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Web Gnomonices! La prima rivista digitale italiana di Gnomonica by Nicola Severino 2004 Numero 2 Febbraio 2004 Frammento di meridiana romana rinvenuto ad Aquino (FR) e ivi conservato nel locale Museo Archeologico. Foto di N. Severino In questo numero: Denis Savoie, Passaggio al meridiano e meridiano (trad. di Riccardo Anselmi) Giacomo Agnelli, La meridiana catottrica di S. Cristo a Brescia Nicola Severino, Due frammenti di meridiane romane nel museo di Aquino Cartoons di G. Agnelli: La precisione assoluta Web Gnomonices! By Nicola Severino – [email protected]

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Web Gnomonices! La prima rivista digitale italiana di Gnomonica by Nicola Severino 2004 Numero 2 Febbraio 2004

Frammento di meridiana romana rinvenuto ad Aquino (FR) e ivi conservato nel locale Museo Archeologico. Foto di N. Severino In questo numero:

Denis Savoie, Passaggio al meridiano e meridiano (trad. di Riccardo Anselmi) Giacomo Agnelli, La meridiana catottrica di S. Cristo a Brescia Nicola Severino, Due frammenti di meridiane romane nel museo di Aquino Cartoons di G. Agnelli: La precisione assoluta

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RIPRISTINATA UNA MERIDIANA CATOTTRICA DEL ‘700

NEL CONVENTO SAVERIANO DI SANCRISTO A BRESCIA-CITTA’ Di Giacomo Agnelli

Nel convento dell’Annunciata, a Piancogno in Valcamonica, esistono tre meridiane, di cui una catottrica del ‘700 di pregevole fattura, con indicazioni in ore italiche, cui furono aggiunte anche le francesi all’inizio dell’800, dotata di specchio in perfetta positura e ornata con fregi e sonetto poetico. Nel n.1-2 Anno II - 1997 (TERZA SERIE) della Rivista BRIXIA SACRA, pp. da 73 a 80 - era stato descritto questo notevole manufatto. Un’altra meridiana, simile e coeva di quella, esiste anche nel convento di Sancristo di Brescia, alle pendici del Cidneo, ora di proprietà dei Saveriani. I due conventi presentano entrambi notevoli affreschi: il primo, dipinti da Pietro da Cemmo nel XV secolo, ed il secondo da artisti vari, i quali hanno dipinto la volta del tempio ad imitazione della Cappella Sistina, entrambi relativi alla storia di Cristo e della Madonna. Lo scorso anno 2002, essa é stata liberata dall’imbiancatura a calce – applicata in periodi d’epidemie, secondo le profilassi d’allora, che la rendeva semi nascosta - e si é provveduto al suo restauro ed è stato anche necessario ricollocare adeguatamente il sistema riflettente. Mons. Vigilio Olmi - in una delle sue ultime funzioni ufficiali come Vescovo ausiliare di Brescia – ha benedetto questa “rinascita” il 22 maggio dello stesso anno. Qui si descrive la meridiana e la tecnica per il suo ripristino. Gli allievi della Scuola di restauro di Botticino (S.Gallo) hanno rimesso in luce i magnifici affreschi all’interno del tempio bresciano, mentre i tecnici del restauro conservativo - il decoratore Sergio Taini della ditta Oikia e soci - hanno operato con pazienza e competenza, sponsorizzato dai Sommelier bresciani. Il convento di Sancristo a Brescia Dal 1960, il convento è passato in proprietà dei Missionari Saveriani di Parma ed ospita le attività editoriali del loro Istituto e una libreria. Esso è posto nel cuore del Centro storico cittadino, alle pendici del colle Cidneo, ed è notevole per le sue ricchezze architettoniche ed artistiche.

E’ costituito da una Chiesa del XV secolo, ad ala unica, di stile tardo-gotico, costruita dai Frati Gesuati – detti anche Laici bianchi, dediti all’assistenza negli ospedali - e da tre chiostri adiacenti, che furono edificati dal 1467.Attualmente è in atto un’opera di restauro, in avanzata fase di compimento, tendente a riportare gli edifici all’impronta originale ed a ridare splendore ai numerosi dipinti, quelli del tempio soprattutto, che comprendono scene della vita di Cristo, gli Evangelisti con i libri aperti, scene dell’Antico Testamento a tema eucaristico, con le valenze ecclesiali ed escatologiche, e – fra tant’altre opere, dipinte sulla volta e sulle pareti, come si vede nella Cappella Sistina in Vaticano - un Giudizio Universale con il Cristo assiso sulle nubi.

La Chiesa ed i chiostri ebbero una storia di rifacimenti, poiché già nel XII secolo, sullo stesso terreno, esisteva un antico convento, forse di Canonichesse Agostiniane, con la Chiesa di S. Pietro a Ripa e prima ancora un’altra dedicata a S. Bartolomeo. Essa fu affrescata nel 1490 da Pietro da Cemmo e Gerolamo da Brescia e consacrata nel 1501. Ritoccata nel XVII secolo, con la copertura degli affreschi quattrocenteschi, e con l’aggiunta (1640) di tre nuove cappelle, fu ridipinta per opera del Gesuato Fra Benedetto Marone; quindi, adornata con opere del Bagnadore, di Pompeo Ghitti, di Francesco Paglia e di tele e tempere del Moretto.

Nel chiostro adiacente sono visibili altri dipinti, un’Ultima Cena, la Preghiera di Gesù nel Getsemani ed altri che sono tuttora da liberare della calce che fu sovrapposta a difesa d’epidemie. Così pure negli altri due chiostri, negli atri d’ingresso e nel Refettorio.

Fra questi, nel primo chiostro (figg. 1 e 2), in corrispondenza dell’ingresso alle antiche scale - ora soppresse e con la porta murata - campeggia la meridiana catottrica, come si vede in fig. 3. Da quanto si può appurare, essa è molto simile a quella dell’Annunciata di Piancogno: non si conoscono i nomi dei realizzatori, ma si ritiene non improbabile che sia opera della stessa mano.

Le pagine di BRIXIA SACRA - citate in premessa - indicano già quanto riportato nel seguente paragrafo: si è ritenuta opportuna una sintesi per chi non avesse sottomano tali pagine ed in queste cose la ridondanza non guasta mai...

Com’è fatto un sistema catottrico? In generale: il sole manda un raggio di luce per riflessione - mediante un minuscolo specchietto - gettando una piccola macchia luminosa nella penombra del soffitto sotto la volta. Infatti, il vocabolo Catottrico (dal greco Kaltroptron = specchio) appartiene alla Scienza dell’Ottica geometrica e dicesi di sistema che utilizzi superfici riflettenti.

In particolare: la progettazione di un orologio che si legga sotto le volte dei chiostri è in ogni caso possibile, ma si ha una complicazione nel fatto che la luce va a finire su delle superfici incurvate e che si intersecano secondo il gusto dell’architetto (fig. 4).

Le Ore Italiche indicate dalle meridiane: queste ore, dette anche Ore Uguali Ab Occasu (dal tramonto al tramonto, in contrapposizione di quelle Ab Ortu, dall’alba all’alba), sono contate in 24 iniziando dal tramonto del sole, proseguendo durante tutta la notte, poi arrivando il mattino e proseguendo per tutta la giornata fino al nuovo tramonto. La Chiesa ha sempre privilegiato, nel corso della sua storia, le ore all’italiana - non più usate perché anacronistiche oggidì – giacché nei secoli passati vigeva la Civiltà contadina e la giornata terminava al tramonto del sole, indicando l’ora XXIV. La necessità di far segnare le 24 ore in tutto l’anno allorquando il tramonto varia di giorno in giorno, massimamente in inverno che tramonta molto presto rispetto all’estate, rende l’interpretazione nostra un po’ difficoltosa.

