UNIVERSITA’ di CHIETI - PESCARA “G....

47
UNIVERSITA’ di CHIETI - PESCARA “G. D’ANNUNZIO” Facoltà di Scienze Manageriali Corso di Laurea Specialistica in Economia e Management Diritto Tributario Prof. Francesco Rossi Ragazzi IMPOSTE DIRETTE IRPEF settembre - dicembre 2008 Dott.ssa Francesca Tripodi 1

Transcript of UNIVERSITA’ di CHIETI - PESCARA “G....

UNIVERSITA’ di CHIETI - PESCARA “G. D’ANNUNZIO”

Facoltà di Scienze Manageriali Corso di Laurea Specialistica in Economia e Management

Diritto Tributario Prof. Francesco Rossi Ragazzi

IMPOSTE DIRETTE IRPEF

settembre - dicembre 2008 Dott.ssa Francesca Tripodi

1

IMPOSTE DIRETTE : IRPEF

(fonte di riferimento: artt. 1 -71 TUIR – Dpr. 917/1986)

Le imposte dirette colpiscono “direttamente” la capacità contributiva del soggetto, in

quanto prendono in considerazione quale base imponibile:

― il reddito: è il caso dell’IRPEF e dell’IRES, unitamente alle addizionali regionali

o comunali (a cui si aggiungono anche alcune imposte c.d. “sostitutive” che

colpiscono, tuttavia, soltanto specifiche tipologie di reddito);

― il valore della produzione netta: è il caso dell’IRAP, imposta piuttosto recente

istituita soltanto dal 1998;

― il patrimonio: è il caso dell’ICI

L’IRPEF si applica ai redditi delle persone fisiche.

Individueremo ed esamineremo (limitatamente al regime ordinario di imposizione,

dando solo alcuni cenni ad eventuali regimi speciali: tassazione separata, imposte

sostitutive e tassazioni di tipo forfetario):

― i soggetti passivi;

― il reddito tassabile ed i criteri di determinazione delle diverse categorie di

reddito che concorrono alla formazione del reddito complessivo;

― la determinazione dell’imposta;

― gli adempimenti dichiarativi.

2

DISPOSIZIONI GENERALI SULL’IRPEF (artt. 1 – 24 TUIR)

Caratteristiche dell’imposta

Questi, in estrema sintesi, i caratteri generali dell’IRPEF:

1) si applica

― per i soggetti residenti nello Stato italiano, a tutti i redditi (ovunque prodotti)

― per i soggetti non residenti nello Stato italiano, ai soli redditi prodotti in

Italia;

2) è un’imposta personale in quanto è dovuta da ciascun contribuente per i redditi

allo stesso imputabili. Si deve, peraltro, tener conto della sussistenza di specifici

vincoli familiari che talvolta incidono sulla determinazione del reddito e, quindi,

sulla sua imputazione alla persona fisica (comunione o separazione di beni,

fondi patrimoniali) ovvero spostano l’obbligazione tributaria in capo ad altro

familiare (usufrutto legale, impresa familiare);

3) è un’imposta personale: la determinazione dell’imposta è fortemente influenzata

dalla situazione personale e familiare del soggetto passivo (che incide, infatti,

sulle deduzioni dal reddito e sulle detrazioni d’imposta). Per questo motivo si

può ben ritenere che l’IRPEF tiene certamente conto anche di circostanze

familiari e personali del contribuente estranee alla produzione del suo reddito;

4) è l’unica imposta sul reddito progressiva per scaglioni di reddito; aumenta cioè

più che proporzionalmente rispetto all’incremento di reddito (il riferimento

normativo è l’art. 53 della Costituzione1 che afferma il principio della “capacità

contributiva” e della “progressività”, che si fonda sul presupposto che

all’aumentare del reddito il contribuente può privarsi con ugual sacrificio di una

quota proporzionale più elevata del reddito stesso);

5) è un’imposta annuale, cioè è dovuta annualmente sulla base dei redditi

complessivi conseguiti dal soggetto passivo nell’anno solare di riferimento ed il

pagamento avviene per auto-liquidazione da parte dello stesso contribuente sulla

1 Art.53 della Costituzione: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.

3

base di una dichiarazione annuale (modello UnicoPF o modello 730). Per

ciascun anno solare scaturisce quindi una obbligazione tributaria autonoma.

Soggetti passivi e residenza

L’IRPEF colpisce tutte le persone fisiche titolari di reddito, indipendentemente dalla

loro cittadinanza, età, sesso e stato civile.

Si è già detto infatti che:

― tutti i soggetti residenti nello Stato italiano (al di là della loro cittadinanza) sono

tassati su tutti i redditi, indipendentemente da dove questi siano prodotti ;

― per i soggetti non residenti i redditi imponibili sono solo quelli prodotti nel

territorio dello Stato italiano, fatta salva l’applicazione di Convenzioni

internazionali per evitare le “doppie imposizioni”.

Alcuni cenni sul concetto di “residenza”.

Ai fini fiscali si considerano residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior

parte del periodo d’imposta (quindi per 183 o 184 giorni all’anno, anche non

continuativi) rispettino uno dei seguenti requisiti:

― siano iscritte all’anagrafe della popolazione residente (indipendentemente quindi

dal fatto che abbiano poi soggiornato all’estero per la maggior parte del periodo

d’imposta);

― non siano iscritte all’anagrafe, ma abbiano comunque stabilito in Italia il loro

domicilio, inteso come la sede principale dei loro affari ed interessi (art. 43

Codice Civile);

― non siano iscritte all’anagrafe, ma abbiano stabilito in Italia la loro residenza,

intesa come dimora abituale (art. 43 Codice Civile), cioè il luogo nel quale si è

vissuto per la maggior parte del periodo dell’anno.

4

Cenni sul reddito da partecipazione in società di persone

L’IRPEF colpisce anche le persone fisiche che siano soci di società di persone (ed

assimilate) con riguardo ai redditi prodotti dalla società ancorché effettivamente non

distribuiti (l’IRAP rimane, invece, sempre a carico della società di persone). Questa

modalità di tassazione è definita “trasparenza fiscale” o “tassazione per trasparenza”.

I redditi imputati ai soci sono dunque quelli prodotti da:

― società di persone propriamente dette (sas, snc);

― società ad esse equiparate;

― associazioni senza personalità giuridica tra artisti e professionisti per lo

svolgimento di un’attività professionale;

― i GEIE (Gruppi Europei di Interesse Economico).

In estrema sintesi, il reddito (così come anche la perdita) prodotto in un determinato

esercizio dalla società di persone (calcolato come differenza tra componenti positivi e

componenti negativi di reddito) viene automaticamente imputato pro quota ai soci

persone fisiche, a prescindere dalla circostanza che sia avvenuta da parte della società la

distribuzione ai soci del reddito prodotto.

Ciascun socio della società di persone indicherà quindi nella propria dichiarazione dei

redditi la quota di reddito o di perdita di sua competenza (in funzione della percentuale

di partecipazione al capitale della società).

Questo reddito da partecipazione concorrerà pertanto alla formazione del reddito

complessivo della persona fisica.

L’esempio che segue pone in evidenza la differenza tra il trattamento fiscale del reddito

prodotto da una società di capitali e da una società di persone e la ripercussione sulla

dichiarazione dei redditi dei soci.

5

SOCIETA’ DI CAPITALI

Componenti positivi - € 500 - A = 50% CS

Componenti negativi = € 400 = SOCI B = 20% CS

Utile di esercizio € 100 (pers.fisiche) C = 30% CS

IRES a carico della società al 27,5% (dal 1.1.2008) € 27,5

I soci non dichiarano nulla e non pagano imposte. Solo al momento in cui la società delibererà la distribuzione dell’utile e questo utile

sarà effettivamente incassato dai soci, questi lo dichiareranno tra i redditi di capitale nella loro dichiarazione dei redditi.

6

SOCIETA’ DI PERSONE

Componenti positivi - € 500 - A = 50% CS = € 50,00

Componenti negativi = € 400 = SOCI B = 20% CS = € 20,00

Utile di esercizio € 100 (pers.fisiche) C = 30% CS = € 30,00

€ 100,00

Imposte dirette a carico della società = “zero” (a parte l’IRAP)

I soci dichiarano pro quota il reddito percepito dalla società, indipendentemente dalla effettiva distribuzione.

7

Il reddito tassabile

La normativa indica le categorie di reddito (art. 6 del TUIR) che concorrono alla

formazione del reddito complessivo e le regole di tassazione per ciascuna categoria.

Il reddito tassabile è quindi:

― un reddito complessivo, in quanto occorre aver riguardo a tutte le diverse

categorie di reddito previste nel TUIR: fondiari, di lavoro dipendente, di lavoro

autonomo, d’impresa, di capitale e “redditi diversi”;

― un reddito netto, in quanto sono ammessi in deduzione (analitica o forfetaria, a

seconda della categoria di riferimento) gli oneri e le spese;

― un reddito annuale, in quanto il periodo d’imposta preso a riferimento per la

dichiarazione e l’autoliquidazione dell’IRPEF coincide con l’anno solare (1°

gennaio – 31 dicembre).

