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Luca Azzano Cantarutti SOCIOLOGIA DELLA DEVIANZA _____________________________________________________________________________ LUCA AZZANO CANTARUTTI DISPENSA DI SOCIOLOGIA DELLA DEVIANZA Parte speciale II in collaborazione con Carmen Gasparini Unicollege - Anno accademico 2018-2019 1

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Luca Azzano Cantarutti

SOCIOLOGIA DELLA DEVIANZA

_____________________________________________________________________________

LUCA AZZANO CANTARUTTI

DISPENSA DI

SOCIOLOGIA DELLA DEVIANZA

Parte speciale II

in collaborazione con Carmen Gasparini

Unicollege - Anno accademico 2018-2019

GIORDANO BRUNO 1548-1600

Verrà un giorno che l’uomo si sveglierà dall’oblio

e finalmente comprenderà chi è veramente e a chi ha ceduto le redini della sua esistenza,

a una mente fallace, menzognera, che lo rende e lo tiene schiavo… l’uomo non ha limiti

e quando un giorno se ne renderà conto, sarà libero anche qui in questo mondo…

PRESENTAZIONE

Questa dispensa relativa alla Parte speciale II, ad uso degli studenti, contiene gli appunti di lezioni tenute presso Unicollege – Scuola Superiore Mediatori Linguistici, Sede di Mantova, nell’Anno Accademico 2018-2019.

Nella parte generale abbiamo esaminato le teorie sociologiche che hanno interpretato la devianza attraverso lo studio delle sue molteplici manifestazioni e delle numerose reazioni che queste suscitano in diversi momenti storici, in diversi contesti sociali e politici.

In questa Parte speciale II esamineremo riassuntivamente alcuni metodi empirici non convenzionali che aiutino lo studente a comprendere e valutare il comportamento deviante.

Una serie di input relativi alla comunicazione e, in particolare alla percezione di quei “segnali” che i nostri interlocutori inviano e che dobbiamo esser preparati a cogliere per operare al meglio e raggiungere i risultati che ci prefiggiamo; input che toccano solo marginalmente temi, in particolare legati alla comunicazione “istintuale”, che rimandano necessariamente ad un approfondimento sperimentale-esperienziale per il quale invoco il desiderio degli studenti di migliorarsi anche con ulteriori corsi ad hoc.

La conoscenza di queste tecniche risulterà di particolare valenza per il mediatore linguistico che si trovasse ad operare in ambienti difficili, quali ad esempio un carcere, dove le modalità espressive sono peculiari e l’operatore adeguatamente preparato riesce a comunicare nel modo più efficace.

Un particolare ringraziamento va a Carmen Gasparini, che ha messo a disposizione le proprie conoscenze per la migliore stesura di questa dispensa.

Luca Azzano Cantarutti

Indice

1. Indicepag. 4

2.Che cosa significa comunicare?pag. 5

3.Il linguaggio del corpopag. 6

4.Persone visive, uditive o cinestesichepag. 8

5.Persone aste, cerchio e triangolopag. 11

6.Princìpi della comunicazionepag. 13

7.Strumenti della comunicazionepag. 15

8.Comunicazione congruentepag. 17

9.Le 4 distanze interpersonalipag. 21

10.Alcuni principali segnali di gradimentopag. 22

11.Alcuni principali segnali di tensionepag. 23

12.Comunicazione consapevolepag. 24

13.Zona comfortpag. 25

14.Intuito e sesto sensopag. 27

15.Letture consigliatepag. 29

16.Film consigliatipag. 30

CHE COSA SIGNIFICA COMUNICARE?

Alla base del verbo latino communicare c'è l'aggettivo communis, derivato dalla contrazione di cum munis – mettere in comune.

Fin dalla sua comparsa l'aggettivo ha il duplice significato di "colui che svolge un incarico" e di "dono".

La comunicazione è sempre stata di tutti, tutti possiamo comunicare. Mai come oggi la comunicazione è un'espressione sociale.

E quale sarebbe il valore di questa "espressione"? Da un lato "bisogna saperci fare"; dall'altro si tratta di mettere quel "fare" al servizio di qualcuno - o qualcosa - che si trova... fuori da sé.

Perché comunicare non è solo pronunciare, scrivere, disegnare: la comunicazione avviene quando c'è comprensione, scambio, partecipazione; quando l'espressione è "codice condiviso". Il primo fine della comunicazione è quello di costruire un dialogo tra emittente e ricevente. Questa reciprocità è tipica di ogni essere vivente, dato che si comunica sempre: anche quando si gesticola o si sta in silenzio - paradossalmente. Ma noi esseri umani abbiamo una responsabilità in più: quella del linguaggio.

Siamo noi a decidere il senso delle parole e le cose/pensieri a cui si vogliono riferire. Quindi comunicare è una RESPONSABILITÀ globale e sociale (responsabilità da responsus habilis, capace di rispondere... alla vita e a chiunque decida di rivolgersi a noi).

Adesso proviamo ad osservare nelle più svariate circostanze della vita sociale, l’eccesso di produzione verbale che caratterizza il nostro tempo: ovunque, dallo scompartimento del treno, al reality televisivo, dalla riunione condominiale fino alle aule parlamentari, siamo circondati da persone che parlano incessantemente e, molto spesso, in modo inconsulto. Una proliferazione di parole che sembra inarrestabile, certamente favorita da strumenti sempre più sofisticati messi a disposizione dalla tecnologia, che ci permettono di “comunicare” a distanza, in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo.

MA è comunicare questo?

Potremmo dire che questa non è comunicazione, se con tale termine come scritto poc’anzi intendiamo scambiarsi conoscenze, esperienze, emozioni, e dunque arricchirsi reciprocamente; non si tratta nemmeno di un “parlare” ma, semmai, di un “esternare”…

Quante volte “esterniamo” qualcosa solo per coprire il vuoto o il silenzio ai quali moltissimi di noi non sono più abituati riducendo i contenuti in banalità, ostentazione delle proprie sensazioni ed a volte cadendo nella maleducazione.

Qui è doveroso ricordare Plutarco, vissuto tra il I e il II secolo d.C., che nelle sue “Operette morali” (testi appartenenti ai Moralia, immensa raccolta di scritti di argomento vario, non solo di etica) si rivela prezioso maestre di un’Arte ad oggi scomparsa, quella dell’onesto ed efficace confronto con gli altri, dell’educata e corretta interazione con il prossimo, di un parlare meditato, rispettoso, costruttivo e autentico, in cui ciascuno sappia essere se stesso e possa trovare nell’altro occasione di crescita personale.

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IL LINGUAGGIO DEL CORPO

Le prime forme di comunicazione dell’essere umano sono le immagini e le emozioni (esempio del neonato).

Di che cos’è fatta la pubblicità? Immagini e stimoli emozionali.

Il 93% della comunicazione è gestita a livello inconscio, il quale utilizza il suo linguaggio, diverso da quella della parte logica.

Conoscere il suo modo di esprimersi significa avere a disposizione una mappa mentale del nostro interlocutore per orientarci nell’interazione, così facendo, sapremo in tempo reale se quello che stiamo facendo è giusto oppure no.

Due i modi che analizzeremo qui:

· razionale, logica;

· intuitiva, legato al sesto senso. (INTUIRE dal lat. intueri “vedere dentro”. Cogliere nella sua essenza e realtà un oggetto di pensiero avvertendolo presente alla coscienza; conoscere per avvertenza immediata ciò che non è per sé manifesto, senza quindi l’aiuto della riflessione o di un processo razionale induttivo o deduttivo.

LA PRIMA IMPRESSIONE

La psicologa Linda Blair sostiene che bastano sette secondi, solo 7 secondi, per giudicare, farsi un'idea su chi ci sta di fronte e che, magari, vediamo per la prima volta. Questo è un processo inconscio che ha a che fare con il nostro istinto di sopravvivenza...

