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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI VERONA FACOLTA’ DI ECONOMIA E COMMERCIO CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA E COMMERCIO DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE TESI DI LAUREA IL MERCATO DELLA GRAPPA: APPROVVIGIONAMENTO E DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA Analisi del settore nel Vicentino Relatore: Ch.mo Prof. CLAUDIA ROBIGLIO RIZZO Laureanda: ANNALISA SANGIORGI ANNO ACCADEMICO 1998-1999

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U N I V E R S I T A ’ D E G L I S T U D I D I V E R O N A

FACOLTA’ DI ECONOMIA E COMMERCIO

CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA E COMMERCIO

DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE

TESI DI LAUREA

IL MERCATO DELLA GRAPPA: APPROVVIGIONAMENTO

E DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA

Analisi del settore nel Vicentino

Relatore: Ch.mo Prof. CLAUDIA ROBIGLIO RIZZO Laureanda: ANNALISA SANGIORGI

ANNO ACCADEMICO 1998-1999

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INDICE • Introduzione • Capitolo 1. Aspetti storici.

1.1 Nozioni storiche. 1.2 Storia della Disti l leria G.B. Poli.

• Capitolo 2. L’approvvigionamento della materia prima: la vinaccia.

2.2 Componenti della vinaccia. 2.3 Caratteristiche della vinaccia. 2.4 L’ubicazione geografica incide

nell’approvvigionamento della materia prima della Distil leria G.B. Poli.

2.5 La classificazione della vinaccia. 2.6 Composizione chimica della

vinaccia. 2.7 Formazione del prezzo delle

vinacce. 2.8 Normativa CEE e gli aiuti

A.I.M.A. 2.9 Prezzi minimi di cessione dei vini

ed importi degli aiuti Comunitari. 2.10 Presentazione dei contratti di

distil lazione. 2.11 Approvazione dei contratti di

distil lazione e delle dichiarazioni sostitutive.

2.12 Consegna del vino alla distil lazione: tolleranze e cause di forza maggiore.

2.13 Impiego del rilevatore e controllo delle caratteristiche del vino.

2.14 Documentazione relativa alla distil lazione e adempimenti dei distil latori.

• Capitolo 3. Ciclo produttivo

3.1 Raccolta e trasporto delle vinacce. 3.2 Corretta fermentazione e

conservazione dell’ insilato. 3.3 Definizione della distillazione. 3.4 Distil lazione. 3.5 Impianti di distil lazione. 3.6 I sistemi di distil lazione delle

vinacce: la distil lazione discontinua.

3.7 Gli apparecchi per la distil lazione discontinua.

2

3.7 .1 Sistema di distil lazione della Distil leria G.B. Poli.

3.8 La distil lazione continua. 3.9 Operazioni successive alla

distil lazione. 3.10 L’invecchiamento della grappa. 3.11 L’aromatizzazione 3.12 Altre lavorazioni della vinaccia e

della feccia.

• Capitolo 4. Smaltimento dei sottoprodotti della distil lazione

4.1 Uso delle vinacce esauste. 4.2 Uso delle vinacce e derivati come

concime. 4.3 Uso delle vinacce esauste come

combustibile. 4.4 L’estrazione dell ’olio dai

vinaccioli. 4.4 .1 Le vinacce esauste della

Distil leria G.B. Poli. 4.5 Utilizzo delle borlande e delle

vinacce per l’estrazione del cremortartaro e fabbricazione dell’acido tartarico.

4.6 Fattori di inquinamento delle distil lerie.

4.7 L’inquinamento delle acque. 4.8 L’inquinamento atmosferico. 4.9 L’inquinamento da rifiuti solidi.

• Capitolo 5. Commercializzazione del prodotto finito

5.1 Evoluzione del settore della

grappa. 5.2 Produzione, esportazione,

importazione. 5.3 Politica produttiva e commerciale

della Distil leria G.B. Poli. 5.4 I l consumo della Grappa ieri, oggi,

domani. 5.5 Vicenza: un modo nuovo per far

conoscere la Grappa. • Capitolo 6. Controllo del marchio di qualità

6.1 Definizione di qualità. 6.2 Assicurazione qualità. 6.3 Riflessi sulla garanzia della

qualità. 6.4 L’analisi sensoriale a garanzia

della qualità della grappa. 6.5 L’attuale percezione della qualità.

3

6.6 L’importanza del bicchiere.

• Capitolo 7. Aspetti legislativi

7.1 La normativa. 7.2 La normativa Europea. 7.3 La normativa Italiana. 7.4 La denominazione d’origine

controllata. • Capitolo 8. Il consumatore e la grappa

8.1 I l problema dell’alcolismo. 8.2 La classificazione dei consumatori.

• Conclusioni

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INTRODUZIONE

La Grappa è stata per lungo tempo associata

all’ immagine della povertà, della gente che conduce

vita faticosa e che ricorre all’acquavite per trovare

consolazione alle proprie sofferenze. Testimonial

nella letteratura della grappa sono stati i soldati in

trincea, i montanari inseguiti dalla finanza. Nessuno

vuole stralciare questa parte di storia ma bisogna

raggiungere un certo equilibrio con i quarti di nobiltà

del prodotto, che pure esistono e sono piacevoli.

Perché non parlare del rapporto di Cavour con

l’acquavite che produceva a Grinzane, di Paganini che

ad Asti si ritemprava con un grappino delle fatiche del

viaggio tra Torino e Genova, di Kruscev che si

appassionò talmente della grappa da farsene buona

scorta di ritorno da un viaggio in Italia o del grappino

sorseggiato sulle dolomiti da Papa Woityla?

Ma il concetto di ricchezza, così utile

nell’affermazione del prodotto che deve completare la

carica edonistica con contenuti ostentativi, non si

ferma certo alla piacevole emulazione. Nel caso della

grappa la ricchezza è reale e rappresenta un plus

capace di distinguerla dalle grandi acqueviti

concorrenti. Essa è infatti un superalcolico di

produzione artigianale: per grande che sia il

fabbricante, l’azienda è ancora solidamente in mano a

una famiglia i cui componenti sono o sono stati

innanzitutto mastri distil latori. E questo ha prodotto

un fenomeno interessantissimo: i 123 impianti di

distil lazione ancora in attività sono uno diverso

dall’altro, adeguati con perizia, vendemmia dopo

vendemmia, alla fi losofia del conduttore e alle

caratteristiche della materia prima. La conseguenza?

Un’infinità di grappe ognuna con una propria

personalità, ognuna capace di dare emozioni diverse

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per evitare nel consumatore moderno, sempre più

esigente, la monotonia della ripetit ività.

La grappa, sotto il profilo intrinseco, ha

sicuramente le carte in regola per porsi i l mondo come

obiettivo: rappresenta egregiamente la

materializzazione della genialità e creatività italiana,

è parte integrante di un’enologia di successo, è uno

spirito di grande aroma e di complessa personalità, è

producibile in quantità limitata e, dunque, è preziosa.

Queste sue caratteristiche intrinseche potranno

tradursi in successo commerciale con beneficio di

tutta la fi l iera ( dal produttore dell’uva al

dettagliante) solo se si verificheranno due condizioni:

• Un perfezionamento normativo capace di

tutelare la grappa dalle imitazioni e di creare

sicurezza nel consumatore;

• L’applicazione delle regole canoniche del

marketing.1

1 AA.VV. (1996) “Grappa obiettivo il mondo”; Ed. Centro Studi e Formazione Assaggiatori

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CAPITOLO I

ALCUNI ASPETTI STORICI

1.1 Nozioni storiche.

La conoscenza della distil lazione affonda le

proprie radici nella notte dei tempi: Egizi, Greci,

Romani e soprattutto Arabi, tutti , in qualche modo,

avevano util izzato tale procedimento per estrarre delle

essenze dai più svariati materiali vegetali.

Ma chi, probabilmente, cercò di organizzare le

conoscenze nel campo della distil lazione fu la Scuola

Salernitana, grazie anche agli influssi del vicino

popolo arabo.

La leggenda vuole che questa istituzione nacque

verso il IX secolo d.C., nell’omonimo golfo, per opera

di un greco, un arabo e un latino. Con ogni probabilità

tale leggenda esprime come questa scuola fosse il

crogiuolo delle razze imperanti e quanto fosse libera

dai vincoli imposti dalle diverse discipline etiche e

religiose; sui ricercatori della Scuola non incombeva

il timore del rogo, qualunque fossero le loro

sperimentazioni.

E proprio dalle loro ricerche scaturisce

l’acquavite, un liquido infiammabile e di sapore

bruciante in grado di creare in chi lo beve uno stato di

euforia, capace di solubilizzare i principi delle piante

officinali, di disinfettare le ferite.

Questa scuola codificò le regole della produzione

e dell’uso dell’acquavite: questa bevanda, attraverso i

canali della cultura, si diffondeva tra tutti i popoli

civil i e, anzi, partecipava alla civil izzazione e alla

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cristianizzazione del mondo, entrando nella dotazione

professionale di esploratori e missionari.

Michele Savonarola (1384-1462), medico

padovano, ci fornisce un’interessante spiegazione

dell’etimologia della parola acquavite. Veniamo,

infatti, a sapere che in origine l’alcol era detto “aqua

vitis”, e non “aqua vitae”, perché lo strumento

attraverso il quale passavano i vapori da condensare,

vale a dire la serpentina refrigerante, era costruita a

spirale come il tralcio della vite.

Ma il nome di “aqua vitae”, cioè acqua della vita,

era già stato attribuito da Arnoldo di Villanova (1238-

1311), medico e alchimista di Papa Bonifacio VIII e

di Clemente V, perché guariva, secondo l’autore, da

numerose malattie, ridonando la vita.

Fin qui, però, di grappa non si parla ancora.

I medici della Scuola Salernitana non scrissero

della distil lazione della vinaccia perché, con ogni

probabilità, negli alambicchi ci mettevano il vino,

unica bevanda fermentata che, grazie al suo elevato

grado alcolico, poteva consentire di ricavare acquavite

con i rudimentali strumenti alchemici dell’epoca e con

le superficiali conoscenze che si avevano in materia di

distil lazione.

Uno dei documenti più antichi in cui viene

menzionata la grappa risale al 1451, quando venne

compilato l’elenco dei mobili e degli immobili del

defunto notaio ser Enrico di ser Everardo, di Cividale

del Friuli (Udine), i l quale lasciò ai propri eredi, tra

l’altro, “unum ferrum ad faciendam aquavitem”, un

alambicco insomma.

In margine allo stesso documento c’è

un’annotazione riguardante il distil lato prodotto:

“grape”, cioè grappa.

Nel 1617 Miguel Agusti, gesuita catalano,

agronomo erudito e priore del tempio di S. Giovanni

di Perpignano, pubblica un libro in cui descrive un

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alambicco adatto per ottenere acquaviti sia dal vino

che dalle vinacce.

È di poco successiva l’attività scientifica del

gesuita e nobile bresciano Francesco Terzi Lana,

considerato il padre tecnico della grappa.

La cosa viene, infatti, avvalorata dal carteggio

epistolare esistente tra questi e i l confratello tedesco

Atanasio Kircher, che nel 1636 pubblica un libro in

cui parla apertamente di distil lazione di vinacce.

Pochi anni dopo è Filippo Sachs di Lipsia, correva

l’anno 1661, nel suo trattato “Vite Vinifera” a

dissertare intorno alla distil lazione delle vinacce.

Come spesso accade, la scienza e gli scienziati

giunsero dopo che i montanari, la grappa, se la

bevevano da secoli. E non può essere diversamente, se

si pensa che nel 400 i friulani esportavano grappa e

nel 500 i veneziani ne facevano commercio,

vendendola ai tedeschi e agli olandesi.

Ne abbiamo la conferma dagli studi compiuti dallo

storico Gaetano Perusini intorno alle questioni fiscali.

Rintracciò, infatti, tra le carte di una antica

famiglia patrizia di Sacile che in quel posto di dogana,

sin dal 400 il commercio dell’acquavite di vinaccia

era soggetto al pagamento di gabella, ben distinta da

quella che si doveva pagare per il trasporto

dell’acquavite di vino.

Di grappa se ne produceva un po’ in tutta Italia:

nel 1590, Carlo Emanuele I di Savoia concesse

all’accensatore di Asti l ’appalto per la produzione

della grappa; a Venezia nel 1601 si costituì la

Congrega della Università degli Acquavitai e si

trattava di una importante istituzione se si pensa che,

per poter distil lare, bisognava prima aver fatto una

lunga pratica, meritarsi i l diploma di mastro

distil latore e successivamente sottoporsi all’esame

davanti al Protomedico, il quale rilasciava la patente

per l’esercizio della professione.

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Ma come è nata la grappa?

L’ipotesi più probabile si desume dalla storia

dell’enologia. Terminata la fermentazione del mosto

padroni e servi si spartivano il prodotto ottenuto: al

padrone andava il vino, ai servi le vinacce, cioè gli

scarti, le quali, opportunamente allungate con l’acqua,

davano un vinello molto leggero, ma pur sempre

alcolico.

Ed è probabile che qualche servo abbia imparato a

fare ciò che il padrone faceva con il vino, cioè a

distil lare le vinacce.

Certo non doveva essere una bevanda per palati

genti l i, dato che erano sconosciute la deflemmazione e

la rettif icazione, cosa che ne frenò la diffusione fra le

persone agiate ma non fra gli strati più umili del

popolo.

La storia dell’acquavite di vinaccia è anche storia

di dazi e di gabelle.

Nell’Italia pre-unitaria la produzione e il piccolo

commercio di acquaviti era tollerato dalle autorità

doganali, sebbene nelle valli alpine sia entrata nella

tradizione popolare la guerra tra contrabandieri e

doganieri.

Nell’Impero Austro-Ungarico esistevano

addirittura agevolazioni a favore delle distil lerie

agricole, pur con delle precise norme e limitazioni: la

produzione, infatti, non poteva superare i tre litri di

alcol per ogni ettaro di terreno di proprietà, la

distil lazione non poteva durare oltre gli otto mesi

dell’anno, le scorie dovevano essere impiegate per la

concimazione dei terreni di proprietà e per

l’alimentazione del bestiame.

Nel Trentino i contadini, improvvisatisi

distil latori, trovarono nell’acquavite il mezzo di

scambio per procurarsi prodotti non agricoli o

contanti, in modo da arrotondare le loro scarse

entrate.

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Il Regno d’Italia si disinteressò al problema,

almeno in un primo momento: ogni singolo

proprietario terriero poteva distil lare annualmente non

più di cinquanta litri di acquavite dalle proprie

vinacce e questo quantitativo doveva servire per uso

familiare.

La materia fu, infine, regolamentata con la legge

24 giugno 1888, concedendo alla distil lazione

familiare notevoli agevolazioni rispetto alla legge

voluta da Quintino Sella e in base alla quale era stata

istituita l’ imposta di fabbricazione sugli spiriti, legge

che risaliva all’11 agosto del 1870.

Con l’ imposizione di tasse e gabelle, nella storia

della grappa entra un nuovo personaggio, il

distil latore clandestino, cioè evasore dell’ imposta di

fabbricazione, figura sopravvissuta fino ai nostri

giorni.

Questi personaggi, in prevalenza montanari, erano

povera gente che cercava di sbarcare il lunario, “viver

lambiccando” appunto, con il commercio clandestino

della grappa.

Nascondevano il rudimentale alambicco sui monti

dove, a prezzo di notevole fatica fisica, trasportavano

a spalle le vinacce, con la continua preoccupazione di

essere scoperti dalla Guardia di Finanza, di essere

arrestati e multati e di vedersi distruggere

l’alambicco.

Nelle valli Lombarde, Piemontesi e delle Tre

Venezie si distil lava con alambicchi di fortuna,

escogitando sempre nuovi metodi per far giungere la

grappa in paese, in barba alle Fiamme Gialle.

Ma la storia della grappa è anche storia del suo

nome.

“Grappa” è un sostantivo femminile che sta a

significare artigl io, ferro piegato ai due lati atto a

bloccare due massi, due pietre o due travi e, di

conseguenza, “grappino” significa ancoretta a quattro

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marre, il tutto derivante dal germanico “krappa”,

appunto uncino, termine di origine gotica. Viene

spontanea la similitudine tra la forma della grappa,

nel senso di uncino, e quella del raspo che sostiene gli

acini dell’uva.

I Longobardi, invece, hanno lasciato traccia tanto

in Friuli quanto a Benevento: ebbene è longobardo il

“rappe” che significa raspo e, quindi, grappolo. Lo si

ritrova in Piemonte, dove si dice “rapa d’uva”

intendendo un grappolo d’uva oppure in Veneto con

“graspo de ua”.

Giuseppe Berio, nel suo “Dizionario del dialetto

veneto” (1856) porta sia il termine “graspa”, al quale,

però, dà il significato di “raspo”, e cioè di grappolo

spremuto, che il termine “graspia”, quale sinonimo di

vinello che si ottiene dal lavaggio delle vinacce.

La grappa, intesa come acquavite, non è registrata

dal “Dizionario di l ingua italiana” (1869) di Nicolò

Tommaseo, né dall’edizione del 1893 del “Dizionario

del Crusca”.

Viceversa, nel “Dizionario Vicentino-Italiano”

(1896) di Luigi Pajello, la parola “graspa” è segnalata

anche con il suo significato attuale di acquavite.

A fronte di tutto ciò appare chiaro come l’origine

del nome della grappa derivi dalla materia prima dalla

quale si ottiene il distil lato, ossia dalle “graspe”

dell’uva.2

Se volessimo riassumere la storia della diffusione

della grappa, potremmo suddividerla in tre cicli

storici: i l primo è quello che va dai primordi della

distil lazione della vinaccia alla fine della prima

guerra mondiale; il secondo abbraccia il periodo fra il

primo e il secondo dopoguerra fino agli anni 60; il

terzo quello dagli anni 60 ai giorni nostri.

Nel primo periodo la grappa fu essenzialmente e

per molto tempo un consumo familiare e contadino

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della gente veneta, trentina, friulana e piemontese,

con frange in Lombardia e in Sardegna.

Il primo nome che entra nella storia è quello di

Bortolo Nardini, che incomincia la sua attività nel

1779 a Bassano del Grappa.

Fino alla seconda metà dell ’800 la storia

dell’acquavite di vinaccia è anonima: peraltro nel

Veneto e in Lombardia oltre a Bortolo Nardini ci

dovevano essere altri distil latori se l’Imperiale Regio

Governo d’Austria e Ungheria si premurò di emanare

nel 1798 una legge che regolamentava la produzione

delle acquaviti e soprattutto istituiva un dazio.

Comunque il più della produzione è di

contrabbando e solo verso la metà dell’800 e sul finire

del secolo la storia si arricchisce di nuovi pionieri,

peraltro sempre in numero limitato e per attività di

piccolo artigianato. Fra essi ricordiamo: in Piemonte

Bocchino di Canelli; nel Veneto Carpenè e Da Ponte

di Conegliano; nel Friuli Candolini di Tarcento e

Nonino di Percoto; nel Trentino Segnana di Borgo

Valsugana.

Sicuramente nell ’800 ci sono stati altri distil latori

di piccolo commercio, ma i maggiori fermenti

commerciali si hanno nel periodo antecedente la prima

guerra mondiale, che vede la nascita di nuove

distil lerie.

Il primo periodo di diffusione della grappa si

conclude con la grande guerra: milioni di combattenti

convergono nel territorio veneto per far barriera agli

austroungarici e molti di essi imparano a conoscere e

ad apprezzare la grappa. Nel contempo i profughi

triveneti portano l’uso della grappa nell’Emilia

Romagna, in Lombardia e in altre regioni.

Ed è in questo periodo che nasce l’abbinata

grappa-alpino, una delle immagini tuttora persistenti

nell’ immaginario collettivo: la grappa aiutò la morte

2 F. Brunello (1969) “Storia dell’acquavite”; Ed. Neri Pozza

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di molte migliaia di soldati che caddero negli inutil i

assalti all’arma bianca sull’Ortigara, sul Grappa, sul

Carso e in tutti i luoghi legati alla storia della grande

guerra.

Come conseguenza un ulteriore passo in avanti

verso la commercializzazione sistemica lo si ebbe

nell’altro dopoguerra.

Gli uomini che furono al fronte si portarono

appresso il ricordo della grappa conosciuta in trincea

o in retrovia.

Il mercato si allarga, le distil lerie crescono in

numero e perfezionano i metodi di distil lazione, ma

siamo pur sempre in fase sub-artigianale.

Ha così inizio il secondo periodo di diffusione

della grappa.

Per la diffusione del consumo nelle grandi città

hanno valso oltre che le conoscenze dei reduci anche

le abitudini delle successive ondate migratorie.

Nell’altro dopoguerra molte delle portinaie dei palazzi

milanesi erano venete. Una grossa fetta del personale

alberghiero a tutti i l ivelli era formata da friulani, i l

maggior numero delle domestiche, cameriere,

governanti o guardarobiere era formato da venete,

trentine e friulane.

Così in quel periodo le distil lerie aggiornano gli

impianti e allargano la produzione e molte di nuove

iniziano l’attività.

Fra le nuove la Tonini di Fagarè, la Negroni di

Treviso, la Comar di Fiumicello, e altre ancora.

La distil lazione della grappa continua in quello

che è il suo secondo periodo fino agli anni ’60.

Intervengono in questo periodo massicce ondate

migratorie, favorite dalla facilità dei trasporti, dal

progressivo trasformarsi della nostra società da

agricola ad industriale, con un conseguente

progressivo miglioramento economico degli italiani.

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Nascono nuove distil lerie e fra esse la Camel di

Udine, la Lovato a Bassano, la Antonio Panico in

Romagna, la Beccaris di Costigliole d’Asti.

Alla grappa hanno aperto in questo dopoguerra

anche molte aziende famose per altri prodotti: così la

Bisleri, la Branca, la Buton, la Stock, la Gambarotta.

All’ incirca alla metà degli anni ’60, Maria Teresa

Maschio, allora titolare della Landy Frères, puntò per

prima alla diffusione di massa della grappa. Fu una

scommessa con sé stessa e con il mercato dato che la

grappa era poco o niente conosciuta al di fuori delle

aree tradizionali: una massiccia campagna

promozionale-pubblicitaria e l’offerta di un prodotto

che mediamente entrava nel gusto d’un pubblico più

largo hanno fatto registrare alla Grappa Piave un

successo inusitato che stimolò altr i produttori, e trainò

il consumo delle altre grappe.

Il periodo positivo della grappa continuò fino agli

anni ’80, quando si è presentata la tendenza negativa

dei consumi della grappa e di tutti i superalcolici.

1.2 Storia della distil leria G.B. Poli.

L’obiettivo della mia tesi è di conoscere il mondo

della “Grappa”. Un grande aiuto in questo mio lavoro

mi è stato offerto dall’esperienza e professionalità dei

mastri grappaioli della distil leria G.B. Poli di cui mi

accingo a dare alcune nozioni storiche.

La famiglia Poli si occupa di Grappa da quasi

100 anni; infatti i l primo che cominciò a distil lare fu

GioBatta Poli (1846-1921), il quale verso la fine del

secolo scorso produceva cappelli di paglia, attività

piuttosto fiorente all’epoca, ma aveva una grande

passione: la Grappa.

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Costruì una piccola distil leria montata su un

carretto e andò di casa in casa a distil lare la vinaccia

dei piccoli produttori di vino, a cui in baratto dava

una parte del distil lato.

Iniziò così la storia di grappaioli della famiglia

Poli.

I l f iglio di GioBatta, Giovanni (1877-1964),

decise di rendere legale questa attività e fu così che

dal 1898 la Distil leria cominciò ad operare

ufficialmente; il primo alambicco fu ricavato da

GioBatta modificando la vaporiera a legna di una

locomotiva. Era un vero patriarca, un uomo dai

principi morali inossidabili, (“Vendi caro ma pesa

giusto!” ripeteva sempre), ma anche spirito il luminato

e progressista: era sua la prima auto della zona e

aveva il telefono col numero 2; bisogna notare che il

numero 1 era quello del centralino della Tel.Ve, la

Telecom di allora.

Antonio Poli, classe 1919, proseguì l’attività di

suo padre ingrandendo nell’ immediato dopoguerra

l’ impianto di distil lazione originario. È un uomo di

profonda umanità, troppo nobile per essere un buon

affarista, ma capace come nessuno di trasformare la

semplice vinaccia in purissima Grappa.

Ora è all’opera la quarta generazione di

grappaioli: quattro fratelli, Gianpaolo, Jacopo,

Barbara e Andrea, tutti impegnati nel continuare la

tradizione di famiglia e uniti dall’obiettivo di far

capire ed apprezzare la fatica, la tenacia, ma

soprattutto l’Amore racchiuso in un distil lato, un

Amore per la propria arte, per il profondo mondo, un

Amore senza il quale nessun risultato sarà mai

possibile.

Esiste quindi una lunga storia e una tradizione di

quattro generazioni; tuttavia è importante sottolineare

che Jacopo, incaricato della disti l lazione, ritiene che

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bisogna valutare sempre con occhio critico l’eredità

dei predecessori.

Non sempre infatti quello che andava bene una

volta va bene anche ora.

Per esempio il gusto della clientela di oggi è

diverso dal gusto della clientela dei tempi del padre di

Jacopo: i suoi clienti bevevano Grappa per riscaldarsi,

si potrebbe dire che la bevevano anche per nutrirsi,

per soddisfare un fabbisogno energetico, mentre i

clienti di oggi degustano una Grappa alla ricerca di

gradevoli sensazioni organolettiche. È uno dei sottil i

piaceri che migliorano la qualità della vita.

Per questo motivo si è voluto ottenere una

Grappa diversa, meno rude ed aggressiva rispetto a

quella di una volta, più raffinata e più armonica.

Fu molto diff icile convincere Antonio ad

accettare questa nuova filosofia produttiva, al punto

che Jacopo dovette cominciare a distil lare di notte,

mentre suo padre distil lava di giorno.

Fu così possibile sperimentare diverse tecniche di

distil lazione che permisero di ottenere, alla fine della

stagione, due prodotti diversi: quello di Jacopo e

quello di suo padre. Lui li assaggiò e con molta onestà

disse che il nuovo stile era migliore e da allora affidò

completamente la distil leria ai suoi figli. 3

3 Informazioni gentilmente fornite dal Sig. J. Poli

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CAPITOLO II

L’APPROVVIGIONAMENTO DELLA MATERIA PRIMA: LA VINACCIA

2.1 Componenti della vinaccia.

Nel mondo si producono oltre 90 miliardi di

chilogrammi di uva ogni anno. Non tutta diventerà

vino e solo una piccola parte fornirà la materia prima

per fare la grappa: la vinaccia. Nell'accezione tecnica

del termine la vinaccia è quanto rimane di un grappolo

quando lo si è privato della fase liquida con i sistemi

messi oggi a disposizione dalla meccanica enologica.

La vinaccia è quindi l’ insieme dei RASPI (

l ’ intelaiatura erbaceo-legnosa che lega gli acini in

grappolo e questo alla vite) dei VINACCIOLI ( i semi

della vite racchiusi nell’acino dai quali si ricava un

olio pregiato, sebbene alla grappa possono solo

conferire una sgradevole oleosità) e delle BUCCE

degli acini ( parte fondamentale per la distil lazione,

impregnate di alcol e/o di zuccheri che, in seguito a

fermentazione, potranno originare quell’aliquota del

4-6% di alcol etil ico, l’elemento secondo solo

all’acqua nella composizione quantitativa della

grappa).

Volendo mettere la cosa sotto un profilo

quantitativo abbiamo che da kg 100 d’uva si ricavano

lt 80-85 di mosto, kg 9-12 di bucce, kg 3-4 di

vinaccioli e kg 3-4 di raspi. Per far la grappa però

raspi e vinaccioli non interessano: i primi in

distil lazione non sono d’util i tà alcuna, creano

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problemi nella conservazione delle bucce e altri, non

meno importanti, sotto il profilo meccanico. Quindi,

trattando noi di grappa, quando parleremo di vinaccia,

intenderemo l’ insieme delle bucce degli acini d’uva

separate dal mosto dopo la pigiatura o dal vino al

termine della fermentazione.

Vista da un esperto di fisiologia vegetale la buccia

dell’acino d’uva non è altro che un involucro formato

da un’epidermide dello spessore di m2-10 millesimi di

mill imetro costituita da cellule regolari disposte in

buon ordine come il selciato di una strada. Al disotto

dell’epidermide, verso l’ interno dell’acino, vi sono

altre serie di cellule sempre più grosse mentre, al

disopra, l’epidermide è coperta da una cera bianca

chiamata pruina che è un fattore nutrizionale dei

lieviti.

Per il biochimico la buccia dell’uva è un insieme

di acqua, cellulosa ( 20-25%), sostanze azotate ( 10-

15%), pectine, zuccheri, acidi grassi e fenolici,

steroli, aldeidi, esteri, chetoni, sostanze coloranti e

aromatiche, sali minerali e via discorrendo.

Per il produttore di grappa la buccia dell’acino

d’uva è altro: è la materia prima per produrre

emozioni attraverso gli aromi che contiene, e diviene

sempre più importante anche per la conoscenza di

ogni fattore incidente sul contenuto. 4 (FIG.1/2/3)

4 L. Odello (1997) “Grappa: Analisi sensoriale & tecnologia”; Ed. Centro Studi e Formazione Assaggiatori

19

FIG. 1 e FIG. 2 (Fonte: L. Odello 1998 - Centro Studi

e Formazione Assaggiatori, Corso ANAG di III

l ivello)

20

FIG. 3 (Fonte: L. Odello 1998 - Centro Studi e

Formazione Assaggiatori, Corso ANAG di III l ivello)

2.2 Caratteristiche della vinaccia.

Le caratteristiche della vinaccia sono strettamente

dipendenti dai fattori climatici e pedologici in cui è

stata prodotta l’uva, dal vitigno o dai vitigni dai quali

deriva, dalle tecnologie util izzate nell’ammostamento

e nella fermentazione, dal periodo e dalle modalità

21

con le quali è stata conservata la massa prima di

giungere all’alambicco.

La vinaccia, data la sua composizione

particolarmente ricca di sostanze energetiche,

nutritive e di ossigeno, è difficilmente conservabile in

quanto si presta a favorire l’attività di un gran numero

di microrganismi e di enzimi. Batteri, l ieviti e muffe

possono compromettere nel giro di qualche decina di

ore appena la sua vocazione alla produzione di grappa

di qualità.

Purtroppo le inderogabili leggi economiche

vietano la possibilità di installare impianti capaci di

distil lare la vinaccia man mano viene separata dal

vino e l’ incontrovertibile tendenza enologica di un

precoce allontanamento delle bucce degli acini d’uva

in fase di ammostamento - o comunque prima che sia

terminata la fermentazione- impongono un congruo

periodo di conservazione - o insilamento, come viene

chiamato in gergo tecnico- per permettere agli

zuccheri di essere trasformati in alcol.

Fortunatamente meno del 30% della vinaccia

prodotta nel nostro Paese è distil lata per produrre

grappa e quindi il lambiccaro intelligente destina

solamente la materia prima migliore alla fabbricazione

della nobile acquavite deviando in alcol buongusto la

lavorazione della restante parte. E fortunatamente le

ricerche condotte negli ultimi anni hanno introdotto

nuovi metodi di insilamento che consentono di

ottenere grappe di discreta qualità anche da vinacce

vergini.

La conservazione della vinaccia per periodi più o

meno lunghi - ma ricordiamo che possono bastare

anche solamente ventiquattr’ore d’incuria per

compromettere le buone caratteristiche grappicole –

può portare a tali catartiche trasformazioni da

cancellare ogni fattore di tipicità rendendo, per

contro, tipico sotto il profilo organolettico il quadro

22

aromatico dovuto al fatto medesimo. In poche parole è

più facile riconoscere se una grappa è fatta con

vinaccia insilata o meno rispetto, ad esempio,

all’ identificazione della sua regione d’origine.

Nella caratterizzazione della vinaccia gioca un

ruolo importante anche il vitigno o l’ insieme dei

vitigni da cui deriva una determinata partita e, quindi,

la regione o la zona di provenienza che, sempre più, è

caratterizzata da una determinata base ampelografica.

Il fattore diventa tanto più importante quanto più sono

presenti vitigni aromatici ossia capaci di sintetizzare

particolari molecole in grado di marcare in modo

evidente il profilo olfattivo della grappa. In subordine

sono significativi i rapporti in cui sono presenti

varietà di vitis vinifera a bacca bianca – normalmente

fornitrici di vinacce vergini- e vitigni a bacca nera.

