Vivere Insieme

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Anno 15 - Numero 35 - Aprile 2013 - Autorizzazione Tribunale di Roma n. 157/7 Aprile 1998 - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 e 3, Aut. n. AC/RM/009/2010 Periodico dell’Associazione Handicap “NOI E GLI ALTRI” onlus N. 35 - Aprile 2013 con il contributo di ALLINTERNO: approfondimenti sul tema dell’autismo

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numero 35 della rivista dell'Ass.Onlus "Noi e Gli Altri"

Transcript of Vivere Insieme

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Periodico dell’Associazione Handicap “NoI e gLI ALTRI” onlus N. 35 - Aprile 2013

con il contributo di

ASSESSORATO ALLEPOLITICHE SOCIALI

All’interno: approfondimenti

sul tema dell’autismo

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PERIODICO QUADRIMESTRALEDELL’ASSOCIAZIONEHANDICAP “NOI E GLI ALTRI” onlus

Registrazione del Tribunale di Roma n. 157/7 aprile ‘98

Paolo [email protected]

Floriana [email protected]

Giuseppina [email protected]

Stefania [email protected]

Lisa [email protected]

Rocco Luigi [email protected]

Riccardo [email protected]

Gian Mario [email protected]

AssociAzione HAndicAp

Noi e gli altri ONLUS

Servizi offerti agli associati:

AccoglienzA e Ascolto

informAzioni e AssistenzA perprAticHe legAli e AmministrAtive:

Domande di invalidità civileAssegni di accompagnamentoRichieste di lavoroDomande di prepensionamento per genitori di disabiliRicerca di case-famiglia nell’ambito del progetto “Dopo di noi”Moduli per accreditamento in banca della pensioneEsenzione da tasse varie (bollo macchina, immondizia...)Patente di guida e contrassegnoInformazioni e contatti per centri medici (reparto di uro-chirurgia al policlinico Gemelli, altri ospedali, centri riabilitativi...)Servizio gratuito di consulenza psicologica su appuntamento dott.ssa ConsalvoServizio legale gratuitoAvv. Pietro Barone tel. 06 2058059

il presidente e i suoi collaboratorisaranno lieti di ricevervi presso la sedein via giovanni castano 39,il martedì e il giovedì dalle ore 9,00 alle 13,00,il lunedì, mercoledì e venerdì dalle 8,00 alle 10,00.il sabato dalle 9,00 alle 13,00 su appuntamento.Per ulteriori informazionipotete chiamare il numero 06.2002635, il presidente Paolo Muratore al numero 338.2725150 oppure mandare una e-mail all’indirizzodell’Associazione: [email protected] del presidente: [email protected]

www.associazionehandicapnoieglialtri.it

grafica e stampa:

CINELLI StampaVia Casilina, 174700133 Romatel./fax 06 2071120

la redazione:

Via G. Castano, 39 00133 RomaTel. e Fax: 06/200.26.35CCP 36543007

redazione:

direttore responsabile:

dott.ssa Floriana Barone

si ringraziano per il contributo:

Banca d’Italia Via XX Settembre, 97/E00187 Roma

BCC Roma - Ag. n. 18 Via Aspertini, 392/398 - Roma

Banca Nazionale del Lavoro Via V. Veneto, 119 - Roma

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Sommario

Immagine di copertina a cura di Rocco Luigi Mangiavillano

Esperienze di vita

6 〉 〉 〉 La scuola e lo sport: gli “Amici di Adriano” per i giovani 7 〉 〉 〉 La storia di Stoian 8 〉 〉 〉 L’agenda di Capodarco 10 〉 〉 〉 Il protagonismo sociale della famiglia 12 〉 〉 〉 Per un’altra politica

Autismo

13 〉 〉 〉 Confrontarsi con l’autismo: Bryan e Isabella 14 〉 〉 〉 Lo “spettro autistico” 16 〉 〉 〉 Linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità 17 〉 〉 〉 Autismo e cinema 18 〉 〉 〉 Modalità di intervento 19 〉 〉 〉 Una vita in prigione

L’esperienza della medicina

20 〉 〉 〉 L’ematuria in urologia 21 〉 〉 〉 Insufficienza renale cronica 22 〉 〉 〉 Scopri i tuoi geni: conosci te stesso 23 〉 〉 〉 Nutrizione: strategia di salute

Primo Piano

4 〉 〉 〉 Barriere architettoniche e non solo 5 〉 〉 〉 Buone notizie dalla Regione Lazio

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EDITORIALE

Roma: arriva il pass elettronicoLa primavera quest’anno è portatrice di buone novelle: il Comune di Roma, infatti ha introdotto l’utilizzo del contrassegno elettronico per transitare nelle zone ztl o parcheggiare gratuitamente all’interno del-le strisce blu. Fino ad oggi i pass per disabili erano frequentemente utilizzati per non pagare i parcheggi blu o per circolare nelle zone a traffico limitato. Senza parlare poi dei contrassegni falsi, taroccati o scaduti. Il nuovo pass, previsto da una normativa europea, sarà valido negli altri 27 Paesi dell’Unione: di colore azzurro, verrà dotato di un chip che permetterà ai vigili urbani e agli ausiliari del traffico di leggere il codice personale attraverso un palmare e scoprire, grazie a una luce verde o rossa, se si tratta di un contrassegno. Inoltre, sul retro del talloncino, sarà inserita una foto del titolare del pass, colle-gato su tre targhe al massimo. Le sanzioni, in caso di irregolarità, prevedono non solo una mul-ta, ma anche l’immediata invalidità dello stesso pass. «I possessori della targhetta per disabili – ha spiegato l’assessore alla Mobilità del Comune di Roma, Maria Spena – avranno tre anni di tempo per adeguare i propri permessi, mentre quelli di nuovo rilascio o i rinnovi saranno già validi per la nuova normativa».

Floriana Barone

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Dopo tanto tempo faccio una passeggiata per il quartiere. Mi devo recare in banca: sono co-stretto a percorrere una via ob-bligata. E in quel momento mi rendo conto della vergogna del nostro Municipio: le barriere ar-chitettoniche. Quando è sorto, Tor Bella Monaca era un quar-tiere all’avanguardia, senza im-pedimenti, perché il 5 percento degli alloggi, nel 1983, era stato destinato ai disabili. Ma, se nel passato qualche miglioria è sta-ta apportata, negli ultimi anni tutto è rimasto fermo, anche perché è diventato impossibile dialogare con le Istituzioni loca-li, e, nello specifico, con il presi-dente del Municipio VIII. Per lui è inutile entrare in contatto con le associazioni perché, secondo lui “le associazioni non dovreb-bero esistere”. Il risultato è che nessun intervento è stato rea-lizzato lì dove passano disabili, anziani, mamme con il passeg-gino o donne in gravidanza. il marciapiedi di via Amico Asper-tini, invece di essere di 140 cen-timetri di larghezza, raggiunge solo i 90 centimetri e i parcheg-gi riservati ai disabili sono pe-rennemente occupati dai “sani” e gli scivoli sono pieni di buche. Tutta la via è costellata di osta-

Primo Piano

Barriere architettoniche e non solo

coli che rendono il passaggio inaccessibile. È incomprensibile come nel 2013 si debba ancora parlare di barriere architettoni-che. Ora vorrei voltare pagina e

riferirmi a un altro tipo di barriera: quella culturale, come quando il politico, durante la campagna elettorale, promette grandi inno-vazioni e poi non sa mantenere

I disabili vivono prigionieri nel quartiere di Tor Bella Monaca. Emarginazione, assistenza ca-rente e nessun dialogo con le Istituzioni locali

Sostenete le nostre attività con un contributo economico. Un vostro gesto di aiuto può rap-presentare una speranza concreta per molti e ci permetterà di continuare il nostro impegno a favore della vita. C.c.p. n. 36543007 intestato a: Associazione “Handicap Noi e gli Altri” Onlus - Via Giovanni Castano n. 39 - 00133 Roma

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Buone notizie dalla Regione Lazio

Lo scorso 15 febbraio 2013 la ex Giunta Polverini ha approvato, al termine della sua attività, due delibere di particolare interesse: la prima riguardante la copertura finanziaria per il servizio del call center Recup per l’anno 2012 e la seconda che garantisce il proseguimento degli interventi del Centro regionale S. Alessio-Margherita di Savoia per i ciechi. Scongiurata dunque la sospen-sione del servizio e la messa in mobilità dei 700 dipendenti del-la Cooperativa Capodarco, alla quale è stata affidata la gestione del Recup, call center gratuito per la prenotazione di visite ed

l’indispensabile per il “mostro a rotelle”. E non riesco a capire come l’Assessorato alla Sanità della Regione Lazio si permet-ta di tagliare in continuazione i fondi destinati alla disabilità. Nei miei colloqui in ufficio ascolto molte famiglie lamentarsi pro-prio di questo, costrette a paga-re medicinali che qualche anno erano gratuiti, a dover acquistare prodotti per l’incontinenza per-ché quelli forniti dalla A.S.L. RM B sono scadenti e molto spesso causa di piaghe e problemi ve-scicali. Vorrei ricordare che un disabile con problemi di inconti-nenza vive 12 ore al giorno sulla sedia a rotelle e un disabile inse-rito nella società vive la sua di-sabilità nella quotidianità in ma-niera dignitosa: si reca presso gli

uffici, fa la spesa, esce. Pensate cosa possa significare per que-ste persone utilizzare un prodot-to non adeguato: certamente non rispecchia il contenuto del secondo comma dell’articolo 3 della nostra Costituzione. Inoltre ricordo che viviamo con 270 euro al mese di pensione e con questi soldi dobbiamo necessariamen-te acquistare medicinali e pro-dotti per l’incontinenza. Questa è una piccola parte delle barriere (non solo architettoniche) che un disabile può incontrare. Lo Sta-to nel 2013 costringe il disabile ad affrontare problemi di emar-ginazione: per questo ricordo semplicemente al nuovo presi-dente della Regione Lazio, della A.S.L. RM B, al nuovo Governo e al nuovo Parlamento che tenere

ben curato un disabile ora, elimi-nando queste barriere, vuol dire non doverlo ricoverare in futuro, con un risparmio notevole sui costi della degenza ospedaliera. Mettendo sulla bilancia le due si-tuazioni, quale delle due convie-ne di più allo Stato?Signori, non è colpa mia se vivo sulla sedia a rotelle da 45 anni. È stato un incidente stradale a por-tarmi a questa condizione. Parlo a mio nome, ma anche a nome di tutti i bambini, delle donne e degli uomini che sono sulla se-dia a rotelle: quale contesto so-ciale è quello in cui le Istituzioni non mi permettono di vivere? Vi chiedo di riflettere su questo. Mi sento umiliato da un Governo che dovrebbe essere mio tutore.

