclinia, restavano a sedere
soltanto i ragazzi, per i quali venivano disposti degli sgabelli,
davanti al letto del padre e della madre; oppure gli schiavi, che
Traccia per il lavoro di gruppo N. 6
223
SCHEDA 7
ricevevano dai loro padroni l’autorizzazione a stendersi con loro
solo nei giorni di festa. Intorno a una tavola quadrata, di cui un
lato restava libero per il servizio, erano disposti tre letti inclinati
ricoperti con materassi e coperte. I servitori portavano piatti e
coppe sopra le tavole, i convitati avevano a loro disposizione
coltelli stuzzicadenti e cucchiai di forme diverse: il mestolo, il
cucchiaio e un cucchiaino a punta con cui vuotavano uova e
conchiglie. I romani non usavano la forchetta, e poiché
mangiavano con le mani, erano costretti a frequenti lavaggi: prima
del pasto e poi, dopo ogni portata.
Durante il banchetto venivano stappate anche anfore di vino, che
veniva filtrato nel cratere con un passino e quasi mai bevuto da
solo, ma miscelato con acqua raffreddata con la neve oppure
anche preventivamente riscaldata.
Sebbene molti banchetti durassero anche ore e fossero intervallati
da concerti, giochi e spettacolini, avremmo torto a generalizzare.
Infatti molti romani erano abituati a trasformare il pranzo che
coronava la giornata in una festa discreta e piacevole ma anche
misurata e semplice.40
Qual è l’argomento generale o tema di cui si parla nel testo?
............................................................................................................
Quanti e quali sono i principali pasti che i romani consumavano
abitualmente durante il giorno?
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A quali momenti della giornata corrispondevano?
40 cfr.. J.Carcopino, La vita quotidiana a Roma, op. cit. ,pagg 301-313
Traccia per il lavoro di gruppo N. 6
224
SCHEDA 7
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Qual era lo spazio domestico in cui veniva consumata la cena?
Come era arredato?
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Nel testo vengono nominate le principali stoviglie utilizzate durante
il pasto ed altre suppellettili da cucina. Osserva la scheda di pagina
122 e cerca di individuare nelle immagini alcuni degli oggetti di cui
parla il testo.
Traccia per il lavoro di gruppo N. 6
225
SCHEDA 7
L’immagine sotto ti mostra alcuni prodotti consumati a tavola dai
Romani.
Quali riconosci?
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............................................................................................................
Quale titolo daresti al testo?
............................................................................................................
Figura tratta da, gli antichi romani, op. cit., pag 46.
Traccia per il lavoro di gruppo N. 6
226
SCHEDA 7
Dopo aver socializzato l’esito dei lavori condotti all’interno di ogni
gruppo prova insieme ai tuoi compagni di classe a trasformare i
sottotemi affrontati nel brano in INDICATORI di civiltà e a
compilare la seguente tabella con i dati emersi dalla lettura.
TEMI AFFRONTATI NEL TESTO INFORMAZIONI FONTI
LA DIVISIONE DEL TEMPO
L’ABBIGLIAMENTO
ARREDAMENTO DOMESTICO
OGGETTI ORNAMENTALI E SUPPELLETTILI ARREDAMENTO
DOMESTICO
I DIVERTIMENTI
LAVORI E MESTIERI
ORGANIZZAZIONE SOCIALE
TRAFFICI COMMERCIALI E
RAPPORTI CON ALTRI POPOLI
ALIMENTAZIONE
Traccia per il lavoro di gruppo N. 6
227
SCHEDA 7
Utilizzando il materiale prodotto nelle precedenti fasi di lavoro
ricostruisci la giornata tipo di un cittadino romano al tempo
dell’impero. Correda le varie fasi di immagini esemplificative prese
dai testi esaminati in classe durante il lavoro e di una breve
didascalia.
229
CONCLUSIONE
A completamento di questo lavoro mi sembra opportuno
soffermare l’attenzione su alcuni elementi significativi che sono
emersi dalla proposta didattica appena illustrata, dalle
considerazioni teoriche che l’hanno preceduta e che riguardano
principalmente il mestiere di insegnante in rapporto alla storia.
Tali considerazioni dovranno necessariamente tener conto
degli scenari in evoluzione che la scuola si trova ad affrontare in
questo momento per la progressiva attuazione della riforma
scolastica avviata con la Legge N. 53 del marzo 2003,
accompagnata da una serie di documenti diffusi un po’ alla
spicciolata che non hanno ancora raggiunto la loro redazione
definitiva, con i quali è tuttavia opportuno ricercare alcuni elementi
di convergenza e, ove non fosse possibile, dei punti di confronto e
di mediazione.
