Voce Francescana 1-2 2014

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v oce francescana Bimestrale di formazione e promozione dei Frati Cappuccini delle Marche La storia continua Pace e Bene e Voce Francescana . Due riviste, una sola storia: da ricordare, comprendere e continuare. MISSIONE Un’esperienza di vita, di cuore, di anima: Letizia e Laura ci raccontano il loro viaggio con i missionari in terra d’Etiopia. EVENTO “Fare il futuro con: la Bellezza, la Bontà, la Verità”. Ritiro di Quaresima per giovani, un’occasione per guardare al futuro con occhi di speranza. INTERVISTA Padre Giulio Criminesi, Ministro provinciale dei Cappuccini delle Marche: il Capitolo straordinario un’opportunità da non perdere. Poste Italiane S.p.A • Sped. in a.p. D.L. 353/03 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 - Macerata • Anno XXXIV • 12/2014

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La nuova rivista dei Frati Minori Cappuccini delle Marche con la collaborazione dell'Ordine Francescano Secolare delle Marche

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Bimestrale di formazione e promozione dei Frati Cappuccini delle Marche

La storia continuaPace e Bene e Voce Francescana.Due riviste, una sola storia: da ricordare, comprendere e continuare.

MISSIONE Un’esperienza di vita, di cuore, di anima: Letizia e Laura ci raccontano il loro viaggio con i missionari in terra d’Etiopia.

EVENTO “Fare il futuro con:la Bellezza, la Bontà, la Verità”. Ritiro di Quaresima per giovani, un’occasione per guardare al futuro con occhi di speranza.

INTERVISTA Padre Giulio Criminesi, Ministro provinciale dei Cappuccini delle Marche: il Capitolo straordinario un’opportunità da non perdere.

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Centro Pastorale Giovanile-Vocazionale

Missioni Estere Cappuccini

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Provincia Picena Frati Cappuccini

La nostrapresenza sul webEntra e visita i nostri siti!

Un primo luogo d’incontro con la fraternità cappuccina delle Marche, dove potrai conoscere i nostri conventi sparsi sul territorio, le �gure sante che hanno segnato la nostra storia, le attività che svolgiamo in regione e le news sempre aggiornate.

Un Blog semplice, giovane e per i giovani, nel quale potrai trovare infor-mazioni e aggiornamenti sulle nostre attività: ritiri spirituali, fraternità giovani, scuola di preghiera, week- vocazionali e altro ancora, insieme a tante rubriche per accompagnarti nel tuo cammino di fede.

Un sito per aiutarti a conoscere l’a�ascinante mondo delle missioni nelle quali siamo impegnati: Etiopia, Benin e Brasile. Molte sono le proposte che possono coinvolgerti per dare il tuo sostegno concreto a chi ne ha più bisogno.

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oltare pagina si dice quando occorre dare un cambio che implichi una svolta

sostanziale a una situazione. Più opportuno, nel nostro caso, sarebbe dire “punto a capo”.

C’è infatti tra le due espressioni una differenza non secondaria. Chi volta pagina preclude la possibilità di vedere quanto precede, chi mette un punto segna un passaggio che lascia sul campo visivo il trascorso e apre, al tempo stesso, un paragrafo nuovo. Punto a capo, allora, vale per l’aggiornamento di Voce Francescana col quale non scende il sipario sul passato, tutt’altro! La storia documenta che la trasformazione attuata è uno slancio in avanti che corrisponde a un ritorno alle origini. La nascente rivista, infatti, ai suoi esordi abbracciava, esprimeva e promuoveva tutta la vita della Provincia Picena dei Cappuccini. Questa novità antica si ripresenta ora in un progetto editoriale aggiornato che dia conto della molteplice attività dei Cappuccini marchigiani, di cui molti sono gli eventi, le storie e le attività che meritano una pagina, una penna e delle immagini. Tra questi, ambito prezioso e segno di vitalità evangelica, è certamente quello missionario che tanta parte ha avuto nelle pagine della nostra rivista e tante continuerà ad averne, per dare visibilità all’opera delle nostre missioni e dei numerosi amici che in esse amano coinvolgersi. Dall’Etiopia e dal Benin, rubriche, testimonianze e notizie sempre aggiornate sulle attività missionarie portate avanti grazie alla generosità di tanti sostenitori, i quali sempre più frequentemente osano affiancarsi ai nostri missionari, viaggiando in terra di missione carichi di solidarietà.Confluirà, in una sezione di Voce francescana dedicata al mondo giovanile, lo storico foglietto Pace e Bene che per più di ottant’anni ha accompagnato la vita della nostra Provincia religiosa. Per tale motivo molti, non senza

sorpresa, vedranno recapitarsi questa rivista al posto dell’abituale foglio: la fedeltà a un progetto non sempre si traduce nella riproposizione delle stesse forme, ma nella capacità di riadattare ai tempi lo spirito che l’ha suscitato. Così, come accadeva nelle pagine di Pace e Bene, nello spazio destinato al mondo giovanile saranno proposti eventi vocazionali, testimonianze e rubriche, rivolti ai giovani affascinati dall’universo francescano.Molti altri saranno gli ambiti trattati: rubriche di approfondimento cristiano e di spiritualità francescana, vita dell’Ordine Francescano Secolare, attività dei nostri santuari e delle nostre parrocchie, figure dei santi della nostra Provincia, la voce delle sorelle claustrali e altro ancora. Uno specchio di carta, insomma, dell’intera realtà dei Cappuccini delle Marche. Se Voce Francescana è a tutt’oggi rivista bella e viva, lo si deve a quanti con dedizione nel corso degli anni ne hanno avuto cura. Ad essi, e in maniera particolare a chi per tanti anni mi ha preceduto nel ruolo di responsabile, un ringraziamento dovuto ma ancor più cordiale per il bene che attraverso queste pagine è giunto a tanta gente. Vorrei, infine, manifestare il desiderio che è alla base di questo nuovo piano editoriale: rendere sempre più visibile quel caratteristico tratto di fraternità evangelica che lega quanti vivono sotto il polo d’attrazione del carisma francescano. L’auspicio è che quanti leggeranno queste pagine incontrino una famiglia di fratelli impegnati ora in un campo ora nell’altro, ma sempre insieme per annunciare quel modo nuovo di essere al mondo che Gesù è venuto a portare in mezzo a noi. Questa è la vita nuova che, con l’occasione, diventa da parte nostra anche il più bell’augurio pasquale.

di fra Sergio Lorenzini

Punto a capo Editoriale ..L‘

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Contenuti ..

controla povertàe la fame,per i bambinidell’Africa!

il tuo

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Devolvi il tuo 5X1000 alle Missioni Estere dei Cappuccini delle Marche per sostenere l’attività dei missionari nel loro servizio ai poveri e ai bisognosi dell’Etiopia e del Benin.Basta la tua firma ed il codice fiscale delle Missioni Estere dei Frati Cappuccini.Nel modulo della dichiarazione dei redditi(730,CUD, Unico) trovi un riquadro per il 5 per mille:

• Firma il primo riquadro a sinistra “Sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, ecc”.• Riporta sotto la tua firma ed il codice fiscaledelle Missioni Estere Frati Cappuccini: 00327410429.

La presenza sul campo è la prima garanzia circa l’impiego dei fondi ricevuti. I missionari sanno di non avere una risposta a tutto, ma sono presenti e in ogni istante ne va della loro vocazione e della loro vita. Con il tuo sostegno potrai permetter-ci di continuare a dare speranza a tanti bambini! Aiutaci, facendo capire ai tuoi amici e conoscenti, che destinare il 5X1000 alle Missioni Estere è un gesto nobile, pieno d’amore e di carità verso chi davvero è in difficoltà.

Gesù ci dice:«In verità vi dico, ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me».Grazie di cuore per quello che potrai fare!

fra Francesco PettinelliSegretario Missioni Estere

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Direttore responsabilefra Antonio GinestraCaporedattorefra Sergio LorenziniRedazionefra Francesco Pettinelli fra Andrea Sperafra Fabrizio Cifanifra Egidio Picuccifra Damiano Angelucci fra Fabio M. Fuoriassefra Lorenzo Carlonifra Marcello Montanari fra Mauro Scocciasuor Chiara Francesca Lacchini

Lorenzo Saccà

Stampa Bieffe S.p.A. - Recanati (MC) Italy

Voce francescanaPiazzale Cappuccini 162019 Recanati (MC)Tel. [email protected]

Come sostenerci:CC Postale: n. 5611Pia Opera Vocazioni Padri Cappuccini Piceni

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Bimestrale di formazione e promozione dei Frati Cappuccini delle Marche • Edito da Missioni Estere Cappuccini Onlus

Autorizzazione • Tribunale di Macerata n° 85/59 del 09/05/59 • Sped. in Abb. Postale art. 2 com. 20/c • Legge 662/96 • Filiale di Macerata

Contenuti ..

Editoriale 3 Punto a capo

Speciale6 Pace e Bene e Voce Francescana

Rubriche 12 «Andate in tutto il mondo»39 «Francesco va’ e ripara la mia casa»46 Preghiera ed evangelizzazione

Missioni16 Quando la generosità valica ogni confine18 Dieci anni di vita della fraternità di Ina19 Un triplice sì che fa gioire20 Un’esperienza di vita, di cuore, di anima24 La Madonna di Loreto a Fontana Candida26 Don Lauro, grande amico dei Cappuccini

Pastorale Giovanile e Vocazionale28 Fare il futuro con: la Bellezza, la Bontà, la Verità32 Noi giovani: canne al vento?34 Giovani, fede e università

Provincia Picena36 Intervista al Ministro provinciale p. Giulio Criminesi

Ordine Francescano Secolare42 Una nuova formazione per un nuovo OFS44 Insieme per costruire una nuova Fraternità

controla povertàe la fame,per i bambinidell’Africa!

il tuo

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Devolvi il tuo 5X1000 alle Missioni Estere dei Cappuccini delle Marche per sostenere l’attività dei missionari nel loro servizio ai poveri e ai bisognosi dell’Etiopia e del Benin.Basta la tua firma ed il codice fiscale delle Missioni Estere dei Frati Cappuccini.Nel modulo della dichiarazione dei redditi(730,CUD, Unico) trovi un riquadro per il 5 per mille:

• Firma il primo riquadro a sinistra “Sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, ecc”.• Riporta sotto la tua firma ed il codice fiscaledelle Missioni Estere Frati Cappuccini: 00327410429.

La presenza sul campo è la prima garanzia circa l’impiego dei fondi ricevuti. I missionari sanno di non avere una risposta a tutto, ma sono presenti e in ogni istante ne va della loro vocazione e della loro vita. Con il tuo sostegno potrai permetter-ci di continuare a dare speranza a tanti bambini! Aiutaci, facendo capire ai tuoi amici e conoscenti, che destinare il 5X1000 alle Missioni Estere è un gesto nobile, pieno d’amore e di carità verso chi davvero è in difficoltà.

Gesù ci dice:«In verità vi dico, ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me».Grazie di cuore per quello che potrai fare!

fra Francesco PettinelliSegretario Missioni Estere

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Uno sguardo alla storiaRipercorriamo le tappe storiche delle nostre riviste Voce Francescana e Pace e Bene, espressione delle molteplici attività dei Cappuccini marchigiani. Una storia da ricordare, comprendere e continuare.

di fra Sergio Lorenzini

Le origini1911: nasce la rivista Azione Francescana coor-dinata dal cappuccino p. Pacifico da San Se-verino con la collabora-zione di p. Gaetano da Cerreto, quale Organo ufficiale della Federazione Marchigiana del Terz’Or-dine Francescano, in cui trovano espressione i Terziari dei Minori

Conventuali, delle due Provincie dei Frati Minori (Lauretana e San Pacifico), dei Minori Cappuccini e del Terz’Ordine Regolare. L’intento era di dare una «intonazione re-gionale particolare» al movimento francescano e al tempo stesso cooperare «perché quanto prima l’invocata Federazione Nazionale delle Congregazioni nostre sia un fatto compiuto, e compiuto bene, e allora avremo anche un organo

che tutti veramente ci unisca e ci affratelli». L’anno suc-cessivo, come suo supple-mento, vedrà la luce anche

La rivista di tutti i Terziari francescani Con la nascita della rivista Azione Francescana, i Terziari dei quattro ordini francescani delle Marche riuniti in Federazione, danno il via a una collaborazione nel campo della stampa che durerà per ben quindici anni, dal 1911 al 1926, per la diffusione capillare sul territorio regionale dell’ideale francescano.