Paolo Muratore

esami diagnostici e specialistici nel territorio laziale. Si attende ora l’effettiva liquidazione dei pa-gamenti dalla Regione alla Lait Spa, la quale deve provvedere a erogare i fondi alla Cooperativa Capodarco.Viene garantito inoltre il ripristino del servizio dell’Ipab S. Alessio, il quale fornisce servizi a favore di non vedenti ed ipovedenti quali la riabilitazione, il sostegno nell’am-bito del plurihandicap, la didattica e la formazione professionale, pri-ma ridotti e poi del tutto sospesi dallo scorso 20 dicembre.

a cura della redazione

La ex Giunta regionale ha approvato la delibera per la copertura economica delle prestazioni 2012 del Recup e per il Centro regionale S. Alessio-Margherita di Savoia

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Adriano Luffarelli era una persona discreta e sensibile. Nel suo lavoro, così come nel ruolo di Assessore alle Politiche Educative e Scolasti-che dell’VIII Municipio. Un impe-gno sincero e profondo, il suo, mai ostentato o fuori dalle righe. Adriano è venuto a mancare un gior-no di marzo di tre anni fa, lasciando un vuoto umano forse incolmabile, ma anche progetti straordinari da realizzare e ideali da raggiungere.Con lo stesso “stile” e la stessa eleganza i suoi cari e gli amici più stretti hanno deciso di raccoglierne l’eredità, orientando il dolore per la scomparsa verso un rinnovato slan-cio a proseguire in quel solco già tracciato. Da qui la costituzione dell’Associa-zione culturale “Amici di Adriano” onlus, con Presidente Mauro Luffa-relli, fratello di Adriano, e la collabo-razione preziosa di Franco, il papà.Missione principale: offrire un so-stegno ai più giovani, concentran-dosi principalmente sui luoghi della formazione, in particolare le scuole, attraverso iniziative di raccolta e donazione.Con questo spirito è stata orga-nizzata nel maggio 2011 la prima “Festa della Primavera” nel parco “Collina della Pace” a Finocchio, in-contrando l’entusiasmo di bambini e genitori. A tenere banco è stato il “Magico Alivernini”, prestigiatore e comico raffinato. Durante la festa è stato allestito anche un mercatino di creazioni artigianali. L’anno seguen-te l’Associazione ha acquistato e donato 3 computer alla scuola ele-mentare “Massimiliano Kolbe” in via Campofiorito e ha organizzato, sem-pre per gli alunni della stessa scuola elementare, uno spettacolo dal titolo “Riciclando si impara”, tenuto pres-so il teatro della scuola media in via Casale del Finocchio. Scopo dell’e-sibizione è stato quello di rappre-

sentare ai ragazzi, attraverso i giochi di prestigio, il concetto e la pratica della raccolta differenziata dei rifiuti.Non bisogna poi dimenticare il for-te impegno dell’Associazione per lo sport, altro luogo “sacro” della for-mazione e della crescita. È giunto infatti alla sua 3ª edizione, nel set-tembre 2012, il memorial intitolato ad Adriano. Un torneo di calcio a 12 squadre per giovani classe ‘97, disputato presso l’impianto spor-tivo “De Fonseca” a Finocchio e organizzato con la collaborazione della società sportiva GSD CASI-LINA ed il patrocinio dell’VIII Mu-nicipio. Nel mese di maggio dello stesso anno gli “Amici di Adriano” hanno donato la copertura delle tri-bune allo stesso impianto sportivo.

«Un grande sogno» racconta Mauro «sarebbe quello di realizzare, in un futuro non troppo lontano, una ma-nifestazione sportiva estesa a tutto il territorio municipale, aperta alle varie discipline e a differenti categorie di partecipanti».Una proposta invitante rivolta alle istituzioni, agli enti, alle scuole, alle società sportive, alle associazioni e naturalmente a tutti i cittadini del territorio.Chi volesse avere il piacere di conoscere meglio gli “Amici di Adriano”, la loro storia e le ini-ziative può fare direttamente una visita presso la sede dell’asso-ciazione in Via Casilina 1754bis oppure chiamare Mauro Luffarelli al numero di telefono 392/0860720.

La scuola e lo sport: gli “Amici di Adriano” per i giovani

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Esperienze di vita

Mauro e Franco Lufarelli

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Mi chiamo Stoian Ionut, vivo a Roma: sono arrivato in Italia 13 anni fa dalla Romania per motivi di lavoro. Sono un tetraplegico a seguito di un incidente stradale avvenuto a Ferrara nel 2004, che ha danneggiato le vertebre cervi-cali c5 e c6. Di ritorno dalla Romania, nel tra-gitto tra Bologna e Roma, ero alla guida della macchina. Poi mia sorella mi ha dato il cambio per permettermi di riposare un po’ e, in quel frangente, è cambiata la mia vita. Per due mesi sono stato ricoverato all’ospedale di Ferrara e la Commissione medica per gli accertamenti sanitari ha confer-mato che sarei rimasto in carroz-zina. Potete immaginare quale sia stata la mia reazione alla notizia: ovviamente l’idea di non poter più camminare da un giorno all’altro non è stata facile da accettare, ma con il tempo e il supporto di mia moglie sono riuscito a su-perare la paura iniziale. Ci sono voluti molti mesi per accettare la mia condizione. Ho conosciuto mia moglie Dana qui in Italia, cir-ca una anno prima dell’incidente. Il rapporto di complicità tra di noi non è mai cambiato nel tempo e nelle vicissitudini della mia vita:

lei è stata per me un grande punto di riferimento. È una donna molto combattiva e il suo appoggio nella mia vita non è mai venuto a man-care. È stata lei a riconoscere le mie capacità e a sostenerle.Quando si guida non si scherza: anche una piccola disattenzione può portare a gravi conseguen-

ze. Per questo, le immagini sono mezzi di comunicazione molto potenti: le foto di incidenti stradali mostrano direttamente alle perso-ne il risultato della disattenzione e possono aiutare gi automobilisti a cambiare atteggiamento in strada, così come nella vita.

a cura di Lisa Dieni

La storia di Stoian

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Stoian Ionut da 9 anni è un tetraplegico. E dal 2004, anno del suo incidente stradale, si batte per sen-sibilizzare i giovani a un comportamento corretto alla guida

Puoi scegliere l’Associazione Handicap “NOI E GLI ALTRI” come beneficiaria del tuo 5 per mille. Un gesto simbolico a costo zero ci consentirà di proseguire con maggiore determinazione nelle piccole e grandi battaglie. Codice Fiscale: 96152910582 - IBAN: IT 49 C 08327 03218 000000005714

Un ringraziamento speciale ai contribuenti che hanno scelto o che sceglieranno l’Associazione Handicap “Noi e gli Altri” come beneficiaria del loro 5 per mille. Un riconoscimento che ci spinge a proseguire importanti obiettivi nella speranza di poter contare ancora sul vostro sostegno. Nell’aver accolto la nostra richiesta vi manifesto grande stima.

Il presidente Paolo Muratore

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Lo scorso 23 gennaio don Fran-co Monterubbianesi, il fondatore della Comunità Capodarco, ha promosso, in un convegno che si è tenuto alla Camera dei Deputati, una riflessione serrata sui temi so-ciali, al fine di proporre ai respon-sabili delle Istituzioni una vera e propria “Agenda” di cambiamen-to centrata sulla necessità di co-struire una nuova politica al servi-zio dell’uomo, come recita il titolo stesso del convegno. Il dibattito, arricchito da numerosi interventi, ha toccato i vari aspetti del pro-blema. Innanzitutto la questione

politica, grazie al contributo del prof. Roberto Mancini, docente di Filosofia teoretica all’Università di Macerata. Poi, con la relazione della Prof.ssa Giovanna Rossi, docente di sociologia all’Universi-tà Cattolica di Milano, si è passati al tema del protagonismo socia-le della famiglia. A tal proposito è stato importante il contributo di un genitore, rappresentante di un’associazione di famiglie con fi-gli disabili: la dott.ssa Silvana Gio-vannini. Si è discusso inoltre, con l’intervento della dott.ssa Ilaria Si-gnoriello, del rapporto dei giovani

con la politica, tra locale e globa-le, ma anche di giustizia sociale e sostenibilità ambientale, grazie al contributo del dott. Silvano Fa-locco, economista ambientale. Infine il dott. Augusto Battaglia ha evidenziato come l’esperienza di Capodarco possa rappresenta-re un modello di riferimento a cui attingere per progettare un siste-ma rinnovato di welfare capace di “ascoltare” i nuovi bisogni di una società completamente mutata.In concreto, don Franco Monte-rubbianesi con la sua introduzio-ne ha posto sul tavolo del dibattito

L’agenda Capodarco: una nuova visione della politica e del socialeIl Convegno ha promosso una riflessione una seria riflessione sulle tematiche sociali

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alcuni elementi imprescindibili nel fare politiche sociali. “Capodarco è per il servizio all’uomo ed è luo-go di incontro e di confronto – ha spiegato don Franco –. L’assen-za di politiche ha fatto arretrare il nostro ‘sociale’. La concezione liberale che lo sviluppo sociale nascesse dallo sviluppo econo-mico, da portare avanti senza fre-ni ha tradito il welfare. Siamo ora negli anni terribili della negazione dei diritti. Ecco perché l’esigenza di una Agenda Capodarco, ed è per questo che oggi ci sentiamo di fare un appello alla politica, che vada finalmente a fondo ai diritti, coinvolgendo il cittadino politico, l’ente locale, in un lavoro sul ter-ritorio in cui dal basso dovremo cambiare la politica. Lo faremo portando avanti sul territorio una nuova politica con l’ente locale, protagonista insieme al Terzo Set-

tore, che deve a sua volta scuo-tersi e credere di più nel proprio ruolo, con i cittadini tutti, con le forze sociali, ma anche quelle economiche, che devono farsi responsabili in una economia da rifondare sul sociale, che realizzi il welfare comunitario, secondo il valore della parola”.

a cura della redazione

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Il protagonismo sociale della famiglia

Nel corso del convegno, la Prof.ssa Giovanna Rossi, direttore del Centro di Ateneo Studi e Ri-cerche sulla Famiglia dell’Uni-versità Cattolica del S. Cuore di Milano, ha incentrato la sua re-lazione su “Il protagonismo so-ciale della famiglia”. Numerose le tematiche affrontate: l’identità della famiglia, la famiglia di fron-te alla crisi attuale, la ricchezza delle famiglie emblematizzata dalla cura, le forme associative generate dalle famiglie, l’espe-rienza delle comunità familiari in Italia e le politiche sociali family friendly.La Prof.ssa Rossi ha esortato i partecipanti a ripensare alla identità della famiglia, che è una relazione sociale specifica, che lega insieme, con un patto socialmente riconosciuto, due persone di sesso diverso, ge-nerazioni diverse, figli e genito-ri, e attraverso essi fa accedere alle genealogie-stirpi paterna

e materna. L’impasse odierna non è tanto quella di contrasta-re con disegno lucido la scelta di fare famiglia, o posponendo sempre più nel tempo questa scelta (come capita ai giova-ni adulti italiani), ma piuttosto quella di annegarne la sua pe-culiarità e insostituibilità, o illu-dendosi che altre forme di vita possano rispondere in maniera equivalente a quel compito di umanizzazione e di compimen-to personale che è proprio del famigliare. A trarre in inganno è soprattutto l’enfasi riduttiva del compito familiare nei termini di una richiesta di gratificazione affettiva individuale e l’afferma-zione di tutta una serie di diritti. I legami tra i membri della fami-glia sono sorretti da quello che è stato chiamato “principio di cura” e che, se tradito, snatura la qualità dei medesimi, che in questo caso soffrono l’abban-dono, la violenza, l’indifferenza.