Il prospetto che segue indica le sei categorie di reddito individuate dall’art. 6 dl TUIR e

gli articoli del TUIR che disciplinano ciascuna categoria:

REDDITI ARTICOLI TUIR

FONDIARI 23 – 43

CAPITALE 44 – 48

LAVORO DIPENDENTE 49 – 52

LAVORO AUTONOMO 53 – 54

IMPRESA 55 – 66

REDDITI DIVERSI 67 – 71

Dalla formazione del reddito tassabile vengono espressamente esclusi dalla legge alcuni

redditi. In particolare :

― alcuni redditi “esenti”, come, ad esempio, le pensioni di guerra, alcune borse di

studio, i compensi percepiti dai componenti dei seggi elettorali). Dal 2008 sono

esenti anche i redditi fondiari se di importo non superiore ad € 500,00 ;

8

― i redditi oggetto di ritenute alla fonte a titolo di imposta, in quanto redditi che

hanno già scontato per intero la tassazione;

― gli assegni periodici percepiti dal coniuge separato o divorziato, per la sola parte

espressamente destinata al mantenimento dei figli;

― gli assegni di maternità per la donna lavoratrice.

Va rilevato, a questo proposito, che dal 2007 è stata istituita anche la “no tax area”,

ovvero sia un tetto di reddito al di sotto del quale non è dovuta alcuna IRPEF. Il tetto

attualmente è di € 8.000,00 per i redditi di lavoro dipendente; € 7.500,00 per i redditi di

pensione; € 4.800,00 per gli altri redditi.

Fasi per la determinazione dell’imposta

Alla determinazione dell’IRPEF si giunge attraverso le seguenti fasi:

1) determinazione del reddito complessivo tassabile;

2) individuazione del reddito imponibile (dato dalla differenza tra il reddito

complessivo e gli oneri deducibili);

3) calcolo dell’imposta lorda (che si ottiene applicando al reddito imponibile le

aliquote IRPEF progressive per scaglioni);

4) calcolo dell’imposta netta (pari alla differenza tra l’imposta lorda come sopra

determinata, le detrazioni e gli oneri detraibili nonché i crediti d’imposta);

5) calcolo dell’imposta da versare (che si ottiene come differenza tra l’imposta

netta, gli acconti già versati e le ritenute d’acconto subìte dal soggetto passivo e

certificate dal sostituto d’imposta).

Lo schema che segue sintetizza tutti i passaggi per la determinazione dell’imposta,

partendo dal appunto reddito complessivo:

9

REDDITO COMPLESSIVO –

ONERI DEDUCIBILI –

RENDITA ABIT. PRINC. =

REDDITO IMPONIBILE *

ALIQUOTE IRPEF =

IMPOSTA LORDA –

DETRAZIONI –

CREDITI D’IMPOSTA =

IMPOSTA NETTA –

ACCONTI GIA’ VERSATI –

R.A. SUBITE E CERTIFICATE =

IMPOSTA DA VERSARE

Le singole componenti di questo prospetto:

A) Reddito complessivo

Si è già detto che il reddito complessivo è dato dalla somma algebrica dei redditi

imponibili netti di ciascuna categoria di reddito individuata dal legislatore e calcolata

secondo regole stabilite per ciascuna categoria.

I redditi appartenenti ad una stessa categoria devono essere determinati unitariamente in

base al risultato complessivo netto di tutti i beni o attività che vi rientrano: ad esempio

10

la proprietà di più immobili darà vita ad un unico reddito fondiario; i redditi conseguiti

nell’esercizio di più attività commerciali daranno vita ad un unico reddito d’impresa.

Il reddito complessivo può anche essere negativo qualora le perdite siano superiori ai

redditi: tuttavia gli unici redditi che possono essere negativi sono quelli d’impresa e

quelli di lavoro autonomo.

Per la determinazione del reddito complessivo deve individuarsi preliminarmente il c.d.

momento impositivo, vale a dire il momento in cui quel reddito deve essere

effettivamente dichiarato dal contribuente e concorre quindi a determinare la base

imponibile ai fini IRPEF:

― i redditi di lavoro autonomo, di lavoro dipendente, di capitale ed i redditi diversi

sono imponibili per “cassa” e, quindi, sono tassati solo al momento della loro

effettiva percezione da parte del contribuente;

― i redditi d’impresa sono imponibili per “competenza”, e, quindi, sono tassati

secondo la “competenza economica”, a prescindere dall’effettiva percezione;

― i redditi fondiari sono imponibili per “titolarità”, rilevando cioè, ai fini IRPEF la

mera disponibilità del bene (proprietà o altro diritto reale di godimento:

usufrutto, diritto d’uso o diritto di abitazione) e non anche l’effettiva percezione

di denaro o di un reddito da parte del titolare del bene.

Nel caso in cui alcuni componenti di reddito (proventi e/o oneri) non fossero in moneta

corrente (e fossero quindi in moneta estera):

― dovranno essere valutati secondo il cambio del giorno in cui sono stati percepiti

o sostenuti o secondo il cambio del giorno antecedente più prossimo;

― in mancanza, al cambio del mese in cui sono stati percepiti o sostenuti. Il cambio

mensile è accertato con decreto ministeriale pubblicato su Gazzetta Ufficiale.

11

B) Reddito imponibile

Il reddito imponibile (“base imponibile”) è il valore su cui deve poi essere calcolata

l’IRPEF ed è dato dal reddito complessivo al netto degli oneri deducibili e della rendita

dell’abitazione principale e delle sue pertinenze (questo ultimo aspetto verrà meglio

chiarito nell’ambito dei redditi fondiari).

Gli oneri deducibili (le spese che vanno cioè dedotte dal reddito complessivo),

analiticamente individuati dalla legge, sono i seguenti:

― la rendita dell’abitazione principale e sue pertinenze;

― le spese mediche e di assistenza specifica per i portatori di handicap,

limitatamente quindi ai casi di grave e permanente invalidità o menomazione;

― gli assegni periodici corrisposti al coniuge separato o divorziato esclusivamente

per il suo mantenimento (e non anche per il mantenimento dei figli) o corrisposti

a seguito di successione o donazione;

― i contributi previdenziali e assistenziali obbligatori o facoltativi (contributi

INPS, contributi sanitari obbligatori, contributi versati a casse di previdenza,

premi INAIL, riscatto degli anni di laurea);

― i contributi a fondi pensione o a forme pensionistiche individuali (deducibili dal

2007);

― alcune erogazioni liberali (a favore di enti religiosi, paesi in via di sviluppo,

Università ed enti di ricerca).

Tuttavia affinché un onere sia deducibile, esso deve obbligatoriamente essere:

― espressamente previsto dalla legge (essere cioè incluso nella elencazione

tassativa di cui sopra);

― provato da idonea documentazione (fattura, ricevuta, bollettino postale), da cui

risulti anche l’effettiva data di pagamento;

― afferente ad una spesa effettivamente sostenuta nell’anno di imposta (solito

principio di cassa) e rimasta totalmente a carico del soggetto passivo.

12

A questo proposito si sottolinea che possono essere deducibili anche alcune spese

sostenute per familiari fiscalmente a carico e quindi non esclusivamente nell’interesse

del contribuente. Nel caso dei figli, ad esempio, la spesa è generalmente divisa tra i due

coniugi al 50%, salvo che i coniugi non decidano per una diversa ripartizione: in tal

caso la percentuale di ripartizione deve essere necessariamente indicata sul documento

giustificativo.

Nel caso in cui poi un coniuge sia fiscalmente a carico dell’altro (non abbia cioè

percepito nell’anno un reddito superiore ad € 2.840,51), questo ultimo potrà dedurre

integralmente l’onere sostenuto per i figli.

C) Imposta Lorda

Al reddito imponibile, calcolato come sopra, si applicano le aliquote progressive per

scaglioni, secondo la tabella che segue:

SCAGLIONI (in Euro) ALIQUOTE

Fino a 15.000 23%

Oltre 15.000 fino a 28.000 27%

Oltre 28.000 fino a 55.000 38%

Oltre 55.000 fino a 75.000 41%

Oltre 75.000 43%

L’esempio che segue chiarisce il meccanismo applicativo dell’imposta per scaglioni:

Si ipotizzi un reddito imponibile di € 50.000,00.

Calcolo dell’IRPEF per scaglioni:

― fino a € 15.000,00 si applica il 23%, quindi (15.000,00*23%) =€ 3.450,00

― fino a € 13.000,00 (= 28.000 – 15.000) si applica il 27%, quindi

(13.000,00*27%) = € 3.510,00

― fino a € 22.000,00 (= 50.000 – 28.000) si applica il 38%, quindi

(22.000,00*38%) = € 8.360,00

13

L’IRPEF complessiva su un reddito imponibile di 50.000,00 ammonta

conclusivamente ad € 15.320,00 (circa il 31% del reddito imponibile).

D) Imposta netta

L’imposta netta è pari all’imposta lorda calcolata per scaglioni, al netto di detrazioni ed

oneri detraibili nonché di eventuali crediti d’imposta.

Detrazioni

Le detrazioni d’imposta, come già chiarito, riducono l’ammontare delle imposte dovute

(mentre - si ricorda - l’onere deducibile incide direttamente sul reddito complessivo).