C’è chi sostiene, tra i suoi colleghi, che possano bastare anche meno di due secondi!

L’impressione che ci si fa di uno sconosciuto si consolida nei primi 90 secondi di conoscenza: un minuto e mezzo! In un lasso di tempo così ridotto non è il contenuto del discorso l’aspetto che prendiamo in considerazione per farci un’idea di una persona con cui parliamo per la prima volta.

Uno studio condotto dall’Università di Toronto su un campione di 100 persone aggiunge un altro tassello importante alla riflessione: nella maggior parte dei casi, la prima impressione di una persona continua a condizionarci anche quando approfondiamo la conoscenza, fatichiamo a mettere da parte la nostra prima valutazione anche quando i fatti (cioè il contenuto dei suoi discorsi) la smentiscono.

È quindi importante essere consapevoli dei segnali che lanciamo fin dal primo momento alle persone con le quali interagiamo, perché sarà proprio in quella occasione che verremo inquadrati dai loro schemi mentali e sarà poi più impegnativo far cambiare la loro idea su di noi.

La parte conscia di ognuno di noi rappresenta SOLO il 5%, il subconscio il 95%. Quest’ultimo influenza la nostra vita senza che noi ne siamo consapevoli.

COMPORTAMENTO PASSIVO E AGGRESSIVO

Le valutazioni personali e i significati che diamo alle diverse circostanze quotidiane giocano un ruolo essenziale nel nostro modo di rapportarci agli altri.

Le persone mettono in campo:

- un comportamento di tipo passivo quando nascondono le proprie opinioni e i propri sentimenti, hanno difficoltà a esprimere i propri bisogni e difendono a fatica i propri diritti;

- un comportamento aggressivo quando impongono la propria personalità senza rispettare le opinioni altrui e manifestando le proprie esigenze in un modo socialmente inaccettabile.

Lo psicologo Paul Watzlawick nel suo scritto Pragmatica della comunicazione umanasottolinea come sia impossibile non comunicare: qualunque comportamento umano invia un messaggio più o meno consapevole, più o meno esplicito.

PERSONE VISIVE, UDITIVE O CINESTESICHE

Le statistiche indicano che in un paese sviluppato, le persone sono in prevalenza:

60% VISIVI20% UDITIVI20% CINESTESICI

Abbiamo a disposizione cinque sensi che ci permettono di relazionarci con la realtà: olfatto, gusto, tatto, vista e udito.

In genere, ognuno di noi utilizza maggiormente uno o due sensi per interagire con il mondo e ottenere informazioni.

È una prospettiva curiosa che vale la pena tenere presente se vogliamo conoscerci meglio. È possibile che utilizziamo maggiormente uno – od anche due - dei cinque sensi.

Questa prospettiva ha a che vedere con la predominanza cerebrale.

Ci sono persone che sfruttano maggiormente la parte sinistra del cervello e sono più propense alla logica, alla razionalità e all’ossessione per l’ordine.

Al contrario, se utilizzate maggiormente la parte destra del cervello, allora siete persone creative, più flessibili e innovative.

LE PERSONE VISIVE (vista)

Quando state leggendo o studiando, avete bisogno di silenzio assoluto?

È molto comune che le persone con una predominanza visiva abbiamo bisogno di totale silenzio quando devono concentrarsi.

È possibile anche che in macchina, durante la guida, accendiate la radio per ascoltare un po’ di musica e rilassarvi, ma la spegnete se state cercando un indirizzo o una strada in particolare oppure dovete semplicemente prestare attenzione alla guida, perché volete stare più tranquilli e concentrati.

Le persone visive hanno molta energia e sono grandi osservatrici. Apprezzano i dettagli e trascurano ben poche cose.

Nel momento in cui devono memorizzare qualcosa, ricordano più facilmente le immagini, ecco perché hanno bisogno di prendere appunti per avere un appoggio.

Si rilassano nei parchi o nei boschi e amano la tranquillità.

I visivi tendono a vedere il mondo per immagini. E siccome tentano di stare al passo con le immagini che hanno in testa, hanno la tendenza a parlare in fretta. Non si curano di come pronunciano le parole ma si sforzano di attribuire parole alle immagini. Amano esprimersi per metafore visive, dicendo come le cose appaiono loro, quali sono gli aspetti chiari e quelli oscuri.

LE PERSONE UDITIVE (udito)

Vi capita di esprimere il vostro pensiero ad alta voce? Alcuni potrebbero stupirsi di questo vostro atteggiamento, ma sappiate che è tipico di molte persone.

Verbalizzate, parlate da soli e in questo modo vi sfogate.

Vi piace anche ascoltare le altre persone, quindi avete un profilo uditivo che vi è utile per memorizzare meglio le cose, ascoltandole piuttosto che mettendole per iscritto.

Le persone uditive hanno una personalità molto espressiva e grandi doti di comunicazione. Si sanno esprimere molto bene ed amano ascoltare gli altri.

A queste persone non sfugge nulla, possono seguire una conversazione e allo stesso tempo ascoltare musica.

Possono fare diverse cose alla volta, a differenza delle persone visive che fanno fatica a concentrarsi se hanno troppi stimoli o distrazioni intorno.

Gli uditivi, invece si mostrano più selettivi circa le parole che usano. Hanno voce più sonora, il loro eloquio è più lento, più ritmico, più misurato. Siccome le parole hanno per loro grande importanza, stanno attenti a quel che dicono. Amano espressioni come “questo mi suona bene”.

LE PERSONE CINESTESICHE (tatto, olfatto e gusto)

Quali sono i vostri hobby? Vi piacciono i lavori manuali? Siete bravi in cucina? Sapete usare le mani per costruire oggetti?

Vi piace lavorare all’aria aperta? Avete un giardino dove coltivate da soli piante e fiori? Praticate qualche sport? Allora è probabile che siate persone cinestesiche.

Le persone cinestesiche, oltre ad essere tranquille, hanno una preferenza speciale per le emozioni e tutto ciò che abbia a che vedere con le cose fisiche e manuali.

A queste persone piace sperimentare le cose in prima persona piuttosto che sentirle raccontare.

Si distinguono per la loro espressività, che si riflette nella tendenza ad abbracciare e accarezzare le persone e anche nel mangiare.

Sono persone che, in generale, non mostrano grande interesse per i dettagli di ciò che le circonda, a differenza delle persone visive. Sono più spontanee, meno introspettive o osservatrici.

La loro voce è di solito fonda, spesso le parole escono loro di bocca lente, si servono di metafore tratte dal mondo fisico: le cose per loro sono “pesanti” e “intense”, aspirano ad “entrare in contatto” con la realtà.

PERSONE ASTA, CERCHIO E TRIANGOLO

Tutti gli individui possiedono i tre simboli nel sistema mentale, ma ne utilizzerà solo uno in prevalenza. Si esprimono attraverso segni e gesti geometrici simbolici, sostantivi ed aggettivi simbolici, comportamenti simbolici. I simboli sono: Asta, Cerchio e Triangolo (paterno, materno ed egocentrico). Ciascuno di essi indica un preciso ruolo comportamentale.

Il simbolo prevalente riflette la tipologia di appartenenza e permette di identificare le caratteristiche emotive e comportamentali, quindi lo stile di comportamento, il modo di relazionarsi agli altri e che ruolo assume.

L’individuo in base alla struttura psicologica di appartenenza è particolarmente sensibile alle persone che utilizzano uno di questi tre comportamenti. Questo spiega perché nell’arco di una intera vita, conoscendo centinaia di persone, diventano per noi significative solo quelle che rivestono quel preciso carattere che fa leva sulla nostra emotività. Se ci fermiamo un attimo e pensiamo alle persone che hanno fatto leva sulla nostra emotività, potremmo scoprire che erano tutte molto simili nel relazionarsi con noi.