Osservare le famiglie dal punto di vista della cura che esse met-tono in atto tra le generazioni si-gnifica assumere una prospetti-va che permette di guardare alla famiglia come a un soggetto ca-pace di azioni a rilevante valen-za sociale. Ma questa famiglia prestatrice di cure, pur eviden-ziandosi dalle indagini in modo chiaro, sembra invisibile, rele-gata in una sfera latente della società e non considerata come soggettività sociale avente una vera e propria cittadinanza so-cietaria. Ma al contrario grande è la sua ricchezza e occorre perciò che sia valorizzata da chi ha la responsabilità sociale e tradotta in azioni e pratiche che esprimono nei fatti il valore aggiunto delle relazioni familiari. Le famiglie sono soggetti socia-li, vere e proprie risorse strategi-che, vero capitale sociale la cui presenza rende più ricca la vita della comunità, sia direttamen-

Vi invito a sostenere la raccolta fondi per l’acquisto di un minibus adibito al trasporto dei disa-bili iniziata nel dicembre 2007. La quota raggiunta è di circa 23.229,93 EURO, manca perciò

ancora molto per arrivare alla somma necessaria di EURO 45.000,00. Potrete versare il vostro contributo mediante il conto corrente postale n. 36543007 oppu-re con bonifico bancario sul conto n. 5714 - IBAN: IT 49 C 08327 03218 000000005714 inte-stato all’Associazione Handicap “Noi e gli Altri” - Via Giovanni Castano n. 39 – 00133 Roma.In alternativa è anche possibile lasciare un contributo negli appositi salvadanai presenti negli esercizi commerciali di sotto elencati.Fiducioso della vostra solidarietà nei confronti delle persone disabili vi ringrazio per la generosa collaborazione.

Il presidente Paolo Muratore

L’intervento della Prof.ssa Govanna Rossi ha messo in luce la ricchezza e le potenzialità delle comu-nità familiari in Italia

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l’intreccio tra diritti individuali e intersoggettivi, tra livello privato e livello pubblico/istituzionale, tra benessere individuale e be-nessere delle relazioni familia-ri. L’esperienza delle comunità familiari rappresenta un feno-meno sociale di grande interes-se poiché mostra un ulteriore modo “alternativo” e prosociale di essere famiglia. Esse sono fenomeni emergenti caratteriz-zati da legami tra famiglie, con-nesse da una rete di relazioni (scelte), strutturali e simboliche. Tali legami consentono alle per-sone (e alle famiglie) di esperire un’appartenenza significativa e di vivere in un luogo (fisico e simbolico) caratterizzato da un alto grado di intimità personale, profondità emotiva, coesione sociale e continuità nel tempo; l’appartenenza sperimentata permette di accedere a un set di valori norme, significati con-divisi. Pur esistendo da anni, le CF sono esperienze innovative e poco conosciute anche sotto il profilo scientifico; esse tuttavia rivestono una grande importan-za agli occhi dei policy makers: è in atto, come noto, un proces-so di conversione degli istituti per minori; le comunità familiari possono, dunque, rappresenta-re una preziosa risorsa in grado di fornire accoglienza di tipo fa-miliare.Le comunità familiari da indagi-ni condotte nell’ambito del Cen-tro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica di Milano, evidenzia-no una specifica capacità di realizzare e promuovere servizi, attività di cura e nuove relazio-ni nel contesto sociale in cui si

trovano. E contribuiscono a cre-are un patrimonio di fiducia, re-ciprocità e spirito collaborativo che, permeando le relazioni fa-miliari e primarie, le rinnova pro-fondamente. Con il loro stesso esserci, dunque, le CF testimo-niano la possibilità di essere e fare famiglia in controtendenza rispetto al dilagare del ripiega-mento intimistico, della chiu-sura e della privatizzazione. È dunque urgente che le politiche sociali riconoscano la soggetti-vità sociale delle famiglie e dei soggetti che da esse si origina-no (associazioni familiari e co-munità di famiglie) e sempre più siano family friendly.Interventi settoriali, indirizzati a soggetti e problemi che sicura-mente investono la famiglia, ma non la “vedono” come intreccio, danno l’illusione di arrivare an-che all’unità familiare, in modo “cumulativo”, ma poiché la fami-glia non è una somma algebrica di persone e problematiche, ma l’effetto emergente di un dialogo e di una negoziazione incessan-te, non potrà essere supportata se non da politiche intersettoria-li, che superino la tradizionale logica della contrapposizione. Così, sarebbe limitativo ridurre la politica familiare a politiche di lotta alla povertà, o non consi-derare “familiari” politiche indi-rizzate ai minori o al lavoro o agli anziani: tutto “c’entra” con la fa-miglia, tutto deve essere forte-mente interconnesso, in vista di un obiettivo di ordine superiore, che consiste nel rafforzamento delle relazioni familiari, ricordan-do che esse si articolano lungo due dimensioni, le relazioni tra i sessi e quelle tra le generazioni.

te, sia attraverso la costituzione di nuovi attori quali l’associazio-nismo familiare e le comunità di famiglie.Le associazioni promosse dalle famiglie si rivelano, entro una prospettiva sussidiaria, soggetti strategici per la realizzazione di pratiche che favoriscano un ef-fettivo benessere personale, fa-miliare e sociale. In proposito, le ricerche, ormai consolidate sul-le associazioni di rilevanza na-zionale, evidenziano, tra i fattori decisivi per la costituzione di tali organismi, la condivisione di bi-sogni familiari. Si tratta, quindi, di un processo che parte dal basso, nel quale la condivisio-ne del bisogno familiare rappre-senta la modalità più diffusa tra i fattori decisionali che condu-cono alla costituzione delle or-ganizzazioni. Le famiglie quindi, attraverso le forme associative, rendono i legami familiari gene-rativi di altri legami e contribui-scono a contrastare l’accentua-zione dei particolarismi (e dei legami deboli), evidenziando

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Per un’altra politica

È importante offrire elementi per ri-pensare dignità e compiti della po-litica e per individuare i soggetti del cambiamento necessario. Il primo passo consiste nel decifrare critica-mente le cause e il significato della crisi attuale. Più che di una crisi (in-tesa come momento transitorio di difficoltà), si tratta di un’autentica trappola, costruita sulla base di un errore di fondo, la pretesa di fonda-re la vita della società sul primato del potere verticale, sul primato del denaro e dei presunti automatismi del mercato, dunque sulla compe-tizione, piuttosto che sulla giustizia, sul riconoscimento della fraternità e quindi sulla cooperazione. Inve-ce di ridurre sempre più la demo-crazia in omaggio alle pretese del mercato finanziario e dell’oligar-chia che gestisce di fatto le sorti del mondo, si tratta di elevare la democrazia stessa, di farle valica-re quei confini che finora sono stati barriere insuperabili relativamente alla democrazia economica, alla relazione tra i generi, alla relazione tra le generazioni, alla relazione tra i popoli, al rapporto tra umanità e natura, all’alternativa tra violenza e nonviolenza. Si tratta di riprendere e di attuare “le promesse mancate della democrazia” , come diceva Norberto Bobbio. In generale la democrazia soffoca quando deve subire il peso di alcune condizio-ni a essa antitetiche, quali la vec-chia e tradizionale adozione di un paradigma bellico nel concepire e praticare la politica; il primato degli interessi sistemici delle oligarchie e, oggi, delle oligarchie finanziarie legittimate dall’ideologia neolibe-rista; la riduzione della politica a

un’attività professionale dei “po-litici” e la contestuale mancanza di formazione per l’assunzione di ruoli e cariche pubbliche; la ne-gazione dell’educazione civile e la conseguente scarsità di cittadini consapevoli, critici, responsabili e la rimozione di qualsiasi riferimento alla verità morale, storica, giudizia-ria dallo spazio pubblico, a favore del ricorso alla menzogna pura e semplice. In Italia queste condi-zioni ostative hanno trovato nutri-mento in una tradizione di antide-mocrazia nella quale convergono più tendenze culturali: il realismo cinico, il particolarismo, la men-talità gerarchica ostile alle nuove generazioni e a chiunque sia mar-ginale, lo spirito mafioso, il ma-schilismo, il cattolicesimo infedele. Esistono così due Italie: una mi-noritaria, fatta di cittadini capaci di far vivere la democrazia, e un’altra, ancora maggioritaria, che della de-mocrazia medesima non sa che farsene. Bisogna allora impegnar-si a costruire una via d’uscita dalla trappola in cui siamo che sappia elevare ed estendere la democra-zia come onnicrazia (Aldo Capi-tini). È una via di inveramento per cui realmente la democrazia è l’or-dinamento della convivenza che tutela e attua la dignità di chiun-que, dando corso ai doveri e ai diritti umani, che ricon-verte di continuo il potere verticale e concentrato in potere orizzontale e condiviso, che assume la giustizia risanatrice e la nonviolenza come metodo della politica. I quattro fon-damentali processi di liberazione sono: la liberazione dall’ignoranza attraverso la realizzazione siste-

matica dell’educazione civile nella famiglia e nella scuola, in modo da generare stabilmente le condizioni della cittadinanza responsabile; la liberazione dalla disperazione at-traverso una rinascita spirituale e culturale che illumini la vita sociale con l’intelligenza della speranza, perché la democrazia fiorisca ser-ve una visione della dignità della società, del bene comune, delle vie per attuarlo. In questo senso sono essenziali la ripresa e l’at-tuazione della Costituzione della Repubblica; la liberazione dall’i-niquità, che affronti e superi le di-seguaglianze e i meccanismi che le causano; la politica deve assu-mere come proprio metodo quello della giustizia restitutiva, iniziando di volta in volta dal riscatto di quan-ti sono oppressi dall’attuale siste-ma di convivenza; la liberazione dall’inerzia attraverso l’azione di un movimento corale e pluralista per la giustizia, nel quale convergano i diversi soggetti del cambiamento: i singoli, le famiglie, le nuove ge-nerazioni (in una nuova alleanza con le altre generazioni), le asso-ciazioni di base e anche quei partiti e sindacati che saranno disposti a orientare radicalmente la loro azio-ne verso il progetto di elevazione e di estensione della democrazia.

