VERBALE DI ASSEMBLEA del 22-23-24 marzo 2002 filerilevato – ha detto Randazzo – come non è...

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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 1 Ufficio stampa Rassegna stampa 7 Luglio 2005 Responsabile : Claudio Rao (tel. 06/32.21.805 – e-mail:[email protected] )

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Ufficio stampa

Rassegna stampa

7 Luglio 2005 Responsabile :

Claudio Rao (tel. 06/32.21.805 – e-mail:[email protected])

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SOMMARIO Pag.3 RIFORME: Ordinamento giudiziario ad esame limitato (diritto e giustizia) Pag.5 RIFORME: Sulla giustizia la Cdl in affanno procede veloce (italia oggi)Pag.6 EUROPA: Lungaggini della giustizia e diritti dei detenuti, nuovo sollecito all'Italia (diritto e giustizia) Pag.7 PARLAMENTO: Legittima difesa, sì all'uso delle armi (il sole 24 ore) Pag.9 PARLAMENTO: Legittima difesa come nel Far West (diritto e giustizia) Pag.10 ARBITRATI: Arbitrati con lodo rafforzato (il sole 24 ore) Pag.12 ARBITRATI: Arbitrato senza sgambetti (italia oggi)Pag.14 ARBITRATI: Più collaborazione con i giudici (il sole 24 ore)

Pag.15 CONCILIZIONE: Conciliazione a tutto campo (il sole 24 ore) Pag.16 CONCILIAZIONE: La conciliazione amplia i confini (italia oggi)Pag.18 CONCILIAZIONE: Una via d'uscita da formalismi oggi ingiustificati

di Piero Schlesinger (il sole 24 ore)

Pag.19 CONCILIAZIONE: Nel 2004 risolte liti per 80 milioni (il sole 24 ore) Pag.20 CONCILIAZIONE: Illeciti, foro unico per i risarcimenti (italia oggi) Pag.21 CASSAZIONE: Cassazione, voglia di rilancio (italia oggi) Pag.22 CASSAZIONE: In pillole il nuovo giudizio davanti la Suprema corte (italia oggi) Pag.24 PROCESSO ESECUTIVO: Processi scoordinati (italia oggi) Pag.25 FALLIMENTI:Crisi aziendali,Ds contro la delega per la riforma(il sole 24ore) Pag.26 FALLIMENTI:Nuovi fallimenti, i tempi stringono (italia oggi) Pag.27 SVILUPPO ECONOMICO: Action plan ridotto ai minimi termini (diritto e giustizia) Pag.28 COMPETITIVITA’: Informativa Pag.29 GIOVANI AVVOCATI: I giovani professionisti chiedono interventi

strutturali (il sole 24ore) Pag.30 CONVEGNO AIAF: Violenza in casa, è allarme sociale (italia oggi) Pag.32 STUDI LEGALI: La maggior parte degli studi legali è ancora ai primordi (italia oggi)

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DIRITTO E GIUSTIZIA

Ordinamento giudiziario ad esame limitato

Com’era prevedibile, la Camera non discuterà della riforma dell’ordinamento giudiziario nel suo intero, ma si occuperà solo dei quattro punti sollevati dal Capo dello Stato. Ieri l’Aula di Montecitorio ha accolto la proposta della commissione Giustizia e illustrata dal relatore al provvedimento, Francesco Nitto Palma (Fi) con uno scarto di 35 voti e la commissione potrà adesso andare avanti con la discussione (vedi tra gli arretrati del 6 luglio). «Questo permetterà un esame più celere» ha detto il ministro della Giustizia Roberto Castelli, che spera ancora di non dover ricorrere alla fiducia.

Ieri mattina intanto, si sono svolte le audizioni dell’Associazione nazionale magistrati, dell’Organismo unitario dell’avvocatura, dell’Unione camere penali e dell’Associazione italiana giovani avvocati e sul provvedimento sono piovute critiche da tutte le parti.

Ucpi. L’Unione delle Camere penali italiane, attraverso il presidente Ettore Randazzo, ieri hanno ribadito la loro contrarietà alla riforma invitando la Commissione «ad un ripensamento affinchè non si consolidi questa occasione perduta, ma si colga l’occasione per una riforma nel solco del rispetto dei principi costituzionali e della giurisdizione liberale». Randazzo ha quindi ribadito l’estrema contrarietà delle camere penali per la mancata separazione delle carriere dei magistrati: Abbiamo rilevato – ha detto Randazzo – come non è possibile, mentre si abbandonano i principi del giusto processo e della terzietà del giudice, assistere al tentativo che stanno facendo i magistrati di dettare legge con uno sciopero che tenta di preservare, come una conquista, la commistione delle carriere». Quello dei magistrati, secondo Randazzo, è un veto particolarmente allarmante «perchè propone un regolamento di confini improprio, tra magistrati e PArlamento». La separazione delle carriere, ha concluso il presidente, è invece pienamente compatibile con il nostro sistema costituzionale come dimostra l’ammissibilità in proposito, data dalla Consulta ai quesiti referendari». Ma le critiche dei penalisti non sono andate solo alla maggioranza di Centrodestra, dal momento che anche l’opposizione ha eluso «il problema centrale della riforma, ossia la terzietà del giudice, sminuito e relegato dagli uni e dagli altri a dettaglio trascurabile, se non addirittura ad una mania dell’avvocatura penale».

Aiga. Tramite il presidente Mario Papa, anche l’Associazione italiana giovani avvocati ieri mattina ha espresso il proprio dissenso alle correzioni apportate dal Senato al provvedimento dopo i rilievi mossi dal Presidente della Repubblica. Oltre ad aver criticato la riforma nel suo complesso, perchè non garantisce la centralità che il professionista giovane avvocato dovrebbe invece avere nell’organizzazione e nella gestione del mondo giustizia, l’Aiga ha sottolineato anche le problematiche relative alle modifiche apportate dall’emendamento Bobbio. «L’emendamento Bobbio – ha detto Papa – che prevede un limite massimo per l’espletamento degli incarichi direttivi, evidenzia come il requisito della esperienza/anzianità professionale, debba essere visto come un limite e non come un elemento di garanzia e qualità». Papa è anche ritornato sull’altra nota dolente, ossia sull’eliminazione dell’ufficio del monitoraggio, che poteva essere evitata, «configurando l’ufficio in una normativa regolamentare, con la previsione di un organo di controllo non tanto delle decisioni assunte dai magistrati, ma dei costi dei processi nell’ottica di svolgere una valutazione tra le scelte effettuate dai magistrati e gli esiti dei processi, al fine di realizzare un monitoraggio dell’efficienza e della laboriosità del magistrato in base alle spese ed i costi che vengono sostenuti per la definizione dei processi».

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Oua. Un’occasione mancata, così è stata definita dalla delegazione dell’Organismo unitario dell’avvocatura, composta dal vice presidente Francesco Pensato, Anna Maria Introini e da Piergiorgio Avvisati, la riforma della giustizia in esame che, seppure necessaria, per come scritta non risolve i problemi principali del sistema giustizia. Il presidente, Michelina Grillo, ha affermato che «la riforma dell’ordinamento giudiziario, ormai prossima all’approvazione definitiva, è l’ennesima occasione mancata per intervenire in modo organico e condiviso su un aspetto tanto delicato del nostro sistema giustizia: anche in questo caso un’insufficiente previsione di risorse e un confronto basato solo su sterili contrapposizioni sta portando a risultati non soddisfacenti». L’Oua ha ribadito quindi le sue perplessità sul Ddl: la previsione del manager distrettuale solo per quattro distretti di Corte d’appello, l’assenza di interventi concreti sull’ufficio del giudice, sulla magistratura onoraria e sulle circoscrizioni giudiziarie, e, ultimo ma non per importanza, la mancata separazione delle carriere dei magistrati. Anche sul sistema dei concorsi, le soluzioni prospettate non sono per l’Oua all’altezza dei problemi, mentre il sistema individuato risulta farraginoso. Positiva, invece, la previsione di un riconoscimento del ruolo dell’avvocatura nei Consigli giudiziari, ma anche in questo ambito si poteva fare di più. L’Oua ha invitato tutti a mettere da parte le polemiche e a riaprire un confronto nei prossimi mesi per intervenire nella fase attuativa su quei punti della riforma che necessitano di correzioni.

Anm. Il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Ciro Riviezzo, ha puntato dritto sull’emendamento Bobbio, pur riaffermando il netto dissenso dalla riforma, ritenuta da sempre incostituzionale, anche dopo le modifiche apportate dal Senato. Come aveva preannunciato martedì (vedi tra gli arretrati del 6 luglio), il presidente dell’Anm ha focalizzato l’attenzione sull’emendamento approvato in Aula al Senato che «si pone in chiaro contrasto con gli articoli 105, 3 e 97 della Costituzione, violando le prerogative che la Carta assegna in via esclusiva al Csm, creando disparità di trattamento e confliggendo con il principio di buon andamento della Pubblica amministrazione». La norma, secondo Riviezzo, provocherà per molto tempo la paralisi del Csm in materia di concorsi per assegnare gli incarichi direttivi. Nelle due pagine consegnate alla commissione, l’Anm ha ribadito inoltre che le il Ddl contraddice il messaggio di Ciampi, a cominciare dalle linee di politica giudiziaria. Per quanto riguarda gli incarichi direttivi, il potere di impugnazione del Guardasigilli andrebbe soppresso, mentre per quanto riguarda i concorsi, la proposta emendata risulta «in più evidente contraddizione con il messaggio presidenziale, visto che si continua ad imporre al Csm di prendere in considerazione solo i candidati positivamente valutati dalle commissioni esterne o dalla Scuola».

La mancata audizione dell’Anpa. I giovani avvocati protestano per essere stati esclusi dalle audizioni. «Denunciamo la poca trasparenza nella scelta delle associazioni nazionali forensi – ha detto Gaetano Romano, leader dell’Anpa, associazione nazionale praticanti e giovani avvocati – sono state decise audizioni farsa. Avevamo chiesto al presidente PEcorella di verificare il numero di iscritti ai vari sodalizi associativi forensi, in modo da individuare le associazioni più rappresentative. Ciò non è avvenuto, informeremo il presidente della Camera Casini circa la gestione autoreferenziale delle audizioni. La nostra esclusione – ha continuato – è grave, non solo per ineguagliabile numero di rappresentanti, ma soprattutto perchè l’Anpa è l’unico storico sodalizio associativo in Italia presieduto da un avvocato non Cassazionista. La volontà dell’onorevole Pecorella è in linea con quella dell’intero governo di Centrodestra contrario alle nuove generazioni». (p.a.)