LE PERSONE ASTA

Comportamento:

l’individuo ASTA è un conflittuale padre, si esprime con un comportamento spronante, incitante, impositivo, rimproverante o accusatorio, ricorda l’atteggiamento di guida che ha il papà nei confronti del figlio. Osserva e non perde occasione per far notare che cosa non va, senza offrire soluzioni (un esempio potrebbe essere il figlio che torna a casa con un brutto voto e il papà ASTA, gli dice “hai preso 3 in storia, sei un asino!”).

L’individuo ASTA spesso colpevolizza e schernisce.

Gestualità: l’asta ha una gestualità penetrativa, punta spesso l’indice. Nei dialoghi sottolinea le parole con qualsiasi oggetto che abbia una forma ad asta (tipo una penna). Ha una stretta di mano rigida e incisiva, non stringe e cura il movimento penetrativo all’interno della mano dell’interlocutore.

Le parole: Usa in prevalenza parole al maschile tipo: penetrazione, lungo, corto, introduzione, leva, tutte le parole che rappresentano una forma ad asta, o fallica se preferiamo.

LE PERSONE CERCHIO

Comportamento:

l’individuo CERCHIO, conflittuale se stesso, ha un carattere egocentrico, si esprime con un atteggiamento narcisistico, pone se stesso come modello da seguire, esprime spesso frasi tipo: “io la penso così…”, “ti consiglio di…”, “se fossi in te…”, “secondo me…”, io…”.

Quando scorge una difficoltà tende ad escogitare una soluzione e la offre, ma la maggior parte delle volte ne rimane fuori e se partecipa lo fa per avere un ruolo, in pratica per essere al centro dell’attenzione. Se abbiamo un problema, ci indirizza verso una possibile soluzione esterna e cerca di restarne fuori. Quando ci stringe la mano il palmo è concavo, non tocca il palmo dell’interlocutore.

Gestualità: il CERCHIO si esprima con una gestualità che rappresenta forme circolari, il gesto tipico dell’ok (il pollice e l’indice uniti a cerchio) è il gesto prevalente nella gestualità dell’individuo CERCHIO. Il toccamento e la presa degli oggetti é in prevalenza a tenaglia (stringe con i polpastrelli senza avvolgere).

Le parole: l’individuo CERCHIO usa in prevalenza parole al maschile tipo: largo, nucleo, dilatare, cerchio, chiuso, pozzo, tutte le parole che rappresentano o ricordano un cerchio.

LE PERSONE TRIANGOLO:

Comportamento:

l’individuo TRIANGOLO, conflittuale madre, si esprime con comportamento materno, tipicamente protettivo. Tende a rassicurare, a stare vicino a persone con problemi e cercare di risolvere le loro difficoltà, si offre in prima persona, cerca sempre di aiutare e di segnalare prontamente il pericolo, evidenzia problemi e limiti del suo interlocutore e lo protegge con la propria persona (citando l’esempio dell’ASTA, il figlio che torna a casa con un brutto voto e la mamma gli dice “hai preso 3 in storia, dai hai solo bisogno di studiare un po’ di più, ora ti preparo un bel pranzetto e dopo ti aiuto io a fare i compiti, vedrai che riuscirai a prendere un bel voto”).

Gestualità: Il TRIANGOLO ha una gestualità avvolgente, quando gesticola sembra quasi che accarezza l’aria, tende molto al contatto fisico, ha come il CERCHIO il gesto tipico dell’ok ma schiacciato che appunto ricorda un triangolo. La stretta di mano è avvolgente, il palmo della mano tocca la mano dell’interlocutore e spesso copre la stretta con l’altra mano, avvolgendo quasi completamente la mano dell’interlocutore.

Le parole: L’individuo TRIANGOLO usa in prevalenza parole al femminile tipo: accogliere, aprono, larga, allargandosi, calda, elastica, bagnata, umida, morbida, tutte le parole che richiamano o ricordano la sessualità femminile.

Nella realtà dei fatti, il più delle volte questi simbolismi vengono espressi in coppia e in pratica spesso le persone esprimendo la propria gestualità, non solo esternano il simbolo appartenete alla propria tipologia, ma anche il simbolo penalizzante, cioè il simbolo legato al comportamento che le coinvolge, consentendo così di avere indizi sia sulla sua tipologia che sulla strategia comunicativa da adottare

PRINCIPI DELLA COMUNICAZIONE

NON SI PUO’ NON COMUNICARE

Non si può non comunicare. La non-comunicazione è impossibile, perché qualsiasi comportamento comunica qualcosa di noi ed è impossibile avere un non-comportamento. Per quanto una persona con la sua passività e i suoi silenzi trasmetta la volontà di non comunicare con un altro individuo, sta comunque inviando un messaggio e quindi, ci si perdoni il gioco di parole, comunica di non voler comunicare. Qualunque cosa facciamo o diciamo, qualunque scelta o qualunque atteggiamento assumiamo, comunica agli altri alcuni aspetti di noi stessi.

OGNI COMUNICAZIONE HA UN ASPETTO DI CONTENUTO E UNO DI RELAZIONE

All’interno di ogni comunicazione si possono individuare due livelli. Il primo è il livello

del contenuto, che dice “cosa” stiamo comunicando; il secondo è il livello della relazione, che indica il “tipo di relazione” che vogliamo instaurare con la persona a cui ci rivolgiamo.

I messaggi che gli esseri umani si scambiano tra loro non possono essere considerati mere trasmissioni di informazioni; oltre al contenuto oggettivo del linguaggio, ossia i dati che esso trasmette in superficie, c’è anche un aspetto che definisce la relazione stessa dei soggetti interessati. Per fare un esempio molto semplicistico, ma allo stesso tempo pratico, la frase “apri la finestra” esprime un contenuto (la richiesta di aprire la finestra) e potrebbe essere pronunciato con tono tranquillo o aggressivo, stabilendo due tipi di relazioni diverse con l’interlocutore. In sostanza, conta “che cosa diciamo” e anche “come lo diciamo”.

LA NATURA DI UNA RELAZIONE DIPENDE DALLA PUNTEGGIATURA DELLE SEQUENZE DI COMUNICAZIONE

Il flusso comunicativo è espresso secondo la punteggiatura degli eventi. A seconda della “punteggiatura” usata, cambia il significato dato alla comunicazione e alla relazione. La comunicazione comprende diverse versioni della realtà, che si creano e modificano durante l’interazione tra più individui. Queste diverse interpretazioni dipendono dalla punteggiatura

della sequenza degli eventi, ossia dal modo in cui ognuno tende a credere che l’unica versione possibile dei fatti sia la propria.

LA COMUNICAZIONE PUO’ ESSERE ANALOGICA O DIGITALE

La comunicazione avviene attraverso i canali verbali e non verbali. Il primo utilizza modalità digitali, il secondo criteri definiti analogici. La comunicazione analogica si basa sulla somiglianza, detta appunto analogia, tra la comunicazione in essere e l’oggetto della comunicazione; rientrano in essa la comunicazione non verbale e l’utilizzo di immagini. Il linguaggio analogico veicola prevalentemente gli aspetti di relazione e prevede una perfetta corrispondenza tra il significato e il significante. La comunicazione digitale, invece, riguarda l’uso delle parole, cioè dei segni usati convenzionalmente per designare qualcosa. Ciò che caratterizza questa modalità comunicativa è l’arbitrarietà tra le parole e ciò che rappresentano. L’unione delle lettere a-l-b-e-r-o, per esempio, riproduce nella nostra mente ciò che tutti sappiamo, ovvero un albero, ma avrebbe potuto rappresentare anche una casa o una strada. Non esiste un’analogia strutturale tra l'albero reale e la sequenza delle lettere a-l-b-e-r-o: il fatto che esso ricordi una pianta è il risultato di una convenzione fissata nella nostra lingua. La congruenza tra i due sistemi è un elemento a cui facciamo continuamente riferimento nel corso delle nostre interazioni con gli altri. Se una persona afferma di essere interessata a ciò che stiamo raccontando e poi evita di guardarci negli occhi, si verifica una discrepanza tra il contenuto e la forma che mina l’esito della conversazione stessa.