Supponiamo, infatti, un giorno d’inverno in cui il sole tramonti alle attuali ore 17, vale a dire alle 5 del pomeriggio, ovvero 5 ore dopo le 12 (l’ora che noi chiamiamo del Mezzogiorno Civile, ma che in realtà non corrisponde affatto al Mezzogiorno Vero), l’ora del mezzodì nostro (in cui tradizionalmente si va a pranzo) diventerebbe 24 - 5 = 19, ossia l’orologio segnerebbe le ore 19 al mezzodì; parimenti, supponendo un giorno d’estate con il sole che tramonti alle 20, vale a dire alle 8 di sera, il pranzo sarà per le 24 - 8 = 16, ovvero il mezzodì sarebbe alle 16. Tale é l’indicazione della Linea Meridiana delle ore italiche, segnata con l’emblema di una campanella. Per quanto attiene l’alba, il computo è subito fatto: si contano all’indietro tante ore quante ne passano dal mezzodì al tramonto. Nei giorni dell’Equinozio (dal latino Aequa nox, che accade il 21 marzo ed il 23 settembre) - dove in tutto il mondo si hanno esattamente 12 ore di buio e 12 ore di luce - si nota che l’alba ed il mezzodì sono rispettivamente le ore 12 e le ore 18, dove ovviamente le 24, come di regola, corrispondono al momento del tramonto.

Di solito, le campane dei conventi (ma anche quelle delle Torri Civiche e dei Campanili Parrocchiali) suonano l’ora del pranzo con l’Angelus del mezzodì e dalla meridiana, a quei tempi, si rilevava il momento preciso in cui il campanaro doveva tirare le corde. Con la costruzione degli ingegnosi meccanismi degli Orologi da torre - capaci di far suonare automaticamente le campane sia per il Batter dell’ore e dei loro quarti, sia per i rintocchi dell’Angelus nei tre momenti della preghiera giornaliera (al Vespero = inizio del nuovo giorno, la sera dopo il tramonto, all’alba del mattino seguente ed al mezzodì) fu istituita una semplificazione degli orari al variare dei mesi, in modo che la regolazione delle cammes, collegate con il ruotismo dell’orologio meccanico, avvenisse ad intervalli più distanziati e non tutti i giorni.

Le ore italiche sono tracciate in modo trasversale e danno immediatamente la visione di quanto manca al tramonto in base alla lettura della macchia di luce, con riferimento al periodo stagionale in cui si è.

La riforma napoleonica: con la discesa di Napoleone in Italia - verso la fine del XVIII secolo - e la costituzione della Repubblica Cisalpina, furono abolite per decreto le ore all’italiana per istituire le ore alla francese. Queste - che sono quelle analoghe alle attuali, definitivamente in auge in tutto il mondo, ma oggi rigorosamente scaglionate in fusi orari - erano dette allora Equinoziali, Ultramontane, Comuni o anche Volgari, ma chiamate dai Francesi: moderne! Il vincitore obbligò i frati ad aggiungere anche quelle a tutte le meridiane esistenti.

Tale modo di computare le ore, stabiliva che il termine della giornata avvenisse 12 ore dopo che il sole era passato al suo Punto culminante - ovvero dal momento in cui l’ombra era passata sulla Linea meridiana - quindi con l’indicazione delle 12 al Mezzogiorno vero e delle 24 alla Mezzanotte. La grande differenza tra le ore italiche e quelle francesi sta appunto in questo fatto, pur computando entrambi ventiquattro ore nell’arco dell’intera giornata. Le linee che indicano questo nuovo tipo d’ore sono tracciate in rosso ed hanno un andamento radiale, con il punto

d’incontro alla base dello gnomone. Per quanto attiene gli orologi meccanici, la cosa si risolse nel rimettere le lancette al punto giusto, secondo la disposizione governativa.

Nonostante le imposizioni del conquistatore, la gente - ma soprattutto i Cappuccini - continuarono ad usare il vecchio sistema per qualche generazione, e ciò fino a ché l’unificazione dettata dai moderni sistemi via via utilizzati (era stato nel frattempo inventato il telegrafo, il treno ormai univa le varie Regioni d’Italia ed anche l’estero, era stata istituita la scuola per tutti, ecc...) fece diventare necessario adottare il sistema ormai accettato da tutta l’Europa, com’era avvenuto per il Sistema metrico decimale.

Come si legge questa meridiana a riflessione? Le indicazioni della meridiana catottrica: il visitatore - più o meno capace di leggere l’ora su un orologio -meridiana posto su di una superficie piana - guardando quella catottrica ha un senso iniziale di sbigottimento dovuto ad un insieme intricato di linee e di grafici strani. Questa sensazione di disagio, già messa a dura prova per la presenza nel monastero di una ricchezza d’opere pittoriche che vanno capite e di simboli suggestivi, lascia il posto alla ammirazione ed alla contemplazione se si ha la fortuna di ascoltare le indicazioni di un competente in materia...

Un tabellone (fig.5) è stato applicato nelle vicinanze di quest’opera, con lo scopo di guidare, in modo sia pur sintetico, alla lettura di essa e - poiché si ritiene che sia del tutto paragonabile a quella dell’Annunciata - anche quella camuna.

Qui è descritta più compiutamente. Per prima cosa c’è da osservare che esiste una linea nera che va da Nord (parte interna) al Sud (verso il chiostro): essa è la Linea meridiana e la macchia di sole riflessa - con una concentrazione molto luminosa - si posa su di essa in un luogo dipendente dalla stagione in cui siamo. Ciò avviene nel momento del Mezzogiorno vero, ossia quando il sole raggiunge il Punto culminante nel cammino di quel giorno specifico. La linea non è appartenente ad una retta, perché é tracciata su di una superficie arcuata ma è contenuta nel piano N-S. Con questa si incrociano, trasversalmente ad essa (e dalla stessa divise a metà), sette linee curve che delimitano le sei doppie zone dei Mesi zodiacali, tre dell’Inverno e tre della Primavera, lette dalla parte sinistra (quando il sole é in continua ascesa giorno dopo giorno) e tre dell’Estate e tre dell’Autunno, lette invece a destra (quando il sole è in continua discesa).

Dette sei doppie zone, cominciando dalla parete di fondo - dove esiste la linea curva del Solstizio d’Inverno (21 dicembre) - sono rispettivamente: Capricorno (a sin.) e Sagittario (a dx), poi Acquario e Scorpione, quindi Pesci e Bilancia, essendo chiaro che trattasi di zone bivalenti, comuni alle indicazioni dell’Inverno e dell’Autunno, seguite poi da quelle comuni alla Primavera ed all’Estate. La linea di separazione tra Inverno-Autunno con la Primavera-Estate è la Linea degli Equinozi, sia di Primavera che d’Autunno (quando si ha il giorno e la notte d’egual durata, vale a dire il 21 marzo ed il 23 settembre). Le tre zone seguenti sono: Ariete e Vergine, poi Toro e Leone, quindi Gemelli e Cancro, che terminano alla linea curva del Solstizio d’Estate (21 giugno).

Trattandosi di manufatto in ambiente religioso, i Francescani - interpretando i detti della Chiesa - hanno voluto dare a quest’opera un aspetto sacro. Già il fatto di utilizzare il soffitto della volta richiama alla mente la Contemplazione del Creato e la volta stessa rappresenta la Volta del Cielo, ove in penombra brilla la luce riflessa del sole ad indicare, come l’Amore che proviene da Dio, la vita che scorre ciclicamente. Nei quattro momenti importanti dell’anno sono state poste, con trascurabili errori dovuti alle valutazioni dell’epoca, le quattro Feste importanti per la Liturgia sacra: al Solstizio d’Inverno il Natale di Cristo (25 dicembre in luogo del 21); all’Equinozio di Primavera l’Annunciazione (25 marzo, vale a dire nove mesi prima della nascita di Gesù, anziché il 21); al Solstizio d’Estate la nascita di S. Giovanni Battista, nato sei mesi prima di Cristo (24 giugno anziché il 21); all’Equinozio d’Autunno la Festa dei Santi Michele e Gabriele, gli Arcangeli che hanno, rispettivamente, sconfitto il demonio ed annunciato a Maria una speranza di Salvezza per l’uomo (29 settembre anziché il 23).

