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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI “LINK CAMPUS UNIVERSITY” La killer application dell’industria musicale: riflessioni sul fenomeno Spotify Relatore: Candidato: Chiar.mo Enrico Mereu Prof. Marco Gorini Matr.1005226 Anno Accademico 2016/2017

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI

“LINK CAMPUS UNIVERSITY”

La killer application dell’industria musicale:

riflessioni sul fenomeno Spotify

Relatore: Candidato:

Chiar.mo Enrico Mereu

Prof. Marco Gorini Matr.1005226

Anno Accademico 2016/2017

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Indice

ABSTRACT………………………………………………………...…… 3

CAPITOLO PRIMO

Contesto

1.1 La digitalizzazione: dal cd alla musica liquida………………………........ 4

1.2 Lo streaming legale come alleato dell’industria musicale……………..…. 8

1.3 Spotify nel panorama dell’era “social” …………………………..……… 11

CAPITOLO SECONDO

Servizi

2.1 Tra dekstop e mobile: peculiarità e standard………………………….….. 15

2.2 Utente free vs utente premium…………………………………………… 22

2.3 Le Playlist e le Radio………………………………………………...... .... 24

CAPITOLO TERZO

Mercato

3.1 Il business model ………………………………………………….…….. 29

3.2 La divisione delle royalties……………………………………….……… 32

3.3 I confini incerti: prospettive e sviluppi…………………………..………. 37

Conclusioni………………………………………….……………..……… 40

Ringraziamenti………………………………………….…………..…… 41

Bibliografia…………………………………………………….…………. 42

Sitografia………………………………………………………..…………. 43

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Abstract

La deriva della dematerializzazione dei prodotti nel processo di digitalizzazione, trova

nell’ambito musicale uno dei suoi massimi azimut.

Con l’innalzamento computazionale della banda larga a servizio dei dispositivi fissi e

mobili, le piattaforme di streaming online si impegnano ad elargire servizi sempre più

a misura dell’utente, a pagamento o free. Viviamo infatti nell’epoca dell’accessibilità

dove, in qualsiasi momento, ovunque vogliamo, possiamo usufruire di uno sterminato

archivio di contenuti indicizzati, facilmente utilizzabili, in continuo aggiornamento.

Il progressivo avvento dello streaming musicale legale ha permesso di contrastare la

piaga del download illegale, causa diretta ed indiretta della crisi nell’industria di

settore nei decenni passati. Dalla seconda metà degli anni duemila Spotify, ed altri

servizi similari, hanno aperto nuovi scenari e nuovi tavoli di discussione riguardo le

questioni di proprietà e la libera fruizione via internet.

Dopo l’affresco del paesaggio in cui emerge Spotify, entreremo nel merito delle

dinamiche che lo caratterizzano direttamente, i servizi che offre, i rapporti con gli

attori del settore, l’incertezza delle revenues per le comparse che sono gli artisti e la

posizione dell’utente ascoltatore in questo grande oceano di musica recintata.

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Capitolo Primo

Contesto

1.1 La digitalizzazione: dal cd alla musica liquida

L’avvento della registrazione e della riproduzione nei primi decenni del ‘900 hanno

legato indissolubilmente la musica in quanto forma d’arte ad un’attività economica di

tipo industriale: la discografia e la sua distribuzione.1

Nel 1979 il lettore Walkman2, prodotto dalla Sony, ha rappresentato il primo grande

esempio di dispositivo in grado di conferire portabilità ed ubiquità alla musica,

slegandola da una passività d’ascolto di tipo radiofonico e dalla staticità fruitiva dei

giradischi o dei jukebox nelle case e nei locali; grazie alle peculiarità delle cassette a

nastro impiegate in questo dispositivo, le persone vennero messe in condizione di

creare autonomamente le proprie playlist, tramite gli appositi “mangiacassette3” di

casa, messi in commercio a prezzi accessibili.

Possiamo sostenere che gli anni ’80 siano stati un autentico spartiacque nel rapporto

tra società e tecnologia: furono introdotti in sequenza nel mercato di massa nuovi

servizi, nuovi media e nuovi bisogni percepiti, ed iniziò a manifestarsi nella vita di tutti

1 Music marketing 3.0: “Storie e strategie per l'emersione dell'artista”, Marco Gardellin & Giovanni

Vannini, Libreria Universitaria, 2016

2 Cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Walkman

3 Cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Riproduttore_di_cassette

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i giorni in maniera distinta una modalità di elaborazione ed un flusso comunicativo di

tipo analogico, associato al tradizionale, e di tipo digitale, che guarda al futuro.4

Quella musicale, come altre industrie a quei tempi, è stata costretta a mettere in atto

un processo di rimediazione del proprio sistema di produzione.

Riducendo le dimensioni dei dischi senza intaccare la durata della musica, il

Compact-Disc si rivelò un vero e proprio game-changer, che contribuì sensibilmente

alla svolta digitale nell’industria musicale.

In casa Philips si stava lavorando già dalla seconda metà degli anni ‘60 ad un sistema

che potesse coniugare tecnologia laser e vinile, ma in virtù del fatto che i personal

computer dell’epoca possedevano memorie da 64KB a 4MB ed hard disk da 20MB, il

CD era ancora troppo avanguardista per le necessità del tempo, visti i suoi 600MB di

capacità che gli studi preliminari avevano soppesato.

Venne messo in commercio per la prima volta il 17 agosto 19825 e Lou Ottens, uno

dei suoi promotori ed ideatori, consegnò alla storia una frase simbolo ad investitura

del nuovo supporto: “Da oggi in poi tutto il resto è obsoleto”, disse.

Risultando meno deperibile alla lunga distanza ed abbattendosi anche i costi di

produzione a cavallo degli anni ‘90, il compact disc ha di fatto surclassato nelle

vendite e nell’uso quotidiano dapprima i vinili e poi le musicassette.

Proprio intorno alla metà di quel decennio gli orizzonti cominciavano a mutare: venne

introdotto il formato di compressione digitale MP3, grazie a preminenti studi di

4 Cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Digitalizzazione

5 La prima traccia registrata in digitale ufficialmente fu la “Sinfonia Alpina” di Strauss ed il primo

cd di musica pop pubblicato fu “The Visitors” degli Abba.

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ricercatori italiani. Garantendo dimensioni più ridotte del precedente formato

impiegato e qualità d’ascolto flessibili a seconda del bitrate conferito6, fu così

possibile la prima diffusione via internet dei “file musicali” utilizzando email ed host;

eravamo di fronte un vero e proprio preludio della musica liquida. Quando parliamo

di musica liquida infatti, ci riferiamo ad un messaggio musicale in formato digitale,

smaterializzato dal supporto originale.7

La relativa lentezza delle connessioni ad internet, unitamente ai limiti dei supporti

fisici di immagazzinamento dei dati, aveva imposto un sistema di compressione di tali

file a bit rate mediamente bassi.89

Nel 1999 venne introdotto il primo sistema di trasmissione Peer2Peer (P2P) su larga

scala, Napster. Fu a tutti gli effetti il primo grande campo d’azione per il download

illegale di contenuti, che raccolse nel giro di 2 anni circa 60 milioni di utenti prima di

essere oscurato nel 2001, a seguito di vari reclami di violazione di copyright e cause

legali con grande risonanza mediatica, come quella intentata dai Metallica10.

6Bit rate: è il numero di unità binarie che fluiscono al secondo ed è variabile per i file MP3. La regola

generale è che maggiore è il bit rate, più informazione è possibile includere dall'originale, maggiore

è la qualità del file audio compresso.

7 Musica liquida: Con questo termine, si intende un qualsiasi file musicale svincolato da un supporto

di memorizzazione specifico, che può risiedere su hard disk, su CD dati, su server remoti, e così via.

