VI Congresso ARTOI 8 - Associazione Ricerca Terapie ... · Un particolare ringraziamento alla ......

300

Transcript of VI Congresso ARTOI 8 - Associazione Ricerca Terapie ... · Un particolare ringraziamento alla ......

Comitato Scientifico: Massimo Bonucci, Giuseppe Di Franco Mastrodonato, Stefania Meschini, Agnese Molinari, Giampietro Ravagnan Responsabile Segreteria Scientifica:Massimo Fioranelli Responsabile Segreteria Organizzativa:Federica Mosti

VI Congresso ARTOIOncologia Integrata e Nutrizione

“Il futuro nella Integrazione e nella Tradizione”

Università G. Marconi – Via V. Colonna, 11

Roma, 7-8 Novembre 2014

ABSTRACT BOOK

Massimo Bonucci, Giuseppe Di Fede, Massimo Fioranelli, Diana Giannarelli,Franco Mastrodonato, Stefania Meschini, Agnese Molinari, Giampietro Ravagnan

Responsabile Segreteria Scientifica:

Responsabile Segreteria Organizzativa:

VI Congresso ARTOI Oncologia Integrata e Nutrizione

Integrazione e nella Tradizione”

Via V. Colonna, 11

8 Novembre 2014

ABSTRACT BOOK

i, Diana Giannarelli, Franco Mastrodonato, Stefania Meschini, Agnese Molinari, Giampietro Ravagnan

Un particolare ringraziamento alla Prof.ssa Alessandra Briganti, Magnifico

Rettore dell’Università degli Studi Guglielmo Marconi di Roma, sede dell’evento.

Si ringraziano per il loro contributo incondizionato le Aziende partners:

� Alderman Pharma srl –Trofarello (To) www.nutrigea.com

� Andromedic srl - Velletri (Rm)

www.andromedicitalia.it

� Bio Farmex srl - Salerno (Sa) www.biofarmex.it

� Biogroup srl - Bagnoli del Trigno (Is) www.biogroup.it

� Deakos srl – La Spezia (Sp) www.deakos.com

� Eye Tech srl - Genova (Ge)

www.eyetech.ge.it

� Farmacia Arrigoni – Dott. A. Broccoli – Rimini (Rn) www.farmaciaarrigonirimini.it

� Farmacia Madre del Buon Consiglio - Dott. M. Romiti – Roma (Rm) www.farmaciaromiti.com

� Freeland srl – Bussolengo (Vr)

www.freelandtime.com

� Gheos srl – Grassobbio (Bg) www.gheos.it

� Ghimas srl - Casalecchio di Reno (Bo)

www.ghimas.it

i

� Guna srl – Milano (Mi) www.guna.it

� IMO –Istituto di Medicina Omeopatica – Trezzano Rosa (Mi) www.omeoimo.it

� Juvo Vita srl– Milano (Mi)

www.gojuvo.it

� Internazionale Biolife srl – Taranto (Ta) www.internationalebiolife.eu

� Laboratori Legren srl– Bordighera (Im)

www.laboratorilegren.it

� Mediterranea Servizi Globali Sas – Bari (Ba) www.santacandida-italia.com

� Med-Systems srl - Crotone (Kr)

www.med-systems.it

� PromoPharma S.p.A. – Acquaviva (RSM) www.promopharma.it

� RRS Rapid Rehab Solutions snc - Bologna (Bo) [email protected]

� Solimè srl – Cavriago (Re)

www.solime.it

� Weleda Italia srl – Milano (Mi) www.weleda.it

ii

La terapia del cancro sta evolvendosi: dai farmaci antiblastici più specifici ai nuovi

anticorpi monoclonali. Nell'Oncologia Integrata sta prendendo sempre più spazio

l'idea che l'uso di bassi dosaggi farmacologici possano dare pari risultati: la

chemioterapia metronomica, la low—dose therapy. Nelle giornate congressuali

saranno approfonditi questi temi. Il valore aggiunto nella terapia integrata si chiama

“nutrizione": la nostra tradizione alimentare sarà il futuro della prevenzione? Tutto

questo in una sede di alto valore istituzionale quale l'Università degli Studi

Guglielmo Marconi di Roma.

INDICE PROGRAMMA …………………………………………………………………………….………iv I sessione Infiammazione e cancro …………………………………………….……………..………1 II sessione Low-Dose therapy e cancro ……………………………………………………………….8 III sessione I tre big killer: mammella – colon – polmone …………………………………………..16 IV sessione Casistica e ricerca in oncologia …………………………………………………………30 V sessione Nutrizione oltre le abitudini: pane – soia – latte ……………………………….………42 Workshop: Ipertermia Oncologica Integrata e Chirurgia: validità dei trattamenti ……….………52

iii

PROGRAMMAPROGRAMMAPROGRAMMAPROGRAMMA

Venerdì 7 novembre 2014 8.30 / 9.15 Registrazione 9.15 Saluto delle Autorità

Alessandra Briganti Magnifico Rettore - Università G. Marconi Giuseppe Sabato Magnifico Rettore - Università Popolare Arezzo Massimo Bonucci Presidente – Associazione Ricerca Terapie Oncologiche Integrate Massimo Fioranelli Direttore Centro Studi “Scienze della Vita” - Università G. Marconi Mario On. Baccini Fondazione FOEDUS I Sessione INFIAMMAZIONE E CANCRO Moderatore: Franco Mastrodonato

Lettura Magistrale 9.30 Malattia Immunoproliferativa Intestinale (IPSID)

Modello di legame fra infezione, infiammazione e cancro

Philip A. Salem

10.00 Intestino e Immunomodulazione nei malati oncologici. Dai probiotici agli immunobiotici

Andrea Del Buono 10.30 CNF1 from E.coli, a Janus toxin playing with cancer cell regulation: an enemy within or a new therapy?

Alessia Fabbri

11.00 Coffee break II Sessione LOW-DOSE THERAPY E CANCRO Moderatore: Agnese Molinari

Lettura Magistrale 11.20 Basi teorico-scientifiche della Low dose in Oncologia Massimo Fioranelli

iv

11.40 Omeopatia e Farmacologia delle microdosi Simonetta Bernardini 12.00 Polidatina: un promettente sostegno alla terapia oncologica Maria Pia Fuggetta 12.20 Oltre la low-dose therapy: la chemioterapia metronomica Carlo Pastore 12.40 Discussione 13.00 Pranzo e Sessione Poster III Sessione I TRE BIG KILLER: MAMMELLA – COLON – POLMONE Moderatore: Giampietro Ravagnan

MAMMELLA 14.30 Novità dei trattamenti in oncologia mammaria Mimma Raffaele 14.50 La terapia integrata nel carcinoma della mammella Massimo Bonucci 15.05 Agopuntura: il controllo degli effetti collaterali nel carcinoma della mammella Franco Cracolici

COLON 15.20 Novità in terapia oncologica del tratto gastroenterico Giovanni Palazzoni 15.40 Il punto di vista con approccio integrato nel tumore del colon Giuseppe Di Fede 15.55 L’agopuntura nel sostegno del paziente con tumore del colon-retto Giuseppe Lupi 16.15 Coffee break POLMONE 16.30 Le terapie di avanguardia nel tumore del polmone Giancarlo Beltramo

v

16.50 Terapia integrata nel tumore polmonare Walter Legnani 17.05 Omeopatia e tumori polmonari Elio Rossi 17.20 Discussione 17.30 Intervista con il Prof. Campbell, a cura della Dr.ssa Nicla Signorelli (Be4eat), su

Nutrizione e Cancro: il possibile ruolo delle proteine nello sviluppo del cancro

T. Colin CAMPBELL 18.00 Chiusura lavori 20.30 Gala dinner Sabato 8 novembre 2014 IV Sessione CASISTICA E RICERCA IN ONCOLOGIA Moderatore: Stefania Meschini

9.00 Immunoterapia del paz. Oncologico con lieviti, micro funghi e funghi medicinali Monica Di Lupo 9.15 La medicina funzionale come prevenzione in oncologia Antonio Sacco 9.30 Liposomi cationici contenenti Voacamina per l’ottimizzazione della chemioterapia Maria Condello 9.45 L’utilizzo della Mindfullness in psiconcologia Elisa Nesi 10.00 Aloe-emodina: validità dell’uso? Annarita Stringaro 10.15 Oli essenziali: un nuovo aiuto Giuseppina Bozzuto

10.30 Il cancro: nuovi percorsi diagnostici e terapeutici Stanislao Aloisi Coffee break

vi

11.00 Psico-neuro-endocrino-immunologia nelle malattie croniche cutanee: nuovi concetti e

nuovi dati

Torello Lotti

V Sessione NUTRIZIONE: OLTRE LE ABITUDINI: PANE – SOIA – LATTE Moderatori: Massimo Fioranelli – Massimo Bonucci

11.20 Valutazione del potere antiossidante degli alimenti Roberto Stevanato 11.35 La pasta ed il pane: Gluten sensitività Giuseppe di Fede 11.45 Destino ed effetti metabolici di soia geneticamente modificata in animali Vincenzo Mastellone 12.00 Manipolazione nutrizionale nella modulazione di pattern citochinici intestinali

Armando D’Orta 12.15 Il latte: per chi, quando e perché Sabrina Capurso 12.30 Alcalinizzare: quando? Come? Paola Fiori 12.45 Disturbi vasomotori e dolore nelle donne con tumore mammario o ginecologico trattate

con MTC. Risultati di uno studio pilota

Sonia Baccetti 13.00 Oncologia: l’approccio in Medicina Biointegrata

Franco Mastrodonato 13.15 Discussione 13.30 Chiusura lavori 14.30/16.00 Workshop:

Ipertermia Oncologica Integrata e Chirurgia: validità dei trattamenti

Massimo Assogna

Sergio Maluta

Carlo Pastore

Piero Rossi

vii

I Sessione

INFIAMMAZIONE E CANCRO

Moderatore: Franco Mastrodonato

DR. PHILIP A. SALEM

Dr. Philip A. Salem, physician, researcher, educator and international statesman in cancer medicine, serves as Director Emeritus of Cancer Research at St. Luke's Episcopal Hospital in Houston and Is the President of Salem Oncology Centre. Prior to his appointment at St. Luke's, Dr. Salem served on the faculty of M.D. Anderson Cancer Center as professor of cancer medicine and research. In March 2010, St. Luke's announced the establishment of a cancer research chair in his name to honor his contributions to cancer medicine and as "a lasting tribute to his leadership and vision in the field of oncology". Dr. Salem is the recipient of many awards from all over the world for his contributions to cancer research. In the early 1970's he was one of the first researchers to demonstrate that a chronic infection in the intestine may eventually lead to the development of cancer. His work on Immunoproliferative Small Intestinal Disease (a form of intestinal cancer), and the relationship between infection and the development of intestinal cancer has become a classic in modem medicine. He Is an active member of the top three cancer organizations in the world: American Society of Clinical Oncology (ASCO), American Association for Cancer Research (AACR) and European Society of Medical Oncology (ESMO). In the last 15 years he was selected annually in the editions of America's Top Doctors by Castle Connolly. Because of his stature and impact on cancer research, he was invited to serve on the editorial boards of several prestigious cancer research journals. Besides his contributions to medicine, Dr. Salem has made major contributions to America. In the early 1990's he served on a healthcare advisory committee to the White House. In 1994 he received the Republican Senatorial Medal of Freedom, and in 1998 he was awarded the Ellis Island Medal of Honor for his "exceptional humanitarian efforts and outstanding contributions to American science". In 2006 he was honored as 'The Scientist of the Year' by the National Italian Foundation for the Promotion of Science and Culture, and he was decorated in a special ceremony held in Rome, Italy. Dr. Salem Is a renaissance intellectual and writer. He is the author of many editorials on Lebanon and he has published extensively on Arab affairs. In the year 2000, he was awarded the Khalil Gibran International Award by the Arabic Heritage League in Sydney, Australia, In May 2000 he was selected the 'Arab American of the Year' by the Arab Community Centre for Economic and Social Services (ACCESS) in Dearborn, Michigan. On July 1, 2010 The Lebanese American University in Lebanon bestowed upon him an Honorary Doctorate in Humane Letters for his "contributions to medicine, Arabic literature and philosophy". For the same reasons, another Honorary Doctorate in Humane Letters was bestowed up him by the Notre Dame University of Lebanon on July 12, 2013 Three books have been written about Dr. Salem: In July 2004, a book in Arabic entitled, "Philip Salem - The Man, The Homeland, The Science", authored by Peter Indari, an Australian journalist, was launched. In December 2012 a book in English entitled "Cancer, Love and Politics of Hope - the fife and vision of Philip A. Salem M.D." authored by Frances Mourani and Boutros Indari was published by Quartet Books in London. In January 2013, a book in Arabic entitled "Philip Salem the Rebel, the Scientist and the Humanist”. Authored by Maha Samara, a Lebanese journalist was published in Beirut by Dar Al Saqi and Dar Annahar. In July 2014 a book entitled: “Philip Salem”

3

IMMUNOPROLIFERATIVE SMALL INTESTINAL DISEASE (IPSID) Model for the link between infection, inflammation, and cancer Philip A. Salem M.D. The Philip A. Salem, M.D. Chair in Cancer Research

Baylor St. Luke’s Medical Center

President

Salem Oncology Centre Immunoproliferative Small Intestinal Disease (IPSID) is a distinctive lymphoproliferative disorder. Among these disorders, it is the only disease which is associated with a specific and characteristic abnormal protein, and also an identifiable, early phase with a benign-looking histopathological expression. Treatment of this early phase with antibiotics may cause remission, but if this phase is left untreated, it progresses to inflammation and inflammation progresses to cancer. Contrary to primary small intestinal non IPSID lymphomas, where the pathology in the intestine is usually focal involving specific segments of the intestine and leaving the segments between the involved areas free of disease, the pathology in IPSID is diffuse with a mucosal cellular infiltrate involving large segments of the intestine and sometimes the entire length of the intestine; thus producing malabsorption. IPSID is the ideal model of how a chronic repetitive infectious insult in the gastrointestinal mucosa would eventually lead to inflammatory changes which if left untreated would progress to malignancy. It is also a model of how the process of inflammation resulting from infectious insult is reversible. Treatment of the benign and inflammatory phase with antibiotics usually prevents inflammation from progressing to cancer. Trials with antibiotics in the treatment of this disease provided the first evidence that cancer in man is chemo preventable. Also IPSID provided an early evidence of how a benign process could deteriorate into a malignant one. The concepts we have learned from IPSID are the cornerstones for current and future research focusing on the link of infection to inflammation, and inflammation to cancer. Understanding this process and treating cancer in the early phase before it becomes malignant provides the best hope for the prevention of this disease.

4

MALATTIA IMMUNOPROLIFERATIVA INTESTINALE (IPSID) Modello di legame fra infezione, infiammazione e cancro P.A. Salem M.D Presidente Salem Oncology Center - Houston

La malattia immunoproliferativa del piccolo intestino (IPSID) è un distintivo disordine immunoproliferativo. Tra questi disordini, è l’unica malattia con associata una specifica e caratteristica proteina anormale, ed anche una identificabile, fase precoce con specifica espressione istopatologia. Il trattamento in questa fase precoce con antibiotici può causare remissione, ma se questa fase non è trattata essa progredisce verso l’infiammazione e l’infiammazione verso il cancro. Contrariamente alla primaria infiammazione del piccolo intestino non IPSID-linfoma, dove la nel piccolo intestino è usualmente focale ed interessa specifici segmenti dell’intestino e lascia liberi tratti intermedi, la malattia IPSID è diffusa alla mucosa con un interessamento di larghe parti dell’intestino e qualche volta anche interi tratti, producendo malassorbimento. La IPSID è il modello ideale di come una infezione ripetitiva cronica della mucosa gastrointestinale può eventualmente portare un cambiamento infiammatorio che se non trattato può progredire verso il cancro. E’ anche il modello di come un processo di infiammazione risultante da un insulto infiammatorio è reversibile. Il trattamento di una benigna fase infiammatoria con antibiotici usualmente previene l’infiammazione che progredisce al cancro. I traials clinici con antibiotici nel trattamento di queste patologie comporta la prima evidenza che il cancro è chemio preventivo. Anche la IPSID fornisce la prima evidenza di come un processo benigno può deteriorare in uno maligno. I concetti che abbiamo fornito dall’IPSID sono la pietra miliare fra corrente e futura ricerca con il focus fra il legame fra infezione ed infiammazione e fra questa ed il cancro. Comprendendo questo processo e trattando il cancro nella fase iniziale prima che diventi maligno fornisce la migliore speranza per la prevenzione del cancro.

5

INTESTINO E IMMUNOMODULAZIONE NEI MALATI ONCOLOGICI. DAI PROBIOTICI AGLI IMMUNOBIOTICI Andrea Del Buono Spec. Medicina Preventiva del Lavoro, ASL CE, Caserta

Ci siamo posti l’obiettivo di focalizzare l’attenzione della comunità scientifica sulle conseguenze generate delle alterazioni dell’ecosistema Intestinale nei malati oncologici. Grazie al crescente numero di lavori clinici e sperimentali realizzati negli ultimi anni, è stato possibile il confronto e la riflessione sulle numerose potenzialità cliniche di utilizzo di ceppi specifici di probiotici capaci di interagire a livello della lamina basale con il sistema dell’immunità innata e di modulare la risposta specifica, spesso compromessa nei malati oncologici. La microflora intestinale viene oggi universalmente riconosciuta, grazie all’applicazione delle sonde molecolari, come un vero e proprio organo, con funzioni e attività molto importanti sia per l’omeostasi e la salute del nostro organismo, sia in condizioni patologiche per il possibile ruolo benefico sulla salute con specifici ceppi batterici. Non basta la generica definizione di specie quale probiotico per affermarne l’utilizzo, ma è importante il ceppo, cioè il singolo batterio, e non si può estendere proprietà ceppo specifiche ad altri componenti della stessa specie. Diventa pertanto strategico poter valutare la relativa letteratura scientifica e orientare la scelta sull’attività terapeutica desiderata. Dal generico utilizzo dei “fermenti lattici” del passato siamo arrivati all’impiego dei probiotici specifici sul sistema immune, immunobiotici, e il futuro si caratterizzerà per indicazioni sempre più specifiche per il singolo ceppo sulla base degli studi clinici e le evidenze scientificamente dimostrate. E’ ampiamente dimostrato il ruolo dei probiotici nei confronti dell’immunomodulazione, ma non è ancora ben dimostato il ruolo come potenziali agenti anticancro, (Digestive and Liver Disease, suppl. 2,

dicembre 2006). Particolare attenzione negli ultimi anni è stata dedicata alla modulazione del sistema immunitario sia nei malati oncologici “immunoediting” e sia per la capacità d’interferire con i processi di formazione del cancro del Colon. Il tumore al colon rappresenta la seconda causa di morte nel mondo ed è più frequente proprio nei paesi sviluppati, dove la disbiosi è molto piu’ rappresentata. Questo dato rafforza la convinzione che sulla sua iniziazione del cancro del colon incidano maggiormente i fattori ambientali rispetto a quelli genetici. A supporto di questa osservazione, la World Cancer Research Fund (WCRF) ha identificato condizioni di rischio che agiscono modificando il microambiente g.i. ed incrementano il rischio di ammalarsi. È convinzione diffusa tra i ricercatori che mantenere un ambiente intestinale sano, riducendo la flora putrefattiva, pochi bifidobacterium, sia fondamentale per sfavorire la formazione del cancro al colon. Queste osservazioni sottolineano il ruolo protettivo che possono avere probiotici e prebiotici rispetto all’intestino, contribuendo a migliorare l’ambiente intestinale attraverso molteplici meccanismi: la riduzione del pH nel lume intestinale, l’influenza sulla risposta immunitaria dell’ospite, l’inattivazione di sostanze potenzialmente carcinogeniche, l’alterazione della microflora intestinale, la riduzione di alcune attività enzimatiche coinvolte nello sviluppo del tumore.

6

IL CNF1 PRODOTTO DA E. COLI, UNA TOSSINA CHE AGISCE SULLA REGOLAZIONE TUMORALE: UN NEMICO O UNA NUOVA TERAPIA?

Alessia Fabbri, Francesca Rosadi, Giulia Ballan, Stefano Loizzo, e Carla Fiorentini Dipartimento del Farmaco, Istituto Superiore di Sanità, Roma

Escherichia coli è un batterio commensale dell'intestino umano che diventa patogeno in seguito all'acquisizione di fattori di virulenza, tra cui è compresa la tossina chiamata fattore citotossico necrotizzante 1 (CNF1). Abbiamo precedentemente riportato la capacità di questa tossina, che attiva le Rho GTPasi, di indurre disfunzioni nelle cellule epiteliali trasformate, come l'inibizione dell’apoptosi, il rilascio di citochine pro-infiammatorie, l’espressione di COX2, l’attivazione di NF-kB, e l’incremento della motilità cellulare. Inoltre, ci sono evidenze sulla capacità del CNF1 di rinforzare e favorire, ma non causare, lo sviluppo del cancro del colon-retto, sottolineando l’esistenza di un legame tra il CNF1 e il tumore. D'altra parte però abbiamo recentemente dimostrato che il CNF1 possiede attività antineoplastica su cellule di glioma sia in vivo che in vitro. Pertanto sembra che il CNF1 possa comportarsi come un fattore con duplice attività, promuovendo o contrastando la trasformazione. I nostri studi attuali sono particolarmente rivolti all’identificazione dei fattori che possono influenzare l'effetto così articolato del CNF1. I dati preliminari indicano che la risposta cellulare alla tossina è fortemente condizionata dal microambiente cellulare ed in particolare dall'infiammazione, dallo stato di trasformazione cellulare (cellule normali o tumorali reagiscono in modo diverso), o anche dai diversi tipi cellulari, essendo ormai noto che cellule epiteliali i neuroni o gli astrociti rispondono in maniera differente al CNF1. Comprendere i meccanismi che regolano l'attività del CNF1 è di fondamentale importanza considerando anche che tale tossina rappresenta un agente terapeutico promettente per contrastare alcuni deficit del sistema nervoso centrale.

7

II Sessione

LOW- DOSE THERAPY E CANCRO

Moderatore: Agnese Molinari

BASI TEORICO-SCIENTIFICHE DELLA LOW DOSE IN ONCOLOGIA Massimo Fioranelli Professore associato di Fisiologia., Università G. Marconi, Roma

La Medicina Fisiologica di Regolazione (PRM) è un innovativo sistema terapeutico basato sulla possibilità di utilizzare a scopo terapeutico principalmente BASSI DOSAGGI di sostanze biologiche, che normalmente regolano la Fisiologia dell’organismo. Sono sempre piu' frequenti evidenze sperimentali e cliniche che ormoni, citochine, neuropeptidi in LOW DOSE (sotto la minimal pharmacological effective dose) possono essere efficaci su sistemi biologici. Concentrazioni fisilogiche, nell'ambito di nanogrami (10 -9 g) o picogrammi (10 -12 g) , sono in grado di attivare recettori di membrana e conseguentemente stimolare le funzioni fisiologiche della cellula bersaglio. La PRM integra in una visone unitaria le più moderne acquisizioni in tema di Omeopatia, Omotossicologia, Psico-Neuro-Endocrino-Immunologia (PNEI) e Nutraceutica. L'obiettivo e' quello di ripristinare la Fisiologia attraverso molecole di relazione quali ormoni, interleuchine, fattori di crescita e neuropeptidi in low dose fisiologica, che corrisponde alla medesima concentrazione alla quale esse sono presenti a livello dei recettori transmembrana nella matrice extra-cellulare.

38

TM

10-3

10-6

10-15

MINIMAL EFFECTIVE PHARMACOLOGICAL DOSE

TOXIC CONCENTRATION

mg/ml

PHARMACOLOGICAL CONCENTRATION

mcg/ml

PHYSIOLOGICAL CONCENTRATION

ng-pcg/ml

TOXIC

EFFECT

SIDE EFFECTS

WITHOUT

DYNAMIZATION:

NO BIOLOGICAL

EFFECTS

PHARMACOLOGICAL EFFECTS

WITH

DYNAMIZATION:

PHYSIOLOGICAL

EFFECTS

EFFECTS OF DIFFERENT DOSES OF CYTOKINES

MINIMAL EFFECTIVE PHYSIOLOGICAL DOSE

Dal punto di vista immuno-oncologico i pazienti con tumori solidi (specialmente) mostrano una over-expression di Th3, i Linfociti Th responsabili (se espressi nella giusta, fisiologica quantità) dell’immunotolleranza. Questo meccanismo di immuno-sorveglianza espletato dai Th3 avviene per il tramite di un fattore di crescita da loro prodotto, il TGF-β, in grado di down-regolare Th1 e Th2. In alcuni lavori i Th3 sono definiti come tali, altre volte come T-Reg o altre volte, come CD4/CD25/FoxP3.

11

Purtroppo nei pazienti tumorali i Th3 sono sovra-espressi; ciò determina una down-regulation dei linfociti Th1 e Th2; questa è una delle cause profonde dell’ immunodeficienza di questi pazienti. Infatti, la down-expression, in particolare dei Th1, conduce anche alla minore produzione, da parte di questi linfociti, di IFN-gamma, fondamentale nell’attivazione dei CD8+, da cui dipende la produzione di linfociti T suppressor, fondamentali nel controllo della proliferazione delle cellule tumorali. Come se non bastasse, a causa di questo meccanismo, i Th1 producono meno Interferone-gamma, e la minore quantità di Interferone-gamma conduce, conseguentemente, ad una minore espressione di altre cellule importantissime nel controllo della proliferazione delle cellule tumorali, le cellule NK (Natural Killer), responsabili della lisi cellulare delle cellule tumorali. Viene presentata un ipotesi sviluppata nel report sul lavoro pubblicato da Journal of Cancer Therapy (L. D'Amico, E. Ruffini, R. Ferracini, Roato I.IL-12 Stimulates T Cell Response in Cultures of PBMCs Derived from Small Cell Lung Cancer Patients. Journal of Cancer Therapy, 2012, 3, 337-342). L’interleuchina capace di down-regolare i TH3 è l’IL-12 e sin dagli anni ‘80 si pensò di utilizzarla in questo senso ma il suo uso (assai promettente) si arenò contro lo scoglio dei gravi effetti collaterali tanto di natura clinica, (febbre altissima, malessere generalizzato, nausea e vomito) che di natura immunitaria, dovute alle alte concentrazioni di questa sostanza. Infatti, alle concentrazioni farmacologiche normalmente utilizzate (nel range di ng/ml e oltre) l’IL-12 riduce efficacemente i Th3 ma annulla anche gli altri linfociti CD4+ (cioè i Th1 ed i Th2). Cioè, paradossalmente, gli alti dosaggi di IL-12 inducono un’immunodeficienza non più dovuta all’over-expression di Th3 ma all’inibizione diretta, indotta dalla stessa IL-12 ad alti dosaggi, degli interpreti della difesa immunitaria cellulo-mediata (Th1) e umorale (Th2). L' IL-12 alla concentrazione di 10 ng/ml riduce i Th3, e questo e' un effetto benefico. Ma nello stesso tempo riduce drammaticamente anche i CD4+ (Th1 e Th2) E, ancora più clamorosamente, i 10 ng/ml di IL-12 riducono in maniera eclatante i livelli di IFNgamma prodotto dai Th1 per “impedimento” proprio dei Th1. Invece gli effetti dell’IL-12 a 0,01 pg/ml, cioè la CH4 dinamizzata osserviamo che: l'IL-12 4CH è in grado di down-regolare i TH3, sovra-espressi nei pazienti tumorali addirittura al di sotto del valore del controllo, Ma nello stesso tempo è in grado di aumentare i CD4+ (Th1 e Th2). Ancora più interessante è il dato positivo relativo alla produzione di IFN-gamma da parte dei Th1 stimolati dall' IL-12 4CH. Inoltre l'IL-12 4CH aumenta la produzione di cellule litiche attive sulle cellule tumorali: Quindi l' IL-12 4CH alla concentrazione nell’ordine di pg/ml mostra gli stessi efetti di down-regolazione dei TH3 della concentrazione allopatica (10 ng/ml) ma senza gli effetti collaterali di quest’ultima (consistenti nella contemporanea down-regolazione anche dei CD4 ed in particolare dei Th1). Al contrario l' IL-12 4CH stimola i Th1 a produrre IFN-gamma, fondamentale nella difesa antitumorale. E’ come se esistesse un’INTELLIGENZA BIOLOGICA delle low dose fisiologiche, in grado di agire solo sulle alterazioni patologiche ma senza interferire sulle funzioni fisiologiche. Vengono poi presi in considerazione i risultati dello studio Radice E., Miranda V., Bellone G. “Low-doses of sequential-kinetic-activated interferon-γ enhance the ex vivo cytotoxicity of peripheral blood natural killer cells from patients with early-stage colorectal cancer. A preliminary study, appena pubblicato su International Immunopharmacology, 19 (2014), 66-73. Dal punto di vista immuno-oncologico le cellule Natural Killer (NK) giocano un ruolo fondamentale nell’eliminazione delle cellule tumorali (lisi cellulare), svolgendo un efficace opera di immunosorveglianza. Interferone-gamma (IFN-gamma) è una citochina fondamentale per la regolazione della funzione delle NK (per un’azione diretta su di esse) e non solo: esso è infatti un importante attore nella promozione della risposta antitumorale mediata dai linfociti T di tipo 1 (Th1). La spinta di differenziazione verso questa sub-popolazione linfocitaria innesca una

12

risposta antitumorale citotossica da parte di cellule linfocitarie CD8+ Inoltre IFN-gamma, stimolando le cellule NK favorisce l’infiltrazione del tumore da parte delle NK stesse e dei macrofagi. Ne consegue un aumento di IL-12 e IL-18; particolarmente importante è l’aumento indiretto di IL-12 che, insieme all’accresciuto livello di IFN-gamma, con i noti meccanismi di cross-regulation, portano alla down-regolazione dei Th2 e all’up-regolazione dei Th1, passaggio fondamentale per la risposta antitumorale via CD8+ Questa integrazione tra immunità innata ed adattativa è fondamentale per la lotta contro i tumori solidi quali il cancro del colon-retto; a volte però questo meccanismo fallisce nel suo compito di controllo preventivo a causa di una insufficiente risposta immunitaria e/o dell’instaurarsi di meccanismi di immune escape da parte del tumore. Purtroppo nei pazienti tumorali la risposta immunitaria è sovente compromessa; ciò determina una down-regulation dei linfociti Th1; questa è una delle cause profonde dell’ immunodeficienza di questi pazienti. Infatti, la down-expression, in particolare dei Th1, conduce anche alla minore produzione, da parte di questi linfociti, di IFN-gamma, citochina fondamentale nell’attivazione dei CD8+ da cui dipende la produzione di linfociti T suppressor, fondamentali nel controllo della proliferazione delle cellule tumorali. Bassi livelli di IFN-γ conducono anche alla minore espressione di altre cellule importantissime nel controllo della proliferazione delle cellule tumorali quali le succitate cellule NK. Ipotesi di lavoro sviluppata in questo lavoro e' il riconoscimento del ruolo fondamentale che IFN -gamma possiede nell’induzione della risposta immune. Questo ha giustamente fatto intuire come la stimolazione della risposta immunitaria indotta attraverso la somministrazione di alte dosi di IFN-gamma potesse rappresentare una strategia terapeutica molto promettente per la cura di vari tipi di tumore , solidi e non. Alcuni studi clinici sono stati effettuati usando IFN-gamma ma, in tutti, il grosso limite sono stati i gravi effetti collaterali dovuti alla sua tossicità intrinseca di tipo dose-dipendente. Il fondamento teorico del lavoro ex vivo qui sintetizzato e' la valutazione della capacità litica di cellule NK (isolate da pazienti con carcinoma del colon -retto (CRC) in presenza o assenza di metastasi e da donatori sani), opportunamente stimolate con IFN-gamma a dosaggio convenzionale (1 ng/ml) o low-dose SKA IFN-gamma (0.25 fg/ml). In genere e' presente un’attività delle cellule NK che è maggiore, ovviamente, nei soggetti sani, decresce nei pazienti tumorali non metastatizzati, e risulta decisamente depressa nei pazienti con neoplasie metastatiche. Il vero cuore del lavoro e' che somministrando IFN-gamma ponderale (1 ng/ml) o IFN-gamma (0.25 fg/ml), aumentino le unità litiche (cellule NK) nei soggetti sani, nei pazienti tumorali non metastatizzati e nei pazienti con neoplasie metastatiche. Conclusioni Il lavoro mostra chiaramente che l' Interferon-gamma, grazie alla sua efficacie azione a basse dosi, (è infatti dimostrata, attraverso l’analisi statistica della deviazione standard, la non inferiorità dell’azione di IFN-gamma low dose rispetto al ponderale). è in grado di stimolare tanto le cellule NK del volontario sano quanto quelle del paziente oncologico rafforzandone le capacità citotossiche verso le cellule neoplastiche, punto fondamentale nella difesa antitumorale. È da sottolineare come la positiva risposta delle Natural Killer nel volontario sano rappresenti potenzialmente un aggancio per la proposta di una azione di tipo preventivo centrata sull’aumento dell’immunocompetenza delle cellule NK.

13

OMEOPATIA E FARMACOLOGIA DELLE MICRODOSI Simonetta Bernardini Presidente Società Italiana di Omeopatia e Medicina Integrata, SIOMI e responsabile Centro di

Medicina Integrata Ospedale di Pitigliano, USL9 regione Toscana

La moderna tecnica del DNA microarray ha permesso un nuovo sviluppo della ricerca scientifica riguardante il possibile meccanismo di azione dei medicinali omeopatici sia per concentrazioni al di sotto del numero di Avogadro (medicinali ultralow dose) che al di sopra di tale numero (medicinali low dose). In particolare, con tale metodica è stato possibile individuare una chiara risposta dei geni cellulari all'azione di sostanze in concentrazioni comprese tra 10-6 e 10-60 M. Nel presente contributo verranno esaminati i principali lavori di ricerca sul tema e esaminata l'ipotesi (A.Dei, S.Bernardini) di interpretazione del principio della similitudine omeopatica sulla base delle conoscenze del fenomeno dell'ormesi e delle recenti conferme scientifiche ottenute con la tecnica del DNA microarray.

14

POLIDATINA : UN PROMETTENTE SOSTEGNO ALLA TERAPIA ONCOLOGICA Maria Pia Fuggetta, Giampiero Ravagnan Istituto di Farmacologia Traslazionale, Consiglio Nazionale Ricerche, Roma Italia

Dipartimento di Scienze Molecolari e Nanosistemi, Università Ca’Foscari Venezia, Italia

In questi ultimi anni si è sviluppata una notevole attenzione per le sostanze naturali presenti nei vegetali e l’interesse scientifico si è rivolto verso quelle piante che sono già tradizionalmente utilizzate in terapia. La polidatina(PD) è uno dei principali costituenti del Polygonumcuspidatum, radice utilizzata ampiamente nella medicina tradizionale asiatica. Si tratta di un glucoside del resveratrolo,stilbenoideche possiede un’attività biologica ad ampio spettro. Gli effetti della PD più descritti sono quelli: a)antinfiammatorio;b) immunomodulante; c)antiossidante, sia diretto attraverso la riduzione della perossidazione lipidica sia indiretto mediante la modulazione del sistema di difesa antiossidante; d)anti-tumorale con peculiare induzione di apoptosi; e)antinvecchiamento e f)neuroprotettivi. La PD penetra nella cellula mediante un meccanismo di trasporto attivo che utilizza i trasportatori di glucosio e, grazie alla sua solubilità in acqua, viene assorbita con maggior efficienza dall'intestino. Queste proprietà conferiscono alla molecola maggiori livelli di stabilità e di biodisponibilità rispetto al resveratrolo. Le diverse potenzialità e i meccanismi d’azione di questo principio attivo sono in continuo aggiornamento e le documentate caratteristiche biologiche della PD costituiscono una base razionale per la sua applicazione come principio attivo in campo oncologico. La PD potrebbe essere particolarmente adatta nella terapia integrata a valle della tradizionale chemioterapia come strategia di prevenzione dell'insorgenza di ripresa di malattia. Inoltre la PD potrebbe assumere una funzione protettiva rispetto agli effetti citotossici mediati dai farmaci antiblastici oda terapie radioterapiche oppure avere un ruolo nel controllo dell’infiammazione correlata al cancro. .

15

OLTRE LA LOW-DOSE THERAPY: LA CHEMIOTERAPIA METRONOMICA Carlo Pastore Responsabile Oncologia-Ipertermia Oncologica, Casa di Cura Villa Salaria, Roma

Il concetto di chemioterapia antitumorale risale agli anni 50 con l'avvento di una primissima generazione di farmaci aventi lo scopo di distruggere le cellule neoplastiche interferendo con i meccanismi di replicazione. Una cellula danneggiata nelle sue strutture replicative viene spinta a morte mediante i naturali meccanismi di apoptosi (morte cellulare programmata). I concetti cardine di intensità di dose e quantità di farmaco sono stati e sono pilastri fondanti dell'approccio farmacologico anticancro. Negli ultimi anni si è cercato di comprendere se si potesse ottenere un effetto antineoplastico con dosaggi non citotossici e con somministrazioni ripetute più volte nel tempo con lasso temporale assai ridotto tra una somministrazione e l'altra. Si è potuto verificare che diversi agenti chemioterapici posseggono per loro caratteristica biochimica un effetto antiangiogenetico con queste modalità di somministrazione. Il concetto di questo nuovo approccio denominato metronomico è quello di interferire con l'endotelio neoplastico che riveste i vasi sanguigni tumorali danneggiandolo ed inibendo la neoangiogenesi nel cancro. Le cellule cancerose difatti necessitano di una propria rete vascolare per poter continuare la crescita quando il volume tumorale supera il millimetro cubo. Tale rete vascolare è di per se imperfetta poiché sostenuta da cellule aberranti e l'interazione con le strutture che la costituiscono da parte di taluni chemioterapici somministrati in modalità metronomica porta vantaggio. I primi studi sono stati eseguiti su pazienti in fase avanzata di malattia e si è potuto riscontrare un effetto, se non altro sul miglioramento della qualità di vita oltre che sul prolungamento della medesima. Alcuni farmaci più di altri si sono dimostrati utili nell'approccio metronomico ed i principali sono paclitaxel, ciclofosfamide, capecitabina, vinblastina, mitomicina C, methotrexate. Il danno endoteliale è dimostrabile verificando una serie di parametri biochimici valutabili su prelievo di sangue. La chemioterapia metronomica può sinergizzare con gli altri approcci terapeutici in oncologia (radioterapia ed ipertermia) facilitandone l'azione; inoltre i bassi dosaggi di chemioterapici ne rendono possibile l'impiego anche in soggetti defedati o con deficit organici che non potrebbero tollerare dosaggi citotossici dei medesimi o di altri farmaci antitumorali. Metronomic chemotherapy: Back to the future!André N, Padovani L, Verschuur A. Drug News Perspect. 2010 Mar;23(2):143-51. Review.Metronomic chemotherapy: new rationale for new directions.Pasquier E, Kavallaris M, André N. Nat Rev Clin Oncol. 2010 Aug;7(8):455-65. Epub 2010 Jun 8. Review.Metronomic chemotherapy.Mutsaers AJ. Top Companion Anim Med. 2009 Aug;24(3):137-43. Review.Tumoral angiogenesis: review of the literature.Khosravi Shahi P, Fernández Pineda I. Cancer Invest. 2008 Feb;26(1):104-8. Review.

Eur J Cancer Care (Engl). 2007 May;16(3):258-62.

Antiangiogenic metronomic chemotherapy and hyperthermia in the palliation of advanced

cancer.

Franchi F, Grassi P, Ferro D, Pigliucci G, De Chicchis M, Castigliani G, Pastore C, Seminara P.

16

III Sessione

I TRE BIG KILLER: MAMMELLA – COLON – POLMONE

Moderatore: Giampietro Ravagnan

NUOVE TERAPIE NEL CARCINOMA DELLA MAMMELLA Mimma Raffaele UOSD Oncologia Presidio Cassia Sant’Andrea, San Filippo Neri, Roma

Il tumore della mammella è la neoplasia più frequente nel sesso femminile, con 1.38 milioni di nuovi casi diagnosticati annualmente (23% di tutti i tumori ). E’ una patologia eterogenea, con una varietà di entità biologiche e di comportamenti clinici e differenti alterazioni molecolari, che ne condizionano crescita, sopravvivenza e la risposta al trattamento. Negli ultimi anni, la comprensione dei meccanismi biologici, che sottendono la carcinogenesi e le alterazioni molecolari, ha portarto alla identificazione di nuove molecole targets ed , pertanto, allo sviluppo di nuove terapie. Identificare il target che promuove o sostiene la crescita e l’invasione neoplastica è fondamentale per il trattamento efficace della neoplasia . Uno dei primi farmaci, che rappresenta la pietra miliare nel campo delle terapie target nella neoplasia mammaria è il trastuzumab, anticorpo monoclinale anti HER2, che ha modificato l’andamento di malattia nelle pazienti con tumori HER2 positivi.. Ad esso ha fatto seguito il Lapatinib, indicato in combinazione con un inibitore della aromatosi nei tumori ER + o in combinazione con la capecitabina. Farmaci di nuovissima generazione anti HER2: - Pertuzumab, utilizzato in associazione con i taxani e il trastuzumab in prima linea; - Trastuzumab-emtansine (T-DM1), che trova indicazione , in seconda linea. Gli M-TOR inibitori sono una classe di farmaci target, che possono incrementare l’efficacia della terapia ormonale. L’Everolimus è utilizzato nel trattamento dei tumori ER+, HER2 - . Le neoplasie mammarie HER2-, vedono l’impiego, in prima linea del Bevacizumab, anti VEGF, in combinazione alla chemioterapia con taxani.

19

LA TERAPIA INTEGRATA NEL CARCINOMA DELLA MAMMELLA Massimo Bonucci Responsabile Servizio Patologia Clinica ed Anatomia Patologica, Casa di Cura San Feliciano,

Roma

Il tumore della mammella ha una prognosi che nel tempo è andata migliorando. Purtroppo però i nuovi casi di neoplasia sono in aumento. Non possiamo considerare questo dato solo come risultato di una migliore tecnica diagnostica, ma ciò è anche frutto di una influenza negativa da parte dell’ambiente sul nostro organismo. Il trattamento integrato parte proprio da una vera prevenzione e protezione con atteggiamenti alimentari e stili di vita da cambiare. Nel caso di patologia neoplastica il nostro approccio varia perché la prima cosa da fare è la personalizzazione della terapia: farmacogenomica per scegliere la chemioterapia adeguata (DPD; GST-P1-M1); uso di sostanze naturali per aumentare la risposta della chemioterapia (Curcumina, Indolo-3-Carbinolo, Suforafano); sostanze naturali per lo stimolo del sistema immunitario (Polidatina, Micoterapia, Vischio); nutrigenomica per utilizzare l’alimentazione come aiuto alla chemioterapia; sostanze naturali per la prevenzione vera (Bromelina, Lactoferrina, Epigallocatechina Gallato). Dobbiamo aiutare il nostro organismo a rispondere in maniera adeguata a ciò che ci circonda, perché questo può influenzare negativamente sul nostro genoma.

20

L’AGOPUNTURA: IL CONTROLLO DEGLI EFFETTI COLLATERALI NEL CARCINOMA DELLA MAMMELLA Franco Cracolici Direttore Scuola di Agopuntura Tradizionale “Città di Firenze”, Firenze

L’agopuntura e la medicina cinese costituiscono una risorsa utile e sempre più impiegata nel trattamento delle sequele del calcinoma post mastectomizzato. La vasta esperienza degli ospedali statunitensi e le linee guida inglesi e americani concordono con i risultati di efficacia indicati da O.M.S. e N.I.H.: da qui si evince che alcuni protocolli sono sistema di ausilio sempre più impiegato in accordo con la medicina ortodossa. Questa relazione vuole indicare, come in caso di xerostomia, nausea e vomito post chemioterapico, neutropenia, vampate di calore e come di recente evidenziato allo Sloan-Kettering di New York linfedema degli arti superiori, siano problematiche approcciabili in modo sinergico e affiancativo. L’Ospedale di Medicina Integrata di Pitigliano tramite il suo team ha adoperato protocolli complessi nei quali si è aggiunto ai punti classici internazionali alcuni punti relativi a microsistemi ausiliari ed i risultati raggiunti sono incoraggianti. Verranno quindi citati le evidenze di efficacia (cochrane) con i punti impiegati in ambito pubblico e le proposte di protocollo elaborate dal nostro team.

21

TERAPIE A BERSAGLIO: NEOPLASIE DEL COLON E DEL POLMONE Giovanni Palazzoni Specialista in Radioterapia Oncologica Prof.Aggregato presso il dipartimento "Scienze Radiologiche e Bioimmagini" Un. Cattolica del S. Cuore - Complesso Integrato Columbus L’individuazione di mutazioni genetiche all’interno del DNA delle cellule neoplastiche ha portato all’individuazione di prodotti anomali- proteine della mutazioni stesse: tali proteine sono stati “visti” come “bersagli” di una nuova categoria di farmaci. L’idea di poter individuare dei “bersagli” sulla superficie delle cellule neoplastiche e/o all’interno di queste ha coinciso con l’idea di poter avere a disposizione terapie altamente efficienti ed a basso impatto umano. Questi bersagli sono rappresentati da proteine o complessi proteici che svolgono varie funzioni nella regolazione del metabolismo cellulare, nella moltiplicazione, nella specializzazione cellulare e nell’apoptosi. Queste funzioni risultano singolarmente ma più spesso globalmente ed a vari livelli dis – regolate nelle cellule tumorali. La “costruzione” di farmaci che vadano a colpire selettivamente alcuni punti, bersagli, dei meccanismi che presiedono alla dis – regolazione ha permesso un primo passo nella direzione di terapie selettive di re – induzione epigenetica. Tuttavia i “bersagli” individuati e attualmente sfruttabili rappresentano solo un numero limitato di punti d’attacco per una terapia target che re - induca in modo epigenetico una correzione post – trascrizionale. Le neoplasia derivanti da tessuti differenti hanno bersagli differenti poiché si avvalgono di strategie di omeostasi e di crescita differenti. Attraverso l’esame delle proteine, individuate nelle neoplasie del colon, e dei meccanismi di resistenza a farmaci che vadano a colpire queste proteine anomale “bersagli”, individuati nelle neoplasie del polmone NSC, cercheremo di tracciare le prospettive emergenti dall’uso estensivo, al di la degli studi, di questi nuovi farmaci.

22

IL PUNTO DI VISTA CON APPROCCIO INTEGRATO NEL TUMORE DEL COLON. Giuseppe Di Fede Direttore Scientifico e Sanitario, Istituto di Medicina Biologica, Milano

Lo stato nutrizionale del paziente con neoplasia del colon, influenza il decorso clinico e la prognosi del tumore. La malnutrizione si associa infatti a ridotta qualità di vita, maggiore incidenza di reazioni avverse legate alla terapia, ridotta risposta alla terapia da parte del tumore, ridotta sopravvivenza. L’approccio del medico dovrebbe essere orientato al ripristino della capacità La malnutrizione, avvalendosi di strumenti diagnostici come la Farmacogenomica per lo studio della compatibilità ai chemioterapici, la Nutrigenomica come guida nutrizionale sia durante la malattia che come prevenzione delle recidive. La terapia integrata con principi attivi fitoterapici anti tumorali durante la malattia e la terapia. La chemio prevenzione sempre con fitoterapia specifica durante il follow up e probabilmente per tutta la vita. Nei pazienti malnutriti e più frequente l’interruzione, temporanea o definitiva, dei cicli di chemioterapia, e l’insorgenza di tossicità dose-correlata più severa.

23

L’AGOPUNTURA NEL SOSTEGNO DEL PAZIENTE CON TUMORE DEL COLON-RETTO Giuseppe Lupi, Manuela Cormio Presidente S.I.R.A.A., Società Italiana di Riflessoterapia , Agopuntura e Auricoloterapia

Docente Scuola Agopuntura C.S.T.N.F., Torino

Ambulatorio di Agopuntura per il trattamento dell’iperemesi gravidica e degli effetti collaterali

della chemioterapia- Ospedale Umberto Parini, Aosta

L’agopuntura, terapia medica nata più di tremila anni fa, consiste nell’infissione di sottilissimi aghi in determinati punti cutanei e nella stimolazione delle zone interessate; agisce attivando meccanismi nervosi e bioumorali per riequilibrare quelle funzioni alterate dell’organismo che stanno alla base della malattia. La stimolazione delle afferenze somatiche dalla cute e dai tessuti sottostanti produce dei riflessi di risposta nelle funzioni viscerali attraverso le efferenze nervose. Molte sono le patologie in cui è indicata l’Agopuntura, in certi casi come terapia elettiva in altri come parte di un piano terapeutico integrato. Il sistema digerente, proprio in virtù della sua ricca innervazione, risponde molto bene all’agopuntura e le numerose validazioni scientifiche internazionali hanno portato all’inserimento di questa terapia medica in diversi protocolli terapeutici. In campo oncologico, ed in particolare nel sostegno del paziente portatore di carcinoma del colon-retto, l’agopuntura non viene ovviamente utilizzata per la cura del tumore stesso, ma soprattutto per la terapia dei sintomi legati alla patologia e alla chemioterapia. Numerosi studi hanno dimostratol’efficacia dell’agopuntura nel migliorare la qualità della vita del paziente e nel controllo del dolore, ma in campo gastroenterologico le maggiori ricerche sono state effettuate per il controllo della nausea e del vomito, dellastipsi, della diarrea e dell’ileo postoperatorio. Gli autori presenteranno le basi neurofisiologiche e neuroanatomiche dell’agopuntura nelle affezioni funzionali intestinali e discuteranno i più recenti lavori scientifici presenti in letteratura. La modulazione del sistema neurovegetativo per mezzo dell’agopuntura sembra essere il cardine della terapia dei disturbi intestinali e questa terapia, priva di effetti collaterali e apprezzata dai pazienti, si è dimostrata un valido aiuto nel controllo dei sintomi nei pazienti oncologici.

24

TERAPIE DI AVANGUARDIA NEL TRATTAMENTO DEL TUMORE DEL POLMONE IN AMBITO RADIOTERAPICO Giancarlo Beltramo Direttore “Cyberknife” Centro Diagnostico Italiano, Milano

La radioterapia rappresenta, insieme alla chirurgia e alla chemioterapia , una tra le modalita’ terapeutiche piu’efficaci nella cura dei pazienti affetti da tumore.

Gli eccellenti risultati clinici recentemente conseguiti dalla radioterapia sono fortemente correlati allo sviluppo di tecniche di irradiazione quali la radioterapia conformazionale (3D CRT) (Read G. et al: Clin Oncol 1998; 10: 288-96) e piu’ recentemente la radioterapia ad intensita’ modulata (IMRT) (Kuijper EL et al: Medical Dosimetry 2007, vol 32; 237-245) tecniche che permettono una migliore erogazione e conformazione della dose al volume bersaglio neoplastico, una minore irradiazione dei tessuti sani circostanti, prerogativa di un miglior controllo locale di malattia, di una minore tossicità e di una migliore qualità della vita per il paziente.

Sebbene L’High Technology in radioterapia abbia permesso di conseguire ottimi risultati nel controllo locale di malattia e nella sopravvivenza dei pazienti affetti da tumore , ad oggi la corretta riproducibilita’ del trattamento radioterapico rappresenta l’ultima frontiera nell’ambito della ricerca tecnologica in radioterapia. L’accuratezza della riproducibilita’ giornaliera del trattamento radioterapico dipende, in parte, sia dalla capacita’ di riprodurre quotidianamente la posizione del paziente prima della seduta di rt (errori di set up), sia dalla capacita’ di verificare e correggere gli spostamenti del target neoplastico durante la seduta di rt (intrafractional motion) e gli spostamenti del target neoplastico tra la seduta di rt e la successiva (interfractional motion) La necessita’ di migliorare l’accuratezza del trattamento radioterapico ha recentemento condotto allo sviluppo di apparecchiature di radioterapia in grado di eseguire dei trattamenti terapeutici radioterapici guidati dalle immagini (IGRT) (Amies C et al: Medical Dosimetry 2006, vol 31: 12-19.

Il principale obiettivo degli apparecchi di radioterapia in grado di eseguire un trattamento guidato dalle immagini e quello di ridurre significativamente il margine di sicurezza applicato attorno al bersaglio neoplastico senza compromettere allo stesso tempo il trattamento radioterapico proposto. Gli acceleratori di nuova generazione sono dotati di accessori dedicati alla verifica del corretto posizionamento del bersaglio e dotati di accessori in grado di monitorare e modificare l’erogazione del fascio di radiazione a seconda della reale posizione del tumore e dei tessuti sani adiacenti durante la seduta di radioterapia. Il tumore del polmone ad oggi è la prima causa di morte negli uomini e la seconda nelle donne. Il progresso della diagnostica per immagini, le campagne di prevenzione e la maggiore sensibilità della popolazione consentono sempre più frequentemente di diagnosticare la malattia in fase precoce: in questa categoria di pazienti la chirurgia, che rappresenta il trattamento terapeutico di scelta, è in grado di ottenere tassi di controllo locale della malattia nell’80% dei casi e sopravvivenza dei pazienti pari al 60-70% a 5 anni. Nei pazienti non candidabili a un intervento chirurgico la chemioterapia e la radioterapia convenzionale hanno conseguito risultati deludenti. I recenti sviluppi della tecnologia ed i continui progressi nell’ambito della fisica e dell’informatica, hanno consentito lo sviluppo di tecniche di radioterapia altamente sofisticate volte all’utilizzo di elevate dosi di radiazioni indirizzate al volume bersaglio contestualmente alla riduzione della dose ai tessuti-organo non bersaglio con il relativo miglioramento nel rapporto rischio-beneficio e della tossicita’ del trattamento Il recente sviluppo di dispositivi tecnologici dedicati alla radioterapia, associati al perfezionamento degli studi di imaging, e a una maggiore comprensione degli effetti biologici a breve e a lungo

25

termine delle dosi somministrate al tumore del polmone, ha condotto a un notevole miglioramento dei risultati clinici. In questo ambito la radioterapia ipofrazionata con Cyberknife rappresenta una nuova soluzione terapeutica nell’ambito dei trattamenti convenzionali per la cura del carcinoma clinicamente localizzatoe avanzato del polmone in quanto, utilizzando la tecnologia robotica e un avanzato sistema di guida basato sulle immagini, rende possibili interventi radiochirurgici senza la necessità di utilizzare presidi di immobilizzazione invasivi. Inoltre questo tipo di trattamento offre vantaggi potenzialmente molto interessanti in quanto la minima esposizione alle radiazioni dei tessuti sani adiacenti e il regime ambulatoriale permettono al paziente di organizzare il proprio tempo libero con il minimo disturbo nelle attività della vita quotidiana. I recenti dati presenti in letteratura hanno evidenziato come un trattamento radiochirurgico condotto tramite Cyberknife ottenga un beneficio clinico per i pazienti affetti da tumore localizzato del polmone superiore non solo al trattamento radioterapico convenzionale (3D-CRT o IMRT), ma anche, in casi selezionati, alla stessa chirurgia.

26

TERAPIA INTEGRATA NEL TUMORE POLMONARE

Walter Legnani Spec. Oncologia Medica-Clinica Madonnina, Membro SIMA, Milano

Il tumore polmonare rappresenta da vari decenni l’esempio più tipico di neoplasia passibile di prevenzione, mentre i vari programmi di screening per la diagnosi precoce non sono mai approdati ad evidenza sufficiente a renderli pratica corrente. La possibilità di prevenzione è legata all’evidenza del fumo di sigaretta come fattore di rischio determinante e, se pure in minor misura, all’inalazione di inquinanti, in parte ambientali e in parte da esposizione professionale. La dimostrazione dell’efficacia della prevenzione sta nella curva di incidenza della neoplasia degli ultimi decenni, che mostra una tendenza al decremento per il sesso maschile a fronte tuttora di un aumento nel sesso femminile. La spiegazione è ancora appunto l’esposizione al fumo. Oltre alla modificazione delle abitudini di vita a questo riguardo, la ricerca va indagando quali altri fattori preventivi possano esistere. Oltre a quelli comunemente citati come adiuvanti immunitari nella logica di pensiero PNEI (esercizio costante, gestione dello stress, quindi tecniche di rilassamento e di equilibrio mente-corpo), un ruolo importante è rappresentato dai costituenti dietetici. Anche in questo campo, oltre a quelli classici (ridotto consumo di zucchero, di carne rossa, di latticini e grassi animali in genere; uso basilare nella dieta di cereali, frutta e verdura stagionale), la letteratura offre una serie di studi sull’integrazione con costituenti aggiuntivi: citiamo i carotenoidi, il selenio, sostanze ad effetto antiossidante e immunoadiuvante come la curcuma, la papaya, il tè verde, gli antociani, il resveratrolo e altri. La relazione mira a illustrare gli studi specifici riguardanti il tumore polmonare e a illustrane il diverso grado di evidenza. Un altro capitolo importante è quello della possibilità di terapie integrate in presenza di malattia durante terapia medica (neoadiuvante nelle forme localmente avanzate oppure nelle forme diffuse). In questa situazione, tradizionalmente considerata a cattiva prognosi, l’integrazione terapia medica – radioterapia – chirurgia ha creato di per sé un aumento delle risposte terapeutiche e delle possibilità di lunga sopravvivenza. Per quanto riguarda la terapia medica convenzionale va detto che negli ultimi anni si è assistito a una ulteriore differenziazione tra le diverse istologie del tumore, con implicazioni pratiche. Se fino a un decennio fa la distinzione veniva fatta fra carcinoma “a piccole cellule” (c.d. microcitoma) e “non a piccole cellule” (ca. spino cellulare, adenocarcinoma e ca. a grandi cellule), attualmente nella istologia adenocarcinoma sono stati individuati diversi assetti recettoriali di membrana che hanno aperto la strada a nuovi tipi di terapia biologica. Si tratta soprattutto di ricercare recettori del tipo EGFR mutati, traslocazioni ALK, considerare la presenza di VEGF. Oltre alla classica chemioterapia per questa forma (cis o carboplatino, taxani, pemetrexed, gemcitabina, vinorelbina e altri), in caso di positività nella ricerca recettoriale hanno trovato posto terapie biologiche quali gefitinib, erlotinib, crizotinib oppure anti-angiogenetici quali il bevacizumab. La tossicità, meno eclatante rispetto alla mielo, neuro, nefro ed epatotossicità dei chemioterapici convenzionali, rimane comunque un elemento di un certo peso: oltre alla fatigue spesso non inferiore alla fase chemioterapica, compaiono spesso alterazioni cutanee e tossicità d’organo di vario tipo. Per quanto riguarda le altre categorie istologiche (ca. epidermoide, grandi cellule e anche nel ca. a piccole cellule) il trattamento è essenzialmente ancora di tipo chemioterapico (ancora platini, taxani, gemcitabina, vinorelbina, etoposide nel microcitoma). È vero che nelle forme a piccole come in quelle a grandi cellule si assiste da tempo a una progressiva caratterizzazione in senso neuro-endocrino, con alcune variazioni terapeutiche consequenziali. Nella fase terapeutica la letteratura complementare individua alcune sostanze in grado di ridurre gli effetti tossici e quindi di contribuire a una miglior qualità di vita e perfino a una maggior

27

praticabilità della chemioterapia. Tra quelle maggiormente studiate possiamo citare il Viscum album, I funghi come Shitake e Maitake, oltre agli elementi a influsso immunitario positivo sopra citati. Un capitolo importante è rappresentato dall’apporto delle sostanze antiossidanti e fitoterapiche che possono ad esempio essere neuro o epatoprotettive. Compito della relazione è anche in questo caso discriminare il grado di attendibilità degli studi a fronte di una notevole mole di dati incontrollata presente sul web. Vanno aggiunti infine come interventi terapeutici potenzialmente utili in fase di terapia medica o radioterapica alcune terapie non farmacologiche: citiamo tra le varie l’agopuntura, l’ipertermia, le terapie artistiche, lo yoga, il thai chi, l’euritmia, la meditazione, il sostegno psicologico e spirituale in generale. Senza tralasciare le indicazioni dietetiche più indicate e specifiche per la fase chemioterapica. Verranno esaminati studi che definiscono quanto i trattamenti integrati influiscano sulla qualità della vita e sulla compliance dei pazienti ai trattamenti convenzionali. Nell’ambito di questi studi sono segnalati, oltre al miglioramento qualitativo, anche riscontri positivi sulla sopravvivenza. A dimostrazione di quanto abbiano senso nel progetto di cura anche rimedi o procedimenti di per sé non direttamente da considerarsi anti-tumorali, ma mirati a favorire e sostenere lo stato metabolico e l’equilibrio personale in generale. Nel tumore polmonare dunque, come in altri tipi di neoplasia, l’integrazione terapeutica, lungi dal voler illudere circa l’esistenza di “alternative” ai metodi convenzionali, si pone come sostegno al paziente a far sì che il periodo di terapia sia il più possibile un tempo vivibile, in cui elaborare senso e motivazioni al cambiamento.

28

OMEOPATIA E TUMORI POLMONARI Elio Rossi Responsabile Ambulatorio di Medicine complementari e alimentazione in Oncologia-UO

Oncologia-ASL 2, Lucca

Nei paesi industrializzati l’omeopatia è utilizzata per lo più come terapia complementare dei protocolli oncologici convenzionali allo scopo di contrastarne gli effetti avversi. La terapia omeopatica delle varie forme di tumore non è ancora stata convalidata con studi clinici randomizzati e controllati e sono disponibili anche pochi studi osservazionali. E’ quindi sostanzialmente l’esperienza clinica di oltre 2 secoli che definisce la possibilità di un intervento omeopatico a integrazione delle cure convenzionali. I dati pubblicati su riviste indicizzate, ancora insufficienti, riguardano nello specifico l’applicazione del cosiddetto “Protocollo Banerji”. Questo metodo che rappresenta una consolidata ultratrentennale esperienza basata su decine di migliaia di casi clinici trattati e un minimo di documentazione scientifica, per quanto ancora del tutto insufficiente per dimostrare l’efficacia del trattamento proposto, si basa sulla somministrazione in diluizioni ultramolecolari di sostanze normalmente somministrate in omeopatia e prevede la prescrizione di rimedi specifici per le singole tipologie di tumore. Secondo il protocollo Banerji, la prima linea di trattamento del tumore del polmone include Kali carb. 200CH a mattine alterne, Thuja occ. 30CH 2 volte al giorno, Kali muriaticum 3DH e Ferrum phos. 3DH 2 volte al giorno. La seconda linea di trattamento prevede Carbo animalis 200CH, 2 volte al giorno, Bryonia alba 30CH e Aconitum napellus 200CH, 2 volte al giorno. Per i sintomi correlati, in caso di tosse, si somministra Bryonia 30CH, Aconitus 200CH insieme con Kali carb., Thuja e Ferrum phos. Emottisi: Ferrum phos. 3DH 5 volte in caso di bisogno. Versamento pleurico: Lycopodium 30CH 3 volte al giorno. Altre studi sono stati pubblicati che riguardano un approccio individualizzato (classico) al trattamento del paziente oncologico. In uno studio recente (Gaertner et al. 2014) per esempio è stata valutata l’associazione dell’omeopatia al trattamento convenzionale presso l’Ambulatorio di omeopatia della Facoltà di Medicina di Vienna. Lo studio retrospettivo ha analizzato nello specifico la sopravvivenza dei pazienti oncologici: i criteri di inclusione allo studio erano almeno 3 visite omeopatiche, prognosi fatale di malattia, descrizione dei dati quali-quantitativi dei pazienti e tempo di sopravvivenza. Nel corso di 4 anni sono stati registrati i dati di 538 pazienti, di cui il 62,8% donne e di questo circa il 20% con tumore della mammella. Del 53,7% (287) dei pazienti che avevano avuto almeno 3 visite omeopatiche in 4 anni, 54 (18,7%) rientravano nei criteri per l’analisi della sopravvivenza. Le neoplasie esaminate sono state glioblastoma, tumore del polmone,

carcinoma del pancreas e colangiocarcinoma, sarcoma metastatizzato e carcinoma renale. La sopravvivenza media generale, comparata con le aspettative di oncologi esperti e con gli outcome di sopravvivenza per ogni tumore riportati in letteratura, è stata più lunga in tutte le tipologie di tumore osservate (p<0.001). Più della metà dei pazienti (65%) aveva tempi di sopravvivenza pari o superiori a quelli riportati in letteratura per soltanto il 20% di pazienti di quella tipologia di tumore. La significatività dei risultati è stata determinata con il test di Wilcoxon; i risultati delle analisi erano significativi per i tumori nel loro insieme (p<0.001), ma anche per colangiocarcinoma (p=0.043), glioblastoma (p=0.043) e sarcoma metastatizzato (p<0.001). La sopravvivenza a 3 anni era superiore in tutte le tipologie di tumore rispetto a quanto riferito in letteratura, tranne che per il tumore del polmone non a piccole cellule. La sopravvivenza più lunga era correlata in modo positivo con la frequenza della terapia omeopatica, anche se questo rapporto non è stato mantenuto coerentemente in tutti i gruppi. Gli autori hanno definito interessante il maggior tempo di sopravvivenza di questo gruppo di

29

pazienti oncologici con prognosi fatale in trattamento aggiuntivo con omeopatia individualizzata. Complessivamente questi dati fanno pensare a processi neuroimmonologici mediati o modulati positivamente dalle CAM che potrebbero influire su crescita e propagazione del tumore. Si tratta però di risultati ascrivibili a un piccolo campione proveniente da un’unica clinica, con dati su pazienti e trattamento limitati. Per questo motivo, conclude lo studio, occorre in futuro esplorare il rapporto fra terapia omeopatica e sopravvivenza dei pazienti oncologici con studi prospettici condotti su campioni più ampi, possibilmente randomizzati, valutando anche l’impatto sulla qualità della vita.

30

IV Sessione

CASISTICA E RICERCA IN ONCOLOGIA

Moderatore: Stefania Meschini

IMMUNOTERAPIA DEL PAZIENTE ONCOLOGICO CON LIEVITI, MUFFE E FUNGHI MEDICINALI Monica Di Lupo Spec. Medicina dello Sport, Pisa

L'intento principale della terapia oncologica integrata è quello di potenziare le difese immunitarie e la reattività organica, modulando i fattori producenti le modificazioni epigenomiche di tipo degenerativo. I/fine terapeutico di questo approccio combinato è quello di arrestare la proliferazione tumorale e reindirizzare ai meccanismi naturali di apoptosi le cellule alterate irreparabilmente, contrastare i danni ossidativi prodotti da malattia, chemio e radioterapia. Con l'utilizzo razionale degli estratti macrofungini (funghi medicinali) e microfungini (lieviti e muffe) si intende approcciare il paziente (non solo la malattia!). Il bersaglio di questo approccio terapeutico sono le cellule immunitarie (macrofago e linfocita, in particolare) per le loro potenzialità di network psico-neuro-endocrino e per le capacità di sintesi e di ricezione dei segnali cellulari autocrini, paracrini, endocrini e neurogeni. In pratica si utilizzano sostanze di origine sia microbiologica che micologica alfine di ottenere la modulazione e il potenziamento delle risposte IMMUNITARIE. Si utilizza, cioè, una strategia terapeutica conforme a quella fisiologica per arrivare a modificare sistemi complessi non direttamente bersagliabili da un intervento di attivazione o inibizione specifico, ma che diventano oggetto, indiretto, di modificazioni positive di adattamento e modulazione psiconeuro-endocrino-immunitarie. Questo in virtù degli stretti rapporti di cooperazione, interazione e auto-regolazione reciproca, tipica dei SISTEMI BIOLOGICI ORGANO-CELLULARI INTEGRATI. MICOLOGIA FARMACEUTICA APPLICATA all'ONCOLOGIA INTEGRATA: Nel regno dei funghi vengono normalmente inseriti sia i micro funghi (lieviti e muffe) che i macro funghi (basidiomicetj e ascomiceti),fra cui i funghi medicinali. I lieviti sono organismi unicellulari e microscopici a differenza di muffe efunghi a cappello che invece sono pluricellulari e macroscopici. I principali fautori molecolari ad effetto immuno-farmacologico presenti nei funghi e approfonditamente studiati per gli usi PONDERALI in oncologia sono essenzialmente- -POLISACCARIDI di STRUTTURA (a- e /3-glucani) - TRITERPENOIDI Le proprietà terapeutiche evidenziate sperimentalmente, ma variabili per la vasta differenziazione biochimica, sono inquadrabili nei seguenti punti cardine: - IMMUNOMODULAZIONE delle risposte infiammatorie cronico-degenerative; - Potenziamento della SORVEGLIANZA immunitaria innata e adattativa citotossica (CD8+); - Potenziamento dell'immunità Th-1 (sorveglianza anti-tumorale, effetto anti-allergico, prevenzione delle reazioni autoimmuni); - Effetto CITO TOSSICO diretto e selettivo sulle cellule cancerose; - Ripristino dei meccanismi APOPTOTICI naturali; - Inibizione dei meccanismi invasivi proteasi-dipendenti (metastatizzazione) e della NEOANGIOGENESI tumorale; - Interazione con i FATTORI DI TRASCRIZIONE NUCLEARE implicati nell'attivazione di citochine, chemochine, metalloproteasi, prostaglandine, iNO, fattori di crescita, ecc. - Regolazione del metabolism° ENERGETIC°, catabolic° e iperinsulinemico nei pazienti oncologici Nell'ambito micro organic° (muffe, si ritrovano akuni del precedenti immuno-induttori farmacologici, presenti anche nei macro funghi, ma utilizzati a diluizioni di REGOLAZIONE del segnali cellulari. Per le clifferenti funzionalità regolatorie e le diverse forme molecolari micro fungine possiarno

33

riconoscere le seguenti strutture micro-immuno-farmacologiche: •Apteni polisaccaridici di potenziamento e modulazione immunitaria; •Lisati cellular' fungini (acidi nucleic', lipidi, proteine, glucani, mannam) con funzione mimetica sovrapponibile ai PAMPs (sequenze molecolari associate ai patogem) e DAMPs (sequenze molecolari associate al danneggiamento cellulare); •Forme fungine eubiotiche di regolazione; L'uso combinato di rimedi ad alta concentrazione ponderale specifica peril potenziamento e la modulazione dei sistemi immunitari e di rimedi a basso diluizione con finalità di "regolazione" del segnali cellulari, favorisce ii sinergismo e la compliance terapeutica nel paziente oncologico con cornplicazioni infettive e cataboliche.