Alcune detrazioni spettano a tutti i contribuenti, per il solo fatto di avere familiari a

carico o di aver sostenuto alcuni oneri; altre spettano, invece, solo a condizione che il

contribuente svolga una determinata attività lavorativa o possegga redditi di una

determinata categoria.

Queste le principali caratteristiche delle detrazioni d’imposta:

― sono generalmente personali (quindi non trasferibili da un contribuente

all’altro);

― se sono eccedenti rispetto all’imposta lorda non determinano mai un credito

d’imposta utilizzabile nell’anno successivo; la parte eccedente rispetto

all’imposta lorda viene quindi necessariamente persa.

Le detrazioni d’imposta si distinguono in tre distinte categorie:

1. detrazioni per figli e coniuge a carico (si ricorda che un familiare è fiscalmente a

carico di un altro se nell’anno non ha percepito un reddito superiore a €

2.840,51). Sono detrazioni forfetarie e vanno rapportate ad anno in quanto

competono dal mese in cui si sono verificate le condizioni e fino al mese in cui

le stesse non si sono modificate.

2. detrazioni per lo svolgimento di attività di lavoro dipendente o di lavoro

autonomo: le detrazioni variano in funzione del reddito complessivo e, in caso di

14

lavoro dipendente o di pensione, vanno anche rapportate al periodo di lavoro

nell’anno. Le detrazioni per redditi di lavoro autonomo non sono cumulabili con

la detrazione per redditi di lavoro dipendente o di pensione: infatti nel caso in

cui un contribuente possegga entrambe queste categorie di reddito, dovrà

necessariamente scegliere una sola detrazione (e sceglierà, quindi, la detrazione

più conveniente);

3. detrazioni per il sostenimento di particolari oneri . Per la maggioranza di questi

oneri le detrazioni vengono calcolate nella misura del 19% dell’importo totale

degli oneri sostenuti, con alcune limitazioni (tetti massimi e minimi) dettate

dalla disciplina fiscale del singolo onere.

Per alcuni specifici oneri la percentuale di detrazione è maggiore del 19%: è il

caso delle spese per il recupero edilizio, il cui onere può essere detratto nella

misura del 36% o del 41% e, peraltro, diviso in rate (3, 5 o 10); o, ancòra, il caso

degli interventi di riqualificazione energetica degli edifici, dell’acquisto dei

climatizzatori o frigoriferi, il cui onere è detraibile nella misura, variabile in

funzione del tipo di spesa, del 20% e del 55%.

I principali oneri detraibili individuati dal TUIR sono:

― gli interessi sul mutuo per l’acquisto, costruzione e ristrutturazione di immobili,

ivi inclusa l’abitazione principale e le sue pertinenze (limiti massimi di

detrazione);

― le spese mediche (franchigia € 129,11 e, se superiori ad € 15.493,71, possibile

detrazione in rate annuali;

― le spese veterinarie (fino ad un importo massimo di € 387,34 e limitatamente

alla parte che eccede € 129,11; è irrilevante il numero di animali posseduti);

― i premi assicurativi sulla vita ed infortuni, con un limite massimo di € 1.291,14;

― le spese funebri per la morte di familiari (importo massimo su cui calcolare la

detrazione € 1.549,37);

― le spese scolastiche (istruzione secondaria ed universitaria – inclusi corsi di

specializzazione post-universitari - presso istituti ed università italiane o estere,

15

pubbliche o private): la detrazione è comunque sempre commisurata a tasse e

contributi pagati per equivalenti istituti statali;

― le rette per asili nido, pubblici e privati (con il limite di € 632,00 annui per ogni

figlio);

― alcune erogazioni liberali (associazioni sportive dilettantistiche, attività culturali

ed artistiche, movimenti e partiti politici, popolazioni colpite da calamità);

― le spese per la pratica sportiva dei minori (per una spesa non superiore a €

210,00);

― le spese per addetti all’assistenza personale (cd. “badanti”) per una spesa non

superiore a € 2.100,00.

I crediti d’imposta

Anche i crediti d’imposta (come le detrazioni di cui sopra) vanno sottratti dall’imposta

lorda per ottenere l’imposta netta.

Tra i crediti d’imposta più comuni, individuati sempre nel TUIR, vanno evidenziati:

― i crediti per imposte già pagate all’estero.

Per i redditi di fonte estera assoggettati a tassazione anche in Italia è

riconosciuto un credito di imposta per le imposte sui redditi che il contribuente

ha già versato all’estero a titolo definitivo.

Si considerano redditi prodotti all’estero quei redditi che, se prodotti da un

soggetto non residente, sarebbero comunque soggetti ad imposizione in Italia.

― I crediti per la partecipazione a fondi comuni di investimento.

Trattasi dei proventi derivanti dalla partecipazione a fondi comuni di

investimento mobiliare e a SICAV percepiti da soggetti che esercitano imprese

commerciali.

16

Questi proventi danno luogo ad un credito di imposta in misura variabile (15% o

36,98%) a seconda della ritenuta a cui gli stessi sono stati assoggettati (12,50% o

del 27%).

La dichiarazione dei redditi

La dichiarazione dei redditi (modello UnicoPF o modello 730) è lo strumento con cui il

contribuente comunica annualmente all’Amministrazione Finanziaria tutti i suoi redditi

conseguiti nell’anno.

Valgono tuttavia le seguenti precisazioni:

― le persone fisiche obbligate alla tenuta delle scritture contabili (artisti,

professionisti ed imprenditori) devono sempre e comunque presentare la

dichiarazione, anche se nell’anno non hanno conseguito alcun reddito;

― le persone fisiche non obbligate alla tenuta delle scritture contabili devono

invece presentare la dichiarazione solo se hanno conseguito redditi nel periodo

d’imposta precedente. Il che significa che le persone fisiche diverse dagli

imprenditori o dagli artisti e professionisti:

• sono esonerate dalla presentazione della dichiarazione di redditi solo nel

caso in cui i redditi conseguiti siano stati pari a “zero”;

• non sono invece esonerate nel caso in cui dalla dichiarazione non risulti

un debito finale di imposta (ad esempio perché è già stato versato un

acconto di pari importo o superiore).

Esistono poi alcuni casi specifici di esenzione, pur in presenza di redditi. È il caso delle

persone fisiche (sempre diverse dagli imprenditori o dagli artisti e professionisti) che

abbiano percepito nell’anno solo redditi per l’abitazione principale e redditi di lavoro

dipendente o di pensione.

Queste le principali caratteristiche della dichiarazione dei redditi:

― è annuale: si riferisce cioè a tutti i redditi prodotti nell’anno solare precedente;

17

― è unica: comprende tutti i redditi imputabili al contribuente, con le relative

imposte dovute;

― è un atto formale: è redatta infatti obbligatoriamente su appositi modelli

ministeriali (modello UnicoPF o modello 730);

― è un atto non negoziale e non dispositivo: contiene, infatti, solo una

manifestazione dei scienza ed è privo degli elementi di un contratto con

l’Amministrazione finanziaria;

― vale per la riscossione (volontaria o coattiva) o per il rimborso dell’imposta e

vale, altresì, come istanza del contribuente per il rimborso delle eventuali

imposte a credito o non dovute.

Dal 2008 tutte le persone fisiche e le società di persone devono obbligatoriamente

presentare la dichiarazione per via telematica, o direttamente (attraverso i sistemi

entratel o internet) o tramite un professionista/intermediario abilitato.

I documenti giustificativi devono essere conservati dal contribuente per i 4 anni

successivi a quello di presentazione della dichiarazione (in caso di omessa dichiarazione

il limite è elevato a 5 anni).

La dichiarazione presentata entro 90 giorni dalla scadenza si considera tardiva ma

comunque valida e da origine al pagamento di sanzioni.

Oltre questo termine viene considerata comunque omessa, ma continua a costituire

ugualmente titolo per l’Amministrazione finanziaria per la riscossione delle imposte da

essa derivanti.

Oltre i termini ordinari è sempre possibile presentare anche una dichiarazione correttiva

o integrativa per correggere errori o omissioni; le dichiarazioni correttive o integrative

possono tuttavia essere inviate soltanto nel caso di avvenuta presentazione della

dichiarazione originaria.

La dichiarazione integrativa può essere presentata, se “a debito” per il contribuente,

entro il termine dell’accertamento (generalmente 4 anni).

18

I REDDITI FONDIARI (ARTT. 25 - 43 TUIR)

Come regola generale tutti gli immobili ubicati sul territorio dello Stato italiano,

registrati in Catasto (catasto rurale o catasto urbano) e posseduti da persone fisiche sono

produttivi di reddito fondiario, salvo che non siano utilizzati da imprenditori e

professionisti esclusivamente nella loro attività (“totalmente strumentali” per

destinazione), nel qual caso vengono attratti nella rispettiva categoria di redditi

d’impresa o di lavoro autonomo.