Anche le caratteristiche specifiche quali i l patrimonio

acidico medio delle uve, variabile sì da annata ad

annata ma anche da varietà a varietà, possono influire

sulla determinazione del profilo organolettico della

grappa. Facciamo un esempio: Barbera e Raboso non

sono certo vitigni aromatici ma la loro elevata acidità

fissa li pone ai primi posti della classifica quali

migliori produttori di grappa (sempre che, riguardo al

Raboso, non si tratti di vinacce derivanti da mosto

muto).

Un altro caso emblematico è dato da zone come il

Chianti in cui i l particolare uvaggio, segnato da

vitigni con accento aromatico quali i l Canaiolo nero e

la Malvasia, nonché le specifiche tecnologie di

vinificazione, rendono abbastanza appariscenti i

caratteri di tipicità tanto da costringere il distil latore a

notevoli sforzi per la differenziazione di diverse

partite di grappa di fattorie diverse ma della stessa

zona.5

5L. Odello 1997 “Grappa: Analisi sensoriale & tecnologia”; Ed. C Studi e Form. Assaggiatori

23

2.3 L’ubicazione geografica incide

nell’approvvigionamento della materia prima

della distil leria G.B.Poli.

La distil leria G.B. Poli è situata a Schiavon,

provincia di Vicenza.

Schiavon gode di una buona posizione geografica,

a metà strada fra Bassano del Grappa e Vicenza; è un

paese di pianura posto subito ai piedi di quello

splendido semicerchio costituito dalle colline di

Marostica e Breganze e, più in là, dalle Prealpi Venete

e dalle Dolomiti.

L’ubicazione geografica presenta dei vantaggi da

un punto di vista produttivo in quanto consente un

rapido collegamento con le aree di

approvvigionamento della materia prima, in primo

luogo con la zona di Breganze, ed è questo uno dei

motivi principali per cui i l fondatore dell’azienda

scelse di iniziare la propria attività distil latoria nel

paese di Schiavon.

La distil leria G.B. Poli acquista la vinaccia

necessaria alla produzione dei propri distil lati da

cantine private, cantine sociali e piccoli viticoltori i

cui vigneti si trovano in zone a D.O.C. rinomate per la

produzione di ottimi vini, situate in provincia di

Vicenza e nelle provincie limitrofe di Treviso e

Padova. Questa scelta rigorosa è stata dettata dalla

volontà di conferire al distil lato una tipicità

organolettica derivante dal territorio di origine della

materia prima.6

6 Informazioni gentilmente offerte dal Sig. J. Poli

24

ZONA VITIGNO

Breganze (VI)

Cabernet, Merlot, Pinot

Nero, Vespaiolo, Torcola-

to (vino passito da uve

Vespaiolo e Tocai)

Colli Berici (VI) Tocai rosso

Piave (TV) Cabernet, Merlot, Raboso

Montello e colli Asolani

(TV)

Cabernet franc, Cabernet

Sauvignon

Colli Euganei (PD) Moscato Bianco

- Breganze: la zona di produzione dei vini

“Breganze” in provincia di Vicenza comprende per

intero i territori amministrativi dei comuni di:

Breganze, Fara Vicentino, Mason Vicentino,

Molvena, ed in parte quelli dei comuni di Bassano

del Grappa, Lugo di Vicenza, Marostica,

Montecchio Precalcino, Pianezze, Salcedo,

Sandrigo, Sarcedo e Zugliano;

- Colli Berici: la zona D.O.C. Colli Berici è molto

vasta e abbraccia tutti i comuni della zona collinare

berica posta a sud di Vicenza. Per la particolare

natura del terreno e clima vengono prodotti vini di

qualità. La gamma dei vini è molto vasta,

comprende 7 vini D.O.C. di cui 4 bianchi, 2 rossi e

un rosato (solo il Tocai rosso viene util izzato dalla

distil leria G.B. Poli);

- Piave: le uve destinate alla produzione dei vini

Piave devono essere prodotte nel territorio

ricadente nel bacino del Piave. È una zona

particolarmente felice per la colt ivazione della vite.

Il terreno risulta argilloso, ricco di sali minerali e

ben fertil izzato;

25

- Montello e Coll i Asolani: le uve devono essere

prodotte nella zona che comprende l’ intero

territorio del comune di Monfumo e parte del

territorio dei comuni di: Asolo, Caerano S.Marco,

Castelcucco, Cavaso del Tomba, Cornuda, Crocetta

del Montello, Maser, Montebelluna, Nervesa della

Battaglia, Possagno del Grappa …;

- Colli Euganei: la zona di produzione dei vini “Colli

Euganei” è in provincia di Padova. Il terreno

euganeo è ricco di sostanze minerali e si adatta

bene alla viticoltura.7 (FIG. 4)

FIG. 4 (Fonte: Camere di Commercio del Veneto

“Vini Veneti D.O.C.)

26

2.4 La classificazione delle vinacce.

Le vinacce possono essere classificate in base a

quattro elementi caratterizzanti: i l valore di umidità,

la presenza o meno di raspi, la quantità di zuccheri e/o

di alcol contenuti, i l vitigno di provenienza.

Esaminiamo ora le caratteristiche singolarmente:

1) in base al VALORE DI UMIDITÀ e, quindi,

alla quantità di mosto o di vino che ancora

contengono, le vinacce si definiscono umide o

sovrapressate. L’importanza della distinzione

sta nel fatto che più le vinacce sono umide, più

sono ricche di alcol o di zuccheri, i quali

fermentando produrranno alcol e, per questo,

daranno una maggiore resa in grappa; infine la

stessa grappa sarà di qualità superiore per

tipicità e aroma.

La sovrapressatura dell’uva, invece, porterà ad

un vino di bassa qualità e, di conseguenza, a

vinacce alquanto prive di succhi alcolici le

quali daranno luogo ad una grappa scadente.

Questa classificazione si basa sul potenziale

alcolico delle vinacce ed è proprio in base alla

quantità di alcole contenuto per quintale che

queste verranno valutate sul mercato.

2) A seconda del sistema util izzato per la

mostatura dell’uva i RASPI vengono separati

dalle bucce oppure no; nel primo caso le

vinacce si diranno diraspate, nel secondo non

diraspate.

Per la distil lazione i raspi sono inutil i, se non

dannosi, in quanto possono cedere sostanze

poco gradite alla grappa.

Le vinacce diraspate, perciò, presentano un

maggior valore commerciale.

7 Camere di Commercio del Veneto “Vini Veneti D.O.C.”

27

3) È questa la classificazione di gran lunga più

importante rispetto alle altre: le vinacce

possono subire la fermentazione alcolica a

contatto con il mosto, subirla solo

parzialmente, o non subirla affatto.

Avremo, quindi, tre tipi fondamentali:

3.a la vinaccia FERMENTATA che è rimasta

con il mosto finché questo si è fatto vino, per

cui lo zucchero è trasformato totalmente in

alcol ed essa stessa si sarà arricchita del

patrimonio aromatico del vino. È pronta per

essere distil lata e non corre i rischi di una

prolungata conservazione.

Proviene dalla produzione di vini rossi.

3.b la vinaccia VERGINE, che viene ricavata

separando le parti solide dal mosto, appena

dopo che si è compiuta la pigiatura; in essa,

perciò, non è presente alcol ma solo zuccheri,

per cui non può originare grappa.

Bisogna conservarla per un congruo periodo di

tempo, affinché si compia la fermentazione.

In questa fase esistono dei rischi di

fermentazione anomale o l’ instaurarsi di ife

fungine le quali comportano perdita di alcol e

formazione di composti secondari

indesiderabili.

Proviene dalla produzione di vini bianchi.

3.c la vinaccia SEMIFERMENTATA è un tipo

intermedio tra i due appena descritti, per cui

può essere distil lata rinunciando a quella parte

di alcol che non si è ancora svolto, oppure può

essere conservata finché si completi la

fermentazione alcolica.

Proviene soprattutto dalla produzione di vini

rosati.

4) Con questa classificazione la vinaccia assume la

denominazione del vitigno di provenienza, ma

28

solo alcuni vitigni sono capaci di sintetizzare

particolari sostanze aromatiche, in grado di

essere trasmesse alla grappa in fase di

distil lazione e, quindi, di caratterizzarla

inequivocabilmente: Moscato, Riesling,

Mueller-Thurgau, Traminer, Nosiola e pochi

altri.

Tutti gli altri sono vitigni a frutto neutro che

non comunicano un particolare aroma alla

grappa e, quindi, non ne permettono il

riconoscimento al momento della degustazione.

2.5 Composizione chimica della vinaccia.

Per molta gente costituisce quasi sempre una

notevole delusione pensare che la grappa sia fatta per

il 40-60% da acqua e che l’alcol etil ico sia presente

grossomodo solo in proporzioni equivalenti. Altre

persone, più raff inate, sono invece sorprese che i due

elementi (acqua e alcol etil ico), costituenti per i l 99%

la prestigiosa acquavite, non siano più di tanto

importanti per le caratteristiche organolettiche, mentre

queste sono fondamentalmente dipendenti da alcune

centinaia di sostanze che, pur rappresentando una

quota compositiva di appena l’1%, o anche meno,

sono i veri responsabili dell’aroma.

Senza soffermarci sull’acqua –questo solvente

universale la cui presenza nella grappa è in parte

dovuta all’umidità della vinaccia, in parte a quella

usata nella fase finale del ciclo di lavorazione per la

riduzione del grado- cerchiamo di conoscere gli altri

costituenti della nostra acquavite.

Chimicamente sono composti ternari formati da

atomi di carbonio, idrogeno e ossigeno. Alcuni sono

29

molto profumati e tutti sono dotati di potere narcotico

e/o euforizzante sull’organismo umano.

I più importanti tra quelli presenti nella grappa

sono:

ALCOL ETILICO: costituente fondamentale

tuttora util izzato, anche se con minore importanza

rispetto al passato, come parametro per la

determinazione del prezzo della grappa. È un liquido

incolore, di odore gradevole e di sapore bruciante, si

miscela in tutte le proporzioni con l’acqua contraendo

il suo volume, è buon solvente di molte sostanze

coloranti e aromatiche. Nella grappa si sfrutta questa

sua caratteristica per l’ invecchiamento e

l’aromatizzazione;

ALCOL METILICO: è uno dei componenti della

grappa più temuti dai distil latori perché è tossico per

l’organismo umano e la legge ne fissa il l imite

massimo a 1 ml per 100 ml di alcol anidro. L’alcol

metil ico aumenta normalmente e giunge a tenori

proibit ivi nei casi di conservazione della vinaccia per

tempi molto lunghi e/o quando le modalità di

insilamento sono tecnicamente inadeguate;

ALCOLI SUPERIORI: comprendono gli alcoli che

hanno più di due atomi di carbonio. I più importanti

sono gli isoamilici, l ' isobutil ico, il propilico ed il 2-

butanolo. Alcuni di essi si formano durante la

fermentazione alcolica, altri durante l’ insilamento

delle vinacce. Il 2-butanolo, ad esempio, è stato

proposto come elemento di identificazione per

l’acquavite di vinaccia perché non è presente nei

distil lati di vino, se non in tracce, in quanto si forma

solo durante l’ insilamento.

Gli alcoli superiori hanno sull’organismo umano

un effetto narcotico ancor più elevato dell’alcol

etil ico; più precisamente esso è di 3,9 volte per l’alcol

propilico, 27 volte per l’alcol isobuti l ico e 52 volte

per gli alcoli isoamilici. Nella grappa questi alcoli

30

sono presenti in quantità molto basse per cui

fisiologicamente l'effetto risulta modesto. Gli alcoli

hanno la proprietà di combinarsi con gli acidi organici

originando gli esteri.

ACIDI ORGANICI: sono anch’essi composti

formati solamente da atomi di carbonio, ossigeno e

idrogeno ma legati in modo particolare tanto che,

posti in soluzione acquosa, liberano ioni idrogeno

percepibili dalle nostre papille situate sui bordi della

lingua come sensazione acida.

Nella grappa buona è difficile percepirli

distintamente, ma vanno a rafforzare l’aggressività

tatti le dell’alcol. La loro presenza, quando

quantitativamente modesta, giova al gusto

dell’acquavite e anche al profumo in quanto c’è una

maggiore formazione di esteri dovuta alla reazione di

essi con gli alcoli. I l più presente nella grappa è

certamente l’acido acetico, seguono il formico, il

butirrico, il lattico, il propionico, l’ isovalerianico, i l

capronico, l’enantico, il pelargonico, il caprilico e il

caprico.

ESTERI: proprio perché derivanti dal matrimonio

tra due famiglie piuttosto numerose di costituenti

della grappa (acidi e alcoli) sono numerosissimi e

fautori delle più straordinarie sensazioni olfattive sia

positive che negative.

Tra di essi l ’acetato di etile detiene in genere la

partecipazione della maggioranza assoluta e, pur non

essendo un fautore di emozioni esaltanti, è utile

perché inibisce la percezione delle aldeidi insature ed

esalta alcuni componenti a nota fruttata. Quando

supera la soglia dei 100-150 mill igrammi ( sempre in

100 ml di alcol anidro ) la sua presenza si fa arrogante

e porta alla memoria componenti acetosi.

ALDEIDI: nella loro formula contengono gli

stessi elementi di alcoli e acidi ma, forse per la loro

struttura instabile, quasi transitoria, sono

31

organoletticamente molto evidenti anche a

ridottissime concentrazioni

La chimica le vuole divise tra sature e insature: le

prime sono responsabili di sensazioni generalmente

erbacee mentre le seconde possono essere floreali ma

anche molto negative, e impressionare la nostra

mucosa con sentori rancidi e persino di sudore. La più

presente nella grappa è l’aldeide acetica alla quale

fanno seguito l’ isovalerianica, la butirrica, l’esilica,

l’acetale e i l furfurale. Interessante è il

comportamento di quest’ultima che si forma in modo

evidente con il surriscaldamento della vinaccia e

partecipa, a livello organolettico, a determinare

proprio l 'odore di bruciato.

TERPENI: sono bizzarre combinazioni di soli,

atomi di carbonio e idrogeno legate in lunghe catene

che assumono le più svariate conformazioni spaziali:

sono veri e propri ricami della natura che l’uomo

percepisce con il senso dell’olfatto sottoforma di una

poderosa serie di profumi.

I terpeni sono distintivi delle grappe derivanti da

vitigni a frutto aromatico ( moscato, muller thurgau,

riesling ecc. ).8

2.6 Formazione del prezzo delle vinacce.

Il mercato di approvvigionamento delle vinacce

risente, per quanto riguarda il prezzo, di due

componenti fondamentali: i l prezzo minimo di

acquisto delle vinacce da parte del distil latore, fissato

dai regolamenti della Comunità Economica Europea

(CEE), e le condizioni che in realtà vengono a

8 L. Odello (1995) “Grappa: tra assaggi e alambicchi”; Ed. Centro Studi e Formazione Assaggiatori

32

formarsi, in base a diversi fattori, sul mercato,

dall’ incontro della domanda dei distil latori e

dell’offerta dei vinificatori.9

2.7 Normativa CEE e gli aiuti A.I.M.A. (Azienda

Interventi Mercato Agricolo)

L’aiuto comunitario per l’acquavite di vinaccia o

grappa è stato istituito dalla CEE con il regolamento

n. 2144/82 del Consiglio del 27/7/82 che ha approvato

sostanziali modif iche all’articolo 39 del regolamento

CEE n. 337/79, relativo alla distil lazione obbligatoria

dei sottoprodotti della vinificazione.

Sono stati motivi puramente economici quelli che

hanno indotto la comunità a prevedere, a partire dalla

campagna vitivinicola 1982/83 il pagamento alle

distil lerie dell’aiuto per la distil lazione obbligatoria

dei sottoprodotti della vinificazione.

Il sistema in vigore fino alla campagna 1981/82

prevedeva un vantaggio economico solo per il

distil latore che consegnava all’organismo di

intervento alcole ad almeno 92 gradi, mentre, per il

distil latore di grappa esistevano solo formalità di

comunicare all ’organismo stesso i quantitativi

prodotti.

Tale situazione determinava un aumento della

produzione di alcole a svantaggio della produzione di

acquavite con conseguenti spese a carico della

Comunità, superiori a quelle che, a giudizio della

stessa, sarebbero derivate da un sistema che prevedeva

anche un aiuto per l’acquavite.

Con il Regolamento CE della Commissione n.

2486/98 del novembre 1998 è stata attivata per la

campagna 1998/99 la “distil lazione preventiva” di cui

9 Notiziario (1999) “Associazione Naz.le Industriali Distillatori di Alcoli e di Acquaviti”

33

all’art. 38 del Reg. CEE n. 822/87 per il volume di

vino da tavola pari a 8 milioni di ettolitri di cui 4

milioni di ettolitr i riservati al l’Ital ia.

Possono accedere alla distil lazione preventiva

soltanto i produttori di vino da tavola e cioè, qualsiasi

persona fisica o giuridica o associazione di persone

che hanno prodotto vino da tavola da uve fresche, da

mosto di uve e da mosto di uve parzialmente

fermentato, da essi stessi ottenuti o acquistati.

I contratti di distil lazione possono essere

conclusi, da parte dei produttori o “assimilati ai

produttori”, soltanto con “distil latori” o “assimilati al

distil latore” o “elaboratori di vino alcolizzato”

riconosciuti ed iscritti negli appositi registri del

Ministero per le Politiche Agricole.

Possono formare oggetto della distil lazione

preventiva i vini da tavola rossi, rosati e bianchi

aventi un titolo alcolometrico volumico effettivo non

inferiore a 9% vol. nonché i vini atti a dare vini da

tavola, aventi le caratteristiche di cui ai punti 12 e 13

dell’al legato 1 del Reg. CEE n. 822/87.

Dalla distil lazione dei predetti vini possono essere

ottenuti i seguenti prodotti:

- alcole neutro rispondenti alla definizione del Reg.

CEE;

- acquavite di vino rispondenti alle caratteristiche

qualitative previste dalle disposizione comunitarie

di cui al Reg. CEE n. 1576/89;

- alcole greggio avente un titolo alcolometrico pari o

superiore a 52% vol.

Il volume massimo di vino ammesso alla

“distil lazione preventiva” in Italia è stato stabilito in

4 milioni di ettolitri.

A norma del regolamento precitato e nel limite

succitato, ciascun produttore può concludere uno o più

contratti per un volume di vino da tavola o di vino

atto a dare vino da tavola che non può eccedere 25

34

ettolitri per ogni ettaro di superficie a vite dal quale è

stato ottenuto vino da tavola.

Pertanto, nel caso in cui in Italia vengano

presentati contratti per un volume superiore ai 4

milioni di ettolitri di vino si dovrà procedere alla

relativa riduzione secondo le modalità previste dal

regolamento.10

2.8 Prezzi minimi di cessione dei vini ed importi

degli aiuti Comunitari.

I l prezzo che i distil latori sono tenuti a pagare ai

produttori vinicoli per la materia prima consegnata in

assolvimento della prestazione obbligatoria, è fissato

ogni anno anteriormente al 1 agosto per la campagna

successiva.

Il prezzo minimo di cessione alla distil lazione in

questione dei vini da tavola e dei vini atti a dare vini

da tavola è pari ad ECU 2,487/% vol/hl.

Tale prezzo, che si applica a merce nuda franco

azienda del produttore, deve essere corrisposto dal

distil latore al produttore entro tre mesi dall’entrata in

distil leria di ciascuna partita di vino.

L’obbligo del rispetto del termine di pagamento è

subordinato alla condizione che il produttore abbia

assolto alle prestazioni viniche, condizione necessaria

per ottenere gli aiuti comunitari e nazionali previsti a

favore dei produttori.

L’obbligo si assolve con la consegna alla

distil lazione di tutti i sottoprodotti, vinacce e fecce,

ottenuti da qualsiasi trasformazione di uve e , se del

caso, di vino fino a raggiungere un montegradi non

inferiore al 10% del vino prodotto e, considerando

10 Notiziario (1999) “Associazione Naz.le Industriali Distillatori di Alcoli e di Acquaviti”

35

forfettariamente per la zona C2, un titolo

alcolometrico di 9,5.

È vietata la sovrapressatura delle uve e la

pressatura delle fecce; chi trasgredisce è soggetto a

fortissime penalità.

L’eventuale vino a completamento delle

prestazioni viniche, dovrà essere consegnato a

distil lerie o acetifici nel periodo dal 01/01/2000 al

31/07/2000.

Le vinacce, all’atto della consegna in distil leria,

devono aver un grado complessivo non inferiore a

2,80.Le fecce devono avere un grado non inferiore a

4,00 ed un tasso di umidità non inferiore al 45% del

loro peso.

Sui documenti di accompagnamento accorre

specificare che le vinacce e fecce consegnate derivano

da uve prodotte e vinificate in Italia (questo in

particolare se destinate alla produzione di grappa).

Quando il vino è stato ottenuto da mosti e da vini

acquistati, ancora in fermentazione, il quantitativo di

alcole contenuto nelle fecce da consegnare per le

prestazioni viniche deve essere pari almeno al 5%

dell’alcole contenuto nel vino così prodotto.

Gli importi degli aiuti sono stati f issati per grado

e per ettolitro di prodotto ottenuto dalla distil lazione

nella seguente misura:

a) ECU 1,884 se si ottiene alcole neutro, come

definito all’allegato 1 del Reg. CEE n. 2046/89;

b) ECU 1,751 se si ottiene alcole grezzo avente un

titolo alcolometrico di almeno 52% vol. o se si

ottiene acquavite di vino rispondente alle

caratteristiche fissate dalle disposizioni vigenti.

L’aiuto comunitario è corrisposto dall’A.I.M.A. al

distil latore entro tre mesi a partire dalla data in cui lo

stesso fornisce le prove dell’avvenuta distil lazione del

quantitativo totale del vino indicato nei contratt i o

nelle dichiarazioni sostitutive e del pagamento del

36

prezzo minimo di acquisto entro i termini stabilit i.

Tali prove devono essere fornite dal distil latore

all’A.I.M.A. entro il 31 dicembre 1999.

Se si constata che il distil latore non ha pagato al

produttore il prezzo minimo di acquisto, l’A.I.M.A.

versa al produttore prima del 1 giugno 2000 un

importo pari all’aiuto.

È prevista la possibilità che il distil latore, dopo

l’approvazione del contratto di distil lazione o della

dichiarazione sostitutiva, possa chiedere all’A.I.M.A.

che l’ importo dell’aiuto gli sia versato in anticipo a

condizione che costituisca a favore dell’A.I.M.A.

stessa una cauzione pari al 120% di detto importo

come stabilito con Reg. CEE n. 2046/89 e secondo le

modalità previste dal D.M. 6 settembre 1983

pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 258 del 20/9/83.

L’anticipo di cui sopra può essere corrisposto

nella misura massima dell’ importo dell’aiuto previsto

per la distil lazione del vino in alcole greggio o

acquavite di vino, calcolato sulla base del volume di

alcole del vino indicato nel contratto di distil lazione o

nella dichiarazione sostitutiva.

Nel caso di richiesta di pagamento anticipato

dell’aiuto, il relativo importo sarà corrisposto

dall’A.I.M.A. al distil latore entro tre mesi dalla

presentazione della cauzione e della relativa

documentazione.

Ai fini dello svincolo della cauzione, i beneficiari

dell’aiuto devono fornire all’A.I.M.A. -entro e non

oltre il 31 gennaio 2000- la prova che:

- i l quantitativo totale del vino oggetto del contratto

è stato distil lato nel termine stabil ito;

- i l distil latore ha pagato al produttore almeno il

prezzo di acquisto entro i termini prescritti.11

37

2.9 Presentazione dei contratti di distil lazione.

I produttori di vini da tavola che intendono

procedere alla distil lazione, devono presentare una

domanda per l’approvazione dei relativi contratt i di

distil lazione o delle dichiarazioni sostitutive, entro e

non oltre il 15 gennaio 1999, corredata da una copia

della dichiarazione di produzione relativa alla

campagna 1998/99.

Il contratto di distil lazione o la dichiarazione

sostitutiva, per i quali si chiede l’approvazione, deve

avere per oggetto l’acquisto del vino da parte del

distil latore e contenere l’ impegno di quest’ultimo di

corrispondere al produttore, entro i termini stabilit i,

un prezzo non inferiore al prezzo minimo di cessione,

fatta salva la riduzione di cui all’art. 44 del Reg. CEE

n. 822/87 che, per la misura in questione, è pari a

0,1811 ECU per ogni grado ettolitro di vino

consegnato alla distil lazione.

Oltre i predetti elementi, nei contratti di

distil lazione o dichiarazioni sostitutive vanno indicati:

a) le generalità e l’ indirizzo del produttore;

b) la quantità, i l colore e la gradazione alcolometrica

effettiva del vino che si vuol far distil lare e che

deve essere conforme alle disposizioni comunitarie

in materia di qualità dei prodotti destinati alla

distil lazione.

Dovrà essere precisato, altresì, se si tratta di vino

da tavola o di vino atto a dare vino da tavola;

c) i l luogo ove è immagazzinato il vino;

d) i l nome del distil latore o la ragione sociale della

distil leria;

e) l ’ indirizzo della distil leria.

11 Notiziario (1999) “Associazione Naz.le Industriali Distillatori di Alcoli e di Acquaviti”

38

Gli stessi contratti devono contenere una

dichiarazione secondo la quale il produttore, sotto la

propria responsabilità:

- attesti di aver soddisfatto per la scorsa campagna

agli obblighi delle distil lazioni di cui all’art. 35 e,

ove tenuto, all’art. 36 del Reg. CEE n. 822/87;

- si impegni ad addizionare al vino cloruro di l it io,

nella misura compresa tra i 5 ed i 10 grammi per

quintale;

- attesti di non aver presentato in altre Province

contratti relativi alla stessa distil lazione,

specificando, in caso contrario, l ’Ufficio presso il

quale ha presentato tali contratti e le quantità di

vino oggetto dei contratti medesimi approvati o in

corso di approvazione.

Il certif icato attestante l’avvenuto assolvimento

degli obblighi di cui agli articoli dinanzi indicati,

ri lasciato dall’Ufficio periferico dell’Ispettorato

Centrale Repressione Frodi competente, deve essere

presentato dal produttore interessato all’A.I.M.A.

entro il termine del 31 maggio 1999 mediante lettera

raccomandata, da inviare per conoscenza anche al

distil latore, unitamente a una copia del certif icato

medesimo.

In virtù delle disposizioni tendenti a rendere

obbligatoria l’esecuzione del contratto stipulato, il

contratto di disti l lazione o la dichiarazione sostitutiva

dovranno essere corredati dalla prova che è stata

costituita, a favore dell’A.I.M.A., una cauzione pari a

5 ECU per ettolitro di vino oggetto del contratto

stesso.

Detta cauzione dovrà essere conforme al modello

predisposto dall’A.I.M.A. e sarà svincolata

dall’A.I.M.A. stessa, proporzionalmente alle quantità

consegnate nel momento in cui viene fornita la prova

della effettiva consegna del vino in distil leria. Se non

39

viene effettuata alcuna consegna nei termini previsti,

la cauzione verrà incamerata per intero.

Nel caso in cui un produttore faccia eseguire per

proprio conto la distil lazione negli impianti di un

distil latore riconosciuto, il contratto di distil lazione

sarà sostituito da una dichiarazione di consegna e da

un contratto di “lavorazione per conto” concluso tra il

produttore ed il distil latore riconosciuto.

La dichiarazione ed il contratto di “lavorazione

per conto” devono contenere tutti gli elementi e le

attestazioni sopra specificate.

La stessa dichiarazione deve essere presentata dal

produttore che esegue la distil lazione negli impianti di

cui è titolare. In tal caso, deve essere prelevato un

campione del vino da distil lare sotto il controllo di un

pubblico ufficiale ed inviato ad un Laboratorio

autorizzato per l’analisi del prodotto, che deve

accertare, in particolare, la determinazione analitica

del titolo alcolometrico volumico effett ivo,

dell’acidità totale, dell’acidità volatile espressa in

acido acetico, dell 'anidride solforosa, dell’estratto

secco e delle ceneri. I l risultato di tali analisi viene

trasmesso a cura del produttore all’A.I.M.A.

unitamente al verbale redatto dal pubblico ufficiale

che ha presenziato al prelevamento del campione

stesso.

Il “contratto di distil lazione” o la “dichiarazione

sostitutiva” ed, eventualmente, il contratto di

“lavorazione per conto” vanno presentati, per

l’approvazione, all’Ispettorato Provinciale

dell’Agricoltura o ad altro organo all’uopo preposto

dalla Regione nella Provincia in cui è immagazzinato

il vino da distil lare, in cinque copie.12

12 Notiziario (1999) “Associazione Naz.le Industriali Distillatori di Alcoli e di Acquaviti”

40

2.10 Approvazione dei contratti di distil lazione e

delle dichiarazioni sostitutive.

L’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura o altro

organo incaricato dalle Regioni all’approvazione dei

contratti di disti l lazione procederà all’accertamento,

sulla base della documentazione presentata:

- della sussistenza delle condizioni prescritte per

l’ammissione alla distil lazione;

- della giacenza in cantina di un volume di vino da

tavola o atto a dare vino da tavola pari, almeno, al

volume che forma oggetto del contratto o della

dichiarazione.

Gli Uffici preposti all’approvazione dei contratti

devono comunicare, entro e non oltre il 20 gennaio

1999 al Ministero delle Politiche Agricole le quantità

globali di vino da tavola oggetto dei contratti o delle

dichiarazioni sostitutive presentate.

Analoga comunicazione dovrà essere effettuata da

parte degli uffici medesimi qualora non siano stati

presentati contratti o dichiarazioni sostitutive.

Si fa presente che le comunicazioni pervenute in

ritardo non saranno prese in considerazione e,

pertanto, i relativi contratti o dichiarazioni sostitutive

saranno esclusi dall’ intervento di cui trattasi.

Sulla base delle comunicazioni effettuate dai

singoli Stati membri la Commissione U.E. deciderà,

entro il 5 febbraio 1999, in merito all’eventuale

riduzione da apportare al volume di vino complessivo

dei contratti o delle dichiarazioni presentate.

Successivamente gli anzidetti uffici procederanno

all’approvazione dei contratt i o delle dichiarazioni

presentate dagli interessati entro il termine del 28

febbraio 1999.

41

Gli uffici stessi comunicheranno tempestivamente

agli interessati l ’esito della procedura anzidetta, entro

la stessa data prevista per l’approvazione. In tal caso

la cauzione di 5 ECU per ettolitro, costituita a favore

dell’A.I.M.A. viene svincolata per il quantitativo di

vino oggetto della riduzione dovuta esclusivamente

alle decisioni comunitarie.

A tal fine, due copie dei contratti o dichiarazioni

così approvati saranno restituite alle parti contraenti

(produttore e distil latore) ed un’altra sarà inviata

sollecitamente all’A.I.M.A. unitamente alla

documentazione richiesta.

Si ricorda che per i volumi di vino avviati alla

distil lazione eccedenti i volumi consentiti non sarà

riconosciuto alcun aiuto.

Le operazioni di distil lazione possono aver inizio

solamente dopo che il contratto o la dichiarazione

sostitutiva è stato approvato.

Resta naturalmente inteso che l’aiuto comunitario

non sarà in nessun caso corrisposto prima che il

produttore abbia presentato la dichiarazione di

produzione e non potrà riguardare quantitativi

superiori a quell i risultanti dall’applicazione

dell’eventuale limite ammesso dalla Commissione.

Gli Ispettorati Provinciali dell’Agricoltura o gli

organi designati dalle Regioni dovranno comunicare,

inoltre, al Ministero delle Politiche Agricole, entro il

10 marzo 1999, i l quantitativo totale di vino indicato

nei contratti di distil lazione o nelle dichiarazioni

sostitutive approvati.13

2.11 Consegna del vino alla distil lazione:

tolleranza e causa di forza maggiore.

13 Notiziario (1999) “Associazione Naz.le Industriali Distillatori di Alcoli e di Acquaviti”

42

Il vino può essere introdotto in distil leria dopo

l’approvazione dei relativi contratti di distil lazione o

delle dichiarazioni sostitutive e, comunque, non oltre

il 30 giugno 1999.

Nell’esecuzione dei contratti è ammessa una

tolleranza del 5% in più o in meno rispetto alle

quantità di vino indicate nei contratti stessi.

