Xv paradiso

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I canti centrali del Paradiso XV – XVI - XVII

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Lezione didattica sul XV canto del Paradiso di Dante

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I canti centrali del Paradiso

XV – XVI - XVII

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Dove ci troviamo?

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Dove ci troviamo?

Cielo di Marte

Spiriti militantiIntelligenze angeliche:Virtù

Spiriti che combatterono per la fede.Appaiono come luci che si dispongono a forma di una croce

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ff

Quando?

Sera del 13 aprile (mercoledì) 1300

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Chi?

Dante

Beatrice

Cacciaguida

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Benigna volontade in che si liquasempre l'amor che drittamente spira,come cupidità fa ne la iniqua,

silenzio puose a quella dolce lira,e fece quïetar le sante cordeche la destra del cielo allenta e tira.

Come saranno a' giusti preghi sordequelle sustanze che, per darmi vogliach'io le pregassi, a tacer fur concorde?

Bene è che sanza termine si dogliachi, per amor di cosa che non durietternalmente, quello amor si spoglia.

Il silenzio dei beati (vv. 1-12)

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Benigna volontade in che si liquasempre l'amor che drittamente spira,come cupidità fa ne la iniqua,

silenzio puose a quella dolce lira,e fece quïetar le sante cordeche la destra del cielo allenta e tira.

Come saranno a' giusti preghi sordequelle sustanze che, per darmi vogliach'io le pregassi, a tacer fur concorde?

Bene è che sanza termine si dogliachi, per amor di cosa che non durietternalmente, quello amor si spoglia.

Il silenzio dei beati (vv. 1-12)

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Benigna volontade in che si liquasempre l'amor che drittamente spira,come cupidità fa ne la iniqua,

silenzio puose a quella dolce lira,e fece quïetar le sante cordeche la destra del cielo allenta e tira.

Come saranno a' giusti preghi sordequelle sustanze che, per darmi vogliach'io le pregassi, a tacer fur concorde?

Bene è che sanza termine si dogliachi, per amor di cosa che non durietternalmente, quello amor si spoglia.

Il silenzio dei beati (vv. 1-12)

I beati, che nel canto precedente avevano cominciato a cantare, si zittiscono tutti insieme affinché Dante possa parlare.

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Benigna volontade in che si liquasempre l'amor che drittamente spira,come cupidità fa ne la iniqua,

silenzio puose a quella dolce lira,e fece quïetar le sante cordeche la destra del cielo allenta e tira.

Come saranno a' giusti preghi sordequelle sustanze che, per darmi vogliach'io le pregassi, a tacer fur concorde?

Bene è che sanza termine si dogliachi, per amor di cosa che non durietternalmente, quello amor si spoglia.

Il silenzio dei beati (vv. 1-12)

I beati, che nel canto precedente avevano cominciato a cantare, si zittiscono tutti insieme affinché Dante possa parlare.

Si crea un forte effetto disuspance

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Benigna volontade in che si liquasempre l'amor che drittamente spira,come cupidità fa ne la iniqua,

silenzio puose a quella dolce lira,e fece quïetar le sante cordeche la destra del cielo allenta e tira.

Come saranno a' giusti preghi sordequelle sustanze che, per darmi vogliach'io le pregassi, a tacer fur concorde?

Bene è che sanza termine si dogliachi, per amor di cosa che non durietternalmente, quello amor si spoglia.

Il silenzio dei beati (vv. 1-12)

I beati, che nel canto precedente avevano cominciato a cantare, si zittiscono tutti insieme affinché Dante possa parlare.

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Benigna volontade in che si liquasempre l'amor che drittamente spira,come cupidità fa ne la iniqua,

silenzio puose a quella dolce lira,e fece quïetar le sante cordeche la destra del cielo allenta e tira.

Come saranno a' giusti preghi sordequelle sustanze che, per darmi vogliach'io le pregassi, a tacer fur concorde?

Bene è che sanza termine si dogliachi, per amor di cosa che non durietternalmente, quello amor si spoglia.

Il silenzio dei beati (vv. 1-12)

I beati, che nel canto precedente avevano cominciato a cantare, si zittiscono tutti insieme affinché Dante possa parlare.

Riflessione dottrinale sull'intercessione dei santi

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Benigna volontade in che si liquasempre l'amor che drittamente spira,come cupidità fa ne la iniqua,

silenzio puose a quella dolce lira,e fece quïetar le sante cordeche la destra del cielo allenta e tira.

Come saranno a' giusti preghi sordequelle sustanze che, per darmi vogliach'io le pregassi, a tacer fur concorde?