34

LA MEDICINA FUNZIONALE COME PREVENZIONE IN ONCOLOGIA Antonio Sacco Centro di Medicina Generale e Integrativa, Casablanca (Marocco)

Nell'ottica di un Oncologia Integrata che unisce alle conoscenze mediche tradizionali nuove procedure diagnostiche e terapeutiche derivanti dalla biologia molecolare, dalla genetica, dalla farmacogenomica e nutrigenomica, nonché dalle medicine non convenzionali, la prevenzione riveste un ruolo di fondamentale importanza. Infatti permette sia l'identificazione dei fattori di rischio in soggetti sani o in ABS che non presentano sintomi, sia diagnosi precoci in soggetti con antecedenti familiari o in fase subclinica, sia il follow up per il controllo delle recidive in soggetti in fase di remissione. A tale scopo si utilizzano conoscenze derivanti dalla Medicina Funzionale che focalizza il suo intervento prevalentemente sulla persona e non solo sulla malattia, va alla ricerca delle cause scatenanti e non solo di sopprimere i sintomi, approfondendo ricerche sulla biochimica e la fisiologia umana per rendere la Medicina preventiva, predittiva e personalizzata. Cardini fondamentali della Medicina Funzionale sono: - l'approccio olistico con la diagnosi funzionale che tiene conto di tutti i disturbi del paziente e di tutta la sua storia precedente la malattia - l'individualità biochimica, punto centrale della Medicina Funzionale. Ogni individuo presenta caratteristiche uniche che gestiscono non solo le attività volontarie, come la capacità decisionale e le risposte emozionali, ma anche le attività involontarie, come il metabolismo dei nutrienti e la risposta adattativa allo stress ed ai fattori ambientali. Da ciò la necessità di creare un percorso diagnostico e terapeutico specifico ed unico per ogni individuo. - la salute intesa come vitalità positiva e non come semplice assenza di malattie o sintomi. (vedi definizione OMS) Questa valutazione si avvale di: - raccolta dati e questionari - anamnesi rivolta alla ricerca di a) antecedenti o fattori preesistenti alla malattia (Diatesi) b) triggers o fattori scatenanti in grado di attivare i mediatori quiescenti c) mediatori o sostanze in grado di provocare sintomi o danni tessutali - visita medica che focalizza l'attenzione contemporaneamente su struttura posturale, biochimica e psiche - scelta delle analisi funzionali mirate ad hoc per l'individuo in quel preciso momento. Negli ultimi decenni si sono ottenuti straordinari progressi nello sviluppo di esami di laboratorio per la diagnosi delle malattie; purtroppo tale lavoro si è concentrato soprattutto sui processi patologici e non sulle anomalie fisiologiche prima che esse diventino vere e proprie patologie. Non esistono infatti o non sono di routine test per valutare il metabolismo, lo stato nutrizionale, lo stile di vita, la fisiologia e la salute dei pazienti. I pochi test esistenti tendono a misurare valori assoluti, piuttosto che indici funzionali e generalmente indicano valori anomali solo dopo che si sono sviluppate disfunzioni gravi. Tra i tests più utilizzati per la valutazione dello stato nutritivo e delle varie funzioni fisiologiche e che hanno ottenuto conferma nella letteratura scientifica vi sono: - Analisi digestiva completa delle feci (CDSA)

35

- Test di permeabilità intestinale - Breath test al Lattulosio per l'ipercrescita batterica intestinale - Profilo degli acidi grassi - Dosaggio delle IgA salivari - Test per allergie alimentari tramite dosaggio IgG con metodo ELISA - Profilo della detossificazione epatica - Test degli acidi biliari (SBA) che indaga i disturbi funzionali epatici - Analisi minerale tissutale del capello - Analisi per lo stress ossidativo - Profilo metabolico disglicemico - Dosaggio ormonali salivari - Valutazione dei metalli pesanti - Valutazione della funzione immunitaria A livello metabolico é così possibile personalizzare il piano nutrizionale terapeutico tenendo conto della tipologia ossidativa lenta o veloce dell'individuo in quel momento predisponendo il soggetto ad una migliore compliance a tutti gli interventi terapeutici Solo agendo sulle cause e valutando il soggetto nel suo insieme sará possibile prevenire l'insorgenza di molte malattie cronico degenerative

36

LIPOSOMI CATIONICI CONTENENTI LA SOSTANZA NATURALE VOACAMINA PER L’OTTIMIZZAZIONE DELLA CHEMIOTERAPIA Maria Condello (a,b), Barbara Altieri (c), Luisa Giansanti (c), Giovanna Mancini (a), Stefania Meschini (b)

(a) Istituto di Metodologie Chimiche, Consiglio Nazionale delle Ricerche CNR, Roma

(b) Dipartimento di Tecnologie e Salute, Istituto Superiore di Sanità, Roma

(c) Dipartimento di Scienze Chimiche e Fisiche, Università dell’Aquila, L’Aquila

La maggior parte dei tumori presenta una scarsa sensibilità agli agenti chemioterapici risultando, quindi, difficilmente aggredibili con i tradizionali trattamenti farmacologici. L’uso di sostanze naturali da integrare alla chemioterapia convenzionale e l’applicazione di liposomi come sistema di drug delivery sono tra le più importanti strategie adottate in campo biomedico. Studi in vitro hanno dimostrato che la voacamina (VOA), un alcaloide bisindolico isolato dalla pianta Peschiera fuchsifoliae, chemiosensibilizza le cellule tumorali farmacoresistenti alla doxorubicina (DOX), inibendo la P-glicoproteina (P-gp), la principale pompa di efflusso responsabile della farmacoresistenza (Meschini et al., 2005; Condello et al., 2014). L’incapsulamento della VOA in liposomi favorisce la sua solubilità in acqua, aumentando l’accumulo nei tessuti-bersaglio e riducendo quello nei tessuti sani. La VOA è stata inclusa nei liposomi composti dal DOPC (1,2-dioleoil-sn-glicero-3-fosfocolina), gemini come tensioattivo e colesterolo, mediante la tecnica di caricamento a gradiente di pH. L’analisi citofluorimetrica ha dimostrato che queste formulazioni entrano nelle cellule resistenti di osteosarcoma (U-2/OS DX) formando dei pori transienti nella membrana plasmatica che presto riprende la sua funzionalità. L’accumulo del chemioterapico DOX era maggiore nelle cellule pre-trattate con VOA inclusa nei liposomi rispetto a quelle pre-trattate con VOA libera. Il saggio di vitalità cellulare ha dimostrato l’inibizione della crescita di circa il 10% nelle cellule pre-trattate con VOA caricata nei liposomi rispetto a VOA libera. Le osservazioni in microscopia ottica hanno dimostrato che le cellule farmacoresistenti di osteosarcoma trattate prima con i liposomi contenenti VOA e successivamente con DOX erano irreversibilmente danneggiate rispetto alle cellule pre-trattate con VOA libera e DOX. I saggi di funzionalità della P-gp, infine, hanno dimostrato che i liposomi non alterano l’attività della pompa, e che la VOA caricata in liposomi inibisce la P-gp in maniera analoga alla VOA libera. Complessivamente questi risultati dimostrano che l'incapsulamento della VOA nei liposomi migliora il delivery della sostanza naturale nelle cellule tumorali resistenti ed il suo effetto chemio sensibilizzante.

37

L’UTILIZZO DELLA MINDFULNESS IN PSICONCOLOGIA. Elisa Nesi Psicologa, Psiconcologa, Ce.Ri.On. Firenze, Lilt Firenze, C.D. Sipo Toscana, Università Popolare

Arezzo

L’intervento porterà in primo piano l’utilizzo della Mindfulness con Pazienti Oncologici. In particolare,sarà riportato uno studio pilota condotto al Ce.Ri.On di Firenze. Razionale dello Studio/Premessa: Il Protocollo di Ricerca è volto ad indagare l’efficacia di interventi complementari in Oncologia per la riduzione del distress condotto su pazienti in Riabilitazione Oncologica. L’intervento utilizza la Meditazione Mindfulness. La Mindfulness è uno

stato mentale, una modalità dell’essere, non orientata a scopi, il cui focus è permettere al presente

di essere com’è e permettere a noi di essere, semplicemente, in questo presente.

Gli obiettivi: Lo studio si propone di indagare l’impatto di un corso di meditazione Mindfulness (protocollo MBSR): meditazione e mindful yoga che combina esercizi di postura, respirazione e rilassamento. Il lavoro mette in luce come interventi di MBSR con pazienti oncologici possa essere parte integrante di un percorso di RIABILITAZIONE. Questa, intesa come riabilitazione olistica, è finalizzata al prendersi cura momento per momento.

38

ALOE-EMODINA: VALIDITÀ DELL’USO Colone Marisa (a), Calcabrini Annarica (a), Giuliani Chiara (b, c), Altieri Barbara (b), Fratini Emiliano (a), Anello Pasquale (a), Tortora Mariarosaria (d), Bombelli Cecilia (b), Cavalieri Francesca (d), Mancini Giovanna (b), Stringaro Annarita (a) (a) Dipartimento di Tecnologie e Salute, Istituto Superiore di Sanità, Roma

(b) CNR, Istituto di Metodologie Chimiche, Dipartimento di Chimica “Sapienza”, Università di

Roma

(c) Dipartimento di Scienze Fisiche e Chimiche, Università dell’Aquila, L’Aquila

(d) Dipartimento di Scienze e Tecnologie Chimiche, Università di Roma Tor Vergata, Roma

I composti di origine naturale sono tradizionalmente utilizzati per il trattamento di varie malattie. I nostri studi sono stati rivolti verso tali sostanze con l’obiettivo di sviluppare nuovi farmaci antitumorali con un’alta selettività per le cellule tumorali ed una bassa tossicità per quelle normali (che come è noto possiedono un basso indice di proliferazione). Recentemente, il nostro gruppo di ricerca ha studiato l’attività dell’aloe emodin, un antrachinone presente nel parenchima delle foglie di alcune specie di Aloe, che induce effetti citotossici nei confronti di varie linee cellulari tumorali umane, come altri studi scientifici hanno evidenziato. Il cancro al seno è il tumore più frequentemente diagnosticato nelle donne: nel 7% dei casi esse hanno un’età al di sotto dei 40 anni mentre il 4% un’età inferiore ai 35. Nelle donne molto giovani questo tumore può considerarsi raro. Il tumore al seno è una malattia eterogenea che presenta molti sottotipi basati sui diversi livelli di espressione sia del recettore del progesterone, sia di quello per gli estrogeni e del recettore 2 del fattore di crescita dell’epidermide (HER-2/neu). Numerosi dati di letteratura indicano che l’aloe emodin presenta un’alta affinità per le cellule del tumore del seno ed esercita anche un’azione immunostimolante sulle cellule del sistema immunitario (1). Nel presente studio abbiamo utilizzato una linea cellulare umana di adenocarcinoma mammario (SKBR3). I risultati ottenuti mediante varie tecniche di laboratorio (MTT test, studio del ciclo cellulare associati a studi ultrastrutturali) hanno dimostrato che l’aloe emodin esercita un’azione antiproliferativa nei confronti della linea SKBR3. In virtù di questi risultati sono in corso nuovi esperimenti per valutare ed aumentare l’efficienza di trasporto (delivery) di questa sostanza utilizzando vari sistemi quali liposomi cationici, nano/microcapsule e nano/microbolle a base di lisozima. 1. C. Tabolacci, A. Lentini, Life Sci. 2010 (9-10), 316

39

OLI ESSENZIALI: UN NUOVO AIUTO

Bozzuto Giuseppina (a, b), Calcabrini Annarica (a), Colone Marisa (a),Toccacieli Laura (a), Stringaro Annarita (a), Molinari Agnese (a) (a) Dipartimento di Tecnologie e Salute, Istituto Superiore di Sanità, Roma; (b) Istituto di

Metodologie Chimiche, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Roma

Uno degli obiettivi della ricerca oncologica è l'individuazione di nuove strategie terapeutiche combinate, che presentino massima efficacia ed effetti collaterali limitati o nulli. Da sempre l’ambiente naturale ha rappresentato uno scrigno prezioso che ha fornito e seguita a fornire principi farmacologicamente attivi impiegati sia nella pratica della medicina tradizionale che nella ricerca farmacologica industriale. In particolare, negli ultimi anni sempre più studiosi che operano nel campo dell’oncologiasi stanno concentrando sull’impiego degli oli essenziali (OE) da soli o in combinazione con la chemioterapia tradizionale per il superamentodel fenomeno della farmacoresistenza e il miglioramento dell’indice terapeutico. Gli OE, ricavati per distillazione in corrente di vapore acqueo e la spremitura o pressatura di diverse parti della pianta, sono essenzialmente miscele di molecole che possono essere incluse in due gruppi diidrocarburi di diversa origine biosintetica: terpenoidi e fenilpropanoidi. Ad oggi, sono conosciuti approssimativamente 3000 oli essenziali, di cui 300 sono presenti in commercio. Gli OE essendo sostanze lipofilevengono facilmente assorbite dall’organismo e da secoli trovano impiego soprattutto per le loro proprietà antimicrobiche, analgesiche, antinfiammatorie, spasmolitiche ed anestetiche locali anche se studi recenti hanno dimostrato che i loro componenti possiedono anche attività antitumorale sia in vitro che in vivo. L’attività antitumorale è imputabilea diversi meccanismi d’azione talvolta sinergici. Essi riducono l’infiammazione e lo stress ossidativo che sono, come è noto, fenomeni associati alla progressione tumorale e probabilmente anche alla sua origine. Inoltre,gli OE hanno attività antimutageniche, antiproliferative, stimolano il sistema immunitario e l’immunosorveglianza, e sono in grado anche di modulare lapolifarmaco-resistenza come è stato dimostrato dal nostro gruppo di ricerca mediante studi biofisici ultrastrutturali condotti su cellule di melanoma umano.

Come dimostrato da vari studi in vitro, i terpenoidisono in grado di indurre la morte delle cellule tumorali attivando le caspasi, ovvero le proteine responsabili del fenomeno di morte cellulare per apoptosi. Infine, è stato dimostrato che gli OE, grazie al loro carattere lipofilo, agiscono a livello delle membrane mitocondriali iperpolarizzate delle cellule tumorali,ristabilendo inormali valori di potenziale di membrana.

Tuttavia, essendo gli OE delle miscele complesse di centinaia di costituenti, una delle maggiori difficoltà che si incontra èla razionalizzazione del loro effetto antitumorale:questo probabilmente è il risultato della somma di ogni singola attività, modulata da tutte le potenziali sinergie.

40

IL CANCRO: NUOVI PERCORSI DIAGNOSTICI E TERAPEUTICI

Stanislao Aloisi Spec. in Nutrizione, Dietologia e Nefrologia, Palermo

Recentissimi studi a livello mondiale , supportati da una corposa e rigorosa bibliografia scientifica , indicano che un cospicuo e idoneo consumo di Frutta e Verdura svolge un ruolo preventivo e curativo nei riguardi del Cancro. Alcuni di questi vegetali , infatti , sono ricchi di particolari composti fitochimici capaci di azione antitumorale ma anche di rafforzare esponenzialmente l’effetto di chemio- e radioterapia . Da queste ricerche emerge , inoltre , che la diffusione di particolari tipi di neoplasie maligne in certe aree geografiche è strettamente correlata al regime nutrizionale . Grazie ad una Alimentazione mirata si potrebbe , dunque , ridurre l’incidenza del Cancro che , a detta degli esperti , si aggirerebbe intorno al 30% . Poiché non sempre i trattamenti clinici attualmente disponibili contro il Cancro hanno gli esiti auspicati , la somministrazione di piccole dosi quotidiane di benefiche molecole fitochimiche presenti in notevole quantità in particolari frutta e verdure nonchè il ribilanciamento calorico dei macronutrienti ridurrebbe di circa 1/3 l’insorgenza e l’exitus del Cancro . Trattasi di un nuovo approccio alimentare , ulteriormente modificato in modo sano da una assunzione quanti- qualitativamente corretta di Acqua giornaliera . L’Alimento inteso , dunque , come “ medicamento “ . Si è visto , inoltre , che i successi terapeutici sono maggiori se la Nutriterapia viene correttamente integrata da altri suggerimenti che tengano conto della Individualità Metabolica – Psichica – Strutturale del paziente in esame . “ Nuovi percorsi terapeutici “ , dunque , ma anche ” Nuovi percorsi diagnostici “ . Questi ultimi , infatti , sono altamente innovativi e come tali utilizzabili sia in prevenzione che in diagnosi che nel monitoraggio oncologico . Il Cancro , pertanto , una patologia infiammatoria cronica genetica che se approcciata in modo integrato fa ben sperare in una sua più sempre curabilità .

41

PSICO-NEURO-ENDOCRINO IMMUNOLOGIA NELLE MALATTIE CRONICHE CUTANEE: NUOVI CONCETTI E NUOVI DATI Torello Lotti Professore Ordinario di Dermatologia e Malattie Veneree, Università di Firenze, Firenze

Le influenze del cervello e del corpo sono bidirezionali e la pelle deve essere considerata come un’ interfaccia neuro-immuno-endocrina attiva, in cui le molecole effettrici agiscono come parole comuni usate in un dialogo dinamico tra cervello, sistema immunitario e pelle. E 'stato ampiamente dimostrato che gli stimoli ricevuti nella pelle possono influenzare il sistema immunitario, endocrino e nervoso sia a livello locale che a livello centrale. In passato, è stato dedicato molto lavoro alla dermatologia psicosomatica (o Psicodermatologia) da pionieri ben noti. Negli ultimi anni, il meccanismo molecolare con cui neuropeptidi collegano l'asse neurale-immuno-endocrino ha ricevuto una crescente attenzione. La disregolazione funzionale dei neuropeptidi è stata associata a condizioni patologiche cutanee, come la psoriasi e la dermatite atopica, e la corrente comprensione delle anse bidirezionali tra il sistema immunitario, endocrino e il sistema nervoso centrale ed autonomo può chiarire la fisiopatologia di queste malattie, fornendo così potenziali bersagli per interventi terapeutici.

42

V Sessione

NUTRIZIONE: OLTRE LE ABITUDINI: PANE – SOIA – LATTE

Moderatori: Massimo Fioranelli – Massimo Bonucci

VALUTAZIONE DEL POTERE ANTIOSSIDANTE DEGLI ALIMENTI Roberto Stevanato Dip. Scienze Molecolari e Nanosistemi, Università Ca' Foscari Venezia, Venezia

E' noto che l'ossigeno, mediante alcune sue forme particolarmente attive chiamate ROS, specie reattive dell'ossigeno, può provocare danni gravi agli organismi viventi ed, in particolare, alle membrane cellulari, alle proteine e agli acidi nucleici. E' oramai universalmente accettato che malattie degenerative, quali, arteriosclerosi, ictus, cancro, enfisema, morbo di Parkinson, malattia di Alzheimer, SLA (sclerosi laterale ameotropica) ed invecchiamento precoce siano da ricondursi alla deleteria azione dei ROS. Le prime evidenze sulla correlazione fra certe tipologie di malattie e la dieta risalgono al primo '800 e da allora fu una progressione di risultati che portarono l'American Heart Association a riconoscere l'enorme beneficio per la salute pubblica della dieta in stile mediterraneo. Il beneficio è da accreditarsi soprattutto alle molecole con proprietà antiossidanti contenute negli alimenti, nella frutta e verdura fresca in particolare. Questi principi attivi hanno la proprietà di bloccare l'azione delle ROS ed interrompere la catena di reazioni radicaliche che provocano il danno ossidativo. Ma come misurare l'efficacia di tali molecole? Va evidenziato, infatti, che molecole della stessa classe, ad esempio dei flavonoidi appartenenti alla grande famiglia dei polifenoli, possono presentare forti differenze di proprietà antiossidante, in relazione a marginali differenze della struttura chimica. Sono state proposte diverse metodiche analitiche per la determinazione delle proprietà antiossidanti di molecole e composti, fra cui i saggi di Folin-Ciocalteu, del DPPH, enzimatico, ecc., ma ciascuna presenta dei limiti perché indirizzata a misurare un parametro chimicofisico di un processo in realtà molto articolato e tutt'altro che completamente noto. La procedura più corretta è quella di definire come buon antiossidante quella molecola che, applicando differenti metodiche analitiche, dà in ogni caso i risultati migliori, ma la procedura ottimale dovrebbe fornire risultati assoluti meccanicisticamente giustificati. La misura ossigrafica di inibizione della perossidazione lipidica, seppure lenta e laboriosa, appare oggi la più affidabile a questo scopo, in quanto mima in vitro i processi che avvengono in vivo. Si tratta però di individuare un parametro assoluto che correli il risultato sperimentale al meccanismo chimico noto della perossidazione, in modo tale da poter costruire una scala assoluta del potere antiossidante delle molecole. Tale risultato risulterebbe utile per selezionare le specifiche strutture molecolari caratterizzate da elevato potere antiossidante da utilizzare in campo terapeutico nella prevenzione dei danni provocati dalle ROS, ma anche nell'industria alimentare, ad esempio nella conservazione degli alimenti.

45

LA PASTA ED IL PANE: GLUTEN SENSITIVITY Giuseppe Di Fede Direttore Sanitario I.M.Bio Istituto di Medicina Biologica Milano e Istituto Medicina Genetica

Preventiva I.M.G.E.P, Milano

Docente nel Master di Nutrizione Umana, Università di Pavia, Pavia

Studio conferma l’esistenza della sensibilità al glutine non celiaca. In occasione del XXI Congresso Nazionale della FISMAD (Federazione Italiana Società Malattie Apparato Digerente) è stato presentato per la prima volta uno studio retrospettivo dal titolo “Non-Celiac Wheat Sensitivity Diagnosed by Double-Blind Placebo-Controlled Challenge: exploring a New Clinical Entity”, pubblicato recentemente sul Am J Gastroenterol. Lo studio, realizzato su oltre 250 pazienti, aveva l’obiettivo di indagare la sensibilità al glutine non celiaca e ottenere le prime indicazioni sui marker diagnostici, sierologici ed istologici per questa patologia. Per questo sono state riviste retrospettivamente le cartelle di pazienti messi, in cieco, a dieta senza glutine e, in seguito, riesposti a questa molecola. I partecipanti non dovevano essere celiaci e dovevano avere disturbi ascritti alla sindrome del colon irritabile (IBS). I risultati confermano l’esistenza della sensibilità al glutine non celiaca e la connotano come una condizione eterogenea: circa 1/3 dei pazienti con IBS sono risultati sensibili al glutine. Si e' giunti ad una linea guida clinica-diagnostica elaborando un algoritmo diagnostico di laboratorio per meglio evidenziare i pazienti positivi alla G. S.

46

DESTINO ED EFFETTI METABOLICI DI DNA TRANSGENICO IN CONIGLI ALIMENTATI CON SOIA GENETICAMENTE MODIFICATA Vincenzo Mastellone Spec. Anatomia e Fisiologia Veterinaria, Università Federico II, Napoli

I risultati delle indagini da noi condotte al fine di valutare l’integrità del DNA vegetale di origine alimentare nel coniglio, specie per la quale, al momento della stesura della presente tesi di Dottorato, non esisteva in merito alcun dato bibliografico, consentono di effettuare le seguenti considerazioni conclusive: • l’efficienza di estrazione del DNA vegetale risulta notevolmente influenzata dalla provenienza del campione. Rese molto diverse sono, infatti, state registrate nei campioni di organo, rispetto a quelli di tessuto muscolare e di sangue, così come differenze sono state rilevate tra i contenuti dei diversi tratti dell’apparato gastro-intestinale. Non è inoltre da trascurare la diversa risposta ottenuta per campioni uguali prelevati da animali di specie diversa, e, nell’ambito della stessa specie, da animali differenti; • per quanto riguarda il sangue, al fine di ottenere rese di estrazione del DNA più favorevoli, è consigliabile operare su campioni freschi. Meno efficiente, infatti, è risultata l’estrazione dai campioni congelati; • i processi tecnologici degli alimenti che prevedono l’impiego di fonti di calore contribuiscono alla degradazione del DNA in essi contenuto e di questo va tenuto debito conto quando si vogliano effettuare questo tipo di ricerche; • le sequenze di geni a singola copia (quali sono tutti i transgeni) risultano attualmente ancora di difficile rilevazione rispetto a quelli multicopia. Le preoccupazioni di una larga fascia di consumatori nei riguardi del destino del DNA transgenico ingerito con gli alimenti GM emergono soprattutto in relazione a quest’ultimo punto. Se è vero, infatti, che l’intensa frammentazione del DNA durante il processo digestivo dei monogastrici e dei ruminanti sembrerebbe escludere la possibilità della sopravvivenza di geni integri, potenzialmente capaci di essere coinvolti in processi di ricombinazione omologa, secondo qualcuno i risultati negativi nella ricerca dei transgeni nei tessuti animali, sono da attribuire alle metodiche di analisi la cui sensibilità potrà essere ancora migliorata; • gli animali alimentati con soia GM, pur non evidenziando segni clinici evidenti o significative alterazioni dei profili metabolici, hanno mostrato un’alterazione nella produzione locale di LDH suggerendo che la ricerca sui possibili effetti metabolici di una dieta GM debba essere approfondita. In questo senso, i nostri risultati suggeriscono che un’accurata analisi enzimatica potrebbe essere utile per rilevare gli effetti della dieta OGM sul metabolismo cellulare anche in assenza di segni clinici e biochim

47

MANIPOLAZIONE NUTRIZIONALE NELLA MODULAZIONE DI PATTERN CITOCHINICI INTESTINALI

D' Orta Armando; Del Buono Andrea (a) Biologo Nutrizionista, Specialista in Scienze dell'Alimentazione

(b) Medico Chirurgo, Specialista in Medicina Preventiva e del Lavoro, Perf. Fisiopatologia ed

Allergologia Respiratoria.

Ognuno di noi nasce come un verme. Il “verme” è il nostro intestino, una delle primissime parti che si sviluppa dai foglietti embrionali. Nasciamo dunque come “intestino”. Questo strano insieme di membrane non è solo il posto in cui si digeriscono gli alimenti, ma è la sede dei quattro quinti del sistema immune e possiede un così grande numero di neuroni pari a quello del cervello di un cane. Così come il cane, il nostro intestino non ha capacità di ragionare, ma vive una profonda e intensa “emozionalità. In termini biochimici gli alimenti, influenzano il sistema immune e il sistema nervoso, modulando il pattern di citochine e neurotrasmettitori, le cui alterazioni sono alla base del processo imfiammatorio, concausa di tutte le più gravi patologie degenerative, cancro compreso. Il fenomeno della gravidanza ad esempio, inteso come un'esplosione estremamente controllata di crescita di blasti, viene tollerato dal sistema immune, attraverso il riarrangiamento di un complesso sistema di comunicazione, mediato da citochine. La medesima cosa avviene nella fenomenologia del cancro: la massa neoplastica in crescita viene tollerata dal sistema immune, (Treg) il quale, se prevalentemente Th2 orientato, può perdere gran parte della sua sorveglianza immunologica, intesa come citotossicità. Gli alimenti partecipano al mantenimento del sistema infiammatorio in base allo lo capacità di essere antigeni e distrattori immunologici. Essi costituiscono frazioni proteiche non completamente digerite che generano una risposta infiammatoria non finalizzata. Ad esempio la caseina dopo trattamento termico (UHT) e il glutine moderno esaploide (eptapeptidi). Le proteine dunque vanno selezionate in base alla provenienza genetica e al tipo di trattamento termico effettuato. Oltre alla presenza di questi epta e nonapeptidi, il mantenimento e la degenerazione del fenomeno infiammatorio viene amplificato da un'eccessiva presenza di proteine di origine animale, per l'alto contenuto di elementi solforati. Questo processo è noto come Inflammaging: l'infiammazione può portare danno, e il danno può portare la trasformazione cellulare. Non è sbagliato quindi orientare la propria attenzione su questo complesso organo, cercando, tramite l'alimentazione e i nutraceutici, di modularne la risposta. La "dieta" quindi diventa uno strumento indispensabile per modulare, anche in condizione benessere apparente, parametri ormonali, citochinici, circadiani e di equilibrio acido-base.

48

IL LATTE E’ UN ALIMENTO PREZIOSO: PER CHI, QUANDO E PERCHE’ Sabrina Capurso Spec. Geriatria, Dirigente Medico U.O. di Medicina, Osp. Bracciano, Roma

Il latte è considerato da sempre un alimento prezioso perché completo dal punto di vista nutrizionale. Essendo la prima fonte di nutrimento per tutti i piccoli di mammifero incluso l’uomo, è visto come qualcosa di sicuro, che non può nuocere. Tuttavia, il latte è un alimento complesso, composto di acqua, sali minerali, lattosio, vitamine, diverse proteine, fattori di crescita e grassi, laddove ciascuna di queste componenti ha effetti ben precisi sulle cellule viventi. E’ utile ai pazienti affetti da tumore assumere latte? Quali delle sue componenti sono benefiche o dannose e perché? In questa sede prenderemo in considerazione il consumo di latte in relazione al rischio di ammalare di cancro, al rischio di progressione o recidiva di malattia ed in relazione agli effetti collaterali da chemioterapia, per capire quando è utile consumare latte e latticini e quando è invece consigliabile evitarli.

49

ALCALINIZZARE: QUANDO? COME? Paola Fiori Direttore Scientifico e Sanitario, Centro Frontis, Roma

Lo stato di acidosi è associato a numerosi comuni disturbi a carico dell’organismo che inficiano lo stato di benessere generale di un soggetto. Ma l’acidosi metabolica è chiamata spesso in causa anche in patologie importanti quali: sindrome di Alzheimer, disturbi cardio-vascolari, diabete, ipercolesterolemia, patologie

oncologiche. Parliamo di dieta alcalinizzante e non alcalina in quanto non è semplicemente il pH di un cibo a determinare o meno l’acidificazione del nostro organismo, ma la sua interazione con gli altri cibi contemporaneamente assunti, la situazione dell’organismo e dell’organo che li riceve, i meccanismi da esso stimolati durante il processo digestivo. Gli ioni idrogeno residui dunque al termine del processo digestivo metabolico e l’orario in cui questi residui si producono risultano invece fondamentali nell’influenzare l’equilibrio acido-basico del soggetto. Per comprendere quando sia necessario intervenire con una dieta di questo genere è necessario identificare sintomi e esami diagnostici che permettano di valutare l’eventuale stato di acidosi di una persona. Saranno quindi presentati i risultati di uno studio comparativo clinico-diagnostico eseguito presso l’Istituto di Medicina del Benessere Frontis utilizzando le diverse metodiche degli ultimi dieci anni. Una dieta non acidificante o moderatamente alcalinizzante e ben concepita per il soggetto giova comunque a tutti con il preciso scopo di mantenere ciascuno il proprio benessere. Naturalmente essa diventa una terapia imprescindibile in caso di una serie di patologie, prime fra tutte le patologie oncologiche. Tuttavia perché una dieta risulti veramente alcalinizzante devono essere studiate anche le attività fisiche del soggetto, i suoi orari dei pasti e i suoi orari del sonno. E’ questo il motivo per cui le tabelle diffuse sugli alimenti acidificanti e basificanti riportano l’una il contrario dell’altra ed hanno spesso limitato valore dal punto di vista clinico perché non tengono conto di tutte le interazioni cibo-organismo.

50

DISTURBI VASOMOTORI E DOLORE IN DONNE CON TUMORE MAMMARIO O GINECOLOGICO TRATTATE CON MEDICINA TRADIZIONALE CINESE Sonia Baccetti, E. Biondi, T. Conti, M.V. Monechi, Filippa Terranova Centro di Medicina Tradizionale Cinese “ Fior di Prugna” ASL 10 di Firenze

Introduzione ed obiettivi. Secondo la letteratura recente, l’agopuntura è una tecnica molto promettente per il trattamento delle caldane e del dolore oncologico come riportato da alcune Linee guida (Society for Integrative Oncology –SIO 2009 e National Comprehensive Cancer Network 2013). Scopo dello studio clinico pilota, di tipo interventistico, è valutare se la Medicina Tradizionale Cinese rappresenti un metodo sicuro ed efficace nel trattamento di questi sintomi associati al tumore e alle terapie oncologiche in donne con tumore della mammella o ginecologico. Metodi: Presso il Centro di MTC Fior di Prugna della Azienda USL di Firenze, sono state trattate, dal Gennaio 2012 al Marzo 2014, 62 pazienti oncologiche (operate e/o in trattamento chemioterapico o radioterapico), di età compresa tra 34 e 77 anni, divise in 2 gruppi (n. 32 per sindrome vasomotoria e n. 30 per dolore). Gli strumenti di valutazione di risultato utilizzati prima e dopo il trattamento sono stati, per le caldane, il questionario Hot Flash Score (Sloane 2001), mentre per il dolore, a riposo e durante il movimento, è stato utilizzato il questionario con scala verbale PPI (Present Pain Intensity) e quello con scala numerica NRS (Numeric Pain Intensity Scale). Il trattamento ha previsto 10 sedute, una alla settimana, della durata di 40’. Per le caldane il protocollo terapeutico ha previsto la stimolazione con martelletto fior di prugna (zona dorsale da C7 a D5) e l’elettroagopuntura somatica (23VG,2BL,22CV,11LI,4LI, 20GV,4CV, 6CV,37ST,3LR); per il dolore è stata effettuata somatopuntura nei punti 3LR,34GB,4LI,43BL, 36ST, 6CV, punti SHU-MO corrispondenti alla sede del tumore, Punti ashi locali ed auricoloterapia. Sono inoltre stati aggiunti punti variabili, scelti in base alla valutazione energetica del paziente. Risultati: si è riscontrato un significativo miglioramento in tutti gli indici di outcome; il numero medio di caldane nelle 24 ore è passato da 14,6 all’inizio del trattamento a 8,2 alla fine trattamento (p-value <0,01); gli episodi definiti gravi sono passati da 4,8 a 1,7 (p-value <0,01); e quelli gravissimi da 1,1 a 0,2 (p-value <0,05). Il valore medio di intensità del dolore, secondo la NRS Scale, si è ridotto, sia a riposo (da 5,9 a 3,4 (p-value <0,01); che al movimento ( da 7,1 a 4,4 (p-value <0,01); Con la scala PPI il dolore a riposo è diminuito, prevalentemente quello atroce e forte; in 7 casi (23,3%) si è avuto risoluzione completa della sintomatologia dolorosa. Anche nel dolore al movimento (scala PPI ) infine è stata riscontrata riduzione di intensità, maggiore nel dolore forte ed atroce. Non sono stati riscontrati effetti avversi rilevanti. Conclusioni: In accordo con la letteratura internazionale questo studio dimostra che la MTC può essere considerata una tecnica terapeutica efficace e sicura da utilizzare per ridurre il dolore ed i disturbi vasomotori nelle pazienti oncologiche. In questo ultimo ambito essa è particolarmente raccomandata poiché, come è noto, le donne non possono assumere la terapia ormonale sostitutiva a causa dei rischi connessi. Sono comunque necessari studi randomizzati controllati per validare i risultati ottenuti.

51

ONCOLOGIA: L’APPROCCIO IN MEDICINA BIOINTEGRATA Franco Mastrodonato Medico chirurgo. Direttore sanitario della Domus Medica di Bagnoli del Trigno (IS); direttore

scientifico IMeB, Istituto di Medicina Biointegrata; presidente SIMeB, Società Italiana di Medicina

Biointegrata; docente Master in Medicina Naturale Università Tor Vergata, Roma

La Medicina Biointegrata, basandosi sull’integrazione tra le varie forme mediche secondo un linguaggio costituzionale, e sull’applicazione sinergica di una particolare metodologia diagnostica e terapeutica, permette un approccio globale al paziente, superando spesso quelli che sono i limiti di ciascuna forma medica singolarmente presa. Il paziente oncologico, per quanto complesso, non sfugge a tale sistema, anzi, vede la sua problematica inquadrata in un contesto più ampio, personalizzato e maggiormente umanizzato. Dalla diagnosi alla terapia, si vuole dimostrare come un approccio biointegrato in campo oncologico possa produrre maggiori risultati rispetto ad un sistema tradizionale o semplicemente integrato.

52

WORKSHOP:

Ipertermia Oncologica Integrata e Chirurgia: validità dei trattamenti

Massimo Assogna

Sergio Maluta

Carlo Pastore

Piero Rossi

IPERTERMIA A RADIOFREQUENZA: ASSOCIAZIONE A CHEMIOTERAPIA Massimo Assogna Servizio di Ipertermia e Terapie Locali in Oncologia.

Policlinico Universitario Tor Vergata. Università Tor vergata Roma.

Introduzione La terapia ipertermica o ipertermia oncologica (RF-HT) consiste nel riscaldamento dei tessuti biologici a temperature superiori a quella fisiologica. Il riscaldamento dei tessuti avviene mediante la generazione di campi elettromagnetici. Le onde elettromagnetiche utilizzate sono quelle comprese nell’intervallo di frequenze delle onde corte. Attualmente si usa la frequenza di 13,56 MHz, che permette di ottenere un riscaldamento in profondità dei tessuti trattati in modo non invasivo la cui potenza, dissipata localmente, consente di ottenere innalzamenti della temperatura (da 42° a 43°C). Cenni Storici Sono riportate esperienze di Galeno, Ippocrate e Celso. Busch nel 1866 osservò la scomparsa di un sarcoma in un paziente con rialzi termici violenti causati da erisipela. Cooley nel 1883 iniettò tossine batteriche in pazienti neoplastici per ottenere rialzo termico. Questo ed altre esperienze dimostrano una certa attività dell’ipertermia su tessuti neoplastici infiammatori (malarioterapia). Anni ’70: a seguito delle esperienze di Mondovì e Overgaard vengono dimostrate: alterazioni strutturali di membrana superficiali e lisosomiali nelle fasi S ed M del ciclo cellulare. aumento della permeabilità agli agenti citotossici. La possibilità di riscaldare i tessuti è favorita dalle caratteristiche alterazioni emodinamiche del microambiente tumorale, incapace di dissipare il calore come i normali tessuti. L’associazione di chemioterapia ed ipertermia al fine di potenziare l’azione antitumorale dei farmaci è stata descritta da J. SPRATT nel 1979 in un caso di pseudomixoma peritoneale dopo averne sperimentato la tecnica su animali. Razionale L’Ipertermia esplica la proprio azione direttamente su alcuni componenti della cellula neoplastica e su alcune sue funzioni : membrana cellulare, citoscheletro, liposomi, respirazione, DNA, RNA, sintesi proteica (Dahm-Daphi et al., 1997). Induce modificazioni del microcircolo tumorale con incremento dell’ipossia ed abbassamento del pH, stimolazione del sistema immunitario (liberazione di citochine che stimolano l’arrivo in situ delle cellule immunocompetenti) ed infine cambiamento dell’omeostasi dei sistemi cellulari. L’azione dell’Ipertermia determina comparsa di termotolleranza. Per termotolleranza si intende una accresciuta resistenza al calore da parte delle cellule neoplastiche. Particolare attenzione deve essere posta nel caso di cicli termici ripetuti, come comunemente avviene, in quanto le cellule possono diventare termotolleranti, ossia più resistenti al calore di quanto non lo fossero prima dell’applicazione della dose termica iniziale. La causa principale della Termotolleranza alla Ipertermia è da ricercarsi nell’incremento di produzione, da parte delle cellule neoplastiche danneggiate dall’aumento di temperatura, delle Heat shock proteins (HSPs). Le Heat shock proteins (HSPs) sono un gruppo di proteine indotte da shock termico, ma anche da traumatismi, infezioni ecc. I membri più importanti di questo gruppo sono una classe di proteine funzionalmente collegate, coinvolte nella ripiegatura e dispiegamento di altre

55

proteine. La loro espressione è aumentata quando le cellule sono esposte a temperature elevate o altri stress. Questo aumento di espressione è trascrizionalmente regolamentato. La violenta sovraespressione delle proteine da shock termico è indotta principalmente dagli Heat shock factors (HSFs). Le HSPs si trovano in quasi tutti gli organismi viventi, dai batteri agli esseri umani. Le Heat shock proteins sono denominate in base al loro peso molecolare. Ad esempio, Hsp60, Hsp70 e Hsp80 si riferiscono alle famiglie di proteine da shock termico di dimensioni dell'ordine di 60, 70, e 80 kDa, rispettivamente. Metodica di utilizzo dell’Ipertermia Capacitiva (RF-HT) Il trattamento deve essere praticato a giorni alterni, allo scopo di ridurre l’insorgenza della Termotolleranza. La durata del trattamento è di 45 min. Temperatura raggiunta: 42,5°-43°. Gli elementi favorevoli alla ipertermia sono: metodica non invasiva, assenza di effetti collaterali, Buona sopportazione da parte dei pazienti, economia di gestione, mentre a sfavore si ha Impossibilità di misurare le temperature nel tumore, salvo utilizzare metodiche di misurazine invasive), non uniformità del riscaldamento (cold spot- hot spot). L’ipertermia trova impiego nell’associazione con chemioterapia e radioterapia. I benefici prodotti dalla ipertermia si riassumono nell’aumento dell’uptake del farmaco da parte delle cellule tumorali attraverso incremento del flusso sanguigno, nel collasso della microcircolazione tumorale con “intrappolamento” del farmaco nelle cellule tumorali, nell’incremento della permeabilità di membrana con facilitazione del passaggio del farmaco all’interno della cellula e nella mancata formazione dei complessi farmaco-proteine con conseguente maggiore diffusibilità del farmaco e maggiore interazione con i bersagli cellulari. La risposta dei chemioterapici al calore risulta differente a seconda della famiglia dei farmaci. In particolare si hanno: Farmaci con effetto additivo-sopradditivo (lineare) quali Tio-TEPA, nitrosuree, mitomicina C, cisplatino, melfalan; Farmaci con marcato effetto soglia (42°C - 43°C): Doxorubicina, bleomicina, actinomicina D, mitoxantrone, paclitaxel e farmaci che diventano citotossici con l’ipertemia: Cisteamina, amfotericina B, AET, poliamine. Controindicazioni alla Ipertermia Le controindicazioni alla ipertermia capacitiva (RF-HT) possono essere assolute e relative. Controindicazioni assolute sono: Pacemaker, Protesi metalliche magnetiche, Ittero ingravescente, Scompenso cardiaco, Varici esofagee, Colite ulcerosa e Trombosi dei grossi vasi (trombosi Portale). Le controindicazioni relative sono: Flogosi acute, Versamenti abbondanti pleurici o addominali, Febbre, Ferite (comprese le chirurgiche), Emorragie, Ulcere, Fistole, Ulcera gastrica o duodenale. Il trattamento deve essere sospeso almeno 15 gg prima della esecuzione di PET per evitare artefatti. I principali effetti collaterali riscontrati sono: Iperemia cutanea nel 10,0%, Dolore superficiale nel 2,0% dei casi, Adiponecrosi sottocutanea nello 0,15% dei casi e Ustioni di I e II grado nello 0,025% dei casi. Casistica basata su circa 40.000 trattamenti eseguiti da 01/2001 a 05/2014 presso il nostro Centro. Prospettive future Sono auspicabili una messa a punto di trials controllati con adeguatezza metodologica e statistica, ulteriori studi di farmacodinamica e farmacocinetica per la determinazione di un esatto timing,

56

miglioramento della tecnologia delle macchine (contorni mirati del target, possibilità di indirizzare e controllare il calore, migliore riscaldamento di lesioni profonde e/o con elevato volume, nuovi algoritmi per il calcolo indiretto delle temperature) e sviluppo della tecnologia basata su nanoparticelle (ipertermia magnetica). Ipertermia magnetica L’ipertermia magnetica comporta l’iniezione di un fluido contenente nanoparticelle magnetiche (NP) direttamente all’interno della massa tumorale. Quando sottoposte ad un campo magnetico alternato di frequenza dell’ordine delle onde radio FM , le nanoparticelle, frazioni di materiali inorganici o organici inferiori al micron, dissipano calore: ne deriva un incremento di temperatura della massa e, in particolare, un danno alle cellule maligne. Il vantaggio di questa tecnica, minimamente invasiva, consiste nella capacità di prevenire i riscaldamenti indesiderati dei tessuti sani poiché solo le nanoparticelle assorbono l’energia fornita dal campo magnetico. Le NP sono costituite da ossido di ferro. Queste, allo stato naturale, tendono ad aggregarsi minimizzando l’energia superficiale inoltre vengono ossidate con la conseguente perdita di magnetismo e capacità di dispersione. Per evitare questi comportamenti le NP vengono funzionalizzate, cioè integrate con molecole organiche (tensioattivi, polimeri) o inorganiche (silice, o metallo). Viene preferito l’oro in quanto il rivestimento con tale materiale non fornisce solo stabilità della NP in soluzione ma permette anche il legame di molecole biologiche, utili per varie applicazioni biomediche. Un esempio sono le NP rivestite d’oro alle quali viene legato il TNF-α (tumor necrosis factor) che migliora in maniera molto efficacie la cura tumorale. Gli studi attuali sono concentrati sulla coniugazione di anticorpi monoclonali con le nanoparticelle affinchè queste possano selettivamente concentrarsi nel tumore così da produrre un riscaldamento locale controllato dalla elettrofrequenza generata.

57

LA IPERTERMIA NELLE RECIDIVE DEL TUMORE MAMMARIO E NEL CANCRO COLO-RETTALE LOCALMENTE AVANZATO.

Sergio Maluta Centro Medico Serena-Unitá di Ipertermia Oncologica, Padova

La ipertermia (HT) viene definita come una modesta elevazione della temperatura nel range di 39- 45 gradi C. L' effetto si ottiene esponendo i tessuti a sorgenti di calore generate da onde elettromagnetiche o ultrasuoni. Essa può essere combinata con radioterapia (RT), chemioterapia o chirurgia in modo invasivo e non invasivo. Metodi La HT locale o superficiale è la modalità con cui il calore viene somministrato nelle recidive di tumore mammario. Il volume di tessuto riscaldato è funzione delle caratteristiche fisiche della sorgente di radiazioni, della loro energia e del tipo di applicatore. I metodi di somministrazione si dividono principalmente in tecniche di HT superficiale e profonda. La distribuzione della energia nei tessuti dipende dalle caratteristiche dei tessuti e risulta pertanto inomogenea. La variazione delle temperature non dipende solo dalla energia e dalla sua distribuzione ma anche dalle caratteristiche termiche dei tessuti e dal flusso sanguigno. Risultati La maggior parte delle evidenze di I livello si trovano nelle terapie combinate HT - RT e nelle recidive locali dopo chirurgia primaria. I tumori dove si sono osservati significativi miglioramenti sono i tumori del capo-collo, i melanomi, i tumori mammari, il glioblastoma multiforme, il cancro avanzato del retto, il tumore della vescica e del collo uterino, il tumore dell'esofago e varie neoplasie superficiali. Le recidive di tumore mammario sono state trattate con successo con HT superficiale combinata con RT e vi sono lavori pubblicati con livello di evidenza I (1). La HT è fattibile e ben tollerata anche nei tumori mammari ad alto rischio in fase neoadiuvante prima della chirurgia non essendosi rilevati effetti collaterali a distanza nel gruppo di pazienti trattati con HT (2). Studi sperimentali hanno dimostrato che i tessuti normali non vengono danneggiati dal calore se la HT non supera i 45 gradi C per la durata di 1 ora. La tossicità della HT superficiale nel 25% dei casi è rappresentata da ustioni cutanee che guariscono spontaneamente. Nei tumori localmente avanzati del colon- retto la HT neoadiuvante combinata con la RT prima della chirurgia risulta efficace in termini di risposte complete patologiche ( 22.5 vs 6.7%) e conservazione dello sfintere (57 vs 35%) in confronto con la RT da sola (3). In fase preoperatoria nel nostro centro abbiamo ottenuto risultati promettenti con HT + RT e chemioterapia anche nei tumori avanzati del retto medio-basso (4). Conclusioni La HT superficiale è una procedura costosa che richiede tempo, apparecchiature adeguate e personale dedicato. Tuttavia, grazie al vantaggio terapeutico aggiunto, il rapporto costo-beneficio risulta accettabile, in particolare nelle recidive del tumore mammario. Bibliografia 1. Jones EL, Oleson JR, Prosnitz LR, et al. Randomized trial of hyperthermia and radiation for superficial tumors. J Clin Oncol 2005 May1;23 (13): 3079-85. 2. Varma S, Myerson R, Moros E, Taylor M, Straube W, Zoberi I. Simultaneous radiotherapy and

58

superficial hyperthermia for high-risk breast carcinoma: a randomised comparison of treatment sequelae in heated versus non-heated sectors of the chest wall hyperthermia. Int J Hyperthermia. 2012;28(7):583-90. 3. Schroeder C, Gani C, Lamprecht U, et al. Pathological complete response and sphincter-sparing surgery after neoadjuvant radiochemotherapy with regional hyperthermia for locally advanced rectal cancer compared with radiotherapy alone. Int J Hyperthermia,2012;28(8):707-14 4. Maluta S, Romano M, Dall'Oglio et al. Regional hyperthermia added to intensified preoperative chemo-radiation in locally advanced adenocarcinoma of middle and lower rectum. Int J Hyperthermia. 2010;26(2):108-17.

59

L'IPERTERMIA IN ONCOLOGIA: UN UTILE APPROCCIO INTEGRATIVO Carlo Pastore Oncologo, perfezionato in ipertermia oncologica

Responsabile della Divisione di Oncologia Medica ed Ipertermia

Docente di oncologia in ORL presso Università degli studi dell'Aquila

Clinica Villa Salaria, Roma

Il calore è stato da sempre oggetto delle attenzioni della scienza medica per le sue proprietà terapeutiche. L'apporto di energia attraverso l'ipertermia comporta un cambiamento nell'omeostasi dei sistemi cellulari, omeostasi che risulta evidentemente minacciata ed alterata nelle patologie tumorali. La complessità del fenomeno cancro impone un approccio multimodale alla malattia contrastando la crescita cellulare con tutte le modalità disponibili e ad oggi l'ipertermia a buon diritto si affianca alle altre scelte terapeutiche (chirurgia, chemioterapia e radioterapia) complementandole. I primi studi sull'impiego dell'ipertermia in ambito oncologico risalgono alla metà degli anni ottanta con l'importante apporto della scuola di medicina tedesca nello sviluppo dei presupposti teorici nell'impiego dell'ipertermia in oncologia e l'evoluzione tecnologica in ambito di apparecchiature elettromedicali ha consentito di mettere a punto strumenti idonei all'erogazione del calore in profondità nell'organismo. Dai primi rudimentali tentativi con apparecchiature di difficile gestione e manovrabilità si è arrivati all'impiego nell'odierna pratica clinica di apparecchiature a radiofrequenza (13.56 Mhz) che consentono di raggiungere in profondità nell'organismo una temperatura compresa tra i 42 ed i 43 °C. Tali strumenti sono dotati di applicatori esterni (sonde circolari) che vengono posizionati anteriormente e posteriormente sul corpo del paziente rispetto alla parte ammalata; le sonde accoppiandosi l'un l'altra erogano costantemente radiofrequenza che non ustiona la superficie cutanea grazie ad un apposito sistema di refrigerazione di cui l'apparecchiatura dispone, salvaguardando il comfort del paziente. Cosa accade nei tessuti riscaldati a tali temperature? La membrana delle cellule tumorali si presenta alterata nella sua struttura ed in particolare nella capacità di smaltire il calore pertanto un innalzamento al di sopra dei 42 °C innesca apoptosi cellulare per attivazione di enzimi denominati caspasi che frammentano il DNA della cellula. Le cellule sane dispongono per converso di sistemi di smaltimento del calore che preservano dal danno e possono resistere per un determinato lasso temporale all'ipertermia. L'esperienza internazionale ha fissato il tempo di esposizione di sessanta minuti per ogni trattamento di ipertermia oncologica capacitiva profonda. Oltre l'effetto diretto del calore non meno importante è l'effetto sinergico additivo rispetto a trattamenti quali la chemioterapia e la radioterapia. La sinergia con i farmaci antiblastici viene esercitata per mezzo della vasodilatazione locoregionale che consente un maggior afflusso di sangue medicato lì dove necessita e della maggiore attivazione di taluni chemioterapici, in particolare gli agenti alchilanti. E' noto che l'efficacia dei trattamenti farmacologici in oncologia è legata alla conformazione enzimatica dell'organismo oltre che alle caratteristiche di resistenza delle cellule tumorali e taluni chemioterapici debbono essere attivati da reazioni enzimatiche per esercitare il loro effetto. Ebbene l'innalzamento locoregionale di temperatura migliora l'attività enzimatica e la conversione in farmaci attivi nel letto tumorale. Non da ultimo l'ipertermia esercita un certo effetto di danneggiamento dell'endotelio dei vasi sanguigni tumorali. Le masse neoplastiche progredendo nella loro crescita giungono ad un confine oltre il quale non possono più nutrirsi per diffusione dall'ambiente circostante ma necessitano della creazione di una propria rete vascolare. Il limite è di 1 mm cubo superato il quale la neoangiogenesi produce una rete vascolare autonoma che alimenta il tumore. Tale vascolarizzazione è però di per se caotica e deficitaria essendo la parete interna dei vasi sanguigni rivestita essa stessa da cellule endoteliali di origine neoplastica, aberranti e tendenti a produrre microtrombosi locoregionali. L'ipertermia contribuisce alla disorganizzazione dell'endotelio ed alla chiusura dei vasi sanguigni che portano nutrienti alla massa tumorale in

60

crescita. L'esperienza sperimentale e clinica a tal proposito ha evidenziato una buona azione sinergica di danno endoteliale tra ipertermia, vinblastina e mitomicina C. La sinergia con i trattamenti radianti invece è frutto di una sequenza temporale ben precisa. E' stato verificato che l'ipertermia applicata entro 4 ore dal termine di una seduta di radioterapia esercita un effetto di inibizione della riparazione delle cellule danneggiate in modo subletale con successiva morte definitiva. L'effetto inibitorio viene esercitato principalmente sugli enzimi che presiedono alla riparazione del DNA danneggiato dalla radioterapia. Un trattamento ipertermico promuove inoltre l'attività del sistema immunitario. Il ruolo del potenziamento dell'immunità è ormai chiaro nel paziente oncologico ed il riscaldamento della regione corporea ammalata promuove la leucotassi con liberazione di citochine. La lisi delle cellule tumorali porta alla liberazione di numerosi antigeni che vengono percepiti dal maggior quantitativo di leucociti attivati che giungono in loco, aggiungendo efficacia alla lotta contro la malattia. Spesso le patologie tumorali si accompagnano a sindromi dolorose di entità importante ed in questo ambito l'ipertermia porta giovamento grazie all'azione diretta antalgica sulle terminazioni nervose ed alla liberazione locoregionale di endorfine; sostanze ad azione antidolorifica naturalmente prodotte dal nostro organismo. L'attivazione macrofagica locale poi ottimizza la pulizia dei dedriti cellulari presenti in gran numero dove esiste un elevato turn-over cellulare. La panoramica sull'ipertermia capacitiva profonda a radiofrequenza consente di introdurre un ulteriore approccio in ipertermia che inizia ad essere impiegato con finalità complementari rispetto all'ipertermia profonda. Si tratta dell'ipertermia superficiale ad infrarosso a luce filtrata ad acqua. Quella che viene definita nel mondo anglosassone mild whole body hyperthermia è l'innalzamento della temperatura corporea sino ai 41 °C ottenuto per mezzo di una apparecchiatura total body dotata di lampade ad infrarosso. L'apparecchiatura presenta quattro lampade ad infrarosso controllate da una centralina computerizzata e manovrabili dall'operatore nonché un sistema di monitoraggio della temperatura e dei parametri vitali del paziente. Con questa metodica si può ottenere un miglioramento dell'attività del sistema immunitario sottocutaneo mediante la stimolazione delle cellule immunitarie presentanti l'antigene, un effetto antalgico su tutto il corpo ed un potenziamento dell'attività di taluni chemioterapici (i primi studi di notevole interesse hanno preso in considerazione l'impego dell'oxaliplatino come agente chemioterapico sinergizzante). La penetrazione del calore avviene per quattro centimetri in profondità su tutta la superficie corporea ed il paziente risulta interamente sdraiato nell'apparecchiatura con la sola esclusione della testa che fuoriesce. Una seduta di ipertermia total body ha una durata complessiva di tre ore, suddivise in un ora di irraggiamento, un ora e mezza di ritenzione del calore mediante la copertura con fasce termiche e mezz'ora finale di reidratazione (per via orale od endovenosa). La temperatura interna del paziente viene monitorata a mezzo di una sonda rettale o sublinguale. Importante definire, dopo aver passato in rassegna le due modalità di ipertermia non invasive, il target. Quali tumori possono beneficiare dei vari approcci? Per quanto riguarda l'ipertermia capacitiva profonda a radiofrequenza può essere impiegata come coadiuvante in tutte le neoplasie solide, di tutti i distretti corporei (grazie alla presenza di kit di sonde adattabili alla conformazione dei vari distretti corporei), ed in quelle ematologiche solo se vi sono pacchetti linfonodali conglobati. Non è possibile erogare la radiofrequenza se il paziente è portatore di defibrillatore impiantato o pacemaker per l'interferenza che si può causare con i suddetti dispositivi. Inoltre controindicazione relativa è la presenza di stent metallici e di versamento pleurico od addominale massivo. Si parla in questa evenienza di controindicazione relativa poiché adattando la potenza erogata si può limitare il riscaldamento degli stent metallici e mediante paracentesi e/o toracentesi si può eliminare o ridurre la presenza di liquido ed intraprendere un percorso in ipertermia. L'ipertermia total body ad infrarosso invece è indicata nelle neoplasie ematologiche, contro le cellule tumorali circolanti ed a scopo antalgico. Non può essere impiegata se il paziente presenta coinvolgimento neoplastico polmonare massivo (possibilità di drastica riduzione dell'ossigenazione del sangue durante il trattamento) e metastasi cerebrali (maggior rischio di sanguinamento intratumorale). Da quanto detto sinora si potrebbe pensare che l'ipertermia sia una metodica

61

risolutiva. Purtroppo ciò non è vero poiché le cellule malate possono sviluppare od avere delle protezioni contro il danno da calore. Difatti è possibile osservare la produzione o la presenza di heat shock proteins (proteine da shock termico, in particolare HSP70 e 72) che proteggono in DNA dal danno da calore e la cellula in toto. Proprio per questa motivazione i trattamenti ipertermici si eseguono a giorni alterni o comunque per un periodo di tempo limitato se consecutivi. Sono in fase di studio inibitori farmacologici di tali proteine nonché farmaci antineoplastici che presentino la capacità di attivarsi in presenza del calore. Molto importante sarebbe disporre di questo tipo di agenti per potenziare notevolmente l'efficacia dell'approccio ipertermico. Altro filone di ricerca molto interessante è la sinergia tra i nuovi farmaci cosiddetti a bersaglio molecolare e l'ipertermia. Il futuro dell'oncologia è sempre più orientato verso trattamenti conservativi, poco invasivi e poco disturbanti per il paziente ed in quest'ottica l'ipertermia risulta idonea. Inoltre l'interesse per questa metodica scaturisce anche dalla possibilità di impiego in una fascia di pazienti che non possono accedere a terapie citotossiche per deficit d'organo, per età o con prevenzione di principio verso terapie oncologiche classiche. La ricerca internazionale in oncologia è fervente ed il futuro appare senza dubbio promettente.

Apparecchiatura di ipertermia total body ad infrarosso

62

IPERTERMIA ONCOLOGICA INTEGRATA E CHIRURGIA: VALIDITÀ DEI TRATTAMENTI Piero Rossi Dipartimento di Chirurgia Università di Roma Tor Vergata, PTV

Ablazione mediante radiofrequenza delle neoplasie epatiche

La ablazione mediante Radio frequenza (RFA) è una forma di terapia interstiziale Le terapie interstiziali delle neoplasie secondarie o primitive del fegato sono forme di distruzione del tessuto neoplastico basate sull’azione chimica (alcolizzazione) o sull’azione fisica che può essere il freddo (Criosurgery) o il calore (Laser, Microonde, Haifu, Radiofrequenza). Una lieve ipertermia ( 43° C per 30/60 sec) induce apoptosi delle cellule tumorali; invece una temperatura di 50° C per pochi minuti o di 55° C per pochi secondi o di 60° C istantaneamente causano morte cellulare e necrosi coagulativa. Gli apparecchi a radiofrequenza sono costituiti da un generatore e da vari tipi di elettrodi che inseriti nel nodulo neoplastico erogano energia, che a causa dell’agitazione ionica si trasforma in calore, determinando necrosi del tessuto neoplastico. Gli elettrodi possono essere ad aghi multipli o ad aghi singoli internamente raffreddati (cooled type). Lo scopo è di ottenere adeguati volumi di necrosi che coprono il nodulo tumorale con un margine di tessuto sano circostante. L’approccio può essere percutaneo, laparoscopico oppure in chirurgia aperta. Ogni decisione deriva da una preliminare valutazione multidisciplinare tra Chirurgo, Oncologo e Radiologo Interventista. Nell’ambito dell’epatocarcinoma la radiofrequenza è considerata terapia eradicante e può essere usata a scopo curativo o come “bridge” in attesa del trapianto epatico. Nell’ambito delle metastasi la RFA può offrire un’alternativa nei casi non resecabili; può essere impiegata in associazione nella resezione del tumore primitivo o in associazione all’asportazione di altri noduli. In tal modo la RFA aumenta le possibilità terapeutiche nelle metastasi epatiche. Nonostante essa sia un tecnica mini-invasiva non è scevra da complicazioni, l’esperienza maturata negli anni ha portato all’elaborazione di linee guida appropriate allo scopo di applicare la metodica in modo più corretto. Inoltre la distruzione di tessuto tumorale mediante RFA genera, mediante il rilascio di antigeni tumorali, una risposta immunitaria specifica e aspecifica. Nell’ambito della chirurgia resettiva degli organi parenchimatosi una utile applicazione della RFA è stata la realizzazione di elettrodi dedicati (aghi multipli in linea) in modo da coagulare fette di tessuto sulle quali effettuare la transezione con minime perdite ematiche (radio-frequency assisted liver resection).

Perfusione ipertermica antiblastica degli arti

La perfusione isolata d’arto (ILP) consiste nell’isolamento vascolare dell’arto affetto dalla neoplasia e nella sua perfusione con tecnica di Circolazione Extra-Corporea. Essa consente di associare i vantaggi farmacocinetici degli antiblastici utilizzati in condizione di isolamento d’organo a quelli della ipertermia. L’approccio chirurgico consiste nell’isolamento, clampaggio e cannulazione dei vasi arteriosi e venosi maggiori di pertinenza dell’arto. Le cannule vengono collegate ad un circuito ossigenato analogo a quello di una circolazione extra corporea (CEC). Viene applicato un tourniquet alla radice dell’arto al fine di evitare il fenomeno del leakage (immissione nella circolazione sistemica del farmaco). La procedura riconosce due fasi. Una prima fase in cui il sangue viene ossigenato e portato a 41,5° C ed una seconda fase nella quale il farmaco citostatico, ad alte concentrazioni, viene introdotto nell’arto stesso già in condizioni di ipertermia.

63

Il vantaggio farmacologico è legato oltre che alle concentrazioni elevate anche al continuo ricircolo dell’antiblastico nell'arto grazie alla C.E.C., con ulteriore uptake del citostatico da parte del tessuto neoplastico. L’ipertermia agisce in senso antineoplastico sia mediante danno diretto che attraverso il potenziamento dell’azione dei farmaci. Il monitoraggio viene realizzato attraverso sonde termiche inserite nel sottocute, nel tessuto muscolare e nel tumore; il tessuto sano deve mantenere una temperatura < 41,5 °C. L’indicazione attuale alla ILP è costituita da metastasi in transit da melanoma e da sarcomi dei tessuti molli degli arti. I farmaci utilizzati sono il Melfalan o la Doxorubicina con l’eventuale associazione del Tumor Necrosis Factor (TNF) per il suo effetto anti-angiogenetico e di facilitazione del passaggio del melphalan nel tumore stesso. I vantaggi ottenuti dalla ILP non riguardano tanto la sopravvivenza globale ma la riduzione del volume della neoplasia e il salvataggio dell’arto.

Citoriduzione e chemio-ipertermia intraperitoneale La carcinosi peritoneale (CP) è causata dall’impianto di cellule neoplastiche esfoliate dal tumore primitivo o disseminate durante la sezione dei linfatici o dei vasi sanguigni durante la resezione chirurgica. La CP rappresenta uno stadio gravissimo nell’evoluzione di un tumore, e viene abitualmente considerata come inguaribile. Il trattamento convenzionale era rappresentato principalmente dalla chemioterapia sistemica, associato se necessario ad una chirurgia palliativa. Tuttavia questa condizione, anche se diffusa a tappeto su tutta la sierosa, quando è l’unica manifestazione di metastatizzazione può essere considerata limitata ad un compartimento ben definito (cavità peritoneale), e quindi aggredibile con moderne tecniche di trattamento loco-regionale. In altre parole possiamo considerare il peritoneo come un organo e qundi immaginare un approccio loco-regionale alla carcinomatosi mediante citoriduzione (CRS) e chemio-ipertermia intra-peritoneale (HIPEC). La fase diagnostica comprende una colonscopia, gastroscopia, TC torace, addome e pelvi, eventuale PET-CT scan, valutazione dei marcatori tumorali, eventuale video-laparoscopia con biopsia. Spratt usò per primo negli anni ’80 alte dosi di chemioterapici in condizioni di ipertermia nel trattamento dello pseudo myxoma peritonei. Negli anni ’90, Sugarbaker introdusse il concetto di chirurgia cito-riduttiva (CRS) che significa la rimozione complete di tutto il tessuto neoplastico macroscopico con il peritoneo e se necessario di segmenti di intestino o di organi coinvolti. Sugarbaker ha anche introdotto il concetto del peritoneal cancer index (PCI) uno score per quantificare la estensione della malattia che si è dimostrato molto utile nella selezione dei pazienti. Le patologie bersaglio allo stato attuale sono il mesotelioma peritoneale, la carcinosi da carcinoma colorettale, lo pseudo mixoma peritonei, il carcinoma dell’appendice, la carcinosi da cancro ovarico. Il rationale del trattamento si basa sul fatto che la malattia rimane localizzata per lungo tempo, con una evoluzione solo loco-regionale e sulla possibilità di usare alte dosi di farmaci antineoplastici. Il rationale dell’HIPEC è basato sul concetto di barriera peritoneo-plasmatica, sull’uso di farmaci idrofilici ad alto peso molecolare con lenta clearence e sulla condizione di ipertermia che è citotossica di per sé, aumenta la citotossicità di alcuni farmaci ed aumenta la penetrazione di essi negli strati delle cellule neoplastiche. La fase chirurgica (citoriduzione) consiste in una sequenza ordinata di manovre codificate eseguite in funzione dell’estensione della malattia. In caso di carcinosi estese può comportare l’asportazione del peritoneo parietale sotto-

64

diaframmatico, parietocolico e pelvico; della glissoniana epatica e della colecisti; del grande e del piccolo omento, della milza; del sigma-retto; dell’utero e delle ovaie e di tutti i visceri inglobati (cieco, colon, antro gastrico) nella neoplasia, altre resezioni intestinali e/o resezioni di massa tumorale e anastomosi intestinali. In caso di carcinosi ben localizzate si ammette la sola peritonectomia distrettuale. E’ necessaria una citoriduzione chirurgica completa poiché la penetrazione tessutale delle molecole di chemioterapico si limita a qualche strato cellulare. In altre parole la chemioterapia intraperitoneale può sperare di trattare solo una malattia residua millimetrica (noduli residui < 2,5 mm) . La per fusione peritoneale è una moderna metodica che partendo dagli stessi principi della “perfusione degli arti”, consiste nella circolazione nella cavità peritoneale di una soluzione elettrolitica riscaldata contenente alte dosi di farmaci antineoplastici. La chemioterapia deve essere somministrata immediatamente dopo la fase chirurgia di citoriduzione prima che le cellule tumorali residue vengano intrappolate dalle aderenze post-operatorie. La soluzione contenente gli agenti citotossici può essere somministrata ad addome chiuso oppure ad addome aperto (coliseum technique) alla temperatura di 41,5-43 °C per 30 - 60 o 90 min a seconda del farmaco e del protocollo usato. La perfusione inizia con una soluzione “priming” e una volta raggiunta la temperatura desiderata si aggiungono i farmaci antineoplastici nel circuito. Volume, flusso e temperature tutti sono monitorati. La tecnica open mediante la manipolazione delle anse intestinali dovrebbe facilitare il contatto con il liquido di perfusione. Tuttavia non ci sono evidenze scientifiche che la tecnica open sia migliore di quella chiusa come pure che essa causi inalazione dei farmaci da parte dello staff. CRS e HIPEC è una procedura lunga e complessa con una significativa morbilità e una non trascurabile mortalità. Pertanto richiede una meticolosa selezione dei pazienti, un attento management anestesiologico, un immediato periodo post-operatorio di 48-72 ore di ricovero in terapia intensiva ed una adeguata struttura ospedaliera.

65

INDICE DEGLI AUTORI Aloisi S.; 41 Rossi E.G.; 29; 30 Altieri B.; 37; 39 Rossi P.; 63; 64; 65 Anello P.; 39 Sacco A.; 35; 36 Assogna M.; 55; 56; 57 Salem P.A.; 4; 5 Baccetti S.; 51 Stevanato R.; 45 Ballan G.; 7 Stringaro A.; 39; 40 Beltramo G.; 25; 26 Terranova F.; 51 Bernardini S.; 14 Toccacieli L.; 40 Biondi E.; 51 Tortora M.; 39 Bombelli C.; 39 Bonuccì M.; 20 Bozzuto G.; 40 Calcabrini A.; 39; 40 Capurso S.; 49 Cavalieri F.; 39 Colone M.; 39; 40 Condello M.; 37 Conti T.; 51 Cormio M.; 24 Cracolici F.; 21 Del Buono A.; 6; 48 Di Fede G.; 23; 46 Di Lupo M.; 33; 34 D'Orta A.; 48 Fabbri A.; 7 Fioranelli M.; 11; 12; 13 Fiorentini C.; 7 Fiori P.; 50 Fratini E.; 39 Fuggetta M.P.; 15 Giansanti L.; 37 Giuliani C.; 39 Legnani W.; 27; 28 Loizzo S.; 7 Lotti T.; 42 Lupi G.; 24 Maluta S.; 58; 59 Mancini G.; 37; 39 Mastellone V.; 47 Mastrodonato F.; 52 Meschini S.; 37 Molinari A,; 40 Monechi M.V.; 51 Nesi E.; 38 Palazzoni G.; 22 Pastore C.; 16; 60; 61; 62 Raffaele M.; 19 Ravagnan G.; 15 Rosadi F.; 7 66

Comitato Scientifico: Massimo Bonucci, Giuseppe Di Franco Mastrodonato, Stefania Meschini, Agnese Molinari, Giampietro Ravagnan Responsabile Segreteria Scientifica:Massimo Fioranelli Responsabile Segreteria Organizzativa:Federica Mosti

VI Congresso ARTOIOncologia Integrata e Nutrizione

“Il futuro nella Integrazione e nella Tradizione”

Università G. Marconi – Via V. Colonna, 11

Roma, 7-8 Novembre 2014

ABSTRACT BOOK

Massimo Bonucci, Giuseppe Di Fede, Massimo Fioranelli, Diana Giannarelli,Franco Mastrodonato, Stefania Meschini, Agnese Molinari, Giampietro Ravagnan

Responsabile Segreteria Scientifica:

Responsabile Segreteria Organizzativa:

VI Congresso ARTOI Oncologia Integrata e Nutrizione

Integrazione e nella Tradizione”

Via V. Colonna, 11

8 Novembre 2014

ABSTRACT BOOK

i, Diana Giannarelli, Franco Mastrodonato, Stefania Meschini, Agnese Molinari, Giampietro Ravagnan

Un particolare ringraziamento alla Prof.ssa Alessandra Briganti, Magnifico

Rettore dell’Università degli Studi Guglielmo Marconi di Roma, sede dell’evento.

