Verifiche di stabilità di versanti - Scuola di Scienze...
Transcript of Verifiche di stabilità di versanti - Scuola di Scienze...
Verifiche di stabilità di versanti: aspetti teorici e normativi.
Anna Maria Ferrero Università di Parma
La Spezia 23 Settembre 2011
Corso di aggiornamento professionale avanzato sulla geotecnica
AGI associazione geotecnica
italiana
Schema della presentazione
•Classificazione dei fenomeni franosi
•Richiami normativi
•Determinazione del modello di calcolo
•Metodi di calcolo
•Metodi dell’equilibrio limite
•Scivolamento planare
•Scivolamento tridimensionale
•Scivolamento rotazionale
•Metodi delle tensioni
•Metodi del Continuo
•Metodi del Discontinuo
•Alcuni esempi
AGI associazione
geotecnica italiana
I fenomeni franosi sono caratterizzati da una grande variabilità che coinvolge:
i volumi potenzialmente coinvolti (da pochi m3 a centinaia di milioni di m3)
la geometria e il cinematismo del fenomeno
il tipo di materiali coinvolti (da rocce di elevata resistenza a terreni pochi consistenti)
la storia ed il contesto nel quale si sviluppano (frane riscontrate in regioni caratterizzate da climi molto diversi)
• diversi approcci per studiare questi fenomeni che si basano su alcuni degli aspetti elencati.
• Scopo delle “classificazioni” è quello di inquadrare i movimenti franosi dal punto di vista fenomenologico.
Stabilità dei pendii AGI associazione
geotecnica italiana
CLASSIFICAZIONE DEI MOVIMENTI FRANOSI
Classificazione di VARNES (1978, 1996):
una frana può essere classificata e descritta attraverso due “caratteri essenziali” Tipologia di
cinematismo
Tipologia di materiale coinvolto
materiali classificati da Varnes :
ROCCE
(materiali ad elevata resistenza intatti nel luogo di origine prima dell’inizio del movimento)
DETRITI
(materiali granulari con alta percentuale di particelle con notevoli dimensioni, tra il 20% e l’80%)
TERRENI
(materiali granulari nel quale più dell’80% delle particelle sono 2mm)
TIPI DI MOVIMENTO TIPO DI MATERIALE E VELOCITA’
ROCCE DETRITI TERRENI
Crolli rapidi
> 100 km/h molto rapidi
Ribaltamenti rapidi rapidi
Scorrimenti rotazionali rapidi
m/giorno lenti
mm/anno
traslazionali rapidi
m/giorno Lenti
mm/anno
Espandimenti laterali estremamente lenti < mm/anno
Colate rapidi
estremamente rapidi
Frane complesse combinazione di più fenomeni
Stabilità dei pendii
Classificazione dei fenomeni franosi MECCANISMI DI ROTTURA
AGI associazione
geotecnica italiana
7. Estremamente rapido Catastrofe di massima gravità. Edifici completamente distrutti.
Popolazione annientata dall’impatto del materiale spostato o dalla
disgregazione della massa spostata
6. Molto rapido Perdita di alcune vite umane. Gravi distruzioni
5. Rapido Evacuazione delle persone per fuga. Strutture, beni ed attrezzature
distrutte dalla massa spostata
4. Moderato Strutture poco sensibili ai movimenti possono essere conservate se
ubicate a piccola distanza dal piede di frana. Strutture ubicate sulla
massa spostata sono danneggiate estesamente
3. Lento Strade e strutture poco sensibili ai movimenti possono essere
conservate con frequenti e onerosi interventi di mantenimento,
sempre che il movimento non duri troppo a lungo ed i movimenti
differenziali ai margini della frana siano distribuiti in zone ampie
2. Molto lento Alcune strutture permanenti non sono danneggiate o, se lesionate,
possono essere riparate
1. Estremamente lento Nessun danno a strutture costruite adeguatamente
Frane di crollo
Fenomeni che coinvolgono generalmente roccia e raramente detriti e terreni parzialmente cementati.
Il movimento avviene per distacco e caduta di una massa di materiale da un pendio molto ripido o da una scarpata (a).
Il materiale scende in caduta libera finché non raggiunge il versante: dopo l’impatto, il moto prosegue per rimbalzi e\o rotolamenti.
La cinematica dell’evento è veloce e, di conseguenza, il fenomeno è caratterizzato da un’elevata pericolosità ed una notevole capacità distruttiva.
Il fenomeno può verificarsi anche a causa dello scalzamento al piede (onde mare-lago, corsi torrentizie o infiltrazioni).
AGI associazione
geotecnica italiana
Frane per Ribaltamento
Movimento tipico degli ammassi rocciosi, dovuto a forze che causano un momento ribaltante attorno ad un punto di rotazione, posto al di sotto del baricentro della massa interessata.
Può evolvere in un crollo o in uno scorrimento.
L’effetto dell’acqua all’interno della massa rocciosa fratturata non va sottovalutato.
La formazione di ghiaccio nelle crepe e fessure
può impedire la naturale filtrazione dell’acqua
può generare forze tali da generare spaccture profonde anche in rocce compatte
Frane traslazionali (di scivolamento planare)
I fenomeni di scivolamento planare si verificano sia in roccia sia in terreno non coesivo e detriti di versante.
