Venerdì di Repubblica - 07.06.2013 - Rebus catalano

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34 esteri GUERRE DI SECESSIONE È STATO UN ANNO DI BATTAGLIE TRA IL GOVERNO DI MADRID E QUELLO DI BARCELLONA. COMPLICE LA CRISI, I nazionalisti DI UNA DELLE REGIONI PIÙ RICCHE DI SPAGNA TORNANO A MINACCIARE UN REFERENDUM SULLA SCISSIONE. VINCEREBBERO? LO ABBIAMO CHIESTO A TRE INTELLETTUALI. CONTRO ARCELLONA. Undici settem- bre 2012. Una fiumana di gen- te rumorosa ma pacifica, sfila in centro. Al grido di Catalo- gna nuovo stato d’Europa. Una coppia di anziani, che non ha mai specialmente ti- fato per la causa indipendentista, guarda il corteo dalla finestra. Poi, magnetizzata dal clima festoso, scende in strada. Si la- scia coinvolgere da cori, slogan, saltarelli. È tutto uno sventolìo di senyeras – i vessil- li giallorossi dell’orgoglio nazionale cata- lano. Essendone sprovvisti, i vecchietti chiedono a uno col bandierone: Ce ne po- tresti dare un angolino? Quello ne ritaglia un pezzetto: Ecco, compagno! Sono 3 euro. Mi raccontano la storiella come se fos- se vera. Ma assomiglia troppo a una del- le solite barzellette sul cliché del catalano tirchio e pesetero, venale. Però, a nove me- si da quel raduno – che a Barcellona avreb- be portato in strada un milione e mezzo di persone – sulle spinte scissioniste della Catalogna c’è sempre meno da scherzare. Tra i governi autonomo e centrale è stato ancora un anno di duelli. L’ultimo a mag- gio, quando la Corte Costituzionale ha bocciato l’ennesima impennata del Parla- ment di Barcellona che aveva dichiarato la Catalogna «soggetto politico e giuridico sovrano». Soberanismo (sovranismo) è qui parola di gran moda. Molto à la page an- che la formula derecho a decidir. Del dirit- to a decidere, i partiti catalanisti sono de- dal nostro inviato Marco Cicala B terminati a servirsi già l’anno prossimo in un referendum al cardiopalma sull’auto- determinazione. Si farà? Va’ a sapere. An- che perché nella Catalogna dove l’evange- lo separatista fa sempre più proseliti, il quadro politico è a dir poco problematico. Alla guida della Generalitat, il governo autonomo, c’è il messianico Artur Mas, un ex imprenditore di 56 anni dagli occhiali design, leader di CiU – la storica forma- zione nazionalista, ufficialmente non indi- pendentista, del centrodestra catalano. L’anno scorso, sperando di capitalizzare gli effetti della crisi e i livori contro Ma- drid ladrona, Mas ha giocato d’az- Rebus catalano In Catalogna i simboli giallorossi del nazionalismo sono sempre più diffusi. A settembre una grande manifestazione indipendentista ha portato in piazza a Barcellona un milione e mezzo di persone. Seicentomila, secondo Madrid GETTY GETTY SAMUEL ARANDA/CORBIS

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Articolo "Rebus catalano" pubblicato su Repubblica il 07.06.2013

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GUERRE DI SECESSIONE

È STATO UN ANNO DI BATTAGLIE TRA IL GOVERNO

DI MADRID E QUELLO DI BARCELLONA.

COMPLICE LA CRISI, I nazionalisti

DI UNA DELLE REGIONI PIÙ RICCHE DI SPAGNA

TORNANO A MINACCIARE UN REFERENDUM

SULLA SCISSIONE. VINCEREBBERO? LO ABBIAMO

CHIESTO A TRE INTELLETTUALI. CONTRO

ARCELLONA. Undici settem-bre 2012. Una fiumana di gen-te rumorosa ma pacifica, sfilain centro. Al grido di Catalo-

gna nuovo stato d’Europa. Una coppia dianziani, che non ha mai specialmente ti-fato per la causa indipendentista, guardail corteo dalla finestra. Poi, magnetizzatadal clima festoso, scende in strada. Si la-scia coinvolgere da cori, slogan, saltarelli.È tutto uno sventolìo di senyeras – i vessil-li giallorossi dell’orgoglio nazionale cata-lano. Essendone sprovvisti, i vecchiettichiedono a uno col bandierone: Ce ne po-

tresti dare un angolino? Quello ne ritagliaun pezzetto: Ecco, compagno! Sono 3 euro.