8 Cfr. http://www.cocktailaudio.it/un-sistema-per-la-musica-liquida/

9 La tecnologia di rete logica Peer to Peer, permette di creare una rete dove non esistono server e

client esclusivi, poiché ogni dispositivo collegato è sia client che server. Lo sviluppo di questa rete

logica è dovuto alla possibilità di condividere con gli altri i dati presenti sul proprio PC. Non esiste

una velocità di comunicazione standard, poiché ogni host riceve e invia quello che la banda della

propria linea gli permette. Cfr. https://www.facile.it/adsl/glossario/p2p.html

10 Cfr. http://www.rockol.it/news-17719/metallica-fanno-causa-a-napster

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Fatto sta che, come affluenti di un fiume in piena, erano intanto proliferate decine e

decine di altre piattaforme per il download pirata quali eMule, Limewire, Shareaza,

Torrent, Megaupload: ci si ritrovava ad un punto di non ritorno, l’industria musicale

era a tutti gli effetti in crisi di profitti e d’identità. La smaterializzazione dei supporti e

la selvaggia accessibilità imputata ai servizi di torrenting, hanno congiuntamente

svalutato il valore economico della musica.

Rhapsody fu il primo sito di streaming legale e venne creato nel 2002, a cui seguì

Pandora nel 2005 e via via tutti gli altri, tra i quali anche Spotify nel 2008;

inizialmente l’industria di settore accolse molto tiepidamente questa apertura verso il

fronte online, basandosi sull’ assunto che fosse molto meno profittevole dei dischi

venduti fisicamente11, ma come si vedrà negli anni verranno smentiti rinegoziando i

propri asset industriali.

Dati alla mano, c’è stata un’inesorabile diminuzione della vendita offline rispetto

all’online e le revenues dalla musica digitale sono aumentate di più del 1000% nel

periodo tra il 2004 ed il 201012. Era questa la finestra temporale in cui l’espressione

compiuta di download e proprietà musicale raggiunse il suo azimut, personificabile a

livello sociale nella “Generazione Ipod”.

A partire dal 2010 il giro d’affari della vendita digitale ha progressivamente superato

quello del fisico, pur rimanendo, sempre secondo Elberse, meno profittevole in un

rapporto 1:1 rispetto al mercato tradizionale offline.

11 Elberse, Anita. "Bye-bye bundles: The unbundling of music in digital channels." Journal of

Marketing 74.3 (2010): 107-123.

12 (IFPI, 2011)

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Arrivati ai nostri giorni, eccoci sotto il segno dell’accessibilità ne “L’ era della

compilation digitale13” con una crescente adozione dei servizi in streaming rispetto al

download, rivelandosi un modello di business vincente (che come vedremo nel

capitolo successivo, mette in linea di massima d’accordo i diversi attori in gioco).

A questo punto ci è chiara una differenziazione degli utenti tra downloaders (chi

scarica legalmente o legalmente) streamers (chi ascolta online) e i buyers (chi compra

in maniera classica).

Dopo tutta questa parabola di sviluppo, che ne sarà dei più obsoleti e nobili supporti?

E’ stata annunciata agli inizi del 2018, dopo quasi 40 anni di onorevole impiego, la

chiusura entro il 2022 dell’ultima fabbrica di compact-disc nel mondo. Per quanto

riguarda i supporti analogici, la musicassetta ormai è perlopiù un feticcio alla stregua

di collezionisti e per regali rétro; un futuro ancora prosperoso continuerà ad averlo il

vinile, il quale continua a conservare in sé il fascino primigenio del supporto su cui

sono stati impressionati gli album che, nell’immaginario comune, hanno fatto la storia

della musica del passato.14

1.2 Lo streaming legale come alleato dell’industria musicale

In generale abbiamo appurato che l’industria musicale ha visto ridimensionata la

portata dei propri guadagni dall’inizio del millennio per diversi fattori, tra cui la

pirateria ed i download digitali. Va considerata anche la sferzata netta verso l’acquisto

13 “Musica e media digitali. Tecnologie, linguaggi e forme sociali dei suoni…”, Gianni Sibilla,

Bompiani, 2008

14 Presumibilmente verranno impiegate emulsioni più eco-friendly a minori costi di lavorazione

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di singole canzoni piuttosto che album, secondo il paradigma per cui la frenesia dei

tempi moderni abbia ridotto la capacità delle persone nel mettersi comode ad ascoltare

un disco intero senza continue distrazioni da notifica. A questa ragione sociologica,

aggiungiamo la fervida cultura passatista e la nostalgia dei grandi gruppi del passato

che spesso si fa sentire in relazione al manierismo dei prodotti musicali

contemporanei.

Dal punto di vista industriale sono state rinnovate, fuse o fallite società e case

discografiche storiche, creando presupposti per nuove opportunità in base alle

moderne vie di monetizzazione. Negli anni il mercato online è a tutti gli effetti

diventato parte centrale della grande industria musicale, che ha dovuto rinnovare

sensibilmente sé stessa.

Come conseguenza dell'aumentare della velocità dei dati di Internet e dei cellulari,

sono decollati i servizi di streaming musicale online ed il concetto di proprietà

musicale è traslato verso una prospettiva legata all’accessibilità. Invece di acquistare

musica in modo digitale o fisico, i consumatori si stanno sempre più abituando ad

usufruire dei servizi di streaming gratuitamente o a pagamento mensile.

Recenti studi hanno affermato che la crescita esponenziale dell’impero dello

streaming, influisca attivamente sulla diminuzione della pirateria15. La maggioranza

degli artisti, etichette e società di edizioni musicali vedono in Spotify, Apple music,

Deezer e affini come degli strumenti ideali di diffusione e crescita dei propri introiti

non solo sul web. Vediamo perché:

15 Cfr. https://frostonline.miami.edu/articles/how-has-music-streaming-affected-the-music-industry

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- Lo streaming legale permette direttamente o indirettamente la promozione dei

dischi venduti offline ed il relativo prezzo conferito, per lo più uguale per tutti

(che sia free o in abbonamento)16, non incide sulla fruibilità d’ascolto; può

essere un sistema efficace per avvicinare e convincere il cliente\ascoltatore

all’acquisto.

- Il contesto che rende vantaggioso per le etichette discografiche lo streaming è

il non sostenere alcuna spesa nello sviluppo e nella manutenzione di questo

servizio, ricevendo tra l’altro un corrispettivo forfettario da Spotify per

sfruttare i propri cataloghi. In aggiunta, molte mantengono nei loro contratti

delle percentuali considerevoli per lo sviluppo delle infrastrutture e della

tecnologia, come la produzione di compact disc e la duplicazione (anche se

attualmente sono diventati fattori marginali).

- D’altra parte, sebbene sia l’anello debole, l’artista può dal canto suo ricevere

maggiore esposizione di quanto riuscirebbe da solo nell’ open garden di

internet, trovando potenzialmente la sua nicchia di mercato, sia per quanto

riguarda gli artisti indipendenti sia gli artisti provenienti di etichette più

consolidate, con possibilità di essere scoperti e rintracciati, contando anche sul

passaparola e sugli strumenti di promozione applicabili.

- Grazie a questa esposizione ottenuta online, in cui si può usufruire della

catalogazione per genere e similitudine degli artisti, si è potuto capitalizzare in

16 Cannibalizing or Complementing? The Impact of Online Streaming Services on Music Record

Sales Minhyung Leea, HanByeol Choia, Daegon Choa, Heeseok Leea, KAIST (Korea Advanced

Institute of Science and Technology), 2016

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maniera sempre più efficace con le principali fonti di guadagno dell’industria

musicale da quando sono diminuite le vendite dei dischi: i concerti.

Spotify dal canto suo può essere definito l’intermediario tra due entità che vivono

dell’altro ossia i cacciatori di musica e gli inserzionisti, o a parole di Thom Yorke

“…il guardiano dell’intero processo musicale”.17

Facendo un parallelo significativo in chiusura: se anni prima Napster18 e affini si erano

scagliati contro l’industria musicale, Spotify stringe invece accordi e partnership con

le major, riuscendo a diventare in poco tempo un business fiorente tale da quotarsi in

borsa19 e allo stesso tempo una delle più importanti fonti di guadagno online delle

etichette discografiche.