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ITALIA OGGI

Sulla giustizia la Cdl in affanno procede veloce Gincana della maggioranza sulla giustizia, per schivare insidie parlamentari provenienti dalle proprie fila e portare a casa le riforme nonostante le polemiche della opposizione e i giudizi scettici (avvocati), quando non assolutamente negativi (dei magistrati). Mentre l'Europa prosegue il suo monitoraggio attento ´deplorando i ritardi riscontrati nell'attuazione delle misure necessarie' a restituire efficienza al sistema. In questo scorcio di anno vengono al pettine tanti nodi come la riforma dell'ordinamento giudiziario, la ex Cirielli sulla prescrizione e quel ddl sui reati di opinione tanto voluto dal guardasigilli Roberto Castelli, che fanno temere in un luglio torrido. E la giornata parlamentare di ieri è stata scandita da voti che segnavano un passo avanti sui provvedimenti in campo, dure prese di posizione del centro-sinistra e qualche scivolone con inusuali alleanze tra partner della coalizione di governo e opposizione. Ordinamento giudiziario. Ieri l'aula della camera ha votato di limitare l'esame del provvedimento ai soli quattro punti oggetto del messaggio di rinvio alle camere del presidente Ciampi. Eventuali proposte di modifica, sempre più improbabili, dovranno riguardare l'ufficio ministeriale di monitoraggio sui procedimenti (espunto dal senato), la relazione del ministro sullo stato della giustizia, il potere di ricorso al Tar del guardasigilli contro le delibere del Csm, il sistema dei concorsi per la progressione in carriera. In mattinata la commissione giustizia della camera aveva sentito i rappresentanti delle associazioni di magistrati e avvocati e i giudizi non sono stati morbidi. Scontato quello dell'Associazione nazionale magistrati (che farò sciopero il 14 proprio per protestare contro l'approvazione del testo) che con il presidente Ciro Riviezzo ha ribadito la ferma contrarietà e ha anche sottolineato come il senato abbia eluso i rilievi di Ciampi, mantenendo inalterati i profili di incostituzionalità del testo. Ma anche gli avvocati non sono stati morbidi. L'Unione delle camere penali l'hanno definita ´finta e inaccettabile' e hanno invitato, a vuoto, il parlamento a ripensarla soprattutto sul fronte della effettiva separazione delle carriere. L'Organismo unitario dell'avvocatura parla di una ´occasione persa per intervenire in modo organico e condiviso sul sistema giustizia'. Un consentimento dei danni potrebbe venire dai decreti attuativi, che potrebbero intervenire sui punti che necessitano di correzioni. Anche dall'Aiga, l'Associazione italiano dei giovani avvocati, sono fioccate critiche: la riforma è silente sul ruolo dei giovani avvocati né va bene l'emendamento anti-Caselli che evidenzia ´come il requisiti della esperienze/anzianità professionale, debba esser visto come un limite e non come elemento di garanzia di qualità'.

Ex Cirielli. Dura protesta della opposizione in senato per la decisione della conferenza dei capigruppo di inserire nell'ordine del giorno dell'aula del senato, sin da ieri, la proposta che taglia i tempi di prescrizione dei processi. ´Di fronte a un paese in crisi', ha detto in aula il presidente dei senatori diessino Gavino Angius, ´la Cdl pensa a salvare Previti dai processi. È in corso uno scambio'. Per Pierluigi Petrini, vicepresidente dei senatori della Margherita, la ´maggioranza offende l'istituzione parlamentare con un'altra legge ad personam'. ´Non vi è stato e non vi è alcun patto', ha ribattuto il presidente dei senatori di Forza Italia Renato Schifani. ´Dopo sei mesi di lavoro infruttifero in commissione è venuto il tempo per l'aula di occuparsene. È un provvedimento cui è stata riconosciuta l'importanza strategica per una riduzione dei tempi dei processi'.

Europa. E in effetti la ex Cirielli, beffa della politica, insieme agli interventi sulla competitività, figura tra i provvedimenti che l'Italia ha speso a Strasburgo come risolutivi della crisi della giustizia in un piano d'azione spedito al comitato dei ministri del Consiglio d'Europa.

Che ieri ha fatto sapere tra l'altro di incontrare difficoltà nel valutare correttamente i progressi realizzati a causa di certe incoerenze nelle statistiche giudiziarie fornite e ha incoraggiato le autorità italiane a dotarsi senza indugio di strumenti più affidabili per il monitoraggio dell'efficacia della giustizia. Il comitato ha deciso di riprendere l'11-12 ottobre l'esame della situazione italiana alla luce di un progetto di risoluzione interinale che farà il bilancio dei progressi effettuati e degli obiettivi ancora da raggiungere.

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DIRITTO E GIUSTIZIA

Lungaggini della giustizia e diritti dei detenuti, nuovo sollecito all'Italia

Gli sforzi italiani per risolvere il problema struttturale del sistema giudiziario, quello delle lungaggini insopportabili (più volte condannate dai giudici di Strasburgo), vengono riconosciuti dal Consiglio d’Europa – che ha esaminato il quarto rapporto annuale inviato da Roma – ma non bastano a risolvere concretamente il problema, almeno per ora. E dunque occorrono “sforzi supplementari per ottenere risultati più concludenti” tali da dimostrare che l’Italia intende effettivamente mantenere gli impegni assunti in proposito. Intanto il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha adottato due risoluzioni una interinale e l’altra finale relative all’esecuzione da parte dell’Italia di complessive dieci sentenze della Corte dei Diritti dell’uomo. Nel caso inerente tre pronunce su ricorsi giunti a Strasburgo e conclusi (Bifulco, Ganci e Messina IIa) viene ulteriormente sottolineata l’inefficacia della protezione giudiziaria sul controllo della corrispondenza dei detenuti, nonché altre avvenute violazioni dei loro diritti. Nella risoluzione finale, riguardante sette casi (Diana, Di Giovine, Domenichini, Madonia, Messina IIIa, Natoli e Rinzivillo), viene definita la supervisione del Comitato, in conformità alla Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sui provvedimenti necessari che lo Stato condannato dovrà adottare per garantire ai ricorrenti – le cui doglianze sono state riscontrate dalla Corte di Strasburgo – una riparazione adeguata delle violazioni subite e per prevenire il ripetersi di analoghe infrazioni.

Tuttavia, nel ricordare che la sistematica violazione da parte dei Tribunali nazionali dei termini che la legge prevede per i ricorsi ha di fatto vanificato l’impatto del controllo giudiziario sui diritti dei detenuti, il Comitato ha “preso nota con interesse della riflessione in corso in Italia, volta a trovare soluzioni conformi alle sentenze della Corte”. Ed ha anche constatato le migliorie apportate dalla Legge 95/2004 relativamente alla chiarezza sulle circostanze di ammissibilità dei controlli sulla corrispondenza e sul fatto che tali misure devono prevedere un termine. Ma ha anche preso atto della difficoltà di valutare correttamente i progressi in effetti realizzati dall’Italia a causa di alcune incoerenze nelle statistiche fornite ed ha suggerito un monitoraggio più sistematico e chiaro dell’efficacia della giustizia interna. Quanto alle decisioni interne che impongono restrizioni ai diritti dei detenuti, il Comitato ha rivolto un appello all’Italia affinchè siano adottati nel più breve tempo possibile i necessari provvedimenti – di carattere legislativo e no – per assicurarne un controllo giudiziario rapido ed efficace. L’organo del Consiglio d’Europa ha inoltre raccomandato alle autorità italiane di assicurare una sempre maggiore efficacia diretta delle sentenze della Corte dei Diritti in modo da prevenire ulteriori violazioni della Cedu, adempiendo così gli obblighi che Roma ha assunto secondo l’articolo 46 della Convenzione stessa.

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IL SOLE 24 ORE

GIUSTIZIA • Passa al Senato la legge voluta da Bossi Alla Camera ok sui reati d'opinione

Legittima difesa, sì all'uso delle armi

Prima la legittima difesa e poi i reati di opinione

Nemmeno ventiquattr'ore dopo la gravissima performance al Parlamento europeo contro il presidente Ciampi, la Lega incassa ben due vittorie politiche. Prima il Senato e poi la Camera hanno approvato ( in prima lettura) due cavalli di battaglia del Carroccio: la legge che autorizza l'uso delle armi in casa, in ufficio o in un negozio, come legittima difesa della propria incolumità fisica e dei propri beni; la legge che depenalizza molti reati di opinione, che trasforma il carcere in una multa per chi offende il tricolore e che riduce gli anni di prigione per chi propaganda o istiga all'odio razziale e xenofobo.

Per la Lega, che la settimana scorsa aveva già incassato il via libera del Senato alla riforma dell'ordinamento giudiziario, è un giorno di festa, anche se a guastargliela ci ha pensato Alleanza nazionale. Che, a sorpresa, si è opposta a una delle principali novità su cui puntava il Carroccio: l'eliminazione del carcere per chi propaganda razzismo e xenofobia. Oggi per questo reato si può anche finire in carcere fino a tre anni; in futuro, se la riforma diventerà legge, sarà il giudice a decidere caso per caso se punire col carcere ( ma fino a un massimo di 18 mesi) oppure con la multa ( fino a seimila euro) chi « propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religosi » . Questo è stato, infatti, il faticoso compromesso raggiunto a fine giornata con An. Che, dopo aver appoggiato l'emendamento della Cdl per cancellare del tutto il carcere nel caso della propaganda razzista ( emendamento definito « saggio » dal ministro della Giustizia Castelli), poi ci ha ripensato. E, complice il voto segreto, ha contribuito ad affondarlo. Un voltafaccia al quale non sarebbe estraneo il persistente rifiuto degli alleati alla proposta di abrogare il reato di apologia di fascismo. Che, come ha preannunciato il capogruppo di An Ignazio La Russa, verrà ripresentata al Senato. Giornata intensa, dunque, sul fronte della giustizia. In mattinata, al Senato veniva confermato l'ingresso in Aula, a partire da oggi, della ex Cirielli, detta " salva Previti" perché, oltre a inasprire le pene e il trattamento penitenziario nei confronti dei recidivi, dimezza i tempi della prescrizione anche per i processi in corso, destinati ad essere spazzati via, compresi quelli del deputato azzurro Cesare Previti.

Sempre in mattinata, ma alla Camera, si metteva in moto l'iter sulla riforma dell'ordinamento giudiziario, prima con la sfilata dell'Anm, degli avvocati penalisti e di altre associazioni forensi davanti alla commissione Giustizia e poi con il voto favorevole dell'Aula alla proposta della commissione di limitare l'esame alle modifiche introdotte dal Senato ( i famosi 4 punti censurati da Ciampi più l'emendamento anti Caselli).