Le frane di traslazione implicano un moto quasi lineare verso valle lungo discontinuità strutturali (faglie, giunti…)o all’interfaccia substrato roccioso – detrito di copertura.
Talora lo scivolamento avviene lungo l’intersezione tra due superfici di discontinuità: in tal caso si parla di scivolamento a cuneo.
Blocco di calcare posto in condizioni critiche su un piano di giacitura molto ripido
ESEMPIO DI SCIVOLAMENTO PLANARE:
AGI associazione
geotecnica italiana
Frane di scivolamento rotazionale
I materiali coinvolti in questo tipo di fenomeno sono generalmente terreni coesivi e rocce tenere.
Le superfici di scivolamento sono di tipo circolare.
La superficie di rottura coincide generalmente con un livello di debolezza preesistente ed il fenomeno può essere innescato da eventi meteorici intensi, dall’applicazione di sovraccariche sul pendio, da sollecitazioni sismiche o dallo scalzamento al piede.
AGI associazione
geotecnica italiana
Fase iniziale di un SCIVOLAMENTO ROTAZIONALE in una formazione di scisti
FRANA ROTAZIONALE dovuta allo scivolamento di scisti superficiali soprastanti una formazione di arenaria
Esempio di FRANA ROTAZIONALE
La Conchita, Santa Barbara (USA)
Il movimento evolve con lo scorrimento della massa instabile lungo una superficie curvilinea (concava verso l’alto), spesso in seguito a rottura progressiva che si propaga a partire dal piede del pendio.
AGI associazione
geotecnica italiana
Frane per espandimento laterale
Le frane per espandimento laterale interessano rocce a comportamento rigido sovrapposte a materiale plastico (argilliti ecc.)
Il meccanismo di rottura è di tipo complesso (rotazioni, traslazioni e colamenti), con movimenti di estensione e conseguente fratturazione dei materiali a comportamento rigido, in seguito allo spostamento del materiale plastico sottostante.
AGI associazione
geotecnica italiana
Pietra di Bismantova
Esempio di frana per espandimento laterale con fenomeni secondari di crollo e ribaltamento
Modello evolutivo dei meccanismi di rottura
Frane per colamento
Le frane per colamento possono coinvolgere sia terreno e detriti sia roccia fratturata.
Il movimento si manifesta con movimento all’interno della massa spostata tali per cui o la forma assunta dal materiale in movimento, o la distribuzione apparente delle velocità e degli spostamenti, sono simili a quelle dei fluidi viscosi.
Le superfici di scorrimento della massa che si muove non sono generalmente visibili, od hanno breve durata.
Il limite tra la massa in movimento ed il materiale in posto può essere una superficie netta di movimento differenziale, oppure una zona di scorrimenti distribuiti. Il movimneto varia da estermamente rapido a esteremamente lento
AGI associazione
geotecnica italiana
Frane complesse o composite
Molto spesso i movimenti di un pendio sono la combinazione di uno o più dei principali tipi di movimenti descritti in precedenza.
Fenomeni complessi di instabilità possono essere quelli in cui la massa in movimento è soggetta in una sua parte ad un tipo di movimento ed in un’altra parte ad un altro tipo di movimento,
O quello in cui una massa instabile passi da un tipo di movimento ad un altro tipo tipo durante il suo percorso.
AGI associazione
geotecnica italiana
Individuazione delle cause del movimento
Causa Fenomeno Motivi possibili
Aumento sollecitazioni
Azioni naturali
Erosione
Azioni sismiche
Spinte acqua, congelamento
Azioni antropiche Scavi
Sovraccarichi
Diminuzione resistenza
Aumento pressioni neutre
Eventi meteorici
Escursioni falda
Variazioni condizioni idrauliche
Variazione parametri resistenza
Rocce alterazione
Terreni fini degradazione
(rigonfiamento, softening,
rottura progressiva, creep)
Le cause possono essere molteplici e mutuamente interagenti.
Le velocità di ciascuna di esse sono fortemente variabili caso x caso.
La scelta del tipo di intervento è ottimizzabile se le cause sono note.
Stabilità dei pendii AGI associazione
geotecnica italiana
attivi sospesi
Pendii che sono attualmente in movimento, o che, pur non essendolo al momento, lo sono stati nell’ultimo ciclo
stagionale
Pendii nei quali non ci sono segni di movimento
nell’ultimo ciclo stagionale
riattivati
quiescenti I movimenti possono riprendere perché la
causa che li ha originati è ancora presente
stabilizzati
I fattori principali che hanno generato i movimenti sono
stati rimossi naturalmente o a seguito dell’intervento
dell’uomo
In funzione dello stato di attività di un
eventuale fenomeno franoso
(Varnes, 1978)
(Landslide”,1996)
Stato di attività del pendio
AGI associazione
geotecnica italiana
scelta delle caratteristiche di resistenza
Stabilità dei pendii
La scelta delle caratteristiche di resistenza è influenzata dal grado di attività del pendio tenendo presente lo stato di attività del pendio (ad esempio possibilità di fenomeni di rottura progressiva!).