1.3 Spotify nel panorama dell’era “social”

“Ownership is great, but access is the future.” Daniel Ek, co-fondatore di Spotify

Nell’epoca dell’accesso, gli utenti vogliono accedere in qualsiasi momento, nel modo

più vantaggioso e veloce a tutti i servizi disponibili. Il regno della musica è di natura

portato a mescolarsi con gli altri media e ad influenzare la vita delle persone, per

questo l’integrazione di queste piattaforme di streaming musicale con i principali

17 Cfr. https://www.theguardian.com/technology/2013/oct/07/spotify-thom-yorke-dying-corpse

18 Curiosità: oggi Napster è un sito di music streaming perfettamente legale e competitivo.

19Cfr.http://www.repubblica.it/economia/finanza/2018/03/01/news/spotify_quotazione_a_wall_street_

da_un_miliardo_di_dollari-190086562/

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social network è un bacino di utenza indispensabile e si presta benissimo allo sharing,

in quanto, sempre secondo Ek: “La musica è la passione più social che esiste”.

Come ogni startup di successo, Spotify ha saputo soddisfare un bisogno che non

trovava risposta sul mercato: quello di avere la musica che ognuno desidera senza

limitazioni, poterne scoprire di nuova e poterla condividere. 20 Proprio questo bisogno

universale di condivisione e di nuovi contenuti sta alimentando il suo successo.

Significativo in questo senso è l’accordo con Facebook nel settembre del 2011.21

La vera rivoluzione che Spotify ha portato al mercato è stata quella di dare agli utenti

il “vero controllo” della piattaforma: sono loro che decidono quali artisti ascoltare, in

che ordine, con quale frequenza, accedere alle canzoni\playlist preferite dei propri

amici, seguirli e persino caricare le proprie al suo interno.

Ogni canzone, album o playlist ha uno specifico url22, risultando molto più semplice

condividerla con le proprie cerchie. L’integrazione di software che si basano

sull’intelligenza artificiale ha permesso di analizzare i gusti degli utilizzatori e

suggeriscono automaticamente brani che hanno le caratteristiche che più si adattano

alla loro personalità, creando dei cluster di ascolti e di ascoltatori complementari tra

loro. In tal modo, la fandom di un artista su Facebook si converte sotto forma di

ascoltatori ed ascolti su Spotify, e potenzialmente potrà trovare persone ed artisti

simili a quello conosciuto; stessa storia per un artista sconosciuto, magari scoperto

20 Cfr. https://www.raffaelegaito.com/spotify-growth-hacking/

21 Cfr. https://www.salesforce.com/it/customer-success-stories/spotify/

22 Uniform Resource Locator (in acronimo URL) è una sequenza di caratteri che identifica

univocamente l'indirizzo di una risorsa in Internet.

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sulla home di Facebook o su Instagram. Un tempo si acquistavano dischi a scatola

chiusa (se escludiamo esibizioni dal vivo e singoli in anteprima), capitava che si

scegliessero dalla copertina, ci si poteva anche sbagliare rimanendo delusi, ma in

qualche modo ci si poteva anche affezionare ad un disco ritenuto inizialmente brutto,

proprio per il fatto di possederlo. In questo frenetico usa e getta musicale di oggi,

comprare il disco è un atto di grande riconoscenza verso l’artista, visto che sarebbe

possibile ascoltarlo ad libitum gratuitamente23.

Possiamo a questo punto affermare che Spotify gestisca il proprio intero business

come una social enterprise, che ha saputo imparare dagli errori dei suoi predecessori

agendo in maniera oculata.

Last.fm, ad esempio, già più di 10 anni fa aveva portato avanti il concept di social

musical environment in cui persone potevano socializzare in relazione ai loro gusti

musicali, scoprire artisti nuovi, date di concerti, ascoltare musica in streaming. Nella

sua conformazione era per certi aspetti simile a Facebook, per altri simile a Pandora,

per altri ancora a Bandcamp, e per altri MySpace. Ma di fatto per la sua struttura

complessa non riuscì a sostituirsi con nessuno di questi24. Il caso più eclatante è quello

di Myspace: fino al 2010 era stato l’esempio più riuscito di social network musicale,

potendo contare su una community di circa 100 milioni di persone tra fan ed artisti e

che, stringendo rapporti con le case discografiche, poteva disporre anche di brani in

streaming gratuito; cosa ne decretò allora il declino?

23 Bamert, T., T. S. Meier-Bickel and C. Rüdt. "Pricing music downloads: A conjoint study", Institute

for Information Systems and New Media 2005

24 Cfr. https://community.spotify.com/t5/Closed-Ideas/Social-Spotify-as-social-media/idi-p/3771787

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Secondo Sean Percival, ex Myspace executive, si fece l’errore di espandere troppo i

campi d’interesse, esulando dal focus principale che doveva essere la musica e ci si

prodigò in investimenti sbagliati in altri ambiti come moda, libri, fashion & style25,

snaturandosi e venendo rimediato da Facebook. Quest’ultimo da parte sua fece un

preciso investimento su un network di tipo generalista, basato sull’identità reale delle

persone (a differenza di Myspace, in cui si utilizzavano nickname fittizi) ed iniziò a

legarsi gradualmente con altre realtà che coprivano con successo diversi ambiti

settoriali come ad esempio Instagram nelle immagini, Whatsapp con la messaggistica

istantanea e Spotify nella musica, senza intaccare il proprio core business.

Sempre secondo Percival, Spotify è il successore designato di Myspace (tant’è che nel

2010 i suoi vertici tentarono senza successo di inglobarlo) sia per il concept di

diffusione musicale e sia per le sue prerogative social.

25Cfr.https://www.theguardian.com/technology/2015/mar/06/myspace-what-went-wrong-sean-

percival-spotify

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Capitolo Secondo

Servizi

2.1 Tra dekstop e mobile: peculiarità e standard

A 10 anni dalla sua nascita, Spotify può contare su circa 3500 dipendenti provenienti

da più di 90 nazione diverse26. E’ ormai disponibile nella maggior parte dei paesi

dell'Europa, nella quasi totalità delle Americhe, in Australia, in Nuova Zelanda e in

alcuni paesi dell'Asia.

Il servizio è fruibile attraverso Microsoft Windows, macOS, GNU/Linux, Telia

Digital-tv ed i dispositivi mobili equipaggiati con iOS (iPod/iPhone/iPad), Android,

BlackBerry (in versione beta limitata), Windows Mobile, Windows Phone, S60

(Symbian), webOS, Squeezebox, Boxee, Sonos, Playstation 4, WD TV e MeeGo. 27

La versione mobile è stata lanciata nel 2009 (un anno dopo la versione dekstop)

dapprima su Android ed in seconda battuta su iOS, quando di fatto la velocità delle

connessioni 3G iniziava a consentire una diffusione di dati alla portata di un’app di

questo genere.28

Sebbene distanti per alcuni aspetti funzionali, l’universo mobile e quello dekstop

permeano l’uno nell’altro: con il servizio Spotify Connect, due diversi dispositivi

riescono a interagire vicendevolmente via Wi-Fi, che siano computer, tablet o telefoni.

26 Cfr. https://www.wired.it/economia/business/2017/11/10/spotify-dipendenti-festivita/

27 Cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Spotify

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In passato, per utilizzare Spotify era necessario disporre di un account Facebook, ma

dal 30 agosto 2012 è stata reintrodotta la possibilità di creare un account tramite

posta elettronica. Gli abbonamenti sono disponibili agli utenti pagando per mezzo di

carte di credito/debito, tramite account PayPal o attraverso il circuito Paysafecard.

(Screenshot: Spotify homepage, Maggio 2018)

La musica può essere visualizzata per artista, album, etichetta, genere, playlist o

tramite ricerca e viene proposta ad uno standard di compressione da 192kbit\s (per

utenti Free) a 320kbit\s (per utenti Premium). In relazione al binomio qualità e facilità

di fruizione, Spotify ha trovato la sua balance tra fare gli interessi degli artisti (politica

che ha sposato interamente la piattaforma Tidal, garantendo formati ad alta a qualità,

ma in esclusivo servizio a pagamento) e migliorare l’esperienza d’ascolto delle

persone.