Subito dopo, mentre a Montecitorio l'Aula riprendeva a votare la riforma che depenalizza molti reati di opinione, per alcuni dei quali ( come il vilipendio alla bandiera) sostituisce al carcere la pena pecuniaria, a palazzo Madama ripartiva la legge sulla legittima difesa. Quella che fa gridare l'opposizione al « far west » , allo « scempio del diritto » , al « fallimento della politica del Governo

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sulla sicurezza » ( Brutti, Ds), ma che fa dire alla Lega che « per la prima volta lo Stato sta con Abele, a cui consentirà di difendersi da Caino » ( Calderoli). La riforma consente di mettere mano alle armi di fronte alla minaccia di un'aggressione subìta in casa, in ufficio o in un negozio, indipendentemente dal fatto che la reazione sia o meno proporzionata alla minaccia. L'unica condizione, prima di sparare per difendere « i beni propri o altrui » , è che vi sia un concreto « pericolo di aggressione » e che l'aggressore non abbia dato segno di voler « desistere » dalla sua iniziativa criminosa.

La giornata finisce con un Castelli che mal dissimula la delusione per non essere riuscito a cancellare il carcere per i reati di razzismo e xenofobia.

Se per l'opposizione quella modifica sarebbe servita solo « a risolvere i guai giudiziari di Umberto Bossi e dei militanti del Carroccio » , per An andava respinta perché troppo " soft" con i razzisti. Così si è arrivati al compromesso finale, che abbassa da tre anni a 18 mesi il carcere. Castelli fa buon viso a cattivo gioco. La diessina Anna Finocchiaro commenta così: « Nel fuoco incrociato, al Senato della Cirielli, che serve a salvare esponenti di Fi, e alla Camera della riforma dei reati di opinione, che serve a salvare esponenti della Lega, il segnale al Paese è quello di un indebolimento della risposta della Repubblica rispetto ai reati di razzismo e di xenofobia. Anche oggi abbiamo assistito a uno scambio di favori tra i partiti di Governo... » . Scontro tra la Lega e An sulla eliminazione del carcere per il razzismo: Esecutivo battuto, passa una mediazione Bocciata la proposta di Alleanza nazionale per abrogare l'apologia del fascismo Vilipendio alla bandiera: solo una multa

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DIRITTO E GIUSTIZIA

Legittima difesa come nel Far West

Un ulteriore scontro tra maggioranza e opposizione si è registrato ieri al Senato sul disegno di legge riguardante la legittima difesa che, approvato da Palazzo Madama, passa adesso all’esame della Camera. A favore del provvedimento si sono espressi i senatori del Centrodestra, mentre tutta l’opposizione ha votato contro (il testo è leggibile tra i documenti correlati). Durante l’esame dell’Aula è stato approvato un emendamento di Luigi Bobbio (An) con il quale è stato esteso il principio della legittima difesa per i beni anche ai negozianti e agli uffici privati, mentre secondo il testo predisposto da Furio Gubetti (Fi) il principio è esteso anche alle adiacenze immediate dell’abitazione e in particolare alle scale ed ai cortili che conducono alle abitazioni private. La norma approvata modifica l’articolo 52 del Codice penale che stabilisce il principio di proporzione tra l’aggressione e la difesa dell’aggredito. Fortemente voluto dal Centrodestra, il provvedimento deroga a questo principio di proporzione quando l’aggredito deve difendere la propria incolumità o quella di persone che gli stanno vicino. Allo stesso modo non si tiene conto del principio di proporzionalità quando viene aggredito un bene, non c’è desistenza dal furto e c’è pericolo d’aggressione per una persona.«Questo disegno di legge, voluto dal Centrodestra, è un esperimento di scempio del diritto, e in prticolare dell’istituto della legittima difesa» ha detto il responsabile Giustizia per i Ds, Massimo Brutti. «Con queste norme – ha aggiunto – la Casa delle Libertà intende legittimare l’uso delle armi anche quando non vi sia proporzione tra offesa e reazione. È una legge breve, ma in realtà costituisce un colpo di piccone ai principi generali del diritto penale. Contiene norme eversive perché spingono i cittadini a mettere mano alle armi anche contro la sola minaccia di un’aggressione». Secondo Brutti «La vera ragione politica di questo provvedimento sta nel fallimento del governo proprio su questo terreno delle politiche della sicurezza. I reati aumentano, le rapine sono a un livello mai toccato negli ultimi decenni, i furti negli appartamenti sono in crescita, la sicurezza si incrina. E qual è la risposta del Centrodestra? Armare di pistola commercianti e cittadini».Secondo la maggioranza, invece, il Ddl sulla legittima difesa è un chiaro segno che i parlamentari della Casa delle Libertà sono dalla parte dei cittadini che si trovano a fronteggiare i delinquenti nel proprio domicilio. Secondo il vicepresidente dei senatori di Forza Italia, Lucio Malan «si tratta anche di una vittoria dell’iniziativa parlamentare, poiché il provvedimento è stato proposto dal senatore Gubetti, fatto proprio dal gruppo di Forza Italia e sostenuto da tutta la Cdl».

Senato della Repubblica «Modifica all’articolo 52 del Codice penale in materia di diritto all’autotutela

in un privato domicilio» Ddl 1899/S ed altri con le modifiche, in neretto, approvate dall’aula

6 luglio 2005 Articolo 1

(Diritto all’autotutela in un privato domicilio) 1. All’articolo 52 del codice penale è aggiunto il seguente comma: «Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo (…) al fine di difendere: a) la propria o altrui incolumità; b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione». La disposizione di cui al comma che precede si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale.

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IL SOLE 24 ORE

GIUSTIZIA • Nel decreto legislativo preparato dalla commissione Vitali ampliati i casi di parificazione alla sentenza

Arbitrati con lodo rafforzato

Nel procedimento più spazio alla decisione delle questioni pregiudiziali Precisata la responsabilità degli arbitri

MILANO • Prende corpo la riforma dell'arbitrato. La commissione del ministero della Giustizia ha ormai ultimato i lavori di redazione del testo del decreto legislativo che, in attuazione della delega contenuta nella legge sulla competitività ( la n. 80), prova a rilanciare l'istituto. Il provvedimento, che è costituito anche da un'ampia parte dedicata alla riforma del giudizio in Cassazione, verrà probabilmente presentato al Consiglio dei ministri già prima della pausa estiva dei lavori di Parlamento e Governo. L'occasione per fare il punto sulla riforma è stata offerta ieri a Milano da un convegno della Camera di commercio al quale hanno partecipato politici come il sottosegretario alla Giustizia, Luigi Vitali, presidente della commissione che ha preparato il decreto, docenti e studiosi dell'istituto, come Edoardo Ricci e Sergio Chiarloni, operatori come Stefano Azzali, segretario della Camera arbitrale di Milano.

Numerose le novità introdotte, che troveranno applicazione in una fase transitoria operativa per le convenzioni stipulate solo dopo l'entrata in vigore del decreto e per i procedimenti arbitrali nei quali la domanda è stata proposta successivamente alla stessa data di entrata in vigore. La principale è rappresentata dalla parificazione del lodo, dalla data della sua ultima sottoscrizione, alla sentenza pronunciata dall'autorità giudiziaria senza distinzione per tipologia di arbitrato e, quindi, sia per quello rituale ( quello che si svolge secondo le regole del Codice di procedura civile) sia per quello irrituale ( che sinora poteva dare luogo solo a una conclusione di natura ed efficacia negoziale). La soluzione scelta dalla commissione dovrebbe, tra l'altro, mettere la parola fine alla prassi della Cassazione da tempo tendenzialmente ostile a " raffozare" il lodo da arbitrato irrituale.

Lo schema di decreto legislativo interviene inoltre a ridefinire la responsabilità degli arbitri, stabilendo che saranno chiamati a rispondere dei danni provocati alle parti quando, con dolo o colpa grave, hanno omesso o ritardato il compimento di atti dovuti oppure hanno rinunciato all'incarico senza gravi motivi. Stessa responsabilità, poi, per l'arbitro che non ha pronunciato entro il termine fissato. Se la responsabilità non dipende dal dolo dell'arbitro, la misura del risarcimento non può superare una somma pari al triplo del compenso dovuto, a titolo di convenzione o di tariffa. Disciplinata anche più dettagliatamente la ricusazione degli arbitri che potrà scattare, tra l'altro, quando sono assenti le qualifiche espressamente previste tra le parti o quando l'arbitro ha già dato consulenza, assistenza o difesa a una delle parti in una precedenti fase della vicenda o vi ha deposto come testimone.

Quanto al procedimento, detto che gli arbitri non possono concedere sequestri né altri provvedimenti cautelari, almeno due sono gli aspetti da sottolineare. Il primo è costituito dalla soppressione dell'attuale 1 ? comma dell'articolo 819 del Codice di procedura civile, per effetto della quale gli arbitri possono risolvere ( in precedenza doveva scattare la sospensione) senza autorità di

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giudicato tutte le questioni rilevanti per la decisione della controversia anche se riguardano materie che non possono essere oggetto di una convenzione di arbitrato.

L'efficacia di giudicato riguarda invece le materie che possono essere oggetto di convenzione. In secondo luogo è previsto un rafforzamento dei poteri istruttori con la previsione dell'intervento dell'autorità giudiziaria quando il testimone che dovrebbe essere sentito rifiuta di comparire; inoltre l'arbitro potrà farsi assistere da uno o più consulenti tecnici e chiedere alla pubblica amministrazione informazioni scritte sugli atti, in possesso dell'amministrazione stessa, che è necessario acquisire al giudizio. Sono state introdotte misure specifiche per evitare manovre dilatorie da parte degli arbitri e fissata una proroga che, salvo diversi accordi, non potrà essere superiore a 180 giorni. Viene conservato, malgrado qualche perplessità, l'intervento della Corte d'appello come giudice competente sulle impugnazioni e potranno essere fatti valere casi di annullamento e non più di nullità. A essere ampliato è però l'elenco dei casi di annullamento rispetto all'attuale versione del Codice civile: entrano così a farvi parte la conclusione del procedimento senza una decisione sul merito della controversia quando questo era di competenza degli arbitri, la contraddittorietà delle disposizioni e il fatto che il lodo non si sia pronunciato su qualcuno degli oggetti della convenzione quando invece una decisione era stata sollecitata dalle parti. G.Negri

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ITALIA OGGI

ItaliaOggi anticipa i contenuti dello schema del decreto legislativo

Arbitrato senza sgambetti

Sì all'anticipazione delle spese e arbitri potenti Rendere efficiente, ad ampio raggio e a prova di ´imboscate' l'arbitrato. È questo l'obiettivo principale della riforma dell'istituto proposta dalla commissione ministeriale Vitali che martedì scorso ha finito i lavori stilando un testo di decreto delegato. Disponibilità dell'oggetto e arbitrabilità, arbitrato amministrato, indipendenza e responsabilità degli arbitri, arbitrato fra più parti e intervento di terzi, disciplina del procedimento, rapporti tra arbitro e giudice, efficacia del lodo e sua impugnazione, fusione tra disciplina dell'arbitrato internazionale e dell'arbitrato interno sono le principali ambiti di intervento del legislatore delegato. La commissione Vitali, incaricata di mettere a punto lo schema di decreto delegato in attuazione all'articolo 1 della legge competitività n. 80 del 2005 che contiene la delega al governo per la riforma del giudizio di Cassazione e dell'arbitrato, ha terminato i suoi lavori martedì e ha predisposto una bozza di dlgs che ItaliaOggi è in grado di anticipare. Il testo è all'ordine del giorno del preconsiglio dei ministri di martedì 12 luglio. Segno che approderà in cdm venerdì 15.