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Primavera Serafica, "Periodico Giovanile Francescano", affidato a p. Gaetano da Cerreto.

1924: a seguito di un convegno lauretano, Azione francescana si trasforma in Milizia Serafica, stampata dall’aprile dello stesso anno a Recanati, sotto la nuova direzione di p. Bonaventura da Elcito. Essa voleva, attraverso i terziari francescani, dare il via a «un’azione intensa di penetrazio-ne francescana» nella famiglia e nella società.

1926: la rivista da organo comune di tutte le congregazioni del TOF delle cinque obbedienze, diviene strumento del solo Ordine dei Cappuccini. In occasione del settimo centenario della morte di san Francesco, per la prima volta, al periodico verrà affiancato «il bellissimo calendario francescano, unico al mondo per il metodo e il contenuto».

1928: sotto il nuovo titolo di Vita Francescana vengono riunite Primavera Serafica e

Milizia Serafica, sotto-titolata “Mensile di formazione e informazione edito

dai Minori Cappuccini delle Marche”. Con gli abili direttori p. Gaetano da Cerreto (‘28-‘32) prima, e a seguire p. Bonaventura

da Elcito (’33-’39) e p. Seba-stiano da Potenza Picena (’40-’43) la nuova rivista si interesserà di tutta la vita della Provincia Pice-na presentandone le notizie ai suoi lettori «in una forma così piana e facile e popolare che tutti siano invogliati a leggerle».

Tre grandi direttori cappuccini Gli inizi della rivista francescana

saranno segnati da tre figure di frati particolarmente

dedite e capaci: p. Pacifico da San Severino (a sinistra),

p. Bonaventura da Elcito (qui sotto), e soprattutto

p. Gaetano da Cerreto (in basso), dinamico e intelligente direttore

prima di Azione e poi di Vita Francescana.

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Pace e Bene1930: Lo storico foglietto nasce nella fucina recanatese di p. Gaetano da Cerreto, come supplemento a Vita Francescana, dal quale poi diverrà autonomo nel gennaio del 1934. Il sussidio al suo nascere aveva la specifica finalità di essere la “Voce dei no-stri Santuari, dei Seminari Serafici e della nostra Missione di Bahia (Brasile)”, portando l’augurio di “Pace e bene” con l’auspicio che

il lettore trovi in un punto o in un altro la parola che gli additi «il se-greto della vera felicità, della vera pace e del vero bene».

1932: Pace e Bene esce con la nuova immagine di un angelo in volo spiegato, un giglio nella de-stra mentre la sinistra è intenta a distribuire a piene mani il foglietto ai «desiderosi di Pace e Bene». La direzione del giornalino non omet-te di rendere ragione della nuova

veste tipografica: «L’Angelo di Dio che getta a mani piene, come gigli candidi, il nostro foglietto ai desiderosi di Pace e Bene. Il contenuto verrà migliorato affin-ché corrisponda ancor più al suo titolo e rechi davvero pace e bene alle anime, ai cuori, alle famiglie, aiutando tutti a seguire e vivere cristianamente la vita».

Il numero dell’ottobre 1932 di Vita Francescana riporta il saluto del nuovo direttore p. Bonaventura da Elcito, al quale vengono affida-te sia Vita Francescana che Pace e Bene. Nell’elenco dei collaboratori figura, per la prima volta, anche il nome del corrispondente da Pesa-ro nella persona di p. Giuseppe da Sant’Elpidio la cui collaborazione era mirata particolarmente alla realizzazione di Pace e Bene, che voleva legato all’Opera

delle Vocazioni da lui stesso costi-tuita a Pesaro nello stesso anno. P. Giuseppe progettava di affidare Pace e Bene alle mani delle terzia-rie inviate nella città di Pesaro a chiedere l’obolo per il sostenta-mento dei fratini. A chi dimostrava sensibilità per i seminaristi poveri esse potevano distribuire il grazio-so ed utile foglietto, che diveniva

La catena dei redattori Dodici sono stati i redattori di Pace e Bene nei suoi ottantatré anni di storia. Dal 1930 al 1932 p. Gaetano da Cerreto, dal 1932 al 1937 p. Bonaventura da Elcito, dal 1937 al 1974 p. Giuseppe Bocci, dal 1974 al 1979 p. Giuliano Menghini,dal 1979 al 1985 p. Silvio Torresi, dal 1985 al 1989 p. Gianni Pioli, dal 1989 al 1997 p. Marzio Calletti, dal 1997 al 2000 p. Ambrogio Pasqualini, dal 2000 al 2004 p. Stelvio Sagrati, dal 2004 al 2007 p. Damiano Angelucci, dal 2007 al 2010 p. Francesco Pettinelli, dal 2010 al 2013 p. Andrea Spera.

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così veicolo di un piccolo seme che, entrando silenziosamente nel tessuto sociale e delle famiglie, compensava la generosità dei benefattori. L’anno seguente viene realizzato anche lo storico calen-dario Pace e Bene che, allegato alla rivista, giungerà fino ai nostri giorni.

1937: Pace e Bene viene definiti-vamente affidato a p. Giuseppe Bocci che ne sarà responsabile

fino alla sua morte nel dicembre del 1974. Il giornalino, trasferito a Pesaro, nelle mani di p. Giuseppe, assume un taglio spiccatamente vocazionale e diviene organo uf-ficiale di informazione ed anima-zione dell’Opera delle Vocazioni. Dal settembre 1961 passerà dall’u-scita mensile a quella quindicinale per divenire addirittura settima-

nale nel sessennio che precederà la morte di p. Giuseppe, con una tiratura di ben settantamila copie.

1974: dall’anno della morte di p. Giuseppe, ben nove sono stati i direttori che si sono avvicenda-ti alla direzione del giornalino. Dall’apogeo cui l’aveva condotto la passione del suo storico direttore, il foglietto inizia un lento declino, divenendo quindicinale e nel 1983 mensile. Nel 2008 Pace e Bene

ingloberà al suo interno la neona-ta rivista Fratello Francesco, sorta nel 2000 dal Centro PGV della Provincia Picena. Così spiegava il cambiamento l’allora Provinciale p. Gianni Pioli: «Il centro di tale servizio pastorale dei Cappuccini delle Marche non è più a Pesaro, ma a Civitanova Marche, dove alcuni giovani e simpatici frati-

celli, facendo propria la passione e il cuore di p. Giuseppe Bocci e il servizio che svolgeva nella Chiesa l’Opera Vocazioni Cappuccine, lavorano a tempo pieno per aiuta-re altri giovani a scoprire la loro vocazione e il loro modo di amare

Dio». Al fine di evitare inutili dispersioni di energie Pace e Bene diventa così l’unico mensile e rac-coglie in sé le esigenze dell’Opera Vocazioni, del Centro di Pastorale Giovanile e Vocazionale e della Vice Postulazione di p. Giuseppe Bocci.

Infaticabile apostolo della stampa P. Giuseppe Bocci fondò e diresse la cosiddetta Opera delle vocazioni.

Attento ai segni dei tempi, e spinto dal suo speciale carisma, si diede

alla promozione vocazionale coinvolgendo molti fedeli anche

attraverso la stampa dell’agile foglietto Pace e Bene.

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Voce Francescana1949: Vita Francescana diviene la Rivista del Centro Nazionale TOF andando a sostituire la precedente rivista nazionale Fiammella Fran-cescana. Di conseguenza, la rivista poco o nulla esprime e incide nella vita della Provincia Picena, volgen-do perlopiù la sua attenzione al

più ampio panorama dei Terziari italiani. Si dirà che «in una rivista nazionale le nostre piccole attivi-tà, sono troppo piccole per aver diritto a trovar posto» per cui essa «non può servire come mezzo di collegamento delle nostre Congre-gazioni».

1951: vede la luce Voce Francesca-na (che doveva chiamarsi Il Piceno

Francescano), “Bimestrale per i Terziari delle Marche” in risposta al bisogno di un foglio di formazione e informazione del Terz’Ordine Pi-ceno. Primo direttore è p. Vittore da Staffolo che ne sarà responsa-bile fino al giugno del 1953.

1953: a partire dal mese di luglio Voce Francescana esce abbinata al giornalino Pace e Bene guidata

da p. Giuseppe da Sant’Elpidio fino all’ottobre del 1956, quando sarà nominato responsabile p. Gabriele da Colli. La motiva-zione di questo abbinamento è presto detta: «i Terziari potranno avere il loro bollettino ogni mese anziché ogni due mesi; l’Opera delle Vocazioni sarà più largamen-te conosciuta e aiutata anche dai nostri terziari». Nel dicembre del

1958 subentrerà come Direttore p. David da Ripatransone fino al 1963.

1963: da “Mensile del Terz’Ordine Francescano dei Padri Cappuccini Piceni”, Voce Francescana diviene il “Mensile dei Frati Minori Cap-puccini delle Marche”, per divenire poi nel 1975 “Bimestrale dei Frati Cappuccini delle Marche”. Nella

lettera di presentazione, il Provin-ciale p. Stanislao da San Severino spiegava: «Voce Francescana con questo numero, esce aggiornata, in veste moderna. Finora è stata una tenue “voce” che raggiungeva esclusivamente i terziari france-scani. Ora vuol dilatarsi e raggiun-gere un numero più ragguardevole di amici e simpatizzanti». La rivista vuole contribuire a «dare notizie

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sulla vita della Chiesa e dell’Ordine Francescano, spiegare avvenimen-ti religiosi nel loro vero significato, correggere interpretazioni errate, commentare in modo appropria-to fatti ed episodi caratteristici, esercitare insomma un compito di formazione e informazione per le anime». La rivista porterà al suo interno pagine dedicate alla cultura religiosa, al Terz’Ordine France-

scano, al mondo missionario, alla vita francescana nelle Marche, alle notizie dei frati marchigiani, alla vita dei santuari, alle sorelle fran-cescane della carità e la pagina dei ragazzi. Diretta per un anno da p. Gabriele da Colli, sarà poi assunta dal redattore p. Egidio Picucci, che sarà alla guida della rivista per ben cinquant’anni, conducendola fino ai nostri giorni.

1993: Voce francescana da “Bime-strale dei Frati Cappuccini delle Marche” diventa “Bimestrale di Formazione e Promozione del-le Missioni Estere e dell’Ordine Francescano Secolare”, ratificando di fatto la propensione privile-giata per l’ambito missionario e dei francescani secolari che negli ultimi anni la rivista era già venuta esprimendo.

Voce Francescana e Pace e Bene hanno raccontato e promosso, nei suoi molteplici risvolti, l’attività dei Cappuccini delle Marche per buona parte del Novecento e dell’inizio del nuovo millennio. Grazie alla tenace attività dei loro redattori e collaboratori le due riviste sono approdate ai nostri giorni, por-tando con sé un cumulo di notizie storiche altrimenti a noi

nascoste: dalle varie rubriche all’azione missionaria, dai semi-nari serafici alla voce dei santuari, dal Terz’Ordine Francescano alla promozione vocazionale, dalla vita dei santi marchigiani alle nostre parrocchie e molto altro ancora. A questa preziosa consegna Voce Francescana darà seguito perché continui a riflettersi sulla carta il bene che si diffonde nella vita.

Un redattore storico La storia degli ultimi cinquant’anni

della rivista Voce francescana, cioè fin dal momento in cui è

passata ad essere la rivista dei Frati Cappuccini delle Marche,

è legata in maniera inscindibile all’ininterrotta opera di p. Egidio

Picucci, che con grande capacità giornalistica l’ha guidata fino ai

nostri giorni.