AGI associazione
geotecnica italiana
SCOPI DELL’ANALISI DI STABILITA’ Pendii naturali
Valutare il grado di stabilità di una pendio naturale Condurre analisi a ritroso per comprendere un fenomeno già avvenuto
Scavi o rilevati
Esame dei parametri di progetto (altezza, inclinazione,…) Determinazione della sequenza ottimale delle operazioni di scavo e di costruzione; scelta
dei parametri di resistenza Valutazione della necessità di interventi di consolidamento
FORMULAZIONE DEL MODELLO GEOTECNICO
La scelta del modello geotecnico del pendio viene fatta in base a:
Meccanismi di rottura di un pendio Definizione della geometria del problema
Cause che lo generano Forze agenti e condizioni al contorno Materiali costituenti il pendio Caratteristiche di resistenza e deformabilità
Fase di attività Condizioni di picco o residue
Stabilità dei pendii AGI associazione
geotecnica italiana
Modello geotecnico di sottosuolo
Morfologia
e caratteri cinematici
del corpo (corpi) di frana
+
Prove geotecniche
in sito e laboratorio
Modellazione
del fenomeno
di instabilità
Stabilità dei pendii AGI associazione
geotecnica italiana
METODO DELL’EQUILIBRIO LIMITE APPLICATO AI
FENOMENI DI SCIVOLAMENTO
Stabilità dei pendii
influenza della struttura sul cinematismo – analisi cinematiche
AGI associazione
geotecnica italiana
Metodi di calcolo per la determinazione della stabilità dei pendii
Stabilità dei pendii AGI associazione
geotecnica italiana
I metodi per lo studio della stabilità dei pendii si dividono in: METODO DELL’EQUILIBRIO LIMITE Benché il grado di stabilità di un pendio sia legato alle deformazioni che esso manifesta, le analisi di stabilità sono basate su metodi che considerano solo l’equilibrio delle forze in gioco. Il metodo si basa sul confronto tra forze resistenti e forze agenti e sulla definizione di un fattore di sicurezza dato dal loro rapporto. Il corpo è considerato rigido, senza tener conto di deformazioni o spostamenti, la superficie di rottura è nota a priori. Il metodo richiede soltanto di determinare i criteri di resistenza del materiale lungo la superficie di rottura. METODO DELLE TENSIONI Con questo metodo si calcolano i valori delle tensioni e delle deformazioni della massa con soluzioni analitiche o numeriche. Le tensioni agenti vengono confrontate con le resistenze mobilitabili calcolate nella massa. Il metodo richiede di determinare le leggi costitutive e i criteri di resistenza dei materiali.
metodi di calcolo utilizzati nella stabilità dei pendii
Stabilità dei pendii AGI associazione
geotecnica italiana
• I metodi dell’equilibrio limite si basano sul presupposto che sia è necessario che siano soddisfatte le condizioni di equilibrio e il criterio di resistenza (che determina le condizioni di collasso) ma che le condizioni di congruenza e di compatibilità degli spostamenti possano essere ignorate.
• Esistono diversi applicazioni di questo metodo ma tutte hanno in comune le seguenti assunzioni:
– Le superfici di rottura sono delle superfici di scivolamento pre-definite, quindi l’analisi di stabilità è
effettuata considerando l’equilibrio della massa di terreno individuata da tale superficie sottoposta alle forze di contorno;
– La legge costitutiva lungo la superficie di rottura è assunta rigida – perfettamente plastica mentre quella del materiale è rigida.
– La resistenza al taglio lungo la superficie di scivolamento è calcolata attraverso le equazioni della statica.
– Quando il pendio non è omogeneo ed esistono condizioni di flusso difficilmente schematizzabili, si ricorre a metodi che suddividono la massa interessata in conci per ogni concio valgono le assunzioni precedenti
Stabilità dei pendii
metodo dell’equilibrio limite
AGI associazione
geotecnica italiana
NORMATIVA di RIFERIMENTO
Stabilità dei pendii
D.M. 14 gennaio 2008 – “Nuove norme tecniche per le costruzioni”
Eurocodice 7. Progettazione geotecnica
Eurocodice 8 – parte 5. Indicazioni progettuali per la resistenza sismica delle
strutture. Fondazioni, strutture di contenimento, aspetti geotecnici
AGI associazione
geotecnica italiana
D.M. 14 gennaio 2008 – “Norme tecniche per le costruzioni”
Definiscono i principi per il progetto, l’esecuzione e il collaudo delle costruzioni,
nei riguardi delle prestazioni loro richieste in termini di requisiti essenziali di
resistenza meccanica e stabilità, anche in caso di incendio, e di durabilità.
Le opere e le componenti strutturali devono essere progettate, eseguite,
collaudate e soggette a manutenzione in modo tale da consentire la prevista
utilizzazione, in forma economicamente sostenibile e con il livello di sicurezza …
valutate in relazioni agli stati limite:
STATI LIMITE ULTIMI (SLU): evitare crolli, perdite di equilibrio e dissesti gravi,
totali o parziali, che possano compromettere l’incolumità delle persone ovvero di
comportare la perdita di beni, ovvero provocare gravi danni ambientali e sociali,
ovvero mettere fuori servizio l’opera.
STATI LIMITE D’ESERCIZIO (SLE): capacità di garantire le prestazioni previste per
le condizioni d’esercizio.