L’intervento del Prof. Roberto Mancini, docente di Filosofia teore-tica all’Università di Macerata

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Confrontarsi con l’autismo: Bryan e Isabella

Autismo

Isabella Bofta è la mamma di Bryan, un adole-scente autistico di 12 anni. Bryan ha un ritardo globale dello sviluppo associato ad un disturbo di tipo Nas: i suoi primi anni di vita sono stati molto difficili. Isabella non ha un compagno accanto, ma è riuscita ad affrontare questa grande sfida grazie all’amore della sua famiglia e alla sua grande fede religiosa. “Abbiamo scoperto che il bimbo era au-tistico a 15 mesi – racconta Isabella –, ma ne ero già consapevole perché, come mamma, notavo ogni minima piccolezza nel suo comportamento. A 14 mesi non riuscivo più ad accontentarmi degli incoraggiamenti degli altri e così mi sono rivolta ad uno specialista. Bryan è un bambino molto bello, che si integra subito: questa particolarità, all’ap-parenza, maschera la sua patologia. Ha sempre avuto una grande sensibilità e, molte volte ,è stato lui ad infondermi coraggio”.Isabella ha sempre detto al figlio di prestare atten-zione al mondo esterno: più volte si è gettata per strada, in mezzo alle auto in corsa, perché Bryan era solito scappare. Per questo e per tanti altri motivi, Bryan è un ragazzo conosciuto nel quartie-re. Almeno fino ai 6 anni, il bimbo non riusciva ad accompagnare la forchetta verso la bocca: “Sono cose scioccanti da vivere – spiega Isabella – e così, per il mio senso di colpa, lo viziavo molto, gli compravo qualsiasi cosa, anche se lui nean-che si accorgeva dei regali. Poi, un anno dopo, ho cambiato atteggiamento, iniziando a porre dei limiti e suscitando in lui maggiore interesse verso la vita. Le difficoltà maggiori si sono evidenziate soprattutto nella comunicazione, perché Bryan non riusciva a parlare, almeno fino ai 9 anni di età. Inizialmente emetteva dei suoni onomatopeici ed era una questione d’ intuito il capire i suoi biso-gni. Non poteva raccontare, ad esempio, se era stato derubato di qualcosa, come è successo in più di un’occasione”. Bryan è un bambino astu-to: quando capisce che c’è qualcosa che da cui può trarre vantaggio, diventa sorprendente e si fa capire bene. Ha una grande memoria ed anche una buona forchetta. “Devo però fare attenzione anche al cibo, perché so che una dieta simile a

quella dei celiaci sembra avere degli effetti positivi nei ragazzi autistici, ma che non aiuta il budget familiare”, commenta la madre. L’VIII Municipio e la Asl Roma B la hanno definita come una cattiva madre e hanno cercato di sot-trarle il bambino, ma Isabella ha risposto con for-za, dimostrando la falsità delle accuse.Quando aveva 5 anni, Bryan ha cominciato ad ar-rampicarsi: il bambino dimostrava grande curio-sità per gli uccelli. Forse, tre anni fa, questo suo interesse è stato la causa di un grave incidente: è precipitato dal secondo piano di casa, ma è riu-scito a superare un’emorragia cerebrale e il coma. E, da questa esperienza, Isabella ha acquisito maggiore consapevolezza sulle capacità del suo bimbo: “Certe volte sembra quasi voglia dirmi: Mamma, ti faccio vedere che posso volare”

Lisa Dieni

Bryan ha 12 anni ed è un ragazzo autistico. Bello, astuto e sensibile sogna di poter “volare”

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Lo “spettro autistico”

“Le famiglie devono diffidare di chi dice che ‘non c’è nulla da fare’ e di chi promette ‘miracolose guarigio-ni’, ma anche di chi le estromette dai programmi educativi dei loro figli”, spiega Laura Imbimbo, vice-presidente di Fantasia (Federazio-ne nazionale delle associazioni a tutela delle persone con Autismo e Sindrome di Asperger)

Cosa è l’autismo, quali sono le sue cause e i suoi sintomi?Una doverosa premessa: parlare di autismo è difficile, è un argomento che richiede molta “pazienza”. Le persone con autismo e le loro fami-glie, le associazioni che le rappre-sentano ritengono importante che si diffonda anche nel nostro Paese una conoscenza maggiore su que-sta patologia, che è una condizione molto diffusa e riguarda almeno 1 persona su 120. Allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, oggi si preferisce par-lare di “spettro autistico” e non di autismo, utilizzando spesso la meta-fora dello spettro di luce riflessa da un prisma ottico. Questa immagine dà un’idea delle differenti sfumatu-re sintomatiche che può assumere l’autismo. Le persone con autismo presentano (tutte) un deficit nella comunicazio-ne (verbale e non) e nel comporta-mento sociale, insieme a interessi ristretti, attaccamento a routine e movimenti stereotipati. All’interno di questa ampia categoria sintomato-logica, si possono presentare non solo diversi gradi di “severità”, ma anche altri sintomi, come sviluppo non adeguato del linguaggio, disa-bilità intellettiva (a diversi gradi), al-

terazione nelle percezioni sensoriali (rumori, odori, contatto fisico ecc.).Diversi autismi, determinano, natu-ralmente, diversi gradi di disabilità. A questo penso di poter aggiungere che tali diversi gradi possono dipen-dere dalla gravità di “partenza” dei sintomi, ma anche da quanto e da come si è intervenuti con trattamenti educativi adeguati.La condizione autistica ha esordio precoce, nella prima e primissima infanzia e perdura per tutta la vita (quindi è auspicabile si smetta di parlare di “autismo infantile”) ed è determinata un diverso sviluppo neurobiologico, con una probabile base genetica multifattoriale.In termini più semplici, è una condi-zione fisica (cioè alterato o diverso sviluppo funzionamento del cervel-lo) geneticamente determinata (non si sa bene da quali e quanti geni) e con caratteristiche di familiarità.

Esistono degli interventi educa-tivi e terapeutici che possano fa-vorire lo sviluppo emotivo e so-ciale nel bambino con autismo?Non esiste una cura per guarire dall’autismo. Esistono interventi e programmi psico-educativi che pos-sono produrre miglioramenti sostan-ziali e misurabili.Si può aumentare l’autonomia per-sonale, lo sviluppo cognitivo e del linguaggio, diminuire i comporta-menti problematici (es.: etero e auto aggressività, disturbi alimentari, evitamento delle situazioni sociali ecc.). Gli interventi devono essere scelti in base sia ai sintomi specifici e in collaborazione con la famiglia, la scuola ed il contesto sociale ed affettivo in cui vive la persona con

autismo. Gli interventi messi in atto devono essere misurabili e verificati nei risultati e adeguati costantemen-te, in base all’evoluzione dei sintomi, all’età e alle specifiche aspirazioni ed esigenze delle persone con Au-tismo.In questo difficile e complesso per-corso terapeutico, va tenuto in debi-ta considerazione anche il concetto di qualità di vita delle persone con autismo che devono nella misura e nelle modalità possibili ad ognu-no vivere le esperienze di qualsiasi altro cittadino (la scuola, lo sport, il tempo libero, il lavoro, il lavoro e il divertimento).

Come promuovere la qualità del-la vita nei bambini con autismo?La diagnosi precoce e l’immediato avvio di programmi psico-educativi e abilitativi corretti sono raccoman-dati dalla comunità scientifica (vedi anche Linea Guida 21 Istituto Supe-riore di Sanità). Per quanto riguarda la diagnosi precoce, negli ultimi anni la situazione italiana è migliorata, ma non è ancora sufficiente. De-bole appare ancora la formazione dei pediatri nonostante esistano da tempo strumenti di screening non particolarmente complessi attraver-so cui individuare i sintomi principa-

Definizione, interventi educativi e terapeutici e difficoltà: a parlare di autismo è Laura Imbimbo, vicepresidente di “Fantasia”

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li, rilevare le situazioni “a rischio” e quindi raccomandare alle famiglie un approfondimento diagnostico da effettuare presso i centri specia-lizzati. La affidabilità dell’intervento psico-educativo deriva dai principi a cui si ispira, ovvero nell’individualiz-zazione, nella flessibilità, nel coinvol-gimento di tutti i caregiver e in par-ticolare dei familiari, nel rispetto del bambino, nell’adattamento dell’am-biente fisico e relazionale alle sue caratteristiche personali , e nell’a-dozione di modalità di intervento di rete, ispirate agli approcci cognitivi e comportamentali. L’intervento precoce ed intensivo non si deve concretizzare quindi in ore ed ore di esercizi abilitativi svolti in “ambien-te separato” (e poi casomai a casa si procede in modo diverso), ma in un’azione comune ed in un’unità di intenti tra familiari, scuola, spe-cialisti e altri soggetti che si muo-vono nell’ “habitat” del bambino.

Quali difficoltà si riscontrano nel loro percorso di studi e in ambito scolastico?La scuola, di ogni ordine e grado, svolge un ruolo importante nell’e-ducazione di qualsiasi bambino e ragazzo. Per i bambini ed i ragazzi

con autismo, questo ruolo è deter-minante. È necessaria una forma-zione adeguata di tutti gli operatori coinvolti, non solo degli insegnanti di sostegno. Naturalmente e pur-troppo non sempre questo accade. È bene specificare che non si chie-de di far prendere a tutti una laurea in autismo. Un aspetto sottovalutato è, specie a partire dalla scuola me-dia, quello del bullismo da parte dei pari, paradossalmente nei casi di autismo più sfumato o lieve. I com-pagni infatti percepiscono la “biz-zarria” del loro compagno, ma non il fatto che sia una persona che ha delle difficoltà oggettive. L’interven-to dei pari, tra l’altro, sembra proprio poter svolgere un ruolo fondamenta-le nell’educazione dei bambini e dei ragazzi con autismo e nel migliorare la loro qualità di vita. Questo natural-mente, vale anche nell’altro senso.