28 Cfr. https://news.spotify.com/uk/2009/05/28/spotify-mobile-demo-at-google-android-io/

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A partire dagli inizi degli anni ’90 s’intensificò notevolmente il fenomeno della

Loudness War. La maggior parte dei brani pop venivano masterizzati con livelli

d’intensità sonora abbondantemente oltre le soglie dettate dalla convenzione AES1729,

firmata dall’Audio Engineering Society. Si è dedotto che una prolungata esposizione a

brani masterizzati con volumi esagerati tenda, a parità di tempo trascorso, ad

affaticare prima l’orecchio rispetto ad altri con volumi più bassi. Per questo motivo,

essendo Spotify una piattaforma di musica di flusso, con la mission di tenere

l’ascoltatore collegato il più possibile, ha puntato forte sull’adozione dello standard in

LUFS (Loudness Units relative to Full Scale) di -14db, al fine di normalizzare i

volumi medi della musica riprodotta e rendere l’esperienza d’ascolto il meno

stressante possibile.30

Parallelamente al servizio votato all’utente, Spotify gestisce spazi pubblicitari ed offre

strumenti di analytics tramite Spotify for Brands agli inserzionisti, mentre Spotify for

Artist31 offre l’opportunità agli artisti di poter gestire attivamente il proprio profilo ed

account, aggiungendo biografie, correlandosi agli artisti affini, vedere chi ascolta, fare

playlist personali, promuovere i propri show, vendere merchandise.

Spotify ha inoltre degli accordi con compagnie esterne quali Distrokid, CdBaby che

offrono servizi di distribuzione agli artisti senza etichetta (anche in Apple Music,

Google Play, Bandcamp, Amazon ecc.) a costi relativamente accessibili. Altri servizi

come Finetunes, Ingrooves si rivolgono invece alle etichette per aiutarle a gestire le

29 Cfr. http://www.aes.org/publications/standards/search.cfm?docID=21

30 Cfr. https://ask.audio/articles/spotify-drops-loudness-target-to-14-lufs-what-does-this-mean-for-

producers

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licensing e la distribuzione della loro musica, incaricandosi di pagare ad esempio le

royalties sulle plays di Spotify.

Eterogenea e funzionale risulta l’integrazione con altre applicazioni, utilizzabili

soprattutto da mobile, tra le quali32:

Shazam: sfruttando l’account Premium, c’è opportunità di ascoltare le canzoni

complete scoperte on the go tramite Shazam, con la possibilità di inserirle

nell’apposita folder “My Shazam Tracks”.

Last. Fm: gli utenti di Spotify possono aggiungere nella libreria lo scrobbling33 delle

canzoni da Last.fm, importando la classifica dei loro artisti ascoltati maggiormente.

Facebook Messenger: utilizzando Group Playlists for Messenger si ha modo di creare

in chat delle playlist in collaborazione con gli amici.

Instagram: è possibile condividere e personalizzare gli screenshot della musica

riprodotta su Spotify all’interno delle Instagram Stories o inviarli in direct agli amici,

dandogli anche la possibilità di accedervi direttamente. 34

31 Cfr. https://artists.spotify.com/guide/spotify-for-artists

32 Cfr. https://www.makeuseof.com/tag/spotify-app-integrations/

33 Neologismo legato all'universo di Internet con cui si indica l'utilizzo di Last.fm per tenere traccia

di tutti i brani riprodotti tramite un servizio musicale.

Cfr.http://www.androidworld.it/2016/01/01/scrobbling-373791/

34 Cfr. https://www.sorrisi.com/musica/news/come-condividere-le-canzoni-da-spotify-alle-instagram-

stories/

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Record Player: la community Glitch ha sviluppato l'applicazione Record Player con

cui è possibile riconoscere, una volta collegati all’interfaccia di Google Cloud Vision,

le copertine prese in visione e associarle ad un dato album all’interno di Spotify.35

Tinder: la nota app di incontri offre tramite questa integrazione uno strumento in più

per stabilire affinità con i sedicenti partner in base ai gusti musicali, avendo anche la

possibilità di mettere in evidenza una canzone “inno” di sé stessi.

Starbucks: collegando le due app, si è in grado di aggiungere tra i propri preferiti i

brani che si ascoltano in filodiffusione nel locale. A sua volta, Starbucks utilizzerà i

dati per ottimizzare in futuro la selezione musicale.

Nike: attraverso l’app di Nike si può accedere alle playlist degli altri membri e gestire

la musica. Inoltre, offre la possibilità di connettere Spotify con la propria Nike+Pace

Station, che consiste in una playlist di 100 brani creata automaticamente in relazione

al passo di corsa.

Starz: collegando Spotify con l'app di Starz, rete televisiva della tv via cavo

americana, è possibile riprodurre in streaming playlist, colonne sonore e canzoni a

tema dei programmi e film guardati, salvandole direttamente nella library di Spotify. Si

possono inoltre ricevere consigli su film e serie da vedere in base ai propri gusti

musicali.

WhoSampled: questa app può scansionare la libreria Spotify per trovare tracce dalle

quali sono state tratte cover, campionamenti in altri brani o remix di altri artisti.

35 Cfr. https://www.rockol.it/news-690102/e-arrivata-nuova-applicazione-che-riconosce-album-dalle-

copertine

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Cercando di calarsi a 360 gradi nei meccanismi che regolano la comunicazione

contemporanea e considerando che i “millenials”36 e la Generazione Z37 hanno un

approccio spiccatamente visuale alla comunicazione, Spotify non si limita ad essere

una semplice piattaforma d’ascolto ma vede bene di sfruttare video ed immagine,

soprattutto per le inserzioni pubblicitarie38.

Ecco le parole di Brian Danzis, capo del reparto di video-marketing presso Spotify.

“Per creare collegamenti reali con l’audience dobbiamo ripensare a come

utilizziamo l’immensa mole di dati che le grandi infrastrutture raccolgono

quotidianamente ed utilizzarli per creare soluzioni innovative all’insegna di

collegamenti più rilevanti.

Noi di Spotify affrontiamo questa sfida con un triplice approccio. Innanzitutto,

quando creiamo un prodotto – in questo caso, un video – consideriamo il contesto.

Ultimamente l’idea di contesto si è consolidata, gli inserzionisti hanno capito i limiti

del targeting cookie-based e stanno spostandosi verso un modello di marketing

people-based. Sappiamo bene che quando gli annunci sono intrusivi o irrilevanti

sono anche inefficaci. Gli utenti Spotify si loggano su diversi devices, quindi

possiamo integrare i dati demografici e comportamentali validati con dati

proprietari, in particolare il contesto unico dell’ascolto musicale. Le persone

36 Si definiscono “millennials” tutti i nati a cavallo tra gli anni 80 ed il 2000. Cfr.

http://www.themarketingfreaks.com/2017/04/chi-sono-i-millennials-e-perche-sono-una-

generazione-in-pericolo/

37 Ivi. La Generazione Z identifica tutti i nati dopo il 2000.

38 Cfr. https://www.traipler.com/blog/video-marketing-il-futuro-nei-video-per-le-vendite-e-per-le-

relazioni/

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ascoltano musica per avere una colonna sonora dei momenti della propria vita,

grandi o piccoli che siano, per cambiare mood e migliorare la giornata. Creando un

formato video adatto all’ambiente, al mindset o al mood dell’audience, vogliamo

dare tutti i vantaggi all’inserzionista senza però disturbare il consumatore.

In secondo luogo, ci accertiamo che tutti i formati video per desktop e mobile siano

visualizzati da utenti loggati, con la garanzia dallo standard HAVOC (human,

audible and viewable on completion) di MOAT39, che certifica la percentuale di imps

viste e ascoltate fino alla fine da utenti reali. Se un annuncio non viene visto o

ascoltato non avrà mai un impatto sui risultati di business. Garantiamo che la nostra

audience ascolterà e vedrà la pubblicità fino alla fine del messaggio e non solo

l’inizio (…).