ROBUSTEZZA nei confronti di AZIONI ECCEZIONALI (incendio, esplosioni, urti).
Stabilità dei pendii AGI associazione
geotecnica italiana
D.M. 14 gennaio 2008 – “Norme tecniche per le costruzioni”
Viene effetttuata confrontando la resistenza di progetto Rd, valutata in base ai
valori di progetto della resistenza dei materiali e ai valori nominali delle grandezze
geometriche interessate, e il valore di progetto Ed delle azioni, valutato in base ai
valori di progetto delle azioni:
Sia i parametri caratteristici dei parametri fisico meccanici, sia quelli delle azioni,
vengono applicati dei coefficienti parziali di sicurezza (METODO
SEMIBROBABILISTICO agli STATI LIMITE), calcolati in relazione
• al tipo di azione
• alla vita nominale della struttura
• alla sua classe d’uso
EdRd
VALUTAZIONE della SICUREZZA (2.3)
Stabilità dei pendii AGI associazione
geotecnica italiana
D.M. 14 gennaio 2008 – “Norme tecniche per le costruzioni”
dove Ed è il valore di progetto dell’azione o dell’effetto dell’azione determinato come dove Rd è il valore di progetto della resistenza del sistema geotecnico: L’effetto delle azioni e della resistenza sono espresse in funzione delle azioni di progetto FFk, dei parametri di progetto Xk/M e della geometria di progetto ad. L’effetto delle azioni può anche essere valutato direttamente come Ed=Ek×E. Nella formulazione della resistenza Rd, compare esplicitamente un coefficiente R che opera direttamente sulla resistenza del sistema.
EdRd
VALUTAZIONE della SICUREZZA (2.3)
Stabilità dei pendii AGI associazione
geotecnica italiana
D.M. 14 gennaio 2008 – “Norme tecniche per le costruzioni”
La verifica della suddetta condizione deve essere effettuata impiegando diverse combinazioni di gruppi di coefficienti parziali, rispettivamente definiti per le azioni (A1 e A2), per i parametri geotecnici (M1 e M2) e per le resistenze (R1, R2 e R3). I diversi gruppi di coefficienti di sicurezza parziali sono scelti nell’ambito di due approcci progettuali distinti e alternativi. Nel primo approccio progettuale (Approccio 1) sono previste due diverse combinazioni di gruppi di coefficienti: la prima combinazione è generalmente più severa nei confronti del dimensionamento strutturale delle opere a contatto con il terreno, mentre la seconda combinazione è generalmente più severa nei riguardi del dimensionamento geotecnico. Nel secondo approccio progettuale (Approccio 2) è prevista un’unica combinazione di gruppi di coefficienti, da adottare sia nelle verifiche strutturali sia nelle verifiche geotecniche.
EdRd
VALUTAZIONE della SICUREZZA (2.3)
Stabilità dei pendii AGI associazione
geotecnica italiana
D.M. 14 gennaio 2008 – “Norme tecniche per le costruzioni”
2.3.1.1 Azioni Ed
Stabilità dei pendii AGI associazione
geotecnica italiana
Per le rocce, al valore caratteristico della resistenza a compressione uniassiale deve essere applicato un coefficiente parziale qu=1,6. Per gli ammassi rocciosi e per i terreni a struttura complessa, nella valutazione della resistenza caratteristica occorre tener conto della natura e delle caratteristiche geometriche e di resistenza delle discontinuità strutturali.
D.M. 14 gennaio 2008 – “Norme tecniche per le costruzioni”
2.3.1.1 Resistenze Rd
Stabilità dei pendii AGI associazione
geotecnica italiana
D.M. 14 gennaio 2008 – “Norme tecniche per le costruzioni”
Pendii naturali VERIFICHE DI SICUREZZA
Le verifiche di sicurezza devono essere effettuate con metodi che tengano conto della forma e posizione della superficie di scorrimento, dell’assetto strutturale, dei parametri geotecnici e del regime delle pressioni interstiziali. Nel caso di pendii in frana le verifiche di sicurezza devono essere eseguite lungo le superfici di scorrimento che meglio approssimano quella/e riconosciuta/e con le indagini. Negli altri casi, la verifica di sicurezza deve essere eseguita lungo superfici di scorrimento cinematicamente possibili, in numero sufficiente per ricercare la superficie critica alla quale corrisponde il grado di sicurezza più basso. Quando sussistano condizioni tali da non consentire una agevole valutazione delle pressioni interstiziali, le verifiche di sicurezza devono essere eseguite assumendo le condizioni più sfavorevoli che ragionevolmente si possono prevedere. Il livello di sicurezza è espresso, in generale, come rapporto tra resistenza al taglio disponibile, presa con il suo valore caratteristico, e sforzo di taglio mobilitato lungo la superficie di scorrimento effettiva o potenziale. Il grado di sicurezza ritenuto accettabile dal progettista deve essere giustificato sulla base del livello di conoscenze raggiunto, dell’affidabilità dei dati disponibili e del modello di calcolo adottato in relazione alla complessità geologica e geotecnica, nonché sulla base delle conseguenze di un’eventuale frana.
