Zona SISMica - Settembre 2015/September 2015

26
NUMERO 26|SETTEMBRE 2015 NUMBER 26| SEPTEMBER 2015 www.sism.org “Give me one good reason Why I should never make a change...” George Ezra

description

Numero 26 - Settembre 2015 Number 26 - September 2015

Transcript of Zona SISMica - Settembre 2015/September 2015

Page 1: Zona SISMica - Settembre 2015/September 2015

NUMERO 26|SETTEMBRE 2015NUMBER 26| SEPTEMBER 2015

www.sism.org

“Give me one good reason Why I should never make a change...”

George Ezra

Page 2: Zona SISMica - Settembre 2015/September 2015

LA REDAZIONECoordinatore di ProgettoMaria Luisa Ralli - Sede Locale di Siena

RedazioneIlaria Rossiello - Sede Locale di AnconaCarlo Chessari - Sede Locale di CataniaCaterina Pelligra- Sede Locale di ParmaNoemi Streva - Sede Locale di SienaStefania Panebianco - Sede Locale di Messina Lucia Panzeri - Sede Locale di Monza

Publications Group CoordinatorPaolo Miccichè - Sede Locale di Palermo

info: [email protected]

SISMIl SISM - Segretariato Italiano Studenti in Medicina è un’associazione no-profit creata da e per gli studenti di medicina.

Si occupa di tutte le grosse tematiche sociali di interesse medico, dei pro-cessi di formazione di base dello studente in medicina, degli ordinamenti che regolano questi processi, dell’aggiornamento continuo dello studen-te e riesce a realizzare tutto ciò attraverso il lavoro di figure preposte a coordinare i diversi settori sopraddetti sia a livello locale che nazionale.

Il SISM è presente in 37 Facoltà di Medicina e Chirurgia sparse su tutto il territorio.

Aderisce come membro effettivo all’IFMSA (International Federation of Medical Students’ Associations), forum di studenti di medicina provenienti da tutto il mondo riconosciuto come Associazione Non Governativa presso le Nazioni Unite.

www.sism.org

Numero 26 | Settembre 2015

2

Page 3: Zona SISMica - Settembre 2015/September 2015

EDITORIALE di Maria Luisa RalliIL SALUTO DEL PGC di Paolo Miccichè 4LE 10 COSE DA NON DIRE AI MEMBRI DI UN CONSIGLIO ESECUTIVO

di Carlo Chessari 5MESSICO E... SCOME/ MEXICO AND.. SCOME/ MEXICO Y... SCOME

di/by Abirán Jonson Galicia, Lucia Panzeri 7ADDICTED TO WEB di Dario Genovese 11DOPO LA TEMPESTAdi Anonimo 15IL LAMENTO DELLA PACE NELL’ETÀ DELLA GUERRA.

di Simone Agostini 18ONCE EXCHANGE, ALWAUS EXCHANGE!

di Caterina Pelligra 23

INDICE

www.sism.org

Numero 26 | Settembre 2015

3

Page 4: Zona SISMica - Settembre 2015/September 2015

EDITORIALE SETTEMBRE 2015

Ben ritrovati SISMici dopo questa lunga pausa estiva. Siete pronti a rituffarvi nella vita

universitaria? Ci pensa ZS a risollevarvi il morale con il suo ricchissimo numero di Settembre.

Carlo Chessari ha redatto un decalogo de “le 10 cose da non dire a un Segretario,a un

Amministratore e un Incaricato Locale” e se fossi in voi le seguirei proprio alla lettera.

Caterina Pelligra ci racconta la sua Clerkship ungherese con parole cariche di emozioni in “Once

Exchange, Always Exchange”

Simone Agostini ci parla della guerra oggi e di come il sistema sanitario sia

messo sotto attacco

dalle dinamiche che si vengono a istau-rare ne “il Lamento della Pace nell’età della guerra”.

In “Dopo la tempesta” un’autrice anoni-ma, ci racconta la sua esperienza toc-cante del cancro al

seno.

Lucia Panzeri, assieme al Lome messi-cano Abirán Jonson Galicia…. Ci parla della “Scome e …il

Messico”

In “addicted to Web”,Dario Genovese ci parla della IAD “Internet Addiction Dis-order”… e vi

propone un simpatico test per misurare la vostra dipendenza!!

Buona lettura!!

EDITORIALE

Maria Luisa Ralli

www.sism.org

Numero 26 | Settembre 2015

PGC’S WELCOMEPaolo Miccichè

Hello to everybody!If you are in “summer sadness”, Zona SISMica it’s back to comfort you with all new articles!

In the previous number we had articles in double language! This time we have an article with three different languages! Italian, english, and Spanish! This time it’s the turn of the interview to a Mexican LOME who’ll show us a dif-ferent point of view! You can identify the triple-languages ar-ticle looking for “Ita- span-english Flag” in the index (next page) or in the pages of the magazine!

It’s a great honor for me introduce two foreign languages hoping Zona SISMica will be spread in the world!

You’ll see our topic are various and we can space from nice and fun articles to deep pieces of huge importance! Don’t forget, you can find on ISSUU plat-form or at www.zonasismica.sism.org

Don’t be too sad if summer is finished, Zona SISMica it’s here to make you pass faster this month!

4

Page 5: Zona SISMica - Settembre 2015/September 2015

www.sism.org

Numero 26 | Settembre 2015

5

LE 10 COSE DA NON DIRE AD UN SEGRETARIO, AMMINISTRATORE E INCARICATO LOCALE

L’estate è agli sgoccioli e con essa le attività di svago e il relax. E’ risaputo che anche le letture cambiano durante la stagione, pertanto si lasciano libri e riviste impegnate da parte, si passa alla lettura di argomenti volentieri trascu-rati durante l’anno (gossip, oroscopo...) e il massimo della cultura a cui si giunge è la Settimana Enigmistica. Tipicamente estivi sono gli articoli puntati o numer-ati, che assecondano l’ozio del lettore, alla ricerca di argomenti facilmente di-geribili e attento a non stancare la vis-ta, ponendo l’attenzione soprattutto sui mitici “classificoni” delle hit più ballate o delle località più frequentate. Zona SISMica non vuole essere da meno, quin-di ecco a voi una semiseria classifica es-tiva sui peggiori incubi di un CE locale: le 10 cose da non dire a un Segretario, a un Amministratore e a un Incaricato Locale.

Segretario Locale10) “Quindi se lui è il capo (indcan-do l’IL), lui è il tesoriere (indicando l’AL)... tu, cosa fai?”Gestisco la sede, apro, chiudo, pulisco. Da piccolo volevo fare l’usciere [cit.].9) “A cosa posso accedere con la tessera?”Alle offerte esclusive per te riserv-ate: 10% di sconto sul trattamento benessere, bibita omaggio se prendi la pizza da Gennarino. Inoltre, nel-la nostra esclusiva area clienti al-tre fantastiche sorprese per te!8) “Questo mettilo al verbale!”Fu così che lo sguardo minaccioso del Segretario si rivolse al richieden-te. “Io verbalizzo anche i colpi di tosse”, disse, e abbassò lo sguardo.7) “Questa settimana dobbia-mo fare iscrizioni tutti i giorni.”Perché non avere una vita so-ciale non era abbastanza.6) “Con questa che devo far-ci (indicando la tessera)?”(Trattenendo le battute oscene)… (cercando qualcosa di non osceno da dire)... “Portala con te quan-do partecipi ai corsi!” (fiuuu…).5) “Senti, ci sta una tipa iscritta al SISM, alta e mora, sai come si chiama?”

Il servizio Tinder non è incluso nei compiti del Segretario. “Ma ce ne stanno tante, come posso sapere di chi stai parlando?”. Il Segretario, in re-altà, sa benissimo di chi sta parlando.4) “Non lo so, devo pen-sare se conviene iscriversi.”Udite queste parole, il Segretario sfog-gia tutta la sua ars oratoria, elencando i vantaggi di iscriversi, confrontan-doli con gli svantaggi e demolendo questi ultimi, convincendo anche i più restii a prendere la tessera.3) “Sono già iscritta/o! (Mostra la tessera dell’anno associativo precedente).”C’E’ SCRITTO 2013/2014.2) “Ciao, ho letto che fate is-crizioni lunedì, martedì e ven-erdì. Sono libero solo giovedì dalle 19.45 alle 19, posso passare?”NO. Ho un sacrosanto aperitivo con gli amici e già non sono potuto andare settimana scorsa (vedi punto 7).1) “Fai il verbale.”“So benissimo che devo fare il verbale” (esce dallo zaino pen-na, calamaio e cartapecora).