GLI SCAMBI DI COMUNICAZIONE SONO SIMMETRICI O COMPLEMENTARI

La scuola di Palo Alto individua due tipologie di relazioni che si possono instaurare tra individui che interagiscono tra loro, riguardanti la posizione di leadership assunta durante la conversazione. Gli scambi comunicativi possono essere simmetrici o complementari. Si ha un’interazione simmetrica quando gli interlocutori si considerano sullo stesso piano, e quindi di pari livello: nessuno dei due sembra voler essere sottomesso dall’altro, arrivando spesso ad accesi scontri e toni aggressivi. L’interazione complementare, al contrario, si verifica quando gli interlocutori non si considerano sullo stesso piano; ciò emerge chiaramente dai loro scambi, che pongono uno dei due in una posizione di superiorità (one- up) e l’altro in una posizione subordinata (one-down): ne sono un classico esempio le interazioni tra dipendenti e datori di lavoro oppure tra genitori e figli.

È grazie al fondamentale apporto di questo studio che siamo approdati al concetto odierno di Comunicazione Efficace:

Comunicare efficacemente significa sapersi spiegare in ogni situazione con qualsiasi interlocutore, sia a livello verbale che non verbale.

Comunicare efficacemente significa esprimere al meglio se stessi, i propri stati

d’animo e instaurare relazioni soddisfacenti, nelle quali condividere bisogni, valori e obiettivi.

Comunicare efficacemente significa entrare in sintonia con i propri interlocutori, ascoltare attivamente, rispettare i diritti di chi ci sta di fronte e arricchirsi interiormente.

STRUMENTI DELLA COMUNICAZIONE

ASCOLTO ATTIVO

È possibile accrescere le proprie doti comunicative solo quando si passa in modo consapevole dalla dimensione del sentire a quella dell’ascoltare. L’ascolto attivo ci permetterà di instaurare relazioni migliori, più solide e durature, sia in ambito lavorativo che nella sfera privata; potrà arricchirci sul piano umano e culturale, attingendo preziose informazioni dalle esperienze altrui. Con l’ascolto attivo diventeremo più empatici nei confronti del vissuto emotivo altrui, andando oltre ciò che viene espresso dalle sole parole. Chi si serve dell’ascolto attivo in ambito relazionale è una persona aperta allo scambio e alla crescita individuale, desiderosa di comprendere appieno il significato dei messaggi ricevuti e determinata a ridurre le incomprensioni comunicative. (Leggi questo articolo di approfondimento: Ascolto Attivo e Comunicazione Efficace, un Mix Vincente)

ASSERTIVITÀ

È una caratteristica del comportamento umano attraverso la quale si esprimono le proprie opinioni nel pieno rispetto degli altri, affermando sé stessi in ogni ambito sociale.

L’assertività può essere adottata davvero in tutti i contesti della vita quotidiana. È un’abilità relazionale indispensabile per lo sviluppo positivo dei legami interpersonali, poiché fa

del rispetto, della positività e della collaborazione le sue armi vincenti. In psicologia il termine assertività indica la capacità di difendere a spada tratta i propri interessi, esprimendo i propri pensieri con disinvoltura, senza aggressività o passività.

EMPATIA

È la capacità di entrare in profonda connessione con le altre persone, al punto di riuscire a sentire le loro emozioni e i loro stati d’animo come fossero i propri. Essere empatici significa mettersi nei panni del proprio interlocutore per comprendere il modo in cui vede e vive una determinata situazione, o più in generale il mondo che gli sta attorno.

Grazie all’empatia potremo aiutare chi si trova in un momento difficile e questo spirito di solidarietà si riverserà positivamente anche sulla nostra autostima. Fare del bene agli altri equivale a fare del bene a se stessi.

DOMANDE

Spesso nelle conversazioni di tutti i giorni commettiamo l’errore di focalizzarci su noi stessi, concentrandoci solamente sulle nostre abilità espositive e sulla ricchezza dei concetti veicolati, ma a fare la differenza in termini di efficacia comunicativa a volte sono proprio le domande poste. Domande poste nel modo giusto portano nella direzione giusta e ci permettono di entrare in profonda connessione con i nostri interlocutori. Per poter instaurare rapporti positivi con gli altri bisogna saperli coinvolgere e rendere soggetti attivi, ovvero attori protagonisti della conversazione. Le domande mettono i nostri interlocutori al centro dell’attenzione e consentono di ottenere preziose informazioni. Esistono fondamentalmente due tipi di domande: domande chiuse e domande aperte. Le prime sono immediate e ci permettono di arrivare subito alla risposta che cerchiamo, ma risultano spesso vincolanti e fastidiose. Generalmente pongono l’alternativa: sì/no. Le seconde, invece, sono più “colloquiali” e danno l’opportunità all’interlocutore di esprimersi liberamente, ai fini di far emergere ciò che desidera comunicare realmente. Servono

a rompere il ghiaccio e ad avviare una nuova conversazione, ma anche ad approfondire il livello di confidenza con le persone.

FEEDBACK

In ambito relazionale il feedback di ritorno (o retroazione) svolge la funzione di confermare, modificare o rafforzare un atteggiamento/comportamento dell’interlocutore, per migliorare la qualità complessiva della comunicazione. Il feedback è un’informazione di ritorno inviata a un centro emittente. Questo messaggio serve ad agevolare l’apprendimento e ad ampliare la presa di coscienza. Il feedback serve ad informare la sorgente di un messaggio dell’effetto prodotto sul destinatario. Oltre all’atto di osservare e ascoltare, quindi, possiamo raccogliere feedback per verificare se ciò che abbiamo detto è stato recepito correttamente dai nostri interlocutori o meno. Il risultato di una comunicazione efficace, in fondo, è proprio ciò che l’altro ha compreso. Dobbiamo verificare che il nostro messaggio sia arrivato a destinazione senza interferenze o errate interpretazioni.

IN SINTESI:

ASCOLTO ATTIVO: è un’abilità che consiste nel prestare attenzione alle parole dell’interlocutore, ai fini di rielaborare correttamente il messaggio ricevuto ed evitare incomprensioni o conflitti.

ASSERTIVITA’: è la capacità di esprimere le proprie opinioni con sicurezza, senza prevaricare gli altri e valorizzando al meglio se stessi.

EMPATIA: è la capacità di entrare in profonda connessione con le altre persone, al punto di riuscire a sentire le loro emozioni e i loro stati d’animo (ricordatevi la differenza tra Empatia e Simpatia con l’esempio della scala)

DOMANDE: grazie a una loro corretta formulazione è possibile entrare in sintonia con i propri interlocutori e ottenere preziose informazioni.

FEEDBACK: è un’informazione di ritorno inviata all’emittente. Questo messaggio serve ad agevolare la comprensione dell’intera conversazione.

COMUNICAZIONE CONGRUENTE

Uno dei fattori che incidono maggiormente nella comunicazione è il livello di "congruenza" che riusciamo ad infondere al messaggio che vogliamo trasmettere.

Per comunicazione congruente si intende una comunicazione che vede allineati fra loro il livello VERBALE, quello PARAVERBALE ed il NON VERBALE.