I redditi fondiari si distinguono, a seconda dell’oggetto, in:

― redditi di fabbricati

― redditi dei terreni.

e si determinano con un sistema forfetario basato sulle tariffe d’estimo. Concorrono

quindi alla formazione del reddito del proprietario o del titolare di un diritto reale

(“criterio di titolarità del bene”) a prescindere dall’esistenza effettiva di un reddito o

dalla effettiva percezione di questo reddito. Si parla infatti di “reddito medio -

ordinario” (che tiene, cioè, conto forfetariamente dei costi relativi all’immobile, già

inclusi nelle tariffe d’estimo), cosa ben diversa dal “reddito effettivo”.

Il reddito fondiario va dichiarato dal soggetto titolare del bene in funzione della

percentuale di possesso e della durata del possesso nell’anno di imposta (nel caso di

beni immobili di proprietà dei figli minori ma con usufrutto legale dei genitori,

l’obbligo dichiarativo incombe sui genitori usufruttuari).

Reddito dei terreni

I terreni dotati di specifica rendita catastale, iscritti quindi in Catasto, producono per

questo solo fatto reddito fondiario.

In particolare il reddito dei terreni si distingue in:

19

― reddito dominicale, imputato sempre al proprietario (o al titolare di diritto reale

di godimento) del terreno. Questo reddito è attribuito forfetariamente dal Catasto

rurale per particella catastale.

― reddito “agrario”, imputato a chi effettivamente coltiva il terreno (anche in

base ad un contratto di fitto e quindi non necessariamente al proprietario). Il

reddito agrario esprime la redditività media del terreno, derivante dall’esercizio

di un’attività agricola: il terreno cioè, perché sia produttivo di reddito agrario

deve essere astrattamente atto alla produzione agricola.

Il reddito agrario è calcolato forfetariamente mediante applicazione di tariffe

d’estimo stabilite dalla legge catastale in funzione della coltivazione in concreto

praticata.

Il reddito dei terreni include anche eventuali costruzioni rurali insistenti sul terreno

stesso, destinate ad abitazione degli agricoltori o a custodia di bestiame e attrezzi.

Nel caso in cui l’attività ecceda i limiti del reddito agrario (ad esempio nel caso in cui

sul terreno insistano supporti per effetto dei quali la superficie produttiva ecceda il

doppio di quella del terreno), l’imprenditore avrà anche – per la differenza - un reddito

d’impresa calcolato secondo criteri ordinari.

Reddito dei fabbricati

Gli immobili dotati di specifica rendita catastale, iscritti quindi in Catasto (o che

attendono di essere iscritti in Catasto), esistenti in Italia, producono - per questo solo

fatto - redditi fondiari. Deve trattarsi tuttavia di unità immobiliari urbane stabili e non

con destinazione temporanea (prefabbricati, chalet in legno…)

Il reddito dei fabbricati è calcolato separatamente per ogni unità immobiliare di cui il

contribuente ha la titolarità (proprietà o altro diritto reale di godimento: usufrutto, diritto

d’uso e di abitazione).

La tariffa d’estimo è determinata dall’ufficio del territorio sulla base delle seguenti

caratteristiche dell’immobile :

20

― comune di ubicazione,

― zona censuaria

― categoria catastale

― classe

― consistenza (numero di vani catastali, sostanzialmente numero di stanze)

Dall’insieme di tutti questi elementi origina la rendita catastale di un fabbricato e sono

sempre questi elementi che vanno considerati anche nel caso di immobile non ancòra

accatastato per la determinazione della cd. “rendita presunta” (in attesa che poi il

Catasto comunichi la “rendita definitiva”).

Normalmente il reddito fondiario di un immobile coincide con quello catastale (rendita

catastale rivalutata del 5%), ma, a seconda dell’effettivo utilizzo di un fabbricato,

possono originare redditi fondiari diversi:

― l’abitazione principale (quella cioè in cui il contribuente dimora abitualmente)

unitamente alle sue pertinenze (cantine, garage, tettorie) non viene tassata, in

quanto – come già accennato in tema di deduzioni e di reddito imponibile – il

proprietario ha diritto ad una deduzione dal reddito complessivo di un importo

pari alla rendita catastale attribuita ai predetti immobili;

― le abitazioni secondarie, quelle cioè possedute in aggiunta all’abitazione

principale e tenute a disposizione (quindi non fittate), vengono tassate con una

maggiorazione di un terzo sulla rendita catastale, sempre rapportata ad anno e

sulla base della effettiva percentuale di proprietà

― nel caso di fabbricato locato, il reddito fondiario è pari al maggiore tra il reddito

catastale determinato come sopra ed il canone annuale che risulta dal contratto di

locazione, ridotto forfetariamente del 15% a titolo di spese. Tutto questo a

prescindere dalla effettiva percezione in capo al proprietario dell’immobile dei

canoni stessi.

21

REDDITI DI CAPITALE (ARTT. 44 - 48 TUIR)

La legge non dà una definizione precisa dei redditi di capitale, in quanto racchiudono

una casistica abbastanza variegata di redditi.

Volendo, comunque, tentare di darne una definizione, costituiscono certamente redditi

di capitale tutti quei proventi (sia in denaro che in natura) derivanti principalmente

dall’impiego di denaro, la cui percezione avvenga però al di fuori dell’esercizio di

un’attività imprenditoriale (in questo caso si avrebbe infatti l’automatica attrazione nel

reddito d’impresa).

Possono essere individuate tre distinte tipologie di redditi di capitale:

― utili da partecipazione in soggetti IRES

― rendite finanziarie

― altri redditi di capitale (categoria residuale): rendite perpetue, prestazioni di

fidejussioni e garanzie a titolo oneroso, fondi comuni di investimento.

Se il soggetto che eroga il reddito di capitale è qualificato dalla normativa come

“sostituto d’imposta”, deve normalmente operare nei confronti del percipiente una

ritenuta alla fonte (a titolo d’imposta - quando soprattutto il percipiente è una persona

fisica - ovvero a titolo d’acconto); se, diversamente, non vi è l’obbligo di effettuare

alcuna ritenuta, i redditi di capitale debbono essere dichiarati dal percipiente in sede di

dichiarazione annuale e concorrono in misura piena alla formazione del reddito

complessivo.

Ci sono poi alcuni casi residuali in cui il reddito di capitale è soggetto ad imposta

sostitutiva: l’imposta viene quindi assolta interamente alla fonte e non vi sono obblighi

dichiarativi.

Il reddito di capitale segue in genere il principio di “cassa” e viene quindi tassato solo al

momento dell’effettiva percezione (e non per competenza, in base alla rilevazione del

relativo credito).

Le principali categorie di redditi di capitale:

22

Utili da partecipazione in soggetti IRES

In questa categoria rientrano i proventi derivanti dai capitali impiegati da persone

fisiche non imprenditori in attività finanziarie rappresentative di partecipazioni al

capitale di rischio di società ed enti soggetti ad IRES, a fronte di un diritto di

partecipazione all’utile di esercizio, che è solitamente rappresentata da azioni (o titoli

similari come quote di Srl o altri strumenti finanziari).

Agli utili da partecipazioni sono ricondotti anche i redditi percepiti dall’associato

nell’ambito di un contratto di associazione in partecipazione. Nel caso in cui, infatti,

l’associato apporti solo capitale, ovvero lavoro e capitale, il reddito percepito da

quest’ultimo - proprio in quanto assimilato all’utile - è classificato come reddito di

capitale.

Come già chiarito, non costituiscono redditi di capitale gli utili (e le perdite) conseguiti

dalle società di persone, imputati direttamente ai soci (al di là della effettiva

distribuzione) secondo criteri di “trasparenza”.

Nel caso di distribuzione di dividendi, occorre verificare se al momento della

riscossione degli utili la partecipazione della persona fisica (non imprenditore) sia

“qualificata” o “non qualificata”.

Le partecipazioni in società non quotate si considerano “qualificate” ai fini dei capital

gains:

― se la percentuale dei diritti di voto nell’assemblea ordinaria (s.p.a. e s.r.l.) è

superiore al 20%;

― se la percentuale di partecipazione al capitale o al patrimonio (società di

persone) è superiore al 25%.

Diversi sono il regime di tassazione dei dividendi ed i relativi obblighi dichiarativi a

seconda che il percipiente detenga partecipazioni “qualificate” o “non qualificate”.

Infatti:

― nel caso di “partecipazione qualificata”, i dividendi:

23

• concorrono a formare il reddito del percipiente per il 40% del loro

ammontare (49,72% a partire dal 1° gennaio 2009), senza applicazione di

alcuna ritenuta (con un’esenzione quindi pari al 60%);

• devono, quindi, essere indicati nella dichiarazione dei redditi del

percipiente e concorrono nella misura del 40% (49,72% a partire dal 1°

gennaio 2009) alla formazione del reddito complessivo.

― nel caso di partecipazione “non qualificata”, i dividendi sono soggetti ad una

“imposta sostitutiva” nella misura del 12,50% (sull’intero ammontare dei

dividendi).

Rendite finanziarie

Si definiscono rendite finanziarie gli interessi (ed i proventi) derivanti dall’impiego di

capitali in attività finanziarie diverse dalle partecipazioni al capitale di enti e società,

che danno origine ad un reddito in misura fissa o variabile, comunque sempre

svincolato dal risultato della gestione (è il caso di mutui e depositi in c/c, obbligazioni,

derivati).