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«Andate in tutto il mondo» In tre secoli, dalle periferie dell’impero, un messaggio annunciato da un ebreo marginale a gente senza cultura e potere, si diffonde e plasma cultura greca e potenza romana. Com’è potuto accadere?

di fra Raniero Cantalamessa

La diffusione del cristianesimo nei primi tre secoli. Iniziamo con una riflessione sull’evangelizzazione cristiana nei primi tre secoli. Un motivo soprattutto fa di questo periodo un modello per tutti i tempi. È il pe-riodo in cui il cristianesimo si fa strada esclusivamen-te per forza propria. Non c’è nessun “braccio secolare” che lo appoggi; le conversioni non sono determinate da vantaggi esterni, materiali o culturali; essere cristiani non è una consuetudine o una moda, ma una scelta controcorrente, spesso a rischio della vita. Per

certi versi, la situazione che è tornata a crearsi oggi in diverse parti del mondo. La fede cristiana nasce con un’apertura universale. Gesù aveva detto ai suoi apostoli di andare «in tutto il mondo» (Mc 16,15), di «fare discepole tutte le genti» (Mt 28,19), di essergli testimoni «fino all’estremità della terra» (At 1,8), di «predicare a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati» (Lc 24,47).L’attuazione di principio di questa universalità avviene già nella generazione apostolica, anche se non senza difficoltà e lacerazioni. Il giorno di Pentecoste viene superata la prima barriera, quella della razza (i tremila convertiti appartenevano a popoli diversi, ma erano tutti credenti dell’ebraismo); in casa di Cornelio e nel cosiddetto concilio di Gerusalemme, soprattutto per l’impulso di Paolo, viene superata la barriera più tena-ce di tutte, quella religiosa, che divideva gli ebrei dai gentili. Il Vangelo ha ormai davanti a sé il mondo inte-ro, anche se per il momento questo mondo è limitato, nella conoscenza degli uomini, al bacino mediterra-neo e ai confini dell’impero romano.Verso la fine del III secolo, la fede cristiana è penetra-ta praticamente in ogni strato della società, ha ormai una sua letteratura in lingua greca e una, anche se agli inizi, in lingua latina; possiede una solida organiz-zazione interna; comincia a costruire edifici sempre più capienti, segno dell’accresciuto numero di cre-denti. La grande persecuzione di Diocleziano, a parte le numerose vittime, non ha fatto che mettere in

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luce la forza ormai insopprimibile della fede cristiana. L’ultimo braccio di ferro tra impero e cristianesimo ne ha dato la prova. Costantino non farà, in fondo, che prendere atto del nuovo rapporto di forze. Non sarà lui a imporre il cristianesimo al popolo, ma il popolo a imporre a lui il cristianesimo. Affer-mazioni come quelle di certi divulgatori, secondo cui sareb-be stato Costantino, per motivi personali, a trasformare, con il suo editto di tolleranza e con il concilio di Nicea, un’oscura setta religiosa giudaica nella religione dell’impero, si fonda su una totale ignoranza di ciò che precedette tali eventi.

Le ragioni del successo. Un tema che ha sempre ap-passionato gli storici è quello delle ragioni del trionfo del cristianesimo. Un messaggio nato in un oscuro e disprezzato angolo dell’impero, tra persone semplici, senza cultura e senza potere, in meno di tre secoli si

estende a tutto il mondo allora conosciuto, soggio-gando la raffinatissima cultura dei Greci e la potenza imperiale di Roma! Tra le diverse ragioni del successo,

qualcuno insiste sull’amore cristiano e sull’esercizio attivo della carità, fino a fare di esso «il fattore singolo più potente del successo della fede cristia-na», tanto da indurre, più tardi, l’imperatore Giuliano l’Apostata a dotare il paganesimo di ana-

loghe opere caritative per contrastare tale successo (H. Chadwick). Harnack, dal canto suo, dà grande im-portanza alla capacità della fede cristiana di conciliare in sé le opposte tendenze e i diversi valori presenti nelle religioni e nella cultura del tempo. Il cristiane-simo si presenta a un tempo come la religione dello Spirito e della potenza, cioè accompagnata da segni soprannaturali, carismi e miracoli, e come la religione della ragione e del Logos integrale, «la vera filosofia», al dire di san Giustino martire. Gli autori cristiani sono

Costantino non farà che prendere atto del nuovo rapporto di forze tra impero e cristianesimo. Non sarà lui a imporre il cristianesimo al popolo, ma il popolo a imporre

a lui il cristianesimo.

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«i razionalisti del soprannaturale», afferma Harnack, citando il detto di Paolo sulla fede quale «ossequio razionale» (Rm 12,1). Ora vorrei mettere in luce il limite insito in tale approccio storico, anche quan-do esso è proposto da storici credenti come quelli che ho finora tenuti in conto. Il limite, dovuto allo stesso metodo storico, è di dare più importan-za al soggetto che all’oggetto della missione, più agli evange-lizzatori e alle condizioni in cui essa si svolge che al suo contenuto. Il motivo che mi spinge a farlo è che esso è anche il limite e il pericolo insito in tanti approcci attuali e mediatici, quando si parla di una nuova evangelizzazione. Si dimentica una cosa semplicissima: che Gesù stesso aveva dato, in anticipo, una spiegazione del diffondersi del suo Vangelo, ed è da tale spiegazione che si deve ripartire

ogni volta che ci si accinge a un nuovo sforzo missio-nario. Riascoltiamo due brevi parabole evangeliche, quella del seme che cresce anche di notte e quella del seme di senape. Diceva: «Così è il regno di Dio: come

un uomo che abbia gettato il seme in terra, e poi dorme e veglia, di notte e di giorno, mentre il seme germina e si sviluppa, senza che egli sappia come. La terra da sé produ-ce prima l’erba, poi la spiga e poi nella spiga il grano pieno.

Quando, infine, il frutto lo permette, subito si mette mano alla falce, poiché è giunta la mietitura» (Mc 4,26-29). Questa parabola, da sola, ci dice che la ragione essenziale del successo della missione cri-stiana non viene dall’esterno, ma dall’interno, non è opera del seminatore e neppure principalmente del terreno, ma del seme. Il seme non può gettarsi da se

Il limite, dovuto allo stesso metodo storico, è di dare più importanza al soggetto che all’oggetto della missione, più agli evangelizzatori e alle condizioni in cui essa si

svolge che al suo contenuto.

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stesso, è tuttavia automaticamente e da stesso che spunta. Dopo aver gettato il seme il seminatore può anche andare a dormire, la vita del seme non dipende più da lui. Quando questo seme è «il seme caduto in terra e morto», cioè Gesù Cristo, niente potrà impe-dire che esso «porti molto frutto». Si possono dare di questi frutti tutte le spiegazioni che si vogliono, ma esse resteranno sempre alla superficie, non coglie-ranno mai l’essenziale. Chi ha colto con lucidità la priorità dell’oggetto dell’annuncio sul soggetto è l’apostolo Paolo. «Io – dice – ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere». Sembra un commento alla parabola di Gesù. Non si tratta di tre operazioni della stessa importanza; l’apostolo aggiunge infatti: «Ora, né chi pianta né chi irriga è qualche cosa, ma chi fa crescere: Dio» (1Cor 3,6-7). La stessa distanza qualitativa tra il soggetto e l’oggetto dell’annuncio è presente in un’al-tra parola dell’Apostolo: «Questo tesoro lo abbiamo in vasi di terra, affinché appaia che questa potenza

straordinaria proviene da Dio e non da noi» (2Cor 4,7). Tutto questo si traduce nelle esclamazioni programmatiche: «Noi non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore!», e ancora: «Noi predichiamo Cristo crocifisso». Gesù ha pronunciato una seconda parabola basata sull’immagine del seme, il piccolo granello di senapa, che spiega il successo della missione cristiana e di cui si deve tenere conto oggi, di fronte all’immane compito di rievangelizzare il mondo secolarizzato. L’insegnamento che qui Gesù ci dà è che il suo Vangelo e la sua stessa persona sono quanto di più piccolo esista sulla terra, perché non c’è nulla di più piccolo e di più debole di una vita che finisce in una morte di croce. Eppure questo piccolo «granello di senapa» è destinato a diventare un albero immenso, tanto da accogliere tra i suoi rami tutti gli uccelli che vi si vanno a rifugiare. Tutta la creazione, assolutamente tutta, andrà a trovarvi rifugio.

Da 34 anni Predicatore della Casa Pontificia P. Raniero Cantalamessa (nella pagina precedente) ha lasciato l’insegnamento per dedicarsi a tempo pieno al ministero della Parola. È stato nominato da Giovanni Paolo II Predicatore della Casa Pontificia nel 1980 e confermato in tale carica da Benedetto XVI nel 2005. Il 18 luglio 2013 è stato confermato da papa Francesco nell’ufficio di Predicatore della Casa Pontificia.

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Quando la generositàvalica ogni confineEdda Guerro “Madrina d’Etiopia”: venticinque anni e una catena di seicento adozioni a distanza. A lei il conferimento del premio civico “Spontini d’Oro”.

di Marco Palmolella

Domenica 2 febbraio, presso il Teatro comunale di Maiolati si è svolta la cerimonia di conferimento della Civica Benemerenza “Spontini d’Oro”, giunta alla quarta edizione, all’interno di una cornice musicale veramente originale, il concerto delle bande musicali maiolatesi. È stata una grande festa cittadina per le oltre cinquecento persone che come spettatori, musi-canti o cittadini premiati hanno dato lustro all’evento. Una comunità unita nella musica e nel senso civico. Tra le due parti del concerto è stato consegnato dal sindaco Giancarlo Carbini il premio civico “Spontini d’Oro”. La commissione comunale ha esaminato i molti curriculum dei candidati e, come ricordato dal sindaco, «ogni anno si scopre il buono e il bello presente nella nostra comunità che a volte non fa notizia. Il nostro Comune - ha poi proseguito il primo cittadino - ha notevoli attività di volontariato dimostrando generosità e animo forte». Il primo dei tre riconosci-menti è andato alla signora Edda Guerro, madrina dell’Etiopia, per aver svolto una costante azione nel campo delle adozioni a distanza a vantaggio del lavoro dei Cappuccini delle Marche, impegnati nelle missioni in Etiopia e

rappresentati in sala da padre Francesco Pettinelli. Così hanno scritto di lei nella lettera di presentazione per il conferimento del premio: «Sempre disponibile a raccontare quello che succede in Africa, soprattutto in Wolaita e nel Benin, con semplicità, passione e tra-sparenza la signora Edda Guerro propone le adozioni a distanza di piccoli orfani e il sostegno a progetti di sviluppo sociale. I missionari Cappuccini delle Marche la chiamano “Madrina dell’Etiopia” anche se lei non è mai scesa nel continente africano. Stava per acqui-stare un altro televisore per la sua casa quando sentì nel cuore che quei soldi avrebbero fatto più felice un bambino lontano e senza il necessario per vivere.

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E così, da quella prima adozione a distanza di Edda e della sua famiglia, ne sono nate seicento a Moie e nella Vallesina e sono scaturite tante gocce di generosità di persone che hanno aperto il loro cuore, con il coraggio di concepire la vita andando verso nuovi orizzonti di impegno e di condivisione. Le storie raccolte da Edda sono le più diverse: coniugi che, dopo la laurea dei loro figli, hanno scelto di offrire a un piccolo africano la possibilità di studiare; famiglie che hanno deciso di ridurre l’importo dei regali natalizi per regalarsi insieme un’adozione a distanza; aziende che hanno pro-mosso una lotteria per le missioni nella cena di fine anno; coppie che per festeggiare il proprio anniversa-rio hanno destinato un’offerta a un progetto missionario; familiari che in memoria dei loro defunti hanno attivato una raccolta per l’Africa».Al termine della serata, è stata lei, la nonna dei bambini con la pelle nera, a ringraziare tutti per le tante adozioni a distanza che ha potuto portare avanti in questi anni, a sostegno del lavoro dei Cappuccini.