In queste due pagine ItaliaOggi ripercorre le principali novità per quanto riguarda i due ambiti di intervento.

Scorriamole per quanto riguarda l'arbitrato, istituto di giustizia alternativa gestito sia dalle camere di commercio (si veda tabella in pagina) sia da camere arbitrali di natura privatistica sia da liberi professionisti.

Innanzitutto viene chiarito che l'oggetto dell'arbitrato è qualsiasi controversia che non abbia per oggetto diritti indisponibili. La novità è che nel dubbio la convenzione di arbitrato si interpreta nel senso che la competenza arbitrale si estende a tutte le controversie che derivano dal contratto o dal rapporto cui la convenzione si riferisce.

In sostanza, con questa norma si stabilisce che in caso di dubbio decide l'arbitro e non l'autorità giudiziaria, invertendo la prassi attuale. Questa norma, secondo le aspettative, mira a garantire maggior efficacia all'arbitrato visto che risolve gli attuali problemi interpretativi ma tende anche a raggruppare le decisioni di tutte le questioni commesse alla controversia principale.

In secondo luogo sono numerose le norme che sono volte a rafforzare i poteri degli arbitri: che potranno chiedere al giudice un ordine di comparizione per i testimoni, chiedere alle pubbliche amministrazioni le informazioni necessarie, possono subordinare la prosecuzione del procedimento al versamento anticipato delle spese prevedibili, tanto che in caso di mancata anticipazione le parti non sono più vincolate alla convenzione di arbitrato con riguardo alla controversia che ha dato origine al procedimento arbitrale.

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Di un certo rilievo il nuovo articolo 819 sulle questioni pregiudiziali di merito: è stabilito espressamente che gli arbitri risolvono tutte le questioni rilevanti per la decisione della controversia, anche se vertono su materie che non possono essere oggetto di convenzione di arbitrato. Se possono esserne oggetto, su domanda di parte la decisione acquista efficacia di giudicato.

Nel senso di una maggiore efficacia vanno anche le norme che eliminano formalismi inutili, escludendo che possa diventare causa di annullamento dell'arbitrato la mancanza di alcuni elementi che possono essere corretti e integrati. Non solo. Nel testo si specifica che l'impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia è ammessa se espressamente disposta dalle parti o dalla legge.

Un'altra serie di norme va nel senso di privare le parti di poteri insidiosi per bloccare slealmente l'arbitrato. Come nel caso, per esempio, dell'eccezione di incompetenza, sulla quale si stabilisce devono decidere gli stessi arbitri e che non può essere eccepita oltre la prima difesa successiva all'accettazione degli arbitri. Non solo. Nella disciplina dei rapporti tra arbitri e autorità giudiziaria viene stabilito che in pendenza del procedimenti arbitrale non possono essere proposte domande giudiziali avanti a oggetto l'invalidità o inefficacia della convenzione di arbitrato.

Cambiano anche le norme su termini della decisione: le parti possono fissare un termine, ma se non lo fanno l'arbitro è libero di impiegare il tempo necessario a meno che egli non ritardi ingiustificatamente la pronuncia del lodo.

La commissione ha fissato un tetto alla responsabilità degli arbitri: se essa non dipende dal dolo dell'arbitro, la misura del risarcimento non può superare una somma pari al triplo del compenso convenuto o quello previsto dalla tariffa applicabile.

Su arbitrato irrituale (deciso con accordo contrattuale e non con lodo con efficacia di sentenza) e amministrato (quello condotto da una istituzione sulla base di un regolamento precostituito) la commissione ministeriale ha deciso di dedicare appena un articolo a testa, segno di una preferenza per una disciplina snella e non prescrittiva.

Quanto al primo, si stabilisce esclusivamente che le parti possono, con disposizione espressa per iscritto, stabilire che la controversia sia definita dagli arbitri con determinazione contrattuale. Unica concessione alle norme è la specificazione dei casi di annullabilità del lodo contrattuale da parte del giudice. Quanto all'arbitrato amministrato, si è stabilito che in caso di contrasto tra quanto previsto nella convenzione di arbitrato e quanto previsto dal regolamento prevale la convenzione di arbitrato e che, se le parti non hanno diversamente convenuto, si applica il regolamenti in vigore al momento in cui il procedimento arbitrale ha inizio. È fatto divieto alle istituzioni di carattere associativo e a quelle rappresentative di interessi di categorie professionali di nominare arbitri nelle controversie che contrappongono i loro associati a terzi. (riproduzione riservata) Claudia Morelli

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IL SOLE 24 ORE

Più collaborazione con i giudici

Le principali innovazioni alla disciplina dell'arbitrato

Il lodo. Prevista la parificazione tra gli effetti del lodo e quelli della sentenza pronunciata dall'autorità giudiziaria, a fare data dall'ultima sottoscrizione e anche nel caso degli arbitrati irrituali, cioè quelli con conclusione finora dal valore solo negoziale

Gli arbitri. Precisazione dei requisiti degli arbitri e indicazione dettagliata dei casi, tra cui la deliberata trascuratezza del termine previsto per la pronuncia e la partecipazione a una precedente fase della vicenda, che possono dare luogo a responsabilità da una parte e ricusazione dall'altra

Il procedimento. Rafforzamento della collaborazione con l'autorità giudiziaria che potrà essere chiamata in causa quando il teste rifiuta di comparire; ampliamento della possibilità di decisione anche a tutti i casi che non possono essere oggetto di una convenzione di arbitrato

La sospensione. Obbligo di sospensione del procedimento quando il processo dovrebbe essere bloccato, sulla base del Codice di procedura penale, per la proposta dell'azione in sede civile; quando sorge una questione pregiudiziale che non può essere oggetto di convenzione e deve essere risolta con autorità di giudicato; quando c'è rimessione alla Corte costituzionale .

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IL SOLE 24 ORE

Conciliazione a tutto campo

ROMA • La conciliazione punta ad allargare il campo di azione. Con un emendamento parzialmente approvato al disegno di legge sulla competitività è stato infatti previsto un allargamento delle controversie che potranno essere risolte attraverso il ricorso alla tipologia di conciliazione disciplinata dalla riforma del diritto societario. Così, l'emendamento, presentato da rappresentanti dell'opposizione ( firmatari Giorgio Benevenuto ed Enrico Buemi) prevede che la conciliazione con le caratteristiche volute dalla riforma Vietti e dai successivi regolamenti attuativi si applicherà, anche attraverso procedure telematiche, a tutte le controversie civili e commerciali che interessano diritti disponibili, comprese quelle che hanno natura internazionale. Non ha invece superato l'esame della Camera l'estensione, contenuta nel medesimo emendamento ma bocciata dall'Aula di Montecitorio, delle procedure di conciliazione alle controversie nelle quali è parte la pubblica amministrazione. La disposizione prevedeva che la soluzione " pacifica" della causa non avrebbe comunque dato luogo a responsabilità amministrativa nei confronti di chi rappresenta il settore pubblico. Cardine della procedura di conciliazione così potrebbero diventare gli organismi previsti dal decreto legislativo n. 5 del 2003, che però ancora manca di una parte delle norme attuative che dovrebbero permettere di far decollare l'Albo dei conciliatori Doc, che si affiancherebbero all'attività già oggi svolta su numeri progressivamente crescenti dalle Camere di commercio. Anche le cause civili agli enti iscritti all'Albo di diritto societario.

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ITALIA OGGI

Nel ddl competitività la norma che estende a tutte le controversie gli articoli 38 e 39 del dlgs 5/03

La conciliazione amplia i confini

Estesi gli incentivi, l'esecutività del verbale e il registro ad hoc Conciliazione pigliatutto. In arrivo regole ferree per gli organismi di conciliazione ma anche incentivazioni per le parti a trovare accordi al di fuori dei processi in tutti i processi civili e commerciali. Chiunque voglia fare il conciliatore dovrà iscriversi all'apposito registro e la procedura dovrà seguire norme ad hoc anche se alla fine arriveranno i premi (a iniziare da quelli fiscali) per chi sceglie di conciliare. È questo l'effetto dell'emendamento Benevenuto-Buemi al disegno di legge competitività, che è stato approvato martedì dall'aula della camera (si veda ItaliaOggi di ieri) e che adesso passa all'esame del senato, volto ad aggiungere un articolo 27-bis intitolato alla conciliazione stragiudiziale e che recita: ´Le disposizioni del titolo VI del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e dei relativi regolamenti attuativi (dm 222 e 223/2004, ndr) si applicano, anche tramite procedure telematiche, a tutte le controversie civili e commerciali vertenti su diritti disponibili, incluse quelle aventi natura internazionale'. Un'estensione non di poco conto, dalla quale gli operatori (come le camere di commercio e anche la società Adr center) si aspettano un'ulteriore spinta verso le Adr, cioè i sistemi alternativi di soluzione delle controversie. Con conseguente risparmio di costi per lo stato e di deflazione, è l'aspettativa, del carico dei tribunali.

Il rafforzamento della conciliazione sta già nell'ampliamento dell'ambito di applicazione della conciliazione: dalle controversie in cui è parte una società a tutte quelle civili e commerciali di cui si discute di diritti disponibili.

Naturalmente l'applicazione della normativa societaria, il dlgs n. 5/2003 e i regolamenti sugli organismi di conciliazione e sulle tariffe, comporta che siano rispettati le condizioni e i requisiti previsti. A iniziare dalla condizione iniziale, cioè la previsione di una clausola contrattuale con la quale le parti stabiliscono di conciliare le eventuali controversie insorte nel rapporto contrattuale. Può intercorrere, comunque e con lo stesso obiettivo, anche un accordo successivo.

La clausola di conciliazione è vincolante, nel senso che la parte non potrà agire in giudizio senza aver preventivamente esperito il tentativo di conciliazione dinanzi a uno degli enti accreditati. Se lo facesse, il giudice dovrebbe sospendere il giudizio in attesa che le parti esperiscano il tentativo. Vige inoltre il principio di riservatezza, secondo cui né le parti né il conciliatore possono testimoniare su quanto detto o fatto durante la procedura di conciliazione. La domanda di conciliazione ha gli stessi effetti di un atto di citazione in relazione all'interruzione dei termini di prescrizione e decadenza. La riforma del diritto societario ha anche previsto alcuni incentivi per favorire il ricorso alle Adr, incentivi che a questo punto, se la nuova norma trovasse conferma al senato, riguarderebbero tutte le controversie conciliate: gli atti prodotti durante la procedura sono esenti da imposte o tasse mentre il verbale di conciliazione è esente dall'imposta di registro per un valore massimo di 25 mila euro. Non solo. Il verbale è esecutivo nel senso che può ottenere, previo controllo formale da parte del giudice, la validità del titolo esecutivo. Il conciliatore può avanzare

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una proposta la cui successiva verbalizzazione, unitamente alle opinioni delle parti in merito, è possibile solo nel caso in cui siano le stesse parti di comune accordo a volerlo. Questo quanto alla procedura. Ma l'estensione della normativa societaria produce anche effetti importanti sul fronte dei soggetti deputati a svolgere funzioni di conciliazione. Gli organismi di conciliazione (pubblici o provati è indifferente) dovranno essere accreditati presso un registro ad hoc istituito presso il ministero della giustizia, dovranno approvare un regolamento di conciliazione che risponde a certi requisiti e dovranno avere almeno sette conciliatori che lavorano in esclusiva.