La tassazione può avvenire:

― in modo ordinario (con ritenute alla fonte o imposte sostitutive). Esempio:

ritenuta alla fonte sugli interessi maturati sui depositi di c/c bancario al 27%;

― con il regime del c.d. “risparmio gestito” (patrimoni dati in gestione ad

intermediari - SIM, Società di Risparmio gestito, fiduciarie, agenti di cambio)

con imposta sostitutiva del 12,50% sul risultato di gestione maturato nel periodo

d’imposta. Se il risultato della gestione è negativo, la differenza è computata in

diminuzione del risultato della gestione dei periodi successivi ma comunque non

oltre il quarto.

24

REDDITI DI LAVORO DIPENDENTE (ARTT. 49 - 52 TUIR)

Questa categoria comprende tutte le retribuzioni percepite nel periodo d’imposta in

dipendenza di un contratto di lavoro subordinato, di una pensione o di altro reddito

assimilato a quello di lavoro dipendente.

Il TUIR (art. 49, 1 comma) qualifica il lavoro dipendente come quello “prestato alle

dipendenze e sotto la direzione di altri”, mutuando la definizione di lavoro subordinato

dall’art.2094 c.c. : il prestatore di lavoro subordinato è chi presta il proprio lavoro

intellettuale o manuale, dietro retribuzione, “alle dipendenze e sotto la direzione

dell’imprenditore”.

Tutti i redditi di lavoro dipendente sono imponibili per “cassa” e quindi al momento

della effettiva percezione. Si considerano tuttavia percepiti nell’anno, per espressa

previsione normativa, anche i compensi di competenza dell’anno erogati dal datore di

lavoro entro il 12 gennaio dell’anno successivo (si parla infatti di “criterio di cassa

allargato”).

Le retribuzioni

Si è già detto che il dipendente è colui che svolge al sua attività alle dipendenza e sotto

la direzione di un altro, senza assunzione di rischio, con rispetto di un orario di lavoro e

con una retribuzione periodica e predeterminata.

Le retribuzioni sono costituite certamente dal compenso percepito dal lavoratore, ma

includono anche tutte le somme ed i valori di beni e servizi inerenti questo rapporto di

lavoro, a qualunque titolo percepiti. Sono incluse ad esempio le erogazioni liberali ed i

rimborsi spese; sono esclusi invece dal reddito di lavoro dipendente i contributi

previdenziali obbligatori per legge, a carico del dipendente e del datore di lavoro.

La territorialità è legata al luogo in cui è prestata l’attività lavorativa e alla residenza

del lavoratore (salvo regole alternative contenute nelle Convenzioni bilaterali contro la

doppia imposizione).

In particolare:

25

― se il lavoratore è residente in Italia e svolge in Italia la sua attività lavorativa,

tutte le somme percepite sono tassate secondo modalità ordinarie;

― se il lavoratore non è residente in Italia e viene inviato in Italia per svolgere

un’attività occasionale (senza trasferirvi quindi la residenza), il suo reddito non è

tassato; se tuttavia trasferisce nel primo semestre dell’anno la sua residenza in

Italia, il suo reddito è interamente tassato;

― se il lavoratore è residente in Italia ma svolge la sua attività all’estero,

soggiornandovi per più di 183 giorni, il reddito è tassato secondo le “retribuzioni

convenzionali” definite annualmente dal Ministero del Lavoro (quindi a

prescindere dai compensi effettivamente percepiti).

― se il lavoratore risiede in Italia ma svolge la sua attività in via continuativa ed

esclusiva nelle zone di frontiera o in paesi limitrofi (cd. frontalieri) la

retribuzione è soggetta ad una disciplina agevolata: viene tassato (con imposta

ordinaria) solo l’importo effettivamente percepito che eccede € 8.000.

La regola di imposizione dei redditi di lavoro dipendente si basa fondamentalmente

sulla applicazione della ritenuta alla fonte ad opera del datore di lavoro (le ritenute

certificate da quest’ultimo nel CUD del lavoratore andranno indicate in sede di

dichiarazione annuale dei redditi).

Al momento della erogazione dello stipendio/salario il datore di lavoro deve, infatti,

determinare l’imposta dovuta effettuando tutte le detrazioni previste (lavoro dipendente

e familiari a carico) e rapportandole al periodo di paga; deve quindi calcolare l’IRPEF a

carico del lavoratore, decurtarla dallo stipendio/salario lordo e versarla all’Erario.

L’IRPEF versata dal datore di lavoro (sostituto d’imposta) per conto del lavoratore

(sostituito) si definisce “ritenuta d’acconto”.

Entro il 28 febbraio dell’anno successivo il datore di lavoro deve poi effettuare il

conguaglio tra l’ammontare delle ritenute operate e l’imposta effettivamente dovuta

sulla totalità dei compensi erogati nell’anno.

Gli emolumenti arretrati, corrisposti cioè al lavoratore in un anno ma di competenza di

anni precedenti, sono soggetti a “tassazione separata”.

26

Le pensioni

Come già chiarito anche i redditi derivanti da pensione sono tassati secondo le modalità

di redditi di lavoro dipendente.

Tutte le pensioni che presuppongono un precedente rapporto costituiscono infatti un

reddito e sono quindi tassate; diversamente le pensioni che hanno una mera funzione

assistenziale o risarcitoria sono esenti dall’imposta.

Le categorie di pensioni sono quindi le seguenti:

― pensioni di quiescenza (pensione di vecchiaia, minima, di reversibilità), quelle in

cui cioè il lavoratore ha cessato l’attività e maturato i necessari requisiti di

anzianità e contribuzione. Queste pensioni spettano anche ai familiari superstiti

del lavoratore deceduto e sono sempre imponibili.

― pensioni di invalidità: sono le pensioni che competono a lavoratori dipendenti

invalidi e sono anch’esse imponibili.

― pensioni assistenziali (pensioni sociali, indennità di accompagnamento ciechi):

interessano normalmente cittadini con menomazioni psicofisiche (invalidi civili)

ed i cittadini di età superiore a 65 anni, privi di redditi e non garantiti da

contribuzioni precedenti. Queste pensioni sono esenti.

― pensioni di guerra: spettano agli invalidi di guerra, agli orfani e alle vedove di

guerra; anch’esse sono esenti.

Redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente

I redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente sono i redditi percepiti in mancanza di

un effettivo vincolo di subordinazione ma che tuttavia, per la presenza di alcune

caratteristiche specifiche, possono considerarsi molto “vicini” (“assimilati” appunto) a

quelli di lavoro dipendente.

Conseguentemente, per questi redditi e per la loro determinazione valgono le

disposizioni stabilite per i redditi di lavoro dipendente, fatte salve le detrazioni per

lavoro dipendente che per questa categoria di reddito, proprio in quanto “assimilata”

non operano.

27

In particolare, costituiscono redditi assimilati le collaborazioni coordinate e continuative

(c.d. “co.co.co”), a condizione però che non rientrino nei compiti istituzionali già

compresi nell’attività di lavoro dipendente o nell’oggetto dell’arte o della professione

esercitata. In questi casi, infatti, per effetto del già citato “principio di attrazione”, il

reddito percepito diventa tutto reddito di lavoro dipendente o di lavoro autonomo (ad

esempio l’onorario percepito dal dottore commercialista per un incarico di sindaco o di

revisore, normalmente inquadrato come co.co.co., viene automaticamente attratto nel

reddito professionale di lavoro autonomo).

Le co.co.co si possono, a loro volta, suddividere in :

― rapporti tipici: incarichi di amministratori e sindaci di società, collaborazioni a

giornali e riviste, partecipazioni a collegi e commissioni in genere;

― rapporti non tipici. In questo caso, in mancanza di un rapporto “tipizzato”,

occorre necessariamente verificare caso per caso se la prestazione effettuata

possa essere ricondotta ad una co.co.co. (e quindi assimilata al reddito di lavoro

dipendente) o ad altra forma di reddito.

Perché vi sia una co.co.co è necessario accertare:

― la mancanza di occasionalità, quindi l’esistenza di un rapporto nel tempo tra

prestatore e datore di lavoro, da inquadrarsi in un rapporto unitario, quindi non

limitato ad uno o più affari;

― la prevalenza del contributo personale del prestatore;

― mancanza di un vero e proprio vincolo di subordinazione rispetto al datore di

lavoro, che può quindi esprimere solo direttive di massima ai fini

dell’esecuzione della prestazione;

― retribuzione periodica prestabilita;

― la prestazione di lavoro, come già ampiamente chiarito, non deve rientrare tra le

prestazioni artistiche o professionali già abitualmente svolte dal lavoratore.

Il legislatore - oltre alle co.co.co. - individua anche altri redditi assimilati a quelli di

lavoro dipendente:

28

― compensi corrisposti a soci di cooperative di produzione e lavoro;

― borse di studio o di addestramento professionale;

― rendite vitalizie a tempo determinato (contratti di assicurazione in caso

sopravvivenza, vitalizio alimentare);

― indennità corrisposte per funzioni pubbliche (membri delle commissioni

tributarie, giudici di pace, esperti del tribunale di Sorveglianza) e cariche elettive

(parlamentari, consiglieri comunali, regionali e provinciali, amministratori

locali, giudici della Corte Costituzionale);

― assegni periodici che non costituiscono remunerazione di lavoro o di capitale:

assegni periodici al coniuge per separazione o divorzio, assegni periodici al

beneficiario in forza di testamento;

― lavori socialmente utili.