In conseguenza nessun aiuto è concesso:

- per l’ intero volume di vino effettivamente

consegnato in distil leria quando questo risulta

inferiore al 95% del volume, oggetto del contratto

approvato;

- per il volume di vino che eccede il 105% della

suddetta quantità;

- per la quantità di vino che eccede quella massima

prevista per la distil lazione in causa (25 hl/ha),

tenuto conto dell’eventuale riduzione decisa dalla

Commissione.

Nella consegna del vino alla distil lazione è

ammessa, altresì, una tolleranza di 0,8 grado alcole in

più o in meno, rispetto alla gradazione alcolica

indicata nel contratto o nella dichiarazione sostitutiva,

fermo restando il l imite minimo previsto per il ti tolo

alcolometrico effettivo dei vini da tavola (di 9° nelle

zone C/I/b, C/II e C/III, che interessano l’Italia) e per

il titolo alcolometrico volumico naturale dei vini atti

(di 8° per la zona C/I/b, di 8,5° per la zona C/II e di

9° per la zona C/III).

Non appare superfluo ricordare ancora una volta

che, salvo i casi di forza maggiore, la mancata

esecuzione o l’esecuzione dei contratti di distil lazione

per quantità inferiori al l imite di tolleranza comporta

l’eventuale perdita del diritto all’aiuto comunitario e

l’ incameramento da parte dell’A.I.M.A. dell’ intera

43

cauzione nel caso sia stato corrisposto l’aiuto in via

anticipata.

Il volume minimo di vino che può essere

consegnato alla distil lazione da ciascun produttore

non può essere inferiore ai 10 ettolitri.14

2.12 Impiego del rivelatore e controllo delle

caratteristiche del vino.

Le disposizioni del citato regolamento CEE n.

2046/89, nel delegare alle autorità competenti degli

Stati membri i compiti di controllo intesi ad evitare la

sottrazione dei vini da distil lare alla loro

destinazione, prevedono:

- la possibilità di imporre l’ impiego di un rivelatore;

- i l divieto di opporsi, a causa della presenza del

rivelatore, alla circolazione del vino in questione o

alla circolazione dei prodotti ottenuti dalla

distil lazione stessa.

Con Decreto Ministeriale 20 maggio 1986,

pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 140 del

19/6/1986 è stato stabilito che il vino da tavola

oggetto dei contratti di distil lazione deve essere

addizionato con cloruro di l it io nella misura compresa

tra 5 e 10 grammi per quintale di prodotto da avviare

alla distil lazione, opportunamente miscelato.

La violazione di tale obbligo comporta, per i

trasgressori, l ’applicazione delle sanzioni previste dal

D.L. 7 settembre 1987, n.370 convertito nella legge

n.460 del 4/11/1987.

I produttori debbono comunicare telegraficamente

all’Ufficio periferico dell’Ispettorato Centrale

14 Notiziario (1999) “Associazione Naz.le Industriali Distillatori di Alcoli e di Acquaviti”

44

Repressione Frodi competente, l’avvenuta

denaturazione del vino, secondo le norme del decreto

20 maggio 1986 e non possono procedere

all’estrazione o alla consegna del prodotto prima che

siano trascorse almeno 72 ore dalla predetta

comunicazione non computandosi in detto termine le

ore dei giorni festivi.

I distil latori hanno l’obbligo di non ritirare il vino

che non sia stato denaturato in conformità a quanto

prescritto dal precitato Decreto.

Il controllo delle caratteristiche del vino

consegnato in distil leria, in particolare, del

quantitativo, del colore e della gradazione alcolica

effettiva, viene effettuato dall’U.T.F. competente, per

sondaggio, secondo le istruzioni impartite dal

Ministero delle Finanze d’intesa con l’A.I.M.A.15

2.13 Documentazione relativa alla distil lazione e

adempimenti dei distil latori.

Ai fini della corresponsione dell’aiuto

comunitario secondo la procedura ordinaria o della

liquidazione definitiva dell’aiuto anticipato su

cauzione, gli aventi diritto devono presentare

all’A.I.M.A. specifica domanda, alla quale oltre agli

altri documenti che saranno previsti dall’anzidetta

Azienda, deve essere allegato il certif icato rilasciato

dall’U.T.F. competente per territorio.

Le operazioni di distil lazione devono essere

effettuate entro e non oltre il 31 agosto 1999, i

distil latori riconosciuti e loro assimilati dovranno

comunicare all’A.I.M.A. entro e non oltre il 10 di

ogni mese, le quantità di vino distil lato nel corso del

mese precedente e le quantità dei prodotti ottenuti

45

distinti in alcole neutro, alcole greggio e acquavite di

vino.

Il tardivo adempimento delle anzidette

comunicazioni comporta una riduzione dell’aiuto dello

0,1% per ogni giorno di ritardo, ai sensi del Reg. CEE

n.2721/88 modificato dal Reg. CEE n.2181/91.

Se il ritardo è superiore ad un mese l’aiuto non

viene corrisposto.

Lo stesso regolamento prevede anche una

riduzione dello 0,5% dell’aiuto per ogni giorno di

ritardo e per un periodo di due mesi, a carico del

distil latore che abbia trasmesso in ritardo:

- la prova del pagamento del prezzo minimo previsto

per la disti l lazione in causa;

- la domanda per ottenere l’aiuto.

Se il ritardo supera i due mesi l’aiuto non sarà

versato.

È previsto, altresì, che nel caso in cui il

distil latore non rispetti i l termine previsto per il

pagamento del prezzo di acquisto del vino l’aiuto sarà

ridotto dell’1% per ogni giorno di ritardo durante il

periodo di un mese.

Se il ritardo è superiore ad un mese l’aiuto non

sarà versato.

L’Ispettorato Centrale Repressioni Frodi

effettuerà indagini e controlli f inalizzati ad accertare,

anche mediante analisi su campioni prelevati,

l ’origine e le caratteristiche analitiche del vino

avviato alla distil lazione.

Si richiama l’attenzione sul contenuto dell’art.4,

comma 11, del decreto legge 7/9/1987, n.370,

convertito, con modificazioni, nella legge 4/11/1987,

n.460, il quale stabilisce, tra l’altro, che

l’ inosservanza delle disposizioni contenute nella

regolamentazione comunitaria relativa alla

distil lazione dei vini, comporta l’applicazione della

15 Notiziario (1999) “Associazione Naz.le Industriali Distillatori di Alcoli e di Acquaviti”

46

sanzione di l ire 150.000 per quintale o frazione di

quintale di prodotto e, comunque, non inferiore a lire

600.000.

47

CAPITOLO III

CICLO PRODUTTIVO

3.1 Raccolta e trasporto delle vinacce.

Nell’organizzazione della raccolta della vinaccia è

essenziale la rapidità con la quale questa, appena

uscita dai torchi, è consegnata alle distil lerie. In

particolare la vinaccia fermentata dovrebbe essere

consegnata nello stesso giorno della torchiatura,

poiché il prolungato contatto con l’aria ne provoca il

riscaldamento, facilitando l’evaporazione di alcol se

non addirittura l’acetificazione con perdita completa

di alcol.

Le vinacce sane diraspate sono più resistenti,

anche se il contatto di piccoli quantitativi di vinaccia

con l’aria è sempre comunque causa di

deterioramento, senza contare che le vinacce acetiche

possono trasmettere l’ infezione anche a quelle sane

con cui vengono a contatto nei sil i. È pertanto da

scartare il trasporto per ferrovia e da preferire quello

con autocarri, avendo così la possibilità di consegnare

in giornata anche le piccole quantità.

Una volta giunta in distil leria, la vinaccia è posata

su una speciale bilancia ed è prelevato il campione sul

quale il laboratorio chimico esegue le analisi per la

determinazione del contenuto delle sostanze

sfruttabil i. La temperatura della vinaccia, deve essere

vicina a quell’ambientale; una più bassa temperatura

48

può indicare un precedente lavaggio della stessa o che

essa sia povera di alcol; una temperatura superiore

indica che si tratta di vinaccia in fermentazione. Se i

vinaccioli fuoriescono facilmente al semplice tatto, la

vinaccia ha un alto grado di essiccamento, mentre

quella uscita da torchi continui e quindi sottoposta ad

alte pressioni e a movimenti di tensione radiale,

presenta la formazione di panelli che sembrano veri e

propri agglomerati difficilmente disgregabili.

Criterio base dell’assegnazione delle vinacce in

una determinata area, deve essere l’equa ripartizione

in rapporto alle rispettive capacità lavorative,

cercando di conseguire la massima economia nei

trasporti e di facilitare la consegna dai vinificatori.

Dal momento che la distil lazione si protrae per

quattro o cinque mesi e la massa di vinacce da

distil lare è notevole, si pone al distil latore il problema

di una corretta conservazione e insilamento delle

stesse.16

3.2 Corretta fermentazione e conservazione

dell’ insilato.

I l distil lato di vinaccia deve essere sempre più

tipizzato in funzione della zona d’origine e della

varietà d’uva da cui deriva, esso deve anche adeguarsi

all’evolversi delle esigenze igieniche e edonistiche del

consumatore. Si richiede sempre di più ad un distillato

proposto per la degustazione, assenza di difetti di

natura visiva, finezza e franchezza olfattiva,

morbidezza nel gusto in un’armonia d’insieme gusto-

olfattiva ed un sempre minor contenuto di sostanze

insalubri.

16 P.G. Garoglio (1973) “Enciclopedia Vitivinicola”; vol. 8; Ed. Scientifiche

49

La grappa di qualità si ottiene solo da vinacce

alquanto “umide”, correttamente fermentate e

conservate per tempi limitati. Modifiche agli impianti

di distil lazione, soprattutto se di tipo discontinuo,

possono contribuire solo a migliorare un prodotto già

potenzialmente di buon livello, non certo a

trasformare una materia prima alterata in un distillato

di qualità accettabile.

La vinaccia viene insilata di solito in vasche

interrate di cemento rivestite di resine epossidiche per

uso alimentare oppure, più recentemente, in recipienti

di superficie quali vasche in vetroresina o serbatoi

d'acciaio con coperchio mobile o semplici contenitori

pallettizzabili.

Nel caso della vinaccia fermentata si ha solo un

insilamento “di sosta” in attesa della distil lazione. In

questo caso, va evitata innanzi tutto l’acescenza negli

strati superficiali con una loro idonea protezione

dall’aria con telo di nylon ben compresso da uno

strato di sabbia, dopo aver fatto solo una leggerissima

solfitazione in superficie con metabisolfito di

potassio. In secondo luogo va inibita, l imitando, per

l’appunto, il periodo di sosta prima della distil lazione,

l’ insorgenza, con il protrarsi dell’ insilamento, di

alterazioni batteriche connesse con un ulteriore

aumento di pH dovuto ad eventuale fermentazione

malolattica ed all ’apporto al l iquido di sali dagli strati

cellulari più prossimi alle bucce e dai raspi nel

procedere dell’equilibrio di diffusione. Al momento

della distil lazione va comunque controllata, anche

semplicemente odorando, l’eventuale presenza di

acescenza negli strati potenzialmente a contatto con

l’aria al fine di regolare, di conseguenza, il taglio di

testa (asportazione dell’odore di aceto dato

dall’acetato di etile) e di coda (asportazione

dell’acido acetico che causa nel distil lato bruciore al

50

gusto) incrementandolo, nel caso di tale difetto, e non

riciclando dette frazioni.

La particolare cura che si deve prestare alle altre

due tipologie di vinaccia, quella vergine e quella

parzialmente fermentata, è soprattutto legata al

favorirne, rispettivamente, la corretta fermentazione o

l’esaurimento della stessa.

Primario è l’ interesse di ottenere la massima resa

in alcol e quindi la necessità di evitare delle

fermentazioni batteriche degli zuccheri che portino a

formazione di mannite o di acido lattico,

accompagnato da acido acetico e da altri prodotti

secondari, o di acido butirrico e suoi derivati per

opera di batteri del genere Clostridium.

L’instaurarsi di tali fermentazioni è sempre

accompagnato da nette anomalie organolettiche con

odori putridi marcanti, generalmente, anche da acido

solfidrico e mercaptani, composti che a loro volta si

possono incrementare per residui di zolfo sulla

vinaccia da trattamenti anticrittogamici.

Alterazioni nel normale quadro fermentativo sono

evidenziate macroscopicamente già tramite un’analisi

gascromatografica con colonna impaccata

dall’ incremento degli alcoli propilico e/o n-butil ico e

del butirrato di etile, e/o dalla formazione di 2-

butanolo a partire dal 2,3-butilenglicole, attraverso

l’ intermedio 2-butanone, per opera di particolari

lattobacill i.

Un particolare incremento si verifica negli strati

più profondi, dove si realizzano condizioni di

anaerobiosi più spinta e vi è maggiore presenza di

l iquido di ristagno e quindi un miglior substrato di

coltura per i batteri. Un passo essenziale per limitare

detto fenomeno è già un adeguato scolo del vinello da

vinaccia che dovrà, comunque, essere sottoposto

anch’esso, così come la vinaccia, ad ulteriori

appropriate “cure”. La distil lazione in sé e la presenza

51

di parti in rame dell’alambicco possono attenuare le

note più negative, quelle di putrido e di acido

butirrico –disti l labile parzialmente nelle code-, ma

non ad annullare né, tantomeno, ad eliminare la parte

anomala dell’usuale profilo gascromatografico del

distil lato, che rimane indice del fenomeno stesso.

Fra le alterazioni batteriche importanti ai fini

organolettici cit iamo anche quella a carico della

glicerina con produzione di acroleina –prodotto

lacrimogeno- e di alcol alli l ico, nonché quelle relative

a trasformazioni dei macrocostituenti del mosto e del

vino, oltre all’acido malico, quali l ’acido tartarico,

l’acido citrico e l’acido succinico, per processi

favoriti dall’elevato pH del mezzo e generanti note

acetiche e lattiche.

Come ovviare a queste alterazioni escludendo il

ricorso all’anidride solforosa?

Si può imporre un avvio deciso alla fermentazione

con abbondante inoculo di l ieviti secchi,

opportunamente moltiplicati ed irrorati sulla vinaccia

all’atto dell’ insilamento, eventualmente aggiunti di

attivanti di fermentazione, come il solfato

biammonico. Si assicura in tal modo una dominanza

della fermentazione alcolica su altri biochimismi di

trasformazione degli zuccheri.

È necessario dar corso tuttavia, entro brevissimo

tempo, alla distil lazione, prima che abbiano luogo

comunque attacchi batterici sugli zuccheri residui e

sui composti sopracitati.

Oppure si può imporre al substrato, tramite

l’acidif icazione della vinaccia con acidi forti, un pH

che sfavorisca fermentazioni batteriche, ma non quelle

dei lieviti.

Si acidifica con le adeguate precauzioni, più

comunemente con acido fosforico diluito in acqua,

irrorando uniformemente la vinaccia.

52

Oltre ad un assai rilevante miglioramento della

franchezza e finezza dell’aroma, si consegue un altro

fatto importante, la sensibile diminuzione del tenore

di alcol metilico.17

3.3 Definizione della distil lazione.

La distil lazione, per la fisica, è quell’operazione

che consente di separare due composti aventi volatil ità

diversa mediante la trasformazione dei medesimi in

vapore e la successiva condensazione. Per il

grappaiolo le cose sono un pochino più complicate

perché di sostanze a diversa volatil ità da separare, in

quel miscuglio chiamato vinaccia, non ne ha solo due,

ma alcune centinaia. Per lui la distil lazione ha quindi

una definizione diversa: è quell’operazione che

consente di l iberare dalla vinaccia i componenti

volatil i concentrando la frazione alcolica e le sostanze

aromatiche di pregio –separandole quindi da quelle di

cattivo gusto- al fine di ottenere una bevanda

organoletticamente gradevole.

Nella sua diffici le missione poteva essere molto

aiutato da chi ha semplificato il discorso dicendo che

l’alcol bolle a 78,4°C e l’acqua a 100°C per cui prima

evapora l’alcol e poi l’acqua. E così via per tutti gli

altri costituenti volatil i. Ma, se così fosse, sarebbe

sufficiente controllare con precisione la temperatura

del liquido in caldaia e, conoscendo l’esatto punto di

eboll izione di ogni componente, girare il rubinetto al

momento giusto.

La separazione dei liquidi sulla base della

temperatura di ebollizione diversa ha luogo solo se

sono immiscibili . Quando sono miscibili i l fenomeno

si complica perché la separazione è funzione non solo

17 G. Versini (1995) “Elaborazione di Grappe di Qualità: Criteri da seguire”; Grappa Ric. ‘95

53

delle temperature, ma dall’affinità delle sostanze

sciolte nel liquido maggioritario o solvente (nel caso

della vinaccia l’acqua). Le difficoltà che si

riscontrano sono quelle di separare l’alcol metil ico

perché praticamente affine all’acqua e all’etanolo,

l’acetaldeide dall ’acqua (punto di eboll izione 21°C) e

infine altre sostanze che formano miscele, con l’alcol

etil ico e qualche altro alcol superiore, a punto di

eboll izione inferiore a ciascuna delle singole sostanze.

Per comprendere quanto sempliciotta e poco

fondata sia questa teoria basti pensare che nella

grappa c’è, ad esempio, del caprilato di etile che ha un

punto di ebollizione di 244°C. Ed è solo uno dei tanti

componenti presenti che bolle oltre i 100°C.

Le cose cambiano d’aspetto se si pensa che la

distil lazione di un sistema complesso come la vinaccia

comporta:

- fenomeni di trascinamento o strippaggio di

determinati componenti che sfuggono alle leggi

fisiche dell’evaporazione;

- variazione, durante il decorso della distil lazione e

sui diversi punti dell ’alambicco, della

composizione dei liquidi o del vapore con

conseguente mutamento di comportamento di uno o

più componenti che tendano a solubilizzarsi o a

insolubilizzarsi e quindi, indipendentemente dal

loro punto di ebollizione, passano nel distil lato;

- la genesi di nuove sostanze dovute a una serie di

reazioni tra i numerosi componenti resi molto

reattivi dalla loro trasformazione allo stadio di

vapore.

Il processo di distil lazione della vinaccia, inteso

come esaurimento della componente volatile utile,

concentrazione della frazione alcolica e concomitante

selezione delle sostanze organoletticamente buone, è

condizionato da:

- i l t ipo di materia prima che si pone in distil lazione;

54

- I l tipo e la geometria dell’ impianto di distil lazione;

- La conduzione della distil lazione medesima e

quindi dall’uomo che vi opera, sia esso seduto nella

stanza dei bottoni o a stretto contatto con

l'alambicco.

Questi elementi, frutto di una storica evoluzione

promossa da nuove conoscenze tecnologiche e da

mutate esigenze di gusto, sono così cambiati nel

tempo da stravolgere i concetti classici della

distil lazione e quindi quell 'atmosfera serena in cui

tutti erano in grado di dissertare di teste, di code e

cuore.18

3.4 Disti l lazione.

Con il termine “distil lazione” si identifica

quell’operazione fisica, mediante la quale si separano

alcune sostanze che vengono trasformate in vapore per

poi essere ricondensate. L’operazione viene compiuta

tramite il calore, con il quale si vaporizzano i l iquidi,

e il freddo, che li ricondensa. Nel caso di un

miscuglio acqua-alcol, alla pressione atmosferica,

l’acqua bolle a 100°C mentre l’alcol etil ico bolle a

78,4°C; di conseguenza i vapori che si sprigionano

dalla miscela in eboll izione contengono più alcol della

miscela stessa.

Ne deriva che quando tutto l’alcol si sarà

trasformato in vapore e verrà ricondensato, nella

caldaia ci sarà ancora acqua. Il distil lato avrà quindi

un grado alcolico superiore a quello della miscela che

l’ha originato.

Il punto di ebollizione di una miscela idroalcolica

è intermedio rispetto a quello dell’acqua e dell’alcol;

18 L. Odello (1997) “Grappa : Analisi sensoriale & tecnologica”; Ed. Centro Studi e Formazione Assaggiatori

55

sarà tanto più vicino a quello di quest’ultimo quanto

maggiore sarà la ricchezza alcolica della miscela.

Capovolgendo il concetto si deduce che dal punto di

eboll izione di una miscela idroalcolica si può risalire

al suo grado alcolico.

La temperatura di ebollizione di una soluzione

idroalcolica a composizione costante, si alzerà man

mano che questa perderà alcol.

Duclaux ha praticamente calcolato la percentuale

di miscela che occorre distil lare per esaurire tutto

l’alcol presente a seconda del grado alcolico della

miscela di partenza:

- miscela con 2-5°: occorre distil lare il 40%;

- miscela con 10-15°: occorre distil lare il 60%;

- miscela con 20-30°: occorre distil lare il 70%;

- miscela con 40°: occorre distil lare l’80%.

Poniamo il caso di voler distil lare 100 litri di vino

a 10° esaurendo via via le miscele di tutto l’alcol che

contengono. Con una prima distil lazione otterremo 60

litri di distil lato a 16°, con la seconda otterremo 36

litri di distil lato a 27°, con la terza ricaveremo

finalmente 25 litr i di distil lato a 40°.

Da questo esempio emergono due considerazioni:

la prima è che nella distil lazione artigianale non è

conveniente esaurire completamente l’alcol presente

nella miscela. La seconda, ancor più importante, è che

occorre concentrare al massimo i vapori alcolici prima

di condensarli, in modo da ridurre il numero delle

distil lazioni che servono per ottenere un distil lato di

una certa gradazione. Questo processo si chiama

DEFLEMMAZIONE ed avviene già in parte

all’ interno dell’alambicco. I vapori alcolici che si

formano una volta raggiunta una certa temperatura,

iniziano il loro moto ascensionale nella caldaia;

quando arrivano a contatto dell’elmo posto a chiusura

della caldaia –e ancora freddo- si condensano e

ricadono nella massa sottostante della miscela. Dei

56

vapori che avevano raggiunto l’elmo si condenserà

molta più acqua che non alcol, per cui i vapori che

transiteranno nel serpentino avranno una gradazione

alcolica superiore a quelli che si erano formati in

caldaia.

Proseguendo nella distil lazione, l’elmo si scalderà

e non riuscirà più a concentrare i vapori alcolici,

pertanto debbono essere util izzati degli appositi

apparecchi, detti “deflemmatori”.19

I deflemmatori più semplici, adatti alla

distil lazione artigianale, sono i seguenti:

- la lente deflemmatrice Deroy: la superficie

superiore della lente è mantenuta fredda da una tela

imbevuta d’acqua (FIG. 1);

-

FIG. 1: Alambicco deflemmatore Deroy (Fonte: G.

Meloni “L’industria dell’alcole”)

- la sfera di Egrot è composta da due sfere

concentriche: quella interna si riempie di acqua

fredda che viene rinnovata e forma con quella

57

esterna un’intercapedine in cui transitano i vapori.

Questi entrano nella parte inferiore della sfera e

trovano via d’uscita solo in quella superiore. Sono

quindi costretti a lambire totalmente la fredda

superficie metallica. Quelli a più alto punto di

eboll izione si condensano e ricadono in caldaia. I

più leggeri trovano sfogo nel condotto che porta al

refrigerante e vengono condensati in acquavite

(FIG.2);

FIG. 2: La sfera di Egrot (Fonte: G. Meloni

“L’industria dell’alcole”)

- i l deflemmatore ad aria di Da Ponte: sotto il

coperchio è posta una lente per una prima

19 L. Odello (1997) “Grappa: Analisi sensoriale & tecnologica”; Ed. Centro Studi e Formazione Assaggiatori

58

deflemmazione, mentre all’uscita dalla caldaia il

serpentino si svolge libero nell’aria così da

procedere a una seconda concentrazione alcolica.20

Negli impianti industrial i la deflemmazione è così

completa che i vapori che si condensano raggiungono

anche 95° alcol.

Nella distil lazione artigianale non occorre arrivare

a queste concentrazioni alcoliche: l’obiettivo è di

arrivare ai 50-60°, per cui non sono necessarie

attrezzature complicate e costose come le colonne a

piatti.

Poiché la vinaccia, oltre ad acqua e alcol, contiene

numerosissime altre sostanze volatil i che, se passano

nella grappa in quantità modeste, le conferiscono

tipicità e finezza, mentre se superano un certo limite,

la deprezzano irrimediabilmente o la rendono

addirittura fisiologicamente dannosa, è necessario

precedere ad una separazione delle sostanze volati li di

pregio da quelle vili tramite la RETTIFICAZIONE.

Negli impianti industriali formati da colonne a

piatti (FIG.3) la rettif icazione avviene in modo

continuo, nella pratica artigianale si esegue invece

dividendo la grappa, in fase di distil lazione, in tre

frazioni: teste, cuore, code.21

TESTE: sono per lo più formate dalle sostanze

volatil i che hanno un punto di ebollizione inferiore a

quello dell’alcol etil ico, ma anche da altre (alcoli

superiori ed esteri) che formano fra loro miscele che

distil lano a basso punto di ebollizione. Nella

distil lazione discontinua rappresentano la prima

frazione di l iquido che esce dal refrigerante. Con

un’esatta separazione della frazione di testa,

sacrificando un po' di alcol etil ico, si elimina parte

dell’acetato di etile, che nei distil lati è il maggior

20 G. Meloni (1952-58) “L’industria dell’Alcole”; Ed. Hoepli 21 L. Odello (1997) “Grappa: Analisi sensoriale & tecnologica”; Ed. Centro Studi e Formazione Assaggiatori

59

responsabile dell’odore acetoso e, anche se in

proporzioni minori, l ’acetaldeide che comunica alla

grappa, insieme con altri elementi, i l sentore di erba.

Lo scarto di appena 4°C tra la temperatura di

eboll izione dell’acetato di etile e quella dell’alcol

etil ico, spiega come siano così frequenti i distil lati

con odore acetoso e quanta importanza abbia evitare

le fermentazioni acetiche delle vinacce.

CORPO o CUORE: comprende la parte finale

positiva della “frazione di testa” che contiene molti

aromi fruttati; la parte a gradazione alcolica maggiore

della distil lazione, che contiene disciolti soprattutto

alcoli alquanto ininfluenti sotto il profilo aromatico;

la parte iniziale della “frazione di coda” ove, in

corrispondenza dell’ inizio della diminuzione del

grado, passano ancora altre impurità nobili, residue di

quelle non passate all’ inizio della distil lazione e

favorite da una diversa condizione di temperatura. Se

le vinacce non hanno subito alterazioni, questi

composti sono presenti in quantità limitata e non

nuocciono alla grappa, anzi fanno parte del suo

bagaglio tipico.

CODE: sono prevalentemente composte dai

costituenti volatil i che bollono a temperature

relativamente maggiori e che non hanno mostrato

“affinità” né con alcol, né con altri costituenti. Sono

prevalentemente costituite da acidi, composti con

anell i fenolici (alcol difeniletil ico e relativo acetato,

il fufurolo) e altr i esteri (lattato di etile). Gli acidi, in

particolare l’acido acetico che conferisce un sapore

pungente alla grappa ed eventualmente l’acido

butirrico, devono essere separati con molta attenzione

perché riescono ad arrivare nel distil lato passando

soprattutto in testa e in coda anche se nessuno di essi

ha un punto di ebollizione inferiore ai 100°C.22

22 L. Odello (1997) “Grappa: Analisi sensoriale & tecnologia”; Ed. Centro Studi e Formazione Assaggiatori

60

FIG.3: schema della colonna classica di distil lazione a

piatti e particolare indicativo dei piatti e del loro

funzionamento (Fonte: G. Meloni “L’industria

dell’alcole”)

3.5 Impianti di distil lazione.

61

In origine gli impianti di produzione della grappa

erano costituiti da semplici alambicchi a fuoco diretto,

le cui parti essenziali erano le seguenti:

- fonte di calore: la più valida attualmente per un

alambicco artigianale è costituita dal fornello a gas

che consente di avere una buona regolazione della

quantità di calore da erogare;

- caldaia: deve essere costruita in rame (con

l’esclusione di questo metallo dall’ impianto si

hanno prodotti organoletticamente meno gradevoli)

o in acciaio inox. Materiale quale il ferro non è

adatto in quanto è facilmente aggredibile dagli

acidi delle vinacce e, oltre ad avere una vita

relativamente breve, corrodendosi diventa

difficilmente pulibile. I residui che rimangono

attaccati alla parete possono decomporsi sia durante

il periodo di inattività dell’apparecchio sia durante

la distil lazione, producendo composti che possono

alterare le caratteristiche organolettiche della

grappa. Proprio per facilitare le operazioni di

pulizia, la caldaia non deve avere spigoli vivi e

deve avere il fondo leggermente bombato per poter

distribuire meglio il calore. La chiusura del

coperchio deve essere ermetica per evitare fughe di

vapore, ma se non esiste valvola di sicurezza, il

coperchio non deve essere fissato in modo che la

caldaia possa andare in pressione e scoppiare;

- coperchio della caldaia detto anche capitello, elmo,

duomo; può essere piano (se su di esso si fa

scorrere l’acqua per avere una migliore

deflemmazione), a forma troncoconica o di pera.

Quando non esiste altra forma di deflemmazione, è

bene che l’elmo della caldaia abbia la più grande

superficie possibile esposta all’aria in modo che i

vapori siano costretti a incontrarla per la massima

parte. Le forme ad imbuto rovesciato, meglio

ancora a pera, raggiungono bene questo scopo. Per

62

la costruzione del coperchio vanno bene gli stessi

materiali indicati per la caldaia e cioè il rame e

acciaio inox. Se esiste la valvola di sicurezza,

l’elmo si può fissare sulla caldaia tramite galletti ,

oppure in modo molto rudimentale, con pasta di

farina, argilla, stucchi termoresistenti non

indurenti;

- deflemmatore che negli alambicchi semplici i più

usati sono la sfera di Egrot e la lente di Deroy, già

indicati in precedenza;

- collo di cigno è il tubo che congiunge la caldaia o il

deflemmatore con il serpentino refrigerante; per la

sua costruzione si presta bene il rame. Quando non

esiste il deflemmatore, è bene che il collo di cigno

sia abbastanza sviluppato in quanto deve svolgere

anche la funzione di arricchimento dei vapori;

- refrigerante è composto di due parti: i l serpentino e

il recipiente in cui è racchiuso. Il serpentino va

costruito in rame, la sua lunghezza e il suo

diametro variano in funzione della capacità della

caldaia, della temperatura dell’acqua di

raffreddamento e della quantità disponibile di

acqua. Il recipiente che contiene il serpentino può

anche essere di metallo diverso dal rame, come ad

esempio il ferro; non è consigliabile il legno perché

disperde male il calore e quindi porta ad un

maggior consumo d’acqua.23

3.6 I sistemi di distil lazione delle vinacce: la

distil lazione discontinua.

23 L. Odello (1997) “Grappa: Analisi sensoriale & tecnologica”; Ed. Centro Studi e Formazione Assaggiatori

63

La distil lazione discontinua delle vinacce consiste

nella intermittente alimentazione dell’apparecchio di

frazionamento (alambicco) con una quantità

prestabilita di prodotto grezzo (vinacce) e nella

intermittente separazione ed estrazione del prodotto

distil lato (grappa).

Generalmente un apparecchio discontinuo è

caratterizzato da una caldaia comunicante o no con

una colonna di rif lusso, che viene riempita delle

vinacce da disti l lare in quantità prestabilita e che

viene riscaldata con temperature crescenti dal

principio alla fine dell’operazione.

Nella distil lazione discontinua il riscaldamento

può essere effettuato a fuoco diretto, a bagnomaria ed

a vapore, con netta prevalenza degli ultimi due

sistemi, in quanto prevengono la bruciatura delle

vinacce e il conseguente passaggio di aromi

indesiderati nel distil lato.

Da principio si l iberano dalla materia prima

contenuta in caldaia i componenti più volatil i: i vapori

vengono raccolti a parte, in recipienti posti sotto un

refrigerante, generalmente ad acqua.

Per procedere alla separazione dei diversi

componenti (rettif icazione) bisogna aumentare la

temperatura di riscaldamento della caldaia e la

distil lazione si arresta quando si è giunti

all’evaporazione di una certa quantità della materia

alcolica inizialmente introdotta in caldaia.

In questo modo si compie quella che

comunemente si chiama una “cotta”.

Esaurita la materia prima (la vinaccia), si scarica

la caldaia del residuo, la si riempie di nuovo con altra

materia prima e si fa un’altra cotta; e così si procede

per le disti l lazioni successive.