Mi raccontano la storiella come se fos-se vera. Ma assomiglia troppo a una del-le solite barzellette sul cliché del catalanotirchio e pesetero, venale. Però, a nove me-si da quel raduno – che a Barcellona avreb-be portato in strada un milione e mezzodi persone – sulle spinte scissioniste dellaCatalogna c’è sempre meno da scherzare.Tra i governi autonomo e centrale è statoancora un anno di duelli. L’ultimo a mag-gio, quando la Corte Costituzionale habocciato l’ennesima impennata del Parla-

ment di Barcellona che aveva dichiarato laCatalogna «soggetto politico e giuridicosovrano». Soberanismo (sovranismo) è quiparola di gran moda. Molto à la page an-che la formula derecho a decidir. Del dirit-to a decidere, i partiti catalanisti sono de-

dal nostro inviato Marco Cicala

B

terminati a servirsi già l’anno prossimo inun referendum al cardiopalma sull’auto-determinazione. Si farà? Va’ a sapere. An-che perché nella Catalogna dove l’evange-lo separatista fa sempre più proseliti, ilquadro politico è a dir poco problematico.

Alla guida della Generalitat, il governoautonomo, c’è il messianico Artur Mas, unex imprenditore di 56 anni dagli occhialidesign, leader di CiU – la storica forma-zione nazionalista, ufficialmente non indi-pendentista, del centrodestra catalano.L’anno scorso, sperando di capitalizzaregli effetti della crisi e i livori contro Ma-

drid ladrona, Mas ha giocato d’az-

Rebuscatalano

In Catalogna i simboli giallorossidel nazionalismo sono sempre piùdiffusi. A settembre una grandemanifestazione indipendentista ha portato in piazza a Barcellona un milione e mezzo di persone.Seicentomila, secondo Madrid

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GUERRE DI SECESSIONE50CiU

21ERC-Cat sì

20PSC

19PP

13ICV-EUiA

135SEGGI

9Ciutadans

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za risolverla. Ormai la lacerazione con laSpagna è troppo profonda per poter es-sere ricucita» dice, con sorridente pessi-mismo, nella casa madrilena. «Attraver-so scuola e media, l’indottrinanento cata-lanista ha prodotto una radicalizzazionedalla quale sarà difficile tornare indietro.Difficile dire se tutto questo porterà a unafrattura secessionista. Più che l’indipen-

denza, ai politici catalani è sempre conve-nuto gestire l’indipendentismo. Costa me-no e rende di più». Tradotto in esempio:«Con Madrid, i nazionalisti hanno lo stes-so rapporto di quei figli che dicono a pa-pà: Non ne posso più della tua oppressione.

Me ne vado. Però tu pagami un appartamen-

to e assicurami un vitalizio». Nel turbinedella globalizzazione che sfarina il vecchioconcetto di Nazione, il catalanismo è, se-condo Savater, «tipica ideologia reattivadi chi si aggrappa a quanto ha di più pros-simo e familiare. A quello che, con sarca-smo, Nietzsche chiamava il rassicurantecalduccio della stalla». Ma che c’azzecca ilneo-localismo con una metropoli interna-zionale e meticciata come Barcellona?«Sotto Franco, ci andavamo per sentirciin Europa. Ma il nazionalismo è riuscitoa farne un posto marginale. Tempo fa,Mario Vargas Llosa – un fan di Barcello-na – mi ha detto: Era una città povera e co-

smopolita. Oggi è ricca e provinciale».E sia. Però, con 7 milioni e mezzo di

abitanti, un Pil pro capite di 27.248 euro –superiore a quello della Lombardia – laCatalogna rappresenta oltre il 20 per cen-to della ricchezza spagnola, un quarto del-l’industria. È la più indebitata tra le

Da sinistra, il filosofoFernando Savater;

il critico e scrittoreFélix de Azúa;

il romanziere Javier Cercas.