Questo anche in considerazione del fatto che i parametri
istituzionali di riferimento dei quali si è tenuto conto fino a questo
momento nella programmazione delle attività educative e
didattiche delle discipline (tra cui anche la storia), sono quelli
individuati dai Programmi dell’ ’85, i Programmi ancora in vigore
e che, qualora “superati” dalle Nuove Indicazioni per i Piani di
Studio Personalizzati, resteranno comunque un documento
fondamentale per le valenze cognitive e psico-pedagogiche che
sono a loro fondamento.
Dopo questa “premessa conclusiva”, (mi sia consentito
l’ossimoro) passo dunque ad illustrare le riflessione che il lavoro
mi sollecita.
In primo luogo emerge con evidenza la necessità che ogni
itinerario didattico trovi piena legittimazione in una proposta
230
teorica fondata, rispettosa dell’impianto disciplinare e per questo
capace di garantire conseguenti percorsi metodologici corretti e
lontani da ogni improvvisazione.
Ciò non significa “imbrigliare” la creatività didattica di un
insegnante, al contrario significa garantire ai nostri alunni una
competenza più elevata e maggiori possibilità di riuscita nello
studio, anche futuro, della storia.
In tal senso il lavoro di ricerca riguardante la Domus di Suasa
e la successiva costruzione del quadro di civiltà, si ispirano
fortemente al Curricolo delle operazione cognitive che, prevedendo
una progressiva formazione delle competenze necessarie allo studio
della storia, individua quale obiettivo fondamentale da perseguire
fin dal primo anno della scuola elementare, l’attivazione di
operatori cognitivi e di abilità di ragionamento e propone tutta una
serie di attività funzionali al loro raggiungimento.
Tuttavia un’educazione storica in cui le conoscenze siano
finalizzate al raggiungimento di competenze attraverso le abilità
deve poter contare su contesti istituzionali adeguati, flessibili, non
rigidi e prescrittivi, sia dal punto di vista dei “contenuti” o meglio
delle conoscenze da costruire, che da quello delle competenze da
attivare.
Secondariamente si rilancia la necessità di rivalutare l’attività
di mediazione didattica quale elemento irrinunciabile e realmente
qualificante del mestiere di insegnante.
Nel corso della visita alla Domus di Suasa, i bambini sono
stati guidati e sostenuti dai materiali predisposti in fase di
programmazione, e le schede di lettura dei reperti, preventivamente
illustrate in classe nella loro struttura e nelle modalità di
compilazione, li hanno aiutati a svolgere l’intero percorso senza
troppe difficoltà e in maniera autonoma. Inoltre l’aver previsto
231
anticipatamente e in maniera abbastanza circostanziata sia le tappe
del percorso che i materiali da utilizzare via via, ha consentito di
rispettare i tempi di lavoro che erano stati preventivati e non ha
lasciato spazio per cadute di interesse.
Altro elemento interessante scaturito dal lavoro con le classi e
su cui si invita a riflettere riguarda la dimensione sociale e
cooperativa dell’apprendimento tra pari.
Fondamentali in questo senso sono stati i momenti in cui i
ragazzi erano chiamati a lavorare e a riflettere insieme, in gruppo,
sui materiali a loro disposizione e sui dati raccolti nelle varie fasi di
ricerca. La rilevazione delle preconoscenze della classe rispetto
all’argomento di studio, la rielaborazione collettiva delle
informazioni dirette e la formalizzazione delle informazioni
inferenziali successive alla visita e al contatto con le fonti,
divenivano nelle conversazioni guidate un patrimonio di
conoscenza del gruppo e un punto di accesso al sapere storico che i
ragazzi vedevano concretizzarsi.
La frequentazione quotidiana delle aule scolastiche e la
sperimentazione di lavori simili a quello presentato danno un forte
sostegno all’idea che un’esperienza di apprendimento storico che
passa attraverso la pratica della ricerca e la conoscenza storica
testuale resa egualmente operativa da metodiche adeguate, dà ai
ragazzi la percezione che il sapere storico possa essere veramente
costruito in maniera significativa e motivante, e non solo assorbito
e ricordato (o forse “dimenticato” ).
L’idea di conoscenza come costruzione, proposta anche nel
titolo del lavoro che si va a concludere, è l’idea che il termine
“costruzione” ha nel suo significato primario, rintracciabile nella
232
definizione fornita dal dizionario41, ovvero quello di “insieme di
atti grazie ai quali si dà forma a qualcosa mettendo insieme le varie
parti opportunamente disposte” .
41 cfr. , Il Nuovo Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana, di Nicola
Zingarelli, Zanichelli, bologna, 1987.
