Vidotto-Sabbatucci

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1 20. Il tramonto del colonialismo. L’Asia e l’America Latina. 20.1 Il declino degli imperi coloniali. Tra le due guerre l’egemonia europea iniziò a traballare; GB e Francia si illusero a lungo di poter continuare ad essere grandi potenze mondiali, in virtù dei loro immensi imperi coloniali, dove nel frattempo si iniziavano a fare spazio movimento indipendenti, tanto in Asia quanto in Africa. Le colonie erano state ciecamente sfruttate durante il conflitto per avere materie prime e soldati sempre a disposizione i popoli dei paesi coalizzati assumono una consapevolezza nuova e iniziano a reclamare i loro diritti, sotto anche le spinte delle rivoluzioni russa e kemalista. I bolscevichi in particolare si dichiaravano apertamente a sostegno dei movimenti di liberazione dall’imperialismo. Da un altro lato l’influenza dell’ideologia wilsoniana diede una notevole spinta, con il discorso dell’autodeterminazione, ma contemporaneamente la costituzione dei mandati. 20.2 Il nodo del Medio Oriente. Durante il conflitto i movimenti indipendentisti erano stati strumentalizzati da una o l’altra potenza per fini bellici o strategici, specie ad opera degli inglesi in Nord Africa. Londra sin dall’inizio sostenne il nazionalismo arabo 1915-16: accordi ManMahon- Hussein, con quali si decise la nascita di una grande regno arabo indipendente (Siria, Mesopotamia e Arabia) Hussein lanciò la guerra santa contro i turchi (le truppe erano sostenute e guidate dal celebre Lawrence d’Arabia). Altro problema nella regione: gli interessi e gli appetiti coloniali francesi. 1916: spartizione Medio Oriente tra Fr e GB dopo la IGM la spartizione sarebbe stata ufficializzata con i mandati: a Parigi Siria e Libano, a Londra Mesopotamia e Palestina. Gli inglesi in cambio del mancato regno arabo crearono Transgiordania e Iraq, mentre in Palestina, con la dichiarazione Balfour, aprivano la strada all’immigrazione ebraica, sotto la spinta del movimento sionista inizio questione palestinese. 20.3 Rivoluzione e modernizzazione in Turchia. Il risveglio nazionale arabo fu insieme causa ed effetto del crollo dell’Impero ottomano, cui dopo il conflitto toccò la sorte peggiore. Occupazione greca di Smirne; Turchia era anche al centro delle mire anglo-francesi. La reazione fu guidata dal generale Kemal, che con i “giovani turchi” aveva combattuto gli inglesi. Quando le potenze trattavano con il sultano-fantoccio, un’Assemblea nazionale riunita ad Ankara gli diede il compito di liberare il Paese dopo neanche due anni inglesi e francesi se ne andarono e la Grecia fu lasciata da sola, e sconfitta ripetutamente tragedia nazionale greca il ritorno in patria di oltre un milioni di profughi riannessione dell’Anatolia e della Tracia orientale. Trasformazione della Turchia in uno Stato nazionale, laico e repubblicano Kemal fu nominato presidente, con il soprannome di Atatürk, e si impegnò a fondo in occidentalizzazione e laicizzazione statale. 20.4 L’Impero britannico e l’India. La GB fu l’unica a capire cosa andava fatto, e ad allentare il legame con le colonie per renderle più autonome creazione di Transgiordania e Iraq, poi dell’Arabia Saudita; non solo, Egitto indipendente nel 1936 (anche se con il controllo brit di Suez). Londra 1926, conferenza imperiale nascita del Commonwealth (i dominions furono riconosciuti autonomi). Il problema era che l’India era la più importante delle colonie britanniche, ma anche quella con il più forte movimento nazionale; durante la guerra il governo inglese promise l’autogoverno per l’India in cambio della sua fedeltà nei tempi bui del conflitto ma i nazionalisti continuano la loro azione massacro di Amritsar. 1920: nasce il Partito del Congresso. Intanti la predicazione di Gandhi della non-violenza, della resistenza passiva e della non-collaborazione con la potenza coloniale diventava un fenomeno di massa in tutta l’India. I provvedimenti a favore dell’allentamento dei vincoli tra GB e India non servirono a molto, essendo tardivi: India indip dopo IIGM. 20.5 Nazionalisti e comunisti in Cina. Tra le due guerre la Cina fu lacerata dalla guerra civile. Il regime autoritario di Yuan Shi-kai non riuscì a stabilire pace e unità semianarchia, invece. Il governo non era abbastanza forte né per controllare i signori della guerra che imperversavano nelle province, né per fermare le velleità imperialistiche giapponesi. La partecipazione alla guerra a fianco dell’Intesa non servì a niente, perché a Parigi la Cina non ottenne niente l’umiliazione fece scattare i nazionalisti nel maggio 1919, in concomitanza con il ritorno di Sun Yat-sen, che fondò un suo governo a Canton. La sua opposizione al governo centrale si vide sostenuta anche dal Partito comunista, che quindi si alleò con il Kuomintang, anche sotto le spinte sovietiche. Ma l’alleanza tra nazionalisti e comunisti non sopravvisse alla morte di Sun Yat-sen nel 1925. Il suo successore era Chang Kai-shek, che non amava i comunisti e iniziò immediatamente una campagna contro il governo di Pechino, ma anche contro i movimenti operai, come quello di

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20. Il tramonto del colonialismo. L’Asia e l’America Latina. 20.1 Il declino degli imperi coloniali. Tra le due guerre l’egemonia europea iniziò a traballare; GB e Francia si illusero a lungo di poter continuare ad essere grandi potenze mondiali, in virtù dei loro immensi imperi coloniali, dove nel frattempo si iniziavano a fare spazio movimento indipendenti, tanto in Asia quanto in Africa. Le colonie erano state ciecamente sfruttate durante il conflitto per avere materie prime e soldati sempre a disposizione i popoli dei paesi coalizzati assumono una consapevolezza nuova e iniziano a reclamare i loro diritti, sotto anche le spinte delle rivoluzioni russa e kemalista. I bolscevichi in particolare si dichiaravano apertamente a sostegno dei movimenti di liberazione dall’imperialismo. Da un altro lato l’influenza dell’ideologia wilsoniana diede una notevole spinta, con il discorso dell’autodeterminazione, ma contemporaneamente la costituzione dei mandati. 20.2 Il nodo del Medio Oriente. Durante il conflitto i movimenti indipendentisti erano stati strumentalizzati da una o l’altra potenza per fini bellici o strategici, specie ad opera degli inglesi in Nord Africa. Londra sin dall’inizio sostenne il nazionalismo arabo 1915-16: accordi ManMahon-Hussein, con quali si decise la nascita di una grande regno arabo indipendente (Siria, Mesopotamia e Arabia) Hussein lanciò la guerra santa contro i turchi (le truppe erano sostenute e guidate dal celebre Lawrence d’Arabia). Altro problema nella regione: gli interessi e gli appetiti coloniali francesi. 1916: spartizione Medio Oriente tra Fr e GB dopo la IGM la spartizione sarebbe stata ufficializzata con i mandati: a Parigi Siria e Libano, a Londra Mesopotamia e Palestina. Gli inglesi in cambio del mancato regno arabo crearono Transgiordania e Iraq, mentre in Palestina, con la dichiarazione Balfour, aprivano la strada all’immigrazione ebraica, sotto la spinta del movimento sionista inizio questione palestinese. 20.3 Rivoluzione e modernizzazione in Turchia. Il risveglio nazionale arabo fu insieme causa ed effetto del crollo dell’Impero ottomano, cui dopo il conflitto toccò la sorte peggiore. Occupazione greca di Smirne; Turchia era anche al centro delle mire anglo-francesi. La reazione fu guidata dal generale Kemal, che con i “giovani turchi” aveva combattuto gli inglesi. Quando le potenze trattavano con il sultano-fantoccio, un’Assemblea nazionale riunita ad Ankara gli diede il compito di liberare il Paese dopo neanche due anni inglesi e francesi se ne andarono e la Grecia fu lasciata da sola, e sconfitta ripetutamente tragedia nazionale greca il ritorno in patria di oltre un milioni di profughi riannessione dell’Anatolia e della Tracia orientale. Trasformazione della Turchia in uno Stato nazionale, laico e repubblicano Kemal fu nominato presidente, con il soprannome di Atatürk, e si impegnò a fondo in occidentalizzazione e laicizzazione statale. 20.4 L’Impero britannico e l’India. La GB fu l’unica a capire cosa andava fatto, e ad allentare il legame con le colonie per renderle più autonome creazione di Transgiordania e Iraq, poi dell’Arabia Saudita; non solo, Egitto indipendente nel 1936 (anche se con il controllo brit di Suez). Londra 1926, conferenza imperiale nascita del Commonwealth (i dominions furono riconosciuti autonomi). Il problema era che l’India era la più importante delle colonie britanniche, ma anche quella con il più forte movimento nazionale; durante la guerra il governo inglese promise l’autogoverno per l’India in cambio della sua fedeltà nei tempi bui del conflitto ma i nazionalisti continuano la loro azione massacro di Amritsar. 1920: nasce il Partito del Congresso. Intanti la predicazione di Gandhi della non-violenza, della resistenza passiva e della non-collaborazione con la potenza coloniale diventava un fenomeno di massa in tutta l’India. I provvedimenti a favore dell’allentamento dei vincoli tra GB e India non servirono a molto, essendo tardivi: India indip dopo IIGM. 20.5 Nazionalisti e comunisti in Cina. Tra le due guerre la Cina fu lacerata dalla guerra civile. Il regime autoritario di Yuan Shi-kai non riuscì a stabilire pace e unità semianarchia, invece. Il governo non era abbastanza forte né per controllare i signori della guerra che imperversavano nelle province, né per fermare le velleità imperialistiche giapponesi. La partecipazione alla guerra a fianco dell’Intesa non servì a niente, perché a Parigi la Cina non ottenne niente l’umiliazione fece scattare i nazionalisti nel maggio 1919, in concomitanza con il ritorno di Sun Yat-sen, che fondò un suo governo a Canton. La sua opposizione al governo centrale si vide sostenuta anche dal Partito comunista, che quindi si alleò con il Kuomintang, anche sotto le spinte sovietiche. Ma l’alleanza tra nazionalisti e comunisti non sopravvisse alla morte di Sun Yat-sen nel 1925. Il suo successore era Chang Kai-shek, che non amava i comunisti e iniziò immediatamente una campagna contro il governo di Pechino, ma anche contro i movimenti operai, come quello di

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Shangai. Il Partito comunista fu dichiarato fuori legge. Chang Kai-shek cercò di rimodellare la Repubblica secondo schemi occidentali, ma i problemi delle basi rosse e dei signori della guerra restavano tutti lì; nel 1931, poi, i giapponesi invasero la Manciuria e vi crearono uno Stato-fantoccio, il Manchu-kuo. L’inerzia di Chang Kai-shek diede una spinta ai comunisti, che iniziarono a muoversi secondo la strategia contadina di Mao Tse-tung. Poco ortodossa, ma corretta: erano le masse rurali le vere protagoniste della rivoluzione. Chang Kai-shek si trovò a combattere su due fronti, ma si concentrò sulla lotta ai comunisti tra il ‘31e il ’34 lanciò contro di loro una serie di fortissime offensive lunga marcia di 100.000 comunisti dallo Hunan verso lo Shanxi. Arrivarono decimati, ma i vertici c’erano ancora, la Repubblica comunista si stava ricostituendo sotto la guida illuminata di Mao. Al successivo tentativo di Kai-shek però l’esercito chiese la costituzione di un fronte unito contro la minaccia nipponica e la fine della guerra civile. 1937: Giappone attaccò in forze il territorio cinese, e nonostante la resistenza accanitissima riuscì a garantire la sua egemonia sulle coste e le principali città (governo collaborazionista a Nanchino). 20.6 Imperialismo e autoritarismo in Giappone. Il Giappone era ormai la principale potenza asiatica, la sua economia era estremamente dinamica (specie quelle delle zaibatsu, grandi concentrazioni industriali-finanziarie). Impetuosa crescita demografica e struttura “prussiana” della classe dirigente imperialismo verso la Cina soprattutto. Primo decennio postbellico: dialettica politica garantita; poi però comparvero i movimenti autoritari di destra, su modello fascista europeo e di cultura tradizionalista crescente autoritarismo. Tuttavia si arrivò al partito unico soltanto nel 1940; assunzione diretta del potere da parte dei generali e degli esponenti degli zaibatsu, con la autorevole copertura di Hirohito, salito al trono imperiale nel 1926. Queste le contingenze che portarono il Giappone verso la dittatura e la seconda guerra mondiale. 20.7 Dittature militari e regimi populisti in America Latina. La crisi del 1929 non mancò di toccare l’America Latina, dove alcuni Paesi la vissero passivamente, mentre altri le risposero avviando processi che li avrebbero portati a sviluppare un settore manifatturiero, e approfittando degli alti prezzi delle loro materie prime per sviluppare l’industria pesante. Politicamente fu una fase molto travagliata per il continente; nei paesi concentrati sulla monocoltura governavano le oligarchie terriere, tra instabili regimi liberali e spietate dittature (Batista a Cuba o Trujillo a Santo Domingo). Dove invece c’erano movimenti operai le cose erano diverse, intrecciandosi con la generale crisi liberale di quegli anni ovunque, ad eccezione del Cile, si sperimentarono forme di autoritarismo. In particolare, in Argentina un colpo di stato portò al governo il radicale Yrigoyen (governi conservatori per i successivi 10 anni), mentre in Brasile si impose il populismo autoritario di Vargas rapporto diretto masse-leader, nazionalismo e intervento statale in economia, legislazione sociale avanzatissima. Come quella del Messico di Càrdenas (nazionalizzazione del settore petrolifero e riforma agraria). La visione più ambigua del populismo sarà certamente il peronismo. 21. La seconda guerra mondiale. 21.1 Le origini e le responsabilità. A Monaco era stata negoziata una “falsa pace”; il mondo si trovò ben presto coinvolto in un nuovo conflitto, la cui responsabilità è della Germania nazista. Le democrazie occidentali si erano illuse a Monaco che a Hitler bastassero i Sudeti, ma nel marzo ’39 il Führer occupò la Boemia e la Moravia, attaccando la Cecoslovacchia. Fu la svolta; Gran Bretagna e Francia, abbandonato l’appeasement, cercarono di stipulare più alleanze militari possibili: Grecia, Turchia, Romania, Belgio, Olanda, ma soprattutto Polonia. Hitler stava rivendicando il corridoio e Danzica garanzia anglo-francese alla Polonia. Per l’Italia la libertà di manovra era limitata: Mussolini fece infuriare le democrazie occupando il piccolo Regno di Albania, per poi legarsi alla Germania nazista con il “patto d’acciaio”. L’Italia sarebbe dovuta scendere in campo in aiuto della Germania in qualsiasi guerra la coinvolgesse (anche d’aggressione): ma l’Italia non era pronta, le fu assicurato da Hitler che il conflitto avrebbe aspettato tre anni. Invece no. Le trattative tra le democrazie e l’URSS non portarono a nulla, perché c’erano troppi dubbi e troppe diffidenze reciproci: Mosca si volse a Hitler 23 agosto 1939: patto di non aggressione Molotov-Ribbentrop tra URSS e Germania. Tale accordo destò indignazione e stupore: in realtà faceva comodo ad entrambe le parti, che allontanavano il rischio di un attacco (URSS impreparata alla guerra, avrebbe ottenuto dei territori secondo il protocollo segreto; Hitler scongiurava la guerra su due fronti). 1 settembre 1939: Germania attaccò la Polonia. Dopo due giorni GB e Fr le

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dichiararono guerra. Italia: “non belligeranza”. La guerra non sarebbe stata solo mondiale, ma totale. Scontro ideologico. Nuove armi e tecnologie. 21.2 La distruzione della Polonia e l’offensiva al Nord. Poche settimane di guerra furono sufficienti a mostrare a tutti una perfetta macchina da guerra; la Polonia capitolò in pochissimo, il suo esercito antiquato era niente rispetto a quello tedesco e alla sua guerra-lampo, che prevedeva l’uso congiunto di aerei e mezzi corazzati si era tornati alla guerra di movimento. A fine settembre Varsavia cadde, e in pochissimo i sovietici occupare la parte est del Paese e stabilivano, esattamente come i tedeschi ad ovest, uno spietato regime di occupazione. Per sette mesi ci fu quello che i francesi chiamarono “drôle de guerre”, lo scontro si congelò demoralizzando le truppe alleate e dando a Hitler il tempo di rimettersi in forze. A fine novembre l’URSS attaccò la Finlandia, che però resistette e nel marzo ’40 cedette alle richieste sovietiche pur restando indipendente. Il 9 aprile Hitler attaccò Danimarca e Norvegia e le travolse. Era tempo di attaccare ad ovest. 21.3 L’attacco a occidente e la caduta della Francia. Un altro successo notevole per Hitler. I francesi erano superiori per numero e armamento, ma i comandi commisero degli errori, basandosi ancora su una vecchia concezione della guerra e riponendo troppa fiducia nella linea Maginot che copriva solo la frontiera franco-tedesca Hitler invase ed occupò Belgio, Olanda e Lussemburgo, valicò la impenetrabile foresta delle Ardenne e sfondò a Sedan, puntando sul mare e chiudendo in una sacca l’intero contingente inglese, che riuscì a reimbarcarsi a Dunkerque solo grazie ad un rallentamento tedesco. Hitler voleva uno spiraglio di accordo con Londra, mentre la Francia capitolava e il 14 giugno i tedeschi entrarono a Parigi. De Grulle da Londra cercò di incitare i francesi alla rivolta contro gli occupanti, ma Petàin firmò l’armistizio il 22 giugno a Rethondes dove i tedeschi si erano piegati al Diktat nel 1918. Il governo fu trasferito a Vichy, mentre il resto della Francia restava occupato dai nazisti. Finiva la Terza Repubblica, mentre a Vichy l’Assemblea nazionale si spogliava dei suoi poteri e dava il compito a Petàin di promulgare una nuova costituzione; era un conservatore accanito, che fece del regime di Vichy uno stato-satellite della Germania hitleriana, un Paese guidato da una tradizione alla ancien règime. Rapporti Fr-GB rotti. 21.4 L’intervento dell’Italia. Nell’estate 1939 l’Italia non era entrata in guerra, perché non era pronta: dipendeva cronicamente dalle importazioni. Ma il crollo della Francia fece sparire le ultime esitazioni di Mussolini e vinse le resistenze di quanti si opponevano all’intervento italiano, compresa l’opinione pubblica che inizialmente odiava la Germania hitleriana. 10 giugno 1940: il duce annunciò l’entrata in guerra dell’Italia contro “le democrazie plutocratiche e reazionarie dell’Occidente”. L’offensiva sulle Alpi contro una Francia già sconfitta (il giorno prima della firma dell’armistizio) fu una prova di notevole incompetenza: molti morti, limitata penetrazione in territorio francese, ma comunque armistizio il 24 giugno. Dalla GB l’Italia ricevette due sconfitte navali vicino alla Calabria e vicino a Creta. Altri insuccessi contro brits in Africa settentrionale: Mussolini voleva una “guerra parallela” per l’Italia, e rifiutò l’aiuto hitleriano. Ma l’Italia era impreparata. 21.5 La battaglia d’Inghilterra. La GB era sola a combattere Hitler, ma non aveva intenzione di piegarsi alla sua volontà e accettare un accordo che riconoscesse le sue conquiste. Forte del sostegno del Commonwealth e della sua opinione pubblica, la classe dirigente inglese guidata da Winston Churchill convinse gli inglesi a dover fare dei sacrifici per poter resistere e sconfiggere le velleità hitleriane. Il popolo inglese reagì compatto e coraggioso all’operazione Leone marino, quella che Hitler aveva ideato per la battaglia di Inghilterra: era necessario colpire dal cielo, per compensare la potenza navale inglese prima grande battaglia aerea della storia, estate ‘40: Luftwaffe vs. RAF, che era avvantaggiata per il radar. Londra e altri centri furono ripetutamente bombardati, ma la resistenza brit fu accanita e Hitler non riuscì a piegare la GB; l’invasione dell’Inghilterra fu rimandata prima battuta d’arresto per la Germania nazista. 21.6 Il fallimento della guerra italiana: i Balcani e il Nord Africa. 28 ottobre 1940: l’esercito italiano attaccò improvvisamente la Grecia, stato semi-fascista che si pensava di travolgere. Concorrenza con Hitler e l’espansione tedesca solo che la resistenza fu molto più organizzata del previsto e ricacciò gli italiani in Albania su linee difensive. Grossa eco in Italia, ondata di sfiducia nei confronti del regime e del duce. Colpo all’immagine del regime, anche perché contemporaneamente arrivava dall’Africa altre notizie di insuccessi. Con un contrattacco gli inglesi conquistarono l’intera Cirenaica, e per non dover abbandonare la Libia Mussolini dovette accettare l’aiuto di Hitler iniziò una lunga controffensiva guidata dal brillante generale Rommel, che nel 1941 riprese la Cirenaica, mentre l’Africa orientale italiana veniva presa dagli inglesi nella