Tutti e tre su posizionianti-nazionaliste

zardo: schiacciando a manetta sul pedaleseparatista, ha convocato elezioni antici-pate che subito hanno assunto il tenore diun pre-referendum sull’indipendenza. Pe-rò le ha perse. Puntava alla maggioranzaassoluta, ma perfino quella relativa gli siè assottigliata. Fine del sogno soberanista?Nemmeno per sogno. Perché dal voto Massarà pure uscito ammaccato, però a van-taggio di chi è ancora più indipendentistadi lui: i radicali di Esquerra Republicana.Raddoppiando i deputati, la sinistra cata-lanista è adesso un alleato vincolante, esi-gente. Nel Parlament non si muove più fo-glia che Esquerra non voglia.

Più o meno indipendentista, il naziona-lismo catalano è creatura antica. Un pede-

gree pieno di nobili battaglie, ma anche fur-bi compromessi e ben architettate dema-gogie. Schiacciata dal franchismo,fieramente riemersa in democrazia, l’ideadi Nació è stata – a seconda – baluardoidentitario, arma di pressione, quando nondi ricatto per ottenere laute concessionida Madrid – chiunque ci fosse al governo.

Ma oggi – nell’Europa, e nella Spagna,boccheggianti tra disoccupazione di mas-sa, disaffezioni elettorali e furori antipoli-tici – che senso ha la rivendicazione di unaCatalogna nuovo Stato? Che cosa esprimee dove porterà il ritorno di fiamma dell’in-dipendentismo? Sono andato a chiederloa tre intellettuali, tutti decisamente criti-ci, vuoi ostili, verso una galassia naziona-lista, intesa anche come ideologia, cultu-ra, ricettacolo di bollori diffusi.

Il filosofo Fernando Savater non è ca-talano. Però di nazionalismi se ne inten-de. Perché ha origini basche. Le prese diposizione contro il radicalismo gli sonocostate minacce di morte firmate Eta, edieci anni di vita sotto scorta. «In Catalo-gna la crisi sta certo esacerbando il con-flitto e, forse, una ripresa economica po-trebbe stemperare la situazione. Ma sen-

Fonte: Parlamento

della Catalogna

Sopra, la composizione del Parlament catalano uscito dalle elezioni di novembre. Il centrodestra di CiU ha visto diminuiti i propri deputati, pur mantenendo la maggioranzarelativa. Ora governa in alleanza con i catalanisti radicali di Erc che hanno scavalcato i socialisti di Psc. Sotto, un manifesto della festa nazionale catalana

Il Parlamento della Catalogna

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Comunità, ma versa allo Stato più diquanto riceve. Perciò chiede autonomiafiscale. E vuole pesare di più. «Benissimo»dice Savater, «ma sa com’è, in democra-zia, per pesare devi avere i voti». I nazio-nalisti non li hanno? «Alla manifestazionedi settembre erano maggioritari. Ma nel-la società catalana? ». Il referendum? «Or-ganizzarlo sarebbe già riconoscere un’in-dipendenza de facto. Al limite, non biso-gnerebbe chiedere soltanto ai catalani sevogliono smettere di essere spagnoli, maanche agli spagnoli se intendono rinun-ciare alla Catalogna».