Si ringraziano per il loro contributo incondizionato le Aziende partners:

� Alderman Pharma srl –Trofarello (To) www.nutrigea.com

� Andromedic srl - Velletri (Rm)

www.andromedicitalia.it

� Bio Farmex srl - Salerno (Sa) www.biofarmex.it

� Biogroup srl - Bagnoli del Trigno (Is) www.biogroup.it

� Deakos srl – La Spezia (Sp) www.deakos.com

� Eye Tech srl - Genova (Ge)

www.eyetech.ge.it

� Farmacia Arrigoni – Dott. A. Broccoli – Rimini (Rn) www.farmaciaarrigonirimini.it

� Farmacia Madre del Buon Consiglio - Dott. M. Romiti – Roma (Rm) www.farmaciaromiti.com

� Freeland srl – Bussolengo (Vr)

www.freelandtime.com

� Gheos srl – Grassobbio (Bg) www.gheos.it

� Ghimas srl - Casalecchio di Reno (Bo)

www.ghimas.it

i

� Guna srl – Milano (Mi) www.guna.it

� IMO –Istituto di Medicina Omeopatica – Trezzano Rosa (Mi) www.omeoimo.it

� Juvo Vita srl– Milano (Mi)

www.gojuvo.it

� Internazionale Biolife srl – Taranto (Ta) www.internationalebiolife.eu

� Laboratori Legren srl– Bordighera (Im)

www.laboratorilegren.it

� Mediterranea Servizi Globali Sas – Bari (Ba) www.santacandida-italia.com

� Med-Systems srl - Crotone (Kr)

www.med-systems.it

� PromoPharma S.p.A. – Acquaviva (RSM) www.promopharma.it

� RRS Rapid Rehab Solutions snc - Bologna (Bo) [email protected]

� Solimè srl – Cavriago (Re)

www.solime.it

� Weleda Italia srl – Milano (Mi) www.weleda.it

ii

La terapia del cancro sta evolvendosi: dai farmaci antiblastici più specifici ai nuovi

anticorpi monoclonali. Nell'Oncologia Integrata sta prendendo sempre più spazio

l'idea che l'uso di bassi dosaggi farmacologici possano dare pari risultati: la

chemioterapia metronomica, la low—dose therapy. Nelle giornate congressuali

saranno approfonditi questi temi. Il valore aggiunto nella terapia integrata si chiama

“nutrizione": la nostra tradizione alimentare sarà il futuro della prevenzione? Tutto

questo in una sede di alto valore istituzionale quale l'Università degli Studi

Guglielmo Marconi di Roma.

INDICE PROGRAMMA …………………………………………………………………………….………iv I sessione Infiammazione e cancro …………………………………………….……………..………1 II sessione Low-Dose therapy e cancro ……………………………………………………………….8 III sessione I tre big killer: mammella – colon – polmone …………………………………………..16 IV sessione Casistica e ricerca in oncologia …………………………………………………………30 V sessione Nutrizione oltre le abitudini: pane – soia – latte ……………………………….………42 Workshop: Ipertermia Oncologica Integrata e Chirurgia: validità dei trattamenti ……….………52

iii

PROGRAMMAPROGRAMMAPROGRAMMAPROGRAMMA

Venerdì 7 novembre 2014 8.30 / 9.15 Registrazione 9.15 Saluto delle Autorità

Alessandra Briganti Magnifico Rettore - Università G. Marconi Giuseppe Sabato Magnifico Rettore - Università Popolare Arezzo Massimo Bonucci Presidente – Associazione Ricerca Terapie Oncologiche Integrate Massimo Fioranelli Direttore Centro Studi “Scienze della Vita” - Università G. Marconi Mario On. Baccini Fondazione FOEDUS I Sessione INFIAMMAZIONE E CANCRO Moderatore: Franco Mastrodonato

Lettura Magistrale 9.30 Malattia Immunoproliferativa Intestinale (IPSID)

Modello di legame fra infezione, infiammazione e cancro

Philip A. Salem

10.00 Intestino e Immunomodulazione nei malati oncologici. Dai probiotici agli immunobiotici

Andrea Del Buono 10.30 CNF1 from E.coli, a Janus toxin playing with cancer cell regulation: an enemy within or a new therapy?

Alessia Fabbri

11.00 Coffee break II Sessione LOW-DOSE THERAPY E CANCRO Moderatore: Agnese Molinari

Lettura Magistrale 11.20 Basi teorico-scientifiche della Low dose in Oncologia Massimo Fioranelli

iv

11.40 Omeopatia e Farmacologia delle microdosi Simonetta Bernardini 12.00 Polidatina: un promettente sostegno alla terapia oncologica Maria Pia Fuggetta 12.20 Oltre la low-dose therapy: la chemioterapia metronomica Carlo Pastore 12.40 Discussione 13.00 Pranzo e Sessione Poster III Sessione I TRE BIG KILLER: MAMMELLA – COLON – POLMONE Moderatore: Giampietro Ravagnan

MAMMELLA 14.30 Novità dei trattamenti in oncologia mammaria Mimma Raffaele 14.50 La terapia integrata nel carcinoma della mammella Massimo Bonucci 15.05 Agopuntura: il controllo degli effetti collaterali nel carcinoma della mammella Franco Cracolici

COLON 15.20 Novità in terapia oncologica del tratto gastroenterico Giovanni Palazzoni 15.40 Il punto di vista con approccio integrato nel tumore del colon Giuseppe Di Fede 15.55 L’agopuntura nel sostegno del paziente con tumore del colon-retto Giuseppe Lupi 16.15 Coffee break POLMONE 16.30 Le terapie di avanguardia nel tumore del polmone Giancarlo Beltramo

v

16.50 Terapia integrata nel tumore polmonare Walter Legnani 17.05 Omeopatia e tumori polmonari Elio Rossi 17.20 Discussione 17.30 Intervista con il Prof. Campbell, a cura della Dr.ssa Nicla Signorelli (Be4eat), su

Nutrizione e Cancro: il possibile ruolo delle proteine nello sviluppo del cancro

T. Colin CAMPBELL 18.00 Chiusura lavori 20.30 Gala dinner Sabato 8 novembre 2014 IV Sessione CASISTICA E RICERCA IN ONCOLOGIA Moderatore: Stefania Meschini

9.00 Immunoterapia del paz. Oncologico con lieviti, micro funghi e funghi medicinali Monica Di Lupo 9.15 La medicina funzionale come prevenzione in oncologia Antonio Sacco 9.30 Liposomi cationici contenenti Voacamina per l’ottimizzazione della chemioterapia Maria Condello 9.45 L’utilizzo della Mindfullness in psiconcologia Elisa Nesi 10.00 Aloe-emodina: validità dell’uso? Annarita Stringaro 10.15 Oli essenziali: un nuovo aiuto Giuseppina Bozzuto

10.30 Il cancro: nuovi percorsi diagnostici e terapeutici Stanislao Aloisi Coffee break

vi

11.00 Psico-neuro-endocrino-immunologia nelle malattie croniche cutanee: nuovi concetti e

nuovi dati

Torello Lotti

V Sessione NUTRIZIONE: OLTRE LE ABITUDINI: PANE – SOIA – LATTE Moderatori: Massimo Fioranelli – Massimo Bonucci

11.20 Valutazione del potere antiossidante degli alimenti Roberto Stevanato 11.35 La pasta ed il pane: Gluten sensitività Giuseppe di Fede 11.45 Destino ed effetti metabolici di soia geneticamente modificata in animali Vincenzo Mastellone 12.00 Manipolazione nutrizionale nella modulazione di pattern citochinici intestinali

Armando D’Orta 12.15 Il latte: per chi, quando e perché Sabrina Capurso 12.30 Alcalinizzare: quando? Come? Paola Fiori 12.45 Disturbi vasomotori e dolore nelle donne con tumore mammario o ginecologico trattate

con MTC. Risultati di uno studio pilota

Sonia Baccetti 13.00 Oncologia: l’approccio in Medicina Biointegrata

Franco Mastrodonato 13.15 Discussione 13.30 Chiusura lavori 14.30/16.00 Workshop:

Ipertermia Oncologica Integrata e Chirurgia: validità dei trattamenti

Massimo Assogna

Sergio Maluta

Carlo Pastore

Piero Rossi

vii

I Sessione

INFIAMMAZIONE E CANCRO

Moderatore: Franco Mastrodonato

DR. PHILIP A. SALEM

Dr. Philip A. Salem, physician, researcher, educator and international statesman in cancer medicine, serves as Director Emeritus of Cancer Research at St. Luke's Episcopal Hospital in Houston and Is the President of Salem Oncology Centre. Prior to his appointment at St. Luke's, Dr. Salem served on the faculty of M.D. Anderson Cancer Center as professor of cancer medicine and research. In March 2010, St. Luke's announced the establishment of a cancer research chair in his name to honor his contributions to cancer medicine and as "a lasting tribute to his leadership and vision in the field of oncology". Dr. Salem is the recipient of many awards from all over the world for his contributions to cancer research. In the early 1970's he was one of the first researchers to demonstrate that a chronic infection in the intestine may eventually lead to the development of cancer. His work on Immunoproliferative Small Intestinal Disease (a form of intestinal cancer), and the relationship between infection and the development of intestinal cancer has become a classic in modem medicine. He Is an active member of the top three cancer organizations in the world: American Society of Clinical Oncology (ASCO), American Association for Cancer Research (AACR) and European Society of Medical Oncology (ESMO). In the last 15 years he was selected annually in the editions of America's Top Doctors by Castle Connolly. Because of his stature and impact on cancer research, he was invited to serve on the editorial boards of several prestigious cancer research journals. Besides his contributions to medicine, Dr. Salem has made major contributions to America. In the early 1990's he served on a healthcare advisory committee to the White House. In 1994 he received the Republican Senatorial Medal of Freedom, and in 1998 he was awarded the Ellis Island Medal of Honor for his "exceptional humanitarian efforts and outstanding contributions to American science". In 2006 he was honored as 'The Scientist of the Year' by the National Italian Foundation for the Promotion of Science and Culture, and he was decorated in a special ceremony held in Rome, Italy. Dr. Salem Is a renaissance intellectual and writer. He is the author of many editorials on Lebanon and he has published extensively on Arab affairs. In the year 2000, he was awarded the Khalil Gibran International Award by the Arabic Heritage League in Sydney, Australia, In May 2000 he was selected the 'Arab American of the Year' by the Arab Community Centre for Economic and Social Services (ACCESS) in Dearborn, Michigan. On July 1, 2010 The Lebanese American University in Lebanon bestowed upon him an Honorary Doctorate in Humane Letters for his "contributions to medicine, Arabic literature and philosophy". For the same reasons, another Honorary Doctorate in Humane Letters was bestowed up him by the Notre Dame University of Lebanon on July 12, 2013 Three books have been written about Dr. Salem: In July 2004, a book in Arabic entitled, "Philip Salem - The Man, The Homeland, The Science", authored by Peter Indari, an Australian journalist, was launched. In December 2012 a book in English entitled "Cancer, Love and Politics of Hope - the fife and vision of Philip A. Salem M.D." authored by Frances Mourani and Boutros Indari was published by Quartet Books in London. In January 2013, a book in Arabic entitled "Philip Salem the Rebel, the Scientist and the Humanist”. Authored by Maha Samara, a Lebanese journalist was published in Beirut by Dar Al Saqi and Dar Annahar. In July 2014 a book entitled: “Philip Salem”

3

IMMUNOPROLIFERATIVE SMALL INTESTINAL DISEASE (IPSID) Model for the link between infection, inflammation, and cancer Philip A. Salem M.D. The Philip A. Salem, M.D. Chair in Cancer Research

Baylor St. Luke’s Medical Center

President

Salem Oncology Centre Immunoproliferative Small Intestinal Disease (IPSID) is a distinctive lymphoproliferative disorder. Among these disorders, it is the only disease which is associated with a specific and characteristic abnormal protein, and also an identifiable, early phase with a benign-looking histopathological expression. Treatment of this early phase with antibiotics may cause remission, but if this phase is left untreated, it progresses to inflammation and inflammation progresses to cancer. Contrary to primary small intestinal non IPSID lymphomas, where the pathology in the intestine is usually focal involving specific segments of the intestine and leaving the segments between the involved areas free of disease, the pathology in IPSID is diffuse with a mucosal cellular infiltrate involving large segments of the intestine and sometimes the entire length of the intestine; thus producing malabsorption. IPSID is the ideal model of how a chronic repetitive infectious insult in the gastrointestinal mucosa would eventually lead to inflammatory changes which if left untreated would progress to malignancy. It is also a model of how the process of inflammation resulting from infectious insult is reversible. Treatment of the benign and inflammatory phase with antibiotics usually prevents inflammation from progressing to cancer. Trials with antibiotics in the treatment of this disease provided the first evidence that cancer in man is chemo preventable. Also IPSID provided an early evidence of how a benign process could deteriorate into a malignant one. The concepts we have learned from IPSID are the cornerstones for current and future research focusing on the link of infection to inflammation, and inflammation to cancer. Understanding this process and treating cancer in the early phase before it becomes malignant provides the best hope for the prevention of this disease.

4

MALATTIA IMMUNOPROLIFERATIVA INTESTINALE (IPSID) Modello di legame fra infezione, infiammazione e cancro P.A. Salem M.D Presidente Salem Oncology Center - Houston

La malattia immunoproliferativa del piccolo intestino (IPSID) è un distintivo disordine immunoproliferativo. Tra questi disordini, è l’unica malattia con associata una specifica e caratteristica proteina anormale, ed anche una identificabile, fase precoce con specifica espressione istopatologia. Il trattamento in questa fase precoce con antibiotici può causare remissione, ma se questa fase non è trattata essa progredisce verso l’infiammazione e l’infiammazione verso il cancro. Contrariamente alla primaria infiammazione del piccolo intestino non IPSID-linfoma, dove la nel piccolo intestino è usualmente focale ed interessa specifici segmenti dell’intestino e lascia liberi tratti intermedi, la malattia IPSID è diffusa alla mucosa con un interessamento di larghe parti dell’intestino e qualche volta anche interi tratti, producendo malassorbimento. La IPSID è il modello ideale di come una infezione ripetitiva cronica della mucosa gastrointestinale può eventualmente portare un cambiamento infiammatorio che se non trattato può progredire verso il cancro. E’ anche il modello di come un processo di infiammazione risultante da un insulto infiammatorio è reversibile. Il trattamento di una benigna fase infiammatoria con antibiotici usualmente previene l’infiammazione che progredisce al cancro. I traials clinici con antibiotici nel trattamento di queste patologie comporta la prima evidenza che il cancro è chemio preventivo. Anche la IPSID fornisce la prima evidenza di come un processo benigno può deteriorare in uno maligno. I concetti che abbiamo fornito dall’IPSID sono la pietra miliare fra corrente e futura ricerca con il focus fra il legame fra infezione ed infiammazione e fra questa ed il cancro. Comprendendo questo processo e trattando il cancro nella fase iniziale prima che diventi maligno fornisce la migliore speranza per la prevenzione del cancro.

5

INTESTINO E IMMUNOMODULAZIONE NEI MALATI ONCOLOGICI. DAI PROBIOTICI AGLI IMMUNOBIOTICI Andrea Del Buono Spec. Medicina Preventiva del Lavoro, ASL CE, Caserta

Ci siamo posti l’obiettivo di focalizzare l’attenzione della comunità scientifica sulle conseguenze generate delle alterazioni dell’ecosistema Intestinale nei malati oncologici. Grazie al crescente numero di lavori clinici e sperimentali realizzati negli ultimi anni, è stato possibile il confronto e la riflessione sulle numerose potenzialità cliniche di utilizzo di ceppi specifici di probiotici capaci di interagire a livello della lamina basale con il sistema dell’immunità innata e di modulare la risposta specifica, spesso compromessa nei malati oncologici. La microflora intestinale viene oggi universalmente riconosciuta, grazie all’applicazione delle sonde molecolari, come un vero e proprio organo, con funzioni e attività molto importanti sia per l’omeostasi e la salute del nostro organismo, sia in condizioni patologiche per il possibile ruolo benefico sulla salute con specifici ceppi batterici. Non basta la generica definizione di specie quale probiotico per affermarne l’utilizzo, ma è importante il ceppo, cioè il singolo batterio, e non si può estendere proprietà ceppo specifiche ad altri componenti della stessa specie. Diventa pertanto strategico poter valutare la relativa letteratura scientifica e orientare la scelta sull’attività terapeutica desiderata. Dal generico utilizzo dei “fermenti lattici” del passato siamo arrivati all’impiego dei probiotici specifici sul sistema immune, immunobiotici, e il futuro si caratterizzerà per indicazioni sempre più specifiche per il singolo ceppo sulla base degli studi clinici e le evidenze scientificamente dimostrate. E’ ampiamente dimostrato il ruolo dei probiotici nei confronti dell’immunomodulazione, ma non è ancora ben dimostato il ruolo come potenziali agenti anticancro, (Digestive and Liver Disease, suppl. 2,

dicembre 2006). Particolare attenzione negli ultimi anni è stata dedicata alla modulazione del sistema immunitario sia nei malati oncologici “immunoediting” e sia per la capacità d’interferire con i processi di formazione del cancro del Colon. Il tumore al colon rappresenta la seconda causa di morte nel mondo ed è più frequente proprio nei paesi sviluppati, dove la disbiosi è molto piu’ rappresentata. Questo dato rafforza la convinzione che sulla sua iniziazione del cancro del colon incidano maggiormente i fattori ambientali rispetto a quelli genetici. A supporto di questa osservazione, la World Cancer Research Fund (WCRF) ha identificato condizioni di rischio che agiscono modificando il microambiente g.i. ed incrementano il rischio di ammalarsi. È convinzione diffusa tra i ricercatori che mantenere un ambiente intestinale sano, riducendo la flora putrefattiva, pochi bifidobacterium, sia fondamentale per sfavorire la formazione del cancro al colon. Queste osservazioni sottolineano il ruolo protettivo che possono avere probiotici e prebiotici rispetto all’intestino, contribuendo a migliorare l’ambiente intestinale attraverso molteplici meccanismi: la riduzione del pH nel lume intestinale, l’influenza sulla risposta immunitaria dell’ospite, l’inattivazione di sostanze potenzialmente carcinogeniche, l’alterazione della microflora intestinale, la riduzione di alcune attività enzimatiche coinvolte nello sviluppo del tumore.

6

IL CNF1 PRODOTTO DA E. COLI, UNA TOSSINA CHE AGISCE SULLA REGOLAZIONE TUMORALE: UN NEMICO O UNA NUOVA TERAPIA?

Alessia Fabbri, Francesca Rosadi, Giulia Ballan, Stefano Loizzo, e Carla Fiorentini Dipartimento del Farmaco, Istituto Superiore di Sanità, Roma

Escherichia coli è un batterio commensale dell'intestino umano che diventa patogeno in seguito all'acquisizione di fattori di virulenza, tra cui è compresa la tossina chiamata fattore citotossico necrotizzante 1 (CNF1). Abbiamo precedentemente riportato la capacità di questa tossina, che attiva le Rho GTPasi, di indurre disfunzioni nelle cellule epiteliali trasformate, come l'inibizione dell’apoptosi, il rilascio di citochine pro-infiammatorie, l’espressione di COX2, l’attivazione di NF-kB, e l’incremento della motilità cellulare. Inoltre, ci sono evidenze sulla capacità del CNF1 di rinforzare e favorire, ma non causare, lo sviluppo del cancro del colon-retto, sottolineando l’esistenza di un legame tra il CNF1 e il tumore. D'altra parte però abbiamo recentemente dimostrato che il CNF1 possiede attività antineoplastica su cellule di glioma sia in vivo che in vitro. Pertanto sembra che il CNF1 possa comportarsi come un fattore con duplice attività, promuovendo o contrastando la trasformazione. I nostri studi attuali sono particolarmente rivolti all’identificazione dei fattori che possono influenzare l'effetto così articolato del CNF1. I dati preliminari indicano che la risposta cellulare alla tossina è fortemente condizionata dal microambiente cellulare ed in particolare dall'infiammazione, dallo stato di trasformazione cellulare (cellule normali o tumorali reagiscono in modo diverso), o anche dai diversi tipi cellulari, essendo ormai noto che cellule epiteliali i neuroni o gli astrociti rispondono in maniera differente al CNF1. Comprendere i meccanismi che regolano l'attività del CNF1 è di fondamentale importanza considerando anche che tale tossina rappresenta un agente terapeutico promettente per contrastare alcuni deficit del sistema nervoso centrale.

7

II Sessione

LOW- DOSE THERAPY E CANCRO

Moderatore: Agnese Molinari

BASI TEORICO-SCIENTIFICHE DELLA LOW DOSE IN ONCOLOGIA Massimo Fioranelli Professore associato di Fisiologia., Università G. Marconi, Roma

La Medicina Fisiologica di Regolazione (PRM) è un innovativo sistema terapeutico basato sulla possibilità di utilizzare a scopo terapeutico principalmente BASSI DOSAGGI di sostanze biologiche, che normalmente regolano la Fisiologia dell’organismo. Sono sempre piu' frequenti evidenze sperimentali e cliniche che ormoni, citochine, neuropeptidi in LOW DOSE (sotto la minimal pharmacological effective dose) possono essere efficaci su sistemi biologici. Concentrazioni fisilogiche, nell'ambito di nanogrami (10 -9 g) o picogrammi (10 -12 g) , sono in grado di attivare recettori di membrana e conseguentemente stimolare le funzioni fisiologiche della cellula bersaglio. La PRM integra in una visone unitaria le più moderne acquisizioni in tema di Omeopatia, Omotossicologia, Psico-Neuro-Endocrino-Immunologia (PNEI) e Nutraceutica. L'obiettivo e' quello di ripristinare la Fisiologia attraverso molecole di relazione quali ormoni, interleuchine, fattori di crescita e neuropeptidi in low dose fisiologica, che corrisponde alla medesima concentrazione alla quale esse sono presenti a livello dei recettori transmembrana nella matrice extra-cellulare.

38

TM

10-3

10-6

10-15

MINIMAL EFFECTIVE PHARMACOLOGICAL DOSE

TOXIC CONCENTRATION

mg/ml

PHARMACOLOGICAL CONCENTRATION

mcg/ml

PHYSIOLOGICAL CONCENTRATION

ng-pcg/ml

TOXIC

EFFECT

SIDE EFFECTS

WITHOUT

DYNAMIZATION:

NO BIOLOGICAL

EFFECTS

PHARMACOLOGICAL EFFECTS

WITH

DYNAMIZATION:

PHYSIOLOGICAL

EFFECTS

EFFECTS OF DIFFERENT DOSES OF CYTOKINES

MINIMAL EFFECTIVE PHYSIOLOGICAL DOSE

Dal punto di vista immuno-oncologico i pazienti con tumori solidi (specialmente) mostrano una over-expression di Th3, i Linfociti Th responsabili (se espressi nella giusta, fisiologica quantità) dell’immunotolleranza. Questo meccanismo di immuno-sorveglianza espletato dai Th3 avviene per il tramite di un fattore di crescita da loro prodotto, il TGF-β, in grado di down-regolare Th1 e Th2. In alcuni lavori i Th3 sono definiti come tali, altre volte come T-Reg o altre volte, come CD4/CD25/FoxP3.

11

Purtroppo nei pazienti tumorali i Th3 sono sovra-espressi; ciò determina una down-regulation dei linfociti Th1 e Th2; questa è una delle cause profonde dell’ immunodeficienza di questi pazienti. Infatti, la down-expression, in particolare dei Th1, conduce anche alla minore produzione, da parte di questi linfociti, di IFN-gamma, fondamentale nell’attivazione dei CD8+, da cui dipende la produzione di linfociti T suppressor, fondamentali nel controllo della proliferazione delle cellule tumorali. Come se non bastasse, a causa di questo meccanismo, i Th1 producono meno Interferone-gamma, e la minore quantità di Interferone-gamma conduce, conseguentemente, ad una minore espressione di altre cellule importantissime nel controllo della proliferazione delle cellule tumorali, le cellule NK (Natural Killer), responsabili della lisi cellulare delle cellule tumorali. Viene presentata un ipotesi sviluppata nel report sul lavoro pubblicato da Journal of Cancer Therapy (L. D'Amico, E. Ruffini, R. Ferracini, Roato I.IL-12 Stimulates T Cell Response in Cultures of PBMCs Derived from Small Cell Lung Cancer Patients. Journal of Cancer Therapy, 2012, 3, 337-342). L’interleuchina capace di down-regolare i TH3 è l’IL-12 e sin dagli anni ‘80 si pensò di utilizzarla in questo senso ma il suo uso (assai promettente) si arenò contro lo scoglio dei gravi effetti collaterali tanto di natura clinica, (febbre altissima, malessere generalizzato, nausea e vomito) che di natura immunitaria, dovute alle alte concentrazioni di questa sostanza. Infatti, alle concentrazioni farmacologiche normalmente utilizzate (nel range di ng/ml e oltre) l’IL-12 riduce efficacemente i Th3 ma annulla anche gli altri linfociti CD4+ (cioè i Th1 ed i Th2). Cioè, paradossalmente, gli alti dosaggi di IL-12 inducono un’immunodeficienza non più dovuta all’over-expression di Th3 ma all’inibizione diretta, indotta dalla stessa IL-12 ad alti dosaggi, degli interpreti della difesa immunitaria cellulo-mediata (Th1) e umorale (Th2). L' IL-12 alla concentrazione di 10 ng/ml riduce i Th3, e questo e' un effetto benefico. Ma nello stesso tempo riduce drammaticamente anche i CD4+ (Th1 e Th2) E, ancora più clamorosamente, i 10 ng/ml di IL-12 riducono in maniera eclatante i livelli di IFNgamma prodotto dai Th1 per “impedimento” proprio dei Th1. Invece gli effetti dell’IL-12 a 0,01 pg/ml, cioè la CH4 dinamizzata osserviamo che: l'IL-12 4CH è in grado di down-regolare i TH3, sovra-espressi nei pazienti tumorali addirittura al di sotto del valore del controllo, Ma nello stesso tempo è in grado di aumentare i CD4+ (Th1 e Th2). Ancora più interessante è il dato positivo relativo alla produzione di IFN-gamma da parte dei Th1 stimolati dall' IL-12 4CH. Inoltre l'IL-12 4CH aumenta la produzione di cellule litiche attive sulle cellule tumorali: Quindi l' IL-12 4CH alla concentrazione nell’ordine di pg/ml mostra gli stessi efetti di down-regolazione dei TH3 della concentrazione allopatica (10 ng/ml) ma senza gli effetti collaterali di quest’ultima (consistenti nella contemporanea down-regolazione anche dei CD4 ed in particolare dei Th1). Al contrario l' IL-12 4CH stimola i Th1 a produrre IFN-gamma, fondamentale nella difesa antitumorale. E’ come se esistesse un’INTELLIGENZA BIOLOGICA delle low dose fisiologiche, in grado di agire solo sulle alterazioni patologiche ma senza interferire sulle funzioni fisiologiche. Vengono poi presi in considerazione i risultati dello studio Radice E., Miranda V., Bellone G. “Low-doses of sequential-kinetic-activated interferon-γ enhance the ex vivo cytotoxicity of peripheral blood natural killer cells from patients with early-stage colorectal cancer. A preliminary study, appena pubblicato su International Immunopharmacology, 19 (2014), 66-73. Dal punto di vista immuno-oncologico le cellule Natural Killer (NK) giocano un ruolo fondamentale nell’eliminazione delle cellule tumorali (lisi cellulare), svolgendo un efficace opera di immunosorveglianza. Interferone-gamma (IFN-gamma) è una citochina fondamentale per la regolazione della funzione delle NK (per un’azione diretta su di esse) e non solo: esso è infatti un importante attore nella promozione della risposta antitumorale mediata dai linfociti T di tipo 1 (Th1). La spinta di differenziazione verso questa sub-popolazione linfocitaria innesca una

12

risposta antitumorale citotossica da parte di cellule linfocitarie CD8+ Inoltre IFN-gamma, stimolando le cellule NK favorisce l’infiltrazione del tumore da parte delle NK stesse e dei macrofagi. Ne consegue un aumento di IL-12 e IL-18; particolarmente importante è l’aumento indiretto di IL-12 che, insieme all’accresciuto livello di IFN-gamma, con i noti meccanismi di cross-regulation, portano alla down-regolazione dei Th2 e all’up-regolazione dei Th1, passaggio fondamentale per la risposta antitumorale via CD8+ Questa integrazione tra immunità innata ed adattativa è fondamentale per la lotta contro i tumori solidi quali il cancro del colon-retto; a volte però questo meccanismo fallisce nel suo compito di controllo preventivo a causa di una insufficiente risposta immunitaria e/o dell’instaurarsi di meccanismi di immune escape da parte del tumore. Purtroppo nei pazienti tumorali la risposta immunitaria è sovente compromessa; ciò determina una down-regulation dei linfociti Th1; questa è una delle cause profonde dell’ immunodeficienza di questi pazienti. Infatti, la down-expression, in particolare dei Th1, conduce anche alla minore produzione, da parte di questi linfociti, di IFN-gamma, citochina fondamentale nell’attivazione dei CD8+ da cui dipende la produzione di linfociti T suppressor, fondamentali nel controllo della proliferazione delle cellule tumorali. Bassi livelli di IFN-γ conducono anche alla minore espressione di altre cellule importantissime nel controllo della proliferazione delle cellule tumorali quali le succitate cellule NK. Ipotesi di lavoro sviluppata in questo lavoro e' il riconoscimento del ruolo fondamentale che IFN -gamma possiede nell’induzione della risposta immune. Questo ha giustamente fatto intuire come la stimolazione della risposta immunitaria indotta attraverso la somministrazione di alte dosi di IFN-gamma potesse rappresentare una strategia terapeutica molto promettente per la cura di vari tipi di tumore , solidi e non. Alcuni studi clinici sono stati effettuati usando IFN-gamma ma, in tutti, il grosso limite sono stati i gravi effetti collaterali dovuti alla sua tossicità intrinseca di tipo dose-dipendente. Il fondamento teorico del lavoro ex vivo qui sintetizzato e' la valutazione della capacità litica di cellule NK (isolate da pazienti con carcinoma del colon -retto (CRC) in presenza o assenza di metastasi e da donatori sani), opportunamente stimolate con IFN-gamma a dosaggio convenzionale (1 ng/ml) o low-dose SKA IFN-gamma (0.25 fg/ml). In genere e' presente un’attività delle cellule NK che è maggiore, ovviamente, nei soggetti sani, decresce nei pazienti tumorali non metastatizzati, e risulta decisamente depressa nei pazienti con neoplasie metastatiche. Il vero cuore del lavoro e' che somministrando IFN-gamma ponderale (1 ng/ml) o IFN-gamma (0.25 fg/ml), aumentino le unità litiche (cellule NK) nei soggetti sani, nei pazienti tumorali non metastatizzati e nei pazienti con neoplasie metastatiche. Conclusioni Il lavoro mostra chiaramente che l' Interferon-gamma, grazie alla sua efficacie azione a basse dosi, (è infatti dimostrata, attraverso l’analisi statistica della deviazione standard, la non inferiorità dell’azione di IFN-gamma low dose rispetto al ponderale). è in grado di stimolare tanto le cellule NK del volontario sano quanto quelle del paziente oncologico rafforzandone le capacità citotossiche verso le cellule neoplastiche, punto fondamentale nella difesa antitumorale. È da sottolineare come la positiva risposta delle Natural Killer nel volontario sano rappresenti potenzialmente un aggancio per la proposta di una azione di tipo preventivo centrata sull’aumento dell’immunocompetenza delle cellule NK.

13

OMEOPATIA E FARMACOLOGIA DELLE MICRODOSI Simonetta Bernardini Presidente Società Italiana di Omeopatia e Medicina Integrata, SIOMI e responsabile Centro di

Medicina Integrata Ospedale di Pitigliano, USL9 regione Toscana

La moderna tecnica del DNA microarray ha permesso un nuovo sviluppo della ricerca scientifica riguardante il possibile meccanismo di azione dei medicinali omeopatici sia per concentrazioni al di sotto del numero di Avogadro (medicinali ultralow dose) che al di sopra di tale numero (medicinali low dose). In particolare, con tale metodica è stato possibile individuare una chiara risposta dei geni cellulari all'azione di sostanze in concentrazioni comprese tra 10-6 e 10-60 M. Nel presente contributo verranno esaminati i principali lavori di ricerca sul tema e esaminata l'ipotesi (A.Dei, S.Bernardini) di interpretazione del principio della similitudine omeopatica sulla base delle conoscenze del fenomeno dell'ormesi e delle recenti conferme scientifiche ottenute con la tecnica del DNA microarray.

14

POLIDATINA : UN PROMETTENTE SOSTEGNO ALLA TERAPIA ONCOLOGICA Maria Pia Fuggetta, Giampiero Ravagnan Istituto di Farmacologia Traslazionale, Consiglio Nazionale Ricerche, Roma Italia

Dipartimento di Scienze Molecolari e Nanosistemi, Università Ca’Foscari Venezia, Italia

In questi ultimi anni si è sviluppata una notevole attenzione per le sostanze naturali presenti nei vegetali e l’interesse scientifico si è rivolto verso quelle piante che sono già tradizionalmente utilizzate in terapia. La polidatina(PD) è uno dei principali costituenti del Polygonumcuspidatum, radice utilizzata ampiamente nella medicina tradizionale asiatica. Si tratta di un glucoside del resveratrolo,stilbenoideche possiede un’attività biologica ad ampio spettro. Gli effetti della PD più descritti sono quelli: a)antinfiammatorio;b) immunomodulante; c)antiossidante, sia diretto attraverso la riduzione della perossidazione lipidica sia indiretto mediante la modulazione del sistema di difesa antiossidante; d)anti-tumorale con peculiare induzione di apoptosi; e)antinvecchiamento e f)neuroprotettivi. La PD penetra nella cellula mediante un meccanismo di trasporto attivo che utilizza i trasportatori di glucosio e, grazie alla sua solubilità in acqua, viene assorbita con maggior efficienza dall'intestino. Queste proprietà conferiscono alla molecola maggiori livelli di stabilità e di biodisponibilità rispetto al resveratrolo. Le diverse potenzialità e i meccanismi d’azione di questo principio attivo sono in continuo aggiornamento e le documentate caratteristiche biologiche della PD costituiscono una base razionale per la sua applicazione come principio attivo in campo oncologico. La PD potrebbe essere particolarmente adatta nella terapia integrata a valle della tradizionale chemioterapia come strategia di prevenzione dell'insorgenza di ripresa di malattia. Inoltre la PD potrebbe assumere una funzione protettiva rispetto agli effetti citotossici mediati dai farmaci antiblastici oda terapie radioterapiche oppure avere un ruolo nel controllo dell’infiammazione correlata al cancro. .

15

OLTRE LA LOW-DOSE THERAPY: LA CHEMIOTERAPIA METRONOMICA Carlo Pastore Responsabile Oncologia-Ipertermia Oncologica, Casa di Cura Villa Salaria, Roma

Il concetto di chemioterapia antitumorale risale agli anni 50 con l'avvento di una primissima generazione di farmaci aventi lo scopo di distruggere le cellule neoplastiche interferendo con i meccanismi di replicazione. Una cellula danneggiata nelle sue strutture replicative viene spinta a morte mediante i naturali meccanismi di apoptosi (morte cellulare programmata). I concetti cardine di intensità di dose e quantità di farmaco sono stati e sono pilastri fondanti dell'approccio farmacologico anticancro. Negli ultimi anni si è cercato di comprendere se si potesse ottenere un effetto antineoplastico con dosaggi non citotossici e con somministrazioni ripetute più volte nel tempo con lasso temporale assai ridotto tra una somministrazione e l'altra. Si è potuto verificare che diversi agenti chemioterapici posseggono per loro caratteristica biochimica un effetto antiangiogenetico con queste modalità di somministrazione. Il concetto di questo nuovo approccio denominato metronomico è quello di interferire con l'endotelio neoplastico che riveste i vasi sanguigni tumorali danneggiandolo ed inibendo la neoangiogenesi nel cancro. Le cellule cancerose difatti necessitano di una propria rete vascolare per poter continuare la crescita quando il volume tumorale supera il millimetro cubo. Tale rete vascolare è di per se imperfetta poiché sostenuta da cellule aberranti e l'interazione con le strutture che la costituiscono da parte di taluni chemioterapici somministrati in modalità metronomica porta vantaggio. I primi studi sono stati eseguiti su pazienti in fase avanzata di malattia e si è potuto riscontrare un effetto, se non altro sul miglioramento della qualità di vita oltre che sul prolungamento della medesima. Alcuni farmaci più di altri si sono dimostrati utili nell'approccio metronomico ed i principali sono paclitaxel, ciclofosfamide, capecitabina, vinblastina, mitomicina C, methotrexate. Il danno endoteliale è dimostrabile verificando una serie di parametri biochimici valutabili su prelievo di sangue. La chemioterapia metronomica può sinergizzare con gli altri approcci terapeutici in oncologia (radioterapia ed ipertermia) facilitandone l'azione; inoltre i bassi dosaggi di chemioterapici ne rendono possibile l'impiego anche in soggetti defedati o con deficit organici che non potrebbero tollerare dosaggi citotossici dei medesimi o di altri farmaci antitumorali. Metronomic chemotherapy: Back to the future!André N, Padovani L, Verschuur A. Drug News Perspect. 2010 Mar;23(2):143-51. Review.Metronomic chemotherapy: new rationale for new directions.Pasquier E, Kavallaris M, André N. Nat Rev Clin Oncol. 2010 Aug;7(8):455-65. Epub 2010 Jun 8. Review.Metronomic chemotherapy.Mutsaers AJ. Top Companion Anim Med. 2009 Aug;24(3):137-43. Review.Tumoral angiogenesis: review of the literature.Khosravi Shahi P, Fernández Pineda I. Cancer Invest. 2008 Feb;26(1):104-8. Review.

Eur J Cancer Care (Engl). 2007 May;16(3):258-62.

Antiangiogenic metronomic chemotherapy and hyperthermia in the palliation of advanced

cancer.

Franchi F, Grassi P, Ferro D, Pigliucci G, De Chicchis M, Castigliani G, Pastore C, Seminara P.

16

III Sessione

I TRE BIG KILLER: MAMMELLA – COLON – POLMONE

Moderatore: Giampietro Ravagnan

NUOVE TERAPIE NEL CARCINOMA DELLA MAMMELLA Mimma Raffaele UOSD Oncologia Presidio Cassia Sant’Andrea, San Filippo Neri, Roma

Il tumore della mammella è la neoplasia più frequente nel sesso femminile, con 1.38 milioni di nuovi casi diagnosticati annualmente (23% di tutti i tumori ). E’ una patologia eterogenea, con una varietà di entità biologiche e di comportamenti clinici e differenti alterazioni molecolari, che ne condizionano crescita, sopravvivenza e la risposta al trattamento. Negli ultimi anni, la comprensione dei meccanismi biologici, che sottendono la carcinogenesi e le alterazioni molecolari, ha portarto alla identificazione di nuove molecole targets ed , pertanto, allo sviluppo di nuove terapie. Identificare il target che promuove o sostiene la crescita e l’invasione neoplastica è fondamentale per il trattamento efficace della neoplasia . Uno dei primi farmaci, che rappresenta la pietra miliare nel campo delle terapie target nella neoplasia mammaria è il trastuzumab, anticorpo monoclinale anti HER2, che ha modificato l’andamento di malattia nelle pazienti con tumori HER2 positivi.. Ad esso ha fatto seguito il Lapatinib, indicato in combinazione con un inibitore della aromatosi nei tumori ER + o in combinazione con la capecitabina. Farmaci di nuovissima generazione anti HER2: - Pertuzumab, utilizzato in associazione con i taxani e il trastuzumab in prima linea; - Trastuzumab-emtansine (T-DM1), che trova indicazione , in seconda linea. Gli M-TOR inibitori sono una classe di farmaci target, che possono incrementare l’efficacia della terapia ormonale. L’Everolimus è utilizzato nel trattamento dei tumori ER+, HER2 - . Le neoplasie mammarie HER2-, vedono l’impiego, in prima linea del Bevacizumab, anti VEGF, in combinazione alla chemioterapia con taxani.

19

LA TERAPIA INTEGRATA NEL CARCINOMA DELLA MAMMELLA Massimo Bonucci Responsabile Servizio Patologia Clinica ed Anatomia Patologica, Casa di Cura San Feliciano,

Roma

Il tumore della mammella ha una prognosi che nel tempo è andata migliorando. Purtroppo però i nuovi casi di neoplasia sono in aumento. Non possiamo considerare questo dato solo come risultato di una migliore tecnica diagnostica, ma ciò è anche frutto di una influenza negativa da parte dell’ambiente sul nostro organismo. Il trattamento integrato parte proprio da una vera prevenzione e protezione con atteggiamenti alimentari e stili di vita da cambiare. Nel caso di patologia neoplastica il nostro approccio varia perché la prima cosa da fare è la personalizzazione della terapia: farmacogenomica per scegliere la chemioterapia adeguata (DPD; GST-P1-M1); uso di sostanze naturali per aumentare la risposta della chemioterapia (Curcumina, Indolo-3-Carbinolo, Suforafano); sostanze naturali per lo stimolo del sistema immunitario (Polidatina, Micoterapia, Vischio); nutrigenomica per utilizzare l’alimentazione come aiuto alla chemioterapia; sostanze naturali per la prevenzione vera (Bromelina, Lactoferrina, Epigallocatechina Gallato). Dobbiamo aiutare il nostro organismo a rispondere in maniera adeguata a ciò che ci circonda, perché questo può influenzare negativamente sul nostro genoma.

20

L’AGOPUNTURA: IL CONTROLLO DEGLI EFFETTI COLLATERALI NEL CARCINOMA DELLA MAMMELLA Franco Cracolici Direttore Scuola di Agopuntura Tradizionale “Città di Firenze”, Firenze

L’agopuntura e la medicina cinese costituiscono una risorsa utile e sempre più impiegata nel trattamento delle sequele del calcinoma post mastectomizzato. La vasta esperienza degli ospedali statunitensi e le linee guida inglesi e americani concordono con i risultati di efficacia indicati da O.M.S. e N.I.H.: da qui si evince che alcuni protocolli sono sistema di ausilio sempre più impiegato in accordo con la medicina ortodossa. Questa relazione vuole indicare, come in caso di xerostomia, nausea e vomito post chemioterapico, neutropenia, vampate di calore e come di recente evidenziato allo Sloan-Kettering di New York linfedema degli arti superiori, siano problematiche approcciabili in modo sinergico e affiancativo. L’Ospedale di Medicina Integrata di Pitigliano tramite il suo team ha adoperato protocolli complessi nei quali si è aggiunto ai punti classici internazionali alcuni punti relativi a microsistemi ausiliari ed i risultati raggiunti sono incoraggianti. Verranno quindi citati le evidenze di efficacia (cochrane) con i punti impiegati in ambito pubblico e le proposte di protocollo elaborate dal nostro team.

21

TERAPIE A BERSAGLIO: NEOPLASIE DEL COLON E DEL POLMONE Giovanni Palazzoni Specialista in Radioterapia Oncologica Prof.Aggregato presso il dipartimento "Scienze Radiologiche e Bioimmagini" Un. Cattolica del S. Cuore - Complesso Integrato Columbus L’individuazione di mutazioni genetiche all’interno del DNA delle cellule neoplastiche ha portato all’individuazione di prodotti anomali- proteine della mutazioni stesse: tali proteine sono stati “visti” come “bersagli” di una nuova categoria di farmaci. L’idea di poter individuare dei “bersagli” sulla superficie delle cellule neoplastiche e/o all’interno di queste ha coinciso con l’idea di poter avere a disposizione terapie altamente efficienti ed a basso impatto umano. Questi bersagli sono rappresentati da proteine o complessi proteici che svolgono varie funzioni nella regolazione del metabolismo cellulare, nella moltiplicazione, nella specializzazione cellulare e nell’apoptosi. Queste funzioni risultano singolarmente ma più spesso globalmente ed a vari livelli dis – regolate nelle cellule tumorali. La “costruzione” di farmaci che vadano a colpire selettivamente alcuni punti, bersagli, dei meccanismi che presiedono alla dis – regolazione ha permesso un primo passo nella direzione di terapie selettive di re – induzione epigenetica. Tuttavia i “bersagli” individuati e attualmente sfruttabili rappresentano solo un numero limitato di punti d’attacco per una terapia target che re - induca in modo epigenetico una correzione post – trascrizionale. Le neoplasia derivanti da tessuti differenti hanno bersagli differenti poiché si avvalgono di strategie di omeostasi e di crescita differenti. Attraverso l’esame delle proteine, individuate nelle neoplasie del colon, e dei meccanismi di resistenza a farmaci che vadano a colpire queste proteine anomale “bersagli”, individuati nelle neoplasie del polmone NSC, cercheremo di tracciare le prospettive emergenti dall’uso estensivo, al di la degli studi, di questi nuovi farmaci.

22

IL PUNTO DI VISTA CON APPROCCIO INTEGRATO NEL TUMORE DEL COLON. Giuseppe Di Fede Direttore Scientifico e Sanitario, Istituto di Medicina Biologica, Milano

Lo stato nutrizionale del paziente con neoplasia del colon, influenza il decorso clinico e la prognosi del tumore. La malnutrizione si associa infatti a ridotta qualità di vita, maggiore incidenza di reazioni avverse legate alla terapia, ridotta risposta alla terapia da parte del tumore, ridotta sopravvivenza. L’approccio del medico dovrebbe essere orientato al ripristino della capacità La malnutrizione, avvalendosi di strumenti diagnostici come la Farmacogenomica per lo studio della compatibilità ai chemioterapici, la Nutrigenomica come guida nutrizionale sia durante la malattia che come prevenzione delle recidive. La terapia integrata con principi attivi fitoterapici anti tumorali durante la malattia e la terapia. La chemio prevenzione sempre con fitoterapia specifica durante il follow up e probabilmente per tutta la vita. Nei pazienti malnutriti e più frequente l’interruzione, temporanea o definitiva, dei cicli di chemioterapia, e l’insorgenza di tossicità dose-correlata più severa.

23

L’AGOPUNTURA NEL SOSTEGNO DEL PAZIENTE CON TUMORE DEL COLON-RETTO Giuseppe Lupi, Manuela Cormio Presidente S.I.R.A.A., Società Italiana di Riflessoterapia , Agopuntura e Auricoloterapia

Docente Scuola Agopuntura C.S.T.N.F., Torino

Ambulatorio di Agopuntura per il trattamento dell’iperemesi gravidica e degli effetti collaterali

della chemioterapia- Ospedale Umberto Parini, Aosta

L’agopuntura, terapia medica nata più di tremila anni fa, consiste nell’infissione di sottilissimi aghi in determinati punti cutanei e nella stimolazione delle zone interessate; agisce attivando meccanismi nervosi e bioumorali per riequilibrare quelle funzioni alterate dell’organismo che stanno alla base della malattia. La stimolazione delle afferenze somatiche dalla cute e dai tessuti sottostanti produce dei riflessi di risposta nelle funzioni viscerali attraverso le efferenze nervose. Molte sono le patologie in cui è indicata l’Agopuntura, in certi casi come terapia elettiva in altri come parte di un piano terapeutico integrato. Il sistema digerente, proprio in virtù della sua ricca innervazione, risponde molto bene all’agopuntura e le numerose validazioni scientifiche internazionali hanno portato all’inserimento di questa terapia medica in diversi protocolli terapeutici. In campo oncologico, ed in particolare nel sostegno del paziente portatore di carcinoma del colon-retto, l’agopuntura non viene ovviamente utilizzata per la cura del tumore stesso, ma soprattutto per la terapia dei sintomi legati alla patologia e alla chemioterapia. Numerosi studi hanno dimostratol’efficacia dell’agopuntura nel migliorare la qualità della vita del paziente e nel controllo del dolore, ma in campo gastroenterologico le maggiori ricerche sono state effettuate per il controllo della nausea e del vomito, dellastipsi, della diarrea e dell’ileo postoperatorio. Gli autori presenteranno le basi neurofisiologiche e neuroanatomiche dell’agopuntura nelle affezioni funzionali intestinali e discuteranno i più recenti lavori scientifici presenti in letteratura. La modulazione del sistema neurovegetativo per mezzo dell’agopuntura sembra essere il cardine della terapia dei disturbi intestinali e questa terapia, priva di effetti collaterali e apprezzata dai pazienti, si è dimostrata un valido aiuto nel controllo dei sintomi nei pazienti oncologici.

24

TERAPIE DI AVANGUARDIA NEL TRATTAMENTO DEL TUMORE DEL POLMONE IN AMBITO RADIOTERAPICO Giancarlo Beltramo Direttore “Cyberknife” Centro Diagnostico Italiano, Milano

La radioterapia rappresenta, insieme alla chirurgia e alla chemioterapia , una tra le modalita’ terapeutiche piu’efficaci nella cura dei pazienti affetti da tumore.

Gli eccellenti risultati clinici recentemente conseguiti dalla radioterapia sono fortemente correlati allo sviluppo di tecniche di irradiazione quali la radioterapia conformazionale (3D CRT) (Read G. et al: Clin Oncol 1998; 10: 288-96) e piu’ recentemente la radioterapia ad intensita’ modulata (IMRT) (Kuijper EL et al: Medical Dosimetry 2007, vol 32; 237-245) tecniche che permettono una migliore erogazione e conformazione della dose al volume bersaglio neoplastico, una minore irradiazione dei tessuti sani circostanti, prerogativa di un miglior controllo locale di malattia, di una minore tossicità e di una migliore qualità della vita per il paziente.

Sebbene L’High Technology in radioterapia abbia permesso di conseguire ottimi risultati nel controllo locale di malattia e nella sopravvivenza dei pazienti affetti da tumore , ad oggi la corretta riproducibilita’ del trattamento radioterapico rappresenta l’ultima frontiera nell’ambito della ricerca tecnologica in radioterapia. L’accuratezza della riproducibilita’ giornaliera del trattamento radioterapico dipende, in parte, sia dalla capacita’ di riprodurre quotidianamente la posizione del paziente prima della seduta di rt (errori di set up), sia dalla capacita’ di verificare e correggere gli spostamenti del target neoplastico durante la seduta di rt (intrafractional motion) e gli spostamenti del target neoplastico tra la seduta di rt e la successiva (interfractional motion) La necessita’ di migliorare l’accuratezza del trattamento radioterapico ha recentemento condotto allo sviluppo di apparecchiature di radioterapia in grado di eseguire dei trattamenti terapeutici radioterapici guidati dalle immagini (IGRT) (Amies C et al: Medical Dosimetry 2006, vol 31: 12-19.

Il principale obiettivo degli apparecchi di radioterapia in grado di eseguire un trattamento guidato dalle immagini e quello di ridurre significativamente il margine di sicurezza applicato attorno al bersaglio neoplastico senza compromettere allo stesso tempo il trattamento radioterapico proposto. Gli acceleratori di nuova generazione sono dotati di accessori dedicati alla verifica del corretto posizionamento del bersaglio e dotati di accessori in grado di monitorare e modificare l’erogazione del fascio di radiazione a seconda della reale posizione del tumore e dei tessuti sani adiacenti durante la seduta di radioterapia. Il tumore del polmone ad oggi è la prima causa di morte negli uomini e la seconda nelle donne. Il progresso della diagnostica per immagini, le campagne di prevenzione e la maggiore sensibilità della popolazione consentono sempre più frequentemente di diagnosticare la malattia in fase precoce: in questa categoria di pazienti la chirurgia, che rappresenta il trattamento terapeutico di scelta, è in grado di ottenere tassi di controllo locale della malattia nell’80% dei casi e sopravvivenza dei pazienti pari al 60-70% a 5 anni. Nei pazienti non candidabili a un intervento chirurgico la chemioterapia e la radioterapia convenzionale hanno conseguito risultati deludenti. I recenti sviluppi della tecnologia ed i continui progressi nell’ambito della fisica e dell’informatica, hanno consentito lo sviluppo di tecniche di radioterapia altamente sofisticate volte all’utilizzo di elevate dosi di radiazioni indirizzate al volume bersaglio contestualmente alla riduzione della dose ai tessuti-organo non bersaglio con il relativo miglioramento nel rapporto rischio-beneficio e della tossicita’ del trattamento Il recente sviluppo di dispositivi tecnologici dedicati alla radioterapia, associati al perfezionamento degli studi di imaging, e a una maggiore comprensione degli effetti biologici a breve e a lungo

25

termine delle dosi somministrate al tumore del polmone, ha condotto a un notevole miglioramento dei risultati clinici. In questo ambito la radioterapia ipofrazionata con Cyberknife rappresenta una nuova soluzione terapeutica nell’ambito dei trattamenti convenzionali per la cura del carcinoma clinicamente localizzatoe avanzato del polmone in quanto, utilizzando la tecnologia robotica e un avanzato sistema di guida basato sulle immagini, rende possibili interventi radiochirurgici senza la necessità di utilizzare presidi di immobilizzazione invasivi. Inoltre questo tipo di trattamento offre vantaggi potenzialmente molto interessanti in quanto la minima esposizione alle radiazioni dei tessuti sani adiacenti e il regime ambulatoriale permettono al paziente di organizzare il proprio tempo libero con il minimo disturbo nelle attività della vita quotidiana. I recenti dati presenti in letteratura hanno evidenziato come un trattamento radiochirurgico condotto tramite Cyberknife ottenga un beneficio clinico per i pazienti affetti da tumore localizzato del polmone superiore non solo al trattamento radioterapico convenzionale (3D-CRT o IMRT), ma anche, in casi selezionati, alla stessa chirurgia.

26

TERAPIA INTEGRATA NEL TUMORE POLMONARE

Walter Legnani Spec. Oncologia Medica-Clinica Madonnina, Membro SIMA, Milano

Il tumore polmonare rappresenta da vari decenni l’esempio più tipico di neoplasia passibile di prevenzione, mentre i vari programmi di screening per la diagnosi precoce non sono mai approdati ad evidenza sufficiente a renderli pratica corrente. La possibilità di prevenzione è legata all’evidenza del fumo di sigaretta come fattore di rischio determinante e, se pure in minor misura, all’inalazione di inquinanti, in parte ambientali e in parte da esposizione professionale. La dimostrazione dell’efficacia della prevenzione sta nella curva di incidenza della neoplasia degli ultimi decenni, che mostra una tendenza al decremento per il sesso maschile a fronte tuttora di un aumento nel sesso femminile. La spiegazione è ancora appunto l’esposizione al fumo. Oltre alla modificazione delle abitudini di vita a questo riguardo, la ricerca va indagando quali altri fattori preventivi possano esistere. Oltre a quelli comunemente citati come adiuvanti immunitari nella logica di pensiero PNEI (esercizio costante, gestione dello stress, quindi tecniche di rilassamento e di equilibrio mente-corpo), un ruolo importante è rappresentato dai costituenti dietetici. Anche in questo campo, oltre a quelli classici (ridotto consumo di zucchero, di carne rossa, di latticini e grassi animali in genere; uso basilare nella dieta di cereali, frutta e verdura stagionale), la letteratura offre una serie di studi sull’integrazione con costituenti aggiuntivi: citiamo i carotenoidi, il selenio, sostanze ad effetto antiossidante e immunoadiuvante come la curcuma, la papaya, il tè verde, gli antociani, il resveratrolo e altri. La relazione mira a illustrare gli studi specifici riguardanti il tumore polmonare e a illustrane il diverso grado di evidenza. Un altro capitolo importante è quello della possibilità di terapie integrate in presenza di malattia durante terapia medica (neoadiuvante nelle forme localmente avanzate oppure nelle forme diffuse). In questa situazione, tradizionalmente considerata a cattiva prognosi, l’integrazione terapia medica – radioterapia – chirurgia ha creato di per sé un aumento delle risposte terapeutiche e delle possibilità di lunga sopravvivenza. Per quanto riguarda la terapia medica convenzionale va detto che negli ultimi anni si è assistito a una ulteriore differenziazione tra le diverse istologie del tumore, con implicazioni pratiche. Se fino a un decennio fa la distinzione veniva fatta fra carcinoma “a piccole cellule” (c.d. microcitoma) e “non a piccole cellule” (ca. spino cellulare, adenocarcinoma e ca. a grandi cellule), attualmente nella istologia adenocarcinoma sono stati individuati diversi assetti recettoriali di membrana che hanno aperto la strada a nuovi tipi di terapia biologica. Si tratta soprattutto di ricercare recettori del tipo EGFR mutati, traslocazioni ALK, considerare la presenza di VEGF. Oltre alla classica chemioterapia per questa forma (cis o carboplatino, taxani, pemetrexed, gemcitabina, vinorelbina e altri), in caso di positività nella ricerca recettoriale hanno trovato posto terapie biologiche quali gefitinib, erlotinib, crizotinib oppure anti-angiogenetici quali il bevacizumab. La tossicità, meno eclatante rispetto alla mielo, neuro, nefro ed epatotossicità dei chemioterapici convenzionali, rimane comunque un elemento di un certo peso: oltre alla fatigue spesso non inferiore alla fase chemioterapica, compaiono spesso alterazioni cutanee e tossicità d’organo di vario tipo. Per quanto riguarda le altre categorie istologiche (ca. epidermoide, grandi cellule e anche nel ca. a piccole cellule) il trattamento è essenzialmente ancora di tipo chemioterapico (ancora platini, taxani, gemcitabina, vinorelbina, etoposide nel microcitoma). È vero che nelle forme a piccole come in quelle a grandi cellule si assiste da tempo a una progressiva caratterizzazione in senso neuro-endocrino, con alcune variazioni terapeutiche consequenziali. Nella fase terapeutica la letteratura complementare individua alcune sostanze in grado di ridurre gli effetti tossici e quindi di contribuire a una miglior qualità di vita e perfino a una maggior

27

praticabilità della chemioterapia. Tra quelle maggiormente studiate possiamo citare il Viscum album, I funghi come Shitake e Maitake, oltre agli elementi a influsso immunitario positivo sopra citati. Un capitolo importante è rappresentato dall’apporto delle sostanze antiossidanti e fitoterapiche che possono ad esempio essere neuro o epatoprotettive. Compito della relazione è anche in questo caso discriminare il grado di attendibilità degli studi a fronte di una notevole mole di dati incontrollata presente sul web. Vanno aggiunti infine come interventi terapeutici potenzialmente utili in fase di terapia medica o radioterapica alcune terapie non farmacologiche: citiamo tra le varie l’agopuntura, l’ipertermia, le terapie artistiche, lo yoga, il thai chi, l’euritmia, la meditazione, il sostegno psicologico e spirituale in generale. Senza tralasciare le indicazioni dietetiche più indicate e specifiche per la fase chemioterapica. Verranno esaminati studi che definiscono quanto i trattamenti integrati influiscano sulla qualità della vita e sulla compliance dei pazienti ai trattamenti convenzionali. Nell’ambito di questi studi sono segnalati, oltre al miglioramento qualitativo, anche riscontri positivi sulla sopravvivenza. A dimostrazione di quanto abbiano senso nel progetto di cura anche rimedi o procedimenti di per sé non direttamente da considerarsi anti-tumorali, ma mirati a favorire e sostenere lo stato metabolico e l’equilibrio personale in generale. Nel tumore polmonare dunque, come in altri tipi di neoplasia, l’integrazione terapeutica, lungi dal voler illudere circa l’esistenza di “alternative” ai metodi convenzionali, si pone come sostegno al paziente a far sì che il periodo di terapia sia il più possibile un tempo vivibile, in cui elaborare senso e motivazioni al cambiamento.

28

OMEOPATIA E TUMORI POLMONARI Elio Rossi Responsabile Ambulatorio di Medicine complementari e alimentazione in Oncologia-UO

Oncologia-ASL 2, Lucca

Nei paesi industrializzati l’omeopatia è utilizzata per lo più come terapia complementare dei protocolli oncologici convenzionali allo scopo di contrastarne gli effetti avversi. La terapia omeopatica delle varie forme di tumore non è ancora stata convalidata con studi clinici randomizzati e controllati e sono disponibili anche pochi studi osservazionali. E’ quindi sostanzialmente l’esperienza clinica di oltre 2 secoli che definisce la possibilità di un intervento omeopatico a integrazione delle cure convenzionali. I dati pubblicati su riviste indicizzate, ancora insufficienti, riguardano nello specifico l’applicazione del cosiddetto “Protocollo Banerji”. Questo metodo che rappresenta una consolidata ultratrentennale esperienza basata su decine di migliaia di casi clinici trattati e un minimo di documentazione scientifica, per quanto ancora del tutto insufficiente per dimostrare l’efficacia del trattamento proposto, si basa sulla somministrazione in diluizioni ultramolecolari di sostanze normalmente somministrate in omeopatia e prevede la prescrizione di rimedi specifici per le singole tipologie di tumore. Secondo il protocollo Banerji, la prima linea di trattamento del tumore del polmone include Kali carb. 200CH a mattine alterne, Thuja occ. 30CH 2 volte al giorno, Kali muriaticum 3DH e Ferrum phos. 3DH 2 volte al giorno. La seconda linea di trattamento prevede Carbo animalis 200CH, 2 volte al giorno, Bryonia alba 30CH e Aconitum napellus 200CH, 2 volte al giorno. Per i sintomi correlati, in caso di tosse, si somministra Bryonia 30CH, Aconitus 200CH insieme con Kali carb., Thuja e Ferrum phos. Emottisi: Ferrum phos. 3DH 5 volte in caso di bisogno. Versamento pleurico: Lycopodium 30CH 3 volte al giorno. Altre studi sono stati pubblicati che riguardano un approccio individualizzato (classico) al trattamento del paziente oncologico. In uno studio recente (Gaertner et al. 2014) per esempio è stata valutata l’associazione dell’omeopatia al trattamento convenzionale presso l’Ambulatorio di omeopatia della Facoltà di Medicina di Vienna. Lo studio retrospettivo ha analizzato nello specifico la sopravvivenza dei pazienti oncologici: i criteri di inclusione allo studio erano almeno 3 visite omeopatiche, prognosi fatale di malattia, descrizione dei dati quali-quantitativi dei pazienti e tempo di sopravvivenza. Nel corso di 4 anni sono stati registrati i dati di 538 pazienti, di cui il 62,8% donne e di questo circa il 20% con tumore della mammella. Del 53,7% (287) dei pazienti che avevano avuto almeno 3 visite omeopatiche in 4 anni, 54 (18,7%) rientravano nei criteri per l’analisi della sopravvivenza. Le neoplasie esaminate sono state glioblastoma, tumore del polmone,

carcinoma del pancreas e colangiocarcinoma, sarcoma metastatizzato e carcinoma renale. La sopravvivenza media generale, comparata con le aspettative di oncologi esperti e con gli outcome di sopravvivenza per ogni tumore riportati in letteratura, è stata più lunga in tutte le tipologie di tumore osservate (p<0.001). Più della metà dei pazienti (65%) aveva tempi di sopravvivenza pari o superiori a quelli riportati in letteratura per soltanto il 20% di pazienti di quella tipologia di tumore. La significatività dei risultati è stata determinata con il test di Wilcoxon; i risultati delle analisi erano significativi per i tumori nel loro insieme (p<0.001), ma anche per colangiocarcinoma (p=0.043), glioblastoma (p=0.043) e sarcoma metastatizzato (p<0.001). La sopravvivenza a 3 anni era superiore in tutte le tipologie di tumore rispetto a quanto riferito in letteratura, tranne che per il tumore del polmone non a piccole cellule. La sopravvivenza più lunga era correlata in modo positivo con la frequenza della terapia omeopatica, anche se questo rapporto non è stato mantenuto coerentemente in tutti i gruppi. Gli autori hanno definito interessante il maggior tempo di sopravvivenza di questo gruppo di

29

pazienti oncologici con prognosi fatale in trattamento aggiuntivo con omeopatia individualizzata. Complessivamente questi dati fanno pensare a processi neuroimmonologici mediati o modulati positivamente dalle CAM che potrebbero influire su crescita e propagazione del tumore. Si tratta però di risultati ascrivibili a un piccolo campione proveniente da un’unica clinica, con dati su pazienti e trattamento limitati. Per questo motivo, conclude lo studio, occorre in futuro esplorare il rapporto fra terapia omeopatica e sopravvivenza dei pazienti oncologici con studi prospettici condotti su campioni più ampi, possibilmente randomizzati, valutando anche l’impatto sulla qualità della vita.

30

IV Sessione

CASISTICA E RICERCA IN ONCOLOGIA

Moderatore: Stefania Meschini

IMMUNOTERAPIA DEL PAZIENTE ONCOLOGICO CON LIEVITI, MUFFE E FUNGHI MEDICINALI Monica Di Lupo Spec. Medicina dello Sport, Pisa

L'intento principale della terapia oncologica integrata è quello di potenziare le difese immunitarie e la reattività organica, modulando i fattori producenti le modificazioni epigenomiche di tipo degenerativo. I/fine terapeutico di questo approccio combinato è quello di arrestare la proliferazione tumorale e reindirizzare ai meccanismi naturali di apoptosi le cellule alterate irreparabilmente, contrastare i danni ossidativi prodotti da malattia, chemio e radioterapia. Con l'utilizzo razionale degli estratti macrofungini (funghi medicinali) e microfungini (lieviti e muffe) si intende approcciare il paziente (non solo la malattia!). Il bersaglio di questo approccio terapeutico sono le cellule immunitarie (macrofago e linfocita, in particolare) per le loro potenzialità di network psico-neuro-endocrino e per le capacità di sintesi e di ricezione dei segnali cellulari autocrini, paracrini, endocrini e neurogeni. In pratica si utilizzano sostanze di origine sia microbiologica che micologica alfine di ottenere la modulazione e il potenziamento delle risposte IMMUNITARIE. Si utilizza, cioè, una strategia terapeutica conforme a quella fisiologica per arrivare a modificare sistemi complessi non direttamente bersagliabili da un intervento di attivazione o inibizione specifico, ma che diventano oggetto, indiretto, di modificazioni positive di adattamento e modulazione psiconeuro-endocrino-immunitarie. Questo in virtù degli stretti rapporti di cooperazione, interazione e auto-regolazione reciproca, tipica dei SISTEMI BIOLOGICI ORGANO-CELLULARI INTEGRATI. MICOLOGIA FARMACEUTICA APPLICATA all'ONCOLOGIA INTEGRATA: Nel regno dei funghi vengono normalmente inseriti sia i micro funghi (lieviti e muffe) che i macro funghi (basidiomicetj e ascomiceti),fra cui i funghi medicinali. I lieviti sono organismi unicellulari e microscopici a differenza di muffe efunghi a cappello che invece sono pluricellulari e macroscopici. I principali fautori molecolari ad effetto immuno-farmacologico presenti nei funghi e approfonditamente studiati per gli usi PONDERALI in oncologia sono essenzialmente- -POLISACCARIDI di STRUTTURA (a- e /3-glucani) - TRITERPENOIDI Le proprietà terapeutiche evidenziate sperimentalmente, ma variabili per la vasta differenziazione biochimica, sono inquadrabili nei seguenti punti cardine: - IMMUNOMODULAZIONE delle risposte infiammatorie cronico-degenerative; - Potenziamento della SORVEGLIANZA immunitaria innata e adattativa citotossica (CD8+); - Potenziamento dell'immunità Th-1 (sorveglianza anti-tumorale, effetto anti-allergico, prevenzione delle reazioni autoimmuni); - Effetto CITO TOSSICO diretto e selettivo sulle cellule cancerose; - Ripristino dei meccanismi APOPTOTICI naturali; - Inibizione dei meccanismi invasivi proteasi-dipendenti (metastatizzazione) e della NEOANGIOGENESI tumorale; - Interazione con i FATTORI DI TRASCRIZIONE NUCLEARE implicati nell'attivazione di citochine, chemochine, metalloproteasi, prostaglandine, iNO, fattori di crescita, ecc. - Regolazione del metabolism° ENERGETIC°, catabolic° e iperinsulinemico nei pazienti oncologici Nell'ambito micro organic° (muffe, si ritrovano akuni del precedenti immuno-induttori farmacologici, presenti anche nei macro funghi, ma utilizzati a diluizioni di REGOLAZIONE del segnali cellulari. Per le clifferenti funzionalità regolatorie e le diverse forme molecolari micro fungine possiarno

33

riconoscere le seguenti strutture micro-immuno-farmacologiche: •Apteni polisaccaridici di potenziamento e modulazione immunitaria; •Lisati cellular' fungini (acidi nucleic', lipidi, proteine, glucani, mannam) con funzione mimetica sovrapponibile ai PAMPs (sequenze molecolari associate ai patogem) e DAMPs (sequenze molecolari associate al danneggiamento cellulare); •Forme fungine eubiotiche di regolazione; L'uso combinato di rimedi ad alta concentrazione ponderale specifica peril potenziamento e la modulazione dei sistemi immunitari e di rimedi a basso diluizione con finalità di "regolazione" del segnali cellulari, favorisce ii sinergismo e la compliance terapeutica nel paziente oncologico con cornplicazioni infettive e cataboliche.