Amministratore Locale10) “Non fare il/la tirchio/a!”Non è essere tirchi. Ho sudato per il diploma del corso di econo-mia domestica per corrisponden-za, se permettete ora comando io!9) “So che dovevo spendere solo 4 euro per le fotocopie, ma c’era il 3x2 sui kit di sutura e ne ho presi 24…”Ora avrai una bella collezione di kit, da sfoggiare con i tuoi amici!8) “Tanto, si sa, fa tutto l’Incaricato.”Nessuno conosce Excel come me, men che meno l’Incaricato!7) “Certo, deve essere brutto…”Cosa? Cosa deve essere brutto? Ge-stire il lato economico di una Sede? Saper usare Drive ed Excel come nessuno in Sede? Essere sempre in-sultati e inseguiti da creditori?...andiamo a bere qualcosa, ti prego.6) “Mi dovresti fare un rimbor-so, è datato 6 ottobre 2014.”Oggi è il 15 agosto. Tralascian-

Carlo Chessari

Page 6: Zona SISMica - Settembre 2015/September 2015

Numero 26 | Settembre 2015

www.sism.org6

do il ritardo… un po’ di mare, no?5) “La ricevuta serve a qualcosa?”Vedi punto 6 del Segretario.4) “Quindi sei brava/o in matematica!”No, davvero: basta la quarta elemen-tare: divisioni in colonna, 4 cifre oltre la virgola e puoi farlo anche tu!3) “L’Amministratore è sempre l’amicone dell’Incaricato, è risaputo.”E menomale! A quello lì conviene ten-ermi amico!!!2) “Chissà quali imbrogli…”Giù di insulti. Non si può fare l’Amministratore con questo spirito. Avremmo fatto le rapine, piuttosto, non certo gli Amministratori.1) -REPARTO 01-L’incubo di ogni Amministratore. Non è una cosa da dire, ma una cosa da non far vedere. Mai.

Incaricato Locale10) “Quindi tu qua comandi, sei il boss.”“Io non sono il boss. Io sono il LEADER”. Ma pochi capiranno questa differenza.9) “Tu sei l’IL? Castiglioni e Mariotti?”Battuta tristissima rivolta dai latinisti di tutta Italia al malcapitato Incaricato, che va via mormorando “Quo usque tan-dem”.8) “Al SISM vi divertite tutto il tempo.”“Certo! Sai stanotte ho fatto after, fino alle 2 in OLM, poi ho scritto la richi-esta per il bando, ho rivisto le scaden-ze, doccia e alle 6,30 sono uscito per andare all’appuntamento col Presidente di Facoltà. Altro che disco!”7) “Possiamo fissare un appuntamento per il 24 dicembre alle 19.30.”Perché le autorità non vanno mai in va-canza. Anche quest’anno si sacrifica il veglione natalizio.

6)“Non posso venire alla riunione.”“Abbiamo fatto il sondaggio ed eravate disponibili in 36, perché siamo 4? Co-munque, almeno spero leggerai il ver-bale”.Poi rivolgendosi al Segretario: “Fai il verbale!” (vedi punto 1 Segretario).5) “Vi conosco: siete quelli che organ-izzate i viaggi all’estero.”Siamo i diretti concorrenti di Alpitour. Abbiamo mete esotiche e città d’arte, per tutti i tipi di viaggiatori. Prezzi modici e competenza garantita. Servizio navetta per l’aeroporto incluso nel prezzo!4) “Che referenze avete?”Classica domanda rivolta da un inter-locutore dopo che il prode IL ha parlato per un’ora buona di tutta la struttura del SISM Nazionale e Locale, allegando come documentazione Statuti, Manuali, Bilanci Sociali, elenco di partnership e collaborazioni attive, avendo accennato all’IFMSA e alla sua importanza, toc-cando anche momenti salienti e com-moventi della storia dell’Associazione.3) “Non siete troppo autoreferenzia-li?”Sì, infatti facciamo i corsi di sutura e le giornate in piazza giusto per avere le foto sui giornali.2) “Tanto la responsabilità te la prendi tu.”Così tu intanto puoi andare a rubare la pensione alle vecchine alla posta. Me la sbrigo io, tranquillo!1) “Ah, quindi il capo sei tu, pensavo fosse lui!” (indicando il LEO)Che il LEO goda di uno charme partico-lare è innegabile, ma diamo a Cesare quel che è di Cesare. “E questa è casa mia, e qui comando io!”

Page 7: Zona SISMica - Settembre 2015/September 2015

www.sism.org

Numero 26 | Settembre 2015

SCOME E... MESSICO! / SCOME AND... MEXICO!/SCOME Y... MEXICO!

Abirán Jonson Galicia, Lucia Panzeri

Anche nel mese di agosto penso a voi SCOMitici, guardate cosa ho in serbo per voi che tornate dalle va-canze: un’intervista messicana!Quindi, dal Messico con furore, è con grande orgoglio che vi pre-sento Abirán, LOME di Jalapa in Ve-racruz, oltre che la mia contact person del professional exchange.Dici sul serio? Di cosa si parlerà? Vo-lete assaporare il lato messicano della nostra fantastica SCOME? An-date avanti, continuate a leggere!Dunque, Abirán prima domanda:

Perché hai scelto la SCOME?Ho scelto la SCOME perché è una delle Standing Committee più importanti all’interno dell’IFMSA. Il nome dice tut-to: tratta di educazione medica, questa è la Standing Committee che mi per-mette di imparare cose che non vedrò mai a lezione e che mi aiuta a comple-tare la mia formazione colmando queste lacune. Ma la ragione più importante che mi ha spinto a scegliere la SCOME è la possibilità di aiutare i miei amici e i miei colleghi in vari modi nella loro formazione: dalle conferenze per miglio-rare le conoscenze teoriche alle attività più pratiche che migliorano le compe-tenze di tutti gli studenti di medicina.

Cosa è per te la SCOME?Per me, la SCOME è uno degli extra nec-essari alla nostra formazione medica, non solo per le cose nuove che pos-siamo apprendere o per rafforzare le nostre conoscenze, ma perché riesce anche ad ampliare la propria visione della medicina. Con questo voglio pro-prio dire che cambia il tuo punto di vis-ta: l’apprendimento in una classe non ti basta più, ti rende più affamato di nuove conoscenze e di nuovi modi per migliorare il proprio metodo di studio, il tipo di cose, insomma, che l’università non dà allo studente. Per questo, come dicevo prima, ti fa venire il desiderio di cose nuove che si possono imparare non solo attraverso i libri e le lezioni.

My beloved SCOMitics, I think of you, even in August, and look what I made for your return after holidays: A Mexican interview!Well, directly from Mexico, I proudly in-troduce you Abirán, LOME of Jalapa in Veracruz, and also my contact per-son for my professional exchange.Are you serious? What will you talk about?Do you want to know the Mexican side of our fantastic SCOME? Go ahead, read on!Well Abirán, first question:

Why have you chosen SCOME?’ve chosen SCOME because is one of the most importants standing committees on IFMSA. The name says it all: medical educa-tion, this is the standing committee where I can learn things I don’t learn in my classes, the one that helps me to complete my educa-tion filling the holes of knowledge. But, the most important reason I chosed SCOME is because I can help my friends and collegues in many differents ways on their education, from conferences that improves the the-orical knowledge to activities where is more important the practice and making skills.

What is for you SCOME?In my opinion, SCOME is one of the ex-tras we need in our education as doctors, not only because we can learn new things or we can reinforce our knowledge, but also it can expand your view in medicine. Actu-ally, I mean that changes your perspective: the lessons in classroom are not enough, and they make you hunger of new knowl-edge and new ways to enhance the way you study, things that the University sometimes doesn’t give to the medicine student. As I mentioned before, SCOME makes you want to spread this eagerness of those new things you can learn not only on books and classes.

Which projects are implemented here?We follow a national calendar (mostly based on the diseases that affect Mexico), for all standing committees, of which projects we have to do, unfortunately we can’t make everything because of lack of time and the classes on the semester! But we do our best to perform every single project. The last se-mester (from february to june) we did many

7

Page 8: Zona SISMica - Settembre 2015/September 2015

www.sism.org

Numero 26 | Settembre 2015

Quali progetti sono attivi nella vostra Sede Locale?Seguiamo un calendario nazionale dei progetti (basato principalmente sulle principali malattie che colpiscono il Messico) per tutte le Standing Commit-tee, ma a volte, a causa del poco tempo che abbiamo e delle lezioni durante il semestre, non siamo in grado di fare tutto! Facciamo del nostro meglio per eseguire ogni progetto. L’ultimo semes-tre (da febbraio a giugno) abbiamo fat-to diverse attività, tra cui la Giornata delle Malattie Rare, che è un progetto sovranazionale; la Giornata Mondiale contro il Cancro infantile; una confer-enza sulla tubercolosi multi-resistente e, naturalmente, il progetto SCOME più forte: iMed (International Medical Edu-cation days), con numerosi workshop e conferenze. È interessante notare che abbiamo ottenuto il sostegno delle au-torità scolastiche per creare più attiv-ità, come ad esempio un ciclo di con-ferenze, che si tengono ogni venerdì, su questioni che riguardano la medicina generale.

Hai progetti per il futuro?Mi mancano altri 6 mesi da LOME, quin-di realizzerò altri progetti e attività! Il mese prossimo (settembre) abbiamo due progetti: uno è la Settimana della Salute Mentale e l’altro, molto impor-tante, è la Settimana Nazionale delle Malattie Cardiovascolari. Nel mese di ottobre vi è un altro progetto interna-zionale denominato “ Dying a Human Thing” e, nel mese di novembre, un altro progetto molto importante per noi, realizzato in collaborazione con la

activities, including the “Rare disease day” which is a transnational project proposed from a exnational officer on medical educac-tion, also the “International day against child’s cancer”, a conference of multidrug-resistance tuberculosis, and of course the strongest pro-ject of SCOME: iMed (International Medical Education Days), with a lot of workshops and conferences. We also managed to get the sup-port from the autorities for realizing more ac-tivities, like conferences every friday on sub-jects that will help us with general medicine.

