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DAgli Istituti di pena Bresciani Zona 508 Trimestrale Dagli Istituti di pena BrescianiAutorizzazione del Tribunale di Brescia Zona 508 Il labirinto della libertà La nostra giornata in un fumetto Il carcere dalla “A” alla “Z”

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DAgli Istituti di pena Bresciani

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unale d

i Brescia

Zona 508

Il labirinto della

libertà

La nostra giornata

in un fumetto

Il carcere dalla

“A” alla “Z”

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Autorizzazione del Tribunale di

Brescia n.25/2007 del

21 Giugno 2007.

Direttore responsabile: Marco Toresini

Editore:

Act

(Associazione Carcere e Territorio)

Vicolo Borgondio, 29 —Brescia

Redazione amministrativa:

c/o Act Vicolo Borgondio, 29—Brescia

Tipografia:

Grafiche Cola Sr.

Via Rosmini, 12/b

23900 Lecco

Redazione:

Massimiliano, Safet, Giuseppe, Irina, Manuel, Adriano, Giovan-

ni, Alexandru, Roberto, Ismael,

Rinaldo, Giambattista, Roberto, Carlos, Carlo, Matar, Franco,

Lulzim, Francesco, Gianfranco,

Pjeter, Jerry, Fabio, Luciano, Cristian, Erjon,Nicholas, Leonar-

do, Andrea, Nicola, Daniela,

Lucia, Laura, Camilla, Roberta, Elisabetta, Federica, Giulia,

Alessandra, Francesca, Marta,

Andrea, Virginia, Enrica, Chiara.

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“Voi crescerete, e ve lo auguro, nel culto dei valori veri, nel culto della legalità, della solida-

rietà, dell’amore per il prossimo, del rispetto della persona umana qualunque sia il colore

della sua pelle, qualunque sia la sua razza, qualunque sia la sua religione. Questo è l’augurio

che vi faccio. Con tutto il cuore".

Antonino Caponnetto

Uomo e Magistrato

Perché parlare di legalità ai bambini?

In questi anni, come volontari di ACT abbiamo incontrato molte persone e cercato di portare il tema della legalità e della pena nei luoghi più disparati. Ci siamo resi conto, così, che nel nostro percorso diventava sempre più necessario iniziare un progetto di educazione alla legalità sin da bambi-ni, convinti che, attraverso una cultura del rispetto delle regole, si pos-sano crescere adulti responsabili. Educare un bambino alla legalità ci permette di trasmettergli un forte senso civico. È un percorso che deve iniziare in famiglia, attraverso il rispetto delle regole di base: quelle della casa, ad esempio, per prose-guire poi a scuola. La scuola,infatti, ha un suo ruolo fondamentale: deve far apprendere al bambino le norme di comportamento che gli permetteranno di vivere insieme agli altri. Attraverso il rispetto delle regole della vita quotidiana, il bambino deve essere condotto piano piano, ed in base alla sua età, alle regole del gruppo e della società. Per far questo occorre che la famiglia e gli educatori ne siano da esem-pio, è essenziale infatti che si condividano in profondità il valore delle cose che si insegnano e che si tenga un atteggiamento coerente con ciò che si insegna. I bambini sono curiosi, osservatori, attenti; occorre dar loro esempi sempre coerenti con ciò che si chiede loro di rispettare. Noi, come volontari abbiamo pensato, per la prima volta di lanciare un concorso che aprisse le ultime due classi della scuola primaria al tema della legalità. Per aiutare i bambini e gli insegnanti, sono state offerte alle classi che ne hanno fatto richiesta alcune lezioni sul tema della legalità attraver-so il rispetto delle Leggi e sulla Costituzione. Abbiamo trovato bambini entusiasti, attenti, sensibili e attivi. Speriamo di aver trasmesso loro alcuni input utili ad iniziare il lungo percorso che li porterà ad essere gli adulti di domani.