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primavera. Era la fine della guerra parallela italiana, e una sconfitta amarissima, sancita infine dall’intervento tedesco nei Balcani, con la conquista di Grecia e Jugoslavia. Intervento inglese inutile e tardivo: in Europa Hitler non aveva più rivali, l’unico fronte aperto era quello nordafricano: era il momento di andare ad est. 21.7 L’attacco all’Unione Sovietica. Guerra entrò in una nuova fase con l’attacco all’URSS dell’estate 1941: si aprì un nuovo fronte e l’ambigua alleanza russo-tedesca cadeva. Stalin sapeva che Hitler un giorno avrebbe attaccato, ma pensava che prima avrebbe voluto la GB fuori gioco. Invece no: l’operazione Barbarossa scattò il 22 giugno e colse i russi impreparati (anche per le purghe del ’37 che avevano decimato i comandi dell’Armata Rossa). In due settimane le forze del Reich penetrarono per centinaia di chilometri in territorio russo (insieme ad un corpo di spedizione italiano), seguendo due direttrici: una dai Paesi baltici e una dall’Ucraina che puntava sulle risorse energetiche caucasiche. Ma a Mosca i nazisti non arrivarono, perché colti dall’inverno e dalla accanita resistenza sovietica, attiva anche in dicembre. Infinito serbatoio umano russo permise a Stalin di far ripartire le industrie ad est del Volga, che permisero all’URSS di rimettersi in gioco: dalla guerra-lampo si passava a quella d’usura, in cui la Germania non era avvantaggiata. 21.8 L’aggressione giapponese e il coinvolgimento degli Stati Uniti. Alla terza elezione di Roosvelt a presidente, gli USA ruppero il loro isolazionismo con l’approvazione delle legge “affitti e prestiti”, intesa per sostenere la GB, ormai sola nella lotta contro il nazismo. In maggio Washington ruppe i rapporti diplomatici con Italia e Germania, e in giugno la marina americana scortò un carico di aiuti per le potenze alleate fino all’Islanda. Gli USA volevano diventare l’”arsenale delle democrazie” e la politica USA fu suggellata dalla Carta atlantica, firmata da Churchill e Roosvelt su una nava da guerra al largo di Terranova nell’agosto 1941. Stabiliva l’avversione ai fascismi e il nuovo ordine post-bellico. La guerra era ora anti-fascista. Gli USA intervennero dopo l’aggressione improvvisa del Giappone, potenza asiatica legata all’Asse dal patto tripartito. Dal 1937 il Giappone stava penetrando in Cina, ma la guerra in Europa gli permise di allargare le sue mire all’intero Sudest asiatico; quando penetrò nell’Indocina francese, USA e UK bloccarono le esportazioni verso l’Impero nipponico, che aveva disperato bisogno di materie prime: dovette scegliere tra sottomissione al volere occidentale o guerra. Scelse la guerra attacco a sorpresa a Pearl Harbor, 7 dicembre 1941, che vide distrutta buona parte della flotta americana nel Pacifico. Ora l’espansionismo giapponese non aveva particolari ostacoli e si rivolse verso Malesia e Birmania, Filippine e Indonesia, fino a minacciare Australia e India. Pochi giorni dopo Pearl Harbor, Germania e Italia dichiaravano guerra a USA. 21.9 Il “nuovo ordine”. Resistenza e collaborazionismo. Nell’estate ’42 le forze dell’Asse raggiunsero la loro massima espansione; in Europa la Germania egemone governava indisturbata su 350 milioni di persone, e aveva una serie di stati-satellite o alleati impressionante; all’interno di questa rete l’Italia non contava nulla. Tanto Germania quanto Giappone tentarono nei territori sotto di loro di stabilire un ordine nuovo basato sul dominio della nazione eletta, ma mentre Kyoto si appoggiò per questo ai movimenti indipendentisti locali e all’antimperialismo, il nazismo non fece concessioni di sorta alle esigenze autonomiste. Fu invece molto duro, specie con i popoli slavi, considerati inferiori di razza e trattati come semi-schiavi: l’Europa orientale doveva diventare una colonia agricola del Reich. 8 milioni di civili sovietici e polacchi morirono durante l’occupazione nazista. Naturalmente però la persecuzione più disumana fu quella contro gli ebrei, nemico principale per Hitler, che iniziarono prima ad essere costretti nei ghetti (come quello di Varsavia) e a portare una stella al braccio, quindi deportati in campi di prigionia, i lager (Auschwitz, Dachau…), sfruttati fino alla consunzione fisica, usati come cavie per esperimenti, uccisi se considerati inutili. La “soluzione finale” ideata nel 1941 e affidata alle SS prevedeva l’eliminazione fisica degli ebrei: 6 milioni di ebrei sterminati. Gli effetti del dominio nazista furono molto positivi per i tedeschi in un primo momento, che poterono mantenere un altissimo livello di vita, ma la grande presenza militare in Europa e lo sfruttamento sistematico nazista misero i tedeschi al centro dell’odio di molti popoli. La resistenza al nazismo si fece via via più organizzata e convinta, e se prima comprendeva piccoli gruppi che si appoggiavano a Londra e ai governi in esilio, con l’attacco nazista all’URSS coinvolsero anche i comunisti. All’interno però i fronti di resistenza erano divisi, perché nei confronti dei comunisti c’era grande diffidenza (in Jugoslavia Tito guidò il fronte anti-nazista). Ma c’era anche il collaborazionismo con gli occupanti, in tutti i Paesi, per convinzione o convenienza. I tedeschi trovavano ovunque sostenitori e i governi collaborazionisti spuntavano ovunque: il più eclatante fu certamente Vichy, che cessò di esistere alla fine del 1942.

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21.10 1942-43: la svolta della guerra e la “grande alleanza”. Grande svolta per il conflitto. Pacifico: i giapponesi vennero sconfitti dagli americani nelle due battaglie del Mar dei Coralli e delle Midway: aerei decollavano dalle portaerei, le flotte non si vedevano. Con la presa americana di Guadalcanal, i giapponesi rinunciarono ad espandersi ed iniziarono a difendere i territori. Atlantico: gli americani riuscirono con il tempo a limitare i danni della guerra sottomarina tedesca, grazie alla tecnologia. Ma l’episodio più importante di questo periodo fu in agosto l’inizio dell’assedio e della battaglia di Stalingrado, che dopo mesi vide i tedeschi sconfitti dalla resistenza sovietica. Simbolo di riscossa. Ottobre 1942, Africa settentrionale: Montgomery attaccò Rommel ad El Alamein e riuscì a cacciarlo verso la Tunisia, dove le truppe italo-tedesche furono presto intercettate da un contingente alleato sbarcato in Algeria e Marocco. Tra due fuochi, le forze dell’Asse dovettero arrendersi. Ora gli alleati potevano occuparsi dell’Europa. Conferenza di Washington: patto delle Nazioni Unite contro il fascismo e il nazismo, impegno a combattere queste piaghe. I contrasti tra alleati, cioè tra URSS e USA-UK, riguardavano anzitutto l’apertura del fronte di battaglia in Europa: Stalin lo voleva subito in Nord Europa, Churchill voleva prima chiudere in Africa e poi sbarcare dal sud; la spuntò l’inglese. Conferenza di Casablanca: lo sbarco sarebbe avvenuto in Sicilia, per motivo logistici e politici; e la guerra non sarebbe finita senza la resa incondizionata della Germania, senza patteggiamenti di sorta. 21.11 La caduta del fascismo e l’8 settembre. Il 10 luglio 1943 i primi contingenti anglo-americani sbarcarono in Sicilia e in poche settimane conquistarono l’isola: colpo di grazia per il regime fascista, che già era messo in crisi dagli scioperi che in marzo avevano messo in subbuglio tutto il Nord, ad opera dei comunisti in risposta al malcontento popolare. Ma a far cadere Mussolini fu la “congiura monarchica”, ordita dalla corona e da esponenti del fascismo che volevano preservare lo status quo monarchico ma uscire dalla guerra. 24-25 luglio 1943: riunione del Gran consiglio; su proposta di Dino Grandi il comando delle forze aramte tornò al sovrano, che al pomeriggio convocò Mussolini e lo costrinse alle dimissioni, per poi farlo arrestare. Capo del governo divenne Pietro Badoglio esultanza popolare. Crollo repentino e inglorioso del sistema fascista, debole all’interno e indebolito dal discredito. La gente voleva la fine della guerra, per questo esultava, ma l’uscita dal conflitto fu più tragica del conflitto stesso: al nord si stavano accumulando forze tedesche, pronte a punire la defezione e fermare l’avanzata alleata. Badoglio disse che l’Italia non sarebbe venuta meno ai suoi impegni, ma in realtà allacciò contatti con le potenze alleate, con cuì però firmo un’armistizio il 3 settembre, senza garanzie sul futuro. Fu reso noto solo l’8 caos totale: il re e il governo abbandonarono Roma, mentre i tedeschi iniziarono ad occupare l’Italia del Nord. Mentre i tedeschi avanzavano, un esercito stanco e abbandonato a se stesso non era in grado di opporre alcune resistenza, di fronte alla decisa e crudele determinazione tedesca a punire e fronteggiare gli anglo-americani (un’intera divisione italiana che non voleva arrendersi fu sterminata a Cefalonia, ad esempio). I tedeschi riuscirono ad attestarsi sulla linea Gustav (da Gaeta a Pescara – Cassino) e a bloccare lì l’avanzata alleata fino alla primavera ’44. 21.12 Resistenza e lotta politica in Italia. Italia spaccata in due: monarchia filo-alleata al Sud, tedeschi e fascisti al nord. Il 12 settembre Mussolini fu liberato sul Gran Sasso e iniziò ad organizzare un nuovo stato fascista, la Repubblica sociale italiana, detta di Salò; i repubblichini tentarono di mettersi in piedi, ma non furono mai credibili in quanto totalmente dipendenti dai tedeschi. Oltre alla guerra tra stranieri nel Nord Italia si sviluppava una guerra civile, tra repubblichini e partigiani della resistenza. Iniziava la vera resistenza: i partigiani e i soldati che aveva rifiutato la resa ai nazisti si unirono per combattere i tedeschi con azioni di disturbo e rappresaglie, specie lontano dai centri abitati. I tedeschi furono del tutto intransigenti con loro (Fosse Ardeatine, 1944). Dopodiché i partigiani si iniziarono ad organizzare in vere e proprie formazioni: Brigate Garibaldi, fatte di comunisti, Giustizia e Libertà, antifascisti, Brigate Matteotti, socialisti. Rinascita dei partiti antifascisti: Partito d’azione, Pda, Democrazia cristiana, Dc, Partito liberale e Partito repubblicano, infine Partito socialista di unità proletaria. Rappresentanti di partiti si riunirono a Roma subito dopo l’8 settembre e fondarono il Comitato di liberazione nazionale, il Cln. Il re e Badoglio non erano ben visti, ma il Cln non era abbastanza compatto e organizzato per opporsi al governo di cui gli alleati si fidavano; una svolta si ebbe con il ritorno di Palmiro Togliatti dall’esilio in URSS. Con la svolta di Salerno Togliatti propose un governo di unità nazionale per combattere i tedeschi e il fascismo, e per legittimare agli occhi moderati e liberali il comunismo italiano. Questo governo di unità nazionale ci fu, insieme ad una tregua istituzionale: il re Vittorio

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Emanuele III promise di passare i poteri al figlio, per poi fare sì che a guerra finita fosse il popolo a decidere se l’Italia dovesse essere ancora retta da una monarchia. Giugno 1944: Roma liberata, re Umberto divenne luogotenente generale del Regno, mentre al governo Badoglio successe quello di Ivanoe Bonomi maggiore legame tra governo e resistenza, che si rafforzò sempre più e si organizzò efficacemente. L’azione partigiana divenne sempre più diffusa, i tedeschi rispondevano con pugno di ferro (Marzabotto), mentre città, come Firenze, vennero liberate prima dell’arrivo alleato e nel Nord nacquero addirittura delle repubbliche partigiane. La popolazione non voleva essere troppo coinvolta però, era terrorizzata. Nell’inverno tra il 1944 e il 1945 lo scontro tra tedeschi e alleati si attestò sulla linea gotica (Rimini-La Spezia). Gli inglesi non vedevano di buon occhio il Clnai, ma il governo alla fine lo riconobbe come suo rappresentante nell’Italia occupata. Il movimento partigiano riuscì a sopravvivere, mentre nella primavera ’45 ci fu il crollo tedesco. 21.13 Le vittorie sovietiche e lo sbarco in Normandia. I sovietici iniziarono a premere contro i tedeschi con una lenta ma inesorabile avanzata verso Berlino. Prezzo altissimo in vite e risorse, ma almeno Stalin ottenne un ruolo forte nella “grande alleanza” e alla conferenza di Teheran (nov-dic 1943, con Stalin, Churchill e Roosvelt) l’impegno alleato ad attuare uno sbarco in forze sulle coste francesi nella primavera ’44. Con sforzo sovrumano e un’attentissima pianificazione gli anglo-americani, riuscendo a superare il vallo atlantico, portarono a compimento l’operazione Overlord (generale Eisenhower), il 6 giugno 1944, facendo sbarcare in un mese un milione e mezzo di uomini. In due mesi linee tedesche sfondate, il 25 agosto Parigi venne liberata. Tedeschi scacciati quasi sul confine del ’39, dove hanno il temp di riorganizzarsi, ma x poco. 21.14 La fine del Terzo Reich. Mentre gli alleati della Germania si arrendevano uno dopo l’altro e il Paese era vessato da pesantissimi bombardamenti (Amburgo e Dresda, ad esempio) volti a demoralizzare la popolazione, Hitler sperava ancora in un rivolgimento del conflitto a suo favore, sperando nella rottura dei rapporti tra URSS e anglo-americani; invece essi tennero fede agli impegni presi, e la grande alleanza tenne, anche in virtù delle conferenze di Mosca e Yalta, durante le quali si pianificava una vera e propria spartizione del mondo in sfere di influenza una volta conclusosi il conflitto. Intanto l’era del Terzo Reich volgeva al termine: l’Armata Rossa tra aprile e maggio liberava Vienna e Praga, mentre più a nord proseguiva verso Berlino, dove si ricongiunse con i reparti anglo-americani provenienti da ovest; l’esercito nazista era sfaldato, e anche in Italia si ritirò il 25 aprile. Mussolini catturato e impiccato. 30 aprile: Hitler si suicidò. Il 7 maggio la Germania firmò la resa incondizionata a Reims. Guerra europea finita. 21.15 La sconfitta del Giappone e la bomba atomica. Dal ’43 gli USA avevano iniziato a riguadagnare terreno nel Pacifico; nonostante dal ’44 il territorio nipponico fosse bombardato e gli USA fossero sempre più forti, i giapponesi continuavano ostinati a resistere (kamikaze) Truman decise di porre fine al tutto con la bomba atomica (deterrente per l’URSS – atto di forza): due ordigni su Hiroshima e Nagasaki (160.000 vittime + conseguenze LP). Imperatore Hirohito firmò l’armistizio senza condizioni il 2 settembre 1945 nella baia di Tokyo. Così finiva la seconda guerra mondiale. 22. Il mondo diviso. 22.1 Le conseguenze della seconda guerra mondiale. La IIGM era stata uno spartiacque storico, con conseguenze incredibili sul mondo futuro. Vide la vittoria delle democrazie e ridisegnò la carta d’Europa, accelerando la crisi delle potenze europee: Germania debellata, Francia e GB indebolite e incapaci di mantenere colonie. Le uniche due che potevano aspirare ad essere potenze mondiali, o superpotenze, erano USA e URSS, due entità continentali e multietniche, ricche di risorse, con interessi mondiali, portatrici di due messaggi ben contrapposti: il messaggio americano, a sfondo individualistico, era fatto di pluralismo, democrazia liberale, concorrenza economica e libertà. Il messaggio sovietico era quello dell’anti-individualismo, del sacrificio e della disciplina, del modello collettivistico e centralizzato. mondo bipolare, molto chiaro in Europa dove le sfere di influenza furono determinate da dove gli eserciti erano arrivati. Il disastro della guerra aggiunto alle rivelazioni sull’Olocausto e alla bomba atomica (arma in grado di distruggere l’intera umanità) segnarono molto il pensare comune. Ci furono tentativi di rifondare i rapporti internazionali: gestione generosa della pace da parte americana, nuova fisionomia alle Nazioni Unite, codificazione e aggiornamento del diritto internazionale, anche penale processo di Norimberga (1945-46). L’egemonia USA fece sì che gli States divennero per l’Europa un punto di