Stabilità dei pendii
D.M. 14 gennaio 2008 – “Norme tecniche per le costruzioni”
OPERE DI MATERIALI SCIOLTI E FRONTI DI SCAVO (6.8)
VERIFICHE DI SICUREZZA (SLU): Le verifiche devono essere effettuate secondo l’Approccio 1: - Combinazione 2: (A2+M2+R2) tenendo conto dei valori dei coefficienti parziali riportati nelle Tabelle 6.2.I, 6.2.II e 6.8.I. La stabilità globale dell’insieme manufatto-terreno di fondazione deve essere studiata nelle condizioni corrispondenti alle diverse fasi costruttive, al termine della costruzione e in esercizio. VERIFICHE IN CONDIZIONI DI ESERCIZIO (SLE): Si deve verificare che i cedimenti del manufatto, dovuti alla deformazione dei terreni di fondazione e dell’opera, siano compatibili con la sua funzionalità.
Stabilità dei pendii AGI associazione
geotecnica italiana
D.M. 14 gennaio 2008 – “Norme tecniche per le costruzioni”
FRONTI DI SCAVO (6.8)
Criteri generali di progetto e verifiche di sicurezza: •Nel caso di scavi realizzati su pendio, deve essere verificata l’influenza dello scavo sulle condizioni di stabilità generale del pendio stesso. •Il progetto deve tener conto dell’esistenza di opere e sovraccarichi in prossimità dello scavo, deve esaminare l’influenza dello scavo sul regime delle acque superficiali e deve garantire la stabilità e la funzionalità delle costruzioni preesistenti nell’area interessata dallo scavo. •Le verifiche devono essere svolte nei confronti degli stati limite ultimi (SLU) e nei confronti degli stati limite di servizio (SLE), quando pertinenti. •Le azioni dovute al terreno, all’acqua e ai sovraccarichi anche transitori devono essere calcolate in modo da pervenire, di volta in volta, alle condizioni più sfavorevoli. •Le ipotesi per il calcolo delle azioni del terreno e dell’armatura devono essere giustificate portando in conto la deformabilità relativa del terreno e dell’armatura, le modalità esecutive dell’armatura e nello scavo, le caratteristiche meccaniche del terreno e il tempo di permanenza dello scavo.
Stabilità dei pendii
applicazione del metodo dell’equilibrio limite a un blocco sul piano inclinato soggetto alla forza peso
Forza attiva: FA = Wsina Forza resistente: FR = cA + Wcosatg dove: c è la coesione e A è l’area di base. In una situazione di equilibrio limite: FA = FR Si definisce fattore di sicurezza: Fs > 1 condizioni di stabilità (secondo il D.M. 11/03/1988 il valore deve essere portato a Fs 1,3 per porsi in
condizioni cautelative); Fs = 1 condizioni di equilibrio limite; Fs < 1 condizioni di instabilità, sono già state superate le condizioni di equilibrio limite, pertanto il blocco si è già
mosso.
W
Wsina
Wcosa
R
a
Stabilità dei pendii
metodo dell’equilibrio limite
AGI associazione
geotecnica italiana
Applicazione normativa DM 2008 sul pendio naturale
Azioni: Forza attiva: FA = Wsina Resistenze : Forza resistente: FR = cA + Wcosatg dove: c è la coesione e A è l’area di base. In una situazione di equilibrio limite: FA = FR Si definisce fattore di sicurezza: Fs > 1 condizioni di equilibrio il valore del FS è scelto dal progettista in relazione alle possibili conseguenze Fs = 1 condizioni di equilibrio limite; Fs < 1 condizioni di instabilità, sono già state superate le condizioni di equilibrio limite, pertanto il blocco si è già
mosso.
W
Wsina
Wcosa
R
a
Stabilità dei pendii
metodo dell’equilibrio limite pendio naturale
AGI associazione
geotecnica italiana
Applicazione normativa DM 2008 sul fronte di scavo: SLU + SLE
SLU Azioni: Forza attiva: FA = Wsina AZIONI VARIABILI E PERMANENTI NON STRUTTURALI SFAVOREVOLI X 1,3, se favorevoli vanno trascurate! Eventuali forze attive Resistenze : Forza resistente: FR = (cA + Wcosatg)/ M M = 1,25 CASO DRENATO M = 1,4 CASO NON DRENATO dove: c è la coesione e A è l’area di base. In una situazione di equilibrio limite: FA = FR Si definisce fattore di sicurezza: Fs > 1 condizioni di equilibrio FS > 1,1 Fs = 1 condizioni di equilibrio limite; Fs < 1 condizioni di instabilità, sono già state superate le condizioni di equilibrio limite, pertanto il blocco si è già mosso. SLE CALCOLO CEDIMENTI E COMPATIBILITA’ CON LE STRUTTURE ADIACENTI
W
Wsina
Wcosa
R
a
Stabilità dei pendii
metodo dell’equilibrio limite fronte di scavo
Blocco sul piano inclinato soggetto alla forza peso e alle sottospinte idrauliche
Il fattore di sicurezza:
A
Rs
F
FF =
VWsin
tg)UcosW(cA
a
a
Wsina
a
R V
U
WcosaW
Stabilità dei pendii
metodo dell’equilibrio limite
Considero la configurazione delle spinte idrauliche più sfavorevole!
