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FEBBRAIO 2018 www.obegyn.com PERIODICO ONLINE DI AGGIORNAMENTO SCIENTIFICO A cura degli Specializzandi della Scuola di Ginecologia e Ostetricia | Fondazione Policlinico Gemelli | Roma La passeggiata Cloude Monet (1875) intervista Alla Professoressa Nicoletta Di Simone «È fondamentale creare una rete di collaborazioni (a livello nazionale e internazionale) nel settore della ricerca che si è intrapresa» u 4

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FEBBRAIO 2018 www.obegyn.comPERIODICO ONLINE

DI AGGIORNAMENTO SCIENTIFICO A cura degli Specializzandi della Scuola di Ginecologia e Ostetricia |FondazionePoliclinico Gemelli | Roma

La passeggiata

Cloude Monet

(1875)

intervista

Alla Professoressa Nicoletta Di Simone

«È fondamentale creare una rete di collaborazioni (a livello nazionale

e internazionale) nel settore della ricerca che si è intrapresa»

u 4

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SOMMARIO

intervista

Alla Professoressa Nicoletta Di Simone

«È fondamentale creare una rete di collaborazioni (a livello nazionale e internazionale) nel settore della ricerca che si è intrapresa» .........................4

aggiornamento scientifico

Ultime novità in Senologia

Molecular Subtypes and Local-Regional Control of Breast Cancer ..........6

COMMENTO Professoressa Jacqueline S. Jeruss .....................11

Ultime novità in Ginecologia Benigna

Postoperative complications after bowel endometriosis surgery by shaving, disc excision, or segmental resection: a three-arm comparative analysis of 364 consecutive cases ..............13

COMMENTO Dottor Francesco Cosentino .........................18

Ultime novità in Ginecologia Oncologica

Treatment of Low-Risk Endometrial Cancer and Complex Atypical Hyperplasia with the Levonorgestrel-Releasing Intrauterine Device .................20

COMMENTO Professor Giuseppe Bifulco ..........................25

Ultime novità in Patologia Ostetrica

Effect of early tranexamic acid administration on mortality, hysterectomy, and other morbidities in women with post-partum haemorrhage (WOMAN): an International, randomized, double blind, placebo-controlled trial .......27

COMMENTO Professor Sergio Ferrazzani .........................31

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Ultime novità in Uroginecologia

Laparoscopic extraperitoneal uterine suspension with suture line instead of mesh.................................33

COMMENTO Professor Nicola Colacurci ..........................36

Ultime novità in Ginecologia Disfunzionale

Aberrant regulation of RANKL/OPG in women at high risk of developing breast cancer ...........................37

COMMENTO Professoressa Paola Villa ............................41

aggiornamento giuridico

Responsabilità medica del ginecologo: complicazioni nella valutazione del parto cesareo rispetto al parto naturale .........................42

eventi

Le attività didattiche della prima parte dell’anno

Save the date marzo>luglio 2018 ................................45

BacHeca ..................................................46

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Come è nata la sua passione per la gine-cologia e l’ostetricia?Nel corso del quinto anno di Medicina hodeciso di indirizzarmi verso questa disciplinaclinica. Ho capito che per fare bene questolavoro è necessario avere molta passione: nonsi tratta di una professione facile, c’è bisognodi un grande senso di responsabilità perchéin pochi istanti si può passare dalla serenitàalla tragedia. È un lavoro dove dobbiamo es-sere in grado di guardare alla donna nellasua interezza e non solamente limitarci ad os-servare o esaminare una parte del corpo.

Quando ha deciso di dedicarsi alla ricer-ca?Sempre al quinto anno di Medicina ho avutola possibilità di avvicinarmi alla ricerca dibase. È stata una scelta alquanto faticosa, cheperò mi ha dato tante soddisfazioni e che si-curamente ha molto arricchito la mia praticaclinica.

Quale crede sia il ruolo dell’attività scien-tifica di laboratorio nella professione delGinecologo Ostetrico?La ricerca di laboratorio è fondamentale per

La Professoressa

Nicoletta

Di Simone

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Intervista alla Professoressa Nicoletta Di Simone,Polo Scienze Salute della Donna e del Bambino, Fondazione Policlinico Gemelli,Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma

«È fondamentale creare una rete di collaborazioni (a livello nazionale e internazionale) nel settore della ricerca che si è intrapresa»

A cura della Dottoressa Chiara Vassallo

‘‘ ’’Molto importante è l’ideazione

del progetto. Una buona intuizione può dare

frutti importanti nel corso degli anni.

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la comprensione delle modifiche che avven-gono nella donna nel periodo della gravidan-za, sia in condizioni fisiologiche che patologi-che. La possibilità di conoscere i meccanismiche determinano le complicanze ostetriche edi identificare marcatori precoci di patologiapuò permettere più facilmente di effettuarediagnosi corrette e tempestive. Inoltre, stu-diare in laboratorio l’effetto dei farmaci suimeccanismi di danno tissutale o funzionaledi una determinata patologia permette lo svi-luppo di nuove prospettive terapeutiche perla cura delle stesse patologie.

In che modo le collaborazioni internazio-nali hanno contribuito alla sua attivitàscientifica?Attraverso il confronto e le collaborazioni in-ternazionali, l’attività di ricerca viene conti-nuamente arricchita e stimolata. Queste espe-rienze mi hanno permesso di capire come mi-gliorare ciò che stavo facendo e come appro-fondire le ricerche su cui stavo lavorando.

Quali consigli darebbe a uno specializzan-do che voglia dedicarsi alla ricerca?Molto importante è l’ideazione del progetto.Una buona intuizione può dare frutti im-portanti nel corso degli anni. È fondamen-tale creare una rete di collaborazioni (a li-vello nazionale e internazionale) nel settoredella ricerca che si è intrapresa. Di granderilievo sono le ricerche traslazionali, che pos-sono portare ad applicazioni sui pazienti:in questa maniera la stessa pratica clinicaviene supportata dalle potenzialità innova-tive della ricerca. l

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La ricerca di laboratorio

è fondamentale per la comprensione

delle modifiche che avvengono

nella donna nel periodo

della gravidanza, sia in condizioni

fisiologiche che patologiche.

La possibilità di conoscere

i meccanismi che determinano

le complicanze ostetriche

e di identificare marcatori precoci

di patologia può permettere

più facilmente di effettuare

diagnosi corrette e tempestive.

Intervista alla Professoressa Nicoletta Di Simone

«È fondamentale creare una rete di collaborazioni (a livello nazionale e internazionale) nel settore della ricerca che si è intrapresa»

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I l tumore della mammella è una patologiache sebbene interessi un unico sito anato-

mico risulta molto varia dal punto di vista fe-notipico. Pertanto sono stati identificati sot-totipi biologici attraverso l’utilizzo dell’immu-noistochimica e del profilo di espressione ge-nica per personalizzare il trattamento di ognipaziente. Attraverso l’analisi molecolare e il profilo diespressione genica sono stati identificati i se-guenti sottotipi1: luminal A, luminalB/HER2-, luminal B/HER2+, HER2 e tri-plo negativo. Lo studio del profilo genico dellamalattia ‘gene expression profiling’ rappre-senta lo studio basilare dal quale si ottiene lastratificazione nei diversi sottotipi molecolari.Trattandosi di valutazione genica però taleapproccio risulta costoso e legato a tempi piùlungi per i risultati. Nonostante gli alti costi e

le difficoltà in termini di tempo e apparec-chiature, le linee guida dell’ASCO e del-l’NCCN raccomandano l’implementazionedi queste tecniche nella valutazione del tu-more della mammella come strumento perpoter stratificare il rischio di recidive locali eper pianificare il tipo di trattamento perso-nalizzato per la paziente. Per ovviare a questi limiti, si è cercato di uti-lizzare le tecniche di immunoistochimica perapprossimare dei sottotipi che si avvicininoquanto più possibile a quelli identificati conil profilo genico pur senza raggiungere unaprecisa sovrapposizione2. Ai comuni markersimmunoistochimici (l’espressione di HER2,ER e PR) si è accostata anche la valutazionedi ki67 e si è cercato un cut-off di negativitàdi PR (< 20%) nel caso del sottotipo LuminaleB/HER2-.3

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Ultime novità in Senologia

Molecular Subtypes and Local-RegionalControl of Breast CancerS.M. Fragomeni, A.Sciallis, J. S. Jeruss et al.

Surg Oncol Clin N Am 27 (2018) 95–120

A cura della Dottoressa Francesca Davià

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I sottotipi molecolari, come detto, sono utilinella personalizzazione della terapia, in par-ticolare si sta mettendo sempre più l’accentosulla ricerca delle correlazioni tra sottotipimolecolari e recidive loco regionali del carci-noma della mammella al fine di ridurle. Il ra-zionale di questo obiettivo parte dalla consi-derazione del fatto che in un caso su 4 il veri-ficarsi di una recidiva loco-regionale porta aldecesso della paziente.

In effetti i tumori più aggressivi biologica-mente sono quelli che più facilmente vannoincontro a recidiva loco-regionale: definire lecaratteristiche biologiche di un tumore ci aiutanel distinguere gli istotipi, nel predire la pro-gnosi della paziente e, in definitiva, nel per-sonalizzare il trattamento.

INDAGINI DI IMMUNOISTOCHIMICA

Tipicamente con le indagini di immunoisto-chimica vengono caratterizzate proteine in-tracellulari o della superficie cellulare espressedal tumore. In particolare, classicamente,quelle maggiormente studiate e che hannocorrelazione con il comportamento del carci-noma mammario sono ER, PR ed HER2.

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Molecular Subtypes and Local-RegionalControl of Breast Cancer

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SOTTOTIPI MOLECOLARI

Luminale A: 30-40% dei carcinomi invasividella mammella. Generalmente ben diffe-renziati, grado 1 o 2; la maggior parte sonocarcinomi ‘no special type’ o sottotipi lobu-lare classico, tubulare, mucinoso, neuroen-docrino e cribriforme. Immunoistochimica:ER+, PR >20%, HER2- e bassa espressionedi ki67.Luminale B HER 2 negativo: 20-30% dei car-cinomi invasivi della mammella. Grado 2 o3, per lo più carcinomi duttali invasivi. Im-munoistochimica: ER+, PR < 20%, HER2-e aumentata espressione di ki67 (>14% o20%). Come il sottotipo luminale A sembraavere una sovraespressione di oncogeni; alcontrario del Luminale A più facilmente vaincontro a recidiva. HER2: 12-20% dei carcinomi invasivi dellamammella. Grado 2 o 3; la maggior partesono carcinomi ‘no special type’ infiltranti osottotipi apocrino o lobulare pleomorfo. Inbase all’immunoistochimica si può dividerein 2 ulteriori sottotipi uno dei quali con unprofilo simile a quello del Luminale B. Que-sto risulta importante in quanto il profilo deirecettori ormonali influenza la risposta allaterapia, la sopravvivenza e il potenziale me-tastatico.Carcinoma della mammella triplo negati-

vo: 15-20% dei carcinomi della mammella,caratterizzato dall’assenza di espressione diER, PR ed HER2. Include numerose va-rianti istologiche: carcinoma invasivo duttale‘no special type’, carcinoma metaplastico,carcinoma con aspetti midollari, carcinomacon aspetti apocrini, carcinoma secretorio ecarcinoma adenoido-cistico, ognuna dellequali con un profilo particolare di espressio-ne genica.

ESPRESSIONE GENICA

La caratterizzazione del profilo di espressionegenica basato su microarray ha portato nuoveinformazioni sul comportamento dei tumoridella mammella, in particolare si è rivelatoutile nella stratificazione della prognosi. Tumoricon alta espressione di geni della prolifera-zione (oncogeni) risultano avere una prognosimigliore a prescindere dall’ espressione omeno di ER in quanto risultano essere il ber-saglio dei farmaci chemioterapici. Uno dei primi test di questo tipo è stato svi-luppato in Europa. Il MammaPrint che pre-vede la valutazione di 70 geni per la stratifi-cazione del rischio. Le pazienti agli stadi ini-ziali (I e II con linfonodi negativi e tumori < 5cm) tramite questo nuovo test vengonosuddivise in alto e basso rischio; quelle a bassorischio non sottoposte a chemioterapia hannouna sopravvivenza del 95%.In USA ed anche in Europa il test OncotypeDX basato sulla valutazione di 21 geni vieneattualmente utilizzato su pazienti con linfo-nodi negativi e profilo recettoriale ormonalepositivo, per stratificare il rischio di recidive a10 anni in basso, intermedio ed alto rischio.Attualmente si sta utilizzando questa tecnicanello studio TAILORx per riuscire a stilaredelle linee guida per il trattamento chemiote-rapico adiuvante post-chirurgia per le pazientia rischio intermedio, essendo già in uso delleraccomandazioni per quanto riguarda le pa-zienti a basso ed alto rischio.

FATTORI DI RISCHIO

PER RECIDIVE LOCO-REGIONALI

I fattori di rischio per quanto riguarda le re-cidive loco-regionali in pazienti sottoposte achirurgia conservativa sono:n l’età della paziente: il rischio di recidiva è

maggiore nelle pazienti più giovanin i margini di resezione chirurgica: se positivi

sono un fattore di rischio indipendente perle recidive

n una componente duttale in situ in tumoriinfiltranti > 25%

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Nella mastectomia i fattori che influenzanoin modo indipendente il rischio di recidiva sisono visti essere:n tumori di dimensioni > di 2 cmn margini liberi da malattia < 2mmn stato premenopausalen invasione linfovascolare

In uno studio retrospettivo condotto da Jagsie colleghi infatti, pazienti che presentano que-sti fattori di rischio sembrerebbero beneficiaredi radioterapia adiuvante indipendentementedallo stato linfonodale.