Dott.ssa Alessandra Spreafico

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A.. AFFETTO: tra i compagni

B.. BRANDA

C.. CELLA

D.. DOLORE: essere lontano

dalla propria famiglia

LEGENDA:

1 brande

2 armadietti

3 tavolini

4 sgabelli

5 bagno

6 cucina

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ERRORE

E.. ETICHETTA: essere rinchiusi

Vuole dire avere un’etichetta che

potrebbe essere per sempre

F.. FEDE: la fede si rafforza e ci

pulisce il cuore

G.. GRIDA: grida silenziose che a

volte non vengono ascoltate

H.. HOTEL SENZA

STELLE

I.. INEVITABILE: bisogna accettare l’inevitabile con-

seguenza dei propri errori

L.. LINGUAGGIO: in carcere si incontrano tante lingue

diverse

freedom li-

bertè liber-

tad libertà

mom sa

bope i lire

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M.. MISERICORDIA: bisogno di perdono

N.. NUOCERE: il carcere è un’esperienza forte e diffi-

cile che può farti male

all’anima e al corpo

O.. OPPORTUNITA’:

P.. PAZIENZA: il car-

cere è un luogo in cui la

gestione del tempo e del-

lo spazio è spesso in mano ad altri.

Q.. QUOTINIANITA’: viviamo delle giornate con orari

molto scanditi e ripetitivi, complessivamente passiamo 11

ore fuori dalle celle e 13 dentro le celle.

R.. RINASCITA: vogliamo vivere il carcere come un

passaggio per una nuova

e migliore vita

S.. SOLIDARIETA’: in carcere

puoi trovare una mano amica che ti aiuta

ad affrontare le giornate

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T..TEMPO: a volte sembra che il tempo ma passi

mai, ma sta a noi scegliere come occuparlo, impegnar-

lo e renderlo arricchente.

U.. UMANO: sbagliare è umano

V..VOLONTA’: quello che cerchiamo di avere è la

forza di volontà per accettare ciò

che stiamo passando e andare a-

vanti.

Z.. ZIO: qui in carcere si utiliz-

za un linguaggio un pochino diver-

so dal mondo esterno, per noi lo

“zio” è un detenuto anziano che

ha esperienza del funzionamento

della vita penitenziaria.

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LA LEGGENDA DEL

DESERTO

Voglio raccontarvi una leggenda

araba, che è stata raccontata an-

che a me, per riflettere insieme a

voi sul grande valore delle secon-

de opportunità che ognuno di noi

merita di ricevere.

Molti secoli fa la Terra era verde

e fresca. Era percorsa da ruscelli,

da ogni specie di animali, gli albe-

ri erano ricchi di ogni genere di

frutta e gli uomini, che ignorava-

no il male e non conoscevano la

guerra, erano felici.

Dio aveva detto agli uomini:

“Questo giardino è vostro e vostri

sono i suoi frutti. Dovete, però,

vivere sempre con amore, giusti-

zia e fratellanza, altrimenti lascerò

cadere un granello di sabbia sulla

Terra per ogni vostra azione catti-

va e…Attenzione, un giorno que-

sto verde potrebbe anche sparire.”

Per un po’ di tempo gli uomini

vissero in pace e sereni.

Un brutto giorno due uomini, che

si contendevano il possesso di un

cammello, litigarono offendendo-

si e picchiandosi. Dio fece cadere

sulla Terra un granello di sabbia

così piccolo che nessuno se ne

accorse. Seguirono tra gli uomini

frequenti episodi di persone che,

per egoismo, superbia e prepoten-

za, rovinarono la pace e

l’armonia.

Presto gli uomini si accorsero che

tanti granelli di sabbia avevano

ormai formato tanti mucchietti e

perciò chiesero a Dio di che cosa

si trattasse, questo rispose che era

il risultato della

loro cattiveria e

ricordò loro

quanto aveva

già detto:

“Ogni volta che

un uomo com-

pirà un’azione

cattiva, un granello di sabbia ca-

drà e si aggiungerà agli altri, un

giorno così la sabbia potrebbe

anche coprire l’intera Terra”.

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Gli uomini si misero a ridere e

pensarono: “Anche se fossimo

molto cattivi, ci vorrebbero milio-

ni di anni prima che questi granel-

li possano coprire la Terra e ci

possano

danneggiare.”

Così gli uomini iniziarono a com-

battere gli uni contro gli altri, tri-

bù contro tribù, finché la sabbia

seppellì campi e pascoli, cancellò

i ruscelli e spinse gli animali lon-

tano, alla ricerca di cibo, acqua e

riparo.

Si formò così il Deserto e tutte le

tribù vagarono tra le dune, sotto il

sole cocente, nella solitudine, con

poca acqua e cibo, vivendo in

tende e aiutate solo dai cammelli

per gli spostamenti, portandosi nel

cuore la nostalgica immagine del-

la terra perduta.