Do you have any projects for the future?I still have 6 months as LOME, so there will be more projects and activities! In the next month (september) we have two projects, one is the “Week of mental health” and the other one, so important, is the “National week of cardiovasvular disease”. In october, there’s another transnational project called “Dying a Human Thing” and in november there’s one project very important for us that is made alongside with SCOPH: a campaign against the diabetes. While SCOPH works with the people, SCOME works with the students on many subjects of the diabetes, from the basics of the disease, to the complications and also how to do a proper exploration on the patient with diabetes. We have not only the projects I mentioned before, we also do other activities on topics that are not dealt during lessons.

How SCOME acts in medical education concretely?Remember that the base of SCOME is the non-formal education, by this concept is how SCOME acts in medical education. In Uni-versities, the programs are not always com-plete, I’m not saying they’re bad, but because there’s too many things to learn in medicine,

8

Page 9: Zona SISMica - Settembre 2015/September 2015

www.sism.org

Numero 26 | Settembre 2015

SCOPH: una Campagna contro il diabete. Mentre la SCOPH lavora con la gente, la SCOME lavora con gli studenti su vari argomenti riguardanti il diabete, dalle basi della malattia, le complicanze e anche su come fare un adeguato esame fisico nei pazienti diabetici. Oltre quan-to detto, facciamo anche attività extra su temi che non vengono affrontati du-rante il corso di studi.

In particolare, come agisce la SCOME nella formazione medica?Ricordiamoci che la base della SCOME è l’educazione non formale, e con questa idea la SCOMEagisce nella formazione medica. All’Università i programmi affrontati non sono sempre completi, ciò non vuol dire che siano cattivi, ma ci sono così tante cose da imparare che rest-eranno sempre dei temi non affrontati. È qui che entra in gioco la SCOME, re-alizzando diverse attività per aiutare gli studenti a imparare argomenti che non si trovano nel programma o a su-perare delle carenze in un argomento. È il di più che ogni facoltà di medicina dovrebbe avere, perché può migliorare la conoscenza e invoglia gli studenti a imparare di più.

Ringraziamo Abirán per il tempo dedica-toci e per averci regalato spunti di rif-lessione e di crescita!

there is always some subjects that are missing. Here is where SCOME enters, by doing dif-ferent activities, in order to help the students to learn subjects that are not in the programs, or when there’s a deficiency in some topics. Is the plus that every medicine school should have because it can improve the knowledge and empowers the students to learn more.Saying thank you to Abirán for spending time with us and for leaving us food for thoughts!

EspanolTambién en el mes de agosto pienso en ust-edes, acerca de mi amada SCOME y miren lo que reservé para vuestro regreso despues las vacaciones: una entrevista Mexicana!!!!!!Pues bien, desde el Mexico con furor, es con grande orgullo que os presento Abirán, LOME de Jalapa in Veracruz, y tambien mi contact person para el professional exchange.¿Hablas en serio? ¿De qué hablaremos? ¿Quiéreis saborear el lado Mexicano de nuestra fantástica SCOME? Pues adelante, sigue leyendo!Bueno Abirán, primera pregunta:

Por qué has elegido a SCOME?He elegido SCOME porque es uno de los comités más importantes dentro de la IFM-SA. El nombre lo dice todo, es sobre edu-cación médica, este es el comité donde puedo aprender cosas que no veo en mis clases, me ayuda a completar mi educación llenando esos agujeros de conocimiento.Pero la razón más importante por la que elegí SCOME, es porque puedo ayudar a mis ami-gos y mis compañeros en diversas maneras en su educación, desde conferencias que me-joran el conocimiento teórico y actividades en donde lo más importante es la práctica y

9

Page 10: Zona SISMica - Settembre 2015/September 2015

www.sism.org

Numero 26 | Settembre 2015

as habilidades de todos los estudiantes de medicina.

¿Qué es para ti SCOME?Para mi SCOME es uno de los extras que necesitamos en nuestra formación como médicos, no solo por las nuevas cosas que podemos aprender o el refuerzo en el cono-cimiento, sino porque también puede expand-ir tu visión en la medicina. Con esto me refie-ro a que cambia tu perspectiva, el aprendizaje dentro de un aula no es suficiente, te hace más hambriento por nuevo conocimiento y por nuevas maneras de mejorar la forma de tu estudio, son el tipo de cosas que la escuela no le da al estudiante. Sabiendo esto, como ya lo mencioné con anterioridad, te hace propagar este deseo de nuevas cosas que puedes apren-der no solo por medio de libros y clases.

¿Qué proyectos son implementados en tu comité local?Seguimos un calendario nacional (basado sobre todo en las principales enfermedades que afectan a México) para todos los comités permanentes sobre qué proyectos tenemos qué hacer, ¡a veces por el poco tiempo que tenemos y las clases durante el semestre, la mayoría de las veces no podemos hacer to-dos! Pero hacemos lo mejor para ejecutar cada proyecto. El último semestre (de febrero a junio) hicimos varias actividades incluyen-do el día de las enfermedades raras que es un proyecto transnacional propuesto por un ex-nacional en educación médica, también el día mundial contra el cáncer infantil, una confer-encia de tuberculosis multidrogo resistente, y por supuesto el proyecto más fuerte de SCOME: iMed (International Medical Edu-cation Days), con muchos talleres y confer-encias. Cabe mencionar que conseguimos el apoyo de las autoridades de la escuela para la creación de más actividades como conferen-cias cada viernes en temas que nos ayudarán como médicos generales.

¿Tienes proyectos para el futuro?¡Todavía me quedan 6 meses como LOME así que habrán más proyectos y actividades! En el siguiente mes (septiembre) tenemos dos proyectos, uno es la semana de la salud mental y el otro, de mucha importancia, es la semana nacional de enfermedades car-diovasculares. En octubre hay otro proyecto transnacional llamado “Dying a Human Thing” y en noviembre otro muy importante para nosotros que se hace junto con SCOPH, es una campaña contra la diabetes. Mien-tras que SCOPH trabaja con la población, SCOME trabaja con los estudiantes en varios temas sobre diabetes, desde lo básico de la enfermedad, las complicaciones y también como hacer una exploración física adecuada en los pacientes con diabetes. No solo ten-emos los que mencioné anteriormente, tam-bién hacemos actividades extras en temas no vistos en la escuela.

Concretamente, ¿cómo actúa SCOME en la educación médica?Recordemos que la base de SCOME es la educación no formal, mediante este concepto es como SCOME actúa en la educación mé-dica. En la escuela, los programas para la car-rera de medicina no están siempre completos, no quiero decir con esto que son malos pero es porque son tantas cosas por aprender que siempre hay temas que no pueden ser vis-tos. Aquí es donde SCOME entra, haciendo diferentes actividades para ayudar a los estu-diantes a aprender temas que están en el pro-grama. No solamente es eso, también cuando hay deficiencias en algún tópico. Es el plus que cada escuela de medicina debería tener porque puede mejorar el conocimiento y em-podera a los estudiantes a aprender más.

Damos gracias a Abirán por el tiempo que nos dedicaste y por nos haber dado motivos de reflexion y de crecida!

10

Page 11: Zona SISMica - Settembre 2015/September 2015

www.sism.org

Numero 26 | Settembre 2015

Dario Genovese

ADDICTED TO WEB

«Domenica, 8 di sera. Avrebbe po-tuto essere qualsiasi Domenica sera. Non vi era nulla di nuovo o fuori dall’ordinario. Come al solito, stavo scorrendo le notizie di Facebook sul mio cellulare. Per qualche motivo, mi ha colpito il fatto di passare una quan-tità eccessiva di tempo su Facebook ma non riuscire a spiegare a me stes-sa cosa realmente ottenessi da esso.Non mi piaceva particolarmente scor-rere distrattamente gli aggiorna-menti degli altri, quindi perché ero lì? Poi ho cominciato a chiedermi come sarebbe la mia vita senza Face-book. Anche solo per un breve lasso di tempo. Prima di poterci pensare davvero intensamente, ero già sulla pagina “Impostazioni” e mi sono ritro-vata a cliccare su “Disattiva Account”.Ho deciso di sfidare me stessa eli-minando l’account per almeno sette giorni in modo da vedere che ef-fetto avrà e se sarò, quindi, in gra-do di rispondere alla mia doman-da; cosa ottengo da Facebook?» [1]Mi sono soffermato a leggere il racconto di questa ragazza e mi hanno incuriosito così tanto le domande postesi che ho de-ciso di ragionarci assieme a te, splendida creatura imbattutasi in questo articolo.Ti è capitato mai di chiedere a te stesso/a quale sia l’utilità di Fa-cebook nella tua vita? E in quale misura ne sia, invece, dipendente?Mentre alla prima domanda sono ab-bastanza certo di poter rispondere con un sì, per la seconda, be’, ho parecchie difficoltà… cosa significa dipendenza per noi? In base a questo sono diverse le interpretazioni che si possono dare alle nostre abitudini; è di-verso il limite tra normale e patologico.La società odierna è connaturata con la tecnologia: in quasi ogni tipo di impiego, in moltissime abitazioni, è presente al-meno un oggetto tecnologico. La gener-azione cui apparteniamo è cresciuta im-parando gradualmente ad utilizzare un computer; siamo cresciuti a suon di SMS e trilli e siamo (stati) perfetti sperimen-tatori di vari tipi di blog e social network.