Altri fattori di rischio individuati sono:n Tumori scarsamente differenziatin Stato linfonodalen Tumori multifocali/multicentricin Trattamento adiuvante utilizzaton Invasione linfovascolaren Stato recettoriale (essendo i tumori triplo-

negativi più a rischio di recidiva post ma-stectomia)

n Mutazioni di BRCA 1 e 2

Per quanto riguarda i sottotipi molecolari si èvisto che il sottotipo Luminal A presenta unaprognosi più favorevole4 e in generale i sotto-tipi Luminal (A e B) hanno prognosi migliorepotendo anche beneficiare della terapia or-monale. Tumori HER2 positivi hanno un rischio au-mentato di recidiva loco-regionale soprattuttose si esegue una chirurgia conservativa, anchese la prognosi è migliorata con l’introduzionedelle terapie monoclonali che hanno comebersaglio il recettore HER2 (trastuzumab,pertuzumab).I tumori triplo-negativi restano quelli con ri-schio maggiore di recidiva loco-regionale ed

anche a distanza soprattutto nel caso di inte-ressamento linfonodale. Inoltre si è visto chequesto sottotipo molecolare sembrerebbe es-sere caratterizzato da una maggiore radiore-sistenza, probabilmente legata alla negativitàrecettoriale.

TERAPIA NEOADIUVANTE

E LOCALIZZAZIONE ASCELLARE

DI MALATTIA

Per quanto riguarda le pazienti sottoposte aterapia neoadiuvante e successivo interventochirugico, la presenza di tumori multifoca -li/multicentrici, il numero di linfonodi meta-statici, la dissezione linfonodale con asporta-zione di <10 linfonodi, la presenza di inva-sione linfonodale, l’estensione extracapsulare,l’interessamento di cute o capezzolo e la ne-gatività per ER sono associati in modo signi-ficativo ad un aumento del rischio di recidivaloco-regionale di malattia. Il tipo di chirurgia(demolitiva o conservativa) non sembra inveceinfluenzare il rischio di recidiva dopo terapianeoadiuvante5. Inoltre, numerosi studi hannodimostrato come nel sottotipo molecolare tri-plo negativo, il raggiungimento di una rispo-sta patologica completa al trattamento siste-mico sia associata a tassi inferiori di recidivaloco-regionale (LRR), sebbene questo stessosottotipo sia invece di per sé un fattore di ri-scio per LRR. Infine, numerosi trial tra i quali l’ACOSOGZ0011 e l’AMAROS hanno posto l’accentosulla necessità reale di eseguire una dissezio-ne linfonodale ascellare in pazienti con tu-mori T1 e T2 con linfonodi ascellari clini-camente negativi alla valutazione preopera-toria ma con linfonodo sentinella positivoper localizzazione di malattia. Si è visto chenon vi è una differenza significativa in ter-mini di recidiva, di sopravvivenza totale e li-bera da malattia tra pazienti sottoposte alinfadenectomia o a terapia esclusivamenteradiante (tangenziale +/- irradiazione deilinfonodi ascellari e sovraclaveari); i risultatidi questi studi, oltre che a modificare almeno

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in parte la condotta clinica, sembrano indi-care che il controllo della malattia in regioneascellare può essere raggiunto con adeguatitrattamenti diversi dalla chirurgia (radiote-rapia, terapie sistemiche).

PROSPETTIVE FUTURE

Allo stato attuale, la radioterapia post ma-stectomia non risulta raccomandata per pa-zienti con rischio di recidiva loco-regionalebasso che però risulta a tutt’oggi difficile daquantificare. In questo scenario la valutazionedei sottotipi molecolari potrebbe avere unruolo centrale. Sono peraltro molteplici i trialche valutano la necessità di radioterapia inrelazione al sottotipo molecolare del quale lepazienti sono affette. l

Referenze

1 Perou CM, Sorlie T, Eisen MB, et al. Molecular portraits ofhuman breast tu-mours. Nature 2000;406(6797):747–52.

2 Cheang MC, Martin M, Nielsen TO, et al. Defining breastcancer intrinsic sub- types by quantitative receptor expression.Oncologist 2015;20(5):474–82.

3 Goldhirsch A, Winer EP, Coates AS, et al. Personalizing thetreatment of women with early breast cancer: highlights of theSt Gallen international expert consensus on the primary therapyof early breast Cancer 2013. Ann Oncol 2013;24(9):2206–23.

4 Tsoutsou PG, Vozenin M-C, Durham A-D, et al. How couldbreast cancer molec- ular features contribute to locoregionaltreatment decision making? Crit Rev On- col Hematol2017;110:43–8.

5 Mamounas EP, Anderson SJ, Dignam JJ, et al. Predictors oflocoregional recurrence after neoadjuvant chemotherapy: resultsfrom combined analysis of National Surgical Adjuvant Breastand Bowel Project B-18 and B-27. J Clin On- col2012;30(32):3960–6.

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COMMENTOProfessoressa Jacqueline S. Jeruss

MD, PhD | Director, Breast Care Center andBreast Surgical Oncology Fellowship |

Co-Director, NIH T32 Training Program |Associate Professor, Departments of Surgery,

Pathology and Biomedical EngineeringUniversity of Michigan |

3303 Cancer Center | USA

P artendo dai progressi della tecnologia edalla migliore comprensione della bio-

logia del carcinoma mammario, l’impattodelle scoperte scientifiche sta cambiando lapratica clinica. I diversi sottotipi molecolariidentificati per il carcinoma mammario ri-flettono la diversità biologica di questa pa-tologia. Sempre più frequentemente la me-dicina si sta muovendo per ottenere un ap-proccio di tipo personalizzato al trattamento.Attraverso questo approccio il trattamentodel carcinoma mammario diventerà semprepiù lineare, minimizzando i casi di sovra esotto-trattamento, riducendo di fatto la mor-bidità associata alle terapie e la mortalitàper patologia. Il trattamento loco-regionale standard per ilcarcinoma mammario include la chirurgiaconservativa, la mastectomia, la valutazionedello stato dei linfonodi ascellari e la radio-terapia. La recidiva loco-regionale è rappre-

sentata da una ripresa di malattia omolate-rale, che potrà verificarsi nella mammella(in caso di quadrantectomia) sulla parete to-racica (dopo mastectomia) o a carico dei lin-fonodi (ascellari, infraclaveari o lungo la ca-tena mammaria interna). Tra le pazienti concarcinoma mammario in stadio I o II il 10 -15% svilupperanno una recidiva locale dopotrattamento conservativo e radioterapia etra il 10 ed il 20% delle pazienti con malattiain stadio dal I al III svilupperà una recidivaa carico della parete toracica dopo mastec-tomia. Sono numerosi i fattori associati alrischio aumentato di recidiva loco-regionale

ed includono: l’invasionelinfo-vascolare, la giovaneetà, tumori di grandi di-mensioni, margini prossimio infiltrati, linfonodi posi-tivi, grado patologico alto(G3), estesa componenteintraduttale, malattia mul-

tifocale/multicentrica, l’assenza di espres-sione dei recettori per estrogeno e progeste-rone, la negatività per HER 2 ed il rifiutoad eseguire la radioterapia quando racco-mandata. L’importanza di un adeguato controllo loco-regionale di malattia è stato evidenziato dairisultati di studi randomizzati che mostranol’impatto della recidiva loco-regionale sullasopravvivenza. I dati ottenuti dall’Early Bre-ast Cancer Trialists’ Collaborative Groupmostrano come dalla prevenzione di 4 reci-dive locali si possa evitare all’incirca un de-cesso per tale patologia. Questi risultati inogni caso sottostimano l’importanza che unagestione clinica eccellente nell’ottenere mar-gini chirurgici adeguati e nel garantire lacompliance al trattamento radiante può ave-re nel raggiungere outcome favorevoli. Inol-tre, la recidiva loco-regionale è stata in ge-nere associata ad una biologia del tumorepiù aggressiva. Tra diversi fattori, quelli piùfrequentemente identificati come marcatoriimmunoistochimici con effetto prognostico-

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predittivo includono ER, PR ed HER2. Itumori tripli negativi (ER, PR ed HER 2negativi) sono associati ad esito peggiore siain termini locali che sistemici. Questi datisottolineano l’importanza della ricerca scien-tifica diretta al trattamento dei sottotipi mo-lecolari più aggressivi di carcinoma mam-mario. Mediante l’analisi molecolare di diversi tu-mori mammari, questa patologia è stata sud-divisa e classificata in diversi sottotipi mole-colari. Diffusamente questi ultimi includono:luminali ER positivi (luminali A e B), HER2 positivi ed i basal like. La determinazionedel profilo di espressione genica può esserecostoso, richiedere tempi lunghi e, in rela-zione al tipo di sistema utilizzato, richiedereil ricorso a tessuto fresco. A causa di queste limitazioni, il profilo diespressione genica presenta difficoltà nell’es-sere diffuso su larga scala. Nonostante ciò,numerose società come l’American Societyof Clinical Oncology, il National Compre-hensive Cancer Network e il St. GallenGroup hanno creato linee guida e raccoman-dazioni che supportano l’uso dell’analisi mo-lecolare nella stratificazione del rischio e nellapianificazione del trattamento. Proprio a que-sto scopo la ricerca si è indirizzata verso ildare un crescente significato ai sottotipi mo-lecolari nella valutazione del rischio per larecidiva loco-regionale, insieme alle caratte-ristiche cliniche e patologiche.Numerosi studi hanno esaminato le diffe-renze in termini di recidiva di malattia e so-pravvivenza tra i diversi sottotipi di carcino-ma mammario. I tumori classificati comeLuminali A sono associati ad una prognosimigliore e recidiva loco-regionale che si ve-rifica più frequentemente dopo 5-10 anni

dalla diagnosi. Sebbene l’espressione di ERe PR mostri una sovrapposizione tra sottoti-po luminale A e luminale B, identificare que-sto secondo sottotipo risulta di importanzacritica in quanto quest’ultimo è associato aduna prognosi peggiore e potrebbe beneficiarequindi, di trattamenti ulteriori locali e siste-mici. I tumori HER2 positivi hanno outco-me in termini di controllo locale e sistemicodella malattia migliore grazie alle terapietarget. Il sottotipo triplo negativo rimanetutt’oggi una sfida e numerosi sono i trialclinici in corso per identificare con qualimeccanismi migliorare l’esito per questo sot-togruppo di pazienti.Le informazioni crescenti ottenute dagli stu-di prospettici e retrospettivi in termini diinformazioni di tipo prognostico e preditti-vo, aiuteranno i clinici a customizzare iltrattamento chirurgico, regionale, sistemicoe il follow up. Aumentare le conoscenze deiclinici sulla biologia molecolare, consenteloro di distinguere malattie ad alto rischioverso quelle a basso rischio, con esito favo-revole, attraverso diversi criteri. Sarannonecessari ulteriori studi per poter cambiarele linee guida su trattamento loco-regionaleofferto alle pazienti (quadrantectomia, ma-stectomia, linfadenectomia ascellare, radio-terapia) per giungere ad un ottimale con-trollo della malattia. l

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OBIETTIVO

L’endometriosi intestinale affligge il 5-12%delle donne affette da endometriosi profonda,coinvolgendo nel 70-93% dei casi il sigma-retto. La terapia è tutt’oggi principalmentechirurgica, in quanto la terapia medica nonriesce a garantire un controllo del dolore nellungo termine e a bloccare la progressionedella malattia.Esistono diversi approcci chirurgici1, tuttigravati da una certa percentuale di compli-canze, che rendono la scelta della giusta stra-tegia complessa e da modulare sulla basedelle caratteristiche della paziente (età, desi-derio di preservare la fertilità, localizzazionee dimensione del nodulo) e dell’esperienzadel chirurgo.Lo scopo di questo studio è quello di analiz-zare le complicanze post-operatorie delle trediverse tecniche chirurgiche attualmenteadottate: l’enucleazione del nodulo rettale(shaving), la resezione discoide e la resezionesegmentale2.

MATERIALI E METODI

È stata fatta un’analisi comparativa retrospet-tica su un campione di 371 donne, arruolatetra giugno 2009 e dicembre 2015, nel dipar-

timento di Ostetricia e Ginecologia all’Ospe-dale Universitario di Rouen in Francia. Tutte le pazienti sono state sottoposte ad in-tervento chirurgico laparoscopico per endo-metriosi colorettale e divise in tre distinti brac-ci a seconda della strategia chirurgica utiliz-zata: shaving del nodulo endometriosico, rese-zione intestinale discoide e resezione intesti-nale segmentale.A tutte le pazienti sono stati sottoposti deiquestionari preoperatori riguardo la loro sin-tomatologia e altri per la valutazione dellafunzione gastrointestinale pre e postoperato-ria, come il Gastrointestinal Quality of Life Index,il Knowels-Eccersley-Scott-Symptom Questionnaire,il Fecal Incontinence Quality of Life Index e il Bristol

stool scale.

Tutte le pazienti sono state poi valutate daun chirurgo esperto nel trattamento dell’en-dometriosi e sottoposte a risonanza magnetica(RMN). La strategia chirurgica è stata discussapreoperatoriamente con la paziente, sulla basedelle caratteristiche della malattia, l’età e ildesiderio di riproduzione. L’allocazione nei diversi bracci è stata fattasulla base della procedura chirurgica effet-tuata. In caso di pazienti con multipli noduliintestinali, sottoposte a diverse procedure

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Ultime novità in Ginecologia Benigna

Postoperative complications after bowelendometriosis surgery by shaving, disc excision, or segmental resection: a three-arm comparative analysis of 364 consecutive casesCarole Abo, M.D.,a Salwa Moatassim, M.D.,a Noemie Marty, M.D. et al.

Fertility and Sterility® Vol. 109, No. 1, January 2018 0015-0282

A cura della Dottoressa Virginia Vargiu

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chirurgiche durante lo stesso intervento, ladistribuzione è stata eseguita come segue:in caso di shaving e resezione discoide osegmentale il braccio di destinazione è statorispettivamente quello della resezione di-scoide o segmentale; mentre le pazienti sot-toposte sia a resezione discoide che segmen-tale sono state escluse dallo studio in quantosarebbe risultato impossibile attribuire lacausa di una eventuale complicanza all’unao all’altra tecnica.L’ileo o colonstomia temporanea sono stateeseguite sulla base del reperto intraoperatorio

e dopo counselling con un chirurgo digestivo. A tutte le pazienti senza desiderio di fertilitàè stata inoltre raccomandata una terapia or-monale postoperatoria in modo da diminuireil rischio di ricorrenza della malattia. L’analisi statistica è stata eseguita utilizzandoil test esatto di Fisher per le variabili qualita-tive, mentre per le variabili continue è statautilizzata l’analisi della varianza (ANOVA).Un P < .05 è stato considerato come statisti-camente significativo.

