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FONDAZIONE LEONE MORESSA PER LO STUDIO E LA VALORIZZAZIONE DELLARTIGIANATO E PICCOLA IMPRESA ISTITUTO DI STUDI E RICERCHE Edizione 2007 Veneto Impresa OSSERVATORIO SULLA OCCUPAZIONE ITALIANA E STRANIERA NELLA PICCOLA IMPRESA VENETA

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FONDAZIONE LEONE MORESSAPER LO STUDIO E LA VALORIZZAZIONE

DELL’ARTIGIANATO E PICCOLA IMPRESA

ISTITUTO DI STUDI E RICERCHE

Edizione 2007

Veneto Impresa

OSSERVATORIO SULLAOCCUPAZIONEITALIANA E STRANIERA NELLA PICCOLA IMPRESA VENETA

Questa pubblicazione è realizzata con il contributo dell’Associazione Artigiani e Piccole ImpreseMestre C.G.I.A

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OSSERVATORIO SULL’OCCUPAZIONE ITALIANA E STRANIERA NELLA PICCOLA IMPRESA VENETA

OSSERVATORIO SULLA OCCUPAZIONE ITALIANA ESTRANIERA NELLA PICCOLA IMPRESA VENETA

1. Introduzione

2. Presentazione dell’Osservatorio

2.1. Le tendenze occupazionali2.1.1. Assunzioni2.1.2. Uscite di personale

2.2. La fotografia occupazionale della piccola impresa2.2.1. Gli addetti nelle piccole imprese2.2.2. Titolari e soci2.2.3. Personale dipendente2.2.4. Altri addetti

3. L’inquadramento contrattuale dei lavoratori nella piccolaimpresa veneta

4. La presenza e il lavoro straniero nelle piccole imprese del Veneto

4.1. Premessa

4.2. Dinamica occupazionale straniera

4.3. Le aziende che assumono stranieri

4.4. Identikit del lavoratore straniero

4.5. La presenza femminile straniera

5. Sintesi dei principali elementi dell’Osservatorio

6. Nota metodologica

7. Riferimenti bibliografici

INDICE

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OSSERVATORIO SULL’OCCUPAZIONE ITALIANA E STRANIERA NELLA PICCOLA IMPRESA VENETA

INTRODUZIONEdi Stefano Solari

La piccola impresa ha da sempre rappresentato il fulcro dellosviluppo dell’economia veneta. Garantendo flessibilità, reattivitàe innovazione ha consentito un’ottimale allocazione dei fattoridella produzione a livello sociale, soprattutto in situazioni diinstabilità del contesto economico. La piccola impresa non è una categoria omogenea. Comprendeuna pluralità di forme e di tipologie che non sono di facilecaratterizzazione. Contrariamente a quanto avviene neiprincipali paesi europei, in cui l’impresa minore rappresentaprevalentemente attività marginali, di ripiego o semplicementeorientate alla sub-fornitura (garantendo flessibilità alle grandiorganizzazioni), le piccole imprese venete si distinguono per unelevato grado di autonomia, un buon livello di qualitàtecnologica e per aver proposto, nel tempo, soluzioniorganizzative innovative che sono state oggetto di studio alivello internazionale. Da non trascurare inoltre il ruolo che esse hanno svolto nelridurre al minimo i costi sociali dello sviluppo. La diffusapresenza di imprese di piccola dimensione ha consentito infattiuno sviluppo caratterizzato da bassi tassi di disoccupazione, dauna distribuzione della ricchezza e del reddito tra le piùomogenee in Europa, da una pressoché totale assenza difenomeni di emarginazione. La salda integrazione tra ladimensione sociale e lavorativa esistente nelle zone di piccolaimpresa tende a ridurre gli effetti individualizzanti,spersonalizzanti e disumanizzanti sia delle grandi aree urbane siadelle grandi organizzazioni economiche. L’impresa minore èanche una grande opportunità di autonomia, libertà erealizzazione personale. Da questo studio traspaiono chiaramente molte di questeproprietà dell’impresa minore ma, soprattutto, emerge unanuova importantissima caratteristica: il ruolo svolto nell’

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“integrazione sociale” dei lavoratori stranieri ed in particolaredegli extra-comunitari. Le piccole imprese, infatti, assorbono unnumero relativamente elevato di lavoratori stranieri e lo fannoassicurando un impiego stabile senza ricorrere a contratti di tipoflessibile. Quindi, ancora una volta, questo tipo diorganizzazione della produzione si rivela capace di garantireflessibilità senza precarietà ed una buona integrazione con ladimensione sociale.In questi primi anni del nuovo millennio, tuttavia, la piccolaimpresa sembra attraversare uno dei momenti più difficili dallaricostruzione post-bellica. È quindi importante cercare di capirequali siano i cambiamenti in corso e quale direzione stiaprendendo l’evoluzione di questa parte dell’economia veneta.L’Italia sta attraversando un periodo di difficoltà dovuto sia alprofondo cambiamento della struttura economica innescatodall’Unione Monetaria, sia alle dinamiche politiche e socialiinternazionali e dalla forte espansione dei paesi orientali. Questa situazione richiede un nuovo riposizionamento delnostro sistema produttivo ed una riformulazione delle modalitàcaratterizzanti la crescita interna. Lo sviluppo indotto e pilotatodall’espansione dei salari1 e dal conseguente aumento dellacapacità d’acquisto con inflazione elevata si è infatti arrestataalla fine degli anni ’90 in ragione dei cambiamenti istituzionaliadottati per far fronte ai cambiamenti esterni sopra richiamati.Siamo dunque entrati in una fase di stagnazione in cui non siespandono né i consumi interni (perchè non si possonoaumentare i salari, pena la perdita di competitività), né leesportazioni (perchè l’euro è forte), né la domanda pubblica(perchè la spesa pubblica va ridotta per riequilibrare il debitopubblico). La stasi che sta caratterizzando la domandacomplessiva non è certo favorevole alle produzioni proprie delleimprese minori. D’altra parte, l’elevata apertura internazionaleche abbiamo voluto adottare in Europa2 ci costringe aristrutturare profondamente sia il settore industriale, sia i servizidi supporto.1 Il cosiddetto “effetto Ricardo.2 Altri paesi industrializzati come il Giappone non l’hanno fatto e hanno ripreso a crescere.

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Altri aspetti negativi, connessi anche all’attuale congiuntura,riguardano l’inasprirsi dell’ineguaglianza sociale dovuta allaconcentrazione di redditi molto elevati di un numerorelativamente ristretto di persone, all’espansione di fasce dipopolazione estremamente esposte alla concorrenza e conredditi molto bassi o precari e alla contemporanea erosione dellaclasse media, il cui relativo benessere era una caratteristica tuttaitaliana, legata, in buona parte, alla regolamentazione deimercati.Si tratta di cambiamenti che, evidentemente, lungi dall’esseredel tutto ineluttabili, sono in realtà il frutto di precise sceltecompiute in Europa ed in Italia e che, soprattutto, rispettoall’argomento che stiamo trattando, non sono privi diconseguenze per le imprese minori.Tenendo conto che sino ad oggi (negli anni della crisi dellagrande impresa) le piccole attività hanno rappresentatoun’ancora di salvezza dell’economia italiana, vogliamo capirequali siano tali conseguenze, analizzando la dinamicaoccupazionale.Il quadro teorico sottostante all’interpretazione dei daticoncepisce l’evoluzione della struttura produttiva locale comerisposta ai cambiamenti del contesto economico. In questo casosi tratta soprattutto del contesto macroeconomicointernazionale e del contesto sociale della domanda di lavoro. Ilcampione utilizzato, essendo molto vasto e ben bilanciato, sirivela in grado di fornire una buona rappresentatività delleimprese minori, soprattutto di quelle “micro” che sono le piùnumerose e che altri studi tendono a sottorappresentare.L’idea fondamentale che emerge da questo studio è chel’occupazione straniera e la piccola impresa permettono alVeneto di assorbire bene le dinamiche di deindustrializzazioneche si sono recentemente innescate. Ciò avviene senza produrreuna massiccia precarietà dei lavoratori, soprattutto per quantoriguarda quelli stranieri. La relazione tra piccole imprese eoccupazione di personale immigrato d’altra parte è stata messa

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in evidenza anche da Veneto Lavoro3 .Lo studio presentato in questo volume prende l’avvio conun’analisi congiunturale della dinamica occupazionale nellepiccole imprese venete: dopo una serie di semestri di calo deilavoratori, si notano dei segnali di ripresa, confermati dalleprevisioni positive degli imprenditori che, comunque, sono daconsiderare con estrema cautela. I dati disaggregati – checonsentono di capire la dinamica strutturale – mettono, infatti,in evidenza un comportamento instabile, caratterizzato da forti“rimbalzi”. La crescita è dovuta totalmente ai servizi alle imprese,mentre gli altri settori continuano a registrare contrazioni, anchese a fasi alterne. La piccola impresa di produzione – che è laparte più esposta alla “concorrenza estera” – dopo un primosemestre 2006 leggermente positivo registra una nuovariduzione dell’occupazione. In particolare, si contrael’occupazione femminile. Dal punto di vista territoriale questa leggera fase di espansionesi concentra nelle principali città, Treviso, Verona e Padova,prevedibile conseguenza del fatto che i servizi alle imprese sicollocano principalmente nelle zone urbane o densamentepopolate. I dati forniti da questo Osservatorio mettono in evidenza inoltrecome la dinamica delle assunzioni sia soprattutto determinatadalle variazioni di domanda. Tuttavia, non è del tutto marginaleuna sia pure modesta esigenza di nuove figure professionali,anche se non appare grave il problema di reperire il personaleadeguato. Quindi possiamo provvisoriamente concludere che laristrutturazione in atto non è dovuta a profondi cambiamentitecnologici ma semplicemente ad una – non fortissima –tendenza alla deindustrializzazione nel settore della piccolaimpresa indotta da un cambiamento della domanda (la crisi deiservizi alle persone merita un ulteriore approfondimento).Lo studio offre anche degli spunti interessanti sulla strutturaaziendale, permettendo di cogliere significative differenze tra leimprese di servizi alle persone, dove più consistente è l’apporto3 Veneto Lavoro “Domanda ed offerta di lavoro nel settore terziario in Veneto” (8 marzo 2007); Veneto Lavoro Misure, n° 3 e n° 4 gennaio 2007.

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di lavoro dei soci e dove la dimensione è in generale minore, equelle di produzione o di servizi alla produzione in cui il numerodi dipendenti è più elevato. Le donne normalmente ricoprono ilruolo di con-titolari di imprese familiari, soprattutto nei settoridel manifatturiero e dell’edilizia. In generale pare che resista lafigura de “la parona”, che spesso pur essendo tale in quantomoglie del “paron” rappresenta la vera ossatura e la mentestrategica che ha condotto allo sviluppo dell’economia veneta.Infine, contrariamente a quanto si pensa, la struttura delpersonale per livello di istruzione non differisce in modonotevole da quella media della popolazione italiana.Il terzo punto focale approfondito dall’Osservatorio riguarda ilpersonale di origine straniera ed in particolare quello extra-comunitario4. Sia i dati dell’ISTAT che gli studi di Veneto Lavoro(misure, n°3 e n°4 gennaio 2007 dati 2000-2005) hanno messoin evidenza che i tre quarti dei lavoratori extracomunitarilavorano in piccole imprese (cioè con meno di 50 addetti) e perpiù di un terzo in micro-imprese (cioè con meno di 10 addetti).In questo momento la presenza di addetti extra-comunitariaumenta soprattutto nei servizi. Tuttavia, il dato più interessante(ancora da Veneto Lavoro) è che si verifica una sostituzione degliitaliani con lavoratori di origine straniera in alcuni settoritipicamente distrettuali: moda, legno-mobilio, meccanica. Taledato tende a ridimensionare l’idea che vi sia un’importazione dimanodopera straniera per la forte crescita di alcuni settori e puòinvece segnalare la presenza di un problema di mancatoincontro tra domanda e offerta di lavoro per gli italiani, dovutoagli effetti sulla domanda di lavoro sia della aumentataconcorrenza internazionale, sia del cambiamento di aspirazionilavorative degli italiani. L’aumento di occupazione nei serviziappare invece legato all’espansione del settore (ed, egualmente,alla scarso interesse dei lavoratori italiani per queste mansioni).Il censimento 2001 e la RCFL dell’ISTAT e gli studi di VenetoLavoro (“I Tartufi n°26” dicembre 2006) indicano che questilavoratori sono quasi tutti operai (solo 6,8% impiegati). Tuttavia,4 Ovviamente, con il 1 gennaio 2007 una fetta consistente degli addetti extracomunitari è diventata comunitaria.