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riferimento: il “mito americano” era quello di cui l’Europa atterrita e spaventata aveva bisogno: influenza culturale (musica, balli, etc…). 22.2 Le Nazioni Unite e il nuovo ordine economico. ONU nasce a San Francisco nel 1945. Ispirato alla Carta atlantica, seguiva due direttrici: l’utopia democratica wilsoniana e la roosveltiana necessità di un “direttorio” tra le potenze i due organi principali ne sono emanazione: Assemblea generale, universalità e uguaglianza di tutti gli Stati, e Consiglio di Sicurezza (5 + 10), che può usare la forza; poi ci sono il Consiglio economico e sociale (Unesco, Fao, etc…) e la Corte internazionale di giustizia. Spesso l’ONU non è servito a niente, è stato inadempiente, paralizzato dai contrasti tra le potenze; è importante centro di dialogo. Anche i rapporti economici internazionali però cambiarono: nel 1944 nacque a Bretton Woods il Fondo monetario internazionale, con lo scopo di costruire riserve valutarie e assicurare la stabilità dei cambi, ancorando le moneta non solo all’oro, ma anche al dollaro (con conseguente primato). Banca mondiale si occupa invece di fare prestiti a lungo termine ai Paesi per la loro ricostruzione o sviluppo. E poi ci fu il Gatt, 1947, che abbassò il livello dei dazi. Gli USA si servirono di questi mezzi per indirizzare la rinascita economia europea. 22.3 La fine della “grande alleanza”. Presto i contrasti tra le due superpotenze furono chiari: gli USA erano in realtà stati toccati poco dalla guerra e ora puntavano a creare un nuovo ordine mondiale, mentre l’URSS, uscita molto più acciaccata dal conflitto, non faceva che esigere il prezzo della vittoria (niente paesi ostili ai confini, riconoscimento del suo ruolo nel mondo, riparazioni). Nel “grande disegno” di Roosvelt era previsto un dialogo tra le due, l’URSS sarebbe stata una forza d’ordine importante in un’area turbolenta come l’Europa orientale, dov’era la sua sfera di influenza, ma gli USA sarebbero restati egemoni. Con Roosvelt morì anche tale progetto, e Truman fu sin dall’inizio più diffidente nei confronti dell’Unione sovietica. L’irrigidimento c’era già alla conferenza di Postdam dell’estate ’45, quando vennero a galla i punti di frizione: futuro della Germania e dell’Europa orientale, dove Mosca con il supporto dell’Armata Rossa portava al potere i partiti comunisti, senza minimo riguardo alla volontà popolare. Si ruppe la “grande alleanza”: una cortina di ferro separava l’Europa da Stettino a Trieste (come disse Churchill). Alla conferenza di Parigi si raggiunse un accordo con gli alleati dei tedeschi nel conflitto (Italia, Bulgaria…..) e sui confini tra URSS, Polonia e Germania: a spese di quest’ultima la Polonia si spostò a ovest, così come l’URSS annesse una parte di Polonia. Ma il futuro tedesco? Quale sarebbe stato? 22.4 La “guerra fredda” e la divisione dell’Europa. La conferenza di pace fu l’ultima atto di cooperazione tra URSS e USA; nell’agosto 1946 scoppiò una grave crisi tra URSS e Turchia per i Dardanelli prima applicazione della teoria del containment (“contenimento” dell’espansionismo sovietico): invio della flotta a sostegno della Turchia, per paura che anche la Grecia entrasse nella sfera comunista. La dottrina Truman era questo: intervenire anche con la forza per liberare i Paesi da governi loro imposti e dal rischio comunista. Giugno ’47: lanciato l’European Recovery Program, il piano Marshall insomma, che l’URSS non fece accettare ai satelliti. Tra 1948 e 1952 13 miliardi di dollari permisero non solo la ricostruzione in Europa occidentale, ma anche un convinto avvio verso lo sviluppo liberismo, moderazione politica, pochi conflitti sociali, legame forte con Washington. Altra provocazione staliniana nel settembre 1947: Cominform, una sorta di riedizione in tono minore della Terza Internazionale. Cessato il dialogo tra le potenze, iniziò la cosiddetta “guerra fredda” contrapposizione fortissima tra i due blocchi. Principale terreno di scontro restava però il destino della Germania, divisa in quattro zone di occupazione, come Berlino del resto. Quando i fondi ERP e l’iniziativa anglo-americana iniziò a fare delle loro zone tedesche un forte stato, Stalin reagì con il blocco di Berlino altissima tensione, ma situazione salva con un prodigioso ponte aereo americano, che alla fine fece desistere i sovietici. Repubblica federale tedesca (con capitale Bonn) vs. Repubblica democratica tedesca (con capitale Panlow, sobborgo berlinese). Europa divisa in due 1949: firma del difensivo Patto atlantico Nato. 1955: URSS rispose con il Patto di Varsavia. Guerra fredda: compattezza dei blocchi, legame di politica estera fondamentale, militarismo e armamenti paradossi notevoli, comunque: USA in Occidente appoggiano regimi pur di sostenere il mondo libero. 22.5 L’Unione Sovietica e le “democrazie popolari”. Il dispotismo staliniano proseguì la sua opera, con purghe e condizionamenti pesantissimi a vita intellettuale e artistica. La ricostruzione avvenne senza aiuti esterni diretti, se non le riparazioni e i prelievi che Mosca faceva nei Paesi-satellite. Rinascita molto rapida, con crescita industriale del 70%, ma dell’industria pesante e bellica, a sfavore del tenore di vita sovietico. L’URSS era una grande potenza bellica, nel 1949

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fece esplodere la sua prima bomba atomica. Politica estera: trasformazione dei Paesi occupati dall’Armata Rossa in democrazie popolari, formula che cercava di mascherare il loro assoggettamento e il loro ruolo di satelliti. Polonia: la sua difesa era questione di orgoglio inglese, ma Stalin la voleva comunista perché era stata corridoio di passaggio per attacchi già due volte. Stalin la spuntò e nel 1945 a Varsavia sedette il governo di Morawski, controllato dai comunisti e via via più dispotico e in rotta con i borghesi. Stesse cose in Romania, Bulgaria, Ungheria (un po’ di resistenza da parte del Partito dei contadini), Albania e Jugoslavia. Cecoslovacchia: paese democratico e sviluppato, favorevole all’URSS e guidato dal comunista Gottwald e da una coalizione di sinistra, che si ruppe quando fu il momento di decidere se accettare o no gli aiuti dell’ERP. All’inizio del 1948 i comunisti si imposero al governo, dopo pressioni sul presidente Beneš. In Europa dell’Est, comunque, arrivò la modernizzazione e l’industrializzazione iniziò a dare i primi frutti: collettivizzazioni, nazionalizzazioni e piani di sviluppo diedero un impulso deciso alla crescita economica di questi Paesi, che però restavano subalterni ai legami economici con l’URSS

Comecon, Consiglio di mutua assistenza economica, mezzo di rigido controllo sull’economia. Modello di crescita sovietico priivilegiava industria pesante, limitando i consumi malcontento popolare necessario rigido controllo sui satelliti. In Jugoslavia, Tito attuò uno scisma da Mosca, che aveva decretato il comunismo slavo “deviazionista”. Tito pose il paese in una posizione equidistante dai due blocchi e iniziò a cercare un equilibrio possibile tra statalizzazione ed economia di mercato modello jugoslavo: autogestione delle imprese + libera concorrenza. Per paura di un diffondersi delle deviazioni comuniste, vi furono epurazioni spaventose nei regimi comunisti, con purghe ed esecuzioni. 22.6 Gli Stati Uniti e l’Europa occidentale negli anni della ricostruzione. USA non avevano il problema della ricostruzione, ma della riconversione del sistema produttivo a scopi di pace. Il programma di Fair Deal di Truman non fu neanche lontanamente paragonabile alla politica riformista roosveltiana. In più il costo della vita stava aumentando il Congresso contro il volere presidenziale adottò il Taft-Hartley Act, legge conservatrice che limitava la libertà di sciopero. Nonostante le conquiste del New Deal si mantennero e anzi la politica sociale venne accresciuta, la spinta progressista dell’età roosveltiana si esaurì. In particolare dal 1949, si sviluppò una vera e propria caccia alle streghe contro i comunisti, il maccartismo 1950: Internal Security Act. Finì nel 1955. In Europa invece c’era aria di trasformazione e riforme; a parte Spagna e Portogallo, l’Europa occidentale era tutta democratica. GB: 1945, Churchill fu battuto dal laburista Attlee, che promosse la nascita di un vero Welfare State di ispirazione svedese Servizio sanitario nazionale e nazionalizzazioni di imprese e banche. Ma era il momento sbagliato ritorno conservatore nel 1951. Francia: il governo provvisorio gaullista lasciò il posto a successive coalizioni tra i partiti di massa, comunisti, Sfio e repubblicani popolari. Nel 1946 partì il piano Monnet, quadriennale progetto riformista e dirigistico, e fu stilata la nuova costituzione, simile a quella prebellica. De Gaulle si oppose, avrebbe preferito un sistema presidenziale con esecutivo forte, e fondò un movimento per cambiare la costituzione. La coalizione con i comunisti si ruppe ed essi furono estromessi dal governo: iniziava la Quarta Repubblica, con la sua instabilità cronica. Germania: ripresa più rapida di tutte. Il Paese era uscito devastato dalla guerra: morte e distruzione ovunque, città ed infrastrutture rase al suolo, economia al collasso, 10 milioni di profughi ad Ovest, in più ora era stata divisa in due, la Repubblica federale governata da Adenauer e la Repubblica democratica guidata dal partito unico Sed. Eccezionale capacità di recupero: ma nell’Est l’URSS prelevava molto e investiva poco, mentre ad Ovest gli USA garantirono l’accesso ai fondi Marshall e fecero sì che nel ’51 il PIL fosse già al livello del 1938. 22.7 La ripresa del Giappone. Il Giappone era sotto la tutela del generale Mac Arthur e nel 1946 si vide imporre una costituzione redatta dagli americani, che trasformava l’autocrazia imperiale in una monarchia costituzionale (a queste condizioni Hirohito potè mantenere il trono) a regime parlamentare. Lo stesso anno fu avviata una riforma agraria, anche se gli americani non volevano indebolire troppo i ceti conservatori. In particolare con la guerra di Corea i grandi agglomerati industriali divennero fornitori per gli USA, non vennero smantellati e l’economia potè decollare, anche grazie alla stabilità politica e agli elevatissimi investimenti. Giappone aveva poche grandissime imprese, e una miriade di medio-piccole lancio sulla tecnologia. Già negli anni ’60 il Giappone era terza potenza economica mondiale dopo USA e URSS. Miracolo nipponico. 22.8 La rivoluzione comunista in Cina e la guerra di Corea. Grande svolta nel 1949 con la vittoria comunista in Cina: una grande potenza tornata indipendente del tutto e portatrice di un

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modello comunista distinto da quello russo e destinato ad attrarre molti Stati ex coloniali. L’alleanza anti-giapponese del 1937 tra nazionalisti e comunisti scomparve quando il Giappone si trovò occupato nel Pacifico contro gli USA e Chang Kai-shek riprese la sua repressione contro i comunisti. Guidava un regime impopolare, corrotto e che preferiva fare guerra ad altri cinesi piuttosto che agli occupanti. Al contrario i comunisti di Mao avevano guadagnato il consenso delle masse contadine (alternativa maoista) con riforme agrarie nell’interno della Cina da loro controllato e facevano un’accanita guerriglia ai giapponesi. Finita la guerra, gli USA cercarono di promuovere un accordo tra Mao e il Kuomintang, ma Chang Kai-shek decise di attaccare i comunisti in grande stile, ma le sue forze erano ormai limitate e demotivate dopo tre anni di vicende alterne, Mao entrò a Pechino nel febbraio 1949 e nell’ottobre fondò la Repubblica popolare cinese, non riconosciuta da Washington che continuava a considerare legittime il governo cinese di Kai-shek fuggito a Formosa. Ad un’ampia socializzazione seguì un accordo di amicizia e di mutua assistenza tra Cina e URSS fronte comunista si ampliava. Primo campo aperto di scontro fu nel 1950 la Corea, che era stata divisa in due parti dagli accordi interalleati, divise dal 38° parallelo. In Corea del Nord c’era un regime comunista guidato da Kim Il Sung, mentre in Corea del Sud un governo nazionalista filo-americano. Entrambi rivendicavano l’intera penisola coreana e una serie di incidenti di frontiera portò nel giugno 1950 all’attacco nordcoreano al Sud. Gli americani, sotto la bandiera dell’ONU, agirono inviando delle truppe in Corea del Sud e riuscendo a penetrare nel Nord comunista intervento cinese a difesa dei comunisti ribaltò le sorti del conflitto. Nel 1951 Truman aprì i negoziati che, assieme alla guerra, durarono fino al 1953 e terminarono con il ritorno al 38°. La minaccia comunista era sentita come mai prima. 22.9 Dalla guerra fredda alla coesistenza pacifica. Nel giro di cinque mesi finì la presidenza Truman e morì Stalin, il confronto tra i blocchi assunse nuove forme. In URSS la “direzione collegiale” mantenne la linea dura, mentre in USA arrivò Eisenhower 1953-54, uno dei periodo di maggiore tensione. Eppure in quel periodo si venne formando la reciproca accettazione e le premesse per la coesistenza pacifica si palesarono, con la presa di coscienza della forza dell’avversario e della progressiva scomparsa del divario tecnologico (bomba H). 1955: fine maccartismo e ascesa Kruscev in URSS gesti di distensione trattato di Vienna e conferenza di Ginevra: lo status quo europeo andava mantenuto; gli americani accettavano come dato di fatto la situazione in Est Europa. 22.10 Il 1956: la destalinizzazione e la crisi ungherese. L’ascesa di Kuscev culminò nel 1957 quando questi raccolse in sé le cariche di primo ministro e di segretario del partito. Fu autore di alcune aperture e personaggio estroverso e popolare si riconciliò con gli jugoslavi, sciolse il Cominform, partecipò agli incontri di Vienna e Ginevra, mentre in politica interna rilanciò l’agricoltura con maggiore attenzione alle condizioni di vita dei cittadini. Demolì con sistematica determinazione la figura di Stalin, pur senza mettere in discussione il sistema comunista sovietico: il rapporto Kruscev, durante il XX congresso del Pcus, fece luce sulle atrocità compiute da Stalin negli anni del suo governo personale e lo denunciò. Effetto traumatizzante della destalinizzazione si ebbe soprattutto in Polonia e Ungheria, anche se all’interno dell’URSS le parole di Kuscev non mancarono di scuotere molti animi. Polonia: con l’appoggio della Chiesa cattolica gli operai polacchi iniziarono rivendicazioni e manifestazioni, fino ad arrivare a proclamare scioperi. L’ottobre polacco, moto di protesta a livello nazionale che voleva democratizzazione, spinse Mosca a favorire un cambio di regime Gomulka attuò una politica liberalizzatrice e di conciliazione con la Chiesa, senza uscire dalla sfera comunista sovietica però. In Ungheria, invece, le proteste sfociarono in insurrezione che fece ritirare le truppe sovietiche dal Paese e portarono al governo il comunista dell’ala “liberale”, Nagy, che il primo novembre annunciò l’uscita ungherese dal Patto di Varsavia segretario del PC Kàdàr fece pressione su Mosca, che stroncando la resistenza entrò a Budapest e rioccupò il Paese. Indignazione dell’Occidente. 22.11 L’Europa occidentale e il Mercato comune. Se l’Europa dell’Est aveva “sovranità limitata”, quella occidentale dipendeva in tutto e per tutto dagli States. GB: smobilitazione dell’Impero estremamente tranquilla. Nonostante il Welfare fosse stato mantenuto, i governi conservatori non riuscirono a frenare un declino economico iniziato da mezzo secolo, che presto divenne stagnazione. La ripresa più spettacolare fu quella tedesca, grazie alla sua economia sociale di mercato, un efficace esperimento. I fattori del miracolo tedesco furono: ampia disponibilità di manodopera grazie ai profughi, la mobilitazione sindacale e la stabilità politica. In coalizione con il Partito liberale, l’Unione cristiano-democratica restò al governo con Adenauer fino

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al 1963, mentre l’opposizione costituzionale era nelle mani del Partito socialdemocratico. Di fronte alla crisi europea e al fatto di essere tutte governate da sistemi simili, le Nazioni europee si iniziarono a concentrare su quanto avevano in comune spinta all’integrazione europea, che iniziò concretamente nel 1951 con la nascita della Ceca. Trattato di Roma, 1957: CEE scopo: Mercato unico europeo. Sul piano economico l’integrazione diede grande impulso alle economie nazionali, mentre su piano politico si bloccò sotto il peso dei tradizionalismi nazionali. 22.12 La Francia dalla Quarta Repubblica al regime gaullista. La Francia fu l’unica democrazia occidentale a subire una crisi istituzionale nel dopoguerra: dopo la rottura tra i tre partiti di massa nel 1947 ci furono dieci anni di instabilità. Difficoltà nel gestire una smobilitazione imperiale con l’opposizione della popolazione: nel 1958 arrivò la minaccia di un colpo di Stato da parte delle truppe di stanza in Algeria. De Gaulle venne richiamato e invitato a redigere una nuova costituzione, con la quale nacque la Quinta Repubblica. Rafforzò l’esecutivo dando molti poteri al Presidente della Repubblica, carica che conquistò nel dicembre 1958. Risolse con la forza l’affare algerino, e nonostante avesse deluso le aspettative della destra colonialista, iniziò un processo di affrancamento della Francia dagli Stati Uniti, con il fine di creare un’Europa esterna ai due blocchi, indipendente e sovrana, svincolata dall’egemonia del dollaro. In ogni caso riuscì a dare una base più stabile su cui far poggiare il sistema francese. 23. La decolonizzazione e il Terzo Mondo. 23.1 I caratteri generali della decolonizzazione. La seconda guerra mondiale diede l’impulso definitivo ad un processo già iniziato da tempo, quello dell’affrancamento delle colonie dal giogo coloniale. Tutti i gruppi indipendentisti continuarono dopo la guerra la loro opera decolonizzazione, nella quale ebbero un ruolo fondamentale anche USA e URSS, che avevano un interesse notevole nel far sì che l’Europa perdesse anche le colonie, completamento il suo subordinamento a una o l’altra potenza, e aprendo la via della conquista ideologica capitalista o comunista per i Paesi neo-indipendenti. Aiutò molto il principio di autodeterminazione dei popoli, perno di tutto il sistema dell’ONU, e il fatto che in realtà alle potenze europee non conveniva nemmeno più mantenere le colonie. Varie forme di decolonizzazione, in base al Paese europeo dominante nell’area: se gli inglesi operarono una graduale abdicazione, preparando i popoli ad autogovernarsi e restando loro legata dal Commonwealth, la Francia procedette fino alla fine a testardi tentativi di assimilazione e integrazione forzata. Ad ogni modo, il rapporto con l’Europa non potè che sussistere: troppe erano state le influenze che dal Vecchio continente avevano raggiunto Asia e Africa. Ma queste ex colonie non adottarono sempre il modello della democrazia parlamentare, considerato un fallimento: la tendenza andò su regimi autoritari, a partito unico o dittature militari vere e proprie. 23.2 L’emancipazione dell’Asia. L’Asia si affrancò prima dell’Africa perché l’organizzazione politica e la struttura sociale erano più avanzate: era un continente di culture e civiltà millenarie, che non ha mai perso la sua identità, e che anni di colonialismo europeo avevano fornito di elites locali preparate. India: Partito del Congresso cerca indipendenza + influenza di Gandhi. 1941: Nehru ottiene da Londra la promessa di fare dell’India un dominion. Finita la guerra aprirono i negoziati; Gandhi voleva uno stato unitario con indù e musulmani, che però volevano indipendenza conflitti 1947: nascono l’Unione Indiana e il Pakistan (geograficamente diviso in due parti, una delle quali il Bangladesh). Ma gli scontri proseguivano con migliaia di morti, anche per il Kashmir. Nel 1948 un estremista indù assassinò Gandhi. Nehru restò al governo fino alla sua morte nel 1964: il Paese era colpito da gravi problemi, come la povertà cronica, il sovrappopolamento, le tensioni etniche e divisioni sociali. Tentativi riformisti in 70s e 80s; nonostante alcuni aspetti autoritari del potere di Nehru e della figlia Indira Gandhi, le istituzioni democratiche indiane ressero, a differenza del Pakistan, a lungo e tutt’oggi governato da dittature militari. Nel Sud-Est asiatico l’emancipazione fu condizionata dal confronto tra nazionalisti e comunisti. Birmania e Malesia, indipendenti risp nel ’48 e nel ’57, prevalsero i nazionalisti e la guerriglia rossa fu sconfitta. In Indonesia il nazionalista Sukarno riuscì a ottenere indipendenza nel 1949 e a non allinearsi, resistendo alle spinte della destra e dei comunisti, ma nel 1965 un fallito tentativo di golpe di questi ultimi lo costrinse a cedere il potere a Suharto. Thailandia, alternarsi di dittature e governi civili. Filippine: nonostante la guerriglia comunista e musulmana, governi