RISULTATI

Un totale di 371 pazienti sono state arruolateda giugno 2009 a dicembre 2015, e sottopostead intervento chirurgico. Sette pazienti sonostate escluse dall’analisi in quanto sottopostesia a resezione discoide che segmentale. Le364 pazienti sono state quindi divise nei 3 di-versi gruppi: gruppo 1: 145 pazienti (39,8%)nel braccio delle pazienti sottoposte a shaving,

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Tabella 1 Caratteristiche delle pazienti e antecedenti chirurgici

Tabella 2 Reperti intraoperatori

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80 (22%) in quello delle pazienti sottoposte aresezione discoide (gruppo 2) e 139 (38,2%)nel braccio delle pazienti sottoposte a rese-zione segmentale (gruppo 3). Le caratteristiche delle tre popolazioni sonoriportate nella Tabella 1. Le pazienti sottopostea shaving avevano un’età significativamentemaggiore ed erano state sottoposte a più in-terventi chirurgici per endometriosi rispettoagli altri gruppi. I reperti intraoperatori sono riportati nellaTabella 2. Nel gruppo di pazienti sottoposte ashaving, le dimensioni del nodulo del retto sisono dimostrate significativamente minori ri-spetto agli altri 2 gruppi, e nel gruppo dellaresezione discoide si è verificato un più altotasso di infiltrazione vaginale. La stomia di protezione temporanea è stataeseguita in 111 pazienti (30,5%) sottoposte aresezione rettale e vaginale: 44 nel gruppo 2e 67 nel gruppo 3. Nessuna stomia è stataeseguita nel gruppo sottoposto a shaving.

Nella Tabella 3 sono state riportate le princi-pali complicanze postoperatorie, stratificatesulla base della classificazione di Clavien –Dindo. Il tasso di complicanze 3b è stato dell’11,8%(43 pazienti), la maggior parte delle quali(29/43) appartenenti al gruppo 3 (P=0,001).Fra queste, 8 pazienti hanno avuto una stenosidell’anastomosi colo – rettale e il trattamentoè stato in 6 casi per via endoscopica e in 2casi con resezione colorettale. Quattordici pazienti hanno sviluppato una fi-stola rettovaginale (3,8%): 3 (2,1%) nel primogruppo (shaving), 3 in quello della resezionediscoide (3,7%) e 8 in quello della resezionesegmentale ( 5,8%) (P=0,13). In 8 di queste14 pazienti (57%) era stata eseguita una sto-mia di protezione e la diagnosi è stata posta a2 mesi dall’intervento mediante esami radio-logici. Quattro delle 14 pazienti sono statetrattate con approccio vaginale, 6 hanno ri-chiesto una chirurgia open e 4 sono state trat-tate esclusivamente con il confezionamentodi una stomia di protezione. In 3 casi si è do-vuto ricorrere ad una resezione colorettaledurante la seconda chirurgia. Cinque pazientihanno avuto rettorragia nel decorso postope-ratorio, 3 (3.7%) nel secondo gruppo (rese-zione discoide) e 2 (1.4%) nel terzo gruppo(resezione segmentale). Nessun caso di rettor-

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Tabella 3 Complicanze postoperatorie

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ragia è stato registrato nel gruppo sottopostoa shaving (P=0.07). Complessivamente si è registrato un miglio-ramento della qualità di vita correlata allafunzionalità gastrointestinale, della diarrea edella percezione soggettiva delle pazienti ri-guardo la loro funzionalità intestinale, mentreè mancato il miglioramento della stitichezzanel follow up ad 1 anno nel gruppo sottopostoa shaving, e in tutti e tre i gruppi al follow upa 3 anni.Complessivamente vi è stato un miglioramen-to della qualità di vita a un anno in tutti e trei bracci, senza una particolare influenza deltasso di complicanze post operatorie.Nonostante la tendenza ad un minore desi-derio di fertilità nelle pazienti che hanno svi-luppato complicanze postoperatorie, la pre-

gnancy rate nei due gruppi (pazienti con e senzacomplicanze postoperatorie) si è dimostratasovrapponibile, con valori ad un anno dal-l’intervento del 37.5%, di cui il 33,5% di gra-vidanze spontanee. A tre anni la pregnancyrate raggiunta è stata del 66.7% con il 50 %di gravidanze ottenute spontaneamente.

CONCLUSIONI

All’analisi comparativa dei 3 bracci, il tassodi complicanze 3b secondo la classificazioneClavien – Dindo è stato significativamentemaggiore nel gruppo sottoposto a resezionesegmentale. Dal momento che le caratteristi-che e l’estensione della malattia non eranocomparabili nei tre gruppi, il tasso di compli-canze potrebbe essere stato influenzato dal-l’estensione della malattia e dalla difficoltàdell’atto chirurgico, e non direttamente daltipo di procedura utilizzata. Ad esempio la

scelta di trattare i noduli bassi del retto con laresezione discoide può spiegare il maggiorenumero di atonie vescicali e complicanze cor-relate alla stomia in questo gruppo, come con-seguenza della localizzazione della malattia enon come complicanza diretta della chirurgiaeseguita.Da questi dati emerge che, in linea generale,qualora possibile, la tecnica conservativa delloshaving dovrebbe essere preferita come stra-tegia di prima linea, con il fine di ridurre iltasso di complicanze severe e di stenosi del-l’anastomosi; anche se non si può concludereche una malattia estesa non debba essere trat-tata con la resezione segmentale del retto. I principali punti di forza di questo studio,che hanno permesso di evidenziare alcune si-gnificative differenze in termini di complican-ze postoperatorie tra le differenti metodiche,sono l’ampio numero di pazienti e la raccoltadei dati in modo prospettico. In particolare, ciò che si può concludere, èche la migliore strategia chirurgica debbasempre essere decisa sulla base della dimen-sione del nodulo, della sua localizzazione,dell’età della paziente e del suo desiderioriproduttivo, orientandosi verso una chirur-gia più demolitiva (resezione segmentale)in caso di donne giovani con desiderio ri-produttivo e con una maggiore probabilitàdi recidiva, e un approccio più conservativoper le donne che non desiderano avere unagravidanza e che sono più vicine all’età del-la menopausa.Questo studio ha inoltre validato l’ipotesi che,nelle donne con endometriosi profonda, lachirurgia possa rappresentare una valida op-zione per aumentare il tasso di gravidanzespontanee, proponendosi come valida alter-nativa alle tecniche di fecondazione assistita3.Con i dati a disposizione, si è potuto soltantodimostrare una maggiore tendenza a svilup-pare fistole retto – vaginali e ascessi pelvicinelle pazienti sottoposte a resezione segmen-tale, senza però raggiungere la significativitàstatistica, probabilmente a causa dell’insuffi-

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ciente numero di casi analizzati. Questo datoè comunque in linea con quanto già dimo-strato da altri studi 4,5. Tuttavia, risposte più definitive si avranno coni risultati del trial randomizzato ENDORE(Functional Outcomes of Surgical Manage-ment of Deep Endometriosis Infiltrating theRectum) che pone a confronto la strategiaconservativa versus quella demolitiva nei casidi endometriosi colorettale, con un follow di24 mesi. l

Referenze

1 Roman H, Vassilieff M, Gourcerol G, Savoye G, Leroi AM,Marpeau L, et al. Surgical management of deep infiltratingendometriosis of the rectum: pleading for a symptom-guidedapproach. Hum Reprod (Oxf Engl) 2011; 26:274–81

2 Roman H, Vassilieff M, Gourcerol G, Savoye G, Leroi AM,Marpeau L, et al. Surgical management of deep infiltratingendometriosis of the rectum: pleading for a symptom-guidedapproach. Hum Reprod (Oxf Engl) 2011; 26:274–81.

3 Darwish B, Chanavaz-Lacheray I, Roman H. Swimmingagainst the stream: is surgery worthwhile in women with deepinfiltrating endometriosis and pregnancy intention? J MinimInvasive Gynecol 2017;24:1553.

4 Roman H, FRIENDS group (French coloRectal InfiltratingENDometriosis Study group). A national snapshot of the sur-gical management of deep infiltrating endometriosis of the rec-tum and colon in France in 2015: a multicenter series of1135 cases. J Gynecol Obstet Hum Reprod 2017;46:159–65

5 Fanfani F, Fagotti A, Gagliardi ML, Ruffo G, Ceccaroni M,Scambia G, et al. Discoid or segmental rectosigmoid resectionfor deep infiltrating endometriosis: a case-control study. FertilSteril 2010;94:444–9.

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COMMENTODottor Francesco Cosentino

Direttore U.O.C. Ginecologia Oncologica |Fondazione Giovanni Paolo II | UniversitàCattolica del Sacro Cuore | Campobasso

Q uesto studio di coorte retrospettivo ba-sato su un ragguardevole numero di

pazienti per il tipo d’intervento eseguito (364pazienti totali affette da endometriosi pro-fonda intestinale), compara le complicanzepost-operatorie successive a tre tipi di chi-rurgia intestinale: lo shaving, eseguito nel39.8% delle pazienti, la resezione discoide,eseguita nel 22% dei casi e la resezione seg-mentaria eseguita nel 38.2%.I dati di cui si dispone oggi in letteratura ri-guardo la chirurgia intestinale per endome-triosi cominciano a essere importanti in ter-mini numerici e qualitativi, per cui anche leindicazioni e l’utilizzo delle diverse tecnichechirurgiche sono più definite di qualche annofa, quando ancora la produzione scientificaal riguardo era poco consistente specie pergli outcomes chirurgici e la qualità di vita.Se da un lato, la lettura del presente articoloconferma la sicurezza dello shaving e il be-neficio che le pazienti hanno dopo una chi-rurgia eradicante in centri specializzati, dal-l’altro, possono emergere dei dubbi riguardol’indicazione alle procedure chirurgiche ese-guite che possono rendere dunque opinabilii risultati ottenuti.

Infatti, un primo interrogativo che emerge,dopo la lettura dell’articolo, riguarda la sceltada parte degli Autori dei criteri chirurgicicon cui trattare le pazienti con shaving o re-sezione discoide o resezione segmentaria. La letteratura in materia ci suggerisce cheun nodulo singolo intestinale, di dimensioni< 3 cm superficiale può essere trattato conlo shaving (Donnez, Koninckx), mentre un no-dulo singolo > 3 cm ovvero noduli multipli,meriterebbero una resezione segmentaria

(Wattiez; Malzoni). La rese-zione discoide anteriore delretto (Abrao Zanatta,) invece,che utilizza una suturatricecircolare per eseguire unanodulectomia conservandola parete posteriore del trat-to intestinale ed evitando

l’anastomosi termino-terminale, può essereconsiderata una via di mezzo tra le primedue tecniche per invasività chirurgica. Talechirurgia risulta sempre più utilizzata negliultimi anni per noduli infiltranti lo stratoesterno della muscolare intestinale di dimen-sioni inferiori ai 3 cm. Criterio fondamentaleper avviare una paziente a chirurgia intesti-nale, oltre alle caratteristiche del nodulo,sono ovviamente la sintomatologia della pa-ziente, l’età ed il desiderio di prole.Nello studio in questione, l’arruolamentodelle pazienti sembra essere stato fatto nontenendo conto delle caratteristiche infiltran-tive e dimensionali del nodulo endometrio-sico diagnosticato; gli autori infatti specifi-cano che, lesioni di uguale natura (dimen-sioni, localizzazione e sintomi) sono state ap-procciate in maniera diversa: più aggressivanelle giovani donne desiderose di prole enon candidabili a terapia farmacologica, piùconservativa in donne più anziane, senza de-siderio di prole e più facilmente “traghetta-bili” verso una menopausa farmacologica ofisiologica.Se analizziamo infine le dimensioni dei pezziasportati per singolo braccio, si nota che le

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lesioni trattate nel braccio “shaving” sonosensibilmente più piccole di quelle degli altridue bracci, ipotizzando implicitamente,quindi, che le pazienti trattate fossero affetteda endometriosi di minore gravità . D’altro canto è chiaro il fatto che le pazientiche vengono sottoposte a resezione segmen-taria hanno un quadro di endometriosi (in-filtrazione dei parametri, dei legamenti ute-rosacrali e del peritoneo pelvico) molto piùgrave delle altre e quindi esposte a compli-canze post-operatorie maggiori. È intuitivo quindi che lo shaving risulti inun tasso di complicanze molto minore ri-spetto alle altre tecniche perché si utilizza inuna popolazione di pazienti con endome-triosi meno grave ed estesa rispetto alle pa-zienti sottoposte a resezione segmentaria odiscoide; queste ultime infatti hanno un tassomaggiore di complicanze post-operatorie le-gato non soltanto alla tecnica chirurgica uti-lizzata, ma anche alla maggiore aggressivitàdella malattia (denervazione vescicale e orettale da parametrectomia, fistole urogeni-tali da ureterolisi o chirurgia vescicale).Dall’arruolamento nei bracci in maniera nonomegenea e standardizzata per via della dif-ferenziazione di età e per quanto riguarda ildifferente trattamento per stesse dimensionidei noduli (talvolta trattati con shaving, tal-volta con resezione discoide o segmentaria)i dati raccolti, seppure utili nel counsellingcon la paziente, non possono essere consi-derati solidi da influenzare in maniera so-stanziale la scelta del clinico, perché inficiatidai sopradescritti bias. In tutti i casi le pazienti infertili hanno avuto

un miglioramento del pregnancy rate contassi di gravidanza spontanea anche a 3 anni. Condivido appieno le conclusioni degli Au-tori nell’asserire che, quando possibile, sideve sempre optare per la scelta chirurgicameno radicale con il minor tasso di compli-canze. Risulta inoltre necessario affermareche, nei casi di malattia più severa, i più altitassi di complicanze non devono essere im-putati alla sola tecnica chirurgica adottata,ma anche dalla pessima situazione anato-mica di partenza che necessita di chirurgiaspinta collaterale.Da linee guida internazionali condivise(Abrao et al.) in una scala di valori crescenteper l’aggressività chirurgica e le dimensionidella malattia da asportare, le indicazionia tecnica chirurgica possono essere rias-sunte così:• Shaving trattamento di scelta per lesioni

piccole con malattia endometriosica nonestesa o più grandi di 3 cm ma superificiale.Tale tecnica risulta associato ad un bassorischio di stenosi intestinale e basso rischiodi stomia post-operatoria e complicanzechirurgiche maggiori (rischio di fistola eleakage 1.3%);