Pensiamo a cosa può voler dire trovarsi all'ascolto di qualcuno che, attraverso la scelta delle proprie parole, vuole comunicarci un certo livello di coinvolgimento (per esempio), mentre l'intonazione, il suo modo di parlare, l'energia e la sua postura ci comunicano tutt'altro.

Sulla base di uno studio sull’importanza dei diversi aspetti della comunicazione nel trasmettere oralmente un messaggio, lo psicologo e docente universitario Albert Mehrabian formulò il modello del “55, 38, 7”:

· il 55% del messaggio comunicativo è dedotto dal linguaggio non verbale;

· il 38% dagli aspetti paraverbali;

· il 7% dal contenuto verbale.

Cosa accade quando la comunicazione non risulta congruente?

Quando vi è un disallineamento tra quello che si dice ed il modo in cui lo si dice, l'efficacia della comunicazione si riduce drasticamente, comincia ad essere necessaria la ripetizione estenuante degli stessi concetti ed il nostro livello di frustrazione cresce.

Da dove cominciare allora?

Il primo e forse più importante aspetto da tenere in considerazione è il livello emozionale. Prima di cominciare a parlare con qualcuno, sia esso un amico per una semplice chiacchierata, sia nel caso di una classe alla quale vogliamo rivolgere una lezione, in un palco, ecc., il primo passo da compiere è chiedersi "Quale stato emozionale voglio suscitare in chi mi ascolta?".

Ma pensare ad una cosa del genere, non finirebbe col distrarci o col farci perdere del tempo?

Comprendere l'importanza di sintonizzare i nostri interlocutori su quelle sensazioni funzionali ai nostri messaggi non solo è essenziale, ma ci permette anche di risparmiare molto tempo.

Cosa si intende per "sintonizzare gli interlocutori"?

Possiamo tranquillamente affermare che farci capire da una persona totalmente catatonica ed apatica, priva cioè di emozioni e reazioni, è un'impresa quasi impossibile. Allo stesso modo è difficile coinvolgere una persona che sta sì vivendo emozioni, ma emozioni di chiusura.

Quello che ci interessa perciò è suscitare emozioni nel nostro ascoltatore, in modo che queste ci aiutino a rendere il nostro messaggio comprensibile ed efficace.

Quali sono i primi passi da compiere per suscitare, ad esempio, interesse?

Go-first. E' questa l'espressione con la quale si indica un concetto essenziale (qualcuno la definisce "tecnica"): per indurre uno stato di interesse in chi ci ascolta dobbiamo noi per primi accedere a tale stato. Se abbiamo instaurato con chi ci ascolta un rapporto di confidenza e sintonia, allora riusciremo a guidarlo attraverso le proprie sensazioni fino a coinvolgerlo nelle nostre. E' un processo naturale che avviene comunemente, soltanto che la maggior parte delle volte questo avviene in modo del tutto inconsapevole: può accadere di subire gli effetti del "rapport", piuttosto che sfruttarli. (Per "rapport" si intende proprio quel clima di confidenza e fiducia che si instaura tra due o più persone).

Se volessimo fare un esempio di come gli effetti di guida del rapport ci influenzano senza esserne consapevoli, quale sarebbe?

Vi è mai capitato di parlare con qualcuno di vostra conoscenza che stesse vivendo momenti di agitazione e tensione? Avete notato come questo abbia potuto avere effetti sul vostro stato d'animo? E' possibile anche che il vostro stato d'animo influenzasse quello dell'altra persona...

In sostanza, quando due o più persone sono in confidenza, in contatto emotivo, finiscono con l'influenzarsi reciprocamente, pur non essendone consapevoli.

Questo fenomeno, come può aiutare un criminologo, un insegnante od un conduttore nella sua professione?

Senz'altro in due modi cruciali: il primo potendo contare su un valido alleato nel condurre la la platea, il gruppo verso un clima funzionale all'obiettivo.

Il secondo aspetto cruciale è accertarsi di non guidare gli interlocutori verso condizioni emozionali poco utili al momento: se per esempio un mediatore linguistico sta vivendo, per motivi personali, un momento di disequilibrio emozionale (inquietudine, stress, agitazione, demotivazione...) e non si dimostra in grado di gestirlo, rischia di condurre la platea in quella direzione. Da quel momento in poi la platea stessa rischierà di divenire un ulteriore fattore capace di alimentare proprio quelle sensazioni.

Come è possibile evitare che questo accada?

Bisogna "lasciare fuori dalla porta" le proprie preoccupazioni, impedendo a quest'ultime di interferire con la propria attività.

Questo è senz'altro un sintomo di buon equilibrio emozionale e, del resto, un atteggiamento intuibile con il semplice buonsenso.

Andiamo ora ad esaminare nel dettaglio i tre livelli di comunicazione

VERBALE, PARAVERBALE,NON VERBALEComunicazione VERBALE

La comunicazione verbale è costituita dalle parole che usiamo quando parliamo o scriviamo e, normalmente, è anche il livello di cui siamo più consapevoli, quello che curiamo con maggiore attenzione.

Quando dobbiamo esprimerci, infatti, cerchiamo di scegliere con cura le parole, adattando il registro al nostro interlocutore: se siamo in un contesto formale, useremo un linguaggio più scelto; se parliamo in un ambito informale, useremo un gergo più colloquiale. In generale, cerchiamo di costruire il discorso in modo che sia chiaro e comprensibile, oltre che persuasivo, e di destare interesse e curiosità nell’interlocutore.

Comunicazione PARAVERBALE

Il secondo livello di comunicazione è quello paraverbale, ovvero il modo in cui diciamo qualcosa.

Nella comunicazione orale, gli indicatori sono il tono, la velocità, il timbro e il volume della voce. In caso di comunicazione scritta, abbiamo ad esempio la punteggiatura e la lunghezza dei periodi, elementi che conferiscono al testo ritmo e velocità.

Rispetto al primo livello, siamo meno consapevoli di questi aspetti. Se, infatti, è normale preparare un discorso o scegliere alcune parole al posto di altre, è meno usuale decidere il tono di voce o il timbro. Lo fanno i professionisti della comunicazione, mentre i “non addetti ai lavori” usano la comunicazione paraverbale in modo naturale, senza porvi particolare attenzione.

Comunicazione NON VERBALE

Il terzo livello riguarda il non verbale, ovvero tutto quello che si trasmette attraverso la propria postura, i propri movimenti, la posizione occupata nello spazio rispetto

all’interlocutore, ma anche il proprio modo di vestire.

Il linguaggio “non verbale” è presente anche quando comunichiamo per iscritto: se scriviamo a mano, la calligrafia o il tipo di carta usato possono rivelare il nostro stato d’animo o la cura che abbiamo posto nel redigere il messaggio; in una mail, il tipo di font, il colore, l’eventuale uso di immagini sono indicatori importanti.

Anche in questo caso, non sempre siamo consapevoli di quanto questi elementi rivelino qualcosa di noi e, viceversa, di quanto sia importante saperli leggere per comprendere meglio chi ci è di fronte.

In che modo conoscere questi concetti può essere utile?

Innanzitutto, divenire consapevoli delle diverse sfaccettature che compongono la nostra comunicazione ci consente di rendere quest'ultima eterogenea, poliedrica e, quindi, più facilmente adattabile alle diverse preferenze che i nostri interlocutori potranno presentare.

Una delle peculiarità ricorrenti nei comunicatori efficaci sta proprio nella loro capacità di variare la propria comunicazione a seconda dell'interlocutore che si trovano di fronte.

E' chiaro quindi che avere a disposizione un numero maggiore di elementi da poter variare, rappresenta senz'altro un vantaggio.

Ci sono altri motivi per cui è importante capire che la comunicazione non è fatta solo di parole, ma anche di intonazione, pause, movimenti, postura e mimica?