AGI associazione
geotecnica italiana
a) Struttura costituita da due blocchi che scivolano lungo un pendio in
roccia
il BLOCCO 1 è sottoposto alla sola forza peso W1, pertanto scivola se si
verifica la condizione: W1sin > W1costg + cA
inoltre tale blocco imprime a quello sottostante una forza R3 inclinata
di 3
il BLOCCO 2 tra le forze agenti ha: W1sine R3
Il fattore di sicurezza calcolato deve essere di tipo globale, cioè relativo
all’intero pendio e non al singolo blocco.
Stabilità dei pendii
metodo dell’equilibrio limite
AGI associazione
geotecnica italiana
SCIVOLAMENTO PLANARE
a) Scivolamento planare di un volume di roccia soggetto alla forza
peso W e ad una forza esterna R (es. un tirante)
la componente normale al piano:
N = WcosaRsin(a)
la componente parallela al piano:
S = WsinaRcos(a)
Il fattore di sicurezza:
Fs =
aa
aa
cosR - Wsin
tg Rsin(WcoscA
Se esiste una sottospinta idraulica U, le forze resistenti diminuiscono:
FR= tg UNcA
aW
N
S
R
Stabilità dei pendii
scivolamento planare
AGI associazione
geotecnica italiana
scivolamento tridimensionale
fi inclinazione del fronte i inclinazione della linea di intersezione dei 2 piani
Stabilità dei pendii AGI associazione
geotecnica italiana
Scivolamento tridimensionale di un volume di roccia in presenza di coesione e sottospinta idraulica
Il fattore di sicurezza:
Bw
Aw
BAs tgY2
BtgX2
AYcXcH
3F
dove:
cA e cB sono le coesioni sui piani A e B;
A e B sono le resistenze al taglio sui piani A e B;
è il peso di volume della roccia;
w è il peso di volume dell’acqua;
H è l’altezza del cuneo;
X, Y, A e B sono dei fattori adimensionali:
nbna2
5
nbnaab
nbna2
5
nbnaba
nb135
13
na245
24
sinsin
coscoscosB
sinsin
coscoscosA
cossin
sinY
cossin
sinX
dove:
a, b, 5 sono l’inclinazione dei piani A, B e della linea 5;
ij sono gli angoli tra le linee i e j o tra le normali ai piani A e B (na e nb).
Stabilità dei pendii
scivolamento tridimensionale
metodo dell’equilibrio limite globale
ai Ui
Ni
Si
Dxi
Wi
Ei+1
Ur
Ei
Ur
Ti+1
Ti
ai
Dli
bi
Se si hanno n conci: n valori delle forze normali Ni n valori delle forze di taglio Si n valori della ai n-1 valori delle forze normali Ei n-1 valori delle forze tangenziali Ti n-1 valori della bi 1 valore del coefficiente di sicurezza FS 6n – 2 condizioni richieste per rendere staticamente determinato il problema
Stabilità dei pendii AGI associazione
geotecnica italiana
A disposizione si hanno:
n equazioni di equilibrio alla traslazione verticale
n equazioni di equilibrio alla traslazione orizzontale
n equazioni di equilibrio al ribaltamento
3n equazioni
Non si ottiene un sistema risolvibile, perché il numero delle incognite è superiore a quello delle equazioni: occorre effettuare delle ipotesi semplificative, per poter ottenere una soluzione.
Nessuno dei metodi è in grado di risolvere il problema in modo rigoroso, pertanto è buona norma applicare più metodi e confrontare i risultati ottenuti; cautelativamente si considera il FS minimo tra quelli ottenuti con i vari metodi.
Stabilità dei pendii
metodo dell’equilibrio limite globale
AGI associazione
geotecnica italiana
Esistono delle ipotesi semplificative comuni:
• si utilizza il criterio di resistenza di Mohr – Coulomb:
• non si utilizza la forza Si nella sua globalità, ma solo una quota parte legata al fattore di sicurezza. In questo caso si effettua una ipotesi molto restrittiva: coesione e attrito agiscono contemporaneamente e vengono determinati con la stessa sicurezza.
• Si e Ni diventano dipendenti, perciò si eliminano n incognite; ne rimangono 5n-2;
• la forza Ni viene applicata nella mezzeria del concio, dunque , perciò si eliminano altre n incognite; ne rimangono 4n-2;
Stabilità dei pendii
metodo dell’equilibrio limite globale
AGI associazione
geotecnica italiana
I metodi vengono raggruppati in:
• Metodi che ricercano le condizioni supplementari ipotizzando distribuzioni note delle azioni all'interfaccia, per esempio (come avviene nel metodo di Morgenstern e Price,1965) esprimendo il rapporto tra l'azione di taglio Xi e quella normale Ei nella forma:
(1)
nella quale f(x) e una funzione scalare (compresa tra 0 e 1) dell'ascissa x.
• In alternativa, come suggerito da Janbu (1973), si può fissare il punto di applicazione delle forze all'interfaccia e ricavare il legame tra Xi e Ei
dall'equazione di equilibrio alla rotazione del singolo concio. Janbu semplificato trascura la variazione delle forze di taglio.
• Infine, nel metodo Sarma (1973), viene suggerito di assegnare direttamente alle azioni di taglio una struttura tipo la (1).