Bene è che sanza termine si dogliachi, per amor di cosa che non durietternalmente, quello amor si spoglia.

Il silenzio dei beati (vv. 1-12)

I beati, che nel canto precedente avevano cominciato a cantare,

Interrogativa retorica che presuppone risposta positiva

I beati, che nel canto precedente avevano cominciato a cantare, si zittiscono tutti insieme affinché Dante possa parlare.

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Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30)

Quale per li seren tranquilli e puri

discorre ad ora ad or sùbito foco,

movendo li occhi che stavan sicuri,

e pare stella che tramuti loco,

se non che da la parte ond' e' s'accende

nulla sen perde, ed esso dura poco:

tale dal corno che 'n destro si stende

a piè di quella croce corse un astro

de la costellazion che lì resplende;

né si partì la gemma dal suo nastro,

ma per la lista radïal trascorse,

che parve foco dietro ad alabastro.

Sì pïa l'ombra d'Anchise si porse,

se fede merta nostra maggior musa,

quando in Eliso del figlio s'accorse.

«O sanguis meus, o superinfusa

gratïa Deï, sicut tibi cui

bis unquam celi ianüa reclusa?».

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Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30)

Quale per li seren tranquilli e puridiscorre ad ora ad or sùbito foco,movendo li occhi che stavan sicuri,

e pare stella che tramuti loco,se non che da la parte ond' e' s'accendenulla sen perde, ed esso dura poco:

tale dal corno che 'n destro si stendea piè di quella croce corse un astrode la costellazion che lì resplende;

Similitudineprincipale

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Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30)

Quale per li seren tranquilli e puridiscorre ad ora ad or sùbito foco,movendo li occhi che stavan sicuri,

e pare stella che tramuti loco,se non che da la parte ond' e' s'accendenulla sen perde, ed esso dura poco:

tale dal corno che 'n destro si stendea piè di quella croce corse un astrode la costellazion che lì resplende;

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Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30)

Quale per li seren tranquilli e puridiscorre ad ora ad or sùbito foco,movendo li occhi che stavan sicuri,

e pare stella che tramuti loco,se non che da la parte ond' e' s'accendenulla sen perde, ed esso dura poco:

tale dal corno che 'n destro si stendea piè di quella croce corse un astrode la costellazion che lì resplende;

né si partì la gemma dal suo nastro,ma per la lista radïal trascorse,che parve foco dietro ad alabastro.

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Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30)

Quale per li seren tranquilli e puridiscorre ad ora ad or sùbito foco,movendo li occhi che stavan sicuri,

e pare stella che tramuti loco,se non che da la parte ond' e' s'accendenulla sen perde, ed esso dura poco:

tale dal corno che 'n destro si stendea piè di quella croce corse un astrode la costellazion che lì resplende;

né si partì la gemma dal suo nastro,ma per la lista radïal trascorse,che parve foco dietro ad alabastro.

Le metafore scelte alternano sensazioni fredde e cristalline a sensazioni di tepore

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Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30)

Sì pïa l'ombra d'Anchise si porse,se fede merta nostra maggior musa,quando in Eliso del figlio s'accorse.

«O sanguis meus, o superinfusagratïa Deï, sicut tibi cuibis unquam celi ianüa reclusa?».

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Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30)

Sì pïa l'ombra d'Anchise si porse,se fede merta nostra maggior musa,quando in Eliso del figlio s'accorse.

«O sanguis meus, o superinfusagratïa Deï, sicut tibi cuibis unquam celi ianüa reclusa?». Si prolunga la dimensione delle

comparazioni: qui Cacciaguida viene paragonato ad Anchise.

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Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30)

Sì pïa l'ombra d'Anchise si porse,se fede merta nostra maggior musa,quando in Eliso del figlio s'accorse.

«O sanguis meus, o superinfusagratïa Deï, sicut tibi cuibis unquam celi ianüa reclusa?». Si prolunga la dimensione delle

comparazioni: qui Cacciaguida viene paragonato ad Anchise.

Cacciaguida avvia il proprio discorso parlando latinoMito e lingua classica generano un ulteriore innalzamento del tono. Si crea un forte stato di attesa

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Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30)

Sì pïa l'ombra d'Anchise si porse,se fede merta nostra maggior musa,quando in Eliso del figlio s'accorse.

«O sanguis meus, o superinfusagratïa Deï, sicut tibi cuibis unquam celi ianüa reclusa?».