Dio, buono e misericordioso, vol-

le che ogni tanto si presentasse ai

loro occhi l’immagine delle piante

e delle acque scomparse. Per que-

sto chi cammina del deserto vede,

talvolta, cose che non ci sono ma,

quando tende le braccia per toc-

carle, la visione svanisce; sono

come i sogni ad occhi aperti e la

gente li chiama miraggi. Sono un

richiamo, un’occasione nuova che

Dio misericordioso offre.

Il miraggio può diventare realtà

per chi vuole tornare sulla via del

Bene. Si potranno trovare ruscelli,

palme che la sabbia non cancella,

ma circonda come il mare fa con

le isole.

Questi

luoghi si

chiamano

oasi e,

qui, gli

uomini si

fermano

per trovare acqua, cibo, riposo

ricordando ed ascoltando le parole

di Dio: “Non trasformate il mio

mondo verde in un deserto infini-

to”.

Gianfranco

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Ciao bambini e bambine,

questo labirinto rappresenta le 4 strade che noi carcerati

dobbiamo percorrere per poter raggiungere la libertà.

Come potete vedere, non è così facile; vi va di aiutarci?

Attenti a non cadere nei tranelli.

Vi ringraziamo e vi auguriamo un mondo di belle cose.

Un abbraccio! i vostri amici carcerati.

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C iao bambini e bambine,

sono Adriano, un “carcerato”, e

voglio spiegarvi un po’ come è il

carcere, cosa si fa in una giorna-

ta normale e quali sono le attivi-

tà che ci sono e si possono fare.

Immagino che il cartone dei

“ f r a t e l l i

D a l t o n ”

l ’ ab b i a t e

visto: beh,

il carcere

non è così,

i carcerati

non hanno

la palla al

piede, non

hanno ca-

tene, non rompono pietre e non

hanno neppure i vestiti a strisce.

Io sono una persona come tante,

anche se “ho trasgredito”, ho

sbagliato, fatto un errore; sono

papà di una figlia di 22 anni, so-

no zio di 13 nipoti e sono figlio di

una mamma adorabile. Loro mi

vengono a trovare, non tutti in-

sieme; possono venire 6 volte al

mese e passare con me un’ora.

Nonostante il tempo sia poco,

un’ora soltanto, è sempre molto

intensa e ci vediamo volentieri.

Per quanto riguarda la struttura

e le attività del carcere, c’è da

dire che ogni carcere è diverso:

qui a Verziano, ad esempio, ab-

biamo la fortuna di avere il cam-

po da calcio e anche un bel prato

(per me è molto bello, dato che

sono cresciuto in campagna in

provincia di Brescia): io e altri

adoriamo i 2 giorni a settimana

nei quali possiamo andare in

mezzo al verde.

Solitamente, la mattina ci si sve-

glia e si fa colazione nella pro-

pria “cella”, stanza, e qui a Ver-

ziano siamo in due per ogni

stanza; prima delle 8 passa un

carrello con caffè, the e latte e

chi vuole ne può prendere. Alle

8.30 ci aprono il “cancello”, la

porta, e iniziano le varie attività

o lavori: ad esempio c’è chi fa il

corso di cucina; chi sistema le

mura, i tubi, le luci, quindi fa

manutenzione della struttura

“carcere”; chi pulisce i vari am-

bienti; chi lavora in biblioteca;

chi taglia l’erba; chi prende

l’ordine della spesa (che possia-

mo fare una volta a settimana) e

chi ce la consegna, che è lo

“spesino”.

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Inoltre qui c’è anche la scuola: ci

sono le elementari e le medie,

corsi di alfabetizzazione per da-

re la possibilità agli stranieri di

imparare la nostra lingua e ci so-

no le superiori

per diventare

geometra op-

pure c’è la

scuola di mo-

da.

Successiva-

mente, alle 12,

ripassa il car-

rello per il

pranzo; così anche per la cena.

Durante i vari giorni della setti-

mana, ci sono altre attività come

il giornalino; incontri di lettura

dove si sceglie un libro e poi se ne

parla; c’è teatro, ballo, danza;

scultura dove usiamo la creta;

gruppi di giardinaggio e orto, do-

ve si impara a coltivare fiori e

verdure; c’è il catechismo e vari

altri gruppi in cui si scambiano

esperienze; la domenica per chi

vuole c’è la Messa e se qualcuno

sta male, c’è pure l’infermeria.