Il passaggio giornaliero della macchia solare indica anche il passare delle ore, con la doppia indicazione temporaria: per le Ore italiche e per quelle Francesi, tracciate in linee blu le prime ed in linee rosse le seconde. Ecco allora spiegato l’intreccio fra le linee orarie blu e rosse: si nota l’appartenenza all’uno o all’altro sistema osservando la linea meridiana nera N-S, che è luogo del mezzogiorno vero, dove per le prime - facendo corrispondere alle 24 il momento in cui il sole

tramonta - l’ora del mezzodì non è mai indicata alle 12, ma varia con il variare della posizione del sole nell’arco diurno, mentre per le seconde il mezzodì è costantemente alle ore 12. Ecco allora che si spiegano le scritte della strana numerazione oraria, che fa corrispondere il mezzogiorno italico fra le 15 e le 16 in estate (sulla linea del solstizio estivo) e fra le 19 e le 20 in inverno (sulla linea del solstizio invernale). Per la stagione intermedia, l’ora del mezzogiorno varia continuamente, come si è detto, e la si legge all’incrocio delle linee orarie con quella nera del meridiano.

La lettura si semplifica tenendo presente questi fatti ed in base alle linee zodiacali è possibile stabilire l’ora indicativa del pranzo per tutta la durata dell’anno: da ciò il campanaro traeva le informazioni per il suono della campana all’Angelus, cosa che fu modificata per l’unificazione stagionale allorquando si passò all’uso dell’automatismo nelle torri campanarie.

Indicazioni di località geografiche: si dà qui un’ultima segnalazione - che vale per tutte e due le meridiane di cui si parla - naturalmente tenendo conto della diversa collocazione geografica. Sotto la linea invernale ci sono tanti fiocchi distribuiti lungo la curva e portano il nome di parecchie località note (fig.7). Sono i luoghi in cui il sole passa al loro meridiano durante la giornata, cosicché possiamo conoscerne il momento o sapere a che ora è il Mezzogiorno vero in tali località. Essendo stata costruita sul meridiano passante per il luogo in cui il manufatto si trova (per quella camuna é Borno, che è località principale rispetto a Piancogno, e per la bresciana è ovviamente Brescia), la meridiana indica col fiocco principale tale località, mentre sulla sinistra si leggono quelle ad oriente e sulla destra quelle ad occidente.

Come sono state superate alcune difficoltà di ricostruzione? Giunto il momento del restauro, fu fatto qualche assaggio, ancora quando c’erano i calcinacci, e sono poi stati eseguiti dei calcoli definitivi. Ciò è stato possibile ed opportuno: infatti, furono liberate alcune zone del manufatto all’uopo di poter fare delle valutazioni in merito ai tracciati – sia pur approssimate – in punti caratteristici, quali appartenenti alla Linea Solstiziale ed alla Linea Meridiana, che sulle superfici piane sono entrambe giacenti in ben definiti piani verticali, ma qui è tutt’altra cosa… e ci sono state difficoltà anche a quei tempi per la costruzione.

Infatti, mentre la tracciatura delle meridiane sulle superfici piane può essere oggidì trattata con gran facilità mediante l’uso del computer – utilizzando programmi appropriati e la Plottatura grafica, è possibile ottenere dei disegni a tutta grandezza che servono allo “spolvero” delle linee principali, da integrare con i motivi decorativi ed i motti per il completamento del manufatto - non così, invece, quando si voglia iniziare la costruzione di un’opera gnomonica su delle superfici curve.

Uno strumento che rinasce dal passato: il Trigono Il Trigono, illustrato in fig. 6, era stato molto usato in passato sia per le superfici piane sia per quelle curve, poiché, definiti alcuni parametri delle coordinate terrestri, non richiedeva altre soluzioni geometriche e, tanto meno, il calcolo matematico. Soprattutto, il suo impiego era indispensabile per tracciare i punti caratteristici delle Linee Solstiziali e dell’Equinoziale sulle superfici non piane, come ad esempio per le meridiane catottriche sotto la volta dei chiostri nei conventi, delle quali si parla. Esso era stato abbandonato negli ultimi secoli ed ora è riproposto per la costruzione di orologi solari sulle superfici curve (o sulle grandi estensioni piane) mediante l’impiego delle nuove tecnologie, come il Laser nel caso in questione.

Come funziona lo strumento? Innanzi tutto è necessario piazzare l’asse del trigono nel Piano Meridiano ed in modo che risulti parallelo all’Asse Terrestre, come a dire secondo la Longitudine. Poi si deve fare in modo di ubicare esattamente il centro C del ventaglio laddove si vuole il Punto Gnomonico e provvedere, in qualche modo, a “portar fuori” il prolungamento delle indicazioni su di esso segnate, raggiungendo la parete interessata e ottenendo per punti i luoghi che definiscono le linee dell’Orologio Solare sulla parete stessa, che può essere sia piana sia anche incurvata.

Anticamente, era usato uno spago, tenuto diligentemente nel piano del ventaglio e ad esso aderente, cosa di non facile attuazione. Tenuto conto poi che, nel Piano Equatoriale (perpendicolare all’asse), il sole si muove di 15° ogni ora, non risulta difficile avere, sempre per punti, tutte le necessarie indicazioni per le linee orarie. Lo strumento che è ora proposto si avvale

di un Laser, che ha la possibilità di proiettare un fascio di luce cilindrica monocromatica, cosicché – dopo aver provveduto a centrare l’asse proiettivo con il centro O – risulterà agevole ottenere tutti i punti necessari muovendo passo per passo entrambi i ventagli di cui lo strumento è munito. L’utilizzazione del trigono per superfici piane - orizzontali o inclinate (fig. 6) -quando le dimensioni superano le usuali scelte che normalmente sono fatte per meridiane a parete, si presta benissimo per trovare punto per punto i luoghi raggiunti dalle ombre dello gnomone che si intende applicare.

Nel caso di una piazza, la cui pavimentazione potrebbe seguire pendenze predeterminate (ad es. per gli scarichi dell’acqua piovana, ecc.), tale impiego si rende addirittura necessario. Stessa cosa per ampie superfici coniche alla base di monumenti o altro del genere. Il ripristino della meridiana sotto le volte del chiostro Il risultato è stato questo, come si può vedere dalla fig. 5: la linea meridiana risulta leggermente disassata rispetto alla mezzeria dell’arco frontale. Si vedono tutte sei le curve dei passaggi zodiacali, le due estreme, ovvero le solstiziali, quella invernale e quella estiva e quelle stagionali. Sono evidenti molte linee radiali, le quali indicano le Ore Francesi, mentre quelle ad Ore Italiche sono oblique. Si notano i fiocchi delle località estere, ove il sole passa in quel momento dal loro meridiano, come pure alcune diciture a sfondo morale. Stessa cosa per quella del complesso dell’Annunciata di Piancogno: tutto ciò avvalora la convinzione che questa meridiana sia copia – o viceversa – di quella di Brescia ed eseguita, fors’anche, dalla stessa persona, che può aver sfruttato l’esperienza precedente.

L’orientamento del chiostro - a differenza di quanto risulta in quello camuno, come si vede dalle linee Equinoziali delle meridiane a parete – non è esattamente costruito secondo i punti cardinali. Infatti, dopo aver provveduto al rilievo accurato dell’asse Nord-Sud, si evince un errore contenuto in circa 2°, ciò che spiega il lieve disassamento della linea meridiana, come detto più sopra.

Non esisteva più il tirante fra le due colonne, quello che è preposto a reggere lo specchietto. E’ quindi stato nuovamente applicato e, su di esso, è stato messo il supporto che regge lo specchietto. Tale supporto ha dovuto essere riprogettato a hoc, concepito in modo da ricercare praticamente l’esatta posizione dello specchietto stesso, adottando un sistema regolabile che consenta libertà di ubicazione, da bloccare definitivamente all’ottenimento della esatta positura.

Il supporto dello specchietto: un procedimento studiato ad arte è stato recentemente oggetto di una relazione del sottoscritto al XII Seminario Nazionale di Gnomonica a Rocca di Papa. Si ritiene di presentarne qui i principi messi in opera.