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una buona parte di essi – in maniera e in quantità non dissimilidagli italiani – è in possesso di competenze qualificate. Il lorolivello d’istruzione è in media leggermente inferiore a quellodegli italiani ma sono comunque numerosi i laureati ed idiplomati (che accettano lavori che richiedono competenzeinferiori).Questo studio aggiunge alcune informazioni molto importanti aquesti dati. Un terzo del campione di imprese assume stranieri esolo i servizi alle persone tendono a fare meno ricorso a questotipo di manodopera. Infatti, le imprese che fanno più ricorso ailavoratori stranieri sono le aziende che hanno un numero diaddetti compreso tra 6 e 15 (i servizi alle persone in genereconsistono di imprese più piccole). Per i servizi alle imprese ciò siestende anche alle unità produttive più grandi.Il fatto più interessante che trapela da questo studio mette inrisalto come i contratti di lavoro offerti ai lavoratori dalle piccoleimprese sono quasi per la totalità a tempo indeterminato, e ciòvale anche per gli stranieri. In particolare la percentuale dicontratti stabili è di gran lunga superiore a quelli offerti dallemedie e grandi imprese. La piccola impresa fornisce quindi dellecertezze ai lavoratori immigrati, non produce sfruttamento emarginalizzazione ma, al contrario, rappresenta un importanteelemento di integrazione sociale. I lavoratori stranieri chegiungono nel nostro territorio trovano nelle imprese minori unapreziosa occasione di inserimento nella nostra società in mododignitoso e armonico. A ciò va aggiunto che, in genere, il piccolo imprenditore vieneabbandonato dal lavoratore in una percentuale di casi di granlunga superiore a quella in cui è lui a licenziare l’addetto. Ciò siconferma anche nel caso di lavoratori stranieri. Quindi laflessibilità del lavoro (inter-impresa) è elevata ma, in questocontesto, è soprattutto a vantaggio del lavoratore. Questo puòspiegare la preferenza per contratti stabili di queste impreseminori5.

5 Ovviamente, le uscite ed entrate di personale sono maggiori dove l’economia va meglio.

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In conclusione questo studio rivela innanzitutto che non è lapiccola impresa a creare precarietà del lavoro. La flessibilitàproduttiva ottenuta attraverso la frammentazionedell’organizzazione imprenditoriale tende a non riversare i costidell’incertezza sul lavoro. Quindi si conferma che la piccolaimpresa o, meglio, l’insieme delle piccole imprese non creanoelevati costi sociali. Al contrario, in questa congiuntura difficile perla nostra economia, essa continua a fungere da essenzialeelemento di continuità e di integrazione sociale. Ciò emerge inmodo ancor più rilevante nel caso del problema dell’integrazionedei lavoratori immigrati. Questi ultimi trovano nella piccolaimpresa la più importante opportunità di inserimento nella nostrasocietà in modo armonico senza dare luogo a fenomeni diprecarizzazione e di emarginazione. Solo il lavoro, e soprattutto illavoro stabile e sicuro, rende possibile l’inserimento el’armonizzazione di queste persone nella nostra società. La piccolaimpresa, oltre a essere il frutto della cultura del lavoro, appareanche essere l’istituzione capace di conservare e trasmettere valorisociali. Essa non è solo frutto di un radicamento dell’economia alterritorio, ma aiuta anche a “radicare” le persone al territorio.D’altra parte, dal punto di vista dell’evoluzione del sistemaproduttivo, si percepiscono deboli ma inequivocabili tendenze alladeindustrializzazione – già verificatesi in numerosi paesi sottopostialle medesime misure di politica economica. Le piccole impresenel settore della produzione manifatturiera subiscono unmoderato ridimensionamento, ma l’espansione di quelleappartenenti al settore dei servizi alle imprese tende acompensare queste perdite6. Altre tensioni, dovute al mancatoincontro tra domanda e offerta di lavoro, vengono in partecompensate con l’assunzione di personale extra-comunitario. Ciòcontribuisce ancora una volta a rendere le piccole imprese unindispensabile elemento di compensazione dell’instabilitàeconomica, una forma di organizzazione capace di gestirecambiamenti rilevanti nella struttura economica senza provocare“strappi” sociali. 6 Tali piccole imprese tuttavia hanno caratteri distintivi che le allontanano in parte dal modello tradizionale della piccola

impresa veneta di produzione “inserita socialmente”.

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2. PRESENTAZIONE DELL’OSSERVATORIO

La dinamica del mercato del lavoro è un tema che attiral’attenzione di molti operatori economici, osservatori eresponsabili delle politiche sociali. L’andamento occupazionaledelle strutture aziendali presenti in un territorio subisce dellemodifiche sulla base della situazione congiunturale di un interosistema economico. Sono molte infatti le domande alle qualioccorre trovare una risposta: quali ripercussioni apporterà lacongiuntura economica del momento sul livello di occupazione?quali sono i settori che ne hanno maggiormente risentito? e qualisono i lavoratori più a rischio?Tutte queste non sono domande di facile risposta: l’analisi delledinamiche occupazionali richiede infatti un’investigazione piùapprofondita, che prenda in considerazione, sotto vari punti divista (come la situazione economica, il settore di attività, laprovincia…), più indicatori relativi al mercato del lavoro.Attraverso questo 4° Osservatorio si vuole porre l’attenzione suuno spaccato fondamentale dell’economia veneta: la piccolaimpresa e l’impresa artigiana. Esse rappresentano il 29% delleaziende totali e il 22% degli addetti complessivamente impiegati,per un universo di oltre 146.000 imprese che occupa circa420.000 addetti.Purtroppo l’interesse prestato a questa realtà dai maggiori istitutidi statistica, siano essi nazionali o locali è limitato. Le fontistatistiche ufficiali (l’Istat in primis) non forniscono dati einformazioni aggiornati relativi all’occupazione di questi attorieconomici.Di conseguenza, attraverso la realizzazione di un’indaginecongiunturale ad hoc su questa problematica, la FondazioneLeone Moressa vuole recuperare alcune importanti informazioniche possono chiarire moltissimi aspetti dell’occupazione checaratterizzano l’artigianato e la piccola impresa. Viene presentatoquindi il monitoraggio della struttura organizzativa edoccupazionale delle piccole imprese venete che, seppur non in

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maniera esaustiva, ha comunque fornito la possibilità dievidenziare quali sono le dimensioni lavorative atipiche, e leproblematiche e le opportunità che da esse possono sorgere.L’attuale struttura organizzativa e produttiva del sistemaeconomico italiano, e in particolare di quello veneto, ha subito neltempo delle modificazioni interne nella composizioneoccupazionale delle imprese. La difficoltà di reperimento dellamanodopera nella realtà produttiva di piccola dimensione è legataad una serie di fatturi di varia natura: in primo luogo di trattadell’invecchiamento progressivo della forza lavoro accompagnatodalla mancanza di ricambio occupazionale con la nuovagenerazione. Questi ultimi soggetti sembrano infatti pocopropensi ad operare in attività prettamente “manuali”,preferendo altri lavori più attinenti alla propria formazione epreparazione scolastica. Ulteriore elemento di trasformazionedella struttura occupazionale è infine il potenziamentoprogressivo dei processi migratori, che creano i presupposti per unallargamento della base occupazionale anche a questi soggettistranieri.Di fronte a questi fenomeni gli imprenditori hanno quindi lapossibilità di disporre non solo della manodopera locale, maanche di lavoratori immigrati. La domanda di lavoro straniera daparte delle imprese italiane, e soprattutto venete, ha subito unincremento quasi esponenziale nel corso degli ultimi anni. Percercare di regolarizzare gli ingressi di stranieri da una parte e persentire le esigenze del mondo lavorativo dall’altro, sono stateassegnate a livello governativo delle quote di entrata degliextracomunitari per motivi di lavoro. Essendo la richiesta dimanodopera straniera un fenomeno sempre in crescita, sembraopportuno porre particolare attenzione verso questo aspetto chenel futuro sarà sempre più centrale nel dibattito sociale edeconomico del nostro paese.La costruzione di questo Osservatorio è quindi molto importante,dato che l’artigianato e le piccole imprese in generale sonosoggetti economicamente rilevanti con un’elevata capacità di

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creare quote significative di occupazione locale, anche straniera.In particolare, Veneto Lavoro stima come, a fronte di 132miladipendenti stranieri censiti nelle imprese della regione, oltre unterzo è occupato in aziende con meno di dieci dipendenti.Interessante è inoltre notare come l’incidenza relativa alla classe11-49 dipendenti sia pari al 40,2%; all’interno di tale fasciaricadono inevitabilmente anche quelle imprese che fanno partedel nostro campione di riferimento, ossia quelle che al massimocontano 20 lavoratori. Purtroppo il dato relativo alla fascia 1-20non è disponibile e quindi possiamo solo presumere comeall’interno di queste aziende rientri gran parte della forza lavorostraniera operante nel nostro territorio. Infatti, le imprese di piùgrande dimensione annoverano nei propri organici appena unquarto della manodopera non italiana.

Di fronte a questi dati si percepisce quindi l’importanza cheassume la piccola impresa come soggetto “promotore” anche diintegrazione economica e sociale. Oltre a dare lavoro agliimmigrati, essa crea i presupposti per una prima integrazione, siadi carattere economico che sociale. L’acquisizione di un redditosicuro e la necessità di relazionarsi all’interno del luogo di lavorocon i propri colleghi, implica come la piccola impresa possa essere

Occupati stranieri per dimensione aziendale. Anno 2005

Fonte: Veneto Lavoro

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un luogo all’interno del quale lo straniero può collocarsi. Il ruolodelle aziende di piccole dimensioni diviene quindi duplice: da unaparte si risponde ad una domanda prettamente economica,dall’altra si creano i presupposti per un’integrazione sociale cheparte proprio dal luogo di lavoro.L’approfondimento della questione lavorativa straniera si ponequindi centrale nel dibattito sull’occupazione generale nelleimprese venete di piccole dimensioni. Per un’immediata comprensione dei risultati ottenuti, l’Osservatorioviene suddiviso in quattro parti. Nella prima sezione si prendono in considerazione le dinamicheoccupazionali nel corso dell’anno appena concluso (2006) e leprevisioni per il prossimo semestre (2007), specificando i flussi dientrata e di uscita della manodopera, sia a livello provinciale che alivello settoriale. Viene poi scattata una fotografia della strutturaoccupazionale nelle piccole imprese analizzando caratteristiche enumerosità degli occupati sulla base del ruolo che essi ricopronoall’interno dell’azienda. In particolare la sezione si articola nelseguente modo:

• Addetti totali: si censisce il complesso della manodoperaoperante nelle imprese, indicando il numero medio di addetti, lasua composizione in base al settore economico di appartenenzae alla provincia1.

• Titolari/soci: si analizza la struttura direzionale delle piccoleimprese, da un punto di vista non solo quantitativo, ma anchesostanziale. Infatti, attraverso opportuni focus si rileva, oltre altitolo di studio e all’età dei dirigenti d’azienda, anche la presenzadi donne che occupano i vertici aziendali.

• Dipendenti: si esaminano l’incidenza delle aziende conlavoratori dipendenti, il numero medio di dipendenti per settoreeconomico e le forme contrattuali maggiormente diffuse. Oltrea questi dati puramente quantitativi si effettuano considerazionisull’occupazione femminile, in particolare su quanto questarisorsa sia risuscita ad affermarsi nella piccola impresa.

1Per addetti si intende il complesso degli occupati in azienda, nella cui definizione rientrano soci-titolari, dipendenti ecollaboratori/interinali (che verranno definiti non dipendenti). E’ utile effettuare tale specificazione in quanto l’Istat definisceaddetti solo i lavoratori indipendenti e dipendenti, lasciando fuori i collaboratori e i lavoratori interinali.

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• Altri addetti: su presta attenzione a coloro che operanoall’interno dell’azienda con contratti di collaborazione (siano essifamiliari o occasionali) o di lavoro interinale.

La suddivisone degli addetti utilizzata in questo Osservatorio puòessere riassunta nello schema sottostante:

Nella terza parte si procede con l’osservazione delle formecontrattuali con cui sono inquadrati i lavori nelle piccole impresevenete. Scopo del focus è quello di individuare se in questaparticolare realtà imprenditoriale si possono scovare delle sacchedi flessibilità oppure se la caratteristica è quella di creare forme dilavoro stabile.Nella quarta e ultima parte si tratta del tema dell’occupazionestraniera nella piccola impresa. In particolare, l’attenzione siconcentra sulla dinamica occupazionale messa a confronto conquella generale, sull’identikit del lavoratore immigrato e su unbreve focus relativo alla figura femminile presente in azienda.Oltre a descrivere nei numeri la presenza straniera, si riportano leopinioni degli stessi imprenditori circa l’operato dellamanodopera non italiana, la futura intenzione di assumere altrilavoratori immigrati e il motivo per cui non si è mai deciso diinstaurare un rapporto di lavoro con questa manodopera.

Struttura degli addetti secondo l’Osservatorio

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2.1. LE TENDENZE OCCUPAZIONALI

In questo paragrafo viene analizzato l’apporto occupazionale delleaziende artigiane e delle piccole imprese venete, in termini non soloquantitativi, ma anche qualitativi.In altre parole, si vuole mettere in evidenza quanto il contributooccupazionale di queste realtà economiche sia cambiato nel corsodel 2006 e quanto esse abbiano risentito della situazionecongiunturale. Per questi motivi si analizzeranno le variazionioccupazionali, confrontando lo stock del personale dichiarato almomento dell’intervista con i dati delle assunzioni e deilicenziamenti effettuati.Inoltre, attraverso le prospettive occupazionali degli imprenditori,verranno effettuate delle anticipazioni sulle tendenze di inizio 2007.

Il primo punto di analisi riguarda il confronto con il personalepresente nelle aziende al momento dell’intervista rispetto alsemestre precedente. Le imprese intervistate nel primo semestre2006 verranno confrontate con la loro situazione occupazionalenella seconda parte del 2005, mentre per le aziende interpellate nelsecondo semestre 2006 il confronto avverrà rispetto alla primametà dello stesso anno: a questo proposito si ricorda che con iltermine personale si intendono sia i “dipendenti” che gli “altriaddetti”.