Come reperire informazioni utili per chi si rapporta con questo tipo di problematica?L’associazionismo dei familiari ha svolto nel nostro Paese e fuori un ruolo fondamentale nel migliorare la conoscenza sull’autismo, richia-mando alla necessità dell’evidenza

scientifica e nella promozione pro-muovere dei diritti delle persone con autismo e quelli delle loro famiglie. Qualsiasi diagnosi di disabilità getta le famiglie in uno stato di profonda prostrazione. Nel caso dell’autismo, i falsi miti che si sono creati attorno ad esso e l’inadeguatezza comples-siva dei servizi offerti, le famiglie sono frastornate da una miriade di promesse fasulle, dallo stigma sociale, dal senso di impotenza, dalla fatica del vivere quotidiano. È importante quindi trovare ambiti di confronto (ed anche di conforto) nei quali avere indicazioni corrette an-che da parte di chi condivide la me-desima condizione (auto aiuto). Le famiglie devono diffidare contem-poraneamente di chi dice che “non c’è nulla da fare” e di chi promette “miracolose guarigioni”. Ma anche di chi le estromette dai programmi educativi dei loro figli.Da qualche tempo, anche nel nostro Paese, le persone con Autismo che sono in grado di autorappresentarsi e di promuovere i propri diritti (self advocacy) sono attive con proprie organizzazioni o partecipando a quelle fondate dai familiari.

a cura di Stefania Alunni

BIBLIOGRAFIA SULL’AUTISMO

a cura della Dott.ssa Ilaria Fontana, psicologa TSMREE Asl Roma D

Paola Venuti Intervento e riabilitazione nei disturbi dello spettro, Carocci Libro (2012)

Marilena Zacchini, Enrico Micheli Verso l’autonomia. La metodologia TEACCH del lavoro indi-pendente al servizio degli operatori dell’handicap, Vannini (2006)

Fred Volkmar, D. J. Cohen Autismo e disturbi generalizzati dello sviluppo, Vannini (2004)

Cesarina Xaiz, Enrico Micheli Gioco e interazione sociale nell’autismo, Edizioni Erickson (2001)

Cristina Meini, Guiot Giorgio Autismo e musica. Il modello Floortime nei disturbi della comu-nicazione e della relazione, Edizioni Erickson (2012)

Paola Visconti, Marcella Peroni, Francesca Ciceri, Immagini per parlare, Vannini (2007)

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Cosa sono i disturbi dello spettro autistico?Si tratta di una “famiglia” di disturbi che comprende le forme tipiche e atipiche di autismo e la sindrome di Asperger. In tutti i casi si tratta di disturbi causati da un disordine organico dello sviluppo, che coin-volgono l’interazione sociale e le capacità di comunicazione, le mo-dalità di comportamento e il tipo di interessi e attività: questi proble-mi si manifestano entro i primi tre anni di vita. In generale i bambini con autismo: hanno difficoltà an-che molto gravi nel linguaggio, che può essere ripetitivo e non utile alla comunicazione oppure del tutto assente; hanno una scarsa o nul-la capacità di interagire con gli altri (sia adulti sia coetanei) dal punto di vista emotivo e per questo si com-portano e comunicano in modo non adeguato alla loro età e al loro sviluppo mentale e hanno interessi ristretti e comportamenti ripetitiviIn molti casi può esserci anche una di-sabilità intellettiva più o meno grave.L’autismo colpisce più spesso i maschi (da tre a quattro volte di più rispetto alle femmine), ma non ci sono differenze tra le varie etnie e condizioni sociali.hanno difficoltà anche molto gravi nel linguaggio, che può essere ri-petitivo e non utile alla comunica-zione oppure del tutto assente.

Quali interventi non farmacologi-ci (pedagogici e abilitativi) sono più efficaci?Gli interventi mediati dai genitori si sono dimostrati efficaci. In questo tipo di approccio i genitori ven-gono guidati dai professionisti ad apprendere e ad applicare nella quotidianità le modalità di comu-nicazione e gli interventi utili per favorire lo sviluppo e le capacità comunicative del figlio. Questi in-

terventi sono utili sia per i bambini, che possono migliorare le proprie capacità di comunicazione e alcuni comportamenti tipici dell’autismo, sia per i genitori, perché li aiutano a interagire con i figli e così riducono il senso di impotenza e l’angoscia che sono spesso presenti. Sono efficaci anche i programmi intensi-vi comportamentali: si tratta di ap-procci che puntanoa modificare i comportamenti pro-blema e a migliorare la vita dei bambini con autismo, attraverso programmi che li coinvolgono per molte ore a settimana. Sono effi-caci soprattutto se sono rivolti ai bambini in età prescolare e se sono condotti da educatori e operatori formati e guidati da professionisti specializzati in queste tecniche, possibilmente con il supporto dei genitori e dei familiari. Tra questi programmi i più studiati sono quelli basati sull’analisi comportamenta-le applicata (ABA, Applied beha-viour analysis), che può migliorare il quoziente intellettivo, il linguaggio e i comportamenti adattativi, cioè le abilità necessarie per la vita quoti-diana. È importante precisare, però, che i risultati di questo intervento possono variare molto tra bambino e bambino e non esiste la certezza di un risultato positivo sempre. In generale, l’efficacia degli interventi indicati aumenta se tutte le perso-ne che interagiscono con i bambini adottano le stesse modalità di co-municazione e di comportamento. Ecco perché è importante che i genitori e le persone che passano molto tempo con questi bambini si-ano sempre attivamente coinvolti e guidati dai professionisti.

Quali farmaci sono efficaci per il trattamento dei sintomi dell’autismo?Il trattamento con i farmaci deve

essere applicato con cautela, pre-stando la massima attenzione aglieventuali effetti collaterali, che il medico deve segnalare e spiega-re. È importante considerare che i farmaci possono essere efficaci su sintomi che spesso si associa-no all’autismo, ma non “curano” il disturbo. Il risperidone è utile per migliorare l’irritabilità, l’iperattività, il distacco dagli altri (ritiro sociale) e i comportamenti ripetuti e rituali (ste-reotipati). È efficace nel breve ter-mine, ma non ci sono dati sul lungo periodo. Il metilfenidato può essere utilizzato per trattare l’iperattività nei pazienti con autismo fino a 14 anni; deve essere prescritto da un centro specialistico e gli eventua-li effetti collaterali devono essere tenuti sotto controllo. Altri farmaci non sono ancora stati approvati per il trattamento dell’autismo, perché i dati scientifici sono ancora troppo pochi (sono chiamati farmaci off la-bel). Si auspicano studi sull’effica-cia e la sicurezza a lungo termine.

Le diete che escludono la casei-na e/o il glutine sono utili?Non ci sono prove scientifiche suf-ficienti a dimostrare che siano utili per i bambini con autismo. Quindi è bene che queste diete siano uti-lizzate solo se il bambino soffre di allergie o intolleranze alimentari e non per il trattamento dell’autismo, perché, come tutte le diete di esclu-sione, possono essere dannose, se protratte per lungo tempo e sen-za controlli specialistici. Se il bam-bino ha comportamenti alimentari scorretti, che possono influire sulla crescita o sullo sviluppo, o tende a selezionare i cibi in modo eccessi-vo, oppure presenta sintomi di in-tolleranze alimentari, è importante rivolgersi al medico.

Fonte: www.snlg.iss.it

Linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità

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Autismo e cinema

Realizzato dal Cineclub Detour di Roma e dallo Studio Kilab, in collabo-razione con il Gruppo Asperger Onlus, e sostenuto dall’Agenzia Nazionale per i Giovani nell’ambito del programma comunitario Youth in Action, l’AS Film Festival 2013 rappresenterà la prima rassegna del cortometraggio, nato per volontà di alcuni giovani con sindrome di Asperger, una condizione autistica ad alto funzionamento. L’ASFF, che si terrà il prossimo giugno a Roma, sarà un festival cinematografico vero e proprio, fatto da persone con auti-smo. Come in qualunque altro festival, si susseguiranno proiezioni, incontri, ospiti, una giuria, dei premi. “Un festival uguale agli altri. Però diverso”, come riporta il sito internet dell’ASFF, www.asfilmfestival.org.“Vivere Insieme” ha incontrato Giusep-pe Cacace, responsabile del Detour, e i quattro giovani del Gruppo Asperger: Marco Manservigi, Giulio De Amicis, Elena Tomei e Francesco Campolo, (che ha sostituito Vittorio Orsini, at-tualmente impegnato in altre attività), i quali sono i veri protagonisti di questo evento, nato da un intenso percorso di attività culturali autogestite, realizzate nella condivisione di una comune pas-sione per il cinema.Ma partiamo dall’inizio: “L’incontro tra il gruppo Asperger e il cineclub Detour, situato nel Rione Monti, nella zona cen-trale di Roma, e aperto ad esperienze con persone con disabilità, è avvenuto nel lontano 2008, anno in cui, su inizia-tiva di alcuni di noi, accomunati dalla passione del cinema”, racconta Mar-co, porta voce del gruppo, un giovane Asperger che studia cinema all’Univer-sità. “Abbiamo proposto l’idea di rea-lizzare un cineforum autogestito che avesse l’intento di creare sia un nuovo

luogo di incontro e di socializzazione aperto anche agli altri ragazzi ‘normali’ – prosegue Marco – e soprattutto che rappresentasse uno spazio dove poter parlare di noi attraverso la visione un film, preceduto da una scheda di pre-sentazione e seguito sempre da un di-battito finale. La nostra partecipazione, insieme ai volontari del Detour è stata ed è ancora oggi a 360 gradi. Pro-grammiamo gli appuntamenti quindici-nali del sabato pomeriggio, decidiamo la scaletta dei film sulla base delle te-matiche che vogliamo affrontare, pro-muoviamo l’adesione e il tesseramento alle nostre attività e del cineclub De-tour, curiamo, inoltre, l’accoglienza dei nostri amici e del pubblico a partire da un bel rituale, l’Happy Hour: ci diamo appuntamento in un bar nelle vicinan-ze del Cinema per bere qualcosa e fare qualche chiacchierata prima del film e qualche volta il dopo cinema si finisce tutti insieme in pizzeria a San Lorenzo”.Un collaborazione, quella con il Detour, diventata sempre più fitta: “In paralle-lo al cineforum e alla visione dei film, abbiamo partecipato ad alcuni progetti che ci vedessero artefici e non solo fru-itori di pellicole – spiega il portavoce –. Volevamo entrare in prima persona nel linguaggio filmico, insomma ‘sporcarci’ le mani per creare da noi, con la guida di Giuseppe Cacace ed altri professio-nisti, racconti audiovisivi e documentari realizzati a partire dal nostro punto di vista, che tenesse conto delle nostre esperienze. Il Cineclub Detour ci coin-volge in un progetto di alfabetizzazio-ne cinematografica, ROAMINGROMA, finalizzato alla realizzazione di un video documentario: ‘DOCaMONTI, Appunti per un documentario sul primo rione