34

LA MEDICINA FUNZIONALE COME PREVENZIONE IN ONCOLOGIA Antonio Sacco Centro di Medicina Generale e Integrativa, Casablanca (Marocco)

Nell'ottica di un Oncologia Integrata che unisce alle conoscenze mediche tradizionali nuove procedure diagnostiche e terapeutiche derivanti dalla biologia molecolare, dalla genetica, dalla farmacogenomica e nutrigenomica, nonché dalle medicine non convenzionali, la prevenzione riveste un ruolo di fondamentale importanza. Infatti permette sia l'identificazione dei fattori di rischio in soggetti sani o in ABS che non presentano sintomi, sia diagnosi precoci in soggetti con antecedenti familiari o in fase subclinica, sia il follow up per il controllo delle recidive in soggetti in fase di remissione. A tale scopo si utilizzano conoscenze derivanti dalla Medicina Funzionale che focalizza il suo intervento prevalentemente sulla persona e non solo sulla malattia, va alla ricerca delle cause scatenanti e non solo di sopprimere i sintomi, approfondendo ricerche sulla biochimica e la fisiologia umana per rendere la Medicina preventiva, predittiva e personalizzata. Cardini fondamentali della Medicina Funzionale sono: - l'approccio olistico con la diagnosi funzionale che tiene conto di tutti i disturbi del paziente e di tutta la sua storia precedente la malattia - l'individualità biochimica, punto centrale della Medicina Funzionale. Ogni individuo presenta caratteristiche uniche che gestiscono non solo le attività volontarie, come la capacità decisionale e le risposte emozionali, ma anche le attività involontarie, come il metabolismo dei nutrienti e la risposta adattativa allo stress ed ai fattori ambientali. Da ciò la necessità di creare un percorso diagnostico e terapeutico specifico ed unico per ogni individuo. - la salute intesa come vitalità positiva e non come semplice assenza di malattie o sintomi. (vedi definizione OMS) Questa valutazione si avvale di: - raccolta dati e questionari - anamnesi rivolta alla ricerca di a) antecedenti o fattori preesistenti alla malattia (Diatesi) b) triggers o fattori scatenanti in grado di attivare i mediatori quiescenti c) mediatori o sostanze in grado di provocare sintomi o danni tessutali - visita medica che focalizza l'attenzione contemporaneamente su struttura posturale, biochimica e psiche - scelta delle analisi funzionali mirate ad hoc per l'individuo in quel preciso momento. Negli ultimi decenni si sono ottenuti straordinari progressi nello sviluppo di esami di laboratorio per la diagnosi delle malattie; purtroppo tale lavoro si è concentrato soprattutto sui processi patologici e non sulle anomalie fisiologiche prima che esse diventino vere e proprie patologie. Non esistono infatti o non sono di routine test per valutare il metabolismo, lo stato nutrizionale, lo stile di vita, la fisiologia e la salute dei pazienti. I pochi test esistenti tendono a misurare valori assoluti, piuttosto che indici funzionali e generalmente indicano valori anomali solo dopo che si sono sviluppate disfunzioni gravi. Tra i tests più utilizzati per la valutazione dello stato nutritivo e delle varie funzioni fisiologiche e che hanno ottenuto conferma nella letteratura scientifica vi sono: - Analisi digestiva completa delle feci (CDSA)

35

- Test di permeabilità intestinale - Breath test al Lattulosio per l'ipercrescita batterica intestinale - Profilo degli acidi grassi - Dosaggio delle IgA salivari - Test per allergie alimentari tramite dosaggio IgG con metodo ELISA - Profilo della detossificazione epatica - Test degli acidi biliari (SBA) che indaga i disturbi funzionali epatici - Analisi minerale tissutale del capello - Analisi per lo stress ossidativo - Profilo metabolico disglicemico - Dosaggio ormonali salivari - Valutazione dei metalli pesanti - Valutazione della funzione immunitaria A livello metabolico é così possibile personalizzare il piano nutrizionale terapeutico tenendo conto della tipologia ossidativa lenta o veloce dell'individuo in quel momento predisponendo il soggetto ad una migliore compliance a tutti gli interventi terapeutici Solo agendo sulle cause e valutando il soggetto nel suo insieme sará possibile prevenire l'insorgenza di molte malattie cronico degenerative

36

LIPOSOMI CATIONICI CONTENENTI LA SOSTANZA NATURALE VOACAMINA PER L’OTTIMIZZAZIONE DELLA CHEMIOTERAPIA Maria Condello (a,b), Barbara Altieri (c), Luisa Giansanti (c), Giovanna Mancini (a), Stefania Meschini (b)

(a) Istituto di Metodologie Chimiche, Consiglio Nazionale delle Ricerche CNR, Roma

(b) Dipartimento di Tecnologie e Salute, Istituto Superiore di Sanità, Roma

(c) Dipartimento di Scienze Chimiche e Fisiche, Università dell’Aquila, L’Aquila

La maggior parte dei tumori presenta una scarsa sensibilità agli agenti chemioterapici risultando, quindi, difficilmente aggredibili con i tradizionali trattamenti farmacologici. L’uso di sostanze naturali da integrare alla chemioterapia convenzionale e l’applicazione di liposomi come sistema di drug delivery sono tra le più importanti strategie adottate in campo biomedico. Studi in vitro hanno dimostrato che la voacamina (VOA), un alcaloide bisindolico isolato dalla pianta Peschiera fuchsifoliae, chemiosensibilizza le cellule tumorali farmacoresistenti alla doxorubicina (DOX), inibendo la P-glicoproteina (P-gp), la principale pompa di efflusso responsabile della farmacoresistenza (Meschini et al., 2005; Condello et al., 2014). L’incapsulamento della VOA in liposomi favorisce la sua solubilità in acqua, aumentando l’accumulo nei tessuti-bersaglio e riducendo quello nei tessuti sani. La VOA è stata inclusa nei liposomi composti dal DOPC (1,2-dioleoil-sn-glicero-3-fosfocolina), gemini come tensioattivo e colesterolo, mediante la tecnica di caricamento a gradiente di pH. L’analisi citofluorimetrica ha dimostrato che queste formulazioni entrano nelle cellule resistenti di osteosarcoma (U-2/OS DX) formando dei pori transienti nella membrana plasmatica che presto riprende la sua funzionalità. L’accumulo del chemioterapico DOX era maggiore nelle cellule pre-trattate con VOA inclusa nei liposomi rispetto a quelle pre-trattate con VOA libera. Il saggio di vitalità cellulare ha dimostrato l’inibizione della crescita di circa il 10% nelle cellule pre-trattate con VOA caricata nei liposomi rispetto a VOA libera. Le osservazioni in microscopia ottica hanno dimostrato che le cellule farmacoresistenti di osteosarcoma trattate prima con i liposomi contenenti VOA e successivamente con DOX erano irreversibilmente danneggiate rispetto alle cellule pre-trattate con VOA libera e DOX. I saggi di funzionalità della P-gp, infine, hanno dimostrato che i liposomi non alterano l’attività della pompa, e che la VOA caricata in liposomi inibisce la P-gp in maniera analoga alla VOA libera. Complessivamente questi risultati dimostrano che l'incapsulamento della VOA nei liposomi migliora il delivery della sostanza naturale nelle cellule tumorali resistenti ed il suo effetto chemio sensibilizzante.

37

L’UTILIZZO DELLA MINDFULNESS IN PSICONCOLOGIA. Elisa Nesi Psicologa, Psiconcologa, Ce.Ri.On. Firenze, Lilt Firenze, C.D. Sipo Toscana, Università Popolare

Arezzo

L’intervento porterà in primo piano l’utilizzo della Mindfulness con Pazienti Oncologici. In particolare,sarà riportato uno studio pilota condotto al Ce.Ri.On di Firenze. Razionale dello Studio/Premessa: Il Protocollo di Ricerca è volto ad indagare l’efficacia di interventi complementari in Oncologia per la riduzione del distress condotto su pazienti in Riabilitazione Oncologica. L’intervento utilizza la Meditazione Mindfulness. La Mindfulness è uno

stato mentale, una modalità dell’essere, non orientata a scopi, il cui focus è permettere al presente

di essere com’è e permettere a noi di essere, semplicemente, in questo presente.

Gli obiettivi: Lo studio si propone di indagare l’impatto di un corso di meditazione Mindfulness (protocollo MBSR): meditazione e mindful yoga che combina esercizi di postura, respirazione e rilassamento. Il lavoro mette in luce come interventi di MBSR con pazienti oncologici possa essere parte integrante di un percorso di RIABILITAZIONE. Questa, intesa come riabilitazione olistica, è finalizzata al prendersi cura momento per momento.

38

ALOE-EMODINA: VALIDITÀ DELL’USO Colone Marisa (a), Calcabrini Annarica (a), Giuliani Chiara (b, c), Altieri Barbara (b), Fratini Emiliano (a), Anello Pasquale (a), Tortora Mariarosaria (d), Bombelli Cecilia (b), Cavalieri Francesca (d), Mancini Giovanna (b), Stringaro Annarita (a) (a) Dipartimento di Tecnologie e Salute, Istituto Superiore di Sanità, Roma

(b) CNR, Istituto di Metodologie Chimiche, Dipartimento di Chimica “Sapienza”, Università di

Roma

(c) Dipartimento di Scienze Fisiche e Chimiche, Università dell’Aquila, L’Aquila

(d) Dipartimento di Scienze e Tecnologie Chimiche, Università di Roma Tor Vergata, Roma

I composti di origine naturale sono tradizionalmente utilizzati per il trattamento di varie malattie. I nostri studi sono stati rivolti verso tali sostanze con l’obiettivo di sviluppare nuovi farmaci antitumorali con un’alta selettività per le cellule tumorali ed una bassa tossicità per quelle normali (che come è noto possiedono un basso indice di proliferazione). Recentemente, il nostro gruppo di ricerca ha studiato l’attività dell’aloe emodin, un antrachinone presente nel parenchima delle foglie di alcune specie di Aloe, che induce effetti citotossici nei confronti di varie linee cellulari tumorali umane, come altri studi scientifici hanno evidenziato. Il cancro al seno è il tumore più frequentemente diagnosticato nelle donne: nel 7% dei casi esse hanno un’età al di sotto dei 40 anni mentre il 4% un’età inferiore ai 35. Nelle donne molto giovani questo tumore può considerarsi raro. Il tumore al seno è una malattia eterogenea che presenta molti sottotipi basati sui diversi livelli di espressione sia del recettore del progesterone, sia di quello per gli estrogeni e del recettore 2 del fattore di crescita dell’epidermide (HER-2/neu). Numerosi dati di letteratura indicano che l’aloe emodin presenta un’alta affinità per le cellule del tumore del seno ed esercita anche un’azione immunostimolante sulle cellule del sistema immunitario (1). Nel presente studio abbiamo utilizzato una linea cellulare umana di adenocarcinoma mammario (SKBR3). I risultati ottenuti mediante varie tecniche di laboratorio (MTT test, studio del ciclo cellulare associati a studi ultrastrutturali) hanno dimostrato che l’aloe emodin esercita un’azione antiproliferativa nei confronti della linea SKBR3. In virtù di questi risultati sono in corso nuovi esperimenti per valutare ed aumentare l’efficienza di trasporto (delivery) di questa sostanza utilizzando vari sistemi quali liposomi cationici, nano/microcapsule e nano/microbolle a base di lisozima. 1. C. Tabolacci, A. Lentini, Life Sci. 2010 (9-10), 316

39

OLI ESSENZIALI: UN NUOVO AIUTO

Bozzuto Giuseppina (a, b), Calcabrini Annarica (a), Colone Marisa (a),Toccacieli Laura (a), Stringaro Annarita (a), Molinari Agnese (a) (a) Dipartimento di Tecnologie e Salute, Istituto Superiore di Sanità, Roma; (b) Istituto di

Metodologie Chimiche, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Roma

Uno degli obiettivi della ricerca oncologica è l'individuazione di nuove strategie terapeutiche combinate, che presentino massima efficacia ed effetti collaterali limitati o nulli. Da sempre l’ambiente naturale ha rappresentato uno scrigno prezioso che ha fornito e seguita a fornire principi farmacologicamente attivi impiegati sia nella pratica della medicina tradizionale che nella ricerca farmacologica industriale. In particolare, negli ultimi anni sempre più studiosi che operano nel campo dell’oncologiasi stanno concentrando sull’impiego degli oli essenziali (OE) da soli o in combinazione con la chemioterapia tradizionale per il superamentodel fenomeno della farmacoresistenza e il miglioramento dell’indice terapeutico. Gli OE, ricavati per distillazione in corrente di vapore acqueo e la spremitura o pressatura di diverse parti della pianta, sono essenzialmente miscele di molecole che possono essere incluse in due gruppi diidrocarburi di diversa origine biosintetica: terpenoidi e fenilpropanoidi. Ad oggi, sono conosciuti approssimativamente 3000 oli essenziali, di cui 300 sono presenti in commercio. Gli OE essendo sostanze lipofilevengono facilmente assorbite dall’organismo e da secoli trovano impiego soprattutto per le loro proprietà antimicrobiche, analgesiche, antinfiammatorie, spasmolitiche ed anestetiche locali anche se studi recenti hanno dimostrato che i loro componenti possiedono anche attività antitumorale sia in vitro che in vivo. L’attività antitumorale è imputabilea diversi meccanismi d’azione talvolta sinergici. Essi riducono l’infiammazione e lo stress ossidativo che sono, come è noto, fenomeni associati alla progressione tumorale e probabilmente anche alla sua origine. Inoltre,gli OE hanno attività antimutageniche, antiproliferative, stimolano il sistema immunitario e l’immunosorveglianza, e sono in grado anche di modulare lapolifarmaco-resistenza come è stato dimostrato dal nostro gruppo di ricerca mediante studi biofisici ultrastrutturali condotti su cellule di melanoma umano.

Come dimostrato da vari studi in vitro, i terpenoidisono in grado di indurre la morte delle cellule tumorali attivando le caspasi, ovvero le proteine responsabili del fenomeno di morte cellulare per apoptosi. Infine, è stato dimostrato che gli OE, grazie al loro carattere lipofilo, agiscono a livello delle membrane mitocondriali iperpolarizzate delle cellule tumorali,ristabilendo inormali valori di potenziale di membrana.

Tuttavia, essendo gli OE delle miscele complesse di centinaia di costituenti, una delle maggiori difficoltà che si incontra èla razionalizzazione del loro effetto antitumorale:questo probabilmente è il risultato della somma di ogni singola attività, modulata da tutte le potenziali sinergie.

40

IL CANCRO: NUOVI PERCORSI DIAGNOSTICI E TERAPEUTICI

Stanislao Aloisi Spec. in Nutrizione, Dietologia e Nefrologia, Palermo

Recentissimi studi a livello mondiale , supportati da una corposa e rigorosa bibliografia scientifica , indicano che un cospicuo e idoneo consumo di Frutta e Verdura svolge un ruolo preventivo e curativo nei riguardi del Cancro. Alcuni di questi vegetali , infatti , sono ricchi di particolari composti fitochimici capaci di azione antitumorale ma anche di rafforzare esponenzialmente l’effetto di chemio- e radioterapia . Da queste ricerche emerge , inoltre , che la diffusione di particolari tipi di neoplasie maligne in certe aree geografiche è strettamente correlata al regime nutrizionale . Grazie ad una Alimentazione mirata si potrebbe , dunque , ridurre l’incidenza del Cancro che , a detta degli esperti , si aggirerebbe intorno al 30% . Poiché non sempre i trattamenti clinici attualmente disponibili contro il Cancro hanno gli esiti auspicati , la somministrazione di piccole dosi quotidiane di benefiche molecole fitochimiche presenti in notevole quantità in particolari frutta e verdure nonchè il ribilanciamento calorico dei macronutrienti ridurrebbe di circa 1/3 l’insorgenza e l’exitus del Cancro . Trattasi di un nuovo approccio alimentare , ulteriormente modificato in modo sano da una assunzione quanti- qualitativamente corretta di Acqua giornaliera . L’Alimento inteso , dunque , come “ medicamento “ . Si è visto , inoltre , che i successi terapeutici sono maggiori se la Nutriterapia viene correttamente integrata da altri suggerimenti che tengano conto della Individualità Metabolica – Psichica – Strutturale del paziente in esame . “ Nuovi percorsi terapeutici “ , dunque , ma anche ” Nuovi percorsi diagnostici “ . Questi ultimi , infatti , sono altamente innovativi e come tali utilizzabili sia in prevenzione che in diagnosi che nel monitoraggio oncologico . Il Cancro , pertanto , una patologia infiammatoria cronica genetica che se approcciata in modo integrato fa ben sperare in una sua più sempre curabilità .

41

PSICO-NEURO-ENDOCRINO IMMUNOLOGIA NELLE MALATTIE CRONICHE CUTANEE: NUOVI CONCETTI E NUOVI DATI Torello Lotti Professore Ordinario di Dermatologia e Malattie Veneree, Università di Firenze, Firenze

Le influenze del cervello e del corpo sono bidirezionali e la pelle deve essere considerata come un’ interfaccia neuro-immuno-endocrina attiva, in cui le molecole effettrici agiscono come parole comuni usate in un dialogo dinamico tra cervello, sistema immunitario e pelle. E 'stato ampiamente dimostrato che gli stimoli ricevuti nella pelle possono influenzare il sistema immunitario, endocrino e nervoso sia a livello locale che a livello centrale. In passato, è stato dedicato molto lavoro alla dermatologia psicosomatica (o Psicodermatologia) da pionieri ben noti. Negli ultimi anni, il meccanismo molecolare con cui neuropeptidi collegano l'asse neurale-immuno-endocrino ha ricevuto una crescente attenzione. La disregolazione funzionale dei neuropeptidi è stata associata a condizioni patologiche cutanee, come la psoriasi e la dermatite atopica, e la corrente comprensione delle anse bidirezionali tra il sistema immunitario, endocrino e il sistema nervoso centrale ed autonomo può chiarire la fisiopatologia di queste malattie, fornendo così potenziali bersagli per interventi terapeutici.

42

V Sessione

NUTRIZIONE: OLTRE LE ABITUDINI: PANE – SOIA – LATTE

Moderatori: Massimo Fioranelli – Massimo Bonucci

VALUTAZIONE DEL POTERE ANTIOSSIDANTE DEGLI ALIMENTI Roberto Stevanato Dip. Scienze Molecolari e Nanosistemi, Università Ca' Foscari Venezia, Venezia

E' noto che l'ossigeno, mediante alcune sue forme particolarmente attive chiamate ROS, specie reattive dell'ossigeno, può provocare danni gravi agli organismi viventi ed, in particolare, alle membrane cellulari, alle proteine e agli acidi nucleici. E' oramai universalmente accettato che malattie degenerative, quali, arteriosclerosi, ictus, cancro, enfisema, morbo di Parkinson, malattia di Alzheimer, SLA (sclerosi laterale ameotropica) ed invecchiamento precoce siano da ricondursi alla deleteria azione dei ROS. Le prime evidenze sulla correlazione fra certe tipologie di malattie e la dieta risalgono al primo '800 e da allora fu una progressione di risultati che portarono l'American Heart Association a riconoscere l'enorme beneficio per la salute pubblica della dieta in stile mediterraneo. Il beneficio è da accreditarsi soprattutto alle molecole con proprietà antiossidanti contenute negli alimenti, nella frutta e verdura fresca in particolare. Questi principi attivi hanno la proprietà di bloccare l'azione delle ROS ed interrompere la catena di reazioni radicaliche che provocano il danno ossidativo. Ma come misurare l'efficacia di tali molecole? Va evidenziato, infatti, che molecole della stessa classe, ad esempio dei flavonoidi appartenenti alla grande famiglia dei polifenoli, possono presentare forti differenze di proprietà antiossidante, in relazione a marginali differenze della struttura chimica. Sono state proposte diverse metodiche analitiche per la determinazione delle proprietà antiossidanti di molecole e composti, fra cui i saggi di Folin-Ciocalteu, del DPPH, enzimatico, ecc., ma ciascuna presenta dei limiti perché indirizzata a misurare un parametro chimicofisico di un processo in realtà molto articolato e tutt'altro che completamente noto. La procedura più corretta è quella di definire come buon antiossidante quella molecola che, applicando differenti metodiche analitiche, dà in ogni caso i risultati migliori, ma la procedura ottimale dovrebbe fornire risultati assoluti meccanicisticamente giustificati. La misura ossigrafica di inibizione della perossidazione lipidica, seppure lenta e laboriosa, appare oggi la più affidabile a questo scopo, in quanto mima in vitro i processi che avvengono in vivo. Si tratta però di individuare un parametro assoluto che correli il risultato sperimentale al meccanismo chimico noto della perossidazione, in modo tale da poter costruire una scala assoluta del potere antiossidante delle molecole. Tale risultato risulterebbe utile per selezionare le specifiche strutture molecolari caratterizzate da elevato potere antiossidante da utilizzare in campo terapeutico nella prevenzione dei danni provocati dalle ROS, ma anche nell'industria alimentare, ad esempio nella conservazione degli alimenti.

45

LA PASTA ED IL PANE: GLUTEN SENSITIVITY Giuseppe Di Fede Direttore Sanitario I.M.Bio Istituto di Medicina Biologica Milano e Istituto Medicina Genetica

Preventiva I.M.G.E.P, Milano

Docente nel Master di Nutrizione Umana, Università di Pavia, Pavia

Studio conferma l’esistenza della sensibilità al glutine non celiaca. In occasione del XXI Congresso Nazionale della FISMAD (Federazione Italiana Società Malattie Apparato Digerente) è stato presentato per la prima volta uno studio retrospettivo dal titolo “Non-Celiac Wheat Sensitivity Diagnosed by Double-Blind Placebo-Controlled Challenge: exploring a New Clinical Entity”, pubblicato recentemente sul Am J Gastroenterol. Lo studio, realizzato su oltre 250 pazienti, aveva l’obiettivo di indagare la sensibilità al glutine non celiaca e ottenere le prime indicazioni sui marker diagnostici, sierologici ed istologici per questa patologia. Per questo sono state riviste retrospettivamente le cartelle di pazienti messi, in cieco, a dieta senza glutine e, in seguito, riesposti a questa molecola. I partecipanti non dovevano essere celiaci e dovevano avere disturbi ascritti alla sindrome del colon irritabile (IBS). I risultati confermano l’esistenza della sensibilità al glutine non celiaca e la connotano come una condizione eterogenea: circa 1/3 dei pazienti con IBS sono risultati sensibili al glutine. Si e' giunti ad una linea guida clinica-diagnostica elaborando un algoritmo diagnostico di laboratorio per meglio evidenziare i pazienti positivi alla G. S.

46

DESTINO ED EFFETTI METABOLICI DI DNA TRANSGENICO IN CONIGLI ALIMENTATI CON SOIA GENETICAMENTE MODIFICATA Vincenzo Mastellone Spec. Anatomia e Fisiologia Veterinaria, Università Federico II, Napoli

I risultati delle indagini da noi condotte al fine di valutare l’integrità del DNA vegetale di origine alimentare nel coniglio, specie per la quale, al momento della stesura della presente tesi di Dottorato, non esisteva in merito alcun dato bibliografico, consentono di effettuare le seguenti considerazioni conclusive: • l’efficienza di estrazione del DNA vegetale risulta notevolmente influenzata dalla provenienza del campione. Rese molto diverse sono, infatti, state registrate nei campioni di organo, rispetto a quelli di tessuto muscolare e di sangue, così come differenze sono state rilevate tra i contenuti dei diversi tratti dell’apparato gastro-intestinale. Non è inoltre da trascurare la diversa risposta ottenuta per campioni uguali prelevati da animali di specie diversa, e, nell’ambito della stessa specie, da animali differenti; • per quanto riguarda il sangue, al fine di ottenere rese di estrazione del DNA più favorevoli, è consigliabile operare su campioni freschi. Meno efficiente, infatti, è risultata l’estrazione dai campioni congelati; • i processi tecnologici degli alimenti che prevedono l’impiego di fonti di calore contribuiscono alla degradazione del DNA in essi contenuto e di questo va tenuto debito conto quando si vogliano effettuare questo tipo di ricerche; • le sequenze di geni a singola copia (quali sono tutti i transgeni) risultano attualmente ancora di difficile rilevazione rispetto a quelli multicopia. Le preoccupazioni di una larga fascia di consumatori nei riguardi del destino del DNA transgenico ingerito con gli alimenti GM emergono soprattutto in relazione a quest’ultimo punto. Se è vero, infatti, che l’intensa frammentazione del DNA durante il processo digestivo dei monogastrici e dei ruminanti sembrerebbe escludere la possibilità della sopravvivenza di geni integri, potenzialmente capaci di essere coinvolti in processi di ricombinazione omologa, secondo qualcuno i risultati negativi nella ricerca dei transgeni nei tessuti animali, sono da attribuire alle metodiche di analisi la cui sensibilità potrà essere ancora migliorata; • gli animali alimentati con soia GM, pur non evidenziando segni clinici evidenti o significative alterazioni dei profili metabolici, hanno mostrato un’alterazione nella produzione locale di LDH suggerendo che la ricerca sui possibili effetti metabolici di una dieta GM debba essere approfondita. In questo senso, i nostri risultati suggeriscono che un’accurata analisi enzimatica potrebbe essere utile per rilevare gli effetti della dieta OGM sul metabolismo cellulare anche in assenza di segni clinici e biochim

47

MANIPOLAZIONE NUTRIZIONALE NELLA MODULAZIONE DI PATTERN CITOCHINICI INTESTINALI

D' Orta Armando; Del Buono Andrea (a) Biologo Nutrizionista, Specialista in Scienze dell'Alimentazione

(b) Medico Chirurgo, Specialista in Medicina Preventiva e del Lavoro, Perf. Fisiopatologia ed

Allergologia Respiratoria.

Ognuno di noi nasce come un verme. Il “verme” è il nostro intestino, una delle primissime parti che si sviluppa dai foglietti embrionali. Nasciamo dunque come “intestino”. Questo strano insieme di membrane non è solo il posto in cui si digeriscono gli alimenti, ma è la sede dei quattro quinti del sistema immune e possiede un così grande numero di neuroni pari a quello del cervello di un cane. Così come il cane, il nostro intestino non ha capacità di ragionare, ma vive una profonda e intensa “emozionalità. In termini biochimici gli alimenti, influenzano il sistema immune e il sistema nervoso, modulando il pattern di citochine e neurotrasmettitori, le cui alterazioni sono alla base del processo imfiammatorio, concausa di tutte le più gravi patologie degenerative, cancro compreso. Il fenomeno della gravidanza ad esempio, inteso come un'esplosione estremamente controllata di crescita di blasti, viene tollerato dal sistema immune, attraverso il riarrangiamento di un complesso sistema di comunicazione, mediato da citochine. La medesima cosa avviene nella fenomenologia del cancro: la massa neoplastica in crescita viene tollerata dal sistema immune, (Treg) il quale, se prevalentemente Th2 orientato, può perdere gran parte della sua sorveglianza immunologica, intesa come citotossicità. Gli alimenti partecipano al mantenimento del sistema infiammatorio in base allo lo capacità di essere antigeni e distrattori immunologici. Essi costituiscono frazioni proteiche non completamente digerite che generano una risposta infiammatoria non finalizzata. Ad esempio la caseina dopo trattamento termico (UHT) e il glutine moderno esaploide (eptapeptidi). Le proteine dunque vanno selezionate in base alla provenienza genetica e al tipo di trattamento termico effettuato. Oltre alla presenza di questi epta e nonapeptidi, il mantenimento e la degenerazione del fenomeno infiammatorio viene amplificato da un'eccessiva presenza di proteine di origine animale, per l'alto contenuto di elementi solforati. Questo processo è noto come Inflammaging: l'infiammazione può portare danno, e il danno può portare la trasformazione cellulare. Non è sbagliato quindi orientare la propria attenzione su questo complesso organo, cercando, tramite l'alimentazione e i nutraceutici, di modularne la risposta. La "dieta" quindi diventa uno strumento indispensabile per modulare, anche in condizione benessere apparente, parametri ormonali, citochinici, circadiani e di equilibrio acido-base.

48

IL LATTE E’ UN ALIMENTO PREZIOSO: PER CHI, QUANDO E PERCHE’ Sabrina Capurso Spec. Geriatria, Dirigente Medico U.O. di Medicina, Osp. Bracciano, Roma

Il latte è considerato da sempre un alimento prezioso perché completo dal punto di vista nutrizionale. Essendo la prima fonte di nutrimento per tutti i piccoli di mammifero incluso l’uomo, è visto come qualcosa di sicuro, che non può nuocere. Tuttavia, il latte è un alimento complesso, composto di acqua, sali minerali, lattosio, vitamine, diverse proteine, fattori di crescita e grassi, laddove ciascuna di queste componenti ha effetti ben precisi sulle cellule viventi. E’ utile ai pazienti affetti da tumore assumere latte? Quali delle sue componenti sono benefiche o dannose e perché? In questa sede prenderemo in considerazione il consumo di latte in relazione al rischio di ammalare di cancro, al rischio di progressione o recidiva di malattia ed in relazione agli effetti collaterali da chemioterapia, per capire quando è utile consumare latte e latticini e quando è invece consigliabile evitarli.

49

ALCALINIZZARE: QUANDO? COME? Paola Fiori Direttore Scientifico e Sanitario, Centro Frontis, Roma

Lo stato di acidosi è associato a numerosi comuni disturbi a carico dell’organismo che inficiano lo stato di benessere generale di un soggetto. Ma l’acidosi metabolica è chiamata spesso in causa anche in patologie importanti quali: sindrome di Alzheimer, disturbi cardio-vascolari, diabete, ipercolesterolemia, patologie

oncologiche. Parliamo di dieta alcalinizzante e non alcalina in quanto non è semplicemente il pH di un cibo a determinare o meno l’acidificazione del nostro organismo, ma la sua interazione con gli altri cibi contemporaneamente assunti, la situazione dell’organismo e dell’organo che li riceve, i meccanismi da esso stimolati durante il processo digestivo. Gli ioni idrogeno residui dunque al termine del processo digestivo metabolico e l’orario in cui questi residui si producono risultano invece fondamentali nell’influenzare l’equilibrio acido-basico del soggetto. Per comprendere quando sia necessario intervenire con una dieta di questo genere è necessario identificare sintomi e esami diagnostici che permettano di valutare l’eventuale stato di acidosi di una persona. Saranno quindi presentati i risultati di uno studio comparativo clinico-diagnostico eseguito presso l’Istituto di Medicina del Benessere Frontis utilizzando le diverse metodiche degli ultimi dieci anni. Una dieta non acidificante o moderatamente alcalinizzante e ben concepita per il soggetto giova comunque a tutti con il preciso scopo di mantenere ciascuno il proprio benessere. Naturalmente essa diventa una terapia imprescindibile in caso di una serie di patologie, prime fra tutte le patologie oncologiche. Tuttavia perché una dieta risulti veramente alcalinizzante devono essere studiate anche le attività fisiche del soggetto, i suoi orari dei pasti e i suoi orari del sonno. E’ questo il motivo per cui le tabelle diffuse sugli alimenti acidificanti e basificanti riportano l’una il contrario dell’altra ed hanno spesso limitato valore dal punto di vista clinico perché non tengono conto di tutte le interazioni cibo-organismo.

50

DISTURBI VASOMOTORI E DOLORE IN DONNE CON TUMORE MAMMARIO O GINECOLOGICO TRATTATE CON MEDICINA TRADIZIONALE CINESE Sonia Baccetti, E. Biondi, T. Conti, M.V. Monechi, Filippa Terranova Centro di Medicina Tradizionale Cinese “ Fior di Prugna” ASL 10 di Firenze

Introduzione ed obiettivi. Secondo la letteratura recente, l’agopuntura è una tecnica molto promettente per il trattamento delle caldane e del dolore oncologico come riportato da alcune Linee guida (Society for Integrative Oncology –SIO 2009 e National Comprehensive Cancer Network 2013). Scopo dello studio clinico pilota, di tipo interventistico, è valutare se la Medicina Tradizionale Cinese rappresenti un metodo sicuro ed efficace nel trattamento di questi sintomi associati al tumore e alle terapie oncologiche in donne con tumore della mammella o ginecologico. Metodi: Presso il Centro di MTC Fior di Prugna della Azienda USL di Firenze, sono state trattate, dal Gennaio 2012 al Marzo 2014, 62 pazienti oncologiche (operate e/o in trattamento chemioterapico o radioterapico), di età compresa tra 34 e 77 anni, divise in 2 gruppi (n. 32 per sindrome vasomotoria e n. 30 per dolore). Gli strumenti di valutazione di risultato utilizzati prima e dopo il trattamento sono stati, per le caldane, il questionario Hot Flash Score (Sloane 2001), mentre per il dolore, a riposo e durante il movimento, è stato utilizzato il questionario con scala verbale PPI (Present Pain Intensity) e quello con scala numerica NRS (Numeric Pain Intensity Scale). Il trattamento ha previsto 10 sedute, una alla settimana, della durata di 40’. Per le caldane il protocollo terapeutico ha previsto la stimolazione con martelletto fior di prugna (zona dorsale da C7 a D5) e l’elettroagopuntura somatica (23VG,2BL,22CV,11LI,4LI, 20GV,4CV, 6CV,37ST,3LR); per il dolore è stata effettuata somatopuntura nei punti 3LR,34GB,4LI,43BL, 36ST, 6CV, punti SHU-MO corrispondenti alla sede del tumore, Punti ashi locali ed auricoloterapia. Sono inoltre stati aggiunti punti variabili, scelti in base alla valutazione energetica del paziente. Risultati: si è riscontrato un significativo miglioramento in tutti gli indici di outcome; il numero medio di caldane nelle 24 ore è passato da 14,6 all’inizio del trattamento a 8,2 alla fine trattamento (p-value <0,01); gli episodi definiti gravi sono passati da 4,8 a 1,7 (p-value <0,01); e quelli gravissimi da 1,1 a 0,2 (p-value <0,05). Il valore medio di intensità del dolore, secondo la NRS Scale, si è ridotto, sia a riposo (da 5,9 a 3,4 (p-value <0,01); che al movimento ( da 7,1 a 4,4 (p-value <0,01); Con la scala PPI il dolore a riposo è diminuito, prevalentemente quello atroce e forte; in 7 casi (23,3%) si è avuto risoluzione completa della sintomatologia dolorosa. Anche nel dolore al movimento (scala PPI ) infine è stata riscontrata riduzione di intensità, maggiore nel dolore forte ed atroce. Non sono stati riscontrati effetti avversi rilevanti. Conclusioni: In accordo con la letteratura internazionale questo studio dimostra che la MTC può essere considerata una tecnica terapeutica efficace e sicura da utilizzare per ridurre il dolore ed i disturbi vasomotori nelle pazienti oncologiche. In questo ultimo ambito essa è particolarmente raccomandata poiché, come è noto, le donne non possono assumere la terapia ormonale sostitutiva a causa dei rischi connessi. Sono comunque necessari studi randomizzati controllati per validare i risultati ottenuti.

51

ONCOLOGIA: L’APPROCCIO IN MEDICINA BIOINTEGRATA Franco Mastrodonato Medico chirurgo. Direttore sanitario della Domus Medica di Bagnoli del Trigno (IS); direttore

scientifico IMeB, Istituto di Medicina Biointegrata; presidente SIMeB, Società Italiana di Medicina

Biointegrata; docente Master in Medicina Naturale Università Tor Vergata, Roma

La Medicina Biointegrata, basandosi sull’integrazione tra le varie forme mediche secondo un linguaggio costituzionale, e sull’applicazione sinergica di una particolare metodologia diagnostica e terapeutica, permette un approccio globale al paziente, superando spesso quelli che sono i limiti di ciascuna forma medica singolarmente presa. Il paziente oncologico, per quanto complesso, non sfugge a tale sistema, anzi, vede la sua problematica inquadrata in un contesto più ampio, personalizzato e maggiormente umanizzato. Dalla diagnosi alla terapia, si vuole dimostrare come un approccio biointegrato in campo oncologico possa produrre maggiori risultati rispetto ad un sistema tradizionale o semplicemente integrato.

52

WORKSHOP:

Ipertermia Oncologica Integrata e Chirurgia: validità dei trattamenti

Massimo Assogna

Sergio Maluta

Carlo Pastore

Piero Rossi

IPERTERMIA A RADIOFREQUENZA: ASSOCIAZIONE A CHEMIOTERAPIA Massimo Assogna Servizio di Ipertermia e Terapie Locali in Oncologia.

Policlinico Universitario Tor Vergata. Università Tor vergata Roma.

Introduzione La terapia ipertermica o ipertermia oncologica (RF-HT) consiste nel riscaldamento dei tessuti biologici a temperature superiori a quella fisiologica. Il riscaldamento dei tessuti avviene mediante la generazione di campi elettromagnetici. Le onde elettromagnetiche utilizzate sono quelle comprese nell’intervallo di frequenze delle onde corte. Attualmente si usa la frequenza di 13,56 MHz, che permette di ottenere un riscaldamento in profondità dei tessuti trattati in modo non invasivo la cui potenza, dissipata localmente, consente di ottenere innalzamenti della temperatura (da 42° a 43°C). Cenni Storici Sono riportate esperienze di Galeno, Ippocrate e Celso. Busch nel 1866 osservò la scomparsa di un sarcoma in un paziente con rialzi termici violenti causati da erisipela. Cooley nel 1883 iniettò tossine batteriche in pazienti neoplastici per ottenere rialzo termico. Questo ed altre esperienze dimostrano una certa attività dell’ipertermia su tessuti neoplastici infiammatori (malarioterapia). Anni ’70: a seguito delle esperienze di Mondovì e Overgaard vengono dimostrate: alterazioni strutturali di membrana superficiali e lisosomiali nelle fasi S ed M del ciclo cellulare. aumento della permeabilità agli agenti citotossici. La possibilità di riscaldare i tessuti è favorita dalle caratteristiche alterazioni emodinamiche del microambiente tumorale, incapace di dissipare il calore come i normali tessuti. L’associazione di chemioterapia ed ipertermia al fine di potenziare l’azione antitumorale dei farmaci è stata descritta da J. SPRATT nel 1979 in un caso di pseudomixoma peritoneale dopo averne sperimentato la tecnica su animali. Razionale L’Ipertermia esplica la proprio azione direttamente su alcuni componenti della cellula neoplastica e su alcune sue funzioni : membrana cellulare, citoscheletro, liposomi, respirazione, DNA, RNA, sintesi proteica (Dahm-Daphi et al., 1997). Induce modificazioni del microcircolo tumorale con incremento dell’ipossia ed abbassamento del pH, stimolazione del sistema immunitario (liberazione di citochine che stimolano l’arrivo in situ delle cellule immunocompetenti) ed infine cambiamento dell’omeostasi dei sistemi cellulari. L’azione dell’Ipertermia determina comparsa di termotolleranza. Per termotolleranza si intende una accresciuta resistenza al calore da parte delle cellule neoplastiche. Particolare attenzione deve essere posta nel caso di cicli termici ripetuti, come comunemente avviene, in quanto le cellule possono diventare termotolleranti, ossia più resistenti al calore di quanto non lo fossero prima dell’applicazione della dose termica iniziale. La causa principale della Termotolleranza alla Ipertermia è da ricercarsi nell’incremento di produzione, da parte delle cellule neoplastiche danneggiate dall’aumento di temperatura, delle Heat shock proteins (HSPs). Le Heat shock proteins (HSPs) sono un gruppo di proteine indotte da shock termico, ma anche da traumatismi, infezioni ecc. I membri più importanti di questo gruppo sono una classe di proteine funzionalmente collegate, coinvolte nella ripiegatura e dispiegamento di altre

55

proteine. La loro espressione è aumentata quando le cellule sono esposte a temperature elevate o altri stress. Questo aumento di espressione è trascrizionalmente regolamentato. La violenta sovraespressione delle proteine da shock termico è indotta principalmente dagli Heat shock factors (HSFs). Le HSPs si trovano in quasi tutti gli organismi viventi, dai batteri agli esseri umani. Le Heat shock proteins sono denominate in base al loro peso molecolare. Ad esempio, Hsp60, Hsp70 e Hsp80 si riferiscono alle famiglie di proteine da shock termico di dimensioni dell'ordine di 60, 70, e 80 kDa, rispettivamente. Metodica di utilizzo dell’Ipertermia Capacitiva (RF-HT) Il trattamento deve essere praticato a giorni alterni, allo scopo di ridurre l’insorgenza della Termotolleranza. La durata del trattamento è di 45 min. Temperatura raggiunta: 42,5°-43°. Gli elementi favorevoli alla ipertermia sono: metodica non invasiva, assenza di effetti collaterali, Buona sopportazione da parte dei pazienti, economia di gestione, mentre a sfavore si ha Impossibilità di misurare le temperature nel tumore, salvo utilizzare metodiche di misurazine invasive), non uniformità del riscaldamento (cold spot- hot spot). L’ipertermia trova impiego nell’associazione con chemioterapia e radioterapia. I benefici prodotti dalla ipertermia si riassumono nell’aumento dell’uptake del farmaco da parte delle cellule tumorali attraverso incremento del flusso sanguigno, nel collasso della microcircolazione tumorale con “intrappolamento” del farmaco nelle cellule tumorali, nell’incremento della permeabilità di membrana con facilitazione del passaggio del farmaco all’interno della cellula e nella mancata formazione dei complessi farmaco-proteine con conseguente maggiore diffusibilità del farmaco e maggiore interazione con i bersagli cellulari. La risposta dei chemioterapici al calore risulta differente a seconda della famiglia dei farmaci. In particolare si hanno: Farmaci con effetto additivo-sopradditivo (lineare) quali Tio-TEPA, nitrosuree, mitomicina C, cisplatino, melfalan; Farmaci con marcato effetto soglia (42°C - 43°C): Doxorubicina, bleomicina, actinomicina D, mitoxantrone, paclitaxel e farmaci che diventano citotossici con l’ipertemia: Cisteamina, amfotericina B, AET, poliamine. Controindicazioni alla Ipertermia Le controindicazioni alla ipertermia capacitiva (RF-HT) possono essere assolute e relative. Controindicazioni assolute sono: Pacemaker, Protesi metalliche magnetiche, Ittero ingravescente, Scompenso cardiaco, Varici esofagee, Colite ulcerosa e Trombosi dei grossi vasi (trombosi Portale). Le controindicazioni relative sono: Flogosi acute, Versamenti abbondanti pleurici o addominali, Febbre, Ferite (comprese le chirurgiche), Emorragie, Ulcere, Fistole, Ulcera gastrica o duodenale. Il trattamento deve essere sospeso almeno 15 gg prima della esecuzione di PET per evitare artefatti. I principali effetti collaterali riscontrati sono: Iperemia cutanea nel 10,0%, Dolore superficiale nel 2,0% dei casi, Adiponecrosi sottocutanea nello 0,15% dei casi e Ustioni di I e II grado nello 0,025% dei casi. Casistica basata su circa 40.000 trattamenti eseguiti da 01/2001 a 05/2014 presso il nostro Centro. Prospettive future Sono auspicabili una messa a punto di trials controllati con adeguatezza metodologica e statistica, ulteriori studi di farmacodinamica e farmacocinetica per la determinazione di un esatto timing,

56

miglioramento della tecnologia delle macchine (contorni mirati del target, possibilità di indirizzare e controllare il calore, migliore riscaldamento di lesioni profonde e/o con elevato volume, nuovi algoritmi per il calcolo indiretto delle temperature) e sviluppo della tecnologia basata su nanoparticelle (ipertermia magnetica). Ipertermia magnetica L’ipertermia magnetica comporta l’iniezione di un fluido contenente nanoparticelle magnetiche (NP) direttamente all’interno della massa tumorale. Quando sottoposte ad un campo magnetico alternato di frequenza dell’ordine delle onde radio FM , le nanoparticelle, frazioni di materiali inorganici o organici inferiori al micron, dissipano calore: ne deriva un incremento di temperatura della massa e, in particolare, un danno alle cellule maligne. Il vantaggio di questa tecnica, minimamente invasiva, consiste nella capacità di prevenire i riscaldamenti indesiderati dei tessuti sani poiché solo le nanoparticelle assorbono l’energia fornita dal campo magnetico. Le NP sono costituite da ossido di ferro. Queste, allo stato naturale, tendono ad aggregarsi minimizzando l’energia superficiale inoltre vengono ossidate con la conseguente perdita di magnetismo e capacità di dispersione. Per evitare questi comportamenti le NP vengono funzionalizzate, cioè integrate con molecole organiche (tensioattivi, polimeri) o inorganiche (silice, o metallo). Viene preferito l’oro in quanto il rivestimento con tale materiale non fornisce solo stabilità della NP in soluzione ma permette anche il legame di molecole biologiche, utili per varie applicazioni biomediche. Un esempio sono le NP rivestite d’oro alle quali viene legato il TNF-α (tumor necrosis factor) che migliora in maniera molto efficacie la cura tumorale. Gli studi attuali sono concentrati sulla coniugazione di anticorpi monoclonali con le nanoparticelle affinchè queste possano selettivamente concentrarsi nel tumore così da produrre un riscaldamento locale controllato dalla elettrofrequenza generata.

57

LA IPERTERMIA NELLE RECIDIVE DEL TUMORE MAMMARIO E NEL CANCRO COLO-RETTALE LOCALMENTE AVANZATO.

Sergio Maluta Centro Medico Serena-Unitá di Ipertermia Oncologica, Padova

La ipertermia (HT) viene definita come una modesta elevazione della temperatura nel range di 39- 45 gradi C. L' effetto si ottiene esponendo i tessuti a sorgenti di calore generate da onde elettromagnetiche o ultrasuoni. Essa può essere combinata con radioterapia (RT), chemioterapia o chirurgia in modo invasivo e non invasivo. Metodi La HT locale o superficiale è la modalità con cui il calore viene somministrato nelle recidive di tumore mammario. Il volume di tessuto riscaldato è funzione delle caratteristiche fisiche della sorgente di radiazioni, della loro energia e del tipo di applicatore. I metodi di somministrazione si dividono principalmente in tecniche di HT superficiale e profonda. La distribuzione della energia nei tessuti dipende dalle caratteristiche dei tessuti e risulta pertanto inomogenea. La variazione delle temperature non dipende solo dalla energia e dalla sua distribuzione ma anche dalle caratteristiche termiche dei tessuti e dal flusso sanguigno. Risultati La maggior parte delle evidenze di I livello si trovano nelle terapie combinate HT - RT e nelle recidive locali dopo chirurgia primaria. I tumori dove si sono osservati significativi miglioramenti sono i tumori del capo-collo, i melanomi, i tumori mammari, il glioblastoma multiforme, il cancro avanzato del retto, il tumore della vescica e del collo uterino, il tumore dell'esofago e varie neoplasie superficiali. Le recidive di tumore mammario sono state trattate con successo con HT superficiale combinata con RT e vi sono lavori pubblicati con livello di evidenza I (1). La HT è fattibile e ben tollerata anche nei tumori mammari ad alto rischio in fase neoadiuvante prima della chirurgia non essendosi rilevati effetti collaterali a distanza nel gruppo di pazienti trattati con HT (2). Studi sperimentali hanno dimostrato che i tessuti normali non vengono danneggiati dal calore se la HT non supera i 45 gradi C per la durata di 1 ora. La tossicità della HT superficiale nel 25% dei casi è rappresentata da ustioni cutanee che guariscono spontaneamente. Nei tumori localmente avanzati del colon- retto la HT neoadiuvante combinata con la RT prima della chirurgia risulta efficace in termini di risposte complete patologiche ( 22.5 vs 6.7%) e conservazione dello sfintere (57 vs 35%) in confronto con la RT da sola (3). In fase preoperatoria nel nostro centro abbiamo ottenuto risultati promettenti con HT + RT e chemioterapia anche nei tumori avanzati del retto medio-basso (4). Conclusioni La HT superficiale è una procedura costosa che richiede tempo, apparecchiature adeguate e personale dedicato. Tuttavia, grazie al vantaggio terapeutico aggiunto, il rapporto costo-beneficio risulta accettabile, in particolare nelle recidive del tumore mammario. Bibliografia 1. Jones EL, Oleson JR, Prosnitz LR, et al. Randomized trial of hyperthermia and radiation for superficial tumors. J Clin Oncol 2005 May1;23 (13): 3079-85. 2. Varma S, Myerson R, Moros E, Taylor M, Straube W, Zoberi I. Simultaneous radiotherapy and

58

superficial hyperthermia for high-risk breast carcinoma: a randomised comparison of treatment sequelae in heated versus non-heated sectors of the chest wall hyperthermia. Int J Hyperthermia. 2012;28(7):583-90. 3. Schroeder C, Gani C, Lamprecht U, et al. Pathological complete response and sphincter-sparing surgery after neoadjuvant radiochemotherapy with regional hyperthermia for locally advanced rectal cancer compared with radiotherapy alone. Int J Hyperthermia,2012;28(8):707-14 4. Maluta S, Romano M, Dall'Oglio et al. Regional hyperthermia added to intensified preoperative chemo-radiation in locally advanced adenocarcinoma of middle and lower rectum. Int J Hyperthermia. 2010;26(2):108-17.

59

L'IPERTERMIA IN ONCOLOGIA: UN UTILE APPROCCIO INTEGRATIVO Carlo Pastore Oncologo, perfezionato in ipertermia oncologica

Responsabile della Divisione di Oncologia Medica ed Ipertermia

Docente di oncologia in ORL presso Università degli studi dell'Aquila

Clinica Villa Salaria, Roma

Il calore è stato da sempre oggetto delle attenzioni della scienza medica per le sue proprietà terapeutiche. L'apporto di energia attraverso l'ipertermia comporta un cambiamento nell'omeostasi dei sistemi cellulari, omeostasi che risulta evidentemente minacciata ed alterata nelle patologie tumorali. La complessità del fenomeno cancro impone un approccio multimodale alla malattia contrastando la crescita cellulare con tutte le modalità disponibili e ad oggi l'ipertermia a buon diritto si affianca alle altre scelte terapeutiche (chirurgia, chemioterapia e radioterapia) complementandole. I primi studi sull'impiego dell'ipertermia in ambito oncologico risalgono alla metà degli anni ottanta con l'importante apporto della scuola di medicina tedesca nello sviluppo dei presupposti teorici nell'impiego dell'ipertermia in oncologia e l'evoluzione tecnologica in ambito di apparecchiature elettromedicali ha consentito di mettere a punto strumenti idonei all'erogazione del calore in profondità nell'organismo. Dai primi rudimentali tentativi con apparecchiature di difficile gestione e manovrabilità si è arrivati all'impiego nell'odierna pratica clinica di apparecchiature a radiofrequenza (13.56 Mhz) che consentono di raggiungere in profondità nell'organismo una temperatura compresa tra i 42 ed i 43 °C. Tali strumenti sono dotati di applicatori esterni (sonde circolari) che vengono posizionati anteriormente e posteriormente sul corpo del paziente rispetto alla parte ammalata; le sonde accoppiandosi l'un l'altra erogano costantemente radiofrequenza che non ustiona la superficie cutanea grazie ad un apposito sistema di refrigerazione di cui l'apparecchiatura dispone, salvaguardando il comfort del paziente. Cosa accade nei tessuti riscaldati a tali temperature? La membrana delle cellule tumorali si presenta alterata nella sua struttura ed in particolare nella capacità di smaltire il calore pertanto un innalzamento al di sopra dei 42 °C innesca apoptosi cellulare per attivazione di enzimi denominati caspasi che frammentano il DNA della cellula. Le cellule sane dispongono per converso di sistemi di smaltimento del calore che preservano dal danno e possono resistere per un determinato lasso temporale all'ipertermia. L'esperienza internazionale ha fissato il tempo di esposizione di sessanta minuti per ogni trattamento di ipertermia oncologica capacitiva profonda. Oltre l'effetto diretto del calore non meno importante è l'effetto sinergico additivo rispetto a trattamenti quali la chemioterapia e la radioterapia. La sinergia con i farmaci antiblastici viene esercitata per mezzo della vasodilatazione locoregionale che consente un maggior afflusso di sangue medicato lì dove necessita e della maggiore attivazione di taluni chemioterapici, in particolare gli agenti alchilanti. E' noto che l'efficacia dei trattamenti farmacologici in oncologia è legata alla conformazione enzimatica dell'organismo oltre che alle caratteristiche di resistenza delle cellule tumorali e taluni chemioterapici debbono essere attivati da reazioni enzimatiche per esercitare il loro effetto. Ebbene l'innalzamento locoregionale di temperatura migliora l'attività enzimatica e la conversione in farmaci attivi nel letto tumorale. Non da ultimo l'ipertermia esercita un certo effetto di danneggiamento dell'endotelio dei vasi sanguigni tumorali. Le masse neoplastiche progredendo nella loro crescita giungono ad un confine oltre il quale non possono più nutrirsi per diffusione dall'ambiente circostante ma necessitano della creazione di una propria rete vascolare. Il limite è di 1 mm cubo superato il quale la neoangiogenesi produce una rete vascolare autonoma che alimenta il tumore. Tale vascolarizzazione è però di per se caotica e deficitaria essendo la parete interna dei vasi sanguigni rivestita essa stessa da cellule endoteliali di origine neoplastica, aberranti e tendenti a produrre microtrombosi locoregionali. L'ipertermia contribuisce alla disorganizzazione dell'endotelio ed alla chiusura dei vasi sanguigni che portano nutrienti alla massa tumorale in

60

crescita. L'esperienza sperimentale e clinica a tal proposito ha evidenziato una buona azione sinergica di danno endoteliale tra ipertermia, vinblastina e mitomicina C. La sinergia con i trattamenti radianti invece è frutto di una sequenza temporale ben precisa. E' stato verificato che l'ipertermia applicata entro 4 ore dal termine di una seduta di radioterapia esercita un effetto di inibizione della riparazione delle cellule danneggiate in modo subletale con successiva morte definitiva. L'effetto inibitorio viene esercitato principalmente sugli enzimi che presiedono alla riparazione del DNA danneggiato dalla radioterapia. Un trattamento ipertermico promuove inoltre l'attività del sistema immunitario. Il ruolo del potenziamento dell'immunità è ormai chiaro nel paziente oncologico ed il riscaldamento della regione corporea ammalata promuove la leucotassi con liberazione di citochine. La lisi delle cellule tumorali porta alla liberazione di numerosi antigeni che vengono percepiti dal maggior quantitativo di leucociti attivati che giungono in loco, aggiungendo efficacia alla lotta contro la malattia. Spesso le patologie tumorali si accompagnano a sindromi dolorose di entità importante ed in questo ambito l'ipertermia porta giovamento grazie all'azione diretta antalgica sulle terminazioni nervose ed alla liberazione locoregionale di endorfine; sostanze ad azione antidolorifica naturalmente prodotte dal nostro organismo. L'attivazione macrofagica locale poi ottimizza la pulizia dei dedriti cellulari presenti in gran numero dove esiste un elevato turn-over cellulare. La panoramica sull'ipertermia capacitiva profonda a radiofrequenza consente di introdurre un ulteriore approccio in ipertermia che inizia ad essere impiegato con finalità complementari rispetto all'ipertermia profonda. Si tratta dell'ipertermia superficiale ad infrarosso a luce filtrata ad acqua. Quella che viene definita nel mondo anglosassone mild whole body hyperthermia è l'innalzamento della temperatura corporea sino ai 41 °C ottenuto per mezzo di una apparecchiatura total body dotata di lampade ad infrarosso. L'apparecchiatura presenta quattro lampade ad infrarosso controllate da una centralina computerizzata e manovrabili dall'operatore nonché un sistema di monitoraggio della temperatura e dei parametri vitali del paziente. Con questa metodica si può ottenere un miglioramento dell'attività del sistema immunitario sottocutaneo mediante la stimolazione delle cellule immunitarie presentanti l'antigene, un effetto antalgico su tutto il corpo ed un potenziamento dell'attività di taluni chemioterapici (i primi studi di notevole interesse hanno preso in considerazione l'impego dell'oxaliplatino come agente chemioterapico sinergizzante). La penetrazione del calore avviene per quattro centimetri in profondità su tutta la superficie corporea ed il paziente risulta interamente sdraiato nell'apparecchiatura con la sola esclusione della testa che fuoriesce. Una seduta di ipertermia total body ha una durata complessiva di tre ore, suddivise in un ora di irraggiamento, un ora e mezza di ritenzione del calore mediante la copertura con fasce termiche e mezz'ora finale di reidratazione (per via orale od endovenosa). La temperatura interna del paziente viene monitorata a mezzo di una sonda rettale o sublinguale. Importante definire, dopo aver passato in rassegna le due modalità di ipertermia non invasive, il target. Quali tumori possono beneficiare dei vari approcci? Per quanto riguarda l'ipertermia capacitiva profonda a radiofrequenza può essere impiegata come coadiuvante in tutte le neoplasie solide, di tutti i distretti corporei (grazie alla presenza di kit di sonde adattabili alla conformazione dei vari distretti corporei), ed in quelle ematologiche solo se vi sono pacchetti linfonodali conglobati. Non è possibile erogare la radiofrequenza se il paziente è portatore di defibrillatore impiantato o pacemaker per l'interferenza che si può causare con i suddetti dispositivi. Inoltre controindicazione relativa è la presenza di stent metallici e di versamento pleurico od addominale massivo. Si parla in questa evenienza di controindicazione relativa poiché adattando la potenza erogata si può limitare il riscaldamento degli stent metallici e mediante paracentesi e/o toracentesi si può eliminare o ridurre la presenza di liquido ed intraprendere un percorso in ipertermia. L'ipertermia total body ad infrarosso invece è indicata nelle neoplasie ematologiche, contro le cellule tumorali circolanti ed a scopo antalgico. Non può essere impiegata se il paziente presenta coinvolgimento neoplastico polmonare massivo (possibilità di drastica riduzione dell'ossigenazione del sangue durante il trattamento) e metastasi cerebrali (maggior rischio di sanguinamento intratumorale). Da quanto detto sinora si potrebbe pensare che l'ipertermia sia una metodica

61

risolutiva. Purtroppo ciò non è vero poiché le cellule malate possono sviluppare od avere delle protezioni contro il danno da calore. Difatti è possibile osservare la produzione o la presenza di heat shock proteins (proteine da shock termico, in particolare HSP70 e 72) che proteggono in DNA dal danno da calore e la cellula in toto. Proprio per questa motivazione i trattamenti ipertermici si eseguono a giorni alterni o comunque per un periodo di tempo limitato se consecutivi. Sono in fase di studio inibitori farmacologici di tali proteine nonché farmaci antineoplastici che presentino la capacità di attivarsi in presenza del calore. Molto importante sarebbe disporre di questo tipo di agenti per potenziare notevolmente l'efficacia dell'approccio ipertermico. Altro filone di ricerca molto interessante è la sinergia tra i nuovi farmaci cosiddetti a bersaglio molecolare e l'ipertermia. Il futuro dell'oncologia è sempre più orientato verso trattamenti conservativi, poco invasivi e poco disturbanti per il paziente ed in quest'ottica l'ipertermia risulta idonea. Inoltre l'interesse per questa metodica scaturisce anche dalla possibilità di impiego in una fascia di pazienti che non possono accedere a terapie citotossiche per deficit d'organo, per età o con prevenzione di principio verso terapie oncologiche classiche. La ricerca internazionale in oncologia è fervente ed il futuro appare senza dubbio promettente.

Apparecchiatura di ipertermia total body ad infrarosso

62

IPERTERMIA ONCOLOGICA INTEGRATA E CHIRURGIA: VALIDITÀ DEI TRATTAMENTI Piero Rossi Dipartimento di Chirurgia Università di Roma Tor Vergata, PTV

Ablazione mediante radiofrequenza delle neoplasie epatiche

La ablazione mediante Radio frequenza (RFA) è una forma di terapia interstiziale Le terapie interstiziali delle neoplasie secondarie o primitive del fegato sono forme di distruzione del tessuto neoplastico basate sull’azione chimica (alcolizzazione) o sull’azione fisica che può essere il freddo (Criosurgery) o il calore (Laser, Microonde, Haifu, Radiofrequenza). Una lieve ipertermia ( 43° C per 30/60 sec) induce apoptosi delle cellule tumorali; invece una temperatura di 50° C per pochi minuti o di 55° C per pochi secondi o di 60° C istantaneamente causano morte cellulare e necrosi coagulativa. Gli apparecchi a radiofrequenza sono costituiti da un generatore e da vari tipi di elettrodi che inseriti nel nodulo neoplastico erogano energia, che a causa dell’agitazione ionica si trasforma in calore, determinando necrosi del tessuto neoplastico. Gli elettrodi possono essere ad aghi multipli o ad aghi singoli internamente raffreddati (cooled type). Lo scopo è di ottenere adeguati volumi di necrosi che coprono il nodulo tumorale con un margine di tessuto sano circostante. L’approccio può essere percutaneo, laparoscopico oppure in chirurgia aperta. Ogni decisione deriva da una preliminare valutazione multidisciplinare tra Chirurgo, Oncologo e Radiologo Interventista. Nell’ambito dell’epatocarcinoma la radiofrequenza è considerata terapia eradicante e può essere usata a scopo curativo o come “bridge” in attesa del trapianto epatico. Nell’ambito delle metastasi la RFA può offrire un’alternativa nei casi non resecabili; può essere impiegata in associazione nella resezione del tumore primitivo o in associazione all’asportazione di altri noduli. In tal modo la RFA aumenta le possibilità terapeutiche nelle metastasi epatiche. Nonostante essa sia un tecnica mini-invasiva non è scevra da complicazioni, l’esperienza maturata negli anni ha portato all’elaborazione di linee guida appropriate allo scopo di applicare la metodica in modo più corretto. Inoltre la distruzione di tessuto tumorale mediante RFA genera, mediante il rilascio di antigeni tumorali, una risposta immunitaria specifica e aspecifica. Nell’ambito della chirurgia resettiva degli organi parenchimatosi una utile applicazione della RFA è stata la realizzazione di elettrodi dedicati (aghi multipli in linea) in modo da coagulare fette di tessuto sulle quali effettuare la transezione con minime perdite ematiche (radio-frequency assisted liver resection).

Perfusione ipertermica antiblastica degli arti

La perfusione isolata d’arto (ILP) consiste nell’isolamento vascolare dell’arto affetto dalla neoplasia e nella sua perfusione con tecnica di Circolazione Extra-Corporea. Essa consente di associare i vantaggi farmacocinetici degli antiblastici utilizzati in condizione di isolamento d’organo a quelli della ipertermia. L’approccio chirurgico consiste nell’isolamento, clampaggio e cannulazione dei vasi arteriosi e venosi maggiori di pertinenza dell’arto. Le cannule vengono collegate ad un circuito ossigenato analogo a quello di una circolazione extra corporea (CEC). Viene applicato un tourniquet alla radice dell’arto al fine di evitare il fenomeno del leakage (immissione nella circolazione sistemica del farmaco). La procedura riconosce due fasi. Una prima fase in cui il sangue viene ossigenato e portato a 41,5° C ed una seconda fase nella quale il farmaco citostatico, ad alte concentrazioni, viene introdotto nell’arto stesso già in condizioni di ipertermia.

63

Il vantaggio farmacologico è legato oltre che alle concentrazioni elevate anche al continuo ricircolo dell’antiblastico nell'arto grazie alla C.E.C., con ulteriore uptake del citostatico da parte del tessuto neoplastico. L’ipertermia agisce in senso antineoplastico sia mediante danno diretto che attraverso il potenziamento dell’azione dei farmaci. Il monitoraggio viene realizzato attraverso sonde termiche inserite nel sottocute, nel tessuto muscolare e nel tumore; il tessuto sano deve mantenere una temperatura < 41,5 °C. L’indicazione attuale alla ILP è costituita da metastasi in transit da melanoma e da sarcomi dei tessuti molli degli arti. I farmaci utilizzati sono il Melfalan o la Doxorubicina con l’eventuale associazione del Tumor Necrosis Factor (TNF) per il suo effetto anti-angiogenetico e di facilitazione del passaggio del melphalan nel tumore stesso. I vantaggi ottenuti dalla ILP non riguardano tanto la sopravvivenza globale ma la riduzione del volume della neoplasia e il salvataggio dell’arto.

Citoriduzione e chemio-ipertermia intraperitoneale La carcinosi peritoneale (CP) è causata dall’impianto di cellule neoplastiche esfoliate dal tumore primitivo o disseminate durante la sezione dei linfatici o dei vasi sanguigni durante la resezione chirurgica. La CP rappresenta uno stadio gravissimo nell’evoluzione di un tumore, e viene abitualmente considerata come inguaribile. Il trattamento convenzionale era rappresentato principalmente dalla chemioterapia sistemica, associato se necessario ad una chirurgia palliativa. Tuttavia questa condizione, anche se diffusa a tappeto su tutta la sierosa, quando è l’unica manifestazione di metastatizzazione può essere considerata limitata ad un compartimento ben definito (cavità peritoneale), e quindi aggredibile con moderne tecniche di trattamento loco-regionale. In altre parole possiamo considerare il peritoneo come un organo e qundi immaginare un approccio loco-regionale alla carcinomatosi mediante citoriduzione (CRS) e chemio-ipertermia intra-peritoneale (HIPEC). La fase diagnostica comprende una colonscopia, gastroscopia, TC torace, addome e pelvi, eventuale PET-CT scan, valutazione dei marcatori tumorali, eventuale video-laparoscopia con biopsia. Spratt usò per primo negli anni ’80 alte dosi di chemioterapici in condizioni di ipertermia nel trattamento dello pseudo myxoma peritonei. Negli anni ’90, Sugarbaker introdusse il concetto di chirurgia cito-riduttiva (CRS) che significa la rimozione complete di tutto il tessuto neoplastico macroscopico con il peritoneo e se necessario di segmenti di intestino o di organi coinvolti. Sugarbaker ha anche introdotto il concetto del peritoneal cancer index (PCI) uno score per quantificare la estensione della malattia che si è dimostrato molto utile nella selezione dei pazienti. Le patologie bersaglio allo stato attuale sono il mesotelioma peritoneale, la carcinosi da carcinoma colorettale, lo pseudo mixoma peritonei, il carcinoma dell’appendice, la carcinosi da cancro ovarico. Il rationale del trattamento si basa sul fatto che la malattia rimane localizzata per lungo tempo, con una evoluzione solo loco-regionale e sulla possibilità di usare alte dosi di farmaci antineoplastici. Il rationale dell’HIPEC è basato sul concetto di barriera peritoneo-plasmatica, sull’uso di farmaci idrofilici ad alto peso molecolare con lenta clearence e sulla condizione di ipertermia che è citotossica di per sé, aumenta la citotossicità di alcuni farmaci ed aumenta la penetrazione di essi negli strati delle cellule neoplastiche. La fase chirurgica (citoriduzione) consiste in una sequenza ordinata di manovre codificate eseguite in funzione dell’estensione della malattia. In caso di carcinosi estese può comportare l’asportazione del peritoneo parietale sotto-

64

diaframmatico, parietocolico e pelvico; della glissoniana epatica e della colecisti; del grande e del piccolo omento, della milza; del sigma-retto; dell’utero e delle ovaie e di tutti i visceri inglobati (cieco, colon, antro gastrico) nella neoplasia, altre resezioni intestinali e/o resezioni di massa tumorale e anastomosi intestinali. In caso di carcinosi ben localizzate si ammette la sola peritonectomia distrettuale. E’ necessaria una citoriduzione chirurgica completa poiché la penetrazione tessutale delle molecole di chemioterapico si limita a qualche strato cellulare. In altre parole la chemioterapia intraperitoneale può sperare di trattare solo una malattia residua millimetrica (noduli residui < 2,5 mm) . La per fusione peritoneale è una moderna metodica che partendo dagli stessi principi della “perfusione degli arti”, consiste nella circolazione nella cavità peritoneale di una soluzione elettrolitica riscaldata contenente alte dosi di farmaci antineoplastici. La chemioterapia deve essere somministrata immediatamente dopo la fase chirurgia di citoriduzione prima che le cellule tumorali residue vengano intrappolate dalle aderenze post-operatorie. La soluzione contenente gli agenti citotossici può essere somministrata ad addome chiuso oppure ad addome aperto (coliseum technique) alla temperatura di 41,5-43 °C per 30 - 60 o 90 min a seconda del farmaco e del protocollo usato. La perfusione inizia con una soluzione “priming” e una volta raggiunta la temperatura desiderata si aggiungono i farmaci antineoplastici nel circuito. Volume, flusso e temperature tutti sono monitorati. La tecnica open mediante la manipolazione delle anse intestinali dovrebbe facilitare il contatto con il liquido di perfusione. Tuttavia non ci sono evidenze scientifiche che la tecnica open sia migliore di quella chiusa come pure che essa causi inalazione dei farmaci da parte dello staff. CRS e HIPEC è una procedura lunga e complessa con una significativa morbilità e una non trascurabile mortalità. Pertanto richiede una meticolosa selezione dei pazienti, un attento management anestesiologico, un immediato periodo post-operatorio di 48-72 ore di ricovero in terapia intensiva ed una adeguata struttura ospedaliera.

65

INDICE DEGLI AUTORI Aloisi S.; 41 Rossi E.G.; 29; 30 Altieri B.; 37; 39 Rossi P.; 63; 64; 65 Anello P.; 39 Sacco A.; 35; 36 Assogna M.; 55; 56; 57 Salem P.A.; 4; 5 Baccetti S.; 51 Stevanato R.; 45 Ballan G.; 7 Stringaro A.; 39; 40 Beltramo G.; 25; 26 Terranova F.; 51 Bernardini S.; 14 Toccacieli L.; 40 Biondi E.; 51 Tortora M.; 39 Bombelli C.; 39 Bonuccì M.; 20 Bozzuto G.; 40 Calcabrini A.; 39; 40 Capurso S.; 49 Cavalieri F.; 39 Colone M.; 39; 40 Condello M.; 37 Conti T.; 51 Cormio M.; 24 Cracolici F.; 21 Del Buono A.; 6; 48 Di Fede G.; 23; 46 Di Lupo M.; 33; 34 D'Orta A.; 48 Fabbri A.; 7 Fioranelli M.; 11; 12; 13 Fiorentini C.; 7 Fiori P.; 50 Fratini E.; 39 Fuggetta M.P.; 15 Giansanti L.; 37 Giuliani C.; 39 Legnani W.; 27; 28 Loizzo S.; 7 Lotti T.; 42 Lupi G.; 24 Maluta S.; 58; 59 Mancini G.; 37; 39 Mastellone V.; 47 Mastrodonato F.; 52 Meschini S.; 37 Molinari A,; 40 Monechi M.V.; 51 Nesi E.; 38 Palazzoni G.; 22 Pastore C.; 16; 60; 61; 62 Raffaele M.; 19 Ravagnan G.; 15 Rosadi F.; 7 66

Comitato Scientifico: Massimo Bonucci, Giuseppe Di Franco Mastrodonato, Stefania Meschini, Agnese Molinari, Giampietro Ravagnan Responsabile Segreteria Scientifica:Massimo Fioranelli Responsabile Segreteria Organizzativa:Federica Mosti

VI Congresso ARTOIOncologia Integrata e Nutrizione

“Il futuro nella Integrazione e nella Tradizione”

Università G. Marconi – Via V. Colonna, 11

Roma, 7-8 Novembre 2014

ABSTRACT BOOK

Massimo Bonucci, Giuseppe Di Fede, Massimo Fioranelli, Diana Giannarelli,Franco Mastrodonato, Stefania Meschini, Agnese Molinari, Giampietro Ravagnan

Responsabile Segreteria Scientifica:

Responsabile Segreteria Organizzativa:

VI Congresso ARTOI Oncologia Integrata e Nutrizione

Integrazione e nella Tradizione”

Via V. Colonna, 11

8 Novembre 2014

ABSTRACT BOOK

i, Diana Giannarelli, Franco Mastrodonato, Stefania Meschini, Agnese Molinari, Giampietro Ravagnan

Un particolare ringraziamento alla Prof.ssa Alessandra Briganti, Magnifico

Rettore dell’Università degli Studi Guglielmo Marconi di Roma, sede dell’evento.