I nostri muscoli maggiormente allenati sono quelli implicati nell’utilizzo del nostro smartphone. Siamo circondati da amici virtuali e alcuni di noi postano com-pulsivamente link, foto e stati di qual-siasi tipo alla ricerca di tanti “mi piace”, alla ricerca di qualcosa che gratifichi.Al giorno d’oggi, il concetto di normalità grossomodo è as-similabile a questo modello.Tutto ciò di cui ho parlato sino ad ora funge da cameo per affrontare un ar-gomento tanto vasto quanto delicato: l’Internet Addiction Disorder (IAD), ter-mine coniato nel 1995 da Ivan Goldberg, psichiatra americano che suggerì più e più volte di inserire questo disturbo all’interno del DSM. A tutt’oggi non sono stati raccolti dati scientifici a suf-ficienza per poter parlare di disturbo; è, tuttavia, indubbia la mole di cambia-menti sociali derivati dall’uso di com-puter e smartphone negli ultimi decenni ed, in particolare, nell’ultima decade.Cos’è un’addiction? L’ASAM (American Society of Addic-tion Medicine) la definisce come una malattia cronica primaria che colpisce il sistema cerebrale della ricompensa (o BRS – Brain Reward System), la me-moria, la motivazione e i loro relativi circuiti. Una disfunzione di questi cir-cuiti porta a caratteristiche manifes-tazioni biologiche, psicologiche, so-ciali. Ciò si riflette in un individuo che persegue patologicamente una ricom-pensa e/o un sollievo attraverso l’uso di sostanze o di alcuni comportamenti.L’addiction è caratterizzata dall’incapacità di astenersi in modo coerente, dalla compromissione del controllo del proprio comporta-mento, dal desiderio, dal diminuito riconoscimento di problemi signifi-cativi nei propri comportamenti e nelle relazioni interpersonali, da una disfunzionale risposta emotiva.Parlando di dipendenze da sostanze, rientrano in questa categoria la dipendenza da eroina, quella da co-caina, la dipendenza dall’alcool e quella dal fumo. Attualmente, l’unica

11

Page 12: Zona SISMica - Settembre 2015/September 2015

www.sism.org

Numero 26 | Settembre 2015

dipendenza inserita nel DSM la cui causa non sia correlabile ad una sostan-za è il Gambling Disorder, ovvero il Gioco d’Azzardo Patologico. Si tratta di una dipendenza definibile sociale.Le dipendenze sociali hanno l’inconveniente di essere correlate ad un’intrinseca abitudine di una società: tanti di noi navigano in Internet, molti di noi giocano con i videogame e una buona fetta della popolazione fa shop-ping; anche l’alcool e il fumo rien-trano tra le dipendenze sociali ma, a differenza delle altre, queste sono cor-relate all’assunzione di una sostanza.Se ci pensiamo, queste addiction sono parecchio subdole, difficili da determinare se non in fasi decisa-mente avanzate; in fondo che male può fare lo stare troppo su Facebook? In fin dei conti, cosa significa troppo?Nel 1998, Kimberly Young (docente di Psicologia presso l’Università di Pittsburg) elaborò una serie di cri-teri, basandosi su quelli delle altre dipendenze, per determinare se un sog-getto fa uso problematico di internet:1. Preoccupazione riguardo ad in-ternet (pensieri frequenti su ciò che si fa e su ciò che si farà in rete);2. Bisogno di trascorrere un tem-po sempre maggiore in rete per ottenere soddisfazione;3. Marcata riduzione di interesse per altre attività che non siano internet;4. Sviluppo, dopo la sospensione o di-minuzione dell’uso della rete, di agi-tazione psicomotoria, ansia, depres-sione, pensieri ossessivi su cosa accade on–line, classici sintomi esistenziali;5. Necessità di accedere alla rete sempre più frequentemente o per periodi più pro-lungati rispetto all’intenzione iniziale;6. Ripetuti tentati-vi di ridurre l’uso di internet;7. Problemi nella gestione del tempo;8. Continuo utilizzo di Internet non-ostante vi sia la consapevolezza di prob-lemi fisici, sociali, lavorativi o psico-logici provocati dall’uso della rete.Se il soggetto risponde ad almeno cinque criteri, significa che vi sono dei prob-lemi di vario tipo che influiscono sulla propria sfera sociale, privata e lavora-tiva. Si ha una modificazione dell’umore e gli interessi si concentrano sulla navi-gazione in rete. Si tratta di una con-dizione che può crescere gradualmente in un dato lasso di tempo oppure può rendersi grave in modo esponenziale.

È stato, inoltre, redatto – sempre dalla stessa dott.ssa Young – un test validato, chiamato Internet Addiction Test (IAT), composto da 20 quesiti la cui risposta corrisponde ad una quantità che va da 0 a 5 (0 corrisponde a mai, 1 a rara-mente, 2 a occasionalmente, 3 a fre-quentemente, 4 a spesso, 5 a sempre); sommando i corrispettivi numerici delle risposte si riesce a determinare se il soggetto fa un uso normale del web (0-30) oppure se ne è lievemente (31-49), moderatamente (50-79) o severamente dipendente (80-100). Se vuoi sotto-porti al test, ecco il link: www.netad-diction.com/internet-addiction-test/Non occupa più di 10 minuti e ti dà modo di capire quanto tu sia Internet Addicted!In condizioni di IAD, il benessere fisico è, se vogliamo, quello perturbato in misura minore – ma non per questo trascurabile –. Chi è dipendente da internet sta molto tempo incollato allo schermo del PC; ciò influisce su patologie come sindrome del tunnel carpale, le spondilosi cervicali, in generale patologie che interessano una compromissione del rachide, irregolar-ità nell’assunzione di cibo (è frequente il salto dei pasti oppure l’assunzione sregolata di snack davanti al PC), scarsa igiene personale e in ultima analisi gravi disturbi del sonno (viene compromessa la qualità del sonno, vengono alterati i ritmi sonno-veglia e non sono infre-

12

Page 13: Zona SISMica - Settembre 2015/September 2015

www.sism.org

Numero 26 | Settembre 2015

quenti condizioni di insonnia dovute all’impossibilità di concludere la ses-sione di internet aperta svariate ore prima).Per quanto riguarda il benessere men-tale e quello sociale è, forse, più utile trattarli assieme in modo da avere un quadro più chiaro del problema.È, ormai, stato dimostrato che l’IAD ab-bia come fattori di comorbidità alcune condizioni psichiatriche come l’ADHD (Attention-Deficit/Hyperactivity Disor-der), la depressione (uno studio svolto nel 2012 in Cina su quasi 11000 adoles-centi ha, in particolare, dimostrato che gran parte degli Internet Addicted – il 7,5% del campione – soffriva anche di de-pressione), il disturbo ossessivo compul-sivo e il disturbo bipolare; è parecchio influente, inoltre, la stabilità relazi-onale dell’individuo – ciò è particolar-mente valido nella fase dell’infanzia e dell’adolescenza, fasi in cui l’individuo deve costruire un’immagine stabile e ben nitida di sé e deve, inoltre, trovare dei pilastri ben saldi, dei legami forti quali possono essere i genitori, ad es-empio –.Si è attestato che, in più del 50% dei casi, un individuo è affetto da IAD a causa di condizioni psichiatriche pree-sistenti (quindi è una conseguenza della patologia psichiatrica); per la restante parte, si tratta di condizioni derivanti da eventi – come la morte di un caro oppure problemi familiari, scolastici, lavorativi o finanziari – che favoriscono il progredire dell’addiction oppure da “eccessivo consumo” dell’abitudine.

Dunque, come intervenire? In che modo si può contribuire per arginare il fenom-eno?A mio parere una metodica molto effi-cace e già collaudata in altri contesti è la Peer Education.“Perché?” ti potrai chiedere; be’, ti rispondo subito: in quadri di isolamento sociale, quali quelli che si vengono a de-terminare in questo caso, è fondamen-tale (ri)costituire e rendere stabile una rete interpersonale reale che permetta di stringere “i mortali in social catena”. Utilizzare i social network, e Internet più in generale, è comune nei teenager; è impensabile improntare degli incontri di Peer sul concetto che il Web sia la peste nera del XXI secolo e che vada evitata il più possibile. Mi correggo: più che es-sere impensabile, è davvero erroneo ed ipocrita instillare dei concetti che nem-meno lontanamente pensiamo. Internet è una risorsa: facilita di molto le comu-nicazioni a distanza e non, ci permette di condividere contenuti di qualsiasi tipo («Mercoledì: Ho visto un articolo che ad una mia amica sarebbe piaciuto leggere e io normalmente gliel’avrei già inviato via Facebook, ma non ho po-tuto. È stato allora che mi sono accorta di non avere il suo indirizzo e-mail. Scopro di fare uso di Facebook anche per condividere le informazioni, non solo per essere una ficcanaso. […]»); attraverso il Web possiamo acquistare on-line e, sempre attraverso esso, pos-siamo trovare qualche attimo di relax giocando a svariati videogame.Obiettivo della Peer Education