Mentre i tecnici del restauro conservativo hanno operato con pazienza e competenza, per quanto riguarda, invece, la determinazione del luogo ove giaceva lo specchietto – andato irrimediabilmente perduto – si è dovuto provvedere a fare quanto necessario per fornire lo Specchietto Riflettente (ed il suo supporto) e fatto i calcoli per piazzarlo nell’esatta posizione. Il procedimento adottato ci ha condotti via via ad individuare il punto di riflessione originale, fissato dal costruttore.

Per prima cosa è stato fatto un rilievo dell’orientazione del chiostro, mediante un attrezzo apposito, una Tavoletta rilevatrice con la quale si è proceduto a determinare l’orientamento del chiostro rispetto al Meridiano, costatando un errore di circa 2° rispetto ad esso, ossia nei confronti della Linea Nord-Sud, cosa verificata perfettamente anche sullo stesso tracciato solare, dove, in effetti, la Linea Meridiana parte alla sommità di un arco ma devia rispetto alla cuspide d’incontro fra i volumi arcuati del soffitto. Individuata e verificata, in tal modo, la linea delle Ore 12 alla Francese, si è proceduto ad individuare i punti caratteristici dei Solstizi e dell’Equinozio e le linee intermedie di tutte le Fasce Zodiacali.

Nella seconda fase, è stato fatto un disegno - in scala sufficientemente grande – del sottoportico (come mostra la fig.3, che ne indica la sezione lungo la Linea Meridiana). Per l’esecuzione di detto disegno si è cercato un Punto O e per far ciò ci si è serviti di una sorta di lucido - sul quale è riportato un Settore con un’apertura rispetto all’asse di + / - 23,5 – piazzandolo nelle adiacenze di un ipotetico sostegno dello specchietto. Da O, tenuto conto della Latitudine del

luogo (Brescia si trova praticamente a 45°N), si è fatto partire lo stesso settore, in modo che siano rappresentati i raggi del Sole nei due Solstizi (quello invernale a – 23,5° e quello estivo a + 23,5°) e con gli Equinozi sulla bisettrice del settore stesso. Le quote a e b sono state ottenute leggendole nella scala sul disegno ed hanno consentito - almeno da un punto di vista teorico - di piazzare lo specchietto. Tale disegno mostra anche la Linea uscente dal Punto O, che altri non è se non la Normale al Piano dello Specchio. A questo punto il gioco era fatto e non restava altro che materializzare le quote a e b e piazzare lo specchio nel rispetto degli angoli dedotti.

Nella terza fase (o fase di controllo e di esatta messa a punto) si è ritenuto opportuno fare una prova mediante il Trigono (fig.8) – presentato negli “Atti del IX Seminario di Gnomonica, tenuto a San Felice del Benaco (BS) nel 1999” - uno strumento costruito per tracciare le meridiane su delle superfici non piane.

Questo strumento, che è rinato dal passato ed è stato rimodernato con le nuove tecnologie, doveva servire, in questo caso, a controllare che i raggi fossero diretti sui diversi punti salienti dell’intera Meridiana Catottrica, ma si è notata una difficoltà pratica nell’uso. Si è reso necessario rivedere il progetto di esso, per renderlo agevole e adatto a risolvere il problema.

Controllo pratico della posizione calcolata: Si ritiene non inutile dire due parolesull’uso che se ne voleva fare del Trigono, sostituito poi dal nuovo attrezzo, che ne ha reso possibile ed agevole il risultato. Innanzi tutto – nell’uso generico dell’uno o dell’altro nuovo strumento - è necessario piazzare il suo asse nel Piano Meridiano ed in modo che risulti parallelo all’Asse Terrestre, come a dire secondo la Longitudine. Poi si deve fare in modo di ubicare esattamente il Centro C del Ventaglio laddove si vuole il Punto O, detto Punto Gnomonico. Quindi si provvede a “portar fuori” il prolungamento delle indicazioni su di esso segnate, raggiungendo la parete interessata e ottenendo per punti i luoghi che definiscono le linee dell’Orologio Solare sulla parete stessa, che è incurvata. Anticamente, era usato uno spago, tenuto diligentemente nel piano del ventaglio e ad esso aderente, cosa di non facile attuazione. Tenuto conto poi che, nel Piano Equatoriale (perpendicolare all’asse), il sole si muove di 15° ogni ora, non risulta difficile avere, sempre per punti, tutte le necessarie indicazioni per le linee orarie. Entrambi gli strumenti si avvalgono di un Laser, che ha la possibilità di proiettare un fascio di luce cilindrica monocromatica, cosicché – dopo aver provveduto a centrare l’asse proiettivo con il Centro in O – risulterà possibile ottenere tutti i punti necessari, muovendo passo per passo entrambi i Ventagli di cui il primo strumento è munito. Si è poi costatato in pratica che il piazza-mento del Trigono avrebbe richiesto un sostegno suo, con difficoltà di verificare che il suo Centro C sia il Punto O calcolato e con l’Asse Perpendicolare alla Bisettrice del Settore di primo piazzamento. Da qui la decisione dei rivedere meglio il problema e la progettazione del nuovo attrezzo, semplificato, e direttamente applicato sul supporto regolabile dello specchietto, sostituendo – per questa verifica – la parte orientabile dello specchietto stesso.

Nuovo strumento e supporto dello specchietto: il supporto dello specchietto è stato previsto con tutti i movimenti d’aggiustamento, sia nello spazio - rappresentato dalla terna delle coordinate X, Y, Z (centrati sul Centro C = Punto O, con l’asse X lungo il Meridiano verificato in precedenza) - sia per l’angolazione R dello stesso (fig.11).

Nel riconsiderare bene il problema, si è addivenuti nella convinzione che se lo specchietto – verificata, con la necessaria precisione, l’ubicazione dello stesso nel Piano Meridiano e controllata la corrispondenza dei luoghi su di esso dei due solstizi e dell’equinozio comune - è piazzato a dovere, questo basta ed avanza. Infatti, dipende poi tutto dal come l’originale meridiana sia stata costruita: lo specchietto, messo come nell’originale, ripeterà le effettive posizioni dei raggi del sole, giusto o meno che sia stato il tracciato del manufatto.

Il disegno e le fotografie del nuovo strumento (figg.11 e 12), rimpicciolito e semplificato rispetto al Trigono, dal quale deriva, sono abbastanza facili per l’interpretazione della sua costruzione e del suo uso. Dal confronto si nota che manca il Ventaglio, dal momento che non ci siamo più serviti delle linee orarie, ma soltanto della Linea Meridiana. Vediamo come - sostituito lo specchietto con l’attrezzo, applicato mediante il perno P – sia stato possibile ottenere i risultati voluti.

Il Goniometro dello strumento, montato su apposito Settore orientabile S, consente di ricercare il Punto corrispondente agli Equinozi – che è poi il Punto Gnomonico = O, che è lo “Zero (0)” – ed è possibile la prima regolazione del goniometro mediante la Vite a Galletto A. Di seguito, mediante la Piastrina Porta Laser L, si possono verificare le posizioni dei due Solstizi ( con le angolazioni + o – 23 ½ °) ed i vari altri punti significativi, conoscendo i valori della declinazione del sole.

Materiale costituente lo specchietto: tale specchietto non è costruito in materiale vetroso, ma in acciaio-inox e ciò è molto opportuno, poiché è esposto alle intemperie, ossia alla pioggia ed al sole, al gelo ed al caldo torrido, nonché alla brina ed alla rugiada, e tutto ciò non deve intaccare per nulla la superficie riflettente.

Nella pagina seguente si vedono le tavole con le immagini a corredo di questo articolo. Le immagini con una migliore risoluzione sono disponibili nel sito Web Gnomonices! alla sezione apposita per gli articoli di questa rivista.

Passaggio al meridiano e meridiano di Denis Savoie

Traduzione di Riccardo Anselmi Sovente ci si impegna, quando si traccia un orologio solare, o a rilevare l’orientamento del muro, o a materializzare, sul suolo, la linea Nord-Sud, altrimenti detta il meridiano locale.

In generale, si ricorre al sole, calcolando per mezzo delle effemeridi, l’istante del suo passaggio al meridiano del luogo; in questo istante ci si serve o dell’ombra di un filo a piombo o di un gnomone verticale.