Un televisore in meno e seicento bambini adottati

In alto, Edda Guerro nell’atto di ricevere dal sindaco Giancarlo

Carbini il premio “Spontini d’oro”per il suo generoso impegno a favore

delle adozioni a distanza.

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Dieci anni di vitadella fraternità di Ina La giovane fraternità di Ina celebra quattro importanti occasioni, che hanno segnato la storia del suo primo decennio di vita.

di fra Luigi Coppari

Dieci anni, dal novembre del 2003, sono trascorsi fino all’ultimo novembre, occasione per celebrare l’affidamento ai Frati Cappuccini della parrocchia di Sant’Andrea di Ina. Altre occorrenze si sono somma-te in questi anni per le quali vale la pena dire grazie al Creatore: i dieci anni di sacerdozio di fra Aubin, primo sacerdote cappuccino del Benin, i dieci anni di Professione perpetua di fra Auguste e l’ordinazio-ne di Edgar Toungou. Quattro belle circostanze che hanno contribuito a rendere solenne la festa a Ina, tenutasi nei giorni 30 novembre 2013 e 1 Dicembre 2014. Chi celebra si ricorda e ringrazia. La fraterni-tà di Ina ringrazia tutti quelli che hanno partecipa-to al suo sviluppo, in particolare i primi missionari, fra Giansante Lenti, fra Vincenzo Febi, fra Auguste

Agounkpé, e tutti i benefattori che con il loro aiuto hanno reso fruttuoso lo zelo dei frati. Impegnati in ogni genere di attività, dall’evangelizza-zione alle opere sociali per accrescere la qualità della vita dei loro vicini, hanno aiutato la città di Ina a co-noscere la fede cristiana, vedendo sbocciare il primo germoglio delle loro fatiche: l’ordinazione sacerdotale di un suo figlio, Edgar Toungou, primo seminarista diocesano e nativo della parrocchia, ordinato nella festa di Sant’Andrea dal vescovo Martin Adjou. Gli attuali religiosi della fraternità di Ina si augurano che questa bella tappa, che ha ricordato il lavoro svolto fin qui dai pionieri missionari ed altri che li hanno seguiti, costituisca un momento di rilancio pastorale per tutta la vasta zona di Ina.

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Un triplice sì che fa gioire

Tre giovani frati del Benin hanno emesso i voti perpetui nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini.

di fra Maxime Djossa

L’Ordine dei Frati Minori Cappuccini ha accolto per sempre i frati Michel Goncalves, Armel Fakeye e Félix Aimianhin, che domenica 6 ottobre 2013 hanno emesso i voti perpetui nella cappella di San Francesco d’ Assisi a Donaten. «Nei nostri giorni – hanno detto i tre al termine delle celebrazione – dove attorno al fuoco della modernità, ci vengono dette storie di un mondo pieno di angoscia, violenza, ansia, un mon-do assetato di amore ma che soffre con amarezza, abbiamo una storia diversa da raccontare: quella della speranza e dell’amore. Possiamo ancora fare di questo un mondo migliore. Ecco il messaggio che vogliamo i nostri voti stampino nei vostri cuori». La celebrazio-ne è stata presieduta da fra Jean-Bertin Nadonye, Definitore generale per l’Africa, il quale nell’omelia ha individuato nella piccolezza di san Francesco la via dell’umiltà che consente di essere riempiti dalla grazia di Dio. Come San Francesco, ha insistito sul fatto che la via della croce è la sola che renda la nostra lode al Padre autentica. Si è servito poi dell’immagine

dell’anziano in Africa per illustrare ciò che si divie-ne con i voti perpetui; come il più anziano, i tre sono chiamati a dare l’esempio, a non deludere, e questo non può essere fatto che nel voto di obbedienza vissuta pienamente. Rivolgendosi ai neoprofessi, fra Jean-Bertin ha raccomandato che la gioia di questa giornata rimanga per sempre nei loro cuori e ha invita-to i genitori a comprendere che la consacrazione di un figlio rappresenta una benedizione per la famiglia. Essi, pertanto dovrebbero evitare di prendere con la mano sinistra ciò che hanno donato con la destra. La cele-brazione si è conclusa con la richiesta dei neoprofessi: «Pregate per noi e con noi, così che man mano che cresciamo, si manifesti nella nostra vita la specifica vocazione che Dio ci ha preparato nell’Ordine dei Frati Cappuccini. Un ringraziamento particolare dal profon-do del cuore a Alberto Rossetti, Maria Bonifazi Braca-lente, Romano e Loredana Simonetti con l’augurio che non si stanchino di aiutarci a crescere nella vigna del Signore e siano da lui ricompensati con il centuplo».

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Mi sono avvicinata alle Missioni Estere dei Cappuccini circa 10 anni fa’, quando decisi di iniziare un’adozio-ne a distanza. Da allora ogni volta che arrivavano le foto di quel piccolo bambino, ogni anno sempre più grande, o notizie sulla missione in Etiopia, pensavo: “però...sarebbe bello andare una volta giù”. Poi l’oc-casione è venuta per caso, una mattina leggendo in un bar degli incontri mensili “Gio-vani per le Missioni” e sono andata. Ad ogni incontro ero sempre più convinta di partire davvero perché vedevo negli occhi di chi ci parlava della sua esperienza in Africa una luce particolare, e allora pensavo: “se è davvero così come dicono devo andare a vedere anch’io”. E così è arrivato il 14 novembre giorno della partenza in Etiopia, l’inizio dell’esperienza più forte ed emozionante della mia vita. È diffi-cile dover scegliere tra i tanti momenti indimenticabili di questo viaggio: il sorri-so dei bambini che ci ha accolto ad ogni

nostra visita negli asili, il sorriso degli anziani e la loro forte stretta di mano durante lo scambio della pace nelle messe celebrate insieme alle comunità locali, le bellissime messe a cui abbiamo partecipato in cui si respirava davvero il bisogno di tutta la comunità di incontrarsi con il Signore, l’impegno assiduo dei mis-

Un’esperienzadi vita, di cuore, di animaRacconti da un’esperienza in terra di missione.

di Letizia Maccaroni

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sionari che ci hanno seguito in questo viaggio (Gino e Pacifico prima di tutti) e il loro amore per questa terra, l’esperienza di fraternità vissuta insieme con i com-pagni di questa avventura nella missione di Konto. Sicuramente i due momenti più emozionanti per me sono stati l’incontro con i due bambini adottati a distanza, Asfaw ormai 16enne e Yimima di 5 anni. Il loro abbraccio è stato indimenticabile, i loro occhi

e i loro sorrisi mi hanno riempito di una gioia tutta nuova mai provata prima, la conferma ancora una volta che l’adozione a distanza è stata una scelta più che giusta e ben riposta. Questa esperienza mi è si-curamente servita a rista-bilire un ordine di priorità nella mia vita che forse si era perso in cose futili ed in rapporti a volte poco sinceri, ad apprezzare di più le piccole cose che per noi sono scontate

ma che per quel popolo, estremamente povero ma dignitoso, non lo sono affatto. Un ultimo pensiero è tutto per i miei compagni di viaggio, senza di loro credo non sarebbe stato lo stesso. Persone speciali...accanto ad ogni immagine di questo viaggio c’è a suo modo uno di loro, e se sicuramente un pezzettino del mio cuore è rimasto giù a Soddo, è altrettanto sicuro che porterò nel mio cuore sempre ognuno di loro. Grazie davvero alle Missioni Estere Cappuccini.

Ogni volta pensavo: “sarebbe bello andare giù” In alto a sinistra, la celebrazione della

Messa all’interno di una capanna. In basso, Letizia insieme ai bambini dell’Etiopia.

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di Laura Tarquini

Avete presente quei sogni che si hanno in mente e si accanto-nano, con la speranza che un giorno, forse, qualcuno li realizzerà per voi? Beh, io sono dell’opinione che se si ha un sogno, nei limiti del realizzabile, non bisogna rimandarlo, ma realizzarlo! È così che ha avuto inizio la mia esperienza. Non nego dubbi ed incertezze prima della partenza, ma forza di volontà e motivazione andavano oltre. Tutto infatti è svanito il 14 novembre 2013, quando eravamo pronti per decollare. Ed eccoci in Africa. Ancora ho i brividi, ero incredula, tutto stava avendo inizio! Alla capitale, Addis Abeba, non ci si rende conto di essere in Africa, come si è soliti vedere in televisione, ma tutto cambia quando si viaggia verso Soddo, nostra meta missio-naria. Paesaggi, alberi, distese affascinanti che ti

ten

tengono sveglio benché la stanchezza del viaggio si faccia sentire. Tutto questo bellissimo paesaggio viene ridipinto, quando i protagonisti sono le persone stesse: uomini, donne, ma soprattutto loro, i bam-bini. Loro che ti salutano per minuti, fino a quando riescono a vederti; loro che sorridono pur nella palese povertà; loro che giocano e si divertono con niente; loro che portano a pascolare il bestiame o che vanno a prendere l’acqua, scalzi, soli, ma con il sorriso;

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loro che vanno aiutati e mai dimenticati; loro che sono nel mio cuore e ai quali vanno il mio pensiero e le mie preghiere. Ricordo il primo incontro nella scuola montessoriana delle suore, quando ti trovi a poter condividere con i piccoli anche solo pochi minuti e ti accorgi di affezionarti a loro, così tanto, che ti viene il nodo alla gola al momento di lasciarli. Ricordo una santa Messa, con brividi lungo tutto il corpo per il coinvolgimento, con canti, battito di mani, sorrisi, lacrime, preghiere, fede, tanta fede, una fede disar-mante e affascinante! Ci sarebbero migliaia di cose

da raccontare, ma vi lascio un po’ di cu-riosità, invitandovi a partire, se potete; altrimenti fermatevi ogni tanto, come state facendo ora con me, a riflettere su ciò che il Signore vi ha donato: la vita, la vostra vita. Fate-ne tesoro, facendo esperienze magni-

fiche e significative. Non posso nascondere che ritornare alla realtà italiana non è stato facile, soprattutto per chi, come me, lavora con i bambini. La pace, la quiete, la semplicità che si respiravano in Africa ti fanno riflettere. È stato un po’ come conoscere se stessi, conoscere gli altri e condividere insieme qualsiasi momento della giorna-ta. Io ho avuto la fortuna di conoscere persone spe-ciali, ognuna con la sua storia e con le sue emozioni. Colgo l’occasione per ringraziarle, non le dimenticherò mai, sono nel mio cuore. Un’altra fortuna è stata quella di condividere questo viaggio con il mio ragaz-zo Alessandro e speriamo presto di poterci ritornare. Quanto vi ho raccontato, mi piace sintetizzarlo così: «un'esperienza di vita, di cuore, di anima».

Un sogno non bisogna rimandarlo ma realizzarlo

In alto a sinistra, Laura e Alessandro con una bambina

etiope; in basso tutto il gruppo accompagnato dai missionari

p. Tommaso Belletti e p. Vittore Fiorini. In alto a destra, il gruppo in viaggio con p. Samuele Casali.

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Ci ha lasciato proprio alla vigilia di Natale, all’età di 94 anni, don Lauro Cingolani, figura di spicco e per questo uno dei sacerdoti più noti della città di Recanati e dintorni. Io l’ho incontrato per la prima volta quand’era già parroco della cattedrale (lo è stato dal ’50 al ’97) insieme a un’allora folta schiera di preti che si radunavano

per un corso di aggiornamento biblico. Non era un uomo di punta, schierato per gli uni contro gli altri, al contrario moderato, rispettoso, attento a quanto circolava nel contesto ecclesiale e cittadino. Più pronto a capire che a rifiutare; un atteggiamento equilibrato che gli ha consentito di trovarsi alla direzione di svariate associazioni.