3.7 Gli apparecchi per la distil lazione discontinua.

64

Nelle piccole distil lerie si usano gli apparecchi di

più semplice concezione come Deroy, Egrot e simili, a

fuoco diretto o a insufflaggio di vapore.

Sono, però, molto diffusi gli alambicchi composti,

cioè collegati tra loro in batteria in modo da creare

una continuità di afflusso di vapori alcolici alla

colonna di concentrazione.

Gli alambicchi composti possono essere

raggruppati in due principali categorie:

1) alambicchi composti a vinacce “immerse”;

2) alambicchi composti a vinacce “emerse”.

- Alambicco semplice Deroy a fuoco diretto.

L’apparecchio in esame è costituito di una caldaia

o cucurbita che viene riempita delle vinacce

fresche e scaldata a fuoco diretto dal focolare a

carbone o a legna. Un rubinetto permette lo scarico

delle vinacce esauste (borlande) alla fine

dell’operazione. Un serpentino contenuto nel

recipiente metall ico, in cui circola acqua fredda e

con il quale forma il condensatore refrigerante,

costituisce la seconda parte dell’alambicco.

Il distil lato fuoriesce dal rubinetto posto alla base

del condensatore.

- Alambicco semplice con deflemmatore sferico

Egrot a fuoco diretto.

È un apparecchio simile al precedente ma con un

deflemmatore particolare, la sfera di Egrot, della

quale abbiamo già scritto a proposito della

deflemmazione.

1) Alambicchi composti a vinacce immerse.

Alambicco a testa fredda: è un apparecchio a fuoco

diretto a vinaccia sommersa (FIG.4): è costituito da

una caldaia A, chiusa in un fornello in muratura,

munita di un duomo d per la raccolta dei vapori che

sono convogliati, per mezzo di un tubo ricurvo t sul

65

fondo della colonna deflemmatrice D composta da

6 a 7 piatti a campanelle.

La testa della colonna E è raffreddata ad acqua.

L’impianto è completato da un condensatore S, da

una cassa flemme F e dal refrigerante finale R, al

quale è collegata la provetta per il controllo del

grado b.

Dopo aver caricato la caldaia della vinaccia, si

aggiunge acqua e regolando il fuoco si porta ad

eboll izione. I vapori che si sviluppano salgono nel

duomo e per mezzo di un tubo sono convogliati

nell’ebollitore della colonna, dove mettono in

eboll izione le flemme della cotta precedente che

erano state raggruppate nella cassa flemme. I

vapori sviluppatisi salgono attraverso la colonna

arricchendosi di grado e sono ulteriormente

deflemmati giungendo a contatto delle pareti fredde

della testa della colonna, che è raffreddata con

acqua.

Dalla testa i vapori passano nel condensatore a

serpentina ove i l prodotto che si condensa nelle

prime spire può essere rimandato in colonna.

Continuando nel loro percorso, tutti i vapori si

condensano e, all’uscita del condensatore, possono

essere deviati o alla cassa flemme o nel secondo

refrigerante a serpentina per l’ultimo

raffreddamento. Quando la vinaccia è esaurita si

scarica la caldaia dell’acqua residua e si sostituisce

la vinaccia con altra fresca. Contemporaneamente

si svuota il bollitore della colonna del liquido

ormai esaurito e si introduce il l iquido alcolico

contenuto nella cassa flemme.

66

Con questo impianto si possono distil lare 25 q.li di

vinaccia nelle 24 ore.

FIG. 4: Alambicco composto a testa fredda (Fonte:

G. Meloni “L’industria dell’alcole”)

Alambicco napoletano: anche questo funziona a

fuoco diretto (FIG. 5) e le vinacce sono sommerse.

Ha avuto molta diffusione nell’Italia meridionale,

ed è costituito da quattro caldaie A B C D e da una

colonna di deflemmazione P, tutte munite di un

fornello in muratura F per il riscaldamento. Le

caldaie A B C sono collegate con un proprio

condensatore R e la flemma alcolica va per caduta

nella camera superiore del bollitore M della

colonna.

La quarta caldaia D è senza condensatore: i vapori

sono convogliati nella camera superiore del

bollitore e servono a mettere in ebollizione la

flemma prodotta dalle prime tre caldaie.

67

Quando la vinaccia della quarta caldaia è esaurita

si continua la distil lazione riscaldando direttamente

la colonna per mezzo dell’apposito fornello. Il

bollitore della colonna è diviso in due camere M e

N: in quella superiore M si raccolgono le flemme

alcoliche provenienti dai condensatori delle prime

tre caldaie ed in quella inferiore N vengono

immesse le flemme della camera superiore quando

queste sono quasi esaurite.

Il vapore che si sprigiona nella camera inferiore

passa in quella superiore per mezzo di un tubo

ricurvo immerso nel liquido.

La colonna è dotata di un adeguato numero di piatt i

e di condensatore di testa per migliorare la

deflemmazione. Un secondo condensatore a

serpentina permette il ritorno in colonna del primo

liquido che si condensa.

Non è prevista la cassa flemme perché le code si

cerca di separarle passandole dalla camera

superiore del bollitore a quella inferiore ove,

bollendo, si esauriscono e sono scaricate prima di

intraprendere un’altra cotta.

Ogni cotta dura 6 ore e, nelle 24 ore, si possono

distil lare 95-100 q.li di vinaccia.

FIG. 5: Alambicco Napoletano (Fonte: G. Meloni

“L’industria dell’alcole”)

68

2) Alambicchi composti a vinacce emerse.

Negli apparecchi a vinacce immerse, dato che si

distil la una materia semisolida che pur essendo

immersa nell’acqua tende ad andare in fondo alla

caldaia, sono frequenti le bruciature con

produzione di sostanze empireumatiche e di

furfurolo ad odore e sapore sgradevoli, che passano

nelle acquaviti.

Per evitare questo inconveniente si suole dare la

preferenza ai così detti apparecchi a vinacce emerse

che evitano il contatto della vinaccia col fondo e

con le pareti della caldaia, eliminando altresì le

conseguenze della violenta ebollizione.

La caldaia dell’apparecchio Comboni è piuttosto

piccola dovendo contenere soltanto acqua; su di

essa è fissata la parte superiore a forma tronco-

conica, dove si colloca la vinaccia, suddividendola

in tre strati mediante piatti in rame bucherellati

provvisti di aste ed anelli di sospensione.

La parte superiore è completata da una corona

munita di galletti per il f issaggio del coperchio. Fra

le due parti è inserito un falso fondo.

L’apparecchio Da Ponte (FIG. 6) consiste in una

serie di caldaie Comboni: i vapori alcolici in uscita

dalle caldaie sono convogliati sul fondo del

bollitore della colonna di deflemmazione che ha

una camicia esterna nella quale si fa circolare

acqua per regolare la deflemmazione.

Completano l’apparecchio un refrigerante a

serpentina ed una cassa flemme per la separazione

delle teste e delle code.

Ogni cotta dura circa 40 minuti e, lavorando 24 ore

al giorno, si possono distil lare da 50 a 75 q.li di

vinaccia a seconda delle capacità delle caldaie.

69

FIG. 6: Apparecchio Da Ponte a vinacce emerse

Fonte: G. Meloni “L’industria dell ’alcole”)

Apparecchi a bagnomaria si possono considerare

come il termine di passaggio fra gli apparecchi a

fuoco diretto e quelli a vapore e sono caratterizzati

dall’avere la caldaia, contenente la vinaccia,

inserita in un’altra caldaia che contiene acqua

(FIG. 7).

Il riscaldamento dell’acqua viene effettuato a fuoco

diretto e quando l’acqua raggiunge l’ebollizione, il

vapore si raccoglie nella parte superiore della

caldaia e da essa, per mezzo di un tubo, viene

portato sul fondo della caldaia che contiene la

vinaccia. L’apparecchio è corredato di colonna

deflemmatrice munita di condensatore in testa per

migliorare la deflemmazione, più il solito

70

refrigerante a serpentina e la cassa flemme per la

separazione delle teste e delle code.

Questo tipo di apparecchio può distil lare circa 60

q.li di vinaccia nelle 24 ore.

FIG. 7: Apparecchio a Bagnomaria per acquaviti

(Fonte: G. Meloni “L’industria dell’alcole”)

Apparecchi a vapore hanno la caratteristica di

util izzare il vapore prodotto in apposita caldaia,

consentendo una lavorazione intermittente ma a

tempi ristretti e con afflusso di vapori alcolici in

colonna più regolare.

L’apparecchio più diffuso in Italia settentrionale è

quello tipo Erba (FIG. 8). Esso è costituito da tre (o

più) caldaie A B C o alambicchi di forma tronco-

conica collegati in serie in modo tale che il vapore

alcolico che si sviluppa dal primo di essi possa

essere inviato nel fondo del secondo alambicco e da

questo, dopo averlo attraversato, arrivare alla

colonna deflemmatrice D. Il terzo alambicco nel

frattempo viene scaricato e poi subito caricato con

vinaccia fresca.

71

Questo doppio passaggio di vapore consente di

esaurire al massimo le vinacce, producendo vapori

più concentrati e meno impurezze. Infatti i vapori

che escono dal primo alambicco in via di

esaurimento, sono carichi di impurezze e a contatto

della vinaccia del secondo alambicco si condensano

in parte, per differenza di temperatura. È la

vinaccia stessa che opera una prima

deflemmazione. L’apparecchio è completato dalla

colonna deflemmatrice D e da un doppio

refrigerante G-H per la condensazione e i l

raffreddamento del distil lato.

L’impianto può essere ingrandito con altri gruppi

di tre alambicchi per cui, sfalsando i tempi di

distil lazione, si ha un flusso costante di vapori in

colonna.

Variando il numero degli alambicchi e la loro

capacità si possono distil lare da 200 a 1000 q.li di

vinaccia in 24 ore.24

FIG. 8: Apparecchio a vapore tipo Erba (Fonte: G.

Meloni “L’industria dell’alcole”)

24 G. Meloni (1952-58) “L’industria dell’Alcole”; Ed. Hoepli

72

3.7.1 Sistema di distil lazione della Distil leria G.B.

Poli.

La distil leria G.B. Poli opera con un antico

alambicco completamente in rame, fra i pochissimi

ancora esistenti, composto da caldaiette a vapore a

ciclo discontinuo. Ciò significa che le vinacce

vengono caricate nelle caldaiette e distil late (viene

fatta la cosiddetta “cotta”); dopo circa tre ore, esaurita

la materia prima, si scaricano le caldaiette, che

vengono riempite di nuovo con vinacce fresche,

pronte per un’altra cotta.

È un alambicco artigianale adatto a distil lare

solamente piccole quantità, ma senza dubbio è quanto

di meglio esista se si considera la qualità del distil lato

che si riesce ad ottenere.

È un metodo di distil lazione assai oneroso perché

richiede molta manodopera: all ’ inizio del secolo,

quando l’ impianto fu progettato, il problema del costo

della manodopera non esisteva; la Distil leria dava

lavoro a circa 40 persone e tutte pranzavano attorno

ad una grande tavola insieme alla famiglia Poli. Oggi

invece il costo del lavoro è molto alto e per questo

motivo, a partire dagli anni ’60, sono stati costruiti

impianti di distil lazione industriale completamente

automatici che in una sola giornata possono disti l lare

circa kg 300.000 di vinaccia (circa 15 camion), mentre

alla Poli se ne possono distil lare kg 15.000 (circa un

camion), ossia 20 volte di meno.

L’util izzo di un impianto industriale o artigianale

è uno dei fattori che spiegano il motivo per cui ci

sono Grappe che costano poco e Grappe che valgono

molto.

Va detto tuttavia che i maggiori costi di

produzione degli impianti artigianali sono compensati

da una migliore qualità, ed è per questo motivo che la

73

famiglia Poli ha voluto rimanere fedele sempre allo

stesso storico alambicco, quello originale impiantato

da GioBatta, seguendo però uno stile produttivo

diverso, al fine di ottenere un distil lato più adatto al

gusto sociale di oggi.25

3.8 La distil lazione continua.

La disti l lazione continua delle vinacce consiste in

una ininterrotta alimentazione dell’apparecchio di

frazionamento con la materia prima, e in una

ininterrotta separazione delle diverse frazioni, più

o meno volatil i, in determinati punti dell’ impianto.

Gli apparecchi discontinui imperarono fino agli

anni ’60 quando si naturalizzò in Italia un

apparecchio proveniente dagli USA, in grado di

distil lare in continuo la vinaccia. Scoppiò la

polemica tra modernisti e tradizionalisti: i primi

sostenevano che distil lando in continuo si poteva

rendere più economica la produzione della grappa e

quindi favorirne la diffusione in Italia e all’estero;

i secondi controbattevano che era un tradimento

della tradizione, era la negazione di uno dei

simboli classici della grappa e da più parti si

criticava l’alambicco continuo per la qualità

dell’acquavite che originava.

Nonostante tutto l’alambicco prese piede e, oggi,

grossa parte della produzione è ottenuta con questo

metodo di distil lazione.

Gli impianti hanno una potenzialità di 500-1000

q.li di vinaccia in 24 ore. Questa si carica in un

dosatore che alimenta l ’apparecchio in

25 Informazioni gentilmente offerte dal Sig. J. Poli

74

corrispondenza della tramoggia superiore di

caricamento.

Un dosatore, a portata variabile, provvede ad

immettere la vinaccia nella sezione di pre-

riscaldamento, che incontra i vapori alcolici

ascendenti.

La vinaccia viene poi trasferita nella camera di

distil lazione nella quale viene pure immesso,

attraverso l’ intercapedine di distribuzione, il

vapore vivo.

Regolando opportunamente il l ivello della vinaccia

nella camera, se ne determina il tempo di

permanenza nell’apparecchio e quindi l’ intensità di

contatto con il vapore. La vinaccia esausta viene

scaricata all’esterno dall’estrattore ed avviata alle

successive fasi di lavorazione.

Anche in questo apparecchio il vapore alcolico

viene condensato in un capace condensatore,

passando poi in un serbatoio volano che alimenta in

modo continuo l’ impianto di distil lazione composto

da due o tre colonne che permettono la separazione

della frazione detta “buon gusto” dalle teste e dalle

code.26

3.9 Operazioni successive alla distil lazione.

** Riduzione del grado alcolico.

La grappa - al pari di tutte le altre acquaviti - viene

prodotta a una gradazione molto più elevata di quella

di consumo. Ma perché sprecare così tante risorse

energetiche per ottenere elevate concentrazioni di

alcol etil ico se poi, per poter consumare l’acquavite,

75

dovremo diluirla con acqua? Il motivo è molto

semplice: più si alza la gradazione alcolica

dell’acquavite prima di estrarla dall’alambicco e

maggiori sono le possibilità di eliminare i componenti

volatil i sgradevoli.

Da questo si può facilmente dedurre che partendo

da una vinaccia eccezionale non è necessario ricavare

uno spirito molto alcolico (60-70° sono sufficienti),

mentre se si distil la una materia prima scadente, per

eliminare tutte le sostanze indesiderate, si dovrebbe

arrivare a 95° alcol e anche oltre.

Ecco perché per tutte le grandi acquaviti è posto

al distil latore un limite invalicabile: per la grappa è di

86°.

La riduzione del grado mediante taglio con acqua

particolare (ossia priva dei componenti che ne

costituiscono la durezza e organoletticamente di

assoluta neutralità –acqua distil lata-) è comunque

importante in quanto, con l’operazione, alcuni

componenti solubili in miscele ricche di alcol si

insolubilizzano divenendo facilmente separabili con

una semplice fil trazione, o con una chiarificazione.

Questo costituisce un vantaggio notevole per la

stabilità della grappa nel tempo, in quanto si

eliminano quantità apprezzabili di acidi quali i l

miristico, laurico, stearico, oleico, linoleico, linoleico

insieme ai relativi esteri formati con l’alcol etilico,

metil ico e amilico

Anche l’acetale in parte se ne va: non sopportando

l’acqua si idrolizza nei suoi costituenti di base, l’alcol

e l’aldeide. L’intensità di questo fenomeno è funzione

del pH.

- La stabilizzazione.

Con il trascorrere del tempo gli stessi componenti

descritt i precedentemente possono insolubilizzarsi e

intorbidire la grappa; occorre perciò eliminarli. Per

26 G. Meloni (1952-58) “L’industria dell’Alcole”; Ed. Hoepli

76

vari motivi inoltre, l’acquavite prodotta può

presentare difetti che devono essere rimediati. Per

raggiungere questi obbiettivi si possono eseguire le

seguenti operazioni:

CHIARIFICAZIONE, con la quale, per mezzo di

speciali prodotti mescolati al disti l lato, si ottiene il

f locculamento delle impurità presenti che vengono

a raccogliersi sul fondo e possono essere eliminate

facilmente;

REFRIGERAZIONE, ha lo scopo di favorire

l’ insolubilizzazione degli oli di flemma in modo da

poterli separare mediante filtrazione. Si porta la

grappa ad una temperatura variabile tra 5 e 15°C

sottozero per un periodo di almeno 48 ore e poi si

fi ltra con setti in grado di trattenere gli oli

insolubilizzati.

Alcuni produttori di grappa hanno installato

impianti di stabilizzazione in continuo. Sono

composti da un frigorifero capace di portare, con un

solo passaggio, l’acquavite alla temperatura voluta

e da un filtro ad alluvionaggio;

FILTRAZIONE, ha lo scopo di rendere la grappa

limpida trattenendo gli eventuali f locculi di

prodotti insolubil i e/o di chiarificante che non sono

precipitati e altri torbidi sospesi che

accidentalmente possono essere presenti. La

filtrazione può essere eseguita con filtri a carta o

con filtri a pressione che impiegano coadiuvanti di

fi ltrazione, oppure con strati f i ltranti preformati.

Nel primo caso si miscelano alla grappa coadiuvanti

complessi formati da cotone, cellulose e filtrine, in

ragione di uno o due grammi per litro, dopodiché si

fi ltra per caduta con un comune filtro a carta o a

tela. Nei fi ltri a pressione ad alluvionaggio si

costituisce un prepanello con i coadiuvanti appena

citati, e poi si inizia la fi ltrazione della grappa

77

addizionandola in continuo di 100-200 grammi per

ettolitro di questi stessi complessi.

Oggi esistono in commercio particolari coadiuvanti

di fi ltrazione ad elevato effetto adsorbente che sono

in grado di consentire una notevole stabilità della

grappa e parallelamente, un notevole ingentil imento

del gusto.

I f i ltri a pressione che impiegano strati f i ltranti

sono senza dubbio i più idonei per le piccole e le

medie produzioni. Si trovano in commercio strati di

ogni dimensione e di diversa permeabilità che si

adattano praticamente a tutti i tipi di fi ltri e alle

diverse difficoltà di fi ltrazione che presentano le

grappe.

In genere, per ottenere una buona qualità del

fi ltrato, occorre util izzare strati a media e bassa

permeabilità comunemente definit i bril lantanti.

** Riduzione del contenuto di anidride solforosa e di

acidità totale nel distil lato.

Un utile dispositivo per il contenimento

dell’anidride solforosa e dell’acidità volatile durante

la distil lazione è costituito, come proposto da

Defrancesco nel 1968, dall’ inserimento, negli

alambicchi discontinui, all’uscita della caldaia e

prima della colonna di rettif ica, di un contenitore di

pezzi di marmo adeguatamente sminuzzati. Essi

riescono a fissare parzialmente l’anidride solforosa

come solfito di calcio, ma anche a diminuire il

contenuto di acidità volatile neutralizzando l’acido

acetico.

In distil lazioni di confronto sul vino, operando

con l’ inserimento del marmo, si ha una diminuzione di

circa 5 volte del livello di anidride solforosa e di 3

volte di quello dell’acidità volatile.

78

È interessante osservare che, nel corso della

distil lazione, senza l’ impiego di detto accessorio, si

ha comunque una perdita dal 50 al 70% di anidride

solforosa e che essa passa soprattutto nelle teste. Il

fatto, già noto, ha indotto al posizionamento di un

idoneo sfiato prima della zona di condensa del

distil lato per favorire una consistente eliminazione

dell’anidride solforosa.

Per quanto riguarda i pezzi di marmo, occorre

tuttavia prestare attenzione affinché getti di l iquido

non vadano a bagnarli durante la distil lazione, con

conseguente dissoluzione del sale formatosi in altre

cotte, con liberazione e forte passaggio di anidride

solforosa in quel distil lato. È inoltre buona norma che,

i pezzi di marmo, siano sostituiti almeno alcune volte

nel corso della campagna distil latoria.

Tra i tanti problemi creati dall’anidride solforosa

vi è l’attacco del rame metallico della colonna, con

formazione di ione rameico che, avendo come contro

ione il solfato o acidi grassi, può passare nel distil lato

per trascinamento, specialmente se il processo avviene

nelle parti superiori della colonna stessa.

Il rame è notoriamente un elemento tossico e, se

presente in quantità rilevanti, indicativamente oltre i 5

mg/l alla gradazione di consumo, va eliminato dalla

grappa. A tal fine si può operare con coadiuvanti ad

azione adsorbente (caseinato di potassio) e, non senza

particolari attenzioni, con il trattamento al

ferrocianuro, tuttavia non previsto dalla normativa

vigente. Ricordiamo inoltre che la legislazione

comunitaria, recepita da quella italiana, prevede

l’assenza (< 10 mg/l) di anidride solforosa nei

distil lati.

Bisogna comunque osservare che una limitata

formazione di ioni rame alla superficie della colonna,

ha effetti positivi sulla qualità del prodotto poiché può

fissare tracce di acido solfidrico, nonché parte degli

79

acidi grassi liberati dalle cellule dei lieviti nel

riscaldamento in caldaia, formando saponi verdastri e

puzzolenti che rimangono appiccicati alla colonna e

che dovrebbero essere periodicamente rimossi. Nel

caso di vinacce a fecce con penetrante odore di acido

solfidrico, diventa indispensabile, del solfato di rame

che lo precipita come solfuro. Non altrettanto efficace

è tale aggiunta quando siano presenti mercaptani, che

formano sali meno insolubili con lo ione rameico, e

tantomeno in presenza dei loro eteri, i dialchisolfuri e

disolfuri, non complessabili dal rame. Una presenza di

questi ultimi, palesata da odore di crauti, sconsiglia la

stessa distil lazione, pena l’alterazione organolettica di

tutta la massa del distil lato in cui confluisce una pur

piccola parte così alterata. Si suggerisce, per evitare

l’ insorgenza di tali sostanze soprattutto nelle fecce, di

sollecitare alla cantina il loro conferimento e di

acidificarle immediatamente a pH intorno a 3,

prevedendo così alterazioni batteriche anaerobiche

che, in gran parte, le generano.

** Riduzione dell’acetaldeide e dell’acetato di etile.

Mentre l’acetato di etile può essere sensibilmente

ridotto nel distil lato con un marcato taglio delle teste,

poiché distil la quasi esclusivamente in esse –anche se,

così facendo, si asportano molti esteri bassobollenti

gradevoli a nota fruttata e composti di natura

terpenica- l’acidità volatile può essere diminuita con

un forte taglio nelle code - ma mai intervenendo con

una neutralizzazione delle vinacce con potassa prima

della distil lazione perché si ingenera

un’insopportabile nota di cenere nella grappa -

l’acetaldeide, pur con un punto di eboll izione di 21°C,

non si può separare nelle teste essendo molto affine

con le soluzioni idroalcoliche. La completa

eliminazione, così come quella di altre aldeidi a corta

80

catena e dell’acetato di etile insieme ad alcuni esteri a

basso peso molecolare fino al propionato di etile, si

raggiunge con l’ impiego della colonna demetilante,

fornita di un elevato numero di piatti e usualmente

impiegata, come dice il nome stesso, per la

diminuzione del contenuto di alcol metilico. Vista

l’ impossibilità per le piccole distil lerie di accedere a

questa colonna sia per il prezzo che per la necessità di

disporre di una certa quantità di distil lato per metterla

a regime, si è ideata nel Trentino una particolare

tecnologia di ridistil lazione di pratico impiego che

permette di mettere l’ impianto in condizioni operative

simili a quelle della colonna demetilante. Il distil lato

subisce un impoverimento intorno all ’80%

dell’acetaldeide e dell’acetato di etile ma non del

metanolo, migliorandosi decisamente senza perdere le

note positive, fruttato incluso, mascherate da tali

eccessi. Questa tecnica può realmente risolvere il

difetto di erbaceo, che si può presentare anche dopo

essersi attenuti ai migliori criteri conservativi delle

vinacce.27

3.10 L’invecchiamento della grappa.

L’invecchiamento della grappa non cominciò per

necessità ma per moda. È un’affermazione che ha un

contenuto polemico e, certamente, non dà una

fotografia fedele della realtà. Ma c’è del vero.

La grappa, quale acquavite ricavata dalla vinaccia

e quindi da una materia prima ricchissima d’aroma,

non necessita certo di interventi che ne amplificano il

quadro organolettico. E poi invecchiare grappa è

27 L. Odello (1997) “Grappa: Analisi sensoriale & tecnologia”; Ed. Centro Studi e Formazione Assaggiatori

81

terribilmente difficile, in quanto l’esito del suo

matrimonio con il legno è imprevedibile e bizzarro. Si

corre di sovente il rischio di ottenere sovrapposizioni

d’aroma anziché fusioni e, non di rado, ci si può

trovare con dei bisticci organolettici che volgarizzano

in modo irreparabile il prodotto.

Ecco perché si adduce la responsabilità alla moda

di quegli anni.

Per invecchiamento si intende la conservazione

prolungata di un distil lato in fusti di legno, per lo più

rovere, che non abbiano subito impermeabilizzazione.

Secondo la legge italiana, per parlare di grappa

invecchiata è necessario che il prodotto sia sottoposto

ad un periodo di affinamento di almeno 12 mesi, di

cui almeno 6 in fusti di legno.

L’invecchiamento implica una serie di

trasformazioni, a carico del quadro aromatico,

prodotte da due fonti distinte e concomitanti: da un

lato la presa continua e costante di ossigeno

dall’ambiente circostante; dall’altro la

solubil izzazione di determinati composti del legno

che, degradati ed amalgamati con quelli preesistenti,

daranno origine a sensazioni olfattive e gustative

inedite. Il legno, essendo formato da un intreccio

fittissimo di fibre, consente un contatto tra aria e

acquavite; l’aria infatti, sollecitata dalla pressione

atmosferica, si infila nei pori del legno, mentre

l’acquavite si insinua nei canalicoli formati dalle fibre

e tenta di uscire. Una parte di acquavite vi riuscirà

trasformandosi in vapore e determinando una perdita

in grado ed in volume che dipende dalla capacità dei

fusti, dalla temperatura e dall’umidità dell’ambiente.

Queste perdite si aggirano normalmente attorno al

2,5% annuo in alcol anidro. Il contatto tra aria e

acquavite che così si determina, provoca l’ossidazione

di alcuni componenti per cui una parte degli alcoli si

trasforma in aldeidi e una percentuale delle aldeidi si

82

trasforma in acidi. Cambiano quindi le sensazioni

gustative in quanto aumenta l’acidità. Inoltre le

aldeidi si uniscono con gli alcoli formando gli acetali,

mentre gli acidi di neoformazione reagiscono con gli

alcoli originando nuovi esteri responsabili di ulteriori

sensazioni. Non meno importanti sono le cessioni alla

grappa di nuove sostanze derivate dai costituenti del

legno. Dalla lignina vengono cedute alcune aldeidi, tra

cui spicca la vanil l ina, acidi fenolici (quercina,

quercitrina e altr i tannini) e lattoni, tutti composti che

danno sensazioni olfattive dolci e a volte un po’

speziate. Dall’emicellulosa la grappa ricava

soprattutto zuccheri (xilosio, arabinosio, glucosio e

fruttosio) che sono i fautori della morbidezza delle

grappe di lungo invecchiamento. Naturalmente le

sostanze di neo- formazione, sia quelle derivate

dall’ossidazione che quelle estratte dal legno, tendono

a reagire tra loro creando nuove molecole odorose e

innescando un processo a catena nel quale sono

difficilmente prevedibili gli sviluppi e i risultati

f inali.

L’invecchiamento dell’acquavite di vinaccia

comporta delle difficoltà tali che, il mondo della

grappa si spaccò in due e ognuna delle due frazioni

scelse una strada diversa anche se coerente e non

antagonista.

La prima punta ad una specie di riposo attivo

dell’acquavite in cui i costituenti si amalgamano con

l’aiuto di una leggera partecipazione dell’ossigeno

fino a trovare un equilibrio organolettico più

armonico in cui la caratteristica nervosità

dell’acquavite di vinaccia lascia il posto a più pacate

emozioni. La seconda punta invece a più ambiziosi

traguardi: trasferire nel distil lato un aroma nuovo –

quello del legno- e fonderlo con quello preesistente in

un complesso unico e inimitabile, di notevole

ampiezza e mirabile articolazione. Naturalmente, tra

83

questi due estremi, ci sta tutta una serie di situazioni

intermedie non valutabili a priori ma solo con

l’apprezzamento sensoriale dell’acquavite.

Per l’acquavite si deve distinguere tra un breve

(piccolo) invecchiamento e un lungo (grande)

invecchiamento.

Nel caso del piccolo invecchiamento si dovrebbe

più propriamente parlare di affinamento nel legno: la

durata infatti è limitata a 6-12 mesi, le cessioni da

parte dei fusti sono minime e questi possono essere di

dimensioni notevoli e raggiungere anche i 6000 litri e

più di capacità. In questo modo la grappa raggiunge

una tinta paglierina o rimane bianca, il gusto si

armonizza e i profumi aumentano leggermente in

intensità e finezza.

Il grande invecchiamento consiste invece nel far

soggiornare l’acquavite in fusti di legno per periodi

che superano i 5 anni e possono arrivare anche a 15.

In questo caso, affinché avvenga una adeguata

estrazione di composti dal legno, è necessario che si

realizzi un certo rapporto tra superficie di contatto e

volume del liquido contenuto. È per questo che si

util izzano fusti piccoli con capienza massima di 700

litri ( i migliori risultati si ottengono però con fusti di

capienza pari a 200-300 litri con doghe piuttosto

spesse). Il prodotto risultante presenta un colore che

varia dal giallo paglierino al giallo dorato scarico, un

profumo nettamente più intenso, più etereo e più

armonico e un gusto rotondo (meno pungente) e senza

spigoli, con netto sentore di vaniglia.

Tra le altre cose, si deve poi anche tenere presente

che la vita di una botte è limitata nel tempo. Dopo un

certo uso infatti la botte diventa un recipiente, senza

sensibil i cessioni e può servire, per esempio, per

conservare una grappa già invecchiata a tutto grado e

portata alla gradazione di smercio, per il breve

periodo prima dell’ imbottigliamento. Prima dell’uso,

84

le botti nuove devono essere vaporizzate o perlomeno

lavate con acqua bollente per eliminare le sostanze

legnose facilmente solubili, ma poco gradevoli nel

distil lato. È buona norma riempire i fusti nuovi e

vaporizzati con acquavite di minor pregio, per 4-5

mesi, prima di procedere ad un grande invecchiamento

di una grappa di qualità.

Per quanto riguarda i locali di invecchiamento,

questi devono avere una temperatura media intorno ai

20-25°C ed una umidità relativa non inferiore al 70%.

Infatti, se gli ambienti sono troppo freddi, le reazioni

chimiche vengono rallentate, mentre se troppo caldi, i l

calo della grappa per evaporazione diventa rilevante

(si ha una perdita notevole in volume anche quando

gli ambienti sono troppo secchi). Gli ambienti troppo

umidi determinano il maggior calo in gradazione,

poiché l’umidità si oppone all’evaporazione

dell’acqua, ma non dell’alcol.

Un’altra scelta importante è quella del tipo di

legno da impiegare, poiché la medesima acquavite

invecchiata in legni diversi assume gusti differenti,

anche se solo pochi legni hanno la capacità di

neutralizzare la personalità propria dell’acquavite,

cosicché risulta quasi impossibile per l’assaggiatore

determinare in quale legno essa è stata invecchiata.

Il legno più usato è certamente il rovere, il quale

attribuisce all’acquavite un colore ambrato,

conseguenza dei prodotti di ossidazione dei tannini

estratti dal legno.

Rovere è un termine generico util izzato per

definire varie specie appartenenti al genere Quercus;

esso comprende più di trecento specie, di cui al

bottaio però ne interessano solo tre: la “peduncolata”,

la “sessilis” (o rovere vero) e l’“alba”.