Si ringraziano per il loro contributo incondizionato le Aziende partners:

� Alderman Pharma srl –Trofarello (To) www.nutrigea.com

� Andromedic srl - Velletri (Rm)

www.andromedicitalia.it

� Bio Farmex srl - Salerno (Sa) www.biofarmex.it

� Biogroup srl - Bagnoli del Trigno (Is) www.biogroup.it

� Deakos srl – La Spezia (Sp) www.deakos.com

� Eye Tech srl - Genova (Ge)

www.eyetech.ge.it

� Farmacia Arrigoni – Dott. A. Broccoli – Rimini (Rn) www.farmaciaarrigonirimini.it

� Farmacia Madre del Buon Consiglio - Dott. M. Romiti – Roma (Rm) www.farmaciaromiti.com

� Freeland srl – Bussolengo (Vr)

www.freelandtime.com

� Gheos srl – Grassobbio (Bg) www.gheos.it

� Ghimas srl - Casalecchio di Reno (Bo)

www.ghimas.it

i

� Guna srl – Milano (Mi) www.guna.it

� IMO –Istituto di Medicina Omeopatica – Trezzano Rosa (Mi) www.omeoimo.it

� Juvo Vita srl– Milano (Mi)

www.gojuvo.it

� Internazionale Biolife srl – Taranto (Ta) www.internationalebiolife.eu

� Laboratori Legren srl– Bordighera (Im)

www.laboratorilegren.it

� Mediterranea Servizi Globali Sas – Bari (Ba) www.santacandida-italia.com

� Med-Systems srl - Crotone (Kr)

www.med-systems.it

� PromoPharma S.p.A. – Acquaviva (RSM) www.promopharma.it

� RRS Rapid Rehab Solutions snc - Bologna (Bo) [email protected]

� Solimè srl – Cavriago (Re)

www.solime.it

� Weleda Italia srl – Milano (Mi) www.weleda.it

ii

La terapia del cancro sta evolvendosi: dai farmaci antiblastici più specifici ai nuovi

anticorpi monoclonali. Nell'Oncologia Integrata sta prendendo sempre più spazio

l'idea che l'uso di bassi dosaggi farmacologici possano dare pari risultati: la

chemioterapia metronomica, la low—dose therapy. Nelle giornate congressuali

saranno approfonditi questi temi. Il valore aggiunto nella terapia integrata si chiama

“nutrizione": la nostra tradizione alimentare sarà il futuro della prevenzione? Tutto

questo in una sede di alto valore istituzionale quale l'Università degli Studi

Guglielmo Marconi di Roma.

INDICE PROGRAMMA …………………………………………………………………………….………iv I sessione Infiammazione e cancro …………………………………………….……………..………1 II sessione Low-Dose therapy e cancro ……………………………………………………………….8 III sessione I tre big killer: mammella – colon – polmone …………………………………………..16 IV sessione Casistica e ricerca in oncologia …………………………………………………………30 V sessione Nutrizione oltre le abitudini: pane – soia – latte ……………………………….………42 Workshop: Ipertermia Oncologica Integrata e Chirurgia: validità dei trattamenti ……….………52

iii

PROGRAMMAPROGRAMMAPROGRAMMAPROGRAMMA

Venerdì 7 novembre 2014 8.30 / 9.15 Registrazione 9.15 Saluto delle Autorità

Alessandra Briganti Magnifico Rettore - Università G. Marconi Giuseppe Sabato Magnifico Rettore - Università Popolare Arezzo Massimo Bonucci Presidente – Associazione Ricerca Terapie Oncologiche Integrate Massimo Fioranelli Direttore Centro Studi “Scienze della Vita” - Università G. Marconi Mario On. Baccini Fondazione FOEDUS I Sessione INFIAMMAZIONE E CANCRO Moderatore: Franco Mastrodonato

Lettura Magistrale 9.30 Malattia Immunoproliferativa Intestinale (IPSID)

Modello di legame fra infezione, infiammazione e cancro

Philip A. Salem

10.00 Intestino e Immunomodulazione nei malati oncologici. Dai probiotici agli immunobiotici

Andrea Del Buono 10.30 CNF1 from E.coli, a Janus toxin playing with cancer cell regulation: an enemy within or a new therapy?

Alessia Fabbri

11.00 Coffee break II Sessione LOW-DOSE THERAPY E CANCRO Moderatore: Agnese Molinari

Lettura Magistrale 11.20 Basi teorico-scientifiche della Low dose in Oncologia Massimo Fioranelli

iv

11.40 Omeopatia e Farmacologia delle microdosi Simonetta Bernardini 12.00 Polidatina: un promettente sostegno alla terapia oncologica Maria Pia Fuggetta 12.20 Oltre la low-dose therapy: la chemioterapia metronomica Carlo Pastore 12.40 Discussione 13.00 Pranzo e Sessione Poster III Sessione I TRE BIG KILLER: MAMMELLA – COLON – POLMONE Moderatore: Giampietro Ravagnan

MAMMELLA 14.30 Novità dei trattamenti in oncologia mammaria Mimma Raffaele 14.50 La terapia integrata nel carcinoma della mammella Massimo Bonucci 15.05 Agopuntura: il controllo degli effetti collaterali nel carcinoma della mammella Franco Cracolici

COLON 15.20 Novità in terapia oncologica del tratto gastroenterico Giovanni Palazzoni 15.40 Il punto di vista con approccio integrato nel tumore del colon Giuseppe Di Fede 15.55 L’agopuntura nel sostegno del paziente con tumore del colon-retto Giuseppe Lupi 16.15 Coffee break POLMONE 16.30 Le terapie di avanguardia nel tumore del polmone Giancarlo Beltramo

v

16.50 Terapia integrata nel tumore polmonare Walter Legnani 17.05 Omeopatia e tumori polmonari Elio Rossi 17.20 Discussione 17.30 Intervista con il Prof. Campbell, a cura della Dr.ssa Nicla Signorelli (Be4eat), su

Nutrizione e Cancro: il possibile ruolo delle proteine nello sviluppo del cancro

T. Colin CAMPBELL 18.00 Chiusura lavori 20.30 Gala dinner Sabato 8 novembre 2014 IV Sessione CASISTICA E RICERCA IN ONCOLOGIA Moderatore: Stefania Meschini

9.00 Immunoterapia del paz. Oncologico con lieviti, micro funghi e funghi medicinali Monica Di Lupo 9.15 La medicina funzionale come prevenzione in oncologia Antonio Sacco 9.30 Liposomi cationici contenenti Voacamina per l’ottimizzazione della chemioterapia Maria Condello 9.45 L’utilizzo della Mindfullness in psiconcologia Elisa Nesi 10.00 Aloe-emodina: validità dell’uso? Annarita Stringaro 10.15 Oli essenziali: un nuovo aiuto Giuseppina Bozzuto

10.30 Il cancro: nuovi percorsi diagnostici e terapeutici Stanislao Aloisi Coffee break

vi

11.00 Psico-neuro-endocrino-immunologia nelle malattie croniche cutanee: nuovi concetti e

nuovi dati

Torello Lotti

V Sessione NUTRIZIONE: OLTRE LE ABITUDINI: PANE – SOIA – LATTE Moderatori: Massimo Fioranelli – Massimo Bonucci

11.20 Valutazione del potere antiossidante degli alimenti Roberto Stevanato 11.35 La pasta ed il pane: Gluten sensitività Giuseppe di Fede 11.45 Destino ed effetti metabolici di soia geneticamente modificata in animali Vincenzo Mastellone 12.00 Manipolazione nutrizionale nella modulazione di pattern citochinici intestinali

Armando D’Orta 12.15 Il latte: per chi, quando e perché Sabrina Capurso 12.30 Alcalinizzare: quando? Come? Paola Fiori 12.45 Disturbi vasomotori e dolore nelle donne con tumore mammario o ginecologico trattate

con MTC. Risultati di uno studio pilota

Sonia Baccetti 13.00 Oncologia: l’approccio in Medicina Biointegrata

Franco Mastrodonato 13.15 Discussione 13.30 Chiusura lavori 14.30/16.00 Workshop:

Ipertermia Oncologica Integrata e Chirurgia: validità dei trattamenti

Massimo Assogna

Sergio Maluta

Carlo Pastore

Piero Rossi

vii

I Sessione

INFIAMMAZIONE E CANCRO

Moderatore: Franco Mastrodonato

DR. PHILIP A. SALEM

Dr. Philip A. Salem, physician, researcher, educator and international statesman in cancer medicine, serves as Director Emeritus of Cancer Research at St. Luke's Episcopal Hospital in Houston and Is the President of Salem Oncology Centre. Prior to his appointment at St. Luke's, Dr. Salem served on the faculty of M.D. Anderson Cancer Center as professor of cancer medicine and research. In March 2010, St. Luke's announced the establishment of a cancer research chair in his name to honor his contributions to cancer medicine and as "a lasting tribute to his leadership and vision in the field of oncology". Dr. Salem is the recipient of many awards from all over the world for his contributions to cancer research. In the early 1970's he was one of the first researchers to demonstrate that a chronic infection in the intestine may eventually lead to the development of cancer. His work on Immunoproliferative Small Intestinal Disease (a form of intestinal cancer), and the relationship between infection and the development of intestinal cancer has become a classic in modem medicine. He Is an active member of the top three cancer organizations in the world: American Society of Clinical Oncology (ASCO), American Association for Cancer Research (AACR) and European Society of Medical Oncology (ESMO). In the last 15 years he was selected annually in the editions of America's Top Doctors by Castle Connolly. Because of his stature and impact on cancer research, he was invited to serve on the editorial boards of several prestigious cancer research journals. Besides his contributions to medicine, Dr. Salem has made major contributions to America. In the early 1990's he served on a healthcare advisory committee to the White House. In 1994 he received the Republican Senatorial Medal of Freedom, and in 1998 he was awarded the Ellis Island Medal of Honor for his "exceptional humanitarian efforts and outstanding contributions to American science". In 2006 he was honored as 'The Scientist of the Year' by the National Italian Foundation for the Promotion of Science and Culture, and he was decorated in a special ceremony held in Rome, Italy. Dr. Salem Is a renaissance intellectual and writer. He is the author of many editorials on Lebanon and he has published extensively on Arab affairs. In the year 2000, he was awarded the Khalil Gibran International Award by the Arabic Heritage League in Sydney, Australia, In May 2000 he was selected the 'Arab American of the Year' by the Arab Community Centre for Economic and Social Services (ACCESS) in Dearborn, Michigan. On July 1, 2010 The Lebanese American University in Lebanon bestowed upon him an Honorary Doctorate in Humane Letters for his "contributions to medicine, Arabic literature and philosophy". For the same reasons, another Honorary Doctorate in Humane Letters was bestowed up him by the Notre Dame University of Lebanon on July 12, 2013 Three books have been written about Dr. Salem: In July 2004, a book in Arabic entitled, "Philip Salem - The Man, The Homeland, The Science", authored by Peter Indari, an Australian journalist, was launched. In December 2012 a book in English entitled "Cancer, Love and Politics of Hope - the fife and vision of Philip A. Salem M.D." authored by Frances Mourani and Boutros Indari was published by Quartet Books in London. In January 2013, a book in Arabic entitled "Philip Salem the Rebel, the Scientist and the Humanist”. Authored by Maha Samara, a Lebanese journalist was published in Beirut by Dar Al Saqi and Dar Annahar. In July 2014 a book entitled: “Philip Salem”

3

IMMUNOPROLIFERATIVE SMALL INTESTINAL DISEASE (IPSID) Model for the link between infection, inflammation, and cancer Philip A. Salem M.D. The Philip A. Salem, M.D. Chair in Cancer Research

Baylor St. Luke’s Medical Center

President

Salem Oncology Centre Immunoproliferative Small Intestinal Disease (IPSID) is a distinctive lymphoproliferative disorder. Among these disorders, it is the only disease which is associated with a specific and characteristic abnormal protein, and also an identifiable, early phase with a benign-looking histopathological expression. Treatment of this early phase with antibiotics may cause remission, but if this phase is left untreated, it progresses to inflammation and inflammation progresses to cancer. Contrary to primary small intestinal non IPSID lymphomas, where the pathology in the intestine is usually focal involving specific segments of the intestine and leaving the segments between the involved areas free of disease, the pathology in IPSID is diffuse with a mucosal cellular infiltrate involving large segments of the intestine and sometimes the entire length of the intestine; thus producing malabsorption. IPSID is the ideal model of how a chronic repetitive infectious insult in the gastrointestinal mucosa would eventually lead to inflammatory changes which if left untreated would progress to malignancy. It is also a model of how the process of inflammation resulting from infectious insult is reversible. Treatment of the benign and inflammatory phase with antibiotics usually prevents inflammation from progressing to cancer. Trials with antibiotics in the treatment of this disease provided the first evidence that cancer in man is chemo preventable. Also IPSID provided an early evidence of how a benign process could deteriorate into a malignant one. The concepts we have learned from IPSID are the cornerstones for current and future research focusing on the link of infection to inflammation, and inflammation to cancer. Understanding this process and treating cancer in the early phase before it becomes malignant provides the best hope for the prevention of this disease.

4

MALATTIA IMMUNOPROLIFERATIVA INTESTINALE (IPSID) Modello di legame fra infezione, infiammazione e cancro P.A. Salem M.D Presidente Salem Oncology Center - Houston

La malattia immunoproliferativa del piccolo intestino (IPSID) è un distintivo disordine immunoproliferativo. Tra questi disordini, è l’unica malattia con associata una specifica e caratteristica proteina anormale, ed anche una identificabile, fase precoce con specifica espressione istopatologia. Il trattamento in questa fase precoce con antibiotici può causare remissione, ma se questa fase non è trattata essa progredisce verso l’infiammazione e l’infiammazione verso il cancro. Contrariamente alla primaria infiammazione del piccolo intestino non IPSID-linfoma, dove la nel piccolo intestino è usualmente focale ed interessa specifici segmenti dell’intestino e lascia liberi tratti intermedi, la malattia IPSID è diffusa alla mucosa con un interessamento di larghe parti dell’intestino e qualche volta anche interi tratti, producendo malassorbimento. La IPSID è il modello ideale di come una infezione ripetitiva cronica della mucosa gastrointestinale può eventualmente portare un cambiamento infiammatorio che se non trattato può progredire verso il cancro. E’ anche il modello di come un processo di infiammazione risultante da un insulto infiammatorio è reversibile. Il trattamento di una benigna fase infiammatoria con antibiotici usualmente previene l’infiammazione che progredisce al cancro. I traials clinici con antibiotici nel trattamento di queste patologie comporta la prima evidenza che il cancro è chemio preventivo. Anche la IPSID fornisce la prima evidenza di come un processo benigno può deteriorare in uno maligno. I concetti che abbiamo fornito dall’IPSID sono la pietra miliare fra corrente e futura ricerca con il focus fra il legame fra infezione ed infiammazione e fra questa ed il cancro. Comprendendo questo processo e trattando il cancro nella fase iniziale prima che diventi maligno fornisce la migliore speranza per la prevenzione del cancro.

5

INTESTINO E IMMUNOMODULAZIONE NEI MALATI ONCOLOGICI. DAI PROBIOTICI AGLI IMMUNOBIOTICI Andrea Del Buono Spec. Medicina Preventiva del Lavoro, ASL CE, Caserta

Ci siamo posti l’obiettivo di focalizzare l’attenzione della comunità scientifica sulle conseguenze generate delle alterazioni dell’ecosistema Intestinale nei malati oncologici. Grazie al crescente numero di lavori clinici e sperimentali realizzati negli ultimi anni, è stato possibile il confronto e la riflessione sulle numerose potenzialità cliniche di utilizzo di ceppi specifici di probiotici capaci di interagire a livello della lamina basale con il sistema dell’immunità innata e di modulare la risposta specifica, spesso compromessa nei malati oncologici. La microflora intestinale viene oggi universalmente riconosciuta, grazie all’applicazione delle sonde molecolari, come un vero e proprio organo, con funzioni e attività molto importanti sia per l’omeostasi e la salute del nostro organismo, sia in condizioni patologiche per il possibile ruolo benefico sulla salute con specifici ceppi batterici. Non basta la generica definizione di specie quale probiotico per affermarne l’utilizzo, ma è importante il ceppo, cioè il singolo batterio, e non si può estendere proprietà ceppo specifiche ad altri componenti della stessa specie. Diventa pertanto strategico poter valutare la relativa letteratura scientifica e orientare la scelta sull’attività terapeutica desiderata. Dal generico utilizzo dei “fermenti lattici” del passato siamo arrivati all’impiego dei probiotici specifici sul sistema immune, immunobiotici, e il futuro si caratterizzerà per indicazioni sempre più specifiche per il singolo ceppo sulla base degli studi clinici e le evidenze scientificamente dimostrate. E’ ampiamente dimostrato il ruolo dei probiotici nei confronti dell’immunomodulazione, ma non è ancora ben dimostato il ruolo come potenziali agenti anticancro, (Digestive and Liver Disease, suppl. 2,

dicembre 2006). Particolare attenzione negli ultimi anni è stata dedicata alla modulazione del sistema immunitario sia nei malati oncologici “immunoediting” e sia per la capacità d’interferire con i processi di formazione del cancro del Colon. Il tumore al colon rappresenta la seconda causa di morte nel mondo ed è più frequente proprio nei paesi sviluppati, dove la disbiosi è molto piu’ rappresentata. Questo dato rafforza la convinzione che sulla sua iniziazione del cancro del colon incidano maggiormente i fattori ambientali rispetto a quelli genetici. A supporto di questa osservazione, la World Cancer Research Fund (WCRF) ha identificato condizioni di rischio che agiscono modificando il microambiente g.i. ed incrementano il rischio di ammalarsi. È convinzione diffusa tra i ricercatori che mantenere un ambiente intestinale sano, riducendo la flora putrefattiva, pochi bifidobacterium, sia fondamentale per sfavorire la formazione del cancro al colon. Queste osservazioni sottolineano il ruolo protettivo che possono avere probiotici e prebiotici rispetto all’intestino, contribuendo a migliorare l’ambiente intestinale attraverso molteplici meccanismi: la riduzione del pH nel lume intestinale, l’influenza sulla risposta immunitaria dell’ospite, l’inattivazione di sostanze potenzialmente carcinogeniche, l’alterazione della microflora intestinale, la riduzione di alcune attività enzimatiche coinvolte nello sviluppo del tumore.

6

IL CNF1 PRODOTTO DA E. COLI, UNA TOSSINA CHE AGISCE SULLA REGOLAZIONE TUMORALE: UN NEMICO O UNA NUOVA TERAPIA?

Alessia Fabbri, Francesca Rosadi, Giulia Ballan, Stefano Loizzo, e Carla Fiorentini Dipartimento del Farmaco, Istituto Superiore di Sanità, Roma

Escherichia coli è un batterio commensale dell'intestino umano che diventa patogeno in seguito all'acquisizione di fattori di virulenza, tra cui è compresa la tossina chiamata fattore citotossico necrotizzante 1 (CNF1). Abbiamo precedentemente riportato la capacità di questa tossina, che attiva le Rho GTPasi, di indurre disfunzioni nelle cellule epiteliali trasformate, come l'inibizione dell’apoptosi, il rilascio di citochine pro-infiammatorie, l’espressione di COX2, l’attivazione di NF-kB, e l’incremento della motilità cellulare. Inoltre, ci sono evidenze sulla capacità del CNF1 di rinforzare e favorire, ma non causare, lo sviluppo del cancro del colon-retto, sottolineando l’esistenza di un legame tra il CNF1 e il tumore. D'altra parte però abbiamo recentemente dimostrato che il CNF1 possiede attività antineoplastica su cellule di glioma sia in vivo che in vitro. Pertanto sembra che il CNF1 possa comportarsi come un fattore con duplice attività, promuovendo o contrastando la trasformazione. I nostri studi attuali sono particolarmente rivolti all’identificazione dei fattori che possono influenzare l'effetto così articolato del CNF1. I dati preliminari indicano che la risposta cellulare alla tossina è fortemente condizionata dal microambiente cellulare ed in particolare dall'infiammazione, dallo stato di trasformazione cellulare (cellule normali o tumorali reagiscono in modo diverso), o anche dai diversi tipi cellulari, essendo ormai noto che cellule epiteliali i neuroni o gli astrociti rispondono in maniera differente al CNF1. Comprendere i meccanismi che regolano l'attività del CNF1 è di fondamentale importanza considerando anche che tale tossina rappresenta un agente terapeutico promettente per contrastare alcuni deficit del sistema nervoso centrale.

7

II Sessione

LOW- DOSE THERAPY E CANCRO

Moderatore: Agnese Molinari

BASI TEORICO-SCIENTIFICHE DELLA LOW DOSE IN ONCOLOGIA Massimo Fioranelli Professore associato di Fisiologia., Università G. Marconi, Roma

La Medicina Fisiologica di Regolazione (PRM) è un innovativo sistema terapeutico basato sulla possibilità di utilizzare a scopo terapeutico principalmente BASSI DOSAGGI di sostanze biologiche, che normalmente regolano la Fisiologia dell’organismo. Sono sempre piu' frequenti evidenze sperimentali e cliniche che ormoni, citochine, neuropeptidi in LOW DOSE (sotto la minimal pharmacological effective dose) possono essere efficaci su sistemi biologici. Concentrazioni fisilogiche, nell'ambito di nanogrami (10 -9 g) o picogrammi (10 -12 g) , sono in grado di attivare recettori di membrana e conseguentemente stimolare le funzioni fisiologiche della cellula bersaglio. La PRM integra in una visone unitaria le più moderne acquisizioni in tema di Omeopatia, Omotossicologia, Psico-Neuro-Endocrino-Immunologia (PNEI) e Nutraceutica. L'obiettivo e' quello di ripristinare la Fisiologia attraverso molecole di relazione quali ormoni, interleuchine, fattori di crescita e neuropeptidi in low dose fisiologica, che corrisponde alla medesima concentrazione alla quale esse sono presenti a livello dei recettori transmembrana nella matrice extra-cellulare.

38

TM

10-3

10-6

10-15

MINIMAL EFFECTIVE PHARMACOLOGICAL DOSE

TOXIC CONCENTRATION

mg/ml

PHARMACOLOGICAL CONCENTRATION

mcg/ml

PHYSIOLOGICAL CONCENTRATION

ng-pcg/ml

TOXIC

EFFECT

SIDE EFFECTS

WITHOUT

DYNAMIZATION:

NO BIOLOGICAL

EFFECTS

PHARMACOLOGICAL EFFECTS

WITH

DYNAMIZATION:

PHYSIOLOGICAL

EFFECTS

EFFECTS OF DIFFERENT DOSES OF CYTOKINES

MINIMAL EFFECTIVE PHYSIOLOGICAL DOSE

Dal punto di vista immuno-oncologico i pazienti con tumori solidi (specialmente) mostrano una over-expression di Th3, i Linfociti Th responsabili (se espressi nella giusta, fisiologica quantità) dell’immunotolleranza. Questo meccanismo di immuno-sorveglianza espletato dai Th3 avviene per il tramite di un fattore di crescita da loro prodotto, il TGF-β, in grado di down-regolare Th1 e Th2. In alcuni lavori i Th3 sono definiti come tali, altre volte come T-Reg o altre volte, come CD4/CD25/FoxP3.

11

Purtroppo nei pazienti tumorali i Th3 sono sovra-espressi; ciò determina una down-regulation dei linfociti Th1 e Th2; questa è una delle cause profonde dell’ immunodeficienza di questi pazienti. Infatti, la down-expression, in particolare dei Th1, conduce anche alla minore produzione, da parte di questi linfociti, di IFN-gamma, fondamentale nell’attivazione dei CD8+, da cui dipende la produzione di linfociti T suppressor, fondamentali nel controllo della proliferazione delle cellule tumorali. Come se non bastasse, a causa di questo meccanismo, i Th1 producono meno Interferone-gamma, e la minore quantità di Interferone-gamma conduce, conseguentemente, ad una minore espressione di altre cellule importantissime nel controllo della proliferazione delle cellule tumorali, le cellule NK (Natural Killer), responsabili della lisi cellulare delle cellule tumorali. Viene presentata un ipotesi sviluppata nel report sul lavoro pubblicato da Journal of Cancer Therapy (L. D'Amico, E. Ruffini, R. Ferracini, Roato I.IL-12 Stimulates T Cell Response in Cultures of PBMCs Derived from Small Cell Lung Cancer Patients. Journal of Cancer Therapy, 2012, 3, 337-342). L’interleuchina capace di down-regolare i TH3 è l’IL-12 e sin dagli anni ‘80 si pensò di utilizzarla in questo senso ma il suo uso (assai promettente) si arenò contro lo scoglio dei gravi effetti collaterali tanto di natura clinica, (febbre altissima, malessere generalizzato, nausea e vomito) che di natura immunitaria, dovute alle alte concentrazioni di questa sostanza. Infatti, alle concentrazioni farmacologiche normalmente utilizzate (nel range di ng/ml e oltre) l’IL-12 riduce efficacemente i Th3 ma annulla anche gli altri linfociti CD4+ (cioè i Th1 ed i Th2). Cioè, paradossalmente, gli alti dosaggi di IL-12 inducono un’immunodeficienza non più dovuta all’over-expression di Th3 ma all’inibizione diretta, indotta dalla stessa IL-12 ad alti dosaggi, degli interpreti della difesa immunitaria cellulo-mediata (Th1) e umorale (Th2). L' IL-12 alla concentrazione di 10 ng/ml riduce i Th3, e questo e' un effetto benefico. Ma nello stesso tempo riduce drammaticamente anche i CD4+ (Th1 e Th2) E, ancora più clamorosamente, i 10 ng/ml di IL-12 riducono in maniera eclatante i livelli di IFNgamma prodotto dai Th1 per “impedimento” proprio dei Th1. Invece gli effetti dell’IL-12 a 0,01 pg/ml, cioè la CH4 dinamizzata osserviamo che: l'IL-12 4CH è in grado di down-regolare i TH3, sovra-espressi nei pazienti tumorali addirittura al di sotto del valore del controllo, Ma nello stesso tempo è in grado di aumentare i CD4+ (Th1 e Th2). Ancora più interessante è il dato positivo relativo alla produzione di IFN-gamma da parte dei Th1 stimolati dall' IL-12 4CH. Inoltre l'IL-12 4CH aumenta la produzione di cellule litiche attive sulle cellule tumorali: Quindi l' IL-12 4CH alla concentrazione nell’ordine di pg/ml mostra gli stessi efetti di down-regolazione dei TH3 della concentrazione allopatica (10 ng/ml) ma senza gli effetti collaterali di quest’ultima (consistenti nella contemporanea down-regolazione anche dei CD4 ed in particolare dei Th1). Al contrario l' IL-12 4CH stimola i Th1 a produrre IFN-gamma, fondamentale nella difesa antitumorale. E’ come se esistesse un’INTELLIGENZA BIOLOGICA delle low dose fisiologiche, in grado di agire solo sulle alterazioni patologiche ma senza interferire sulle funzioni fisiologiche. Vengono poi presi in considerazione i risultati dello studio Radice E., Miranda V., Bellone G. “Low-doses of sequential-kinetic-activated interferon-γ enhance the ex vivo cytotoxicity of peripheral blood natural killer cells from patients with early-stage colorectal cancer. A preliminary study, appena pubblicato su International Immunopharmacology, 19 (2014), 66-73. Dal punto di vista immuno-oncologico le cellule Natural Killer (NK) giocano un ruolo fondamentale nell’eliminazione delle cellule tumorali (lisi cellulare), svolgendo un efficace opera di immunosorveglianza. Interferone-gamma (IFN-gamma) è una citochina fondamentale per la regolazione della funzione delle NK (per un’azione diretta su di esse) e non solo: esso è infatti un importante attore nella promozione della risposta antitumorale mediata dai linfociti T di tipo 1 (Th1). La spinta di differenziazione verso questa sub-popolazione linfocitaria innesca una

12

risposta antitumorale citotossica da parte di cellule linfocitarie CD8+ Inoltre IFN-gamma, stimolando le cellule NK favorisce l’infiltrazione del tumore da parte delle NK stesse e dei macrofagi. Ne consegue un aumento di IL-12 e IL-18; particolarmente importante è l’aumento indiretto di IL-12 che, insieme all’accresciuto livello di IFN-gamma, con i noti meccanismi di cross-regulation, portano alla down-regolazione dei Th2 e all’up-regolazione dei Th1, passaggio fondamentale per la risposta antitumorale via CD8+ Questa integrazione tra immunità innata ed adattativa è fondamentale per la lotta contro i tumori solidi quali il cancro del colon-retto; a volte però questo meccanismo fallisce nel suo compito di controllo preventivo a causa di una insufficiente risposta immunitaria e/o dell’instaurarsi di meccanismi di immune escape da parte del tumore. Purtroppo nei pazienti tumorali la risposta immunitaria è sovente compromessa; ciò determina una down-regulation dei linfociti Th1; questa è una delle cause profonde dell’ immunodeficienza di questi pazienti. Infatti, la down-expression, in particolare dei Th1, conduce anche alla minore produzione, da parte di questi linfociti, di IFN-gamma, citochina fondamentale nell’attivazione dei CD8+ da cui dipende la produzione di linfociti T suppressor, fondamentali nel controllo della proliferazione delle cellule tumorali. Bassi livelli di IFN-γ conducono anche alla minore espressione di altre cellule importantissime nel controllo della proliferazione delle cellule tumorali quali le succitate cellule NK. Ipotesi di lavoro sviluppata in questo lavoro e' il riconoscimento del ruolo fondamentale che IFN -gamma possiede nell’induzione della risposta immune. Questo ha giustamente fatto intuire come la stimolazione della risposta immunitaria indotta attraverso la somministrazione di alte dosi di IFN-gamma potesse rappresentare una strategia terapeutica molto promettente per la cura di vari tipi di tumore , solidi e non. Alcuni studi clinici sono stati effettuati usando IFN-gamma ma, in tutti, il grosso limite sono stati i gravi effetti collaterali dovuti alla sua tossicità intrinseca di tipo dose-dipendente. Il fondamento teorico del lavoro ex vivo qui sintetizzato e' la valutazione della capacità litica di cellule NK (isolate da pazienti con carcinoma del colon -retto (CRC) in presenza o assenza di metastasi e da donatori sani), opportunamente stimolate con IFN-gamma a dosaggio convenzionale (1 ng/ml) o low-dose SKA IFN-gamma (0.25 fg/ml). In genere e' presente un’attività delle cellule NK che è maggiore, ovviamente, nei soggetti sani, decresce nei pazienti tumorali non metastatizzati, e risulta decisamente depressa nei pazienti con neoplasie metastatiche. Il vero cuore del lavoro e' che somministrando IFN-gamma ponderale (1 ng/ml) o IFN-gamma (0.25 fg/ml), aumentino le unità litiche (cellule NK) nei soggetti sani, nei pazienti tumorali non metastatizzati e nei pazienti con neoplasie metastatiche. Conclusioni Il lavoro mostra chiaramente che l' Interferon-gamma, grazie alla sua efficacie azione a basse dosi, (è infatti dimostrata, attraverso l’analisi statistica della deviazione standard, la non inferiorità dell’azione di IFN-gamma low dose rispetto al ponderale). è in grado di stimolare tanto le cellule NK del volontario sano quanto quelle del paziente oncologico rafforzandone le capacità citotossiche verso le cellule neoplastiche, punto fondamentale nella difesa antitumorale. È da sottolineare come la positiva risposta delle Natural Killer nel volontario sano rappresenti potenzialmente un aggancio per la proposta di una azione di tipo preventivo centrata sull’aumento dell’immunocompetenza delle cellule NK.

13

OMEOPATIA E FARMACOLOGIA DELLE MICRODOSI Simonetta Bernardini Presidente Società Italiana di Omeopatia e Medicina Integrata, SIOMI e responsabile Centro di

Medicina Integrata Ospedale di Pitigliano, USL9 regione Toscana

La moderna tecnica del DNA microarray ha permesso un nuovo sviluppo della ricerca scientifica riguardante il possibile meccanismo di azione dei medicinali omeopatici sia per concentrazioni al di sotto del numero di Avogadro (medicinali ultralow dose) che al di sopra di tale numero (medicinali low dose). In particolare, con tale metodica è stato possibile individuare una chiara risposta dei geni cellulari all'azione di sostanze in concentrazioni comprese tra 10-6 e 10-60 M. Nel presente contributo verranno esaminati i principali lavori di ricerca sul tema e esaminata l'ipotesi (A.Dei, S.Bernardini) di interpretazione del principio della similitudine omeopatica sulla base delle conoscenze del fenomeno dell'ormesi e delle recenti conferme scientifiche ottenute con la tecnica del DNA microarray.

14

POLIDATINA : UN PROMETTENTE SOSTEGNO ALLA TERAPIA ONCOLOGICA Maria Pia Fuggetta, Giampiero Ravagnan Istituto di Farmacologia Traslazionale, Consiglio Nazionale Ricerche, Roma Italia

Dipartimento di Scienze Molecolari e Nanosistemi, Università Ca’Foscari Venezia, Italia

In questi ultimi anni si è sviluppata una notevole attenzione per le sostanze naturali presenti nei vegetali e l’interesse scientifico si è rivolto verso quelle piante che sono già tradizionalmente utilizzate in terapia. La polidatina(PD) è uno dei principali costituenti del Polygonumcuspidatum, radice utilizzata ampiamente nella medicina tradizionale asiatica. Si tratta di un glucoside del resveratrolo,stilbenoideche possiede un’attività biologica ad ampio spettro. Gli effetti della PD più descritti sono quelli: a)antinfiammatorio;b) immunomodulante; c)antiossidante, sia diretto attraverso la riduzione della perossidazione lipidica sia indiretto mediante la modulazione del sistema di difesa antiossidante; d)anti-tumorale con peculiare induzione di apoptosi; e)antinvecchiamento e f)neuroprotettivi. La PD penetra nella cellula mediante un meccanismo di trasporto attivo che utilizza i trasportatori di glucosio e, grazie alla sua solubilità in acqua, viene assorbita con maggior efficienza dall'intestino. Queste proprietà conferiscono alla molecola maggiori livelli di stabilità e di biodisponibilità rispetto al resveratrolo. Le diverse potenzialità e i meccanismi d’azione di questo principio attivo sono in continuo aggiornamento e le documentate caratteristiche biologiche della PD costituiscono una base razionale per la sua applicazione come principio attivo in campo oncologico. La PD potrebbe essere particolarmente adatta nella terapia integrata a valle della tradizionale chemioterapia come strategia di prevenzione dell'insorgenza di ripresa di malattia. Inoltre la PD potrebbe assumere una funzione protettiva rispetto agli effetti citotossici mediati dai farmaci antiblastici oda terapie radioterapiche oppure avere un ruolo nel controllo dell’infiammazione correlata al cancro. .

15

OLTRE LA LOW-DOSE THERAPY: LA CHEMIOTERAPIA METRONOMICA Carlo Pastore Responsabile Oncologia-Ipertermia Oncologica, Casa di Cura Villa Salaria, Roma

Il concetto di chemioterapia antitumorale risale agli anni 50 con l'avvento di una primissima generazione di farmaci aventi lo scopo di distruggere le cellule neoplastiche interferendo con i meccanismi di replicazione. Una cellula danneggiata nelle sue strutture replicative viene spinta a morte mediante i naturali meccanismi di apoptosi (morte cellulare programmata). I concetti cardine di intensità di dose e quantità di farmaco sono stati e sono pilastri fondanti dell'approccio farmacologico anticancro. Negli ultimi anni si è cercato di comprendere se si potesse ottenere un effetto antineoplastico con dosaggi non citotossici e con somministrazioni ripetute più volte nel tempo con lasso temporale assai ridotto tra una somministrazione e l'altra. Si è potuto verificare che diversi agenti chemioterapici posseggono per loro caratteristica biochimica un effetto antiangiogenetico con queste modalità di somministrazione. Il concetto di questo nuovo approccio denominato metronomico è quello di interferire con l'endotelio neoplastico che riveste i vasi sanguigni tumorali danneggiandolo ed inibendo la neoangiogenesi nel cancro. Le cellule cancerose difatti necessitano di una propria rete vascolare per poter continuare la crescita quando il volume tumorale supera il millimetro cubo. Tale rete vascolare è di per se imperfetta poiché sostenuta da cellule aberranti e l'interazione con le strutture che la costituiscono da parte di taluni chemioterapici somministrati in modalità metronomica porta vantaggio. I primi studi sono stati eseguiti su pazienti in fase avanzata di malattia e si è potuto riscontrare un effetto, se non altro sul miglioramento della qualità di vita oltre che sul prolungamento della medesima. Alcuni farmaci più di altri si sono dimostrati utili nell'approccio metronomico ed i principali sono paclitaxel, ciclofosfamide, capecitabina, vinblastina, mitomicina C, methotrexate. Il danno endoteliale è dimostrabile verificando una serie di parametri biochimici valutabili su prelievo di sangue. La chemioterapia metronomica può sinergizzare con gli altri approcci terapeutici in oncologia (radioterapia ed ipertermia) facilitandone l'azione; inoltre i bassi dosaggi di chemioterapici ne rendono possibile l'impiego anche in soggetti defedati o con deficit organici che non potrebbero tollerare dosaggi citotossici dei medesimi o di altri farmaci antitumorali. Metronomic chemotherapy: Back to the future!André N, Padovani L, Verschuur A. Drug News Perspect. 2010 Mar;23(2):143-51. Review.Metronomic chemotherapy: new rationale for new directions.Pasquier E, Kavallaris M, André N. Nat Rev Clin Oncol. 2010 Aug;7(8):455-65. Epub 2010 Jun 8. Review.Metronomic chemotherapy.Mutsaers AJ. Top Companion Anim Med. 2009 Aug;24(3):137-43. Review.Tumoral angiogenesis: review of the literature.Khosravi Shahi P, Fernández Pineda I. Cancer Invest. 2008 Feb;26(1):104-8. Review.

Eur J Cancer Care (Engl). 2007 May;16(3):258-62.

Antiangiogenic metronomic chemotherapy and hyperthermia in the palliation of advanced

cancer.

Franchi F, Grassi P, Ferro D, Pigliucci G, De Chicchis M, Castigliani G, Pastore C, Seminara P.

16

III Sessione

I TRE BIG KILLER: MAMMELLA – COLON – POLMONE

Moderatore: Giampietro Ravagnan

NUOVE TERAPIE NEL CARCINOMA DELLA MAMMELLA Mimma Raffaele UOSD Oncologia Presidio Cassia Sant’Andrea, San Filippo Neri, Roma

Il tumore della mammella è la neoplasia più frequente nel sesso femminile, con 1.38 milioni di nuovi casi diagnosticati annualmente (23% di tutti i tumori ). E’ una patologia eterogenea, con una varietà di entità biologiche e di comportamenti clinici e differenti alterazioni molecolari, che ne condizionano crescita, sopravvivenza e la risposta al trattamento. Negli ultimi anni, la comprensione dei meccanismi biologici, che sottendono la carcinogenesi e le alterazioni molecolari, ha portarto alla identificazione di nuove molecole targets ed , pertanto, allo sviluppo di nuove terapie. Identificare il target che promuove o sostiene la crescita e l’invasione neoplastica è fondamentale per il trattamento efficace della neoplasia . Uno dei primi farmaci, che rappresenta la pietra miliare nel campo delle terapie target nella neoplasia mammaria è il trastuzumab, anticorpo monoclinale anti HER2, che ha modificato l’andamento di malattia nelle pazienti con tumori HER2 positivi.. Ad esso ha fatto seguito il Lapatinib, indicato in combinazione con un inibitore della aromatosi nei tumori ER + o in combinazione con la capecitabina. Farmaci di nuovissima generazione anti HER2: - Pertuzumab, utilizzato in associazione con i taxani e il trastuzumab in prima linea; - Trastuzumab-emtansine (T-DM1), che trova indicazione , in seconda linea. Gli M-TOR inibitori sono una classe di farmaci target, che possono incrementare l’efficacia della terapia ormonale. L’Everolimus è utilizzato nel trattamento dei tumori ER+, HER2 - . Le neoplasie mammarie HER2-, vedono l’impiego, in prima linea del Bevacizumab, anti VEGF, in combinazione alla chemioterapia con taxani.

19

LA TERAPIA INTEGRATA NEL CARCINOMA DELLA MAMMELLA Massimo Bonucci Responsabile Servizio Patologia Clinica ed Anatomia Patologica, Casa di Cura San Feliciano,

Roma

Il tumore della mammella ha una prognosi che nel tempo è andata migliorando. Purtroppo però i nuovi casi di neoplasia sono in aumento. Non possiamo considerare questo dato solo come risultato di una migliore tecnica diagnostica, ma ciò è anche frutto di una influenza negativa da parte dell’ambiente sul nostro organismo. Il trattamento integrato parte proprio da una vera prevenzione e protezione con atteggiamenti alimentari e stili di vita da cambiare. Nel caso di patologia neoplastica il nostro approccio varia perché la prima cosa da fare è la personalizzazione della terapia: farmacogenomica per scegliere la chemioterapia adeguata (DPD; GST-P1-M1); uso di sostanze naturali per aumentare la risposta della chemioterapia (Curcumina, Indolo-3-Carbinolo, Suforafano); sostanze naturali per lo stimolo del sistema immunitario (Polidatina, Micoterapia, Vischio); nutrigenomica per utilizzare l’alimentazione come aiuto alla chemioterapia; sostanze naturali per la prevenzione vera (Bromelina, Lactoferrina, Epigallocatechina Gallato). Dobbiamo aiutare il nostro organismo a rispondere in maniera adeguata a ciò che ci circonda, perché questo può influenzare negativamente sul nostro genoma.

20

L’AGOPUNTURA: IL CONTROLLO DEGLI EFFETTI COLLATERALI NEL CARCINOMA DELLA MAMMELLA Franco Cracolici Direttore Scuola di Agopuntura Tradizionale “Città di Firenze”, Firenze

L’agopuntura e la medicina cinese costituiscono una risorsa utile e sempre più impiegata nel trattamento delle sequele del calcinoma post mastectomizzato. La vasta esperienza degli ospedali statunitensi e le linee guida inglesi e americani concordono con i risultati di efficacia indicati da O.M.S. e N.I.H.: da qui si evince che alcuni protocolli sono sistema di ausilio sempre più impiegato in accordo con la medicina ortodossa. Questa relazione vuole indicare, come in caso di xerostomia, nausea e vomito post chemioterapico, neutropenia, vampate di calore e come di recente evidenziato allo Sloan-Kettering di New York linfedema degli arti superiori, siano problematiche approcciabili in modo sinergico e affiancativo. L’Ospedale di Medicina Integrata di Pitigliano tramite il suo team ha adoperato protocolli complessi nei quali si è aggiunto ai punti classici internazionali alcuni punti relativi a microsistemi ausiliari ed i risultati raggiunti sono incoraggianti. Verranno quindi citati le evidenze di efficacia (cochrane) con i punti impiegati in ambito pubblico e le proposte di protocollo elaborate dal nostro team.

21

TERAPIE A BERSAGLIO: NEOPLASIE DEL COLON E DEL POLMONE Giovanni Palazzoni Specialista in Radioterapia Oncologica Prof.Aggregato presso il dipartimento "Scienze Radiologiche e Bioimmagini" Un. Cattolica del S. Cuore - Complesso Integrato Columbus L’individuazione di mutazioni genetiche all’interno del DNA delle cellule neoplastiche ha portato all’individuazione di prodotti anomali- proteine della mutazioni stesse: tali proteine sono stati “visti” come “bersagli” di una nuova categoria di farmaci. L’idea di poter individuare dei “bersagli” sulla superficie delle cellule neoplastiche e/o all’interno di queste ha coinciso con l’idea di poter avere a disposizione terapie altamente efficienti ed a basso impatto umano. Questi bersagli sono rappresentati da proteine o complessi proteici che svolgono varie funzioni nella regolazione del metabolismo cellulare, nella moltiplicazione, nella specializzazione cellulare e nell’apoptosi. Queste funzioni risultano singolarmente ma più spesso globalmente ed a vari livelli dis – regolate nelle cellule tumorali. La “costruzione” di farmaci che vadano a colpire selettivamente alcuni punti, bersagli, dei meccanismi che presiedono alla dis – regolazione ha permesso un primo passo nella direzione di terapie selettive di re – induzione epigenetica. Tuttavia i “bersagli” individuati e attualmente sfruttabili rappresentano solo un numero limitato di punti d’attacco per una terapia target che re - induca in modo epigenetico una correzione post – trascrizionale. Le neoplasia derivanti da tessuti differenti hanno bersagli differenti poiché si avvalgono di strategie di omeostasi e di crescita differenti. Attraverso l’esame delle proteine, individuate nelle neoplasie del colon, e dei meccanismi di resistenza a farmaci che vadano a colpire queste proteine anomale “bersagli”, individuati nelle neoplasie del polmone NSC, cercheremo di tracciare le prospettive emergenti dall’uso estensivo, al di la degli studi, di questi nuovi farmaci.

22

IL PUNTO DI VISTA CON APPROCCIO INTEGRATO NEL TUMORE DEL COLON. Giuseppe Di Fede Direttore Scientifico e Sanitario, Istituto di Medicina Biologica, Milano

Lo stato nutrizionale del paziente con neoplasia del colon, influenza il decorso clinico e la prognosi del tumore. La malnutrizione si associa infatti a ridotta qualità di vita, maggiore incidenza di reazioni avverse legate alla terapia, ridotta risposta alla terapia da parte del tumore, ridotta sopravvivenza. L’approccio del medico dovrebbe essere orientato al ripristino della capacità La malnutrizione, avvalendosi di strumenti diagnostici come la Farmacogenomica per lo studio della compatibilità ai chemioterapici, la Nutrigenomica come guida nutrizionale sia durante la malattia che come prevenzione delle recidive. La terapia integrata con principi attivi fitoterapici anti tumorali durante la malattia e la terapia. La chemio prevenzione sempre con fitoterapia specifica durante il follow up e probabilmente per tutta la vita. Nei pazienti malnutriti e più frequente l’interruzione, temporanea o definitiva, dei cicli di chemioterapia, e l’insorgenza di tossicità dose-correlata più severa.

23

L’AGOPUNTURA NEL SOSTEGNO DEL PAZIENTE CON TUMORE DEL COLON-RETTO Giuseppe Lupi, Manuela Cormio Presidente S.I.R.A.A., Società Italiana di Riflessoterapia , Agopuntura e Auricoloterapia

Docente Scuola Agopuntura C.S.T.N.F., Torino

Ambulatorio di Agopuntura per il trattamento dell’iperemesi gravidica e degli effetti collaterali

della chemioterapia- Ospedale Umberto Parini, Aosta

L’agopuntura, terapia medica nata più di tremila anni fa, consiste nell’infissione di sottilissimi aghi in determinati punti cutanei e nella stimolazione delle zone interessate; agisce attivando meccanismi nervosi e bioumorali per riequilibrare quelle funzioni alterate dell’organismo che stanno alla base della malattia. La stimolazione delle afferenze somatiche dalla cute e dai tessuti sottostanti produce dei riflessi di risposta nelle funzioni viscerali attraverso le efferenze nervose. Molte sono le patologie in cui è indicata l’Agopuntura, in certi casi come terapia elettiva in altri come parte di un piano terapeutico integrato. Il sistema digerente, proprio in virtù della sua ricca innervazione, risponde molto bene all’agopuntura e le numerose validazioni scientifiche internazionali hanno portato all’inserimento di questa terapia medica in diversi protocolli terapeutici. In campo oncologico, ed in particolare nel sostegno del paziente portatore di carcinoma del colon-retto, l’agopuntura non viene ovviamente utilizzata per la cura del tumore stesso, ma soprattutto per la terapia dei sintomi legati alla patologia e alla chemioterapia. Numerosi studi hanno dimostratol’efficacia dell’agopuntura nel migliorare la qualità della vita del paziente e nel controllo del dolore, ma in campo gastroenterologico le maggiori ricerche sono state effettuate per il controllo della nausea e del vomito, dellastipsi, della diarrea e dell’ileo postoperatorio. Gli autori presenteranno le basi neurofisiologiche e neuroanatomiche dell’agopuntura nelle affezioni funzionali intestinali e discuteranno i più recenti lavori scientifici presenti in letteratura. La modulazione del sistema neurovegetativo per mezzo dell’agopuntura sembra essere il cardine della terapia dei disturbi intestinali e questa terapia, priva di effetti collaterali e apprezzata dai pazienti, si è dimostrata un valido aiuto nel controllo dei sintomi nei pazienti oncologici.

24

TERAPIE DI AVANGUARDIA NEL TRATTAMENTO DEL TUMORE DEL POLMONE IN AMBITO RADIOTERAPICO Giancarlo Beltramo Direttore “Cyberknife” Centro Diagnostico Italiano, Milano

La radioterapia rappresenta, insieme alla chirurgia e alla chemioterapia , una tra le modalita’ terapeutiche piu’efficaci nella cura dei pazienti affetti da tumore.

Gli eccellenti risultati clinici recentemente conseguiti dalla radioterapia sono fortemente correlati allo sviluppo di tecniche di irradiazione quali la radioterapia conformazionale (3D CRT) (Read G. et al: Clin Oncol 1998; 10: 288-96) e piu’ recentemente la radioterapia ad intensita’ modulata (IMRT) (Kuijper EL et al: Medical Dosimetry 2007, vol 32; 237-245) tecniche che permettono una migliore erogazione e conformazione della dose al volume bersaglio neoplastico, una minore irradiazione dei tessuti sani circostanti, prerogativa di un miglior controllo locale di malattia, di una minore tossicità e di una migliore qualità della vita per il paziente.

Sebbene L’High Technology in radioterapia abbia permesso di conseguire ottimi risultati nel controllo locale di malattia e nella sopravvivenza dei pazienti affetti da tumore , ad oggi la corretta riproducibilita’ del trattamento radioterapico rappresenta l’ultima frontiera nell’ambito della ricerca tecnologica in radioterapia. L’accuratezza della riproducibilita’ giornaliera del trattamento radioterapico dipende, in parte, sia dalla capacita’ di riprodurre quotidianamente la posizione del paziente prima della seduta di rt (errori di set up), sia dalla capacita’ di verificare e correggere gli spostamenti del target neoplastico durante la seduta di rt (intrafractional motion) e gli spostamenti del target neoplastico tra la seduta di rt e la successiva (interfractional motion) La necessita’ di migliorare l’accuratezza del trattamento radioterapico ha recentemento condotto allo sviluppo di apparecchiature di radioterapia in grado di eseguire dei trattamenti terapeutici radioterapici guidati dalle immagini (IGRT) (Amies C et al: Medical Dosimetry 2006, vol 31: 12-19.

Il principale obiettivo degli apparecchi di radioterapia in grado di eseguire un trattamento guidato dalle immagini e quello di ridurre significativamente il margine di sicurezza applicato attorno al bersaglio neoplastico senza compromettere allo stesso tempo il trattamento radioterapico proposto. Gli acceleratori di nuova generazione sono dotati di accessori dedicati alla verifica del corretto posizionamento del bersaglio e dotati di accessori in grado di monitorare e modificare l’erogazione del fascio di radiazione a seconda della reale posizione del tumore e dei tessuti sani adiacenti durante la seduta di radioterapia. Il tumore del polmone ad oggi è la prima causa di morte negli uomini e la seconda nelle donne. Il progresso della diagnostica per immagini, le campagne di prevenzione e la maggiore sensibilità della popolazione consentono sempre più frequentemente di diagnosticare la malattia in fase precoce: in questa categoria di pazienti la chirurgia, che rappresenta il trattamento terapeutico di scelta, è in grado di ottenere tassi di controllo locale della malattia nell’80% dei casi e sopravvivenza dei pazienti pari al 60-70% a 5 anni. Nei pazienti non candidabili a un intervento chirurgico la chemioterapia e la radioterapia convenzionale hanno conseguito risultati deludenti. I recenti sviluppi della tecnologia ed i continui progressi nell’ambito della fisica e dell’informatica, hanno consentito lo sviluppo di tecniche di radioterapia altamente sofisticate volte all’utilizzo di elevate dosi di radiazioni indirizzate al volume bersaglio contestualmente alla riduzione della dose ai tessuti-organo non bersaglio con il relativo miglioramento nel rapporto rischio-beneficio e della tossicita’ del trattamento Il recente sviluppo di dispositivi tecnologici dedicati alla radioterapia, associati al perfezionamento degli studi di imaging, e a una maggiore comprensione degli effetti biologici a breve e a lungo

25

termine delle dosi somministrate al tumore del polmone, ha condotto a un notevole miglioramento dei risultati clinici. In questo ambito la radioterapia ipofrazionata con Cyberknife rappresenta una nuova soluzione terapeutica nell’ambito dei trattamenti convenzionali per la cura del carcinoma clinicamente localizzatoe avanzato del polmone in quanto, utilizzando la tecnologia robotica e un avanzato sistema di guida basato sulle immagini, rende possibili interventi radiochirurgici senza la necessità di utilizzare presidi di immobilizzazione invasivi. Inoltre questo tipo di trattamento offre vantaggi potenzialmente molto interessanti in quanto la minima esposizione alle radiazioni dei tessuti sani adiacenti e il regime ambulatoriale permettono al paziente di organizzare il proprio tempo libero con il minimo disturbo nelle attività della vita quotidiana. I recenti dati presenti in letteratura hanno evidenziato come un trattamento radiochirurgico condotto tramite Cyberknife ottenga un beneficio clinico per i pazienti affetti da tumore localizzato del polmone superiore non solo al trattamento radioterapico convenzionale (3D-CRT o IMRT), ma anche, in casi selezionati, alla stessa chirurgia.

26

TERAPIA INTEGRATA NEL TUMORE POLMONARE

Walter Legnani Spec. Oncologia Medica-Clinica Madonnina, Membro SIMA, Milano

Il tumore polmonare rappresenta da vari decenni l’esempio più tipico di neoplasia passibile di prevenzione, mentre i vari programmi di screening per la diagnosi precoce non sono mai approdati ad evidenza sufficiente a renderli pratica corrente. La possibilità di prevenzione è legata all’evidenza del fumo di sigaretta come fattore di rischio determinante e, se pure in minor misura, all’inalazione di inquinanti, in parte ambientali e in parte da esposizione professionale. La dimostrazione dell’efficacia della prevenzione sta nella curva di incidenza della neoplasia degli ultimi decenni, che mostra una tendenza al decremento per il sesso maschile a fronte tuttora di un aumento nel sesso femminile. La spiegazione è ancora appunto l’esposizione al fumo. Oltre alla modificazione delle abitudini di vita a questo riguardo, la ricerca va indagando quali altri fattori preventivi possano esistere. Oltre a quelli comunemente citati come adiuvanti immunitari nella logica di pensiero PNEI (esercizio costante, gestione dello stress, quindi tecniche di rilassamento e di equilibrio mente-corpo), un ruolo importante è rappresentato dai costituenti dietetici. Anche in questo campo, oltre a quelli classici (ridotto consumo di zucchero, di carne rossa, di latticini e grassi animali in genere; uso basilare nella dieta di cereali, frutta e verdura stagionale), la letteratura offre una serie di studi sull’integrazione con costituenti aggiuntivi: citiamo i carotenoidi, il selenio, sostanze ad effetto antiossidante e immunoadiuvante come la curcuma, la papaya, il tè verde, gli antociani, il resveratrolo e altri. La relazione mira a illustrare gli studi specifici riguardanti il tumore polmonare e a illustrane il diverso grado di evidenza. Un altro capitolo importante è quello della possibilità di terapie integrate in presenza di malattia durante terapia medica (neoadiuvante nelle forme localmente avanzate oppure nelle forme diffuse). In questa situazione, tradizionalmente considerata a cattiva prognosi, l’integrazione terapia medica – radioterapia – chirurgia ha creato di per sé un aumento delle risposte terapeutiche e delle possibilità di lunga sopravvivenza. Per quanto riguarda la terapia medica convenzionale va detto che negli ultimi anni si è assistito a una ulteriore differenziazione tra le diverse istologie del tumore, con implicazioni pratiche. Se fino a un decennio fa la distinzione veniva fatta fra carcinoma “a piccole cellule” (c.d. microcitoma) e “non a piccole cellule” (ca. spino cellulare, adenocarcinoma e ca. a grandi cellule), attualmente nella istologia adenocarcinoma sono stati individuati diversi assetti recettoriali di membrana che hanno aperto la strada a nuovi tipi di terapia biologica. Si tratta soprattutto di ricercare recettori del tipo EGFR mutati, traslocazioni ALK, considerare la presenza di VEGF. Oltre alla classica chemioterapia per questa forma (cis o carboplatino, taxani, pemetrexed, gemcitabina, vinorelbina e altri), in caso di positività nella ricerca recettoriale hanno trovato posto terapie biologiche quali gefitinib, erlotinib, crizotinib oppure anti-angiogenetici quali il bevacizumab. La tossicità, meno eclatante rispetto alla mielo, neuro, nefro ed epatotossicità dei chemioterapici convenzionali, rimane comunque un elemento di un certo peso: oltre alla fatigue spesso non inferiore alla fase chemioterapica, compaiono spesso alterazioni cutanee e tossicità d’organo di vario tipo. Per quanto riguarda le altre categorie istologiche (ca. epidermoide, grandi cellule e anche nel ca. a piccole cellule) il trattamento è essenzialmente ancora di tipo chemioterapico (ancora platini, taxani, gemcitabina, vinorelbina, etoposide nel microcitoma). È vero che nelle forme a piccole come in quelle a grandi cellule si assiste da tempo a una progressiva caratterizzazione in senso neuro-endocrino, con alcune variazioni terapeutiche consequenziali. Nella fase terapeutica la letteratura complementare individua alcune sostanze in grado di ridurre gli effetti tossici e quindi di contribuire a una miglior qualità di vita e perfino a una maggior

27

praticabilità della chemioterapia. Tra quelle maggiormente studiate possiamo citare il Viscum album, I funghi come Shitake e Maitake, oltre agli elementi a influsso immunitario positivo sopra citati. Un capitolo importante è rappresentato dall’apporto delle sostanze antiossidanti e fitoterapiche che possono ad esempio essere neuro o epatoprotettive. Compito della relazione è anche in questo caso discriminare il grado di attendibilità degli studi a fronte di una notevole mole di dati incontrollata presente sul web. Vanno aggiunti infine come interventi terapeutici potenzialmente utili in fase di terapia medica o radioterapica alcune terapie non farmacologiche: citiamo tra le varie l’agopuntura, l’ipertermia, le terapie artistiche, lo yoga, il thai chi, l’euritmia, la meditazione, il sostegno psicologico e spirituale in generale. Senza tralasciare le indicazioni dietetiche più indicate e specifiche per la fase chemioterapica. Verranno esaminati studi che definiscono quanto i trattamenti integrati influiscano sulla qualità della vita e sulla compliance dei pazienti ai trattamenti convenzionali. Nell’ambito di questi studi sono segnalati, oltre al miglioramento qualitativo, anche riscontri positivi sulla sopravvivenza. A dimostrazione di quanto abbiano senso nel progetto di cura anche rimedi o procedimenti di per sé non direttamente da considerarsi anti-tumorali, ma mirati a favorire e sostenere lo stato metabolico e l’equilibrio personale in generale. Nel tumore polmonare dunque, come in altri tipi di neoplasia, l’integrazione terapeutica, lungi dal voler illudere circa l’esistenza di “alternative” ai metodi convenzionali, si pone come sostegno al paziente a far sì che il periodo di terapia sia il più possibile un tempo vivibile, in cui elaborare senso e motivazioni al cambiamento.

28

OMEOPATIA E TUMORI POLMONARI Elio Rossi Responsabile Ambulatorio di Medicine complementari e alimentazione in Oncologia-UO

Oncologia-ASL 2, Lucca

Nei paesi industrializzati l’omeopatia è utilizzata per lo più come terapia complementare dei protocolli oncologici convenzionali allo scopo di contrastarne gli effetti avversi. La terapia omeopatica delle varie forme di tumore non è ancora stata convalidata con studi clinici randomizzati e controllati e sono disponibili anche pochi studi osservazionali. E’ quindi sostanzialmente l’esperienza clinica di oltre 2 secoli che definisce la possibilità di un intervento omeopatico a integrazione delle cure convenzionali. I dati pubblicati su riviste indicizzate, ancora insufficienti, riguardano nello specifico l’applicazione del cosiddetto “Protocollo Banerji”. Questo metodo che rappresenta una consolidata ultratrentennale esperienza basata su decine di migliaia di casi clinici trattati e un minimo di documentazione scientifica, per quanto ancora del tutto insufficiente per dimostrare l’efficacia del trattamento proposto, si basa sulla somministrazione in diluizioni ultramolecolari di sostanze normalmente somministrate in omeopatia e prevede la prescrizione di rimedi specifici per le singole tipologie di tumore. Secondo il protocollo Banerji, la prima linea di trattamento del tumore del polmone include Kali carb. 200CH a mattine alterne, Thuja occ. 30CH 2 volte al giorno, Kali muriaticum 3DH e Ferrum phos. 3DH 2 volte al giorno. La seconda linea di trattamento prevede Carbo animalis 200CH, 2 volte al giorno, Bryonia alba 30CH e Aconitum napellus 200CH, 2 volte al giorno. Per i sintomi correlati, in caso di tosse, si somministra Bryonia 30CH, Aconitus 200CH insieme con Kali carb., Thuja e Ferrum phos. Emottisi: Ferrum phos. 3DH 5 volte in caso di bisogno. Versamento pleurico: Lycopodium 30CH 3 volte al giorno. Altre studi sono stati pubblicati che riguardano un approccio individualizzato (classico) al trattamento del paziente oncologico. In uno studio recente (Gaertner et al. 2014) per esempio è stata valutata l’associazione dell’omeopatia al trattamento convenzionale presso l’Ambulatorio di omeopatia della Facoltà di Medicina di Vienna. Lo studio retrospettivo ha analizzato nello specifico la sopravvivenza dei pazienti oncologici: i criteri di inclusione allo studio erano almeno 3 visite omeopatiche, prognosi fatale di malattia, descrizione dei dati quali-quantitativi dei pazienti e tempo di sopravvivenza. Nel corso di 4 anni sono stati registrati i dati di 538 pazienti, di cui il 62,8% donne e di questo circa il 20% con tumore della mammella. Del 53,7% (287) dei pazienti che avevano avuto almeno 3 visite omeopatiche in 4 anni, 54 (18,7%) rientravano nei criteri per l’analisi della sopravvivenza. Le neoplasie esaminate sono state glioblastoma, tumore del polmone,

carcinoma del pancreas e colangiocarcinoma, sarcoma metastatizzato e carcinoma renale. La sopravvivenza media generale, comparata con le aspettative di oncologi esperti e con gli outcome di sopravvivenza per ogni tumore riportati in letteratura, è stata più lunga in tutte le tipologie di tumore osservate (p<0.001). Più della metà dei pazienti (65%) aveva tempi di sopravvivenza pari o superiori a quelli riportati in letteratura per soltanto il 20% di pazienti di quella tipologia di tumore. La significatività dei risultati è stata determinata con il test di Wilcoxon; i risultati delle analisi erano significativi per i tumori nel loro insieme (p<0.001), ma anche per colangiocarcinoma (p=0.043), glioblastoma (p=0.043) e sarcoma metastatizzato (p<0.001). La sopravvivenza a 3 anni era superiore in tutte le tipologie di tumore rispetto a quanto riferito in letteratura, tranne che per il tumore del polmone non a piccole cellule. La sopravvivenza più lunga era correlata in modo positivo con la frequenza della terapia omeopatica, anche se questo rapporto non è stato mantenuto coerentemente in tutti i gruppi. Gli autori hanno definito interessante il maggior tempo di sopravvivenza di questo gruppo di

29

pazienti oncologici con prognosi fatale in trattamento aggiuntivo con omeopatia individualizzata. Complessivamente questi dati fanno pensare a processi neuroimmonologici mediati o modulati positivamente dalle CAM che potrebbero influire su crescita e propagazione del tumore. Si tratta però di risultati ascrivibili a un piccolo campione proveniente da un’unica clinica, con dati su pazienti e trattamento limitati. Per questo motivo, conclude lo studio, occorre in futuro esplorare il rapporto fra terapia omeopatica e sopravvivenza dei pazienti oncologici con studi prospettici condotti su campioni più ampi, possibilmente randomizzati, valutando anche l’impatto sulla qualità della vita.

30

IV Sessione

CASISTICA E RICERCA IN ONCOLOGIA

Moderatore: Stefania Meschini

IMMUNOTERAPIA DEL PAZIENTE ONCOLOGICO CON LIEVITI, MUFFE E FUNGHI MEDICINALI Monica Di Lupo Spec. Medicina dello Sport, Pisa

L'intento principale della terapia oncologica integrata è quello di potenziare le difese immunitarie e la reattività organica, modulando i fattori producenti le modificazioni epigenomiche di tipo degenerativo. I/fine terapeutico di questo approccio combinato è quello di arrestare la proliferazione tumorale e reindirizzare ai meccanismi naturali di apoptosi le cellule alterate irreparabilmente, contrastare i danni ossidativi prodotti da malattia, chemio e radioterapia. Con l'utilizzo razionale degli estratti macrofungini (funghi medicinali) e microfungini (lieviti e muffe) si intende approcciare il paziente (non solo la malattia!). Il bersaglio di questo approccio terapeutico sono le cellule immunitarie (macrofago e linfocita, in particolare) per le loro potenzialità di network psico-neuro-endocrino e per le capacità di sintesi e di ricezione dei segnali cellulari autocrini, paracrini, endocrini e neurogeni. In pratica si utilizzano sostanze di origine sia microbiologica che micologica alfine di ottenere la modulazione e il potenziamento delle risposte IMMUNITARIE. Si utilizza, cioè, una strategia terapeutica conforme a quella fisiologica per arrivare a modificare sistemi complessi non direttamente bersagliabili da un intervento di attivazione o inibizione specifico, ma che diventano oggetto, indiretto, di modificazioni positive di adattamento e modulazione psiconeuro-endocrino-immunitarie. Questo in virtù degli stretti rapporti di cooperazione, interazione e auto-regolazione reciproca, tipica dei SISTEMI BIOLOGICI ORGANO-CELLULARI INTEGRATI. MICOLOGIA FARMACEUTICA APPLICATA all'ONCOLOGIA INTEGRATA: Nel regno dei funghi vengono normalmente inseriti sia i micro funghi (lieviti e muffe) che i macro funghi (basidiomicetj e ascomiceti),fra cui i funghi medicinali. I lieviti sono organismi unicellulari e microscopici a differenza di muffe efunghi a cappello che invece sono pluricellulari e macroscopici. I principali fautori molecolari ad effetto immuno-farmacologico presenti nei funghi e approfonditamente studiati per gli usi PONDERALI in oncologia sono essenzialmente- -POLISACCARIDI di STRUTTURA (a- e /3-glucani) - TRITERPENOIDI Le proprietà terapeutiche evidenziate sperimentalmente, ma variabili per la vasta differenziazione biochimica, sono inquadrabili nei seguenti punti cardine: - IMMUNOMODULAZIONE delle risposte infiammatorie cronico-degenerative; - Potenziamento della SORVEGLIANZA immunitaria innata e adattativa citotossica (CD8+); - Potenziamento dell'immunità Th-1 (sorveglianza anti-tumorale, effetto anti-allergico, prevenzione delle reazioni autoimmuni); - Effetto CITO TOSSICO diretto e selettivo sulle cellule cancerose; - Ripristino dei meccanismi APOPTOTICI naturali; - Inibizione dei meccanismi invasivi proteasi-dipendenti (metastatizzazione) e della NEOANGIOGENESI tumorale; - Interazione con i FATTORI DI TRASCRIZIONE NUCLEARE implicati nell'attivazione di citochine, chemochine, metalloproteasi, prostaglandine, iNO, fattori di crescita, ecc. - Regolazione del metabolism° ENERGETIC°, catabolic° e iperinsulinemico nei pazienti oncologici Nell'ambito micro organic° (muffe, si ritrovano akuni del precedenti immuno-induttori farmacologici, presenti anche nei macro funghi, ma utilizzati a diluizioni di REGOLAZIONE del segnali cellulari. Per le clifferenti funzionalità regolatorie e le diverse forme molecolari micro fungine possiarno

33

riconoscere le seguenti strutture micro-immuno-farmacologiche: •Apteni polisaccaridici di potenziamento e modulazione immunitaria; •Lisati cellular' fungini (acidi nucleic', lipidi, proteine, glucani, mannam) con funzione mimetica sovrapponibile ai PAMPs (sequenze molecolari associate ai patogem) e DAMPs (sequenze molecolari associate al danneggiamento cellulare); •Forme fungine eubiotiche di regolazione; L'uso combinato di rimedi ad alta concentrazione ponderale specifica peril potenziamento e la modulazione dei sistemi immunitari e di rimedi a basso diluizione con finalità di "regolazione" del segnali cellulari, favorisce ii sinergismo e la compliance terapeutica nel paziente oncologico con cornplicazioni infettive e cataboliche.