I conciliatori dovranno essere formati seguendo corsi di cui sempre la legge stabilisce i requisiti. Infine, alle conciliazioni tout court quando gestite da organismi pubblici andranno applicate le tariffe stabilite con il secondo regolamento comunitario. Quanto ai privati, l'unico obbligo è quello di comunicare al ministero il proprio tariffario.

A questo punto diventa prioritario per il ministero della giustizia attivare il registro dei conciliatori, di cui si è in attesa da oltre un anno. Al momento risulta nominata solo la commissione che dovrà coadiuvare il responsabile del registro. (riproduzione riservata) Claudia Morelli

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IL SOLE 24 ORE

A N A L I S I

Una via d'uscita da formalismi oggi ingiustificati DI PIERO SCHLESINGER

Le modifiche alla disciplina dell'arbitrato che la legge 80/ 2005 del maggio scorso ha delegato il Governo ad adottare entro sei mesi — riguardano parecchi punti ( forse troppi), tra i quali, come è stato da più parti sottolineato nella Tavola rotonda che si è svolta ieri a Milano con molta partecipazione di pubblico, spiccano soprattutto due interventi. Il primo, specificamente enunciato dalla legge delega tra i « principi e criteri direttivi » cui il legislatore delegato è tenuto ad attenersi, prevede che gli effetti del lodo — quand'anche " non omologato" e quale che sia il contenuto e la denominazione del patto compromissorio — siano equiparati a quelli di una sentenza; il secondo consente alle parti, purché nella convenzione arbitrale abbiano manifestato una " espressa volontà" in tal senso, di " derogare" alla parificazione degli effetti del lodo a quelli di una sentenza, attribuendo così alla pronuncia arbitrale gli effetti di una ( mera) « determinazione contrattuale » . Appare opportuno dedicare qualche parola di spiegazione a questi due punti. Il primo si ricollega a una discussione in corso da tempo in ordine agli effetti da attribuire alla decisione emessa — anziché da un giudice " togato", investito di poteri attribuitigli direttamente dallo Stato — da arbitri " privati", scelti al di fuori di qualsiasi pubblica funzione: secondo una tesi, la natura " privata" dei soggetti chiamati a presiedere al relativo procedimento e a sanzionarne l'esito dovrebbe necessariamente riflettersi sul lodo, che andrebbe perciò iscritto tra atti a carattere ( meramente) negoziale o contrattuale; vi si contrappone un'altra tesi, per la quale non sussisterebbero difficoltà, in considerazione dell'equiparabilità della decisione arbitrale a quella giudiziale, a riconoscere alla prima, almeno in linea di massima, gli stessi effetti della seconda.Questa, del resto, è la qualificazione che, senza imbarazzi, viene di solito attribuita, sul piano internazionale, alle pronunce degli arbitri, espressamente denominate proprio come sentenze. Riuscire oggi, nell'ambito delle modifiche da introdurre nella disciplina dell'arbitrato nel nostro ordinamento attuando la delega già approvata dal Parlamento, a superare le remore che tuttora ostacolano l'equiparazione, potrebbe costituire una rilevante semplificazione di una normativa che troppo spesso si travaglia con questioni prevalentemente formali, da ricondurre per lo più al timore che atti soggettivamente non di fonte giudiziale non possano consentire una qualificazione come sentenza, di per sé, invece, in nessun modo da ritenere preclusa o incongrua.Il secondo punto che mi pare meritevole di sottolineatura — e che può considerarsi strettamente legato al precedente — riguarda una scelta che potrebbe metter fine al lungo travaglio che la nostra dottrina e la nostra giurisprudenza hanno attraversato nel discutere i criteri per distinguere tra arbitrato " rituale" e arbitrato " libero" o " irrituale", distinzione peraltro, per la verità, in larga misura appannaggio specifico del nostro ordinamento, in quanto per lo più ignoto in altri Paesi, dove pure lo strumento arbitrale è largamente utilizzato. La distinzione tra i due modelli di arbitrato ha sempre costituito un punctum dolens, data la molteplicità dei criteri proposti, talvolta accettati, ma poi ridiscussi, accantonati e nuovamente tornati in auge, provocando frequenti annullamenti di lodi proprio solo perché qualificati in un modo piuttosto che in quello opposto. Oggi parrebbe che la questione si avvii a un superamento, in quanto tra i principi e criteri direttivi della delega è stato introdotto quello dell'irrilevanza del contenuto del patto compromissorio, che invece in genere era considerato determinante per distinguere tra i due tipi di arbitrato, stabilendo ora che l'arbitrato possa qualificarsi " libero" soltanto quando le parti abbiano espressamente dichiarato di voler derogare alla regola per cui al lodo vanno riconosciuti gli stessi effetti della sentenza ( guardando, quindi, solo agli effetti del dictum arbitrale e non più al contenuto dell'incarico affidato agli arbitri). La modifica in questione potrebbe comportare l'auspicabile conseguenza che le parti non utilizzino con frequenza la facoltà di ricorrere con dichiarazione espressa alla deroga, poiché potrebbero temere che si aprano incertezze rilevanti in ordine alla restante disciplina da applicare al caso: e ciò potrebbe provocare un rapido declino del vecchio attaccamento alla figura dell'arbitrato " libero" e una sua graduale scomparsa, di cui non vi sarebbero ragioni valide per dolersi grandemente. Anche un atto di fonte non giudiziale può essere qualificato come una pronuncia della magistratura

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IL SOLE 24 ORE

Più di trecento le procedure che sono state gestite dalle Camere di commercio

Nel 2004 risolte liti per 80 milioni

MILANO • Rapidità della procedura. Economicità e affidabilità del servizio. I punti di forza dell'arbitrato ruotano intorno a questi concetti. E sono questi i motivi — come conferma l'indagine 2005 dell'Osservatorio camerale di Unioncamere — che spingono le imprese a ricorrere a questo strumento " privato" di risoluzione delle controversie.

Nel 2004 le 69 Camere arbitrali istituite dalle Camere di commercio hanno gestito 313 arbitrati, la maggior parte dei quali ( 239) relativi ad aziende ( non solo italiane) impegnate in vertenze dipendenti soprattutto da appalti, problemi societari e di concorrenza sleale. Solo in 74 casi la lite arbitrata ha avuto per oggetto rapporti tra imprese e consumatori.

Il numero dei procedimenti resta quindi limitato, per quanto in sostanziale crescita rispetto alle cifre di qualche anno fa. Nel 1997, per esempio, le Camere arbitrali ( appena sei delle quali hanno costituito collegamenti con altri uffici o con strutture appartenenti agli Ordini professionali) avevano amministrato 141 procedure. Complessivamente dal ' 97 al 2004 gli arbitrati curati dalle Camere di commercio sono stati comunque quasi 1.900.

Se si considera che presso le stesse Camere, nel 2004, sono state avviate 4.583 conciliazioni ( si veda « Il Sole 24 Ore » del 10 giugno scorso), risulta però chiaro come la diffusione delle forme di giustizia alternativa sia ancora scarsa e richieda interventi urgenti di incentivazione e di riordino del settore. I benefici di questi strumenti, a conti fatti, non sono trascurabili.

Basti considerare che le procedure per sanare liti tra imprese nel 2004 hanno avuto una durata media di appena 145 giorni ( mentre la durata media delle conciliazioni nello stesso periodo è stata più o meno di un mese e mezzo). Circa cinque mesi che mostrano tutto il loro appeal se confrontati con gli anni necessari per portare a compimento un'ordinaria causa in tribunale.

L'uso della giustizia " privata", inoltre, riguarda aree del Paese ben identificate.

Oltre i due terzi degli arbitrati dello scorso anno si sono svolti in Lombardia ( 143), Veneto ( 57) ed Emilia Romagna ( 55).Regioni nelle quali lo sviluppo socio economico tende a creare un evidente circolo virtuoso tra domanda e offerta di " lodi".Del resto, non è tutta questione di quantità. Il target dell'arbitrato risulta molto elevato: il valore medio delle liti tra imprese arbitrate nel 2004 è stato infatti di oltre 310mila euro ( contro gli 80mila delle liti conciliate). Con un giro d'affari che ha sfiorato gli 80 milioni di euro. A parte l'entità delle procedure, dunque, è primaria l'esigenza di elevare gli standard qualitativi e le garanzie che caratterizzano l'istituto, come ha ribadito anche Stefano Azzali, segretario generale della Camera arbitrale milanese, nel corso del convegno sui « Principi della riforma dell'arbitrato » organizzato ieri dalla Camera di commercio del capoluogo lombardo. Azzali, in particolare, ha sottolineato il valore aggiunto che deriverebbe dal riconoscimento dell'arbitrato " amministrato" da strutture pubbliche nel Codice di procedura civile e da un affinamento della normativa che assicuri un processo arbitrale più snello e trasparente, e " giudici" sempre più competenti e autonomi. Le vertenze derivano soprattutto da controversie societarie e appalti. Marco Bellinazzo

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ITALIA OGGI

Strasburgo esamina il regolamento

Illeciti, foro unico per i risarcimenti Più vicine regole uniformi e comuni a tutti i paesi dell'Ue per disciplinare le controversie transfrontaliere in materia di obbligazioni extracontrattuali al fine di agevolare la soluzione dei litigi tra cittadini di diversi stati membri su cause di risarcimento relative a incidenti stradali o prodotti difettosi. In questi giorni il Parlamento europeo ha al suo esame la proposta di regolamento del Consiglio europeo in materia di obbligazioni extracontrattuali in campo civile e commerciale, volta a dare piena attuazione al principio di armonizzazione del diritto internazionale privato anche in tale materia.