Pur non essendo un accademico è stato ugualmente un punto di riferimento dottrinale e culturale cittadino. Il “Gemellaggio Loreto-Nazaret” e la “Corale Virgo Lauretana” guidate o promosse da lui, segnalano qualcosa di più di un puro interesse devozionale. Altri si incaricheranno di ricordare le varie funzioni e le molteplici

Don Lauro amico dei Cappuccini, benefattore delle missioniPieno di gratitudine il ricordo di don Lauro Cingolani, che con costante dedizione ha profuso il suo impegno a favore delle nostre missioni, lasciando un ricordo indelebile di sé.

di fra Ortensio da Spinetoli

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benemerenze accumulate nei confronti della città e della diocesi di Recanati, della chiesa locale come nei riguardi dei recanatesi; a noi, in questa rivista, interessa far conoscere lo specialissimo rapporto che ha sempre avuto con i Cappuccini. Non era solo un gradito ospite, ma semplicemente uno di casa. Non c’era frate che egli non conoscesse e dal quale non era conosciuto. Quando i Cappuccini marchigiani aprirono la missione in Etiopia egli non potè non esserne contento e si trovò pienamente schierato a suo favore allorché nel 1987 divenne responsabile del “Segretariato delle Missioni Estere” con residenza a Recanati. Don Lauro si trovò a fianco di padre Augusto Silenzi con tutto il suo impegno, coinvolgendovi l’intera parrocchia quando questi inaugurò “le giornate missionarie, i capitoli dei “Progetti” e delle “Adozioni a distanza”. Costituì il gruppo degli “Amici della missione” i quali con le loro personali elargizioni, don Lauro in prima fila, e la raccolta di offerte, garantivano un cospicuo contributo alle missioni. Cominciò a unirsi al gruppo di quanti

annualmente salpavano per quelle terre lontane per constatare i bisogni degli operai evangelici che qui lavoravano e della gente che essi assistevano. Vi andò per circa quindici volte, legando sempre più la sua persona ai missionari e alle varie attività che svolgevano. Anche laggiù passava per uno di casa ma uno di quelli che non

fanno sentire il peso bensì i benefici della sua presenza. Don Lauro aveva ricevuto il titolo di Monsignore, ma non si può dire che se ne sia mai servito. Appariva piuttosto semplice, quasi dimesso. Era un pastore d’anime, ma di quelli, come si dice attualmente, che hanno odore di pecora più che

di salotto, uno che si preoccupa più di accompagnare che di condannare quanti si rivolgono a lui. Ogni anno lo si vedeva prendere parte alle “giornate missionarie” e dal palco come dalla platea faceva pervenire a tutti il suo cordiale e sorridente saluto, la sua testimonianza a favore dei missionari dei quali parlava

con ammirazione e contagioso entusiasmo. La grande sintonia che si è instaurata tra il Centro missionario e le istituzioni civili cittadine si deve alla rinomanza dell’allora presidente padre Gianfranco Priori, mai senza però il patrocinio di don Lauro. Il sacerdozio non ha creato don Lauro, ha solo consolidato ciò che madre natura, il paese d’origine, i familiari, i genitori, avevano costruito. Un nome che

rimarrà benedizione oltre i confini della sua terra, soprattutto in due nazioni del continente africano, l’Etiopia e il Benin. “Deo gratias” “et Mariae” aggiungeva lui.

Un sacerdote sempre dedito alla missione A sinistra don Lauro a Dubbo (Etiopia) nel 2000

in occasione dell’inaugurazione della clinica della maternità poi divenuta ospedale. Sopra

don Lauro in visita alle missioni accolto da Mons. Domenico Marinozzi, allora vescovo del

Vicariato apostolico di Soddo-Hosanna.

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La Madonna di Loretoa Fontana CandidaLe attività missionarie sotto la protezione della Beata Vergine.

di Franco Pigotti

Sabato 12/10/2013 finalmente dopo tanti prepa-rativi e tanta attesa è arrivata la Madonna di Loreto a Fontana Candida, quartiere di Roma situato al km15,300 della via Casilina. Tutti gli abitanti con il loro parroco don Mario Pasquale erano ad attenderla, con la croce e le candele accese in mano, all’ingresso del quartiere, la rotonda di largo Monet. Alle ore 20 precise lei è apparsa dal buio di via delle Due Torri, posta sopra il tetto di una vettura illuminata, sem-brava volasse. Personalmente io che ero alla guida dell’auto che trasportava la statua sono stato preso da una tale emozione che avrei voluto fermarmi, ma quando sono giunto vicino alla gente ho nota-to che più o meno tutti erano nelle mie stesse condizioni, e tutti con le lacrime agli occhi.Dopo avere fatto scendere la statua dal tetto della vettura il parroco l’ha presa in consegna, e insieme a p. Nazzareno Pigotti, venuto ad accompagnare la statua e alle quattro signore preposte per il trasporto a spalla, ci siamo incamminati lentamente lungo la grande via che attraversa tutto il quar-tiere in direzione della nostra parrocchia, facendo tre soste in modo da dare occa-sione alla gente di stare vicino alla statua e ai sacerdoti, di fare tutte le preghiere mentre la gente dai balconi illuminati da ceri gridava "Viva Maria". Ci ha fatto da scorta anche un gruppo di motoci-

clisti coordinati dal maresciallo dei carabinieri Aniello Umberto, nostro condomino. Le moto poi dopo aver svolto il sevizio d’ordine insieme alla pattuglia dei vigili urbani e ad alcuni volontari del “Gruppo adozioni a distanza S. P. Pio Fontana Candida”, si sono schie-rate su due file parallele all’ingresso della chiesa, per rendere omaggio col rombo dei loro motori, al pas-saggio della Madonna. La statua ha raggiunto così la nostra chiesa intitolata a San Bernardino da Siena e vi è rimasta fino a giovedì 17/10/2013, trasformando così la nostra parrocchia in un piccolo santuario, dove la gente del quartiere, ma anche da fuori, alcuni anche da molto lontano, sono potuti venire a pregare la

Madonna Nera. La chiesa è sempre stata aper-ta dall’alba al tramonto e nel frattempo sul

sagrato della chiesa si è svolto un mercatino di beneficenza a favore dei nostri missio-nari, i Frati Cappuccini delle Marche che operano in Etiopia e in Benin, i quali con il ricavato del mercatino potranno finanziare e realizzare uno dei loro numerosi progetti. La mattina del 18/10/2013 la statua della Madonna è stata ricondotta a Loreto dalle stesse persone che l’avevano accompa-gnata all’andata. Approfitto di questo giornale per dire quello che avrei voluto

dire al microfono in chiesa e che pur-troppo, per la troppa commozione non

sono riuscito a dire. Innanzitutto rin-

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Franco Pigotti, insieme alla moglie Angela, da circa trent’anni collaborano con impegno e fedeltà, con il Segretariato dei Cappuccini delle Marche. Si sono sempre distinti per generosa operosità, nelle varie iniziative a sostegno dell’Etiopia e del Benin. Franco ha dato sempre la massima disponibilità per qualsiasi servizio richiesto dal Segretariato. Spesso si è recato all’Ambasciata Etiopica di Roma per la vidimazione dei passaporti relativi ai gruppi, che ogni anno visitano la nostra missione del Wolaita, in Etiopia. Angela, ha sempre accolto nella sua casa, con tanta affabilità, tutte le persone che per vari motivi si sono rivolti a loro, deliziandole con la sua “ottima cucina”.

graziare don Mario per il suo consenso e per la sua grande disponibilità, poi la squadra dei motociclisti, i commercianti, quelli che si sono occupati dei fuochi pirotecnici, tutto il “Gruppo adozioni a distanza S. P. Pio Fontana Candida” che si è reso disponibile per la processione, il gruppo della parrocchia che si è occupato del trasporto della statua, la sig.ra Dina che si è occupata di preparare e adornare di fiori della statua, Claudio che mi ha accompagnato nei due viaggi per prendere e riportare la statua.Ringrazio, infine, ma molto più calorosamente, tutti quelli che hanno partecipato con la loro presenza e le loro preghiere, soprattutto quelle persone che per motivi di deambulazione non possono più partecipare al pellegrinaggio a Loreto, la Madonna l’ho voluta portare soprattutto per loro. Con tutti gli altri, l’appuntamento rimane fissato come tutti gli anni per la seconda domenica di maggio, sempre se Dio vorrà. Ricordo a tutti che le missioni e le attività missionarie che si svolgono a favore di chi soffre, in particolare nelle zone dove sono i nostri missionari, cioè in Etiopia e Benin, sono sotto la protezione della Beata Vergine di Loreto. Pregate per loro e cercate di sostenerli sempre. Pace e bene.

La Madonna di Loreto visita la parrocchia di San Bernardino da Siena Nella foto in alto la chiesa parrocchiale

con il parroco don Mario Pasquale e il collaboratore delle nostre missioni

Franco Pigotti.

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Fare il futuro con:la Bellezza, la Bontà,la VeritàSalire sul monte per essere più vicini alla luce, discendere dal monte per irradiare la lucericevuta. È l’esperienza del Ritiro di Quaresima che molti ragazzi da tutte le Marche hannovissuto a Loreto il 15-16 marzo.

Mondo Giovani ..

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Fare il futuro con:la Bellezza, la Bontà,la VeritàSalire sul monte per essere più vicini alla luce, discendere dal monte per irradiare la lucericevuta. È l’esperienza del Ritiro di Quaresima che molti ragazzi da tutte le Marche hannovissuto a Loreto il 15-16 marzo.

di suor Paola Resta

«Fare il futuro con la Bellezza, la Bon-tà, la Verità»: sono parole di papa Francesco a un gruppo di giovani di una parrocchia romana e sono diven-tate per noi il filo conduttore del no-stro percorso. Dove si parla di bellezza nel Vangelo? Sul monte della Trasfi-gurazione: «È bello per noi stare qui», esclama Pietro. Ma la voce dalla nube precisa che ciò che conta non è il “qui”, quanto lo stare con il Figlio e ascoltare la sua Parola. Sul monte della trasfi-gurazione Gesù rimanda però anche a un’altra bellezza, che va contro le apparenze umane, ma altrettanto lu-minosa: quella che si manifesterà nel suo “esodo” a Gerusalemme, su un altro monte, il Calvario. La bellezza di chi, per amore, dona la vita; la bellezza del dono che manifesta la misericor-dia del Padre. Nel sacramento della riconciliazione, dopo aver adorato la croce, contempliamo e gustiamo la bontà di Dio che ci accoglie con tene-rezza e ci fa vedere con bontà i limi-ti del nostro peccato, bruciandoli nel fuoco del suo amore. Infine, insieme scopriamo la necessità della discesa dal monte, cercando come vivere nella verità il nostro essere discepoli di quel Dio di cui abbiamo gustato la bellezza e la bontà, nella cornice gioiosa della fraternità.

Mondo Giovani ..

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di Alessandra Saltamartini

“Fare il futuro con la Bellezza, la Bontà e la Verità”, è stato il titolo del ritiro di Quaresima a Loreto, organiz-zato dal Centro di Pastorale Giovanile-Vocazionale dei Frati Cappuccini delle Marche. Loreto non è una città come tante: essa ospita la casa nella quale Maria ha detto “Sì” al progetto di Dio, ovvero ha risposto a una vocazione che ha avuto delle ripercussioni non solo

per il suo futuro, ma anche per quello dell’umanità intera. Così, anche noi giovani, venuti da tutte le Mar-che, accompagnati dall’animatrice del ritiro Suor Paola e dagli altri frati, abbiamo meditato e pregato sulla chiamata alla costruzione del nostro futuro e di quello del mondo, secondo tre specifici criteri di cui ha par-lato Papa Francesco: la Bellezza, intesa come amore donato fino al sacrificio di sé; la Bontà, come tenerezza infinita di un Padre per il figlio; la Verità, come presenza viva di Gesù nelle nostre vite. Criteri e parole che trova-no senso e concretezza nella croce di Cristo. Proprio la croce è stata al centro del nostro ritiro: abbiamo chiesto la grazia di contemplarla, per vedere in essa il segno della morte che conduce alla risurrezione, della

Nello splendido luogo del Centro Giovanni Paolo II di Montorso...