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sempre più autoritari prosperarono (Marcos, dal ’65 all’’86). Indocina francese vide invece una prevalenza dei comunisti: Vietnam, dove i comunisti di Ho Chi-minh guidavano il Vietminh, movimento indipendentista che aveva combattuto giapponesi e francesi di Vichy durante la guerra. Terminato il conflitto, essi proclamarono nel sud la Repubblica democratica del Vietnam, che i francesi subito rioccuparono guerra scoppia nel ’46 e, grazie anche alle tattiche di guerriglia, si concluse a Dien Bien Phu nel ’54 con la sconfitta francese accordi di Ginevra: ritiro francese dalla penisola, anche Laos e Cambogia. 23.3 Il Medio Oriente e la nascita di Israele. Due correnti confluivano nel movimento indipendentistico: quella tradizionalista dell’integralismo islamico, e quella laica e nazionalista, più attenta all’economia. Prevalse quest’ultima; dopo la IIGM le potenze europee furono costrette a scendere a patti: nel 1946 indipendenza della Transgiordania e ritiro francese da Siria e Libano, Iraq indip già nel 1932, mentre Egitto + Arabia Saudita + Yemen = Lega degli Stati arabi, 1945. Palestina, vero problema: durante la guerra le pressioni sioniste si erano fatte più pressanti e l’immigrazione era cresciuta, anche a causa del terrore nazista; pochi obiettarono poi quando si scoprirono le atrocità dell’Olocausto. USA alleati della causa sionista, ma gli inglesi non volevano inimicarsi gli arabi. Guerriglia ebraica in Palestina contro gli inglesi e gli arabi. Situazione incontrollabile: ritiro inglese nel maggio 1948 (situazione rimessa all’ONU) e subito dopo nascita dello Stato d’Israele Lega degli Stati araba attaccò subito, e fu sconfitta: prima guerra arabo-israeliana. Israele fu fin dall’inizio uno Stato moderno, ben organizzato, ben guidato (Ben Gurion ad esempio), con una economia mista tra capitalismo industriale e cooperativismo. Guerra 1948: Israele si espanse, lo stesso fece la Giordania, dramma palestinese aveva inizio. 23.4 La rivoluzione nasseriana in Egitto e la crisi di Suez. Egitto era il centro del nazionalismo arabo. Indipendente dal 1922 aveva ancora un legame molto stretto con la GB che ancora era presente militarmente nella zona del canale di Suez. Governo corrotto e inefficiente malcontento popolare e opposizione dei Fratelli Musulmani rivoluzione degli ufficiali liberi nel 1952 depose il monarca. Nasser diventò presidente, iniziò l’industrializzazione e indirizzò le riforme in senso socialista. In politica estera si fece sostenitore della liberazione dalle potenze ex coloniali, ottenne il ritiro delle truppe inglesi da Suez e si avvicinò all’URSS USA tagliarono i fondi per la diga di Assuan attraverso la WB Nasser nazionalizzò la Compagnia del canale, provocando un crisi internazionale. Ottobre 1956: mentre Israele attaccava l’Egitto e lo sconfiggeva penetrando in Sinai, francesi e inglesi occupavano la zona del canale. Alle due superpotenze la cosa non piacque affatto, richiamava il colonialismo: senza l’appoggio americano e di fronte all’ultimatum sovietico Francia e GB si ritirarono, e lo stesso fece Israele. Prestigio personale di Nasser era alle stelle, era popolarissimo e si fece portatore del panarabismo in tutto il Medio Oriente, di cui l’Egitto era diventato Paese guida. Fenomeno del nasserismo. 1958: Egitto e Siria si unirono nella Repubblica araba unita, esperimento fallito dopo nemmeno tre anni. Sempre nel 1958 i nazionalisti rovesciarono la monarchia in Iraq. Il sogno di uno stato arabo unito non si realizzò mai, ma il nasserismo ebbe un’eco profonda. 1969: Gheddafi con un golpe prese il potere in Libia, iniziando un interessante tentativo di “socialismo islamico”, in aperta contrapposizione all’Occidente in nome di un coraggioso avventurismo politico. 23.5 L’indipendenza dei paesi del Maghreb. Marocco, Tunisia e Algeria vedevano i nazionalisti combattere per ottenere l’indipendenza dalla Francia. In Marocco e in Tunisia i movimenti indipendentisti erano di ispirazione occidentale, l’Istiqlal e il Neo-Destur rispettivamente. Nel 1956, dopo inutili tentativi di repressione, Parigi fu costretta a concedere l’indipendenza. Ben più complessa era la situazione in Algeria, dove risiedevano oltre un milione di coloni francesi, arroccati a difesa dei loro privilegi; con la rivoluzione nasseriana in Egitto la situazione si radicalizzò e nacque il Fln, Fronte di Liberazione Nazionale, guidato da Ben Bella. Iniziò uno scontro durissimo, che culminò nel 1957 con la battaglia di Algeri, che vide la popolazione stringersi attorno al Fln per nove mesi, alla fine dei quali la ribellione fu repressa militarmente con ingente sforzo. Maggio 1958: i coloni più oltranzisti temevano un cedimento di Parigi e costituirono un Comitato di salute pubblica, preludio di un colpo di Stato militare in Francia fine della Quarta Repubblica e ritorno di Charles De Grulle, che capì che la causa algerina era perduta e iniziò i dialoghi con il Fln. Essi si conclusero ad Evian nel 1962 referendum in Algeria ovviamente indipendenza. Dopo Ben Bella nel 1979 arrivò Bumedien; il Paese fu sempre autoritario e centralizzato, con una posizione di punta.

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23.6 L’emancipazione dell’Africa nera. L’ASS di affrancò più tardi, ma più velocemente e pacificamente, con il processo di decolonizzazione favorito dalle potenze occidentali che ormai lo vedevano irreversibile ma volevano mantenere i contatti con le ex colonie. 1960: “anno dell’Africa”, con 17 indipendenze. In alcuni Paesi dove la presenza o gli interessi bianchi erano notevoli ci fu una resistenza accanita dei coloni al ritiro: in Kenya ci fu una lotta sanguinosa tra la setta Mau-Mau e i brit, fino all’indipendenza del 1963, mentre in Rhodesia del Sud si stabilì il governo razzista di Ian Smith che ruppe con Londra e fu sconfitto solo nel 1980 indipendenza della Zimbabwe. Ultima roccaforte fu l’Unione Sudafricana, dove fu inasprito il regime dell’apartheid ai danni dei neri. L’indignazione internazionale e le manifestazione (es. Soweto) non servirono a nulla a scalfire la supremazia bianca: interessi in gioco altissimi (diamanti e uranio), faide tra la maggioranza nera e boeri (che si consideravano a casa loro). Congo: fu lasciato arretratissimo dal Belgio. Guerra civile e tentativo di secessione del Katanga: il capo del governo, Lumumba, fu ucciso dai secessionisti e prese il potere Mobutu. Unità ristabilità con intervento ONU. Era solo uno dei sanguinosi conflitti interni del dopo-indipendenza africana: contrasti ci furono, tra gli altri, anche in Nigeria (Biafra) e in Etiopia fragilità intrinseca degli Stati africani, tra i quali i confini erano rimasti disegnati a tavolino secondo la spartizione degli europei: ma le alternative non esistevano; “negritudine”, “socialismo africano” e “panafricanismo” erano concetti che si prestavano bene al processo di indipendenza, ma non alle costruzioni istituzionali della nuova Africa. Certo la frammentazione sociali fu leggermente limitata dalle istituzioni, ma restò il problema principale del continente. I modelli occidentali non tennero in Africa, non attecchirono affatto: in pochi anni si costituirono regimi militari nella maggior parte dei casi. Instabilità politica, a cui si aggiungeva la debolezza economica, che iniziava ad aprire la strada al neocolonialismo, una nuova dipendenza dalle potenze ex colonizzatrici, che fu evitata da molti Stati africani con la rottura con l’Occidente e l’avvicinamento all’URSS e al socialismo. Es: Etiopia, e soprattutto, Angola e Mozambico nel 1975 lo sperimentarono, ma né socialismo né capitalismo potevano salvare l’Africa dalla situazione tragica. 23.7 Il Terzo Mondo, il “non allineamento” e il sottosviluppo. Il senso di una eredità comune, della liberazione dal giogo colonialista, spinse i paesi di nuova indipendenza a garantirsi dalle velleità egemoniche dei due blocchi, e a proclamare il loro non allineamento: il Terzo Mondo si affrancava anche politicamente dalle grandi potenze sotto la guida dell’Egitto nasseriano, della Jugolavia di Tito e dell’India di Nehru, e a Bandung, nel 1955, lo dichiarava al mondo. Terzomondismo; Bandung voleva erodere l’egemonia dei due blocchi, in realtà molto presto si fecero largo i contrasti tra i non allineati e le finte neutralità, con tentativi anche palesi dell’URSS di inglobare nella sua sfera di influenza tali Paesi. Accanto a questo stavano però la povertà e il sottosviluppo, inteso come arretratezza e ritardo allucinanti rispetto al resto del mondo. Agricoltura e industria indietro, analfabetismo, sovrappopolamento, malnutrizione… Polemica contro Occid. 23.8 Dipendenza economica e instabilità politica in America Latina. Da tempo indipendenti politicamente, i Paesi latinoamericani dipendevano ancora economicamente dagli USA, che avevano stabilito una sorta di tutela su tutto il continente, in una politica “panamericana” che voleva anche evitare l’avvento rosso. Gli anni della guerra furono anni di sviluppo per l’America centro-meridionale (USA export di meno), in cui si sviluppò un ceto medio, che assunse una centralità indiscussa in tutto il continente, caratterizzato dall’oscillazione tra liberalismo, populismo e autoritarismo. Argentina: dal 1946 al 1955 ci fu Peròn (descamisados, riforme sociali, statizzazione, ma in realtà regime autoritario). Il Brasile del dopo-Vargas (tornato dal 1950 al ’54) ci furono tentativi di modernizzazione (non uniformi in tutto il Paese) e nel 1964 l’avvento dei militari. Mantennero la democrazia nel continente solo Messico, Uruguay e Cile. Di gran rilievo, per l’attrazione che esercitò in tutta l’America Latina (vedi la vita di Che Guevara, ad esempio), fu la rivoluzione cubana guidata da Fidel Castro (1959) che ruppe con gli USA (con la sua politica agraria colpì la United Fruit Company) e diede al regime un orientamento comunista (l’unico nel continente americano). 24. L’Italia dopo il fascismo. 24.1 Un paese sconfitto. Difficile dopoguerra; situazione economica disastrosa: industrie poco devastate, ma agricoltura e allevamento in ginocchio problema approvvigionamenti alimentari. Inflazione alle stelle. Infrastrutture e case in gran parte distrutte + disoccupazione problemi di

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ordine pubblico, inasprimento lotte sociali e problema dei partigiani riluttanti a ritirarsi. Nel Sud i contadini occupavano le terre e i latifondi, ma la minaccia più grave era senza dubbio costituita dal contrabbando e dalla borsa nera, e in Sicilia da un ritorno del fenomeno mafioso, anche a causa dell’atteggiamento americano di connivenza e sostegno. Nell’isola si sviluppò un movimento indipendentista composto soprattutto dalla vecchia classe dirigente prefascista condizionata dalla mafia, ma i suoi tentativi furono sempre stroncati si trasformò in banditismo. Il Paese era disgregato moralmente e la frattura Nord-Sud si faceva più profonda: essi avevano vissuto dal ’43 in due realtà diverse, con la continuità monarchica e gli alleati nel Mezzogiorno e l’occupazione tedesca, le lotte di liberazione e la guerra civile al Nord. La liberazione aveva poi lasciato una voglia di rinnovamento in quanti avevano combattuto per ottenerla ma il vento del Nord non soffiava in tutto il Paese, ancora sconvolto dal ventennio e comunque uscito sconfitto dalla guerra. 24.2 Le forze in campo. I partiti in campo erano in pratica gli stessi del prefascismo: cambiato era il contesto. Si assistè ad una crescita della partecipazione politica, i partiti di massa erano preminenti nell’Italia del primo dopoguerra. Il Partito socialista, nonostante la guida del popolarissimo Pietro Nenni, era diviso tra all’interno e non si era distinto durante la Resistenza. Il Partito comunista, invece, aveva guadagnato terreno grazie al contributo dato alla liberazione: era un “partito nuovo”, di massa e deciso a prendere parte alle istituzioni. L’unico in grado di competere con loro era la Democrazia Cristiana, che prese le mosse dal partito popolare di Sturzo e ne ereditò la base contadina e piccolo-borghese, con le sue fila rimpinguate anche dai membri di Azione cattolica durante il ventennio. Con l’esplicito appoggio della Chiesa, la Dc era perno dell’ala moderata, anche perché il Partito liberale vedeva ormai eroso il suo legame con la base sociale, mentre il Partito d’azione, per quanto moderno, non aveva una base di massa. I neofascisti si ricostituirono solo a fine ’46, ma le destre andarono a ingrossare ora i monarchici ora la Dc ora il movimento del qualunquismo. “L’Uomo qualunque”, movimento che si prefiggeva di sostenere e rappresentare il cittadino medio, senza alcuna caratterizzazione ideologica, che raccolse parecchi consensi nel Sud ma che già nel 1947 iniziò a scomparire. Nel frattempo la Cgil (tre componenti, cattolica, comunista e socialista) fece delle conquiste sindacali: commissioni interne, scala mobile, disciplina licenziamenti, egualitarismo retributivo. 24.3 Dalla liberazione alla repubblica. A Bonomi successe il governo Parri, che cercò di normalizzare un Paese ancora sconvolto dal regime e dalla guerra epurazione. Inoltre affermò di voler alzare le tasse per le grande imprese, per favorire la piccola e media i moderati si opposero, e il governo cadde. La Dc fece salire De Gasperi (cattolici forti ormai), che fece una svolta in senso moderato, bloccando le riforme economiche e l’epurazione (troppo complessa). La sinistra restò delusa, ma ancora sperava nelle elezioni del 2 giugno dell’Assemblea costituente. Lo stesso giorno si sarebbe votato per il referendum istituzionale, per decidere se mantenere monarchia o instaurare la repubblica. Per la prima volta, avrebbero votato le donne. Nonostante l’abdicazione di Vittorio Emanuele III a favore del figlio Umberto II, la repubblica si affermò di netto, mentre per la Costituente trionfava la Dc con il 35% dei voti, seguita dal 20% socialista con alle calcagna il 19% dei comunisti. Sinistra rinforzata ma non abbastanza da essere maggioritaria; la nuova espressione dell’Italia moderata era la Dc. I partiti di massa stravinsero, e le vecchie dirigenze liberali erano ormai retaggio del passato. Anche il voto fu spaccato in Italia: al Nord repubblica e sinistra, al Sud contrario. 24.4 La crisi dell’unità antifascista. L’Italia nei due anni successivi definì il suo ordinamento istituzionale con la Costituzione, la riorganizzazione economica secondo schemi capitalistici e un equilibrio politico notevole; democristiani, comunisti e socialisti governavano insieme, riuscirono a scegliere De Nicola come Presidente della Repubblica. Secondo governo De Gasperi: i contrasti sociali e la guerra fredda iniziarono ad esasperare le differenze interne alla coalizione della Dc con le sinistre. A fare le spese di tale radicalizzazione fu però il Partito socialista che nel 1947 a Roma vide la scissione di Palazzo Barberini, con Giuseppe Saragat e i suoi che presero le distanze da Nenni e dalla sua alleanza con i comunisti. Crisi politica maggior libertà d’azione alla Dc, che finì per escludere le sinistre dal governo, ponendo alcuni membri della vecchia classe liberale nei ministeri (Einaudi e Sforza). 24.5 La Costituzione repubblicana. Nonostante la crisi però, la Costituente proseguì i lavori e li ultimò il 22 dicembre 1947. La Costituzione si ispirava alle democrazie ottocentesche: sistema parlamentare, governo responsabile di fronte al Parlamento (due camere elette a suffragio universale e titolari del legislativo), Corte superiore della magistratura, Corte costituzionale,

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referendum abrogativo, istituto della regione. Molte norme restarono inattuate per anni, come molti dei contenuti sociali (che erano solo risultato dell’incontro tra interessi Dc e interessi sinistre). L’impianto politico è stato criticato molto, perché favorisce l’agibilità e la visibilità delle forze politiche, ma non la loro stabilità. I partiti divennero arbitri della politica italiana, anche a causa del sistema proporzionale immobilismo, sistema italiano bloccato anche dalla guerra fredda. In realtà fu un compromesso equilibrato, tanto più in un periodo incerto e instabile come quello. Momento di estrema asprezza: accordi Stato-Chiesa, alla fine Togliatti accetta l’articolo 7, con sorpresa di tutti. 24.6 Le elezioni del ’48 e la sconfitta delle sinistre. I partiti iniziarono la corsa agli elettori; due schieramenti opposti: l’opposizione comunista e la Dc. Quando i socialisti si unirono ai rossi sotto il Fronte popolare, fu chiaro che l’alternativa era secca e lo scontro sarebbe stato campale. De Gasperi poteva godere di due potentissimi alleati: la Chiesa cattolica da un lato, che fece grossolana ma efficace propaganda a favore della Dc, e gli Stati Uniti, che sostennero il partito paventando una vittoria comunista anche in Italia. Le sinistre fecero appello ai lavoratori e alle classe disagiate, ma il legame con l’URSS, estremamente malvista, non giocò a loro favore, mentre la Dc aveva dalla sua le prospettive di sviluppo e benessere. 18 aprile 1948: la Dc stravinse con il 48,5% dei voti, bruciante sconfitta per le sinistre i cui sogni si infransero. Egemonia del partito cattolico si rafforzava intanto. A luglio uno studente di destra ferì con un colpo di pistola Togliatti proteste comuniste in tutto il Paese, che in molti casi si trasformarono in insurrezioni violente che si esaurirono in pochi giorni, ma mostrarono a tutti quanto l’Italia fosse divise. Persino nei sindacati si vide tale contrasto: lasciando la Cgil, la componente cattolica fondò la Cisl, mentre quella socialdemocratica fondò la Uil. 24.7 La ricostruzione economica. Gli elettori italiani avevano anche scelto una certa impostazione economica: già dalla fine della guerra le riforme mancarono e avvenne una sorta di “restaurazione liberista”, che i governi postbellici mantennero. Non volevano utilizzati i mezzi economici usati dopo la grande crisi, e tra l’altro non volevano assolutamente che lo Stato ingerisse troppo nell’economia, prerogativa questa da regime. La sinistra non seppre creare alternative credibili, e quando fu esclusa dal governo, De Gasperi fece Einaudi ministro del Bilancio. La sua linea prevedeva la lotta all’inflazione, la stabilità monetaria e il pareggio. Li ottenne con inasprimenti fiscali, svalutazione della lira e restrizione del credito, ma a costi sociali immensi

crebbe la disoccupazione. Le politiche keynesiane stentavano ad attecchire in Italia: i milioni di dollari arrivati da noi con il piano Marshall furono mal gestiti, e non furono usati per investire e crescere. 24.8 Il trattato di pace e le scelte internazionali. A Parigi nel 1947 l’Italia fu trattata esattamente come una potenza sconfitta: dovette pagare riparazioni ai paesi attaccati e ridurre il suo esercito. Perse le colonie, ma di questo non importò a nessuno. Mentre grande attenzione era data ai confini nazionali: ad ovest l’Italia non perse praticamente nulla e a nord riuscì a mantenere il Trantino Alto-Adige grazie alla maggiore debolezza austriaca, ma i problemi si presentarono a est, dove gli jugoslavi avevano occupato Trieste e gran parte del Friuli. Sistemazione provvisoria alla fine del 1946, ma si aprì così la questione di Trieste, che doveva essere un territorio libero divise in una zona A occupata dagli alleati e in una B dagli jugoslavi. Nel 1954 la città tornò all’Italia, ma la questione continuò a suscitare problemi. Il contrasto tra italiani e slavi si era inasprito nella guerra dopo le vessazioni del regime ai nostri vicini, che però si rifecero alla fine della guerra, vendicandosi degli italiani (strage delle foibe, ad esempio). Ma l’Italia non poteva incentrare la sua politica estera sulla questione triestina; da paese sconfitto, doveva attuare una scelta di campo USA naturalmente: fu chiaro con l’esclusione delle sinistre e l’accettazione dei fondi Marshall. Ma questo schieramento non significava un’alleanza militare, che eppure arrivò nel 1949 nonostante le titubanze di tutti, per scelta di De Gasperi e Sforza, quando l’Italia aderì al Patto atlantico. 24.9 Gli anni del centrismo. 1948-53: egemonia della Dc. A maggio essa riuscì a fare Einaudi presidente della Repubblica. Era la formula del centrismo, consistente nell’avere la Dc in mezzo che escludeva le destre e le sinistre e portava avanti un timido riformismo sociale, per tenersi buone le masse, specie contadine riforma agraria del 1950: espropriazione e distribuzione delle terre, per tenere buona la popolazione e a lungo andare per rafforzare la piccola impresa agricola (da sempre fattore di stabilità sociale), che tuttavia fu sempre piuttosto gracile e debole. Nonostante la riforma agraria iniziarono le grandi migrazioni verso le città. Altro intervento fondamentale fu l’istituzione della Cassa per il Mezzogiorno, un istituto che avrebbe dovuto