Ma qual è il profilo sociale di chi invo-ca il divorzio dalla Spagna come soluzio-ne di tutti i mali? «Giovani antisistema, di-soccupati, commercianti, piccoli impren-ditori... Nell’universo nazionalista c’è ditutto» spiega lo scrittore e critico Félix deAzúa, barcellonese rifugiatosi da qualche

anno a Madrid. «È una specie di populi-smo poujadista. O, se vuole, peronista.Guardi come utilizza il calcio, gli exploit

del Barcelona Fc: alla stessa maniera deivecchi regimi sudamericani». Eppoi c’è laquestione della lingua. Nelle scuole, il ca-stigliano è ormai ridotto da tempo a po-chissima cosa. Al punto che – racconta DeAzúa – «durante la ricreazione ci sono vi-

gilantes preposti a controllare che gli stu-denti non parlino in spagnolo. Questo inuna regione dove il 60 per cento della gen-te si esprime anche in castigliano. Oppu-re prenda i concorsi pubblici: lì è ormai ri-chiesto un livello di conoscenza del cata-lano così alto che nemmeno i più anzianitra i leader nazionalisti passerebberol’esame!». Alla radicalizzazione avrebbecontribuito anche «la mancanza di una ve-ra sinistra. I socialisti catalani sono in buo-na parte pro-indipendenza. Il nazionali-smo è ovunque di destra. Salvo che in Ca-talogna. Singolare, non trova?».

Per orientarsi nel rompicapo ci sonodue nuovi e interessanti libri in italiano:Catalunya- España. Il difficile incastro diElena Marisol Brandolini (Ediesse edizio-ni); e La questione catalana di Angelo At-tanasio e Claudia Cucchiarato (in usci-

ta on line su goware-apps.com). Comunquesi guardi al rebus, una cosa è certa: lo Sta-to delle Autonomie – l’assetto che la Spa-gna si diede dopo la dittatura – non fun-ziona più. «A questo aggiunga il generalemalessere contro le derive partitocrati-che, aggravato dagli affari di corruzione»(scandali che non hanno risparmiato nem-meno i nazionalisti al potere in Catalogna)ricorda il romanziere Javier Cercas. Lui ènato in Extremadura, ma vive a Barcello-na. E si definisce catalán-extremeño o ex-

tremeño-catalán. Per dare la misura delproprio antinazionalismo cita Flaubert:«Tutte le bandiere sono talmente sporche di

sangue e di merda che è tempo di non aver-

ne più». Ma i suoi argomenti sono di geo-metrica semplicità: «La democrazia è di-ritto a decidere. Ma non su quel che ci pa-re e piace. Non ho il diritto di decidere sepagare le tasse o rispettare i semafori. De-vo farlo dentro i confini della legge. Ora, inazionalisti non pretendono di dribblarela legge, ma la Legge delle leggi: la Costitu-zione. Di quale legittimità dispongono perfarlo?». Ecco il busillis: in Catalogna l’indi-pendentismo è maggioranza o minoranzarumorosa? «Anche se è noioso, facciamodue conti» dice Cercas. «Alle ultime ele-zioni, i partiti dichiaratamente indipen-dentisti hanno raccolto un 17 per cento. Intutto 24 deputati su 135. Se – essendo ge-nerosi – sommiamo a questi la metà deiparlamentari di CiU, che non si è mai det-ta indipendentista, arriviamo a 49. Cioèun 36 per cento. Minoranza robusta, mapur sempre minoranza. Quando sarannoal 75 per cento ne riparleremo». L’indipen-dentismo sarebbe dunque un corpo di me-dia statura che sul muro della pubblicaopinione proietta un’ombra da gigante?«Di certo hanno creato un’apparenza diunanimità che però non esiste». Un’avven-tura: «E a me le avventure piacciono neiromanzi, non nella realtà politica».

Ma se domani si andasse al trauma-tico referendum sulla scissione che suc-cederebbe? Una volta feci la domanda aun militante dell’indipendentismo basco.Lui mi rispose: «Se lo perdessimo, an-dremmo avanti comunque. Fino a diven-tare maggioranza».

Marco Cicala

Sopra, libri e gadget nazionalisti.Sotto, tifosi del Barcelona Fc espongonola bandiera catalana. In basso, a sinistra: Artur Mas, capo del governo autonomocatalano. Accanto, Mariano Rajoy,presidente del governo spagnolo

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