La prima orna il panorama di mezza Europa: nel

meridione della penisola scandinava, in Russia,

Polonia, Spagna del Nord, Portogallo, Italia e Grecia.

85

Gradisce terreni fertil i, ma si adatta anche a

condizioni disagevoli e climi umidi.

La quercus “sessilis” è di taglia più piccola e di

minor longevità rispetto alla precedente. Cresce sugli

altipiani dell’Europa centro occidentale, in cui trova

climi secchi e terreni asciutti.

La quercus “alba” vive invece in America ed è

caratteristica per la sua chioma ad ombrello.

Il rovere, apprezzato nel campo

dell’ invecchiamento perché caratterizzato da fibre di

grande omogeneità e ben allineate, grana finissima e

bassa porosità, varia le sue caratteristiche in funzione

dell’ecosistema in cui si sviluppa. Non solo cambiano

i parametri f isici del legno, ma anche le sostanze che

contiene e che quindi può cedere all’acquavite. Col

passare del tempo hanno acquisito fama e prestigio

alcune foreste che si sono specializzate nel fornire

legni per l’educazione di vini e distil lati, mentre

querce cresciute in terreni particolari, quali per

esempio quelli ferrosi, vengono accuratamente

scartate.

Tra i roveri francesi spicca l’Allier, che cresce

nell’omonimo dipartimento. In esso predomina la

quercus “sessilis”, che da doghe poco porose di un

caldo color rosa dorato. Alla bevanda cede abbondanti

quantità di pregiati tannini, dolci e vanigliati. Una

specie del dipartimento di Allier deriva dalla foresta

del Tronçais, dove le piante sono secolari e la grana

del legno è molto fine. Essa presenta le stesse

caratteristiche dell’Allier, ma più accentuate. Poco più

a nord cresce la foresta di Nevers, dove la quercia non

è molto differente da quella dell’Allier.

Sostanzialmente differente è invece il rovere del

Limousin, che cresce nell’ovest della Francia, dove il

terreno è più fertile e calcareo. Qui prospera la specie

“peduncolata” e il legno è più poroso, meno compatto

e più ricco di tannini astringenti. I l rovere di

86

Slavonia, regione della Croazia compresa tra la Drava

e la Sava, è la quercus “sessilis” che presenta

caratteristiche tipiche derivanti dal terreno umido e

fertile in cui cresce: fibre lunghe, perfettamente

allineate e separate da molti canali l infatici che gli

conferiscono più porosità e meno densità. È ricco di

sostanze estrattive di scarsa nobiltà ed è per questo

che è ottimo per fusti di grandi dimensioni, ma non è

usato per le piccole botti. Oltre oceano è la quercus

“alba” che predomina e da i risultati migliori nel

Kentucky e nel Missouri, dove viene chiamata “blue

grass”. I fusti costruiti con rovere americano cedono

un sentore di legno più deciso e notevoli quantità di

tannini colorati. Tutti i roveri comunque sono distinti

dalla cessione di significative quantità di acidi

(malico, succinico, lattico, acetico e gallico) e di altri

componenti organoletticamente attivi quali

siringaldeide, acido siringico, vanill ina, acido

vanil l ico, scopoletina e furfurolo. Il rovere offre

quindi alle acquaviti un notevole blasone, ma non è

l’unico legno usato dai produttori che anzi

ultimamente stanno proponendo esperienze nuove e di

grande interesse, pertanto vengono sinteticamente

riferite le principali caratteristiche di altri legni

proposti:

- Acacia: colora l’acquavite di color oro con riflessi

verdolini. Porta nuance gustative leggermente

amare ma tutt’altro che sgradevoli;

- Castagno: contiene grandi quantità di tannini e si

distingue per porosità elevate. È, di conseguenza,

poco util izzato;

- Frassino: interessantissima essenza da lungo

invecchiamento, colora poco, non trasferisce toni

amari o duri neanche con elevati tempi di contatto,

mentre dona pregiati toni di suadenza aromatica;

87

- Gelso: conferisce al distil lato un color oro

squillante e una nota balsamica pulitissima che si

rafforza nelle sensazioni di retrobocca;

- Ginepro: non è util izzabile da nuovo per lunghi

invecchiamenti per la nota aromatica decisa e

potente che difficilmente si fonde con l’aroma

prepotente della grappa. È delizioso se usato con

moderazione;

- Mandorlo: dona all’acquavite un bel dorato antico e

una nuance olfattiva che ricorda l’erba appena

tagliata;

- Melo: poco caratterizzante sotto il profilo

aromatico, ha indubbie capacità colorative;

- Pero: cede all’acquavite un colore dorato senza

influire molto sul quadro aromatico;

- Ciliegio: dona al distil lato in esso conservato per

un giudizioso periodo, fulvi rif lessi ed un aroma

caratteristico quasi resinoso, ma senza particolari

quarti di nobiltà.

Da quanto fin qui esposto, si può dedurre quanto

sia difficile l’ invecchiamento della grappa e quanto

esso sia più un arte che una scienza. I produttori

potranno così esprimere la loro abilità ed esperienza

non solo variando il mix delle variabili tipiche del

processo di invecchiamento (umidità, temperatura,

tipo di legno, capacità della botte, durata ecc.), ma

adeguandolo anche alla personalità e alle necessità

dell’acquavite. Premesso che solo l’acquavite della

migliore qualità dovrebbe essere sottoposta ad

invecchiamento, soprattutto il grande invecchiamento,

il buon “maestro di cantina” valuterà per ogni tipo di

acquavite il corso di invecchiamento più idoneo,

stabilendo con approssimazione il tempo e l’ iter che

dovrà compiere.28

28 L. Odello (1997) “Grappa : Analisi sensoriale & tecnologia”; Ed. Centro Studi e Formazione Assaggiatori

88

3.11 L’aromatizzazione.

La nascita della grappa-bevanda è stata preceduta

da quella della grappa-medicina nei secoli bui. La

distil lazione era allora finalizzata alla produzione di

medicinali e gli alchimisti, associando le erbe

all’alcol, miglioravano le proprietà terapeutiche di

entrambi.

Le grappe aromatizzate rappresentano comunque

un capitolo interessante perché, se preparate bene,

acquisiscono dall’erba officinale impiegata molte

virtù terapeutiche. Inoltre con le erbe si possono

ottenere una notevole varietà di sensazioni

organolettiche positive che aumentano il piacere del

bere.

Le piante officinali sono così chiamate perché

hanno proprietà farmacologiche che derivano loro da

una serie di composti chimici in esse contenuti e in

grado di essere solubilizzati nelle miscele

idroalcoliche: si tratta di zuccheri, acidi organici

(malico, ossalico, citrico, succinico, tartarico), fenoli,

saponine triterpeniche, steroidi, alcoloidi, essenze,

amari e resine. In pratica, l’aromatizzazione si ott iene

mediante macerazione nella grappa di una pianta

officinale (o parte di essa) allo stato fresco, essiccato

o sotto forma di tintura alcolica. Dal punto di vista

qualitativo, non fa molta differenza usare una pianta

fresca o essiccata. La tintura alcolica si prepara

invece macerando l’erba in alcol di una determinata

gradazione per un periodo che varia tra i 5 e i 10

giorni, dopo di che si separano le parti solide dal

liquido mediante filtrazione o pressatura. Per legge

l’alcol aggiunto con la tintura non deve superare del

3% quello contenuto nella grappa. Quest’ultimo

89

metodo è più comodo perché consente di aromatizzare

la grappa di volta in volta partendo dalla stessa base e

aggiungendo questa o quella tintura alcolica. Esso è

però più laborioso.

Le grappe aromatizzate vengono sempre più o

meno edulcorate con zucchero (per legge non

superiore al 2%), perché esso migliora il sapore

rendendolo più armonico. Diluire poi la grappa

aromatizzata può essere rischioso perché alcuni

componenti possono insolubil izzarsi provocando

intorbidimenti e alterazioni nel gusto; ecco perché la

pianta deve essere immersa nella grappa già al tenore

alcolico a cui sarà consumata. Al termine

dell’aromatizzazione è bene eseguire una filtrazione

per rendere limpida l’acquavite.

Alcuni esempi di grappe aromatizzate sono:

grappa alla salvia, al rosmarino, al ginepro,

all’eucalipto, alle more, ai mirt il l i, alla pera ecc.;

alcune di queste sono molto diffuse, altre sono di

produzione solo locale legate ad antichi usi ed alla

possibil ità di reperire in loco il materiale

aromatizzante.29

3.12 Altre lavorazioni della vinaccia e della

feccia.

La vinaccia viene lavorata non solo per la

produzione di grappa, ma anche per la produzione di

alcol, destinato ad usi diversi.

I diversi tipi di alcol in commercio sono i

seguenti:

29 L. Odello (1997) “Grappa : Analisi sensoriale & tecnologia”; Ed. Centro Studi e Formazione Assaggiatori

90

- Alcol denaturato: non è commestibile e contiene,

insieme all’alcol etil ico, tutte le impurità di testa e

di coda. Esso viene venduto pressoché esente da

oneri fiscali e adulterato in modo permanente dalle

Autorità Governative con denaturanti (sostanze di

odore e sapore disgustoso, miscibili con l’alcol e

alle relative impurità e da esso non separabil i

mediante distil lazione, che rendono l’alcol non

commestibile). Questo tipo di alcol ha una

gradazione compresa tra 90 e 94°C e viene

util izzato come disinfettante, come diluente o come

combustibile. Sono normalmente destinate alla

denaturazione anche le frazioni di testa e di coda

(dette “alcol cattivo gusto”) scartate dalle

distil lerie produttrici di grappa.

- Alcol buon gusto: è l’alcol etil ico che si ricava per

distil lazione frazionata dei liquidi fermentati e dal

quale siano state eliminate le teste e le code. È

normalmente definito “alcol puro” e può essere di

diverse qualità: neutro, extra neutro e raffinato ed

ha una gradazione compresa tra 95 e 97°C. Viene

usato quando sia richiesta una certa purezza o una

certa delicatezza di sapore ed odore.

- Alcol assoluto: è l’alcol etil ico anidro, cioè privo

d’acqua. Ha una gradazione compresa tra 99,6 e

99.8°C e si ottiene con speciali procedimenti di

disidratazione, per esempio con ricorso a

distil lazioni a miscele ternarie. È usato

nell’ industria chimica ed un tempo veniva usato

come carburante.

La produzione di alcol per distil lazione delle

vinacce viene effettuata da grandi distil lerie con

grossi impianti continui, situate soprattutto nell’Italia

centro-meridionale dove meno radicata è la tradizione

della produzione della grappa. Esse producono sia

alcol puro che alcol destinato alla denaturazione.

Poiché non vi è l’obbligo della distil lazione diretta

91

delle vinacce, come la grappa, l’alcol è anche prodotto

tramite distil lazione dei vinelli, ottenuti per lavaggio

o lisciviazione delle vinacce.

È qui il caso di fare appena un accenno alla

lavorazione della feccia, che per la produzione della

grappa può essere util izzata in ragione del 25%

massimo.30

Le fecce di vino sono reperibili sul mercato sotto

forma di fecce semi-liquide (quelle naturali di

decantazione residuate dai travasi in fase di

fermentazione) e semi-solide (panelli residui ottenuti

dalla fi ltrazione di vini fecciosi); l ’unica differenza è

che le prime possono essere lavorate direttamente,

mentre le seconde devono essere preventivamente

spappolate e diluite con acqua. Esse poi,

opportunamente diluite e preriscaldate, vengono

distil late per ottenere alcol.

30 P.G. Garoglio (1973) “Enciclopedia Vitivinicola”; vol. 8; Ed. Scientifiche

92

CAPITOLO IV

SMALTIMENTO DEI SOTTOPRODOTTI DELLA

DISTILLAZIONE

4.1 Uso delle vinacce esauste come mangime.

Se si rivela sempre conveniente, ai fini economici,

l ’uso di questi prodotti complementari dei foraggi,

addirittura essenziale diventa nell’economia agricola

il loro uso in annate, più o meno frequenti, di scarsa

produzione foraggera.

L’apporto che al problema zootecnico può essere

conferito da questa util izzazione è notevolissimo

quando sia legato al suo razionale sfruttamento,

giacché tali prodotti complementari dei foraggi non

sono alimenti completi, ed hanno, in genere, il difetto

di un eccesso di volume e di essere scarsamente

digeribili, presentando altresì una deficienza di

proteine e di sostanze minerali nutritive. Quando non

danno inconvenienti potrebbero da soli condurre a

risultati mediocri, risultando comunque consigliabile

integrarli e prepararli al fine di eliminare i loro

caratteristici inconvenienti per gli usi zootecnici.

Per la determinazione del valore nutritivo di

questi sottoprodotti come mangimi, è indispensabile

indicare a parte il tenore di cellulosa e lignina, sotto

la denominazione di cellulosio greggio e di fibra

greggia, raggruppando sotto il nome di estratt ivi

inazotati gli amidi, gli zuccheri, ecc. I dati analitici

indispensabili da valutare sono quindi: umidità,

93

proteina digeribile (sostanze azotate digeribili),

estrattivi inazotati digeribili (amidi, zuccheri, ecc.),

cellulosio o fibra greggia, ceneri (sostanze minerali).

Si deve tenere conto che per un maggiore contenuto in

cellulosio, minori sono le digeribilità ed il valore

nutritivo del mangime.

Ai fini dell’alimentazione del bestiame, bisogna

distinguere la diversa qualità di vinacce a

disposizione, premettendo subito che dal punto di

vista dell’economia dell’alimentazione, i grassi sono

destituiti da qualsiasi valore se si raffronta al prezzo

del grasso ricavabile; che i vinaccioli ricchi di fibra e

di l ignina hanno un valore nutritivo limitatamente alla

quantità di olio che possiedono, diluito in troppa

sostanza o dannosa o inerte; mentre le bucce

rappresentano la parte più nutriente e sapida delle

vinacce. Ne consegue che lo sfruttamento industriale

dei sottoprodotti vitivinicoli coincide con la necessità

di uno sfruttamento zootecnico dei residui. Infatti

mentre in linea di massima è preferibile e di maggior

ricavo separare i vinaccioli per sfruttarli, come

vedremo, in modo ben più razionale che non per usi

zootecnici per ricavare oli, le bucce private dai raspi

inutil i possono essere poi essiccate e sfarinate,

rappresentando un ottimo ingrediente per mangimi,

più o meno appetibili e di sicura conservabilità allo

stato secco.

Le vinacce possono essere, come suol dirsi

integrali o diraspate. Scartando dagli usi zootecnici le

vinacce con raspo e limitandoci a parlare di quelle

diraspate, diremo subito che anzitutto vi è pochissima

differenza nel valore nutritivo delle vinacce sia che

queste siano già private dell’alcol oppure ancora da

esaurire.

Le vinacce provenienti dalla distil lazione sono

anzi da preferire a quelle vergini fermentate per varie

ragioni: perché con il trattamento industriale, che si

94

può considerare equivalente ad una cottura, taluni

principi nutritivi (estrattivi inazotati) diventano più

digeribili ed assimilabili, perché durante la

distil lazione si ha una certa perdita di acqua e quindi

un aumento percentuale della sostanza secca; infine

perché le vinacce distil late sono da un punto di vista

microbiologico assolutamente steril i e, insilate in tini

di cemento o in fosse murali, si conservano a lungo

molto meglio delle vinacce ordinarie. I dati analitici

seguenti, dovuti al Maccagno, dimostrano le

variazioni nella composizione chimica per effetto

della distil lazione.

Vinaccia non

distil lata

Vinaccia

distil lata

Acqua 62,62 60,50

Proteina greggia 5,37 7,31

Grassi e idrati di Carbonio 20,15 27,04

Ceneri 6,84 5,09

Se poi si tiene conto che, nella pratica

dell’al imentazione, le vinacce fermentate provenienti

dalla torchiatura del vino possono provocare disturbi

alla salute degli animali (gastroenteriti, dermatiti)

dovuti alla presenza dell’alcol e di altre sostanze

volatil i, appare chiaramente la superiorità delle

vinacce distil late anche da questo punto di vista.

Resta quindi confermata ancora una volta

l’opportunità che gli agricoltori hanno di sfruttare

l’alcol a parte come sottoprodotto importante della

vinificazione, senza per questo perdere nulla del

valore alimentare della vinaccia per il bestiame.

Lo sfruttamento dei sottoprodotti nelle aziende

agrarie, perché sia razionale dal punto di vista

economico ed agricolo, dovrebbe svolgersi in questi

tre tempi: esaurimento della vinaccia con acqua per

dare il vinello da consegnare in distil leria,

95

essiccamento della vinaccia seguito da diraspamento e

separazione dei vinaccioli, a mezzo degli spartisemi

onde ricavare la quasi totalità di questo importante

sottoprodotto che ha anche i suoi profondi rif lessi nel

settore oleario, ed infine util izzazione delle bucce

essiccate e sfarinate come ingredienti per mangimi

misti. I graspi potrebbero servire come combustibile,

le cui ceneri potrebbero a sua volta essere util izzate,

da ultimo, come discreto concime.

Il valore nutritivo della buccia di vinaccia secca,

può stare a confronto a molti foraggi comunemente

usati, ed allo stesso fieno di buona qualità tanto da

essere utilmente impiegato in miscela con questi

foraggi per l’alimentazione del bestiame.31

4.2 Uso delle vinacce e derivati come concime.

Un’ultima util izzazione della vinaccia, e alla

quale si ricorre con più frequenza di quanto non si

dovrebbe, consiste nel suo impiego come concime.

E’ ovvio che in genere ciò può essere solo

conveniente quando il prodotto abbia subito delle

notevoli alterazioni, tali che non consentano più un

razionale sfruttamento neppure come mangime,

altrimenti detto impiego è del tutto sconsigliabile.

Comunque in certi particolari casi può essere

conveniente fare assolvere alla vinaccia una funzione

concimante e in tal caso dovrà essere somministrata in

ambiente alcalino e disposta in strati alternati con

scorie Thomas e con fosforite. Esiste a questo

proposito lo specifico procedimento Roos col quale

tutti i cascami non altrimenti util izzabili dell’ industria

vinicola, mediante una spesa relativamente lieve,

possono costituire un buon fertil izzante di pronto

96

effetto e che può servire egregiamente per la

concimazione di viti giovani, piante da frutto,

piantoni di ulivi, vivai di barbatelle ecc.

Il procedimento consiste essenzialmente nel

disporre la vinaccia previamente pesata in uno strato

di 25 cm (in concimaia, in fossa o platea a tenuta di

l iquido) sul quale viene sparso il 5% del peso della

vinaccia di perfosfato oppure il 4% di Scorie Thomas

e il 4% di solfato potassico o in mancanza di questo

12-15% di cenere. Al di sopra di tale stratificazione

viene distribuita uniformemente una certa quantità di

terra, poi si formano altri strati di vinacce addizionate

nella maniera anzidetta fino a che il cumulo non

raggiunga un’altezza intorno a m 1,25. Dopo di che si

praticano, con un palo di ferro, alcuni fori

sufficientemente larghi e che consentano di versarvi

dentro il solfato ammonico in ragione di kg 5 ogni 10

kg di vinaccia impiegata procurando che tale concime

scenda nel fondo della massa costituita. Negli stessi

fori viene gettata inoltre una certa quantità di latte di

calce (soluzione di acqua e calce viva al 3%) e infine

vengono tappati.

In tale maniera la calce a contatto del solfato

ammonico reagisce mettendo in libertà l’ammoniaca

che si diffonde in tutto l’ammasso favorendo la

decomposizione della sostanza organica, che

trasformata con una certa sollecitudine in humus,

consente la possibilità di disporre nel mezzo

successivo di un ottimo terriccio di effetto attivo e

rapidissimo.

Tra i prodotti uti l izzabili come concime, debbono

annoverarsi anche i panelli residui dall’estrazione

dell’ol io dai vinaccioli, e dobbiamo rilevare che ciò

rappresenta la migliore ultima util izzazione dei

vinaccioli (quando non costituisce materia da

distil lazione secca) in quanto l’elevato contenuto in

31 P.G. Garoglio (1973) “Enciclopedia Vitivinicola”; vol.8; Ed. Scientifiche

97

cellulosa ne vieta la somministrazione al bestiame,

anche per il loro contenuto in sostanze tanniche;

eccezionalmente possono costituire un ingrediente di

una razione alimentare per suini.32

4.3 Uso delle vinacce esauste come combustibile.

La vinaccia può venire lavorata a mattonelle.

Dopo la distil lazione dell’acquavite o l’esaurimento

dei vinelli, i l materiale viene essiccato e finemente

macinato. Vi si aggiunge meno del 0,5% di farina di

castagne d’India e 6% circa di acqua calda e si lascia

rigonfiare la massa durante tre ore. Indi ad una

pressione di kg 1500 si formano delle mattonelle del

peso di g 100. Il prodotto contiene 12,9% di acqua e

14,2% di ceneri, ed ha un potere calorifico di 3800

cal.33

4.4 L’estrazione dell’ol io dai vinaccioli.

Un tempo in Italia lo sfruttamento dei vinaccioli

si compiva regolarmente per dare olio adibito

all’alimentazione e per usi industriali, ma oggi è stato

completamente abbandonato.

Durante la prima guerra mondiale si preconizzò

l’uso dell’olio di vinaccioli come succedaneo dell’olio

di ricino per motori, per la sua miscibilità con oli i

minerali e la sua resistenza alla congelazione.

Dopo l’asportazione dell’alcol e delle sostanze

tartariche, le vinacce vengono private dei vinaccioli.

32 P.G. Garoglio (1973) “Enciclopedia Vitivinicola”; vol.8; Ed. Scientifiche 33 P.G. Garoglio (1973) “Enciclopedia Vitivinicola”; vol.8; Ed. Scientifiche

98

I vinaccioli costituiscono il 20-25% del peso della

vinaccia umida (e fino al 40% della vinaccia torchiata

fortemente e diraspata ad esempio al torchio continuo)

e quindi sono sfruttabili kg 4 a 5 di vinaccioli portati

ad un tasso di umidità del 10% circa (al di sotto si

notano minori rese in olio per incipiente torrefazione).

Il vinacciolo è costituito da una mandorla

contenuta in una membrana cornea resistente, la quale

si oppone in parte ai fenomeni di osmosi che si

producono durante la fermentazione.

E’ così che vengono cedute ai vini solo materie

tanniche o resinose che sono la caratteristica del

sapore astringente dei vini a lungo contatto con le

vinacce.

La mandorla è costituita da un albume

eminentemente ricco di olio. Finché il vinacciolo è

fresco, la sostanza grassa in esso contenuta resta

neutra cioè indecomposta, ma se si produce

innalzamento di temperatura si formano delle azioni

diastasiche con idrolisi e messa in libertà di acidi

grassi.

L’olio di vinaccioli, oltre che per uso

commestibile, ha rappresentato anche un notevole

contributo come discreto sostituto dell’olio di l ino

nelle industrie di vernici. Anche se non sarà possibile,

per diversi motivi, sfruttare in Ital ia al cento per cento

il quantitativo raccoglibile teoricamente dai

vinaccioli si può già dire di aver raggiunto cifre fino a

poco tempo fa impensabili, cioè i 100 mila q di olio

estratto dai vinaccioli, ogni anno.

Il processo produttivo per l’estrazione dell’olio

dai vinaccioli è relativamente semplice.

Le vinacce, dopo essere giunte all’oleificio,

vengono diraspate, se necessario. Dopo di che i

vinaccioli sono separati dalle bucce dell’uva; il seme

viene pulito dalle impurità o dai detriti contenuti e,

99

conseguentemente, viene essiccato ed è così pronto

per la disoleazione.

A questo punto si possono usare due tipi di

trattamenti:

1) si impasta la farina di vinaccioli essiccati con

acqua calda; scaldato l’ impasto a 60-70°, si attende

un po’ per permettere all’ol io di fuoriuscire, si

pressa quindi al torchio idraulico a 300 atmosfere;

2) si estrae a mezzo solventi l ’olio che poi è

sottoposto a raffinazione.

L’olio di vinaccioli è util izzato industrialmente:

1) come alimento, previa rettif icazione, sia puro, sia

tagliato con altri olii di semi;

2) nella fabbricazione dei saponi, saponi duri (alla

soda) e molli (alla potassa) adatti questi ultimi per

il lavaggio di lane grezze e per sgrassare la seta;

3) per sostituire vantaggiosamente l’olio di l ino

nell’ industria delle vernici;

4) nell’ industria casearia nell’Italia settentrionale, si

usa inoltre l’olio di vinaccioli per ungere le forme

di formaggio di grana.

I residui della lavorazione degli oli possono

essere ulteriormente sfruttati per dare o panelli

combustibili (potere calorifico = 3000 calorie) o

possono servire di base per l’estrazione del tannino.34

4.4.1 Le vinacce esauste della distil leria G.B.

Poli.

La distil leria G.B. Poli vende le vinacce esauste

all’oleificio Medio Piave di Oderzo in provincia di

Treviso.

Le vinacce esauste vengono acquistate sia dalla

zone limitrofe che da tutto il Nord Italia. Possono

100

giungere all’oleificio già diraspate, cioè i vinaccioli

separati dalle bucce, oppure subire questa prima

operazione di preparazione all’ interno dell’oleificio.

Dalla separazione otteniamo due prodotti:

1) le bucce dalle quali otteniamo una farina util izzata

come combustibile sotto forma di mattonella;

2) i l vinacciolo che viene frantumato e, attraverso

l’util izzo di un solvente “esano”, estratto l’olio in

esso contenuto. La miscela ottenuta viene

successivamente distil lata al fine di separare l’olio

dal solvente che verrà riutil izzato in ulteriori

processi. L’olio grezzo deve essere raffinato e

decolorato secondo quanto indicato dalla legge

Salari del ’65 e deodorato in quanto l’odore è così

intenso e poco commestibile.

Il mercato dell’olio di vinacciolo è in continuo

aumento nonostante le quantità prodotte siano

limitate e i prezzi siano superiori rispetto ad altr i

tipi di olio di semi.

4.5 Util izzo delle borlande e delle vinacce per

l’estrazione di cremortartaro e fabbricazione

dell’acido tartarico.

Dalle vinacce si estrae normalmente il 60-70% dei

tartrati che esse contengono, dopo essere state

sottoposte a disti l lazione.

Le acque rosse (borlande) degli alambicchi che

hanno distil lato le vinacce, lasciate a riposo

abbandonano dei cristalli di bitartrato potassico (o

cremortartaro o tartrato acido di potassio).

Le vinacce spogliate dall’alcol negli alambicchi

subiscono ancora una prolungata eboll izione allo

scopo di solubilizzare il cremore che contengono. In

34 P.G. Garoglio (1973) “Enciclopedia Vitivinicola”; vol.8; Ed. Scientifiche

101

seguito si scaricano gli alambicchi e si raccolgono le

acque rosse bollenti che sono convogliate in appositi

recipienti: bacini, tini od altro per la cristallizzazione.

Le vinacce rimaste si centrifugano o si torchiano

per cavarne tutte le acque tartariche che sono unite

alle borlande di prima.

E’ importante che tutti questi l iquidi siano

mantenuti ben caldi, ricordando che il raffreddamento

diminuisce grandemente la solubilità del cremore. Di

solito ci si serve di canali di legno, mai di metallo; i l

locale di cristalizzazione si trova ad un livello più

basso del punto di partenza delle borlande, ed è

mantenuto ad una temperatura fresca, dai 10° ai 15°.

Ivi si trovano i vari recipienti dove si scaricano le

borlande, le quali per raffreddamento lasciano

separare il cremore.

Il cremortartaro si deposita sul fondo dei

recipienti, sulle pareti oppure sui rami di pruni che si

possono mantenere sospesi al centro, e che si caricano

di cristalli facilmente distaccabili.

Le acque madri, almeno le più chiare, si

aggiungono di solito alle nuove vinacce da distil lare,

oppure si abbandonano per lungo tempo entro grandi

recipienti di legno o di cemento intonacato di una

vernice protettiva dove, specialmente quando la

stagione è fredda, lasciano depositare insieme a tante

impurezze un’altra materia tartarica.

Tutti i depositi fecciosi ottenuti durante

l’estrazione del cremore dalle vinacce si chiamano

limi o paltoni e allo stato secco contengono 30-60% di

bitartrato di potassio e 10-20% di tartrato di calcio.

Il tartrato greggio viene raffinato con vari sistemi.

La raffinazione del tartrato greggio delle vinacce è

tanto più difficile quanto più povero è in vero

bitartrato potassico e sovente nella pratica si

preferisce fare delle miscele di materiali a titolo alto e

titolo basso per arrivare ad una media del 60-65% nel

102

caso però che sia richiesto un tartrato raffinato di

grande purezza.

La fabbricazione dell’acido tartarico

(cremortartaro, limo, tartrato di calcio) e più

comunemente si util izzano le acque madri scure e tutti

i depositi e i paltoni delle fabbriche di cremortartaro.

Il metodo più comunemente usato è quello della

calce, il quale consiste nel trattare le soluzioni

bollenti di cremortartaro con latte di calce o con

carbonato di calcio in polvere; si forma così dapprima

per metà del tartrato di calcio insolubile e per l’altra

metà del tartrato neutro di potassio solubile, i l quale

si separa poi, esso pure, allo stato di tartrato di calcio

insolubile, per semplice aggiunta di solfato di calcio o

cloruro di calcio.

Dal tartrato di calcio si mette in libertà l’acido

tartarico mediante acido solforico.

I procedimenti sopra descritti sono diventati

economicamente non convenienti, per le singole

distil lerie, a causa degli altissimi costi necessari per

lo smaltimento delle acque risultanti dal processo

produttivo del cremortartaro e dell’acido tartarico.35

4.6 Fattori di inquinamento delle distil lerie.

L’inquinamento è uno degli aspetti più drammatici

della nostra epoca, dovuto soprattutto all’esplosione

demografica, tecnico-industriale ed urbanistica e

all’emissione sul suolo, nell’acqua e nell’aria di

sostanze che alterano le caratteristiche chimiche e

fisiche di tali elementi vitali della biosfera. Questa

alterazione, compromette in modo serio la salute in

quanto le naturali capacità autodepurative del suolo,

dell’acqua e dell ’aria non riescono più a trasformare

103

in sostanze innocue tutti i materiali inquinanti

riversati nell’ambiente, perché sono in quantità

enorme o addirittura non sono “degradabili”.

Le disti l lerie, per loro conto, sono produttrici di

alcuni “agenti inquinanti”:

- l ’emissione in atmosfera dei fumi derivanti dalle

fonti di calore adoperate per la distil lazione;

- le acque rosse;

- eventuali residui semiliquidi di fermentazione di

sostanze da sottoporre a distil lazione (es. frutta);

- oltre a ciò, le vinacce esauste, a norma della attuale

legislazione, non sono solo rif iuti ma anche materie

prime secondarie.36

4.7 L’inquinamento delle acque.

Le prime mosse per un intervento organico

riguardante lo smaltimento dei rif iuti furono prese con

la legge 319 del 1976, la cosiddetta “legge Merli”,

riguardante gli scarichi l iquidi; successivamente tale

legge fu abrogata, insieme ad altre normative, con il

Decreto legislativo 11 maggio 1999, n.152 il quale

emana le disposizioni sulla tutela delle acque

dall’ inquinamento con recepimento della dirett iva

91/271/CEE concernente il trattamento delle acque

reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa

alla protezione delle acque dall’ inquinamento

provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole.

Non si può ignorare la realtà della situazione

precedente all’anno 1976: pluralità di leggi obsolete,

inadeguate e settoriali, elaborate in tempi lontani per

una realtà ambientale del tutto diversa; suddivisione

35 P.G. Garoglio (1973) “Enciclopedia Vitivinicola”; vol.8; Ed. Scientifiche 36 Trecani (1989 ) “Enciclopedia Giuridica”

104

delle competenze tra più autorità, quindi senza una

chiara visione di assieme e con la conseguenza di

interferenze, conflitti, interventi frammentari e

disorganici, in definitiva, inefficaci.

Per lo smaltimento dei rif iuti l iquidi (fanghi) alle

distil lerie si offrono poche possibilità:

a) una prima, la più seguita dagli imprenditori del

settore e anche dalla ditta da me presa in esame

“Poli”, è quella della consegna di tali scarichi a

consorzi di raccolta e smaltimento. Questo tipo di

smaltimento dei fanghi di distil leria comporta

costi crescenti che incidono negativamente sul

conto economico delle aziende;

b) una seconda è quella dello scarico di acque reflue

industriali in acque superficiali le quali devono

avvenire nei limiti indicati nella tabella 3

dell’al legato 5 o dalle relative norme stabilite

dalle Regioni; oppure l’allacciamento alla rete

fognaria, fermo restando l’ inderogabilità dei valori

l imite di emissione per le sostanze della tabella 5

dell’al legato 5.