Giovani da tutte le Marche per costruire la fraternità...

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Riflessione, silenzio, dialogo, preghiera, confronto e un pizzico di gioco!...

Pesaro, Ascoli, Civitanova, Offida, Montelupone, Jesi...

“Piccoli passi possibili” per rendere la santità “quotidiana”...

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bruttezza che enuclea la vera Bellezza, della sofferenza dalla quale scaturisce la Bontà, della contraddizione che conduce alla Verità. Ma non è semplice capire o accettare tutto questo! Anche di fronte a risposte ben formulate come quelle forniteci dagli animatori, tante domande permangono nel cuore di ognuno di noi e nuovi dubbi si affacciano alle nostre menti. Quello che resta da questo, come dagli altri ritiri, è la consapevo-lezza che Dio ci chiama a fare cose grandi ma possibili! Soprattutto, nel complicato cammino della vita, non siamo mai soli: il Signore ci è sempre accanto, pos-siamo sentirlo attraverso i fratelli ed invocarlo in ogni istante, specie nelle difficoltà. Abbiamo Maria che è nostra madre, oltre che il nostro modello per arrivare a fare ciò per cui siamo chiamati. Occorre solo il nostro “Eccomi, si compia in me la tua parola”.

L’eucaristia: uniti a Cristo e tra di noi...

La consegna di suor Paola alla discesa dal monte...

In cammino verso il luogo del sì di Maria...

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Fiaccolata notturna al chiaro di luna...

“Salvate i momenti forti e i momenti forti salveranno voi”...

“Piccoli passi possibili” per rendere la santità “quotidiana”...

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Noi giovani: canne al vento?Luogo comune o reale condizione, la fragilità connota l’universo giovanile in un’altalena di speranze e delusioni.

di Claudia Doria

Noi giovani ci lasciamo trascinare dall’entusiasmo del momento quando intraprendiamo un nuovo progetto e difficilmente una lucida analisi dei rischi riesce a dissuaderci. Curiosi della vita e desiderosi di sperimentare, sovente ci dirigiamo verso strade a noi ancora ignote, là dove quasi mai è agevole camminare. Con coraggio e tenacia ci avvinghiamo alla vita e custodiamo gelosamente nei nostri cuori sogni e speranze per il futuro. Ogni giorno ci scontriamo, però, con una realtà non facile e qualche volta cediamo al peso delle avversità: ecco allora che mostriamo le nostre fragilità e insicurezze. Ad esempio, la frustrazione di non svolgere un’occupazione che realizzi le proprie aspirazioni o, peggio ancora, l’angoscia di non trovarne una che consenta di rendersi economicamente autonomi dalla famiglia

d’origine. A sua volta, tale precarietà lavorativa incide su un eventuale progetto di coppia, limitandone pesantemente le possibilità di una concreta attuazione. A queste problematiche si somma poi la difficoltà di trovare il proprio posto e ruolo all’interno della società. L’animo, instabile ed oscillante tra essenza ed apparenza, è straziato da questa lotta continua e latente, che in alcune situazioni ci induce a cedere a compromessi o persino a rinnegare il nostro modo di essere per sentirci integrati con l’ambiente circostante. Noi giovani siamo come canne al vento, immagine deleddiana allusiva alla condizione umana e, in particolare, a quella giovanile. Non sappiamo quando spirerà il vento, tantomeno da quale direzione giungerà, così esso senza preavviso ci sconvolge, perturbando il nostro fragile equilibrio e schiacciandoci

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al suolo. Tuttavia, al pari dei giunchi, estremamente flessibili, sebbene ci pieghiamo, non ci spezziamo e dopo una caduta sappiamo rialzarci. Verrebbe da chiedersi allora qual è il nostro appiglio, cosa ci tiene ancorati al terreno. Essere in grado di rispondere a tale interrogativo vorrebbe dire aver compreso il senso della propria vita. Lo scrittore Milan Kundera descrive il quotidiano stato di smarrimento provato dall’uomo di fronte agli eventi presenti, condizione tipica soprattutto di quei giovani che sono ancora alla ricerca della loro vocazione: «L’uomo attraversa il presente con gli occhi bendati. Può al massimo immaginare e tentare di indovinare ciò che sta vivendo. Solo più tardi gli viene tolto il fazzoletto dagli occhi e lui, gettato

uno sguardo al passato, si accorge di che cosa ha realmente vissuto e ne capisce il senso». Se si riuscisse a trovare il senso della propria esistenza, nessuna benda probabilmente ci impedirebbe la visuale; ne conseguirebbe che potremmo goderci meglio il viaggio, proseguendo con minori incertezze e intenti a contemplare le piccole grandi meraviglie di tutti i giorni.

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Giovani, fede e universitàCrocevia di molteplici opinioni, l’università diventa il luogo in cui molti giovani vivono la loro fede. La testimonianza di chi vive questa realtà.

di Federico Pasquali

Agosto duemilaundici. Parto per il Benin, terra di mis-sione in cui da più di due decenni operano i Cappuccini delle Marche. Nel convento di Cotonou, capitale della nazione africana, incontro un frate beninese e con lui scambio due battute che ancora oggi ricordo con gioia: - Se ti venisse chiesto di trasferirti in Italia? - Non vedo nessun problema! - Ma come? Starai lontano da casa, dai tuoi cari, in un ambiente mol-to più freddo (in tutti i sensi), con un’altra lingua e cultura. - Un gatto miagola sia in Europa sia in Africa! Rimango senza parole, quasi atterrito dalla sua affermazione, e solo il tempo mi ha aiutato a comprendere la forza di questa testimonianza. Ho incontrato davvero un Cristiano con la C maiuscola! Ciò mi ha condotto a riflettere che dovunque si trovi un cristiano tale deve rimanere e il suo compito non cambia. L’uomo è cristiano in virtù di Cristo e per Cri-

sto e la sua vocazione principe è quella di amare Dio e i fratelli, in qualunque luogo e in qualunque tempo. Il luogo e il tempo in cui vive è il mezzo concreto che gli viene dato per giungere al vero Amore. Ma veniamo a me. Università. Piattaforma utile a emancipare l’uomo e a caratterizzarlo in maniera irreversibile: dottore, avvocato, ingegnere, ecc. Ho scelto l’università quale naturale prosieguo agli studi precedentemente com-piuti e via per una ulteriore specializzazione, ed essa è divenuta il luogo per esercitarmi ad amare. Man mano che faccio un passettino a livello spirituale, è proprio lì che ne cerco il riscontro e provo a farne esperienza. Università. Una grande piazza in cui molte religioni, culture, ideologie e soprattutto persone si incontra-no e trascorrono gran parte della loro giornata. Ogni giorno mi porto e ci porto dentro molte domande che mi spronano a vivere il vangelo: chi ho a fianco?

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«La prima condizione perché il dialogo sia possibile

è il rispetto reciproco, che implica il dovere di

comprendere lealmente ciò che l’altro dice».(Norberto Bobbio)

vivo, purtroppo, quasi quotidianamente con un compagno in un corso di progettazione in cui si lavora in gruppo. Un ragazzo, con il quale faccio gruppo fisso già da un paio di anni, è indifferen-te a ogni domanda di senso che gli si presenti e con lui non riesco a parlare d’altro fuorché di lavoro, non riesco a trasmettergli quello che dà senso alla mia vita. Proprio per questo a volte provo un profondo sconforto e l’unica cosa che mi risolleva è la speranza che c’è un motivo, an-che se ancora non lo colgo, per cui Dio me lo ha posto a fianco. Naturalmente vivo anche espe-rienze molto belle ed edificanti. Ne racconto una particolarmente curiosa: frequento un corso di inglese e come insegnante ho un professore che oltre ad insegnare inglese cerca di instaurare un rapporto vivo con i suoi studenti e di spronarli in tutti i modi. Ho scoperto che accetta i van-geli, quindi Cristo, ma non la Chiesa. Una mat-tina, all’università, dove si riunisce un gruppo di studenti di CL che recita quotidianamente le lodi e al quale a volte mi aggrego, per puro caso, incontro questo professore che mi chiede cosa faccio lì a quell’ora. Iniziamo un colloquio molto interessante che per sommi capi trattava delle origini della Chiesa e il perché del bisogno di una figura come quella del Papa. Il dialogo mi ha dato stimolo, entusiasmo e curiosità di appro-fondire gli argomenti trattati. Queste e molte

altre esperienze mi fanno comprendere che la condivisione e la comparteci-pazione di diverse esperienze pos-sono diventare un mezzo privilegiato per la crescita di ognuno. È così che comprendo e vivo sempre meglio la fraternità. In conclusione, credo che un cristiano, nel rispetto di chi ha di fronte, debba essere sé stesso sem-pre e ovunque e condividere le proprie esperienze sempre e con chiunque.

Che persona è? Perché Dio me lo ha messo a fian-co? Cosa posso donargli e cosa posso ricevere da lui? Come posso amarlo? Vorrei amare tutti quelli che ho intorno come ci ama il Signore, ma troppo spesso mi trovo di fronte ai miei limiti. Ne rivelo tre. Poca chiarezza. Gli altri sanno chi sono, cosa sono, ma non conoscono il perché lo sono. Forse per colpa della loro indifferenza o molto più semplice-mente per la mia poca gioia e ancor meno capacità di trasmetterla. Forse è questo il vero problema! Finiamo così per esserci indifferenti o addirittura di intralcio perché non riusciamo a intessere una relazione viva. Riporto un'esperienza difficile che

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«L’importante è fare scelte concrete e lì indirizzare con fiducia le nostre energie»Nell’aprile del 2015 avrà luogo il “Capitolo straordinario” dei Cappuccini delle Marche. Intervista al Ministro provinciale in preparazione a questoevento importante per fornire indicazioni e piste operative per il futuro.

Intervista di fra Sergio Lorenzini

P. Giulio Criminesi è Ministro pro-vinciale dei Cappuccini marchigiani dal 2010, dopo essere stato con-fermato nel suo servizio nell’ultimo capitolo dell’aprile 2013. Si accinge ora, insieme alla sua Provincia religiosa, a preparare e guidare il prossimo Capitolo straordinario,

che dovrà affrontare questioni decisive per la futura fisionomia della Provincia Picena. Sulla scia di questo percorso preparatorio, con lui apriamo una discussione che ci condurrà all’avvenimento capitolare. Iniziamo dal termine: “Capitolo straordinario”. Puoi spiegare ai non addetti ai lavori cosa espri-mono queste due parole? Il capitolo dalla nostra legislazione è inteso come l’espressione più alta di unità e fraternità dei frati di tutta la Provincia. Generalmente ha lo scopo di eleggere i superiori che dovranno guidare la Provin-

cia stessa: questo è detto Capitolo ordinario. Per

trattare particolari problematiche o

esigenze è previ-sto un Capitolo straordinario.