Le imprese interpellate nel primo semestre 2006 hanno dichiaratonel complesso una lieve riduzione nel numero dei propri occupatidell’ordine del -0,2%. Poco più marcata è invece la flessione fattaregistrare nel corso della seconda metà dell’anno, quando lavariazione è stata del -0,6%. Il ridimensionamento, seppur lieve,degli organici aziendali è stato evidentemente condizionato dallasituazione economica congiunturale affrontata dalle piccoleimprese venete. Il 2006 è stato infatti un anno di transizione dopoun periodo non proprio brillante per le piccole imprese e ilcomplesso economico regionale. La ripresa nell’ultimo periodo si è

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infatti concretizzata ma, evidentemente, non è stata sufficiente perpotenziare la dimensione occupazionale1. E’ infatti cruciale la prospettiva di crescita esplicitata per il prossimosemestre in cui, sospinti dall’ottimismo circa la ripresa economica, siprevede anche un conseguente incremento numerico dellamanodopera. Nella prima parte dell’anno nuovo, infatti, le impresecomplessivamente prevedono un potenziamento degli organiciaziendali dell’ordine del +3,2%. Con molta probabilità quindi, la ripresa che non è avvenuta nel2006 sarà invece la protagonista nel prossimo anno, in cui moltidegli indicatori economici rilevanti mostrano segni positivi.

Non tutte le imprese artigiane e le piccole aziende venete hannomostrato le medesime performance. In particolare, nell’ultima partedell’anno sono stati i servizi alle imprese ad aver mostrato le unicheprogressioni in termini occupazionali nell’ordine del +2,3%. Per glialtri settori economici si è assistito ad un ridimensionamento dellamanodopera, che va dal -1,6% della produzione al -1% dell’edilizia.Per quanto riguarda la prima parte dell’anno è stata la dinamicadelle aziende di produzione (+1%) ad aver alleviatocomplessivamente la perdita occupazionale veneta, sebbene leuscite di personale siano state più limitate delle precedenti (-0,2%

Variazione % del personale (dipendenti e non dipendenti)

Elaborazione su interviste AES

1Si fa riferimento alla “Decima indagine congiunturale Artigianato e Piccola Impresa del Veneto” a cura del UfficioComunicazione&Studi della Confartigianato del Veneto, Gennaio 2007

-0,2% -0,6%

3,2%

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Variazione % del personale dal I 06 al II 06 e dal II 05 al I 06per settore di attività e settore economico

Elaborazione su interviste AES

vs -0,6%). Per quanto riguarda la suddivisione provinciale, sono leimprese di Rovigo le più dinamiche, sia in senso positivo, chenegativo. In particolare, se nel primo semestre 2006 il numero dioccupati è aumentato del +9,8%, nella seconda parte dell’anno siè assistito ad una perdita del -10,3%. Particolarmente interessanteè osservare come Treviso e Belluno si siano complessivamentepotenziate in termini occupazionali in entrambi i periodi dirilevazione, mentre Vicenza e Venezia hanno mostrato ancora delledifficoltà, la prima provincia nel secondo semestre (-4,1%), laseconda nel primo (-5,8%).

1,0%

9,8%

0,0%1,6%

-0,1%

-0,5%

-10,3%

2,0% 0,3% 2,2%

-0,3%

-1,0%

-4,1%-5,8%

-1,1%

-0,6%-1,0% -1,0%

2,3%

-1,4%

-2,1%-1,6%

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Come accennato precedentemente la ripresa in terminioccupazionali avverrà solo nel semestre in corso, senza eccezionidi provincia e di settore economico.Per tutte le imprese si assisterà infatti ad un potenziamento degliorganici, più forte nei servizi alle imprese (+6,5%), più modestonella manifattura (+1,6%). Per quanto riguarda la suddivisioneprovinciale, è ancora una volta Rovigo l’area più dinamica: per leaziende di questo territorio si prevede un incrementooccupazionale pari al +8,2%, seguito da quello di Venezia (+6%)e Vicenza (+4,3%). Non a caso queste sono proprio le aree chenel corso del 2006 hanno evidenziato le più rilevanti uscite dimanodopera dagli organici aziendali. Il 2007 sarà quindi l’annodella svolta che parte, evidentemente, anche dal potenziamentodell’occupazione nelle aziende venete di piccolissime dimensioni.

Variazione % del personale prevista dal II 06 al I 07 per settore di attività e aree geografiche

Elaborazione su interviste AES

1,6%2,8%

6,5%

4,3%

3,1% 3,4%

8,2%

2,7%

6,0%

1,7%

4,3%

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Per quanto riguarda il lavoro femminile (che rappresenta il 28,2%del personale impiegato nelle piccole aziende venete2), ladinamica nel corso del 2006 è stata altalenante. Mentre nel primosemestre il numero di donne occupate è aumentato del +1,4%,nella seconda parte dell’anno si è assistito ad unridimensionamento nell’ordine del -1,2%. L’edilizia è stato il settore economico che ha evidenziato nei dueperiodi di rilevazione la maggiore dinamica, sia con segno positivoche negativo: nel primo semestre la componente femminile hamostrato una crescita del +3,3%, mentre nel secondo ilvantaggio si è completamente annullato (-4,8%).Per quanto riguarda le attività manifatturiere si può affermare cheil 2006 ha visto un potenziamento degli organici femminili, ma lostesso non si può dire per i servizi alle persone, dove nella secondaparte dell’anno la perdita è stata del -1,5%.

Variazione % del personale femminile dal I 06 al II 06 e dal II 05 al I 06

Elaborazione su interviste AES

1,8%

0,0%

3,3%2,3%

-0,5%

-2,5%

-1,5%

1,4%

-1,2%

-4,8%

2 Si veda la sezione Personale Dipendente

23

OSSERVATORIO SULL’OCCUPAZIONE ITALIANA E STRANIERA NELLA PICCOLA IMPRESA VENETA

Per meglio comprendere la propensione all’assunzione sulla basedel settore di attività economica e dell’area geografica diappartenenza, si osservi il grafico seguente.La categoria più dinamica è quella dei servizi alle imprese conincidenze di aziende che hanno assunto nuovo personale pari al27,4%. Anche il settore dell’edilizia si pone al di sopra della mediaregionale (22,1%), mentre sembrano meno propense a nuoviingressi le aziende della produzione (17,2%) e dei servizi allepersone (10,3%).In quanto a dislocazione territoriale sono risultate molte di più leaziende che hanno assunto nuovo personale nelle province diVerona e di Treviso (28,2% e 26,6%) rispetto a quelle di Rovigo,Vicenza e Venezia (10%, 11,9% e 14,1%). In linea con quantoosservato a livello regionale, si pongono le aree montane bellunesie quelle padovane, con percentuali di aziende che hannopotenziato gli organici nell’ordine, rispettivamente, del 16,7% e del20% del totale.

Distribuzione % delle aziende che hanno assunto

Elaborazione su interviste AES

3 Si consideri che secondo i dati Excelsior 2006 la percentuale di aziende che hanno potenziato i propri organici sono stati il18,7% nella classe dimensionale 1-9 dipendenti, mentre il 33,6% per quelle imprese che contano da 10 a 49 dipendenti.

2.1.1. Assunzioni

Una volta analizzata la dinamica occupazionale delle piccoleimprese e delle aziende artigiane venete, osserviamo quale siastata la dimensione quantitativa delle assunzioni da una parte, edelle uscite di personale dall’altra.Da una prima analisi si osserva come nel secondo semestre del2006 siano state quasi il 20% le aziende che hanno potenziato ilproprio personale, mentre il rimanente 80% non ha effettuatoalcuna assunzione3.

Incidenza % delle aziende che hanno assunto per settore economico e provincia

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Per quanto riguarda l’occupazione femminile, si osserva comesiano state appena il 4,6% le piccole imprese venete ad averassunto donne nei propri organici. Più propense alle assunzioni alrosa sono state, nel secondo semestre 2006, le aziendeappartenenti al settore dei servizi alle imprese e alla produzione,con incidenze pari al 7,5%. Molto inferiori risultano le incidenzedi coloro che offrono servizi alle persone (3,4%) e del settore edile(0,9%).Diversa è la situazione registrata dal secondo indicatore riportatonel grafico: la percentuale di imprese che hanno dato lavoro alledonne sul totale delle imprese che hanno assunto. A livellocomplessivo questa incidenza è pari al 23,1%, ma occorre fareuna distinzione sulla base del settore di attività. Tra tutte le

Elaborazione su interviste AES

17,2%

22,1%

27,4%

10,3%

16,7%20,0%

10,0%

26,6%

14,1%

28,2%

11,9%

25

OSSERVATORIO SULL’OCCUPAZIONE ITALIANA E STRANIERA NELLA PICCOLA IMPRESA VENETA

Incidenza delle imprese che hanno effettuato assunzioni femmini-li rispetto alle imprese totali e alle imprese che hanno assunto

Elaborazione su interviste AES

Per quanto riguarda la propensione all’assunzione nel semestre incorso, si prevede che saranno appena il 14,5% le imprese chevorranno potenziare la propria manodopera. Molto piùdinamiche saranno le aziende appartenenti, ancora una volta, alsettore dei servizi alle imprese (25,5%) e quelle operanti nelterritorio del trevigiano (20,2%). In linea con quanto calcolato alivello regionale si posizionano le imprese degli altri tre settorieconomici, con un leggero vantaggio delle imprese edili rispettoalle altre (13,1% vs 11,3% della produzione e 11,5% dei servizialle persone).In linea prospettica il numero di aziende venete che assumerannonuovo personale nel prossimo semestre non sarà mai superiore aquelle che hanno assunto nel semestre appena concluso. Maessendo positiva la variazione prevista nel numero dei dipendenti

imprese manifatturiere che hanno incrementato i propri organiciaziendali, quasi la metà ha preferito il genere femminile, mentreper quanto riguarda i servizi alle persone tale incidenza risulta pariad un terzo. L’edilizia si dimostra essere ancora una volta unsettore prevalentemente maschile, dato che risulta marginale ilnumero di donne assunte in questo comparto (4,3%).

43,8%

7,5%0,9%

4,3% 7,5%3,4% 4,6%

23,1%27,6%

33,3%

Distribuzione % delle aziende che hanno intenzione di assumere nel primo semestre 2007 per settore e provincia

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Il tasso di assunzione4 previsto nel prossimo periodo tra le piccoleimprese venete risulta pari al 4,7%. Migliori sono le performancedi assorbimento della manodopera da parte delle aziendeappartenenti ai servizi alle imprese (7,3%), a differenza del settoremanifatturiero (3%) e dei servizi alle persone e dell’edilizia, cherimangono comunque in linea con la media regionale(rispettivamente 4,7% e 4,8%).Per quanto riguarda il dettaglio provinciale, sembrano essere le

(3,2%), significa che quelle poche aziende che potenzieranno ipropri organici contribuiranno in maniera sostanziale a renderepositive le performance occupazionali complessive delle piccoleimprese venete.

Elaborazione su interviste AES

4 Per tasso di assunzione si intende il rapporto tra quanti verranno assunti nel primo semestre 2007 e il numero complessivodel personale censito nel secondo semestre 2006.

11,3%13,1%

25,5%

11,5%14,5%

8,3%

16,0%

10,0%

20,2%

15,3%12,7%

11,0%

Tasso di assunzione previsto nel primo semestre 2007 per settoreeconomico e provincia

Tra tutti gli imprenditori che hanno dichiarato di aver potenziato ipropri organici aziendali, il 70,5% lo ha fatto perché avevanecessità di nuovo personale per affrontare carichi di lavorosuperiori a quelli passati. Questa indicazione è molto importanteper definire come le piccole imprese facciano politiche di

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OSSERVATORIO SULL’OCCUPAZIONE ITALIANA E STRANIERA NELLA PICCOLA IMPRESA VENETA

aziende del veneziano e del rodigino le più dinamiche dellaregione, dato che il loro tasso di assunzione per il prossimosemestre risulterà pari, rispettivamente, al 9,5% e all’8,2%. Piùmodeste saranno le nuove entrate di personale rispetto al totaledei presenti in azienda nelle aree del vicentino (4,9%), delpadovano (4,8%) e del trevigiano (4,7%), mentre Verona eBelluno faranno segnare i valori regionali più bassi (3% e 3,1%).

Elaborazione su interviste AES

3,0%

4,8%

7,3%

4,7% 4,7%

3,1%

4,8%

8,2%

4,7%

9,5%

3,0%

4,9%

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OSSERVATORIO SULL’OCCUPAZIONE ITALIANA E STRANIERA NELLA PICCOLA IMPRESA VENETA

assunzione principalmente mirate ad un potenziamentodell’intera attività produttiva, e non per un mero turnover didipendenti, come spesso viene osservato nelle imprese di piùgrande dimensione.Infatti, la percentuale di coloro che hanno assunto per sostituire ilpersonale già presente in azienda risulta pari al 19,3%, mentre èappena il 10,2% la quota di imprenditori che necessita di nuovefigure professionali da integrare nelle consuete attività operative.

Agli imprenditori è stato poi chiesto di motivare le ragioni cheporteranno le aziende a non assumere nuovo personale nelprossimo semestre. La maggior parte di essi (68,5%) non ne sentela necessità, in quanto la manodopera già presente è sufficienteper svolgere la normale attività oppure, eventualmente, ancheproduzione aggiuntiva.Sono poi le problematiche e le incertezze nel futuro della propriaattività a scoraggiare il 15,9% delle aziende interpellate; incide inmaniera ragguardevole in questa scelta l’eccessivo costo dellavoro (10,4%), ma anche la difficoltà operativa di reperire ilpersonale adeguato per determinate mansioni aziendali (5,2%).