34

LA MEDICINA FUNZIONALE COME PREVENZIONE IN ONCOLOGIA Antonio Sacco Centro di Medicina Generale e Integrativa, Casablanca (Marocco)

Nell'ottica di un Oncologia Integrata che unisce alle conoscenze mediche tradizionali nuove procedure diagnostiche e terapeutiche derivanti dalla biologia molecolare, dalla genetica, dalla farmacogenomica e nutrigenomica, nonché dalle medicine non convenzionali, la prevenzione riveste un ruolo di fondamentale importanza. Infatti permette sia l'identificazione dei fattori di rischio in soggetti sani o in ABS che non presentano sintomi, sia diagnosi precoci in soggetti con antecedenti familiari o in fase subclinica, sia il follow up per il controllo delle recidive in soggetti in fase di remissione. A tale scopo si utilizzano conoscenze derivanti dalla Medicina Funzionale che focalizza il suo intervento prevalentemente sulla persona e non solo sulla malattia, va alla ricerca delle cause scatenanti e non solo di sopprimere i sintomi, approfondendo ricerche sulla biochimica e la fisiologia umana per rendere la Medicina preventiva, predittiva e personalizzata. Cardini fondamentali della Medicina Funzionale sono: - l'approccio olistico con la diagnosi funzionale che tiene conto di tutti i disturbi del paziente e di tutta la sua storia precedente la malattia - l'individualità biochimica, punto centrale della Medicina Funzionale. Ogni individuo presenta caratteristiche uniche che gestiscono non solo le attività volontarie, come la capacità decisionale e le risposte emozionali, ma anche le attività involontarie, come il metabolismo dei nutrienti e la risposta adattativa allo stress ed ai fattori ambientali. Da ciò la necessità di creare un percorso diagnostico e terapeutico specifico ed unico per ogni individuo. - la salute intesa come vitalità positiva e non come semplice assenza di malattie o sintomi. (vedi definizione OMS) Questa valutazione si avvale di: - raccolta dati e questionari - anamnesi rivolta alla ricerca di a) antecedenti o fattori preesistenti alla malattia (Diatesi) b) triggers o fattori scatenanti in grado di attivare i mediatori quiescenti c) mediatori o sostanze in grado di provocare sintomi o danni tessutali - visita medica che focalizza l'attenzione contemporaneamente su struttura posturale, biochimica e psiche - scelta delle analisi funzionali mirate ad hoc per l'individuo in quel preciso momento. Negli ultimi decenni si sono ottenuti straordinari progressi nello sviluppo di esami di laboratorio per la diagnosi delle malattie; purtroppo tale lavoro si è concentrato soprattutto sui processi patologici e non sulle anomalie fisiologiche prima che esse diventino vere e proprie patologie. Non esistono infatti o non sono di routine test per valutare il metabolismo, lo stato nutrizionale, lo stile di vita, la fisiologia e la salute dei pazienti. I pochi test esistenti tendono a misurare valori assoluti, piuttosto che indici funzionali e generalmente indicano valori anomali solo dopo che si sono sviluppate disfunzioni gravi. Tra i tests più utilizzati per la valutazione dello stato nutritivo e delle varie funzioni fisiologiche e che hanno ottenuto conferma nella letteratura scientifica vi sono: - Analisi digestiva completa delle feci (CDSA)

35

- Test di permeabilità intestinale - Breath test al Lattulosio per l'ipercrescita batterica intestinale - Profilo degli acidi grassi - Dosaggio delle IgA salivari - Test per allergie alimentari tramite dosaggio IgG con metodo ELISA - Profilo della detossificazione epatica - Test degli acidi biliari (SBA) che indaga i disturbi funzionali epatici - Analisi minerale tissutale del capello - Analisi per lo stress ossidativo - Profilo metabolico disglicemico - Dosaggio ormonali salivari - Valutazione dei metalli pesanti - Valutazione della funzione immunitaria A livello metabolico é così possibile personalizzare il piano nutrizionale terapeutico tenendo conto della tipologia ossidativa lenta o veloce dell'individuo in quel momento predisponendo il soggetto ad una migliore compliance a tutti gli interventi terapeutici Solo agendo sulle cause e valutando il soggetto nel suo insieme sará possibile prevenire l'insorgenza di molte malattie cronico degenerative

36

LIPOSOMI CATIONICI CONTENENTI LA SOSTANZA NATURALE VOACAMINA PER L’OTTIMIZZAZIONE DELLA CHEMIOTERAPIA Maria Condello (a,b), Barbara Altieri (c), Luisa Giansanti (c), Giovanna Mancini (a), Stefania Meschini (b)

(a) Istituto di Metodologie Chimiche, Consiglio Nazionale delle Ricerche CNR, Roma

(b) Dipartimento di Tecnologie e Salute, Istituto Superiore di Sanità, Roma

(c) Dipartimento di Scienze Chimiche e Fisiche, Università dell’Aquila, L’Aquila

La maggior parte dei tumori presenta una scarsa sensibilità agli agenti chemioterapici risultando, quindi, difficilmente aggredibili con i tradizionali trattamenti farmacologici. L’uso di sostanze naturali da integrare alla chemioterapia convenzionale e l’applicazione di liposomi come sistema di drug delivery sono tra le più importanti strategie adottate in campo biomedico. Studi in vitro hanno dimostrato che la voacamina (VOA), un alcaloide bisindolico isolato dalla pianta Peschiera fuchsifoliae, chemiosensibilizza le cellule tumorali farmacoresistenti alla doxorubicina (DOX), inibendo la P-glicoproteina (P-gp), la principale pompa di efflusso responsabile della farmacoresistenza (Meschini et al., 2005; Condello et al., 2014). L’incapsulamento della VOA in liposomi favorisce la sua solubilità in acqua, aumentando l’accumulo nei tessuti-bersaglio e riducendo quello nei tessuti sani. La VOA è stata inclusa nei liposomi composti dal DOPC (1,2-dioleoil-sn-glicero-3-fosfocolina), gemini come tensioattivo e colesterolo, mediante la tecnica di caricamento a gradiente di pH. L’analisi citofluorimetrica ha dimostrato che queste formulazioni entrano nelle cellule resistenti di osteosarcoma (U-2/OS DX) formando dei pori transienti nella membrana plasmatica che presto riprende la sua funzionalità. L’accumulo del chemioterapico DOX era maggiore nelle cellule pre-trattate con VOA inclusa nei liposomi rispetto a quelle pre-trattate con VOA libera. Il saggio di vitalità cellulare ha dimostrato l’inibizione della crescita di circa il 10% nelle cellule pre-trattate con VOA caricata nei liposomi rispetto a VOA libera. Le osservazioni in microscopia ottica hanno dimostrato che le cellule farmacoresistenti di osteosarcoma trattate prima con i liposomi contenenti VOA e successivamente con DOX erano irreversibilmente danneggiate rispetto alle cellule pre-trattate con VOA libera e DOX. I saggi di funzionalità della P-gp, infine, hanno dimostrato che i liposomi non alterano l’attività della pompa, e che la VOA caricata in liposomi inibisce la P-gp in maniera analoga alla VOA libera. Complessivamente questi risultati dimostrano che l'incapsulamento della VOA nei liposomi migliora il delivery della sostanza naturale nelle cellule tumorali resistenti ed il suo effetto chemio sensibilizzante.

37

L’UTILIZZO DELLA MINDFULNESS IN PSICONCOLOGIA. Elisa Nesi Psicologa, Psiconcologa, Ce.Ri.On. Firenze, Lilt Firenze, C.D. Sipo Toscana, Università Popolare

Arezzo

L’intervento porterà in primo piano l’utilizzo della Mindfulness con Pazienti Oncologici. In particolare,sarà riportato uno studio pilota condotto al Ce.Ri.On di Firenze. Razionale dello Studio/Premessa: Il Protocollo di Ricerca è volto ad indagare l’efficacia di interventi complementari in Oncologia per la riduzione del distress condotto su pazienti in Riabilitazione Oncologica. L’intervento utilizza la Meditazione Mindfulness. La Mindfulness è uno

stato mentale, una modalità dell’essere, non orientata a scopi, il cui focus è permettere al presente

di essere com’è e permettere a noi di essere, semplicemente, in questo presente.

Gli obiettivi: Lo studio si propone di indagare l’impatto di un corso di meditazione Mindfulness (protocollo MBSR): meditazione e mindful yoga che combina esercizi di postura, respirazione e rilassamento. Il lavoro mette in luce come interventi di MBSR con pazienti oncologici possa essere parte integrante di un percorso di RIABILITAZIONE. Questa, intesa come riabilitazione olistica, è finalizzata al prendersi cura momento per momento.

38

ALOE-EMODINA: VALIDITÀ DELL’USO Colone Marisa (a), Calcabrini Annarica (a), Giuliani Chiara (b, c), Altieri Barbara (b), Fratini Emiliano (a), Anello Pasquale (a), Tortora Mariarosaria (d), Bombelli Cecilia (b), Cavalieri Francesca (d), Mancini Giovanna (b), Stringaro Annarita (a) (a) Dipartimento di Tecnologie e Salute, Istituto Superiore di Sanità, Roma

(b) CNR, Istituto di Metodologie Chimiche, Dipartimento di Chimica “Sapienza”, Università di

Roma

(c) Dipartimento di Scienze Fisiche e Chimiche, Università dell’Aquila, L’Aquila

(d) Dipartimento di Scienze e Tecnologie Chimiche, Università di Roma Tor Vergata, Roma

I composti di origine naturale sono tradizionalmente utilizzati per il trattamento di varie malattie. I nostri studi sono stati rivolti verso tali sostanze con l’obiettivo di sviluppare nuovi farmaci antitumorali con un’alta selettività per le cellule tumorali ed una bassa tossicità per quelle normali (che come è noto possiedono un basso indice di proliferazione). Recentemente, il nostro gruppo di ricerca ha studiato l’attività dell’aloe emodin, un antrachinone presente nel parenchima delle foglie di alcune specie di Aloe, che induce effetti citotossici nei confronti di varie linee cellulari tumorali umane, come altri studi scientifici hanno evidenziato. Il cancro al seno è il tumore più frequentemente diagnosticato nelle donne: nel 7% dei casi esse hanno un’età al di sotto dei 40 anni mentre il 4% un’età inferiore ai 35. Nelle donne molto giovani questo tumore può considerarsi raro. Il tumore al seno è una malattia eterogenea che presenta molti sottotipi basati sui diversi livelli di espressione sia del recettore del progesterone, sia di quello per gli estrogeni e del recettore 2 del fattore di crescita dell’epidermide (HER-2/neu). Numerosi dati di letteratura indicano che l’aloe emodin presenta un’alta affinità per le cellule del tumore del seno ed esercita anche un’azione immunostimolante sulle cellule del sistema immunitario (1). Nel presente studio abbiamo utilizzato una linea cellulare umana di adenocarcinoma mammario (SKBR3). I risultati ottenuti mediante varie tecniche di laboratorio (MTT test, studio del ciclo cellulare associati a studi ultrastrutturali) hanno dimostrato che l’aloe emodin esercita un’azione antiproliferativa nei confronti della linea SKBR3. In virtù di questi risultati sono in corso nuovi esperimenti per valutare ed aumentare l’efficienza di trasporto (delivery) di questa sostanza utilizzando vari sistemi quali liposomi cationici, nano/microcapsule e nano/microbolle a base di lisozima. 1. C. Tabolacci, A. Lentini, Life Sci. 2010 (9-10), 316

39

OLI ESSENZIALI: UN NUOVO AIUTO

Bozzuto Giuseppina (a, b), Calcabrini Annarica (a), Colone Marisa (a),Toccacieli Laura (a), Stringaro Annarita (a), Molinari Agnese (a) (a) Dipartimento di Tecnologie e Salute, Istituto Superiore di Sanità, Roma; (b) Istituto di

Metodologie Chimiche, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Roma

Uno degli obiettivi della ricerca oncologica è l'individuazione di nuove strategie terapeutiche combinate, che presentino massima efficacia ed effetti collaterali limitati o nulli. Da sempre l’ambiente naturale ha rappresentato uno scrigno prezioso che ha fornito e seguita a fornire principi farmacologicamente attivi impiegati sia nella pratica della medicina tradizionale che nella ricerca farmacologica industriale. In particolare, negli ultimi anni sempre più studiosi che operano nel campo dell’oncologiasi stanno concentrando sull’impiego degli oli essenziali (OE) da soli o in combinazione con la chemioterapia tradizionale per il superamentodel fenomeno della farmacoresistenza e il miglioramento dell’indice terapeutico. Gli OE, ricavati per distillazione in corrente di vapore acqueo e la spremitura o pressatura di diverse parti della pianta, sono essenzialmente miscele di molecole che possono essere incluse in due gruppi diidrocarburi di diversa origine biosintetica: terpenoidi e fenilpropanoidi. Ad oggi, sono conosciuti approssimativamente 3000 oli essenziali, di cui 300 sono presenti in commercio. Gli OE essendo sostanze lipofilevengono facilmente assorbite dall’organismo e da secoli trovano impiego soprattutto per le loro proprietà antimicrobiche, analgesiche, antinfiammatorie, spasmolitiche ed anestetiche locali anche se studi recenti hanno dimostrato che i loro componenti possiedono anche attività antitumorale sia in vitro che in vivo. L’attività antitumorale è imputabilea diversi meccanismi d’azione talvolta sinergici. Essi riducono l’infiammazione e lo stress ossidativo che sono, come è noto, fenomeni associati alla progressione tumorale e probabilmente anche alla sua origine. Inoltre,gli OE hanno attività antimutageniche, antiproliferative, stimolano il sistema immunitario e l’immunosorveglianza, e sono in grado anche di modulare lapolifarmaco-resistenza come è stato dimostrato dal nostro gruppo di ricerca mediante studi biofisici ultrastrutturali condotti su cellule di melanoma umano.

Come dimostrato da vari studi in vitro, i terpenoidisono in grado di indurre la morte delle cellule tumorali attivando le caspasi, ovvero le proteine responsabili del fenomeno di morte cellulare per apoptosi. Infine, è stato dimostrato che gli OE, grazie al loro carattere lipofilo, agiscono a livello delle membrane mitocondriali iperpolarizzate delle cellule tumorali,ristabilendo inormali valori di potenziale di membrana.

Tuttavia, essendo gli OE delle miscele complesse di centinaia di costituenti, una delle maggiori difficoltà che si incontra èla razionalizzazione del loro effetto antitumorale:questo probabilmente è il risultato della somma di ogni singola attività, modulata da tutte le potenziali sinergie.

40

IL CANCRO: NUOVI PERCORSI DIAGNOSTICI E TERAPEUTICI

Stanislao Aloisi Spec. in Nutrizione, Dietologia e Nefrologia, Palermo

Recentissimi studi a livello mondiale , supportati da una corposa e rigorosa bibliografia scientifica , indicano che un cospicuo e idoneo consumo di Frutta e Verdura svolge un ruolo preventivo e curativo nei riguardi del Cancro. Alcuni di questi vegetali , infatti , sono ricchi di particolari composti fitochimici capaci di azione antitumorale ma anche di rafforzare esponenzialmente l’effetto di chemio- e radioterapia . Da queste ricerche emerge , inoltre , che la diffusione di particolari tipi di neoplasie maligne in certe aree geografiche è strettamente correlata al regime nutrizionale . Grazie ad una Alimentazione mirata si potrebbe , dunque , ridurre l’incidenza del Cancro che , a detta degli esperti , si aggirerebbe intorno al 30% . Poiché non sempre i trattamenti clinici attualmente disponibili contro il Cancro hanno gli esiti auspicati , la somministrazione di piccole dosi quotidiane di benefiche molecole fitochimiche presenti in notevole quantità in particolari frutta e verdure nonchè il ribilanciamento calorico dei macronutrienti ridurrebbe di circa 1/3 l’insorgenza e l’exitus del Cancro . Trattasi di un nuovo approccio alimentare , ulteriormente modificato in modo sano da una assunzione quanti- qualitativamente corretta di Acqua giornaliera . L’Alimento inteso , dunque , come “ medicamento “ . Si è visto , inoltre , che i successi terapeutici sono maggiori se la Nutriterapia viene correttamente integrata da altri suggerimenti che tengano conto della Individualità Metabolica – Psichica – Strutturale del paziente in esame . “ Nuovi percorsi terapeutici “ , dunque , ma anche ” Nuovi percorsi diagnostici “ . Questi ultimi , infatti , sono altamente innovativi e come tali utilizzabili sia in prevenzione che in diagnosi che nel monitoraggio oncologico . Il Cancro , pertanto , una patologia infiammatoria cronica genetica che se approcciata in modo integrato fa ben sperare in una sua più sempre curabilità .

41

PSICO-NEURO-ENDOCRINO IMMUNOLOGIA NELLE MALATTIE CRONICHE CUTANEE: NUOVI CONCETTI E NUOVI DATI Torello Lotti Professore Ordinario di Dermatologia e Malattie Veneree, Università di Firenze, Firenze

Le influenze del cervello e del corpo sono bidirezionali e la pelle deve essere considerata come un’ interfaccia neuro-immuno-endocrina attiva, in cui le molecole effettrici agiscono come parole comuni usate in un dialogo dinamico tra cervello, sistema immunitario e pelle. E 'stato ampiamente dimostrato che gli stimoli ricevuti nella pelle possono influenzare il sistema immunitario, endocrino e nervoso sia a livello locale che a livello centrale. In passato, è stato dedicato molto lavoro alla dermatologia psicosomatica (o Psicodermatologia) da pionieri ben noti. Negli ultimi anni, il meccanismo molecolare con cui neuropeptidi collegano l'asse neurale-immuno-endocrino ha ricevuto una crescente attenzione. La disregolazione funzionale dei neuropeptidi è stata associata a condizioni patologiche cutanee, come la psoriasi e la dermatite atopica, e la corrente comprensione delle anse bidirezionali tra il sistema immunitario, endocrino e il sistema nervoso centrale ed autonomo può chiarire la fisiopatologia di queste malattie, fornendo così potenziali bersagli per interventi terapeutici.

42

V Sessione

NUTRIZIONE: OLTRE LE ABITUDINI: PANE – SOIA – LATTE

Moderatori: Massimo Fioranelli – Massimo Bonucci

VALUTAZIONE DEL POTERE ANTIOSSIDANTE DEGLI ALIMENTI Roberto Stevanato Dip. Scienze Molecolari e Nanosistemi, Università Ca' Foscari Venezia, Venezia

E' noto che l'ossigeno, mediante alcune sue forme particolarmente attive chiamate ROS, specie reattive dell'ossigeno, può provocare danni gravi agli organismi viventi ed, in particolare, alle membrane cellulari, alle proteine e agli acidi nucleici. E' oramai universalmente accettato che malattie degenerative, quali, arteriosclerosi, ictus, cancro, enfisema, morbo di Parkinson, malattia di Alzheimer, SLA (sclerosi laterale ameotropica) ed invecchiamento precoce siano da ricondursi alla deleteria azione dei ROS. Le prime evidenze sulla correlazione fra certe tipologie di malattie e la dieta risalgono al primo '800 e da allora fu una progressione di risultati che portarono l'American Heart Association a riconoscere l'enorme beneficio per la salute pubblica della dieta in stile mediterraneo. Il beneficio è da accreditarsi soprattutto alle molecole con proprietà antiossidanti contenute negli alimenti, nella frutta e verdura fresca in particolare. Questi principi attivi hanno la proprietà di bloccare l'azione delle ROS ed interrompere la catena di reazioni radicaliche che provocano il danno ossidativo. Ma come misurare l'efficacia di tali molecole? Va evidenziato, infatti, che molecole della stessa classe, ad esempio dei flavonoidi appartenenti alla grande famiglia dei polifenoli, possono presentare forti differenze di proprietà antiossidante, in relazione a marginali differenze della struttura chimica. Sono state proposte diverse metodiche analitiche per la determinazione delle proprietà antiossidanti di molecole e composti, fra cui i saggi di Folin-Ciocalteu, del DPPH, enzimatico, ecc., ma ciascuna presenta dei limiti perché indirizzata a misurare un parametro chimicofisico di un processo in realtà molto articolato e tutt'altro che completamente noto. La procedura più corretta è quella di definire come buon antiossidante quella molecola che, applicando differenti metodiche analitiche, dà in ogni caso i risultati migliori, ma la procedura ottimale dovrebbe fornire risultati assoluti meccanicisticamente giustificati. La misura ossigrafica di inibizione della perossidazione lipidica, seppure lenta e laboriosa, appare oggi la più affidabile a questo scopo, in quanto mima in vitro i processi che avvengono in vivo. Si tratta però di individuare un parametro assoluto che correli il risultato sperimentale al meccanismo chimico noto della perossidazione, in modo tale da poter costruire una scala assoluta del potere antiossidante delle molecole. Tale risultato risulterebbe utile per selezionare le specifiche strutture molecolari caratterizzate da elevato potere antiossidante da utilizzare in campo terapeutico nella prevenzione dei danni provocati dalle ROS, ma anche nell'industria alimentare, ad esempio nella conservazione degli alimenti.

45

LA PASTA ED IL PANE: GLUTEN SENSITIVITY Giuseppe Di Fede Direttore Sanitario I.M.Bio Istituto di Medicina Biologica Milano e Istituto Medicina Genetica

Preventiva I.M.G.E.P, Milano

Docente nel Master di Nutrizione Umana, Università di Pavia, Pavia

Studio conferma l’esistenza della sensibilità al glutine non celiaca. In occasione del XXI Congresso Nazionale della FISMAD (Federazione Italiana Società Malattie Apparato Digerente) è stato presentato per la prima volta uno studio retrospettivo dal titolo “Non-Celiac Wheat Sensitivity Diagnosed by Double-Blind Placebo-Controlled Challenge: exploring a New Clinical Entity”, pubblicato recentemente sul Am J Gastroenterol. Lo studio, realizzato su oltre 250 pazienti, aveva l’obiettivo di indagare la sensibilità al glutine non celiaca e ottenere le prime indicazioni sui marker diagnostici, sierologici ed istologici per questa patologia. Per questo sono state riviste retrospettivamente le cartelle di pazienti messi, in cieco, a dieta senza glutine e, in seguito, riesposti a questa molecola. I partecipanti non dovevano essere celiaci e dovevano avere disturbi ascritti alla sindrome del colon irritabile (IBS). I risultati confermano l’esistenza della sensibilità al glutine non celiaca e la connotano come una condizione eterogenea: circa 1/3 dei pazienti con IBS sono risultati sensibili al glutine. Si e' giunti ad una linea guida clinica-diagnostica elaborando un algoritmo diagnostico di laboratorio per meglio evidenziare i pazienti positivi alla G. S.

46

DESTINO ED EFFETTI METABOLICI DI DNA TRANSGENICO IN CONIGLI ALIMENTATI CON SOIA GENETICAMENTE MODIFICATA Vincenzo Mastellone Spec. Anatomia e Fisiologia Veterinaria, Università Federico II, Napoli

I risultati delle indagini da noi condotte al fine di valutare l’integrità del DNA vegetale di origine alimentare nel coniglio, specie per la quale, al momento della stesura della presente tesi di Dottorato, non esisteva in merito alcun dato bibliografico, consentono di effettuare le seguenti considerazioni conclusive: • l’efficienza di estrazione del DNA vegetale risulta notevolmente influenzata dalla provenienza del campione. Rese molto diverse sono, infatti, state registrate nei campioni di organo, rispetto a quelli di tessuto muscolare e di sangue, così come differenze sono state rilevate tra i contenuti dei diversi tratti dell’apparato gastro-intestinale. Non è inoltre da trascurare la diversa risposta ottenuta per campioni uguali prelevati da animali di specie diversa, e, nell’ambito della stessa specie, da animali differenti; • per quanto riguarda il sangue, al fine di ottenere rese di estrazione del DNA più favorevoli, è consigliabile operare su campioni freschi. Meno efficiente, infatti, è risultata l’estrazione dai campioni congelati; • i processi tecnologici degli alimenti che prevedono l’impiego di fonti di calore contribuiscono alla degradazione del DNA in essi contenuto e di questo va tenuto debito conto quando si vogliano effettuare questo tipo di ricerche; • le sequenze di geni a singola copia (quali sono tutti i transgeni) risultano attualmente ancora di difficile rilevazione rispetto a quelli multicopia. Le preoccupazioni di una larga fascia di consumatori nei riguardi del destino del DNA transgenico ingerito con gli alimenti GM emergono soprattutto in relazione a quest’ultimo punto. Se è vero, infatti, che l’intensa frammentazione del DNA durante il processo digestivo dei monogastrici e dei ruminanti sembrerebbe escludere la possibilità della sopravvivenza di geni integri, potenzialmente capaci di essere coinvolti in processi di ricombinazione omologa, secondo qualcuno i risultati negativi nella ricerca dei transgeni nei tessuti animali, sono da attribuire alle metodiche di analisi la cui sensibilità potrà essere ancora migliorata; • gli animali alimentati con soia GM, pur non evidenziando segni clinici evidenti o significative alterazioni dei profili metabolici, hanno mostrato un’alterazione nella produzione locale di LDH suggerendo che la ricerca sui possibili effetti metabolici di una dieta GM debba essere approfondita. In questo senso, i nostri risultati suggeriscono che un’accurata analisi enzimatica potrebbe essere utile per rilevare gli effetti della dieta OGM sul metabolismo cellulare anche in assenza di segni clinici e biochim

47

MANIPOLAZIONE NUTRIZIONALE NELLA MODULAZIONE DI PATTERN CITOCHINICI INTESTINALI

D' Orta Armando; Del Buono Andrea (a) Biologo Nutrizionista, Specialista in Scienze dell'Alimentazione

(b) Medico Chirurgo, Specialista in Medicina Preventiva e del Lavoro, Perf. Fisiopatologia ed

Allergologia Respiratoria.

Ognuno di noi nasce come un verme. Il “verme” è il nostro intestino, una delle primissime parti che si sviluppa dai foglietti embrionali. Nasciamo dunque come “intestino”. Questo strano insieme di membrane non è solo il posto in cui si digeriscono gli alimenti, ma è la sede dei quattro quinti del sistema immune e possiede un così grande numero di neuroni pari a quello del cervello di un cane. Così come il cane, il nostro intestino non ha capacità di ragionare, ma vive una profonda e intensa “emozionalità. In termini biochimici gli alimenti, influenzano il sistema immune e il sistema nervoso, modulando il pattern di citochine e neurotrasmettitori, le cui alterazioni sono alla base del processo imfiammatorio, concausa di tutte le più gravi patologie degenerative, cancro compreso. Il fenomeno della gravidanza ad esempio, inteso come un'esplosione estremamente controllata di crescita di blasti, viene tollerato dal sistema immune, attraverso il riarrangiamento di un complesso sistema di comunicazione, mediato da citochine. La medesima cosa avviene nella fenomenologia del cancro: la massa neoplastica in crescita viene tollerata dal sistema immune, (Treg) il quale, se prevalentemente Th2 orientato, può perdere gran parte della sua sorveglianza immunologica, intesa come citotossicità. Gli alimenti partecipano al mantenimento del sistema infiammatorio in base allo lo capacità di essere antigeni e distrattori immunologici. Essi costituiscono frazioni proteiche non completamente digerite che generano una risposta infiammatoria non finalizzata. Ad esempio la caseina dopo trattamento termico (UHT) e il glutine moderno esaploide (eptapeptidi). Le proteine dunque vanno selezionate in base alla provenienza genetica e al tipo di trattamento termico effettuato. Oltre alla presenza di questi epta e nonapeptidi, il mantenimento e la degenerazione del fenomeno infiammatorio viene amplificato da un'eccessiva presenza di proteine di origine animale, per l'alto contenuto di elementi solforati. Questo processo è noto come Inflammaging: l'infiammazione può portare danno, e il danno può portare la trasformazione cellulare. Non è sbagliato quindi orientare la propria attenzione su questo complesso organo, cercando, tramite l'alimentazione e i nutraceutici, di modularne la risposta. La "dieta" quindi diventa uno strumento indispensabile per modulare, anche in condizione benessere apparente, parametri ormonali, citochinici, circadiani e di equilibrio acido-base.

48

IL LATTE E’ UN ALIMENTO PREZIOSO: PER CHI, QUANDO E PERCHE’ Sabrina Capurso Spec. Geriatria, Dirigente Medico U.O. di Medicina, Osp. Bracciano, Roma

Il latte è considerato da sempre un alimento prezioso perché completo dal punto di vista nutrizionale. Essendo la prima fonte di nutrimento per tutti i piccoli di mammifero incluso l’uomo, è visto come qualcosa di sicuro, che non può nuocere. Tuttavia, il latte è un alimento complesso, composto di acqua, sali minerali, lattosio, vitamine, diverse proteine, fattori di crescita e grassi, laddove ciascuna di queste componenti ha effetti ben precisi sulle cellule viventi. E’ utile ai pazienti affetti da tumore assumere latte? Quali delle sue componenti sono benefiche o dannose e perché? In questa sede prenderemo in considerazione il consumo di latte in relazione al rischio di ammalare di cancro, al rischio di progressione o recidiva di malattia ed in relazione agli effetti collaterali da chemioterapia, per capire quando è utile consumare latte e latticini e quando è invece consigliabile evitarli.

49

ALCALINIZZARE: QUANDO? COME? Paola Fiori Direttore Scientifico e Sanitario, Centro Frontis, Roma

Lo stato di acidosi è associato a numerosi comuni disturbi a carico dell’organismo che inficiano lo stato di benessere generale di un soggetto. Ma l’acidosi metabolica è chiamata spesso in causa anche in patologie importanti quali: sindrome di Alzheimer, disturbi cardio-vascolari, diabete, ipercolesterolemia, patologie

oncologiche. Parliamo di dieta alcalinizzante e non alcalina in quanto non è semplicemente il pH di un cibo a determinare o meno l’acidificazione del nostro organismo, ma la sua interazione con gli altri cibi contemporaneamente assunti, la situazione dell’organismo e dell’organo che li riceve, i meccanismi da esso stimolati durante il processo digestivo. Gli ioni idrogeno residui dunque al termine del processo digestivo metabolico e l’orario in cui questi residui si producono risultano invece fondamentali nell’influenzare l’equilibrio acido-basico del soggetto. Per comprendere quando sia necessario intervenire con una dieta di questo genere è necessario identificare sintomi e esami diagnostici che permettano di valutare l’eventuale stato di acidosi di una persona. Saranno quindi presentati i risultati di uno studio comparativo clinico-diagnostico eseguito presso l’Istituto di Medicina del Benessere Frontis utilizzando le diverse metodiche degli ultimi dieci anni. Una dieta non acidificante o moderatamente alcalinizzante e ben concepita per il soggetto giova comunque a tutti con il preciso scopo di mantenere ciascuno il proprio benessere. Naturalmente essa diventa una terapia imprescindibile in caso di una serie di patologie, prime fra tutte le patologie oncologiche. Tuttavia perché una dieta risulti veramente alcalinizzante devono essere studiate anche le attività fisiche del soggetto, i suoi orari dei pasti e i suoi orari del sonno. E’ questo il motivo per cui le tabelle diffuse sugli alimenti acidificanti e basificanti riportano l’una il contrario dell’altra ed hanno spesso limitato valore dal punto di vista clinico perché non tengono conto di tutte le interazioni cibo-organismo.

50

DISTURBI VASOMOTORI E DOLORE IN DONNE CON TUMORE MAMMARIO O GINECOLOGICO TRATTATE CON MEDICINA TRADIZIONALE CINESE Sonia Baccetti, E. Biondi, T. Conti, M.V. Monechi, Filippa Terranova Centro di Medicina Tradizionale Cinese “ Fior di Prugna” ASL 10 di Firenze

Introduzione ed obiettivi. Secondo la letteratura recente, l’agopuntura è una tecnica molto promettente per il trattamento delle caldane e del dolore oncologico come riportato da alcune Linee guida (Society for Integrative Oncology –SIO 2009 e National Comprehensive Cancer Network 2013). Scopo dello studio clinico pilota, di tipo interventistico, è valutare se la Medicina Tradizionale Cinese rappresenti un metodo sicuro ed efficace nel trattamento di questi sintomi associati al tumore e alle terapie oncologiche in donne con tumore della mammella o ginecologico. Metodi: Presso il Centro di MTC Fior di Prugna della Azienda USL di Firenze, sono state trattate, dal Gennaio 2012 al Marzo 2014, 62 pazienti oncologiche (operate e/o in trattamento chemioterapico o radioterapico), di età compresa tra 34 e 77 anni, divise in 2 gruppi (n. 32 per sindrome vasomotoria e n. 30 per dolore). Gli strumenti di valutazione di risultato utilizzati prima e dopo il trattamento sono stati, per le caldane, il questionario Hot Flash Score (Sloane 2001), mentre per il dolore, a riposo e durante il movimento, è stato utilizzato il questionario con scala verbale PPI (Present Pain Intensity) e quello con scala numerica NRS (Numeric Pain Intensity Scale). Il trattamento ha previsto 10 sedute, una alla settimana, della durata di 40’. Per le caldane il protocollo terapeutico ha previsto la stimolazione con martelletto fior di prugna (zona dorsale da C7 a D5) e l’elettroagopuntura somatica (23VG,2BL,22CV,11LI,4LI, 20GV,4CV, 6CV,37ST,3LR); per il dolore è stata effettuata somatopuntura nei punti 3LR,34GB,4LI,43BL, 36ST, 6CV, punti SHU-MO corrispondenti alla sede del tumore, Punti ashi locali ed auricoloterapia. Sono inoltre stati aggiunti punti variabili, scelti in base alla valutazione energetica del paziente. Risultati: si è riscontrato un significativo miglioramento in tutti gli indici di outcome; il numero medio di caldane nelle 24 ore è passato da 14,6 all’inizio del trattamento a 8,2 alla fine trattamento (p-value <0,01); gli episodi definiti gravi sono passati da 4,8 a 1,7 (p-value <0,01); e quelli gravissimi da 1,1 a 0,2 (p-value <0,05). Il valore medio di intensità del dolore, secondo la NRS Scale, si è ridotto, sia a riposo (da 5,9 a 3,4 (p-value <0,01); che al movimento ( da 7,1 a 4,4 (p-value <0,01); Con la scala PPI il dolore a riposo è diminuito, prevalentemente quello atroce e forte; in 7 casi (23,3%) si è avuto risoluzione completa della sintomatologia dolorosa. Anche nel dolore al movimento (scala PPI ) infine è stata riscontrata riduzione di intensità, maggiore nel dolore forte ed atroce. Non sono stati riscontrati effetti avversi rilevanti. Conclusioni: In accordo con la letteratura internazionale questo studio dimostra che la MTC può essere considerata una tecnica terapeutica efficace e sicura da utilizzare per ridurre il dolore ed i disturbi vasomotori nelle pazienti oncologiche. In questo ultimo ambito essa è particolarmente raccomandata poiché, come è noto, le donne non possono assumere la terapia ormonale sostitutiva a causa dei rischi connessi. Sono comunque necessari studi randomizzati controllati per validare i risultati ottenuti.

51

ONCOLOGIA: L’APPROCCIO IN MEDICINA BIOINTEGRATA Franco Mastrodonato Medico chirurgo. Direttore sanitario della Domus Medica di Bagnoli del Trigno (IS); direttore

scientifico IMeB, Istituto di Medicina Biointegrata; presidente SIMeB, Società Italiana di Medicina

Biointegrata; docente Master in Medicina Naturale Università Tor Vergata, Roma

La Medicina Biointegrata, basandosi sull’integrazione tra le varie forme mediche secondo un linguaggio costituzionale, e sull’applicazione sinergica di una particolare metodologia diagnostica e terapeutica, permette un approccio globale al paziente, superando spesso quelli che sono i limiti di ciascuna forma medica singolarmente presa. Il paziente oncologico, per quanto complesso, non sfugge a tale sistema, anzi, vede la sua problematica inquadrata in un contesto più ampio, personalizzato e maggiormente umanizzato. Dalla diagnosi alla terapia, si vuole dimostrare come un approccio biointegrato in campo oncologico possa produrre maggiori risultati rispetto ad un sistema tradizionale o semplicemente integrato.

52

WORKSHOP:

Ipertermia Oncologica Integrata e Chirurgia: validità dei trattamenti

Massimo Assogna

Sergio Maluta

Carlo Pastore

Piero Rossi

IPERTERMIA A RADIOFREQUENZA: ASSOCIAZIONE A CHEMIOTERAPIA Massimo Assogna Servizio di Ipertermia e Terapie Locali in Oncologia.

Policlinico Universitario Tor Vergata. Università Tor vergata Roma.

Introduzione La terapia ipertermica o ipertermia oncologica (RF-HT) consiste nel riscaldamento dei tessuti biologici a temperature superiori a quella fisiologica. Il riscaldamento dei tessuti avviene mediante la generazione di campi elettromagnetici. Le onde elettromagnetiche utilizzate sono quelle comprese nell’intervallo di frequenze delle onde corte. Attualmente si usa la frequenza di 13,56 MHz, che permette di ottenere un riscaldamento in profondità dei tessuti trattati in modo non invasivo la cui potenza, dissipata localmente, consente di ottenere innalzamenti della temperatura (da 42° a 43°C). Cenni Storici Sono riportate esperienze di Galeno, Ippocrate e Celso. Busch nel 1866 osservò la scomparsa di un sarcoma in un paziente con rialzi termici violenti causati da erisipela. Cooley nel 1883 iniettò tossine batteriche in pazienti neoplastici per ottenere rialzo termico. Questo ed altre esperienze dimostrano una certa attività dell’ipertermia su tessuti neoplastici infiammatori (malarioterapia). Anni ’70: a seguito delle esperienze di Mondovì e Overgaard vengono dimostrate: alterazioni strutturali di membrana superficiali e lisosomiali nelle fasi S ed M del ciclo cellulare. aumento della permeabilità agli agenti citotossici. La possibilità di riscaldare i tessuti è favorita dalle caratteristiche alterazioni emodinamiche del microambiente tumorale, incapace di dissipare il calore come i normali tessuti. L’associazione di chemioterapia ed ipertermia al fine di potenziare l’azione antitumorale dei farmaci è stata descritta da J. SPRATT nel 1979 in un caso di pseudomixoma peritoneale dopo averne sperimentato la tecnica su animali. Razionale L’Ipertermia esplica la proprio azione direttamente su alcuni componenti della cellula neoplastica e su alcune sue funzioni : membrana cellulare, citoscheletro, liposomi, respirazione, DNA, RNA, sintesi proteica (Dahm-Daphi et al., 1997). Induce modificazioni del microcircolo tumorale con incremento dell’ipossia ed abbassamento del pH, stimolazione del sistema immunitario (liberazione di citochine che stimolano l’arrivo in situ delle cellule immunocompetenti) ed infine cambiamento dell’omeostasi dei sistemi cellulari. L’azione dell’Ipertermia determina comparsa di termotolleranza. Per termotolleranza si intende una accresciuta resistenza al calore da parte delle cellule neoplastiche. Particolare attenzione deve essere posta nel caso di cicli termici ripetuti, come comunemente avviene, in quanto le cellule possono diventare termotolleranti, ossia più resistenti al calore di quanto non lo fossero prima dell’applicazione della dose termica iniziale. La causa principale della Termotolleranza alla Ipertermia è da ricercarsi nell’incremento di produzione, da parte delle cellule neoplastiche danneggiate dall’aumento di temperatura, delle Heat shock proteins (HSPs). Le Heat shock proteins (HSPs) sono un gruppo di proteine indotte da shock termico, ma anche da traumatismi, infezioni ecc. I membri più importanti di questo gruppo sono una classe di proteine funzionalmente collegate, coinvolte nella ripiegatura e dispiegamento di altre

55

proteine. La loro espressione è aumentata quando le cellule sono esposte a temperature elevate o altri stress. Questo aumento di espressione è trascrizionalmente regolamentato. La violenta sovraespressione delle proteine da shock termico è indotta principalmente dagli Heat shock factors (HSFs). Le HSPs si trovano in quasi tutti gli organismi viventi, dai batteri agli esseri umani. Le Heat shock proteins sono denominate in base al loro peso molecolare. Ad esempio, Hsp60, Hsp70 e Hsp80 si riferiscono alle famiglie di proteine da shock termico di dimensioni dell'ordine di 60, 70, e 80 kDa, rispettivamente. Metodica di utilizzo dell’Ipertermia Capacitiva (RF-HT) Il trattamento deve essere praticato a giorni alterni, allo scopo di ridurre l’insorgenza della Termotolleranza. La durata del trattamento è di 45 min. Temperatura raggiunta: 42,5°-43°. Gli elementi favorevoli alla ipertermia sono: metodica non invasiva, assenza di effetti collaterali, Buona sopportazione da parte dei pazienti, economia di gestione, mentre a sfavore si ha Impossibilità di misurare le temperature nel tumore, salvo utilizzare metodiche di misurazine invasive), non uniformità del riscaldamento (cold spot- hot spot). L’ipertermia trova impiego nell’associazione con chemioterapia e radioterapia. I benefici prodotti dalla ipertermia si riassumono nell’aumento dell’uptake del farmaco da parte delle cellule tumorali attraverso incremento del flusso sanguigno, nel collasso della microcircolazione tumorale con “intrappolamento” del farmaco nelle cellule tumorali, nell’incremento della permeabilità di membrana con facilitazione del passaggio del farmaco all’interno della cellula e nella mancata formazione dei complessi farmaco-proteine con conseguente maggiore diffusibilità del farmaco e maggiore interazione con i bersagli cellulari. La risposta dei chemioterapici al calore risulta differente a seconda della famiglia dei farmaci. In particolare si hanno: Farmaci con effetto additivo-sopradditivo (lineare) quali Tio-TEPA, nitrosuree, mitomicina C, cisplatino, melfalan; Farmaci con marcato effetto soglia (42°C - 43°C): Doxorubicina, bleomicina, actinomicina D, mitoxantrone, paclitaxel e farmaci che diventano citotossici con l’ipertemia: Cisteamina, amfotericina B, AET, poliamine. Controindicazioni alla Ipertermia Le controindicazioni alla ipertermia capacitiva (RF-HT) possono essere assolute e relative. Controindicazioni assolute sono: Pacemaker, Protesi metalliche magnetiche, Ittero ingravescente, Scompenso cardiaco, Varici esofagee, Colite ulcerosa e Trombosi dei grossi vasi (trombosi Portale). Le controindicazioni relative sono: Flogosi acute, Versamenti abbondanti pleurici o addominali, Febbre, Ferite (comprese le chirurgiche), Emorragie, Ulcere, Fistole, Ulcera gastrica o duodenale. Il trattamento deve essere sospeso almeno 15 gg prima della esecuzione di PET per evitare artefatti. I principali effetti collaterali riscontrati sono: Iperemia cutanea nel 10,0%, Dolore superficiale nel 2,0% dei casi, Adiponecrosi sottocutanea nello 0,15% dei casi e Ustioni di I e II grado nello 0,025% dei casi. Casistica basata su circa 40.000 trattamenti eseguiti da 01/2001 a 05/2014 presso il nostro Centro. Prospettive future Sono auspicabili una messa a punto di trials controllati con adeguatezza metodologica e statistica, ulteriori studi di farmacodinamica e farmacocinetica per la determinazione di un esatto timing,

56

miglioramento della tecnologia delle macchine (contorni mirati del target, possibilità di indirizzare e controllare il calore, migliore riscaldamento di lesioni profonde e/o con elevato volume, nuovi algoritmi per il calcolo indiretto delle temperature) e sviluppo della tecnologia basata su nanoparticelle (ipertermia magnetica). Ipertermia magnetica L’ipertermia magnetica comporta l’iniezione di un fluido contenente nanoparticelle magnetiche (NP) direttamente all’interno della massa tumorale. Quando sottoposte ad un campo magnetico alternato di frequenza dell’ordine delle onde radio FM , le nanoparticelle, frazioni di materiali inorganici o organici inferiori al micron, dissipano calore: ne deriva un incremento di temperatura della massa e, in particolare, un danno alle cellule maligne. Il vantaggio di questa tecnica, minimamente invasiva, consiste nella capacità di prevenire i riscaldamenti indesiderati dei tessuti sani poiché solo le nanoparticelle assorbono l’energia fornita dal campo magnetico. Le NP sono costituite da ossido di ferro. Queste, allo stato naturale, tendono ad aggregarsi minimizzando l’energia superficiale inoltre vengono ossidate con la conseguente perdita di magnetismo e capacità di dispersione. Per evitare questi comportamenti le NP vengono funzionalizzate, cioè integrate con molecole organiche (tensioattivi, polimeri) o inorganiche (silice, o metallo). Viene preferito l’oro in quanto il rivestimento con tale materiale non fornisce solo stabilità della NP in soluzione ma permette anche il legame di molecole biologiche, utili per varie applicazioni biomediche. Un esempio sono le NP rivestite d’oro alle quali viene legato il TNF-α (tumor necrosis factor) che migliora in maniera molto efficacie la cura tumorale. Gli studi attuali sono concentrati sulla coniugazione di anticorpi monoclonali con le nanoparticelle affinchè queste possano selettivamente concentrarsi nel tumore così da produrre un riscaldamento locale controllato dalla elettrofrequenza generata.

57

LA IPERTERMIA NELLE RECIDIVE DEL TUMORE MAMMARIO E NEL CANCRO COLO-RETTALE LOCALMENTE AVANZATO.

Sergio Maluta Centro Medico Serena-Unitá di Ipertermia Oncologica, Padova

La ipertermia (HT) viene definita come una modesta elevazione della temperatura nel range di 39- 45 gradi C. L' effetto si ottiene esponendo i tessuti a sorgenti di calore generate da onde elettromagnetiche o ultrasuoni. Essa può essere combinata con radioterapia (RT), chemioterapia o chirurgia in modo invasivo e non invasivo. Metodi La HT locale o superficiale è la modalità con cui il calore viene somministrato nelle recidive di tumore mammario. Il volume di tessuto riscaldato è funzione delle caratteristiche fisiche della sorgente di radiazioni, della loro energia e del tipo di applicatore. I metodi di somministrazione si dividono principalmente in tecniche di HT superficiale e profonda. La distribuzione della energia nei tessuti dipende dalle caratteristiche dei tessuti e risulta pertanto inomogenea. La variazione delle temperature non dipende solo dalla energia e dalla sua distribuzione ma anche dalle caratteristiche termiche dei tessuti e dal flusso sanguigno. Risultati La maggior parte delle evidenze di I livello si trovano nelle terapie combinate HT - RT e nelle recidive locali dopo chirurgia primaria. I tumori dove si sono osservati significativi miglioramenti sono i tumori del capo-collo, i melanomi, i tumori mammari, il glioblastoma multiforme, il cancro avanzato del retto, il tumore della vescica e del collo uterino, il tumore dell'esofago e varie neoplasie superficiali. Le recidive di tumore mammario sono state trattate con successo con HT superficiale combinata con RT e vi sono lavori pubblicati con livello di evidenza I (1). La HT è fattibile e ben tollerata anche nei tumori mammari ad alto rischio in fase neoadiuvante prima della chirurgia non essendosi rilevati effetti collaterali a distanza nel gruppo di pazienti trattati con HT (2). Studi sperimentali hanno dimostrato che i tessuti normali non vengono danneggiati dal calore se la HT non supera i 45 gradi C per la durata di 1 ora. La tossicità della HT superficiale nel 25% dei casi è rappresentata da ustioni cutanee che guariscono spontaneamente. Nei tumori localmente avanzati del colon- retto la HT neoadiuvante combinata con la RT prima della chirurgia risulta efficace in termini di risposte complete patologiche ( 22.5 vs 6.7%) e conservazione dello sfintere (57 vs 35%) in confronto con la RT da sola (3). In fase preoperatoria nel nostro centro abbiamo ottenuto risultati promettenti con HT + RT e chemioterapia anche nei tumori avanzati del retto medio-basso (4). Conclusioni La HT superficiale è una procedura costosa che richiede tempo, apparecchiature adeguate e personale dedicato. Tuttavia, grazie al vantaggio terapeutico aggiunto, il rapporto costo-beneficio risulta accettabile, in particolare nelle recidive del tumore mammario. Bibliografia 1. Jones EL, Oleson JR, Prosnitz LR, et al. Randomized trial of hyperthermia and radiation for superficial tumors. J Clin Oncol 2005 May1;23 (13): 3079-85. 2. Varma S, Myerson R, Moros E, Taylor M, Straube W, Zoberi I. Simultaneous radiotherapy and

58

superficial hyperthermia for high-risk breast carcinoma: a randomised comparison of treatment sequelae in heated versus non-heated sectors of the chest wall hyperthermia. Int J Hyperthermia. 2012;28(7):583-90. 3. Schroeder C, Gani C, Lamprecht U, et al. Pathological complete response and sphincter-sparing surgery after neoadjuvant radiochemotherapy with regional hyperthermia for locally advanced rectal cancer compared with radiotherapy alone. Int J Hyperthermia,2012;28(8):707-14 4. Maluta S, Romano M, Dall'Oglio et al. Regional hyperthermia added to intensified preoperative chemo-radiation in locally advanced adenocarcinoma of middle and lower rectum. Int J Hyperthermia. 2010;26(2):108-17.

59

L'IPERTERMIA IN ONCOLOGIA: UN UTILE APPROCCIO INTEGRATIVO Carlo Pastore Oncologo, perfezionato in ipertermia oncologica

Responsabile della Divisione di Oncologia Medica ed Ipertermia

Docente di oncologia in ORL presso Università degli studi dell'Aquila

Clinica Villa Salaria, Roma

Il calore è stato da sempre oggetto delle attenzioni della scienza medica per le sue proprietà terapeutiche. L'apporto di energia attraverso l'ipertermia comporta un cambiamento nell'omeostasi dei sistemi cellulari, omeostasi che risulta evidentemente minacciata ed alterata nelle patologie tumorali. La complessità del fenomeno cancro impone un approccio multimodale alla malattia contrastando la crescita cellulare con tutte le modalità disponibili e ad oggi l'ipertermia a buon diritto si affianca alle altre scelte terapeutiche (chirurgia, chemioterapia e radioterapia) complementandole. I primi studi sull'impiego dell'ipertermia in ambito oncologico risalgono alla metà degli anni ottanta con l'importante apporto della scuola di medicina tedesca nello sviluppo dei presupposti teorici nell'impiego dell'ipertermia in oncologia e l'evoluzione tecnologica in ambito di apparecchiature elettromedicali ha consentito di mettere a punto strumenti idonei all'erogazione del calore in profondità nell'organismo. Dai primi rudimentali tentativi con apparecchiature di difficile gestione e manovrabilità si è arrivati all'impiego nell'odierna pratica clinica di apparecchiature a radiofrequenza (13.56 Mhz) che consentono di raggiungere in profondità nell'organismo una temperatura compresa tra i 42 ed i 43 °C. Tali strumenti sono dotati di applicatori esterni (sonde circolari) che vengono posizionati anteriormente e posteriormente sul corpo del paziente rispetto alla parte ammalata; le sonde accoppiandosi l'un l'altra erogano costantemente radiofrequenza che non ustiona la superficie cutanea grazie ad un apposito sistema di refrigerazione di cui l'apparecchiatura dispone, salvaguardando il comfort del paziente. Cosa accade nei tessuti riscaldati a tali temperature? La membrana delle cellule tumorali si presenta alterata nella sua struttura ed in particolare nella capacità di smaltire il calore pertanto un innalzamento al di sopra dei 42 °C innesca apoptosi cellulare per attivazione di enzimi denominati caspasi che frammentano il DNA della cellula. Le cellule sane dispongono per converso di sistemi di smaltimento del calore che preservano dal danno e possono resistere per un determinato lasso temporale all'ipertermia. L'esperienza internazionale ha fissato il tempo di esposizione di sessanta minuti per ogni trattamento di ipertermia oncologica capacitiva profonda. Oltre l'effetto diretto del calore non meno importante è l'effetto sinergico additivo rispetto a trattamenti quali la chemioterapia e la radioterapia. La sinergia con i farmaci antiblastici viene esercitata per mezzo della vasodilatazione locoregionale che consente un maggior afflusso di sangue medicato lì dove necessita e della maggiore attivazione di taluni chemioterapici, in particolare gli agenti alchilanti. E' noto che l'efficacia dei trattamenti farmacologici in oncologia è legata alla conformazione enzimatica dell'organismo oltre che alle caratteristiche di resistenza delle cellule tumorali e taluni chemioterapici debbono essere attivati da reazioni enzimatiche per esercitare il loro effetto. Ebbene l'innalzamento locoregionale di temperatura migliora l'attività enzimatica e la conversione in farmaci attivi nel letto tumorale. Non da ultimo l'ipertermia esercita un certo effetto di danneggiamento dell'endotelio dei vasi sanguigni tumorali. Le masse neoplastiche progredendo nella loro crescita giungono ad un confine oltre il quale non possono più nutrirsi per diffusione dall'ambiente circostante ma necessitano della creazione di una propria rete vascolare. Il limite è di 1 mm cubo superato il quale la neoangiogenesi produce una rete vascolare autonoma che alimenta il tumore. Tale vascolarizzazione è però di per se caotica e deficitaria essendo la parete interna dei vasi sanguigni rivestita essa stessa da cellule endoteliali di origine neoplastica, aberranti e tendenti a produrre microtrombosi locoregionali. L'ipertermia contribuisce alla disorganizzazione dell'endotelio ed alla chiusura dei vasi sanguigni che portano nutrienti alla massa tumorale in

60

crescita. L'esperienza sperimentale e clinica a tal proposito ha evidenziato una buona azione sinergica di danno endoteliale tra ipertermia, vinblastina e mitomicina C. La sinergia con i trattamenti radianti invece è frutto di una sequenza temporale ben precisa. E' stato verificato che l'ipertermia applicata entro 4 ore dal termine di una seduta di radioterapia esercita un effetto di inibizione della riparazione delle cellule danneggiate in modo subletale con successiva morte definitiva. L'effetto inibitorio viene esercitato principalmente sugli enzimi che presiedono alla riparazione del DNA danneggiato dalla radioterapia. Un trattamento ipertermico promuove inoltre l'attività del sistema immunitario. Il ruolo del potenziamento dell'immunità è ormai chiaro nel paziente oncologico ed il riscaldamento della regione corporea ammalata promuove la leucotassi con liberazione di citochine. La lisi delle cellule tumorali porta alla liberazione di numerosi antigeni che vengono percepiti dal maggior quantitativo di leucociti attivati che giungono in loco, aggiungendo efficacia alla lotta contro la malattia. Spesso le patologie tumorali si accompagnano a sindromi dolorose di entità importante ed in questo ambito l'ipertermia porta giovamento grazie all'azione diretta antalgica sulle terminazioni nervose ed alla liberazione locoregionale di endorfine; sostanze ad azione antidolorifica naturalmente prodotte dal nostro organismo. L'attivazione macrofagica locale poi ottimizza la pulizia dei dedriti cellulari presenti in gran numero dove esiste un elevato turn-over cellulare. La panoramica sull'ipertermia capacitiva profonda a radiofrequenza consente di introdurre un ulteriore approccio in ipertermia che inizia ad essere impiegato con finalità complementari rispetto all'ipertermia profonda. Si tratta dell'ipertermia superficiale ad infrarosso a luce filtrata ad acqua. Quella che viene definita nel mondo anglosassone mild whole body hyperthermia è l'innalzamento della temperatura corporea sino ai 41 °C ottenuto per mezzo di una apparecchiatura total body dotata di lampade ad infrarosso. L'apparecchiatura presenta quattro lampade ad infrarosso controllate da una centralina computerizzata e manovrabili dall'operatore nonché un sistema di monitoraggio della temperatura e dei parametri vitali del paziente. Con questa metodica si può ottenere un miglioramento dell'attività del sistema immunitario sottocutaneo mediante la stimolazione delle cellule immunitarie presentanti l'antigene, un effetto antalgico su tutto il corpo ed un potenziamento dell'attività di taluni chemioterapici (i primi studi di notevole interesse hanno preso in considerazione l'impego dell'oxaliplatino come agente chemioterapico sinergizzante). La penetrazione del calore avviene per quattro centimetri in profondità su tutta la superficie corporea ed il paziente risulta interamente sdraiato nell'apparecchiatura con la sola esclusione della testa che fuoriesce. Una seduta di ipertermia total body ha una durata complessiva di tre ore, suddivise in un ora di irraggiamento, un ora e mezza di ritenzione del calore mediante la copertura con fasce termiche e mezz'ora finale di reidratazione (per via orale od endovenosa). La temperatura interna del paziente viene monitorata a mezzo di una sonda rettale o sublinguale. Importante definire, dopo aver passato in rassegna le due modalità di ipertermia non invasive, il target. Quali tumori possono beneficiare dei vari approcci? Per quanto riguarda l'ipertermia capacitiva profonda a radiofrequenza può essere impiegata come coadiuvante in tutte le neoplasie solide, di tutti i distretti corporei (grazie alla presenza di kit di sonde adattabili alla conformazione dei vari distretti corporei), ed in quelle ematologiche solo se vi sono pacchetti linfonodali conglobati. Non è possibile erogare la radiofrequenza se il paziente è portatore di defibrillatore impiantato o pacemaker per l'interferenza che si può causare con i suddetti dispositivi. Inoltre controindicazione relativa è la presenza di stent metallici e di versamento pleurico od addominale massivo. Si parla in questa evenienza di controindicazione relativa poiché adattando la potenza erogata si può limitare il riscaldamento degli stent metallici e mediante paracentesi e/o toracentesi si può eliminare o ridurre la presenza di liquido ed intraprendere un percorso in ipertermia. L'ipertermia total body ad infrarosso invece è indicata nelle neoplasie ematologiche, contro le cellule tumorali circolanti ed a scopo antalgico. Non può essere impiegata se il paziente presenta coinvolgimento neoplastico polmonare massivo (possibilità di drastica riduzione dell'ossigenazione del sangue durante il trattamento) e metastasi cerebrali (maggior rischio di sanguinamento intratumorale). Da quanto detto sinora si potrebbe pensare che l'ipertermia sia una metodica

61

risolutiva. Purtroppo ciò non è vero poiché le cellule malate possono sviluppare od avere delle protezioni contro il danno da calore. Difatti è possibile osservare la produzione o la presenza di heat shock proteins (proteine da shock termico, in particolare HSP70 e 72) che proteggono in DNA dal danno da calore e la cellula in toto. Proprio per questa motivazione i trattamenti ipertermici si eseguono a giorni alterni o comunque per un periodo di tempo limitato se consecutivi. Sono in fase di studio inibitori farmacologici di tali proteine nonché farmaci antineoplastici che presentino la capacità di attivarsi in presenza del calore. Molto importante sarebbe disporre di questo tipo di agenti per potenziare notevolmente l'efficacia dell'approccio ipertermico. Altro filone di ricerca molto interessante è la sinergia tra i nuovi farmaci cosiddetti a bersaglio molecolare e l'ipertermia. Il futuro dell'oncologia è sempre più orientato verso trattamenti conservativi, poco invasivi e poco disturbanti per il paziente ed in quest'ottica l'ipertermia risulta idonea. Inoltre l'interesse per questa metodica scaturisce anche dalla possibilità di impiego in una fascia di pazienti che non possono accedere a terapie citotossiche per deficit d'organo, per età o con prevenzione di principio verso terapie oncologiche classiche. La ricerca internazionale in oncologia è fervente ed il futuro appare senza dubbio promettente.

Apparecchiatura di ipertermia total body ad infrarosso

62

IPERTERMIA ONCOLOGICA INTEGRATA E CHIRURGIA: VALIDITÀ DEI TRATTAMENTI Piero Rossi Dipartimento di Chirurgia Università di Roma Tor Vergata, PTV

Ablazione mediante radiofrequenza delle neoplasie epatiche

La ablazione mediante Radio frequenza (RFA) è una forma di terapia interstiziale Le terapie interstiziali delle neoplasie secondarie o primitive del fegato sono forme di distruzione del tessuto neoplastico basate sull’azione chimica (alcolizzazione) o sull’azione fisica che può essere il freddo (Criosurgery) o il calore (Laser, Microonde, Haifu, Radiofrequenza). Una lieve ipertermia ( 43° C per 30/60 sec) induce apoptosi delle cellule tumorali; invece una temperatura di 50° C per pochi minuti o di 55° C per pochi secondi o di 60° C istantaneamente causano morte cellulare e necrosi coagulativa. Gli apparecchi a radiofrequenza sono costituiti da un generatore e da vari tipi di elettrodi che inseriti nel nodulo neoplastico erogano energia, che a causa dell’agitazione ionica si trasforma in calore, determinando necrosi del tessuto neoplastico. Gli elettrodi possono essere ad aghi multipli o ad aghi singoli internamente raffreddati (cooled type). Lo scopo è di ottenere adeguati volumi di necrosi che coprono il nodulo tumorale con un margine di tessuto sano circostante. L’approccio può essere percutaneo, laparoscopico oppure in chirurgia aperta. Ogni decisione deriva da una preliminare valutazione multidisciplinare tra Chirurgo, Oncologo e Radiologo Interventista. Nell’ambito dell’epatocarcinoma la radiofrequenza è considerata terapia eradicante e può essere usata a scopo curativo o come “bridge” in attesa del trapianto epatico. Nell’ambito delle metastasi la RFA può offrire un’alternativa nei casi non resecabili; può essere impiegata in associazione nella resezione del tumore primitivo o in associazione all’asportazione di altri noduli. In tal modo la RFA aumenta le possibilità terapeutiche nelle metastasi epatiche. Nonostante essa sia un tecnica mini-invasiva non è scevra da complicazioni, l’esperienza maturata negli anni ha portato all’elaborazione di linee guida appropriate allo scopo di applicare la metodica in modo più corretto. Inoltre la distruzione di tessuto tumorale mediante RFA genera, mediante il rilascio di antigeni tumorali, una risposta immunitaria specifica e aspecifica. Nell’ambito della chirurgia resettiva degli organi parenchimatosi una utile applicazione della RFA è stata la realizzazione di elettrodi dedicati (aghi multipli in linea) in modo da coagulare fette di tessuto sulle quali effettuare la transezione con minime perdite ematiche (radio-frequency assisted liver resection).

Perfusione ipertermica antiblastica degli arti

La perfusione isolata d’arto (ILP) consiste nell’isolamento vascolare dell’arto affetto dalla neoplasia e nella sua perfusione con tecnica di Circolazione Extra-Corporea. Essa consente di associare i vantaggi farmacocinetici degli antiblastici utilizzati in condizione di isolamento d’organo a quelli della ipertermia. L’approccio chirurgico consiste nell’isolamento, clampaggio e cannulazione dei vasi arteriosi e venosi maggiori di pertinenza dell’arto. Le cannule vengono collegate ad un circuito ossigenato analogo a quello di una circolazione extra corporea (CEC). Viene applicato un tourniquet alla radice dell’arto al fine di evitare il fenomeno del leakage (immissione nella circolazione sistemica del farmaco). La procedura riconosce due fasi. Una prima fase in cui il sangue viene ossigenato e portato a 41,5° C ed una seconda fase nella quale il farmaco citostatico, ad alte concentrazioni, viene introdotto nell’arto stesso già in condizioni di ipertermia.

63

Il vantaggio farmacologico è legato oltre che alle concentrazioni elevate anche al continuo ricircolo dell’antiblastico nell'arto grazie alla C.E.C., con ulteriore uptake del citostatico da parte del tessuto neoplastico. L’ipertermia agisce in senso antineoplastico sia mediante danno diretto che attraverso il potenziamento dell’azione dei farmaci. Il monitoraggio viene realizzato attraverso sonde termiche inserite nel sottocute, nel tessuto muscolare e nel tumore; il tessuto sano deve mantenere una temperatura < 41,5 °C. L’indicazione attuale alla ILP è costituita da metastasi in transit da melanoma e da sarcomi dei tessuti molli degli arti. I farmaci utilizzati sono il Melfalan o la Doxorubicina con l’eventuale associazione del Tumor Necrosis Factor (TNF) per il suo effetto anti-angiogenetico e di facilitazione del passaggio del melphalan nel tumore stesso. I vantaggi ottenuti dalla ILP non riguardano tanto la sopravvivenza globale ma la riduzione del volume della neoplasia e il salvataggio dell’arto.

Citoriduzione e chemio-ipertermia intraperitoneale La carcinosi peritoneale (CP) è causata dall’impianto di cellule neoplastiche esfoliate dal tumore primitivo o disseminate durante la sezione dei linfatici o dei vasi sanguigni durante la resezione chirurgica. La CP rappresenta uno stadio gravissimo nell’evoluzione di un tumore, e viene abitualmente considerata come inguaribile. Il trattamento convenzionale era rappresentato principalmente dalla chemioterapia sistemica, associato se necessario ad una chirurgia palliativa. Tuttavia questa condizione, anche se diffusa a tappeto su tutta la sierosa, quando è l’unica manifestazione di metastatizzazione può essere considerata limitata ad un compartimento ben definito (cavità peritoneale), e quindi aggredibile con moderne tecniche di trattamento loco-regionale. In altre parole possiamo considerare il peritoneo come un organo e qundi immaginare un approccio loco-regionale alla carcinomatosi mediante citoriduzione (CRS) e chemio-ipertermia intra-peritoneale (HIPEC). La fase diagnostica comprende una colonscopia, gastroscopia, TC torace, addome e pelvi, eventuale PET-CT scan, valutazione dei marcatori tumorali, eventuale video-laparoscopia con biopsia. Spratt usò per primo negli anni ’80 alte dosi di chemioterapici in condizioni di ipertermia nel trattamento dello pseudo myxoma peritonei. Negli anni ’90, Sugarbaker introdusse il concetto di chirurgia cito-riduttiva (CRS) che significa la rimozione complete di tutto il tessuto neoplastico macroscopico con il peritoneo e se necessario di segmenti di intestino o di organi coinvolti. Sugarbaker ha anche introdotto il concetto del peritoneal cancer index (PCI) uno score per quantificare la estensione della malattia che si è dimostrato molto utile nella selezione dei pazienti. Le patologie bersaglio allo stato attuale sono il mesotelioma peritoneale, la carcinosi da carcinoma colorettale, lo pseudo mixoma peritonei, il carcinoma dell’appendice, la carcinosi da cancro ovarico. Il rationale del trattamento si basa sul fatto che la malattia rimane localizzata per lungo tempo, con una evoluzione solo loco-regionale e sulla possibilità di usare alte dosi di farmaci antineoplastici. Il rationale dell’HIPEC è basato sul concetto di barriera peritoneo-plasmatica, sull’uso di farmaci idrofilici ad alto peso molecolare con lenta clearence e sulla condizione di ipertermia che è citotossica di per sé, aumenta la citotossicità di alcuni farmaci ed aumenta la penetrazione di essi negli strati delle cellule neoplastiche. La fase chirurgica (citoriduzione) consiste in una sequenza ordinata di manovre codificate eseguite in funzione dell’estensione della malattia. In caso di carcinosi estese può comportare l’asportazione del peritoneo parietale sotto-

64

diaframmatico, parietocolico e pelvico; della glissoniana epatica e della colecisti; del grande e del piccolo omento, della milza; del sigma-retto; dell’utero e delle ovaie e di tutti i visceri inglobati (cieco, colon, antro gastrico) nella neoplasia, altre resezioni intestinali e/o resezioni di massa tumorale e anastomosi intestinali. In caso di carcinosi ben localizzate si ammette la sola peritonectomia distrettuale. E’ necessaria una citoriduzione chirurgica completa poiché la penetrazione tessutale delle molecole di chemioterapico si limita a qualche strato cellulare. In altre parole la chemioterapia intraperitoneale può sperare di trattare solo una malattia residua millimetrica (noduli residui < 2,5 mm) . La per fusione peritoneale è una moderna metodica che partendo dagli stessi principi della “perfusione degli arti”, consiste nella circolazione nella cavità peritoneale di una soluzione elettrolitica riscaldata contenente alte dosi di farmaci antineoplastici. La chemioterapia deve essere somministrata immediatamente dopo la fase chirurgia di citoriduzione prima che le cellule tumorali residue vengano intrappolate dalle aderenze post-operatorie. La soluzione contenente gli agenti citotossici può essere somministrata ad addome chiuso oppure ad addome aperto (coliseum technique) alla temperatura di 41,5-43 °C per 30 - 60 o 90 min a seconda del farmaco e del protocollo usato. La perfusione inizia con una soluzione “priming” e una volta raggiunta la temperatura desiderata si aggiungono i farmaci antineoplastici nel circuito. Volume, flusso e temperature tutti sono monitorati. La tecnica open mediante la manipolazione delle anse intestinali dovrebbe facilitare il contatto con il liquido di perfusione. Tuttavia non ci sono evidenze scientifiche che la tecnica open sia migliore di quella chiusa come pure che essa causi inalazione dei farmaci da parte dello staff. CRS e HIPEC è una procedura lunga e complessa con una significativa morbilità e una non trascurabile mortalità. Pertanto richiede una meticolosa selezione dei pazienti, un attento management anestesiologico, un immediato periodo post-operatorio di 48-72 ore di ricovero in terapia intensiva ed una adeguata struttura ospedaliera.

65

INDICE DEGLI AUTORI Aloisi S.; 41 Rossi E.G.; 29; 30 Altieri B.; 37; 39 Rossi P.; 63; 64; 65 Anello P.; 39 Sacco A.; 35; 36 Assogna M.; 55; 56; 57 Salem P.A.; 4; 5 Baccetti S.; 51 Stevanato R.; 45 Ballan G.; 7 Stringaro A.; 39; 40 Beltramo G.; 25; 26 Terranova F.; 51 Bernardini S.; 14 Toccacieli L.; 40 Biondi E.; 51 Tortora M.; 39 Bombelli C.; 39 Bonuccì M.; 20 Bozzuto G.; 40 Calcabrini A.; 39; 40 Capurso S.; 49 Cavalieri F.; 39 Colone M.; 39; 40 Condello M.; 37 Conti T.; 51 Cormio M.; 24 Cracolici F.; 21 Del Buono A.; 6; 48 Di Fede G.; 23; 46 Di Lupo M.; 33; 34 D'Orta A.; 48 Fabbri A.; 7 Fioranelli M.; 11; 12; 13 Fiorentini C.; 7 Fiori P.; 50 Fratini E.; 39 Fuggetta M.P.; 15 Giansanti L.; 37 Giuliani C.; 39 Legnani W.; 27; 28 Loizzo S.; 7 Lotti T.; 42 Lupi G.; 24 Maluta S.; 58; 59 Mancini G.; 37; 39 Mastellone V.; 47 Mastrodonato F.; 52 Meschini S.; 37 Molinari A,; 40 Monechi M.V.; 51 Nesi E.; 38 Palazzoni G.; 22 Pastore C.; 16; 60; 61; 62 Raffaele M.; 19 Ravagnan G.; 15 Rosadi F.; 7 66

Comitato Scientifico: Massimo Bonucci, Giuseppe Di Franco Mastrodonato, Stefania Meschini, Agnese Molinari, Giampietro Ravagnan Responsabile Segreteria Scientifica:Massimo Fioranelli Responsabile Segreteria Organizzativa:Federica Mosti

VI Congresso ARTOIOncologia Integrata e Nutrizione

“Il futuro nella Integrazione e nella Tradizione”

Università G. Marconi – Via V. Colonna, 11

Roma, 7-8 Novembre 2014

ABSTRACT BOOK

Massimo Bonucci, Giuseppe Di Fede, Massimo Fioranelli, Diana Giannarelli,Franco Mastrodonato, Stefania Meschini, Agnese Molinari, Giampietro Ravagnan

Responsabile Segreteria Scientifica:

Responsabile Segreteria Organizzativa:

VI Congresso ARTOI Oncologia Integrata e Nutrizione

Integrazione e nella Tradizione”

Via V. Colonna, 11

8 Novembre 2014

ABSTRACT BOOK

i, Diana Giannarelli, Franco Mastrodonato, Stefania Meschini, Agnese Molinari, Giampietro Ravagnan

Un particolare ringraziamento alla Prof.ssa Alessandra Briganti, Magnifico

Rettore dell’Università degli Studi Guglielmo Marconi di Roma, sede dell’evento.