A quanti capitoli hai partecipato nella tua vita?Mi costringi a fare dei calcoli! Vediamo… il primo capitolo a cui ho partecipato è stato quello del 1970, sono passati 43 anni, con il capitolo della scorso anno, diviso 3 (un capitolo ogni tre anni), quindi sono 14, più uno straordinario e uno generale che fanno 16, ora gioca questi numeri… e auguri per una fortunata vincita.Quali aspetti del capitolo ti piac-ciono e quali non ti sono graditi?A me piace sempre stare insieme allegramente con gli altri frati, quindi la gioia della vita fraterna che si vive durante il capitolo fa passare in secondo ordine il dover stare per lunghe ore ad ascoltare alcuni interventi, barbosi, che for-se sono la causa della lunga barba che porto. Quest’ultimo aspetto

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potrebbe essere ciò che meno mi aggrada.Puoi raccontare un simpatico aneddoto o un bel ricordo trat-to dalla storia dei capitoli che ti è rimasto particolarmente impresso?Mi sembra che nel quarto capitolo a cui ho partecipato ho ricevuto un voto nell’elezione del Provinciale, questo ha suscita-to una fragorosa risata in tutti i capitolari. Un confratello, esperto di economia, mi ha suggerito di metterlo in banca! Ho ubbidito e oggi sono Provinciale… va e anche tu fa' altrettanto! Ma il fatto, direi più curioso, l’ho vissuto al mio primo capitolo. Tutti i definitori sono stati eletti al terzo scrutinio e questo denotava una certa tensio-ne. Vinti dalla stanchezza i capito-lari decisero di eleggere un giovane al primo scrutinio e erano tutti indirizzati verso lo stesso capito-lare, che possiamo identificare col nome di fra Ciro. Allora ho voluto vedere come si potesse mano-vrare un intero capitolo: ho deciso di andare a prendere un bicchiere d’acqua, per far questo ho attra-versato tutta l’aula capitolare e a chi mi diceva di votare per fra Ciro rispondevo che dall’altra parte tutti

votavano per fra Primo. Tutti erano d’accordo che l’uno valesse l’altro e non avevano difficoltà a cambia-re il loro candidato con quello che proponevo io, il quale fu eletto al primo scrutinio con quasi la totalità dei voti. All’eletto ho raccontato lo stratagemma, e gli ho ricordato che valeva un bicchiere d’acqua!Il capitolo viene celebrato ogni tre anni, quale necessità ha portato all’indizione di questo evento a metà triennio?È vero il capitolo elettivo si celebra ogni tre anni, ma in tale circostan-za i capitolari sono principalmente polarizzati dalla scelta dei nuovi superiori e una volta sbrigata la questione non vedono l’ora di ritornare ai loro conventi, per cui i problemi si affrontano, ma celer-mente, demandando al Provinciale e suo Consiglio le soluzioni.

Il Capitolo straordinario, avendo lo scopo unico di affrontare problemi specifici, ha anche più possibilità di risolverli, come mi auguro avvenga nel prossimo. Quale panoramica si apre dalla tua posizione sull’attuale situa-zione dei Frati Cappuccini delle Marche?Se debbo essere concreto guar-dando la grafica dell’età della no-stra Provincia, vedo un grattacielo che si innalza molto alto che sono i frati, io compreso, che sono sopra i settanta anni (più dell’80%) e sotto una piattaforma… molto piatta.Quali sono le problematiche dei Cappuccini piceni sulle quali ritie-ni opportuno si concentri il lavoro dei capitolari?Certo dalla risposta precedente a prima vista la principale proble-matica è l’età molto avanzata dei

Dal Capitolo ordinario a quello straordinario A sinistra il Ministro provinciale p. Giulio Criminesi; a destra i frati convocati all’ultimo Capitolo ordinario nell’aprile 2013. Nella pagina seguente p. Giulio a colloquio con il Definitore generale p. Raffaele della Torre.

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frati, ci vorrebbero forze nuove. Tuttavia questo non è certamente un problema che può risolvere un capitolo. Ma io ho una convinzione: la vecchiaia non è calcolata dall’età anagrafica. Uno è vecchio e quindi incapace di lavorare, non quando ha raggiunto una certa età, ma quando non ha più stimoli, pro-getti, interessi validi, non ha uno sguardo sereno e fiducioso prote-so verso il futuro. Si è vecchi solo quando si dice: “Basta!”. Mi ha fatto sempre riflettere un proverbio brasiliano: “Non posso continuare a considerarmi un uomo, quando faccio sparire la mia speranza”.Certo abbiamo problemi molto concreti, non ultimo il servizio al Santuario di Loreto che impegna molte delle nostre forze, abbiamo

una missione a noi affidata nel Benin, abbiamo conventi dove i frati sono ridotti ai minimi termini, abbiamo parrocchie da portare avanti. Questi ed altri problemi ci preoccupano. L’importante è non tirare i remi in barca, ma fare delle scelte concrete e lì indirizzare con fiducia le nostre energie.Guardando al futuro, data la progressiva caduta numerica della Provincia Picena dei Cappuccini, quali strade pensi opportuno percorrere e quali abbandonare?Non voglio condizionare lo svolgi-mento e le decisioni del capitolo, che è l’organo sovrano. Tuttavia la prima cosa non è tanto di pro-grammare attività su attività. Il primo atteggiamento è metterci in ginocchio e chiedere al buon

Dio luce e coraggio. In secondo luogo non restare ancorati al si è fatto sempre così, ma avere uno sguardo lungimirante, capace di comprendere dove oggi possiamo e dobbiamo testimoniare l’autenti-cità della nostra vita.Cosa auguri ai partecipanti alCapitolo straordinario? Ti rispondo ricordando che cosa è il capitolo: l’espressione più alta dell’unità e fraternità di una provincia. Nel Capitolo generale del 2012 l’impegno principale dei capitolari era l’approvazione delle nostre Costituzioni. A metà percor-so il Ministro generale, costatando l’armonia che circolava tra tutti i capitolari, ebbe a dire che anche se non fossimo arrivati ad appro-vare le Costituzioni, il Capitolo era pienamente riuscito, perché aveva creato vera vita fraterna. È questo ciò che auguro a tutti i capitolari: fare esperienza di vera e gioiosa fraternità durante il capitolo, che possa portare una nuova ondata di serena fraternità in tutte le no-stre comunità. Questa sarà anche la certezza che il capitolo ci farà percorrere strade nuove, come mi hai chiesto in precedenza, e sarà anche la testimonianza concreta che la gente si attende da noi. A te e a tutti auguro di prepararsi, soprattutto con la preghiera, e partecipare al capitolo stesso con un atteggiamento di reciproca accoglienza. Buon lavoro.

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«Francesco va’ e riparala mia casa»Tommaso da Celano, nella sua prima biografia, rilegge il mandato missionario che Francesco vive insieme ai suoi compagni, avente per contenuto la pace e la penitenza, e per stile la fraternità e la minorità.

di fra Pietro Maranesi

Le pagine del primo biografo francescano, Tommaso da Celano, mostrano il desiderio del santo assisano di inviare i suoi fratelli ai quattro angoli del mondo per annunciare il Vangelo con uno stile caratteristico, fraterno, a due a due. Qual è stato il momento risolutivo e programmatico della conversione di Francesco? Per Bonaventura la risposta è chiara e precisa: è l’esperienza mistica avuta dal giovane davanti alla croce di San Damiano il momento di svolta della sua conversione. Riprendendo la tradizione

narrativa che si era affermata verso il 1245 con la Leggenda dei tre compagni e poi riproposta dalla Vita seconda di Tommaso da Celano del 1247, il grande generale dell’Ordine minoritico, attraverso la sua Leggenda maggiore composta nel 1263, determinerà per i secoli successivi la lettura in chiave meravigliosa della conversione di Francesco, legandola al mandato missionario che venne dalla croce mediante le famose parole: «Francesco va’ e ripara la mia casa che, come vedi, va in rovina» (LegMag II, 1: FF 1038). In tal modo,

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Bonaventura portava a compimento una doppia operazione narrativa già avviata nelle precedenti biografie: da una parte abbandonava completamente le memorie fornite da Francesco stesso sulla sua conversione, legata, invece, all’esperienza di misericordia vissuta con i lebbrosi, dall’altra poneva al centro della vocazione affidata fin dall’inizio da Dio a Francesco l’impegno missionario e della predicazione. Secondo la rielaborazione delle prime agiografie, le parole ascoltate da Francesco davanti alla croce di San Damiano costituivano il punto di partenza di quanto Francesco effettivamente avrebbe poi scelto per sé e i suoi frati quale specifica identità minoritica: il vivere tra la gente da frati minori per annunciare il Vangelo. Diverse potrebbero essere le vie testuali per ricostru-ire gli elementi caratteristici di questa scelta fonda-mentale di Francesco. Indubbiamente la via privilegia-ta dovrebbe essere la lettura sistematica dei testi del Santo, analisi che però ho già proposto altre volte (cf Il sogno di Francesco, pp. 62-92). Ne percorriamo quindi un’altra, che ci viene offerta dalle biografie. Tra di esse un posto privilegiato è occupato dalla Vita prima di Tommaso da Celano, il quale pone in primo piano nella sua narrazione il processo formativo attraverso il quale Francesco, con i suoi primi compagni, è dovuto passare per dare un caratte-re specifico alla loro scelta di annunciare il Vangelo, stabilendo che la loro

“passione missionaria” dovesse essere vissuta da “frati minori”. Il testo del Celano, dopo aver raccontato l’arrivo dei primi compagni, sedotti dalla predicazione di Francesco (cc. X-XI: FF 358-365), fornisce nei suc-cessivi tre capitoli (cc. XII-XIV) altrettante interessanti informazioni che potrebbero essere assunte come schema per ricostruire alcuni elementi tipici dello stile

minoritico scelto da Francesco e dai suoi primi compagni nella loro attività di predicazione del Vangelo. Si possono riscon-trare nel racconto di Tommaso tre grandi elementi legati alla vocazione missionaria dei primi frati: il tema della pace e della

penitenza quale contenuto specifico della loro predi-cazione, da annunciare però da “frati minori” (c. XII); una predicazione sottomessa e soggetta alla Chiesa istituzionale quale garanzia dell'evangelicità della loro missione (c. XIII); infine, una scelta dell’annuncio del Vangelo strettamente collegata alla povertà e alla preghiera (c. XIV). Le tre serie di tematiche offerte dal primo biografo saranno nei prossimi articoli da noi ampliate e precisate mediante il richiamo ad alcuni te-

sti tratti dagli scritti di Francesco quali conferme di una identità minoritica nello stile missionario

dei primi frati. Dunque, in prima battuta ci fa-remo guidare sempre da Tommaso

nella determinazione di alcuni punti nodali delle scelte

minoritiche riguardo all’evangelizzazione; temi che poi verranno chiariti e specifica-

ti attraverso la testualità di

Tre sono i grandi elementi della vocazione missionaria francescana: la pace e la penitenza quale contenuto, la sottomissione alla Chiesa quale garanzia, la povertà e la preghiera come stile

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Spiritualità Francescana ..

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Francesco. L’annuncio della pace e della penitenza da frati minori (1Cel XII). Proponendo un racconto dai caratteri un po’ epici, Tommaso da Celano, nel capitolo XII della sua prima agiografia, riferisce quale fosse stata la prima decisione presa da Francesco quando i compagni erano ancora solo in otto: inviare i suoi fratelli, a due a due, nelle quattro differenti direzioni, al fine di annunciare il Vangelo a tut-to il mondo. L’obiettivo principale del loro stare insieme dunque è chiaro fin dall’inizio. In questo contesto un posto privilegiato è occupato dal discorso di invio che Francesco rivolge ai suoi com-pagni prima di congedarli, una esorta-zione programmatica per fondarli nella consapevolezza di quale dovesse essere il contenuto e lo stile “minoritico” della loro attività di evangelizzazione. Andate, carissi-mi, a due a due per le varie parti del mondo e annun-ciate agli uomini la pace e la penitenza in remissione dei peccati; e siate pazienti nelle persecuzioni, sicuri che il Signore adempirà il suo disegno e manterrà le sue promesse. Rispondete con umiltà a chi vi interroga, benedite chi vi perse-guita, ringraziate chi vi ingiuria e vi calunnia, perché in cambio ci viene preparato il regno eterno (1Cel XII, 29: FF 366). Abbiamo già nota-to che nel testo si distinguono due serie di indicazioni offerte dal Santo ai suoi frati, riguardanti rispettiva-mente i temi della loro predicazione e le strategie che essi avrebbero dovuto assumere nella loro attività. È difficile sapere con certezza se Francesco abbia tenuto effettivamente questo discorso. Tuttavia, senza grandi difficoltà, si può riconoscere la profonda conso-

nanza tra i contenuti delle due serie di richieste e quanto leggiamo negli scritti di Francesco. La prima preoccupazione del Santo è stata quella di ricorda-

re loro quale dovesse essere il nucleo tematico della loro predicazione: «Annunciate agli uomini la pace e la penitenza in remissione dei peccati». I due termini, pace e penitenza, sono qui posti in parallelo, ma si può

ritenere che tra i due contenuti vi sia un ordine preciso. In via preliminare bisogna affermare che la loro “parola penitenziale” non aveva come scopo quello di mettere terrore e paura nel cuore della gente, bensì di donare la speranza della pace. E cioè: l’annuncio della peniten-za costituiva la condizione per giungere alla pace, che significa il perdono dei peccati. Questo rapporto conse-quenziale tra penitenza e pace, una come via all’altra, è ampiamente confermato dai testi del Santo.