Sono tutte attività molto impor-

tanti, ci insegnano che nella vita

si possono fare tante cose ed

avere interessi diversi; ci danno

l’opportunità di usare il tempo in

maniera costruttiva ed è una

grande fortuna, dal momento che

tante di queste attività ci sono

grazie a delle persone che ci of-

frono il loro tempo in qualità di

volontari.

Ovviamente non si fanno tutte le

suddette attività, si può sceglie-

re tra esse.

C’è anche chi non fa queste cose

e quindi gioca a carte, a dama, a

scacchi; legge un libro; guarda la

TV; va all’aria; va in palestra; cu-

cina o pulisce la propria stanza.

Finita la giornata, alle 9 ci si riti-

ra nelle proprie stanze e ci chiu-

dono le porte, i “cancelli”.

Spero di essere riuscito a farvi

capire un po’ come funziona il

carcere; se volete avere delle

spiegazioni o se avete delle curio-

sità, sarò contento

di potervi aiutare.

Ora vi faccio i miei

più sinceri saluti e

vi ringrazio di cuo-

re, per tutto.

Con affetto, un

abbraccio,

Adriano.

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Caro lettore,

leggi la nostra giornata tipo qui in carcere e prova poi a compi-

lare negli spazi bianchi la tua giornata.

MATTINA MATTINA

ORE 7.00 : sveglia

ORE 8.00 : apertura cella con

colazione

ORE 8.30 : attività all'aria

aperta

ORE 9.30 : entrata a scuola

ORE 13.30 : uscita da scuola

ORE 12.30 : consegna pasto con

carrello

ORE 13.15 : pranzo in cella

ORE 13.30 : (fino alle 16.00)

attività all'aria aperta

POMERIGGIO POMERIGGIO

ORE 16.00 : (fino alle 20.00)

attività libera in cella pulizie,

lettura, ascolto musica, pre-

parazione della cena.

SERA SERA

ORE 18.00 : consegna cena

con carrello

ORE 20.00 : chiusura cella

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Cari bambini e bambine, noi uomini, spesso, facciamo fun-zionare la nostra mente in modo molto semplice suddividendo tut-to quello che ci circonda e vedia-mo in due grandi categorie: il bianco e il nero o il buono ed il cattivo. Ragionando così, spesso si pensa che uno come me, sia catti-vo, ma vi scrivo con la speranza nel cuore che possiate scoprire tutti i grigi che ci sono in mezzo alla storia di ognuno. Questi grigi possono racchiudere anche sbagli commessi in un periodo della pro-pria vita, ma che possono rappre-sentare uno stimolo per crescere.

Detto questo, voglio raccon-tarvi una bella sto-ria, real-mente accaduta, proprio a me, per farvi ca-pire che

noi detenuti siamo persone come voi, con le stesse paure, speranze, sogni e limiti. Un giorno, per colpa di un brutto mal di dente che mi aveva tra-sformato la faccia in un pallone, dal carcere, dove mi trovavo, mi hanno dovuto portare per un con-trollo urgente al pronto soccorso

dentistico della città. Essendo io un detenuto, mi hanno dovuto scortare ed ammanettare. Dopo essere arrivato all’ospedale ed essere sceso dal furgone della polizia, mi sono guardato un po’ in giro e attraverso una finestra, ho incrociato lo sguardo con un sim-patico visino; era un bambino che, dopo avermi guardato con stupore e paura per le manette, si è subi-to nascosto dietro la tenda per-ché si era spaventato nel vedermi. Subito dopo mi hanno fatto en-trare nell’ambulatorio, scortato da due poliziotti: mi sentivo un po’ Pinocchio con le guardie. Ho notato che il triste faccino del bambino, che si nascondeva dietro la mamma, mostrava anche un’espressione di curiosità come se fosse stupito che anche io po-tessi avere paura del dentista! Io mi sono seduto in un angolo e avendo anche io veramente paura del dentista, mi facevo sempre più piccolo. Pian piano sono ritor-nato bambino, e il piccolo mi guar-dava con occhi di compassione: la paura che condividevamo ci stava avvicinando. Io presi coraggio e chiesi al bambino: <<Hai paura?>>; <<Sì>>, rispose. Allora dissi:<<Di cosa hai paura? Del dentista?>>, e lui rispose: <<Anche!>>. Capii che gli facevo paura anche io e la tri-stezza invase il mio cuore. Quando l’infermiera chiamò: “Il prossimo!”, dissi al bambino: <<Lascia andare me per primo, così