• Resezione discoide trattamento di sceltaper noduli rettali bassi ed infiltranti conassociata infiltrazione della vagina non su-periori in estensione a 3 cm. Tale chirurgiaevita la resezione segmentaria, la seguenteanastomosi, migliorando gli outcomes dellachirurgia specie in termini funzionali e tas-so di fistola e leakage (3.6%);

• Resezione segmentaria indicata quandovi è estesa compromissione del tratto inte-stinale con estensione della malattia aglistrati profondi del viscere o più localizza-zioni in un segmento. Tale procedura ne-cessita però di preparazione chirurgica piùspinta a rischio di denervazione e deva-scolarizzazione, esitando in un tasso piùalto di denervazione vescicale (alterazionetessuti nervosi del mesoretto) e tasso di fi-stola/leakage pari a 4.7%. l

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OBIETTIVO

Il trattamento standard del carcinoma del-l’endometrio e dell’iperplasia endometrialecomplessa con atipie è rappresentato dallachirurgia. Questo tipo di trattamento può,però, non essere indicato nelle pazienti concomorbidità tali da precludere la chirurgia onelle giovani donne con desiderio di gravi-danza. Per questo motivo vi è un interessecrescente nei confronti delle opportunità te-rapeutiche conservative.È ormai noto da tempo il ruolo del progeste-rone nel contrastare l’effetto proliferativo degliestrogeni a carico dell’endometrio; per questomotivo, terapie a base di progesterone sonostate messe a punto, negli anni, come tratta-mento dell’iperplasia complessa con atipie edel carcinoma dell’endometrio. Il trattamentocon il progesterone per via sistemica ha otte-nuto un moderato successo, ottenendo un tas-so di risposta del 75-85 % nell’iperplasia en-dometriale complessa con atipie e del 50-75% del tumore dell’endometrio. Il limite dellaterapia sistemica è rappresentato dalla scarsacompliance delle pazienti al trattamento perla frequente comparsa di effetti avversi, tracui perdite ematiche vaginali, nausea ed au-mento ponderale. Il device con rilascio in-

trauterino di Levonorgestrel (LNG-IUD) èstato recentemente proposto come valida op-zione nel trattamento conservativo dell’iper-plasia endometriale complessa e del carcino-ma dell’endometrio. L’obiettivo dello studioè quello di dimostrare l’efficacia del LNG-IUD nel trattamento dell’iperplasia endome-triale complessa con atipie e del carcinomaendometriale di basso grado. Abbiamo, inol-tre, analizzato l‘associazione tra le caratteri-stiche cliniche e patologiche della popolazioneesaminata ed il tasso di risposta al trattamento.

MATERIALI E METODI

Dopo aver ottenuto l’approvazione dall’ In-stitutional Review Board della University ofTexas MD Anderson Cancer Center, è statomesso a punto uno studio retrospettivo perdescrivere il tasso di risposta delle pazientitrattate con LNG-IUD per iperplasia endo-metriale complessa atipica o per carcinomaendometriale iniziale. Sono state reclutate perlo studio tutte le pazienti con diagnosi di iper-plasia endometriale complessa atipica o dicarcinoma endometrioide dell’endometrio digrado 1 o di grado 2 che, da gennaio 2003fino a giugno 2013 e sono state sottoposte alposizionamento di LNG-IUD. Sono state

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Treatment of Low-Risk Endometrial Cancerand Complex Atypical Hyperplasia with the Levonorgestrel-ReleasingIntrauterine DeviceNavdeep Pal, Russell R. Broaddus, Diana L. Urbauer, et al.

Obstet Gynecol. 2018 Jan;131(1):109-116.

A cura della Dottoressa Federica Bernardini

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escluse dallo studio tutte le pazienti con in-formazioni cliniche incomplete, con una biop-sia basale, al momento del posizionamentodella LNG-IUD, non diagnostica per iper-plasia endometriale complessa atipica o percarcinoma endometriale, tutte le pazienti chedurante o dopo il posizionamento della LNG-IUD hanno eseguito trattamenti con proge-stinici per via sistemica e le pazienti con car-cinoma dell’endometrio metastatico o conevidenza agli esami strumentali di invasionemiometriale. Le informazioni demografiche,cliniche e patologiche delle pazienti reclutatesono state raccolte in un database, con parti-colare interesse per l’età, il BMI, le dimensioniuterine, il precedente uso di progestinici, l’uti-lizzo di metformina, il desiderio di gravidanzae la fertilità. Il precedente utilizzo di proge-stinici è stato definito come l’uso di qualsiasitrattamento progestinico a distanza di almenoun mese dal posizionamento della LNG-IUD.Tutte le pazienti hanno eseguito biopsie en-dometriali ogni tre mesi durante il primo annodi trattamento e successivamente biopsie ogni3/6 mesi, fino alla progressione di malattia ofino all’intervento chirurgico definitivo. LaLNG-IUD è stata sostituita nelle pazienti chehanno continuato la terapia oltre 5 anni ditrattamento. Durante la sorveglianza, nonsono state utilizzate tecniche di imaging. Ilprimo obiettivo dello studio è stato quello dianalizzare la risposta al trattamento dopo iprimi 6 mesi dal posizionamento della LNG-IUD, considerando come “risposta completa”la non evidenza, all’esame istologico definiti-vo, di iperplasia endometriale o di iperplasiaendometriale senza atipie; nel carcinoma en-dometriale, è stata definita come “rispostaparziale” un esame istologico deponente per

iperplasia endometriale complessa con atipia;infine, è stata considerata come “non risposta”al trattamento un esame istologico con dia-gnosi di patologia immodificata o in progres-sione. Obiettivi secondari dello studio sonostati: valutare la risposta al trattamento, me-diante i medesimi criteri a 3, 9 e 12 mesi,analizzare le complicanze associate al tratta-mento e studiare la possibile associazione dellevariabili clinico-patologiche alla non rispostaal trattamento con LNG-IUD.Il risultato atteso, basato sulla letteratura, èdi un tasso di risposta del 80-90% nell’iper-plasia endometriale atipica e del 50-60% nelcarcinoma endometriale. I test statistici uti-lizzati sono il chi-quadro ed il Fisher exact test

per le variabili categoriche ed il Wilcoxon-

Mann-Whitney test per le variabili continue.

RISULTATI

Durante il periodo di studio, sono state indi-viduate nel nostro centro 2292 pazienti condiagnosi di carcinoma dell’endometrio o diiperplasia endometriale complessa atipica; 55di queste sono state trattate con il posiziona-mento di LNG-IUD. Nove pazienti sono stateescluse dallo studio poiché non rispondevanoai criteri di inclusione; in particolare 6 pazientihanno posizionato la LNG-IUD dopo una ri-sposta completa ad un’altra terapia progesti-nica, 2 pazienti eseguivano contemporanea-mente una terapia progestinica sistemica eduna paziente è stata esclusa per diagnosi direcidiva endometriale di carcinoma mamma-rio. Non sono state individuate differenze tracaratteristiche di base come età, BMI o razzatra le pazienti incluse o escluse dallo studio.Delle 46 pazienti arruolate, nessuna ha pre-sentato degli effetti avversi periprocedurali almomento del posizionamento della LNG-IUD e nessuna di queste ha eseguito terapieconcomitanti per il trattamento delle patologiein esame. Le caratteristiche cliniche e demo-grafiche delle pazienti analizzati sono: BMImedio di 45 (range 19-76), età media di 47anni (range 19-85), il trattamento medio con

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LNG-IUD è stato di 24 mesi (range2-94 mesi).Le indicazioni al trattamento con LNG-IUDincludevano: multiple comorbidità, obesitàgrave, desiderio di gravidanza, preferenza del-la paziente.Delle 8 pazienti con diagnosi di carcinomaendometrioide dell’endometrio G2, l’indica-zione al posizionamento della LNG-IUD èstata: comorbidità (n=1), fertilità (n=1), obe-sità e fertilità (n=3), obesità e comorbidità(n=3). Delle 15 pazienti che hanno intrapresola terapia conservativa per fertilità, solo 5(33%) hanno ricercato la gravidanza, di questesolo una ha ottenuto una gravidanza. Delle46 pazienti arruolate, solo 32 hanno eseguitouna biopsia di controllo a 6 mesi: 15 di queste(47%) avevano iperplasia endometriale com-plessa atipica, 9 (28%) avevano carcinomaendometriale di grado 1 e 9 (25%) avevanocarcinoma endometriale di grado 2. Tre pa-zienti hanno presentato progressione di ma-lattia: la prima paziente all’arruolamento ave-va una diagnosi di iperplasia endometrialecomplessa atipica, rimasta stabile a 6 mesi,ma con diagnosi di carcinoma endometrialedi I grado a 9 mesi, presentando, però, unacompleta risoluzione dopo 15 mesi di terapiacon LNG-IUD. La seconda paziente avevauna lunga storia di iperplasia endometrialecomplessa atipica e di carcinoma endome-triale di grado 1, inizialmente trattato conDepo-provera. A 3 mesi dal posizionamentodella LNG-IUD, la paziente ha presentatoprogressione di malattia verso carcinoma en-dometriale di grado 2. Tuttavia, le immaginipreoperatorie risultavano negative, come an-che l’esame istologico definitivo dopo l’iste-rectomia. La terza paziente è stata trattatacon LNG-IUD per carcinoma endometriale

di grado 1 con malattia stabile da 43 mesi econ progressione a carcinoma endometrialedi grado 2. Non è stato possibile ottenere unimaging preoperatorio a causa del BMI di 74che ha reso impossibile l’esecuzione di RMNo TC. L’esame istologico definitivo mostravaun carcinoma endometrioide dell’endometriodi grado 2 con una invasione di 7 su 13 mmdi spessore. La paziente è stata trattata conbrachiterapia ed attualmente presenta un in-tervallo libero da malattia di 5 anni. Delle 14pazienti ineleggibili, poiché non hanno ese-guito biopsia a sei mesi dall’inizio della tera-pia, una ha eseguito isterectomia dopo duemesi con un esame istologico definitivo di ri-sposta completa. Due pazienti hanno eseguitoesclusivamente biopsia a tre mesi e sono statesuccessivamente perse nel follow up (una pre-sentava diagnosi di carcinoma endometrialedi grado 1 con malattia stabile a tre mesi el’altra con diagnosi di iperplasia endometrialecomplessa atipica con risposta completa a 3mesi). Delle restanti 11 pazienti, abbiamo adisposizione biopsie a 9 e 12 mesi. Una ri-sposta completa è stata osservata in 9 di queste(5 con iperplasia endometriale complessa ati-pica e 4 con carcinoma endometriale) e duepazienti hanno presentato stabilità della ma-lattia (1 con iperplasia endometriale comples-sa atipica e 1 con carcinoma endometriale).Il tasso di risposta totale allo studio e del 76%(35/46), il tasso di risposta per iperplasia en-dometriale complessa atipica è dell’82%(18/22) mentre quello del carcinoma endo-metriale di grado 1 è del 69%(11/16).La Figura 1 dimostra la risposta istologica perogni end point; il tasso di risposta più alto èstato trovato a tre e sei mesi.Le pazienti che non hanno risposto al tratta-mento presentavano un utero di dimensionimaggiori (p=0.04). Non sono state trovate,invece, differenze significative nel tasso di ri-sposta in base a variabili, quali BMI, età, pa-rità o razza. È stato, inoltre, evidenziato, trale pazienti che non hanno risposto al tratta-mento, una mancata risposta agli effetti del

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progesterone per via sistemica. Tredici pa-zienti (41%) sono state trattate con progeste-rone prima del posizionamento della LNG-IUD, ma non è stata trovata alcuna correla-zione tra il trattamento precedente e il tassodi risposta, come anche l’utilizzo di metfor-mina concomitante non è associato ad un au-mento del tasso di risposta.

CONCLUSIONE

Il trattamento con LNG-IUD è associato adun tasso di risposta del 75% nelle pazienticon iperplasia endometriale complessa atipicae carcinoma endometrioide dell’endometriodi grado 1. I risultati ottenuti sono molto piùalti rispetto ai valori attesi, questo può dipen-dere dall’attenta selezione delle pazienti conterapia conservativa o al bias associato allostudio retrospettivo. Non sono state indivi-duate complicanze associate al trattamento,

dimostrando che la LNG-IUD è ben tolleratadalle pazienti. I nostri risultati nelle pazienticon iperplasia endometriale complessa atipicasono in linea con gli altri studi eseguiti conl’utilizzo di LNG-IUD. Anche il tasso di ri-sposta del carcinoma dell’endometrio al trat-tamento con LNG-IUD è paragonabile al tas-so di risposta ottenuto con progestinici orali(con range in letteratura che vanno dal 60%all’80%).Sarebbe molto utile nella pratica clinica poterindividuare le pazienti non responsive al trat-tamento con LNG-IUD. Abbiamo ipotizzatoche le dimensioni uterine e il BMI possanoassociarsi a una minore efficacia locale dellaterapia progestinica. Un utero aumentato didimensioni può associarsi a un malposizio-namento del dispositivo all’interno della cavitàuterina o ad un dosaggio inadeguato del pro-gesterone rilasciato. Tale ipotesi è stata con-fermata dai nostri risultati, osservando un’as-sociazione tra un volume uterino e la non ri-sposta al trattamento. Al contrario non è stataindividuata nessuna associazione con il BMI.Questo dato, tuttavia, potrebbe essere influen-zato dall’alto valore medio di BMI della po-polazione presa in esame, dalla scarsa nume-

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Figura 1 Tasso di risposta al trattamento con LNG-IUD