Motivo per cui si intende assumere nuovo personale

Elaborazione su interviste AES

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OSSERVATORIO SULL’OCCUPAZIONE ITALIANA E STRANIERA NELLA PICCOLA IMPRESA VENETA

2.1.2. Uscite di personale

Per comprendere appieno le performance occupazionali dellapiccola impresa nel corso dell’anno appena concluso, chericordiamo essere stato un anno di ripresa dopo un periodo distallo per diversi comparti della regione, non basta esaminare solole assunzioni, ma occorre considerare anche le uscite di personale.Prima di procedere nell’analisi è necessario comprendere i motividell’allontanamento dei lavoratori dalle strutture aziendali nellaseconda metà del 2006. Per la maggior parte di essi (66,7%) sitratta di dimissioni presentate dal lavoratore stesso che,evidentemente, è riuscito a trovare un miglior impiego grazieanche alle competenze lavorative/intellettuali di cui egli dispone. Il 17,4% del movimento di uscita è rappresentato da licenziamentiimposti dal datore di lavoro, mentre il 9,4% avviene per ladecorrenza dei termini contrattuali di lavoro.Non bisogna però dimenticare le dinamiche di pensionamentoche coinvolgono il 6,5% del totale delle uscite di personale. Poichéquest’ultima modalità, sebbene rappresenti solo una partemarginale della realtà rappresentata, fa parte anch’essa dei flussidi uscita, si è ritenuto opportuno depurare il calcolo da questovalore. Esso, infatti, è un fenomeno del tutto naturale,indipendente dalla volontà di ciascuna parte in causa: la messa inriposo dei lavoratori giunti all’età della pensione non viene quindiconsiderata in questo Osservatorio come un elementocaratterizzante la dinamica di uscita della manodopera.

Motivo per cui le aziende non intendono assumere nel futuro

Elaborazione su interviste AES

30

OSSERVATORIO SULL’OCCUPAZIONE ITALIANA E STRANIERA NELLA PICCOLA IMPRESA VENETA

L’edilizia risulta essere il settore che ha evidenziato le maggioriperdite di personale, con incidenze pari al 28,6%, a fronte disettori come i servizi alle persone e alle imprese che mostranovalori pari, rispettivamente, all’11,5% e al 18,9%.Quanto alle singole province, Treviso e Verona sono quelle chehanno registrato le “emorragie” più evidenti (30,3% e 27,3%),mentre Venezia e Rovigo hanno evidenziato un numero inferioredi aziende in deficit occupazionale.

Distribuzione percentuale delle aziende in cui ci sono state uscite di personale

Elaborazione su interviste AES

Motivo per le uscite di personale

Elaborazione su interviste AES

Fatta questa premessa metodologica, iniziamo a considerarequante sono state le aziende che hanno dichiarato uscite dipersonale nel corso dell’ultimo semestre del 2006. Si tratta del22,3% delle aziende intervistate, a fronte del 77,7% di aziendeche non ha visto in alcun caso ridursi il numero del propriopersonale. Ma sulla base del settore economico e della provinciadi appartenenza si possono osservare alcune differenze di rilievo.

31

OSSERVATORIO SULL’OCCUPAZIONE ITALIANA E STRANIERA NELLA PICCOLA IMPRESA VENETA

Distribuzione percentuale delle aziende in cui ci sono stateuscite di personale per settore economico e provincia

Elaborazione su interviste AES

Particolare attenzione viene rivolta alla quantificazione degliallontanamenti/licenziamenti femminili nel secondo semestredell’anno appena concluso.Appena il 5,1% delle imprese campionate ha registrato uscite dilavoratrici, risultato poco differenziato in base al settore diappartenenza. Molta sproporzione viene invece evidenziata se siconsidera l’altro indicatore considerato: il rapporto tra le impreseche hanno licenziato donne e il totale di quelle che hannodichiarato uscite di personale. Se a livello regionale tale valore risultapari al 22,7%, per i due settori del terziario l’incidenza si attesta al40% per i servizi alle persone e al 35% per quelli alle imprese. Inmerito al comparto manifatturiero l’incidenza arriva al 29,3%,mentre l’edilizia risulta essere il settore più statico (11,5%).

22,0%28,6%

18,9%

11,5%

16,7%

23,2%

13,3%

30,3%

10,6%

27,3%

21,1%

32

OSSERVATORIO SULL’OCCUPAZIONE ITALIANA E STRANIERA NELLA PICCOLA IMPRESA VENETA

Incidenza percentuale delle imprese che hanno dichiaratouscite di personale femminile rispetto alle imprese totali e

rispetto alle imprese che hanno dichiarato uscite di personale

Elaborazione su interviste AES

Per quanto riguarda le dinamiche di uscita della manodopera nelprossimo semestre, si osservi come a livello provinciale siano solo il4,6% le imprese che prevedono di vedere ridimensionati i propriorganici aziendali, a fronte del 22,3% di coloro che hanno osservatoeffettivamente tale fenomeno nel secondo semestre del 2006.Si concretizzeranno più allontanamenti nei settori della produzionee dell’edilizia (rispettivamente 5,9% e 5,6%) piuttosto che nei servizialle imprese (2,8%) e alle persone (1,1%).A livello provinciale le aziende che prevedono più uscite di personalesono quelle di Treviso (8,3%), Venezia (7,1%) e di Verona (5,5%),mentre le rimanenti aree rimangono al di sotto della mediaregionale.

6,5%3,3%

6,6% 4,6% 5,1%

29,3%

11,5%

35,0%40,0%

22,7%

33

OSSERVATORIO SULL’OCCUPAZIONE ITALIANA E STRANIERA NELLA PICCOLA IMPRESA VENETA

Come per il tasso di assunzione, si analizza ora il tasso di licenziamento5

previsto per il primo semestre 2007. Complessivamente nel Veneto talevalore si aggirerebbe sull’1,5%, in linea con le previsioni fatte per ilsettore della produzione. L’edilizia si dimostra essere il comparto che inproporzione vedrà maggiormente ridotto il proprio personale (2,2%),mentre per i servizi alle imprese e alle persone le perdite saranno piùlimitate di quelle effettivamente realizzate nel secondo semestre 2006(0,9% e 0,4%). A livello provinciale sarà il personale veneziano adessere maggiormente allontanato dalle aziende nell’ordine del 3,4%.Anche la provincia di Treviso rimane al di sopra della media regionale,pur con valori nettamente inferiori (2%).

Distribuzione % delle aziende che hanno intenzione di licenzia-re nel primo semestre 2007 per settore economico e provincia

Elaborazione su interviste AES

5 Per tasso di licenziamento si intende il rapporto tra le uscite di personale (al netto dei pensionamenti) previste nel primosemestre 2007 e il numero complessivo del personale censito nel secondo semestre 2006.

5,9% 5,6%

2,8%

1,1%

4,6%

0,0% 0,0%

4,0%

7,1 %8,3 %

5,5%

0,9%

34

OSSERVATORIO SULL’OCCUPAZIONE ITALIANA E STRANIERA NELLA PICCOLA IMPRESA VENETA

Tasso di licenziamento previsto per settore economicoe provincia nel primo semestre 2007

Elaborazione su interviste AES

1,5%

2,2%

0,9%

0,4%

1,5%

2,0%

3,4%

1,3%

0,6%

1,3%

0,0% 0,0%

35

OSSERVATORIO SULL’OCCUPAZIONE ITALIANA E STRANIERA NELLA PICCOLA IMPRESA VENETA

2.2. LA FOTOGRAFIA OCCUPAZIONALEDELLA PICCOLA IMPRESA

Dopo aver analizzato nel dettaglio la dinamica occupazionaleregistrata nel corso del 2006 e la previsione per il primo semestre2007, soffermiamo ora l’attenzione sulla composizione degliaddetti che operano all’interno delle strutture aziendali di piccoledimensioni. Si tratta di un’analisi specifica di ciascun ruoloricoperto dagli addetti che compongono il personale, suddivisoper titolari/soci, dipendenti e addetti non dipendenti.Prima di entrare nelle singole specificazioni, si analizza lafotografia complessiva della struttura occupazionale prendendoin considerazione gli addetti.

2.2.1. Gli addetti nelle piccole imprese

Il grafico sottostante mostra la distribuzione delle piccole aziendeartigiane sulla base del numero degli addetti censiti. Laconcentrazione maggiore si ha in quelle imprese che contano alproprio interno 3 lavoratori (15,9%), e la distribuzione calaprogressivamente partendo da quattro addetti in poi. In media gliorganici delle imprese intervistate sono costituiti da 6,5 persone,anche se 5 è il numero mediano che divide perfettamente a metàle imprese per numerosità.Per quanto riguarda le imprese dalle dimensioni più modeste, siosserva come quelle composte dal solo titolare siano il 6,3% deltotale, mentre quelle costituite da 2 addetti l’11,9%. A mano amano che il numero di lavoratori aumenta, diminuisceprogressivamente anche la percentuale di imprese con quellecaratteristiche, a dimostrazione della piccola dimensione checaratterizza la maggior parte delle imprese della regione prese acampione.

36

OSSERVATORIO SULL’OCCUPAZIONE ITALIANA E STRANIERA NELLA PICCOLA IMPRESA VENETA

Se si analizza il grafico seguente si osserva come le aziende dediteai servizi alle persone siano in assoluto quelle costituite da menoaddetti. Infatti nella fascia 1-3 addetti rientrano poco più dellametà delle imprese del settore (51,7%), mentre risultanomarginali quelle dai 12 addetti in su.Molto simili sono invece le distribuzioni degli altri tre comparti. Inparticolare, nei servizi alle imprese è appena il 28,3% la quota diaziende costituite da meno di 3 addetti, mentre risulta superiorealle altre la percentuale di imprese rientranti nella fascia 4-7addetti (36,8%).I settori della produzione e dell’edilizia sembrano esserecaratterizzati da organici aziendali più strutturati dei precedentidato che, a livello cumulato, le imprese con almeno 8 addettisono, rispettivamente, il 35,5% e il 37,1%.

Imprese del campione per numero di addetti totali

Elaborazione su interviste AES

6,3%

12,1%

6,8%

7,3%

5,8%

6,1%

5,3%4,6%

3,8%2,6%

1,5%2,4%

1,9%2,0%

1,7%0,9%

1,0%

11,9%

15,9%

37

OSSERVATORIO SULL’OCCUPAZIONE ITALIANA E STRANIERA NELLA PICCOLA IMPRESA VENETA

In questa tabella viene riportato il numero medio di addetti inbase al settore economico di appartenenza e alla provincia.In base alla prima specificazione, le aziende operanti nel compartodei servizi alle imprese sono quelle che dispongono di un numerosuperiore di addetti rispetto agli altri settori: 7,2 contro i 6,8 dellaproduzione e i 6,5 dell’l’edilizia. Nei servizi alle persone ladisponibilità di manodopera è più limitata, dato che mediamentein un’azienda del settore lavorano 5,1 addetti. In merito alla suddivisione provinciale le imprese del veronesesono dimensionalmente più strutturate delle altre, con 8,7addetti. Seguono con un addetto in meno le aziende trevigiane(7,7) e quelle padovane (7). Le restanti province mostrano invecevalori molto al di sotto della media regionale pari a 6,5: Rovigo eBelluno, ad esempio, contano negli organici appena 4,4 tratitolari/soci e lavoratori dipendenti e collaboratori.

Imprese del campione per numero di addetti totali per settore economico

Elaborazione su interviste AES

38

OSSERVATORIO SULL’OCCUPAZIONE ITALIANA E STRANIERA NELLA PICCOLA IMPRESA VENETA

Ecco invece come si presenta la struttura aziendale sulla base dellatipologia di lavoratori che operano per la realizzazione dell’attivitàimprenditoriale.Nel Veneto il 67,9% degli addetti è costituito dai lavoratoridipendenti, mentre il 27,4% dai soci o dai titolari (se è un’impresaindividuale). Marginali sono le altre forme occupazionali,denominate “non dipendenti”, nella cui definizione rientrano icollaboratori e i lavoratori interinali. Per vedere la composizioneper tipologia contrattuale si riporta alla sezione successiva.Quasi tutti i settori economici presentano la medesima struttura,ad eccezione dei servizi alle persone in cui la quota di lavoratoriindipendenti (titolari/soci) supera di molto la media regionale:37,1%. Nel contempo, anche i lavoratori dipendenti sonoproporzionalmente di meno (58,1%), pur rappresentandocomunque la parte di manodopera più numerosa in questeaziende.

Numero medio di addetti per settore economico e provincia

Elaborazione su interviste AES

39

OSSERVATORIO SULL’OCCUPAZIONE ITALIANA E STRANIERA NELLA PICCOLA IMPRESA VENETA

2.2.2. Titolari e soci

Dopo aver descritto la struttura occupazionale delle piccoleimprese venete, ci apprestiamo ora ad analizzare le sue singolecomponenti, iniziando proprio con la composizione direzionale.La maggior parte delle aziende censite in questo Osservatoriosono imprese individuali, gestite e dirette cioè da un unicosoggetto. La quota relativa a questa realtà imprenditoriale siaggira sul 46%, con eccezioni che riguardano le attivitàmanifatturiere da una parte, e dei servizi alle persone dall’altra: seper le prime la percentuale di imprese condotte dal solo titolaresupera il 53%, per le seconde il valore si ferma al 35,6%. Per glialtri settori economici le incidenze rimangono in linea con il datoregionale.Buona è anche la presenza di aziende dirette da 2 soci, con quotepari mediamente al 32,2%, mentre si fanno progressivamentemeno numerose le attività con almeno 3 soci (15,1% con 3 soci e6,8% con 4 soci e più).A livello settoriale le differenze si evidenziano, ancora una volta,nei servizi alle persone: la quota di aziende con due soci superaaddirittura quella relativa alle attività gestite dal solo titolare(42,5% vs 35,6%), eventualità che non si osserva in nessuno deglialtri tre settori economici.