Si ringraziano per il loro contributo incondizionato le Aziende partners:

� Alderman Pharma srl –Trofarello (To) www.nutrigea.com

� Andromedic srl - Velletri (Rm)

www.andromedicitalia.it

� Bio Farmex srl - Salerno (Sa) www.biofarmex.it

� Biogroup srl - Bagnoli del Trigno (Is) www.biogroup.it

� Deakos srl – La Spezia (Sp) www.deakos.com

� Eye Tech srl - Genova (Ge)

www.eyetech.ge.it

� Farmacia Arrigoni – Dott. A. Broccoli – Rimini (Rn) www.farmaciaarrigonirimini.it

� Farmacia Madre del Buon Consiglio - Dott. M. Romiti – Roma (Rm) www.farmaciaromiti.com

� Freeland srl – Bussolengo (Vr)

www.freelandtime.com

� Gheos srl – Grassobbio (Bg) www.gheos.it

� Ghimas srl - Casalecchio di Reno (Bo)

www.ghimas.it

i

� Guna srl – Milano (Mi) www.guna.it

� IMO –Istituto di Medicina Omeopatica – Trezzano Rosa (Mi) www.omeoimo.it

� Juvo Vita srl– Milano (Mi)

www.gojuvo.it

� Internazionale Biolife srl – Taranto (Ta) www.internationalebiolife.eu

� Laboratori Legren srl– Bordighera (Im)

www.laboratorilegren.it

� Mediterranea Servizi Globali Sas – Bari (Ba) www.santacandida-italia.com

� Med-Systems srl - Crotone (Kr)

www.med-systems.it

� PromoPharma S.p.A. – Acquaviva (RSM) www.promopharma.it

� RRS Rapid Rehab Solutions snc - Bologna (Bo) [email protected]

� Solimè srl – Cavriago (Re)

www.solime.it

� Weleda Italia srl – Milano (Mi) www.weleda.it

ii

La terapia del cancro sta evolvendosi: dai farmaci antiblastici più specifici ai nuovi

anticorpi monoclonali. Nell'Oncologia Integrata sta prendendo sempre più spazio

l'idea che l'uso di bassi dosaggi farmacologici possano dare pari risultati: la

chemioterapia metronomica, la low—dose therapy. Nelle giornate congressuali

saranno approfonditi questi temi. Il valore aggiunto nella terapia integrata si chiama

“nutrizione": la nostra tradizione alimentare sarà il futuro della prevenzione? Tutto

questo in una sede di alto valore istituzionale quale l'Università degli Studi

Guglielmo Marconi di Roma.

INDICE PROGRAMMA …………………………………………………………………………….………iv I sessione Infiammazione e cancro …………………………………………….……………..………1 II sessione Low-Dose therapy e cancro ……………………………………………………………….8 III sessione I tre big killer: mammella – colon – polmone …………………………………………..16 IV sessione Casistica e ricerca in oncologia …………………………………………………………30 V sessione Nutrizione oltre le abitudini: pane – soia – latte ……………………………….………42 Workshop: Ipertermia Oncologica Integrata e Chirurgia: validità dei trattamenti ……….………52

iii

PROGRAMMAPROGRAMMAPROGRAMMAPROGRAMMA

Venerdì 7 novembre 2014 8.30 / 9.15 Registrazione 9.15 Saluto delle Autorità

Alessandra Briganti Magnifico Rettore - Università G. Marconi Giuseppe Sabato Magnifico Rettore - Università Popolare Arezzo Massimo Bonucci Presidente – Associazione Ricerca Terapie Oncologiche Integrate Massimo Fioranelli Direttore Centro Studi “Scienze della Vita” - Università G. Marconi Mario On. Baccini Fondazione FOEDUS I Sessione INFIAMMAZIONE E CANCRO Moderatore: Franco Mastrodonato

Lettura Magistrale 9.30 Malattia Immunoproliferativa Intestinale (IPSID)

Modello di legame fra infezione, infiammazione e cancro

Philip A. Salem

10.00 Intestino e Immunomodulazione nei malati oncologici. Dai probiotici agli immunobiotici

Andrea Del Buono 10.30 CNF1 from E.coli, a Janus toxin playing with cancer cell regulation: an enemy within or a new therapy?

Alessia Fabbri

11.00 Coffee break II Sessione LOW-DOSE THERAPY E CANCRO Moderatore: Agnese Molinari

Lettura Magistrale 11.20 Basi teorico-scientifiche della Low dose in Oncologia Massimo Fioranelli

iv

11.40 Omeopatia e Farmacologia delle microdosi Simonetta Bernardini 12.00 Polidatina: un promettente sostegno alla terapia oncologica Maria Pia Fuggetta 12.20 Oltre la low-dose therapy: la chemioterapia metronomica Carlo Pastore 12.40 Discussione 13.00 Pranzo e Sessione Poster III Sessione I TRE BIG KILLER: MAMMELLA – COLON – POLMONE Moderatore: Giampietro Ravagnan

MAMMELLA 14.30 Novità dei trattamenti in oncologia mammaria Mimma Raffaele 14.50 La terapia integrata nel carcinoma della mammella Massimo Bonucci 15.05 Agopuntura: il controllo degli effetti collaterali nel carcinoma della mammella Franco Cracolici

COLON 15.20 Novità in terapia oncologica del tratto gastroenterico Giovanni Palazzoni 15.40 Il punto di vista con approccio integrato nel tumore del colon Giuseppe Di Fede 15.55 L’agopuntura nel sostegno del paziente con tumore del colon-retto Giuseppe Lupi 16.15 Coffee break POLMONE 16.30 Le terapie di avanguardia nel tumore del polmone Giancarlo Beltramo

v

16.50 Terapia integrata nel tumore polmonare Walter Legnani 17.05 Omeopatia e tumori polmonari Elio Rossi 17.20 Discussione 17.30 Intervista con il Prof. Campbell, a cura della Dr.ssa Nicla Signorelli (Be4eat), su

Nutrizione e Cancro: il possibile ruolo delle proteine nello sviluppo del cancro

T. Colin CAMPBELL 18.00 Chiusura lavori 20.30 Gala dinner Sabato 8 novembre 2014 IV Sessione CASISTICA E RICERCA IN ONCOLOGIA Moderatore: Stefania Meschini

9.00 Immunoterapia del paz. Oncologico con lieviti, micro funghi e funghi medicinali Monica Di Lupo 9.15 La medicina funzionale come prevenzione in oncologia Antonio Sacco 9.30 Liposomi cationici contenenti Voacamina per l’ottimizzazione della chemioterapia Maria Condello 9.45 L’utilizzo della Mindfullness in psiconcologia Elisa Nesi 10.00 Aloe-emodina: validità dell’uso? Annarita Stringaro 10.15 Oli essenziali: un nuovo aiuto Giuseppina Bozzuto

10.30 Il cancro: nuovi percorsi diagnostici e terapeutici Stanislao Aloisi Coffee break

vi

11.00 Psico-neuro-endocrino-immunologia nelle malattie croniche cutanee: nuovi concetti e

nuovi dati

Torello Lotti

V Sessione NUTRIZIONE: OLTRE LE ABITUDINI: PANE – SOIA – LATTE Moderatori: Massimo Fioranelli – Massimo Bonucci

11.20 Valutazione del potere antiossidante degli alimenti Roberto Stevanato 11.35 La pasta ed il pane: Gluten sensitività Giuseppe di Fede 11.45 Destino ed effetti metabolici di soia geneticamente modificata in animali Vincenzo Mastellone 12.00 Manipolazione nutrizionale nella modulazione di pattern citochinici intestinali

Armando D’Orta 12.15 Il latte: per chi, quando e perché Sabrina Capurso 12.30 Alcalinizzare: quando? Come? Paola Fiori 12.45 Disturbi vasomotori e dolore nelle donne con tumore mammario o ginecologico trattate

con MTC. Risultati di uno studio pilota

Sonia Baccetti 13.00 Oncologia: l’approccio in Medicina Biointegrata

Franco Mastrodonato 13.15 Discussione 13.30 Chiusura lavori 14.30/16.00 Workshop:

Ipertermia Oncologica Integrata e Chirurgia: validità dei trattamenti

Massimo Assogna

Sergio Maluta

Carlo Pastore

Piero Rossi

vii

I Sessione

INFIAMMAZIONE E CANCRO

Moderatore: Franco Mastrodonato

DR. PHILIP A. SALEM

Dr. Philip A. Salem, physician, researcher, educator and international statesman in cancer medicine, serves as Director Emeritus of Cancer Research at St. Luke's Episcopal Hospital in Houston and Is the President of Salem Oncology Centre. Prior to his appointment at St. Luke's, Dr. Salem served on the faculty of M.D. Anderson Cancer Center as professor of cancer medicine and research. In March 2010, St. Luke's announced the establishment of a cancer research chair in his name to honor his contributions to cancer medicine and as "a lasting tribute to his leadership and vision in the field of oncology". Dr. Salem is the recipient of many awards from all over the world for his contributions to cancer research. In the early 1970's he was one of the first researchers to demonstrate that a chronic infection in the intestine may eventually lead to the development of cancer. His work on Immunoproliferative Small Intestinal Disease (a form of intestinal cancer), and the relationship between infection and the development of intestinal cancer has become a classic in modem medicine. He Is an active member of the top three cancer organizations in the world: American Society of Clinical Oncology (ASCO), American Association for Cancer Research (AACR) and European Society of Medical Oncology (ESMO). In the last 15 years he was selected annually in the editions of America's Top Doctors by Castle Connolly. Because of his stature and impact on cancer research, he was invited to serve on the editorial boards of several prestigious cancer research journals. Besides his contributions to medicine, Dr. Salem has made major contributions to America. In the early 1990's he served on a healthcare advisory committee to the White House. In 1994 he received the Republican Senatorial Medal of Freedom, and in 1998 he was awarded the Ellis Island Medal of Honor for his "exceptional humanitarian efforts and outstanding contributions to American science". In 2006 he was honored as 'The Scientist of the Year' by the National Italian Foundation for the Promotion of Science and Culture, and he was decorated in a special ceremony held in Rome, Italy. Dr. Salem Is a renaissance intellectual and writer. He is the author of many editorials on Lebanon and he has published extensively on Arab affairs. In the year 2000, he was awarded the Khalil Gibran International Award by the Arabic Heritage League in Sydney, Australia, In May 2000 he was selected the 'Arab American of the Year' by the Arab Community Centre for Economic and Social Services (ACCESS) in Dearborn, Michigan. On July 1, 2010 The Lebanese American University in Lebanon bestowed upon him an Honorary Doctorate in Humane Letters for his "contributions to medicine, Arabic literature and philosophy". For the same reasons, another Honorary Doctorate in Humane Letters was bestowed up him by the Notre Dame University of Lebanon on July 12, 2013 Three books have been written about Dr. Salem: In July 2004, a book in Arabic entitled, "Philip Salem - The Man, The Homeland, The Science", authored by Peter Indari, an Australian journalist, was launched. In December 2012 a book in English entitled "Cancer, Love and Politics of Hope - the fife and vision of Philip A. Salem M.D." authored by Frances Mourani and Boutros Indari was published by Quartet Books in London. In January 2013, a book in Arabic entitled "Philip Salem the Rebel, the Scientist and the Humanist”. Authored by Maha Samara, a Lebanese journalist was published in Beirut by Dar Al Saqi and Dar Annahar. In July 2014 a book entitled: “Philip Salem”

3

IMMUNOPROLIFERATIVE SMALL INTESTINAL DISEASE (IPSID) Model for the link between infection, inflammation, and cancer Philip A. Salem M.D. The Philip A. Salem, M.D. Chair in Cancer Research

Baylor St. Luke’s Medical Center

President

Salem Oncology Centre Immunoproliferative Small Intestinal Disease (IPSID) is a distinctive lymphoproliferative disorder. Among these disorders, it is the only disease which is associated with a specific and characteristic abnormal protein, and also an identifiable, early phase with a benign-looking histopathological expression. Treatment of this early phase with antibiotics may cause remission, but if this phase is left untreated, it progresses to inflammation and inflammation progresses to cancer. Contrary to primary small intestinal non IPSID lymphomas, where the pathology in the intestine is usually focal involving specific segments of the intestine and leaving the segments between the involved areas free of disease, the pathology in IPSID is diffuse with a mucosal cellular infiltrate involving large segments of the intestine and sometimes the entire length of the intestine; thus producing malabsorption. IPSID is the ideal model of how a chronic repetitive infectious insult in the gastrointestinal mucosa would eventually lead to inflammatory changes which if left untreated would progress to malignancy. It is also a model of how the process of inflammation resulting from infectious insult is reversible. Treatment of the benign and inflammatory phase with antibiotics usually prevents inflammation from progressing to cancer. Trials with antibiotics in the treatment of this disease provided the first evidence that cancer in man is chemo preventable. Also IPSID provided an early evidence of how a benign process could deteriorate into a malignant one. The concepts we have learned from IPSID are the cornerstones for current and future research focusing on the link of infection to inflammation, and inflammation to cancer. Understanding this process and treating cancer in the early phase before it becomes malignant provides the best hope for the prevention of this disease.

4

MALATTIA IMMUNOPROLIFERATIVA INTESTINALE (IPSID) Modello di legame fra infezione, infiammazione e cancro P.A. Salem M.D Presidente Salem Oncology Center - Houston

La malattia immunoproliferativa del piccolo intestino (IPSID) è un distintivo disordine immunoproliferativo. Tra questi disordini, è l’unica malattia con associata una specifica e caratteristica proteina anormale, ed anche una identificabile, fase precoce con specifica espressione istopatologia. Il trattamento in questa fase precoce con antibiotici può causare remissione, ma se questa fase non è trattata essa progredisce verso l’infiammazione e l’infiammazione verso il cancro. Contrariamente alla primaria infiammazione del piccolo intestino non IPSID-linfoma, dove la nel piccolo intestino è usualmente focale ed interessa specifici segmenti dell’intestino e lascia liberi tratti intermedi, la malattia IPSID è diffusa alla mucosa con un interessamento di larghe parti dell’intestino e qualche volta anche interi tratti, producendo malassorbimento. La IPSID è il modello ideale di come una infezione ripetitiva cronica della mucosa gastrointestinale può eventualmente portare un cambiamento infiammatorio che se non trattato può progredire verso il cancro. E’ anche il modello di come un processo di infiammazione risultante da un insulto infiammatorio è reversibile. Il trattamento di una benigna fase infiammatoria con antibiotici usualmente previene l’infiammazione che progredisce al cancro. I traials clinici con antibiotici nel trattamento di queste patologie comporta la prima evidenza che il cancro è chemio preventivo. Anche la IPSID fornisce la prima evidenza di come un processo benigno può deteriorare in uno maligno. I concetti che abbiamo fornito dall’IPSID sono la pietra miliare fra corrente e futura ricerca con il focus fra il legame fra infezione ed infiammazione e fra questa ed il cancro. Comprendendo questo processo e trattando il cancro nella fase iniziale prima che diventi maligno fornisce la migliore speranza per la prevenzione del cancro.

5

INTESTINO E IMMUNOMODULAZIONE NEI MALATI ONCOLOGICI. DAI PROBIOTICI AGLI IMMUNOBIOTICI Andrea Del Buono Spec. Medicina Preventiva del Lavoro, ASL CE, Caserta

Ci siamo posti l’obiettivo di focalizzare l’attenzione della comunità scientifica sulle conseguenze generate delle alterazioni dell’ecosistema Intestinale nei malati oncologici. Grazie al crescente numero di lavori clinici e sperimentali realizzati negli ultimi anni, è stato possibile il confronto e la riflessione sulle numerose potenzialità cliniche di utilizzo di ceppi specifici di probiotici capaci di interagire a livello della lamina basale con il sistema dell’immunità innata e di modulare la risposta specifica, spesso compromessa nei malati oncologici. La microflora intestinale viene oggi universalmente riconosciuta, grazie all’applicazione delle sonde molecolari, come un vero e proprio organo, con funzioni e attività molto importanti sia per l’omeostasi e la salute del nostro organismo, sia in condizioni patologiche per il possibile ruolo benefico sulla salute con specifici ceppi batterici. Non basta la generica definizione di specie quale probiotico per affermarne l’utilizzo, ma è importante il ceppo, cioè il singolo batterio, e non si può estendere proprietà ceppo specifiche ad altri componenti della stessa specie. Diventa pertanto strategico poter valutare la relativa letteratura scientifica e orientare la scelta sull’attività terapeutica desiderata. Dal generico utilizzo dei “fermenti lattici” del passato siamo arrivati all’impiego dei probiotici specifici sul sistema immune, immunobiotici, e il futuro si caratterizzerà per indicazioni sempre più specifiche per il singolo ceppo sulla base degli studi clinici e le evidenze scientificamente dimostrate. E’ ampiamente dimostrato il ruolo dei probiotici nei confronti dell’immunomodulazione, ma non è ancora ben dimostato il ruolo come potenziali agenti anticancro, (Digestive and Liver Disease, suppl. 2,

dicembre 2006). Particolare attenzione negli ultimi anni è stata dedicata alla modulazione del sistema immunitario sia nei malati oncologici “immunoediting” e sia per la capacità d’interferire con i processi di formazione del cancro del Colon. Il tumore al colon rappresenta la seconda causa di morte nel mondo ed è più frequente proprio nei paesi sviluppati, dove la disbiosi è molto piu’ rappresentata. Questo dato rafforza la convinzione che sulla sua iniziazione del cancro del colon incidano maggiormente i fattori ambientali rispetto a quelli genetici. A supporto di questa osservazione, la World Cancer Research Fund (WCRF) ha identificato condizioni di rischio che agiscono modificando il microambiente g.i. ed incrementano il rischio di ammalarsi. È convinzione diffusa tra i ricercatori che mantenere un ambiente intestinale sano, riducendo la flora putrefattiva, pochi bifidobacterium, sia fondamentale per sfavorire la formazione del cancro al colon. Queste osservazioni sottolineano il ruolo protettivo che possono avere probiotici e prebiotici rispetto all’intestino, contribuendo a migliorare l’ambiente intestinale attraverso molteplici meccanismi: la riduzione del pH nel lume intestinale, l’influenza sulla risposta immunitaria dell’ospite, l’inattivazione di sostanze potenzialmente carcinogeniche, l’alterazione della microflora intestinale, la riduzione di alcune attività enzimatiche coinvolte nello sviluppo del tumore.

6

IL CNF1 PRODOTTO DA E. COLI, UNA TOSSINA CHE AGISCE SULLA REGOLAZIONE TUMORALE: UN NEMICO O UNA NUOVA TERAPIA?

Alessia Fabbri, Francesca Rosadi, Giulia Ballan, Stefano Loizzo, e Carla Fiorentini Dipartimento del Farmaco, Istituto Superiore di Sanità, Roma

Escherichia coli è un batterio commensale dell'intestino umano che diventa patogeno in seguito all'acquisizione di fattori di virulenza, tra cui è compresa la tossina chiamata fattore citotossico necrotizzante 1 (CNF1). Abbiamo precedentemente riportato la capacità di questa tossina, che attiva le Rho GTPasi, di indurre disfunzioni nelle cellule epiteliali trasformate, come l'inibizione dell’apoptosi, il rilascio di citochine pro-infiammatorie, l’espressione di COX2, l’attivazione di NF-kB, e l’incremento della motilità cellulare. Inoltre, ci sono evidenze sulla capacità del CNF1 di rinforzare e favorire, ma non causare, lo sviluppo del cancro del colon-retto, sottolineando l’esistenza di un legame tra il CNF1 e il tumore. D'altra parte però abbiamo recentemente dimostrato che il CNF1 possiede attività antineoplastica su cellule di glioma sia in vivo che in vitro. Pertanto sembra che il CNF1 possa comportarsi come un fattore con duplice attività, promuovendo o contrastando la trasformazione. I nostri studi attuali sono particolarmente rivolti all’identificazione dei fattori che possono influenzare l'effetto così articolato del CNF1. I dati preliminari indicano che la risposta cellulare alla tossina è fortemente condizionata dal microambiente cellulare ed in particolare dall'infiammazione, dallo stato di trasformazione cellulare (cellule normali o tumorali reagiscono in modo diverso), o anche dai diversi tipi cellulari, essendo ormai noto che cellule epiteliali i neuroni o gli astrociti rispondono in maniera differente al CNF1. Comprendere i meccanismi che regolano l'attività del CNF1 è di fondamentale importanza considerando anche che tale tossina rappresenta un agente terapeutico promettente per contrastare alcuni deficit del sistema nervoso centrale.

7

II Sessione

LOW- DOSE THERAPY E CANCRO

Moderatore: Agnese Molinari

BASI TEORICO-SCIENTIFICHE DELLA LOW DOSE IN ONCOLOGIA Massimo Fioranelli Professore associato di Fisiologia., Università G. Marconi, Roma

La Medicina Fisiologica di Regolazione (PRM) è un innovativo sistema terapeutico basato sulla possibilità di utilizzare a scopo terapeutico principalmente BASSI DOSAGGI di sostanze biologiche, che normalmente regolano la Fisiologia dell’organismo. Sono sempre piu' frequenti evidenze sperimentali e cliniche che ormoni, citochine, neuropeptidi in LOW DOSE (sotto la minimal pharmacological effective dose) possono essere efficaci su sistemi biologici. Concentrazioni fisilogiche, nell'ambito di nanogrami (10 -9 g) o picogrammi (10 -12 g) , sono in grado di attivare recettori di membrana e conseguentemente stimolare le funzioni fisiologiche della cellula bersaglio. La PRM integra in una visone unitaria le più moderne acquisizioni in tema di Omeopatia, Omotossicologia, Psico-Neuro-Endocrino-Immunologia (PNEI) e Nutraceutica. L'obiettivo e' quello di ripristinare la Fisiologia attraverso molecole di relazione quali ormoni, interleuchine, fattori di crescita e neuropeptidi in low dose fisiologica, che corrisponde alla medesima concentrazione alla quale esse sono presenti a livello dei recettori transmembrana nella matrice extra-cellulare.

38

TM

10-3

10-6

10-15

MINIMAL EFFECTIVE PHARMACOLOGICAL DOSE

TOXIC CONCENTRATION

mg/ml

PHARMACOLOGICAL CONCENTRATION

mcg/ml

PHYSIOLOGICAL CONCENTRATION

ng-pcg/ml

TOXIC

EFFECT

SIDE EFFECTS

WITHOUT

DYNAMIZATION:

NO BIOLOGICAL

EFFECTS

PHARMACOLOGICAL EFFECTS

WITH

DYNAMIZATION:

PHYSIOLOGICAL

EFFECTS

EFFECTS OF DIFFERENT DOSES OF CYTOKINES

MINIMAL EFFECTIVE PHYSIOLOGICAL DOSE

Dal punto di vista immuno-oncologico i pazienti con tumori solidi (specialmente) mostrano una over-expression di Th3, i Linfociti Th responsabili (se espressi nella giusta, fisiologica quantità) dell’immunotolleranza. Questo meccanismo di immuno-sorveglianza espletato dai Th3 avviene per il tramite di un fattore di crescita da loro prodotto, il TGF-β, in grado di down-regolare Th1 e Th2. In alcuni lavori i Th3 sono definiti come tali, altre volte come T-Reg o altre volte, come CD4/CD25/FoxP3.

11

Purtroppo nei pazienti tumorali i Th3 sono sovra-espressi; ciò determina una down-regulation dei linfociti Th1 e Th2; questa è una delle cause profonde dell’ immunodeficienza di questi pazienti. Infatti, la down-expression, in particolare dei Th1, conduce anche alla minore produzione, da parte di questi linfociti, di IFN-gamma, fondamentale nell’attivazione dei CD8+, da cui dipende la produzione di linfociti T suppressor, fondamentali nel controllo della proliferazione delle cellule tumorali. Come se non bastasse, a causa di questo meccanismo, i Th1 producono meno Interferone-gamma, e la minore quantità di Interferone-gamma conduce, conseguentemente, ad una minore espressione di altre cellule importantissime nel controllo della proliferazione delle cellule tumorali, le cellule NK (Natural Killer), responsabili della lisi cellulare delle cellule tumorali. Viene presentata un ipotesi sviluppata nel report sul lavoro pubblicato da Journal of Cancer Therapy (L. D'Amico, E. Ruffini, R. Ferracini, Roato I.IL-12 Stimulates T Cell Response in Cultures of PBMCs Derived from Small Cell Lung Cancer Patients. Journal of Cancer Therapy, 2012, 3, 337-342). L’interleuchina capace di down-regolare i TH3 è l’IL-12 e sin dagli anni ‘80 si pensò di utilizzarla in questo senso ma il suo uso (assai promettente) si arenò contro lo scoglio dei gravi effetti collaterali tanto di natura clinica, (febbre altissima, malessere generalizzato, nausea e vomito) che di natura immunitaria, dovute alle alte concentrazioni di questa sostanza. Infatti, alle concentrazioni farmacologiche normalmente utilizzate (nel range di ng/ml e oltre) l’IL-12 riduce efficacemente i Th3 ma annulla anche gli altri linfociti CD4+ (cioè i Th1 ed i Th2). Cioè, paradossalmente, gli alti dosaggi di IL-12 inducono un’immunodeficienza non più dovuta all’over-expression di Th3 ma all’inibizione diretta, indotta dalla stessa IL-12 ad alti dosaggi, degli interpreti della difesa immunitaria cellulo-mediata (Th1) e umorale (Th2). L' IL-12 alla concentrazione di 10 ng/ml riduce i Th3, e questo e' un effetto benefico. Ma nello stesso tempo riduce drammaticamente anche i CD4+ (Th1 e Th2) E, ancora più clamorosamente, i 10 ng/ml di IL-12 riducono in maniera eclatante i livelli di IFNgamma prodotto dai Th1 per “impedimento” proprio dei Th1. Invece gli effetti dell’IL-12 a 0,01 pg/ml, cioè la CH4 dinamizzata osserviamo che: l'IL-12 4CH è in grado di down-regolare i TH3, sovra-espressi nei pazienti tumorali addirittura al di sotto del valore del controllo, Ma nello stesso tempo è in grado di aumentare i CD4+ (Th1 e Th2). Ancora più interessante è il dato positivo relativo alla produzione di IFN-gamma da parte dei Th1 stimolati dall' IL-12 4CH. Inoltre l'IL-12 4CH aumenta la produzione di cellule litiche attive sulle cellule tumorali: Quindi l' IL-12 4CH alla concentrazione nell’ordine di pg/ml mostra gli stessi efetti di down-regolazione dei TH3 della concentrazione allopatica (10 ng/ml) ma senza gli effetti collaterali di quest’ultima (consistenti nella contemporanea down-regolazione anche dei CD4 ed in particolare dei Th1). Al contrario l' IL-12 4CH stimola i Th1 a produrre IFN-gamma, fondamentale nella difesa antitumorale. E’ come se esistesse un’INTELLIGENZA BIOLOGICA delle low dose fisiologiche, in grado di agire solo sulle alterazioni patologiche ma senza interferire sulle funzioni fisiologiche. Vengono poi presi in considerazione i risultati dello studio Radice E., Miranda V., Bellone G. “Low-doses of sequential-kinetic-activated interferon-γ enhance the ex vivo cytotoxicity of peripheral blood natural killer cells from patients with early-stage colorectal cancer. A preliminary study, appena pubblicato su International Immunopharmacology, 19 (2014), 66-73. Dal punto di vista immuno-oncologico le cellule Natural Killer (NK) giocano un ruolo fondamentale nell’eliminazione delle cellule tumorali (lisi cellulare), svolgendo un efficace opera di immunosorveglianza. Interferone-gamma (IFN-gamma) è una citochina fondamentale per la regolazione della funzione delle NK (per un’azione diretta su di esse) e non solo: esso è infatti un importante attore nella promozione della risposta antitumorale mediata dai linfociti T di tipo 1 (Th1). La spinta di differenziazione verso questa sub-popolazione linfocitaria innesca una

12

risposta antitumorale citotossica da parte di cellule linfocitarie CD8+ Inoltre IFN-gamma, stimolando le cellule NK favorisce l’infiltrazione del tumore da parte delle NK stesse e dei macrofagi. Ne consegue un aumento di IL-12 e IL-18; particolarmente importante è l’aumento indiretto di IL-12 che, insieme all’accresciuto livello di IFN-gamma, con i noti meccanismi di cross-regulation, portano alla down-regolazione dei Th2 e all’up-regolazione dei Th1, passaggio fondamentale per la risposta antitumorale via CD8+ Questa integrazione tra immunità innata ed adattativa è fondamentale per la lotta contro i tumori solidi quali il cancro del colon-retto; a volte però questo meccanismo fallisce nel suo compito di controllo preventivo a causa di una insufficiente risposta immunitaria e/o dell’instaurarsi di meccanismi di immune escape da parte del tumore. Purtroppo nei pazienti tumorali la risposta immunitaria è sovente compromessa; ciò determina una down-regulation dei linfociti Th1; questa è una delle cause profonde dell’ immunodeficienza di questi pazienti. Infatti, la down-expression, in particolare dei Th1, conduce anche alla minore produzione, da parte di questi linfociti, di IFN-gamma, citochina fondamentale nell’attivazione dei CD8+ da cui dipende la produzione di linfociti T suppressor, fondamentali nel controllo della proliferazione delle cellule tumorali. Bassi livelli di IFN-γ conducono anche alla minore espressione di altre cellule importantissime nel controllo della proliferazione delle cellule tumorali quali le succitate cellule NK. Ipotesi di lavoro sviluppata in questo lavoro e' il riconoscimento del ruolo fondamentale che IFN -gamma possiede nell’induzione della risposta immune. Questo ha giustamente fatto intuire come la stimolazione della risposta immunitaria indotta attraverso la somministrazione di alte dosi di IFN-gamma potesse rappresentare una strategia terapeutica molto promettente per la cura di vari tipi di tumore , solidi e non. Alcuni studi clinici sono stati effettuati usando IFN-gamma ma, in tutti, il grosso limite sono stati i gravi effetti collaterali dovuti alla sua tossicità intrinseca di tipo dose-dipendente. Il fondamento teorico del lavoro ex vivo qui sintetizzato e' la valutazione della capacità litica di cellule NK (isolate da pazienti con carcinoma del colon -retto (CRC) in presenza o assenza di metastasi e da donatori sani), opportunamente stimolate con IFN-gamma a dosaggio convenzionale (1 ng/ml) o low-dose SKA IFN-gamma (0.25 fg/ml). In genere e' presente un’attività delle cellule NK che è maggiore, ovviamente, nei soggetti sani, decresce nei pazienti tumorali non metastatizzati, e risulta decisamente depressa nei pazienti con neoplasie metastatiche. Il vero cuore del lavoro e' che somministrando IFN-gamma ponderale (1 ng/ml) o IFN-gamma (0.25 fg/ml), aumentino le unità litiche (cellule NK) nei soggetti sani, nei pazienti tumorali non metastatizzati e nei pazienti con neoplasie metastatiche. Conclusioni Il lavoro mostra chiaramente che l' Interferon-gamma, grazie alla sua efficacie azione a basse dosi, (è infatti dimostrata, attraverso l’analisi statistica della deviazione standard, la non inferiorità dell’azione di IFN-gamma low dose rispetto al ponderale). è in grado di stimolare tanto le cellule NK del volontario sano quanto quelle del paziente oncologico rafforzandone le capacità citotossiche verso le cellule neoplastiche, punto fondamentale nella difesa antitumorale. È da sottolineare come la positiva risposta delle Natural Killer nel volontario sano rappresenti potenzialmente un aggancio per la proposta di una azione di tipo preventivo centrata sull’aumento dell’immunocompetenza delle cellule NK.

13

OMEOPATIA E FARMACOLOGIA DELLE MICRODOSI Simonetta Bernardini Presidente Società Italiana di Omeopatia e Medicina Integrata, SIOMI e responsabile Centro di

Medicina Integrata Ospedale di Pitigliano, USL9 regione Toscana

La moderna tecnica del DNA microarray ha permesso un nuovo sviluppo della ricerca scientifica riguardante il possibile meccanismo di azione dei medicinali omeopatici sia per concentrazioni al di sotto del numero di Avogadro (medicinali ultralow dose) che al di sopra di tale numero (medicinali low dose). In particolare, con tale metodica è stato possibile individuare una chiara risposta dei geni cellulari all'azione di sostanze in concentrazioni comprese tra 10-6 e 10-60 M. Nel presente contributo verranno esaminati i principali lavori di ricerca sul tema e esaminata l'ipotesi (A.Dei, S.Bernardini) di interpretazione del principio della similitudine omeopatica sulla base delle conoscenze del fenomeno dell'ormesi e delle recenti conferme scientifiche ottenute con la tecnica del DNA microarray.

14

POLIDATINA : UN PROMETTENTE SOSTEGNO ALLA TERAPIA ONCOLOGICA Maria Pia Fuggetta, Giampiero Ravagnan Istituto di Farmacologia Traslazionale, Consiglio Nazionale Ricerche, Roma Italia

Dipartimento di Scienze Molecolari e Nanosistemi, Università Ca’Foscari Venezia, Italia

In questi ultimi anni si è sviluppata una notevole attenzione per le sostanze naturali presenti nei vegetali e l’interesse scientifico si è rivolto verso quelle piante che sono già tradizionalmente utilizzate in terapia. La polidatina(PD) è uno dei principali costituenti del Polygonumcuspidatum, radice utilizzata ampiamente nella medicina tradizionale asiatica. Si tratta di un glucoside del resveratrolo,stilbenoideche possiede un’attività biologica ad ampio spettro. Gli effetti della PD più descritti sono quelli: a)antinfiammatorio;b) immunomodulante; c)antiossidante, sia diretto attraverso la riduzione della perossidazione lipidica sia indiretto mediante la modulazione del sistema di difesa antiossidante; d)anti-tumorale con peculiare induzione di apoptosi; e)antinvecchiamento e f)neuroprotettivi. La PD penetra nella cellula mediante un meccanismo di trasporto attivo che utilizza i trasportatori di glucosio e, grazie alla sua solubilità in acqua, viene assorbita con maggior efficienza dall'intestino. Queste proprietà conferiscono alla molecola maggiori livelli di stabilità e di biodisponibilità rispetto al resveratrolo. Le diverse potenzialità e i meccanismi d’azione di questo principio attivo sono in continuo aggiornamento e le documentate caratteristiche biologiche della PD costituiscono una base razionale per la sua applicazione come principio attivo in campo oncologico. La PD potrebbe essere particolarmente adatta nella terapia integrata a valle della tradizionale chemioterapia come strategia di prevenzione dell'insorgenza di ripresa di malattia. Inoltre la PD potrebbe assumere una funzione protettiva rispetto agli effetti citotossici mediati dai farmaci antiblastici oda terapie radioterapiche oppure avere un ruolo nel controllo dell’infiammazione correlata al cancro. .

15

OLTRE LA LOW-DOSE THERAPY: LA CHEMIOTERAPIA METRONOMICA Carlo Pastore Responsabile Oncologia-Ipertermia Oncologica, Casa di Cura Villa Salaria, Roma

Il concetto di chemioterapia antitumorale risale agli anni 50 con l'avvento di una primissima generazione di farmaci aventi lo scopo di distruggere le cellule neoplastiche interferendo con i meccanismi di replicazione. Una cellula danneggiata nelle sue strutture replicative viene spinta a morte mediante i naturali meccanismi di apoptosi (morte cellulare programmata). I concetti cardine di intensità di dose e quantità di farmaco sono stati e sono pilastri fondanti dell'approccio farmacologico anticancro. Negli ultimi anni si è cercato di comprendere se si potesse ottenere un effetto antineoplastico con dosaggi non citotossici e con somministrazioni ripetute più volte nel tempo con lasso temporale assai ridotto tra una somministrazione e l'altra. Si è potuto verificare che diversi agenti chemioterapici posseggono per loro caratteristica biochimica un effetto antiangiogenetico con queste modalità di somministrazione. Il concetto di questo nuovo approccio denominato metronomico è quello di interferire con l'endotelio neoplastico che riveste i vasi sanguigni tumorali danneggiandolo ed inibendo la neoangiogenesi nel cancro. Le cellule cancerose difatti necessitano di una propria rete vascolare per poter continuare la crescita quando il volume tumorale supera il millimetro cubo. Tale rete vascolare è di per se imperfetta poiché sostenuta da cellule aberranti e l'interazione con le strutture che la costituiscono da parte di taluni chemioterapici somministrati in modalità metronomica porta vantaggio. I primi studi sono stati eseguiti su pazienti in fase avanzata di malattia e si è potuto riscontrare un effetto, se non altro sul miglioramento della qualità di vita oltre che sul prolungamento della medesima. Alcuni farmaci più di altri si sono dimostrati utili nell'approccio metronomico ed i principali sono paclitaxel, ciclofosfamide, capecitabina, vinblastina, mitomicina C, methotrexate. Il danno endoteliale è dimostrabile verificando una serie di parametri biochimici valutabili su prelievo di sangue. La chemioterapia metronomica può sinergizzare con gli altri approcci terapeutici in oncologia (radioterapia ed ipertermia) facilitandone l'azione; inoltre i bassi dosaggi di chemioterapici ne rendono possibile l'impiego anche in soggetti defedati o con deficit organici che non potrebbero tollerare dosaggi citotossici dei medesimi o di altri farmaci antitumorali. Metronomic chemotherapy: Back to the future!André N, Padovani L, Verschuur A. Drug News Perspect. 2010 Mar;23(2):143-51. Review.Metronomic chemotherapy: new rationale for new directions.Pasquier E, Kavallaris M, André N. Nat Rev Clin Oncol. 2010 Aug;7(8):455-65. Epub 2010 Jun 8. Review.Metronomic chemotherapy.Mutsaers AJ. Top Companion Anim Med. 2009 Aug;24(3):137-43. Review.Tumoral angiogenesis: review of the literature.Khosravi Shahi P, Fernández Pineda I. Cancer Invest. 2008 Feb;26(1):104-8. Review.

Eur J Cancer Care (Engl). 2007 May;16(3):258-62.

Antiangiogenic metronomic chemotherapy and hyperthermia in the palliation of advanced

cancer.

Franchi F, Grassi P, Ferro D, Pigliucci G, De Chicchis M, Castigliani G, Pastore C, Seminara P.

16

III Sessione

I TRE BIG KILLER: MAMMELLA – COLON – POLMONE

Moderatore: Giampietro Ravagnan

NUOVE TERAPIE NEL CARCINOMA DELLA MAMMELLA Mimma Raffaele UOSD Oncologia Presidio Cassia Sant’Andrea, San Filippo Neri, Roma

Il tumore della mammella è la neoplasia più frequente nel sesso femminile, con 1.38 milioni di nuovi casi diagnosticati annualmente (23% di tutti i tumori ). E’ una patologia eterogenea, con una varietà di entità biologiche e di comportamenti clinici e differenti alterazioni molecolari, che ne condizionano crescita, sopravvivenza e la risposta al trattamento. Negli ultimi anni, la comprensione dei meccanismi biologici, che sottendono la carcinogenesi e le alterazioni molecolari, ha portarto alla identificazione di nuove molecole targets ed , pertanto, allo sviluppo di nuove terapie. Identificare il target che promuove o sostiene la crescita e l’invasione neoplastica è fondamentale per il trattamento efficace della neoplasia . Uno dei primi farmaci, che rappresenta la pietra miliare nel campo delle terapie target nella neoplasia mammaria è il trastuzumab, anticorpo monoclinale anti HER2, che ha modificato l’andamento di malattia nelle pazienti con tumori HER2 positivi.. Ad esso ha fatto seguito il Lapatinib, indicato in combinazione con un inibitore della aromatosi nei tumori ER + o in combinazione con la capecitabina. Farmaci di nuovissima generazione anti HER2: - Pertuzumab, utilizzato in associazione con i taxani e il trastuzumab in prima linea; - Trastuzumab-emtansine (T-DM1), che trova indicazione , in seconda linea. Gli M-TOR inibitori sono una classe di farmaci target, che possono incrementare l’efficacia della terapia ormonale. L’Everolimus è utilizzato nel trattamento dei tumori ER+, HER2 - . Le neoplasie mammarie HER2-, vedono l’impiego, in prima linea del Bevacizumab, anti VEGF, in combinazione alla chemioterapia con taxani.

19

LA TERAPIA INTEGRATA NEL CARCINOMA DELLA MAMMELLA Massimo Bonucci Responsabile Servizio Patologia Clinica ed Anatomia Patologica, Casa di Cura San Feliciano,

Roma

Il tumore della mammella ha una prognosi che nel tempo è andata migliorando. Purtroppo però i nuovi casi di neoplasia sono in aumento. Non possiamo considerare questo dato solo come risultato di una migliore tecnica diagnostica, ma ciò è anche frutto di una influenza negativa da parte dell’ambiente sul nostro organismo. Il trattamento integrato parte proprio da una vera prevenzione e protezione con atteggiamenti alimentari e stili di vita da cambiare. Nel caso di patologia neoplastica il nostro approccio varia perché la prima cosa da fare è la personalizzazione della terapia: farmacogenomica per scegliere la chemioterapia adeguata (DPD; GST-P1-M1); uso di sostanze naturali per aumentare la risposta della chemioterapia (Curcumina, Indolo-3-Carbinolo, Suforafano); sostanze naturali per lo stimolo del sistema immunitario (Polidatina, Micoterapia, Vischio); nutrigenomica per utilizzare l’alimentazione come aiuto alla chemioterapia; sostanze naturali per la prevenzione vera (Bromelina, Lactoferrina, Epigallocatechina Gallato). Dobbiamo aiutare il nostro organismo a rispondere in maniera adeguata a ciò che ci circonda, perché questo può influenzare negativamente sul nostro genoma.

20

L’AGOPUNTURA: IL CONTROLLO DEGLI EFFETTI COLLATERALI NEL CARCINOMA DELLA MAMMELLA Franco Cracolici Direttore Scuola di Agopuntura Tradizionale “Città di Firenze”, Firenze

L’agopuntura e la medicina cinese costituiscono una risorsa utile e sempre più impiegata nel trattamento delle sequele del calcinoma post mastectomizzato. La vasta esperienza degli ospedali statunitensi e le linee guida inglesi e americani concordono con i risultati di efficacia indicati da O.M.S. e N.I.H.: da qui si evince che alcuni protocolli sono sistema di ausilio sempre più impiegato in accordo con la medicina ortodossa. Questa relazione vuole indicare, come in caso di xerostomia, nausea e vomito post chemioterapico, neutropenia, vampate di calore e come di recente evidenziato allo Sloan-Kettering di New York linfedema degli arti superiori, siano problematiche approcciabili in modo sinergico e affiancativo. L’Ospedale di Medicina Integrata di Pitigliano tramite il suo team ha adoperato protocolli complessi nei quali si è aggiunto ai punti classici internazionali alcuni punti relativi a microsistemi ausiliari ed i risultati raggiunti sono incoraggianti. Verranno quindi citati le evidenze di efficacia (cochrane) con i punti impiegati in ambito pubblico e le proposte di protocollo elaborate dal nostro team.

21

TERAPIE A BERSAGLIO: NEOPLASIE DEL COLON E DEL POLMONE Giovanni Palazzoni Specialista in Radioterapia Oncologica Prof.Aggregato presso il dipartimento "Scienze Radiologiche e Bioimmagini" Un. Cattolica del S. Cuore - Complesso Integrato Columbus L’individuazione di mutazioni genetiche all’interno del DNA delle cellule neoplastiche ha portato all’individuazione di prodotti anomali- proteine della mutazioni stesse: tali proteine sono stati “visti” come “bersagli” di una nuova categoria di farmaci. L’idea di poter individuare dei “bersagli” sulla superficie delle cellule neoplastiche e/o all’interno di queste ha coinciso con l’idea di poter avere a disposizione terapie altamente efficienti ed a basso impatto umano. Questi bersagli sono rappresentati da proteine o complessi proteici che svolgono varie funzioni nella regolazione del metabolismo cellulare, nella moltiplicazione, nella specializzazione cellulare e nell’apoptosi. Queste funzioni risultano singolarmente ma più spesso globalmente ed a vari livelli dis – regolate nelle cellule tumorali. La “costruzione” di farmaci che vadano a colpire selettivamente alcuni punti, bersagli, dei meccanismi che presiedono alla dis – regolazione ha permesso un primo passo nella direzione di terapie selettive di re – induzione epigenetica. Tuttavia i “bersagli” individuati e attualmente sfruttabili rappresentano solo un numero limitato di punti d’attacco per una terapia target che re - induca in modo epigenetico una correzione post – trascrizionale. Le neoplasia derivanti da tessuti differenti hanno bersagli differenti poiché si avvalgono di strategie di omeostasi e di crescita differenti. Attraverso l’esame delle proteine, individuate nelle neoplasie del colon, e dei meccanismi di resistenza a farmaci che vadano a colpire queste proteine anomale “bersagli”, individuati nelle neoplasie del polmone NSC, cercheremo di tracciare le prospettive emergenti dall’uso estensivo, al di la degli studi, di questi nuovi farmaci.

22

IL PUNTO DI VISTA CON APPROCCIO INTEGRATO NEL TUMORE DEL COLON. Giuseppe Di Fede Direttore Scientifico e Sanitario, Istituto di Medicina Biologica, Milano

Lo stato nutrizionale del paziente con neoplasia del colon, influenza il decorso clinico e la prognosi del tumore. La malnutrizione si associa infatti a ridotta qualità di vita, maggiore incidenza di reazioni avverse legate alla terapia, ridotta risposta alla terapia da parte del tumore, ridotta sopravvivenza. L’approccio del medico dovrebbe essere orientato al ripristino della capacità La malnutrizione, avvalendosi di strumenti diagnostici come la Farmacogenomica per lo studio della compatibilità ai chemioterapici, la Nutrigenomica come guida nutrizionale sia durante la malattia che come prevenzione delle recidive. La terapia integrata con principi attivi fitoterapici anti tumorali durante la malattia e la terapia. La chemio prevenzione sempre con fitoterapia specifica durante il follow up e probabilmente per tutta la vita. Nei pazienti malnutriti e più frequente l’interruzione, temporanea o definitiva, dei cicli di chemioterapia, e l’insorgenza di tossicità dose-correlata più severa.

23

L’AGOPUNTURA NEL SOSTEGNO DEL PAZIENTE CON TUMORE DEL COLON-RETTO Giuseppe Lupi, Manuela Cormio Presidente S.I.R.A.A., Società Italiana di Riflessoterapia , Agopuntura e Auricoloterapia

Docente Scuola Agopuntura C.S.T.N.F., Torino

Ambulatorio di Agopuntura per il trattamento dell’iperemesi gravidica e degli effetti collaterali

della chemioterapia- Ospedale Umberto Parini, Aosta

L’agopuntura, terapia medica nata più di tremila anni fa, consiste nell’infissione di sottilissimi aghi in determinati punti cutanei e nella stimolazione delle zone interessate; agisce attivando meccanismi nervosi e bioumorali per riequilibrare quelle funzioni alterate dell’organismo che stanno alla base della malattia. La stimolazione delle afferenze somatiche dalla cute e dai tessuti sottostanti produce dei riflessi di risposta nelle funzioni viscerali attraverso le efferenze nervose. Molte sono le patologie in cui è indicata l’Agopuntura, in certi casi come terapia elettiva in altri come parte di un piano terapeutico integrato. Il sistema digerente, proprio in virtù della sua ricca innervazione, risponde molto bene all’agopuntura e le numerose validazioni scientifiche internazionali hanno portato all’inserimento di questa terapia medica in diversi protocolli terapeutici. In campo oncologico, ed in particolare nel sostegno del paziente portatore di carcinoma del colon-retto, l’agopuntura non viene ovviamente utilizzata per la cura del tumore stesso, ma soprattutto per la terapia dei sintomi legati alla patologia e alla chemioterapia. Numerosi studi hanno dimostratol’efficacia dell’agopuntura nel migliorare la qualità della vita del paziente e nel controllo del dolore, ma in campo gastroenterologico le maggiori ricerche sono state effettuate per il controllo della nausea e del vomito, dellastipsi, della diarrea e dell’ileo postoperatorio. Gli autori presenteranno le basi neurofisiologiche e neuroanatomiche dell’agopuntura nelle affezioni funzionali intestinali e discuteranno i più recenti lavori scientifici presenti in letteratura. La modulazione del sistema neurovegetativo per mezzo dell’agopuntura sembra essere il cardine della terapia dei disturbi intestinali e questa terapia, priva di effetti collaterali e apprezzata dai pazienti, si è dimostrata un valido aiuto nel controllo dei sintomi nei pazienti oncologici.

24

TERAPIE DI AVANGUARDIA NEL TRATTAMENTO DEL TUMORE DEL POLMONE IN AMBITO RADIOTERAPICO Giancarlo Beltramo Direttore “Cyberknife” Centro Diagnostico Italiano, Milano

La radioterapia rappresenta, insieme alla chirurgia e alla chemioterapia , una tra le modalita’ terapeutiche piu’efficaci nella cura dei pazienti affetti da tumore.

Gli eccellenti risultati clinici recentemente conseguiti dalla radioterapia sono fortemente correlati allo sviluppo di tecniche di irradiazione quali la radioterapia conformazionale (3D CRT) (Read G. et al: Clin Oncol 1998; 10: 288-96) e piu’ recentemente la radioterapia ad intensita’ modulata (IMRT) (Kuijper EL et al: Medical Dosimetry 2007, vol 32; 237-245) tecniche che permettono una migliore erogazione e conformazione della dose al volume bersaglio neoplastico, una minore irradiazione dei tessuti sani circostanti, prerogativa di un miglior controllo locale di malattia, di una minore tossicità e di una migliore qualità della vita per il paziente.

Sebbene L’High Technology in radioterapia abbia permesso di conseguire ottimi risultati nel controllo locale di malattia e nella sopravvivenza dei pazienti affetti da tumore , ad oggi la corretta riproducibilita’ del trattamento radioterapico rappresenta l’ultima frontiera nell’ambito della ricerca tecnologica in radioterapia. L’accuratezza della riproducibilita’ giornaliera del trattamento radioterapico dipende, in parte, sia dalla capacita’ di riprodurre quotidianamente la posizione del paziente prima della seduta di rt (errori di set up), sia dalla capacita’ di verificare e correggere gli spostamenti del target neoplastico durante la seduta di rt (intrafractional motion) e gli spostamenti del target neoplastico tra la seduta di rt e la successiva (interfractional motion) La necessita’ di migliorare l’accuratezza del trattamento radioterapico ha recentemento condotto allo sviluppo di apparecchiature di radioterapia in grado di eseguire dei trattamenti terapeutici radioterapici guidati dalle immagini (IGRT) (Amies C et al: Medical Dosimetry 2006, vol 31: 12-19.

Il principale obiettivo degli apparecchi di radioterapia in grado di eseguire un trattamento guidato dalle immagini e quello di ridurre significativamente il margine di sicurezza applicato attorno al bersaglio neoplastico senza compromettere allo stesso tempo il trattamento radioterapico proposto. Gli acceleratori di nuova generazione sono dotati di accessori dedicati alla verifica del corretto posizionamento del bersaglio e dotati di accessori in grado di monitorare e modificare l’erogazione del fascio di radiazione a seconda della reale posizione del tumore e dei tessuti sani adiacenti durante la seduta di radioterapia. Il tumore del polmone ad oggi è la prima causa di morte negli uomini e la seconda nelle donne. Il progresso della diagnostica per immagini, le campagne di prevenzione e la maggiore sensibilità della popolazione consentono sempre più frequentemente di diagnosticare la malattia in fase precoce: in questa categoria di pazienti la chirurgia, che rappresenta il trattamento terapeutico di scelta, è in grado di ottenere tassi di controllo locale della malattia nell’80% dei casi e sopravvivenza dei pazienti pari al 60-70% a 5 anni. Nei pazienti non candidabili a un intervento chirurgico la chemioterapia e la radioterapia convenzionale hanno conseguito risultati deludenti. I recenti sviluppi della tecnologia ed i continui progressi nell’ambito della fisica e dell’informatica, hanno consentito lo sviluppo di tecniche di radioterapia altamente sofisticate volte all’utilizzo di elevate dosi di radiazioni indirizzate al volume bersaglio contestualmente alla riduzione della dose ai tessuti-organo non bersaglio con il relativo miglioramento nel rapporto rischio-beneficio e della tossicita’ del trattamento Il recente sviluppo di dispositivi tecnologici dedicati alla radioterapia, associati al perfezionamento degli studi di imaging, e a una maggiore comprensione degli effetti biologici a breve e a lungo

25

termine delle dosi somministrate al tumore del polmone, ha condotto a un notevole miglioramento dei risultati clinici. In questo ambito la radioterapia ipofrazionata con Cyberknife rappresenta una nuova soluzione terapeutica nell’ambito dei trattamenti convenzionali per la cura del carcinoma clinicamente localizzatoe avanzato del polmone in quanto, utilizzando la tecnologia robotica e un avanzato sistema di guida basato sulle immagini, rende possibili interventi radiochirurgici senza la necessità di utilizzare presidi di immobilizzazione invasivi. Inoltre questo tipo di trattamento offre vantaggi potenzialmente molto interessanti in quanto la minima esposizione alle radiazioni dei tessuti sani adiacenti e il regime ambulatoriale permettono al paziente di organizzare il proprio tempo libero con il minimo disturbo nelle attività della vita quotidiana. I recenti dati presenti in letteratura hanno evidenziato come un trattamento radiochirurgico condotto tramite Cyberknife ottenga un beneficio clinico per i pazienti affetti da tumore localizzato del polmone superiore non solo al trattamento radioterapico convenzionale (3D-CRT o IMRT), ma anche, in casi selezionati, alla stessa chirurgia.

26

TERAPIA INTEGRATA NEL TUMORE POLMONARE

Walter Legnani Spec. Oncologia Medica-Clinica Madonnina, Membro SIMA, Milano

Il tumore polmonare rappresenta da vari decenni l’esempio più tipico di neoplasia passibile di prevenzione, mentre i vari programmi di screening per la diagnosi precoce non sono mai approdati ad evidenza sufficiente a renderli pratica corrente. La possibilità di prevenzione è legata all’evidenza del fumo di sigaretta come fattore di rischio determinante e, se pure in minor misura, all’inalazione di inquinanti, in parte ambientali e in parte da esposizione professionale. La dimostrazione dell’efficacia della prevenzione sta nella curva di incidenza della neoplasia degli ultimi decenni, che mostra una tendenza al decremento per il sesso maschile a fronte tuttora di un aumento nel sesso femminile. La spiegazione è ancora appunto l’esposizione al fumo. Oltre alla modificazione delle abitudini di vita a questo riguardo, la ricerca va indagando quali altri fattori preventivi possano esistere. Oltre a quelli comunemente citati come adiuvanti immunitari nella logica di pensiero PNEI (esercizio costante, gestione dello stress, quindi tecniche di rilassamento e di equilibrio mente-corpo), un ruolo importante è rappresentato dai costituenti dietetici. Anche in questo campo, oltre a quelli classici (ridotto consumo di zucchero, di carne rossa, di latticini e grassi animali in genere; uso basilare nella dieta di cereali, frutta e verdura stagionale), la letteratura offre una serie di studi sull’integrazione con costituenti aggiuntivi: citiamo i carotenoidi, il selenio, sostanze ad effetto antiossidante e immunoadiuvante come la curcuma, la papaya, il tè verde, gli antociani, il resveratrolo e altri. La relazione mira a illustrare gli studi specifici riguardanti il tumore polmonare e a illustrane il diverso grado di evidenza. Un altro capitolo importante è quello della possibilità di terapie integrate in presenza di malattia durante terapia medica (neoadiuvante nelle forme localmente avanzate oppure nelle forme diffuse). In questa situazione, tradizionalmente considerata a cattiva prognosi, l’integrazione terapia medica – radioterapia – chirurgia ha creato di per sé un aumento delle risposte terapeutiche e delle possibilità di lunga sopravvivenza. Per quanto riguarda la terapia medica convenzionale va detto che negli ultimi anni si è assistito a una ulteriore differenziazione tra le diverse istologie del tumore, con implicazioni pratiche. Se fino a un decennio fa la distinzione veniva fatta fra carcinoma “a piccole cellule” (c.d. microcitoma) e “non a piccole cellule” (ca. spino cellulare, adenocarcinoma e ca. a grandi cellule), attualmente nella istologia adenocarcinoma sono stati individuati diversi assetti recettoriali di membrana che hanno aperto la strada a nuovi tipi di terapia biologica. Si tratta soprattutto di ricercare recettori del tipo EGFR mutati, traslocazioni ALK, considerare la presenza di VEGF. Oltre alla classica chemioterapia per questa forma (cis o carboplatino, taxani, pemetrexed, gemcitabina, vinorelbina e altri), in caso di positività nella ricerca recettoriale hanno trovato posto terapie biologiche quali gefitinib, erlotinib, crizotinib oppure anti-angiogenetici quali il bevacizumab. La tossicità, meno eclatante rispetto alla mielo, neuro, nefro ed epatotossicità dei chemioterapici convenzionali, rimane comunque un elemento di un certo peso: oltre alla fatigue spesso non inferiore alla fase chemioterapica, compaiono spesso alterazioni cutanee e tossicità d’organo di vario tipo. Per quanto riguarda le altre categorie istologiche (ca. epidermoide, grandi cellule e anche nel ca. a piccole cellule) il trattamento è essenzialmente ancora di tipo chemioterapico (ancora platini, taxani, gemcitabina, vinorelbina, etoposide nel microcitoma). È vero che nelle forme a piccole come in quelle a grandi cellule si assiste da tempo a una progressiva caratterizzazione in senso neuro-endocrino, con alcune variazioni terapeutiche consequenziali. Nella fase terapeutica la letteratura complementare individua alcune sostanze in grado di ridurre gli effetti tossici e quindi di contribuire a una miglior qualità di vita e perfino a una maggior

27

praticabilità della chemioterapia. Tra quelle maggiormente studiate possiamo citare il Viscum album, I funghi come Shitake e Maitake, oltre agli elementi a influsso immunitario positivo sopra citati. Un capitolo importante è rappresentato dall’apporto delle sostanze antiossidanti e fitoterapiche che possono ad esempio essere neuro o epatoprotettive. Compito della relazione è anche in questo caso discriminare il grado di attendibilità degli studi a fronte di una notevole mole di dati incontrollata presente sul web. Vanno aggiunti infine come interventi terapeutici potenzialmente utili in fase di terapia medica o radioterapica alcune terapie non farmacologiche: citiamo tra le varie l’agopuntura, l’ipertermia, le terapie artistiche, lo yoga, il thai chi, l’euritmia, la meditazione, il sostegno psicologico e spirituale in generale. Senza tralasciare le indicazioni dietetiche più indicate e specifiche per la fase chemioterapica. Verranno esaminati studi che definiscono quanto i trattamenti integrati influiscano sulla qualità della vita e sulla compliance dei pazienti ai trattamenti convenzionali. Nell’ambito di questi studi sono segnalati, oltre al miglioramento qualitativo, anche riscontri positivi sulla sopravvivenza. A dimostrazione di quanto abbiano senso nel progetto di cura anche rimedi o procedimenti di per sé non direttamente da considerarsi anti-tumorali, ma mirati a favorire e sostenere lo stato metabolico e l’equilibrio personale in generale. Nel tumore polmonare dunque, come in altri tipi di neoplasia, l’integrazione terapeutica, lungi dal voler illudere circa l’esistenza di “alternative” ai metodi convenzionali, si pone come sostegno al paziente a far sì che il periodo di terapia sia il più possibile un tempo vivibile, in cui elaborare senso e motivazioni al cambiamento.

28

OMEOPATIA E TUMORI POLMONARI Elio Rossi Responsabile Ambulatorio di Medicine complementari e alimentazione in Oncologia-UO

Oncologia-ASL 2, Lucca

Nei paesi industrializzati l’omeopatia è utilizzata per lo più come terapia complementare dei protocolli oncologici convenzionali allo scopo di contrastarne gli effetti avversi. La terapia omeopatica delle varie forme di tumore non è ancora stata convalidata con studi clinici randomizzati e controllati e sono disponibili anche pochi studi osservazionali. E’ quindi sostanzialmente l’esperienza clinica di oltre 2 secoli che definisce la possibilità di un intervento omeopatico a integrazione delle cure convenzionali. I dati pubblicati su riviste indicizzate, ancora insufficienti, riguardano nello specifico l’applicazione del cosiddetto “Protocollo Banerji”. Questo metodo che rappresenta una consolidata ultratrentennale esperienza basata su decine di migliaia di casi clinici trattati e un minimo di documentazione scientifica, per quanto ancora del tutto insufficiente per dimostrare l’efficacia del trattamento proposto, si basa sulla somministrazione in diluizioni ultramolecolari di sostanze normalmente somministrate in omeopatia e prevede la prescrizione di rimedi specifici per le singole tipologie di tumore. Secondo il protocollo Banerji, la prima linea di trattamento del tumore del polmone include Kali carb. 200CH a mattine alterne, Thuja occ. 30CH 2 volte al giorno, Kali muriaticum 3DH e Ferrum phos. 3DH 2 volte al giorno. La seconda linea di trattamento prevede Carbo animalis 200CH, 2 volte al giorno, Bryonia alba 30CH e Aconitum napellus 200CH, 2 volte al giorno. Per i sintomi correlati, in caso di tosse, si somministra Bryonia 30CH, Aconitus 200CH insieme con Kali carb., Thuja e Ferrum phos. Emottisi: Ferrum phos. 3DH 5 volte in caso di bisogno. Versamento pleurico: Lycopodium 30CH 3 volte al giorno. Altre studi sono stati pubblicati che riguardano un approccio individualizzato (classico) al trattamento del paziente oncologico. In uno studio recente (Gaertner et al. 2014) per esempio è stata valutata l’associazione dell’omeopatia al trattamento convenzionale presso l’Ambulatorio di omeopatia della Facoltà di Medicina di Vienna. Lo studio retrospettivo ha analizzato nello specifico la sopravvivenza dei pazienti oncologici: i criteri di inclusione allo studio erano almeno 3 visite omeopatiche, prognosi fatale di malattia, descrizione dei dati quali-quantitativi dei pazienti e tempo di sopravvivenza. Nel corso di 4 anni sono stati registrati i dati di 538 pazienti, di cui il 62,8% donne e di questo circa il 20% con tumore della mammella. Del 53,7% (287) dei pazienti che avevano avuto almeno 3 visite omeopatiche in 4 anni, 54 (18,7%) rientravano nei criteri per l’analisi della sopravvivenza. Le neoplasie esaminate sono state glioblastoma, tumore del polmone,

carcinoma del pancreas e colangiocarcinoma, sarcoma metastatizzato e carcinoma renale. La sopravvivenza media generale, comparata con le aspettative di oncologi esperti e con gli outcome di sopravvivenza per ogni tumore riportati in letteratura, è stata più lunga in tutte le tipologie di tumore osservate (p<0.001). Più della metà dei pazienti (65%) aveva tempi di sopravvivenza pari o superiori a quelli riportati in letteratura per soltanto il 20% di pazienti di quella tipologia di tumore. La significatività dei risultati è stata determinata con il test di Wilcoxon; i risultati delle analisi erano significativi per i tumori nel loro insieme (p<0.001), ma anche per colangiocarcinoma (p=0.043), glioblastoma (p=0.043) e sarcoma metastatizzato (p<0.001). La sopravvivenza a 3 anni era superiore in tutte le tipologie di tumore rispetto a quanto riferito in letteratura, tranne che per il tumore del polmone non a piccole cellule. La sopravvivenza più lunga era correlata in modo positivo con la frequenza della terapia omeopatica, anche se questo rapporto non è stato mantenuto coerentemente in tutti i gruppi. Gli autori hanno definito interessante il maggior tempo di sopravvivenza di questo gruppo di

29

pazienti oncologici con prognosi fatale in trattamento aggiuntivo con omeopatia individualizzata. Complessivamente questi dati fanno pensare a processi neuroimmonologici mediati o modulati positivamente dalle CAM che potrebbero influire su crescita e propagazione del tumore. Si tratta però di risultati ascrivibili a un piccolo campione proveniente da un’unica clinica, con dati su pazienti e trattamento limitati. Per questo motivo, conclude lo studio, occorre in futuro esplorare il rapporto fra terapia omeopatica e sopravvivenza dei pazienti oncologici con studi prospettici condotti su campioni più ampi, possibilmente randomizzati, valutando anche l’impatto sulla qualità della vita.

30

IV Sessione

CASISTICA E RICERCA IN ONCOLOGIA

Moderatore: Stefania Meschini

IMMUNOTERAPIA DEL PAZIENTE ONCOLOGICO CON LIEVITI, MUFFE E FUNGHI MEDICINALI Monica Di Lupo Spec. Medicina dello Sport, Pisa

L'intento principale della terapia oncologica integrata è quello di potenziare le difese immunitarie e la reattività organica, modulando i fattori producenti le modificazioni epigenomiche di tipo degenerativo. I/fine terapeutico di questo approccio combinato è quello di arrestare la proliferazione tumorale e reindirizzare ai meccanismi naturali di apoptosi le cellule alterate irreparabilmente, contrastare i danni ossidativi prodotti da malattia, chemio e radioterapia. Con l'utilizzo razionale degli estratti macrofungini (funghi medicinali) e microfungini (lieviti e muffe) si intende approcciare il paziente (non solo la malattia!). Il bersaglio di questo approccio terapeutico sono le cellule immunitarie (macrofago e linfocita, in particolare) per le loro potenzialità di network psico-neuro-endocrino e per le capacità di sintesi e di ricezione dei segnali cellulari autocrini, paracrini, endocrini e neurogeni. In pratica si utilizzano sostanze di origine sia microbiologica che micologica alfine di ottenere la modulazione e il potenziamento delle risposte IMMUNITARIE. Si utilizza, cioè, una strategia terapeutica conforme a quella fisiologica per arrivare a modificare sistemi complessi non direttamente bersagliabili da un intervento di attivazione o inibizione specifico, ma che diventano oggetto, indiretto, di modificazioni positive di adattamento e modulazione psiconeuro-endocrino-immunitarie. Questo in virtù degli stretti rapporti di cooperazione, interazione e auto-regolazione reciproca, tipica dei SISTEMI BIOLOGICI ORGANO-CELLULARI INTEGRATI. MICOLOGIA FARMACEUTICA APPLICATA all'ONCOLOGIA INTEGRATA: Nel regno dei funghi vengono normalmente inseriti sia i micro funghi (lieviti e muffe) che i macro funghi (basidiomicetj e ascomiceti),fra cui i funghi medicinali. I lieviti sono organismi unicellulari e microscopici a differenza di muffe efunghi a cappello che invece sono pluricellulari e macroscopici. I principali fautori molecolari ad effetto immuno-farmacologico presenti nei funghi e approfonditamente studiati per gli usi PONDERALI in oncologia sono essenzialmente- -POLISACCARIDI di STRUTTURA (a- e /3-glucani) - TRITERPENOIDI Le proprietà terapeutiche evidenziate sperimentalmente, ma variabili per la vasta differenziazione biochimica, sono inquadrabili nei seguenti punti cardine: - IMMUNOMODULAZIONE delle risposte infiammatorie cronico-degenerative; - Potenziamento della SORVEGLIANZA immunitaria innata e adattativa citotossica (CD8+); - Potenziamento dell'immunità Th-1 (sorveglianza anti-tumorale, effetto anti-allergico, prevenzione delle reazioni autoimmuni); - Effetto CITO TOSSICO diretto e selettivo sulle cellule cancerose; - Ripristino dei meccanismi APOPTOTICI naturali; - Inibizione dei meccanismi invasivi proteasi-dipendenti (metastatizzazione) e della NEOANGIOGENESI tumorale; - Interazione con i FATTORI DI TRASCRIZIONE NUCLEARE implicati nell'attivazione di citochine, chemochine, metalloproteasi, prostaglandine, iNO, fattori di crescita, ecc. - Regolazione del metabolism° ENERGETIC°, catabolic° e iperinsulinemico nei pazienti oncologici Nell'ambito micro organic° (muffe, si ritrovano akuni del precedenti immuno-induttori farmacologici, presenti anche nei macro funghi, ma utilizzati a diluizioni di REGOLAZIONE del segnali cellulari. Per le clifferenti funzionalità regolatorie e le diverse forme molecolari micro fungine possiarno

33

riconoscere le seguenti strutture micro-immuno-farmacologiche: •Apteni polisaccaridici di potenziamento e modulazione immunitaria; •Lisati cellular' fungini (acidi nucleic', lipidi, proteine, glucani, mannam) con funzione mimetica sovrapponibile ai PAMPs (sequenze molecolari associate ai patogem) e DAMPs (sequenze molecolari associate al danneggiamento cellulare); •Forme fungine eubiotiche di regolazione; L'uso combinato di rimedi ad alta concentrazione ponderale specifica peril potenziamento e la modulazione dei sistemi immunitari e di rimedi a basso diluizione con finalità di "regolazione" del segnali cellulari, favorisce ii sinergismo e la compliance terapeutica nel paziente oncologico con cornplicazioni infettive e cataboliche.