di Roma’ dedicato al Rione Monti di Roma, il quartiere dove si trova il Deour . Abbiamo voluto raccontare la vita del quartiere nella quotidianità: la festa al mercato di via Baccina, e la gente tra i vicoli e nei luoghi di lavoro e di incon-tro”. “Ma l’attività più emozionante non-ché “prova generale” di questo primo concorso cinematografico – precisa Giuseppe Capace del Detour –, è sta-ta la realizzazione di un nuovo proget-to reso possibile grazie al sostegno del Programma Comunitario Gioven-tù in Azione, denominato “The Aspie Sight”, lo sguardo degli Aspie, come a voler sottolineare che, per la prima volta, tutte le decisioni, sia sul piano or-ganizzativo che su quello artistico sa-rebbero state prese dai ragazzi, senza più la mediazione da parte di genitori o di psicologi che in passato avevano svolto un ruolo di supporto importante. Nel marzo dello scorso anno, in occa-sione della Giornata mondiale dell’Auti-smo, il documentario è stato proiettato nell’ambito della rassegna Cinemau-tismo, organizzato dall’Associazione Museo Nazionale del Cinema (AMNC) di Torino”.Proprio a Torino, grazie a Marco, Ele-na, Giulio e Francesco, è nata l’idea di dare vita ad un festival di cinema indi-pendente a tematica sociale: il primo probabilmente gestito direttamente da persone con sindrome di Asperger. “Naturalmente per noi è una ‘prima volta’: in questo percorso siamo stati spettatori, poi autori e adesso organiz-zatori: stiamo sperimentando una nuo-va responsabilità”, conclude Marco.

Rocco Luigi Mangiavillano

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Si terrà il prossimo giugno a Roma l’AS Film Festival 2013: la prima rassegna del cortometraggio pro-mossa da persone con sindrome di Asperger

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“I programmi di intervento più va-lidi sono quelli che tengono conto sia dell’aspetto comportamenta-le, che di quello ambientale- inte-rattivo e di sviluppo del paziente”, secondo Enrico Nonnis, neu-ropsichiatra infantile e direttore dell’Unità operativa del’Area della Tutela della Salute Mentale e Ri-abilitazione in Età evolutiva della Asl Roma D.

Quando è possibile rilevare nei bambini i primi deficit di atten-zione?In età prescolare. Diciamo che una buona diagnosi viene effet-tuata intorno ai 3 anni di vita.

Quali sono i sintomi più noti?Riguardano gli aspetti dell’inte-razione sociale, comunicazione, linguaggio e dell’intersoggettività e cioè la capacità di interazioni sociali reciproche.

Come si interviene dopo la dia-gnosi medica?La diagnosi è un profilo di svilup-po non solo medico, che riguarda anche caratteristiche cliniche e di movimento. Si interviene con un programma riabilitativo attraver-so stimolazioni adeguate, talvolta clinico-riabilitative, altre volte am-bientali. Inoltre, è molto importante il lavoro insieme ai genitori: alcu-ne tecniche utilizzano la famiglia in qualità di terapeuta, anche se personalmente ho qualche riserva su questa possibilità. Ovviamen-te, esistono situazioni particolari: bisogna sempre individualizzare.

È stato recentemente pubblica-to un lavoro di alcuni ricercato-ri tedeschi che hanno ottenuto dei miglioramenti dei sintomi di autismo in un ragazzo di 13 anni utilizzando una tecnica neurochirurgica chiamata “sti-molazione cerebrale profonda”. Crede sia possibile oggi inter-venire anche chirurgicamente?Sinceramente dubito che la chi-rurgia possa portare a risultati concreti. Forse sarebbe indicata per patologie correlate.

Esistono trattamenti efficaci per il disturbo autistico in età adulta?Dipende dagli obiettivi. In Italia esistono trattamenti che posso-no migliorare la qualità della vita, come succede nella Cascina Rossago, comunità agricola, nata nel 1998 in Lombardia, o nelle fattorie sociali. Sono stati ideati programmi italiani e europei che puntano sull’integrazione lavora-tiva nel mondo rurale attraverso la coltivazione della terra e l’alle-vamento degli animali, dedicati a disabili e autistici. Non si tratta di un lavoro ‘finto’, ma avviene uno scambio reciproco e si incremen-ta la produzione agricola.

È vero che a livello genetico è più facile che da genitori di età molto avanzata nasca un bam-bino autistico?Non mi risulta. È inverosimile.

Come si può migliorare la co-municazione nei disturbi dello spettro autistico?I programmi d’intervento giocano

un ruolo importante. A mio giudi-zio, i più validi sono i sistemi mi-sti, che tengono conto sia dell’a-spetto comportamentale, che di quello ambientale- interattivo e di sviluppo. Infatti, una componente di affettività è essenziale in questi casi. Pertanto, ritengo utili i mo-delli “Denver” il francese “Ted” (Terapia di Scambio e Sviluppo).

Esiste una concreta possibilità di aiutare le persone con auti-smo a comunicare attraverso le immagini?I problemi sensoriali caratterizza-no questa patologia. Pertanto, si utilizzano le immagini, che rap-presentano uno strumento impor-tante soprattutto per comunicare ed esternare i bisogni. Bisogna ricordare che i soggetti autisti-ci tendono a guardare il mondo concentrandosi maggiormente sui particolari della realtà.

Floriana Barone

Modalità di intervento

I diversi trattamenti adottati nei disturbi autistici: a parlarne è il Dott. Enrico Nonnis, direttore UOC TSMREE della Asl Roma D

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I manicomi sono stati dimore nel senso etimologico di “demo-rari”: indugiare, indugio/mora, tra-tenere, trattenersi senza fine, ma anche con-fine, fine della vita sociale, cimitero dei cervelli, “discarica” di soggetti una volta attivi e capaci di reciprocità, poi solo corpi, “puri volumi” anatomi-ci, espropriati dei vissuti, corpi/supporto, non più corpi/rapporto. Manicomi, non solo “non luoghi”, ma “controluoghi”, una “malattia dell’architettura”, come le case di riposo, le prigioni, “eterotopie di deviazione” per Foucault. Spazi identificabili per il comportamen-to, deviante la norma, di chi vi è dentro; per il diverso funziona-mento rispetto alla propria cul-tura; per “l’eterocronia”, ossia la rottura assoluta con il tempo tra-dizionale; per il particolare siste-ma di apertura/chiusura. Grandi “serbatoi di immaginazione col-lettiva”, frutto di dementi, euclidei progetti architettonici, collusi con il mandato sociale della psichia-tria. Ad Arezzo ho lavorato per 14 anni (la mia Accademia di formazione come psichiatra e come uomo). L’ospedale civile “normale” è in sezioni che si designano dall’or-gano, dall’apparato malato: Car-diologia - Ortopedia – Pneumolo-gia. Ma la divisione in Manicomio era segnata da denominazioni, tragiche e macabre, su base comportamentale: “Inquieti”,

“Tranquilli”, “Agitati”, “Sudici”. In una situazione come quella de-scritta non poteva esistere alcuna specificità, alcun barlume di una identità nosografica, perché tutto era nel calderone, nel “frullatore” istituzionale (come ho più volte chiamato il manicomio), tutto era lì confuso, con-fuso, fuso – con.Quando siamo andati a lavorarvi dentro, abbiamo trovato anche (quasi una boutade) i malati men-tali, i matti. Sì loro c’erano anche, ma c’erano pure, e non avrebbe-ro dovuto esserci, gli handicap-pati, come si diceva una volta, gli alcolisti, gli epilettici, i “picon-drici” (neologismo manicomiale aretino per dire gli ipocondria-ci), forse anche gli autistici, cioè qualcuno che non parlava, non comunicava (lo avremmo dia-gnosticato autistico), scambiato per “comune” schizofrenico. Una cosa accomunava: la dia-gnosi, questa sì molto scientifica, di “pericolosità per sé e per gli al-tri e di pubblico scandalo”. Que-sta formula, scritta nell’ordinan-za, ti faceva finire in manicomio, dove si veniva “osservati” per 15, che diventavano 30, giorni e poi (di fatto quasi sempre) si veniva definitivamente associati al mani-comio, tra abbandono e tratteni-mento/contenzione (un ossimo-ro?). Tutti i diritti civili (sposarsi, fare testamento, ereditare, vota-re) erano perduti e si rotolava ine-sorabilmente nella discesa, reale

e simbolica, della carriera di lun-godegente, cioè 20, 30, 40, 50, o 67 anni di manicomio. Pazzi, ubriaconi, epilettici o anche auti-stici “ante litteram”, il destino era lo stesso: l’ergastolo psichiatrico e la morte civile. I manicomi, come i lager, Cam-pi, secondo l’analisi di Giorgio Agamben, dove si esercita una sovranità sottratta alle normali garanzie perché la regola è stata sostituita con lo “stato d’eccezio-ne”. Chi là detiene il potere, è il “sovrano” e decide vita o morte dell’altro. Per Franco Basaglia: “Il potere del direttore del ma-nicomio è quello di un re, il Re Sole, “l’etat c’est moi”. “Tutto ivi era possibile” aveva detto Hanna Arendt dei lager.

a cura del Prof. Luigi Attenasio, presidente nazionale di Psichiatria Democratica

Vivere Insieme n. 35 - Aprile 2013 19

Una vita in prigioneAi tempi dei manicomi, pazzi, ubriaconi, epilettici o anche autistici “ante litteram” erano accomunati dallo stesso destino: l’ergastolo psichiatrico e la morte civile

“Per abbattere un muro, non c’è che abbatterlo. Con altri sistemi, con il pensare molto a lungo e molto fortemente alla sua caduta, il muro non si abbatte”. Ottiero Ottieri

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- Ipertrofia prostatica- Neoplasie uretrali e prostatiche- Neoplasie delle alte vie escretrici (reni – ureteri)- Ematuria da sforzo (frequente ne-gli atleti che praticano sport a livello professionistico).