Uno dei modi più rapidi di incrementare la nostra efficacia comunicativa consiste nell'allineare i livelli verbale, non verbale e paraverbale. Questo significa accordare la propria fisicità (intesa in senso ampio: movimenti, postura, espressioni del volto, ecc.) al contenuto del nostro messaggio; la stessa cosa vale per gli elementi paraverbali (timbro, tono, velocità, pause, volume, ecc.).

In fondo anche il buon senso ci permette di capire che, volendo parlare di un argomento che susciti interesse o catturare l’attenzione degli altri, sarebbe impossibile (o quasi) riuscire a sortire l'effetto desiderato curando soltanto l'aspetto verbale, scegliendo cioè le migliori parole possibili. E' fondamentale imparare a giocare con la propria voce, sottolineando ed evidenziando grazie alle variazioni di tono, alle pause e alla velocità del proprio eloquio (paraverbale).

Diventa essenziale quindi espandere le proprie possibilità: l’estensione comunicativa.

Va esercitata, dal momento in cui spesso la teniamo ben al di sotto delle nostre potenzialità.

Come mai non sfruttiamo il nostro potenziale nella comunicazione?

Da un lato per mancanza di abitudine e dall'altro interviene anche un fattore emozionale.

Aggiungiamo ancora un aspetto interessante relativo ai tre livelli della comunicazione: quando una persona ci sta comunicando qualcosa, possiamo ricevere molte informazioni in più rispetto a quanto viene semplicemente detto con le parole. Spesso lo facciamo già in modo automatico, ma essere consapevoli che possiamo tenere in considerazione anche gli aspetti paraverbali e non verbali ci apre un campo di indagine sconfinato che dobbiamo iniziare a percorrere.

LE 4 DISTANZE INTERPERSONALI

L'antropologo Edward T. Hall elaborò il modello delle distanze interpersonali, che racchiudono le 4 tipologie di distanze che le persone assumono nei rapporti sociali:

ZONA INTIMA (0 – 45 cm)

Questo spazio può essere violato solo da persone con cui si ha un rapporto molto intimo e affettivo, come ad esempio un familiare o il partner.

Proviamo a pensare ad una persona che si avvicina con la faccia al viso di un'altra persona con tono aggressivo. Implicitamente lo fa proprio per farlo sentire minacciato, senza farsi scrupoli di violare il suo spazio.

ZONA PERSONALE (45 – 120 cm)

Nel mondo occidentale rappresenta la distanza ideale per buona parte delle interazioni e coincide con la distanza necessaria per una stretta di mano (dai la mano a pesce lesso?). Solitamente indica che tra i due interlocutori esiste un rapporto di amicizia e confidenza.

Se non conosciamo il nostro interlocutore, possono esserci diverse reazioni violando questo spazio: da un lato potrebbe apprezzare il fatto che vogliamo avvicinarci a lui, dall'altro potrebbe non apprezzare il fatto che siamo stati troppo invadenti.

ZONA SOCIALE (120 – 300 cm)

Sono le distanze da adottare quando discutiamo con una persona con cui abbiamo un rapporto formale e permette di trovare una situazione di comfort quando ci ritroviamo a dover parlare in occasione di colloqui di lavoro o trattative importanti.

ZONA PUBBLICA (oltre 3 m)

E' la distanza che viene adottata nelle conversazioni in pubblico in cui è praticamente impossibile interagire con il singolo.

Esempi di conversazioni che usano questa distanza sono i comizi, oppure gli spettacoli.

ALCUNI PRINCIPALI SEGNALI DI GRADIMENTO

spostamenti del capo o del corpo in avanti. È un segno di interesse.

L’esatto specchio del gesto di rifiuto di prima, un evidente segnale che piacciamo all’altra persona è data dal suo avvicinarsi a noi.

D’altra parte, come sappiamo quando piacciamo a qualcuno? Non è proprio quando ci viene tanto vicino da poterci toccare?

prurito alle mani. Quando ci prudono le mani, come si sa, è perché vogliamo usarle!

In genere si attribuisce a questo gesto l’idea di violenza – infatti ha anche questa valenza, in altre situazioni – in questo caso invece si fa sia sfregandole che sfregando tra loro velocemente i palmi

attorcigliarsi i capelli

Tipico femminile. Ha diverse valenze, come la seduzione, e in generale il gradimento

accarezzarsi i capelli. Segnale di interesse.

Fatto più spesso dalle donne, indica rilassamento e piacere. Gli uomini tendono a farlo più sulla parte posteriore della testa

mani incrociate dietro la testa.

Tipico maschile. Indica rilassamento e allo stesso tempo dominanza.

Questo gesto ha la spiacevole caratteristica di essere considerato invadente e cafone dalle donne, soprattutto se accompagnato da posizione seduta con le gambe leggermente aperte. Non eseguirlo MAI in loro presenza o davanti ad un superiore!

inclinare la testa di lato. Di solito usato dalle donne, indica interesse giocherellare con la collana. Gesto femminile, è un segnale che indica gradimento e seduzione

sbottonare e riabbottonare lo stesso bottone. È un gesto di seduzione e indica il desiderio di spogliarsi, ma allo stesso tempo, il trattenersi dal farlo

infilare una mano o un dito nella scollatura.

Segnale femminile, può anch’esso indicare seduzione ed ha la valenza del gesto sopra indicato.

levarsi giacca o cappotto dopo aver iniziato a parlare.

Se lo si indossava fino a quel momento, indica apertura e interesse verso l’argomento. Immaginate che qualcuno venga a trovarvi.

Se gli chiedete di darvi il cappotto e lui rifiuta dicendo “no, sto bene così” cosa pensate? Non è molto educato in primo luogo, e poi forse vi verrà il dubbio che non sia a suo agio, magari che senta freddo in casa vostra.

Ma la ragione è che con un pesante indumento addosso è come essere avvolti in una coperta: rassicurante e dà la sensazione di essere protetti dall’esterno.

Se però, dopo qualche minuto preferirà toglierlo vuol dire che si sente abbastanza sicuro da non aver bisogno di barriere protettive. Quindi, significa che con voi si sente a proprio agio.

ALCUNI PRINCIPALI SEGNALI DI TENSIONEprurito dietro la testa.

Indica sia imbarazzo che tensione, e in alcuni casi – se ci sono forti riverberi come il viso contratto in una smorfia – anche chiusura e rifiuto.

Si può infatti confondere con altri gesti che hanno a che fare con la testa, come il prurito sopra la testa.

Anche questo manifesta una tensione, ma è diverso dal primo.

È un gesto molto antico, tanto che anche gli scimpanzé lo fanno, pare per

chiedere aiuto a capire qualcosa. Anche per noi ha un significato molto simile, infatti si fa quando non si capisce bene e si hanno forti dubbi

tirarsi i capelli.

Gesto femminile. Diverso dall’attorcigliamento, in quanto fatto con nervosismo. Osservate i riverberi gestuali!

tamburellare.

Gesti che manifestano un nervosismo evidente; sono molto contagiosi ed in particolare mentre scaricano una tensione crescente in chi li esegue, la aumentano in colui che si trova nello stesso ambiente.

Ve ne sono di diversi tipi:

gamba che tamburella da seduti, voglia di andarsene e di non essere sul luogo, premere la penna a scatto a ripetizione, tamburellare con le dita.

Questo gesto, se accompagnato da altri riverberi, come sguardo nervoso, sbuffi con la bocca, posizione rilasciata, indica impazienza.

Tamburellare con il piede equivale a farlo con le dita, allorchè si è in piedi senza possibilità di usare le mani per farlo.

deglutire.

È un segnale molto forte e si rifà sempre alla serie suindicata: la gola sembra chiudersi e seccarsi, e si sente la necessità a inghiottire più spesso. Indica paura e imbarazzo

sensazione di calore improvviso.