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coordinare lo sforzo statale per lo sviluppo e il miglioramento del livello di vita nel Meridione. Risultati deludenti però, quando si capì che la modernizzazione non partiva e la società era statica. Altre, come la legge Fanfani (case popolari) e la riforma Vanoni (dichiarazione dei redditi) furono osteggiate dalla destra, mentre sempre più accanita era l’opposizione delle sinistre, che protestavano per le condizioni dei lavoratori che non erano mai migliorate. Nonostante la ripresa industriale la disoccupazione e i salari bassi persistevano scioperi e manifestazioni politica repressiva (ministro degli Interni, Scelba). I comunisti e i socialisti furono persino “schedati”. Appena prima delle elezioni del 1953 De Gasperi e la Dc riuscirono a far passare la legge elettorale che introduceva un sistema maggioritario. Legge fatta a pennello per la Dc (soprannominata “legge truffa” dall’opposizione), la cui coalizione centrista perse clamorosamente senza accaparrarsi il premio di maggioranza. La Dc di De Gasperi subiva così la prima sconfitta. 24.10 Alla ricerca di nuovi equilibri. Si iniziarono a cercare nuovi equilibri politici, e l’esigenza era quella di legarsi alle sinistre e di dare una spinta riformatrice al Paese e intergrarlo in Europa (Mercato unico nel 1957). I successivi governi democristiani comunque continuarono sulle orme degasperiane e mantennero la maggioranza quadripartita. Alcune novità: piano Vanoni (programmazione economica), nascita del ministero delle Partecipazioni Pubbliche (coordinare attività delle aziende di Stato), insediamento della Corte costituzionale, fondamentale per adattare la vecchia legislazione alla Costituzione e distruggere qualche ultimo ricordo del fascismo. Ma progressiva si iniziò a vedere un’emarginazione dei degasperiani e l’emergere della nuova generazione democristiana, quella di Moro, Rumor e Fanfani insomma. Quest’ultimo cercò di strutturare meglio il partito e di scioglierlo dal vincolo con Confindustria, legandolo maggioramente alle imprese di Stato, come l’Eni pericoloso legame tra partiti ed economia. La linea centrista non mutò nemmeno con Fanfani (segretario dal 1954), ma con l’elezione presidenziale di Gronchi il partito sentì forte l’instabilità della coalizione e la necessità di una apertura a sinistra, che ovviamente non poteva che significare un dialogo con il Partito socialista, che nel 1956 con le denunce in URSS dello stalinismo ruppe con il Pci e attuò una svolta autonomista portata avanti dallo stesso Nenni. 25. La società del benessere. Negli anni ’50 e ’60 l’economia dei paesi industrializzati (trainata dagli USA) attraversò una fase di intenso sviluppo, di boom, che ebbe tra le sue cause: crescita della popolazione (da cui un aumento della domanda); innovazione tecnologica e razionalizzazione produttiva (diffusione delle multinazionali); espansione del commercio mondiale (grazie a stabilità moneta ex Fmi, e ad accordi tra Nazioni); politiche statali in sostegno della crescita. L’applicazione delle scoperte scientifiche alla produzione divenne velocissima. Nel campo della chimica si svilupparono le materie plastiche e le fibre sintetiche. In medicina c’è da segnalare la produzione di nuovi farmaci (antibiotici, ormoni, psicofarmaci, anticoncezionali, ecc) e i grandi progressi della chirurgia. Le conseguenze dello sviluppo tecnologico si fecero sentire in modo decisivo nel campo dei trasporti (motorizzazione privata, sviluppo dell’aviazione civile, dal Constellation al Boing declino treno e nave), contribuendo a modificare radicalmente le abitudini di vita. Nel 1957, col lancio del primo satellite artificiale sovietico, lo Sputnik, iniziava la conquista dello spazio (del ’69 è il primo sbarco dell’uomo sulla Luna), che avrebbe determinato una “ricaduta” di tecnologia in tutti i settori. Lo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa (anzitutto della televisione) ha rappresentato, tra i prodotti dello sviluppo tecnologico, quello che più di ogni altro ha condizionato la vita quotidiana e i modelli di comportamento delle società industrializzate (e in parte anche di quelle meno sviluppate). Una caratteristica dei decenni del dopoguerra è il forte aumento della popolazione, concentrato però soprattutto nel Terzo Mondo, dove al calo della mortalità si è accompagnato un tasso di natalità notevolmente elevato. Nei paesi industrializzati l’aumento demografico è stato invece molto contenuto (solo il baby boom del primo decennio del dopoguerra) e in alcni di essi si è giunti ormai alla “crescita zero” della popolazione. C’è una tendenza alla pianificazione familiare grazie ai contraccettivi; liberalizzazione dei costumi sessuali è una delle conseguenze. La notevole espansione dei consumi “superflui” (spot pubblicitari standardizzazione) è ormai caratteristica fondamentale delle società avanzate (il consumismo), ove ha suscitato fenomeni

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estesi di rifiuto ideologico, nonché di critica da parte di alcune correnti intellettuali (anzitutto quella che si richiama alla “Scuola di Francoforte”). Alla fine degli anni ’60 si verificò un’esplosione della protesta giovanile contro la “società del benessere” (la cultura alternativa degli hippies): protesta iniziata negli Stati Uniti, a Berkeley intrecciandosi con la protesta contro la guerra del Vietnam (e con la rivolta del Black power nei ghetti americani, dopo gli anni pacifici di Martin Luther King), e poi diffusasi nell’Europa occidentale e in Giappone. L’episodio più clamoros fu la rivolta parigina del maggio ’68. La fase della ribellione giovanile lasciò un segno profondo nelle società occidentali, soprattutto nel campo dei valori e dei modelli di comportamento. Negli stessi anni si sviluppava un nuovo femminismo che – raggiunta ormai la parità tra i sessi sul piano dei diritti politici – criticava la divisione dei ruoli tra uomo e donna nella famiglia e nel lavoro, e più in generale rifiutava i valori “maschilisti” dominanti nelle società industrializzate. Di fronte alla nuova realtà della società del benessere, la Chiesa cattolica – pur ribadendo la sua critica al diffondersi di valori materialistici e di comportamenti contrari alle sue dottrine – tentò un proprio rinnovamento interno e un’apertura ai problemi del mondo contemporaneo. Tale nuovo corso iniziò col pontificato di Giovanni XIII (1958-63, scrisse le encicliche “Mater et magistra” e “Pacem in terris”) e proseguì con il Concilio Vaticano II. 26. Distensione e confronto. 26.1 Mito e realtà degli anni ’60. Si dibatte se gli anni ’60 siano davvero stati un decennio felice o se in realtà siano stati travagliati e duri come gli altri. Lo sviluppo economico finì per acuire i contrasti sociali e il mondo viveva in un equilibrio del terrore, dato dalla deterrenza nucleare. Tuttavia scontri anche sanguinosi. 26.2 Kennedy e Kruscev: la crisi dei missili e la distensione. 1960: diventa presidente JFK, primo cattolico alla Casa Bianca. Molto amato, si rifece a Wilson e Roosvelt, aggiornandoli con il mito della “nuova frontiera”. Il riformismo kennediano in politica interna si risolse in un incremento della spesa pubblica e nel promuovere intergrazione razziale nel Sud. In politica estera fu ambiguo: accanto a dichiarazioni di volontà di distensione, portava avanti una intransigente difesa degli interessi USA nel mondo. Primo incontro Kennedy-Kruscev fu a Vienna nel 1961 sul problema di Berlino Ovest: fallimento. USA mantennero la difesa della città, URSS eresse un muro per dividere i due settori: simbolo della divisione del mondo in due. Ma il teatro di confronto tragico fu Cuba, dove Kennedy tentò di far crollare il regime castrista appoggiando una insurrezione di esuli che sbarcarono alla Baia dei porci nel 1961 fallimento e scacco per Kennedy. L’URSS rispose all’intrusione americana a Cuba offrendo a Castro aiuto economico e militare, ma fece anche installare delle basi di lancio per missili nucleari sull’isola. Quando aerei spia nel 1962 le scoprì, il mondo fu sull’orlo della guerra totale: crisi missilistica. Alla fine Kruscev cedette, Cuba fu lasciata in pace distensione. 1963: firma del trattata per la messa al bando degli esperimento nucleari nell’atmosfera; poco dopo installazione della linea rossa dalla Casa Bianca al Cremlino per scongiurare una guerra per errore. Il 22 novembre 1963 Kennedy fu assassinato a Dallas (nel 1968 sarebbe toccato al fratello Robert, e a Martin Luther King), gli successe Lyndon Johnson, capace uomo politico che però legò il suo nome al Vietnam. Kruscev aveva iniziato a parlare di mera competizione economica tra le due potenze, in discorsi pacifici; sfidò l’Occidente a dare alla sua popolazione il massimo benessere, ma nell’ottobre 1964 fu estromesso. 26.3 La Cina di Mao: il contrasto con l’URSS e la “rivoluzione culturale”. Si vedeva un crescente contrasto tra URSS e Cina, dovuto a molti motivi, ma principalmente a differenze ideologiche; se Mosca voleva un mondo bipolare, Mao tendeva a mettere in dubbio lo status quo, a favorire gli indipendentismi nel mondo e a reclamare un ruolo di maggior rilievo per la Cina. Nel 1949 la situazione del Paese era tragica, molto avevano fatto i comunisti, la nazionalizzazione delle industrie era completa e il settore industriale prosperava; meno bene andava l’agricoltura: la riforma agraria raccolse la miriade di piccole imprese agricole in cooperative. Ma non andava ancora: troppa gente da sfamare “grande balzo in avanti”, 1958: razionalizzazione produttiva e sacrificio del popolo comuni popolari, grandi entità che raccoglievano le cooperative e dovevano puntare ciascuna all’autosufficienze. In un’atmosfera da piani quinquennali si consumò un assurdo fallimento. La situazione con Mosca crollò, dopo le critiche sovietiche alla politica agricola cinese e il rifiuto dei russi di sostenere i piani nucleari di Pechino (che comunque nel 1964

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aveva l’atomica) addirittura scontri lungo il fiume Ussuri rottura definitiva. All’interno il fallimento del balzo in avanti aprì la strada alle forze moderate, ma a Mao non stava bene avviò la cosiddetta “rivoluzione culturale”, mobilitazione dei giovani contro i più moderati che impedivano l’avvento del comunismo, imprigionamento di molti di quelli che in realtà erano semplicemente gli oppositori di Mao Tse-tung. Il pm Chou En-lai fu garante della continuità del potere istituzionale in tutti quegli anni, nonché arteficie della clamorosa apertura cinese verso gli USA Nixon a Pechino nel 1972, e conseguente ingresso della Cina comunista nel CdS dell’ONU. Fase di transizione della Cina aveva così inizio. 26.4 La guerra del Vietnam. Gli accordi di Ginevra del 1954 avevano diviso il Vietnam in due: nel Nord i comunisti di Ho Chi-minh, nel Sud un governo semiautoritario sostenuto dagli americani che volevano prendere il posto dei francesi in Indocina, per impedirne un contagio comunista. Nel sud i buddisti vennero sostenuti dai comunisti del nord nel creare il Vietcong, movimento di guerriglia; il governo del Sud ricevette aiuti da Washington che inviò 30.000 “consiglieri militari”. Con Johnson l’intervento divenne apertamente bellico: per tutto il ’64 il contingente fu alimentato di uomini e risorse, nel ’65 iniziarono i bombardamenti nel Nord Vietnam. Ma né i vietcong né le truppe di Ho Chi-minh cedettero. Crisi dell’esercito USA, che tra l’altro vedeva in patria una mobilitazione pressoché generale contro la guerra, contro la quale muovevano milioni di persone in imponenti manifestazioni di protesta. Nel mondo si sviluppava il senso di solidarietà ai vietnamiti. Inizio ’68: i vietcong lanciarono l’offensiva del Tet, che non fece particolari danni ma mostrò quanto potente fosse la guerriglia. A marzo Johnson fermò i bombardamenti del Nord e annunciò che non si sarebbe ricandidato Nixon ridusse la presenza americana in Vietnam, ma contemporaneamente attaccò anche Laos e Cambogia per cercare di tagliare gli approvvigionamenti ai vietcong. Gennaio 1973: armistizio di Parigi, ritiro americano. La guerra proseguì per altri due anni dopo l’armistizio, finchè il 30 aprile 1975 i vietcong e le truppe del Nord entrarono a Saigon. Poco prima Lon nol, in Cambogia, era stato sconfitto dai comunisti, che anche in Laos prevalevano. Indocina comunista: più grande sconfitta americana. 26.5 L’URSS e l’Europa orientale: la crisi cecoslovacca. A Kruscev successe Brežnev, che mantenne la politica del predecessore mutandone lo stile, e rendendolo meno aperto e ottimista. Accentuò la repressione di ogni dissenso e le riforme che promosse in economia non diedero grandi risultati; ripartì il riarmo a spese del popolo, anche se non cambiarono né i rapporti con la Cina né quelli con l’Occidente. Se tollerarono la dissidenza rumena e la successiva parziale autonomia della Romania, i sovietici furono intransigenti con la Cecoslovacchia. Il riformista Dubček fece un mini-golpe e prese il potere, avviando un esperimento di socialismo misto ad elementi di pluralismo economico e soprattutto politico era la primavera di Praga, una sembianza di socialismo dal volto umano. Il Paese restava comunista, ma Mosca non potè tollerare!! Il 21 agosto 1968 Praga fu occupata e un governo filosovietico stabilito. La resistenza passiva imbarazzò Mosca e la vide costretta a rimettere al loro posto gli artefici del nuovo corso, compreso Dubček. Ma i sovietici iniziarono a lavorare per la “normalizzazione” del Paese e la cacciata dei dissidenti. 1969: Husàk al potere. L’intervento a Praga fu ciriticato da tutti i Pc, ma Mosca potè così stabilire il controllo ferreo sull’Europa orientale senza rendere conto a USA, impegnati in Indocina. Disagio tra governati e governanti anche in Polonia, con la crisi del 1970 e l’insurrezione degli operai di Danzica e Stettino. 26.6 L’Europa occidentale negli anni del benessere. Periodo florido per l’Europa occidentale; progressi nel tenore di vita della popolazione, quindi cambiarono i costumi. In Italia, Germania e GB con i socialisti, in Francia invece tale contesto fu garantito dai gruppi di obbedienza gaullista, anche dopo le dimissioni di De Grulle nel 1969, con le successive presidenze Pompidou e Giscard d’Estaing. Germania: nel 1966 si interruppe il monopolio del potere dei cristiano-democratici, che dovettero creare una grande coalizione con i socialdemocratici di Willy Brandt. Essi, passata la contestazione e la crisi economica, abbandonarono i cristiano-democratici e si allearono con i liberali, con cui governarono per il quindicennio successivo, anni di prosperità e crescita, ma anche di un diverso approccio in politica estera. Scheel tese alla normalizzazione dei rapporti con il mondo comunista, e pur restando legato alla compagine atlantica iniziò a parlare con la Germania dell’Est e a comunicare al mondo l’importanza della questione della riunificazione. Fu una politica orientale, una Ostpolitik. GB: una congiuntura economica difficile costrinse il governo laburista Wilson a imporre un periodo di austerità, proprio mentre in Ulster riesplodeva la questione irlandese che andava anche a mischiarsi con la protesta sociale rivendicazioni e violenze,

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terrorismo e guerriglia urbana. La crisi economica e l’abbandono delle ultime colonia (es. Singapore) spinsero Londra ad abbandonare la sua genetica riluttanza nei confronti dell’adesione britannica alla CEE, che in effetti avvenne nel 1972 insieme a Irlanda e Danimarca. Tuttavia ciò non fu sufficiente a risolvere i problemi economici del Regno Unito. 26.7 Il Medio Oriente e le guerre arabo-israeliane. Anche dopo la crisi di Suez del 1956 il Medio Oriente restò un’area complessa e di potenziale scontro tra potenze; in particolare Israele era un protetto degli USA, l’Egitto dell’URSS. 1967: Nasser chiese il ritiro dell’ONU dal Sinai, chiuse il golfo di Aqaba, vitale per Israele, e strinse un patto con la Giordania. Israele lanciò un attacco preventivo contro Egitto, Giordania e Siria e in sei giorni vide capitolare le forze arabe e lo stato ebraico annettere moltissimi territori (dal Sinai al Golan alla riva occidentale del Giordano). La “guerra dei sei giorni” cambiò molte cose, tra cui lo stesso atteggiamento dell’Olp di Yasser Arafat, che soprattutto dopo il settembre nero (re Hussein di Giordania portò avanti un’offensiva contro i feddayn e i palestinesi profughi per non essere nel mirino di Tel Aviv) rivolse la sua lotta terroristica al piano internazionale (attentato contro squadra israeliana alle Olimpiadi Monaco ’72). 1970: morte di Nasser, cui succede Sadat, che voleva riprendere il Sinai e attaccò Israele il 6 ottobre 1973 il giorno dello Yom Kippur, da cui la guerra prese il nome. Fu respinto, ma riuscì a lavare l’onta del 1967. La crisi assunse portata mondiale quando i Paesi arabo chiusero il canale di Suez e decretarono il blocco petrolifero contro i Paesi occidentali amici di Israele. 26.8 La crisi petrolifera. Dopo venticinque anni di crescita incontrastata le società capitalistiche iniziarono a mettere in dubbio i fondamenti stessi della loro esistenza; due eventi epocali provocarono questa crisi economica diversa da tutte le precedenti; anzitutto, la decisione di Nixon nel 1971 di bloccare la convertibilità del dollaro in oro, che aveva garantito la stabilità monetaria mondiale dal 1944, in secondo luogo la decisione dei paesi arabi di quadruplicare il prezzo del petrolio tale shock petrolifero colpì maggiormente quei paesi che dipendevano totalmente dalle importazioni. La produzione calò, ma a differenza del passato vi fu una concomitante crescita inflazionistica, che prese il nome di “stagflazione”, dovuta alla cause esterne e alla rigidità dei salari lavoratori tutelati. Il vero problema fu infatti la disoccupazione. 27. Apogeo e crisi del bipolarismo. 27.1 Il tempo del “riflusso”. L’URSS era ancora in piedi, ma le ideologie di sinistra stavano entrando in crisi una dopo l’altra, tanto quelle riformiste, quanto quelle rivoluzionarie: esse erano convinte dell’illimitata capacità espansiva del sistema economico, quindi lo shock petrolifero le gettò in crisi. La classe operaia perdeva importanza e gli avvenimenti dei Paesi comunisti non davano ottime impressioni. Era l’intero modello sovietico ad essere entrato in crisi: insuccessi economici, denunce degli esuli sulla repressione interna, intervento in Afghanistan. La delusione della sinistra giunse anche insieme alle notizie proveniente da Vietnam, Cambogia, Cina. Ma anche il versante riformista era messo in discussione: gli elevati costi del Welfare State facevano aumentare la pressione fiscale condanna allo Stato assistenziale neoliberismo e monetarismo: Margaret Thatcher in GB (1979) e il repubblicano Reagan in USA (1980). “Grande riflusso”: ci si domandava se davvero i grandi sistemi ideologici fossero capaci di fornire risposte concrete alle necessità della gente. Caduta della tensione politica ali estreme tagliate fuori terrorismo politico (Brigate rosse, es…), ispirato ai movimenti indipendentistici tipo Eta o Ira e con una ideologia marxista-leninista estrema. Ma gli mancava la base popolare: fu sconfitto. Restò come fenomeno internazionale. 27.2 La difficile unità dell’Europa occidentale. Tutti i Paesi europei furono colpiti dall’aumento del prezzo del petrolio (GB meno), dal declino di molti settori industriali, dall’acuirsi delle tensioni sociali, tutti problemi che la nascita dello Sme nel 1979 non riuscì a risolvere. Perdendo terreno agli USA e al Giappone, l’Europa era sempre più dipendente dall’alleato atlantico anche militarmente: tensione tra i blocchi alle stelle (euromissili). La crisi degli anni ’70 mise in crisi soprattutto le socialdemocrazie nordeuropee. GB, 1979: Margaret Thatcher al governo liberismo, attacco alle Trade Unions, in discussione i fondamenti del Welfare, privatizzazioni. Anche sull’onda lunga patriottica delle Falkland, la Thatcher restò fino al 1990 quando fu costretta a lasciare il posto ad un altro conservatore, John Mayor. Germania federale: ritorno al potere dei cristiano-democratici nel 1983 con Helmut Kohl. La sconfitta della Spd non dipese dai problemi economici del periodo, ma dalla politica estera titubante circa gli euromissili. I partiti socialisti