In ultimo, Spotify è una piattaforma di intrattenimento in-app, costruita per essere

un ambiente per annunci di qualità. Non si tratta di una risposta alle recenti

controversie e discussioni in materia di brand environment. È ciò che siamo sempre

stati: i contenuti presenti su Spotify sono concessi in licenza dai nostri partner o

creati dal team all’interno dell’azienda.”

In breve, la pubblicità è un’importante fonte di redditività per Spotify, che investe in

prodotti che soddisfino gli standard di viewability e creino rilevanti opportunità di

interazione; si caratterizza per formati audio, video\display e si misura tramite

parametri ottimizzati che analizzano copertura, risonanza e reazione del pubblico40.

39 MOAT: è una compagnia specializzata in raccoglimento ed analisi dati

40 Cfr. https://spotifyforbrands.com/it/

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2.2 Utente free vs utente premium

Secondo i dati forniti da Spotify, circa il 60% delle revenues vengono dagli

abbonamenti e le restanti dalla pubblicità. Se nel 2009 poteva contare su circa 7

milioni di utenti e 250 000 subscribers, nel 2010 questa cifra è raddoppiata a 500 000

e ad oggi, ad inizio 2018, siamo arrivati alla ragguardevole cifra di 70 milioni di

abbonati a pagamento su un totale di 140 milioni. 41

Spotify prevede dunque due tipologie di utenze: una di base gratuita, Free, già

disponibile al momento della sottoscrizione del servizio accedendo con un account

Facebook o Spotify e una avanzata con abbonamento a pagamento, Premium42. La

prima permette all’utente di ascoltare una quantità illimitata di musica, ma

sovrapposta a pubblicità visiva e simil-radiofonica, la seconda invece consente di

ascoltare musica senza interruzioni pubblicitarie ed accedere ad ulteriori funzioni

come lo streaming con maggiore bitrate, l'accesso offline alla musica e la piena

funzionalità delle applicazioni mobili.

Un'altra limitazione non trascurabile dell’account free è la riproduzione shuffle, che si

attiva dopo un certo numero di plays e vede la piattaforma decidere aleatoriamente

quali canzoni riprodurre (limitazione non presente nella versione Free dei dekstop).

41 Il principale competitor, Apple music, si attesta “solo” a 30 milioni di abbonati premium.

http://www.lastampa.it/2018/01/08/tecnologia/news/spotify-raggiunge-milioni-di-abbonati-premium-

e-si-prepara-alla-quotazione-in-borsa-aPGJmUaWyB7xnm1tuVukuK/pagina.html

42 Spotify ha anche messo in vendita delle “gift card”, ossia buoni regalo riscattabili per abbonamenti

al servizio Premium.

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Spotify in primis suggerisce una risolutiva via di fuga dall’ingerenza pubblicitaria con

30 giorni gratis di abbonamento Premium offerti al cliente, assecondando il desìo

psicologico del try before you buy, contando sul fatto che un primo ascolto possa

stimolare a cascata l’ascolto di altre canzoni. Una volta che la "connessione

emozionale" è compiuta, diventa molto più avvincente convertire l'utente free in un

abbonato pagante, che sarà ipoteticamente propenso a “premiarsi” con l’account

Premium43, pagando per features aggiuntive ed aggirando finalmente le pubblicità che

interrompono il fluire dei brani.

Parlando di tariffe, Spotify sembra avere un costo marginalmente basso per iscritto:

Premium for Students: 4,99 euro

Premium Standard: 9,99 euro

Premium for Family: 14,99 euro (fino a 6 account collegati)

Nonostante l’economicità, nel marzo 2018 è scoppiato il caso per cui alcuni utenti si

sono lamentati vivacemente su Google Play Store e sull’Apple Store a causa della

chiusura dei propri account Premium fake, sostenendo in sintesi che “pagare 10 euro

al mese per ascoltare musica sia da ladri.” 44

Probabilmente questa fetta di collettività non è mai stata molto avvezza ad acquistare

musica, fosse il contrario, quanto meno non si lamenterebbe per la chiusura del

proprio account indebitamente attivato. Ci basti pensare che il prezzo di un solo cd

43 Secondo uno studio, in un mercato in cui vendono di più artisti di sesso maschile, le donne sono

maggiormente inclini a pagare per servizi di questo tipo.

44Cfr.http://www.repubblica.it/tecnologia/prodotti/2018/03/08/news/spotify_app_craccate_utenti_furi

bondi-190792783/

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valga mediamente quanto un abbonamento mensile e possiamo farci un’idea di come

la dematerializzazione della musica l’abbia percettivamente svalutata all’attenzione di

alcuni, che non riescono a considerarla come frutto del lavoro di una filiera di persone

da ricompensare in qualche forma; è questo un indice di scarsa consapevolezza e di

pretese ingiustificate in uno spaccato della società nel dominio dell’accesso.

A monte, la scelta dell’azienda svedese di chiudere taluni account è data da una svolta

cruciale nel proprio percorso di sviluppo, trovandosi in procinto di quotarsi in borsa e

quindi di far quadrare i conti per salvaguardare l’attendibilità dei dati forniti.

Al di là delle spese strutturali, i guadagni di Spotify da pubblicità ed abbonamenti

servono a gestire le royalties per remunerare in anticipo ai proprietari dei contenuti

quali autori, musicisti e case discografiche (di cui parleremo più approfonditamente

nel terzo capitolo) e contestualmente, deve far in modo di amministrare il proprio

debito: nonostante la crescita vertiginosa degli abbonati e dei ricavi negli ultimi anni,

l’azienda ancora non è in attivo. La perdita è cresciuta a 378 milioni di euro, dai 349

milioni dell’anno precedente (questione che approfondiremo più avanti).45

2.3 Le Playlist e le Radio

“Decidere quale musica ascoltare

è un fattore rilevante per mostrare alle persone

non solo chi vuoi "essere", ma chi sei.46”

(Nicholas Cook 1998)

45 Cfr. https://it.businessinsider.com/spotify-entrera-in-borsa-dolcemente-senza-vendere-azioni-e-

senza-pagare-le-banche/

46 “Songs in Their Heads: Music and Its Meaning in Children's Lives”, Patricia Campbell, Oxford

University Press, 2010

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Nell'era del social networking e dello streaming musicale, le playlist sono uno

strumento comune per l'organizzazione, condivisione e scambio di musica nel dominio

digitale. La maggior parte delle ricerche, tuttavia, limitandosi a fattori politici e legali

delle pratiche di condivisione della musica, trascurano il loro impatto sociale.

La playlist è un vero e proprio oggetto sociale, che facilita nuove forme di

comunicazione. Questa sua natura si basa sulla trasmutazione dalla cultura oggettiva a

quella del gusto soggettivo. Pertanto, le compilation musicali prendono parte al

processo di auto-costruzione e possono servire come strumento per l'espressione

simbolica dell’io.47

Come accennavamo nel capitolo precedente, gli utenti possono creare playlist,

condividerle e modificarle anche con la partecipazione di altri utenti. Per questo scopo

i collegamenti alle playlist possono essere trascinati in una email o nella finestra di un

programma di messaggistica istantanea; se il destinatario apre il collegamento, la

playlist viene caricata nel proprio programma Spotify; una volta fatto, questa si auto-

aggiornerà qualora l'autore aggiunga o rimuova dei brani. Spotify ha testato anche

un’applicazione, Stations, dedicata unicamente alle playlist (inizialmente disponibile

solo per Android).48

Senza contare le decine catalogate per genere (Rock, Soul, Jazz, Funk, Chill Out)

mood (Allenamento, Focus, Viaggi, Party, Cena) e quelle consigliate in base ai nostri

ascolti (Release Radar), tra le playlist di maggior grido in continuo aggiornamento

troviamo classifiche periodiche come Hot Hits, Viral 50, Top 50, New Music Friday,

47 “Show Me Your Playlist and I Tell You Who You Are”, Kathrin Rochow, GRIN, Verlag, 2012

48 Cfr. https://noisey.vice.com/it/article/yw5jkm/spotify-algoritmo-ossessione-nostalgia

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Discover Weekly che vantano milioni di seguaci e quelle stagionali (Countdown Estate

2018) o anche griffate da etichette (A Sub Pop Spring Playlist), artisti (This is…) o

aziende di moda (Abercrombie & Fitch Winter 2017).