Composizione degli addetti in azienda per settore economico

Elaborazione su interviste AES

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OSSERVATORIO SULL’OCCUPAZIONE ITALIANA E STRANIERA NELLA PICCOLA IMPRESA VENETA

Analizzando inoltre la dimensione media della direzionegestionale dell’impresa è emerso che a livello generale il numeromedio di soci presenti nelle imprese è pari a 1,86. Si osservanoperò alcune differenze, non tanto per i settori di attività, quantoper le aree geografiche.Tutte le imprese dei diversi comparti economici mostrano infattiuna dimensione direzionale che non si discosta molto dal valoremedio. Edilizia e produzione sono i settori più distanti dal puntodi vista numerico: il primo con 1,93, il secondo con 1,76.Nell’analisi provinciale, si evidenzia come siano le imprese delrodigino a contare il maggior numero di soci con un valore di 2,4,seguite da Vicenza (2,1) e Venezia (2). Molto più ridotte sono lestrutture dirigenziali nel padovano (1,6) e nel trevigiano (1,7).

Imprese per numero di titolari e soci per settore economico

Elaborazione su interviste AES

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Imprese per dimensione media della direzione gestionaleper settore di attività e provincia

Elaborazione su interviste AES

Esaminando i dati connessi all’età dei titolari e dei soci, si notacome le imprese artigiane siano gestite prevalentemente dasoggetti relativamente giovani, ossia aventi dai 35 ai 45, conincidenze pari al 31,4%.Buona è anche la presenza della fascia della “mezza età” (46-55anni) che è costituita da un quarto del campione in esame, anchese non bisogna sottovalutare l’importanza dei dirigenti “senior”(>55 anni) che sono quasi il 30% di tutti i titolari/soci dellaregione.Esigua è invece la quota dei giovani, aventi meno di 35 anni. Inbase a questi valori si presuppone che nel breve termine unabuona parte della piccola imprenditoria veneta dovrà affrontare laspinosa questione del passaggio generazionale.

42

OSSERVATORIO SULL’OCCUPAZIONE ITALIANA E STRANIERA NELLA PICCOLA IMPRESA VENETA

Dall’analisi sulla presenza femminile all’interno dei ruoli dirigenzialidelle aziende emerge che a livello regionale oltre tre aziende sudieci sono dirette da almeno una donna imprenditrice, adimostrazione della scarsa presenza della figura femminile allaguida della piccola impresa veneta.Suddividendo le aziende interpellate per settore economico, si notacome siano le aziende della produzione e dell’edilizia ad esseregestite anche dalle donne con incidenze superiori al 33%. Se sisofferma l’attenzione sul secondo comparto, che generalmente ècostituito in prevalenza dal sesso forte, le donne rappresentano unelemento di fondamentale importanza nella gestione dirigenzialeche, evidentemente, viene proprio affidata a loro. Per quanto riguarda la suddivisione provinciale le uniche due areeche si distinguono per la maggiore partecipazione femminile nellescelte operative delle attività produttive sono quelle di Rovigo e diBelluno, che mostrano incidenze pari, rispettivamente, al 53,3% eal 41,7%. Tutte le altre aree della regione rimangono in linea conil valore medio.Altra è l’indicazione che proviene dal secondo indicatore: ilnumero di donne titolari o socie rapportate al totale degliimprenditori censiti. A livello generale, le donne rappresentano il23,3% della struttura dirigenziale nella piccola impresa veneta. Leincidenze, sulla base del settore di attività, ricalcano quelleprecedenti, con la produzione e l’edilizia che mostrano incidenzesuperiori alla media, e le aziende del terziario che non hannomolte donne nei posti dirigenziali.Stesso ragionamento può essere fatto osservando i risultati per

Distribuzione per classe di età dei titolari/soci

Elaborazione su interviste AES

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area geografica. Rovigo e Venezia, assieme a Padova sono ancorauna volta, le province in cui vengono censite il maggior numerodi donne imprenditrici sul totale degli imprenditori veneti. Per leaziende operanti in altri territori le incidenze risultano lievementeinferiori alla media regionale.

Incidenza delle imprese dirette da almeno una donna e distri-buzione in percentuale delle imprenditrici donne sul totale

degli imprenditori per settore economico e provincia

Elaborazione su interviste AES

35,5%

27,2%

33,3%

33,3%28,3%

19,5%25,3%

14,6%

31,9%

23,3%

41,7%

31,7%33,6%

53,3%

27,9%

30,6%

24,8%

20,1%

31,8% 30,0%

22,8%

31,2%

20,1%20,8%

44

OSSERVATORIO SULL’OCCUPAZIONE ITALIANA E STRANIERA NELLA PICCOLA IMPRESA VENETA

Elaborazione su interviste AES

Come gli imprenditori totali, anche le imprenditrici sonomaggiormente attive in azienda quando hanno un’età compresatra i 35 e i 45 anni. La percentuale di donne in questa fascia di etàè infatti pari al 38,5%, mentre quelle che superano i 55 anni sonocomplessivamente un quarto del campione rosa.Se si confronta la numerosità imprenditoriale femminile conquella totale, nelle diverse classi di età non si osservano grossedifferenze: se a livello generale, come già osservatoprecedentemente, le titolari/socie rappresentano il 23,3% deltotale dei dirigenti aziendali, nella fascia 35-45 anni le incidenzeaumentano del 28,6%, mentre per i soggetti con più di 55 anni ilvalore si attesta al 20,3%.

Dall’analisi riguardante il livello di scolarizzazione dei titolari/socidelle imprese intervistate, si può osservare che più di un terzodegli intervistati possiede solo la licenza media e un altro 40% ildiploma di scuola superiore. La quota di imprenditori che haconseguito una qualifica professionale è molto simile a quella dicoloro che hanno concluso gli studi con la scuola elementare(9,3% vs 10,1%). Gli imprenditori laureati sono appena il 6% condelle differenze sulla base del sesso dei titolari/soci.Esaminando il titolo di studio in base al sesso dei soggetti, si puònotare come le donne siano maggiormente istruite rispetto ai

Distribuzione per classi di età delle donne titolari/socie eincidenza percentuale delle donne titolari/socie

sul complesso dei titolari

45

OSSERVATORIO SULL’OCCUPAZIONE ITALIANA E STRANIERA NELLA PICCOLA IMPRESA VENETA

propri colleghi maschi. I dati rilevano che per entrambi i sessi iltitolo di studio maggiormente conseguito è il diploma di scuolasuperiore, ma mentre per le imprenditrici l’incidenza sfiora il 45%,per gli uomini è pari al 38,5%. La licenza media è stata poi conseguita dal 35% degli uomini e dal33,5% delle donne, mentre il traguardo della laurea, sebbene siapresupposto di pochi, è stato raggiunto dal 7,4% delleimprenditrici e dal 5,5% degli imprenditori.

Distribuzione dei titolari/soci per titolo di studio e per sesso

Elaborazione su interviste AES

2.2.3. Personale dipendente

Le piccole imprese si riconfermano essere attori molto importantidel mondo economico veneto: infatti, nonostante le piccoledimensioni concorrono alla creazione di occupazione, di cui oraconsideriamo alcune caratteristiche.Oltre il 70% delle imprese intervistate annovera all’interno dellapropria struttura lavorativa almeno un dipendente, mentre nelrimanente 28,2% delle aziende il personale è rappresentato daisoci o dal solo titolare.Tra quanti danno lavoro a soggetti diversi dalla dirigenza, lamaggior parte occupa attivamente da 3 a 5 dipendenti (28%),mentre un quarto si distribuisce tra quanti hanno meno di 2

46

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lavoratori (25,4%) e un altro quarto tra quanti hanno da 6 a 9dipendenti (24,5%). Marginali sono invece le quote di aziendemaggiormente strutturate che registrano tra il proprio personalepiù di 10 dipendenti: nello specifico nella fascia 10-14 lepercentuali si attestano al 14,8%, mentre da 15 a 19 esserappresentano appena il 7,3%.

Attraverso il numero medio di dipendenti (ottenuto considerandole sole aziende con dipendenti), si può precisare l’effettivocontributo all’occupazione delle imprese artigiane e della piccolaimpresa. Nelle aziende della regione vengono censiti 6,2 lavoratoridipendenti. Il dato non è però uguale se si prendono inconsiderazione i diversi settori economici.In particolare, la produzione e i servizi alle imprese contano unnumero di dipendenti pari, rispettivamente, a 6,6 e a 6,7, mentreper l’edilizia e i servizi alle persone il valore medio rimane al disotto della media regionale (6 e 4,9).Per quanto riguarda la suddivisione territoriale, Verona è laprovincia le cui imprese occupano in numero superiore lavoratoridipendenti: 7,4. Ad essa seguono Treviso e Padova con presenze

Imprese per classe di dipendenti

Elaborazione su interviste AES

Numero medio di dipendenti per settore economico e per area geografica (si considerano solo le imprese con dipendenti)

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OSSERVATORIO SULL’OCCUPAZIONE ITALIANA E STRANIERA NELLA PICCOLA IMPRESA VENETA

medie pari a 6,8 e 6,5. Molto meno strutturate sono invece leaziende del bellunese e del rodigino in cui vengono impiegatiappena 3,8 e 3,2 dipendenti.

Se si incrociano i dati relativi al numero di soci con quelli relativi alnumero di dipendenti si possono operare ulteriori considerazioni.Le imprese con un solo titolare solitamente impiegano un numerominore di dipendenti, e il fatto è riscontrabile dal dato registratoper questa categoria di imprese: sono oltre la metà le aziendeindividuali che non hanno la necessità di assumere personale.Questa percentuale si riduce drasticamente nel caso di aziende informa societaria, che mostrano quindi strutture più articolate: piùsoci ha un’impresa, più alta è la percentuale di aziende condipendenti.In maniera speculare, un maggior numero di dirigenti determinaun aumento del numero medio di dipendenti. Sono le società con

Elaborazione su interviste AES

Incidenza delle imprese del campione senza dipendenti e numero medio di dipendenti per classe di titolari/soci

(si considerano solo le imprese con dipendenti)

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OSSERVATORIO SULL’OCCUPAZIONE ITALIANA E STRANIERA NELLA PICCOLA IMPRESA VENETA

2 soci e con più di 4 a detenere il primato di lavoratori inseriti nellapropria struttura: si tratta di un numero medio pari a 6,6, controi 4,5 censiti nelle imprese dirette dal solo titolare. In definitiva,comunque, nelle piccole aziende venete con dipendenti se necontano mediamente 6,2, mentre la quota di imprese chepreferisce non assumere personale è pari appena al 28,2%.

Mediamente è stata individuata una percentuale di lavoratrici parial 28,2% dei dipendenti totali. In base a questa indicazione ledonne sembrano quindi rappresentare una parte consistente delpotenziale lavorativo aziendale. E’ quindi opportuno individuarnela peculiarità per settore economico e la distribuzionecomplessiva.La componente femminile, almeno in termini quantitativi, vieneassorbita per oltre il 40% dalle imprese di produzione. Seguono

Elaborazione su interviste AES

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OSSERVATORIO SULL’OCCUPAZIONE ITALIANA E STRANIERA NELLA PICCOLA IMPRESA VENETA

con forte distacco i servizi alle imprese (23,7%), l’edilizia (17,3%)e i servizi alle persone (16,8%).Questi risultati sono influenzati però dall’elevata numerosità deidipendenti nella produzione; infatti dall’analisi sull’incidenza sonoi servizi alle persone il settore all’interno del quale si evidenzia lamaggiore presenza femminile (48,2%). Le donne rappresentanocomunque una componente rilevante anche nella produzione:esse sono infatti il 34,5% dei dipendenti totali.Continua a rimanere marginale l’incidenza femminile nel settoredell’edilizia, dove le donne raggiungono appena il 13,8%, a causadella scarsa predisposizione verso tali mansioni.

Per quanto concerne la tipologia contrattuale individuata per ilpersonale dipendente si faccia riferimento al focus che vieneriportato nel seguito dell’Osservatorio.

2.2.4. Altri addetti

La recente riforma del mercato del lavoro ha dato la possibilità amolte aziende di assumere lavoratori attraverso innovativicontratti di lavoro. Si sono create nuove forme contrattuali che,assieme alla comune collaborazione familiare, vanno a costituiregli “altri addetti”.Vediamo molto brevemente quanti sono i lavoratori inquadrati

Distribuzione percentuale dei dipendenti donna per settoreeconomico e incidenza dei dipendenti donna sul totale dei

dipendenti per settore economico

Elaborazione su interviste AES

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OSSERVATORIO SULL’OCCUPAZIONE ITALIANA E STRANIERA NELLA PICCOLA IMPRESA VENETA

con questi contratti, sebbene l’analisi specifica delle tipologiecontrattuali venga esposta nel capitolo seguente. Si faccia quindiriferimento anche alle pagine successive.Come osservato precedentemente il personale che non rientranella definizione di dipendente rappresenta appena il 4,7% deltotale, ma in termini di settore non si evidenziano particolaridifferenze (si veda l’ultima riga della tabella sottostante). Quelloche distingue i comparti economici è la composizione percentualedelle varie forme contrattuali. Mediamente, la metà di questilavoratori sono collaboratori familiari, mentre l’altra metà èsuddivisa tra quanti collaborano occasionalmente o seguendo unprogetto. E’ molto marginale la parte di lavoratori dipendenti diagenzie interinali (2,2%).Si possono evidenziare però sostanziali differenze tra i comparti:nei servizi alle persone si annovera infatti una presenza massicciadi collaboratori familiari (85,7%), molto più limitata nei servizi alleimprese (appena il 27,5%). Quest’ultimo settore è caratterizzatoinoltre dalla presenza per il 40% di collaboratori a progetto,mentre per l’edilizia la peculiarità riguarda i collaboratorioccasionali che sono il 47,7% del totale degli altri addetti.Infine, le forme interinali vengono contemplate, sebbene inminima parte, solo dalla produzione (3,6%) e dai sevizi alleimprese (5%).