29

REDDITI DI LAVORO AUTONOMO (ARTT. 53 - 54 TUIR)

I redditi di lavoro autonomo si distinguono in redditi derivanti dall’esercizio di arti e

professioni in senso stretto e redditi assimilati ai redditi di lavoro autonomo, per i quali

il legislatore ha previsto diverse modalità di determinazione del reddito e diversi

obblighi contabili.

I soggetti passivi di questa categoria di reddito sono tutti i lavoratori autonomi residenti

e non residenti nel territorio dello stato (questi ultimi ovviamente solo per i redditi di

lavoro autonomo prodotti in Italia); la residenza in Italia o all’estero rileva in particolare

ai fini della ritenuta che il lavoratore subisce sui propri compensi: a titolo d’acconto per

i residenti, definitiva per i non residenti.

Redditi di lavoro autonomo

Si definiscono redditi di lavoro autonomo quei redditi derivanti dall’esercizio di un’arte

o di una professione, cioè dall’esercizio per professione abituale, ancorché non

esclusiva di attività artistiche, intellettuali e di servizi diverse dalle attività d’impresa di

cui all’art. 2195 c.c.

Le caratteristiche del lavoro autonomo sono quindi:

― l’autonomia: il lavoratore autonomo svolge la sua attività senza vincolo di

subordinazione verso il committente, avvalendosi della propria organizzazione

di lavoro, decidendo tempi, mezzi e modalità dell’opera;

― la professionalità e l’abitualità: il lavoratore autonomo pone in essere atti e

comportamenti coordinati tra loro e finalizzati ad uno scopo prestabilito; tutti

questi atti devono essere posti in essere con regolarità, sistematicità e stabilità.

Perché vi sia lavoro autonomo non è necessario che l’attività sia anche

l’occupazione principale del soggetto, né che questi sia iscritto ad albi

professionali.

― la natura non imprenditoriale dell’attività: l’attività del lavoratore autonomo è

caratterizzata dalla prevalenza del lavoro proprio rispetto al capitale e prevede

quindi un minor impiego ed investimento di capitali rispetto all’attività

30

d’impresa. Manca quindi nel lavoratore autonomo l’organizzazione delle risorse

economiche ed umane in forma di impresa.

Il reddito di lavoro autonomo concorre (salvo qualche eccezione per la quale è prevista

un’imposta sostitutiva) alla formazione del reddito complessivo su cui calcolare poi le

imposte in sede di dichiarazione dei redditi e si determina in modo analitico, come

differenza, quindi, tra l’ammontare dei compensi percepiti (ivi inclusi i rimborsi spese)

e le spese sostenute.

Oggi concorrono alla formazione del reddito anche le minusvalenze e le plusvalenze sui

beni mobili strumentali e sui beni immobili (acquistati dal 2007), se realizzate a titolo

oneroso o mediante risarcimento anche assicurativo.

La plusvalenza rileva anche nel caso di destinazione del bene all’uso personale del

professionista o comunque a finalità estranee allo svolgimento della professione; in

questi casi, tuttavia, non essendoci un prezzo di cessione, occorre necessariamente

riferirsi per il calcolo della plusvalenza al cd. “valore normale” o di mercato del bene

stesso.

Per la determinazione del reddito di lavoro autonomo - si ricorda - vale il criterio di

cassa: concorrono quindi alla formazione del reddito solo i compensi effettivamente

incassati nel periodo d’imposta e le spese effettivamente pagate.

Per le spese sono previste alcune eccezioni a questo criterio di cassa: il TFR maturato

sui dipendenti e le quote di ammortamento incidono infatti sul reddito di lavoro

autonomo per “competenza”.

Se le spese sostenute sono maggiori dei compensi percepiti nell’anno si determina una

perdita che dal 01.01.2008 può essere utilizzata in compensazione nell’anno con altri

redditi, anche se di natura diversa; l’eventuale eccedenza (nell’ipotesi di una perdita

superiore a tutti i redditi conseguiti nell’anno) non può però essere riportata negli

esercizi successivi e quindi utilizzata in compensazione nell’anno successivo.

Le spese di un artista o di un professionista, per essere deducibili dal reddito, oltre ad

essere effettivamente sostenute nell’anno, devono essere:

31

― documentate e rilevate in contabilità;

― inerenti: attinenti cioè l’arte e la professione.

La legge prevede casi di inerenza totale con deducibilità integrale del costo ed altri

casi in cui la deducibilità del costo è parziale in quanto o l’inerenza è anch’essa

parziale oppure è lo stesso legislatore a stabilire limiti di deducibilità in funzione

della natura specifica del costo.

In particolare:

― spese interamente deducibili: (cancelleria, compensi a terzi, contributi, utenze,

libri e riviste, assicurazioni per responsabilità civile o professionale).

― spese parzialmente deducibili in quanto parzialmente inerenti: è il caso del costo

dei beni utilizzati “promiscuamente” dal lavoratore autonomo (ovverosia

utilizzati vuoi per lo svolgimento della sua attività, vuoi anche a titolo

personale).

― spese parzialmente deducibili con percentuale forfetaria di deducibilità: alberghi

e ristoranti (75% del costo fino al tetto massimo pari al 2% compensi),

rappresentanza (75% del costo fino al tetto massimo pari al 1% compensi),

convegni, congressi e corsi di aggiornamento professionale (tetto massimo pari

al 50% dell’ammontare).

Qui di seguito viene rappresentato il trattamento fiscale di alcune spese sostenute dal

lavoratore autonomo, oggetto di continue modifiche da parte del legislatore.

Beni strumentali

Il bene strumentale è quell’elemento del patrimonio del professionista (beni mobili,

immobili e mezzi di trasporto) destinato ad essere utilizzato durevolmente nell’attività; i

beni strumentali possono essere utilizzati esclusivamente per l’attività professionale o

solo in parte (“ad uso promiscuo”).

Nel caso di beni mobili strumentali utilizzati esclusivamente dal professionista per lo

svolgimento della propria attività (ad esempio arredi, computer…) è deducibile solo la

quota di ammortamento (in base al criterio di competenza) calcolata sul costo

32

complessivamente sostenuto. La quota di ammortamento si determina applicando le

aliquote previste da apposito decreto ministeriale, che rappresentano proprio il limite

massimo di deduzione ammesso dal legislatore tributario..

Possono essere invece dedotti integralmente i costi di quei beni strumentali, sempre ad

uso esclusivo del professionista, non superiori a € 516,46 per ciascun bene.

Le spese di utilizzo, manutenzione e noleggio dei beni. strumentali utilizzati

esclusivamente dal professionista per lo svolgimento della propria attività sono

deducibili integralmente.

Diversamente, se gli stessi beni vengono utilizzati ad uso promiscuo (quindi anche per

fini personali estranei all’attività di lavoro autonomo), i relativi costi (quote di

ammortamento, costo del bene inferiore a € 516,46, spese di impiego) concorrono alla

formazione del reddito solo nella misura del 50%.

Mezzi di trasporto strumentali del professionista

Il mezzo di trasporto di un professionista viene sempre considerato utilizzato ad uso

promiscuo.

Il costo del mezzo di trasporto utilizzato dal professionista per l’esercizio della sua

attività è quindi deducibile parzialmente (40% del costo, ripartito secondo quote di

ammortamento), ma:

― questa deducibilità parziale è concessa limitatamente ad un solo veicolo;

― l’ammontare massimo del costo su cui applicare la deduzione è stabilito dal

TUIR e può quindi essere differente dal costo effettivamente sostenuto dal

lavoratore autonomo, se superiore.

33

Immobili

Il costo degli immobili utilizzati esclusivamente per l’attività professionale

(esclusivamente strumentali ), acquistati da gennaio 2007, è deducibile come quota di

ammortamento nella misura dell’1%; le spese di ammodernamento sono deducibili nel

limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni iscritti (e l’eccedenza in quote

costante nei 5 esercizi successivi). Nel caso di immobili fittati, il canone è integralmente

deducibile.

Nel caso in cui, diversamente, il professionista eserciti la propria attività nello stesso

immobile in cui vive (immobile ad uso promiscuo), a condizione che non disponga

nello stesso comune di un altro immobile già adibito all’esercizio esclusivo della sua

attività, tutte le spese inerenti l’immobile e gli eventuali canoni di fitto sono deducibili

al 50%.

Per gli immobili acquistati da gennaio 2007 è possibile dedurre solo il 50% della rendita

catastale a prescindere dal prezzo pagato per l’acquisito (non sono quindi deducibili

quote di ammortamento).

Obblighi contabili

Per la determinazione del reddito di lavoro autonomo è obbligatoria la tenuta della

contabilità, dalla quale devono risultare tutti i compensi percepiti (incassati) dal

professionista e tutte le spese sostenute (pagate) nell’esercizio.