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rosità del campione e dal basso numero dipazienti non responsive al trattamento, anchese i risultati ottenuti da Gonthier et al.1, inuno studio che analizzava le differenze neltasso di risposta e di recidiva dopo trattamentoconservativo di carcinoma dell’endometrio edi iperplasia endometriale complessa atipicain pazienti obese e non obese, non ha evi-denziato alcuna differenza tra i due gruppi.Nel nostro studio, una precedente terapia pro-gestinica non ha mostrato alcun effetto sultasso di risposta alla LNG-IUD, dimostrandoche questo trattamento può essere propostoanche come terapia di prima linea.I limiti dello studio sono rappresentati dalfatto che è stata eseguita un’analisi retrospet-tiva, dal limitato numero del campione e dalfatto che lo studio è soggetto a bias di selezio-ne. Nonostante ciò, questo studio è il più am-pio mai eseguito sull’uso della LNG-IUD nellepazienti con carcinoma endometriale, spe-cialmente tra le pazienti con carcinoma digrado 2.Il management ottimale delle pazienti concarcinoma endometriale o con iperplasia en-dometriale complessa atipica con desiderio digravidanza è, a oggi, ancora sconosciuto. Nel-la popolazione analizzata, solo poche pazientihanno ricercato la gravidanza dopo il terminedel trattamento. Nel nostro centro, trattiamole pazienti con progesterone fino ad ottenerebiopsie endometriali negative per almeno unanno. Lo IUD viene rimosso quando la pa-ziente è pronta a ricercare la gravidanza. Alcompletamento della gravidanza, la pazienteviene seguita come ogni paziente in follow upper carcinoma endometriale, focalizzandosisui sintomi che possono nascondere una reci-diva di malattia. La decisione di eseguire

un’isterectomia, dopo aver completato il de-siderio riproduttivo viene discussa e concor-data con la paziente. l

Referenze

1 Gonthier C, Walker F, Luton D, et al. Impact of obesity onthe results of fertility-sparing management for atypical hyper-plasia and grade 1 endometrial cancer. Gynecol Oncol2014;133:33–7

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COMMENTOProfessor Giuseppe Bifulco

Dipartimento di Neuroscienze e Scienze Riproduttive

e Odontostomatologiche | Università degli Studi di Napoli Federico II

L’ adenocarcinoma endometriale è il piùcomune tumore ginecologico nei paesi

sviluppati. Il suo precursore è rappresentatodall’iperplasia endometriale, un irregolareprocesso proliferativo che interessa le ghian-dole endometriali con conseguente aumentodel rapporto ghiandole/stroma. Fattore chepresenta maggiore impatto prognostico intermini di trasformazione neoplastica è lapresenza di atipie cellulari. Gold standard terapeutico dell’iperplasiaendometriale atipica e del carcinoma endo-metriale è l’isterectomia totale con annes-siectomia bilaterale. Tuttavia tale approccionon appare indicato per donne con elevatacomorbilità e rischio chirurgico o per donnein età fertile con desiderio di prole non sod-disfatto. Quindi un trattamento conservativoè generalmente accettato per tali categoriedi pazienti. Tale approccio si basa sull’uti-lizzo di progestinici, in formulazione oraleo di dispositivi intrauterini a lento rilasciodi farmaco.

Ad oggi, non vi è ancora accordo unanimesu quale sia il miglior trattamento conserva-tivo in pazienti affette da tali patologie noncandidabili a terapia chirurgica demolitiva.In questo studio gli autori valutano l’efficaciadel dispositivo intrauterino medicato a lentorilascio di Levonorgestrel (LNG-IUD) per iltrattamento conservativo dell’iperplasia en-dometriale atipica e del carcinoma endome-triale di basso grado, includendo in quest’ul-timo gruppo il grado G1 e G2. A tal propo-sito, lo studio, nonostante la bassa potenzastatistica, rappresenta, soprattutto per il car-cinoma endometriale G2, uno degli studicon maggiore numerosità campionaria pre-senti in letteratura. Ha il pregio inoltre difornire un campione ben selezionato dalpunto di vista dei criteri di inclusione, ga-rantendo pertanto la possibilità di valutarel’efficacia selettivamente dell’inserzionedell’LNG-IUD nel trattamento conservativodi tali patologie, superando in tale ambito ilimiti di molti altri studi pubblicati in lette-ratura che propongono popolazioni trattatesia con progestinici orali che con LNG-IUD.La purezza del campione, unita alla bassaprevalenza dell’approccio conservativo pertali patologie nella popolazione generale, mi-tiga in parte la bassa potenza statistica dellostudio, spianando la strada alla raccolta dimaggiori dati per future metanalisi.In particolare, questo studio analizza comeendpoint primario la risposta alla terapia alfollow-up a 6 mesi e come endpoints secondarila risposta alla terapia a follow-up a 3, 9 e12 mesi e l’associazione di variabili clinico-patologiche, quali età, BMI, dimensioni ute-rine e precedente terapia con progestinici,con l’assenza di risposta alla terapia. In talecontesto, esso pone le basi per la verifica, at-traverso ulteriori studi, dell’ipotesi di un’as-sociazione tra dimensione uterina aumentatae assenza di risposta alla terapia. Tale ipotesisembrerebbe trovare un’eziopatogenesi nellamaggiore difficoltà di un corretto posizio-namento dell’LNG-IUD in uteri di dimen-

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sioni aumentate o nella necessità di una dosemaggiore di Levonorgestrel per ottenere unapari risposta in presenza di un maggiore dia-metro uterino. Per quanto riguarda il BMI,a dispetto di quanto ipotizzato, non vieneriscontrata un’associazione tra alto BMI eassenza di risposta alla terapia. Alla base ditale dato potrebbe esserci, come riportatodagli autori stessi, un elevato BMI mediodella popolazione di studio o un basso nu-mero di nonresponders. Anche la precedenteterapia con progestinici non appare influen-zare la risposta alla terapia. Tra le critiche che potrebbero essere mosseagli autori vi è l’utilizzo della ormai datataclassificazione WHO 1994, che suddividel’iperplasia endometriale in quattro gruppisulla base della combinazione di due variabilidicotomiche: citoarchitettura (semplice ocomplessa) e atipia cellulare (presenza o as-senza). La più recente classificazione WHO2014 adotta invece una semplificazione dellasuddetta, eliminando la variabile citoarchi-tettura cellulare, considerando quindi solo2 gruppi in base alla presenza o all’assenzadi atipia cellulare.Inoltre, ulteriori limiti dello studio potreb-bero essere identificati nel disegno retro-spettivo, che, associato alla limitata nume-rosità campionaria totale, potrebbe sovra-o sottostimare i risultati. D’altra parte, lostudio presenta anche un evidente selectionbias, non essendo specificata la consequen-zialità nell’inclusione delle pazienti nel pe-riodo di studio considerato (Gennaio 2003-Giugno 2013).In conclusione, questo studio conferma l’ef-ficacia dell’approccio conservativo con l’uti-lizzo di LNG-IUD in pazienti affette da iper-

plasia endometriale atipica e carcinoma en-dometriale G1 e G2, Stadio I FIGO, ripor-tando tassi complessivi di risposta completaalla terapia al follow-up a 6 mesi pari al75%. Inoltre, gli autori forniscono un inte-ressante spunto per ulteriori studi in meritoal ruolo della dimensione della cavità uterinanell’influenzare la risposta alla terapia con-servativa con LNG-IUD. l

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L’Acido Tranexamico (AT) è un farmacoantifibrinolitico e agisce inibendo la de-

gradazione della fibrina operata dalla plasmi-na. Una revisione sistematica della letteraturaevidenzia che la somministrazione di AT ri-duce il sanguinamento post chirurgico di circaun terzo. Analogamente, il trial CRASH-2dimostra una riduzione di circa un terzo dellamortalità per sanguinamento post traumaticoquando il trattamento con AT è iniziato entro3 ore dal trauma, in assenza di fenomenitrombotici collaterali. Il meccanismo alla basedell’efficacia del farmaco è la precoce attiva-zione della fibrinolisi che avviene immedia-tamente dopo un danno tissutale di qualsiasiorigine.

OBIETTIVI

Lo scopo dello studio è testare l’efficacia dellasomministrazione precoce di AT nelle donnecon emorragia post partum in termini di mor-talità generale, isterectomia, mortalità persanguinamento e altre complicanze.

METODI

Dal Marzo 2010 all’Aprile 2016 sono staticoinvolti 193 Ospedali in 21 Paesi. Sono statereclutate 20.060 donne con diagnosi clinica

di emorragia post partum (perdita ematica su-periore a 500 cc dopo parto vaginale o supe-riore a 1000 cc dopo taglio cesareo oppurequalsiasi perdita ematica che compromettessel’equilibrio emodinamico). Dopo aver firmatoun consenso informato, le pazienti sono staterandomizzate in triplo cieco in due gruppi ditrattamento. Il primo gruppo ha ricevuto 1 gdi AT endovena (100 mg/ml/min); il secondogruppo ha ricevuto 1g di placebo secondoidentiche modalità. In caso di mancato con-trollo del sanguinamento dopo 30 minuti oin caso di nuovo sanguinamento entro 24 oredalla prima dose, poteva essere somministratauna seconda e ultima dose di AT o placebo(a seconda del gruppo di randomizzazione).I dati sono poi stati raccolti alla morte, alladimissione oppure dopo 42 giorni nel caso incui la paziente non fosse ancora stata dimessa. L’outcome primario è stato la morte dellapaziente per qualsiasi causa oppure l’isterec-tomia entro 6 settimane dalla randomizza-zione. Successivamente all’inizio dello studio,alla luce dei risultati del trial CRASH-2 epoiché non vi sono stati motivi apparenti percorrelare la terapia antifibrinolitica alla mor-te del paziente per cause diverse da quelleemorragiche, si è deciso di considerare la

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Effect of early tranexamic acid administration on mortality, hysterectomy, and other morbidities in women with post-partum haemorrhage (WOMAN): an International, randomized, double blind,placebo-controlled trialWoman Trial Collaborators

Lancet. 2017 May 27; 389(10084):2105-2116.A cura della Dottoressa Chiara Vassallo

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mortalità dovuta a sanguinamento come ilprincipale tra gli outcome secondari. È emer-so inoltre che spesso la decisione di eseguirel’isterectomia, data l’urgenza del caso, è statapresa contemporaneamente al reclutamentodella paziente e quindi prima della sommi-nistrazione del trattamento randomizzato.Questo avrebbe diluito apparentemente l’ef-fetto della terapia, per cui si è deciso di au-mentare il campione di pazienti da 15.000 a20.000. L’analisi è stata corretta per il rischiodi base delle pazienti.

RISULTATI

Di 20.060 donne reclutate inizialmente, han-no ricevuto la terapia, scelta tramite rando-

mizzazione, 10.036 con acido tranexamico e9985 con placebo. Sono state registrate 483morti materne di cui 374 (77%) entro 24 oredalla randommizzazione e 43 (9%) entroun’ora. In totale, 346 morti (72%) sono avve-nute per emorragia (Tabella 1).Il rischio di morte per sanguinamento apparesignificativamente ridotto nelle pazienti chehanno ricevuto AT rispetto a quelle che han-no ricevuto il placebo (rispettivamente 155[1.5%] di 10036 vs 191 [1.9%] di 9975; RR0.81 con p= 0.045). Dopo aver corretto l’ana-lisi per il rischio di base delle pazienti il RR siè ulteriormente ridotto a 0.78 con p= 0.03.Non risultano invece differenze significativenella mortalità per tutte le cause nei due grup-pi di trattamento. In linea con il trial CRASH-2, inoltre, il rischio di morte per sanguina-mento è ridotto esclusivamente quando l’ATè stato somministrato entro 3 ore dalla dia-gnosi di emorragia, con assenza di beneficied aumento dei rischi quando il trattamentoè iniziato dopo 3 ore (Tabella 2).Non sono emerse differenze nei due gruppidi trattamento in riferimento alla modalità

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Effect of early tranexamic acid administration on mortality, hysterectomy, and other morbidities in womn with post-partum haemorrhage (WOMAN): an International, randomized, double blind,placebo-controlled trial

Tabella 1 Effetto dell'Acido Tranexamico sulla mortalità materna

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del parto (vaginale/cesareo) o alla causa del-l’emorragia (atonia uterina/altro).Hanno subito l’isterectomia 709 donne, dicui: 608 (86%) entro 24 ore dalla randomiz-zazione e 191 (27%) entro un’ora. L’81% (578di 709) delle isterectomie è stata eseguita persanguinamento. Non sono emerse differenze significative tra idue gruppi nel rischio generale di isterecto-mia, né tantomeno nel rischio specifico diisterectomia eseguita per controllare l’emor-ragia (283 [2.8%] nel gruppo dell’AT vs 295

[3%] nel gruppo del placebo, con un RR 0.95e p=0.57). L’outcome primario combinato di morte pertutte le cause o isterectomia non si è verificatoin modo statisticamente differente nei duegruppi (534 [5.3%] nel gruppo dell’ AT e 546[5.6%] nel gruppo placebo con RR 0,97 ep=0.65).Per quanto riguarda gli outcome secondari,è emersa una significativa riduzione del ri-schio di laparotomia per controllare il san-guinamento nel gruppo delle pazienti trattatecon AT rispetto al gruppo del placebo (ri-spettivamente 82 [0.8%] vs 127 [1.3%]. RR0.64% con p=0.002). Non sono emerse dif-ferenze significative nel ricorso ad altri tipidi manovre chirurgiche, ad eccezione dellesuture compressive, che sono state eseguitecon maggiore frequenza nel gruppo dell’ AT(p=0.035) (Tabella 3).Non è stata registrata una differenza statisti-

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Tabella 2 Effetto relativo al tempo di somministrazione del trattamento

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camente significativa tra i due gruppi perquanto riguarda il numero di unità di sangueeventualmente trasfuse, l’incidenza di feno-meni tromboembolici (sia nelle pazienti chenei neonati allattati con latte materno), di in-sufficienza d’organo, di sepsi e la qualità dellavita. I risultati relativi al ricorso ad altre procedureinvasive o ad emotrasfusioni vanno interpre-tati con cautela perché potrebbero riflettereuna diluizione dell’ effetto dell’AT dovutoalla possibile somministrazione della terapiacontemporaneamente al ricorso a questeprocedure, data la criticità di alcuni quadriclinici, impedendo tecnicamente sia una cor-retta valutazione dell’efficacia del farmaco,sia un tempo sufficiente affinché questo fac-cia effetto.