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si sfoga con me e dopo non ti farà male!>>. Il bambino non sapeva cosa dire, ma sempre con la paura del dentista, fece un timido cenno con il ca-po e mi sorrise. Dopo l’intervento, felice, potevo uscire e tornare dal mio nuovo amico; volevo rassicurarlo, non faceva male il dentista, non doveva avere pau-ra. Ci guardammo per un attimo e il bambino, un po’ preoccupato, mi chiese: <<Ti ha fatto male?>>, io feci di sì con la testa, ma subito aggiunsi: <<Però passa in fretta>>. Ridendo il bambino mi venne vicino, mi fece una carezza dicendo: <<Non sei cattivo, io lo so: avevi paura anche tu!>>. Cari bambini, voi guardate tutti per quello che vedete, non giudicate con pregiudizio, regalate alle persone come noi il vostro cuore, facendoci sentire vivi; continuate a farlo! Un abbraccio da Francesco

FILASTROCCA

Sotto la filastrocca puoi trovare un riquadro contenente le parole man-

canti da inserire nei versi (dove ci sono i puntini), aiutami a completarla!

Sbagliando si ………….

Non sbagliare è una cosa ………….

A star qui puoi perdere una persona ……………

Resterà chi tanto bene ti …………….

A partire dalla mamma e dal …………

Non finire qui dentro il cancello

perché tutto fuori è più ……………

PAPÀ, CARA, BELLO,

IMPARA, VORRÀ, RARA.

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MENIQUE (Mignolo )

autore: JOSE’ MARTI

Ho scelto di condividere con voi questa storia cubana che vuole insegnarci che l’umiltà e la forza di volontà, se usate con tenacia dagli uomini, possono prevalere e sconfiggere l’avidità e l’odio, che rappre-sentano la mediocrità.

C’era una volta, in un paese lontano, un signore molto anziano che aveva tre figli: Pedro, Pablo e Juanito. Pedro era alto e forte, Pablo un ra-gazzo sempre distratto con gli occhi pieni di rabbia, mentre Juanito, bello e pieno di curiosità per la vita, era talmente piccolo che tutti lo chiama-vano Menique ( mignolo). Abitavano in una casa così povera che quando riuscivano a procurarsi un pezzo di pane facevano festa. Non molto lontano sorgeva il palazzo del re. Un brutto giorno nel palazzo crebbe una quercia così forte e insidiosa che nessuno riusciva a tagliare, mentre il pozzo principale del regno, che forni-va acqua a tutto il paese, si prosciugò completamente. Di fronte a tali di-sgrazie il re decise di donare metà del suo regno e sua figlia in sposa a chiunque fosse riuscito a tagliare la quercia e a riempire il pozzo di ac-qua. Quando Menique e i fratelli ricevet-tero la notizia si prepararono a par-tire verso il palazzo nonostante la paura e la preoccupazione, poiché il re avrebbe tagliato le orecchie a tutti coloro che avrebbero fallito nell’intento. Dopo un’intensa camminata verso il palazzo del re, i tre fratelli decisero di fermarsi un po’ a riposare. Im-provvisamente però Menique, che era il più curioso di tutti, quando sentì un suono ritmico lontano, decise di an-dare a scoprirne la provenienza. Vide