Esistono sostanzialmente due regimi di contabilità: il regime di contabilità semplificata

ed il regime di contabilità ordinaria.

La contabilità semplificata è il regime naturale dei professionisti e prescinde quindi

dal volume dei compensi percepiti nell’anno.

Prevede l’istituzione dei registri IVA (onorari e acquisiti), del registro degli incassi e

pagamenti (se non indicati nei registri in IVA), dei libri matricola e paga per eventuale

personale dipendente.

34

Il professionista che utilizza questo regime è sempre soggetto ad accertamento

presuntivo con i parametri e sulla base degli studi di settore.

La contabilità ordinaria è invece opzionale (l’opzione si esercita attraverso l’invio di

apposita comunicazione all’Agenzia delle Entrate).

Prevede l’istituzione di un registro cronologico dei componenti di reddito e dei relativi

movimenti finanziari, dei registri IVA, degli appositi libri per il personale dipendente.

Se correttamente tenuta, alla contabilità ordinaria non si applicano accertamenti

presuntivi sulla base dei parametri; restano invece sempre applicabili gli studi di settore.

Oltre ai due regimi di contabilità semplificata ed ordinaria, il legislatore ha istituito

negli anni dei regimi alternativi, con determinazione forfetaria dell’imposta (quindi

non più analitica) nel caso di attività di lavoro autonomo appena iniziate (“regime delle

nuove attività”) o con compensi molto poco significativi (“regime dei marginali”

operativo fino al 2007 e “regime dei minimi” a decorrere dal 2008).

Nella tabella che segue sono rappresentate, sinteticamente, le caratteristiche di questi

regimi:

35

Soggetti Requisiti Regime contabile

Artisti e professionisti

“ordinari”

Tutti sopra i limiti di cui sotto

o per opzione

Imposta ordinaria

Contabilità semplificata

Contabilità ordinaria (per

opzione)

Nuove attività Inizio attività (agevolazione

triennale)

Compensi fino a € 30.987,41

Imposta sostitutiva del 10%

(ridotti adempimenti

contabili)

Marginali (fino al 2007) Compensi fino a € 25.822,84 Imposta sostitutiva del 15%

(ridotti adempimenti

contabili)

Minimi (dal 2008) Compensi fino a € 30.000,00

Non dipendenti

Beni strumentali < €

15.000,00

Imposta sostitutiva del 20%

(ridotti adempimenti

contabili)

Altri redditi di lavoro autonomo

Sono definiti altri redditi di lavoro autonomo quelle attività assimilate appunto a quelle

di lavoro autonomo per via di alcune caratteristiche simili.

Trattasi infatti di attività sicuramente svolte con il lavoro prevalente del lavoratore

autonomo e senza alcun vincolo di subordinazione, ma che mancano, nella generalità

dei casi, del requisito della professionalità.

Per questi redditi che vengono determinati non analiticamente ma in modo forfetario il

legislatore non ha previsto specifici obblighi contabili.

36

Il reddito, in particolare, è pari all’ammontare dei proventi percepiti (anche sotto forma

di partecipazione agli utili), ridotto di un importo pari al 25% a titolo di deduzione

forfetaria di spese.

Tra i redditi assimilati a quelli di lavoro autonomo vi sono, per espressa previsione

legislativa:

― i redditi derivanti dalla utilizzazione delle opere dell’ingegno (brevetti industriali

e processi, formule e informazioni industriali, commerciali o scientifiche,

articoli per giornali e riviste e software) a condizione però che il soggetto che le

utilizza – e quindi en percepisce il reddito – sia anche lo stesso che le ha

realizzate o inventate. Se l’utilizzazione invece è da parte di soggetti diversi

dall’inventore o dal realizzatore, il reddito percepito sarà classificato come

“reddito diverso”.

― i redditi dell’associato in associazione in partecipazione,

― i redditi da partecipazione agli utili dei soci promotori e fondatori di società.

37

REDDITI D’IMPRESA (PRODOTTI IN FORMA INDIVIDUALE)

(ARTT. 55 - 66 TUIR)

I redditi d’impresa derivano esclusivamente dall’esercizio di attività propriamente

commerciali o di altre considerate commerciali dalla legge o dalla prassi, svolte come

attività abituali, cioè organizzate con continuità e non occasionalmente (in mancanza di

tutte queste caratteristiche il reddito sarebbe infatti un “reddito diverso”).

Le attività di impresa sono sostanzialmente le seguenti:

― attività propriamente commerciali, individuate espressamente dall’art. 2195 c.c:

attività di produzione di beni e servizi, di intermediazione nella circolazione dei

beni, di trasporto, bancaria ed assicurativa, unitamente alle attività a queste

ausiliarie;

― attività commerciali indicate dalla legge, purché svolte professionalmente, anche

se non in esclusiva e non occasionalmente: allevamento, produzione e vendita di

prodotti agricoli, sfruttamento delle miniere;

― attività commerciali per prassi e giurisprudenza: promotori finanziari, affitto di

camere, agente di assicurazione.

Da questo elenco scaturisce una prima considerazione: qualsiasi attività materiale

(ancorché non intellettuale) e priva di vincolo di subordinazione tende a diventare

attività d’impresa, con l’effetto di estendere da un lato questa categoria di reddito,

dall’altro di ridurre sempre più significativamente la sfera del reddito autonomo.

Per effetto di ciò nel reddito d’impresa finiscono per coesistere la grande industria da un

alto ed il piccolo artigiano o il commercio al dettaglio dall’altro. Di qui l’esigenza

avvertita anche dal legislatore di prevedere alcuni “regimi speciali” di determinazione

del reddito per le c.d. “imprese minori”.

La legge (art. 56 TUIR) rinvia, per la determinazione del reddito d’impresa, alle

disposizioni stabilite per le società di capitali in ambito IRES (art. 72 e seguenti TUIR),

salvo alcune eccezioni e casi particolari.

38

Determinazione del reddito:

Il reddito d’impresa si determina analiticamente, cioè come differenza tra ricavi e costi

di competenza dell’esercizio.

Nel reddito d’impresa infatti gli elementi reddituali sia positivi che negativi vengono

attribuiti al periodo d’imposta secondo il principio di “competenza”, che significa - in

prima approssimazione - “momento di maturazione”; quindi:

― per la cessione di beni mobili, il momento di competenza coincide con la

consegna o la spedizione;

― per la cessione di beni immobili, il momento di competenza è la stipula dell’atto;

― per le prestazioni di servizi vale invece la data di ultimazione del servizio reso

(oppure la quota eventualmente maturata nell’anno se la prestazione decorre con

il passare del tempo).

Se tuttavia, nonostante la consegna del bene o la stipula dell’atto, l’elemento reddituale

è ancora incerto o il suo ammontare non determinabile oggettivamente, allora la

competenza deve essere rinviata nell’esercizio in cui si verificheranno le condizioni (è il

caso dei contratti con il prezzo ancora da determinare in quanto, ad esempio, ancorato a

valori, dati o circostanze al momento non ancora verificabili).

Nel caso in cui l’imprenditore abbia avuto contezza soltanto dopo la chiusura dell’anno

di elementi reddituali di competenza dell’esercizio appena chiuso, ne deve tener conto.

Per effettuare la determinazione analitica del reddito le imprese devono tenere una

contabilità che segua i singoli elementi reddituali e patrimoniali e devono redigere a fine

esercizio (almeno quelle di maggiori dimensioni) un bilancio.

Diversamente, le imprese di dimensioni più piccole (cd “minori”), non sono tenute ad

avere una contabilità per gli elementi patrimoniali (ma solo per gli elementi reddituali),

e non redigono il bilancio di esercizio; tuttavia determinano ugualmente il reddito in

modo analitico attraverso l’indicazione di proventi e spese in apposito quadro della

dichiarazione dei redditi.

39

Riepilogando, la determinazione del reddito di impresa può avvenire secondo due

regimi:

― regime ordinario – analitico: redazione del bilancio d’esercizio per la

rilevazione dei componenti di reddito;

― regime semplificato, per imprese di piccole dimensioni: l’obbligo del bilancio è

sostituito con la compilazione di un apposito prospetto nella dichiarazione dei

redditi.

A questi regimi si affiancano poi altri regimi “super-semplificati” per attività di

impresa appena iniziate o con volumi d’affari molto esigui, per i quali il reddito non si

determina più analiticamente ma forfetariamente ed è soggetto ad imposta sostitutiva.

La tabella che segue schematizza i regimi di determinazione del reddito d’impresa:

40

Soggetti Requisiti regime

Tutte le imprese Ricavi > € 309.874,14 (servizi)

Ricavi > € 516.456,90 (altre att.)