CONCLUSIONI

L’emorragia postpartum è la principale causadi mortalità materna in tutto il mondo e pro-voca ogni anno circa 100.000 morti. La som-ministrazione di acido tranexamico alle donnecon diagnosi di emorragia postpartum riduceil rischio di morte per emorragia e di laparo-tomia per controllare il sanguinamento, in as-senza di effetti avversi o complicanze. In lineacon le evidenze scientifiche esistenti, la terapiava somministrata il prima possibile. l

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Tabella 3 Effetto dell'Acido Tranexamico sulla necessità di procedure invasive

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COMMENTOProfessor Sergio Ferrazzani

Polo Scienze Salute della Donna e del Bambino |

Fondazione Policlinico Gemelli | Università Cattolica del Sacro Cuore | Roma

L’ acido tranexamico è un agente antifi-brinolitico che può essere somministrato

per os o per via endovenosa. Prima del trialWOMAN c’era evidenza che gli agenti an-tifibrinolitici riducessero la perdita ematicapostchirurgica e la necessità di re-interventoper controllare il sanguinamento. Questotrial internazionale randomizzato in doppiocieco è stato pianificato in assenza di altrilavori simili nell’ambito dell’emorragia po-stpartum. Un lavoro con disegno simile, dipoco antecedente, che evidenziava l’utilità el’efficacia dell’acido tranexamico in caso disanguinamento da politrauma ne ha ribaditol’importanza.Studiando più di ventimila donne divise indue bracci il WOMAN trial ha dimostratouna significativa riduzione di mortalità ma-terna da emorragia e di necessità di laparo-tomia per controllare il sanguinamento neltrattamento con acido tranexamico senzaalcuna evidenza di aumento dei rischi trom-boembolici. Tale trattamento risultava tantopiù efficace quanto più presto attuato nel-l’ambito delle tre ore dal parto. Non c’è stataevidenza che l’effetto dell’antifibrinoliticovari con la causa dell’emorragia né con lamodalità del parto. L’acido tranexamico nonsi è dimostrato in grado però di prevenire lanecessità di isterectomia probabilmente in

relazione al fatto che questa è stata intrapresamolto precocemente dopo l’insorgenza del-l’emorragia primaria postpartum lasciandopoco tempo all’antifibrinolitico di agire.Scendendo nel dettaglio questo ampio trialinternazionale ha paragonato 1 g di acidotranexamico per via endovenosa al placebonell’ambito dell’emorragia postpartum. No-

nostante gli esiti primaricompositi dell’isterectomiae della morte materna daogni causa non sia stata ri-dotta con il trattamentocon l’acido tranexamico, siè notata una significativariduzione di mortalità nel

sottogruppo di donne decedute per emor-ragia ostetrica (rispettivamente 1,5% contro1,9%, P=0,045 a favore dell’acido tranexa-mico paragonato al placebo). Quando il trat-tamento è stato attivato entro 3 ore dal partola mortalità da emorragia ostetrica è risultatarispettivamente del 1,2% contro 1,7%(P=0,008).Nonostante l’acido tranexamico non sembraprevenire il ricorso all’isterectomia, esso so-stanzialmente sembra ridurre la frequenzadi laparotomie per controllare il sanguina-mento. A spiegare tale apparente paradossosi consideri che, mentre l’isterectomia puòessere l’ultima risorsa per controllare l’emor-ragia in paesi ad alto reddito, in Africa e inAsia ove le donne possono presentarsi ane-miche al parto e gli ospedali hanno scarsoaccesso a emoteche, l’isterectomia è spessoun intervento da attuarsi precocemente perprevenire la mortalità da emorragia. D’altrocanto, le laparotomie, che spesso contem-plano anche un re-intervento per controllarel’emorragia dopo taglio cesareo, vengonogeneralmente eseguite più tardivamente,dopo altri interventi terapeutici compresoquello del trial. Ciò può aver permesso suf-ficiente tempo all’acido tranexamico per agi-re prevenendo il rischio di laparotomia. Aconferma di quanto asserito ci sono i trial

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relativi alla chirurgia elettiva che, nella stessadirezione, dimostrano una riduzione dellanecessità di re-intervento per controllare ilsanguinamento laddove viene utilizzato l’aci-do tranexamico.Secondo gli autori i risultati del trial raffor-zerebbero la scelta precedente fatta dallaWHO di includere l’acido tranexamico nellelinee guida per trattare l’emorragia primariapostpartum. Il ricorso al farmaco tuttavia do-vrebbe essere attuato quanto prima una voltaposta la diagnosi. Ovviamente lo sguardo alterzo mondo dovrebbe orientare futuri studisull’utilizzo di forme alternative di sommini-strazione rispetto a quella endovenosa pocopraticabile in alcuni presidi di tali regioni.Lo studio presenta punti di forza ma anchedei limiti.L’ampiezza del campione e la randomizza-zione in doppio cieco rafforzano l’importanzadei risultati (più di 20 mila donne arruolate).Originariamente gli autori avrebbero volutoarruolare 15.000 casi con un endpoint com-posito primario di morte materna da qualsiasicausa o di isterectomia entro 42 giorni dalparto. Tuttavia, nel corso del trial, è emersoche la decisione di intraprendere l’isterecto-mia è stata spesso presa al momento dellarandomizzazione. In tali casi, nonostantel’acido tranexamico abbia potuto influenzarelo stesso il rischio di exitus, non ha potutocerto incidere su quello di isterectomia. Diqui la necessità di aumentare le dimensionidel campione al fine di stimare il rischio diexitus specifico da emorragia postpartum. Tra i limiti va considerato che l’acido trane-xamico quando somministrato profilattica-

mente o come parte del trattamento del-l’emorragia postpartum in numerosi piccolistudi condotti in paesi ad alto reddito si èvisto ridurre in maniera modesta la perditaematica ostetrica1,2. Al giorno d’oggi, nono-stante le conclusioni degli autori del presentestudio, i dati sono insufficienti per raccoman-dare l’utilizzo dell’acido tranexamico per laprofilassi dell’emorragia ostetrica al di fuoridel contesto della ricerca, almeno nei paesiindustrializzati, in cui la mortalità maternada emorragia postpartum è molto più bassarispetto a quelli ove si è svolto il trial. Del re-sto, pur in presenza di un’alta mortalità ma-terna nel campione studiato, i risultati sonoappena significativi nei riguardi di questa.Quindi la generalizzazione dei risultati deltrial WOMAN e l’entità dell’effetto nei paesiindustrializzati sono incerti e tutti da dimo-strare. Una situazione simile era stata osser-vata nella profilassi dell’eclampsia con solfatodi magnesio. Il farmaco era efficace nei paesia basso reddito e ad alta incidenza di eclam-psia, ma non lo era in maniera significativanei paesi ad alto reddito ove il tasso di eclam-psia era molto più basso.Il ricorso al trattamento con acido tranexa-mico dovrebbe quindi essere limitato ai casiin cui la terapia medica iniziale fallisce (evi-denza di tipo B) senza però trascurare unarapida sequela di interventi come il tampo-namento e altre tecniche chirurgiche in col-laborazione con un team multidisciplinaree personale di supporto. Nell’emorragia oste-trica il suo utilizzo precoce sembrerebbe pro-babilmente superiore rispetto a quello tar-divo oltre le 3 ore dal parto. l

Referenze

1 Novikova N, Hofmeyr GJ, Cluver C. Tranexamic acid forpreventing postpartum haemorrhage. Cochrane Database ofSystematic Reviews 2015, Issue 6

2 Simonazzi G, Bisulli M, Saccone G, Moro E, Marshall A,Berghella V. Tranexamic acid for preventing postpartum bloodloss after cesarean delivery: a systematic review and meta-analysis of randomized controlled trials. Acta Obstet GynecolScand 2016;95: 28–37

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INTRODUZIONE

La colpoisterectomia è considerato il tratta-mento chirurgico tradizionale del prolassouterino. L’isterectomia è da considerarsi, tut-tavia, oltre che la conseguenza del prolassodegli organi pelvici (POP), anche una dellesue cause. Col passare degli anni le donnehanno iniziato a mettere in discussione le tec-niche di riparazione del prolasso basate sul-l’isterectomia nel caso di un utero sano. Nel-l’ultimo decennio sono state ideate differentiprocedure chirurgiche per il trattamento delPOP fondate sull’utilizzo di mesh e sulla pre-servazione dell’utero. Tra queste, l’isterosa-cropessi /colposacropessi laparoscopica è latecnica chirurgica più comunemente utiliz-zata. Se questa tecnica è connotata da un’ele-vata efficacia e longevità, al tempo stesso èassociata ad un’elevata morbidità periopera-toria in termini di durata dell’intervento, diemorragia intraoperatoria, di lesioni vescicalied intestinali, di osteomielite e di altre seriedi complicanze legate all’utilizzo di mesh.

OBIETTIVO

Secondo la FDA, l’entità delle complicanze le-gate all’utilizzo delle reti deve essere ancora deltutto compreso. L’obiettivo di questo lavoro

quindi è quello di descrivere la sospensione ute-rina extraperitoneale lineare laparoscopica edi dimostrarne la validità in termini di soddi-sfazione soggettiva e di outcome anatomico ri-spetto alla procedura tradizionale fondata sul-l’utilizzo di mesh. Nella procedura presentataviene utilizzato un filo di sutura per sospenderel’utero e ripristinare l’anatomia pelvica.

MATERIALI E METODI

In questo lavoro è descritto uno studio retro-spettivo nel quale sono state coinvolte donnecon POP sintomatico di II stadio o superiore,che richiedevano un trattamento chirurgicoe che desideravano la preservazione dell’uteronel “China-Japan Friendship Hospital ” diPechino e nel “ Anhui Provincial Hospital “nella provincia di Anhui in Cina tra Novem-bre 2012 ed Aprile 2015. La presenza di un utero significativamenteaumentato di dimensioni come nel caso di fi-bromatosi uterina e l’essere stati sottoposti apregressa chirurgia per POP sono stati consi-derati criteri di esclusione.Le pazienti sono state divise in due gruppi: 76pazienti trattate con sospensione mediante retie 77 pazienti nelle quali la sospensione uterinaè stata effettuata mediante filo di sutura. Come

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Laparoscopic extraperitoneal uterine suspension with suture line instead of meshJ Liang, G Chen, L Deng et al.

BJOG. 2017 Aug;124

A cura del Dottor Matteo Bruno

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outcome primario è stata presa in considera-zione la soddisfazione personale delle pazientivalutata mediante i questionari PFIQ-7 (Pelvicfloor impact questionnaire 7), PFDI-20 (Pelvicfloor distress inventory) e PGI-I (Patient globalimpression of improvement). La valutazioneanatomica oggettiva secondo la scala POP-Qè stata considerata come outcome secondario.Sono state inoltre valutate anche la duratadell’intervento, le perdite ematiche e l’inci-denza di complicanze maggiori quali lesionivescicali, ureterali o intestinali. Nell’ intervento descritto la paziente vieneposta in posizione litotomica ed in anestesiagenerale. Successivamente vengono introdottiquattro trocar laparoscopici. Per evitare unacorrezione eccessiva la cervice prima dellaprocedura di sospensione è stata portata ad8-9 cm sopra il livello dell’imene tramite unmanipolatore uterino. La rete utilizzata nel corso di intervento eradi polipropilene (Herniamesh SRL, Turin,Italy) mentre come fili di sutura sono stati uti-lizzati fili non assorbibili in poliestere di Ethi-bond Excel 2/0 della lunghezza di 75 cm(ETHICON.LLC Guaynabo Puerto Rico).Il primo passaggio consiste nella dissezionedella plica vescico-uterina. Successivamentela punta dell’ago delle suture viene introdottanella cavità peritoneale attraverso uno degliaccessi laparoscopici laterali. Con i fili di su-tura vengono cuciti due loop sulla porzioneanteriore della cervice al di sotto dei qualiviene posta una piccola porzione di mesh ret-tangolare delle dimensioni di 25 mm x 15mm. Una pinza laparoscopica viene poi pas-sata attraverso lo spazio extraperitoneale versola cervice da ciascun lato per afferrare l’estre-mità libera della sutura che viene ritirata versoil punto di sospensione e successivamente la-

sciata libera all’esterno dell’addome. La brec-cia nel peritoneo al di sopra della cerviceviene poi suturata, lasciando così il filo ed ilpiccolo rettangolo di rete completamente insede retro peritoneale. I due capi del filo ven-gono quindi afferrati e tirati in modo tale dasollevare l’utero al quale sono ancorati, e fun-gere da legamenti artificiali neoformati. I duecapi del filo vengono infine fissati alla fasciaanteriore dell’addome tramite l’ausilio dei pic-coli quadrati di mesh delle dimensioni di 10mm x 10 mm. Se necessario, viene, infine,associata una riparazione transvaginale delcistocele e del rettocele.

RISULTATI

Le caratteristiche di base dei due gruppi eranocomparabili in termini di età, BMI, parità,pregressa chirurgia pelvica, stato ormonale estadio POP-Q. L’unica differenza riscontrabileè stata l’incidenza di patologia cardiovasco-lare, maggiore in misura statisticamente si-gnificativa nel gruppo delle pazienti trattatecon filo di sutura. Dopo l’analisi, i due gruppi sono risultati pa-ragonabili per perdite ematiche, esecuzionedi colporaffie anteriori e posteriori necessarieper il ripristino dell’anatomia pelvica, e de-genza media in ospedale. La durata totale dell’intervento nel gruppodel filo di sutura è risultata lievemente minorerispetto al gruppo delle Mesh ma non in ma-niera statisticamente significativa.Al follow up ad 1 anno entrambi i gruppi di

pazienti hanno mostrato un miglioramentostatisticamente significativo sia nei valori Aa,Ba, Ap, Bp, C and TVL (P < 0.01) del POP-Q (Pelvic Organ Prolapse Quantification Sy-stem ) sia per quanto riguarda i sintomi urinarie quelli del colon retto ( P<0,01 per il PFDI-20 e il PFIQ-7) . Non sono state riscontratedifferenze nel risultato dei questionari PFDI-20, PFIQ-7 e PGI-I tra i due gruppi (P >0.05) (Tabella 1). Nel post operatorio, nel grup-po delle reti, sono state riscontrate in due pa-zienti infezioni profonde delle ferite chirurgi-

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che. Infatti le reti fissate in regione extraperi-toneale in cavità pelvica possono andare in-contro ad infiammazione ed infezione. No-nostante questo le pazienti hanno avuto un’ot-tima ripresa dopo la somministrazione di an-tibiotici e fisioterapia.