Ora è talvolta precisato che questo rilevamento deve essere eseguito al secondo, avendo avuto cura di regolare il proprio orologio sull’ora del segnale orario: questa raccomandazione che potrebbe sembrare superflua, è però basata su una particolarità del movimento del sole, la cui omissione può avere delle conseguenze spiacevoli sulla precisione futura del quadrante solare.

1- Variazione dell’azimut

Il grafico n°1 mostra il cambiamento dell’azimut del sole in funzione dell’angolo orario ( da cui l’ora) al solstizio di giugno alla latitudine di 48°. Si constata che in prossimità del mezzodì, la pendenza della funzione è aumentata. Al fine di studiare in dettaglio ciò che accade, si cerca in un primo tempo la relazione che esiste tra la variazione dell’azimut A del sole e il suo angolo orario H. A tal scopo si parte da due classiche relazioni di trigonometria sferica, in cui z è la distanza zenitale (complementare all’altezza):

HAz sincossinsin δ= (1)δδ sincoscoscossincossin Φ−Φ= HAz (2)

Differenziando le due formule, si ottiene:

(1bis)dAHzdHHdzzA sinsin coscos cossin −= δ

(2bis)dHHdAAzdzzA sincossin sinsin coscos δΦ−=

quindi, eguagliando le due espressioni, dopo alcune semplificazioni, si ottiene (3) ( )AHHA

dHdAz sinsinsincoscoscossin Φ+= δ

il termine tra parentesi non è altro che il coseno dell’angolo all’astro1 (chiamato spesso S), poco utilizzato in

astronomia. La (3) può, dunque, scriversi : z

SdHdA

sincoscosδ

= .

Ora è facile mostrare che esiste una relazione contenente l’angolo all’astro, tale che:

AzzS coscoscossinsincoscos Φ+Φ=δ da cui, finalmente , si ottiene, dopo aver sostituito la distanza zenitale con

l’altezza del sole: AdHdA costanhcossin Φ+Φ= (4).

Questa formula esprime la variazione dell’azimut del sole in funzione della variazione del suo angolo orario. Se il sole

sorge o tramonta, si ha allora h = 0°, da cui Φ= sindHdA . Detto in altre parole, la derivata dell’azimut rispetto all’angolo

orario è uguale a Φsin sull’orizzonte.

1 In astronomia nautica è conosciuto come angolo parallattico, ma è poco usato (ndr).

Quando il sole è al meridiano, il suo azimut è nullo, da cui si deduce che: δtancossin

1Φ−Φ

=dHdA 2.

La formula (4), sviluppata in funzione dei parametri primari, può essere messa sotto la forma:

hdHdA

2

2

coscossincoscoscossin ΗΦ−Φ

=δδδ

(4bis) . Il grafico (2) mostra l’evoluzione della derivata dell’azimut rispetto all’angolo orario al solstizio di giugno e a quello di dicembre. Si nota che la curva d’estate non è strettamente crescente (o decrescente), ma presenta due fasi il mattino e il pomeriggio in cui l’azimut sembra variare in modo meno sensibile. Questa considerazione ci porta a studiare la derivata seconda dell’azimut con lo scopo di determinare gli istanti in cui si annulla.

Si ottiene

( )h

CHBHAHdH

Ad4

2

2

2

coscoscoscoscossin +−Φ

In cui

( )δδδ

δ

δδ

2222

3

22

cossin2sinsin1sin

coscossin2

sincoscos

Φ−Φ−=

ΦΦ=

Φ=

C

B

A

Si ha 02

2=

dHAd per °= 0H e, anche per,

δδδδ

sincoscossinsincossincos

222

Φ−Φ−Φ

=H

(due risposte simmetriche in rapporto al mezzodì ma di segno opposto)

Per esempio per °=Φ 48 , la derivata seconda si annulla per °= 0H e per .508.90 °±=H Per °= 0H , l’azimut subisce la massima variazione mentre essa è minima per .508.90 °±=H È interessante osservare che, lungi dall’essere intuitivo, l’azimut del sole conosce al mattino e alla sera una fase di rallentamento seguita nuovamente da un’accelerazione.

2-Applicazioni

Le formule stabilite in precedenza permettono di fare delle interessanti considerazioni. Il grafico 2 mostra bene che la variazione dell’azimut del sole in funzione del suo angolo orario è tanto più grande quanto più in alto si trova il sole.

È dunque al momento della culminazione (passaggio al meridiano) che l’azimut del sole varia più velocemente; è dunque in estate, al momento del solstizio, che questa variazione sarà maggiore per le nostre latitudini3. Questo significa ugualmente che più in alto il sole sale nel cielo, più velocemente l’azimut varia: dunque più la latitudine è vicina al tropico del Cancro, maggiormente questa variazione aumenta (per il 21 di giugno).

A titolo d’esempio, ecco la variazione del sole in azimut il 21 giugno per tre latitudini:

per °=Φ 48 l’azimut varia di circa 33’ in un minuto di tempo

per °=Φ 40 l’azimut varia di circa 48’ in un minuto di tempo

2 La 3 per 0=A e 0=H diventa

zdHdA

sincosδ

= ; la 2 per 0=A e

0=H diventa δδ sincoscossinsin Φ−Φ=z ⇒δtancossin

1Φ−Φ

=dHdA , (ndr)

3 Nota di D.Savoie: per l’altezza del sole avviene il contrario: essa varia pochissimo al meridiano, ma molto rapidamente quando il sole passa nel piano verticale Est e Ovest (azimut = ± 90)

per °=Φ 30 l’azimut varia di circa 2° in un minuto di tempo

Per quest’ultima latitudine, un errore di 10 secondi di tempo provoca un errore di 20’ nell’azimut. Se ora ci si porta a 25° di latitudine, l’azimut varia di 8’ 25” in un secondo. In tal modo un errore di dieci secondi provoca un errore di 1° 24’.

Sul grafico n°3, si traccia la variazione dell’azimut del sole in funzione dell’angolo orario per le latitudini di 48°, 40° e 30° al solstizio di giugno.

Si vede chiaramente che la variazione è molto forte per le “basse” latitudini. A titolo d’esempio, mettiamoci sul meridiano il giorno del solstizio di giugno 2001, sul meridiano di Parigi ma alla latitudine di 23° 30’; secondo le effemeridi, il sole passa al meridiano alle 11h 52m 22s UT. Se si calcola l’azimut del sole in questo istante e a questa latitudine, l’azimut del sole non vale zero, ma 0° 26’ 35”. In altre parole, è necessario usare almeno il centesimo di secondo nell’ora del passaggio del sole al meridiano per ottenere esattamente un azimut nullo.

Si possono dunque trarre degli insegnamenti utili da questi calcoli; in primo luogo, è preferibile tracciare una meridiana al sole invernale, alle nostre latitudini, poiché in quest’epoca, l’azimut del sole varia più lentamente al mezzogiorno vero: in un minuto, l’azimut varia di circa 15’,

ossia due volte meno che in estate ( grafico n°2 ). Conviene, malgrado tutto, mantenere un grande rigore nell’operazione di tracciatura, rispettando perfettamente l’istante del passaggio del sole al meridiano. Senza queste misure il quadrante non sarà esattamente orientato sull’asse Nord-Sud, ciò che comporterà un errore d’eccentricità nella lettura dell’ora.