Quattro direzioni come rotta, a due a due come fratelli, con un unico Vangelo da portare a chiunque si

incontri lungo il cammino

La Basilica di San Francesco in Assisi: uno scrigno di arte e spiritualità A sinistra, una visuale frontale della Basilica superiore di San Francesco in Assisi. In alto, l’affresco che fa parte del ciclo pittorico di Giotto all’interno della Basilica, che illustra il giovane Francesco in preghiera dinanzi al crocifisso di San Damiano.

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Una nuova formazioneper un nuovo OFSLa necessità di cambiare le modalità formative per rendere i nostri incontri “vivi” e partecipati.

di Stefania Nardozzi

Si può pensare una formazione meno “scolastica”, più coinvolgente e significativa? Questa è la domanda intorno alla quale si è concentrata la riflessione che è stata proposta all’Ordine Francescano Secolare regionale con l’incontro svoltosi lo scorso 1° dicembre a Montorso. Ci ha guidati in questo percorso Chiara Gatti, della cooperativa “Fratelli è possibile” di Cesena. Partendo dal capitolo II del testo di formazione, Chiara ci ha mostrato come sia necessario avere uno sguardo nuovo su ciò che accade. L’analisi è partita dalla tristemente familiare parola crisi. In realtà, se si guarda all’etimologia della parola, si scopre che il verbo greco da cui deriva, oltre al significato di separare, ha in sé anche quello di giudicare, valutare, quindi un senso positivo, di maturazione e crescita. Da qui la relatrice è partita per fornirci delle indicazioni possibili per un percorso di formazione integrale della persona, attento alla dimensione umana, spirituale, relazionale, fraterna e sociale dell’uomo, sottolinean-do come la formazione deve fornire gli strumenti ne-cessari per un cammino di maturazione personale che parta dalla conoscenza di sé e del proprio limite, punto di partenza per il percorso di crescita individuale. Solo accettando con libertà noi stessi saremo capaci di accogliere l’altro. In particolare Chiara ha indicato un

percorso che tenga conto della differen-za tra riconciliarsi e vivere riconciliati, tra preghiera e relazione, per elaborare un progetto formativo che ci faccia riap-propriare di ciò che noi francescani secolari abbiamo “inventato”: il laicato e la fraternità. La conseguenza è che un cammino formativo non può prescindere dall’obiettivo di avere uno sguardo nuovo sull’uomo, sul mondo e sulla costruzione del bene comune, sguardo che può nascere solo con una profonda maturazione sociale di ciascuno e di ogni fraternità. Dopo questa prima parte, l’incontro è pro-seguito attraverso una suddivisione in lavori di gruppo incentrati intorno alle tematiche di un articolo della ri-vista Francesco Volto Secolare, che poneva l’attenzione sulla virtù della speranza, virtù costitutiva del france-scano secolare. Da qui siamo partiti per “abbozzare” un progetto che, tenendo conto di una situazione di disagio delle nostre fraternità, potesse individuare un percorso che dalla crisi portasse a un cambiamento, una crescita per tutta la fraternità. Questo è stato un bel momento di confronto, scambio e condivisione, reso possibile dal lavoro intenso e

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coinvolgente di Chiara Gatti. Unico rammarico: l’incontro è durato solo una mattinata, ma le sollecita-zioni e le domande che ha suscitato avrebbero richiesto più tempo. Speriamo nella prossima volta.

Incontro per formatori OFS regionale

1° dicembre a Montorso di Loreto presso il Centro

Giovanni Paolo II: l’incontro organizzato dal Consiglio

Regionale è stato animato da Chiara Gatti della fraternità

di Cesena (nella foto in basso accanto al Ministro regionale

Lorenzo Saccà).

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Insieme per costruireuna nuova FraternitàMettere al centro la formazione permanente significamettere al centro il nostro futuro.

di Simona Santucci

Fin dall’inizio del proprio mandato la fraternità OFS delle Marche ha individuato nell’ambito formativo una priorità fondamentale per la maturazione del carisma e del senso di appartenenza all’Ordine da parte di ogni professo. La formazione permanente è necessaria per il processo di comunione; per riallacciare rapporti, tessere relazioni e magari, provare a costruire insieme un OFS più consapevole della propria missione nel mondo. I punti focali di tali indicazioni potremmo individuarli nei seguenti elementi: promozione di un iter formativo, ispirato alle tematiche proposte dal Consiglio Nazionale per vivere appieno l’appartenenza e la comunione; utilizzo dinamico e creativo del sussidio nazionale. Sono state estrapolate per ogni capitolo tracce di tematiche da utilizzare liberamente. Altra opportunità offerta riguarda gli incontri formativi per ministri e consiglieri locali. Un’occasione di crescita incentrata sulla costituzione di gruppi di lavoro, distinti per ambito. Scopo principale di quest’ esperienza: fornire un’opportunità di confronto, di approfondimento e di eventuali chiarimenti, in merito al servizio specifico di ognuno. Gli incontri zonali rappresentano un ulteriore strumento di crescita comune in quanto occasione

Incontri di Fraternità zonali In alto, incontro della zona centro delle Marche presso il Santuario del SS. Crocifisso di Treia lo scorso 16 febbraio, animato da fra Pietro Maranesi. In basso, l’incontro della zona sud delle Marche tenutosi il 22 febbraio all’Oasi della Madonna del Monte a Grottammare, animato da Simona Santucci responsabile regionale della formazione.

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preziosa di incontro tra fraternità territorialmente vicine, ma spesso sconosciute l’una all’altra. Opportunità, inoltre, di condivisione di una spiritualità comune che si alimenta anche grazie alle testimonianze di vita di molti fratelli che vivono uno stesso carisma. Per quanto riguarda la “Scuola di formazione regionale” abbiamo pensato di ridisegnarla apportando delle modifiche: dal 1° dicembre 2013 è stato inaugurato un nuovo percorso regionale con cadenza trimestrale. Un laboratorio attivo

dal quale trarre modalità nuove di fare formazione, gestire diversamente contenuti, strumenti, tempi e spazi. Dall’entusiasmo raccolto tra i presenti durante il primo incontro, crediamo che la strada intrapresa sia attualmente la strada giusta per rispondere al cammino di maturazione delle nostre fraternità. L’estensione della scuola di formazione ad un’intera giornata, ci sembra una scelta formativa che coinvolga maggiormente ogni professo in quest’avventura umana, culturale e fraterna.

I nuovi Consigli locali

Nel convento dei Frati Cappuccini di Ancona

si è svolto domenica 15 dicembre 2013 il

Capitolo locale. La fraternità si è ritrovata per

eleggere il nuovo consiglio: Ermelino De Santis

è il nuovo ministro, Ersilia Nicoletti Russo

la sua vice, e Stefania Nardozi, Anna Maria

Belfiore, Carmine De Rosa sono i consiglieri.

Nel bel convento dei Frati Minori di

Montefiorentino il 21 dicembre è

stato rinnovato il Consiglio locale: è

stata confermata ministra Rosaria

Pignataro, risultano eletti anche: Letizia

Ercolani viceministra, e Vincenza

Dominici, Enrico Giampaoli, Anna

Maria Dominici come consiglieri.

A Montegranaro nella parrocchia di S. Maria

Nuova, il 2 marzo 2014, ha celebrato il

secondo capitolo della sua giovane storia

la fraternità “San Serafino”. Dall’elezione è

stato confermato in toto il consiglio uscente:

Orietta Brugnoni ministra, Marinella Di

Battista vice, e i tre consiglieri Simona

Santucci, Roberto Rossi e Piersandro Cerolini.

Ai fratelli eletti buon lavoro e buon servizio!

Ancona

Montefiorentino

Montegranaro

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Preghiera edevangelizzazioneDue dimensioni della vita cristiana spesso accostate in maniera sbrigativa, preghiera ed evangelizzazione non sono davvero una relazione scontata.

di suor Chiara Francesca Lacchini

«Il mezzo migliore per cominciare bene ogni giorna-ta è: svegliandosi pensare se non si possa in questa giornata procurare una gioia almeno a una persona. Se ciò potesse valere come un sostitutivo dell’abitu-dine religiosa della preghiera, il prossimo trarrebbe vantaggio da questo cambiamento» (Friedrich Nietz-sche, Umano, troppo umano, 1878).Potrebbe sembrare contraddittorio iniziare una riflessione sulla preghiera partendo dalla citazione di un uomo che, nell’immaginario collettivo, poco ha a che vedere con la fede e i suoi percorsi. Ma il grande medico-filosofo ci introduce subito nel tema su cui vogliamo riflettere: la preghiera, che è un atto per-sonale, un atteggiamento che investe l’interiorità di ciascuno, che chiama in causa la propria relazione con Dio, in che posizione sta rispetto alla evangeliz-zazione, che chiama in causa l’annuncio della buona novella fuori di sé? Nietzsche lo chiarisce subito e in modo molto sem-plice: la preghiera non è principalmente dire delle preghiere, esprimere delle parole ma dono della pro-pria vita ad un altro. La preghiera, essendo connessa alla fede, non può esaurirsi mai in se stessa, non può creare mai un circolo chiuso di soddisfazione ed auto-compiacimento personale, uno stato di benessere di cui beneficia chi prega, una sorta di effetto pacificante simile a quello di blandi tranquillanti, ma genera forza, coraggio, parresia… vento impetuoso che spalanca le

porte, che porta fuori quanto depositato dalla grazia dello Spirito in ogni uomo di buona volontà. Nella sua radice più profonda, cos’è la preghiera? Semplificando moltissimo, potremmo dire che la preghiera cristiana è innanzitutto ascolto. Dio ci parla: questo è lo straordinario della nostra fede. Per farsi conoscere Dio ha scelto liberamente di rivelarsi a noi, di alzare il velo su di sé dandoci del tu. Questo sembra il nucleo della preghiera cristiana, ben espresso dalla preghiera fatta dal giovane re Salomo-ne che, in risposta all’invito rivoltogli da Dio di chie-dergli qualunque cosa, dice: «Donami, Signore, un lev shomea‘, un cuore capace di ascolto» (1Re 3,9). Noi uomini abbiamo bisogno essenzialmente di que-sto, per conoscere la volontà di Dio e ad essa ispirare la nostra vita, per accogliere l’amore di Dio e rispon-dergli amando lui e i nostri fratelli, gli uomini tutti, per sgomberare il campo del nostro cuore da tutto ciò che ostacola il nostro incontro, la nostra relazione, la nostra capacità di comunicare e diffondere quanto ascoltato, recepito, ruminato, diventato oggetto dei nostri pensieri, dei nostri desideri, dei nostri senti-menti, della nostra vita. Il primo nucleo della evangelizzazione non è l’annun-cio attraverso messaggi, ma è la proclamazione, at-traverso la vita, di quello che l’ALTRO ha fatto per te.

Voce francescana 46

Rubriche ..

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è la potenza di un gesto!L’adozione

Sostieni un bambino dell’asilo

Il progetto prevede il sostenimento di un bambino degli asili in Etiopia, per la durata di tre anni per quanto riguarda cibo, cancelleria, divisa, medicine e maestri che lo seguiranno nell’insegnamento passo dopo passo fino a quando non sarà terminato il triennio di asilo.Si può contribuire annualmente versando la cifra di €120,00, oppure in un’unica soluzione con la cifra di € 360,00.

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