CONCLUSIONI

La sospensione dell’utero può correggere soloparzialmente il prolasso del compartimentoanteriore e posteriore. In circa il 70% dei casile pazienti con POP presentano il coinvolgi-mento di due o di tutti e tre i compartimenti epossono necessitare di essere sottoposte a col-porrafia anteriore e/o posteriore concomitan-te. Se la sospensione laparoscopica associataa queste procedure richiede meno di 2 ore, dasola necessita solamente di 30 minuti per esserecompletata. Al contrario la colpo sacro pes -sia/isterosacropessia laparoscopica ha una du-rata media di circa 2-3 ore risultando più ri-schiosa per pazienti anziane e con disturbicardiovascolari, che non possono essere sotto-poste a lunghi interventi per il prolungatopneumoeritoneo e la posizione in trendelem-burg che mettono a dura prova la circolazione. Sono state riscontrate differenze, invece, nelladurata media degli interventi: circa di 8 minutiinferiore per il gruppo del filo di sutura. Seb-

bene non statisticamente significativa, questadifferenza potrebbe essere clinicamente rile-vante nel trattamento di pazienti di età avan-zata o con comorbidità importanti. Tuttaviala durata isolata dell’intervento di sospensioneè stata difficile da stimare in quanto, soprat-tutto per il gruppo del filo di sutura, ci sonostate numerose procedure associate all’inter-vento principale (miomectomie, rimozione dipolipi cervicali, ooforectomie bilaterali). Inentrambi i gruppi non sono state riscontratecomplicanze severe durante la chirurgia.In questo studio si è tentato di dimostrare comesia possibile eseguire una chirurgia basata suun minore utilizzo di reti, per ridurne gli effettidannosi correlati. Tuttavia i vantaggi e gli effettidella procedura a lungo termine hanno biso-gno di essere ulteriormente valutati. Inoltre,in quanto retrospettiva, questa analisi ha deilimiti, primo fra tutti l’assenza di randomizza-zione, in quanto le pazienti sceglievano auto-nomamente e sotto consiglio del proprio me-dico curante la procedura da effettuare. Lo studio ha dimostrato una non inferiorità intermini di sicurezza clinica e di efficacia, valu-tata come soddisfazione delle pazienti e comeripristino dell’anatomia pelvica, della sospen-sione uterina con filo di sutura rispetto alla so-spensione con reti. Inoltre, come già detto,questo tipo di procedura presenta vantaggi intermini di minori complicanze legate alle reti,maggiore sicurezza per le donne più anzianeo con comorbidità. Tuttavia sono ancora ne-cessari ulteriori studi per valutare l’efficacia diquesta procedura a lungo termine. l

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COMMENTOProfessor Nicola Colacurci

Professore Ordinario di ginecologia e ostetricia | Università degli Studi

della Campania Luigi Vanvitelli

I n questo lavoro gli autori vanno a validareun nuovo intervento laparoscopico da loro

ideato e registrato per il trattamento delP.O.P. con conservazione dell’utero e lo con-frontano alla sacropessi laparoscopica cheoggi rappresenta l’intervento con il più altotasso di successo anatomico ma che è espo-sto, come evidenziato anche dagli autori ,allecomplicanze legate all’utilizzo delle mesh. Dal 2011 in poi l’utilizzo delle mesh è andatosempre più diminuendo in risposta al War-ming del FDA sul loro utilizzo e questo haportato da una parte ad un ritorno alla chi-rurgia fasciale e dall’altra ad un tentativo dicercare di realizzare interventi che riduces-sero il tasso di complicanze delle protesi.In questa scia s’inserisce l’intervento propo-sto in questo articolo, che si basa su un pre-supposto teorico analogo a quella propostada Longo, già alcuni anni fa: sospendere ilring cervicale alla fascia addominale ante-riore. Longo utilizzava due benderelle di ma-teriale protesic, mentre in questo lavoro sonoutilizzati dei fili di sutura. L’intervento diLongo tuttavia ha riscosso un certo seguito

nel mondo chirurgico mentre nel mondouroginecologico non ha trovato grande spa-zio, né sono presenti in letteratura ampi studiche ne evidenzino la sua efficacia.Inoltre si deve considerare che la conserva-zione dell’utero nella sacropessi laparosco-pica è indicata proprio per ridurre il tasso dicomplicanze in quanto la mesh viene sutu-rata al collo e non direttamente alla paretevaginale, con una netta riduzione delle com-plicanze.Il lavoro in oggetto è uno studio retrospettivoosservazionale su 153 donne che dimostraun’efficacia simile dei due interventi sia in

termini oggettivi (pop-Q)sia in termini soggettivi(utilizzo di questionari va-lidati) che porta gli autoria concludere che visti talirisultati e in considerazionedella maggiore facilità diesecuzione del loro inter-

vento e la maggior sicurezza nelle donne an-ziane, il loro intervento rappresenti una giu-sta alternativa alla sacropessi laparoscopica.Gli stessi autori però concludono come siaassolutamente necessario l’esecuzione di ul-teriori lavori che abbiano una potenza mag-giore (RCT) e un follow-up più lungo.La sacropessi laparoscopica deve comunque,ancora adesso, essere considerato l’interventogold standard nel trattamento del prolassodel compartimento centrale nei centri ovela chirurgia laparoscopica rappresenti lostandard e questa proposta di intervento pri-ma di essere considerata un’alternativa, deb-ba essere validata con numeri significativa-mente più alti e con follow-up adeguati. l

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INTRODUZIONE

Il cancro al seno è il tumore femminile piùcomune, che colpisce circa una donna su ottodurante la vita in Nord America ed Europa1.Il programma di screening attualmente esi-stente in questi paesi (mammografia ed eco-grafia mammaria) permette l’identificazionedella patologia mammaria in una condizioneclinicamente già evidente, talvolta in uno sta-dio già avanzato. Trovare un biomarker chefunga da indicatore per il rischio di cancro alseno e che sia, allo stesso tempo, un possibilebersaglio per la prevenzione è un obiettivo digrande rilevanza. Il RANKL (attivatore del recettore del ligandoNF-kB), il suo recettore RANK e il fattorecircolante osteoprotegerina (OPG) (recettore“esca”, che si lega al RAKL e lo blocca) sonoessenziali per lo sviluppo e l’attivazione degliosteoclasti2. Il Denosumab é un anticorpo monoclonalecompletamente umanizzato che agisce for-mando degli immunocomplessi con ilRANKL, inibendolo. In questo modo riducela formazione degli osteoclasti e impediscela perdita ossea associata alle condizioni diosteoporosi ma anche alla terapia anti estro-genica adiuvante nei pazienti oncologici.

Il sistema RANKL-RANK controlla altri pro-cessi biologici: l’organogenesi dei linfonodi,lo sviluppo delle cellule epiteliali midollari ti-miche3,4 e la formazione della ghiandolamammaria, stimolando la proliferazione epi-teliale e la capacità di produrre latte durantela gravidanza4. Utilizzando modelli geneticidi topo, il sistema RANKL/RANK è statoidentificato come un regolatore chiave delcarcinoma mammario con origine ormonale(progestinico) e oncogenica (Neu)5. Infine, è stato precedentemente riportato cheil RANKL/RANK controlla anche lo svilup-po del cancro al seno in scenari di donne conmutazioni del gene BRCA16.Il sistema RANKL/RANK promuove la pro-liferazione delle cellule epiteliali della ghian-dola mammaria umana e del topo, proteggequeste cellule dalla morte apoptotica dopo ildanno del DNA, controlla il rinnovo dellecellule staminali tumorali e potrebbe avereanche un ruolo nella biologia delle cellulestaminali mammarie basali. Infine, il sistemaRANKL/RANK è stato coinvolto anche nelcomplesso meccanismo della diffusione me-tastatica7.Lo scopo principale dello studio è stato di ve-rificare un potenziale legame tra i livelli di

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Aberrant regulation of RANKL/OPG in women at high risk of developing breast cancerKiechl S, Schramek D, Widschwendter M et al.

Oncotarget. 2017 Jan 17

A cura della Dottoressa Inbal Amar

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progesterone e i livelli del rapportoRANKL/OPG in umano e la loro associa-zione con il carcinoma mammario.

MATERIALI E METODI

In questo articolo sono riportati i dati da 3studi principali: lo studio prospettico UK Col-laborative Trial of Ovarian Cancer Screening(UKCTOCS), lo studio di coorte SUCCESS(che prende in considerazione 116 donne contumore della mammella ER positive dopol’intervento chirurgico e prima della terapiasistemica) e lo studio indipendente BRU-NECK (coorte di pazienti ER/PR negative eER/PR positive con e senza terapia con Ta-moxifene).UKCTOCS è uno studio multicentrico ran-domizzato controllato di screening del cancroovarico che ha reclutato 202.638 donne inpostmenopausa tra 50 e i 74 anni. Le donnesono state randomizzate in un rapporto 2: 1formando un gruppo di controllo senza in-tervento (101.359 donne)1, un gruppo multi-modale con screening annuale e dosaggio diCA125 (50.640 donne)2 e un gruppo ecogra-fico con screening annuale con ultrasuoni(50.639 donne)3. Non sono state incluse don-ne con storia di annessiectomia bilaterale,neoplasia non ovarica attiva, aumento del ri-schio di cancro ovarico a causa della predi-sposizione familiare e precedente storia dicancro ovarico. Il SUCCESS trial è uno studio randomizzatodi fase III che ha reclutato 2026 donne concarcinoma mammario invasivo confermatoistologicamente. Queste pazienti hanno ese-guito una resezione completa del tumore. Ilprincipale criterio di inclusione allo studio eral’indicazione per la chemioterapia adiuvantedefinita da uno stato linfonodale ascellare po-

sitivo o da linfonodi negativi ma presenza dialtri fattori associati ad un aumentato rischiodi recidiva.Lo studio BRUNECK è uno studio longitu-dinale prospettico effettuato dal 1990 fino al2005 che ha analizzato i campioni di pazientiprima e dopo la manifestazione del cancro. Ipazienti in questo studio avevano un carcino-ma mammario ER/PR negativo o un carci-noma mammario ER/PR positivo, e avevanoricevuto tamoxifene, interrotto al momentodel prelievo di sangue, e un piccolo gruppocon carcinoma mammario positivo a ER/PR,che ancora assumeva tamoxifene al momentodel prelievo. Di 821 soggetti con due o piùmisurazioni sequenziali di RANKL e OPG,697 soggetti sono rimasti liberi dal cancro du-rante il follow-up di 15 anni, 19 donne hannosviluppato carcinoma mammario, 16 uominihanno sviluppato cancro alla prostata e 89altri tipi di cancro.

RISULTATI

In una prima valutazione si sono analizzati278 campioni di donne in post menopausadello studio UKCTOCS: 40 donne avevanodonato un campione di siero tra 5 e 12 mesiprima della diagnosi del carcinoma mamma-rio, 58 donne tra 12 e 24 mesi prima delladiagnosi del carcinoma mammario e 180 don-ne che non avevano sviluppato il carcinomamammario durante il follow-up, hanno costi-tuito il gruppo di controllo. Il primo risultato di rilievo è stato il riscontrodi un aumento dei livelli sierici di RANKLassociato a più’elevati livelli di progesteronenelle donne che hanno sviluppato il carcino-ma mammario 12-24 mesi dopo la raccoltadel campione e la tendenza opposta nei con-trolli. In particolare, per valutare se l’elevatolivello di progesterone e l’elevato livello diRANKL potesse effettivamente definire unsottogruppo di donne con un aumentato ri-schio di sviluppare il carcinoma mammario,i casi e i controlli sono stati stratificati per li-velli di progesterone. Quindi l’analisi di re-

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gressione logistica ha portato a definire chele donne all’interno del gruppo con i maggiorilivelli di progesterone e i più alti livelli di rap-porto RANKL/OPG nel siero avevano unrischio di 5,3 volte superiore (IC 95% 1,5 -25,4, p = 0,0169) di sviluppare il carcinomamammario in 12-24 mesi rispetto ai controlli(Tabella 1). Quindi, alti livelli sierici diRANKL e progesterone possono identificareuna sottopopolazione di donne in post me-nopausa, prive di una predisposizione gene-tica nota, con un alto rischio di svilupparecarcinoma mammario.Inoltre, in un gruppo di partecipanti UKC-TOCS che hanno sviluppato il cancro al senoentro 12 mesi è stato osservato che i livelli diRANKL diminuivano mentre i livelli di OPGaumentavano nelle vicinanze alla manifesta-zione clinica del carcinoma mammario. Unapossibile spiegazione poteva essere che la pre-senza delle cellule tumorali subcliniche già dis-seminate aveva determinato le alterazioni deilivelli sierici di RANKL/OPG. Per verificarequesta ipotesi, il rapporto RANKL/OPG è

stato analizzato nel siero nelle donne con dia-gnosi di carcinoma mammario però in assenzadi un tumore al seno (per assimilare la vici-nanza alla diagnosi del carcinoma mammario). Per questo scopo sono state analizzate 116pazienti affette da carcinoma mammario conrecettori estrogeni positivi dallo studio SUC-CESS dopo l’intervento chirurgico e primadella terapia sistemica. In questa analisi, ledonne con un numero basso (1-2) di celluletumorali circolanti (CTC), avevano un signi-ficativo ridotto rapporto di RANKL/OPGrispetto alle donne senza cellule rilevabili. Per-tanto, le donne con un numero molto bassodi CTC nel sangue mostravano un rapportoRANKL/OPG ridotto, suggerendo che le al-terazioni trovate appena prima dell’evidenzaclinica di un carcinoma mammario potevanoeffettivamente essere correlate alla presenzadi cellule disseminate del carcinoma mam-mario. Per convalidare questi dati in un’altrapopolazione si sono determinati i livelli siericidi RANKL/OPG nei partecipanti dallo stu-dio di BRUNECK. In linea con lo studioUKCTOCS, i livelli di RANKL erano dimi-nuiti con la manifestazione di carcinomamammario, mentre le concentrazioni sierichedi RANKL non erano alterati in soggetti sen-za malattia neoplastica o con altri tipi di tu-more. Contemporaneamente anche i livelli di

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Tabella 1 Associazione fra i livelli di Progesterone, livelli del rapporto RANKL/OPG e rischio di tumore alla mammella

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OPG erano aumentati dopo la diagnosi dicarcinoma mammari. Di conseguenza, il rap-porto RANKL/OPG è stato riscontrato es-sere significativamente diminuito nelle per-sone con tumore mammario di nuova insor-genza. In conclusione questi ultimi dati, ri-portati da due diverse coorti di pazienti concarcinoma mammario, hanno indicato che lealterazioni nei rapporti RANKL/OPG sonosignificativamente associate alla manifestazio-ne del cancro alla mammella.