L’ematuria monosintomatica, ossia non associata a segni di nefropatia, a sintomatologia del basso appara-to urinario, a dolore o febbre è più frequente nelle forme urologiche, soprattutto nelle neoplasie dell’appa-rato urinario. Quando invece è associata a febbre e disturbi della minzione, la diagnosi si indirizza verso le infezioni delle vie urinarie, la calcolosi, la prostatite o più raramente pielonefrite, glomeru-lonefrite. Quando eseguire accertamenti? - Se persiste microematuria in due o più esami urine- Se microematuria importante (> 100 globuli rossi per campo)- In caso di ematuria macroscopicaNei pazienti con microematuria, asin-tomatici, si riscontra una patologia si-gnificativa nel 10-53% dei casi. Neo-plasie urologiche nel 2-13 % dei casi (tale percentuale può raddoppiare nei fumatori e nelle persone esposte a cancerogeni ambientali, con età superiore a 40 anni). Negli over 50 la causa più frequente di ematuria ma-croscopica è il tumore della vescica.Gli esami da effettuare in prima istan-za, di solito richiesti dal medico di fa-miglia, sono :

- esame urine con sedimento- esame citologico delle urine (su 3 campioni in giorni diversi)- analisi di laboratorio (emocromo, azotemia, creatininemia, prove di emocoagulazione)

La diagnostica per immagini, oggi fondamentale, è rappresentata in

prima istanza dalla Ecografia dei reni e delle vie urinarie. Se l’esame evi-denzia o fa sospettare una patologia urologica, il paziente sarà inviato allo specialista . Il completamento dia-gnostico è rappresentato dalla URO-TAC, dalla endoscopia delle basse vie urinarie (uretroscopia/cistosco-pia) e se necessario dall’endoscopia delle alte vie urinarie (uretero-reno-scopia).Giunti ad una diagnosi, spet-terà poi all’urologo la decisione della terapia più consona al caso clinico.Il messaggio che si vuole dare, alla fine di questa breve trattazione, è innanzitutto quello di fare attenzione ai messaggi che il nostro corpo ci in-via e parlarne sempre con il proprio medico curante, anche se a volte ci sembra che ciò sottragga del tempo al nostro lavoro o alla vita familiare. Infatti un’ora di tempo dedicata alla nostra salute può a volte salvarci la vita o quantomeno evitare guai seri. E’ ancora oggi estremamente attua-le quanto sostenuto da Roger Cou-velaire, uno dei padri della Urologia moderna, negli anni ‘70: “l’individua-zione di una ematuria non concede alcuna leggerezza nell’interpretazio-ne, nessuna pigrizia nelle indagini, nessuna stupidaggine nelle terapie. L’ematuria non si tratta con la dieta, né con il riposo, né con gli emostati-ci; essa esige soltanto di essere pre-sa in considerazione”.

A cura del Dott. Paolo Menchinelli Specialista in Urologia della

Università Cattolica del Sacro CuoreComplesso Integrato

Columbus- Roma.

La comparsa improvvisa di sangue nelle urine viene spesso vissuta con preoccupazione, talora con un’ an-sia eccessiva che spinge la persona affetta a correre dal medico in orari impossibili, oppure a recarsi al più vicino pronto soccorso. Raramente rappresenta una vera urgenza ma non va mai sottovalutata, in quanto potrebbe essere la spia di patologie molto serie.L’ematuria è definita come “presenza di sangue nelle urine”. Non va con-fusa con i sanguinamenti da altri or-gani, ad esempio dalla vagina o dal retto, o con le false ematurie, come la emoglobinuria o la mioglobinuria (rispettivamente rappresentate dalla presenza di emoglobina e di mioglo-bina nelle urine).La principale suddivisione che si può fare è in:Ematuria macroscopica (ossia visibi-le ad occhio nudo)Ematuria microscopica (presenza di > 3 globuli rossi per campo nel sedi-mento urinario).In ogni caso, la sua presenza in un adulto deve essere considerata, fino a prova contraria, espressione di una patologia neoplastica. Le cause di ematuria possono essere di tipo “medico” ( es. coagulopatie, emo-globinopatie, terapie anticoagulanti, nefropatie), e sono il sintomo/segno di una patologia di ordine genera-le che viene normalmente gestita in ambito internistico.L’ematuria “urologica” è invece il sin-tomo/segno di una patologia dell’ap-parato urinario. In ordine di incidenza fra le cause principali del sintomo possiamo elen-care:

- infezioni urinarie- Neoplasie vescicali- Nefropatie mediche- Calcolosi urinaria- Neoplasie renali

Vivere Insieme n. 35 - Aprile 201320

L’esperienza della Medicina

L’Ematuria in urologia: un allarme da non sottovalutare

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La malattia renale cronica viene de-finita in modo “tecnico” in base ai seguenti criteri:1. Danno renale che perdura per più di 3 mesi, definito da alterazioni strutturali del rene con osenza riduzione del filtrato glomeru-lare, manifestatosi attraverso:• Alterazioni istopatologiche• Evidenza di marcatori di danno re-nale, comprese anomalie di parame-tri biochimici ematicio delle urine o di esami mediante immagini (ecografia, urografia, TAC, RMN, ecc.)2. GFR< 60 mL/min/1.73 m2 (1.00 mL/s) perdurante per almeno 3 mesi, con o senza dannorenale. Questa è la definizione che utilizza il nefrologo quando deve de-finire la presenza di una insufficienza renale cronica.Nella pratica, l’insufficienza renale cronica può essere definita come riduzione permanente della funzione renale che si instaura come conse-guenza di un danno renale quale che sia la causa iniziale.Per insufficienza, intendiamo che le funzioni che normalmente svolgono i nostri reni (regolazione dello stato idrico ed elettrolitico, pressione arte-riosa sistemica, produzione dei glo-buli rossi, trasformazione della vita-mina D da forma non attiva a forma attiva che serve per il metabolismo delle nostre ossa e non solo, elimi-nazione del fosforo introdotto con la dieta, eliminazione di tutte le scorie introdotte o prodotte dal nostro or-ganismo e molte altre funzioni che non elencheremo per brevità e sem-plicità) vengono gradualmente ridot-te, fino alla perdita completa che si ha nell’insufficienza renale cosiddet-ta terminale. È una malattia subdola che spesso non dà sintomi: infatti spesse volte i paziente si rivolgono al nefrologo dicendo”ma non ho dolore, urino bene, perché dite che ho l’insufficienza renale?”. In effetti quello che riferiscono è reale, i sinto-

mi si hanno quando ormai la funzio-ne renale è ridotta di molto o quando la causa è dovuta a calcolosi o altre malattie che danno ostruzione delle vie urinarie (malattie della prostata, tumori, etc.). L’esatta epidemiologia della malattia renale cronica in Italia non è nota (è in corso uno studio epi-demiologico per conoscere l’epide-miologia dell’IRC nel nostro Paese), ma i dati preliminari indicano una prevalenza dell’8% circa (2,5-3 mln di abitanti), quindi una vera e propria “epidemia”. Tra le cause di insuffi-cienza renale giocano un ruolo di pri-missimo piano il diabete e l’iperten-sione arteriosa e più in generale le patologie cardiovascolari che sono in costante aumento a causa dell’al-lungarsi della vita media. Abbiamo poi le patologie “infiammatorie” dei reni, le glomerulonefriti, che posso-no essere primitive, cioè malattie che colpiscono solo e unicamente i reni, o secondarie ad altre patologie e che comprendono tra i “danni” che provocano, ancheun danno renale; patologie genetiche come in Rene Policistico e molte altre ancora.Come facciamo allora a sapere se abbiamo una insufficienza renale? Sono sufficienti semplici esami del sangue e delle urine per avere una prima idea, per sapere se il proble-ma esiste e di che entità si tratti. In-fatti un dosaggio della creatininemia (ed il calcolo del cosiddetto Filtrato Glomerulare), dell’azotemia ed un esame urine a fresco, sono in grado di fornirci una chiara idea di come funzionino i nostri reni. È altrettan-to importante la misurazione della pressione arteriosa (il rene può in-fatti causare l’ipertensione arteriosa o può subirne i danni). Tra le cause potenzialmente evitabili di insuffi-cienza renale dobbiamo ricordare l’uso e soprattutto l’abuso di FANS (farmaci antinfiammatori non steroi-dei) come la nimesulide, il ketoprofe-ne, il diclofenac e tutti le altre nume-rose molecole che appartengono a

questa vasta famiglia farmacologica tra cui i cosiddetti coxib, molto usati soprattutto negli anziani con dolo-ri osteoarticolari. Ricordiamo che i FANS sono tra i farmaci più utiliz-zati in assoluto. Quindi attenzione a non utilizzare i farmaci senza sapere come funzionano i nostri reni. Ricor-diamo che cronica significa che non è guaribile, quindi una volta che sap-piamo di avere una insufficienza re-nale cronica quello che si può fare è cercare di rallentarne la progressio-ne il più possibile (terapia farmaco-logica, dietetica, modificazioni dello stile di vita, controllo della pressione arteriosa etc.). Il futuro forse ci riser-verà qualcosa in più grazie alle cellu-le staminali, ma si tratta di un futuro ancora lontano per chi oggi ha una insufficienza renale negli stadi più avanzati.