In particolare, il provvedimento, detto anche Roma II, mira a definire una volta per tutte un criterio uniforme comune a tutti gli stati membri in base al quale individuare il foro competente a decidere sulle controversie transfrontaliere riguardanti obbligazioni extracontrattuali derivanti da fatti illeciti (incidenti stradali, danni da prodotti difettosi, danni all'ambiente) e da ´fatti diversi da un illecito' (arricchimento senza causa) e la disciplina alle stesse applicabile. Anche se, attualmente, la maggior parte degli stati membri, tra cui anche l'Italia, per l'individuazione della disciplina e del foro applicabili alle dispute transfrontaliere ricorre al criterio ´del luogo in cui il fatto illecito si è verificato', i problemi relativi alla scelta delle regole da applicare al caso concreto sono ancora molti poiché tale principio, oltre a non essere riconosciuto da tutti gli stati membri, si presta a diverse interpretazioni (alcuni stati ritengono che esso debba essere interpretato facendo riferimento non al luogo dove si è verificato il fatto illecito bensì a quello dove si è determinato il danno). Al fine di garantire anche per le obbligazioni extracontrattuali, così come avvenuto per quelle contrattuali (con la Convenzione di Roma del 1980) la piena attuazione dei principi di certezza del diritto, il regolamento Roma II, all'art. 3 stabilisce quale unico criterio di collegamento valido per tutte le controversie scaturite da un obbligazione extracontrattuali derivanti da fatto illecito quello del ´luogo ove il danno diretto si è verificato o rischia di verificarsi'. Tuttavia, l'art. 3, nell'ottica di garantire una certa flessibilità della disciplina, dispone che qualora il soggetto danneggiante e la parte lesa abbiano la loro residenza abituale nello stesso paese la disciplina applicabile sarà quella del paese di residenza. Inoltre, sulla falsariga della Convenzione di Roma, l'art. 3 introduce, al fine di garantire una certa flessibilità, una clausola derogatoria generale che consente al giudice di applicare, nell'ipotesi in cui l'obbligazione extracontrattuale presenti dei collegamenti manifestatamente più stretti con un altro paese, la disciplina di quest'ultimo. Quanto alle obbligazioni derivanti da una fatto diverso da un illecito, disciplinate dall'art. 9 del regolamento, invece il criterio prescelto è quello ´relazione preesistente tra le parti'. Qualora, quindi, l'obbligazione extracontrattuale scaturisca da una relazione preesistente tra le parti (per es., un contratto) queste dovranno appellarsi per dirimere la controversia alla legge che disciplina tale relazione. In aula il Parlamento dovrà anche pronunciarsi sui 54 emendamenti apportati alla proposta di regolamento dalla commissione giuridica del Parlamento europeo. Tra le modifiche presentate, più rilevanti sono quelle che nell'ottica di semplificare la proposta originale che dispongono le parti possono ovviamente nel caso in cui intercorra tra loro un'obbligazione commerciale scegliere la legge da applicare a un eventuale controversia, prima (e non solo dopo) che questa si sia verificata.

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ITALIA OGGI

Cassazione, voglia di rilancio

Obbligo di quesito e sanzioni per i ricorsi inutili Con la riforma del processo la Corte di cassazione cerca il rilancio. Razionalizzazione dei motivi di ricorso, sanzioni a carico della parte che agisce con colpa grave, obbligo delle sezioni semplici di attenersi al principio di diritto enunciato dalla Corte, possibilità per il p.g. della Suprema corte di sollecitare una pronuncia sul principio di diritto sono alcuni dei passaggi nodali dell'intervento riformatore messo in campo dalla commissione ministeriale coordinata dal sottosegretario Luigi Vitali, in attuazione dell'articolo 1 della legge competitività n. 80/2005. La commissione ha terminato i suoi lavori martedì scorso e il testo, a questo punto, è all'esame degli uffici tecnici di via Arenula. L'intenzione è quella di stringere i tempi per l'approvazione preliminare dello schema di decreto delegato in consiglio dei ministri al più tardi del 15, in modo che il testo possa essere inviato tempestivamente alla Corte di cassazione che in assemblea dovrà esprimere un parere, eventualmente suggerendo modifiche. Dopo di che il testo dovrà nuovamente essere esaminato dal cdm per poter entrare in vigore a novembre prossimo.

L'intervento ha due obiettivi: garantire il recupero della funzione nomofilattica della Cassazione ma anche quello di limitare il ricorso indiscriminato alla Suprema corte. Un appello in questo senso era stato lanciato proprio dal procuratore generale della Cassazione, che nella relazione di apertura dell'anno giudiziario aveva definito ´allarmante' la situazione in presenza di oltre 70 mila ricorsi l'anno.

Dimostrazione numerica dell'impossibilità della Corte di garantire la sua funzione di prima interprete del diritto. Tra l'altro Francesco Favara, tra i rimedi possibili, aveva enunciato quello oggi accolto dalla riforma: cioè l'obbligo all'avvocato che propone il ricorso di formulare un preciso quesito di diritto ´così da consentire alla corte di fornire una riposta tecnica essenziale, senza doversi dilungare in risposte argomentate alle varie doglianze proposte dai ricorrenti'.

A questo punto si tratta di verificare se la proposta del legislatore soddisferà la Suprema corte.

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ITALIA OGGI

In pillole il nuovo giudizio davanti la Suprema corte Appello. Appellabili le sentenze secondo equità del gdp per violazione delle norme sul procedimento, violazione norme costituzionali o comunitarie o dei principi informatori in materia. °Motivi di ricorso in cassazione. Violazione o falsa applicazione di contratti a accordi collettivi di lavoro. Per omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio.

°Sentenze impugnabili. Escluse le sentenze che decidono di questioni insorte senza definire neppure parzialmente il giudizio. Avverso esse il ricorso per Cassazione può essere proposto allorché si impugnata la sentenza che definisce anche parzialmente il giudizio. Stesse regole per sentenze e provvedimenti diversi contro i quali è ammesso il ricorso per Cassazione per violazione di legge

° Principio di diritto nell'interesse della legge. Cambia l'articolo 363 cpc: è il p.g. della Cassazione a chiedere alla Corte di pronunciare il principio di diritto al quale il giudice di merito avrebbe dovuto attenersi. La Corte può pronunciare d'ufficio il principio di diritto se il ricorso delle parti è dichiarato inammissibile. La pronuncia della Corte non ha effetto sul provvedimento del giudice di merito.

°Contenuto del ricorso. Tra l'altro la specifica indicazione degli atti processuali, documenti o contratti sui quali il ricorso si fonda nonché della loro specifica collocazione nei fascicoli dei precedenti gradi.

°Illustrazione dei motivi. Si vede concludere per i primi quattro a pena di inammissibilità con la formulazione di un quesito di diritto che consenta alla Corte di enunciare un corrispondente principio di diritto. Per il quinto (motivazione) chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

°Pronuncia a sezioni unite. Il principio di diritto enunciato dalla sezioni unite vincola la sezioni semplici. Se la sezione semplice ritiene di non condividere il principio rimette alla sezioni unite la decisione del ricorso.

°Procedimento in camera di consiglio. Cambiano le condizioni e il procedimento. La novità principale è una iniezione di contraddittorio virtuale con la notifica agli avvocati e la comunicazione al pm della relazione in modo che i primi presentino memorie e il secondo conclusioni scritte.

°Enunciazione del principio di diritto. La Corte lo enuncia quando decide per violazione o falsa applicazione del diritto o di contratti collettivi e in ogni altro caso in cui, decidendo su altri motivi di ricorso, risolve una questione di diritto di interesse generale. Quando accoglie il ricorso, cassa la sentenza rinviando la causa ad altro giudice il quale deve uniformarsi al principio di diritto e comunque a quanto statuito dalla Corte. La Corte può decidere nel merito quando non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto. Può dare un termine alle parti per il deposito di osservazioni se pone a fondamento della sua decisione una questione rilevata d'ufficio.

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°Provvedimenti sulle spese. La Corte può condannare la parte soccombente al pagamento a favore della controparte di una somma equitativamente determinata non superiore al doppio dei massimi tariffari se ritiene che essa ha proposto il ricorso o via ha resistito anche solo con colpa grave.

°Nuovi casi di revocazione e opposizione di terzo. Il provvedimento con il quale la Corte ha deciso la causa nel merito è impugnabile per revocazione od opposizione di terzo. Quando pronuncia, la Corte decide la causa nel merito qualora non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto; altrimenti rinvia la causa al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata.

°Accertamento pregiudiziale sull'efficacia, validità e interpretazione dei contratti e accordi collettivi. Introdotto un nuovo articolo, n. 420-bis. Se per la definizione di una controversia è necessario risolvere una questione attinente alle clausole di un contratto o accordo collettivo nazione il giudice decide con sentenza che è impugnabile solo per ricorso in Cassazione immediato entro 60 giorni dalla comunicazione dell'avviso di deposito. A pena di inammissibilità copia del ricorso deve essere depositata presso la cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza impugnata entro 20 giorni dalla notificazione del ricorso alle altre parti; il processo è sospeso dalla data del deposito.

Riunione dei procedimenti. Deve essere sempre disposta anche per le controversie dinanzi al giudice di pace se si trovano nella stessa fase processuale. Analogamente su provvede nel giudizio di appello.

°Norma transitoria. Diventano appellabili le sentenze del gdp pubblicate dopo l'entrata in vigore del decreto. La riforma si applica ai ricorsi per Cassazione proposti contro sentenze e altri provvedimenti pubblicati a partire dalla data in vigore del decreto.

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ITALIA OGGI

Uno studio del Notariato sulle esecuzioni dopo il dl 80

Processi scoordinati

Riti pendenti, escluso il nuovo cpc Due velocità per l'entrata in vigore del nuovo processo esecutivo. Le nuove norme stabilite dal decreto legge competitività (dl 80/2005) si estendono ai processi esecutivi pendenti, ai quali però non si applicano le nuove disposizioni di attuazione del codice di procedura civile. A mettere in evidenza lo scarso coordinamento normativo del decreto legge 115/2005 che ha differito l'entrata in vigore delle nuove norme di procedura civile stabilendo la disciplina transitoria è il Consiglio nazionale notarile, che in uno studio diffuso ieri si è dedicato proprio all'entrata in vigore delle modifiche al processo esecutivo di cui alla legge n. 80 del 2005. La situazione è tutt'altro che chiara e anche i notai invitano ad aspettare gli eventi perché al dl competitività (convertito nella legge 35/2005) si è sovrapposto il citato dl 115/2005 e c'è anche da segnalare un disegno di legge, da cui potrebbero derivare altre modifiche. La ricostruzione del quadro attuale è la seguente. La legge 14 maggio 2005, n. 80, di conversione con modificazioni del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35 è entrata in vigore il 15 maggio 2005. Le norme processuali, nel testo originario, entrano in vigore 120 giorni dopo la data di pubblicazione della legge di conversione del presente decreto nella G.U. (cioè dal 14 maggio 2005) e quindi il 12 settembre 2005. La legge 35 non contiene però una normativa di diritto transitorio diretta a disciplinare la sorte dei processi esecutivi pendenti.