Due frammenti di meridiane romane ad Aquino di Nicola Severino Mi occupo di gnomonica dal 1988. Ho rovistato in lungo e in largo tutta la mia provincia, ovvero la provincia di Frosinone, in ogni possibile angolo dove pensavo potesse esserci qualche orologio solare. Ho visitato molti musei della zona e conosciuto anche diversi cultori della storia locale dei paesi limitrofi a quello in cui risiedo, cioè Roccasecca. Ho sempre chiesto se avessero notizie dell’esistenza di antiche meridiane notate o conservate da qualche parte, ma nessuno mi ha mai dato indizi interessanti. Ironia del caso…sono passato innumerevoli volte davanti al piccolo museo archeologico locale di Aquino, aperto di recente e che si trova a soli 6 km da casa mia, ed ogni volta che ci sono passato davanti mi sono chiesto se mai ci fosse andato a finire qualche resto di orologio solare romano. La sorte ha voluto che non avessi avuto mai modo di fermarmi per darci un’occhiata. Cosi’, continuando questa strana ironia, in una delle mie innumerevoli ricerche in internet, alla scoperta di curiosità gnomoniche nuove, mi sono imbattuto per puro caso in una pagina che recensiva un recentissimo articolo a firma di Giovanni Murro, della nota rivista storica locale Studi Cassinati, n° 9, pag. 13, il cui titolo è Frammento di meridiana romana nel museo di Aquino. In due intense pagine il Murro accenna alla storia degli orologi solari nell’antichità, ma il fatto che egli non sia uno gnomonista risulta subito evidente e l’analisi ed interpretazione che offre dei due frammenti, alla fine, risulta totalmente errata. Per quanto riguarda il ritrovamento del primo frammento, riporto testualmente le indicazioni di Murro: Il contesto di provenienza (del reperto) è sconosciuto nei particolari, ma è quasi certo che si tratti dell’area urbana dell’Aquinum romana. Il pezzo è in travertino, materiale litico molto comune e molto usato nella zona, ed è relativo ad un orologio solare a semicerchi definito polos….Misura 29x21 cm, lo spessore è di circa 15 cm. Risparmio la descrizione relativa all’identificazione del frammento con un orologio del tipo hemisphaerium, in quanto nella realtà si tratta invece di un hemicyclium del tipo sferico. L’altra importante notizia che il Murro ci offre è quella relativa ad un secondo ritrovamento di un altro frammento (purtroppo andato perso) di meridiana romana, sempre nell’area di Aquino. Egli scrive: “E’ opportuno ricordare che diversi anni fa, in località San Pietro Vetere, sempre nell’area urbana dell’Aquino romana, fu rinvenuto un altro frammento di meridiana dello stesso tipo, pubblicato poi dal Giannetti nel 1986. Il pezzo è in travertino locale. Misura in altezza 24,5 cm, in larghezza 17 cm, e nello spessore circa 10 cm. Risulta conservato per metà, rappresentando, in alto a sinistra, parte del foro per lo stilo. In basso a sinistra, nella parte retrostante l’oggetto è munito di un foro per grappa e un altro doveva simmetricamente presentarsi a destra….(…)…Purtroppo non è noto il luogo di conservazione di suddetto frammento e quindi non è possibile fare un confronto con quello conservato nel Museo di Aquino. Rimanendo sul semplice piano delle congetture, non è improbabile che i due frammenti facciano parte del medesimo orologio solare….(…)… Per quel che riguarda la datazione, non ci sono molti elementi per una collocazione cronologica precisa. Tuttavia, dall’analisi del contesto di ritrovamento, si potrebbe pensare di attribuire il pezzo all’età augustea o all’epoca del triumvirato. A parte queste indicazioni e nonostante il Murro si avvalesse della consultazione del libro di Bosca G. e Stroppa P. Meridiane e orologi solari, Milano 1992, l’interpretazione gnomonica dei due reperti archeologici risulta essere del tutto errata.

Dopo la lettura dell’articolo di Murro, ho conattato il direttore della rivista Studi Cassinati, dr. Emilio Pistilli che gentilmente mi ha concesso le fotocopie delle pagine del libro di Giannetti (Antonio Giannetti, Spigolature di varia antichità nel settore del medio Liri, a cura della Banca Popolare del Cassinate, Cassino, 1986, pag. 65 e seg.) in cui si descrive il secondo reperto. Il giorno successivo ho visitato il Museo di Aquino e ho potuto vedere, misurare e fotografare il reperto. La mia interpretazione, credo piuttosto verosimile, di questi due reperti che si possono vedere nelle immagini è la seguente ed è tratta dal primo articolo pubblicato su Studi Cassinati n. 10, 2004. Avverto il lettore che prima delle conclusioni sul reperto ho aggiunto dei brevissimi cenni storici. L’oggetto di cui andiamo a parlare è un pezzo di pietra. A prima vista non desta alcuna importanza e curiosità. Giusto il fatto che reca un paio di linee può suscitare, a volte, un minimo interesse se per fortuna capita nelle mani di qualche studioso, dopo essere stato dissotterrato in chissà quale angolo del Mediterraneo. Pezzi di pietra così ne sono stati trovati molti e, spesso, la loro sorte è stata segnata proprio dal fortunato caso che mani di esperti studiosi sono riuscite a rilevarle e a portarle poi nei luoghi giusti. La pietra di cui ci occupiamo è molto modesta, ma vanta una storia millenaria ed appartiene ad una cultura scientifica che deriva direttamente dall’astronomia ed è antica quanto questa. Si narra che fosse il sacerdote egizio Beroso ad aver divulgato gli orologi solari per la prima volta in Grecia, arrivati direttamente dall’Egitto. Ma prima di lui altri tipi di “orologi solari” erano in uso ed in cosa consistessero tali “orologi solari” non è dato sapere con precisione, visto che si parla semplicemente di “gnomone” come un pezzo d’asta che funge da “indicatore”, di una parola strana come “scaphen” che dovrebbe indicare una scodella e di certi movimenti strani del Sole che in questa scodella sarebbero rappresentati da linee che l’ombra dello gnomone percorre per mezzo del movimento del sole nel cielo. Su questi tre elementi si sono arrovellate le menti piu’ sofisticate della storia umana nell’impossibile scopo di cercare il significato di alcune frasi che storici come Erodoto, Plinio ecc. ci hanno tramandato nelle loro opere. All’epoca di Beroso (citato da Vitruvio come l’inventore del tipo di orologio solare di cui ci occupiamo), era in uso principalmente il metodo di misurazione del tempo detto “Stoicheion” in alternativa del “Polos”, entrambi citati da Aristofane, per i quali abbiamo solo delle ipotesi di

interpretazione. Senza entrare nei dettagli delle ricerche effettuate, concludo che prima del III secolo a.C., il tempo poteva essere misurato con strumenti denominati “Heliotropia”o “Horoscopion” che secondo alcuni autori potevano consistere semplicemente in uno scafo, o solo di uno gnomone verticale atto ad indicare il movimento del sole nel cielo durante le stagioni (un indicatore di stagioni, un calendario); il Polos, o “scaphen” che è il prototipo di orologio solare come lo conosciamo, ovvero una scodella con lo gnomone verticale posizionato al centro la cui punta indica l’ora e la posizione calendariale del sole sul reticolato di linee che si trova nella scodella; lo “Stoicheion”, “Decempedalis” o semplicemente “piede”, più misterioso, ovvero un metodo di misura del tempo attraverso la misurazione nell’unità detta “piede” della lunghezza dell’ombra di uno gnomone verticale piantato in terra (da qui le famose citazioni di Aristofane ed altri scoliasti e grammatici antichi su impegni e cene da effettuarsi all’ora dei “dodici piedi” ecc.).

Per farla breve, l’uso di orologi solari nell’antichità era talmente importante che ha dato vita ad una materia ben precisa: la Gnomonica. Termine certamente antico che deriva dal verbo greco γνωµον, che significa “indagatore di cose” e quindi “gnomone” come “ago” indicatore dell’ora. Dal greco invece deriva l’etimologia della parola “Sciotherica”, da σχιο che significa ombra, e τηρεω che significa “catturare”. Le parole insieme valgono “catturare le ombre” e tali termini sono stati usati dal passato fino al secolo scorso (ovvero le stesse ombre che Anassimene e Anassimandro dovevano vedere prodotte dallo gnomone appunto nelle loro “scodelle” a Sparta). Finalmente l’abbiamo detta. La parola Gnomonica porta con se alcune migliaia di anni di storia perché l’uso di misurare il tempo, come detto, risale alle prime civiltà babilonesi. Tagliamo corto e diciamo subito che la nostra pietra appartiene alla gnomonica dei Greci, e piu’ precisamente a quella probabilmente inventata da Democrito e Apollonio e sviluppatasi poi anche

come artigianato locale, arrivando al massimo apice nel periodo compreso tra il II secolo a.C. e il I secolo d.C. Basti pensare che Vitruvio, fortunatamente, ci ha tramandato in tutta solitudine (nel senso che non ci sono altri riscontri storici da altri autori) nella sua celebre “De Architecturae”, Libro 9, cap. 9, addirittura un elenco degli orologi solari più usati nella sua epoca. Elenco degli orologi di Vitruvio e relativo inventore! Questi sono:

1) Hemicyclium Beroso Caldeo 2) Scaphen o Hemisphaerium Aristarco di Samo 3) Discum in Planitia Aristarco di Samo 4) Arachnen Eudosso di Cnido 5) Plinthium Scopa Siracusano 6) Pros ta istoroumena Parmenione 7) Pros pan clima Theodosio e Andrea 8) Pelecinon Patrocle 9) Conum Dionisidoro 10) Pharetram Apollonio 11) Gonarchen ? 12) Engonaton ? 13) Antiboraeum ? 14) Viatoria Pensilia ?