Non Enea, non Saulo sono(If. I, vv)

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Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30)

Quale per li seren tranquilli e puri

discorre ad ora ad or sùbito foco,

movendo li occhi che stavan sicuri,

e pare stella che tramuti loco,

se non che da la parte ond' e' s'accende

nulla sen perde, ed esso dura poco:

tale dal corno che 'n destro si stende

a piè di quella croce corse un astro

de la costellazion che lì resplende;

né si partì la gemma dal suo nastro,

ma per la lista radïal trascorse,

che parve foco dietro ad alabastro.

Sì pïa l'ombra d'Anchise si porse,

se fede merta nostra maggior musa,

quando in Eliso del figlio s'accorse.

«O sanguis meus, o superinfusa

gratïa Deï, sicut tibi cui

bis unquam celi ianüa reclusa?».

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Cacciaguida invita Dante a parlare (vv. 31-69)Così quel lume: ond' io m'attesi a lui;

poscia rivolsi a la mia donna il viso,

e quinci e quindi stupefatto fui;

ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso

tal, ch'io pensai co' miei toccar lo fondo

de la mia gloria e del mio paradiso.

Indi, a udire e a veder giocondo,

giunse lo spirto al suo principio cose,

ch'io non lo 'ntesi, sì parlò profondo;

né per elezïon mi si nascose,

ma per necessità, ché 'l suo concetto

al segno d'i mortal si soprapuose.

E quando l'arco de l'ardente affetto

fu sì sfogato, che 'l parlar discese

inver' lo segno del nostro intelletto,

la prima cosa che per me s'intese,

«Benedetto sia tu», fu, «trino e uno,

che nel mio seme se' tanto cortese!».

E seguì: «Grato e lontano digiuno,

tratto leggendo del magno volume

du' non si muta mai bianco né bruno,

solvuto hai, figlio, dentro a questo lume

in ch'io ti parlo, mercé di colei

ch'a l'alto volo ti vestì le piume.

Tu credi che a me tuo pensier mei

da quel ch'è primo, così come raia

da l'un, se si conosce, il cinque e 'l sei;

e però ch'io mi sia e perch' io paia

più gaudïoso a te, non mi domandi,

che alcun altro in questa turba gaia.

Tu credi 'l vero; ché i minori e ' grandi

di questa vita miran ne lo speglio

in che, prima che pensi, il pensier pandi;

ma perché 'l sacro amore in che io veglio

con perpetüa vista e che m'asseta

di dolce disïar, s'adempia meglio,

la voce tua sicura, balda e lieta

suoni la volontà, suoni 'l disio,

a che la mia risposta è già decreta!».

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Cacciaguida invita Dante a parlare (vv. 31-69)

Così quel lume: ond' io m'attesi a lui;poscia rivolsi a la mia donna il viso,e quinci e quindi stupefatto fui;

ché dentro a li occhi suoi ardeva un risotal, ch'io pensai co' miei toccar lo fondode la mia gloria e del mio paradiso.

La presenza di Beatrice in questo canto è fatta solo di sorrisi e cenni

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Cacciaguida invita Dante a parlare (vv. 31-69)

Così quel lume: ond' io m'attesi a lui;poscia rivolsi a la mia donna il viso,e quinci e quindi stupefatto fui;

ché dentro a li occhi suoi ardeva un risotal, ch'io pensai co' miei toccar lo fondode la mia gloria e del mio paradiso.

La presenza di Beatrice in questo canto è fatta solo di sorrisi e cenni

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Cacciaguida invita Dante a parlare (vv. 31-69)

Indi, a udire e a veder giocondo,giunse lo spirto al suo principio cose,ch'io non lo 'ntesi, sì parlò profondo;

né per elezïon mi si nascose,ma per necessità, ché 'l suo concettoal segno d'i mortal si soprapuose.

Il linguaggio iniziale diCacciaguida è oscuro

Anche questo elementocontribuisce ad accrescere il senso dimistero e, allo stesso tempo, di attesa.

Ritorna il tema dell'INEFFABILE

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Cacciaguida invita Dante a parlare (vv. 31-69)

E quando l'arco de l'ardente affettofu sì sfogato, che 'l parlar disceseinver' lo segno del nostro intelletto,

la prima cosa che per me s'intese,«Benedetto sia tu», fu, «trino e uno,che nel mio seme se' tanto cortese!».

E seguì: «Grato e lontano digiuno,tratto leggendo del magno volumedu' non si muta mai bianco né bruno,

solvuto hai, figlio, dentro a questo lumein ch'io ti parlo, mercé di coleich'a l'alto volo ti vestì le piume.

Il linguaggio di Cacciaguida Diventa intelligibile.