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perdevano terreno a Nord, ma ne guadagnavano a Sud. Francia: Unione delle sinistre vinse nel 1981 François Mitterrand. Le condizioni economiche difficili però impedirono al governo di portare avanti tutte le riforme che erano state previste rottura con i comunisti, che non impedì per ai socialisti di stare al governo fino al 1993. A metà degli anni ’70, i Paesi dell’Europa medionale furono interessati dalla caduta dei regimi che ancora li attanagliavano. Portogallo: Salazar morì nel 1970. Il regime avrebbe retto poco, ma la democratizzazione, spinta dall’impopolarissima guerra nelle colonie africane di Angola e Mozambico, assunse forme inedite. Primavera ’74: i militari attuarono un colpo di Stato non violento, ma già l’anno successivo il potere tornò nelle mani di un normale regime parlamentare e pluripartitico. Grecia: nel 1967 i militari avevano effettuato un golpe. Ma nel 1974 l’esito disastroso di uno scontro con la Turchia a e per Cipro pose fine alla dittatura dei colonnelli partiti democratici: “Nuova democrazia” di Karamanlis vs. socialisti di Papandreu. Fine monarchia con un referendum. Spagna: il re Juan Carlos fu invece fondamentale qui. Chiamò Alfonso Suàrez alla guida di un paese che si stava sviluppando molto in fretta; egli legalizzò i partiti e fece approvare una costituzione democratica. Democrazia spagnola si consolidò in fretta, nonostante terrorismo basco. Cambio di potere nel 1982, quando vincono i socialisti di Gonzàlez. Tra 1981 e 1986 questi tre Paesi entrarono nella CEE, creando non poche difficoltà nel gestire le politiche. 27.3 Gli Stati Uniti da Nixon a Bush. Dopo la crisi petrolifera e la sconfitta in Vietnam, gli USA furono sconvolti dal Watergate dimissioni di Nixon e avvento di Jimmy Carter: egli cercò di sistemare i danni della Realpolitik di Nixon e Kissinger con un approccio più wilsoniano, basato su autodeterminazione e riconoscimento diritti umani rapporti tesi con Mosca e troppo spazio lasciato a regimi ostili (es. Etiopia, Iran o Nicaragua) opinione pubblica frustrata non rielesse Carter, ma scelse Ronald Reagan. Questi seppe risvegliare l’orgoglio nazionalistico americano e la voglia di rivincita: linea estera dura con URSS e altri nemici. La sua presidenza ebbe successo e fu confermata nel 1984, anche perché l’economia aveva ricominciato a crescere, anche se i problemi sociali dell’America non erano trascurabili (tensione sociale e razziale). La politica degli armamenti da un lato sostenne l’economia americana, dall’altro voleva essere espressione di forza nel mondo e con l’URSS iniziativa di difesa strategica (Sdi), scudo stellare, osteggiato da gran parte dell’establishment perché avrebbe provocato una nuova corsa al riarmo. A livello intl gli USA sostennero i contras nicaraguesi, armarono i guerriglieri afgani impegnati contro l’Armata rossa e sfidarono i regimi integralisti mediorientali, Libia di Gheddafi e Iran di Khomeini. Confronto con entrambe: 1986, bombardamento quartier generale di Gheddafi; 1897, protezione rotte petrolifere minacciate da guerra Iraq-Iran. 1988: incontri con Gorbačëv e nuova distensione. Vittoria di George Bush nel 1988. Politico più esperto e anche più moderato e prudente. Fu lui a far scattare gli interventi americani maggiori dopo il Vietnam: Panama nel 1989 per deporre Noriega e Iraq nel 1990-91. Avrebbe assistito alla caduta sovietica. 27.4 L’URSS da Brežnev a Gorbačëv. L’URSS brezneviana riuscì a mascherare i problemi economici (specie agricoli) interni con dinamismo in politica internazionale allargò la sfera di influenza a diversi Paesi del mondo, tra cui l’Afghanistan dal 1979, dove sarebbe rimasta per dieci anni a combattere furiosamente con una resistenza accanita di gruppi guerriglieri sostenuti anche dagli USA. Repressione dissidenza interna, specie degli intellettuali. 1975: URSS partecipò alla conferenza di Helsinki, importanto passo avanti per i diritti dell’uomo e le libertà politiche, che però poi non avrebbe rispettato. 1982: morì Brežnev. 1985: segreteria del partito fu assunta dal giovane Michail Gorbačëv, dinamico innovatore. Politica economica: perestrojka, che prevedeva l’inserimento nel sistema comunistia di alcuni elementi di economia di mercato. Nel 1988 si fece promotore di una costituzione che pur manetenendo il partito unico lasciava spazio a un limitato pluralismo. 1990: Gorbačëv divenne presidente dell’URSS. In realtà le riforme portarono a galla le contraddizioni del Paese; le riforme economiche arrivarono ad una popolazione non in grado di accoglierle malumori e tensioni. Problema dei movimenti separatisti: per prime le repubbliche baltiche, quindi Armenia, Georgia e Azerbaigian e l’Asia centrale scontri interetnici. 1990: repubblica russa elesse Boris Eltsin alla presidenza. Internamento la glasnost permise un dibattito politico-culturale impensabile fino a poco prima. Dialogo con Occidente rilanciato, anche perché Mosca non era in grado di raccogliere la sfida americana. Reagan voleva finire in bellezza il mandato e acconsentì ad incontrare Gorbačëv prima a Ginevra nel 1985, poi a Reykjavik nel 1986: rapporti più distesi. Washington, 1987: accordo sui riduzione armamenti missilistici e ritiro sovietico

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da Afghanistan. 1990: alla Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa, Nato + Patto di Varsavia firmarono trattato di non aggressione e riduzione armi. 27.5 La crisi dell’Europa comunista, la caduta del muro di Berlino e la riunificazione tedesca. La crisi sovietica si ripercosse naturalmente sugli Stati satellite. Polonia, che già aveva conosciuto notevoli cambiamenti con la nascita del sindacato Solidarnosc di Walesa, vide un colpo di Stato da parte del generale Jaruzelski che voleva evitare un intervento sovietico. Lui stesso però riaprì presto i dialoghi col sindacato e con la Chiesa accordi di Danzica, 1988. L’anno successivo ci sarebbero state le prime elezioni libere in un paese del blocco comunista e la vittoria di Mazowiecki. La Polonia innescò una reazione a catena Ungheria: Kàdàr fu esautorato e i nuovi dirigenti comunisti legalizzarono i partiti indicendo elezioni per l’anno dopo. Decisione importante: apertura cortina di ferro al confine con Austria fughe da Germania est dimissioni di Honecker. Riforme interne e concessione dei visti 9 novembre 1989, caduta del muro di Berlino, fine simbolica delle divisioni e atmosfera di festa e riconciliazione. Cecoslovacchia: insurrezioni portarono alla caduta del governo uscito dalla “normalizzazione” e all’elezione a presidenza della Repubblica dello scrittore Havel. Romania: passaggio di regime più traumatico per la resistenza della dittatura personale di Ceausescu. Bulgaria e Albania avviate ormai alla liberalizzazione. Questi processi finirono per travolgere le stesse forze che li avevano avviati. Il 1990 fu l’anno delle elezioni in questi paesi. Jugoslavia: le elezioni del ’90 sottolinearono le spinte centrifughe interne allo Stato federale. Slovenia e Croazia votarono per gli autonomisti, in Serbia salì al potere il nazionalista neocomunista Slobodan Milošević. In Germania est le elezioni razziarono comunisti e sinistra; vittoria cristiano-democratico accordo con l’Ovest che attraverso l’opera del governo Kohl riuscì ad organizzare in pochi mesi l’annessione della Germania dell’est alla Repubblica federale occidentale. 3 ott 1990: Germania riunificata. 27.6 Dittature e democrazie in America Latina. Anche in AmLat molti cambiamenti; la crisi della democrazia negli anni ’70 toccò anche gli Stati fino ad allora immuni. Uruguay e Cile prima di tutto; Cile, 1970: Allende alla presidenza, ma con l’opposizione americana e un’economia dissestata golpe che portò al potere il generale Pinochet. Argentina, 1972: il regime militare in difficoltà estrema richiamò Peròn, che venne eletto alla presidenza della Repubblica nel 1973, ma fallì clamorosamente. Non portò ordine né miglioramenti economici. Per due anni dopo la sua morte, fino al ’76, governò la moglie Isabelita, deposta dai militari che repressero duramente le rivolte della sinistra e cercarono di distogliere l’attenzione della gente dai problemi interni con l’occupazione delle isole Malvine, da sempre inglesi guerra con GB e sconfitta argentina. Libere elezioni, 1983: eletto il radicale Raùl Alfonsìn. Tra 1984 e 1985 libere elezioni in Bolivia, Uruguay, Perù e Brasile. Cile: Pinochet cadde nel 1989 e venne eletto Aylwin. Numerosi fattori di destabilizzazione nel continente appena tornato democratico; Argentina: l’esperimento di Alfonsìn fallì e nell’89 vinse Menem. Brasile aveva presidente Collor de Mello corrotto. Perù: Sendero luminoso, gruppo maoista violentissimo golpe dello stesso presidente Fujimori. Colombia: minaccia più grave restavano e restano i narcotrafficanti, che con i loro guadagni riescono a controllare il potere locale. America centrale: la democrazia stentava ad attecchire, continuo rischio di scivolare in dittatura. Altro problema: sandinisti in Nicaragua rovesciarono Somoza nel 1979 USA appoggiarono i contras antisandinisti. Cuba era sempre più sola. Economia sudamericana al collasso: inflazione e debito con l’estero. 27.7 Israele e i paesi arabi. Tra il 1974 e il 1975 Sadat decise che era arrivato il momento di cercare una soluzione al conflitto con Israele, e attuò una svolta verso gli USA, congelando i rapporti con l’URSS. In un viaggio a Gerusalemme, propose al parlamento israeliano la pace, che fu raggiunta con gli accordi di Camp David del 1978 tra Sadat e Begin. Evento storico, che sopravvisse anche a Sadat, assassinato da un integralista nel 1981. Restava però aperto il problema palestinese: inizialmente l’Olp non accettò di dialogare, mentre in un secondo momento fu Israele a non accettare le proposte provenienti dai paesi arabi. Alla fine del 1989 i palestinesi diedero vita a un lunga rivolta, un “risveglio”, l’ intifada contro gli israeliani occupanti, che reagirono con una dura repressione e videro la loro posizione compromessa dal fatto che la base della rivolta palestinese fosse popolare. Olp in Libano, intanto: l’arrivo della guerriglia fece saltare il precario equilibrio etnico 1975: guerra civile, aggravata ulteriormente dall’attacco israeliano del 1982 per colpire l’Olp. Per qualche mese il paese fu amministrato da una forza multinazionale di pace, ma la calma era lontana da venire. Lotte interne favorirono la penetrazione siriana. Damasco vi impose un protettorato.

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27.8 Il mondo islamico e la rivoluzione iraniana. Scontro, latente in Islam, tra laici e integralisti. I primi avevano la loro roccaforte nella Turchia post-kemalista, proiettata verso l’Occidente e democratica. Gli integralisti invece avevano come punto di riferimento l’Iran, da sempre baluardo americano in MO. Il fallimento riformatore di Mossadeq del 1953 aveva portato al colpo di Stato dello scià Pahlavi, che aveva iniziato a governare in maniera autoritaria. Modernizzazione accelerata, che però non diede nulla al popolo crescente opposizione. Quando fu anche abbandonato da Washington, lo scià fuggì e a Teheran si instaurò una Repubblica islamica teocratica guidata dall’ayatollah Khomeini contrasto con USA: tra ’79 e ’80 il personale dell’ambasciata americana a Teheran fu tenuto prigioniero con l’assenso dell’autorità. 1980: Iran attaccato da Iraq, guerra proseguì per otto anni senza che nessuno dei due contendenti avanzasse. Nuovi spazi disponibili al governo con la morte di Khomeini nel 1989. 27.9 I conflitti nell’Asia comunista. Dopo la vittoria rossa Vietnam (1975) e la morte di Mao (1976), l’Asia comunista visse molti conflitti. Vietnam: con la presa di Saigon, il Sud fu assorbito nel Nord e la vecchia classe dirigente fu emarginata. L’economia fu collettivizzata con durezza espropriazione beni dei cinesi. Cambogia: tra ’76 e ’78 i khmer rossi di Pol Pot misero in atto una delle più spietate rivoluzioni sociali per cancellare tutto quello che era stato prima milioni di morti, templi distrutti, denaro abolito. Dicembre 1978: 200.000 soldati vietnamiti attaccarono la Cambogia. Hanoi voleva controllare tutta l’Indocina, infatti. Pechino continuò a sostenere i khmer, che comunque vennero sconfitti spedizione punitiva cinese nel Nord Vietnam, che comunque non riuscì a liberare la Cambogia. Solo nel 1988 le truppe vietnamite iniziarono il ritiro. Nel 1991 tentativo ennesimo di pacificazione Consiglio nazionale supremo libere elezioni. Ma comunque fallimento: il paese aveva un conflitto triangolare, con monarchici vs. filovietnamiti vs. khmer rossi. 27.10 La Cina dopo Mao. La Cina vide una demaoizzazione portata avanti dal nuovo leader del paese, Deng Xiaoping profonde riforme economiche: differenze salariali, incentivi, efficienza, importazione di tecnologia dall’estero, apertura del mercato all’economia mondiale mutamenti nella struttura sociale e nella mentalità. Elementi di riforma e mantenimento della vecchia struttura burocratica causarono un fenomeno di protesta, portato avanti dagli studenti manifestazioni di piazza, sedate violentemente quando la leadership di Pechino le vide estendersi al resto della Cina. Tristemente nota a tutti la represione di piazza Tienanmen. Così la Cina sopravvisse al ciclone che investì il mondo comunista. Boom economico mai visto. 27.11 Il miracolo giapponese. Miracolo economico: paese piccolo e sovrappopolato, senza risorse, già negli anni ’60 era la terza potenza mondiale. Negli anni ’80 il suo PIL superò quello sovietico. Cause del miracolo: i fattori culturali giapponesi, precedente elevate livello di industrializzazione, stabilità politica eccezionale. Prima grande caduta produttiva fu con la crisi petrolifera: negli anni ’80 però il Giappone cresceva ad un tasso doppio rispetto a quello occidentale. Alcuni scandali legati alla corruzione travolsero il Partito liberal-democratico, detentore del potere per quarant’anni, che nel 1992 perse la maggioranza. Forza economica e debolezza militare dovuta ai trattati post-bellici. Ora la situazione sta cambiando. 28. L’Italia dal miracolo economico alla crisi della prima repubblica. 28.1 Il miracolo economico. Tra ’58 e ’63 si ebbe il “miracolo economico”, durante il quale l’Italia crebbe a ritmi virtuosissimi. Il settore manifatturiero nel ’61 triplicò il suo livello di produzione rispetto a quello prebellico aumento export prodotti italiani (elettrodomestici persino). Solidità lira, stabilità prezzi, diffusione prodotti italiani, successo Olimpiadi di Roma del 1960 ottimismo italiano. Molti fattori hanno favorito il miracolo: la crescita intl, il libero scambio, CEE, le poche tasse, ma soprattutto bassi salati e alti profitti. Manodopera a basso costo perché c’era molta disoccupazione e migrazioni dal Sud al Nord. In questo periodo, di fronte ad un agricoltura ferma a livelli vecchi e che perdeva addetti, l’Italia divenne un Paese industriale. Agricoltura ristagnava, mentre crescevano i consumi in conseguenza del calo della disoccupazione e dell’aumento della capacità contrattuale dei lavoratori salari più alti battuta d’arresto del miracolo tra ’63 e ’64. Sarebbe ripreso nel 1966. 28.2 Le trasformazioni sociali. Notevoli mutamenti, Italia nella civiltà dei consumi. Fenomeno più vistoso: esodo da Sud a Nord e dalle campagne alle città: Torino ad esempio crebbe addirittura del 40% spugne di questa manodopera in arrivo erano i settori commerciale ed edilizio. Pesanti