Indica imbarazzo e paura. Quando si è tesi si percepisce un aumento – inesistente – di temperatura. In alcuni casi si può anche sudare, soprattutto in alcuni punti particolari: fronte, mani, zona tra naso e bocca.

ATTENZIONE: l’aumento di calore si percepisce anche in caso di desiderio sessuale. Considerate sempre il contesto e gli altri riverberi gestuali!

difficoltà a parlare correttamente – vari lapsus, errori di pronuncia, balbettii, ripetizioni: gesto tipico di chi ha paura.

lasciar cadere un oggetto per terra.

Indica paura – è un gesto che vediamo spesso nei film gialli, per esempio quando si trova un cadavere – ed anche tensione.

Quando siamo colpiti a un livello molto profondo, si perde forza nelle estremità.

In alcuni casi può anche indicare solo sorpresa, come quando si sente un rumore forte all’improvviso e ci cade il bicchiere che teniamo in mano.

COMUNICAZIONE CONSAPEVOLE

Usare una Comunicazione Consapevole ci permette innanzitutto di cambiare il nostro pensare, il nostro parlare e il nostro comunicare…

Usare una Comunicazione Consapevole significa imparare ad Ascoltarci interiormente.

Impariamo ad essere curiosi di ciò che andremo a comunicare sia nel verbale che nello scritto…

Molte volte usiamo termini in forma automatica ma se ci soffermassimo ad analizzarne il significatp più profondo attraverso lo studio etimologico (ricordate Responsabilità?) allora la nostra azione assumerebbe una funzione diversa. L’essere pienamente consapevoli di ciò che andiamo a dire o scrivere ci rende uomini diversi, migliori.

Alcuni esempi:

EDUCARE: educare v. tr. [dal lat. educare, intens. di educĕre «trarre fuori, allevare», comp. di e-1 e ducĕre «trarre, condurre»]

I bambini di oggi, posso tranquillamente asserire, vengono istruiti, non educati. Consideriamo la creatura un “contenitore vuoto” il quale deve essere riempito in base a ciò in cui crede il genitore o l’insegnante ecc.. Un conto è insegnare le regole di vita, il rispetto, un conto è indottrinare il bambino secondo mode vigenti piuttosto che credo personali.

Educare significa osservare quella creatura che sin da subito manifesta le proprie attitudini, i propri doni, i propri talenti e aiutarlo a esternarli, a potenziarli e ad evolverli…

SACRIFICARE: sacrificare (ant. o region. sagrificare) v. tr. [dal lat. sacrificare, comp. di

sacrum «rito sacro» e -ficare, dal tema di facĕre «fare»] rendere sacro.

MARTIRE: martìrio (ant. o poet. martìre, martìro) s. m. [dal lat. tardo martyrium, gr. μαρτύριον, propr. «testimonianza»; v. màrtire]

Il martire è colui che viene messo alla prova affinchè possa rendere testimonianza alla Verità, in ciò in cui lui crede e non abiura.

CORAGGIO: dal latino “cor” cuore e “agere” agire, compiere un’azione = agire con il cuore

Pensate alle vostre azioni coraggiose; andate a vivere quel momento e cercate di ricordare come vi sentivate, qual è stata la molla che vi ha fatto scattare, avere quel Coraggio…

Nella comunicazione consapevole dovremmo imparare altresì a togliere la particella NON in quanto il nostro inconscio non la riconosce. Un esempio banale e usato è “NON devo sporcarmi” = devo sporcarmi… Il più delle volte in cui ci riproponiamo di “non sporcarci” accade qualcosa per cui si verifica l’esatto contrario.

Come fare? Sostituire i NON portando il concetto al positivo.

Es: NON TOLLERO diventerà ABORRO (scatenatevi nello sfogliare Sinonimi e Contrari)

ZONA CONFORT

La “Zona di Comfort” si chiama così perché indica uno spazio immaginario in cui ci troviamo a nostro agio: la vita a cui siamo abituati, la nostra routine quotidiana, il mondo che conosciamo.

La Zona di Comfort non è un luogo, ma un insieme di situazioni, dove ci sentiamo a nostro agio perché sappiamo come agire su noi stessi. Perché uscire da questa zona se sembra così piacevole?

Il problema è che all’interno della nostra zona di comfort, perdiamo l’opportunità di vivere, di imparare ed esplorare esperienze che sono al di là di noi stessi. Se si vuole uscire dalla propria zona di comfort per incontrare un nuovo mondo, godere di nuove esperienze, incontrare nuove persone bisogna fare alcuni passi:

AFFRONTA LA RESISTENZA AL CAMBIAMENTO

Nessuna persona può fare nulla di buono se non è pienamente motivata. Rimanendo nella zona di Comfort, non scopriremo mai i benefici che potremmo avere se avessimo il coraggio di andare oltre. Pensiamo a quei progetti che ci animano: quale avventura ci piacerebbe vivere?

Facciamo un elenco dei nostri sogni: viaggiare per il mondo, imparare qualcosa di nuovo, sperimentare le varie arti (dipingere, danzare, suonare, ecc)… Che cosa abbiamo sempre desiderato? Anche se questo non basta, perché sicuramente, al primo ostacolo, una voce nella nostra mente dirà: “non è possibile”.

Quindi è necessario fare il passo successivo. Quella vocina che dice “non puoi farlo ora” oppure “non puoi perdere tempo per questo” è in realtà la resistenza al cambiamento.

Quando arriva rispondiamo: “invece si, voglio uscire, crescere, e imparare cose nuove”!

ADESSO E’ IL MOMENTO GIUSTO

Attendere il momento perfetto per fare qualcosa di nuovo è la conseguenza di una paura profonda: la paura del fallimento.

Abbiamo tutti paura di provare a seguire i nostri sogni. Ma che cosa può cambiare se aspettiamo? Forse nulla, o peggio, potrebbe essere troppo tardi. Per realizzare il nostro sogno, il momento migliore è sempre il più presto possibile.

Da qui a Natale c’è un tempo, decidiamo se investirlo o sprecarlo. Lui, passa ugualmente!

NON METTERE CONDIZIONI

Dire, “inizierò quando…” è un modo per rimandare ciò che sappiamo che dobbiamo fare. Man mano che passa il tempo troveremo una nuova scusa. Se ciò che ci diciamo è “Comincerò quando avrò finito la mia carriera..”, “inizierò quando avrò disponibilità economica” o “quando mi sarò trasferito”, ripensiamoci.

Sarà ancora più difficile lasciare la nostra zona di comfort, se abbiamo fatto un altro passo indietro.

IL TUO SOGNO E’ PER TE

“Non fa per me”, è un’altra grande scusa, dettata dalla paura. In questo caso, si tratta di un timore legato all’ego, che ci dice che non siamo in grado di raggiungere la meta.

Questa scusa ci impedisce di raggiungere un sogno ed occorre lavorare per aumentare la propria autostima. Dall’altra parte, lasciare la zona di comfort è la chiave per trovare il coraggio di provare cose nuove, se ci diciamo “questo non è per me”, è probabilmente perché non avete mai provato. E’ mai capitato di iniziare un’attività sportiva, che poi abbiamo finito per amare? Un’ottima idea è quella di avviare qualsiasi attività che mai abbiamo fatto prima: iniziare un’attività sportiva o un corso di arte o di cucina o, ancora, andare a vedere uno spettacolo di musica.

Se ci apriamo a noi stessi e proviamo cose nuove, ogni volta che faremo qualcosa di nuovo crescerà la nostra autostima.

«Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile.