così un piccone che picchiava una vecchia roccia e gli chiese: “Buongiorno signor piccone, non è stanco di lavorare su quella roccia?” e il piccone rispose: “Dov’eri figliolo? E’ da molti anni che ti aspetto!” e gli andò incontro. Menique lo mise nella borsa, raggiunse gli altri fratelli e, senza che questi sapessero nulla, insieme proseguirono il viaggio. Il giorno seguente si fermarono a bere dinanzi a un ruscello e Menique, ancora una volta facendo di testa sua, vedendo una noce di cocco da cui sgorgava l’acqua le chiese: “Buongiorno signora noce, non sei stanca di lavorare così duramente sola?” e lei rispose: “Ciao figliolo, è da molto tempo che ti aspetto!”. Menique allora l’afferrò, la mise in borsa e tornò da Pablo e Juanito per prose-guire il cammino con loro. Prima di arrivare a palazzo, ancora una volta, la stanchezza li sorprese e si fermarono davanti a un grande bosco che Menique, curioso come sempre, volle esplorare. Vi trovò un’ascia che tagliava i rami degli albe-ri, si avvicinò e le chiese: “Buongiorno signora ascia, non è stanca di lavorare tutta sola?” e lei rispose: “Buongiorno figliolo, ti aspettavo da tanto tempo!”. Menique la infilò velocemente in borsa e tornò indietro dai fratelli. I tre giunsero finalmente a palazzo e videro una miriade di persone giunte da posti diversi per lottare contro l’insidioso albero, ma questo era tal-mente forte che nessuno riusciva a tagliarlo. Arrivò il turno di Pedro che era molto deciso perché aveva con sé un’ottima ascia, ma per quanta buona volontà e forza ci fossero in lui, il risultato non fu buono e gli furono tagliate le orecchie. La stessa sorte toccò a Pablo, mentre arrivava il tur-no di Menique.

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Questi si avvicinò alla quercia, prese la sua ascia dalla borsa, le sussurrò a bassa voce: “Taglia ascia, taglia” ed essa cominciò a tagliare ramo dopo ramo, finchè arrivò al tronco, con gran stupore di tutti i presenti perché non si era mai visto nulla di simile. Menique guardò il re e gli chiese: “Mio signore, dove lo vuole il nuovo pozzo?” “In mez-zo alla piazza!” ordinò il re mentre la folla gridava e incitava Menique e la sua forza. Il ragazzo prese dalla borsa il suo piccone e gli sussurrò: “Taglia piccone, taglia” e iniziò a picchiare il terreno fino a quando raggiunse la giusta profondità. Prese quindi la noce di cocco, la sistemò in una cavità del pozzo sussurrandole sottovoce: “Sgorga acqua, sgorga!” e l’acqua iniziò a sgorgare. Tutti facevano salti di gioia, tranne i due fratelli che moriva-no dall’invidia e dicevano tra loro: “Quello sarebbe capace di ammazzare pure un gigante!”. Il re proclamò una grande festa per

onorare Menique ma, poiché la figlia non era molto contenta di sposarlo, decise di metterlo ancora una volta alla prova. Nel bosco c’era un terribile gigante

che si nutriva del bestiame del popolo e il re decise di mandare Menique a catturarlo. Ma il ragazzo, inoltratosi nel bosco, tagliando ramo dopo ramo, si imbattè nel gigante e si accorse che non era così cattivo come tutti crede-vano. I due decisero di fare una gara a chi mangiava di più: insieme cucinarono tre buoi, sei pecore, due agnelli e si misero a mangiare senza limite. Ma mentre il gigante mangiava, mangiava, il furbo Menique nascondeva a sua insaputa il cibo nella borsa e alla fine il gigante, stremato e sbalordito da co-me una creatura tanto piccola potesse mangiare così tanto, fu costretto a gridare: “Basta, basta, bastaaa, non ce

la faccio più! Hai vinto!”. Il gigante e Menique diventarono amici e si avvia-rono insieme al palazzo reale. Quando arrivarono , tutti i presenti videro Menique sulla grande mano del gigante che si rivolgeva al re dicendo: “Signore, tutto risolto!” ma la princi-pessa, non ancora convinta di diventa-re sua sposa gli disse: “Se indovini cosa sto pensando diventerò tua spo-sa” certa che la cosa non potesse mai avverarsi. Però il ragazzo, sceso dalla mano del gigante, usando tutta la sua arguzia, andò incontro alla principessa dicendole: “Padrona e signora mia, lei sta pensando a come sia possibile che un uomo così piccolo possa difenderla da ogni sciagura e come sia possibile che suo padre, con tutto il suo potere, non sia riuscito a mettere fine a tutto ciò”. In quell’istante, come se fosse preso

da un incantesimo, Menique cominciò a crescere e più si avvicinava alla princi-pessa e più cresceva, fino a quando la sua statura divenne normale. Solo allora la principessa capì di avere da-vanti a sé un ragazzo meraviglioso, con tante virtù che l’avrebbero resa felice. I due si sposarono con una grande festa e vissero per sempre felici a palazzo, perdonando e accogliendo con loro anche i due fratelli di Menique.

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