Composizione degli “altri addetti” per settore economico

Elaborazione su interviste AES

3. L’INQUADRAMENTO CONTRATTUALE DEILAVORATORI NELLA PICCOLA IMPRESA VENETA

Importante, dal punto di vista della stabilità o della flessibilità delmercato del lavoro, risulta la verifica delle forme diinquadramento contrattuale dei lavoratori presenti nelle aziende.In questa sezione si presterà quindi attenzione alle diversetipologie contrattuali del personale impiegato nelle piccoleaziende della regione, suddiviso tra dipendenti e altri addetti, sullabase della classificazione effettuata in questo Osservatorio.

Il primo step di analisi concerne l’identificazione del rapportoesistente tra i dipendenti assunti a tempo indeterminato e quellicon altro tipo di contratto, sempre comunque di dipendenzadell’azienda; quasi la totalità dei dipendenti (che rappresentano il67,9% degli addetti) è assunta con contratto a tempoindeterminato, mentre sono numericamente poco presenti coloroche operano con contratti meno stabili. Le piccole impreseutilizzano infatti il tempo determinato solo nel 4,6% dei casi,mentre l’apprendistato e i contratti di formazione lavoroannoverano appena due dipendenti su cento.Sono i servizi alle persone e le aziende della produzione agarantire maggiormente il “posto fisso”, mentre le imprese edili ei servizi alle imprese assumono stabilmente lavoratoririspettivamente per il 92% e per il 92,3% dei casi.

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OSSERVATORIO SULL’OCCUPAZIONE ITALIANA E STRANIERA NELLA PICCOLA IMPRESA VENETA

Osservando i soli contratti a tempo indeterminato, si osservacome forme di impiego part-time siano utilizzate dal 10,3% deilavoratori, con differenze minime tra i settori: mentre i dipendentidelle imprese dei servizi godono maggiormente del contratto atempo parziale (alle persone 14,8% e alle imprese 13,7%), leincidenze nei comparti della produzione e dell’edilizia si attestanoappena al 10,1% e al 7,2%.Per quanto riguarda invece la percentuale di imprese checoncedono il part-time, si tratta di una fetta più ampia, pari al37,2% del totale delle imprese intervistate.

Incidenza % dei contratti dei dipendenti e incidenzapercentuale dei lavoratori con contratto a tempo

indeterminato sul totale dei dipendenti per settore di attività

Elaborazione su interviste AES

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OSSERVATORIO SULL’OCCUPAZIONE ITALIANA E STRANIERA NELLA PICCOLA IMPRESA VENETA

Passando ad esaminare le forme contrattuali diverse dal tempoindeterminato con cui sono stati assunti i dipendenti delle aziendeinterpellate, emergono alcuni spunti di riflessione. Più utilizzatidalle aziende sono i contratti a tempo determinato, con incidenzepari all’11,6%, mentre l’apprendistato, le nuove formecontrattuali e la formazione lavoro vengono stipulati con idipendenti nel 5,2% e nell’1,5% dei casi.Tra le imprese che adottano queste tipologie contrattuali, ilavoratori con contratto a tempo determinato sono 2,6, mentregli apprendisti 1,6. I dipendenti che sono assunti con contratti di“nuova generazione” sono 3,2, sempre considerando quelleaziende che contemplano questi contratti meno tradizionali.

Incidenza dei dipendenti con contratto part-time per settore di attività

Elaborazione su interviste AES

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Incidenza % delle imprese sul campione con forme contrattualidiverse dal tempo indeterminato e numero medio di addetti

Elaborazione su interviste AES

E’ già stata più volte sottolineata l’assoluta predominanza diforme contrattuali a tempo indeterminato nelle piccole imprese;ulteriori considerazioni emergono dalla distribuzione delleprincipali tipologie contrattuali suddivise per sesso.Quali sono i contratti maggiormente stipulati con le donnelavoratrici? Esiste una discriminazione significativa di contratto inbase al sesso?Dall’analisi dei dati non appaiono tra le forme contrattuali dellepiccole imprese evidenti disparità tra uomo e donna; al contrario,le lavoratrici appaiono più favorite rispetto ai propri colleghimaschi, dal momento che il contratto di lavoro a tempo parzialeè utilizzato dalle donne nel 30,4% dei casi e degli uomini appenaper il 2,3% (a causa anche dell’esigua richiesta espressa dal sessoforte per questo tipo di inquadramento).Non si osservano grosse differenze nelle forme contrattuali, datoche l’incidenza delle lavoratrici a tempo indeterminato non sidiscosta da quella dei lavoratori maschi: 94,3% vs 93,1%. Esiguoè inoltre l’utilizzo da parte delle imprese del tempo determinato,così come quello dell’apprendistato, specie per le donne (1,2%).

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Come anticipato precedentemente, si analizzano ora le formecontrattuali più atipiche, che sono stipulate da una partecomunque marginale del personale impiegato nelle piccoleaziende.Le imprese del campione non fanno molto utilizzo di questicontratti: solo il 21,3% annovera all’interno della propria strutturaoccupazionale addetti “precari”. Di queste la maggior parteassume collaboratori familiari (11,1%) che sono numericamentepari a 1,4 soggetti. Le collaborazioni occasionali e a progetto sonoscelte, rispettivamente, dal 6,1% e dal 3,4% delle imprese delcampione, mentre il lavoro interinale appena dallo 0,7%.Mediamente, in queste imprese, gli atipici sono 1,4, anche se lanumerosità aumenta leggermente se si fa riferimento aicollaboratori occasionali (1,6), ma diminuisce per i lavoratoridipendenti delle agenzie per l’impiego (1).

Distribuzione % delle principali forme di contratto per sesso

Elaborazione su interviste AES

94,3%93,1%

4,3%4,7%

1,2% 1,3% 0,1% 1,0% 2,3%

30,4%

Incidenza percentuale delle imprese con “altri addetti”e numero medio di addetti

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Analizzando infine la tipologia dei contratti atipici in base al sessodei lavoratori, si nota una certa distinzione tra le forme dicollaborazione utilizzate dalle imprese e il sesso.La quasi totalità delle donne assume la figura di collaboratricefamiliare (73,3%), mentre all’uomo viene affidato questo ruolosolo nel 38% dei casi. Al sesso forte vengono maggiormenteofferti contratti di collaborazione occasionale (42,1%), mentre lacollaborazione a progetto è accettata dall’11,7% delle donne edal 17,4% degli uomini.Complessivamente, comunque, il personale rientrante nelladefinizione “altri addetti” è costituito per il 66,9% da soggetti disesso maschile e per il 33,1% da soggetti di sesso femminile, inlinea con il rapporto numerico che intercorre tra lavoratori uominie donne censiti in questo Osservatorio.

Elaborazione su interviste AES

Distribuzione percentuale per sesso delle forme di lavoro atipico

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Si analizzano infine le forme contrattuali che verranno piùprobabilmente stipulate dalle piccole imprese della regione nelprossimo semestre per i futuri assunti. Innanzitutto bisognaconsiderare che l’intenzione prevalente è quella di assumerelavoratori come personale dipendente (94,4%) mentre le forme dicollaborazione e il lavoro interinale saranno scelti solo per il 5,6%dei futuri addetti.Il contratto a tempo indeterminato rimane ancora la tipologiacontrattuale più comune tra le piccole imprese venete, dato che ifuturi assunti con questa formula saranno quasi il 60%. Moltorichiesti saranno anche gli apprendisti (21,4%), molto di più deilavoratori che opereranno con contratto a tempo determinato(18,8%).Per quanto riguarda l’assunzione di personale non dipendente, lacollaborazione verrà scelta nel 42,9% dei casi (distribuitaequamente tra collaboratori familiari, occasionali e a progetto),mentre verrà fatto un utilizzo del lavoro interinale nellaproporzione del 28,6%.

Elaborazione su interviste AES

73,3%

38,0%42,1%

17,4%

1,7%2,5%

66,9%

13,3% 11,7%

33,1%

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Distribuzione % delle nuove forme di assunzione(1° semestre 2007)

Elaborazione su interviste AES

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4. LA PRESENZA E IL LAVORO STRANIERONELLE PICCOLE IMPRESE DEL VENETO

4.1. Premessa

Da tradizionale paese di emigrazione, l’Italia è divenuta neidecenni scorsi territorio di immigrazione: tale fenomeno èdivenuto ormai una realtà consolidata e un elemento strutturaledella nostra società.Il lavoro rimane ancora una delle principali cause dei fenomenimigratori: le scarse prospettive economiche e sociali dei paesid’origine inducono molti soggetti ad abbandonare la propriacultura e il proprio paese per cercare fortuna in altri territorimaggiormente sviluppati. Ma occorre anche considerare che ipaesi di destinazione, come l’Italia, necessitano di forza lavoroimmigrata, la cui richiesta diventa sempre più chiara ed esplicita.Le imprese italiane, soprattutto di piccole dimensioni localizzatenelle aree ad industrializzazione diffusa, fanno sempre più ricorsoalla manodopera straniera e gli esponenti delle associazioniindustriali non fanno mistero del loro interesse per la possibilità diun utilizzo sempre più esteso di forza lavoro immigrata.Proprio di fronte a questa realtà, l’Italia assumerà un volto semprepiù multiculturale: il paese dovrà quindi ricercare delle modalità diintegrazione in grado di garantire pari opportunità per riuscire agestire l’inevitabile convivenza multietnica.Con questo focus si vuole quindi approfondire non solo latipologia occupazionale degli stranieri occupati nel Veneto, madimostrare come le imprese possano essere realmente il primoluogo di contatto e di integrazione economica e sociale. Lapiccola impresa assume quindi un ruolo fondamentale in unottica di primo inserimento degli stranieri nella nostra società,dando ad essi la possibilità di ricevere un reddito che verrà poi inparte inviato nei paesi di origine. E’ certo che se gli immigratitrovano nel nostro paese uno sbocco lavorativo, si potrannocreare anche i presupposti per una convivenza tra soggetti

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culturalmente diversi, ma in grado di integrarsi all’interno di untessuto sociale complesso come quello veneto.

I dati statistici a disposizione circa la struttura occupazionalestraniera sono però scarsi, ma soprattutto incompleti. Soloultimamente gli enti preposti alla raccolta di informazioni inmerito si stanno apprestando a censire questo fenomeno. Moltocarenti, se non addirittura inesistenti, sono invece le indicazioniche provengono dall’assetto occupazionale straniero nelle piccoleimprese.Questo capitolo, che analizzerà proprio la presenza straniera inqueste realtà produttive, vorrebbe quindi almeno in parte colmareun deficit informativo a nostro avviso importante al fine dicomprendere appieno i processi di organizzazione interna dellepiccole aziende. Dato che il fenomeno dell’assunzione diimmigrati da parte di queste imprese assumerà un peso rilevantenel prossimo futuro, ed essendo il Veneto una regione costituitain prevalenza da imprese di ridotte dimensioni, sembra utileapprofondire questa tematica.Lo studio, di carattere prettamente qualitativo, affronta quattroparticolari questioni. Come primo step, si analizza la dinamicaoccupazionale straniera nella piccola impresa veneta, effettuandoun confronto con quanto è accaduto a livello generale. Ilfenomeno viene poi studiato attraverso le imprese cheannoverano tra il proprio personale anche immigrati, specificandoquanti stranieri mediamente operano nei circuiti produttivi,l’inquadramento contrattuale e la modalità di incontro con laforza lavoro.Il capitolo si completa con l’identikit del lavoratore straniero,attraverso l’indicazione dei paesi di origine, del titolo di studioposseduto e del grado di esperienza con cui si presenta al propriodatore di lavoro. Infine, viene effettuato un focus sulla presenzafemminile straniera, rapportata al complessivo fenomenoimmigrato nella piccola impresa della nostra regione.

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Molto significativo risulta il confronto con i settori economici econ le province del Veneto. La maggiore dinamica occupazionalesi riscontra nell’edilizia e nei servizi alle imprese, dove la richiestadi manodopera straniera si è fatta più consistente: in particolare ilnumero di lavoratori non italiani è aumentato, rispettivamente,

Variazione % del personale straniero e confrontocon il personale totale

Elaborazione su interviste AES

4.2. Dinamica occupazionale straniera

Come si è potuto osservare nei capitoli precedenti, la dinamicaoccupazionale nelle imprese venete di piccole dimensioni hasubito un leggero ridimensionamento nell’ordine del -0,6% nelsemestre appena concluso, e appena del -0,2% nella prima partedel 2006. Non si può dire altrettanto per la dinamica del personale straniero.In entrambe le rilevazioni temporali il numero di lavoratoriimmigrati è aumentato del 2,9% e del 2,3%, rispettivamente nelsecondo e nel primo semestre 2006.Gli imprenditori della regione, che nel complesso hanno licenziatopiù personale di quanto ne hanno assunto, hanno preferitointrodurre nei propri organici aziendali dipendenti non italiani. Laprogressiva riorganizzazione delle strutture occupazionali dellepiccole imprese tende quindi a privilegiare le nuove assunzioni dilavoratori stranieri, a scapito della manodopera locale che,evidentemente, costa di più e non è più disponibile ad effettuarecerte mansioni.