Io ho avuto il piacere di scrivere in Italia, nella nota rivista Nuovo Orione attorno al 1990, un articolo proprio sul primo ritrovamento archeologico del XVIII secolo di un Hemicyclium,. Da allora ne sono venuti fuori diversi che hanno fatto impazzire gli archeologi, che non sapevano né classificarli, né descriverli, e gli astronomi che avevano il piacere di calcolare le loro linee secondo i calcoli più belli dell’Astronomia di posizione. Da allora ad oggi, ne è venuto fuori che l’area del Maditerraneo è uno scrigno di questi tesori archeologici. Già nel ‘700 l’Antonini tentò una prima catalogazione degli esemplari di meridiane romane che lui aveva visto e disegnato e che erano sparse un po’ ovunque, in musei e case di prestigiosi personaggi. Tuttavia uno studio catalografico (ancora unico al mondo) fu pubblicato solo da Sharon Gibbs nel 1976 presso la Yale University. Dal 1976 ad oggi solo alcuni autori hanno descritto e pubblicato sporadicamente in riviste specialistiche, i successivi ritrovamenti e segnalazioni di questi straordinari strumenti di misurazione del tempo. Nell’ottobre del 2003, il vostro autore ha presentato al XII Seminario Nazionale di Gnomonica, tenutosi a Rocca di Para (Roma), il primo CD-R di aggiornamento e catalogazione dei nuovi reperti ritrovati dal 1976 ad oggi con alcune integrazioni di testi e notizie relativi ad altre meridiane già descritte da Gibbs. Sarebbe troppo lungo raccontare l’avventura di ricerca di questi reperti, durata oltre 5 anni, iniziando dal 1997. La cosa incredibile però è che mi è del tutto sfuggita questa pietra, questo frammento di meridiana romana che si trova nel piccolo museo di Aquino. Ma occupiamoci ora del nostro frammento che, nel frattempo e dopo tutto questo dire, è certamente divenuto più importante di un semplice pezzo di pietra come presentato appositamente all’inizio. Il reperto del Museo Archeologico di Aquino rappresenta un frammento della conca destra di una meridiana romana denominata Hemicyclium del tipo Sferico. Se vogliamo rifarci al catalogo di Gibbs, dovremmo dire che si tratta di uno “Spherical dial”, o al massimo di uno “spherical variant”, cioè di un hemicyclium sferico con qualche caratteristica diversa dalla normale tipologia, che nel catalogo di Vitruvio è riportato semplicemente come Hemicyclium. La classificazione di questi tipi di orologi solari è precisissima grazie proprio all’opera di Vitruvio che così li descrive:

“Hemicyclium excavatum ex quadrato, ad enclimaque succisum Berosus chaldeo dicitur invenisse. Schaphen, sive hemisphaerium, Aristarchus samius….” L’hemicyclium non è altro, quindi, che una pietra quadrata scavata in forma di sfera all’interno sulla faccia anteriore e tagliata sotto di un angolo pari alla latitudine del luogo, mentre lo Scaphen è una pietra quadrata scavata informa di sfera sulla faccia superiore.

Meridiana romana hemicyclium, conica, nel Museo Archeologico di Velletri Foto di Nicola Severino, 2003. Frammento di orologio solare sferico e ricostruzione come Hemicyclium sferico Rinvenuto a Herdonia, l’attuale Ordona (Foggia).

Hemicyclium di tipo conico ritrovato a Stabiae. Si nota il foro centrale di alloggiamento dello gnomone.

Oltre alla differenza tra l’hemicyclium e lo scaphen, esiste una differenza di tipologia anche tra lo stesso Hemicyclium ad enclima succisum in quanto potevano essere realizzati in vari modi. Principalmente si distinguono in hemicyclium di tipo sferico, quando strutturalmente sono identici, ma la cavità che ospita le linee orarie è sferica; di tipo conico, quando la stessa cavità è intagliata in modo conico, cioè da formare un cono avente l’asse coincidente con l’asse del mondo e vertice rivolto quindi verso il polo nord. Inoltre la stessa tipologia sferica può essere “acentrica” se il vertice dello gnomone, che è sempre disposto orizzontalmente sulla base orizzontale superiore, non coincide con il centro della sfera celeste. Di tipologia normale invece sono quelli in cui la punta dello gnomone coincide con il centro di omotetia della sfera celeste. Sulla base di queste considerazioni, passiamo ad esaminare la descrizione di Murro.

Murro: “Il pezzo è in travertino….ed è relativo ad un orologio solare a semicerchio definito polos” Il frammento di meridiana del Museo di Aquino non appartiene ad un “Polos” (termine peraltro non sufficientemente chiaro e avvolto ancora da qualche mistero, ma indicante certamente lo gnomone di uno scaphen, o in riferimento a tutto l’orologio del tipo hemisphaerium), ma ad un “Hemicyclium” di tipo sferico.

Murro: “Prima di essere posizionato, l’orologio veniva regolato secondo la latitudine del luogo…” Anche qui bisogna dire che l’orologio non veniva “regolato”, ma calcolato preventivamente per la latitudine del luogo in cui doveva essere usato. Murro: “Notiamo che le stesse aste orarie, in prossimità della curva del solstizio estivo, sono rispettivamente munite di un piccolo foro. Tali fori hanno la stessa posizione sulle aste orarie, e sono identificabili come alloggiamenti per i perni metallici che sostenevano i numeri, ovviamente anch’essi metallici, contrassegnanti le aste orarie…”. Questa interpretazione è errata in quanto non potrà mai essere suffragata da alcuna prova, né archeologica, né storiografica. Tutte le meridiane romane di questo tipo non recano alcun segno di iscrizioni numeriche in corrispondenza delle linee orarie. Tuttavia è bene ricordare che in qualche sporadico caso, si è trovata qualche meridiana che reca incise allo stesso modo di come sono incise le linee orarie ed in loro corrispondenza, le lettere greche con le quali nei testi venivano distinte le ore. Mai sono state trovate meridiane recanti placche che contrassegnavano le linee orarie con numeri. Tali fori, che ho potuto constatare essere di circa 5 mm di diametro e 2-3 mm di profondità, se non sono frutto dell’erosione della pietra nel tempo, possono essere addebitati più facilmente al lavoro di scalpellatura da parte dell’artigiano, che poteva forse usare un filo legato a piccoli pioli conficcati in questi fori per tracciare più correttamente ed in modo più lineare le linee orarie. Il frammento è abbastanza grande e indica che la meridiana originale era anch’essa bella grande. Le misure che ho preso sono le seguenti:

Altezza del reperto 22 cm, larghezza 28 cm, profondità 20 cm. Sono presenti tracce di due sole linee orarie e di buona parte del solco del solstizio estivo distante circa 0,5 cm dal bordo estremo della conca. La cosa strana è che la distanza lungo il solstizio estivo delle due linee orarie è molto grande, ovvero di circa 13,5 cm tra le prime due e circa 14,5 cm tra l’ultima e la spaccatura di destra che pressappoco dovrebbe quasi coincidere con la successiva linea oraria. Non è quindi come le normali meridiane sferiche di questa grandezza in cui la distanza tra le linee orarie misurata lungo il solstizio estivo è di circa 5-6 cm. L’unica spiegazione possibile e che ci troviamo di fronte ad un raro caso di linee orarie temporarie canoniche adottate poi nel medioevo dalla Chiesa. Ovvero sull’orologio erano incise (in questo caso) solo le linee orarie corrispondenti alla Prima, Terza, Sesta, Nona e Vespri. La spaccatura coinciderebbe quindi pressappoco con la linea oraria (che però non c’è) dell’ora Sesta e le due rimanenti sarebbero da identificare con la “Prima” e “Terza” (da sinistra a destra). L’andamento delle linee orarie, se ci si fa caso, è leggermente curvato rispetto ad una retta, ed è la dimostrazione che la meridiana è di tipo sferica e non conica (in cui le linee orarie sono matematicamente delle rette uscenti dal vertice del cono). Nel libro di Gibbs Greek and Roman Sundials, Yale University, 1976, ho trovato una sola immagine di meridiana sferica recante principalmente le linee orarie relative a Prima, Terza, Sesta e Nona, ma con la differenza che sulla fascia coincidente con il solstizio estivo sono aggiunti segmenti relativi alla normale suddivisione in dodici ore temporarie. Questa meridiana però è conservata al Museo Archeologico di Strasburgo, in Francia, ed è un pezzo archeologico molto importante. La meridiana del nostro reperto doveva essere larga approssimativamente 60 cm: grandicella! Le due linee orarie possono dirci molte cose e noi possiamo fare una congettura che è la piu’ importante. L’orologio potrebbe non essere più antico del II o III secolo d.C., perché quella di Strasburgo, simile, che riporta le stesse linee orarie, è del II o III secolo d.C. e perché lo è un’altra meridiana che riporta contrassegnate le ore Terza, Sesta e Nona, canonica, mentre tutte le meridiane romane risalenti al periodo fino al I secolo d.C., recano tutte la classica suddivisione oraria in 12 parti delle ore temporarie. Le meridiane che recano principalmente le linee della Terza, Sesta e Nona, erano impiegate non tanto nell’uso civile, ma in quello religioso. Non è escluso neppure che il reperto fosse appartenuto all’abbazia di Montecassino dove, stranamente, non si è mai ritrovata una meridiana, né antica, né moderna! Il secondo frammento di meridiana romana rinvenuta ad Aquino Esiste un secondo frammento di meridiana romana rinvenuta, come ricorda Murro, in località San Pietro Vetere, nell’area urbana archeologica di Aquino, della quale abbiamo per fortuna una fotografia, prima che andasse persa, pubblicata nel libro Spigolature di varia antichità nel settore del medio Liri, di Antonio Giannetti, edizioni a cura della Banca Popolare del Cassinate, Cassino, 1986, che il dr. Emilio Pistilli mi ha gentilmente concesso affinché la potessi analizzare. Purtroppo il Giannetti da una interpretazione completamente errata del reperto, scambiandolo per un “Hemicyclium” ma, come già detto, gli errori in questo campo sono talmente frequenti tra i non addetti ai lavori che non ci si fa più caso. Il contenuto delle mie ipotesi è il risultato della sola visione di suddetta foto, ma le conclusioni credo possano considerarsi della massima attendibilità, secondo la mia esperienza nel settore della gnomonica. Tali conclusioni le elenco nei seguenti punti:

1) Questo secondo frammento di meridiana romana è senza alcun dubbio di importanza maggiore del primo perché più completo e raro;

2) Trattasi, molto probabilmente (per non dire sicuramente), di un frammento di meridiana verticale ad ore temporarie risalente ad epoca tardo romana;

La Gibbs distingue tre tipologie per gli orologi solari romani verticali:

a. Verticale, con piano parallelo al Primo Verticale (ossia il cui piano è rivolto esattamente a Sud);

b. Verticale Meridiano, con piano perpendicolare al Primo Verticale (ossia il cui piano è rivolto esattamente a Est o ad Ovest);

c. Verticale declinante, con il piano che giace parallelo ad un cerchio orario qualsiasi compreso tra Est e Ovest (ossia il cui piano è declinante dai punti Est e Ovest;

Detto questo, possiamo trarre le seguenti considerazioni. Il frammento, stando a quello che si vede in foto, è grande ed indica che la meridiana originale doveva avere delle dimensioni abbastanza grandi. Generalmente, le meridiane di questo tipo descritte da Gibbs, hanno altezza compresa tra 42 e 54 cm. La nostra sembra essere decisamente di dimensioni maggiori e ciò sarebbe visibile oltre che dal confronto con lo sgabello sulla quale poggia nella foto, anche dal fatto che la porzione mostra la parte superiore del tracciato orario dove si vede chiaramente che lo spazio tra le linee orarie è bello grande, mentre nelle meridiane di dimensioni normali è molto più stretto. Inoltre, lo spessore della pietra è anch’esso maggiore che negli altri casi in cui è più sottile. Passiamo al tracciato, cioè alle linee che si vedono ancora incise sulla superficie. Si distinguono

chiaramente 6 linee orarie del sistema temporario (cioè le ore ineguali degli antichi) e due linee trasversali relative al solstizio invernale (quella superiore a sinistra di chi guarda) ed equinoziale verso il centro. Dalle nozioni di Gnomonica risulta che la proiezione ortogonale del Circolo Massimo della Sfera Celeste sul piano è una retta, quindi l’ora di Sesta, coincidente con il circolo orario celeste del Mezzogiorno vero locale, deve formare un angolo retto con la linea equinoziale che rappresenta la proiezione sul piano del cerchio massimo dell’Equatore Celeste. Questo, dalla foto, sembra che possa dirsi dell’ultimo stralcio di linea oraria visibile verso l’alto. Era probabilmente quella, l’ora Sesta. A scendere, quindi, troviamo l’ora Quinta, Quarta, Terza, Seconda e Prima, cioè tutta la parte antimeridiana. Visualmente, l’osservatore deve calcolare uno spazio visuale almeno doppio per avere un’idea molto approssimativa di dove possa trovarsi la terza linea mancate, quella del solstizio estivo. Quindi, si osservi lo spazio tra la linea del solstizio invernale e la linea equinoziale. Lo si raddoppi verso destra di chi guarda e li doveva trovarsi una volta sulla parte mancante, la linea solstiziale estiva ed il limite del tracciato orario.

E’ probabile che ci troviamo di fronte ad una meridiana verticale di tipo “meridiano”, cioè in questo caso che guarda esattamente ad Est (ecco perché si vede il tracciato orario completo delle ore mattutine). Infine, ultima considerazione, ma non per questo meno importante, è lo stile del tracciamento delle linee. Dalla foto si ha la netta sensazione che le linee orarie non siano proprio delle linee rette perfette. Lo si evince soprattutto da quelle meglio visibili in basso. L’unica spiegazione di questa apparente “stranezza” è che le linee orarie temporarie, teoricamente e praticamente, non possono essere delle rette, ma delle “curve un po’ bizzarre” come dimostrò e le definì il grande matematico Montucla nel secolo XIX. Su questo argomento, ho rapportato tutto quanto è dato sapere dalla documentazione storica nel mio libro Storia della Gnomonica, del 1992. In pratica le linee orarie temporarie, se tracciate con la massima accuratezza, sarebbero delle linee non proprio rette ma leggermente serpeggianti, come si vede bene nella foto della meridiana romana. Anche se in molte meridiane romane esse sono tracciate come rette perché questa approssimazione non compromette in alcun modo la lettura dell’ora, in quelle più precise e meglio calcolate, a volte erano tracciate con le loro bizzarra natura di linee serpentine. Anche per questo, e per il fatto che tali meridiane verticali d’epoca romana sono molto rare, tale frammento si rivela decisamente più interessante del primo. Peccato che sia stato perso. Se è capitato invece nelle mani di un appassionato, o collezionista che sta leggendo, il mio appello è che venga rimesso di nuovo e al più presto alla memoria storica dei nostri luoghi, patrimonio culturale dell’umanità. Giacomo Agnelli Cartoons: la precisione assoluta