13

Page 14: Zona SISMica - Settembre 2015/September 2015

www.sism.org

Numero 26 | Settembre 2015

dev’essere educare il gruppo di adoles-centi a saper dare il giusto peso ad una risorsa quale Internet, saper gestire il tempo di fruizione e, allo stesso tempo, non risultarne dipendenti.La ragazza, nel racconto, scrive:«Subito dopo aver disattivato il mio account ho sentito uno strano senso di realizzazione come se avessi bat-tuto una dipendenza vera e propria… quanto sembra ridicolo. Immagino che un fumatore si senta allo stesso modo le prime quattro ore dopo che ha deciso di smettere. […]Martedì: Secondo giorno senza dose iniziato senza alcuna difficoltà; ho controllato le mie e-mail e l’oroscopo, come al solito. Non ho controllato Fa-cebook questa volta, anche se il pensi-ero ha brevemente attraversato la mia mente. Non c’ho pensato molto al di là di quel momento. […]Venerdì: Proprio quando pensavo di esserne indipendente, oggi mi sono trovata, ancora una volta, ad aprire l’applicazione Facebook per abitu-dine.Sto diventando un po’ stufa di questo esperimento; la mia mente si sta chie-dendo quali siano i piani degli altri per il week-end. Sto andando via per il fine settimana, quindi mi piacerebbe racco-ntare al mondo dei miei fantastici pia-ni, ma non posso. Scrivo qualche tweet a tal proposito, ma non mi dà lo stesso tipo di soddisfazione. […]Domenica: Be’ tecnicamente è ancora Sabato notte. Nel momento in cui torno a casa da una serata fuori con gli amici, nelle prime ore del mattino, riattivo il mio account. Ho fatto sette giorni sen-za la mia dose, anche se tecnicamente non ho fatto sette giorni completi.».Non a caso nell’articolo ho sottolineato le volte in cui la blogger utilizzava il termine dose per riferirsi ai più o meno frequenti accessi su Facebook; sono sempre più frequenti i casi di adoles-centi con sintomi clinici come l’ansia, gli attacchi di panico e fenomeni di el-evata irritabilità a seguito di astinenza da social network. La ragazza ad un certo punto confessa, persino, di non riuscire più a sopportare l’esperimento “no Facebook”: voleva connettersi. E, badiamo bene, le abitudini della raga-zza non lasciano minimamente pensare ad un’addiction – quindi il “bisogno” di connettersi era derivante dal fatto che Internet facesse parte della quotidian-ità per lei, così come per molti di noi

–; i casi di adolescenti che soffrono di IAD sono ben più gravi e sono da trattare con molta delicatezza.Ti racconto un’ultima cosa: qualche giorno fa è tornato un caro amico da Pa-dova (studia lì, sicché ci si vede giusto per l’estate e i periodi di pausa didat-tica) e, parlando di cosa si è fatto in questi mesi, il tempo è scorso davvero velocemente senza neppure accorger-cene. Si aveva tanto da dire e non si sapeva poi molto l’uno dell’altro; come mai? La risposta giunse semplice: non è iscritto a Facebook. Discutere con lui mi ha fatto assaporare qualcosa di tan-to inusuale quanto, allo stesso tempo, bello: sì, i social network permettono di conoscere quanti più dettagli possibili sulle persone a noi care (ma anche su chi conosciamo poco o chi non conos-ciamo per niente), ma in fondo il World Wide Web non ha fatto altro che spos-tare quella rete costituita dai rapporti interpersonali da un piano prettamente reale ad un piano quasi del tutto virtu-ale. Se ci dovesse capitare di incontra-re, mentre passeggiamo o siamo in fila alla posta, una persona la cui relazione su Facebook è “amico/a”, avremmo di-verse difficoltà ad iniziare un discorso e, nell’ipotesi in cui iniziassimo il discorso, avremmo poi ben pochi argomenti di cui parlare. È il paradosso dell’essere parte di una fitta rete virtuale: nel mondo reale si avranno delle barriere virtuali create proprio dal Web; alienazione profonda della società.«Oggi ho davvero notato una sensazi-one di isolamento a causa del non avere Facebook.»

Era una riflessione che volevo condivi-dere. Per non agire, prima che sugli al-tri su noi stessi, solo quando è troppo tardi. Per poter essere promotori di un uso consapevole di Internet. In fondo siamo un piccolo gruppo di persone, ma è proprio questo che mi fa sempre ben sperare: sono i piccoli gruppi a cambiare il mondo.

[1] Storia per intero al link: www.koozai.com/blog/social-media/confessions-of-a-Facebook-addict/[2] Facebook Social Cigarettes di 2wenty. Immagine modificata; immagine origi-nale al seguente link: en.wikipedia.org/wiki/2wenty#/media/File:Facebook_Cigarettes_poster_by_2wenty.png[3] We sit so close together, but we are so far apart di Ed Yourdon.

14

Page 15: Zona SISMica - Settembre 2015/September 2015

Anonimo

www.sism.org

Numero 26 | Settembre 2015

15

DOPO LA TEMPESTA

Tutto è iniziato una sera, in uno spoglia-toio, dopo un normalissimo allenamento di pallavolo, uno come tanti, come gli innumerevoli della mia vita. Durante un esercizio, forse a causa di un movi-mento sbagliato, pensavo, ho avvertito un dolore acuto sotto l’ascella destra, e, una volta sotto la doccia, mi ac-corgo della presenza di una pallina.Mi rivesto in fretta e torno a casa, dove ne parlo col mio ragazzo che subito mi tranquillizza ipotizzando che potreb-be trattarsi di qualsiasi cosa, come un foruncolo, o un morso di un insetto, e, stupidamente, lascio che i brutti pensieri abbandonino la mia mente e mi addormento tra le sue braccia.I giorni passano e il dolore non si fa più sentire, quasi mi scordo di quella fac-cenda, ma piano piano mi accorgo che la palla continua a crescere e decido di vedere il mio medico di famiglia che, per sicurezza, mi consiglia di appro-fondirne la natura con un’ecografia. Avevo 30 anni quando quel giorno ar-rivò, quando l’ecografista, una persona dotata di tatto e di moltissima umanità e con la quale ho mantenuto successiva-mente un ottimo rapporto, mi disse che era evidente un nodulo al seno di 6 cen-timetri di diametro e che la mia famosa pallina non era altro che un linfonodo ingrossato. Mi disse di non preoccuparmi ancora, che la semplice ecografia non poteva dirci se la massa era maligna o meno, e di attendere i risultati della biopsia, che feci qualche giorno dopo.E’ inutile dire che avrei preferito fare al-tre cento ecografie, analisi del sangue, non solo per ciò che poteva dirmi l’esito e il motivo per cui lo stavo facendo, ma soprattutto perché fu davvero un esame invasivo, vidi l’ago, ebbi una cospicua perdita di sangue, io che non sopporto la vista nemmeno del sangue che esce da un taglietto, ma mi sforzai di non sentirmi male, di non svenire, di sperare mentre ero sdraiata lì. Le mie speranze furono vane. Si trattava di un tumore maligno.Non scorderò mai il dolore provato nel dire tutto questo ai miei genitori, soprat-tutto a mia madre, a cui lo stesso male

ha portato via una sorella, e il dolore visto nei loro occhi per ciò che stava accadendo, non scorderò mai il senso di colpa per aver coinvolto il mio com-pagno, col quale convivevo ormai da tre anni, dopo anni di relazione. Era l’amore della mia vita e non avrei mai voluto dir-gli un giorno “sai, tutto ciò che abbiamo costruito insieme, i nostri sogni, la voglia di avere figli, di invecchiare insieme e di amarci fino all’ultimo respiro, sono an-dati in fumo perché io sono malata”. Lui mi è sempre rimasto vicino, come mia madre, i miei amici, le mie compagne di squadra, e soprattutto per tutti loro mi sono aggrappata alla vita, all’amore, e ho capito che non avrei mai dovuto las-ciarmi prendere dal panico e dal terrore per l’idea che stavo per morire. Dovevo darmi un’opportunità, dovevo credere di poter continuare a vivere, dovevo lottare.Le visite specialistiche continuarono, e entrai in quel reparto che fa paura a tutti, oncologia. Conobbi la mia on-cologa, che, riuscì a mettermi a mio agio fin da subito, e, seppur con gran-dissima umanità e comprensione, mi mise di fronte alla dura realtà dei fatti: non potevo essere operata subito, ma si doveva prima ridurre la dimensione del tumore, e affinché ciò potesse avvenire, avrei dovuto effettuare delle sedute di chemioterapia.Fu così che tutto ebbe inizio: conobbi gli infermieri, che divennero dei confidenti e delle figure con cui sdrammatizzare nonostante il luogo, nonostante il mo-tivo per cui fossi lì, nonostante chemio dopo chemio andasse sempre peggio. Le nausee erano fortissime, arrivavo per fino a vomitare, e i giorni succes-sivi non potevo far altro che riposarmi, stare a letto, avevo dolori fortissimi alle gambe, per non parlare dei crampi allo stomaco. Era tutto troppo doloroso, e nonostante cercassi di mantenere il sor-riso sulle mie labbra quando ero con gli altri, a casa soprattutto, i momenti di sconforto mi assalivano, mi chiedevo perché fosse capitato proprio a me e a coloro che mi erano accanto. Mi chiede-