Stabilità dei pendii
metodo dell’equilibrio limite globale
AGI associazione
geotecnica italiana
metodo di janbu
DN=sDl
DS=tDl
Dl
DW
a
E
T
h
e
hq
q
Dxi
DP
z E+DE
T+DT
Le incognite del problema sono:
E, T, DN,DS
•Si suppone nota la linea di azione delle forze E. •La risultante DN agisce nel punto in cui la retta di azione di (DW + qDx + DP) intercetta la base del concio.
Stabilità dei pendii
Equilibrio alla traslazione verticale di un concio:
– DNcosaDS.sinaDW +DP +qDx +DT
Equilibrio alla traslazione orizzontale:
– DE +DScosaDQ DN . sina
Equilibrio alla rotazione per un concio:
– DT +DQ hq Ei yi = Ei+1 yi+1
Condizione di equilibrio globale:
DN=sDl
DS=tDl
Dl
DW
a
E
T
h
e
hq
q
Dxi
DP
z E+DE
T+DT
Stabilità dei pendii
metodo di janbu
AGI associazione
geotecnica italiana
Esprimendo F
ftt , si ottiene:
D
D
D
D
DD
D
B
A
AB
B
A
f
tgxx
T
x
PqzQEE
tgx
F
a
at )1( 2
con
a
D
D
D
D
t
tg'tgF
11
'tgux
T
x
Pqz'c
f
Stabilità dei pendii
metodo di janbu
Il fattore di sicurezza non è esplicitabile quindi si ricorre a metodi di soluzione reiterativi!
AGI associazione
geotecnica italiana
yvi
ysi a
Hw
Hi
Dxi
Si trascurano le forze DT, per cui il fattore di sicurezza:
Stabilità dei pendii
metodo di janbu semplificato
La valutazione del coefficiente di sicurezza, effettuata con questa formula, risulta approssimata perché prescinde dall'equilibrio alla rotazione del concio e, in particolare, cautelativa rispetto ai metodi rigorosi. Nel tentativo di renderla meno cautelativa, Janbu (1973), attraverso un confronto con la soluzione ottenibile con il metodo rigoroso, ha introdotto un fattore correttivo f0, dipendente dalla geometria del problema e dai parametri di resistenza al taglio, per cui il valore corretto del coefficiente di sicurezza diventa:
AGI associazione
geotecnica italiana\
Stabilità dei pendii
metodo di janbu semplificato
Andamento di f0
AGI associazione
geotecnica italiana
procedura di calcolo reiterativa
• Calcolo
• Dxi = xsi+1-xsi lunghezza di ogni concio;
• .Hi = altezza media di ogni concio;
• .Wi = Hi Dxipeso di ogni concio;
• .Calcolo della forza Fwi agente su ogni concio, dovuta alle pressioni interstiziali:
• Fwi = Hwi Dxiw ;
• .Calcolo dell’inclinazione alla base del concio:
• .Calcolo delle forze scivolanti: ASi = Wi tga;
yvi
ysi a
Hw
Hi
Dxi
Stabilità dei pendii AGI associazione
geotecnica italiana
n
1iSi
n
1iRi
S
A
B
F
'tg)xHW(xc iwwii iDD
i2
S
ii cos
F
'tgtg1m a
aa
i
iRi
m
GB
a
•Attribuzione di un valore iniziale FS di tentativo: FS = 1; •Calcolo delle forze resistenti BRi
Gi =
Calcolo del fattore di sicurezza Fs Confronto tra i due fattori di sicurezza FS: se FSj+1 – FSj < 0,001 il fattore di sicurezza è: FS = FSj+1 ; se FSj+1 – FSj > 0,001 si possono presentare 2 casi: il numero di iterazioni svolte è inferiore rispetto a quello previsto CONTINUARE il numero di iterazioni svolte è superiore rispetto a quello previsto PROBLEMA MAL CONDIZIONATO Stabilità dei pendii
procedura di calcolo reiterativa
analisi in condizioni non drenate – Janbu semplificato
u = 0 tf = cu
Stabilità dei pendii
In questo caso è possibile determinare il fattore di sicurezza senza ricorrere al processo iterativo! iii
i
xz
xcF
n
a
a
tan
'
0
D
D
AGI associazione
geotecnica italiana
Pendio omogeneo – analisi parametriche
Stabilità dei pendii
•Il metodo di Bishop e di Morgenstern & Price restituiscono, in tutti i casi presi in esame, valori approssimativamente identici. Questo comportamento determinato dal fatto che il metodo di Bishop costituisce una parte del metodo di Morgenstern & Price. •Un discorso a parte va fatto per il metodo Sarma che risulta in tutti i casi il meno cautelativo. L'approccio al problema tramite l'annullamento delle accelerazioni K porta a risultati evidentemente divergenti al crescere di c. •Il metodo di Janbu completo è conservativo mentre quello semplificato è intrinsecamente più cautelativo in quanto considera solamente l'equilibrio alla traslazione tralasciando l'equilibrio al momento. Lo stesso autore ha infatti inserito un fattore correttivo f0, al fine di ovviare a questa semplificazione.
Università degli Studi di Parma
Metodi delle tensioni
•Le discontinuità possono essere considerate in modo implicito
oppure in modo esplicito.
• La scelta del tipo di approccio è governata dalle caratteristiche
fisiche e geometriche delle discontinuità in relazione alla scala del
problema.