(Screenshot: Playlist “Viral 50- Italia”, Febbraio 2018)49

Nell’homepage di Spotify nel 2010 c’era un impressum dove si affermava che il

proprio catalogo musicale contasse già milioni e milioni di brani ed album, stimando

che non sarebbero bastati 34 anni di ascolto non-stop per superarlo; ad oggi ci

vorrebbe più di una vita intera. Non è un caso che vi contribuiscano d’impegno delle

distinte figure come i music content curator a questi nuovi e variegati portali di

accesso alla musica.

Come riportato in un acuto articolo di Noisey, il vicepresidente responsabile delle

vendite globali, Brian Benedik, ha parlato di come le playlist siano ormai diventate

49 La voce “Riconoscimenti”, accessibile con un click destro del mouse, permette di visualizzare tutti

i contributori accreditati al brano selezionato.

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“epicentri culturali, con comunità intere che le definiscono” e non più semplici

“collezioni di brani”. L’ossessione e la nostalgia sono i caratteri che più determinano

gli stili di fruizione contemporanei delle nostre rotazioni e dei nostri ascolti:

l’inclinazione ad ascoltare più volte un brano o le stesse tranche di brani

consecutivamente da una parte, l’incontrollabile esigenza di ritornare indietro nel

tempo facendoci coccolare da musica che ci ricordi gli ascolti d'adolescenza e di

periodi della nostra vita ormai lontani, dall’altra. Uno streaming intelligente, non

confinato ai semplici dati di utilizzo del servizio, ma che restituisce un vero e proprio

imprinting culturale a cui potremmo legarci stabilmente.

Il recente esperimento della Time Capsule, in cui l’algoritmo determina le playlist che

potenzialmente ascoltavamo in un dato periodo, ha comprovato tutto questo,

essendosi rivelata una funzione molto apprezzata e discussa. Potremmo paragonarla

alla funzione Dailymix, dove si crea automaticamente una selezione musicale per

generi affini in base ai nostri gusti, ma spiccatamente votata alla riscoperta del nostro

passato.

Anche in una navigazione randomica su Spotify, c’è comunque una sorta di ordine

scientifico che viene a stabilirsi, come se l’ascolto fosse un insieme di scatole cinesi

ben indirizzato verso punti specifici che il flusso tenderà ad unire, perché alimentato

progressivamente dalle precedenti riproduzioni.

Spotify comprende inoltre la funzionalità Radio, che genera playlist casuali basate su

generi e decenni stabiliti dall'utente. Quest’ultimo può inoltre saltare tutte le tracce

che vuole e valutarle, delineando così una radio basata il più possibile sulle proprie

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preferenze. La funzione Artist Radio crea nello specifico playlist casuali di canzoni di

artisti collegati all'artista selezionato (incluso chiaramente l’artista stesso), fornendo

informazioni dalla biografia ai suoi singoli più famosi.

Tutto questo nuovo ecosistema contribuisce anche a cambiare la maniera in cui

vengono stilate le classifiche generali: una volta erano di vendita offline, ora

comprendono diversi indicatori, compreso lo streaming. In quelle italiane ad esempio

130 stream equivalgono a un download, e 1300 stream equivalgono a un album;

questo tasso di conversione viene rivisto ogni quattro mesi. Recentemente dalle

classifiche nostrane è stato escluso lo streaming gratuito, con conseguente protesta di

Spotify.50

Nel prossimo capitolo entreremo nel merito di revenues e di come il business model di

Spotify influenzi il mercato dell’industria musicale.

50 Ivi.

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Capitolo Terzo

Mercato

3.1 Il business model

La selezione di brani che Spotify offre sulla sua piattaforma è licenziata da grandi case

discografiche (tra cui Sony, EMI, Warner Music Group e Universal) ed etichette

indipendenti.

Alla base del business model di Spotify c’è una strategia di stretta alleanza nei riguardi

dei rightholders, che sono ad esempio le etichette stesse o più semplicemente chi

detiene le edizioni, instaurando con essi un rapporto di cooperazione.

Altri innovatori digitali come Youtube, Google ed Amazon cercano invece di

mantenere buone relazioni con i detentori dei diritti, puntando però a spingersi sempre

di poco oltre i limiti del consentito, parafrasando un motto “intanto agisci, poi magari

chiedi scusa”.

Controparti come The Pirate Bay, Torrent o Soulseek sono al contrario autentici

antagonisti del copyright, infrangendo per vocazione i dettamen del licensing; come

dei Robin Hood dei digital innovators, basano tendenzialmente il proprio business

sugli introiti ricavati dall’inserimento di banner pubblicitari nei siti dedicati.

In questo ecosistema variegato, Spotify riesce a sussistere grazie ad un modello di

business ben strutturato e che possiamo schematizzare così, nella tabella che segue:

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PARTNER i rightholders, ossia i detentori dei diritti di licenza (Sony,

Warner, ecc.)

ATTIVITA’ costruire e sviluppare al meglio la piattaforma per una

sempre più funzionale user experience

RISORSE la musica, l’ampiezza di banda, server, risorse umane

VALORE

TRASFERITO

pubblicità (che garantisce visibilità dei contenuti coprendo

diversi segmenti di pubblico), insights tramite i cookies degli

utenti, accedere a musica in streaming legale, Spotify for

Business

CUSTOMER

RELATIONSHIP

è prevalentemente automatizzata, con integrazione di dati da

terze parti

TARGET CLIENTI gli inserzionisti, i fan ed il business del mercato azionario

CANALI dekstop, mobile e web

COSTI

STRUTTURALI

royalties da pagare ai rightholders, stipendi e costi di banda

RICAVI fees dalle pubblicità, fees da chi sottoscrive abbonamento,

fees da chi finanzia il business

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Pur essendo ancora in perdita di bilancio, forte però delle sue decine di milioni di brani

e di utenti a disposizione e facendo affidamento sui ricavi in crescita del 30% in media

annua, Spotify ha annunciato nella primavera del 2018 il proprio approdo a Wall

Street. 51 Lo ha fatto bypassando la classica procedura della Ipo (Initial Public

Offering), puntando sull'accesso diretto alla quotazione, senza nessuna banca d'affari a

fare da mediatrice; una cosa inconsueta per un grande gruppo come questo. Vendendo

le proprie azioni direttamente agli investitori, il prezzo di partenza è basato sull’

oscillazione tra la domanda e l'offerta presente sul mercato, con una singola quota al

prezzo di 170 dollari. 52

In tutto ciò le case discografiche sono ritornate ad essere partner essenziali nel nuovo

ecosistema: se all’inizio del nuovo millennio si erano trovate fuori casa propria senza

chiavi, con il download ed i primi servizi di streaming legale si erano messi alla

finestra, oggi con l’esplosione dello streaming stanno tornando a fare la voce grossa

in stanza, garantendosi il diritto di massimizzare gli introiti da servizi quali Spotify.

Quando parliamo di pratiche di monetizzazione dello streaming musicale ci riferiamo

di fatto ai modi in cui i detentori dei contenuti coinvolgono i fornitori di servizi.

Invece di monetizzare per ascolti, le etichette musicali tendono piuttosto ad investire

nei servizi di streaming.

51 Dall’altro versante, contando su un grande serbatoio di risorse e di utili in continua crescita, grazie

ad un sistema strutturale eterogeneo e redditizio, Apple Music è un diretto competitor che

ammortizza più facilmente le perdite.