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costi umani dell’urbanizzazione: disordine urbano e speculazione impiantare i meridionali nelle città del Nord non era procedimento indolore. Proprio in quegli anni si iniziò ad assistere ad una integrazione culturale tra tutti gli italiani e a consumi di massa, supportate dalla diffusione della televisione principalmente, ma anche dell’automobile. 1955: avvento televisione, programmazione Rai, ma boom arrivò con il miracolo attraverso essa passavano la lingua comune (che iniziò a diffondersi) e modelli culturali di massa. Automobile: utilitarie 500 e 600 della Fiat. Diffusione favorita da una politica fiscale che favoriva le basse cilindrate e dal progetto di costruzione di una grande rete autostradale. 28.3 Il centro-sinistra. Necessaria un’apertura a sinistra da parte del governo; non era facile, osteggiata da molti della Dc, dalle destra economica, ma anche dal Vaticano e dagli USA. La svolta ci fu dopo una serie di avvenimenti drammatici: 1960, il democristiano Tambroni si legò ai voti del Movimento sociale, l’unico con cui al momento riusciva ad accordarsi, e instaurò un governo “monocolore” proteste dei laici e della sinistra Dc. Quando Tambroni permise all’Msi di svolgere il suo congresso nazionale a Genova, città antifascista di tradizione, scoppiarono disordini, in tutta Italia, dove l’opinione pubblica di sinistra insorse contro il governo che voleva allearsi con l’estrema destra Tambroni sconfessato. Fu Fanfani, più tardi lo stesso anno, ad aprire la stagione del “centro-sinistra”. Alleanza con i socialisti fu sancita nel 1962, grazie soprattutto all’operato di Aldo Moro, finchè un secondo governo Fanfani non ottenne l’appoggio socialista ai singoli progetti legislativi. Il programma del centro-sinistra era frutto di un compromesso con i socialisti, che volevano la nazionalizzazione dell’industria elettrica e la nominatività dei titoli azionari; ebbero la prima (Enel nacque nel 1962), ma non la seconda, che scomparve in fretta dopo un crollo della borsa e una fuga di K. Era un esperimento di programmazione economica per ridurre disuguaglianze. Fu creata tra l’altro la scuola media unica, mentre l’attuazione delle regioni fu rinviata. La programmazione non riuscì mai sul serio, troppe divergenze tra socialisti e repubblicani, in più mancava una base politica e sindacale sufficientemente ampia. Alle elezioni del 1963 i democristiani e i socialisti persero voti a favore di liberali e comunisti governo “organico”, con ministri anche socialisti insomma, nacque sotto la guida di Moro nel dicembre 1963. Rallentamento economico + forze ostili al centro-sinistra (quadri militari e presidente della Repubblica, Segni) blocco delle riforme. Ma il contrasto all’innovazione era interno alla stessa Dc, in realtà. Mai scelte radicali, anche nell’operato tendenzialmente negoziale di Moro. 1964: scissione socialista e nascita del Psiup; nel Psi, comunque, restavano due linee diverse: una faceva capo a Lombardi (voleva riforme di “struttura”), l’altra a Nenni (voleva unirsi al Psdi, unione che sarebbe durata appena un paio di anni). 1964: morte di Togliatti memoriale di Yalta: indipendenza da Mosca e proseguimento della originale “via italiana al socialismo”; nonostante ampi consensi, il Pci era isolato politicamente, anche quando contribuì all’elezione a presidente della Repubblica di Saragat. Centro-sinistra sarebbe durato per un bel po’. 28.4 Il ’68 e l’autunno caldo. Fine anni ’60: radicalizzazione scontro sociale, iniziato con la contestazione studentesca e l’occupazione di alcune università. Accanto agli elementi classici (es anti-imperialismo), la contestazione studentesca italiana ebbe una forte componente marxista e rivoluzionaria, che quindi sempre di più era ostile alla società borghese e sempre più si collegava per combattere le sue battaglie alla classe operaia. Cambiarono i comportamenti, che si ripercossero sulla famiglia e sui rapporti tra sessi. Tra ’68 e ’70 nacquero numerosi movimenti extraparlamentari di ispirazione operista e maoista in alcuni casi (es. Potere operaio, Lotta continua e Unione dei marxisti-leninisti). 1969: lotte dei lavoratori in vista dei rinnovi contrattuali, culminate nell’autunno caldo; protagonista fu l’operaio massa (immigrato, poco qualificato, a disagio nell’inserirsi), adozione dell’assemblea come momento decisionale Cgil, Cisl e Uil riuscirono a pilotare le lotte e ad ottenere ingenti aumenti salariali (18%). Si avvicinarono una all’altra, dando il via ad una stagione di nuovo peso dei sindacati nella politica italiana: trattative dirette con il governo su molti temi anche non del lavoro, e invasione del campo d’azione dei partiti. La classe dirigente fu incerta nel rispondere ai sommovimenti del ’68-’69, ma furono approvato ugualmente leggi molto importanti: l’istituzione delle regioni e successivamente del divorzio. 28.5 La crisi del centro-sinistra. Crisi del paese nei primi anni ’70, instabilità politica e terrorismo. 12 dicembre 1969: strage di piazza Fontana si seguiva una “pista anarchica”, ma la sinistra vedeva una matrice estremista di destra nell’attentato. Si parlò di “strategia della tensione” portata

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avanti dalla destra per incrinare le basi dello Stato democratico. Estate ’70: Reggio Calabria esasperata per non essere diventata capoluogo insorse, in pratica guidata dall’Msi. Contrasti nella maggioranza: la Dc si appoggiava sulla “maggioranza silenziosa” spaventata dalle agitazioni operaie e voleva spostarsi a destra; i socialisti invece preferivano un graduale coinvolgimento comunista negli affari di governo. Elezioni anticipate, 1972: né governo centrista di Giulio Andreotti (’72-’73), né quelli di centro-sinistra di Rumor (’73-’74) riuscirono a fare scelte di ampio respiro e a superare la negativa congiuntura economica, che si tramutò in catastrofe nel 1973 con la crisi petrolifera. In più, scandali politico-finanziari, di corruzione frattura tra società politica e società civile. Gli italiani traditi sul politico si trasferirono sui diritti civili divorzio venne mantenuto con il referendum abrogativo voluto dai cattolici. Mutamenti della società, donna come uomo equiparazione dei coniugi nel diritto di famiglia (1975). 1978: dopo aspro dibattito, aborto. Forze del cambiamento parvero in crescita il Pci di Enrico Berlinguer volle un compromesso storico, alleanza duratura con socialisti e cattolici per allargare base sociale e facilitare il riformismo. Quindi stabilì contatti con i comunisti spagnoli e francesi eurocomunismo, diverso da quello sovietico. Carattere rassicurante del Pci successi elettorali a livello regionale e locale, molte giunte comuniste dissensi tra Dc e Psi. Ritiro socialista portò a elezioni anticipate nel 1976: crescita del Pci fino al 34,4%, rimonta Dc e sconfitta Psi ascesa autonomista Craxi. 28.6 Il terrorismo e la solidarietà nazionale. Unica soluzione? Coinvolgimento Pci nella maggioranza governo Andreotti delle astensioni dei partiti in Parlamento era la risposta governativa alla crisi economica e all’emergenza terroristica, tanto di destra quanto di sinistra. Terrorismo nero: attentati dinamitardi indiscriminati, per creare il panico e favorire una svolta autoritaria piazza della Loggia a Brescia nel 1974 e attentato alla stazione di Bologna nel 1980. Il potere politico fu incapace di indirizzare correttamente le indagini e scoprire come fermare il terrorismo nero. Stato debole, terrore di un colpo di Stato, terrorismo di destra e corruzione politica

terrorismo rosso, di sinistra. Lotta armata e clandestinità erano considerate eccezionali scelte di vita mobilitazione operaia contro il capitalismo. Dopo qualche attentato incendiario, le Brigate rosse iniziarono con i rapimenti e gli assassinii programmati. Sopraggiunse anche la crisi economica nel 1975, con inflazione altissima e la piaga della disoccupazione giovanile ondata di protesta, anche armata, nel 1977, da parte degli studenti. Nessun esito impennata del terrorismo rosso. Centinaia di attentati tra 1978 e 1980. 1978: più ambizioso progetto delle Brigate rosse sequestro di Aldo Moro, presidente della Dc. 55 giorni di prigionia, quindi l’assassinio. Cadavere ritrovato in una via del centro romano. Fu l’apogeo ma insieme l’inizio del declino del terrorismo rosso, che già nel 1980 incassò le prime sconfitte. Il governo di solidarietà nazionale, ideato da Moro, iniziò la politica dell’austerità per migliorare le condizioni economiche del Paese: qualche miglioramento ci fu, ma mancarono le riforme. L’equo canone (per calmierare gli affitti) e la riforma sanitaria furono dei fallimenti. La solidarietà nazionale fu una amara delusione, anche con l’ingresso del Pci al governo: non riuscì in molto, e continuò ad essere sconvolta da scandali, che arrivarono a toccare persino il Quirinale dimissioni di Leone nel giugno 1978 ed elezione di Sandro Pertini, socialista. Psi insofferenti dei vincoli e puntato verso i partiti del centro, mentre con l’uscita del Pci dalla coalizione la solidarietà nazionale finì miseramente. 28.7 Politica, economia e società negli anni ’80. Elezioni del 1979 e anticipate del 1983: il Pci perse terreno, il Psi raccolse risultati deludenti (non sarebbe stato il perno della politica italiana) e la Dc subì una netta sconfitta. Unica strada praticabile? Coalizione di centro-sinistra pentapartito (Dc, Psi, Pri, Psdi, Partito liberale), ma la novità fu che la guida del governo andò nell’’81-’81 al segretario repubblicano Giovanni Spadolini, dall’’83 al socialista Bettino Craxi Italia più presente a livello intl e nuovo concordato con la Chiesa, nel 1984. Ciriaco De Mita cercò di rinnovare internamente la Dc, ridandole credibilità. In generale, tutti i partiti maggiori erano in crisi, anche il Pci che dopo il sorpasso della Dc alle elezioni europee del 1984 tornò sotto il 30% l’anno successivo. I sindacati furono sconfitti nella vertenza contro la Fiat, che riuscì a portare avanti la sua razionalizzazione produttiva ruolo politico dei sindacati ridimensionato. Craxi tagliò alcuni punti della scala mobile, nell’ambito della sua lotta all’inflazione scontri sul costo del lavoro. Problema della spesa pubblica si inserì nel generale clima di sfiducia e abbandono del Welfare State, e la denuncia dell’assistenzialismo statale. A partire dal 1984 l’economia italiana diede segni di ripresa anche grazie al rinnovamento tecnologico di alcuni settori industriali, che comunque ebbe ripercussioni sulla collettività (disoccupazione – cassa integrazione guadagni). Il sistema economico italiano era estremamente vitale, a causa soprattutto della crescita

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dell’economia sommersa, quella miriade di piccole imprese con bassi costi e alta adattabilità e produttività. Terziario in espansione, clima generale di ottimismo e risveglio, subito rallentato da nuovi scandali politici, come quello della Loggia P2 (branca segreta della massoneria che puntava ad una ristrutturazione autoritaria dello Stato e con molti legami con politici di quegli anni). La malavita organizzata prosperava, e la mafia arrivò persino a perpetrare attentati terroristici inizialmente attribuiti alla destra estrema (treno Firenze-Bologna, 1984). La lotta contro il terrorismo rosso invece fece notevoli passi avanti, quando i cosiddetti pentiti decisero di denunciare i compagni e collaborare con lo Stato dal 1981 in avanti gli attentati cominciarono a diminuire e i gruppi clandestini cessarono di esistere. 28.8 Le difficoltà del sistema politico. Le disfunzioni del sistema italiano richiedevano una riforma istituzionale. Luglio 1985: Francesco Cossiga presidente. Difficoltà del pentapartito (in realtà contrasti Psi-Dc) portarono al crollo del lungo governo Craxi e alle elezioni anticipate del 1987 Psi e Dc crebbero, Pci scese, ma la cosa importante è che apparvero nuovi gruppi, i Verdi e Leghe regionali (antimeridionalisti xenofobi). Si riuscì a costituire una maggioranza a fatica governi Goria e De Mita, non fecero assolutamente nulla degno di noto, non risanarono le finanze e non riformarono le istituzioni nuovo segretario Dc, Forlani, e non più De Mita, che nel maggio 1989 fu anche costretto a lasciare il governo. Crisi risolta in luglio con la ricostituzione del pentapartito e un governo Andreotti, che tuttavia dovette affrontare una crisi di maggioranza, che vide l’uscita dei repubblicani dalla coalizione (1991). I limiti strutturali del sistema politico italiano iniziarono a venire a galla, ma furono elementi esterni al sistema a causare la crisi della prima repubblica. 29. La società post-industriale. 29.1 I limiti dello sviluppo. Gli shock petroliferi dei primi anni ’70 fecero scattare nei Paesi industrializzati degli interrogativi sui limiti dello sviluppo economico e sulla distruzione delle risorse da esso operata. Iniziò il dibattito ecologico e la ricerca di fonti alternative (il nucleare sarebbe notevole, ma non è accettato perché considerato pericoloso, specie dopo Chernobyl, 1986). Si diffusero i movimenti ambientalisti (o verdi), si arrivò anche al risparmio energetico. Ma naturalmente una volta tornato ad abbassarsi il prezzo del greggio, la crisi si è ridimensionata. Tuttavia si è iniziato a parlare di sviluppo sostenibile. 29.2 La rivoluzione elettronica. Ultimi anni del secolo sono stati interessati da notevoli trasformazioni nell’economia, in particolare nell’ambito delle scienze elettroniche (grande impulso ebbero la robotica, la cibernetica, la telematica e ovviamente l’informatica). I computer furono la parte più rivoluzionaria di questa nuova espansione tecnologica: macchine in grado di riprodurre i meccanismo di funzionamento del cervello umano e di compiere altre azioni mai viste prima (evoluzione affascinante: dal relais alla valvola al transistor + circuito integrato). Gli effetti sono stati rilevanti anche sui consumi e sulla quotidianità della gente: Internet. 29.3 Società post-industriale e globalizzazione. Tali sviluppi tecnologici hanno dato un impulso al passaggio alla società “post-industriale”, caratterizzata dalla prevalenza del settore terziario sugli altri (non solo settore dei servizi, ma anche impieghi precari e sottopagati, i macjobs), dalla fine della centralità della fabbrica (si è parlato di postfordismo, per indicare i mutati metodi produttivi, ma anche il ritorno alla differenziazione dei consumi), dal ruolo crescente dell’informazione. Nuovi tipi di contrasti sociali, ad esempio quelli generazionali. Le comunicazioni in tempo reale e l’uso diffuso dell’inglese hanno spinto verso l’integrazione economica e finanziaria a livello planetario globalizzazione. Ad essa una grande accelerazione l’ha data l’ingresso della Cina nel Wto nel 2001. Decentramento produttivo forme di sfruttamento. Occhio alla globalizzazione. 29.4 La geografia della povertà. Sebbene molti paesi del Terzo Mondo abbiano vissuto e stiano vivendo una crescita notevole e importanti mutamenti (NIEs o i produttori di petrolio), il gap tra paesi ricchi e poveri si continua ad allargare. La situazione peggiore e apparentamente senza speranza è quella dell’Africa, dove in alcuni paesi si sono consumate delle vere e proprie tragedie della fame, e in alcuni ci si è messo anche l’Aids. Urbanizzazione indiscriminata, esplosione demografica, fallimento dell’industrializzazione, crisi agricola sono elementi comuni, ai quali si aggiunge il problema del debito estero, che non fa che peggiorare ulteriormente la situazione di

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queste Nazioni. Alla fine degli anni Novanta si sono iniziati a diffondere dei movimenti di opposizione alla globalizzazione, i “no global”, nati come “popolo di Seattle”. 29.5 Le tendenze demografiche. A fine secolo, la popolazione del mondo ha continuato a crescere, ma si può vedere un certo rallentamento della crescita, anche nelle zone povere. In certi casi il rallentamento è dovuto a certe politiche demografiche (Cina e India), ma più spesso la causa va cercata nei fattori spontanei, come l’elevato livello di benessere. Europa occidentale abbiamo il problema pressante della “crescita zero”, che aumentando il numero degli anziani crea problemi enormi al sistema pensionistico e al Welfare. 29.6 Le migrazioni e la società multietnica. I divari economici tra Nord e Sud del mondo e la facilità delle comunicazioni e dei trasporti flussi migratori verso le zone ricche in aumento. Se da un lato questo sta provocando il formarsi di società multietniche, composta di tante culture che convivono, dall’altra ad atteggiamenti di chiusura verso il “diverso”, di difesa delle tradizioni locali e nazionali. In crisi oggi è la concezione ottocentesca di Stato nazionale, come entità sovrana e compatta al suo interno. 29.7 Religione e società contemporanea. La società è cambiata, ma le confessioni religiose sono ancora presenti e anzi hanno un ruolo fortissimo, specialmente cristianesimo e Islam. Con il pontificato di Giovanni Paolo II la Chiesa cattolica si è rilanciata mondialmente (attivismo e viaggi di Wojtyla). In Islam, e in altre religioni, invece, si sono fatte largo minoranze integraliste, o fondamentaliste. I più pessimisti prevedono un vero “scontro tra civiltà”. 29.8 Medicina e bioetica. I progressi della medicina ci sono stati (diagnostica, ad esempio, ma anche ingegneria genetica), in compenso però sono nate nuove malattie Aids. I passi avanti della medicina e della genetica hanno aperto nuovi problemi nei rapporti tra scienza ed etica. Episodi come la “mucca pazza” o addirittura la pecora Dolly nel 1997 danno da pensare. I limiti degli interventi sulla natura e sulla vita sono gli oggetti di riflessione della bioetica. 30. Il mondo contemporaneo. 30.1 Nuovi equilibri e nuovi conflitti. 1989-1991: equilibri mondiali sconvolti. La caduta dell’Unione sovietica lasciò un vuoto enorme, e nel nuovo assetto internazionale si inserì una ripresa dei movimenti nazionalisti. Si apriva la possibilità di una miriade di conflitti locali, ma non solo; nuove enormi contrapposizioni, come: Nord ricco vs. Sud povero; Occidente vs. Islam. USA non vogliono o possono far carico di tutto il mondo numerosi interventi ONU. 30.2 La fine dell’Unione Sovietica. Evento centrale di questa fase fu senza dubbio la crisi e poi il crollo dell’URSS, più grande compagine multietnica della storia. La progressiva disgregazione partita con le riforme di Gorbačëv accelerò in concomitanza con la crisi economica del 1990-91 e dopo un colpo di stato fallito nel 1991, ad opera di alcuni rappresentanti del vecchio regime. Il presidente sovietico venne sequestrato, ma la resistenza popolare guidata da Eltsin fece fallire il golpe e lo liberò Eltsin si propose quindi come vero detentore del potere, mentre le repubbliche proclamavano una dopo l’altra la loro indipendenza da Mosca (Georgia, Moldavia, persino Ucraina). 21 dic 1991: ad Alma Alta i rappresentanti di 11 repubbliche diedero vita alla CSI, Comunità degli Stati indipendenti, preferita alla proposta di Gorbačëv per mantenere URSS, che invece cessava di esistere. A Natale Gorbačëv diede le dimissioni. 30.3 La nuova Russia. La Federazione russa, sotto la guida di Eltsin, cercò di conservare il ruolo egemone che era stato dell’URSS, appoggiata dalla comunità internazionale. Problema degli armamenti atomici. CSI non riusciva a controllare situazioni troppo complesse di lotte interetniche e inter-religiose. La grave crisi economica e l’instabilità politica rischiarono di gettare la Russia nella guerra civile: inflazione alle stelle e tentativo di Eltsin di far passare in fretta la Russia all’economia di mercato. Ma era una transizione difficilissima, che richiedeva parecchio tempo. Lo scontro tra Eltsin e il Parlamento era inevitabile, c’era conflitto sull’attribuzione dei poteri: scontro aperto nel 1993 vinto da Eltsin che espugnò la Duma e fece varare una costituzione fortemente presidenziale. Dicembre 1994: per non lasciar posto ai nazionalisti, Eltsin attaccò la Cecenia, ma l’intervento si trasformò in un lungo e logorante conflitto con i separatisti che dimostrò quanto inefficiente fosse la macchina militare russa. Nonostante l’avanzata neocomunista, Eltsin riuscì a farsi confermare alle elezioni del 1996. Nell’agosto fu raggiunto un accordo con i ceceni. Instabilità politica e crisi economica terribile (malavita e niente al popolo, capitalismo speculativo) attanagliavano la Russia, che nel 1999 riprese la guerra contro la Cecenia. Nuovo governo