E’ vietato lo scarico sul suolo o negli strati

superficiali del sottosuolo fatta eccezione per gli

scarichi di acque reflue urbane e industriali per i

quali si sia accertata l’ impossibilità tecnica o

l’eccessiva onerosità, a fronte dei benefici

ambientali conseguibili, a recapitare in corpi idrici

superficiali, purché gli stessi siano conformi ai

criteri ed ai valori l imite di emissione fissati a tal

fine dalle Regioni.

E’ vietato lo scarico diretto nelle acque sotterranee

e nel sottosuolo.

Tutti gli scarichi devono essere preventivamente

autorizzati e l’autorizzazione è valida per quattro

anni dal momento del rilascio.

I titolari degli scarichi esistenti devono adeguarsi

alla nuova disciplina entro tre anni dalla data di

105

entrata in vigore del Decreto legislativo, vale a

dire entro il 13 giugno 2002.37

4.8 L’inquinamento atmosferico.

Altro agente inquinante emesso dalle distil lerie è

quello rappresentato dai fumi provenienti dalle caldaie

degli alambicchi.

A tale proposito la nostra normativa, con il D.P.R.

24 maggio 1988, n.203, dava attuazione alle dirett ive

CEE nn. 80/779, 82/884, 85/203 concernenti norme in

materia di qualità dell’aria, relativamente a specif ici

agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli

impianti industriali.

Con D.Lg. 31 marzo 1998, n.112 sono state

devolute alle Regioni a agli enti locali tutte le

funzioni amministrative inerenti alla materia della

tutela dell’ambiente dall’ inquinamento, ad eccezione

di quelle espressamente mantenute allo Stato.

Il provvedimento presenta alcuni punti salienti:

- i l presente decreto detta norme per la tutela della

qualità dell’aria ai fini della protezione della salute

e dell’ambiente su tutto il territorio nazionale.

Sono sottoposti alla disciplina del presente decreto

tutti gli impianti che possono dar luogo ad

emissioni nell’atmosfera (art.1);

- viene definito inquinamento atmosferico ogni

modificazione della normale composizione o stato

fisico dell’aria atmosferica, dovuta alla presenza

nella stessa di uno o più sostanze in quantità e con

caratteristiche tali da alterare le normali condizioni

ambientali e di salubrità dell’aria; da costituire

pericolo ovvero pregiudizio diretto o indiretto per

la salute dell’uomo; da compromettere le attività

37 Gazzetta Ufficiale n. 124 del 29/05/99

106

ricreative e gli altri usi legittimi dell’ambiente;

alterare le risorse biologiche e gli ecosistemi ed i

beni materiali pubblici e privati (art. 2, comma 1);

- con decreto del Presidente del Consiglio dei

Ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente, di

concerto con i Ministri della sanità e dell’ industria,

del commercio e dell’artigianato, sono fissati ed

aggiornati i valori l imite ed i valori guida di qualità

dell’aria, validi su tutto il territorio nazionale

(art.3);

- per la costruzione di un nuovo impianto deve essere

presentata domanda alla Regione o alla Provincia

autonoma, di autorizzazione, corredata di un

progetto contenente le informazioni tecniche

sull’ impianto che si intende adottare (art.6);

- per gli impianti esistenti, quindi per tutte le

distil lerie operanti, dovrà essere presentata

domanda di autorizzazione alla Regione o alla

Provincia autonoma competente entro 12 mesi dalla

data di entrata in vigore del presente decreto,

corredata da una relazione tecnica contenente la

descrizione del ciclo produttivo, le tecnologie

adottate per prevenire l’ inquinamento, la quantità e

la qualità delle emissioni, nonché un progetto di

adeguamento delle emissioni (art.12);

- la mancata autorizzazione sia per impianti di nuova

costruzione che per quelli già esistenti comporta

l’arresto fino a due anni e un’ammenda in denaro;

- sono esclusi dal campo di applicazione del D.P.R.

203/88 i seguenti impianti: impianti termici non

inseriti in un ciclo di produzione industriale, gli

impianti di climatizzazione, gli impianti termici

destinati al riscaldamento di ambienti, al

riscaldamento di acque per utenze civili, ecc.38

107

4.9 L’inquinamento da rifiuti solidi.

La materia della gestione dei rif iuti era

originariamente regolata molto sommariamente dalla

legge 20 marzo 1941, n. 36.

Un assetto organico della stessa viene dato molti

anni più tardi dal D.P.R. n. 915/1982 che distingue i

rif iuti in: urbani, speciali, tossici e nocivi,

disciplinando dettagliatamente la complesse attività

attinenti allo smaltimento (stoccaggio, trasporto,

trattamento). Il decreto prevede standard, piani e

soprattutto autorizzazioni per quasi tutte le operazioni

relative allo smaltimento stesso. Sono coinvolti nella

gestione dei rif iuti: Stato, Regioni, Province e Comuni

secondo un modello organizzatorio che si riscontra in

tutta la legislazione ambientale.39

Recentemente il decreto legislativo “Ronchi” 5

febbraio 1997, n. 22 già modificato dal D.Lvo 8

novembre 1997, n. 22, ha mutato profondamente la

fi losofia tradizionale della gestione dei rif iuti basata

sullo “smaltimento” (discariche e inceneritori)

mirando essenzialmente al recupero dei materiali.

I punti fondamentali che meritano di essere

segnalati sono i seguenti:

- sotto il profilo organizzatorio permane

fondamentalmente il preesistente sistema di

distribuzione delle funzioni tra Stato, Regioni,

Province e Comuni. Viene anche creato presso il

Ministero dell’ambiente un “Osservatorio nazionale

sui rif iuti”;

- cambia la classif icazione dei rif iuti. Questi ultimi,

sono classificati secondo l’origine in: urbani e

speciali e secondo le caratteristiche in pericolosi e

38 D.lg. del 31/05/98 n.112 39 F. Salvia (1998) “Diritto Urbanistico”; Ed. Cedam

108

non pericolosi; le vinacce sono da considerarsi

rif iuti speciali in quanto provenienti da lavorazioni

industriali;

- la corretta gestione del rif iuto non si esaurisce nella

fase terminale dello smaltimento e del recupero, ma

parte molto da lontano: dallo sviluppo delle

tecnologie pulite, dalla promozione di strumenti

economici, ecc.;

- restano in vigore le normative dettate

precedentemente per quanto riguarda la disciplina

dello smaltimento nelle acque, sul suolo e nel

sottosuolo dei liquami e dei fanghi, l ’emissione dei

fumi nell’aria ecc.;

- le vinacce possono diventare direttamente o previo

trattamento materia prima in altri processi

produttivi.

Tutti i residui di lavorazione, ivi compresi quell i

venduti come materie prime ad altre aziende,

devono essere considerati a tutti gli effetti rif iuti, e

non potranno pertanto essere ceduti che a

trasportatori e raccoglitori in possesso di

autorizzazione;

- registro di carico e scarico e comunicazione

annuale dei rif iuti prodotti. L’obbligo di tenuta dei

registri di carico e scarico è stato esteso a tutti i

produttori di rif iuti speciali provenienti da

lavorazioni industriali e artigianali. Sul registro,

numerato in ogni sua pagina e vidimato dall’Ufficio

Registro, devono essere annotate le quantità di

rif iuti e residui prodotti, distinti per tipologia

(carico) e quantità smaltite o cedute a terzi per

essere util izzate (scarico). Chiunque produca o

smaltisca rif iuti industriali è tenuto a denunciare

annualmente la quantità e la qualità dei rif iuti

prodotti o smaltit i;

- a chiudere il sistema abbiamo un complesso di

sanzioni penali e amministrative che vanno dalle

109

sanzioni pecuniarie alle rimozioni e ripristino dello

stato dei luoghi, alla confisca dei mezzi e alla

sospensione delle cariche, ecc..

110

CAPITOLO V

COMMERCIALIZZAZIONE DEL PRODOTTO

FINITO

5.1 Evoluzione del settore della grappa.

Delineare un quadro preciso del settore della

grappa è operazione difficile a causa sia della varietà

di panorami in esso individuati che della scarsità di

mezzi conoscitivi disponibili.

Infatti, pur essendo un settore soggetto, da parte

del Ministero delle Finanze, a controlli ancor più

severi di quell i del comparto petrolifero, non è

possibile venire in possesso di dati ufficiali completi

idonei a delineare nel dettaglio il suo profilo.

Sulla base dell’elaborazione di informazioni e

valori principalmente forniti dai funzionari di zona

degli U.T.F., da riviste, esperti del settore e dagli

stessi produttori è comunque possibile effettuare

un’analisi generale della sua struttura attuale,

dell’evoluzione che ha subito, dei livell i di

produzione, di esportazione, di importazione e di

consumo, nonché delle sue prospettive future.

Nel settore della grappa operano tre categorie di

imprese: i produttori veri e propri, gli imbottigliatori

ed i commercianti con marchio proprio che si fanno

confezionare il prodotto dalle precedenti tipologie di

aziende.

I produttori veri e propri sono le distil lerie che

non si l imitano ad esibire questo termine nella ragione

111

sociale, ma fanno veramente fumare l’alambicco.

Attualmente nella nostra penisola se ne contano poco

più di centoventi: un numero molto contenuto se lo si

accosta a quello delle altre categorie ed ancora più

modesto se confrontato con i più di duecentomila

distil latori esistenti a fine del secolo scorso. Nel

vicentino se ne contano undici.

I principali responsabili di questa riduzione

numerica vanno individuati, a partire dal secondo

dopoguerra, nella soverchiante burocrazia fiscale, nel

radicale cambiamento dell’enologia che ha fornito

vinacce sempre più asciutte e meno fermentate, nelle

leggi non sempre congrue ed eque in materia di

impatto ambientale. Responsabile del fenomeno in

esame è pure, negli ultimi anni, una sensibile

riduzione dei consumi di distil lati dovuta a tendenze

salutistiche e al cambiamento delle abitudini

alimentari, pesantemente influenzata anche da

campagne pubblicitarie contro l’abuso nell’assunzione

di alcolici e da una pressione fiscale sempre più

penalizzante.

Per quanto riguarda le campagne salutistiche si è

pronti a condannare il consumo di alcol in sé, senza

considerare, invece, la misura in cui viene assunto,

alla quale va addebitata parte della responsabilità di

questo grave problema sociale. In relazione alla

seconda responsabilità è sufficiente ricordare che nel

giro di pochi anni l’accisa sugli alcoli è raddoppiata,

determinando non solamente un aggravio di spesa sui

consumatori, ma anche una notevole perdita di

l iquidità per le imprese. Queste ultime, infatti devono

anticipare alle finanze l’ imposta al momento in cui i l

prodotto esce dall’azienda nonostante il relativo

importo venga recuperato solo dopo mesi: i pagamenti

concessi ai clienti sono, infatti, dilazionati.

Considerando che il valore d’accisa per una bottiglia

di grappa di 40° ammonta a circa lit. 5000 e che ad

112

essa si assommano anche altri tributi da versare (IVA)

si comprende quanto il peso degli eventuali interessi

passivi bancari possa incidere gravemente sulla

gestione finanziaria e sui conti economici delle

imprese di questo settore.

La categoria degli imbottigliatori comprende circa

seicento aziende che si l imitano a selezionare diverse

partite di acquavite di vinaccia presenti sul mercato

per poi miscelarle in modo tale da ottenere bevande

dal profilo organolettico costante e rispondente alle

esigenze dei consumatori. Nonostante svolgano, sia

pure mirabilmente, attività di sola miscelatura,

imbottigliamento e commercializzazione, possono

comunque util izzare l’appellativo di produttori di

grappa in quanto è loro consentito dalla legge vigente.

Agli effett i normativi, infatti, essendo l’ultimo

trasformatore a determinare le caratteristiche del

prodotto, si può interpretare come produttiva anche la

semplice attività di miscelatura. La conseguenza

negativa della scarsa precisione della disposizione

legislativa richiamata è l’ impossibil ità, per il

consumatore, di poter distinguere nettamente a quale

delle due categorie di “distil latori” appartenga il

produttore indicato sull’etichetta della bottiglia.

La terza tipologia di operatori del settore è

costituita in prevalenza da imprese vitivinicole - circa

mille - molte delle quali discendono direttamente

dalle vecchie aziende agricole che, nei tempi lontani

in cui non esistevano le regole rigide dell’attuale

burocrazia fiscale, lavoravano direttamente i

sottoprodotti del processo di vinificazione, util izzando

ciascuna il proprio alambicco. Col trascorrere degli

anni la produzione diretta di grappa, a causa anche

dell’alto costo del lavoro, è divenuta antieconomica

per queste imprese che si sono trovate costrette ad

abbandonarla. L’esigenza di disporre di una grappa

dal profilo organolettico coerente con quello dei

113

propri vini non è, però, venuta meno e le ha spinte a

cedere le loro vinacce al proprio distil latore di fiducia

per farsi ricavare e confezionare un disti l lato di

qualità da poter poi commercializzare con proprio

marchio. Il fenomeno viene disciplinato dall’apposita

normativa sulla Grappa di Fattoria e la sua continua

espansione testimonia il successo che il nostro

distil lato di bandiera sta riscuotendo non solo nel

mercato nazionale, ma anche in quello straniero.40

Tornando ad analizzare il comparto delle aziende

distil latrici, che sono le vere depositarie dell’arte

della produzione della grappa, occorre sottolineare

come, parallelamente al processo di riduzione

numerica, si sia assistito anche all’ incremento

dimensionale di diverse società. Alcune di esse

rappresentano oggi realtà economicamente importanti

che spesso sono il risultato di crescite graduali unite

ad acquisizioni di aziende più piccole.

La conseguenza più immediata di questa

evoluzione si evidenzia nella produzione di acquavite

di vinaccia: i due terzi della grappa in commercio

sono attualmente ottenuti da una ventina di grandi

imprese che rappresentano poco più del 16% del totale

dei distil latori.

Dalla fine degli anni Ottanta, nel settore

alimentare si è assistito all’accentramento dei

principali marchi nelle mani di pochi grandi gruppi

internazionali: una scelta strategica giustificata in

relazione all’esigenza di un grosso aumento delle

spese di promozione e comunicazione necessarie per

affrontare la metamorfosi che ha coinvolto parte del

comparto distributivo.

Il processo di consolidamento che, comunque si

evidenzia in tutt i i grandi mercati internazionali, ha

determinato anche l’esodo di prestigiosi marchi di

distil lati e liquori di casa nostra: la Stock è stata

40 L. Odello (1995) “Grappa: tra assaggi e alambicchi”; Ed. Centro Studi e Form. Assaggiatori

114

acquistata dal colosso tedesco Eckes, la Martini &

Rossi appartiene alla Bacardi (Usa), la Cinzano fa

parte del gruppo londinese Idv –Gran Metropolitan.

Le grandi società italiane come Averna

(Caltanissetta), Borsci (Puglia), Branca, seguono una

politica di consolidamento e di espansione su nuovi

mercati detti del Far East: Asia, ma soprattutto

Russia, Repubblica Ceca, Ungheria ed in generale nei

Paesi dell’ex URSS.

Questa strategia espansiva rivolta all’estero

permette, infatti, di compensare i più contenuti

consumi interni e, nel contempo, di operare su volumi

in grado di assicurare rilevanti economie di scala nella

produzione ed util i sinergie in campo commerciale e

amministrativo.

Nel settore della distil lazione, tuttavia,

permangono –concentrate nelle regioni settentrionali-

molte aziende di dimensione medio-piccola che in più

occasioni hanno dimostrato una buona capacità

innovativa ricavandosi ed affermandosi, sia con

quantitativi modesti, in nuove nicchie del mercato

locale, ma spesso anche su quello nazionali ed

internazionale. Avvalendosi di moderni strumenti

contrattuali come il franchising distributivo o accordi

con grandi colossi della distribuzione e puntando su

una politica di qualità e di immagine, molti piccoli e

medi produttori hanno conquistato segmenti di

consumo medio alti. Ad essi va attribuito gran parte

del merito di aver contribuito, recentemente, a

risollevare la sorte delle nostre acquaviti non solo

contrastando il calo dei consumi, ma soprattutto

ponendo le basi di un radicale cambiamento i cui

effetti si sono già incominciati a vedere: in diverse

località che fanno moda, nei bar di classe, una grappa

di prestigio viene venduta a più del doppio di un

Cognac eccellente.

115

La figura riportata in calce mette in evidenza i

vari canali di vendita.

Ciascun mercato conserva proprie peculiarità che

riflettono differenti comportamenti di consumo

facendo assumere alla domanda una struttura

diversificata in grado di consentire ai piccoli e medi

produttori di coesistere accanto ai grossi colossi.

(FIG. 1)

FIG. 1: Fonte: Studi dell’ impresa di settore

116

5.2 Produzione, esportazione, importazione.

La produzione italiana di l iquori e superalcolici

ha subito un declino negli ultimi anni, principalmente

per effetto della generale debolezza dei consumi e

della maggior competizione dei prodotti importati, tra

i quali mantengono un peso assai significativo il

whisky e la vodka. Il primo, in particolare, costituisce

il distil lato straniero più richiesto nel nostro paese.

L’Ital ia, infatti, dipende dal Regno Unito – la patria

del whisky - per più della metà del totale delle

importazioni di bevande ad elevata gradazione

alcolica.

Per quanto riguarda la produzione di grappa, la

riduzione è leggermente più contenuta della media

generale dei prodotti ad alta gradazione alcolica,

tuttavia nell’analizzare l’andamento produttivo

dell’acquavite di vinaccia è preferibile far riferimento

alle elaborazioni realizzate dal Ministero delle

Finanze che riportano le produzioni di alcol eti l ico

ottenute annualmente dalla distil lazione di vinaccia.

(FIG.2)

Per comprendere meglio l’andamento della

produzione di grappa è opportuno ricordare

l’ammontare complessivo di uva raccolta nel nostro

Paese e destinata alla vinificazione. Tale quantità

negli ultimi anni è di circa 80 milioni di quintali. Da

essi si ricavano approssimativamente 9 milioni di

quintali di vinaccia di cui complessivamente solo un

terzo è destinato all’ottenimento di acquavite di

vinaccia.

117

FIG. 2: Produzione di alcol etil ico da distil lazione di

vinacce (Fonte: elaborazioni annuali Ministero delle

Finanze)

I diversi quantitativi di vinacce lavorate nelle

regioni italiane (FIG.3) evidenziano come queste

contribuiscano in modo diverso alla produzione annua

complessiva di grappa: circa il 65% dell’acquavite di

vinaccia si ottiene nel Nord della penisola sul cui

territorio si concentra più dell’85% del totale delle

distil lerie attualmente attive. Da questo si evince che

nel Centro-Sud del Paese è localizzato un minor

numero di aziende, caratterizzate da dimensioni e

capacità produttiva mediamente superiori a quelle dei

produttori ubicati nel settentrione. Il primato spetta al

Veneto, che disti l la, da solo, quasi il 35% del totale

nazionale delle vinacce destinate all’ottenimento di

grappa, mentre la distil leria italiana di maggiori

dimensioni ha sede nell’Italia centrale.

118

Vinacce lavorate q.li Distil lerie attive

Piemonte 400000 22

Lombardia 113000 11

Trentino 175000 29

Veneto 735000 27

Friuli V.G. 213000 15

Centro-Sud 990000 17

FIG.3 e FIG.4: “L’Italia della Grappa in cifre”.

(Fonte: L. Odello (1995) “Grappa: Tra Assaggi e

Alambicchi”. Ed. Centro Studi e Formazione

Assaggiatori.)

119

Al fine di una visione più ampia e completa

dell’andamento produttivo dell’acquavite di vinaccia

italiana nell’ult imo ventennio, risulta uti le far

riferimento al trend di produzione desumibile dai dati

relativi all’estrazione di grappa, forniti dall’U.T.F. ed

espressi in bottiglie equivalenti di capacità e

gradazione alcolica pari rispettivamente a lt. 0,7 e a

40° (FIG.5). Da essi emerge una spiccata tendenza

all’aumento dei quantitativi prodotti e venduti –fatto

salvo il grosso calo del 1975- fino al 1976, anno in cui

si sono sfiorati i 68 milioni di bottiglie. Si registra un

andamento oscil latorio negli anni successivi: una

prima caduta nel ’77, una breve ripresa fino al ’79 ed

una continua riduzione negli anni seguenti sino all’88.

Avendo risentito dell’andamento positivo delle

campagne vit ivinicole, dal 1988 al 1993 la produzione

è andata sostanzialmente aumentando. Preme, tuttavia,

sottolineare che l’ incremento delle estrazioni di

grappa è dovuto all’aumento delle bottiglie esportate a

cui va il merito di aver compensato la riduzione dei

consumi interni.

120

Anni Bottigl ie

Equiv. Ital ia

Bottigl ie

Equiv. Export

Bottigl ie

Equiv. Totali

1965 28.668.571 - 28.668.571

1966 31.106.071 - 31.106.071

1967 35.320.357 - 35.320.357

1968 41.621.786 - 41.621.786

1969 46.618.214 - 46.621.786

1970 50.530.000 - 50.530.000

1971 51.863.561 757.343 52.620.904

1972 58.426.071 967.643 59.393.714

1973 60.175.357 428.589 60.603.946

1974 64.223.571 637.029 64.860.600

1975 60.983.571 709.114 61.692.685

1976 67.039.286 8630718 67.903.004

1977 57.395.296 573.296 57.968.592

1978 60.338.096 645.018 60.983.114

1979 62.529.768 756.093 63.285.861

1980 53.705.236 967.818 54.673.054

1981 46.117.496 921.300 47.038.796

1982 46.018.293 903.154 46.921.447

1983 40.518.800 797.107 41.315.907

1984 40.408.311 819.921 41.228.232

1985 43.774.214 1.037.432 44.811.646

1986 40.292.232 1.160.371 41.452.603

1987 39.587.050 1.436.875 41.023.925

1988 34.833.954 1.160.896 35.994.850

1989 36.249.300 1.531.114 37.780.414

1990 34.888.436 2.207.286 37.095.722

1991 33.308.243 5.521.061 38.829.304

1992 34.469.286 3.947.825 38.417.111

1993 38.348.014 3.021.146 41.369.160

1994 31.177.857 2.909.286 34.087.143

1995 36.666.878 5.573.464 42.240.342

FIG.5: Dati relativi all’estrazione annuale di grappa,

espressi in bottiglie equivalenti (lt. 0,7 a 40°). (Fonte:

U.T.F.)

121

Facendo riferimento ai dati sopra riportati è

interessante osservare anche il trend dei quantitativi

di grappa esportati: dalle 757.343 bottiglie del 1971 si

è giunti alle 5.521.114 bottiglie sui mercati stranieri

nel 1991. Negli anni successivi le esportazioni della

nostra acquavite di bandiera sono andate riducendosi

fino al 1994, quando si è avuta un’inversione di

tendenza principalmente dovuta al fatto che anche i

mercati stranieri hanno risentito del calo generale dei

consumi di grappa.

Il principale mercato straniero della nostra

acquavite resta quello tedesco nel quale la

penetrazione della grappa continua, ma ad esso si

affiancano altri interessanti mercati di sbocco tra i

quali per importanza vanno ricordati quello belga,

statunitense, francese, mentre per elevato ritmo di

crescita occorre annoverare i mercati di Paesi vicini

tra cui la Svizzera, l’Austria, la Slovenia e stati più

lontani fra i quali la Russia ed in generale i Paesi

dell’Est (FIG.6).

122

PAESE 1994 1995 VAR

Germania 1.115.858 1.199.592 8%

Belgio e Lux. 75.731 62.570 -17%

U.S.A 46.611 57.120 31%

Francia 36.262 32.963 -9%

Canada 28.221 27.579 -2%

Svizzera 27.798 53.260 92%

Spagna 26.058 31.135 19%

Slovacchia 19.875 6.222 -69%

Austria 14.419 24.173 68%

Regno Unito 14.257 13.358 -6%

Paesi Bassi 12.231 13.225 8%

Russia 11.302 87.798 677%

Sudafrica 11.217 1.655 -85%

Brasile 7.858 9.114 16%

Isole Canarie 7.576 8.099 7%

Giappone 7.297 9.359 28%

Rep. Ceca 6.405 3.340 -48%

Taiwan 4.633 10.435 125%

Città Vaticano 4.287 3.753 -12%

Australia 4.145 4.831 17%

Grecia 3.632 3.210 -12%

Venezuela 3.598 2.868 -20%

Messico 2.502 1.940 -22%

Tailandia 1.903 2.530 33%

Malta 1.622 1.653 2%

Svezia 1.505 5.358 256%

Slovenia 1.364 6.295 362%

Norvegia 1.176 1.376 17%

Rep. Dominic. 1.029 2.390 132%

Danimarca 1.025 1.658 62%

Finlandia 924 1.185 28%

Altri 68.983 148.639 115%

TOTALE 1.568.304 1.838.683 17%

FIG.6: Esportazione di Grappa in recipienti di

capacità fino a 2 litri, espresse in litri di alcol puro.

(Fonte: ISTAT 1996)

123

PAESE I° BIM. 95 I° BIM. 96 VAR.

Germania 83.669 125.362 33%

Belgio e Luss 8.851 6.990 -27%

U.S.A 5.492 6.332 13%

Francia 5.117 4.873 -5%

Canada 7.941 3.484 -128%

Svizzera 5.228 11.190 53%

Spagna 4.022 6.197 35%

Slovacchia Non disp. 1.156

Austria 2.001 8.387 76%

Regno Unito 3.597 1.304 -176%

Paesi Bassi 2.192 3.200 32%

Russia Non disp. 378

Sudafrica Non disp. 189

Brasile 1.069 382 -180%

Isole Canarie 1.449 916 -58%

Giappone 416 3.657 89%

Repubb. Ceca 1.991 180 -1006%

Taiwan 1.009 114 -785%

Città Vaticano 1.164 549 -112%

Australia 800 213 -276%

Grecia 169 204 17%

Venezuela Non disp. Non disp.

Messico Non disp. 168

Tailandia Non disp. 873

Malta Non disp. 52

Svezia 554 1.143 52%

Slovenia 3.063 Non disp.

Norvegia Non disp. Non disp.

Rep.Dominic. 307 112 -174%

Danimarca 253 491 48%

Finlandia 8 36 78%

Altri 5.177 7.932 35%

TOTALE 145.539 196.064 26%

FIG.7: Esportazione di Grappa in recipienti di

capacità fino a 2 litri, espresse in litri di alcol puro.

(Fonte: ISTAT 1996)

124

Le importazioni di acquavite di vinaccia, essendo

un distil lato tipicamente italiano, sono molto

contenute. Secondo le statistiche ISTAT, nel 1995 si

sono importati complessivamente 68.785 litri anidri

provenienti principalmente dalla Francia e dalla

Germania.

Si può quindi, affermare nell’ambito dell’ import-

export, che le esportazioni di grappa, dopo il periodo

di difficoltà registrato dal 92 al 94, stanno

dimostrando una tendenza positiva che testimonia il

riscoperto valore, sui mercati mondiali, di un prodotto

tutto italiano.

5.3 Politica produttiva e commerciale della ditta

G.B. Poli.

I distil lati Poli traggono la loro precisa identità

concettuale da due diversi fattori che si intende

coniugare:

- sistema produttivo nella più ferrea tradizione;

- distil lati affini al gusto sociale che continuamente

si evolve, e che ora richiede una maggiore

genti lezza ed eleganza organolettica.

Questo difficile equil ibrio viene ricercato

mediante una rigida selezione della materia prima e

un'attenta distil lazione della stessa; a questo

proposito, particolare cura viene posta nella

eliminazione di quei componenti dell’aroma della

Grappa il cui eccesso l’ha resa storicamente pesante e

ruvida, con l’obiettivo di ottenere delle Grappe dal

ricercato equilibrio di carattere ed eleganza.

Uno dei fattori cruciali per il raggiungimento di

tale obiett ivo è costituito dalla rigida selezione della

vinaccia, che deve essere necessariamente di ottima

qualità. Una grande Grappa deriva soprattutto da una

vinaccia di grande qualità.

125

Qualità della vinaccia significa innanzitutto

freschezza e perfetto stato di sanità. La vinaccia è una

materia prima solida, spugnosa e molto delicata:

infatti, dopo che è stata separata dal vino, il contatto

con l’aria ne provoca l’ossidazione e la conseguente

perdita di profumi e di aromi.

Purtroppo la vinaccia arriva in grandi quantità in

un periodo molto breve, quello della vendemmia, e

quasi sempre le Distil lerie non sono in grado di

distil lare subito; sono costrette perciò ad insilarla in

attesa di poterla distil lare. Questo provoca gravi

difetti e alterazioni nella materia prima e di

conseguenza anche nella Grappa.

La Poli ha risolto il problema della freschezza

molto semplicemente sulla base della seguente

considerazione: visto che l’alambicco può distil lare

solamente 15.000 kg di vinaccia al giorno, ne verrà

raccolta solamente 15.000 kg al giorno, anche se il

mercato ne offrirebbe molti di più.

E’ un principio produttivo semplice a dirsi ma

meno a realizzarsi, perché costringe a limitare la

produzione: infatti, distil lando solo vinaccia fresca

nel brevissimo periodo della vendemmia si ottiene una

quantità totale di Grappa alquanto limitata e per

questo motivo molte volte la Poli non è in grado di

soddisfare la domanda della clientela.

Grazie a questa nuova filosofia produttiva la

Distil leria Poli ha contribuito a cambiare l’ immagine

della Grappa in Italia e nel mondo: una volta era

considerata una specie di “scaldabudella” mentre oggi

ogni buon ristorante offre alla propria clientela una

valida selezione di Grappe.

Per quanto riguarda la politica commerciale, la

Distil leria Poli, avendo più di un secolo di storia, ha

visto e vissuto in prima linea il ciclo di vita della

Grappa, con i suoi periodi di sviluppo, maturità,

declino, nuovo vigore, e tutto ciò per diverse volte,

126

sempre passando indenni attraverso le tempeste,

semplicemente restando fedele alla propria etica

aziendale fondata sulla continuità dell’antica

tradizione pur con un moderno approccio

commerciale. Non si vuole snaturare l’essenza

artigianale e familiare della gestione e quindi i

programmi di sviluppo sono concepiti in quest’ott ica.

Si mira ad un aumento qualitativo e non quantitativo.

Le prospettive per il futuro sono ottime, soprattutto in

considerazione dell’ interesse dimostrato per la Grappa

da parte di mercati finora indifferenti: sud Italia,

mercati esteri.

A tale proposito va sottolineato che la Disti l leria

Poli da molto tempo è vocata all’esportazione.

Documenti commerciali datati 1930 testimoniano

di vendite in Brasile, dove molti veneti emigrarono.

Tutt’oggi il mercato sudamericano rappresenta per

l’azienda il quarto mercato in ordine di importanza.

Una vera e propria strategia distributiva

internazionale è stata messa a punto nei primi anni

’80, quando la famiglia Poli decise di cercare una

risposta ad una semplice domanda: “perché ci sono dei

buoni whisky e dei buoni cognac in tanti buoni

ristoranti d’Italia e non ci sono delle buone Grappe in

tanti buoni ristoranti nel mondo?”. Si pensò che la

chiave fosse in tutti quei “buoni” e che il motivo per

cui la grappa non era gradita ai consumatori d’oltralpe

fosse da ricercare nella sua qualità. Si cominciò

quindi a lavorare sodo sui fattori basilari che

determinano la qualità della Grappa e vennero stilati i

cinque fondamenti dell’etica produttiva Poli:

1) scegliere esclusivamente vinaccia freschissima

e sana;

2) distil lare immediatamente la materia prima;

3) usare con maestria lo storico alambicco;

4) lavorare con costanza e passione;

5) rispettare il distil lato e il consumatore.

127

Sulla base di questi principi fu possibile ottenere

una Grappa diversa da quella prodotta fino ad allora,

più elegante, più gentile, meno aggressiva, più adatta

al gusto di un consumatore che si era via via evoluto.

Questo nuovo distil lato fu proposto ad una clientela

internazionale attraverso quella stupenda rete di

promotori culturali che sono i ristoratori ital iani

all’estero.