52 Cfr. https://www.ilfoglio.it/musica/2018/04/03/news/pagare-per-ascoltare-la-ricetta-antica-che-ha-

portato-spotify-in-borsa-187408/

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I ricavi generati dalle tariffe pubblicitarie e di abbonamento sono ripartiti

proporzionalmente tra gli azionisti e distribuiti solo in parte agli artisti, in base a

accordi variabili tra questi ultimi e le etichette.

Considerata la discrepanza tra il flusso di capitali e gli investimenti, non sorprende che

le piattaforme di streaming musicale più potenti, come Spotify e Youtube, siano anche

le piattaforme di produzione con le entrate più basse per gli artisti.53

3.2 La divisione delle royalties

Abbiamo sottolineato precedentemente come le label discografiche non siano molto

propense a ridistribuire i loro guadagni agli artisti in prima battuta dopo aver ricevuto

pagamenti avanzati dai servizi di streaming musicale.54

L’agreement tra Spotify e Sony Music all’inizio degli anni ‘10 è tutt’oggi una valida

cartina tornasole dei meccanismi di gioco-forza tra piattaforme ed etichette, dove, in

questo caso particolare, il primo ha concesso una corsia preferenziale al secondo,

come si evince dal contratto trafugato dai loro uffici.55

Venne stabilito che Spotify avrebbe dovuto pagare un anticipo di 25 milioni di dollari

per due anni dalla stipulazione dell’accordo, 9 milioni il primo anno e 16 milioni il

secondo, con un anticipo opzionale di 17,5 milioni per il terzo anno. Sempre nel

53 Brian Brandt, “Is the Spotify Model Really the Answer?”, 2011 Cfr.

(http://www.newmusicbox.org/articles/is-the-spotify-model-really-the-answer/)

54 Bostrom, R. Playing the social tune, Aditya Birla India Centre of London Business School, 2013

http://businesstoday.intoday.in/story/london-casestudy-howspotify-evolved-its-use-of-marketing-

tools/1/200269.html

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contratto era stato stabilito che il pagamento dell'anticipo sarebbe dovuto avvenire in

rate ogni tre mesi; Spotify da parte sua può incassare tutto ciò che guadagna oltre

l'importo nell'anno contrattuale corrispondente.

A margine di questo, ma istanza davvero rilevante, si stabiliva che qualora un'altra

etichetta musicale fosse pagata 1 milione di dollari da Spotify per ogni percentuale di

quota di mercato in suo possesso, ammesso che Sony Music ne percepisca soltanto

600.000 per ogni percentuale di quota, Spotify si ritroverebbe nella condizione di

dover pagare a Sony Music la differenza di 400.000 dollari per tutta la durata del

contratto.

A partire dal 3 aprile 2018, durante il primo mese di quotazione in borsa della società

svedese, Sony Music ha venduto circa il 50% delle sue azioni di Spotify generando un

utile, si stima, di 750 milioni di dollari. In partenza Sony possedeva il 5.7% delle

azioni di Spotify, per un numero totale di 10.164.560.

Mentre all’epoca del contratto poc’anzi discusso non fu affatto prevista una

condivisione dei proventi con i suoi artisti e la questione finì sottotraccia, Sony Music

stavolta pare abbia annunciato che sarebbe intenzionata a farlo.56

La divisione delle royalties ha portato inevitabilmente a diverse controversie e dispute.

Joel Hruska, afferma che "l'1% di tutte le star prende un totale del settantasette

percento delle entrate"57.

55 Cfr. https://www.theverge.com/2015/5/19/8621581/sony-music-spotify-contract

56 Cfr. http://www.rockol.it/news-690041/sony-music-vendita-50-sue-azioni-spotify-750-milioni-

dollari

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Un certo numero di musicisti influenti, ad esempio Grizzly Bear, The Black Keys,

Galaxie 500 ed il già citato Thom Yorke, hanno espresso insoddisfazione per Spotify

a causa dei bassi ricavi e della diminuzione percepita nelle vendite degli album.

La Wixen Music Publishing (che gestisce le licenze per le canzoni di Tom Petty, Black

Keys, Steely Dan, Neil Young tra gli altri) ha depositato in passato una causa da 1,6

miliardi di dollari per lo stesso motivo.

Il caso più mediaticamente eclatante si è verificato nel 2015, quando la popstar Taylor

Swift ha deciso di rimuovere il proprio catalogo da Spotify58. La cantante, scrivendo

sul Wall Street Journal, sosteneva che lo streaming avesse "ridotto drasticamente il

numero di vendite di album a pagamento". L’antefatto era stato che la Swift chiese a

Spotify di lanciare il suo nuovo album ‘1989’ solo per gli abbonati paganti, ma dinanzi

ad un rifiuto, decise di ritirare la propria musica dalla piattaforma.59 Un mese dopo,

Spotify ha deciso di offrire questa opzione premium a tutti gli artisti.

Mentre lo streaming sta cambiando profondamente il modo in cui la musica viene

consumata, servizi come Spotify non potrebbero né cannibalizzare né incrementare le

vendite di musica. Il declino delle vendite di musica viene visto da alcuni come un

cambiamento strutturale nel settore, che sarebbe successo indipendentemente

57 Hruska, Joel. “Streaming music services have killed piracy in Norway”, 2015 Cfr.

http://www.extremetech.com/mobile/198405-streaming-music-services-have-killed-piracy-in-norway

58 Cfr. McIntyre, Taylor Swift Vs. Spotify: Should Artists Be Allowed To Opt Out Of Free

Streaming?, 2015 Cfr.http://www.forbes.com/sites/hughmcintyre/2015/08/08/taylor-swift-vsspotify-

should-artists-be-allowed-to-opt-out-of-free-streaming/

59 In risposta, il CEO di Spotify Daniel Ek ha sottolineato che la società aveva pagato 2 miliardi di

dollari di royalties dal 2008 a testimonianza del supporto economico che Spotify rende alla musica

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dall'ascesa dello streaming. I vecchi intermediari industriali sono stati effettivamente

trasformati o sostituiti da questi nuovi iper-intermediari.

Due ricercatori, Joel Waldfogel e Luis Aguiar, avevano deciso di stabilire se lo

streaming riuscisse davvero ad influenzare le vendite e, se si, a quale velocità. Per fare

ciò hanno misurato la crescita dello streaming su Spotify e le vendite di musica

digitale in 21 paesi nell’arco di un mese nel 2013 e su tutte le vendite di musica

(comprese quelle fisiche) negli Stati Uniti da aprile 2013 a marzo 2015: più streaming

hanno portato a un minor numero di vendite di tracce digitali. In particolare, stimano

che per ogni 137 stream c'è stata una vendita in meno.

Se da una parte lo studio conferma l'affermazione della Swift secondo cui Spotify

influenzi negativamente le vendite, Luis Aguiar e Joel Waldfogel asseriscono che le

entrate dello streaming compensino approssimativamente le entrate perse da qualsiasi

calo delle vendite; pare perciò che Spotify abbia avuto un impatto neutrale sul

fatturato dell'industria musicale, pur avendo influito sui tagli dei guadagni degli

artisti.60

Sebbene l'esatto numero di royalties di Spotify non sia noto pubblicamente e

considerato che questo possa variare a seconda dell'accordo raggiunto con le etichette

musicali, la società svedese sostiene che il suo pagamento per stream sia tra 0,006 e

0,0084 dollari, su un totale di miliardi di dollari. David Lowery pensa che sia troppo

60 Cfr. https://www.internazionale.it/notizie/gillian-b-white/2015/11/02/musica-spotify

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alto in quanto, dai rilevamenti di alcuni cataloghi indie di media dimensione, ha

valutato che il tasso per stream sia di circa 0,004 dollari. 61

Sono un po’ tutti d’accordo sull’effetto positivo del legal streaming sulla pirateria ma,

come ha detto Waldfogel, "ridurre la pirateria non equivale ad aumentare le

entrate"62. Streaming, vendite, pirateria si muovono sì in tandem, ma non per questo

risulta semplice inquadrarle l’una in relazione all’altra.

In questa intrigante corrida, tra le moderne misure a tutela degli autori e degli editori

abbiamo ad esempio la Copyright Royalty Board (CRB) americana63, che dal 2018

impone pagamenti più alti da parte servizi streaming nel prossimo quinquennio64.