E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile»

(San Francesco d’Assisi)

“NON SO COME SI FA” NON E’ UNA SCUSA

Se la nostra scusa è di non sapere cosa fare per realizzare il nostro sogno, stiamo tergiversando troppo. In primo luogo, nessuno è nato sapendo come fare qualsiasi cosa, eppure molti alla fine hanno avuto successo. Perché allora non potremmo imparare? Se ci diciamo, per esempio: “il mio sogno è di far crescere il più grande giardino del mondo” ci verrà dubbio di non sapere come far crescere una coltura. Ma se diciamo “il mio sogno è quello di imparare a fare un magnifico giardino”, ci accorgeremo che il primo passo è semplice come la ricerca in internet “come impiantare un fiore” o chiedere ad un amico, o registrarsi ad un corso e il nostro sogno sarà già in corso!

INTUITO E SESTO SENSO

Esistono quattro sensi spirituali.

Percepisci quando c’è qualcosa che non va ancora prima di venirlo a sapere?

Sei in grado di sentire quando le persone intorno a te si sentono a disagio o mentono? Hai la sensazione che dovresti o non dovresti fare qualcosa?

Questa è la tua intuizione. Che tu ci creda oppure no, siamo tutti nati con essa. Siamo tutti nati con un sesto senso che ci aiuta a comprendere meglio il mondo dell’invisibile.

Tutto quello che ci serve è entrare in esso ed imparare ad usarlo.

La maggior parte di noi ha familiarità con i propri sensi fisici: vista, udito, olfatto, gusto e tatto, ma abbiamo anche una serie di sensi spirituali: la chiaroveggenza, la chiaroudienza, la chiarosenzienza e la chiarosapienza, che possono aiutarci a comprendere come funziona la nostra intuizione.

CHIAROVEGGENZA

La chiaroveggenza è la capacità di vedere eventi futuri. Si tratta di premonizioni che avvengono sia nel mondo onirico che in quello fisico, a volte questo potere si palesa con vere e proprie visioni.

Una buona capacità di analizzare il linguaggio del corpo, può aiutarti a ‘leggere’ le persone, soprattutto se stanno mentendo.

Ti capita di fare sogni vividi o profetici e puoi vedere energie e spiriti? Con le persone preferisci il contatto a tu per tu, al posto di telefonate o messaggi?

Sei visivamente creativo e puoi facilmente ricordare i volti e i dettagli vicino a te? Con molta probabilità possiedi la chiaroveggenza.

CHIAROUDIENZA

La chiaroudienza è la capacità di sentire voci e ricevere messaggi dal mondo spirituale, riuscire a sentire quello che qualcuno sta dicendo e contemporaneamente quello che sta pensando.

Hai la capacità di sentire voci e ricevere messaggi dal mondo spirituale e riesci a sentire quello che le persone pensano davvero.

Spesso senti un fastidioso ronzio nelle orecchie e sei fortemente influenzato dai suoni che ti circondano.

Molto probabilmente sei in sintonia con le tue guide spirituali o con il tuo sé superiore, che molto spesso ti parla. Con un po’ di esercizio riuscirai a riconoscere se le voci che senti sono legate alla parte più spirituale o, invece, non sono altro che voci egoiche e mentali.

CHIAROSENZIENZA

La chiarosenzienza è la capacità di sentire e provare emozioni esterne a noi. Siamo in grado di percepire quando qualcuno è nei guai o quando c’è qualcosa che non va.

Spesso vieni chiamato empatico, puoi sintonizzarti con altre emozioni e sentirle su te stesso. Hai la capacità di sfruttare l’energia di uno spazio o di un oggetto in base alle tue emozioni. Sei molto sensibile alle altre energie e potresti a volte sentirti spossato e malinconico. Potresti avere anche crisi di pianto o avere sbalzi di umore improvvisi, sia quando ti trovi in un ambiente con molte persone, sia quando sei da solo. Per questo è molto importante che impari a schermarti e a proteggerti da tutto quello che assorbi, in modo da non esserne mai sopraffatto.

CHIAROSAPIENZA

La sensazione di ‘conoscere’ senza avere delle prove oggettive. Spesso hai una chiara sensazione di certezza, su una persona, o su una specifica situazione. Potresti vivere spesso dei deja vu. Ricevi intuizioni improvvise sul passato, presente o futuro.

Spesso sai cosa gli altri stanno per dire e condividi informazioni su argomenti che conosci poco. Di solito sei in sintonia con le tue guide spirituali o con il tuo sé superiore.

Le persone che hanno facoltà mentali come te, sono molto analitiche e preparate per comprendere problemi astratti.

Non dobbiamo confondere i Doni con i Talenti. Questi ultimi, 4000 circa per ognuno, risiedono nelle capacità innate: pittura, danza, musica, organizzazione, arte oratoria, arte culinaria. Ecc..

Poi vi sono altre tipologie di Doni che sono particolari nei Sensitivi…

Letture consigliate

LA MATRIX DIVINA di Gregg Braden – Macro Edizioni

E VENNE CHIAMATA DUE CUORI di Marlo Morgan – BUR Edizioni

IL BAMBINO E IL MAGO di Salvatore Brizzi – Il Punto d’Incontro

IL DELFINO di Sergio Bambaren – Sperling Paperpack

MESSAGGIO PER UN’AQUILA CHE SI CREDE UN POLLO di Anthony De Mello - Piemme

AUTARCHIA SPIRITUALE di Daniele Palmieri – Anima Edizioni

IL MONACO CHE VENDETTE LA SUA FERRARI di Robin S. Sharma – TEA Edizioni

IL MONACO CHE NON AVEVA UN PASSATO di Paolo Marrone – youcanprint

CHI HA SPOSTATO IL MIO FORMAGGIO? di Spencer Johnson – Sperling & Kupfer

I DESIDERI DELL’ANIMA di Clarissa Pinkola Estés – Sperling & Kupfer

IL POTERE DELL’INTENZIONE di Wayne W. Dyer – Corbaccio

LE VOSTRE ZONE ERRONEE di Wayne W. Dyer – BUR Edizioni

GLI SPECCHI ESSENI di Giovanna Garbuio – Il punto d’Incontro

IL DONO DEL SILENZIO di Thic Nhat Hanh – Garzanti

I QUATTRO ACCORDI di Don Miguel Ruiz –

IL CERVELLO EMOTIVO di Joseph LeDoux – Baldini Castoldi Dalai

IL CODICE DELL’ANIMA di James Hillman – Gli Adelphi

IL PRESENTE NON BASTA di Ivano Dionigi – Mondadori

QUANDO LA VITA TI VIENE ATROVARE di Ivano Dionigi – GLF Laterza

PLUTARCO - PER UN PARLARE EFFICACE – Mondadori

CICERONE - L’ARTE DI COMUNICARE - Mondadori

DIECI GIORNI IN MANICOMIO Nellie Bly – Edizioni Clandestine

PSICOLOGIA DELLE FOLLE di Gustav Le Bon – Edizioni Clandestine

FAKE NEWS di Enrica Perucchietti – Arianna Editrice

Film consigliati

SCHEGGIE DI PAURA di Gregory Hoblit

INSTINCT – ISTINTO PRIMORDIALE di Jon Turteltaub

IL PIANETA VERDE di Coline Serrau

THE TRUMAN SHOW di Peter Weir

MATRIX di Andy e Larry Wachowski

LA PROFEZIA DI CELESTINO di Armand Mastroianni

CUORE SACRO di Ferzan Ozpetek

IL GRANDE SILENZIO di Philip Groning

LA FORZA DEL CAMPIONE di Victor Salva

LUCY di Luc Besson

CLOUD ATLAS di Tom Tykwer, Lilly Wachowski, Lana Wachowski

COLLATERAL BEAUTY di David Frankel

SILENCE di Martin Scorsese

NOSSO LAR di Wagner de Assis 

EQUILIBRIUM di Kurt Wimmer