Page 16: Zona SISMica - Settembre 2015/September 2015

www.sism.org

Numero 26 | Settembre 2015

vo se valesse davvero la pena di vi-vere in quel modo. Avevo dovuto rinunciare allo sport che amavo, al mio lavoro, spesso dovevo pure ri-nunciare alle uscite con gli amici o ad andare fuori col mio compagno.Ma l’aspetto peggiore doveva an-cora arrivare. All’inizio della che-mioterapia avevo ancora tutti i miei foltissimi, lunghissimi, nerissimi capelli, dei quali andavo di tanto in tanto lamentandomi poiché erano davvero troppi, durante l’estate mi portavano caldo e erano ingesti-bili anche quando facevo la coda, ritrovandomi sempre con qualche ciuffo davanti gli occhi durante l’allenamento. Il perderli tutti è sta-to davvero troppo. Non mi sentivo più femminile, non mi sentivo più attraente, non mi sentivo più pad-rona del mio carpo, contando anche gli effetti del cortisone. Quello è stato il momento peggiore, sentivo la vita sfuggirmi via, nonostante la mia volontà, sentivo di non poter far nulla per poter sopravvivere.Dopo i cicli di chemio, feci di nuovo tutto l’iter per poter scoprire se la terapia ha fatto effetto o meno, se il mio tumore fosse diventato più piccolo o no. I giorni che mi separa-vano dal risultato sono stati isterici, ricchi di nervosismo, di paura. E se si fosse ingrandito? E se ci fossero anche delle metastasi? Tutto questo è stato davvero inutile? Ho sofferto per niente? Dovevo davvero dire ad-dio a tutti e rassegnarmi? La risposta è stata un sonoro no. Il diametro si era più che dimezzato, si era ridot-to anche il volume del linfonodo e

io, a quella notizia, non avevo po-tuto far altro che piangere di gioia.Il giorno dell’intervento arrivò in fretta. Mi avevano detto che avrebbero fatto solo una quadrectomia e svuotamento ascellare, quindi avrei comunque avuto il mio seno, non LA CICATRICE sul mio petto, anche se più piccolo, ma sempre il mio. Dopo l’intervento di nuovo la chemio per altri tre mesi, i capelli non continu-avano a non crescere, mi sentivo malissi-mo, ma io, su quel lettino, ero euforica, stavo lottando ancora, e volevo vincere, volevo andare avanti con la mia vita.Finì anche il secondo ciclo di che-mio e feci la TAC. Era andato via. Era stato tolto tutto. Sono viva.Tutto ciò che vi ho raccontato riassume molto brevemente due anni, terribili, della mia vita. Solo ora a distanza di tempo, posso riprendere a respirare; so che ancora non sono fuori pericolo, e che dovrò continuare a sottopormi a tantissimi esami per poter monit-orare la mia situazione, ma per ora, posso dire di essere viva e sperare che il mio tumore non si faccia più vivo.Se ho lottato è stato solo grazie alle per-sone che mi hanno accompagnata, che hanno condiviso con me il dolore e la pau-ra, togliendone in parte il peso dalla mia schiena per metterlo sulla loro. Ho con-osciuto anche tante “teste pelate” come me, che mi hanno insegnato il coraggio. Ho conosciuto medici e infermieri verso i quali sarò sempre infinitamente grata.So di essere stata fortunata, molte donne non possono dire di aver lottato e vinto, e, nonostante i capelli siano ricresciuti più forti di prima, so anche che non sarò più la ragazza di una volta, e non solo perché il seno destro più piccolo del sin-

16

Page 17: Zona SISMica - Settembre 2015/September 2015

www.sism.org

Numero 26 | Settembre 2015

istro, una cicatrice che lo attraversa e un’ascella svuotata di fronte lo specchio me lo ricordino giornalmente. Ho pro-vato la paura di perdere tutto, ed oggi le cose di sempre, anche le più banali, assumono numerosi colori, una luce più intensa, un profumo più dolce che oggi mi sforzo di cogliere e respirare con tut-ta me stessa.

17

Page 18: Zona SISMica - Settembre 2015/September 2015

www.sism.org

Numero 26 | Settembre 2015

IL LAMENTO DELLA PACE NELL’ETA’ DELLA GUERRA

Simone Agostini

Sommario

IL RITORNO DI ARESUN CAMBIAMENTO DI VALORE E DI DEII (BIS)TRATTATI: L’ASSISTENZA SANITAR-IA SOTTO ATTACCODETERMINANTI DI PACEAPPROFONDIMENTI E SUGGERIMENTI DI LETTURA

IL RITORNO DI ARES

Il primo novembre del 1911 l’aviatore Guido Gavotti lanciava un ordigno es-plosivo (grande come un’arancia, si disse) dal suo aeroplano su Ain Zara ed altri tre sull’oasi di Tagiura, in Libia. I turchi denunciarono il bombardamento di un ospedale. [1] Nel contesto della guerra italo-turca del 1911-1912 si verificò il primo bombardamento aereo della storia.Ancora, nel 1935, quando la guerra aveva già compiuto la transizione a totale, noi registriamo un altro re-cord: Marcel Junod, delegato del Comi-tato Internazionale della Croce Rossa, descrisse così la sua visita alla Dessiè bombardata: “Non si tratta che di una povera città di terra e di paglia perduta nella boscaglia etiopica, ma è la prima

volta che degli aerei, con un’ incursione densa e prolungata si accaniscono nel distruggere ciecamente case, focolari, famiglie”[2]. Il 30 dicembre 1935 il bom-bardamento di un’ambulanza svedese della Croce Rossa Internazionale uccise 28 persone tra personale paramedico e pazienti, e ne ferì 50.

h t t p s : / / w w w. y o u t u b e . c o m /watch?v=eSIkJWuI8H8[3]Questi due episodi sono accomunati, oltre al fatto di essere firmati made in Italy, dall’essere rappresentativi di una nuova era nella storia bellica. Un’era che non è finita e che potrebbe tuttora coinvolgere ognuno di noi in prima per-sona: l’era del dio Ares.

UN CAMBIAMENTO DI VALORI E DI DEI

La guerra è cambiata dall’epoca di Ga-votti. L’avvento della Grande Guerra segna, di fatto, una seconda importante rivoluzione della storia bellica, dopo la rivoluzione oplitica.

Con la rivoluzione oplitica i combattenti smisero i panni dei guerrieri e diventar-ono semplici cittadini coscritti (dei civili che ogni tanto mettono l’uniforme): dei militari e, successivamente, soldati pro-fessionisti.

18

Page 19: Zona SISMica - Settembre 2015/September 2015

www.sism.org

Numero 26 | Settembre 2015

Fin dalle prime testimonianze storiche pervenuteci, a fare da padrone in guer-ra era il valore individuale del guerriero omerico (come Diomede, forse ancora più che Achille), colto in quella furia distruttiva che sarebbe propria di Ares, dio del massacro, dell’atrocità e della meschinità.

Da questa concezione della guerra si ha un radicale cambiamento con la riv-oluzione oplitica: non è più la lancia che identifica il combattente, ma lo scudo (l’hoplon), la fondamentale unità della falange. Alla furia e alla forza, dunque, si sostituiscono disciplina e astuzia. L’eroe che rappresenta questo nuovo approccio è sempre omerico, ma è il più moderno tra i guerrieri dell’Iliade: Ulisse, in fondo, è colui che segna la vit-toria di un nuovo sistema di fare guerra, l’unico in grado di spezzare gli equilibri.

Atena inizia quindi a soppiantare Ares come divinità della guerra, invocata da-gli opliti per la sua intelligenza, la sua abilità strategica e la sua astuzia.[4]

Quello che succede nella Prima Guerra Mondiale è una sorta di reazione - a distanza di millenni - rispetto a questo cambiamento. Con il primo conflitto mondiale qualcosa sembra essere cam-biato all’improvviso, come se si fosse avviato un processo di abbandono di Atena, del confronto leale e arguto, in favore di una brutalizzazione e di una crescente predilezione per la violenza – anche gratuita.

In poche parole, un ritorno di Ares.

Il fatto che negli ultimi cento anni si sia verificata un’evoluzione nel senso della de-professionalizzazione è l’elemento più evidente della discontinuità che la Grande Guerra ha introdotto: quello che era un fatto limitato all’ambito profes-sionale – quello del soldato – si è pro-gressivamente esteso alla popolazione civile.La popolazione civile (e il cosid-detto fronte interno) ha assunto quindi un ruolo sempre più importante nelle dinamiche belliche. Il suo coinvolgimen-to, inizialmente limitato alle retrovie e caratterizzato da generiche privazioni e sacrifici, è cresciuto mano a mano che si riduceva la distinzione, sempre più ale-atoria e temporanea, tra linea del fron-te e le retrovie. I bombardamenti aerei, in particolare, hanno reso i fronti es-tremamente fluidi, con attacchi portati su obiettivi civili. Non solo: alle guerre internazionali si sono sovrapposte le guerre civili, dando origine ad una vera e propria guerra senza quartiere.[5]

Può essere osservato come questa evoluzione arrivi fino ai giorni nostri: i dati ci dicono che, se nella prima guerra mondiale il numero di civili morti reg-istrato raggiunse uno sconvolgente 5%, già con il successivo conflitto mondiale si era raggiunto un 50%, mentre oggi il 95% dei decessi nelle guerre è civile.

La popolazione civile nel contesto bellico è il più chiaro esempio di estremizzazi-one di quella materialschlacht (“guerra dei materiali”) introdotta con la Grande Guerra: è cresciuta sempre più una cons-apevolezza di come l’uomo, in questa guerra di consumo dei materiali, non

19

Page 20: Zona SISMica - Settembre 2015/September 2015

www.sism.org

Numero 26 | Settembre 2015

sia altro che uno dei tanti pezzi: a basso costo, poco specializzato, facilmente sostituibile, forse il più expendable.

I (BIS)TRATTATI: L’ASSISTENZA SANI-TARIA SOTTO ATTACCO

Una delle principali reazioni alla total-izzazione della guerra è il tentativo di normalizzare la guerra, di sottoporla a dei paletti, di limitare i conflitti.