L’ottenimento di congrui diritti probabilmente non si raggiungerà mai, ma il cammino

sarà sicuramente sempre avvincente e tutto sarà continuamente messo in discussione.

61 Cfr. https://thetrichordist.com/2018/01/15/2017-streaming-price-bible-spotify-per-stream-rates-

drop-9-apple-music-gains-marketshare-of-both-plays-and-overall-revenue/

62 Cfr. https://fivethirtyeight.com/features/maybe-spotify-isnt-killing-the-music-industry-after-all/

63 Cfr. https://www.crb.gov/

64 Chi detiene le licenze deve pagare una royalty per l'utilizzo di opere musicali nella produzione e

distribuzione: Nel 2018, l'11,4 percento delle entrate o il 22,0 percento del costo totale dei contenuti;

Nel 2019, il 12,3 percento delle entrate o il 23,1 percento del costo totale dei contenuti; Nel 2020, il

13,3 percento delle entrate o il 24,1 percento del costo totale dei contenuti; Nel 2021, il 14,2 percento

delle entrate o il 25,2 percento del costo totale dei contenuti; Nel 2022, il 15,1 percento delle entrate

o il 26,2 percento del costo totale dei contenuti.

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3.3 Prospettive e sviluppi

(Grafico che mostra la crescita esponenziale del business dello streaming su scala globale 65)

Notizia di quest’anno, come riportato dal sito dell’ANSA, per il terzo anno

consecutivo c’è stata una crescita del mercato discografico globale, che nel 2017 ha

fatto segnare un +8,1%: “Secondo il Global Music Report 2018 dell'IFPI, i ricavi

del 2017 sono stati pari a 17,3 miliardi di dollari. Lo streaming (38,4% dei ricavi

totali), è diventato la principale fonte di entrate con 176 milioni di utenti di servizi

streaming a pagamento (il settore del fisico è sceso al 30%), contribuendo alla

crescita del segmento del 41,1% su base annuale. In Italia, per la prima volta, lo

65 Cfr. https://www.ft.com/content/94c5cdb0-4a26-11e7-a3f4-c742b9791d43

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streaming supera il fisico nei primi 3 mesi del 2018.66” Nel 2017 sono stati oltre

trecento miliardi gli stream.67

Un’acuta analisi globale del contesto ci viene fornita da un articolo di Enzo Mazza, su

Agi.it: “I dati mostrano anche come la rivoluzione online, sia costantemente di

fronte a cambiamenti. Basti pensare che pochi anni fa sembrava che il download di

brani musicali da piattaforme come Itunes fosse la grande innovazione ed oggi

questo formato è stato di fatto sostituito dallo streaming e addirittura sorpassato

nuovamente dal compact disc e dalla ripresa del vinile. (…) La base utenti in

abbonamento in costante crescita dimostra che le redditività del settore può

migliorare sensibilmente. Nuovi mercati come la Cina offrono potenzialità enormi e

già oggi hanno milioni di abbonati che consumano musica con i propri smartphone.

(…) Mentre l’evoluzione dei modelli di business nella musica è stata rapida e

dirompente, la legislazione è rimasta ancorata a modelli antiquati che hanno

consentito la creazione di rendite di posizione per piattaforme che offrono contenuti

ma che versano molto poco in diritti.”

E continua: “(…) la questione del value gap, ovvero la discriminazione remunerativa

tra piattaforme che offrono contenuti caricati dagli utenti, come YouTube, e i servizi

come Spotify, Deezer o Apple Music è oggi il problema più rilevante, come

dimostrano anche recenti studi accademici. Vi sono imprese che grazie ad una

normativa vecchia di oltre venti anni e concepita per intermediari passivi e neutrali

66Cfr.http://www.ansa.it/sito/notizie/tecnologia/2018/04/24/da-streaming-ricavi-maggiori-per-la-

musica-superato-supporto-fisico-_4d4d1b43-d226-45ed-b603-5cf652341be9.html

67 Cfr. https://www.agi.it/blog-italia/digitale/streaming_cd_vinile_download-3687326/post/2018-03-

27/

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estraggono enorme valore dal consumo di musica senza remunerare adeguatamente i

titolari dei diritti ed incidendo così sullo sviluppo dell’innovazione nel settore

creativo.”

Dagli ultimi aggiornamenti che si hanno sulla condizione azionaria dopo l’approdo,

Spotify pare non sia partito alla grande a Wall Street, in quanto i suoi titoli hanno

perso quasi dieci punti percentuali nelle contrattazioni ad inizio Maggio, in relazione

ad un primo trimestrale con ricavi tra 1,1 ed 1,3 miliardi di euro e qualche milione di

utenti abbonati sotto la soglia prevista; dati che a ragion veduta non sono ancora

incoraggianti per gli investitori. A remargli contro nei suoi campi d’azione sono due

autentici colossi con le spalle molto più larghe come Amazon e Apple. Dagli inizi del

2018 Spotify ha iniziato ad investire ancora più intensamente nel settore della ricerca

e sviluppo, che tuttavia non porta però denaro nel breve termine; era inoltre un

presupposto chiaro, come analizzato su Repubblica.it, che i costi di produzione legati

ai diritti fossero alti e l'orizzonte di profittabilità ancora lontano. La società continua a

perdere denaro e continuerà a farlo per tutto l'anno visto che prevede un rosso nel

2018 di 330 milioni di euro, ma regna l’ottimismo in Svezia.68

68 Cfr.http://www.repubblica.it/economia/finanza/2018/05/03/news/spotify_il_crollo_dopo_i_conti_-

195385624/?refresh_ce

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Conclusioni

Spotify è un coraggioso esponente dell’innovazione digitale, che ha saputo mettersi

meglio di altri competitor a metà strada tra il sistema\industria musicale ed il libero

individuo\ascoltatore, fornendo un servizio flessibile e convenientemente percorribile

da entrambe le correnti. Non ha contribuito realmente alla crisi del disco perché il

mercato era collassato da solo precedentemente, piuttosto ha domato in prima linea il

Far West del download illegale ed ha ridato fiducia su larga scala agli investitori del

mercato discografico, prosciugato dei suoi tesori finanziari nei decenni passati dai più

ottusi vecchi supporters dei supporti, facendo tornare il potere in mano ai

rightholders. Spotify ha reso la musica ancora più alla portata di tutti, ma ha anche

reso i ricavi della musica online più misteriosi e fittizi, anche se da un altro lato

agevola gli artisti dandogli visibilità su molteplici piazze virtuali, vedi le playlist.

Il futuro dell'industria musicale è legato indissolubilmente al business ed ai capitali

d’investimento in relazione alle nuove tecnologie. Con l’ottimizzazione di tutti i fattori

legati all’interazione ed alla connettività potremmo parlare di musica omnia, ossia di

ubiquità della musica, del dovunque. La musica infatti, o più in generale l’audio, a

differenza di un prodotto audiovisivo è meno invasivo, meno impegnativo, non

obbliga ad un’attenzione visiva o ad un’intellegibilità delle parole e dei contenuti;

potremmo averla teoricamente sempre con noi come sottofondo. In uno scenario

futuribile, Spotify, salvo non augurabili ma possibili fallimenti, sarà attore co-

protagonista nel cast degli attori che reciteranno un ruolo chiave negli equilibri

industriali e sociali nei prossimi anni.

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Ringraziamenti

Un sincero ringraziamento va a tutte le persone che mi hanno ispirato durante questo

percorso. Alla parte coraggiosa della mia famiglia, l’INPS e la Link per l’opportunità

di studio e di stage presso una realtà di prim’ordine come Mediaset. Allo spirito

accademicamente ascetico del Direttore Giampaolo Rossi e al Manager Didattico

nonché mio relatore il Professor Marco Gorini, che ringrazio per avermi indirizzato

all’argomento e per aver sempre tirato le funi della nostra barca tra mari calmi e mari

in tempesta.

Un augurio a tutti noi.

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