Per rimediare a questo inconveniente il legislatore è intervenuto con il decreto legge 30 giugno 2005, n. 115. il decreto prevede che le disposizioni processuali abbiano effetto dal 15 novembre 2005, con esclusione della applicazione per i giudizi civili pendenti alla data del 15 novembre 2005.

Il decreto comporta, dunque, uno slittamento dell'entrata in vigore al 15 novembre 2005 di tutte le disposizioni processuali, comprensivi anche delle disposizioni relative al processo e la disciplina della sorte dei processi civili pendenti, nel senso di indicare espressamente le disposizioni che non si applicano ai giudizi pendenti alla data del 15 novembre 2005. Da quest'ultimo punto di vista, però, si scopre che trovano effettivamente applicazione le disposizioni modificate del codice di procedura civile, anche con riferimento ai processi esecutivi pendenti. Non così per le disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, che non trovano invece applicazione con riferimento ai processi esecutivi pendenti.

Forse si tratta di una svista, ma i notai non si sbilanciano.

Tra l'altro la storia potrebbe non essere conclusa. La commissione permanente (giustizia) del senato seconda ha approvato il 29 giugno 2005 un disegno di legge che può modificare le cose: innanzi tutto stabilendo la data dell'11 novembre per l'entrata in vigore delle nuove norme; in secondo luogo la norma transitoria riserva l'applicazione della riforma ai processi esecutivi pendenti, purché, però, non sia stata già ordinata la vendita e, inoltre, salvando l'intervento dei creditori non muniti di titolo esecutivo avvenuto prima della data di entrata in vigore delle modifiche al codice di procedura civile e alle disposizioni di attuazione. Antonio Ciccia

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IL SOLE 24 ORE

Crisi aziendali, Ds contro la delega per la riforma

ROMA • Quella approvata dalla maggioranza per riformare il diritto fallimentare è una « delega parziale, insufficiente, raffazzonata » .

Arriva dall'incontro organizzato ieri pomeriggio dai deputati diessini la bocciatura della delega contenuta nella legge 80/ 05. Una delega che non è nemmeno una riforma, secondo il responsabile economico dei Ds alla Camera Mauro Agostini. Ma che « si inscrive ancora all'interno della legge del 1942 » . A cui i Ds contrappongono il loro progetto di legge presentato alla Camera un anno fa. L'indice è puntato su quel che nella delega al Governo non c'è. E per Agostini manca « il cuore di una moderna disciplina fallimentare » : una procedura d'allerta eficace, che faccia emergere il prima possibile la crisi per garantire la continuità aziendale. Non solo. Se la legge 80 cancella l'amministrazione controllata, non interviene però sull'amministrazione straordinaria, che per Agostini deve scomparire. « È la politica a dover fare un passo indietro — ha precisato — rinunciando a intromettersi nei fallimenti delle imprese di grandi dimensioni » . Ma i Ds hanno criticato anche la mancata istituzione di sezioni specializzate e la previsione dell'esdebitazione anche per gli imprenditori. E poi, se i Ds condividono il favore della maggioranza per gli accordi stragiudiziali, chiedono anche che sia definito meglio il ruolo del giudice, che deve essere di vigilanza, non di gestione.

I Ds hanno poi espresso una preoccupazione tutta politica per le due commissioni governative al lavoro per attuare la delega. « Se mai i decreti vedranno la luce — ha detto il segretario dei Ds Piero Fassino che ha chiuso l'incontro — li valuteremo serenamente. Ma la vera riforma fallimentare la faremo noi tra qualche mese, se, come auspico, saremo al governo del Paese » .

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ITALIA OGGI

Settimana prossima bozza di riforma

Nuovi fallimenti, i tempi stringono Riforma fallimentare, la prossima settimana arriva il testo della commissione Giuliano. Con alcune novità, come il rafforzamento degli obblighi di collaborazione del debitore ai fini della sua esdebitazione e l'esclusione di alcuni debiti, il rafforzamento dell'istituto delle classi di creditori, la disciplina dei fallimenti all'interno dei gruppi societari, l'esclusione del fallimento d'ufficio, nuove regole in materia di accertamento del passivo e un ruolo da mediatore per il giudice dell'esecuzione. Ieri il sottosegretario alla giustizia, coordinatore della commissione, Pasquale Giuliano, ha riunito i tre coordinatori dei sottogruppi (Francesco De Sanctis, Lorenzo Stanghellini e Massimo Fabiani) per fare il punto sui lavori e stabilire la tabella di marcia: all'inizio della prossima settimana sarà disponibile una prima bozza che sarà distribuita in vista della riunione plenaria della commissione, in calendario per il 14 luglio. Rimane confermata, comunque, come già anticipato dallo stesso Giuliano, la direzione di non allontanarsi troppo dalle soluzioni disegnate dal maxi-emendamento esaminato dal consiglio dei ministri del dicembre scorso. Ieri in mattinata si è tenuta anche la riunione del sottogruppo impegnato a disciplinare esdebitazione e concordato. In quella sede sono stati definiti i contorni dell'esdebitazione, cioè la possibilità per il debitore di liberarsi dei debiti residui non soddisfatti. Sono stati rafforzati gli obblighi di collaborazione ma anche stabilito che l'esdebitazione è esclusa per certi tipi di debiti: quelli alimentari e di mantenimento, obbligazioni di carattere personale, da fatto illecito o da sanzione. Quanto al concordato preventivo, è stato rafforzato l'istituto delle classi dei creditori tentando di non penalizzare i creditori con prelazione. È stato attenuato anche l'obbligo da parte del professionista di certificare la veridicità del concordato optando per una più generica attendibilità per evitare che una previsione troppo stringente penalizzasse alla fine l'obiettivo della norma. Previste anche alcune norme per il coordinamento delle procedure, fallimentari o di concordato, che coinvolgono più società dello stesso gruppo. Negli altri gruppi alcuni argomenti sono ancora in discussione, anche perché non previsti espressamente dalla delega. È il caso, per esempio, dell'accertamento del passivo: si discute se prevedere la possibilità di arrestare la procedura, e chiuderla, se il curatore o il giudice delegato stabilisce che non vi è attivo da distribuire. Il terzo gruppo, che si è occupato degli organi della procedura, ha tentato di trovare un equilibrio tra le istanze ´autonomistiche' e quelle pubblicistiche.

Il criterio di massima perseguito vede il giudice delegato intervenire non più d'ufficio e in sostituzione degli organi della procedura ma su sollecitazione del comitato dei creditori o del curatore quando vi sono contrasti da comporre.

Intanto dai Democratici di sinistra arriva una prima critica al lavoro del governo: ´Questa è una riforma largamente insufficiente', sottolinea Mauro Agostini, che oggi spiegherà la posizione del centro-sinistra nel corso di un convegno organizzato a Roma. ´Infatti, si limita ad aggiustare qua e là la legge del '42 e omette del tutto la disciplina della procedura di allerta, volta alla continuazione dell'impresa, vero scopo di una giusta riforma'. Comunque Agostini fa sapere che non ci sarà un rifiuto preconcetto del lavoro della maggioranza, della quale si valuteranno le soluzioni. (riproduzione riservata) Claudia Morelli

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DIRITTO E GIUSTIZIA

Action plan ridotto ai minimi termini

L’action plan ha lasciato la Camera, martedì scorso in una forma molto ridotta. In corso d’opera, infatti, oltre alla riforma delle professioni e a quella del diritto fallimentare, ha perso anche quella che riguarda il volontariato.

Con una maggioranza di pochi voti Montecitorio ha approvato martedì scorso il disegno di legge sulla competitività che ora passa all’esame del Senato.

L’iter del Piano di azione per lo sviluppo economico è stato molto estenuante soprattutto per il Governo che si è visto battere ben sette volte e a complicare le cose sono state anche le dimissioni del relatore del Ddl Guido Crosetto (Forza Italia) che giovedì scorso, alla sesta sonora bocciatura del Governo, ha deciso di rimettere l’incarico (si veda in proposito l’articolo dello scorso 1 luglio). Ma a indurre alle dimissioni Guido Crosetto è stata la protesta contro il Governo e in particolare contro l’atteggiamento del ministero dell’Economia che non aveva ancora dato risposte sulle coperture di alcuni emendamenti già concordati, come ad esempio quello che riguardava l’indotto Fiat. Ieri, però, ogni difficoltà, a partire dalle dimissioni di Crosetto, sembrava rientrata. Infatti, il relatore, grazie ai 310 milioni di euro in più stanziati dal ministero del Tesoro, ha deciso di riassumere l’incarico.Fra le novità più rilevanti, la rateizzazione dei debiti contributivi dovuti agli enti di previdenza; un Dpcm per la soluzione della vertenza sui buoni pasto; lo stanziamento di 15 milioni di euro per il 2005 e 35 milioni di euro per il 2006 a favore delle aree in crisi dell’indotto dell’industria automobilistica; l’autorizzazione di spese pari a 70 milioni per il Gpl e il metano per autotrazione; a 10 milioni nel 2005 e ad altrettanti nel 2006 per l’industria degli elettrodomestici e, infine, a 170 milioni nel 2005 per gli enti locali della Regione Piemonte che ospiteranno le Olimpiadi invernali del 2006.

Esce di scena, invece, dall’action plan la norma che modificava la legge quadro sul volontariato. Infatti, su sollecitazione dell’opposizione è stato soppresso l’articolo 26 del Ddl sulla competitività che di fatto prevedeva un taglio del 50 per cento delle risorse destinate al volontariato. Nonostante tutto, però, il restyiling del settore dell’assistenza resta una priorità per Palazzo Chigi. (cri.cap)

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Competitività

Si informa che il Testo coordinato predisposto dal Triveneto, (tra il D.L. 14 marzo 2005, n. 35 - Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, convertito in legge il 12.5.2005, Legge 80 / 2005 e disposizioni contenute nell’AS 3439 approvato in sede deliberante dalla Commissione del Senato il 29.06.2005, con l’aggiumta del D.L. 1.7.2005), già stato diffuso ieri in allegato alla rassegna stampa, viene egualmente pubblicato, per la sua utilità, nel sito dell’Oua (www.oua.it) nella sezione competitività.

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IL SOLE 24 ORE

I giovani professionisti chiedono interventi strutturali

ROMA • Giovani avvocati « sottorappresentati » ai vertici della Cassa previdenziale. Per questo una riforma strutturale non decolla e la solidarietà iontergenerazionale rischia di restare al palo. È questo, in sintesi, il pensiero espresso da Mario Papa, presidente dell'Aiga ( Associazione italiana giovani avvocati), nel corso dell'audizione convocata ieri pomeriggio dalla Commissione bicamerale di controllo sull'attività degli enti gestori della previdenza, presieduta da Francesco Maria Amoruso ( An).