Anche qui la nostra storia potrebbe ini-ziare in Italia, nella piovosa giornata in cui si combatté la battaglia di Solferino e San Martino (1859). Dalla terra intrisa di sangue e pioggia nacque la consa-pevolezza che era necessario fornire assistenza ai militari feriti in guerra: dopo questa esperienza venne fondato il primo Comitato della Croce Rossa In-ternazionale che s’impegnò a dare una regolamentazione alla guerra (Conven-zione di Ginevra, 1864). Uno dei più semplici principi ratificati in questa prima convenzione fu l’assicurazione di protezione internazionale per gli opera-tori, gli edifici e i mezzi recanti i simboli della Croce Rossa.

Queste normative vennero poi integrate da successivi trattati che andarono a costituire la base per le Convenzioni di Ginevra del 1949, tuttora valide e vin-colanti per i paesi firmatari.

L’esistenza di un diritto internazionale umanitario, tuttavia, si rivela incapace di far fronte a numerose violazioni. Al giorno d’oggi vengono routinariamente condotte azioni che violano il diritto bellico, come i bombardamenti a tap-peto, l’utilizzo di armi illegali (come

le armi al fosforo bianco[6] o le bar-rel bombs[7]), gli attacchi ai civili.Gli attori che perpetrano queste azi-oni (sia stati che realtà sub- o extra-statali) lo fanno con una percezione d’impunità dovuta all’incapacità de-gli organismi internazionali, ONU in primis, a far applicare il diritto inter-nazionale e a disegnare misure efficaci e condivise per sanzionare i criminali.Alla base di questa impasse della co-munità internazionale si sovrappongo-no numerosi fattori, come la struttura stessa dell’ONU e in particolare quella del Consiglio di Sicurezza[8], legata an-cora ad una realtà geopolitica - quella della Guerra Fredda- ormai superata, l’utilizzo sistematico del diritto di veto (che concede, di fatto, impunità ai 5 paesi membri fissi e ai loro pro-tetti), la possibilità per molti paesi di sconfessare delle condanne provenien-ti da organismi internazionali [9].

Alla luce di ciò non può affatto sorpren-dere la dura sentenza [10] dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Ri-fugiati (UNHCR), António Guterres, sec-ondo il quale “c’è una apparentemente totale incapacità della comunità inter-nazionale di collaborare per fermare le guerre e costruire e preservare la pace.”

La comunità internazionale, in partico-lare, si sta rivelando impotente di fronte ad un’ ignominiosa tendenza sempre più diffusa, cioè quella di colpire i luoghi e le persone coinvolte nell’assistenza sanitaria durante le guerre.

In tempi recenti, molti ospedali nel mon-do sono stati attaccati da gruppi armati che hanno terrorizzato, rapito o ucciso

20

Page 21: Zona SISMica - Settembre 2015/September 2015

www.sism.org

Numero 26 | Settembre 2015

pazienti e personale sanitario in Afghan-istan, Bahrain, Cambogia, Croazia, Gaza e Cisgiordania, Nigeria, Repubblica Cen-trale Africana, Siria, Somalia, Sud Su-dan, Ucraina, Yemen e molti altri paesi.

Alcuni degli episodi più recenti fanno intuire come gli ospedali siano diventati degli obiettivi preferenziali da colpire.

Nel dicembre del 2013 un’incursione ar-mata in un ospedale è stata filmata da delle telecamere di sicurezza ed è stata postata su YouTube. L’attacco ha provo-cato 52 morti e 167 feriti.

h t t p s : / / w w w. y o u t u b e . c o m /watch?v=vDCZ3vEt2Dg

In Siria la situazione è forse anche peg-giore: gli ospedali sono colpiti sistemat-icamente da entrambe le fazioni in confitto, in un gioco di battaglia navale dove la casella che viene colpita è sem-pre la stessa. I deboli, gli indifesi, quelli che forse con la guerra non vogliono averci nulla a che fare.

“Il conflitto in Siria è caratterizzato da diffuse violazioni dei diritti umani, cri-mini di guerra, una shockante mancanza di riguardo nei confronti delle vite dei civili da parte sia dello stato che dalle entità non-statali, come confermato da varie organizzazioni per i diritti umani. I civili non hanno solo sofferto ogni tipo di brutalità, inclusi attacchi indiscrimi-nati, morti e feriti su larga scala, dis-locamenti forzati, assedi e assenze di accesso ai beni primari, ma sono anche stati vittime di un uso sfacciato e stra-tegico di violenza contro la sanità mi-rato ad indebolire la fazione opposta “[11]

In Siria il sistema sanitario è attual-mente al collasso e gli operatori sanitari non sono in grado di venire incontro ai bisogni della popolazione locale. Dopo l’abbandono del personale interna-zionale di MSF in seguito al rapimento, il 2 gennaio 2014, di undici operatori, le realtà locali che si occupano di as-sistere la popolazione lo fanno operando perlopiù in condizioni di clandestinità e di precarietà, sotto la costante minac-cia di attacchi. Negli ultimi anni sono stati infatti installati numerosi ospedali da campo nascosti o migranti, oppure in sotterranei (si tratta di una vera e propria bunkerizzazione delle strutture mediche)[12].

Gli stessi pazienti tendono ad evitare gli ospedali da campo, per paura di essere facili obiettivi dei bombardamenti.

A buona ragione: secondo Physicians For Human Rights da marzo 2011 a dicem-bre 2014 sono stati condotti 224 attac-chi in 175 diverse strutture ospedaliere. Nello stesso periodo sono state usate su alcune di esse almeno 30 barrel bombs, e sono stati registrati 599 operatori uc-cisi. [13]

L’esperienza delle organizzazioni uman-itarie in Siria, come in altri contesti [14], ha posto inoltre all’attenzione dell’opinione pubblica il fondamentale nodo circa il prezzo della neutralità.La delegittimazione reciproca delle fazioni in conflitto va ad incidere anche sulla considerazione delle organizzazi-oni umanitarie che si prestano ad un servizio neutrale: queste sono spesso accusate di “aiutare il nemico” e per questo molto spesso vedono rifiutate le richieste di protezione delle mis-

21

Page 22: Zona SISMica - Settembre 2015/September 2015

www.sism.org

Numero 26 | Settembre 2015

sioni mediche o addirittura segnalati come “ospiti indesiderati” ed invitati ad andarsene. In barba, ovviamente, al di-ritto internazionale.Spesso le organizzazioni umanitarie ven-gono poste di fronte ad un dilemma che va a scuotere nel profondo il loro opera-to: scegliere di operare nel silenzio e, in una sorta di connivenza con le fazioni in guerra, raggiungere il maggior numero possibile di persone che necessitano di assistenza oppure scegliere di non ri-nunciare alla testimonianza e talvolta alla denuncia, rischiando di vedersi però preclusa la possibilità di fornire aiuto.

DETERMINANTI DI PACE

La crisi siriana è la cartina al tornasole di un’evidenza che non possiamo più ig-norare: la guerra, in particolare nei suoi sviluppi più recenti, si configura come una delle più grandi realtà problemat-iche con le quali siamo e saremo sempre più portati a confrontarci. La guerra è la condizione in cui la salute è una prospettiva massimamente com-promessa: “Essa produce maggiori mor-ti e disabilità di qualsiasi altra grande malattia; distrugge famiglie, comunità e, a volte, intere nazioni e culture; de-via le limitate risorse dalla salute e gli altri servizi e danneggia le infrastrut-ture che li supportano; infrange i diritti umani. La concezione della guerra -per la quale la violenza è il miglior modo di risolvere i conflitti- contribuisce ad au-mentare la violenza domestica, la crim-inalità e molti altri tipi di soprusi. La guerra danneggia l’ambiente. In sintesi, la guerra è una minaccia non solo per la salute ma anche per il vero tessuto della nostra civilizzazione. “[15]E’ incredibile notare come guerra e sa-lute siano intimamente legate. Non solo negli effetti dei conflitti: gli stessi de-terminanti sociali di salute sono anche determinanti di pace.Il rischio di conflitto è direttamente proporzionale, per esempio, al reddito medio pro-capite di una determinata zona. Un paese con un PIL pro capite di 250 dollari ha un rischio di conflitti nei prossimi 5 anni del 15% circa, e questa probabilità si dimezza se il reddito rag-giunge i $600 pro-capite. Paesi con un PIL pro capite di $5000 o più hanno un rischio inferiore all’1%.Altri fattori che incrementano il rischio di guerra sono una scarsa salute pub-blica, l’assenza di pari opportunità per

le donne, l’assenza di pari delle forti diseguaglianze tra ricchi e poveri, la disoccupazione, una scarsa democra-zia, l’assenza di una società civile, un’educazione insufficiente, la facilità di accedere ad armi leggere [16].Questa relazione tra guerra e salute, forse più di tutti gli altri elementi, car-ica sulle spalle dei professionisti della salute la responsabilità di assumere una posizione critica nei confronti della guerra ed un impegno attivo nella cos-truzione di pace. Una pace intesa non come armistizio, ma come un costante lavoro per combattere i determinanti stessi dei conflitti. Lavorare per questo tipo di pace signifi-ca lavorare per la salute.

Un primo, vero, concreto e grande passo in avanti può essere quello di dare un limite alla totalità della guerra e ripris-tinare la possibilità di fornire assistenza medica nei conflitti.