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Cacciaguida invita Dante a parlare (vv. 31-69)

Tu credi che a me tuo pensier meida quel ch'è primo, così come raiada l'un, se si conosce, il cinque e 'l sei;

e però ch'io mi sia e perch' io paiapiù gaudïoso a te, non mi domandi,che alcun altro in questa turba gaia.

Tu credi 'l vero; ché i minori e ' grandidi questa vita miran ne lo speglioin che, prima che pensi, il pensier pandi;

ma perché 'l sacro amore in che io vegliocon perpetüa vista e che m'assetadi dolce disïar, s'adempia meglio,

la voce tua sicura, balda e lietasuoni la volontà, suoni 'l disio,a che la mia risposta è già decreta!».

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Dante chiede allo spirito di manifestarsi (vv. 70-87)

Io mi volsi a Beatrice, e quella udio

pria ch'io parlassi, e arrisemi un cenno

che fece crescer l'ali al voler mio.

Poi cominciai così: «L'affetto e 'l senno,

come la prima equalità v'apparse,

d'un peso per ciascun di voi si fenno,

però che 'l sol che v'allumò e arse,

col caldo e con la luce è sì iguali,

che tutte simiglianze sono scarse.

Ma voglia e argomento ne' mortali,

per la cagion ch'a voi è manifesta,

diversamente son pennuti in ali;

ond' io, che son mortal, mi sento in questa

disagguaglianza, e però non ringrazio

se non col core a la paterna festa.

Ben supplico io a te, vivo topazio

che questa gioia prezïosa ingemmi,

perché mi facci del tuo nome sazio».

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Dante chiede allo spirito di manifestarsi (vv. 70-87)

Io mi volsi a Beatrice, e quella udio

pria ch'io parlassi, e arrisemi un cenno

che fece crescer l'ali al voler mio.

Poi cominciai così: «L'affetto e 'l senno,

come la prima equalità v'apparse,

d'un peso per ciascun di voi si fenno,

però che 'l sol che v'allumò e arse,

col caldo e con la luce è sì iguali,

che tutte simiglianze sono scarse.

Ma voglia e argomento ne' mortali,

per la cagion ch'a voi è manifesta,

diversamente son pennuti in ali;

ond' io, che son mortal, mi sento in questa

disagguaglianza, e però non ringrazio

se non col core a la paterna festa.

Ben supplico io a te, vivo topazio

che questa gioia prezïosa ingemmi,

perché mi facci del tuo nome sazio».

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Cacciaguida invita Dante a parlare (vv. 31-69)Così quel lume: ond' io m'attesi a lui;

poscia rivolsi a la mia donna il viso,

e quinci e quindi stupefatto fui;

ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso

tal, ch'io pensai co' miei toccar lo fondo

de la mia gloria e del mio paradiso.

Indi, a udire e a veder giocondo,

giunse lo spirto al suo principio cose,

ch'io non lo 'ntesi, sì parlò profondo;

né per elezïon mi si nascose,

ma per necessità, ché 'l suo concetto

al segno d'i mortal si soprapuose.

E quando l'arco de l'ardente affetto

fu sì sfogato, che 'l parlar discese

inver' lo segno del nostro intelletto,

la prima cosa che per me s'intese,

«Benedetto sia tu», fu, «trino e uno,

che nel mio seme se' tanto cortese!».

E seguì: «Grato e lontano digiuno,

tratto leggendo del magno volume

du' non si muta mai bianco né bruno,

solvuto hai, figlio, dentro a questo lume

in ch'io ti parlo, mercé di colei

ch'a l'alto volo ti vestì le piume.

Tu credi che a me tuo pensier mei

da quel ch'è primo, così come raia

da l'un, se si conosce, il cinque e 'l sei;

e però ch'io mi sia e perch' io paia

più gaudïoso a te, non mi domandi,

che alcun altro in questa turba gaia.

Tu credi 'l vero; ché i minori e ' grandi

di questa vita miran ne lo speglio

in che, prima che pensi, il pensier pandi;

ma perché 'l sacro amore in che io veglio

con perpetüa vista e che m'asseta

di dolce disïar, s'adempia meglio,

la voce tua sicura, balda e lieta

suoni la volontà, suoni 'l disio,

a che la mia risposta è già decreta!».

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Cacciaguida si rivela (vv. 88-96)

«O fronda mia in che io compiacemmipur aspettando, io fui la tua radice»:cotal principio, rispondendo, femmi.