• Il MODELLO CONTINUO è applicato quando non sia evidente
la presenza di macrostrutture che ne governano la risposta
deformativa.
• Il MODELLO CONTINUO-EQUIVALENTE si utilizza
quando la risposta deformativa dipende dalle caratteristiche globali
del sistema .
•Il MODELLO DISCONTINUO dev’essere utilizzato il
comportamento tensio-deformativo è governato principalmente dai
sistemi di discontinuità.
L’approccio continuo e quello discontinuo sviluppati principalmente nei seguenti metodi numerici :
1. Metodi del continuo: differenze finite (FDM), elementi finiti (FEM), elementi di contorno (BEM).
2. Metodi del discontinuo: elementi distinti (DEM), “discrete fracture network” (DFN).
3. Metodi ibridi continuo-discontinuo.
Sia per il continuo sia per il discontinuo, esistono soluzioni
analitiche e metodi di modellazione numerica
Università degli Studi di Parma
CONTINUO – CONTINUO EQUIVALENTE
Metodi NUMERICI
Nel metodo agli elementi finiti (Finite Element
Method FEM) e delle differenze finite (Finite
Difference Method FDM) il dominio del problema
è suddiviso in elementi di dimensione finita.
Il mezzo può deformarsi in campo plastico e la
griglia può muoversi in modo solidale al materiale
rappresentato
A diverse zone del modello possono essere
associati differenti modelli costitutivi
Discretizzazione in
elementi della regione
di studio, cioè
dell’ammasso roccioso
in cui avviene lo scavo
Università degli Studi di Parma
DISCONTINUO
Metodi NUMERICI
Nel metodo degli elementi distinti
(Distinct Element Method DEM) il
mezzo (discontinuo) è costituito da
blocchi generati in base alle
caratteristiche d’orientazione e di
persistenza delle discontinuità.
I blocchi possono essere soggetti a
grandi rotazioni e a grandi spostamenti
relativi.
La sequenza di calcolo, tra i diversi stati
del sistema, avviene per piccoli
incrementi di tempo (metodo
esplicito).
u
t
F
mEquazione del moto
u
t
u u
t
t t t tD D
D
/ /2 2
Aggiornamento forze di contatto
Aggiornamento forze centroide blocco
Aggiornamento posizione blocco
Spostamenti relativi tra contatti
MODELLI CONTINUI E CONTINUI-EQUIVALENTI
Definizione delle caratteristiche di deformabilità e di resistenza del materiale “globale” (matrice rocciosa +
discontinuità) che può essere:
Mezzo elastico lineare (ILE), elastico non lineare (NON ILE)
Mezzo isotropo (E,n) o anisotropo ( E1 , E2 , E3, n12, , n23 , n13), trasversalmente isotropo etc.
Mezzo elasto-plastico (ELPA): idealmente plastico, rammollente, idealmente fragile, incrudente.
Per i mezzi elastici la caratterizzazione meccanica si limita alla determinazione delle caratteristiche di deformabilità
mentre per un mezzo ELPA è necessario definire:
•Una relazione in campo elastico
•Scelta della legge di plasticizzazione che indica il livello di sforzo per cui si hanno deformazioni plastiche e
conseguenti parametri, ad esempio per mezzi elastici idealmente plastici, e criterio di resistenza di Mohr (c , ).
•Relazione sforzo-deformazione in campo plastico.
Definizione del comportamento meccanico dei pendii
0 0.001 0.002 0.003
Deformazione
0
10
20
30
40
50
60
70T
ensi
one
0 0.001 0.002 0.003
Deformazione
0
5
10
15
Ten
sio
ne
0 0.001 0.002 0.003
Deformazione
0.0
0.5
1.0
1.5
2.0
Ten
sio
ne
0 0.001 0.002 0.003
Deformazione
0
30
60
90
120
Te
nsi
on
e
Elastico – Idealmente Fragile Elastico – Idealmente Plastico Elastico – Rammolente Elastico – Incrudente
Definizione delle caratteristiche di deformabilità e di resistenza del materiale roccioso e delle
discontinuità, separatamente:
Comportamento dei blocchi
Comportamento delle discontinuità
Ubicazione ed orientazione delle discontinuità per la definizione della geometria dei blocchi
MODELLI DISCONTINUI
Definizione del comportamento meccanico dei pendii
RIGIDI
DEFORMABILI: elastici (E , n) o elasto-plastici (E , n , c , )
Deformabilità (Kn , Ks)
Resistenza (j , JRC , JCS)
N.B. Nelle modellazioni numeriche non vanno ridotte le caratteristiche di resistenza.
AGI associazione
geotecnica italiana
OK
Piano di monitoraggio
Progetto degli interventi
Analisi di stabilità
in assenza di interventi SLU
Analisi di stabilità
in presenza di interventi
SLU + (SLE)
KO
KO
Verifiche degli interventi
OK
Analisi e descrizione
del fenomeno di instabilità
Studio delle cause
e del meccanismo franoso
Relazione
geologica
Caratterizzazione e modellazione
geotecnica del sottosuolo
Relazione
d’indagine geotecnica
Relazione tecnica
e di calcolo strutturale
Il percorso del progetto pendii naturali
Stabilità dei pendii