Iniziare a rispettare una legge umani-taria universale è un primo passo per ridimensionare la guerra, farla tornare a dimensione di uomo. E da lì chissà, forse con un po’ di umanità in più tra i campi di battaglia anche Ares potrebbe perdere il suo fascino.E magari, un giorno, ci accorgeremo che tra i determinanti di pace (e di salute) ci siamo anche noi.

Ringrazio Noemi Streva e Marco Cola per il prezioso supporto che mi hanno fornito nella stesura di questo testo.

Bibliografiahttps://docs.google.com/

document/d/18T04wsthstJvUcDToRARIfIJ393GTE6QFWdXgvV05Ws/

edit?usp=sharing

Approfondimenti e Suggerimenti di Lettura

https://docs.google.com/document/d/17Mx32Cpnmf7pDxJm

gvDBoQJf0ie871WFrXJM9T75kPw/edit?usp=sharing

22

Page 23: Zona SISMica - Settembre 2015/September 2015

www.sism.org

Number 26 | Settembre 2015

ONCE EXCHANGE, ALWAYS EXCHANGE!

Caterina PelligraRitornare da uno scambio IFMSA, da uno scambio bello come è stato il mio, è un po’ come ritrovarsi den-tro la pubblicità della Costa Crociere. Ti senti stralunato, depresso, fuori luogo, incredulo, e continui a ripe-tere in giro ‘Ma sono appena tornato’!

Ho capito che la scelta dell’Ungheria come meta per il mio Exchange fosse giusta quando ho saputo di essere stata presa nella città che desid-eravo, Budapest, e nel reparto che volevo, Terapia Intensiva Neonatale.

L’eccitazione dello scambio inizialmente è stata un po’ bloccata dal primo ap-proccio al nostro dormitorio. Con i miei fedeli compagni d’avventura/sventura iniziale, Giorgia, Lorenzo e Valeria, ci siamo tuffati all’1.30 di notte nei mean-dri di un’ex caserma sovietica, sullo stile di un ospedale psichiatrico, nelle cui stanze crescevano le più immortali spe-cie batteriche sconosciute alla medicina del ventesimo secolo e le cui cucine sembravano vittime di un’esplosione nucleare. Nonostante lo shock iniziale e i mille interrogativi sul come avremmo fatto a sopravvivere un mese, alla voglia di scappare da quel posto il primo gior-no, è subentrata subito una voglia di non lasciarlo più. I miei compagni di viaggio acconsentiranno con me a parlare di ‘casa’ ripensando adesso a quel dormi-torio. Ciò che ci ha fatto cambiare idea è stato il bellissimo gruppo di studenti che condivideva con noi la nostra stessa esperienza. Eravamo in 50, dalle parti più disparate del mondo: Italia, Spagna, Francia, Tunisia, Iran, Turchia, Polonia, Russia, Taiwan, Giappone, Indonesia.È stato incredibile come, nonostante fossimo così tanti e provenissimo tutti da paesi con culture diverse, rapida-mente abbiamo legato tanto tra di noi. Sembrava di stare dentro una campana di vetro, all’interno della quale ognuno aveva portato solo tanta voglia di con-oscere gli altri e approcciarsi alle altre culture con mente molto aperta e aveva lasciato fuori ogni sorta di pregiudizio.

Si poteva affrontare qualsiasi tema: dis-cussioni infinite con i turchi per far capire loro perché i siciliani non sono mafiosi, i poveri musulmani posti sotto interrog-atorio per sapere dell’Isis e della loro religione, le giapponesi costrette con amore a masticare carote crude, che non fanno parte della loro alimentazione.Ti colpisce molto quando vedi che, al di fuori degli ambienti in cui siamo soliti crescere, tutte le ‘restrizioni’ mentali e sociali vengono meno una volta lon-tani da questi e la gente è più propensa ad ascoltare, a capirti e ad accettare le tue idee. Ed è ancora più incredibile quando vivi queste emozioni da LEO. Nonostante io e Stefania, la LEO di Va-rese, stessimo sclerando durante tutto lo scambio tra le Card of Acceptance in late, il nuovo database e Incomings molesti, è stato davvero magnifico ac-corgerci di come tutto ciò per cui la-vori un anno intero funzioni realmente. Quando vedi la felicità e la soddisfazi-one nei volti di tutti i tuoi compagni di viaggio e vedi crearsi amicizie in tutto il mondo, hai la conferma che il lavoro che hai svolto non è stato vano, che è per quel sorriso e per quelle emozi-oni che hai scelto di faticare tanto.

Le settimane sono trascorse velocissime all’interno di questo bellissimo quadro. E quando Budapest fa da cornice, tutto è ancora più bello. Di Budapest me ne avevano parlato tutti benissimo, ma non pensavo potesse apparire così merav-igliosa ai miei occhi: il modo in cui si amalgama così elegantemente con il suo fiume, i castelli e i palazzi che si rispec-chiano nelle sue acque, il meraviglioso Parlamento che sfida il Castello di fron-te sul dominio del Danubio. E poi, al tra-monto, quando, dall’alto di Gellert Hill, vedi le luci soffuse del giorno lasciare il posto al silenzioso accendersi di quelle dorate dei lampioni della città, si crea una atmosfera del tutto indimenticabile.Tra le cose più belle che ricorderò dello scambio, è il ritorno da Lake Balathon, il cosidetto ‘mare dell’Ungheria’. Viagg-iavamo in un treno pieno zeppo di gente

23

Page 24: Zona SISMica - Settembre 2015/September 2015

www.sism.org

Numero 26 | Settembre 2015

e con almeno due ore di viaggio da fare. Data la mancanza di posti a sedere, ci siamo accampati per terra, nello spiaz-zo davanti le porte d’ingresso, pregando la gente di non entrare. Si sono uniti a noi due ragazzi ungheresi, che vedendo con noi una chitarra, ci hanno invitato ad improvvisare qualcosa insieme. Presi allora dalla noia e vinta la timidezza e i sensi di colpa nel disturbare la gente attorno, abbiamo iniziato a cantare, accompagnando la voce di Mounir, il ragazzo francese, e le sue dita veloci sulla chitarra, riscuotendo consensi ed approvazione dai passeggeri. Non credo di aver mai provato una sensazi-one tale di leggerezza e libertà. Non ci importava di essere seduti per ter-ra, sporchi e stanchi dopo il weekend senza sonno; eravamo lì, era il nostro viaggio, godevamo del momento per-ché sapevamo che non sarebbe tor-nato, senza preoccuparci del fatto che sarebbe finito. Quando Jovanotti dice-va ‘l’Estate e la Libertà’, era sicura-mente questa la libertà di cui parlava.

Se dovessi ricordare il momento più di-vertente che mi sia successo durante questo mese, sicuramente riderei un sacco ricordando l’ultima sera a Buda-pest, dato che è stata una delle scene più buffe che Budapest abbia mai vis-to. Era la sera del Goodbye Party in una discoteca; c’erano canzoni di una certa indecenza come sottofondo ed, improvvisamente, 50 persone iniziano a piangere a dirotto e ad abbracciarsi in centro di pista. La gente attorno ci guardava stupita, qualcuno rideva, altri si avvicinavano cercando di farci ridere con delle linguacce. Ma noi ormai non sentivamo neanche più la musica, sta-

vamo lì a prometterci che ci saremmo rivisti e che ci saremmo risentiti, a prometterci che non avremmo mai di-menticato quel mese appena trascorso.

Quando ho deciso di scrivere questo ar-ticolo, non avevo ben chiaro cosa volessi dire. Non avevo voglia di raccontare il mio daytime, ma ho pensato che, con-dividendo ciò che io avevo vissuto, avrei potuto continuare a ripercorrere quel viaggio. Adesso che sono arrivata alle battute finali, voglia di dedicare questo articolo a tutti coloro che sono partiti in scambio e hanno avuto modo di riveder-si in qualcosa di quello che ho scritto, e a coloro che non sono ancora mai anda-ti: di sicuro due pagine non saranno per niente convincenti, ma se posso darvi un consiglio… andate, viaggiate, speri-mentate il SISM in tutte le sue forme!E, dulcis in fundo, voglio dedicare questo articolo a tutti i miei compagni di viag-gio e ai momenti passati con loro: dalle riunioni nella big room con gli spagnoli sempre in ritardo, ai nostri tentativi fal-liti di ripetere la frase della metro con Hamed piuttosto convinto di averne in-vece la pronuncia perfetta; dalle serate con il nostro amico Jager e il nostro affezionatissimo Sziget virus, alle tre Meline nei megaselfie del cellulare di Lucy; dagli stalker alle terme Szech-enyi, alle corse al Margarite’s Bridge per guardare il Parlamento illuminato.Quando vivi qualcosa di bello, vivi sempre con la paura che possa finire, soprattutto quando sai di partire per un mese. Io voglio essere ottimista stavolta; penso che questa sia solo la fine di una parte di quel viaggio, ma l’inizio di un altro, fatto di ricordi, im-magini, canzoni e amicizie. È l’inizio

24

Page 25: Zona SISMica - Settembre 2015/September 2015

www.sism.org

Number 26 | Settembre 2015

del viaggio che dura per sempre.

‘ Give me one good reasonWhy I should never make a change ’

25

Page 26: Zona SISMica - Settembre 2015/September 2015

SISM - Segretariato Italiano Studenti MedicinaUfficio Nazionale: Padiglione Nuove Patologie, Policlinico Sant’Orsola,

via Massarenti 9, 40138 Bologna.tel/fax: +39 051 399507 – e-mail: [email protected]

web: www.sism.org Codice Fiscale 92009880375

1