Il canale principale per la diffusione dei distil lati

Poli all’estero è infatti la gastronomia: la ristorazione

italiana ha fatto conoscere al mondo non solo i

tradizionali piatti italiani e quell i della dieta

mediterranea, ma anche tutti i prodotti di pregio

provenienti dall’I talia.

I ristoratori italiani infatti, affermando la propria

arte culinaria sui più diversi mercati, sono divenuti

locali specializzati in tipici piatti italiani. Di

conseguenza è stata quasi necessaria l’esigenza di

sostituire i soliti superalcolici internazionali con

quell i italiani, i quali hanno suscitato interesse presso

i clienti locali. Fra questi primeggia la Grappa che ha

arricchito l’assortimento dei carrelli degli “spirits” ed

è richiesta non solo da chi già la conosce da tempo,

ma anche da chi vi si accosta per la prima volta.

Se i ristoranti italiani sono stati i l trampolino di

lancio della Grappa all’estero, dobbiamo tuttavia

riconoscere che anche la ristorazione propria di ogni

mercato e soprattutto i negozi di specialità alimentari

si sono sempre più interessati a questo distil lato, al

fine di soddisfare le richieste dei loro clienti che

magari l ’avevano degustato in Italia durante le

vacanze. Ecco perché fra gli obiettivi della distilleria

Poli rientra anche la diffusione della conoscenza della

Grappa presso ogni tipo di ristorazione internazionale.

Oggi la Distil leria Poli esporta circa il 60% della

propria produzione nei più importanti paesi del

mondo, fra i quali Stati Uniti, dove è l’azienda leader

128

nel mercato, Canada, Brasile, Venezuela, Hong kong,

Cina, Giappone, Taiwan, Australia, Germania,

Svizzera, Austria, Francia, Norvegia, Spagna,

Andorra, Grecia, Ungheria, Olanda, Belgio,

Lussemburgo, Svezia, Uruguay, Argentina, ecc.; in

ognuno di questi paesi, come pure in Italia, ci si

avvale di importanti distributori che si rivolgono alla

ristorazione qualificata e alle enoteche specializzate.

In tutti i mercati si registra un interesse crescente,

pur con i l imiti che un distil lato dal grande carattere

come la Grappa può incontrare quando entra in

contatto con palati non abituati. Ancora una volta

bisogna ribadire l’ importanza della qualità del

prodotto, perché un consumatore che per la prima

volta assaggia una Grappa e la trova cattiva non

tenterà una seconda volta.41

5.4 Il consumo della Grappa ieri, oggi, domani.

Quaranta milioni di bottiglie l’anno è il volume

stimato di grappa che raggiunge il consumatore. Il 10-

15% raggiunge utenti stranieri, in particolare

Tedeschi, che assorbono quasi il 50% delle

esportazioni. Perché parliamo di stime e non di dati

precisi? Nel nostro Paese avere statistiche tempestive

ed esaustive sulla grappa non è ancora cosa possibile,

ma le promesse da parte dell’autorità competente

lasciano ben sperare. La realtà non dovrebbe

comunque essere molto distante da quella ipotizzata e

il fatturato generato oscilla tra 150 e 200 milioni di

euro di cui circa un terzo viene prelevato dallo Stato

come imposta di fabbricazione.

Nordica, alpina, rurale, maschile e materiale:

questa la grappa di ieri. E quando diciamo ieri non

parliamo del secolo scorso, ma degli anni Settanta,

129

quando la nostra acquavite di bandiera aveva superato

i 70 milioni di bottiglie equivalenti (0,7 lt. A 40°).

Rivaleggiava con i minacciosi spiriti stranieri che

avevano dalla loro i miti della società consumistica,

miti capaci di aprire nuovi orizzonti sul modo di

vivere e di offrire modelli alternativi alla civiltà

mediterranea. In parte la grappa si adeguava al

combattimento util izzando le nuove metodologie di

marketing largamente impiegate nei paesi dai quali

proveniva la minaccia: non solo si impegnava in

campagne pubblicitarie che sono passate alla storia

nel mondo del bere, ma tentava anche un radicale

cambiamento di gusto passando da spirito inquieto e

selvatico ad acquavite neutra, quasi ad emulare le

asessuate modelle dell’epoca.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare non

le andò più di tanto bene: il volere accontentare tutti

non portava alla cattura di nuovi consumatori e finiva

per farle perdere quelli tradizionali. Le cause non si

l imitavano ovviamente alle scelte strategiche, ma

anche a profondi mutamenti nella fi losofia sociale e

nei mercati: basti pensare al salutismo con la

conseguente fuga dall’alcol, al cambiamento nel modo

di vivere e all’aumento delle imposte che riduceva di

fatto la competitività di prezzo. I consumi si ridussero

quasi alla metà e il mondo della produzione si

interrogò con notevole maturità per giungere a

progettare il rinascimento della grappa.

Ecumenica, urbana, immateriale, grande fonte di

sapere e di sapore: è la grappa di oggi. Il suo consumo

riparte da un rito intimo che tende a unire le

generazioni del consumerismo alla civiltà rurale di un

tempo, senza retorica, senza nostalgia, ma con il

desiderio di operare un recupero selettivo del passato

per cogliere quanto di bello ci ha lasciato. La grappa

diventa quindi puro spirito, elemento di un consumo

41 Informazioni gentilmente offerte dal Sig. J. Poli

130

raffinato, sapiente, moderato, intelligente. Diventa

oggetto di conversazione con scambi di opinioni sul

suo profilo sensoriale e di notizie sulla reperibilità di

una tipologia.

Recenti indagini rivelano che il consumatore

accredita alla grappa un’immagine semplice e

genuina, un gusto particolare e inconfondibile, nonché

un buon livello di qualità e il ruolo emblematico di

uno status qualificante.

Sono le caratteristiche che fanno privilegiare la

grappa nei consumi relegando in coda altri

superalcolici e, in particolare, le acquaviti estere. Un

campione di oltre 500 persone, in maggioranza

residenti al nord, ha consentito di stilare, ponendo in

ordine decrescente, la seguente classifica: grappa,

whisky, amari, vodka, cognac, rum, brandy e tequila.

Ma la conferma della leadership della nostra acquavite

di bandiera è assicurata da numerose altre indagini, di

queste una mette in evidenza che i due terzi di quanti

bevono superalcolici consumano anche grappa.

Il crescente amore per questo disti l lato porta larga

parte degli intervistati ad auspicare una maggiore

comunicazione sulla grappa e, soprattutto, la necessità

di farla conoscere anche all’estero quale simbolo della

nostra cultura.

Le motivazioni che portano all’avvicinamento ad

un bicchierino di grappa stanno determinando, in

pratica, una variazione sempre più rilevante nei

momenti canonici di consumo. Ormai scomparso il

“cicchetto” di primo mattino, in forte declino il

digestivo del dopo pranzo – anche per la sempre più

ridotta importanza dell’atto del mezzogiorno – il

consumo della Grappa si sta concentrando nel dopo

cena e sta assumendo una fisionomia diversa da quella

del digestivo. Un piccolo calice di quelli giusti sta

diventando sempre più il simbolo di una conclusione

di un pranzo di classe, un modo piacevole per

131

continuare a stare seduti a tavola, un insostituibile

elemento di conversazione.

Le indagini compiute indicano una crescente

tendenza all 'acquisto della grappa nella stessa

distil leria di produzione, quasi a voler sottolineare la

volontà di verificare di persona che cosa sta dietro

l’etichetta o di voler unire il piacere dell’acquisto

della grappa a quello più sottile di un turismo volto

alla ricerca delle proprie origini. A seconda del target

coinvolto nell’ indagine, i canali util izzati (produttore,

negozio tradizionale, distribuzione moderna e negozio

specializzato) variano, ma complessivamente risultano

quasi equivalenti.

Per quanto riguarda invece il luogo di consumo

prevale ancora largamente quello fatto in casa, anche

se il ristorante detiene una buona posizione. Ma è da

tenere presente un fenomeno recente: il consumo

nell’ambito dell ’agriturismo. La cosa è spiegabile

considerando due fattori: da una parte il successo di

questo tipo di ospitalità rurale, dall’altro il quadro

psicologico estremamente favorevole alle

connotazioni del vissuto della grappa che viene a

crearsi durante il pranzo in campagna.42

5.5 Vicenza: un modo nuovo per far conoscere la

Grappa.

Chi apprezza l’acquavite sa che una delle

principali aree di produzione in Italia è il Veneto, una

regione in cui il distil lato non è semplicemente un

prodotto tipico ma una bevanda profondamente legata

alla cultura e alle tradizioni locali.

Per valorizzare e far conoscere questa tipicità

l’Azienda Speciale Vicenza Qualità, in collaborazione

con la Camera di Commercio e gli assessorati

132

all’agricoltura provinciali e regionali, ha indetto per il

terzo anno consecutivo la manifestazione “Distil lerie

Aperte ’99. Vedi come distil l iamo”. Attraverso questa

manifestazione si vuole incrementare quella forma di

turismo sempre più diffusa, quella dei buongustai che

vogliono abbinare vacanza, gastronomia e scoperta dei

prodotti del territorio.

Dieci produttori di Grappa vicentini hanno

mostrato al pubblico i loro impianti di distil lazione,

hanno fatto scoprire i segreti della lavorazione della

vinaccia e naturalmente degustare il prodotto finito.

Oltre a Bassano, le località interessate sono state

Alonte, Asiago, Bolzano Vicentino, Costabissara,

Moltegalda, Ponte di Barbarano, Rosà, Schiavon e

Villaga.

La manifestazione ha avuto enorme successo tanto

che si è registrato il pienone alla Distil leria Poli di

Schiavon dove i visitatori sono stati più di 4800.

Le Dieci Distil lerie che partecipano alla

manifestazione si snodano lungo la Strada della

Grappa studiata da Pierluigi Lovo e Maurizio Onorato.

Essa permette di attraversare la provincia da Bassano

a Sarego, passando da una distil leria all’altra.

1) NARDINI: un tempo la distil leria aveva sede

all’ imbocco orientale del Ponte Vecchio oggi gli

impianti moderni sono situati fuori Bassano e di

quella bottega è rimasta l’antica “Osteria” dove si

può andare a bere la famosa “tajadela” prodotto

tipico di questa distil leria.

Tipo di impianto util izzato è il discontinuo, a

vapore, sottovuoto.

2) CAPOVILLA: l’Azienda ha sede a Rosà nelle

vecchie cantine della Villa Dolfin Boldù.

Specializzata nella produzione di Grappe,

Distil lati di frutta e distil lati d’uva. Gli impianti di

produzione sono piccoli alambicchi a bagnomaria

42 Rivista n.73 Primavera (1999) “L’assaggiatore”

133

costruit i da un artigiano della Foresta Nera in

Germania. Il sistema a bagnomaria è senz’altro più

lento e laborioso ma permette di ottenere distil lati

di qualità superiore.

3) CAVAZZA: ha sede ad Alonte sui Colli Berici in

un contesto viticolo di primaria importanza da cui

si ottengono delle vinacce di ottima qualità.

Specializzata in Grappe di monovitigno e

Distil lati. L’impianto di distil lazione è discontinuo

a vapore.

4) DALL’OLIO: ha sede ad Asiago. I prodotti

proposti hanno tutti una caratterizzazione locale in

quanto util izzano quelle materie prime che fanno

parte degli usi e delle tradizioni della montagna.

Specializzata in Liquori d’erbe, Grappe

aromatizzate, Liquori di frutta e Distil lati.

L’impianto util izzato è discontinuo.

5) DAL TOSO: ha sede a Ponte di Barbarano,

produce Grappe di monovitigno, Distil lati di frutta

e d’uva, Liquori. L’impinto util izzato è di tipo

discontinuo a vapore.

6) BRUNELLO: ha sede a Montegalda presso il

“Palazzone” dimora di campagna cinquecentesca

molto dignitosa; distil la vinacce provenienti dai

Colli Berici ed Euganei. Specializzata in Grappe

nostrane giovani ed invecchiate. L’impianto di

distil lazione usato è di tipo discontinuo a vapore.

7) GRANDI MARCHE VENETE: ha sede a Bolzano

Vicentino presso una villa palladiana del 1600, ha

affinato i propri prodotti agli attuali gusti del

pubblico pur mantenendo inalterate negli anni le

tecniche di produzione. Specializzata in Grappe

bianche, invecchiate, di monovitigno, Distil lati

d’uva e Limoncello.

8) LI.DI.A: ha sede a Villaga, il nome della ditta

deriva da Liquori Distil lati e Affini; è una piccola

azienda a conduzione familiare che concentra

134

l’attività di distil lazione in circa 40 giorni

all’anno, corrispondenti al periodo di raccolta

dell’uva. Specializzata in Grappe e Distil lati d’uva

di monovitigno e non, prodotti in quantità limitata.

L’impianto di distil lazione è discontinuo a vapore.

9) SCHIAVO: ha sede a Costabissara. Specializzata

in Grappe monovitigno, Grappe tradizionali e

Distil lati d’uva. L’impianto di distil lazione è

discontinuo in alambicchi di rame.

10) POLI: ha sede a Schiavon. L’edificio in cui è

collocata la distil leria è considerato di interesse

storico ristrutturato recentemente mantenendo

intatta la struttura tipica delle antiche abitazioni

rurali venete. A Bassano del Grappa, di fronte allo

storico Ponte Vecchio, la distil leria Poli ha

istituito il Museo della Grappa, dove la storia

della distil lazione e la storia della Grappa vengono

presentate con eleganza ed efficacia in uno spazio

raccolto e suggestivo, attraverso un percorso

didattico breve ma esauriente. Specializzata in

Grappa, Distil lati d’uva, Distil lati di vino e

Distil lati di frutta. L’impianto util izzato è

discontinuo a vapore ed opera con un alambicco

completamente in rame.

Distil lerie lungo la “Strada della Grappa”

1. Distil leria LI.DI.A. **

2. Distil leria Chiarello

3. Distil leria Cavazza **

4. Distil leria Dal Toso **

5. Distil leria Brunello **

6. Distil leria Grandi Marche Venete

7. Distil leria Schiavo **

8. Distil leria Dalla Vecchia

9. Distil leria Boschiero **

10. Distil leria Zanin

11. Distil leria Dall’Olio **

135

12. Distil lerie G.B. Poli **

13. Distil leria Nardini **

14. Distil leria Monte Grappa

15. Distil leria Capovilla **

** indica le distil lerie che partecipano alla

manifestazione

FIG. 8: “La Strada della Grappa” (Fonte: P. Lovo

“Grappaioli e itinerari di terra vicentina”)

136

CAPITOLO VI

CONTROLLO DEL MARCHIO DI QUALITÀ

6.1 Definizione di qualità.

In riferimento alla norma ISO 8402 la qualità è

definita come “l’ insieme delle proprietà e delle

caratteristiche di un prodotto o di un servizio che

conferiscono ad esso la capacità di soddisfare

esigenze espresse o implicite”. Quindi la qualità è

l’attitudine di un prodotto o servizio a soddisfare i

bisogni dei clienti.43

I l problema è se attribuire la qualità alle

caratteristiche intrinseche, percepibili e non, di un

prodotto, oppure all ' interazione utente e prodotto.

In realtà il problema non si pone in quanto

entrambe le definizioni concorrono a definire la

qualità realmente percepita del prodotto. Sono infatti

le caratteristiche intrinseche a generare il tipo di

interazione tra il prodotto e l’util izzatore. La qualità

percepita è la sintesi di ciò che serve per definire e

controllare “la qualità” di un prodotto o un servizio,

in quanto nulla varrebbero gli sforzi mirati a definire

una qualità non percepibile.44

43 AA.VV. (1995) “Grappe & Vino. Certificazione della Qualità”; Ed. Centro Studi e Formazione Assaggiatori

137

6.2 Assicurazione qualità.

Per le aziende non è sufficiente proporre prodotti

di qualità ma esse devono dare fiducia, confidenza,

del proprio sistema di produzione.

Il mercato chiede partner affidabil i cioè:

- costanza produttiva

- capacità di prevenzione

- capacità di dimostrazione.

Il mercato chiede “l’assicurazione della qualità”.

In riferimento alla norma ISO 8402, l’assicurazione

qualità è definita come l’ insieme di azioni prestabilite

(pianificate) e sistematiche volte a fornire

all’acquirente adeguata confidenza nel fatto che

un’azienda produttrice di prodotti e/o servizi ha la

capacità di soddisfare in modo “Regolare” e

“Costante” le esigenze specificate in materia di

qualità, esigenze che devono permettere di rispondere

ai bisogni espressi e impliciti dei clienti.

In pratica assicurazione qualità vuol dire chiedere

al produttore di dimostrare che ha realizzato un buon

sistema qualità, cioè organizzazione, risorse di

personale ed attrezzature ecc., affinché la qualità dei

propri prodotti sia garantita, mantenuta e migliorata

nel tempo.

L’assicurazione qualità può essere schematizzata

in questi punti:

- FARE: fare ciò che si è stabilito.

- VERIFICARE: verificare che si è fatto

correttamente quanto definito.

- DIMOSTRARE: conservare traccia scritta di ciò

che si è fatto e dei relativi controlli.

Realizzare questa molteplicità di approcci,

mettere in pratica le tecniche appropriate nei diversi

44 R. Zironi (1996) “La Certificazione Naz.le della Qualità della Grappa”; tratto da “XIV Convegno Naz.le Grappa”

138

momenti, in modo coordinato ed efficiente, significa

in sostanza sviluppare un vero e proprio “sistema di

qualità”.

Un’azienda grande o piccola che sia, impegnata

nella ricerca della qualità, non può prescindere dalla

necessità di strutturare un’organizzazione più o meno

complessa alla quale dedicare mezzi e risorse, nella

quale definire responsabilità, per la gestione della

qualità.

Esistono precise norme relative al sistema qualità

aziendale:

- norme internazionali ISO 9000;

- riprese in ambito europeo come norme EN serie

9000;

- riprese in ambito nazionale come norme UNI EN

ISO 9000.

Sono norme volontarie che valgono per tutti i

settori merceologici.

L’azienda che sceglie di adottare le norme ISO

9000 sviluppa il concetto di assicurazione qualità e

miglioramento:

- prevenire

- tenere sotto controllo (gestire)

- migliorare

riprendendo un concetto di DEMING secondo il quale

“ricercare la qualità di un prodotto non vuol dire

ottenere un prodotto di alta qualità, ma migliorare

continuamente il processo affinché il consumatore

possa fidarsi della regolarità e costanza qualitativa del

prodotto”.

Le imprese che, seguendo le norme ISO 9000, si

sono dotate di un Sistema Qualità hanno disegnato una

struttura organizzativa, individuato responsabilità,

procedure, procedimenti e risorse per mettere in atto

la conduzione aziendale volta alla Qualità. Ciò è tanto

più possibile, quanto più nell ’ impresa esiste un

orientamento al consumatore. Il prodotto risponde,

139

infatti, alle esigenze di questo, quando esso è posto al

centro dell’attività dell’ impresa e quest’ult ima,

organizzata come un sistema organico e accordato,

risponde alle molteplici esigenze del consumatore e si

sa modificare quando le condizioni lo richiedano.45

La grappa è una delle produzioni nazionali più

legate alla tradizione e proprio da essa trae la sua

forza il mercato. La grappa è nient’altro che il

distil lato di ciò che la natura mette a disposizione,

interpretato da imprese di elevata esperienza. I

grappaioli, nel loro solitario rapporto con l’alambicco,

sanno esprimere qualcosa di grande e di incorruttibile,

come il loro onore: un’acquavite di vinaccia unica e

irripetibile.

La grappa è sempre stata proposta al mercato con

l’ impronta che il distil latore sapeva darle e che poteva

venire apprezzata o meno dal consumatore. Oggi il

consumatore si è evoluto, ha acquisito maggiore

consapevolezza delle proprie scelte ed è diventato

l’ indiscusso perno del mercato.

Questo non vuol dire che il distil latore debba

standardizzare la propria produzione alla volontà, non

sempre positiva, del mercato, ma deve cambiare la

gestione del prodotto per ottimizzare la richiesta reale

e potenziale del consumatore.

Negli ultimi anni la grappa, grazie anche a

persone di elevata lungimiranza, ha saputo

conquistarsi una nicchia ben precisa del mercato.

Basta confrontare i volumi del mercato della grappa

con quello del cognac o dello scotch whisky, per

capire che la nicchia non è grande, ma è in

espansione. I produttori per non perdere queste

opportunità, non possono guardare solo alla

tradizione, ma devono affrontare il nuovo mercato con

45 AA.VV. (1995) “Grappe & Vino. Certificazione della Qualità”; Ed. Centro Studi e Formazione Assaggiatori

140

lo spirito innovativo. In futuro verranno avvantaggiati

i produttori che non si lasceranno condizionare dalle

proprie tradizioni, dalla propria esperienza e dalle

proprie tecnologie ma che sapranno ascoltare e

osservare il mercato, fi lo guida delle attività

produttive. La parola chiave, per leggere il mercato,

adattare la produzione in tempo reale e sviluppare

sempre nuove tecnologie, è qualità. Lo sviluppo di un

sistema qualità permette di avere sotto controllo gli

impianti produttivi mediante sistemi di controllo di

processo, di leggere il mercato mediante sistemi di

valutazione della qualità percepita dal consumatore

(analisi sensoriale) e di applicare le proprie

conoscenze e le informazioni acquisite per il

miglioramento qualitativo delle produzioni con

congrui e remunerativi investimenti in tecnologia.

Trasmettere questa innovazione al cliente è il

passo fondamentale per chiudere il cerchio della

qualità. Non esiste un reale legame azienda-sistema

qualità-cliente se quest’ultimo non viene debitamente

informato del progresso svolto dall’ impresa. La più

efficace comunicazione dell’applicazione del sistema

qualità, una volta istituito, è la certif icazione

effettuata da un ente esterno appositamente designato

dagli organismi sovranazionali per la gestione della

qualità (ISO, UNI, EN). Oggi molte grapperie stanno

compiendo questo cammino, dimostrando grande

lungimiranza, perché il futuro non sarà certamente in

un marchio qualunque, ma in un serio lavoro di

innovazione tecnico-gestionale opportunamente

certif icata.

Sistema di qualità vuol semplicemente significare:

controllo applicato alla salvaguardia del genio

distil latorio nell’ottenimento di prodotti ad alto

livello di tipicità. Genio distil latorio intimamente

legato al volto umano della grapperia, lo stesso che

141

caratterizza il prodotto ed esprime l’aureola di nobiltà

e incorruttibilità della grappa stessa.46

6.3 Riflessi sulla garanzia della qualità.

La grappa, ormai da diversi anni, sta

attraversando un momento particolarmente felice, è

infatti l ’unica bevanda alcolica che conosce uno

sviluppo dei consumi ed oggi possiamo dire che non si

tratta soltanto di una moda passeggera. Vi è, insomma

un interesse del consumatore per il prodotto.

Il successo della grappa deve essere ascritto alla

serietà della maggioranza dei produttori che, in

assenza di qualsiasi regola ufficiale, si sono imposti

produzioni di elevata qualità in grado di seguire

l’evoluzione del mercato ed il gusto dei consumatori.47

Non è più pensabile a una grappa generica che si

inserisce nel mondo dei superalcolici come qualsiasi

spirito che, per caratteristiche della materia prima e/o

della tecnologia di produzione, abbia perso ogni

rif lesso con l’origine.

Da secoli i governi che si sono succeduti nelle

zone di produzione della grappa hanno, via via sempre

più sradicato la grappa dall ’alveo agricolo e

vitivinicolo in cui è nata e cresciuta. Fino ad un certo

punto della nostra storia l’esigenza di condurla in esso

non è stata più di tanto sentita, ma oggi il

consumatore ha dimostrato di premiare la nostra

acquavite sulle altre soprattutto quando dimostra di

essere un diretto rif lesso della natura e della cultura

agreste che la distingue.

46 R. Zironi (1996) “La Certificazione Naz.le della Qualità della Grappa”; tratto da “XIV Convegno Naz.le Grappa” 47 G. Martellini (1996) “La Nuova Normativa: Riflessi sulla Garanzia della Qualità”; tratto dal “XIV Convegno Naz.le grappa”

142

Ecco quindi l’esigenza di una nuova gerarchia

della grappa che non può non seguire quella dei vini;

e questo per almeno un paio di buone ragioni. In

primo luogo per essere più facilmente capita e

ricordata in quanto in grado di sfruttare una piramide

esistente e ampiamente pubblicizzata;

secondariamente perché il rif lesso della terra, del

vitigno e dell’uomo sul suo profilo organolettico è

vero e reale. Con questo non è detto che tutta la

grappa debba essere a denominazione geografica o a

indicazione di vitigno: la storia tecnologica insegna

che molte volte i prodotti più completi sono frutto di

sapienti matrimoni.

L’importante però è che la piramide ci sia e, a

differenza di quanto previsto oggi dal 1576/89, che di

scalini ne abbia molti. I l più basso potrebbe essere

rappresentato dalla grappa standard, quello superiore

dalla grappa a denominazione geografica regionale

con l’ indicazione o meno del vitigno di origine e,

salendo, si potrebbe proprio pensare ad una grappa

DOC in perfetto parallelismo con la normativa dei

vini.48

6.4 L’analisi sensoriale a garanzia della qualità

della grappa.

Recenti studi di marketing hanno consentito di

mettere a punto un sistema sul quale basare le future

fortune della grappa. Esso si articola in cinque punti

fondamentali: sensorialità, sincerità, italianità, rarità,

ricchezza. Il fatto che la sensorialità sia in pole

position la dice lunga sull’ importanza dell’analisi

sensoriale nella contribuzione alla formazione e alla

48 R. Ottina (1996) “L’identità Regionale: Tradizione e Tecnologia per una Grappa di Qualità”; tratto dal “XIV Convegno Naz.le Grappa”

143

garanzia di sistemi di qualità. Gli obiettivi di

quest’ultima diventano veramente ambiziosi:

- determinare in modo oggettivo la rispondenza del

profilo sensoriale di una grappa con quello

maggiormente preferito dal consumatore;

- fornire dati certi sui quali implementare una

metodologia di innovazione tecnologica;

- determinare la rispondenza del profilo sensoriale di

una grappa alle caratteristiche di tipicità

dell’acquavite;

- fornire una pluralità di profil i accettati dal

consumatore per non deprimere la ricchezza di

gamma della grappa, altro fattore imprescindibile

nella determinazione della qualità;

- compendiare l’analisi chimica nei sistemi di

controllo di processo di produzione della grappa.

Per raggiungere questi obiettivi è stato messo a

punto un metodo tanto semplice quanto oneroso dal

punto di vista della realizzazione. In che consiste?

In pratica decine di grappe pronte per il mercato

vengono testate attraverso migliaia di consumatori

differenti per sesso, età, provenienza, cultura ecc.

registrando di ognuno il profilo per compiere

l’opportuna segmentazione richiesta dal marketing e

elaborando i giudizi espressi attraverso appropriate

tecniche statistiche. Delle medesime grappe si rileva:

- i l profilo sensoriale attraverso giudici esperti al

fine di determinare i parametri capaci di descriverle

compiutamente e la loro dimensione quantitativa;

- i l profilo chimico al fine di ricavare indicatori

significativi riguardanti i l processo tecnologico.

Attraverso il test sui consumatori si ha la risposta

di quale grappa piace e a chi, mediante l 'analisi

chimica si possono valutare una serie di condizioni in

cui è avvenuta la produzione e, per mezzo del panel di

assaggiatori, si disegna il profi lo sensoriale delle

diverse grappe. Correlando i dati del test sui

144

consumatori con quelli del panel analitico sensoriale

si ha l' indicazione di quali parametri occorre

enfatizzare e/o deprimere per accrescere la

soddisfazione dell 'utenza; correlando i dati del panel

analitico con quell i ottenuti attraverso l’analisi

chimica si ottengono indicazioni sulle modifiche da

apportare al ciclo di produzione. E, tanto i dati dedotti

dal test sui consumatori, quanto quelli ricavati

dall’analisi chimica vengono util izzati nella

formazione degli assaggiatori per ottenere risultati

sempre più precisi e mirati dall’analisi sensoriale.

Attraverso la prima ampia sperimentazione del

metodo si è giunti a delineare il profilo della grappa

symbol, la grappa che piace alla maggioranza dei

consumatori italiani. Non solo: di essa si sono definiti

i caratteri che creano la preferenza in modo da poterli

enfatizzare garantendo quindi la pluralità sensoriale

della grappa.

Volendo sintetizzare al massimo i risultati derivati

dalla sperimentazione si può dire che la grappa

symbol è un’acquavite morbida ma non dolce, molto

pulita e ricca di sensazioni floreali e fruttate.49 (Fig.

1)

49 R. Beltramo L. Odello (1996) “L’analisi sensoriale a garanzia della qualità della Grappa”; tratto dal “XIV Convegno Naz.le Grappa”

145

FIG. 1: Il nuovo modello di indagine (Fonte: AA.VV.

1997 “Grappa: analisi sensoriale e tecnologia”)

6.5 L’attuale percezione della qualità.

Trasportando i concetti solitamente usati per la

degustazione del vino, nel settore della grappa

possiamo ritenere che la percezione della qualità della

grappa si rilevi come segue:

a) aspetto visivo: se un raggio di luce attraversa

una bevanda senza essere deviato da corpuscoli

e giunge diritto al nostro occhio, si dice che il

146

liquido in esame è perfettamente trasparente.

Nel vocabolario della degustazione si usano i

termini bril lante, cristallina e limpidissima.

Quando questa virtù decade per la presenza di

crescenti quantità di particelle, anche se di

piccolissime dimensioni, gli aggettivi usati per

formare una scala discendente sono: limpida,

chiara, velata, opalescente, lattiginosa, torbida.

b) Nettezza olfattiva: la grappa, come il vino,

deve presentare solo profumi pulit i e di estrema

finezza. Le varie tipologie possono essere più

fruttate, o spiccatamente aromatiche e varietali,

oppure ampie ed eteree; altre ancora, una

maggiore persistenza aromatica. Ad ogni

livello ci può essere qualità, ma questa non può

transigere da un’impeccabile nettezza olfattiva.

c) Persistenza aromatica: dovuta alle componenti

aromatiche e sostenuta dagli elementi della

struttura; deve sfumare lentamente, a “becco di

flauto”, senza retrogusti particolari.

d) La tipicità: riferita a quelle grappe che “oltre al

nome portano anche un cognome”, le cosiddette

“da monovitigno”, dove il degustatore ricerca e

pretende di trovare componenti aromatici

varietali che identificano il vitigno di origine.

E’ la tipologia di grappa oggi più richiesta sul

mercato italiano ed estero, soprattutto per i

prodotti riferiti a vitigni di lunga tradizione

italiana.

La percezione della qualità, nelle grappe, così

come nel vino, deve essere svolta nell’assoluto

rispetto delle temperature di servizio, e delle forme

dei calici da degustazione.

La grappa è sempre stata l’orgoglio della

popolazione; tutti sanno cos’è, ma ancora pochi si

rendono conto della sua evoluzione qualitativa di

questi ultimi anni: dalla scelta delle materie prime,

147

alla cura nelle distil lazioni, all’ invecchiamento, sino

alla sua presentazione al mercato in nuove vesti, con

packaging particolari e studiati per una nuova

immagine di qualità che ultimamente ha raggiunto,

riaffermando ed incrementando il suo successo.

Ciò è dovuto alla sensibilità e oculatezza dei vari

produttori e degli esperti del settore che unendo le

loro forze sono riusciti a realizzare un prodotto

“nuovo”, se pur tradizionalmente antico, così da

riavvicinare una larga fascia di mercato a questo

nettare con profumo, aroma e gusto più variabil i e

soavi senza alterare quella forza e quel vigore che da

sempre racchiude in sé.

La grappa è unica, non ha rivali ne concorrenti, è

la tipica espressione del nostro amore per le cose

genuine, naturali e sincere che anche il resto del

mondo apprezza e consuma non solo qui in Italia, ma

anche a casa propria.50

6.6 L’importanza del bicchiere.

Dopo aver parlato della qualità della grappa e di

ciò che il consumatore cerca nella grappa, non

possiamo non sprecare una parola a favore del

bicchiere su cui deve essere degustata.

Ogni grande bevanda ha un suo bicchiere, un

bicchiere simbolo che fa del suo consumo un rito.