34

LA MEDICINA FUNZIONALE COME PREVENZIONE IN ONCOLOGIA Antonio Sacco Centro di Medicina Generale e Integrativa, Casablanca (Marocco)

Nell'ottica di un Oncologia Integrata che unisce alle conoscenze mediche tradizionali nuove procedure diagnostiche e terapeutiche derivanti dalla biologia molecolare, dalla genetica, dalla farmacogenomica e nutrigenomica, nonché dalle medicine non convenzionali, la prevenzione riveste un ruolo di fondamentale importanza. Infatti permette sia l'identificazione dei fattori di rischio in soggetti sani o in ABS che non presentano sintomi, sia diagnosi precoci in soggetti con antecedenti familiari o in fase subclinica, sia il follow up per il controllo delle recidive in soggetti in fase di remissione. A tale scopo si utilizzano conoscenze derivanti dalla Medicina Funzionale che focalizza il suo intervento prevalentemente sulla persona e non solo sulla malattia, va alla ricerca delle cause scatenanti e non solo di sopprimere i sintomi, approfondendo ricerche sulla biochimica e la fisiologia umana per rendere la Medicina preventiva, predittiva e personalizzata. Cardini fondamentali della Medicina Funzionale sono: - l'approccio olistico con la diagnosi funzionale che tiene conto di tutti i disturbi del paziente e di tutta la sua storia precedente la malattia - l'individualità biochimica, punto centrale della Medicina Funzionale. Ogni individuo presenta caratteristiche uniche che gestiscono non solo le attività volontarie, come la capacità decisionale e le risposte emozionali, ma anche le attività involontarie, come il metabolismo dei nutrienti e la risposta adattativa allo stress ed ai fattori ambientali. Da ciò la necessità di creare un percorso diagnostico e terapeutico specifico ed unico per ogni individuo. - la salute intesa come vitalità positiva e non come semplice assenza di malattie o sintomi. (vedi definizione OMS) Questa valutazione si avvale di: - raccolta dati e questionari - anamnesi rivolta alla ricerca di a) antecedenti o fattori preesistenti alla malattia (Diatesi) b) triggers o fattori scatenanti in grado di attivare i mediatori quiescenti c) mediatori o sostanze in grado di provocare sintomi o danni tessutali - visita medica che focalizza l'attenzione contemporaneamente su struttura posturale, biochimica e psiche - scelta delle analisi funzionali mirate ad hoc per l'individuo in quel preciso momento. Negli ultimi decenni si sono ottenuti straordinari progressi nello sviluppo di esami di laboratorio per la diagnosi delle malattie; purtroppo tale lavoro si è concentrato soprattutto sui processi patologici e non sulle anomalie fisiologiche prima che esse diventino vere e proprie patologie. Non esistono infatti o non sono di routine test per valutare il metabolismo, lo stato nutrizionale, lo stile di vita, la fisiologia e la salute dei pazienti. I pochi test esistenti tendono a misurare valori assoluti, piuttosto che indici funzionali e generalmente indicano valori anomali solo dopo che si sono sviluppate disfunzioni gravi. Tra i tests più utilizzati per la valutazione dello stato nutritivo e delle varie funzioni fisiologiche e che hanno ottenuto conferma nella letteratura scientifica vi sono: - Analisi digestiva completa delle feci (CDSA)

35

- Test di permeabilità intestinale - Breath test al Lattulosio per l'ipercrescita batterica intestinale - Profilo degli acidi grassi - Dosaggio delle IgA salivari - Test per allergie alimentari tramite dosaggio IgG con metodo ELISA - Profilo della detossificazione epatica - Test degli acidi biliari (SBA) che indaga i disturbi funzionali epatici - Analisi minerale tissutale del capello - Analisi per lo stress ossidativo - Profilo metabolico disglicemico - Dosaggio ormonali salivari - Valutazione dei metalli pesanti - Valutazione della funzione immunitaria A livello metabolico é così possibile personalizzare il piano nutrizionale terapeutico tenendo conto della tipologia ossidativa lenta o veloce dell'individuo in quel momento predisponendo il soggetto ad una migliore compliance a tutti gli interventi terapeutici Solo agendo sulle cause e valutando il soggetto nel suo insieme sará possibile prevenire l'insorgenza di molte malattie cronico degenerative

36

LIPOSOMI CATIONICI CONTENENTI LA SOSTANZA NATURALE VOACAMINA PER L’OTTIMIZZAZIONE DELLA CHEMIOTERAPIA Maria Condello (a,b), Barbara Altieri (c), Luisa Giansanti (c), Giovanna Mancini (a), Stefania Meschini (b)

(a) Istituto di Metodologie Chimiche, Consiglio Nazionale delle Ricerche CNR, Roma

(b) Dipartimento di Tecnologie e Salute, Istituto Superiore di Sanità, Roma

(c) Dipartimento di Scienze Chimiche e Fisiche, Università dell’Aquila, L’Aquila

La maggior parte dei tumori presenta una scarsa sensibilità agli agenti chemioterapici risultando, quindi, difficilmente aggredibili con i tradizionali trattamenti farmacologici. L’uso di sostanze naturali da integrare alla chemioterapia convenzionale e l’applicazione di liposomi come sistema di drug delivery sono tra le più importanti strategie adottate in campo biomedico. Studi in vitro hanno dimostrato che la voacamina (VOA), un alcaloide bisindolico isolato dalla pianta Peschiera fuchsifoliae, chemiosensibilizza le cellule tumorali farmacoresistenti alla doxorubicina (DOX), inibendo la P-glicoproteina (P-gp), la principale pompa di efflusso responsabile della farmacoresistenza (Meschini et al., 2005; Condello et al., 2014). L’incapsulamento della VOA in liposomi favorisce la sua solubilità in acqua, aumentando l’accumulo nei tessuti-bersaglio e riducendo quello nei tessuti sani. La VOA è stata inclusa nei liposomi composti dal DOPC (1,2-dioleoil-sn-glicero-3-fosfocolina), gemini come tensioattivo e colesterolo, mediante la tecnica di caricamento a gradiente di pH. L’analisi citofluorimetrica ha dimostrato che queste formulazioni entrano nelle cellule resistenti di osteosarcoma (U-2/OS DX) formando dei pori transienti nella membrana plasmatica che presto riprende la sua funzionalità. L’accumulo del chemioterapico DOX era maggiore nelle cellule pre-trattate con VOA inclusa nei liposomi rispetto a quelle pre-trattate con VOA libera. Il saggio di vitalità cellulare ha dimostrato l’inibizione della crescita di circa il 10% nelle cellule pre-trattate con VOA caricata nei liposomi rispetto a VOA libera. Le osservazioni in microscopia ottica hanno dimostrato che le cellule farmacoresistenti di osteosarcoma trattate prima con i liposomi contenenti VOA e successivamente con DOX erano irreversibilmente danneggiate rispetto alle cellule pre-trattate con VOA libera e DOX. I saggi di funzionalità della P-gp, infine, hanno dimostrato che i liposomi non alterano l’attività della pompa, e che la VOA caricata in liposomi inibisce la P-gp in maniera analoga alla VOA libera. Complessivamente questi risultati dimostrano che l'incapsulamento della VOA nei liposomi migliora il delivery della sostanza naturale nelle cellule tumorali resistenti ed il suo effetto chemio sensibilizzante.

37

L’UTILIZZO DELLA MINDFULNESS IN PSICONCOLOGIA. Elisa Nesi Psicologa, Psiconcologa, Ce.Ri.On. Firenze, Lilt Firenze, C.D. Sipo Toscana, Università Popolare

Arezzo

L’intervento porterà in primo piano l’utilizzo della Mindfulness con Pazienti Oncologici. In particolare,sarà riportato uno studio pilota condotto al Ce.Ri.On di Firenze. Razionale dello Studio/Premessa: Il Protocollo di Ricerca è volto ad indagare l’efficacia di interventi complementari in Oncologia per la riduzione del distress condotto su pazienti in Riabilitazione Oncologica. L’intervento utilizza la Meditazione Mindfulness. La Mindfulness è uno

stato mentale, una modalità dell’essere, non orientata a scopi, il cui focus è permettere al presente

di essere com’è e permettere a noi di essere, semplicemente, in questo presente.

Gli obiettivi: Lo studio si propone di indagare l’impatto di un corso di meditazione Mindfulness (protocollo MBSR): meditazione e mindful yoga che combina esercizi di postura, respirazione e rilassamento. Il lavoro mette in luce come interventi di MBSR con pazienti oncologici possa essere parte integrante di un percorso di RIABILITAZIONE. Questa, intesa come riabilitazione olistica, è finalizzata al prendersi cura momento per momento.

38

ALOE-EMODINA: VALIDITÀ DELL’USO Colone Marisa (a), Calcabrini Annarica (a), Giuliani Chiara (b, c), Altieri Barbara (b), Fratini Emiliano (a), Anello Pasquale (a), Tortora Mariarosaria (d), Bombelli Cecilia (b), Cavalieri Francesca (d), Mancini Giovanna (b), Stringaro Annarita (a) (a) Dipartimento di Tecnologie e Salute, Istituto Superiore di Sanità, Roma

(b) CNR, Istituto di Metodologie Chimiche, Dipartimento di Chimica “Sapienza”, Università di

Roma

(c) Dipartimento di Scienze Fisiche e Chimiche, Università dell’Aquila, L’Aquila

(d) Dipartimento di Scienze e Tecnologie Chimiche, Università di Roma Tor Vergata, Roma

I composti di origine naturale sono tradizionalmente utilizzati per il trattamento di varie malattie. I nostri studi sono stati rivolti verso tali sostanze con l’obiettivo di sviluppare nuovi farmaci antitumorali con un’alta selettività per le cellule tumorali ed una bassa tossicità per quelle normali (che come è noto possiedono un basso indice di proliferazione). Recentemente, il nostro gruppo di ricerca ha studiato l’attività dell’aloe emodin, un antrachinone presente nel parenchima delle foglie di alcune specie di Aloe, che induce effetti citotossici nei confronti di varie linee cellulari tumorali umane, come altri studi scientifici hanno evidenziato. Il cancro al seno è il tumore più frequentemente diagnosticato nelle donne: nel 7% dei casi esse hanno un’età al di sotto dei 40 anni mentre il 4% un’età inferiore ai 35. Nelle donne molto giovani questo tumore può considerarsi raro. Il tumore al seno è una malattia eterogenea che presenta molti sottotipi basati sui diversi livelli di espressione sia del recettore del progesterone, sia di quello per gli estrogeni e del recettore 2 del fattore di crescita dell’epidermide (HER-2/neu). Numerosi dati di letteratura indicano che l’aloe emodin presenta un’alta affinità per le cellule del tumore del seno ed esercita anche un’azione immunostimolante sulle cellule del sistema immunitario (1). Nel presente studio abbiamo utilizzato una linea cellulare umana di adenocarcinoma mammario (SKBR3). I risultati ottenuti mediante varie tecniche di laboratorio (MTT test, studio del ciclo cellulare associati a studi ultrastrutturali) hanno dimostrato che l’aloe emodin esercita un’azione antiproliferativa nei confronti della linea SKBR3. In virtù di questi risultati sono in corso nuovi esperimenti per valutare ed aumentare l’efficienza di trasporto (delivery) di questa sostanza utilizzando vari sistemi quali liposomi cationici, nano/microcapsule e nano/microbolle a base di lisozima. 1. C. Tabolacci, A. Lentini, Life Sci. 2010 (9-10), 316

39

OLI ESSENZIALI: UN NUOVO AIUTO

Bozzuto Giuseppina (a, b), Calcabrini Annarica (a), Colone Marisa (a),Toccacieli Laura (a), Stringaro Annarita (a), Molinari Agnese (a) (a) Dipartimento di Tecnologie e Salute, Istituto Superiore di Sanità, Roma; (b) Istituto di

Metodologie Chimiche, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Roma

Uno degli obiettivi della ricerca oncologica è l'individuazione di nuove strategie terapeutiche combinate, che presentino massima efficacia ed effetti collaterali limitati o nulli. Da sempre l’ambiente naturale ha rappresentato uno scrigno prezioso che ha fornito e seguita a fornire principi farmacologicamente attivi impiegati sia nella pratica della medicina tradizionale che nella ricerca farmacologica industriale. In particolare, negli ultimi anni sempre più studiosi che operano nel campo dell’oncologiasi stanno concentrando sull’impiego degli oli essenziali (OE) da soli o in combinazione con la chemioterapia tradizionale per il superamentodel fenomeno della farmacoresistenza e il miglioramento dell’indice terapeutico. Gli OE, ricavati per distillazione in corrente di vapore acqueo e la spremitura o pressatura di diverse parti della pianta, sono essenzialmente miscele di molecole che possono essere incluse in due gruppi diidrocarburi di diversa origine biosintetica: terpenoidi e fenilpropanoidi. Ad oggi, sono conosciuti approssimativamente 3000 oli essenziali, di cui 300 sono presenti in commercio. Gli OE essendo sostanze lipofilevengono facilmente assorbite dall’organismo e da secoli trovano impiego soprattutto per le loro proprietà antimicrobiche, analgesiche, antinfiammatorie, spasmolitiche ed anestetiche locali anche se studi recenti hanno dimostrato che i loro componenti possiedono anche attività antitumorale sia in vitro che in vivo. L’attività antitumorale è imputabilea diversi meccanismi d’azione talvolta sinergici. Essi riducono l’infiammazione e lo stress ossidativo che sono, come è noto, fenomeni associati alla progressione tumorale e probabilmente anche alla sua origine. Inoltre,gli OE hanno attività antimutageniche, antiproliferative, stimolano il sistema immunitario e l’immunosorveglianza, e sono in grado anche di modulare lapolifarmaco-resistenza come è stato dimostrato dal nostro gruppo di ricerca mediante studi biofisici ultrastrutturali condotti su cellule di melanoma umano.

Come dimostrato da vari studi in vitro, i terpenoidisono in grado di indurre la morte delle cellule tumorali attivando le caspasi, ovvero le proteine responsabili del fenomeno di morte cellulare per apoptosi. Infine, è stato dimostrato che gli OE, grazie al loro carattere lipofilo, agiscono a livello delle membrane mitocondriali iperpolarizzate delle cellule tumorali,ristabilendo inormali valori di potenziale di membrana.

Tuttavia, essendo gli OE delle miscele complesse di centinaia di costituenti, una delle maggiori difficoltà che si incontra èla razionalizzazione del loro effetto antitumorale:questo probabilmente è il risultato della somma di ogni singola attività, modulata da tutte le potenziali sinergie.

40

IL CANCRO: NUOVI PERCORSI DIAGNOSTICI E TERAPEUTICI

Stanislao Aloisi Spec. in Nutrizione, Dietologia e Nefrologia, Palermo

Recentissimi studi a livello mondiale , supportati da una corposa e rigorosa bibliografia scientifica , indicano che un cospicuo e idoneo consumo di Frutta e Verdura svolge un ruolo preventivo e curativo nei riguardi del Cancro. Alcuni di questi vegetali , infatti , sono ricchi di particolari composti fitochimici capaci di azione antitumorale ma anche di rafforzare esponenzialmente l’effetto di chemio- e radioterapia . Da queste ricerche emerge , inoltre , che la diffusione di particolari tipi di neoplasie maligne in certe aree geografiche è strettamente correlata al regime nutrizionale . Grazie ad una Alimentazione mirata si potrebbe , dunque , ridurre l’incidenza del Cancro che , a detta degli esperti , si aggirerebbe intorno al 30% . Poiché non sempre i trattamenti clinici attualmente disponibili contro il Cancro hanno gli esiti auspicati , la somministrazione di piccole dosi quotidiane di benefiche molecole fitochimiche presenti in notevole quantità in particolari frutta e verdure nonchè il ribilanciamento calorico dei macronutrienti ridurrebbe di circa 1/3 l’insorgenza e l’exitus del Cancro . Trattasi di un nuovo approccio alimentare , ulteriormente modificato in modo sano da una assunzione quanti- qualitativamente corretta di Acqua giornaliera . L’Alimento inteso , dunque , come “ medicamento “ . Si è visto , inoltre , che i successi terapeutici sono maggiori se la Nutriterapia viene correttamente integrata da altri suggerimenti che tengano conto della Individualità Metabolica – Psichica – Strutturale del paziente in esame . “ Nuovi percorsi terapeutici “ , dunque , ma anche ” Nuovi percorsi diagnostici “ . Questi ultimi , infatti , sono altamente innovativi e come tali utilizzabili sia in prevenzione che in diagnosi che nel monitoraggio oncologico . Il Cancro , pertanto , una patologia infiammatoria cronica genetica che se approcciata in modo integrato fa ben sperare in una sua più sempre curabilità .

41

PSICO-NEURO-ENDOCRINO IMMUNOLOGIA NELLE MALATTIE CRONICHE CUTANEE: NUOVI CONCETTI E NUOVI DATI Torello Lotti Professore Ordinario di Dermatologia e Malattie Veneree, Università di Firenze, Firenze

Le influenze del cervello e del corpo sono bidirezionali e la pelle deve essere considerata come un’ interfaccia neuro-immuno-endocrina attiva, in cui le molecole effettrici agiscono come parole comuni usate in un dialogo dinamico tra cervello, sistema immunitario e pelle. E 'stato ampiamente dimostrato che gli stimoli ricevuti nella pelle possono influenzare il sistema immunitario, endocrino e nervoso sia a livello locale che a livello centrale. In passato, è stato dedicato molto lavoro alla dermatologia psicosomatica (o Psicodermatologia) da pionieri ben noti. Negli ultimi anni, il meccanismo molecolare con cui neuropeptidi collegano l'asse neurale-immuno-endocrino ha ricevuto una crescente attenzione. La disregolazione funzionale dei neuropeptidi è stata associata a condizioni patologiche cutanee, come la psoriasi e la dermatite atopica, e la corrente comprensione delle anse bidirezionali tra il sistema immunitario, endocrino e il sistema nervoso centrale ed autonomo può chiarire la fisiopatologia di queste malattie, fornendo così potenziali bersagli per interventi terapeutici.

42

V Sessione

NUTRIZIONE: OLTRE LE ABITUDINI: PANE – SOIA – LATTE

Moderatori: Massimo Fioranelli – Massimo Bonucci

VALUTAZIONE DEL POTERE ANTIOSSIDANTE DEGLI ALIMENTI Roberto Stevanato Dip. Scienze Molecolari e Nanosistemi, Università Ca' Foscari Venezia, Venezia

E' noto che l'ossigeno, mediante alcune sue forme particolarmente attive chiamate ROS, specie reattive dell'ossigeno, può provocare danni gravi agli organismi viventi ed, in particolare, alle membrane cellulari, alle proteine e agli acidi nucleici. E' oramai universalmente accettato che malattie degenerative, quali, arteriosclerosi, ictus, cancro, enfisema, morbo di Parkinson, malattia di Alzheimer, SLA (sclerosi laterale ameotropica) ed invecchiamento precoce siano da ricondursi alla deleteria azione dei ROS. Le prime evidenze sulla correlazione fra certe tipologie di malattie e la dieta risalgono al primo '800 e da allora fu una progressione di risultati che portarono l'American Heart Association a riconoscere l'enorme beneficio per la salute pubblica della dieta in stile mediterraneo. Il beneficio è da accreditarsi soprattutto alle molecole con proprietà antiossidanti contenute negli alimenti, nella frutta e verdura fresca in particolare. Questi principi attivi hanno la proprietà di bloccare l'azione delle ROS ed interrompere la catena di reazioni radicaliche che provocano il danno ossidativo. Ma come misurare l'efficacia di tali molecole? Va evidenziato, infatti, che molecole della stessa classe, ad esempio dei flavonoidi appartenenti alla grande famiglia dei polifenoli, possono presentare forti differenze di proprietà antiossidante, in relazione a marginali differenze della struttura chimica. Sono state proposte diverse metodiche analitiche per la determinazione delle proprietà antiossidanti di molecole e composti, fra cui i saggi di Folin-Ciocalteu, del DPPH, enzimatico, ecc., ma ciascuna presenta dei limiti perché indirizzata a misurare un parametro chimicofisico di un processo in realtà molto articolato e tutt'altro che completamente noto. La procedura più corretta è quella di definire come buon antiossidante quella molecola che, applicando differenti metodiche analitiche, dà in ogni caso i risultati migliori, ma la procedura ottimale dovrebbe fornire risultati assoluti meccanicisticamente giustificati. La misura ossigrafica di inibizione della perossidazione lipidica, seppure lenta e laboriosa, appare oggi la più affidabile a questo scopo, in quanto mima in vitro i processi che avvengono in vivo. Si tratta però di individuare un parametro assoluto che correli il risultato sperimentale al meccanismo chimico noto della perossidazione, in modo tale da poter costruire una scala assoluta del potere antiossidante delle molecole. Tale risultato risulterebbe utile per selezionare le specifiche strutture molecolari caratterizzate da elevato potere antiossidante da utilizzare in campo terapeutico nella prevenzione dei danni provocati dalle ROS, ma anche nell'industria alimentare, ad esempio nella conservazione degli alimenti.

45

LA PASTA ED IL PANE: GLUTEN SENSITIVITY Giuseppe Di Fede Direttore Sanitario I.M.Bio Istituto di Medicina Biologica Milano e Istituto Medicina Genetica

Preventiva I.M.G.E.P, Milano

Docente nel Master di Nutrizione Umana, Università di Pavia, Pavia

Studio conferma l’esistenza della sensibilità al glutine non celiaca. In occasione del XXI Congresso Nazionale della FISMAD (Federazione Italiana Società Malattie Apparato Digerente) è stato presentato per la prima volta uno studio retrospettivo dal titolo “Non-Celiac Wheat Sensitivity Diagnosed by Double-Blind Placebo-Controlled Challenge: exploring a New Clinical Entity”, pubblicato recentemente sul Am J Gastroenterol. Lo studio, realizzato su oltre 250 pazienti, aveva l’obiettivo di indagare la sensibilità al glutine non celiaca e ottenere le prime indicazioni sui marker diagnostici, sierologici ed istologici per questa patologia. Per questo sono state riviste retrospettivamente le cartelle di pazienti messi, in cieco, a dieta senza glutine e, in seguito, riesposti a questa molecola. I partecipanti non dovevano essere celiaci e dovevano avere disturbi ascritti alla sindrome del colon irritabile (IBS). I risultati confermano l’esistenza della sensibilità al glutine non celiaca e la connotano come una condizione eterogenea: circa 1/3 dei pazienti con IBS sono risultati sensibili al glutine. Si e' giunti ad una linea guida clinica-diagnostica elaborando un algoritmo diagnostico di laboratorio per meglio evidenziare i pazienti positivi alla G. S.

46

DESTINO ED EFFETTI METABOLICI DI DNA TRANSGENICO IN CONIGLI ALIMENTATI CON SOIA GENETICAMENTE MODIFICATA Vincenzo Mastellone Spec. Anatomia e Fisiologia Veterinaria, Università Federico II, Napoli

I risultati delle indagini da noi condotte al fine di valutare l’integrità del DNA vegetale di origine alimentare nel coniglio, specie per la quale, al momento della stesura della presente tesi di Dottorato, non esisteva in merito alcun dato bibliografico, consentono di effettuare le seguenti considerazioni conclusive: • l’efficienza di estrazione del DNA vegetale risulta notevolmente influenzata dalla provenienza del campione. Rese molto diverse sono, infatti, state registrate nei campioni di organo, rispetto a quelli di tessuto muscolare e di sangue, così come differenze sono state rilevate tra i contenuti dei diversi tratti dell’apparato gastro-intestinale. Non è inoltre da trascurare la diversa risposta ottenuta per campioni uguali prelevati da animali di specie diversa, e, nell’ambito della stessa specie, da animali differenti; • per quanto riguarda il sangue, al fine di ottenere rese di estrazione del DNA più favorevoli, è consigliabile operare su campioni freschi. Meno efficiente, infatti, è risultata l’estrazione dai campioni congelati; • i processi tecnologici degli alimenti che prevedono l’impiego di fonti di calore contribuiscono alla degradazione del DNA in essi contenuto e di questo va tenuto debito conto quando si vogliano effettuare questo tipo di ricerche; • le sequenze di geni a singola copia (quali sono tutti i transgeni) risultano attualmente ancora di difficile rilevazione rispetto a quelli multicopia. Le preoccupazioni di una larga fascia di consumatori nei riguardi del destino del DNA transgenico ingerito con gli alimenti GM emergono soprattutto in relazione a quest’ultimo punto. Se è vero, infatti, che l’intensa frammentazione del DNA durante il processo digestivo dei monogastrici e dei ruminanti sembrerebbe escludere la possibilità della sopravvivenza di geni integri, potenzialmente capaci di essere coinvolti in processi di ricombinazione omologa, secondo qualcuno i risultati negativi nella ricerca dei transgeni nei tessuti animali, sono da attribuire alle metodiche di analisi la cui sensibilità potrà essere ancora migliorata; • gli animali alimentati con soia GM, pur non evidenziando segni clinici evidenti o significative alterazioni dei profili metabolici, hanno mostrato un’alterazione nella produzione locale di LDH suggerendo che la ricerca sui possibili effetti metabolici di una dieta GM debba essere approfondita. In questo senso, i nostri risultati suggeriscono che un’accurata analisi enzimatica potrebbe essere utile per rilevare gli effetti della dieta OGM sul metabolismo cellulare anche in assenza di segni clinici e biochim

47

MANIPOLAZIONE NUTRIZIONALE NELLA MODULAZIONE DI PATTERN CITOCHINICI INTESTINALI

D' Orta Armando; Del Buono Andrea (a) Biologo Nutrizionista, Specialista in Scienze dell'Alimentazione

(b) Medico Chirurgo, Specialista in Medicina Preventiva e del Lavoro, Perf. Fisiopatologia ed

Allergologia Respiratoria.

Ognuno di noi nasce come un verme. Il “verme” è il nostro intestino, una delle primissime parti che si sviluppa dai foglietti embrionali. Nasciamo dunque come “intestino”. Questo strano insieme di membrane non è solo il posto in cui si digeriscono gli alimenti, ma è la sede dei quattro quinti del sistema immune e possiede un così grande numero di neuroni pari a quello del cervello di un cane. Così come il cane, il nostro intestino non ha capacità di ragionare, ma vive una profonda e intensa “emozionalità. In termini biochimici gli alimenti, influenzano il sistema immune e il sistema nervoso, modulando il pattern di citochine e neurotrasmettitori, le cui alterazioni sono alla base del processo imfiammatorio, concausa di tutte le più gravi patologie degenerative, cancro compreso. Il fenomeno della gravidanza ad esempio, inteso come un'esplosione estremamente controllata di crescita di blasti, viene tollerato dal sistema immune, attraverso il riarrangiamento di un complesso sistema di comunicazione, mediato da citochine. La medesima cosa avviene nella fenomenologia del cancro: la massa neoplastica in crescita viene tollerata dal sistema immune, (Treg) il quale, se prevalentemente Th2 orientato, può perdere gran parte della sua sorveglianza immunologica, intesa come citotossicità. Gli alimenti partecipano al mantenimento del sistema infiammatorio in base allo lo capacità di essere antigeni e distrattori immunologici. Essi costituiscono frazioni proteiche non completamente digerite che generano una risposta infiammatoria non finalizzata. Ad esempio la caseina dopo trattamento termico (UHT) e il glutine moderno esaploide (eptapeptidi). Le proteine dunque vanno selezionate in base alla provenienza genetica e al tipo di trattamento termico effettuato. Oltre alla presenza di questi epta e nonapeptidi, il mantenimento e la degenerazione del fenomeno infiammatorio viene amplificato da un'eccessiva presenza di proteine di origine animale, per l'alto contenuto di elementi solforati. Questo processo è noto come Inflammaging: l'infiammazione può portare danno, e il danno può portare la trasformazione cellulare. Non è sbagliato quindi orientare la propria attenzione su questo complesso organo, cercando, tramite l'alimentazione e i nutraceutici, di modularne la risposta. La "dieta" quindi diventa uno strumento indispensabile per modulare, anche in condizione benessere apparente, parametri ormonali, citochinici, circadiani e di equilibrio acido-base.

48

IL LATTE E’ UN ALIMENTO PREZIOSO: PER CHI, QUANDO E PERCHE’ Sabrina Capurso Spec. Geriatria, Dirigente Medico U.O. di Medicina, Osp. Bracciano, Roma

Il latte è considerato da sempre un alimento prezioso perché completo dal punto di vista nutrizionale. Essendo la prima fonte di nutrimento per tutti i piccoli di mammifero incluso l’uomo, è visto come qualcosa di sicuro, che non può nuocere. Tuttavia, il latte è un alimento complesso, composto di acqua, sali minerali, lattosio, vitamine, diverse proteine, fattori di crescita e grassi, laddove ciascuna di queste componenti ha effetti ben precisi sulle cellule viventi. E’ utile ai pazienti affetti da tumore assumere latte? Quali delle sue componenti sono benefiche o dannose e perché? In questa sede prenderemo in considerazione il consumo di latte in relazione al rischio di ammalare di cancro, al rischio di progressione o recidiva di malattia ed in relazione agli effetti collaterali da chemioterapia, per capire quando è utile consumare latte e latticini e quando è invece consigliabile evitarli.

49

ALCALINIZZARE: QUANDO? COME? Paola Fiori Direttore Scientifico e Sanitario, Centro Frontis, Roma

Lo stato di acidosi è associato a numerosi comuni disturbi a carico dell’organismo che inficiano lo stato di benessere generale di un soggetto. Ma l’acidosi metabolica è chiamata spesso in causa anche in patologie importanti quali: sindrome di Alzheimer, disturbi cardio-vascolari, diabete, ipercolesterolemia, patologie

oncologiche. Parliamo di dieta alcalinizzante e non alcalina in quanto non è semplicemente il pH di un cibo a determinare o meno l’acidificazione del nostro organismo, ma la sua interazione con gli altri cibi contemporaneamente assunti, la situazione dell’organismo e dell’organo che li riceve, i meccanismi da esso stimolati durante il processo digestivo. Gli ioni idrogeno residui dunque al termine del processo digestivo metabolico e l’orario in cui questi residui si producono risultano invece fondamentali nell’influenzare l’equilibrio acido-basico del soggetto. Per comprendere quando sia necessario intervenire con una dieta di questo genere è necessario identificare sintomi e esami diagnostici che permettano di valutare l’eventuale stato di acidosi di una persona. Saranno quindi presentati i risultati di uno studio comparativo clinico-diagnostico eseguito presso l’Istituto di Medicina del Benessere Frontis utilizzando le diverse metodiche degli ultimi dieci anni. Una dieta non acidificante o moderatamente alcalinizzante e ben concepita per il soggetto giova comunque a tutti con il preciso scopo di mantenere ciascuno il proprio benessere. Naturalmente essa diventa una terapia imprescindibile in caso di una serie di patologie, prime fra tutte le patologie oncologiche. Tuttavia perché una dieta risulti veramente alcalinizzante devono essere studiate anche le attività fisiche del soggetto, i suoi orari dei pasti e i suoi orari del sonno. E’ questo il motivo per cui le tabelle diffuse sugli alimenti acidificanti e basificanti riportano l’una il contrario dell’altra ed hanno spesso limitato valore dal punto di vista clinico perché non tengono conto di tutte le interazioni cibo-organismo.

50

DISTURBI VASOMOTORI E DOLORE IN DONNE CON TUMORE MAMMARIO O GINECOLOGICO TRATTATE CON MEDICINA TRADIZIONALE CINESE Sonia Baccetti, E. Biondi, T. Conti, M.V. Monechi, Filippa Terranova Centro di Medicina Tradizionale Cinese “ Fior di Prugna” ASL 10 di Firenze

Introduzione ed obiettivi. Secondo la letteratura recente, l’agopuntura è una tecnica molto promettente per il trattamento delle caldane e del dolore oncologico come riportato da alcune Linee guida (Society for Integrative Oncology –SIO 2009 e National Comprehensive Cancer Network 2013). Scopo dello studio clinico pilota, di tipo interventistico, è valutare se la Medicina Tradizionale Cinese rappresenti un metodo sicuro ed efficace nel trattamento di questi sintomi associati al tumore e alle terapie oncologiche in donne con tumore della mammella o ginecologico. Metodi: Presso il Centro di MTC Fior di Prugna della Azienda USL di Firenze, sono state trattate, dal Gennaio 2012 al Marzo 2014, 62 pazienti oncologiche (operate e/o in trattamento chemioterapico o radioterapico), di età compresa tra 34 e 77 anni, divise in 2 gruppi (n. 32 per sindrome vasomotoria e n. 30 per dolore). Gli strumenti di valutazione di risultato utilizzati prima e dopo il trattamento sono stati, per le caldane, il questionario Hot Flash Score (Sloane 2001), mentre per il dolore, a riposo e durante il movimento, è stato utilizzato il questionario con scala verbale PPI (Present Pain Intensity) e quello con scala numerica NRS (Numeric Pain Intensity Scale). Il trattamento ha previsto 10 sedute, una alla settimana, della durata di 40’. Per le caldane il protocollo terapeutico ha previsto la stimolazione con martelletto fior di prugna (zona dorsale da C7 a D5) e l’elettroagopuntura somatica (23VG,2BL,22CV,11LI,4LI, 20GV,4CV, 6CV,37ST,3LR); per il dolore è stata effettuata somatopuntura nei punti 3LR,34GB,4LI,43BL, 36ST, 6CV, punti SHU-MO corrispondenti alla sede del tumore, Punti ashi locali ed auricoloterapia. Sono inoltre stati aggiunti punti variabili, scelti in base alla valutazione energetica del paziente. Risultati: si è riscontrato un significativo miglioramento in tutti gli indici di outcome; il numero medio di caldane nelle 24 ore è passato da 14,6 all’inizio del trattamento a 8,2 alla fine trattamento (p-value <0,01); gli episodi definiti gravi sono passati da 4,8 a 1,7 (p-value <0,01); e quelli gravissimi da 1,1 a 0,2 (p-value <0,05). Il valore medio di intensità del dolore, secondo la NRS Scale, si è ridotto, sia a riposo (da 5,9 a 3,4 (p-value <0,01); che al movimento ( da 7,1 a 4,4 (p-value <0,01); Con la scala PPI il dolore a riposo è diminuito, prevalentemente quello atroce e forte; in 7 casi (23,3%) si è avuto risoluzione completa della sintomatologia dolorosa. Anche nel dolore al movimento (scala PPI ) infine è stata riscontrata riduzione di intensità, maggiore nel dolore forte ed atroce. Non sono stati riscontrati effetti avversi rilevanti. Conclusioni: In accordo con la letteratura internazionale questo studio dimostra che la MTC può essere considerata una tecnica terapeutica efficace e sicura da utilizzare per ridurre il dolore ed i disturbi vasomotori nelle pazienti oncologiche. In questo ultimo ambito essa è particolarmente raccomandata poiché, come è noto, le donne non possono assumere la terapia ormonale sostitutiva a causa dei rischi connessi. Sono comunque necessari studi randomizzati controllati per validare i risultati ottenuti.

51

ONCOLOGIA: L’APPROCCIO IN MEDICINA BIOINTEGRATA Franco Mastrodonato Medico chirurgo. Direttore sanitario della Domus Medica di Bagnoli del Trigno (IS); direttore

scientifico IMeB, Istituto di Medicina Biointegrata; presidente SIMeB, Società Italiana di Medicina

Biointegrata; docente Master in Medicina Naturale Università Tor Vergata, Roma

La Medicina Biointegrata, basandosi sull’integrazione tra le varie forme mediche secondo un linguaggio costituzionale, e sull’applicazione sinergica di una particolare metodologia diagnostica e terapeutica, permette un approccio globale al paziente, superando spesso quelli che sono i limiti di ciascuna forma medica singolarmente presa. Il paziente oncologico, per quanto complesso, non sfugge a tale sistema, anzi, vede la sua problematica inquadrata in un contesto più ampio, personalizzato e maggiormente umanizzato. Dalla diagnosi alla terapia, si vuole dimostrare come un approccio biointegrato in campo oncologico possa produrre maggiori risultati rispetto ad un sistema tradizionale o semplicemente integrato.

52

WORKSHOP:

Ipertermia Oncologica Integrata e Chirurgia: validità dei trattamenti

Massimo Assogna

Sergio Maluta

Carlo Pastore

Piero Rossi

IPERTERMIA A RADIOFREQUENZA: ASSOCIAZIONE A CHEMIOTERAPIA Massimo Assogna Servizio di Ipertermia e Terapie Locali in Oncologia.

Policlinico Universitario Tor Vergata. Università Tor vergata Roma.

Introduzione La terapia ipertermica o ipertermia oncologica (RF-HT) consiste nel riscaldamento dei tessuti biologici a temperature superiori a quella fisiologica. Il riscaldamento dei tessuti avviene mediante la generazione di campi elettromagnetici. Le onde elettromagnetiche utilizzate sono quelle comprese nell’intervallo di frequenze delle onde corte. Attualmente si usa la frequenza di 13,56 MHz, che permette di ottenere un riscaldamento in profondità dei tessuti trattati in modo non invasivo la cui potenza, dissipata localmente, consente di ottenere innalzamenti della temperatura (da 42° a 43°C). Cenni Storici Sono riportate esperienze di Galeno, Ippocrate e Celso. Busch nel 1866 osservò la scomparsa di un sarcoma in un paziente con rialzi termici violenti causati da erisipela. Cooley nel 1883 iniettò tossine batteriche in pazienti neoplastici per ottenere rialzo termico. Questo ed altre esperienze dimostrano una certa attività dell’ipertermia su tessuti neoplastici infiammatori (malarioterapia). Anni ’70: a seguito delle esperienze di Mondovì e Overgaard vengono dimostrate: alterazioni strutturali di membrana superficiali e lisosomiali nelle fasi S ed M del ciclo cellulare. aumento della permeabilità agli agenti citotossici. La possibilità di riscaldare i tessuti è favorita dalle caratteristiche alterazioni emodinamiche del microambiente tumorale, incapace di dissipare il calore come i normali tessuti. L’associazione di chemioterapia ed ipertermia al fine di potenziare l’azione antitumorale dei farmaci è stata descritta da J. SPRATT nel 1979 in un caso di pseudomixoma peritoneale dopo averne sperimentato la tecnica su animali. Razionale L’Ipertermia esplica la proprio azione direttamente su alcuni componenti della cellula neoplastica e su alcune sue funzioni : membrana cellulare, citoscheletro, liposomi, respirazione, DNA, RNA, sintesi proteica (Dahm-Daphi et al., 1997). Induce modificazioni del microcircolo tumorale con incremento dell’ipossia ed abbassamento del pH, stimolazione del sistema immunitario (liberazione di citochine che stimolano l’arrivo in situ delle cellule immunocompetenti) ed infine cambiamento dell’omeostasi dei sistemi cellulari. L’azione dell’Ipertermia determina comparsa di termotolleranza. Per termotolleranza si intende una accresciuta resistenza al calore da parte delle cellule neoplastiche. Particolare attenzione deve essere posta nel caso di cicli termici ripetuti, come comunemente avviene, in quanto le cellule possono diventare termotolleranti, ossia più resistenti al calore di quanto non lo fossero prima dell’applicazione della dose termica iniziale. La causa principale della Termotolleranza alla Ipertermia è da ricercarsi nell’incremento di produzione, da parte delle cellule neoplastiche danneggiate dall’aumento di temperatura, delle Heat shock proteins (HSPs). Le Heat shock proteins (HSPs) sono un gruppo di proteine indotte da shock termico, ma anche da traumatismi, infezioni ecc. I membri più importanti di questo gruppo sono una classe di proteine funzionalmente collegate, coinvolte nella ripiegatura e dispiegamento di altre

55

proteine. La loro espressione è aumentata quando le cellule sono esposte a temperature elevate o altri stress. Questo aumento di espressione è trascrizionalmente regolamentato. La violenta sovraespressione delle proteine da shock termico è indotta principalmente dagli Heat shock factors (HSFs). Le HSPs si trovano in quasi tutti gli organismi viventi, dai batteri agli esseri umani. Le Heat shock proteins sono denominate in base al loro peso molecolare. Ad esempio, Hsp60, Hsp70 e Hsp80 si riferiscono alle famiglie di proteine da shock termico di dimensioni dell'ordine di 60, 70, e 80 kDa, rispettivamente. Metodica di utilizzo dell’Ipertermia Capacitiva (RF-HT) Il trattamento deve essere praticato a giorni alterni, allo scopo di ridurre l’insorgenza della Termotolleranza. La durata del trattamento è di 45 min. Temperatura raggiunta: 42,5°-43°. Gli elementi favorevoli alla ipertermia sono: metodica non invasiva, assenza di effetti collaterali, Buona sopportazione da parte dei pazienti, economia di gestione, mentre a sfavore si ha Impossibilità di misurare le temperature nel tumore, salvo utilizzare metodiche di misurazine invasive), non uniformità del riscaldamento (cold spot- hot spot). L’ipertermia trova impiego nell’associazione con chemioterapia e radioterapia. I benefici prodotti dalla ipertermia si riassumono nell’aumento dell’uptake del farmaco da parte delle cellule tumorali attraverso incremento del flusso sanguigno, nel collasso della microcircolazione tumorale con “intrappolamento” del farmaco nelle cellule tumorali, nell’incremento della permeabilità di membrana con facilitazione del passaggio del farmaco all’interno della cellula e nella mancata formazione dei complessi farmaco-proteine con conseguente maggiore diffusibilità del farmaco e maggiore interazione con i bersagli cellulari. La risposta dei chemioterapici al calore risulta differente a seconda della famiglia dei farmaci. In particolare si hanno: Farmaci con effetto additivo-sopradditivo (lineare) quali Tio-TEPA, nitrosuree, mitomicina C, cisplatino, melfalan; Farmaci con marcato effetto soglia (42°C - 43°C): Doxorubicina, bleomicina, actinomicina D, mitoxantrone, paclitaxel e farmaci che diventano citotossici con l’ipertemia: Cisteamina, amfotericina B, AET, poliamine. Controindicazioni alla Ipertermia Le controindicazioni alla ipertermia capacitiva (RF-HT) possono essere assolute e relative. Controindicazioni assolute sono: Pacemaker, Protesi metalliche magnetiche, Ittero ingravescente, Scompenso cardiaco, Varici esofagee, Colite ulcerosa e Trombosi dei grossi vasi (trombosi Portale). Le controindicazioni relative sono: Flogosi acute, Versamenti abbondanti pleurici o addominali, Febbre, Ferite (comprese le chirurgiche), Emorragie, Ulcere, Fistole, Ulcera gastrica o duodenale. Il trattamento deve essere sospeso almeno 15 gg prima della esecuzione di PET per evitare artefatti. I principali effetti collaterali riscontrati sono: Iperemia cutanea nel 10,0%, Dolore superficiale nel 2,0% dei casi, Adiponecrosi sottocutanea nello 0,15% dei casi e Ustioni di I e II grado nello 0,025% dei casi. Casistica basata su circa 40.000 trattamenti eseguiti da 01/2001 a 05/2014 presso il nostro Centro. Prospettive future Sono auspicabili una messa a punto di trials controllati con adeguatezza metodologica e statistica, ulteriori studi di farmacodinamica e farmacocinetica per la determinazione di un esatto timing,

56

miglioramento della tecnologia delle macchine (contorni mirati del target, possibilità di indirizzare e controllare il calore, migliore riscaldamento di lesioni profonde e/o con elevato volume, nuovi algoritmi per il calcolo indiretto delle temperature) e sviluppo della tecnologia basata su nanoparticelle (ipertermia magnetica). Ipertermia magnetica L’ipertermia magnetica comporta l’iniezione di un fluido contenente nanoparticelle magnetiche (NP) direttamente all’interno della massa tumorale. Quando sottoposte ad un campo magnetico alternato di frequenza dell’ordine delle onde radio FM , le nanoparticelle, frazioni di materiali inorganici o organici inferiori al micron, dissipano calore: ne deriva un incremento di temperatura della massa e, in particolare, un danno alle cellule maligne. Il vantaggio di questa tecnica, minimamente invasiva, consiste nella capacità di prevenire i riscaldamenti indesiderati dei tessuti sani poiché solo le nanoparticelle assorbono l’energia fornita dal campo magnetico. Le NP sono costituite da ossido di ferro. Queste, allo stato naturale, tendono ad aggregarsi minimizzando l’energia superficiale inoltre vengono ossidate con la conseguente perdita di magnetismo e capacità di dispersione. Per evitare questi comportamenti le NP vengono funzionalizzate, cioè integrate con molecole organiche (tensioattivi, polimeri) o inorganiche (silice, o metallo). Viene preferito l’oro in quanto il rivestimento con tale materiale non fornisce solo stabilità della NP in soluzione ma permette anche il legame di molecole biologiche, utili per varie applicazioni biomediche. Un esempio sono le NP rivestite d’oro alle quali viene legato il TNF-α (tumor necrosis factor) che migliora in maniera molto efficacie la cura tumorale. Gli studi attuali sono concentrati sulla coniugazione di anticorpi monoclonali con le nanoparticelle affinchè queste possano selettivamente concentrarsi nel tumore così da produrre un riscaldamento locale controllato dalla elettrofrequenza generata.

57

LA IPERTERMIA NELLE RECIDIVE DEL TUMORE MAMMARIO E NEL CANCRO COLO-RETTALE LOCALMENTE AVANZATO.

Sergio Maluta Centro Medico Serena-Unitá di Ipertermia Oncologica, Padova

La ipertermia (HT) viene definita come una modesta elevazione della temperatura nel range di 39- 45 gradi C. L' effetto si ottiene esponendo i tessuti a sorgenti di calore generate da onde elettromagnetiche o ultrasuoni. Essa può essere combinata con radioterapia (RT), chemioterapia o chirurgia in modo invasivo e non invasivo. Metodi La HT locale o superficiale è la modalità con cui il calore viene somministrato nelle recidive di tumore mammario. Il volume di tessuto riscaldato è funzione delle caratteristiche fisiche della sorgente di radiazioni, della loro energia e del tipo di applicatore. I metodi di somministrazione si dividono principalmente in tecniche di HT superficiale e profonda. La distribuzione della energia nei tessuti dipende dalle caratteristiche dei tessuti e risulta pertanto inomogenea. La variazione delle temperature non dipende solo dalla energia e dalla sua distribuzione ma anche dalle caratteristiche termiche dei tessuti e dal flusso sanguigno. Risultati La maggior parte delle evidenze di I livello si trovano nelle terapie combinate HT - RT e nelle recidive locali dopo chirurgia primaria. I tumori dove si sono osservati significativi miglioramenti sono i tumori del capo-collo, i melanomi, i tumori mammari, il glioblastoma multiforme, il cancro avanzato del retto, il tumore della vescica e del collo uterino, il tumore dell'esofago e varie neoplasie superficiali. Le recidive di tumore mammario sono state trattate con successo con HT superficiale combinata con RT e vi sono lavori pubblicati con livello di evidenza I (1). La HT è fattibile e ben tollerata anche nei tumori mammari ad alto rischio in fase neoadiuvante prima della chirurgia non essendosi rilevati effetti collaterali a distanza nel gruppo di pazienti trattati con HT (2). Studi sperimentali hanno dimostrato che i tessuti normali non vengono danneggiati dal calore se la HT non supera i 45 gradi C per la durata di 1 ora. La tossicità della HT superficiale nel 25% dei casi è rappresentata da ustioni cutanee che guariscono spontaneamente. Nei tumori localmente avanzati del colon- retto la HT neoadiuvante combinata con la RT prima della chirurgia risulta efficace in termini di risposte complete patologiche ( 22.5 vs 6.7%) e conservazione dello sfintere (57 vs 35%) in confronto con la RT da sola (3). In fase preoperatoria nel nostro centro abbiamo ottenuto risultati promettenti con HT + RT e chemioterapia anche nei tumori avanzati del retto medio-basso (4). Conclusioni La HT superficiale è una procedura costosa che richiede tempo, apparecchiature adeguate e personale dedicato. Tuttavia, grazie al vantaggio terapeutico aggiunto, il rapporto costo-beneficio risulta accettabile, in particolare nelle recidive del tumore mammario. Bibliografia 1. Jones EL, Oleson JR, Prosnitz LR, et al. Randomized trial of hyperthermia and radiation for superficial tumors. J Clin Oncol 2005 May1;23 (13): 3079-85. 2. Varma S, Myerson R, Moros E, Taylor M, Straube W, Zoberi I. Simultaneous radiotherapy and

58

superficial hyperthermia for high-risk breast carcinoma: a randomised comparison of treatment sequelae in heated versus non-heated sectors of the chest wall hyperthermia. Int J Hyperthermia. 2012;28(7):583-90. 3. Schroeder C, Gani C, Lamprecht U, et al. Pathological complete response and sphincter-sparing surgery after neoadjuvant radiochemotherapy with regional hyperthermia for locally advanced rectal cancer compared with radiotherapy alone. Int J Hyperthermia,2012;28(8):707-14 4. Maluta S, Romano M, Dall'Oglio et al. Regional hyperthermia added to intensified preoperative chemo-radiation in locally advanced adenocarcinoma of middle and lower rectum. Int J Hyperthermia. 2010;26(2):108-17.

59

L'IPERTERMIA IN ONCOLOGIA: UN UTILE APPROCCIO INTEGRATIVO Carlo Pastore Oncologo, perfezionato in ipertermia oncologica

Responsabile della Divisione di Oncologia Medica ed Ipertermia

Docente di oncologia in ORL presso Università degli studi dell'Aquila

Clinica Villa Salaria, Roma

Il calore è stato da sempre oggetto delle attenzioni della scienza medica per le sue proprietà terapeutiche. L'apporto di energia attraverso l'ipertermia comporta un cambiamento nell'omeostasi dei sistemi cellulari, omeostasi che risulta evidentemente minacciata ed alterata nelle patologie tumorali. La complessità del fenomeno cancro impone un approccio multimodale alla malattia contrastando la crescita cellulare con tutte le modalità disponibili e ad oggi l'ipertermia a buon diritto si affianca alle altre scelte terapeutiche (chirurgia, chemioterapia e radioterapia) complementandole. I primi studi sull'impiego dell'ipertermia in ambito oncologico risalgono alla metà degli anni ottanta con l'importante apporto della scuola di medicina tedesca nello sviluppo dei presupposti teorici nell'impiego dell'ipertermia in oncologia e l'evoluzione tecnologica in ambito di apparecchiature elettromedicali ha consentito di mettere a punto strumenti idonei all'erogazione del calore in profondità nell'organismo. Dai primi rudimentali tentativi con apparecchiature di difficile gestione e manovrabilità si è arrivati all'impiego nell'odierna pratica clinica di apparecchiature a radiofrequenza (13.56 Mhz) che consentono di raggiungere in profondità nell'organismo una temperatura compresa tra i 42 ed i 43 °C. Tali strumenti sono dotati di applicatori esterni (sonde circolari) che vengono posizionati anteriormente e posteriormente sul corpo del paziente rispetto alla parte ammalata; le sonde accoppiandosi l'un l'altra erogano costantemente radiofrequenza che non ustiona la superficie cutanea grazie ad un apposito sistema di refrigerazione di cui l'apparecchiatura dispone, salvaguardando il comfort del paziente. Cosa accade nei tessuti riscaldati a tali temperature? La membrana delle cellule tumorali si presenta alterata nella sua struttura ed in particolare nella capacità di smaltire il calore pertanto un innalzamento al di sopra dei 42 °C innesca apoptosi cellulare per attivazione di enzimi denominati caspasi che frammentano il DNA della cellula. Le cellule sane dispongono per converso di sistemi di smaltimento del calore che preservano dal danno e possono resistere per un determinato lasso temporale all'ipertermia. L'esperienza internazionale ha fissato il tempo di esposizione di sessanta minuti per ogni trattamento di ipertermia oncologica capacitiva profonda. Oltre l'effetto diretto del calore non meno importante è l'effetto sinergico additivo rispetto a trattamenti quali la chemioterapia e la radioterapia. La sinergia con i farmaci antiblastici viene esercitata per mezzo della vasodilatazione locoregionale che consente un maggior afflusso di sangue medicato lì dove necessita e della maggiore attivazione di taluni chemioterapici, in particolare gli agenti alchilanti. E' noto che l'efficacia dei trattamenti farmacologici in oncologia è legata alla conformazione enzimatica dell'organismo oltre che alle caratteristiche di resistenza delle cellule tumorali e taluni chemioterapici debbono essere attivati da reazioni enzimatiche per esercitare il loro effetto. Ebbene l'innalzamento locoregionale di temperatura migliora l'attività enzimatica e la conversione in farmaci attivi nel letto tumorale. Non da ultimo l'ipertermia esercita un certo effetto di danneggiamento dell'endotelio dei vasi sanguigni tumorali. Le masse neoplastiche progredendo nella loro crescita giungono ad un confine oltre il quale non possono più nutrirsi per diffusione dall'ambiente circostante ma necessitano della creazione di una propria rete vascolare. Il limite è di 1 mm cubo superato il quale la neoangiogenesi produce una rete vascolare autonoma che alimenta il tumore. Tale vascolarizzazione è però di per se caotica e deficitaria essendo la parete interna dei vasi sanguigni rivestita essa stessa da cellule endoteliali di origine neoplastica, aberranti e tendenti a produrre microtrombosi locoregionali. L'ipertermia contribuisce alla disorganizzazione dell'endotelio ed alla chiusura dei vasi sanguigni che portano nutrienti alla massa tumorale in

60

crescita. L'esperienza sperimentale e clinica a tal proposito ha evidenziato una buona azione sinergica di danno endoteliale tra ipertermia, vinblastina e mitomicina C. La sinergia con i trattamenti radianti invece è frutto di una sequenza temporale ben precisa. E' stato verificato che l'ipertermia applicata entro 4 ore dal termine di una seduta di radioterapia esercita un effetto di inibizione della riparazione delle cellule danneggiate in modo subletale con successiva morte definitiva. L'effetto inibitorio viene esercitato principalmente sugli enzimi che presiedono alla riparazione del DNA danneggiato dalla radioterapia. Un trattamento ipertermico promuove inoltre l'attività del sistema immunitario. Il ruolo del potenziamento dell'immunità è ormai chiaro nel paziente oncologico ed il riscaldamento della regione corporea ammalata promuove la leucotassi con liberazione di citochine. La lisi delle cellule tumorali porta alla liberazione di numerosi antigeni che vengono percepiti dal maggior quantitativo di leucociti attivati che giungono in loco, aggiungendo efficacia alla lotta contro la malattia. Spesso le patologie tumorali si accompagnano a sindromi dolorose di entità importante ed in questo ambito l'ipertermia porta giovamento grazie all'azione diretta antalgica sulle terminazioni nervose ed alla liberazione locoregionale di endorfine; sostanze ad azione antidolorifica naturalmente prodotte dal nostro organismo. L'attivazione macrofagica locale poi ottimizza la pulizia dei dedriti cellulari presenti in gran numero dove esiste un elevato turn-over cellulare. La panoramica sull'ipertermia capacitiva profonda a radiofrequenza consente di introdurre un ulteriore approccio in ipertermia che inizia ad essere impiegato con finalità complementari rispetto all'ipertermia profonda. Si tratta dell'ipertermia superficiale ad infrarosso a luce filtrata ad acqua. Quella che viene definita nel mondo anglosassone mild whole body hyperthermia è l'innalzamento della temperatura corporea sino ai 41 °C ottenuto per mezzo di una apparecchiatura total body dotata di lampade ad infrarosso. L'apparecchiatura presenta quattro lampade ad infrarosso controllate da una centralina computerizzata e manovrabili dall'operatore nonché un sistema di monitoraggio della temperatura e dei parametri vitali del paziente. Con questa metodica si può ottenere un miglioramento dell'attività del sistema immunitario sottocutaneo mediante la stimolazione delle cellule immunitarie presentanti l'antigene, un effetto antalgico su tutto il corpo ed un potenziamento dell'attività di taluni chemioterapici (i primi studi di notevole interesse hanno preso in considerazione l'impego dell'oxaliplatino come agente chemioterapico sinergizzante). La penetrazione del calore avviene per quattro centimetri in profondità su tutta la superficie corporea ed il paziente risulta interamente sdraiato nell'apparecchiatura con la sola esclusione della testa che fuoriesce. Una seduta di ipertermia total body ha una durata complessiva di tre ore, suddivise in un ora di irraggiamento, un ora e mezza di ritenzione del calore mediante la copertura con fasce termiche e mezz'ora finale di reidratazione (per via orale od endovenosa). La temperatura interna del paziente viene monitorata a mezzo di una sonda rettale o sublinguale. Importante definire, dopo aver passato in rassegna le due modalità di ipertermia non invasive, il target. Quali tumori possono beneficiare dei vari approcci? Per quanto riguarda l'ipertermia capacitiva profonda a radiofrequenza può essere impiegata come coadiuvante in tutte le neoplasie solide, di tutti i distretti corporei (grazie alla presenza di kit di sonde adattabili alla conformazione dei vari distretti corporei), ed in quelle ematologiche solo se vi sono pacchetti linfonodali conglobati. Non è possibile erogare la radiofrequenza se il paziente è portatore di defibrillatore impiantato o pacemaker per l'interferenza che si può causare con i suddetti dispositivi. Inoltre controindicazione relativa è la presenza di stent metallici e di versamento pleurico od addominale massivo. Si parla in questa evenienza di controindicazione relativa poiché adattando la potenza erogata si può limitare il riscaldamento degli stent metallici e mediante paracentesi e/o toracentesi si può eliminare o ridurre la presenza di liquido ed intraprendere un percorso in ipertermia. L'ipertermia total body ad infrarosso invece è indicata nelle neoplasie ematologiche, contro le cellule tumorali circolanti ed a scopo antalgico. Non può essere impiegata se il paziente presenta coinvolgimento neoplastico polmonare massivo (possibilità di drastica riduzione dell'ossigenazione del sangue durante il trattamento) e metastasi cerebrali (maggior rischio di sanguinamento intratumorale). Da quanto detto sinora si potrebbe pensare che l'ipertermia sia una metodica

61

risolutiva. Purtroppo ciò non è vero poiché le cellule malate possono sviluppare od avere delle protezioni contro il danno da calore. Difatti è possibile osservare la produzione o la presenza di heat shock proteins (proteine da shock termico, in particolare HSP70 e 72) che proteggono in DNA dal danno da calore e la cellula in toto. Proprio per questa motivazione i trattamenti ipertermici si eseguono a giorni alterni o comunque per un periodo di tempo limitato se consecutivi. Sono in fase di studio inibitori farmacologici di tali proteine nonché farmaci antineoplastici che presentino la capacità di attivarsi in presenza del calore. Molto importante sarebbe disporre di questo tipo di agenti per potenziare notevolmente l'efficacia dell'approccio ipertermico. Altro filone di ricerca molto interessante è la sinergia tra i nuovi farmaci cosiddetti a bersaglio molecolare e l'ipertermia. Il futuro dell'oncologia è sempre più orientato verso trattamenti conservativi, poco invasivi e poco disturbanti per il paziente ed in quest'ottica l'ipertermia risulta idonea. Inoltre l'interesse per questa metodica scaturisce anche dalla possibilità di impiego in una fascia di pazienti che non possono accedere a terapie citotossiche per deficit d'organo, per età o con prevenzione di principio verso terapie oncologiche classiche. La ricerca internazionale in oncologia è fervente ed il futuro appare senza dubbio promettente.

Apparecchiatura di ipertermia total body ad infrarosso

62

IPERTERMIA ONCOLOGICA INTEGRATA E CHIRURGIA: VALIDITÀ DEI TRATTAMENTI Piero Rossi Dipartimento di Chirurgia Università di Roma Tor Vergata, PTV

Ablazione mediante radiofrequenza delle neoplasie epatiche

La ablazione mediante Radio frequenza (RFA) è una forma di terapia interstiziale Le terapie interstiziali delle neoplasie secondarie o primitive del fegato sono forme di distruzione del tessuto neoplastico basate sull’azione chimica (alcolizzazione) o sull’azione fisica che può essere il freddo (Criosurgery) o il calore (Laser, Microonde, Haifu, Radiofrequenza). Una lieve ipertermia ( 43° C per 30/60 sec) induce apoptosi delle cellule tumorali; invece una temperatura di 50° C per pochi minuti o di 55° C per pochi secondi o di 60° C istantaneamente causano morte cellulare e necrosi coagulativa. Gli apparecchi a radiofrequenza sono costituiti da un generatore e da vari tipi di elettrodi che inseriti nel nodulo neoplastico erogano energia, che a causa dell’agitazione ionica si trasforma in calore, determinando necrosi del tessuto neoplastico. Gli elettrodi possono essere ad aghi multipli o ad aghi singoli internamente raffreddati (cooled type). Lo scopo è di ottenere adeguati volumi di necrosi che coprono il nodulo tumorale con un margine di tessuto sano circostante. L’approccio può essere percutaneo, laparoscopico oppure in chirurgia aperta. Ogni decisione deriva da una preliminare valutazione multidisciplinare tra Chirurgo, Oncologo e Radiologo Interventista. Nell’ambito dell’epatocarcinoma la radiofrequenza è considerata terapia eradicante e può essere usata a scopo curativo o come “bridge” in attesa del trapianto epatico. Nell’ambito delle metastasi la RFA può offrire un’alternativa nei casi non resecabili; può essere impiegata in associazione nella resezione del tumore primitivo o in associazione all’asportazione di altri noduli. In tal modo la RFA aumenta le possibilità terapeutiche nelle metastasi epatiche. Nonostante essa sia un tecnica mini-invasiva non è scevra da complicazioni, l’esperienza maturata negli anni ha portato all’elaborazione di linee guida appropriate allo scopo di applicare la metodica in modo più corretto. Inoltre la distruzione di tessuto tumorale mediante RFA genera, mediante il rilascio di antigeni tumorali, una risposta immunitaria specifica e aspecifica. Nell’ambito della chirurgia resettiva degli organi parenchimatosi una utile applicazione della RFA è stata la realizzazione di elettrodi dedicati (aghi multipli in linea) in modo da coagulare fette di tessuto sulle quali effettuare la transezione con minime perdite ematiche (radio-frequency assisted liver resection).

Perfusione ipertermica antiblastica degli arti

La perfusione isolata d’arto (ILP) consiste nell’isolamento vascolare dell’arto affetto dalla neoplasia e nella sua perfusione con tecnica di Circolazione Extra-Corporea. Essa consente di associare i vantaggi farmacocinetici degli antiblastici utilizzati in condizione di isolamento d’organo a quelli della ipertermia. L’approccio chirurgico consiste nell’isolamento, clampaggio e cannulazione dei vasi arteriosi e venosi maggiori di pertinenza dell’arto. Le cannule vengono collegate ad un circuito ossigenato analogo a quello di una circolazione extra corporea (CEC). Viene applicato un tourniquet alla radice dell’arto al fine di evitare il fenomeno del leakage (immissione nella circolazione sistemica del farmaco). La procedura riconosce due fasi. Una prima fase in cui il sangue viene ossigenato e portato a 41,5° C ed una seconda fase nella quale il farmaco citostatico, ad alte concentrazioni, viene introdotto nell’arto stesso già in condizioni di ipertermia.

63

Il vantaggio farmacologico è legato oltre che alle concentrazioni elevate anche al continuo ricircolo dell’antiblastico nell'arto grazie alla C.E.C., con ulteriore uptake del citostatico da parte del tessuto neoplastico. L’ipertermia agisce in senso antineoplastico sia mediante danno diretto che attraverso il potenziamento dell’azione dei farmaci. Il monitoraggio viene realizzato attraverso sonde termiche inserite nel sottocute, nel tessuto muscolare e nel tumore; il tessuto sano deve mantenere una temperatura < 41,5 °C. L’indicazione attuale alla ILP è costituita da metastasi in transit da melanoma e da sarcomi dei tessuti molli degli arti. I farmaci utilizzati sono il Melfalan o la Doxorubicina con l’eventuale associazione del Tumor Necrosis Factor (TNF) per il suo effetto anti-angiogenetico e di facilitazione del passaggio del melphalan nel tumore stesso. I vantaggi ottenuti dalla ILP non riguardano tanto la sopravvivenza globale ma la riduzione del volume della neoplasia e il salvataggio dell’arto.

Citoriduzione e chemio-ipertermia intraperitoneale La carcinosi peritoneale (CP) è causata dall’impianto di cellule neoplastiche esfoliate dal tumore primitivo o disseminate durante la sezione dei linfatici o dei vasi sanguigni durante la resezione chirurgica. La CP rappresenta uno stadio gravissimo nell’evoluzione di un tumore, e viene abitualmente considerata come inguaribile. Il trattamento convenzionale era rappresentato principalmente dalla chemioterapia sistemica, associato se necessario ad una chirurgia palliativa. Tuttavia questa condizione, anche se diffusa a tappeto su tutta la sierosa, quando è l’unica manifestazione di metastatizzazione può essere considerata limitata ad un compartimento ben definito (cavità peritoneale), e quindi aggredibile con moderne tecniche di trattamento loco-regionale. In altre parole possiamo considerare il peritoneo come un organo e qundi immaginare un approccio loco-regionale alla carcinomatosi mediante citoriduzione (CRS) e chemio-ipertermia intra-peritoneale (HIPEC). La fase diagnostica comprende una colonscopia, gastroscopia, TC torace, addome e pelvi, eventuale PET-CT scan, valutazione dei marcatori tumorali, eventuale video-laparoscopia con biopsia. Spratt usò per primo negli anni ’80 alte dosi di chemioterapici in condizioni di ipertermia nel trattamento dello pseudo myxoma peritonei. Negli anni ’90, Sugarbaker introdusse il concetto di chirurgia cito-riduttiva (CRS) che significa la rimozione complete di tutto il tessuto neoplastico macroscopico con il peritoneo e se necessario di segmenti di intestino o di organi coinvolti. Sugarbaker ha anche introdotto il concetto del peritoneal cancer index (PCI) uno score per quantificare la estensione della malattia che si è dimostrato molto utile nella selezione dei pazienti. Le patologie bersaglio allo stato attuale sono il mesotelioma peritoneale, la carcinosi da carcinoma colorettale, lo pseudo mixoma peritonei, il carcinoma dell’appendice, la carcinosi da cancro ovarico. Il rationale del trattamento si basa sul fatto che la malattia rimane localizzata per lungo tempo, con una evoluzione solo loco-regionale e sulla possibilità di usare alte dosi di farmaci antineoplastici. Il rationale dell’HIPEC è basato sul concetto di barriera peritoneo-plasmatica, sull’uso di farmaci idrofilici ad alto peso molecolare con lenta clearence e sulla condizione di ipertermia che è citotossica di per sé, aumenta la citotossicità di alcuni farmaci ed aumenta la penetrazione di essi negli strati delle cellule neoplastiche. La fase chirurgica (citoriduzione) consiste in una sequenza ordinata di manovre codificate eseguite in funzione dell’estensione della malattia. In caso di carcinosi estese può comportare l’asportazione del peritoneo parietale sotto-

64

diaframmatico, parietocolico e pelvico; della glissoniana epatica e della colecisti; del grande e del piccolo omento, della milza; del sigma-retto; dell’utero e delle ovaie e di tutti i visceri inglobati (cieco, colon, antro gastrico) nella neoplasia, altre resezioni intestinali e/o resezioni di massa tumorale e anastomosi intestinali. In caso di carcinosi ben localizzate si ammette la sola peritonectomia distrettuale. E’ necessaria una citoriduzione chirurgica completa poiché la penetrazione tessutale delle molecole di chemioterapico si limita a qualche strato cellulare. In altre parole la chemioterapia intraperitoneale può sperare di trattare solo una malattia residua millimetrica (noduli residui < 2,5 mm) . La per fusione peritoneale è una moderna metodica che partendo dagli stessi principi della “perfusione degli arti”, consiste nella circolazione nella cavità peritoneale di una soluzione elettrolitica riscaldata contenente alte dosi di farmaci antineoplastici. La chemioterapia deve essere somministrata immediatamente dopo la fase chirurgia di citoriduzione prima che le cellule tumorali residue vengano intrappolate dalle aderenze post-operatorie. La soluzione contenente gli agenti citotossici può essere somministrata ad addome chiuso oppure ad addome aperto (coliseum technique) alla temperatura di 41,5-43 °C per 30 - 60 o 90 min a seconda del farmaco e del protocollo usato. La perfusione inizia con una soluzione “priming” e una volta raggiunta la temperatura desiderata si aggiungono i farmaci antineoplastici nel circuito. Volume, flusso e temperature tutti sono monitorati. La tecnica open mediante la manipolazione delle anse intestinali dovrebbe facilitare il contatto con il liquido di perfusione. Tuttavia non ci sono evidenze scientifiche che la tecnica open sia migliore di quella chiusa come pure che essa causi inalazione dei farmaci da parte dello staff. CRS e HIPEC è una procedura lunga e complessa con una significativa morbilità e una non trascurabile mortalità. Pertanto richiede una meticolosa selezione dei pazienti, un attento management anestesiologico, un immediato periodo post-operatorio di 48-72 ore di ricovero in terapia intensiva ed una adeguata struttura ospedaliera.

65

INDICE DEGLI AUTORI Aloisi S.; 41 Rossi E.G.; 29; 30 Altieri B.; 37; 39 Rossi P.; 63; 64; 65 Anello P.; 39 Sacco A.; 35; 36 Assogna M.; 55; 56; 57 Salem P.A.; 4; 5 Baccetti S.; 51 Stevanato R.; 45 Ballan G.; 7 Stringaro A.; 39; 40 Beltramo G.; 25; 26 Terranova F.; 51 Bernardini S.; 14 Toccacieli L.; 40 Biondi E.; 51 Tortora M.; 39 Bombelli C.; 39 Bonuccì M.; 20 Bozzuto G.; 40 Calcabrini A.; 39; 40 Capurso S.; 49 Cavalieri F.; 39 Colone M.; 39; 40 Condello M.; 37 Conti T.; 51 Cormio M.; 24 Cracolici F.; 21 Del Buono A.; 6; 48 Di Fede G.; 23; 46 Di Lupo M.; 33; 34 D'Orta A.; 48 Fabbri A.; 7 Fioranelli M.; 11; 12; 13 Fiorentini C.; 7 Fiori P.; 50 Fratini E.; 39 Fuggetta M.P.; 15 Giansanti L.; 37 Giuliani C.; 39 Legnani W.; 27; 28 Loizzo S.; 7 Lotti T.; 42 Lupi G.; 24 Maluta S.; 58; 59 Mancini G.; 37; 39 Mastellone V.; 47 Mastrodonato F.; 52 Meschini S.; 37 Molinari A,; 40 Monechi M.V.; 51 Nesi E.; 38 Palazzoni G.; 22 Pastore C.; 16; 60; 61; 62 Raffaele M.; 19 Ravagnan G.; 15 Rosadi F.; 7 66