2,3%

2,9%

-0,2% -0,6%

totalistranieri

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del 3,7% e del 6,8%, mentre per la produzione e per i servizi allepersone la domanda è rimastra sostanzialmente invariata.A livello territoriale Treviso, Padova, ma soprattutto Belluno hannovisto incrementare il numero di lavoratori stranieri all’interno dellepiccole strutture aziendali, mentre per quanto riguarda Venezia,Verona e Vicenza gli allontanamenti sono stati di poco inferiorialle nuove assunzioni.

Variazione % del personale straniero e totale dal I sem 06 al II sem 06 per settore economico e provincia

Elaborazione su interviste AES

0,1%

-1,6%

16,7%

8,5% 8,8%

1,6%-0,1% 0,3%

2,2%

-0,3%

-1,9%

-4,1%-1,7%

-10,3%

-15,3%

-1,1%

3,7%

2,3%

6,8%

0,2%

-1,4%-1,0%

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Poco meno della metà delle imprese contattate che assumonoaddetti stranieri appartiene al settore dell’edilizia (44,1%), mentreper quanto riguarda il comparto della produzione gli immigratitrovano sbocchi lavorativi in quasi il 33% dei casi. All’interno delsettore, è il comparto del metallo e dei prodotti in metallo a faremaggiore ricorso alla manodopera straniera (28,4%). Le piccoleimprese del tessile, abbigliamento e concia che danno lavoro adipendenti non italiani rappresentano il 17,4% del totale dellamanifattura, mentre per la chimica, plastica, vetro e carta

Aziende che hanno attualmente addetti stranieri(si considerano solo le aziende con dipendenti)

Elaborazione su interviste AES

4.3. Le aziende che assumono stranieri

Di tutte le piccole imprese venete che annoverano all’interno deipropri organici aziendali dei dipendenti, ben il 36,1% ha ancheaddetti stranieri. La percentuale è relativa solo a quelle impresenelle quali attualmente lavorano immigrati, ma esistono ancheaziende che hanno fatto ricorso a questa manodopera nelpassato: si tratta del 5,3% di coloro che li hanno licenziati nelcorso del semestre appena concluso e dell’8,5% di coloro che lihanno allontanati prima di questa data. Molto più alta èl’incidenza degli imprenditori che non hanno mai dato lavoro adalcuno straniero (86,2%).

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Il comparto dell’edilizia è, tra tutti i settori produttivi, quello chemaggiormente fa ricorso alla manodopera straniera: si tratta diquasi la metà delle imprese del settore. In linea con la mediaregionale si colloca la produzione, per la quale è il 35,1% la quotadi aziende con immigrati, mentre il comparto dei servizi mostradelle incidenze più basse: 26,1% per le attività terziarie rivolte alleimprese e 24,6% per quelle alle persone.A livello territoriale, le province più propense ad assumerelavoratori non italiani sono senza dubbio quelle di Treviso e diVerona, per le quali le piccole imprese in questione superanoabbondantemente la quota del 40%.Più limitato, anche se comunque sostenuto, è il ricorso al lavorostraniero per le aziende del padovano, del vicentino e delveneziano, mentre le imprese di Rovigo e di Belluno rimangonoancora estranee al fenomeno: sono infatti appena il 15,8% leimprese del Polesine che utilizzano questa manodopera, mentreper le aree montane la percentuale sfiora il 18%.

l’incidenza è pari al 15,6%. Coprono quote minori le impresedell’alimentare (11,9%), dei mobili-legno e della meccanica(entrambe pari all’11%) e infine l’elettrica-elettronica (appena il4,6%).

Imprese che hanno addetti per settore economico

Elaborazione su interviste AES

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Mediamente nelle piccole imprese del Veneto i dipendentistranieri sono il 12,7% dell’intera forza lavoro impiegata. Di tutti icomparti di attività, l’edilizia annovera ancora una volta lapercentuale più elevata di immigrati (17%), mentre per gli altrisettori su dieci lavoratori gli addetti non italiani sono uno. Se siconsidera la differenziazione a livello territoriale, le incidenze piùelevate di manodopera straniera si registrano a Vicenza (15,2%) ea Treviso (15%), mentre le imprese padovane e veronesi sicollocano in linea con il livello regionale.Prendendo in considerazione solo le imprese con stranieri, il

Percentuali di imprese con dipendenti che hanno lavoratoristranieri per settore economico e provincia

Elaborazione su interviste AES

35,1%

46,4%

26,4% 24,6%

36,1%

BL: 17,6%

VI: 30,8%TV: 43,8%

VR: 44,1% PD: 35,3%

VE: 29,4%

RO: 15,8%

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numero medio di lavoratori immigrati è, su base regionale, pari a2,1. L’edilizia, che è il settore che annovera più manodopera nonitaliana, conta in ciascuna azienda mediamente 2,2 soggettistranieri, mentre spetta ai servizi alle persone il primato con 2,7.A livello provinciale non si evidenziano grossi scostamenti dalvalore medio del Veneto, se non per Rovigo e Venezia, per le qualiil numero di lavoratori immigrati è pari, rispettivamente, appena a1,3 e a 1,6 soggetti.

Le imprese che assumono maggiormente lavoratori stranieri sonoquelle che complessivamente contano nei propri organici da 6 a15 addetti. In particolare per la fascia 6-9 e 10-15 si registranoquasi le medesime percentuali a livello regionale: 32,7% per la

Incidenza dei lavoratori stranieri sul totale dei lavoratori enumero medio di stranieri per impresa che ha stranieri

Elaborazione su interviste AES

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prima e 33,3% per la seconda. Considerando autonomamente i settori di attività, si osserva comesiano le imprese più strutturate (ossia con almeno 10 dipendenti)a fare ricorso alla manodopera straniera: in particolare nellaproduzione la quota di aziende relativa alla classe 10-15 è del38,5%, mentre nell’edilizia è del 33,3%. Fa eccezione il settore deiservizi per i quali la presenza di stranieri negli organici si evidenzianelle imprese da 6 a 9 addetti per i servizi alle persone (66,7%) enella fascia da 16 a 20 per quelli alle imprese (30,4%).

Distribuzione percentuale di imprese con stranieri per classedi addetti e settore di attività

Elaborazione su interviste AES

Ma gli imprenditori come vengono a contatto con gli stranieri?Quali sono i canali più utilizzati per il reperimento dellamanodopera immigrata?Essendo queste strutture aziendali di piccole dimensioni, nonstupisce come l’incontro con i futuri dipendenti avvengaattraverso il contatto diretto o attraverso conoscenza. Nel 65% deicasi è lo stesso lavoratore che si presenta direttamente in azienda,sebbene rimanga molto utilizzato ancora il passaparola (28,8%):molto spesso infatti, i colleghi imprenditori o gli stessi dipendentisegnalano al datore di lavoro la presenza di soggetti disponibili.Molto più scarso è l’utilizzo delle agenzie per l’impiego: solo il6,2% delle aziende ha reperito manodopera in questo modo,forse perché considerato poco flessibile, mentre nessuno degliintervistati ha usato come intermediario le associazioni divolontariato.

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Uno degli elementi più significativi di questa sezione riguardal’inquadramento contrattuale degli addetti stranieri nelle piccoleimprese venete. Come si è osservato a livello generale, anche pergli immigrati la forma contrattuale più utilizzata dagliimprenditori è il tempo indeterminato. Quasi nove lavoratoristranieri su dieci possono beneficiare del posto fisso, sebbene leregole del mercato del lavoro propongano contratti di lavoromolto più flessibili.Come si può osservare nel grafico sottostante, sembra infatti chela flessibilità, che comunque rimane un elemento poco rilevantenella piccola impresa veneta, sia “riservata” ai lavoratori italiani: leforme di collaborazione sono sottoscritte dai nostri connazionaliin percentuali superiori rispetto alla manodopera straniera (6,5%vs 0,5%). Inoltre, il tempo determinato, che garantisce comunqueuna sicurezza maggiore rispetto a contratti di lavoro più flessibili,coinvolge il 7,4% degli addetti immigrati contro appena il 4,3%degli italiani.Osservando comunque l’inquadramento contrattuale del tempoindeterminato per entrambe le tipologie di lavoratori, si puòaffermare che il piccolo imprenditore veneto non fa moltedistinzioni in termini di provenienza della propria manodopera:investire tempo e risorse su un lavoratore italiano o straniero nonfa alcuna differenza e quindi il valore che esso assume all’internodella struttura imprenditoriale è tale da poter contare, dopo unperiodo di prova, su un posto di lavoro stabile.

Imprese per modalità di incontro con la forza lavoro straniera

Elaborazione su interviste AES

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Inquadramento contrattuale del personale straniero e confronto con il personale totale

Elaborazione su interviste AES

88,8% 87,4%

7,4%2,2% 1,2% 0,5% 6,5%

1,1%0,7%4,3%

Se si analizza la distinzione tra i diversi settori di attivitàeconomica, non si osservano grosse differenze: l’incidenza deilavoratori stranieri con un contratto a tempo indeterminatoassume un valore leggermente superiore se si fa riferimento alcomparto edile e dei servizi alle persone, dove le percentualisuperano il 90%. Di poco inferiori sono invece le quote riferiteall’industria manifatturiera e dei servizi alle imprese, in cui ilnumero di immigrati con un posto di lavoro fisso rappresenta,rispettivamente, l’88,8% e l’83,4% dei casi.

Incidenza percentuale dei lavoratori a tempo indeterminato per settore economico

Elaborazione su interviste AES

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Ma quale opinione esprimono gli imprenditori circa l’operatodegli addetti stranieri che hanno assunto? Sono meglio loro o inostri connazionali?Quasi sei datori di lavoro su dieci non notano alcuna differenza trale capacità lavorative di un addetto straniero e un addetto locale.Questo è certamente un fattore che fa riflettere sull’indifferenzadel piccolo imprenditorie ad assumere o meno un soggettostraniero sulla base delle sue capacità testimoniando quindi unelevato grado di integrazione degli immigrati nel tessutoeconomico regionale. Le motivazioni che inducono le aziende adassumere personale non italiano sono dunque altre.Poco meno di un quarto degli imprenditori ritiene invece che ilavoratori immigrati operino meglio dei propri colleghi italiani,mentre è solo il 17,8% a mostrare delle riserve in merito.

Valutazione dell’operato degli addetti stranieri rispetto agli addetti italiani

Elaborazione su interviste AES

A tutte quelle imprese che attualmente non annoverano tra ilproprio personale manodopera straniera ma che nel passato nehanno avuta, è stato chiesto di esplicitare il motivodell’interruzione del rapporto di lavoro.Nel complesso il flusso di uscita degli stranieri è dovutoprincipalmente ad interruzioni nel rapporto di lavoro da parte dellavoratore stesso (48,9%) che, evidentemente, è riuscito a trovareun’altra occupazione migliore o magari più remunerativa. Solo nel21,1% dei casi il contratto viene interrotto da cause imputabili ascelte operate dal datore di lavoro. La scadenza dei terminicontrattuali, non più rinnovati, ha causato l’allontanamento del27% degli stranieri, mentre solo nel 3% dei casi gli addetti hanno

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abbandonato il proprio posto di lavoro a causa della scadenza delpermesso di soggiorno.

Motivi di interruzione del rapporto di lavoro degli addettistranieri (per le imprese che non hanno pi personale straniero)

Elaborazione su interviste AES

4.4. Identikit del lavoratore straniero

Questa parte è dedicata all’analisi delle caratteristiche degliaddetti stranieri mediante un approfondimento, relativo allaprovenienza della manodopera, alla specializzazione etnica inbase all’attività svolta e il grado di istruzione acquisito, e un brevefocus sull’occupazione straniera femminile

Attraverso una suddivisione per macroaree geografiche, si notacome quasi quattro lavoratori stranieri su dieci provengano dapaesi dell’Europa non comunitaria, mentre il 22,1% da paesifacenti parte dell’Unione Europea, nella quale rientrano dal primogennaio 2007 anche la Romania e la Bulgaria.Un quarto della manodopera proviene invece dall’Africa, mentregli asiatici e gli americani rappresentano, rispettivamente, appenail 10,2% e il 4,4%.Ma osserviamo nello specifico la provenienza sulla base dei singolipaesi.

Provenienza degli addetti stranieri per macroarea

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Elaborazione su interviste AES

Le tre etnie più rappresentate all’interno del contestoimprenditoriale veneto sono senza dubbio quelle rumene,albanesi e marocchine. Dal paese entrato da poco a far parte dellagrande organizzazione comunitaria europea proviene il 16,2% deilavoratori stranieri, mentre per Albania e Marocco si tratta dipercentuali leggermente inferiori e pari, rispettivamente, al 14,8%e a 13,3%.Se si considera invece nel complesso la vecchia confederazionejugoslava, si nota come oltre il 18% dei lavoratori provenga daqueste aree: in particolare, i serbi sono i più numerosi, seguiti daimacedoni e dai bosniaci. Quanto al continente asiatico i cinesi rappresentano il 4,7% dellamanodopera straniera, mentre i bengalesi l’1,8%. Tra i paesiafricani, è il Ghana quello più presente all’interno delle struttureaziendali venete, seguito da Senegal e Nigeria.