Dott. Alessandro NaticchiaNefrologo

(È dirigente medico nell’unità complessa di Nefrologia del Com-

plesso Integrato Columbus, Uni-versità Cattolica del Sacro Cuore

di Roma, diretta dal Prof.Giovanni Gambaro e lavora all’interno dell’u-

nità semplice di dialisi diretta dal Dott.Antonio Sturniolo)

Vivere Insieme n. 35 - Aprile 2013 21

Insufficienza renale cronica

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Vivere Insieme n. 35 - Aprile 201322

La biologia molecolare è la scien-za emergente della seconda par-te del Novecento. Essa studia gli organismi viventi a livello di geno-ma, molecole e atomi. Le continue ricerche scientifiche e l’acquisi-zione di strumentazione di ultima generazione consentono, anche nel settore diagnostico-clinico, di poter applicare le tecniche di biologia molecolare per fare medi-cina preventiva. Essere consape-voli della propria predisposizione genetica a particolari patologie permette di effettuare adeguati e tempestivi cambiamenti nel pro-prio stile di vita e di istituire efficaci azioni di prevenzione. Potremmo riassumere quanto esposto con una semplice frase: “scopri i tuoi geni: conosci te stesso”. Una ma-lattia genetica abbastanza diffusa (colpisce un italiano su 100) è la celiachia. La celiachia è una in-tolleranza permanente causata dall’ingestione del glutine, la fra-zione proteica presente in molti cereali (frumento, farro, kamut, orzo, avena, segale, spelta, triti-cale). Pertanto è opportuno sug-gerire ad un individuo affetto dalla malattia una indagine genetica dei familiari in modo da escludere in questi la predisposizione. Il test genetico è un test di suscettibi-lità in quanto valuta la maggiore o minore predisposizione di un individuo a sviluppare la malat-tia in base alla presenza/assenza

di fattori rischio. La presenza di una delle combinazioni di fattori di predisposizione determina un aumento del rischio di celiachia, mentre l’assenza delle stesse ren-de del tutto improbabile lo svilup-po della malattia. Si tratta di un test genetico che pur non avendo un significato diagnostico assolu-to può contribuire a risolvere casi dubbi, utilizzato soprattutto per il suo significato predittivo negati-vo in quanto soggetti negativi. In questo modo si evitano successivi inutili controlli in soggetti non ge-neticamente predisposti alla ma-lattia, con il doppio risultato di tran-quillizzare coloro che si presentino negativi e di alleggerire impegno e costi del follow-up. Un’altra intol-leranza geneticamente determina-ta è quella al lattosio. Il lattosio è lo zucchero naturale contenuto in ogni tipo di latte. Da bambini l’en-zima lattasi lo rende digeribile divi-dendolo in due zuccheri semplici, con la crescita si assiste a una progressiva riduzione dell’enzima fino ad arrivare alla totale carenza. L’intolleranza al lattosio, la più co-mune intolleranza enzimatica, (ne soffre circa il 70% della popolazio-ne mondiale), è quindi l’incapaci-tà di digerire lo zucchero del latte dovuta alla carenza determinata geneticamente dell’enzima lattasi. Anche in questo caso è possibile eseguire un test genetico di fa-cile esecuzione, non doloroso e

non invasivo: prevede il semplice prelievo della saliva. I tempi di ri-sposta sono rapidi ed il referto è accompagnato da una relazione tecnica dettagliata con consigli terapeutici per l’alimentazione del paziente. I test di intolleranza al glutine (celiachia) e intolleranza al lattosio sono eseguibili pres-so il laboratorio di analisi cliniche convenzionato “Iperione” in Via A. Aspertini n°111. Per ulteriori infor-mazioni chiamare la segreteria al numero 06 2009260/06 2008889.

a cura della redazione

Nel settore diagnostico-clinico si applicano le tecniche di biologia molecolare per fare medi-cina preventiva

Scopri i tuoi geni: conosci te stesso

Si è tenuta giovedì 20 dicembre scorso, presso i locali del CIS, l’11ª edizione del Pranzo di Natale, dedicata quest’anno ai temi della solidarietà e dell’amicizia. Numerosi, come al solito, gli ospiti. Un ringraziamento speciale al vicepresidente dell’associazione, Avv. P. Barone, e alla BCC - Agenzia 18 di Torbellamonaca per il generoso contributo offerto.

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Vivere Insieme n. 35 - Aprile 2013 23

Impartire un’educazione alimenta-re non significa soltanto dimagri-re, ma mantenere i risultati ottenuti nel tempo e raggiungere uno stato di benessere fisico in armonia con il cibo, con il proprio peso e con il proprio corpo. Per raggiungere que-sti obiettivi il nutrizionista deve ave-re una profonda conoscenza delle proprietà dei nutrienti e dei non nu-trienti contenuti negli alimenti, dei meccanismi biochimici e fisiologici della digestione e dell’assorbimen-to, dei processi metabolici a carico dei nutrienti. Essere capace di va-lutare la composizione corporea, il metabolismo corporeo, il dispendio energetico dell’individuo. Essere in grado di definire gli apporti energe-tici e le qualità nutrizionali dei singoli alimenti e conoscerne la composi-zione di base ed i fattori che rego-lano la biodisponibilità dei macro e micronutrienti. Conoscere l’influen-za degli alimenti sul benessere e sulla prevenzione delle malattie ed i livelli di sicurezza degli stessi, nonché i livelli tossicologici, le dosi giornaliere accettabili ed il rischio valutabile dell’assunzione di sostan-ze contenute o veicolate dalla dieta. Saper valutare lo stato di nutrizione più consono alle caratteristiche fisi-che e psichiche dell’individuo sot-toposto a stress, con particolare ri-guardo all’attività fisica e agonistica. La scelta di rivolgersi al nutrizionista va oltre il concetto di dimagramen-to; una dieta “dimagrante” la si può trovare in ogni rivista, ma i suoi ri-sultati nel tempo saranno pessimi e non aiuteranno a sostenere il tra-guardo prefissato.Gli effetti di una dieta fortemente ipocalorica e sbilanciata magari as-sociata ad un iperallenamento pos-sono provocare:

PERDITA DI MASSA MUSCOLARE – l’iperattività legata ad una nutrizio-ne sbilanciata costringe l’organismo a sfruttare le proteine corporee per necessità energetiche, a scapito della massa muscolare e del meta-bolismo basale.DIMINUZIONE DEL METABOLI-SMO – l’organismo si difende da un apporto calorico eccessivamente basso, riducendo la richiesta meta-bolica. Questo si traduce con il non riuscire più a perdere peso anche ri-manendo a dieta e soprattutto riac-quisire rapidamente i chili persi an-che ingerendo poche calorie in più.DEGENERAZIONE DEI SEGNALI FISIOLOGICI DI FAME E SAZIETA’ – Una dieta fortemente ipocalorica altera i meccanismi fisiologici che regolano il senso di fame e di sa-zietà.IRRITABILITÀ – Ad una iniziale eu-foria per la perdita di peso segue sempre una crescente irritabilità e depressione. Quando il dimagra-mento si arresta, il senso d’ insod-disfazione aumenta.Nell’ambito di una sana alimenta-zione un ruolo importante svolgo-no gli integratori. Generalmente chi assume integratori lo fa per auto-prescrizione considerando che un qualcosa di naturale sia sicuro e scevro da rischi: ciò potrebbe inve-ce essere rischioso per chi assume, ad esempio, dei farmaci.Prodotti a base di erbe, vitamine e altri integratori alimentari possono potenziare o antagonizzare l’azio-ne di farmaci prescritti dal medico o da banco; l’informazione su molti integratori alimentari è mancante e questo dovrebbe far riflettere su un uso fai da te.OBESITÀ INFANTILE – È un proble-ma di notevole rilevanza sociale. In

Italia colpisce un bambino su quat-tro. Si può parlare di obesità quan-do il peso del bambino supera del 20% il peso ideale, di sovrappeso se lo supera del 10-20%. Un’alimen-tazione sbilanciata già dai primi anni di vita può determinare un aumento del numero di cellule adipose, oltre che del loro volume, pertanto, si avrà una maggiore predisposizione all’obesità ed una difficoltà a scen-dere di peso o a mantenerlo nei li-miti, perché sarà possibile ridurre le dimensioni delle cellule ma sarà im-possibile eliminarle. Intervenire du-rante l’età evolutiva è determinante, perché dà l’opportunità di ottene-re risultati migliori e duraturi. Non conta soltanto quanto si mangia, ma anche e soprattutto che cosa si mangia. Pertanto è importante farsi consigliare da un professionista in grado di fornire al bambino un regi-me alimentare bilanciato che possa coincidere con le abitudini indivi-duali del bimbo stesso.

a cura della redazione

Nutrizione: strategia di saluteL’importanza di una dieta bilanciata commisurata alle caratteristiche psico-fisiche del soggetto

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4A Edizione della grigliata

Sabato 13 Luglio 2013 - ore 20,00

RiStoRAntE AgRicoLtuRA

cApodARco - grottaferrata

per informazioni e prenotazioni:

tel. 06 2002635

LIMITE DI REDDITO IMPORTO PENSIONI 2013

Tipo di provvidenza Importo Limite di reddito

2013 2012 2013 2012

Pensione ciechi civili assoluti 298,33 289,36 16.127,30 15.627,22

Pensione ciechi civili assoluti (se ricoverati) 275,87 267,57 16.127,30 15.627,22

Pensione ciechi civili parziali 275,87 267,57 16.127,30 15.627,22

Pensione invalidi civili totali 275,87 267,57 16.127,30 15.627,22

Pensione sordi 275,87 267,57 16.127,30 15.627,22

Assegno mensile invalidi civili parziali 275,87 267,57 4.738,63 4.596,02

Indennità mensile frequenza minori 275,87 267,57 4.738,63 4.596,02

Indennità accompagnamento ciechi civili assoluti 846,16 827,05 Nessuno Nessuno

Indennità accompagnamento invalidi civili totali 499,27 492,97 Nessuno Nessuno

Indennità comunicazione sordi 249,04 245,63 Nessuno Nessuno

Indennità speciale ciechi ventesimisti 196,78 193,26 Nessuno Nessuno

Lavoratori con drepanocitosi o talassemia major 495,43 480,53 Nessuno Nessuno

PRESENZE E TELEFONATE ANNO 2012

MESE PRESENZE TELEFONATE

Gennaio 120 51

Febbraio 74 27

Marzo 103 46

Aprile 99 56

Maggio 402 74

Giugno 288 92

Luglio 162 55

Agosto

65 48

Settembre

77 48

Ottobre

135 99

Novembre 92 77

Dicembre

222 10

Totale 1839 683

Vivere Insieme n. 35 - Aprile 201324

Chiunque fosse interessato all’acquisto del libro “LA VOSTRA STORIA DIVENTERà LA MIA STORIA”, a cura di Stefania Alunni e Umberto Brancia, potrà rivolgersi al presi-dente Paolo Muratore. Il costo è di 10,00 euro, più 5,35 di spedizione.

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ASSOCIAZIONE HANDICAP NOI E GLI ALTRI ONLUS

CONSIGLIOREGIONALEDEL LAZIO

MENUBruschetta, salame, prosciutto, gratinati

Lasagna al ragùFettuccine ai funghi porcini

Arrosto di vitella al vino bianco

Patate e Insalatina

Tiramisù

Acqua Vino sfusoCaffe

Euro 20,00 a persona

Ore 11.00: Santa Messa celebrata da Don Franco MonterubbianesiOre 13.00: Pranzo

Intrattenimento musicale

di MARA

Per prenotazioni: Segreteria Associazione: 06 2002635 Presidente Paolo Muratore: 338 2725150

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cis

con la collaborazione degli amici SCOUT

associazione onlus

Banca d’Italia Via XX Settembre, 97/E00187 Roma

BCC Roma - Ag. n. 18 Via Aspertini, 392/398 - Roma

Banca Nazionale del Lavoro Via V. Veneto, 119 - Roma