Poscia mi disse: «Quel da cui si dicetua cognazione e che cent' anni e piùegirato ha 'l monte in la prima cornice,

mio figlio fu e tuo bisavol fue:ben si convien che la lunga faticatu li raccorci con l'opere tue.

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Cacciaguida si rivela (vv. 88-96)

«O fronda mia in che io compiacemmipur aspettando, io fui la tua radice»:cotal principio, rispondendo, femmi.

Poscia mi disse: «Quel da cui si dicetua cognazione e che cent' anni e piùegirato ha 'l monte in la prima cornice,

mio figlio fu e tuo bisavol fue:ben si convien che la lunga faticatu li raccorci con l'opere tue.

CacciaguidaAlighieri IBellincioneAlighiero IIDante

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L'antica Firenze (vv. 97-129)Fiorenza dentro da la cerchia antica,

ond' ella toglie ancora e terza e nona,

si stava in pace, sobria e pudica.

Non avea catenella, non corona,

non gonne contigiate, non cintura

che fosse a veder più che la persona.

Non faceva, nascendo, ancor paura

la figlia al padre, ché 'l tempo e la dote

non fuggien quinci e quindi la misura.

Non avea case di famiglia vòte;

non v'era giunto ancor Sardanapalo

a mostrar ciò che 'n camera si puote.

Non era vinto ancora Montemalo

dal vostro Uccellatoio, che, com' è vinto

nel montar sù, così sarà nel calo.

Bellincion Berti vid' io andar cinto

di cuoio e d'osso, e venir da lo specchio

la donna sua sanza 'l viso dipinto;

e vidi quel d'i Nerli e quel del Vecchio

esser contenti a la pelle scoperta,

e le sue donne al fuso e al pennecchio.

Oh fortunate! ciascuna era certa

de la sua sepultura, e ancor nulla

era per Francia nel letto diserta.

L'una vegghiava a studio de la culla,

e, consolando, usava l'idïoma

che prima i padri e le madri trastulla;

l'altra, traendo a la rocca la chioma,favoleggiava

con la sua famiglia

d'i Troiani, di Fiesole e di Roma.

Saria tenuta allor tal maraviglia

una Cianghella, un Lapo Salterello,

qual or saria Cincinnato e Corniglia.

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Fiorenza dentro da la cerchia antica,ond' ella toglie ancora e terza e nona,si stava in pace, sobria e pudica.

Non avea catenella, non corona,non gonne contigiate, non cinturache fosse a veder più che la persona.

Non faceva, nascendo, ancor paurala figlia al padre, ché 'l tempo e la dotenon fuggien quinci e quindi la misura.

Non avea case di famiglia vòte;non v'era giunto ancor Sardanapaloa mostrar ciò che 'n camera si puote.

Non era vinto ancora Montemalodal vostro Uccellatoio, che, com' è vintonel montar sù, così sarà nel calo.

L'antica Firenze (vv. 97-129)

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L'antica Firenze (vv. 97-129)

Bellincion Berti vid' io andar cintodi cuoio e d'osso, e venir da lo specchiola donna sua sanza 'l viso dipinto;

e vidi quel d'i Nerli e quel del Vecchioesser contenti a la pelle scoperta,e le sue donne al fuso e al pennecchio.

Oh fortunate! ciascuna era certade la sua sepultura, e ancor nullaera per Francia nel letto diserta.

L'una vegghiava a studio de la culla,e, consolando, usava l'idïomache prima i padri e le madri trastulla;

l'altra, traendo a la rocca la chioma,favoleggiava con la sua famigliad'i Troiani, di Fiesole e di Roma.

Saria tenuta allor tal maravigliauna Cianghella, un Lapo Salterello,qual or saria Cincinnato e Corniglia.

Le antiche donne

Firenze prima della corruzione

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A così riposato, a così belloviver di cittadini, a così fidacittadinanza, a così dolce ostello,

Maria mi diè, chiamata in alte grida;e ne l'antico vostro Batisteoinsieme fui cristiano e Cacciaguida.

Moronto fu mio frate ed Eliseo;mia donna venne a me di val di Pado,e quindi il sopranome tuo si feo.

Poi seguitai lo 'mperador Currado;ed el mi cinse de la sua milizia,tanto per bene ovrar li venni in grado.

Dietro li andai incontro a la nequiziadi quella legge il cui popolo usurpa,per colpa d'i pastor, vostra giustizia.

Quivi fu' io da quella gente turpadisviluppato dal mondo fallace,lo cui amor molt' anime deturpa;

e venni dal martiro a questa pace».

Cacciaguida parla di sé e della sua vita (vv. 130-148)