Papa ha ribadito la necessità di « un impegno per le riforme strutturali, mettendo in discussione l'attuale sistema retributivo a ripartizione della Cassa forense, che rischia di far saltare il patto di solidarietà tra generazioni » . Ma il confronto, proseguono gli avvocati " under 45" — che sul tema hanno già chiesto un'incontro con il ministro del Welfare, Roberto Maroni — si è arenato da mesi e si è limitato a riforme parametrali che, ha detto Papa, « vorrebbero aumentare la contribuzione per mantenere prestazioni troppo generose agli attuali pensionati, scaricando gli oneri sui giovani. Se un assurdo regolamento non limitasse l'elettorato passivo per il comitato dei delegati solo a chi ha almeno dieci anni di iscrizione alla Cassa, si troverebbe il coraggio di affrontare i problemi » . Presenti all'incontro anche Marco Piemonte ( Unione nazionale giovani dottori commercialisti) e Massimo Lusuriello ( Unione giovani ragionieri). I rispetivi enti previdenziali si sono già convertiti al contributivo, ma entrambi chiedono « attenzione ai rendimenti attraverso regole certe e controlli sugli investimenti degli enti previdenziali così come incentivi fiscali per consentire ai giovani la costruzione di un " pilastro" integrativo » . L. CA.

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ITALIA OGGI

Al convegno Aiaf i dati e l'analisi di fenomeni emergenti: una donna su 10 è vittima dello stalking

Violenza in casa, è allarme sociale

È necessario valorizzare la legge n. 154 sull'allontanamento Sms ossessivi, pedinamenti persistenti, offerte sessuali dell'ex partner a sua insaputa sul web: sale in Italia lo ´stalking', la sindrome del molestatore assillante. Prende corpo in famiglia, nell'80% dei casi la vittima è la donna. L'analisi di questo fenomeno spesso sommerso è stato oggetto del convegno che si è tenuto a Marsala lo scorso weekend dal titolo ´Dal disagio del singolo alla violenza in famiglia', organizzato dall'Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori (Aiaf) in collaborazione con il comune di Marsala, l'Asl 9, l'Ordine degli avvocati di Marsala. La famiglia luogo privilegiato di relazioni affettive, fulcro della società, ma anche luogo a rischio di violenza. Per le donne è qui che si annidano i maggiori pericoli per sofferenze psichiche e fisiche.

Sulla violenza sessuale ai danni delle donne, gli ultimi dati dell'Istat (dicembre 2004) sono emblematici: il 15,8% delle vittime che ha subito violenza, tentata o consumata, è avvenuto all'interno della propria casa. Nel 6,5% dei casi il violentatore era il fidanzato o l'ex fidanzato, nel 5,3% il coniuge o l'ex coniuge.

Tuttavia un dato è inquietante. Solo il 7,4% delle donne che hanno subito una violenza sessuale nel corso della vita ha poi denunciato il fatto. La quota di sommerso è dunque altissima.

L'iniziativa Aiaf ha avuto l'obiettivo primario di squarciare il velo di omertà su un fenomeno ancora fortemente sottostimato, tenuto nascosto dalle stesse vittime per motivazioni culturali legate alla vergogna e alle dipendenze psicologiche od economiche.

Gli esperti si sono confrontati sulle nuove forme di violenza. Fra queste l'emergente fenomeno chiamato stalking, ossia la sindrome del molestatore assillante.

Un comportamento patologico che si esprime con telefonate ripetute, sms ossessivi, pedinamenti persistenti, intrusioni nei comportamenti della vittima, nell'80% dei casi donna. Si conoscono casi in cui il molestatore assillante si spinge a costruire siti web con i dati della ex partner in cui quest'ultima offre, a sua insaputa, prestazioni sessuali. Gli psichiatri stimano che una donna su 10 ne è vittima nel corso della vita.

Lo ´stalker' è soprattutto un ex partner che non accetta la separazione, che desidera riappacificarsi, vendicarsi, continuare a esercitare un controllo della vittima.

I casi di stalking si verificano nel contesto della violenza domestica.

La giurisprudenza americana da anni ha affrontato specificatamente il problema: lo stalking è punito duramente. Per la prima volta, oggi a Marsala un consesso di esperti legali ha affrontato il fenomeno che risulta in crescita anche in Italia.

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´Finora lo stalking è stato studiato solo dal punto di vista psichiatrico', ha detto Caterina Mirto, consigliere del direttivo nazionale dell'Aiaf , ´ma la rilevanza impone un intervento anche legale a difesa delle vittime. Sarebbe per esempio necessario, al momento della denuncia, l'immediato intervento della polizia e della magistratura inquirente. Il più delle volte questo tipo di intervento non c'è'.

Proprio sul ruolo delle forze dell'ordine gli avvocati dell'Aiaf hanno espresso alcune critiche: ´A volte enfatizzano le richieste di aiuto, altre volte appaiono sorde, creano dei deterrenti alla denuncia vera e propria al punto che la vittima, per lo più donna e dipendente economicamente dal marito, rinuncia a presentare la denuncia. C'è insomma di solito una sottovalutazione delle denunce per violenza'.

Per Mirto ´molto del conflitto in famiglia potrebbe essere prevenuto se si riuscisse a contenerlo nella fase iniziale. Fondamentali a riguardo, i consultori, i mediatori familiari, gli assistenti sociali e anche gli avvocati. Gli avvocati abbiano il ruolo primario di proteggere il matrimonio e non di alimentare il conflitto. Noi siamo i primi mediatori della coppia'.

Gli strumenti legali, per l'Aiaf, ci sono. È la legge 154/2001, quella che prevede l'allontanamento dall'abitazione del convivente violento la cui applicazione sta evidenziando qualche difficoltà: è poco conosciuta e poco attuata. ´È una legge che trova difficilmente riscontro concreto', ha sottolineato Remigia D'Agata, presidente dell'Aiaf Sicilia, ´troppe volte il tribunale non si sente di attuare provvedimenti così estremi, istruisce la pratica che richiede tempi lunghi. Di fronte a queste lungaggini, l'avvocato, per difendere la vittima ed evitare il peggio, preferisce avviare la separazione. La separazione resta così la via più veloce affinché il convivente se ne vada da casa'.

D'Agata ha illustrato un caso esaminato dal tribunale di Catania in cui di fronte alle gravi minacce fisiche del marito verso la moglie e di fronte a una raccolta di ritagli di giornali su notizie di uxoricidio, il giudice ha ritenuto non sufficienti le prove e negava l'applicazione della normativa della legge 154. Anche questo caso si è risolto con la separazione.

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La maggior parte degli studi legali è ancora ai primordi Un amico avvocato l'altro giorno mi diceva che a quasi tutti gli eventi organizzati da camere di commercio, banche e/o istituzioni, più della metà dei partecipanti è rappresentata da avvocati. Fino a qualche anno fa non era pensabile, oggi invece tutti fanno a gara per conquistare i pochi potenziali clienti interessanti. Partecipare ai seminari sembra essere diventato un vero e proprio trend di marketing tra gli avvocati. In realtà, è abbastanza normale osservare questo tipo di approccio. In un articolo del marzo 1999 il New York Law Journal, parlando delle quattro fasi del marketing, affermava che di solito gli studi legali vanno incontro ad un percorso tipico di quattro fasi.

Quando gli studi legali incominciano con il marketing, il focus è sull'aumento della visibilità tramite comunicazione e promozione. Gli sforzi sono quindi prevalentemente concentrati su strumenti quali la partecipazione a seminari e influenzano ancora pochissimo il processo strategico di business. Più avanti, il marketing dello studio si focalizza sulla ricerca del mercato e lo sviluppo dei servizi. In dettaglio, il processo evolutivo si compone delle seguenti fasi: (1) All'inizio, il marketing è essenzialmente basato sulla comunicazione e la promozione e ha un approccio reattivo. Gli strumenti utilizzati includono la partecipazione o pianificazione e l'esecuzione di eventi e seminari, gli studi legali tendono ad avere o almeno pianificare il ´launch' del loro sito web e producono e distribuiscono la loro brochure e gli opuscoli. Se la dimensione dello studio lo permette, creano anche delle newsletter. Gli studi legali con ambizioni internazionali tendono a includersi nei diversi listing dei directories di matrice anglosassone. Alla fine di questa fase, tanti studi legali decidono di dedicare una persona al marketing, una ´responsabile di marketing', anziché avere un avvocato con l'incarico extra.

Nella fase (2), lo studio legale continua a espletare le attività di marketing viste nella prima fase e aggiunge le relazioni con i media, idealmente tramite l'aiuto di un'agenzia di relazioni pubbliche. Spesso comincia in questa fase la formazione marketing degli avvocati. Alcuni studi elaborano il proprio piano marketing prevedendo un budget annuale. Generalmente, il programma è ancora molto basato sulla comunicazione e la promozione e continua ad avere un approccio abbastanza reattivo.

Nella fase (3), il programma di marketing comincia man mano ad includere alcuni elementi strategici e si focalizza sullo sviluppo e la fornitura dei servizi. Lo studio tende a essere più proattivo e comincia a individuare le opportunità nel mercato e i bisogni dei clienti. Le attività di marketing iniziano ad essere in linea con la direzione strategica dello studio e vengono elaborati dei veri e propri piani marketing per le diverse aree di practice e/o uffici. Gli avvocati cominciano ad aderire alle diverse associazioni delle quali fanno parte i clienti attuali e potenziali. Le relazioni con i media diventano più mirate sui diversi mercati e attività e gli studi cominciano a fare indagini sul livello di soddisfazione dei loro clienti. In questa fase, tipicamente, gli avvocati partecipano ai corsi sullo sviluppo del business. La fase (4) somiglia abbastanza al marketing aziendale: è strategico e ha un focus sullo sviluppo e la fornitura del servizio, la profittabilità e il compromesso sui prezzi (ove possibile), il cosiddetto ´pricing'. In questa fase lo studio ha un dipartimento marketing e si occupa

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di ricercare i trend del mercato, le opportunità e le minacce nei diversi mercati e fornisce corsi di formazione sul servizio clienti agli avvocati e allo staff. Tanti studi si organizzano in team clienti (key client team) e fanno grandi sforzi per differenziarsi dalla concorrenza.

Secondo le osservazioni del mercato e l'indagine sullo status quo del marketing legale in Italia, la maggior parte degli studi non è ancora nemmeno entrata nella prima fase. Gli studi di dimensione medio-grande a Milano e Roma si trovano nella fase 1 e 2. Meno di una decina è recentemente entrata nella fase 3.

Ma quanto marketing è veramente necessario, che tipo di attività può servire e quale velocità serve? Dipende da quello che l'avvocato o lo studio vuole raggiungere, il proprio atteggiamento nei confronti del marketing e quanto è disposto a spendere. Il marketing non è l'art pour l'art, ma può aiutare a raggiungere gli obiettivi business dello studio, ma non è giusto né realistico impiegare una responsabile marketing a tempo pieno e aspettarsi che fra pochi mesi lo studio disporrà del marketing sofisticato, avanzato e strategico tipico della fase 4.

Per quesiti: [email protected]

Silvia Hodges