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presieduto da uno sconosciuto, Vladimir Putin, che con le elezioni del 2000 divenne presidente parziale stabilizzazione. La sua politica estera vide da un lato un fermo tentativo di egemonia sulle ex repubbliche sovietiche, dall’altro un riavvicinamento all’Occidente e alla Nato, anche riguardo il comune problema del terrorismo. Terrorismo ceceno: teatro a Mosca (2002) e strage di Beslan (2004). 30.4 L’Europa orientale e la crisi jugoslava. Negli anni ’90 l’Europa ex comunista attraversò momenti difficili dal punto di vista economico e politico: passaggio all’economia di mercato non era facile per nessuno. Quasi ovunque vi fu un ritorno dei comunisti al potere, anche se i programmi e i nomi erano cambiati. La Cecoslovacchia nel 1992 si divise in due repubbliche: quella ceca (Boemia e Moravia, con governo liberale) e quella slovacca (con governo ex comunista). La Jugoslavia si divise in diversi Stati (Federazione jugoslava, comprendente Serbia e Montenegro, Croazia, Slovenia, Bosnia e Macedonia) e, dal 1991, fu teatro di una spietata guerra tra le nazionalità: particolarmente violento fu il conflitto etnico in Bosnia, portati avanti dai serbi, che prostrò terribilmente la popolazione civile (soprattutto quella di Sarajevo). Il conflitto si concluse solo nel 1995, dopo l’intervento militare della Nato accordi di Dayton. 1998: scoppio della crisi del Kosovo, Uck vs. serbi altro intervento Nato, finchè Milošević non cedette e si ritirò dalla regione nel 1999. Avrebbe retto ancora un annetto, quando le elezioni decretarono la vittoria di Kostunica. Slobo tentò di contestare, ma una rivoluzione pacifica a Belgrado lo depose. 30.5 Guerra e pace in Medio Oriente. L’invasione del Kuwait da parte di Saddam provocò l’attacco all’Iraq della coalizione internazionale che agì sotto l’egida dell’ONU e la guida USA. La sconfitta dell’Iraq rilanciò il processo di pace in Medio Oriente, che portò nel 1993 ad un primo accordo tra Israele e l’Olp (siglato a Washington tra Rabin, leader laburista supportato da Shimon Peres, e Arafat, sotto gli auspici di Clinton). 1995: assassinio di Rabin acutizzarsi della crisi, avanzata dei nazionalisti e successiva vittoria diel Likud di Benjamin Netanyahu. Inoltre aumentavano in continuazione attentati suicidid da parte palestinese (Hamas). Altro accordo, il processo di pace continuò anche con Barak, laburista salito al potere nel 1999. Per un pelo Clinton non riuscì a portare a compimento il processo di pace in MO, e la passeggiata di Ariel Sharon sulla spianata delle Moschee di Gerusalemme infiammò gli animi palestinesi seconda intifada attentati sempre più numerosi e cruenti causarono terrore tra gli israeliani, che reagirono eleggendo nel 2001 il leader della destra, Sharon appunto. Sarà arteficie del deprecato muro, ma anche del ritiro unilaterale. Arafat muore nel 2004. Ora in Israele c’è Olmert. 30.6 Gli Stati Uniti e i problemi dell’egemonia mondiale. America a disagio per il nuovo ruolo egemone e in crisi economica sconfitta di George Bush nel 1992, nonostante i suoi successi in politica intl. Elezione di Bill Clinton, che dopo le incertezze iniziali (politica estera “progressista” con scarsissimi risultati) accumulò popolarità anche grazie all’economia in fortissima ripresa, rivincendo le elezioni nel 1996. Gli scandali del suo secondo mandato (Lewinsky) in realtà non compromisero la sua popolarità interna. Elezioni 2000: vittoria di Bush jr. probabilmente finta. Tendenzialmente in politica estera egli avrebbe preferito concentrarsi su difesa in un’ottica isolazionista, ma gli accadimenti dell’11 settembre non glielo impedirono (sì, vabbeh!!). 30.7 Verso l’unità europea. La storia dell’Europa occidentale negli anni ’90 fu in gran parte dominata dalla scelta di accelerare il processo di unificazione. Il trattato di Maasticht del 1992, che dava vita all’Unione europea, propose il traguardo della moneta unica per il 2001 e stabilì una serie di condizioni economiche per accedervi (parametri). Il cammino verso l’Unione monetaria, inaugurata nel 1998, condizionò anche le vicende politiche dei singoli Stati: a un’iniziale prevalenza della forze moderate (Kohl, Jacques Chirac e Josè Marìa Aznar, nel 1996) fecero seguito i successi della sinistra in Italia, Inghilterra, Francia e Germania (Tony Blair, Jospin nel 1997e Gerhard Schröder nel 1998). Realtà mossa e variegata, perché nel 2001 in Italia vinse Berlusconi, mentre ad esempio in Spagna nel 2004 tornarono i socialisti, con Zapatero. I problemi degli stati europei sono comunque ormai comuni (Welfare, economia, immigrazione… allargamento). Costituzione ferma per Francia e Olanda. Difficile cammino quello dell’Unione Europea. 30.8 L’America Latina: stabilizzazione e crisi. Intergrazione anche fuori dall’Europa NAFTA e Mercosur, ad esempio. Essa era però frenata in AmLat dall’instabilità economica, che si cercò in molti casi di superare: Argentina di Menem, Brasile di Cardoso, Messico (che vide uno sviluppo notevole accanto alle tensioni sociali legate agli zapatisti del Chiapas). Ma le difficoltà finanziarie per i paesi sudamericani rimasero: in Brasile la crisi fu attutita bene, e divenne presidente Inàcio

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Lula de Silva, mentre l’Argentina di Fernando de La Rua entrò in una spaventosa bancarotta. Fine 2001: governo dichiarò insolvenza proteste, de La Rua a casa elezioni 2003, Nestor Kirchner presidente. 1999: il populista Hugo Chavez vinse in Venezuela, mentre in Perù furono i progressisti di Toledo a prendere il potere. Messico, 2000: fine dell’egemonia del Partito rivoluzionario istituzionale, durata settant’anni Vicente Fox. 30.9 Il dramma dell’Africa. I problemi della povertà e del sottosviluppo ebbero manifestazioni drammatiche soprattutto in Africa, dove reano aggravati da una serie di guerre civili (Angola, Etiopia, Somalia, Liberia, ma soprattutto Ruanda – hutu/tutsi - e Congo – dopo Mobutu, Kabila), dietro le quali naturalmente ci sono interessi altri, ben diversi. In Sudafrica il PM de Klerk (1980) aprì negoziati con Nelson Mandela, leader dell’African National Congress fine del regime dell’apartheid. Neri pacificamente al potere; problemi non risolti, ma Sudafrica è democratico e stabile ora. 30.10 Il ruolo dell’Asia. Quasi tutti i Paesi asiatici a fine ‘900 registrarono una crescita economica notevole, in particolare quelli del Sudest asiatico (Malaysia, Singapore, Hong Kong…), che seguirono il modello del Giappone, che eppure in quel periodo smise di crescere ed entrò in recessione, a causa dei problemi che colpirono il trainante sistema bancario. Anche politicamente iniziò a venire meno la stabilità, che invece sta tentando di garantire dal 2001 Junichiro Koizumi, dell’ala progressita e modernizzatrice. Cina crebbe a ritmi spaventosi ed ebbe un grande sviluppo, pur nella permanenza del monopolio politico dei comunisti (dal 1997 due presidenti, Jiang Zemin e Hu Jintao) annessione nel 1997 di Hong Kong e nel 1999 di Macao. L’Occidente continua a chiudere un occhio su quanto fa la Cina (es. repressione in Tibet), non tanto per interesse economico, quanto per paura che una repentina democratizzazione possa distruggere il sistema economico cinese, così com’era successo a quello sovietico. In tutti i paesi del continente, comunque, con l’eccezione dell’India, la democrazia stenta ad affermarsi (Myanmar, Pakistan, Indonesia e Filippine). Il modello asiatico è stato messo in discussione dalla crisi del 1997-98, salvata dagli organi economici intl. 30.11 L’integralismo islamico. Le correnti integraliste si diffusero in tutto il mondo islamico e trovarono una base in Afghanistan sotto il regime dei talebani, i guerriglieri che sostenuti dall’America aveva vinto l’occupazione sovietica del Paese. Sono stati toccati dal fenomeno integralista anche paesi di tradizione laica, come la Turchia (vittoria nel 1995 del Refah, e nel 2002 di “Giustizia e Sviluppo” di Erdogan) e Algeria (Fronte Islamico di Salvezza vinse le elezioni, ma fu contestato dai governanti nel 1992 rivolte che nemmeno l’iniziativa del presidente Bouteflika riuscirono a sedare massacri. 30.12 Terrorismo e crisi internazionale. 9/11: clamorosa attentato l’intero Occidente ne fu sconvolto. La reazione degli Stati Uniti e dei loro alleati si indirizzò contro l’Afghanistan, che ospitava il presunto capo della rete terroristica di al-Qaeda, Osama bin Laden: l’oppressivo regime dei talebani fu spazzato via dai bombardamenti americani e dall’offensiva delle forze d’opposizione (l’Alleanza del Nord) nuovo governo fu instaurato a Kabul alla fine del 2001, con a capo Hamid Karzai. 30.13 La guerra all’Iraq. Dopo i talebani, gli Stati Uniti rivolsero la loro attenzione all’Iraq di Saddam Hussein, accusato di nascondere armi di distruzione di massa. Dopo un infruttuoso negoziato tra ONU e Iraq, USA e UK cominciarono a preparare un’operazione militare. Su questa decisione la comunità internazionale si divise: USA, UK e Spagna determinati all’uso della forza da una parte; Francia, Germania, Russia, Cina e Stati arabi, favorevoli ad una soluzione diplomatica dall’altra. Il 20 marzo 2003 i primi missili statunitensi colpirono Baghdad. Nei giorni successivi le truppe anglo-americane iniziarono ad avanzare in Iraq. La resistenza dell’esercito iracheno fu debole: Saddam Hussein fuggì e il regime si sfaldò all’istante, ma la pacificazione del paese continua ad essere lenta e difficile. Continua a colpire il terrorismo internazionale, intanto: Madrid, 11 marzo 2004; Londra, 7 luglio 2005. 31. La seconda repubblica in Italia. 31.1 La crisi del sistema politico. Il periodo dal 1992-94 in avanti prende il nome di seconda repubblica; i mutamenti internazionali si ripercossero anche sull’Italia, dove era presente un disagio latente, tanto nella gente quanto nelle istituzioni. Un problema era sicuramente l’immigrazione clandestina, cui la classe dirigente non seppe rispondere adeguatamente. La

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crescita produttiva si interruppe nel 1990: deficit e inflazione alle stelle, calo nella competitività Stato si indebitava emettendo titoli. Altro problema era la violenta offensiva della criminalità organizzata in quegli anni, specie al Sud, dove la mafia deteneva un vero e proprio controllo sul territorio. Mutamenti URSS Achille Occhetto trasformò il Pci in Pds, Partito democratico della sinistra, nel 1991. Esso vide anzitutto il distacco dell’ala più legata al vecchio Pci, Rifondazione comunista, e non riuscì a raccogliere attorno a sé la sinistra italiana. Sul versante opposto, una accesa polemica “nordista” generò la Lega lombarda. Questi movimenti esasperavano la frammentazione parlamentare. Anche per questo molti parlarono di una riforma elettorale che desse più stabilità all’esecutivo, ma non si trovò un accordo. Il dibattito restò acceso, però, anche in risposta allo schiacciante successo di un referendum abrogativo, voluto da Mario Segni, che dimostrò la portata della protesta contro il sistema. Lo stesso capo dello Stato, Cossiga, iniziò a fare polemiche accese con singole forze politiche, ma anche con altri organi dello Stato. Dichiarò di voler contribuire a cambiare il sistema. Le elezioni del 5-6 aprile 1992 videro la sconfitta di Dc, Pds, Psi e le vere vincitrici in quelle forze nuove, di fatto antisistema, come la Lega Nord, di Bossi, i Verdi e la Rete. Un Parlamento frazionatissimo si trovò dunque a dover governare in un Paese che voleva cambiamento si trovò un accordo sul presidente della Repubblica nella persona di Oscar Luigi Scalfaro, uomo di alta levatura morale che rappresentasse il positivo di una classe politica screditata dall’avvento di “Tangentopoli”. Scandalo di finanziamenti illegali ai partiti e autofinanziamenti, tangenti e corruzione fenomeno non nuovo, che dimostrava l’immobilismo dei partiti. Come se non bastasse si aggiunse anche la recrudescenza dell’offensiva mafiosa contro lo Stato: 23 maggio 1992, attentato e uccisione di Giovanni Falcone, e il 19 luglio di Paolo Borsellino, due magistrati in prima fila nella lotta contro la mafia, che avrebbero guidato (prima uno poi l’altro) una superprocura antimafia di recente istituzione. Il nuovo governo avrebbe avuto il suo da fare in un’Italia così a pezzi caduta la candidatura di Craxi, coinvolto negli scandali, il presidente scelse un altro socialista, Giuliano Amato. Lira in crisi. Il governo tagliò le spese e alzò le tasse. 31.2 Una difficile transizione. Il Parlamento non riusciva a risolvere il problema delle riforme istituzionali: numerose pressioni giungevano perché si modificasse la legge elettorale in senso maggioritario, sistema che limita da sempre l’ingerenza partitica. Disaccordo referendum abrogativo del 18 aprile 1993 sistema uninominale maggioritario al Senato, insieme ad altri sette referendum sconfitta dei partiti, che persero quel giorno anche il finanziamento pubblico. Del resto molti leader e membri di partiti, soprattutto maggioritari, erano in quel periodo stati raggiunti da avvisi di garanzia (da La Malfa a Craxi, da Altissimo a Forlani e Andreotti); non c’era più fiducia. Dopo il referendum Amato si dimise il governatore della Banca d’Italia, Carlo Azeglio Ciampi, venne chiamato a formare un governo. Ci riuscì dopo alcune difficoltà iniziali. Conferma dei nuovi equilibri politici nelle elezioni comunali del giugno 1993, le prime ad elezione diretta del sindaco avanzata leghista al Nord (sindaco a Milano), del Pds al Centro e al Sud. Primi di agosto: approvazione delle leggi elettorali per la Camera e il Senato maggioritario uninominale + 25% di seggi attribuiti con il proporzionale. Ciampi non aveva una maggioranza forte le iniziative governative trovarono le opposizioni di alcuni gruppi sociali, proprio quando riprendevano a colpire gravissimi atti di terrorismo. 31.3 L’avvio del bipolarismo. Dall’estate ’93 molte forze politiche volevano elezioni, altre non le volevano, perché in fase di trasformazione ed epurazione dopo la scandalo Tangentopoli. Opinione pubblica voleva comunque andare alle urne. Molti dei partiti di maggioranza cercarono di rinovarsi: Psi con scarsi risultati, la Dc tornò al vecchio nome di Partito popolare italiano (gennaio 1994), dal quale si staccò l’ala più di destra, fondando il Ccd, Centro cristiano democratico. L’Msi si trasformò ad opera di Gianfranco Fini in Alleanza nazionale (gennaio 1995). Maggiore novità: ingresso in politica dell’imprenditore televisivo Silvio Berlusconi. Si poneva come arginatore delle sinistre e come leader in grado di tenere legato il centro-destra. Era molto popolare. Fondò un suo movimento, Forza Italia, e si alleò con la Lega e con Alleanza nazionale. All’opposizione, nel cartello dei Progressisti, si coagulavano tutte le forze di sinistra. Nelle elezioni del marzo 1994 il Polo delle libertà di Berlusconi vinceva e otteneva maggioranza alla Camera, ma non al Senato. La Lega prese più del Berlusca però. Questi vinse grazie alle sue televisioni, ma anche per la sua capacità comunicativa. Quelle elezioni sembrarono suggerire l’instaurazione di un sistema di alternarnanza, detto bipolarismo. Senza contare il discorso sul conflitto di interessi, il governo Berlusconi si trovò davanti una situazione molto complessa e una maggioranza estremamente

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instabile dicembre 1994, dimissioni di Berlusconi governo Dini, di tecnici, per superare il momento difficile (in realtà resto oltre un anno, portando a compimento, tra l’altro, la riforma pensionistica). Già a febbraio 1995 attorno a Romano Prodi si stava raccogliendo una formazione piuttosto ampia di centro-sinistra, l’Ulivo. Antagonista di Silvio. Le elezioni regionali sembrarono favorire la sinistra, referendum sulle reti televisive possedibili da un privato favorì Silvio. Si tentò di temporeggiare prima di arrivare alle elezioni per rafforzare le coalizioni (Lega aveva abbandonato la destra per Dini, era sempre più antisistema). Inizio 1996, fine governo Dini. 21 aprile 1996: elezioni vinte dall’Ulivo, che aveva l’appoggio di Rifondazione comunista in cambio di sostegno in alcuni collegi, la Lega aveva corso da sola. Pds di D’Alema > Forza Italia. Il successo leghista radicalizzò gli atteggiamenti di Bossi. Governo Prodi, grossi problemi di stabilità e da risolvere nella guida del Paese. 31.4 L’Italia nell’Unione europea. Maggio 1998, Italia riuscì ad entrare nell’Unione monetaria europea, avendo portato il deficit/PIL sotto il 3%. Le revisione del “Welfare State”, con il problema della previdenza e dele pensioni, non riuscì ad andare in porto, perché incontrò troppe resistenze di quanti sostenevano questo o quel gruppo, e non volevano scontentarlo. Problemi della giustizia: inchieste di Tangentopoli era tutt’altro che finite. Contrasti tra magistratura e politici, tra l’altra con il coinvolgimento di Silvio in alcune inchieste. Commissione bicamerale, ideata da D’Alema e Berlusconi, per delineare un progetto di riforme istituzionali. Nel corso del 1997 essa definì una serie di modifiche costituzionali volte ad instaurare un sistema semi-presidenziale con elementi di federalismo tutto bloccato per le tensioni tra destra e sinistra. Quello italiano è un bipolarismo imperfetto; all’inizio del 1998 restavano aperti i problemi legati all’importanza delle forze politiche interne ai due cartelli, estremamente compositi, in un momento in cui le spinte verso la creazione di una forza di centro erano notevoli. Ottobre 1998: Rifondazione negò la fiducia a Prodi che si dovette dimettere governo di Massimo D’Alema, sostenuto dall’Ulivo e da un’ala intransigente di Rifondazione, il Partito dei comunisti italiani di Cossutta. Pds Ds. Le difficoltà del centro-sinistra stavano, si sa, nella frammentazione interna che bloccava ogni procedimento politico. I referendum sull’abolizione della quota proporzionale nelle elezioni della Camera non raggiunsero il quorum, né nel 1999 né nel 2000. I successi elettorali del centro-destra, a livello europeo e a livello comunale (con l’elezione di Guazzaloca del polo a sindaco di Bologna!!!) indebolirono ulteriormente il centro-sinistra. Il consenso tra i due schieramenti non portò alle sperate riforme, ma si manifestò nell’elezione di Ciampi a presidente della Repubblica (maggio 1999) e nel sostegno alla missione in Kosovo. Vocazione europea dell’Italia era chiara. Sotto il peso della sconfitta delle regionali del 2000 dimissioni di D’Alema e avvento di Amato. Principale realizzazione fu senza dubbio la riforma federalista del 2001, che dava autonomia maggiore agli enti locali. Italia spinta verso UE, ma i suoi problemi interni di esecutivo debole e governi instabili rimanevano. 31.5 La società italiana alle soglie del nuovo secolo. Le trasformazioni in atto nel nostro Paese si possono studiare attraverso i comportamenti demografici: spiccata denatalità e invecchiamento della popolazione. Siamo tra i più vecchi del mondo. Famiglia subisce trasformazioni, con un numero sempre più alto di singles. L’omologazione dei costumi non riesce a nascondere differenze sociali notevoli, basate soprattutto sulla disuguaglianza dei redditi (conflittualità sociale: i ceti medi tutelano i loro privilegi) e dei livelli culturali (inefficienza sistema formativo). L’Italia soffre di un deficit di etica pubblica (disprezzo delle regole). 31.6 Il centro-destra al governo. Berlusconi vs. Rutelli Silvio riuscì a personalizzare le campagna elettorale, facendo delle elezioni una sorta di referendum sulla sua persona. Casa delle libertà + AN + minori + Lega vs. Ulivo + Margherita + Comunisti italiani + minori. Rifondazione fuori. 13 maggio 2001: vittoria del centro-destra. Berlusconi ebbe gran successo al Sud; si presentò come colui che avrebbe risollevato le sorti dell’Italia, che era stata sfasciata dalla sinistra. Dalle elezioni usciva un premier, che veniva investito solo formalmente dal capo dello Stato. Subito grosse difficoltà con il G8 di Genova. Conflitto di interessi e leggi ad personam. 9/11 appoggio italiano in Afghanistan, e in Iraq nel 2003. Marco Biagi ucciso dalle Brigate rosse nel marzo 2003. “Girotondi” e immunità delle alte cariche dello Stato. Problemi economici, difficoltà nel portare avanti quanto promesso. Ma tanto oggi se ne è andato a casa, e questo è l’importante!!!!