Ordinario con determinazione analitica del reddito (naturale)

Imprese minori Ricavi fino a € 309.874,14

(servizi)

Ricavi fino a € 516.456,90 (altre)

Semplificato con determinazione analitica del reddito: ricavi, costi e

rimanenze (naturale)

Nuove piccole imprese

(agevolazione triennale)

Inizio attività

Ricavi fino a € 30.987,41

(servizi)

Ricavi fino a € 61.974,83 (altre)

Imp. sostitutiva 10% (IRPEF + addizionali); IRAP regolare, IVA annuale

Ridotti adempimenti contabili: no registrazione e tenuta scritture contabili

Imprese minime

(dal 2008)

Ricavi < € 30.000,00

Beni strumentali < € 15.000,00

Semplificato con regole per la determinazione del reddito

Imp. sostitutiva 20% (IRPEF + addizionali)

41

No dipendenti o collaboratori

No esportazioni (o assimilate)

Esenzione IRAP

No registrazione e tenuta scritture contabili; esclusione parametri e Studi

di Settore

42

Regime ordinario

Come indicato nella tabella che precede, il regime ordinario è il regime obbligatorio e

naturale per le imprese che nell’anno precedente a quello in corso abbiano conseguito

ricavi superiori a € 309.874,14 (prestazioni di servizi) o € 516.456,90 (cessione di beni,

produzione, …).

Se il contribuente svolge entrambe le attività (quindi, sia erogazione di servizi sia

cessioni di beni) ed ha la contabilità unica per determinare la soglia dovrà utilizzare il

maggior limite di € 516.456,90; se diversamente ha la contabilità separata per le due

attività, con separata annotazione quindi dei ricavi e dei costi, vale il limite indicato

dalla legge per l’attività prevalente (che ha prodotto cioè i maggiori ricavi rapportati

all’ammontare dei ricavi complessivamente conseguiti dall’impresa).

Per quanto già chiarito anche al fine della verifica dei limiti i ricavi vanno calcolati

sempre per competenza.

Il reddito d’impresa si determina distintamente per ogni anno, partendo dal risultato

economico della gestione: differenza tra ricavi e costi che risultano nel bilancio di

esercizio chiuso al 31 dicembre.

Al risultato economico vanno poi apportate le variazioni espressamente previste da

norme fiscali.

Le variazioni fiscali possono essere in aumento o in diminuzione del reddito:

― le variazioni in aumento, che aumentano cioè il reddito fiscale rispetto all’utile

civilistico, sono ad esempio quelle effettuate a seguito della indeducibilità totale

e parziale, ai soli fini fiscali, di alcuni costi imputati integralmente in bilancio;

― le variazioni in diminuzione, che riducono cioè il risultato fiscale rispetto a

quello civilistico, originano invece da ricavi rappresentati in bilancio tassabili in

esercizi successivi o non affatto tassabili.

Ne consegue che:

43

― le variazioni in diminuzione possono superare l’utile civilistico trasformando il

risultato di esercizio in una perdita fiscale. Questa perdita fiscale può essere

compensata solo con altri redditi di impresa conseguiti nell’anno; l’eventuale

eccedenza può essere portata in deduzione negli esercizi successivi per essere

comunque sempre compensata con redditi della stessa categoria.

― le variazioni in aumento possono superare la perdita civilistica trasformando il

risultato di esercizio in un utile fiscale e quindi in un reddito fiscalmente

imponibile che confluisce, unitamente agli altri redditi, nella dichiarazione

annuale e concorre a determinare il debito d’imposta.

Il bilancio di esercizio dell’imprenditore individuale non segue uno schema obbligatorio

previsto dalla normativa fiscale: può essere redatto secondo qualsiasi schema e con

qualsiasi metodo purché conforme alla tecnica contabile. Viene consigliata tuttavia

l’adozione dello stesso schema previsto per le società di capitali (quantomeno in forma

abbreviata).

Regime semplificato

È il regime naturale per le imprese che nell’anno precedente a quello in corso abbiano

conseguito ricavi non superiori ad € 309.874,14 (prestazioni di servizi) o ad €

516.456,90 (cessione di beni, produzione, …) ed è caratterizzato da adempimenti

contabili ridotti rispetto al regime ordinario, nonché da un diverso criterio di

determinazione del reddito.

Se non vengono superati questi limiti, il regime si proroga automaticamente di anno in

anno (salvo opzione dell’imprenditore per il regime ordinario); se invece in un anno

vengono superati i limiti, nell’anno successivo l’impresa deve obbligatoriamente

adottare la contabilità ordinaria. Se poi l’anno successivo i ricavi non sono superati

ancora una volta, si passa nuovamente al semplificato.

La normativa prevede che l’opzione per i diversi regimi contabili si debba desumere dal

comportamento concreto del contribuente (“comportamenti concludenti”): adozione del

regime contabile e adempimento dei relativi obblighi.

44

È, infatti, obbligatorio inviare una apposita comunicazione all’Amministrazione

finanziaria, la cui omissione tuttavia dà origine solo ad una violazione di natura formale

(la sanzione va da € 258,00 ad € 2.065,00).

Anche nel regime semplificato il reddito si determina come differenza tra i ricavi ed i

costi dell’esercizio (a cui si apportano le variazioni fiscali specificamente individuate

dalla legge).

In caso di perdita, a decorrere dal 1 gennaio 2008, la stessa può essere utilizzata anche a

compensazione con altri redditi di diversa natura realizzati nello stesso esercizio, ma

l’eventuale eccedenza va persa.

Le imprese in regime semplificato, non tenute - come già detto - alla redazione del

bilancio, devono però tenere i libri IVA obbligatori, il registro dei beni ammortizzabili

(salvo annotazione degli acquisiti sul libro IVA), i libri paga e matricola per il personale

dipendente ed eventuali altri registri previsti dalla legge (pubblica sicurezza, registro

sanitario …)

I ricavi ed i costi, come anche i componenti positivi e negativi, per concorrere alla

formazione del reddito dell’esercizio devono:

― seguire criteri di competenza, certezza e determinabilità. In particolare i costi

devono anche seguire il criterio dell’inerenza;

― seguire precisi criteri di valutazione indicati dalla legge;

― essere ragguagliati ad anno.

I costi, in particolare, devono essere altresì registrati nei registri IVA per essere

deducibili. È ammessa comunque la deducibilità di costi anche non registrati ma

direttamente afferenti ai ricavi, purché risultino però da elementi certi e precisi.

REDDITI DIVERSI (ARTT. 67 - 71 TUIR)

È questa una categoria residuale di reddito, per quanto a “fattispecie definita”, che

accoglie tutti i redditi carenti di alcune caratteristiche proprie delle altre cinque

categorie già esaminate

45

I soggetti passivi d’imposta sono sempre le persone fisiche residenti in Italia (o non

residenti, ma limitatamente ad i redditi prodotti in Italia) che percepiscono questi redditi

al di fuori dai regimi di impresa o dall’esercizio di arti e professioni.

Le più significative tipologie di “redditi diversi”:

Plusvalenze sulla cessione di immobili acquistati o costruiti da non più di 5 anni, di

aree edificabili e di terreni non edificabili

La tassazione di queste plusvalenze segue il criterio di cassa; la plusvalenza è

determinata dalla differenza tra il corrispettivo effettivamente incassato e il costo di

acquisizione (aumentato degli eventuali costi inerenti documentati).

Non determinano plusvalenza tassabile gli immobili acquisiti per successione o

usucapione, nonché gli immobili che nella maggior parte del periodo intercorso tra

l’acquisto e la cessione sono stati adibiti ad abitazione principale.

La plusvalenza è assoggettata ad imposta ordinaria in dichiarazione dei redditi (su

opzione innanzi al notaio si può chiedere tuttavia l’applicazione di un’imposta

sostitutiva pari al 20% della plusvalenza, se più conveniente).

Plusvalenze sulla cessione di partecipazioni qualificate e non

Per la tassazione della plusvalenza da cessione di partecipazioni “qualificate” è

obbligatorio il cd. “regime della dichiarazione”, che consiste nel calcolare

analiticamente la plusvalenza o minusvalenza di ogni cessione effettuata nel periodo

d’imposta (= corrispettivo incassato – costo di acquisto, incluse le eventuali spese

incrementative) e sommando algebricamente i risultati (plusvalenze e/o minusvalenze)

di tutte le cessioni dell’anno.

Se il reddito finale è positivo deve essere riportato in dichiarazione dei redditi ed

assoggettato a tassazione ordinaria. Se è negativo l’eccedenza è portata in detrazione

delle plusvalenze della stessa natura negli anni successivi ma non oltre il quarto.

46

Per la cessione di partecipazioni “non qualificate” vale ugualmente il regime della

dichiarazione di cui sopra. Si può, tuttavia, optare per una tassazione con imposta

sostitutiva del 12,50% (nel caso di reddito globale positivo).

Qualora inoltre i titoli siano in custodia o in amministrazione presso intermediari

abilitati, si può optare per il “regime del risparmio amministrato” (sostitutiva del 12,5%

su ciascuna plusvalenza realizzata) o per il “regime del risparmio gestito” (sostitutiva

del 12,5% sul risultato complessivo maturato nella gestione dell’anno a prescindere

dall’effettiva percezione del contribuente).

Attività commerciali occasionali

I proventi delle attività commerciali non abituali, svolte cioè occasionalmente, senza

vincolo di subordinazione e senza organizzazione di mezzi, sono ricompresi nei redditi

diversi.

Il reddito è determinato sulla base dei proventi percepiti (criterio di “cassa”) nel periodo

di imposta, al netto delle spese sostenute e documentate (la documentazione va sempre

conservata nei 4 anni successivi a quello di presentazione della dichiarazione).

47