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Provenienza degli addetti per i primi 15 paesi

Elaborazione su interviste AES

All’interno di ciascun settore economico vengo impiegatimaggiormente rumeni, albanesi e marocchini, data la loromassiccia presenza all’interno del tessuto produttivo regionale. Le maggiori peculiarità sono riscontrabili nella produzione, in cuii cinesi e i ghanesi sono impiegati soprattutto nel settore tessile,abbigliamento e concia: i primi nella tradizionale lavorazione deifilati e nel confezionamento di capi di abbigliamento, i secondinella lavorazione delle pelli nei territori vicentini.Nell’edilizia, ad eccezione del Marocco, la parte del leone la fannoi lavoratori provenienti dalle aree dell’Est Europa, con Albania eRomania che da sole rappresentano quasi il 40% del totale degliaddetti del settore. Per gli altri comparti non si evidenziano grossedifferenze.

16,2%

18,3%

14,8%

13,3%

4,7%

3,8%

3,7%

3,0%

2,0%

1,8%

1,7%

1,7%

1,3%

1,1%

1,0%

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In tutte le province venete, gli addetti stranieri provengonoprincipalmente o dalla Romania, o dall’Albania o dal Marocco.Alcune peculiarità si possono osservare nelle aree del bellunese edel veneziano dove anche i cinesi rappresentano un’etnianumericamente importante: in particolare, nella provinciamontana l’incidenza è pari al 27,3%, mentre a Venezia la quotaraggiunge il 13,2%.I ghanesi sono invece concentrati maggiormente nelle dueprovince più occidentali della regione: a Vicenza essirappresentano l’8,6% dell’intera popolazione artigiana straniera,mentre a Verona l’8,8%. Rimanendo in ambito africano, i

Principali paesi di provenienza degli addetti stranieri per comparti produttivi

Elaborazione su interviste AES

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nigeriani sono localizzati prevalentemente nelle aree del Polesine,registrando una percentuale di presenza pari al 18,2%.

Principali paesi di provenienza degli addetti stranieri per provincia

Elaborazione su interviste AES

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Per quanto riguarda la distribuzione degli addetti stranieriall’interno dei macrosettori di attività, si può notare come nelcomparto dei servizi alle imprese siano concentrati lavoratori conun buon livello scolastico: in questo comparto si accentrano lamaggior parte dei diplomati (20,5%), di coloro che hanno unaqualifica professionale (15,4%) e dei laureati (7,7%). Al contrario, nei servizi alle persone vengono assunti stranierianche con bassa o con nessuna istruzione: la metà degli addettiha solo la licenza media, mentre addirittura il 30,8% sembra nonessere in possesso di alcun certificato scolastico.Anche negli altri due comparti la componente “istruzione” non ha

Titolo di studio degli addetti stranieri

Elaborazione su interviste AES

In merito al grado di istruzione dei lavoratori stranieri, quasi il35% di essi possiede un titolo di studio equiparato alla nostralicenza media. Una buona parte possiede però un livello discolarizzazione basso, se non nullo: infatti il 26,2% degli addettinon ha alcun titolo di studio, mentre il 17,3% possiede soloun’istruzione elementare. Solo due lavoratori stranieri su dieci hanno inoltre lasciato ilproprio paese pur disponendo di un grado di istruzione piùelevato: il 12,6% ha infatti un diploma di scuola superiore, il 6,3%risulta professionalmente qualificato, mentre il 3,3% del totale èpersino laureato.

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alcun peso determinante: la scelta di un addetto immigrato nondipende dal suo grado di conoscenza scolastica, in quanto sonoequivalentemente numerosi sia coloro che si sono fermati ad unlivello basilare, sia coloro che non hanno mai ricevutoun’istruzione.

Titolo di studio degli addetti stranieri

Elaborazione su interviste AES

La forza lavoro straniera, oltre a possedere un livello di istruzioneabbastanza scarso, non ha neppure, in termini generali,esperienze lavorative specifiche nel settore in cui è impiegata. Laquota di lavoratori che può dirsi a conoscenza di determinatemansioni specifiche del comparto è appena il 37,4% del totale,mentre il 44,2% ha avuto esperienze lavorative fuori dal contestoin cui attualmente opera. Solo il 18,5% è stato assunto senzaalcuna capacità particolare.E’ giusto però fare alcune distinzioni tra i diversi settori di attività:nel comparto dei servizi alle imprese e dell’edilizia gli stranieriappaiono più esperti rispetto ai loro colleghi: in particolare, laquota di lavoratori che sono stati assunti avendo già delleconoscenze nel settore è pari, rispettivamente, al 62,2% e al 44%.Il comparto che si “accontenta” maggiormente di stranieri conesperienze generiche è quello della produzione (65,6%), mentreper operare nel settore dei servizi alle persone non serve averealcuna capacità lavorativa specifica.

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Il permesso di soggiorno è un documento fondamentale per unostraniero per poter vivere nel nostro paese. Per coloro che lo richiedonoper motivi di lavoro dipendente il requisito necessario per ottenerlo èovviamente avere un lavoro. Agli imprenditori è stato quindi chiesto inche modo i propri addetti hanno ottenuto il permesso di soggiorno.Nell’84,8% dei casi gli stranieri ne erano già in possesso, segno chela manodopera assunta era già da tempo integrata nel contestoregionale. Per alcuni immigrati l’iter burocratico ha coinvolto invecegli stessi imprenditori che si sono interessati in prima persona aregolarizzare i loro dipendenti di fronte allo Stato.

Grado di esperienza degli addetti stranieri per macrosettoredi attività

Elaborazione su interviste AES

Modalità di reperimento del permesso di soggiornoper macrosettori produttivi

Elaborazione su interviste AES

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I piccoli imprenditori veneti, nonostante la scarsa istruzione e ilbasso grado di esperienza dei propri lavoratori stranieri, hannocomunque interesse per il futuro ad inserire addetti non italianiall’interno degli organici aziendali per il 41,2% dell’interocampione, mentre il 24,7% opterà nel futuro per questa possibilitàsolo nel caso in cui mancasse professionalità locale.Completamente avversi all’assunzione di forza lavoro straniera sonoquasi il 35% degli imprenditori che, evidentemente, considerano lamanodopera nazionale ancora idonea a svolgere le specifichemansioni aziendali.

4.5. La presenza femminile straniera

L’analisi del fenomeno del lavoro straniero si articola, infine, conun focus dedicato all’universo femminile: all’interno dellacomposizione occupazionale delle piccole imprese venete vi sonoanche donne straniere che prestano la loro opera insieme ai propriconnazionali di sesso maschile.Questa percentuale nel campione oggetto di rilevazione è pari al10,1% del totale degli addetti non italiani assunti nelle impreseconsiderate. L’impiego delle donne è maggiore soprattutto neisettori manifatturieri, in cui la presenza femminile sfiora il 20%.Superiori alla media risultano anche le quote relative alle attivitàdei servizi (16% per i servizi alle persone e 14,3% per i servizi alleimprese), mentre sembrano totalmente assenti nelle aziende delsettore edile, attività che solitamente richiede manodopera disesso maschile.

Imprese per interesse o meno ad assumere addetti stranieri nel futuro

Elaborazione su interviste AES

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Osservando la figura sottostante già si notano delle differenzesostanziali tra imprese che annoverano nei propri organici lavoratricie lavoratori stranieri. Oltre la metà delle aziende che assumonoaddette non italiane appartengono al settore produttivo, tra cui il63,2% rientra nel comparto tessile, abbigliamento e concia, segnodi una maggiore predisposizione delle donne a queste lavorazionirispetto ai colleghi uomini. Discreto è inoltre il numero di impreseche assumono lavoratrici nel comparto alimentare (21,1%), e inquello dell’elettrica ed elettronica (10,5%), mentre è marginale laquota di aziende del metallo e dei prodotti in metallo (5,3%).La domanda di manodopera femminile straniera proviene anchedalle aziende che forniscono servizi alle imprese (25%), mentre perquanto riguarda i rimanenti settori la richiesta è trascurabile: 11,1%sia per l’edilizia che per i servizi alle persone.

Incidenza delle donne straniere sul totale degli addetti stranieri

Elaborazione su interviste AES

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Imprese con donne addette straniere per settori produttivi

Elaborazione su interviste AES

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5. SINTESI DEI RISULTATI DELL’OSSERVATORIO

La dinamica occupazionale

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La fotografia occupazionale

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Lavoratori dipendenti in azienda

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Lavoratori stranieri in azienda

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Lavoratori stranieri in azienda

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6. METODOLOGIA DI INDAGINE E STRUTTURADEL CAMPIONE

L’importanza di un’analisi sulla struttura occupazionale dellapiccola impresa deriva dalla necessità non solo di rilevare quantitàe qualità della forza lavoro impiegata, ma anche di monitorarel’evoluzione occupazionale, offrendo informazioni adeguate etempestive per le esigenze di governance del mondo produttivo.Grazie ad un monitoraggio annuale, questo studio forniscepreziose indicazioni relative alle tipologie contrattuali, al turn overaziendale e quant’altro possa essere utile al fine di delineare ladinamica occupazionale per le imprese di minori dimensioni. Èbene precisare, che nonostante il rilevante numero di occupati,non sono molte le informazioni relative al mondo della piccolaimpresa reperibili dalle fonti ufficiali; è importante, dunque,attuare iniziative specifiche volte a colmare tale lacuna.La possibilità di seguire i processi occupazionali in unadeterminata area, consentendo di conoscere in modo tempestivoi settori in espansione e quelli che manifestano alcune difficoltà,arricchisce l’interesse per questa indagine, che diventa strumentoper una efficace programmazione economica.L’andamento occupazionale delle piccole imprese è stato rilevatoattraverso le opinioni di 2 campioni di circa 800 aziende ciascunorappresentativi delle piccole imprese del Veneto, individuati inmodo tale da fornire informazioni significative. I campioni sonostati selezionati a distanza di sei mesi a partire dal 1° semestre2006; questa metodologia permette di rilevare attraverso ilconfronto temporale le variazioni dell’occupazione nel medioperiodo.L’indagine è stata condotta per via telefonica da intervistatoriesperti ed adeguatamente formati sui contenuti della ricerca;inoltre, grazie alla metodologia di registrazione utilizzata e ad ilsoftware adottato, è stato possibile garantire una adeguataverifica telefonica, escludendo tutte le imprese che nonrispettavano i parametri determinanti l’appartenenza alla

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popolazione oggetto d’indagine (ovvero cessazione / inattivitàdell’azienda, dimensione superiore a 19 addetti, nonappartenenza ai settori d’interesse).Le imprese interpellate sono state selezionate grazie ad uncampionamento che teneva conto sia della provincia dilocalizzazione, sia del settore di attività economica, nonché dellatipologia artigiana o meno delle imprese. Infatti è stato costruitoun campione di tipo proporzionale rispetto a quattro macrosettorieconomici (produzione, edilizia/costruzioni, servizi alle imprese eservizi alla persona) e alla provincia di riferimento, in modo daottenere un campione rappresentativo della realtà della piccolaimpresa veneta.Nell’ipotesi di un campione casuale semplice, dato l’universo diimprese di interesse pari a quasi 200.000 unità, si è stimato cheun campione di circa 800 aziende permettesse di ottenere unerrore di campionamento inferiore al 4%. In realtà, per aumentarel’efficienza del campione (riduzione dell’errore pur con la stessanumerosità campionaria) e mantenere l’errore complessivo dirilevazione (dovuto non solo all’errore campionario ma anche adaltri fattori, quali le non risposte) nell’ordine di grandezza soprariportato, nell’indagine è stato adottato un disegno dicampionamento stratificato della popolazione (e, in particolare,con estrazione proporzionale all’ampiezza degli strati).Attraverso un campionamento stratificato infatti si possonosfruttare informazioni eventualmente disponibili a priori sullapopolazione indagata per migliorare il disegno dicampionamento ed aumentarne l’efficienza. Nello specifico èfacile ipotizzare che le variabili indagate dipendano sia dal settoreche dalla provincia, variabili conosciute nella popolazione e che,per questo, hanno costituito i nostri strati. Le imprese sono stateallora suddivise per strati in base alla provincia di localizzazione eal settore economico di appartenenza, e sono state selezionatecasualmente da ogni strato, conservando la medesimaproporzione presente all’interno dell’universo di riferimento.Questo procedimento ha consentito una maggiore efficienza del

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campione, ovvero una sicura riduzione complessiva dell’errore dicampionamento rispetto ad un campione casuale semplice.Come in ogni indagine, anche in questa sono intervenuti altrifattori portatori di potenziali errori, legati alla mancatadisponibilità delle imprese a rispondere o dall’impossibilità direperire in tempi utili il responsabili di queste, tali per cui ilcampione indagato si discosta da quello ipotizzato. Pur essendonel nostro caso minime le differenze nella distribuzione delcampione rilevato e teorico relativamente alle variabili conosciutea priori si è ritenuto in ogni caso conveniente “pesare” le unitàrilevate in modo tale che il campione rilevato, almenorelativamente alle variabili provincia e settore, corrispondesseperfettamente al campione teorico, ovvero alla distribuzione diqueste variabili nella popolazione indagata.La metodologia di registrazione utilizzata e il software adottatogarantiscono il controllo della qualità e della coerenza dellerisposte, predisponendo a priori i “flussi” che debbono essereseguiti nella compilazione del questionario. Non si possonopertanto verificare errori derivanti da risposte non dovute.

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Finito di stamparenel mese di aprile 2007

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