233
BIBLIOGRAFIA Per la prima parte del lavoro riferita agli aspetti teorici e alla dimensione storiografica: F. Braudel, Storia, misura del mondo, Bologna, Il Mulino, 1998. F. Braudel, Il mondo attuale, Torino, Einaudi, 1966. F. Braudel, Civiltà materiale, economia e capitalismo. Le strutture del Quotidiano (secoli XV – XVIIII), Torino, Einaudi, 1982. J. Tosh, Introduzione alla ricerca storica, La nuova Italia, Firenze, 1990. E. H. Carr, Sei lezioni sulla storia, Torino, Einaudi, 1966. Burston e Thompson, Struttura e insegnamento della storia, Roma, Edizioni Armando, 1971. Per le problematiche psicopedagogiche e didattiche: C. Pontecorvo, A.M. Ajello, C. Zucchermaglio, Discutendo si impara, Roma, La nuova Italia, 1991. H. Gardner, Educare al comprendere. Stereotipi infantili e apprendimento scolastico, Milano, Feltrinelli, 1993. L Corrà – v. Deon, Maxima debetur puero reverentia, Quaderno Giscel n. 17, Firenze, La Nuova Italia, 1997. A cura di F. Frabboni, R. Maragliano, B. Vertecchi, Il bambino della ragione, Firenze, La Nuova Italia, 1997.
234
Per il quadro istituzionale di riferimento: Programmi didattici della scuola primaria, Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, Roma, 1985. Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati, Stampa Arti Grafiche Boccia, Salerno, 2003. Profilo educativo, culturale e professionale dello studente alla fine del primo ciclo di istruzione (6 – 14 anni), Stampa Arti Grafiche Boccia, Salerno, 2003. Raccomandazioni per la comprensione e l’attuazione dei documenti della riforma (Profilo educativo, culturale e professionale e Indicazioni Nazionali per i Piani di studio personalizzati), Direzione generale degli ordinamenti – Ministero dell’Istruzione. Per le questioni riguardanti la didattica della storia: S. Guarracino – D. Ragazzini, L’insegnamento della storia, La Nuova Italia, Firenze, 1991. P. Sandri, La didattica del tempo convenzionale, Milano, Franco Angeli Editore, 1997. P. Roseti ( a cura di ), Storia geografia, studi sociali, in “Quaderno dell’IRRSAE Emilia Romagna, Bologna, 1988. IRRSAE Lombardia, Sperimentazione dei Nuovi Programmi in classi pilota di scuola elementare. Storia: educazione temporale nel primo ciclo, Quaderno di lavoro n. 5, dicembre 1986. I. Mattozzi, La cultura storica: un modello di costruzione, Faenza, Faenza Editrice, 1990. I. Mattozzi, ( a cura di ), Un curricolo per la storia, Bologna, cappelli, 1990. J. Le Goff, Ricerca e insegnamento della storia, La Nuova Italia, Firenze, 1991. CD rom a cura di I.Mattozzi – G.Di Tonto, Insegnare storia, Corso Ipertestuale per l’aggiornamento in didattica della storia, Ministero
235
della Pubblica Istruzione e Università degli studi di Bologna, Dipartimento di Discipline Storiche. Per le problematiche relative alla ricerca storico – didattica: I. Mattozzi, La ricerca storico – didattica: un gioco da ragazzi, relazione dal IV corso di aggiornamento per insegnanti di storia sul Curricolo delle operazioni cognitive, Arcevia, 1998. P. Falteri e M. Giovanna Lazzarin, (a cura di), Storia di segni, storia di immagini, Firenze, La nuova Italia, 1990. P. Falteri e M. Giovanna Lazzarin, (a cura di), Tempo, memoria, identità, Firenze, La nuova Italia, 1986. Per la costruzione del quadro di civiltà dell’antica Roma: J. Carcopino, La vita quotidiana a Roma all’apogeo dell’Impero, Editori Laterza, Bari, 2001. Gli Antichi Romani, collana “La vetrina delle civiltà”, edizioni Giunti, Firenze 1996. I Romani, collana “Popoli del passato”, A. Vallardi, Garzanti Editore, 1981. P. L. Dall’Aglio e S. De Maria, Nuovi scavi e ricerche sulla città romana di Suasa (Ancona)- relazione preliminare, estratto da PICUS studi e ricerche sulle marche nell’antichità, VIII, 1988. P. L. Dall’Aglio e S. De Maria, Scavi nella città romana di Suasa -Seconda relazione preliminare, estratto da PICUS studi e ricerche sulle marche nell’antichità, XIV- XV- 1994-1995.
Pier Luigi Dall'Aglio, Sandro De Maria, Amelia Mariotti, Archeologia delle valli marchigiane Misa, Nevola e Cesano, Perugia, Electa Editori Umbri, 1991.
236
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