CONCLUSIONI

Questo studio ha dimostrato che la presenzadi aumentati livelli di progesterone e diRANKL potrebbe identificare un sottogruppodi donne in post menopausa ad aumentatorischio di sviluppare il tumore della mammel-la. In particolare, l’aumento dei livelli diRANKL libero o la presenza di livelli diRANKL e di progesterone elevati, potrebberodiventare un vero e proprio biomarker utileper lo screening del carcinoma mammario.I dati presentati in questo studio suggerisconoche il sistema RANKL/RANK/OPG è alte-rato non solo nelle donne in post-menopausaad alto rischio di carcinoma mammario maanche nelle donne che già sono in uno stadiosubclinico di malattia. Infine, questi risultati,che vanno approfonditi con ulteriori grandistudi randomizzati e controllati, aprono im-portanti prospettive terapeutiche se si pensadi poter prendere in considerazione l’anticor-po monoclonale Denosumab, che già vieneutilizzato per la terapia dell’osteoporosi. l

Bibliografia

1 Jemal A, Siegel R, Ward E, Hao Y, Xu J, Thun MJ. CancerStatistics. 2009; 59:225-249.

2 Kong YY, Yoshida H, Sarosi I, Tan HL, Timms E, CapparelliC, Morony S, Oliveira-dos-Santos AJ, Van G, Itie A, KhooW, Wakeham A, Dunstan CR, et al. OPGL is a key regulatorof osteoclastogenesis, lymphocyte development and lymph-nodeorganogenesis. Nature. 1999; 397:315-323.

3 Rossi SW, Kim MY, Leibbrandt A, Parnell SM, JenkinsonWE, Glanville SH, McConnell FM, Scott HS, PenningerJM, Jenkinson EJ, Lane PJ, Anderson G. RANK signalsfrom CD4(+)3(-) inducer cells regulate development of Aire-expressing epithelial cells in the thymic medulla. The Journalof Experimental Medicine. 2007; 204:1267-1272.

4 Fata JE, Kong YY, Li J, Sasaki T, Irie-Sasaki J, MooreheadRA, Elliott R, Scully S, Voura EB, Lacey DL, Boyle WJ,Khokha R, Penninger JM. The osteoclast differentiation factorosteoprotegerin-ligand is essential for mammary gland devel-opment. Cell. 2000; 103:41-50.

5 Gonzalez-Suarez E, Jacob AP, Jones J, Miller R, Roudier-Meyer MP, Erwert R, Pinkas J, Branstetter D, Dougall WC.RANK ligand mediates progestin-induced mammary epithelialproliferation and carcinogenesis. Nature. 2010; 468:103-107.

6 Sigl V, Owusu-Boaitey K, Joshi PA, Kavirayani A, Wirns-berger G, Novatchkova M, Kozieradzki I, Schramek D, EdokobiN, Hersl J, Sampson A, Odai-Afotey A, Lazaro C, et al.RANKL/RANK control Brca1 mutation-driven mammarytumors. Cell Research 2016; 26:761-774.

7 Schramek D, Leibbrandt A, Sigl V, Kenner L, Pospisilik JA,Lee HJ, Hanada R, Joshi PA, Aliprantis A, Glimcher L,Pasparakis M, Khokha R, Ormandy CJ. Osteoclast differen-tiation factor RANKL controls development of progestin-drivenmammary cancer. Nature. 2010; 468:98- 102.

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COMMENTOProfessoressa Paola Villa

Polo Scienze Salute della Donna e del Bambino |

Fondazione Policlinico Gemelli | Università Cattolica del Sacro Cuore | Roma

L’ analisi di questo lavoro permette una ri-flessione che va al di là del semplice com-

mento allo studio.Prima di tutto si tratta di uno studio multi-centrico, portato a termine da un team diricercatori di diverse discipline. È uno studioche raccoglie dati da tre diversi protocolli eche dopo aver verificato una prima ipotesiin uno studio prospettico, prende in consi-derazione due successive ipotesi su altri dati,raccolti da altri scienziati in altri protocolli.Ciò significa innanzitutto uno spirito di col-laborazione che dovrebbe far comprenderequanto sia importante per la crescita scien-tifica allargare gli orizzonti al di là del pro-prio ristretto campo di lavoro. Dal punto di vista della valutazione dellostudio, in realtà esistono alcuni limiti. Questo studio, in una prima analisi, prendein considerazione dati provenienti da un am-pio protocollo, lo studio UKCTOCS, chenasce con end points del tutto differenti, mache ha permesso di analizzare un sufficientenumero di campioni raccolti anche in ma-

niera prospettica e confrontati con una buo-na popolazione di controllo. Il risultato prin-cipale, il riscontro di una significativa modi-ficazione dei livelli di RANK associata adalti livelli di progesterone in una popolazionea rischio, potrebbe essere realmente un ri-sultato di grande importanza per lo scree-ning del tumore della mammella ma va at-tentamente verificato in studi che abbianol’analisi della modificazione del sistemaRANKL/RANK come end point principale. I risultati successivi, che sono stati estrapo-lati da altri due protocolli e hanno portatoalla elaborazione di due più piccoli studi di

coorte retrospettivi, sonopiù limitati e mettono inevidenza che il sistemaRANKL/RANK/OPG èun sistema complesso eprobabilmente legato a di-verse vie di controllo di si-stemi non solo fisiologici

ma anche patologici. Fino ad ora lo studio di questo sistema erastato focalizzato sul metabolismo osseo, dovegià si è messo a punto un anticorpo mono-clonale, il Denosumab, che blocca il RANKLe ha dimostrato la sua efficacia come farmacoanti-riassorbitivo. Il ruolo del sistema RANKL/RANK /OPG,potrà portare a nuove acquisizioni, non solonell’ambito dei tumori come il cancro dellamammella o di altri tumori solidi ma anchenei meccanismi di metastatizzazione. Infine dal punto di vista dell’approccio tera-peutico, avendo già a disposizione un far-maco come il Denosumab si aprono pro-spettive di nuove sperimentazioni che appa-iono molto interessanti e promettenti. l

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N ell’Ospedale Civile di Caserta, nei pri-mi anni 2000 venne alla luce un bimbo,

che a causa delle difficoltà espulsive insortedurante il parto patì una grave lesione delplesso brachiale destro, con esiti invalidantipermanenti.I genitori in giudizio, sostennero che la le-sione del plesso brachiale patita dal propriofiglio andasse ascritta a colpa dei sanitari di-pendenti della ASL convenuta, i quali, nonseppero diagnosticare tempestivamente lamacrosomia del feto e scelsero di conseguen-za di far partorire la donna per via naturale,anziché con parto cesareo.Sia il Tribunale prima, nel 2006, che la Corted’Appello di Napoli, nel 2013, hanno riget-tato le domande dei genitori del bambino.In particolare, la Corte d’Appello ammet-tendo l’esistenza del nesso di causa tra ilparto e la distocia di spalla, haeslcuso la colpa dei sanitari,sul presupposto che nonavrebbe costituito né im-prudenza, né negligenza,né imperizia, la scel-

ta di far avvenire il parto per via naturale.Ciò perchè, all’epoca dei fatti, non esistevaun esame sicuro per prevedere con certezzala macrosomia del feto, non vi era alcundato clinico che consentisse ai sanitari di sa-pere se la donna avesse il diabete mellito (ilquale è un indizio della macrosomia fetale),la donna aveva già avuto un parto senza pro-blemi, all’esito del quale diede alla luce un

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aggiornamentogiuridico

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Responsabilità medica del ginecologo: complicazioni nella valutazione del parto cesareorispetto al parto naturale

A cura dell’Avvocato Giovanni Meliadò e dell’Avvocato Vincenzo CampelloneStudio Legale Meliadò

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bimbo del peso di quattro chili, e dunquenon si poteva sospettare alcuna sproporzionetra le dimensioni del feto e il canale del parto;soprattutto, la donna si presentò in ospedalea membrana già rotta e a travaglio già ini-ziato, ed il parto avvenne soli 30 minuti dopoil ricovero: sicché, in questo tempo così breve,i sanitari non avrebbero potuto obiettiva-mente evidenziare alcuna anomalia nellaprogressione dell’espulsione.I genitori del bambino impugnarono la de-cisione della Corte d’Appello, dinanzi allaSuprema Corte di Cassazione, la quale conla recentissima Sentenza pronunciata lo scor-so 9 Novembre, ha rigettato il ricorso, ri-marcando una serie di principi importanti.I genitori, in particolare hanno denunciatola violazione degli articoli 1176, 1218,1223, 2043, 2697, 2727 e 2729 c.c. ricor-dando come, la responsabilità del medicopossa essere affermata in base a un nessodi causalità presunta, quando la cartella cli-nica sia incompleta e quando la condottadel medico sia astrattamente idonea a pro-vocare l’evento. Tuttavia ha rilevato la Suprema Corte come,nel caso di specie, la cartella clinica era in-completa, in quanto non vi si riferiva qualimanovre di parto avessero eseguito i sanitarie di conseguenza, anche laddove vi fosse sta-ta una condotta colposa, essa sarebbe statapriva di efficacia causale.I genitori hanno altresì dedotto di avere pro-vato, in primo grado, che il ginecologo per-sonale della gestante, avendola seguita du-rante l’intera gestazione, si sarebbe potutoavvedere con l’ordinaria diligenza della ma-crosomia del feto, ovvero del rischio di essa,

e avrebbe perciò dovuto consigliare alla ge-stante il parto cesareo e come, di questa ne-gligenza del ginecologo personale della ge-stante era tenuta a rispondere la ASL, poichénell’ospedale da essa gestito erano stati ese-guite le ecografie disposte da quel libero pro-fessionista. La Corte ha escluso che un ospedale pub-blico possa essere chiamato a risponderedell’errore commesso da un medico liberoprofessionista, solo perché ivi siano stati ese-guiti gli accertamenti da questo prescritti.Manca, in tal caso, qualsiasi criterio di im-putazione all’ospedale dell’operato del sani-tario: non quello di cui all’articolo 1228 c.c.e di cui all’articolo 2049 c.c., non il principiocuius commoda, eius et incommoda. La richiesta di un esame ecografico imponeal debitore (l’ospedale) di eseguire con dili-genza il suddetto esame; ma nemmeno lapiù lata interpretazione dell’articolo 1374c.c. potrebbe condurre ad affermare che, ri-chiesto un esame diagnostico, il personalesanitario che lo esegue assuma l’obbligo disostituirsi al medico curante, già scelto dalpaziente, assumendone tutti gli obblighi egli oneri.Con la commentata Sentenza, la SupremaCorte, ha posto l’accento sia sulla dovuta di-ligenza che, la struttura specialistica e il me-dico, chiamati ad eseguire un esame diagno-stico, sono tenuti a porre in essere, oltre al-l’obbligo di informare il paziente circal’emergere di sintomi dubbi od allarmanti.L’osservanza di detti obblighi, in capo agliesercenti l’attività sanitaria, non può certa-mente far profilare addebiti sia di natura pe-nalistica che di natura civilistica. Altro fon-damentale aspetto, che la Suprema Cortericorda, è l’attenzione che il danneggiatodebba seguire nel valutare ogni singolo rap-porto, ovvero, paziente medico libero pro-fessionista da una parte e paziente strutturasanitaria dall’altra, senza incappare in “con-fusionarie richieste”. l

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aggiornamentogiuridico

Responsabilità medica del ginecologo: complicazioni nella valutazione del parto cesareo rispetto al parto naturale

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2018Le attività didattiche della prima parte dell’anno

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marzo> luglioDATA CORSO

marzo

8>9 Corso Resettoscopia12>13 Workshop: Corso di Chirurgia ricostruttiva laparoscopica dell’apparato

di sospensione degli organi pelvici19>20 Medical Expert Training in Advanced Laparoscopic Gynecological Surgery22>23 Corso di Chirurgia robotica in Ginecologia oncologica

aprile

18 Women’s health: Pelvic floor reconstruction and Female incontinence surgery Workshop

18>21 Gynaecology Expert Training for Upcoming Professionals (GET UP) Course

maggio

4 Attualità e promesse future dell’embolizzazione delle arterie uterine per il trattamento dei fibromi

8 Sarcomi uterini: a che punto siamo?10>11 Workshop: Corso di Chirurgia ricostruttiva laparoscopica dell’apparato

di sospensione degli organi pelvici14>15 Corso Isteroroscopia diagnostica e operativa16 Corso streaming ICG e linfonodo sentinella17 Oncobiotica: una nuova scienza18 Webinar Masse ovariche: Dalla diagnosi al trattamento/I tumori epiteliali invasivi23>25 3 giorni con noi al Class Ultrasounds

giugno

6 Women’s health: Pelvic floor reconstruction and Female incontinence surgery Workshop

13>15 3 giorni con noi al Class Ultrasounds21>22 Medical Expert Training in Advanced Laparoscopic Gynecological Surgery

luglio

3 Webinar Masse ovariche: Dalla diagnosi al trattamento/I tumori ovarici non epiteliali5>6 Corso di Chirurgia robotica in Ginecologia oncologica12>13 Workshop: Corso di Chirurgia ricostruttiva laparoscopica dell’apparato

di sospensione degli organi pelvici

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RUBRICA LEGALEStudio Legale Meliadò

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REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE Tribunale Ordinario di Campobasso01-08-2014

HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMEROInbal AmarFederica BernardiniMatteo BrunoFrancesca DaviàVirginia VargiuChiara Vassallo

SI RINGRAZIANOGiuseppe BifulcoNicola ColacurciFrancesco CosentinoNicoletta Di SimoneSergio FerrazzaniJacqueline S. JerussPaola Villa