Ci sono grappe fantastiche che profumano come

giardini in fiore, e poi, versate nel solito bicchierino,

mantengono poche delle promesse che magari abbiamo

letto frettolosamente in controetichetta. Il mezzo

tecnico di degustazione – il bicchiere che ci troviamo

50 E. Furlan (1996) “ L’attuale percezione della qualità in Italia e all’Estero”; tratto da “XIV Convegno Naz.le Grappa”

148

in mano – difficilmente è capace di trasmettere le

tante sfaccettature di un buon disti l lato.

Il bicchiere per la degustazione della Grappa deve

essere in vetro o cristallo incolore e trasparente, per

poter valutare la trasparenza e la limpidezza della

Grappa giovane, l’ intensità e la tonalità di colore di

quella invecchiata.

La forma a “tulipano”, per permettere agli aromi

della Grappa di svilupparsi, concentrarsi ed infine

tornare ad aprirsi.

La superficie di evaporazione non deve essere

eccessiva, per evitare che la componente alcolica, più

volatile, prevalga sui profumi della materia prima,

dell’ invecchiamento o dell’aromatizzazione.

L’imboccatura leggermente svasata, per portare il

l iquido sulla parte anteriore della lingua, dove si

percepisce la sensazione dolce, e non sulla parte

posteriore dove si avverte maggiormente il gusto

amaro.

Il gambo lungo e sottile con anellino di fermo,

perché la mano rimanga lontana dalla coppa del

bicchiere, così da evitare di riscaldare la Grappa

provocando l’evaporazione della parte alcolica a

danno di quella aromatica.

149

CAPITOLO VII

ASPETTI LEGISLATIVI

7.1 La normativa.

Quando ci si trova di fronte ad un prodotto di

l imitata tiratura e di alta tipicità, distinto quindi da

forti ambizioni di voler trovare collocazione su

mercati dei cinque continenti, la normativa –ossia

l’ insieme delle regole che deve rispettare per poter

essere esportato- è cosa assai complicata in quanto,

non di rado, ci si trova di fronte a sovrapposizioni,

contraddizioni, provvedimenti che sbucano fuori dalla

memoria di solerti funzionari e adempimenti bizantini

capaci di complicare la vita anche al più determinato

produttore.

7.2 La normativa Europea.

Prima della pubblicazione del Regolamento

1576/89/CEE nessuna disposizione comunitaria

contemplava le bevande spiritose, in particolare per

quanto riguardava la definizione di tali prodotti e le

norme relative alla loro designazione e presentazione;

che, tenuto conto dell’ importanza economica dei

prodotti in causa, occorreva adottare in questo settore

disposizioni intese a facilitare il funzionamento del

mercato comune.

150

Le bevande spiritose rappresentano un importante

sbocco per l’agricoltura comunitaria, fatto non

disgiunto e direttamente conseguente alla rinomanza

che tali prodotti hanno conquistato nella Comunità e

sul mercato mondiale. Tale rinomanza è connessa al

l ivello qualitativo dei prodotti tradizionali ed è quindi

opportuno, per conservare questo sbocco, mantenere

elevato il, loro livello di qualità. Il mezzo migliore

per conseguire tale obiettivo consiste nel definire i

prodotti tenendo conto degli usi tradizionali che sono

alla base della loro rinomanza e riservare l’ impiego

delle denominazioni così definite a prodotti i l cui

profilo corrisponde a quello dei prodotti tradizionali,

per evitare che le denominazioni stesse vengano

sminuite di valore.

La normativa comunitaria deve riservare a

determinati territori, tra i quali possono figurare in via

eccezionale certi paesi, l ’ impiego di denominazioni di

natura geografica ad essi relative, sempre che le fasi

di fabbricazione del prodotto finito durante le quali

quest’ultimo acquista il suo carattere e le sue qualità

definit ive si siano svolte nella zona geografica in

causa. La normativa salvaguarderà il carattere di

indicazioni di provenienza delle denominazioni in

questione e impedirà che queste divengano di uso

comune e conseguentemente denominazioni generiche.

Le denominazioni devono garantire l’ informazione al

consumatore circa la provenienza del prodotto.

Il metodo normalmente e abitualmente seguito per

informare il consumatore consiste nel riportare

sull’etichetta un certo numero di diciture; che in

materia di etichettatura, alle bevande spiritose si

applicano le norme generali stabilite dalla dirett iva

79/112/CEE relativa al ravvicinamento delle

legislazioni degli Stati membri concernenti

l ’etichettatura e la presentazione dei prodotti

151

alimentari, nonché la relativa pubblicità, modificata

da ultimo dalla direttiva 86/197/CEE.

La dirett iva 79/112/CEE rende obbligatorio talune

diciture nell’etichettatura, essa peraltro relativamente

imprecisa per quanto concernente il luogo di

fabbricazione; tale nozione, nel settore delle bevande,

ha un’importanza del tutto particolare a motivo

dell’associazione che spesso il consumatore instaura

tra la bevanda in questione e il suo luogo di

fabbricazione; l’assenza di tale indicazione rischia di

dare al consumatore l’ impressione di una falsa

origine.

Mi accingo a riportare le parti più salienti del

Regolamento CEE riguardante specificatamente la

grappa.

REGOLAMENTO CEE 1576/89

ARTICOLO 1

1) I l presente regolamento stabil isce le norme

generali relative alla definizione, alla

designazione e alla presentazione delle bevande

spiritose.

2) Ai sensi del presente regolamento si intende per

bevanda spiritosa il l iquido alcolico:

- destinato al consumo umano,

- avente caratteristiche organolettiche particolari e,

ad eccezione dei prodotti elencati nell’allegato III,

punto 1, un titolo alcolometrico minimo di 15% vol.

e ottenuto:

a) sia direttamente mediante distil lazione, in

presenza o meno di aromi, di prodotti

fermentati naturali e/o mediante macerazione di

sostanze vegetali e/o aggiunta di aromi,

zuccheri o altri prodotti edulcoranti e/o prodotti

agricoli nell’alcole etil ico di origine agricola

152

e/o distil lati di origine agricola e/o acquaviti,

quali definiti nel presente regolamento;

sia mediante miscelazione di una bevanda spiritosa

con una o più bevande spiritose; alcole etil ico di

origine agricola, distil lato di origine agricola o

acquavite; una o più bevande alcoliche; una o più

bevande.

Dopo le definizioni preliminari di cui cito le più

importanti:

- EDULCORAZIONE:

l’operazione che consiste nell’ impiegare, per la

preparazione delle bevande spiritose, uno o più dei

seguenti prodotti:

zucchero di fabbrica, zucchero bianco, zucchero

bianco raffinato, destrosio, sciroppo di glucosio,

zucchero liquido, zucchero liquido invertito,

sciroppo di zucchero invertito, mosto di uve

concentrato rettif icato, mosto di uve concentrato,

mosto di uve fresche, zucchero bruciato, miele,

sciroppo di carruba, nonché altre sostanze

glucidiche naturali aventi effetto analogo a quello

dei prodotti sopra elencati.

Per zucchero bruciato si intende il prodotto

ottenuto esclusivamente mediante riscaldamento

controllato del saccarosio, senza aggiunta di basi,

di acidi minerali o di altro additivo chimico.

(Direttiva 94/35/CE del Parlamento europeo e del

Consiglio del 30 giugno 1994, sugli “edulcoranti”

destinati ad essere util izzati nei prodotti

alimentari);

- AROMATIZZAZIONE:

l’operazione consiste nell’ impiegare, per la

preparazione delle bevande spiritose, uno o più

aromi come definiti all’art.1, paragrafo 2, lettera a)

della direttiva 88/388/CEE;

153

-COLORAZIONE:

l’operazione consiste nell’ impiegare, per la

preparazione delle bevande spiritose, una o più

sostanze coloranti. E’ disciplinata dalla Direttiva

94/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,

del 30 giugno 1994, sulle “sostanze coloranti”

destinate ad essere util izzate nei prodotti

alimentari.

La grappa non deve contenere additivi coloranti, se

invecchiata può contenere:

E 150a – Caramello semplice

E 150b – Caramello solfito-caustico

E 150c – Caramello ammoniacale

E 150d – Caramello solfito ammoniacale;

i l Regolamento passa a definire le categorie di

bevande spiritose e, per quanto riguarda

l’acquavite, cita alla lettera f del punto 4 dell’art.1:

ACQUAVITE DI VINACCIA O MARC

- La bevanda spiritosa:

- ottenuta da vinacce fermentate e distil late

direttamente mediante vapore acqueo oppure

dopo l’aggiunta di acqua e con eventuale

aggiunta di feccia, in una proporzione da

stabilire secondo la procedura prevista all’art.

15; la distil lazione è effettuata in presenza delle

vinacce stesse a meno di 86% vol. La

ridistil lazione a questa stessa gradazione alcolica

è autorizzata;

- Con un tenore di sostanze volatil i pari o

superiori a 140 g/hl di alcole a 100% vol e un

tenore massimo di alcole metilico di 1000 g/hl di

alcole a 100% vol.

- La denominazione acquavite di vinaccia o marc

può essere sostituita della denominazione grappa

154

unicamente per la bevanda spiritosa prodotta in

Italia.

ARTICOLO 2

Fatti salvi gli articoli 3, 4 e 12, per poter essere

commercializzata ai fini del consumo con una delle

denominazioni di cui all’art. 1, una bevanda

spiritosa deve rispondere alla definizione e ai

requisit i riguardanti la categoria alla quale

appartiene.

ARTICOLO 3

Fatta eccezione per le bevande spiritose al ginepro,

per poter essere destinate al consumo umano nella

Comunità con una delle denominazioni di cui

all’art.1, le bevande spiritose sotto elencate (cito

soltanto l’acquavite), devono possedere il seguente

titolo alcolometrico volumico minimo:

Acquavite Titolo alcolometrico minimo

Acquavite di vino 37,5% vol.

Acquavite di vinaccia 37,5% vol.

Grappa 37,5% vol.

ARTICOLO 4

La Comunità con la Direttiva 80/778/CEE del

Consiglio del 15 luglio 1980, concernente la qualità

delle acque destinate al consumo umano, e la

Dirett iva 80/777/CEE del Consiglio del 15 luglio

1980, ha definito le caratteristiche delle acque che

possono essere impiegate per l’alimentazione cioè

l’acqua aggiunta deve essere distil lata o

demineralizzata.

155

ARTICOLO 5

Nei vari punti di questo articolo si comprende che

la normativa comunitaria riserva a determinati

prodotti, l ’ impiego di denominazioni di natura

geografica ad essi relative, sempre che le fasi di

fabbricazione del prodotto finito durante le quali

quest’ultimo acquista il suo carattere e le sue

qualità definitive si siano svolte nella zona

geografica in causa. Riconoscendo così ai

produttori interessati diritti esclusivi. La normativa

comunitaria salvaguarda il carattere di provenienza

delle denominazioni in questione e impedisce che

queste divengano di uso comune e

conseguentemente denominazioni generiche.

Queste denominazioni garantiscono anche il

consumatore fornendogli informazioni precise circa

la provenienza di un prodotto caratterizzato dalle

materie prime impiegate o da particolari

procedimenti di produzione.

Gli Stati membri possono applicare norme nazionali

specifiche di produzione, di circolazione interna, di

designazione e presentazione di prodotti ottenuti

nel loro territorio sempre che siano compatibili con

il diritto comunitario.

ARTICOLO 7

La Comunità, sempre attraverso il Regolamento

1576/89 ha ritenuto opportuno fissare norme

relative alla maturazione o invecchiamento delle

bevande spiritose indicandolo alla lettera d) del

punto 2 dell’art.7:

Salvo eccezioni, la durata di invecchiamento può

essere indicata soltanto se riguarda il più giovane

dei costituenti alcolici, purché il prodotto sia stato

156

invecchiato sotto controllo fiscale o sotto controllo

che offra garanzie equivalenti.

CONFEZIONAMENTO

Imballi: molto particolareggiata è la disciplina

degli imballi che si estrinseca in diversi

provvedimenti normativi di seguito citati:

Dirett iva 75/107/CEE

Le bottiglie recipienti misura conformi a tale

direttiva devono riportare in modo chiaramente

visibile, leggibile e indelebile:

a) sulla superficie laterale, sulla superficie di

raccordo tra la superficie laterale e il fondo o sul

fondo:

- l ’ indicazione della capacità nominale, espressa in

litri, centil itri o mill i l itri;

- marchio di identificazione del fabbricante;

- i l contrassegno “3” (epsilon rovesciato) di altezza

minima di 3mm;

b) sul fondo o sulla superficie di raccordo tra la

superficie laterale e il fondo, per mezzo di cifre

aventi la stessa altezza minima sopraindicata:

- l ’ indicazione della capacità rasobordo, espressa in

cl, non seguita dal simbolo cl;

- e/o l’ indicazione della distanza in mm, seguita dal

simbolo mm, del piano del bordo dal livello di

riempimento corrispondente alla capacità nominale.

Regolamento 3280/CEE

Divieto di dispositivi di chiusura rivestiti da

capsula o involucro a base di piombo.

Dirett iva 94/62/CEE

Entro il 31 dicembre 1996 il Consiglio decide in

merito alla marcatura degli imballaggi, sulla base

del sistema di identificazione in allegato, in

157

particolare, il vetro deve avere una numerazione da

70 a 79 e/o l’abbreviazione del materiale usato,

inserita al centro o al disotto del marchio grafico

che indica la natura riutil izzabile o recuperabile

dell’ imballaggio.

Gli imballaggi devono essere muniti dell’opportuna

marcatura apposta sull’ imballaggio stesso o

sull’etichetta e deve essere chiaramente visibile e di

facile lettura. Requisiti essenziali riguardanti:

fabbricazione, composizione, riutil izzabilità e

recuperabilità.

Per quanto concerne la concentrazione dei metalli

pesanti presenti negli imballaggi, i l ivelli totali di

concentrazione di piombo, cadmio, mercurio e

cromo esavalente non devono superare i valori di

600 ppm in peso dopo due anni dal recepimento

della direttiva, 250 ppm in peso dopo 3 anni, 100

ppm in peso dopo 5 anni.

Tali l ivelli di concentrazione non si applicano agli

imballaggi interamente costituiti da cristallo.

ETICHETTATURA E PRESENTAZIONE

Le indicazioni obbligatorie sono:

- Denominazione di vendita: il regolamento

1576/89/CEE ammette la denominazione di grappa

unicamente per la bevanda spiritosa prodotta in

Italia.

- Elenco degli ingredienti: per quanto concerne le

bevande con un contenuto alcolico superiore a 1,2%

in volume il Consiglio stabilisce entro quattro anni

dalla notifica della presente direttiva le norme di

etichettatura.

- Quantitativo netto: espresso in unità di volume, la

direttiva 75/106/CEE, modificata dalla direttiva

78/891/CEE e 79/1005/CEE, afferma che

l’ iscrizione del volume nominale, espresso in litri,

158

centi l itri o mill i l itri, deve essere effettuata a mezzo

di cifre aventi altezza minima di: 6mm se il volume

nominale è superiore a 100 cl; mm4 se è compreso

fra i 100 cl inclusi e i 20 cl esclusi; 3 mm se è

compreso fra 20 cl inclusi e 5 cl esclusi; 2 mm se è

uguale o inferiore a 5 cl. Le cifre devono essere

seguite dal simbolo dell’unità di misura util izzata o

eventualmente dal suo nome. La lettera minuscola

“e”, dell’altezza minima di 3 mm, deve essere

collocata nello stesso campo visivo del volume

nominale.

- Termine minimo di conservazione: tale indicazione

non è richiesta per le bevande con un contenuto di

alcole pari o superiore al 10% in volume.

- Condizioni particolari di conservazione e di

util izzazione.

- Nome o ragione sociale e indirizzo del fabbricante

o del condizionatore o di un venditore stabilito

nella comunità.

- Luogo di origine o di provenienza: qualora

l’omissione possa indurre in errore il consumatore.

- Istruzione per l’uso: quando l’omissione non

consenta un uso appropriato della bevanda.

- Titolo alcolometrico volumico: per le bevande con

contenuto alcolico superiore all’1,2% in volume. La

direttiva 87/250/CEE afferma che il numero

corrispondente al titolo alcolometrico comprende al

massimo un decimale ed è accompagnato dal

simbolo “% vol.” e può essere preceduto dal

termine “alcol” o dalla sua abbreviazione “alc.”. E’

ammessa una tolleranza, in più o in meno, espressa

in valori assoluti di 0,3% vol.

- Indicazione del lotto: la direttiva 89/396/CEE

stabilisce che in etichetta deve comparire

un’indicazione che consenta di identificare la

partita alla quale una derrata alimentare appartiene,

preceduta dalla lettera “L”, salvo nel caso in cui,

159

questa indicazione, si distingua chiaramente dalle

altre indicazioni in etichetta.

La denominazione di vendita, la quantità nominale e il

titolo alcolometrico volumico vanno indicati nello

stesso campo visivo. Tali indicazioni devono essere

facilmente comprensibili ed apposte in un punto

evidente, in modo da essere facilmente visibili,

chiaramente leggibili e indelebili. Vanno fornite in

una lingua facilmente compresa dagli acquirenti. I l

regolamento 1586/89/CEE afferma che le indicazioni,

in esso previste, devono essere espresse in una o più

lingue ufficiali della Comunità.

La direttiva 75/106/CEE prevede che sia riportato un

marchio o un’iscrizione che permetta al servizio

competente di identificare chi ha effettuato il

riempimento, oppure l’ importatore stabili to nella

Comunità.

Tra le indicazioni non obbligatorie va ricordato i l

“codice a barre”.

ACCISA

Norma emanata dalla direttiva 92/12/CEE: l’accisa

diventa esigibile all’atto dell ’ immissione in

consumo ed è dovuta dalla persona che effettua la

fornitura o che detiene i prodotti destinati ad essere

forniti o alla quale i prodotti sono forniti

all’ interno di uno Stato membro diverso da quello

in cui sono già stati immessi in consumo o da parte

dell’operatore professionale o dall’organismo di

diritto pubblico.

La circolazione tra i territori dei diversi Stati membri

avviene sotto la scorta di un documento di

accompagnamento comunitario.

La circolazione in regime sospensivo deve avere luogo

tra depositi f iscali, accompagnato da un documento

rilasciato dallo speditore. Esso può essere un

160

documento amministrativo o un documento

commerciale. Qualora i prodotti che circolano in

regime sospensivo siano esportati, questo regime è

epurato mediante una certif icazione, da parte

dell’Ufficio doganale di uscita dalla Comunità, da cui

risulti che i prodotti hanno effettivamente lasciato la

Comunità.

(allegato II punto 6: acquavite di vinaccia)

7.3 La normativa Italiana.

Pur complesso, il quadro normativo dell’Unione

Europea tende indubbiamente ad armonizzare le regole

dei singoli paesi che, però, mantengono ancora alcune

peculiarità distintive.

Evidenzierò soltanto i punti che completano e

integrano la normativa comunitaria all’ interno del

nostro paese.

L’Ital ia è l’unico paese in cui l’acquavite di

vinaccia possa denominarsi grappa. E se allo stato

attuale alcune definizioni lasciano ancora un margine

interpretativo piuttosto elevato, l’attesa normativa in

fase di emanazione dovrebbe chiarire definitivamente

che per grappa si intende l’acquavite ottenuta da

vinaccia di uve maturate in Italia e distil lata su

territorio nazionale.

ETICHETTATURA

La materia è disciplinata dal Dlgs 27 gennaio

1992, n.109 relativo all’attuazione delle dirett ive

89/395/CEE e 89/396/CEE concernenti l ’etichettatura,

la presentazione e la pubblicità dei prodotti

alimentari.

161

L’etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei

prodotti alimentari non devono essere tali da indurre

ad attribuire al prodotto proprietà atte a prevenire,

curare o guarire malattie umane né accennare a tali

proprietà che non possiede; non devono inoltre,

evidenziare caratteristiche particolari, quando tutt i i

prodotti alimentari analoghi possiedono le stesse

caratteristiche.

Il Dlgs 25 gennaio 1992, n.108, all’art. 3, comma 4,

specifica: il presente decreto non pregiudica

l’applicazione delle norme comunitarie previste ma le

integra con ulteriori obblighi:

a) Licenza fiscale: con il Rdl 2 febbraio 1933, n. 23

“Nuove misure per ostacolare lo smercio di alcole

di contrabbando”.

Art. 1 Chiunque produca e comunque prepari a

scopo di commercio, o importi dall 'estero,

parimenti a scopo di commercio, liquori, ovvero

estratti od essenze anche non contenenti alcol,

destinati alla preparazione di l iquori, come pure

profumerie alcoliche, è considerato come

fabbricante agli effetti delle leggi d’imposta sugli

spiriti e deve essere in possesso di l icenza annuale

rilasciata dalla Finanza.

Art. 3.2 Per i prodotti nazionali condizionati, a

norma del disposto del precedente comma, nella

fabbrica di origine, dovrà all’esterno dei recipienti

come sopra, oltre all’ indicazione della ditta o del

luogo ove esiste la fabbrica, indicarsi anche i l

numero della relativa licenza, di cui all’art.1.

Dlgs 26 ottobre 1995, n. 504. Sulle etichette,

applicate ai recipienti, devono risultare gli estremi

della licenza fiscale della ditta fabbricante o di chi

ha effettuato il confezionamento.

b) Marchio CEE con cui i fabbricanti devono

contrassegnare, i preimballaggi di propria

produzione per essere considerati preimballaggi

162

CEE, è costituito dalla lettera minuscola “e2”,

avente l’altezza minima di 3mm e la forma

rappresentata nell’allegato I al Dm 5 agosto 1976.

Il marchio CEE deve essere collocato nello stesso

campo visivo dell’ indicazione della quantità

nominale e deve essere indelebile e ben visibile

nelle condizioni usuali di presentazione dei

preimballaggi.

c) Riciclaggio: visto il comma 10 dell’art. 9quiter

della legge n. 475/1988 che, a partire dal 1 luglio

1989, prescrive che sugli imballaggi o sulle

etichette devono figurare chiaramente visibili ,

l ’ invito a non disperderli nell’ambiente dopo l’uso

e l’ indicazione dell’eventuale riempibilità, secondo

la direttiva 85/339/CEE del 27 giugno 1985, e che

da tale obbligo sono esclusi i contenitori riempibil i

per i quali valgono usi consolidati di ritiro.

d) Contrassegni di Stato consistono in fascette che

indicano recipienti contenenti l iquori e acquaviti,

previsti dai Dm 30 aprile 1949 e 30 dicembre 1950.

La fascetta deve essere attaccata intorno al collo

dei recipienti contenenti prodotti alcolici in modo

da ricoprire, con all’ incirca la metà della sua

altezza, il bordo della capsula applicata a chiusura

dei recipienti stessi.

L’adesivo impiegato dai fabbricanti per

l’ incollatura della fascetta deve essere approvato,

prima dell’uso, dall’Amministrazione finanziaria e

ciò per accertare che riesca ben difficile recuperare

in buono stato, sia con acqua fredda o calda, sia

con solventi, la fascetta dai recipienti a cui sia

stata applicata.

ACCISA

I prodotti soggetti ad accisa secondo quanto

indicato dal DL 31 dicembre 1992, n. 513 sono:

163

Art. 1

1) gli oli minerali, l ’alcole, le bevande alcoliche, i

tabacchi lavorati, come definiti negli articoli 17,

21, 22, 23, 24, 25, e 27 sono sottoposti ad accisa

secondo le disposizioni stabili te dal presente

decreto.

2) Ai fini del presente decreto si intende per:

a) accisa: l’ imposizione indiretta sulla produzione

o sui consumi prevista, dalle vigenti

disposizioni, con la denominazione di imposta

di fabbricazione o di consumo e corrispondente

sovrimposta di confine o di consumo;

b) deposito fiscale: l’ impianto in cui vengono

fabbricate, trasformate, detenute, ricevute o

spedite merci soggette ad accisa, in regime di

sospensione dei diritti di accisa, alle condizioni

stabilite dall’amministrazione finanziaria;

c) deposito autorizzato: il soggetto titolare è

responsabile della gestione del deposito fiscale;

d) regime sospensivo: il regime fiscale applicabile

alla fabbricazione, alla trasformazione, alla

detenzione ed alla circolazione dei prodotti

soggetti ad accisa fino al momento

dell’esigibilità dell’accisa o del verificarsi di

una causa estintiva del debito d’imposta.

e) Fatto generatore ed esigibilità dell ’accisa:

- i prodotti di cui all’art. 1, comma 1, sono

assoggettati ad accisa al momento della

fabbricazione o della importazione.

- L’accisa è esigibile all’atto dell’ immissione in

consumo del prodotto. Si considera immissione in

consumo anche:

a) l ’ammanco in misura superiore a quella

consentita o quando non ricorrono le condizioni

per la concessione dell’abbuono di cui all’art.

5;

164

b) lo svincolo, anche irregolare, da un regime

sospensivo;

c) la fabbricazione o l’ importazione, anche

irregolare, avvenuta al di fuori di un regime

sospensivo.

- E’ obbligato al pagamento dell’accisa il titolare del

deposito fiscale dal quale avviene l’ immissione al

consumo ovvero il soggetto nei cui confronti si

verificano i presupposti per l’esigibilità

dell’ imposta o che si è reso garante di tale

pagamento.

Art. 3

Accertamento liquidazione e pagamento dell’accisa.

1) I l prodotto da sottoporre ad accisa deve essere

accertato per quantità e qualità con l’osservanza

delle modalità operative stabili te dal Ministero

delle finanze – Dipartimento delle dogane e delle

imposte indirette.

2) La liquidazione dell’ imposta si effettua applicando

alla quantità di prodotto l’aliquota di imposta

vigente alla data di immissione in consumo. Per gli

ammanchi si applicano le aliquote vigenti al

momento in cui essi si sono verificati ovvero se

tale momento non può essere determinato le

aliquote vigenti all’atto della loro constatazione.

3) I l pagamento dell’accisa deve essere effettuato

entro il giorno 15 del mese successivo quello

dell’ immissione in consumo. Per i prodotti

d’importazione l’accisa è riscossa dalle dogane con

le modalità e nei termini previsti per i diritti di

confine fermo restando che il pagamento non può

essere fissato per un periodo di tempo superiore a

quello mediamente previsto per i prodotti

nazionali.

Art. 14

165

Rimborso d’accisa.

1) I prodotti assoggettati ad accisa immessi in

consumo possono dar luogo a rimborso della

stessa, su richiesta dell’operatore nell’esercizio

dell’attività economica da lui svolta, quando sono

destinati al consumo in un altro stato membro o

all’esportazione.

2) I l rimborso può essere concesso anche mediante

accredito dell’ imposta da uti l izzare per il

pagamento dell’accisa.

3) Con decreto del Ministro delle finanze sono

stabilite le caratteristiche e il prezzo dei

contrassegni previsti dall 'art. 13, nonché le

modalità per l’effettuazione dei rimborsi e dei

controlli in conformità alle disposizioni

comunitarie.

7.4 La denominazione d’origine controllata.

Nel giugno del 1990 il CIPE aveva approvato un

piano di intervento per il settore vitivinicolo che

prevedeva anche per le acquaviti viticole oltre che la

protezione delle denominazioni tradizionali anche

quella delle “denominazioni di origine”.

Nel 1991 allorché fervevano le discussioni sulla

riforma del D.P.R. 930 sulle denominazioni di origine

dei vini, era stato previsto di regolamentare anche le

denominazioni di origine delle acquaviti.

Anche in quella sede, però, i vecchi contrasti

hanno prevalso tanto che quel capitolo fu stralciato e

la nuova legge 164 del 1992 è nata senza nulla

prevedere per il settore specifico.

Per i sostenitori delle denominazioni di origine,

dare una carta d’identità alla grappa non significa

standardizzare il prodotto, ma regolamentare il meglio

dei suoi contenuti tradizionali in modo da costituire

166

un minimo comune entro il quale ogni produttore

possa esprimere la propria abilità ed esperienza.

Fare una regola che si basi sul concetto di

“tipicità” inteso come sinergismo tra ambiente,

vitigno e tecnologia di produzione.

Le difficoltà insorgono non appena si passa alla

fase operativa quando una norma che leghi, in modo

stretto, la grappa al territorio minaccia di ledere

interessi consolidati o va ad incidere sulle convinzioni

di fasce non trascurabili di produttori.

La denominazione di origine è una qualificazione

importante per il riconoscimento della originalità dei

prodotti e va gestita con coerenza ed in conformità

alle norme vigenti in materia.

Non è superfluo richiamare la definizione che di

“denominazione di origine” viene data dall’art. 2 del

Regolamento 2081/92/CEE nonché dalle convenzioni

internazionali quali quella famosa di Lisbona:

“il nome di una regione, di un luogo determinato o, in

casi eccezionali, di un paese che serve a designare un

prodotto agricolo o alimentare originario di tale

regione, di tale luogo determinato o di tale paese e la

cui qualità o le cui caratteristiche siano dovute

essenzialmente o esclusivamente all’ambiente

geografico comprensivo dei fattori naturali ed umani e

la cui produzione, trasformazione ed elaborazione

avvengano nell’area geografica delimitata”.

Con questa definizione contrastano taluni

riconoscimenti effettuati nel nostro paese per prodotti

che, pur possedendo particolari caratteristiche di

qualità e tipicità, non derivano alcuna caratteristica

particolare dall’ambiente geografico considerato; anzi

talvolta le denominazioni di origine sono studiate a

tavolino.

Il concetto di denominazione d’origine e la

designazione di un prodotto col nome della zona

geografica ove lo stesso è stato preparato evocano nel

167

consumatore una originalità ed una garanzia di qualità

acquisita attraverso la notorietà.

Talvolta le richieste per ottenere tale

riconoscimento sono state presentate non in presenza

di una effettiva esigenza di protezione di un nome, ma

allo scopo di creare nicchie di potere e/o di mercato e

far pagare quel prodotto a prezzo più elevato perché a

denominazione di origine.

La confusione è enorme sia nel mondo agricolo

che tra i mass-media che sono portati a considerare

DOC un prodotto che possieda un minimo di qualità,

mentre l’origine va riconosciuta e protetta in presenza

di un luogo che ha conferito notorietà e caratteristiche

specifiche derivanti dall’ambiente geografico, di

un’affermazione commerciale e di atti di concorrenza

sleale e/o di imitazione.

Ove tali regole non vengano attentamente valutate

la denominazione di origine viene svuotata del suo

reale significato e si riduce solo ad una presa in giro

per il consumatore.

Non bisogna dimenticare che, nell’ impatto

commerciale, è vero che alla denominazione di origine

viene attribuita dal consumatore grande importanza,

ma è altrettanto vero che la marca o il marchio

aziendale si impone con forza ancora maggiore sul

consumatore soprattutto quando il prodotto presenta

peculiari e soddisfacenti caratteristiche.

Ci si auspica che questo provvedimento sia varato

al più presto e il riconoscimento della DOC alle

grappe diventi uno strumento per farne un prodotto di

alta qualità nell’ interesse dei consumatori e

dell’economia nazionale.

168

CAPITOLO VIII

IL CONSUMATORE E LA GRAPPA

8.1 Il problema dell’alcolismo.

L’accentuarsi delle problematiche salutistiche ha

infervorato il dibattito sulle bevande alcoliche e sul

problema dell’alcolismo. La sempre maggiore

attenzione alla salute ha poi dato vita in quasi tutti i

paesi europei, nord americani, asiatici e dell’Oceania

a vere e proprie campagne per contenere il consumo di

alcol; inoltre si sono registrate limitazioni all’offerta,

incrementi nelle tasse e norme restrittive sulla

promozione. Tutti questi provvedimenti hanno come

obiettivo dichiarato la riduzione dell’abuso di alcol,

ma dietro questo scopo si nascondono attacchi alle

stesse bevande alcoliche e a quel consumo normale e

moderato proprio della maggioranza della

popolazione.

Non vi sono dubbi che un consumo eccessivo di

alcol possa arrecare, sul breve e lungo periodo, danni

sotto il profilo medico o sociale. Ma è altrettanto vero

che nessuno di questi effetti negativi è mai associato a

un consumo normale; anzi, numerosi fatti dimostrano

che vi è una relazione fra il consumo di due, tre drinks

al giorno e una diminuzione delle malattie cardiache,

un abbassamento della pressione, un minor stress e un

miglioramento dei rapporti sociali. Si tratta quindi di

battersi per un consumo di alcol responsabile,

169

riconoscendo la falsità del concetto secondo il quale

diminuendo il consumo totale di alcol se ne

diminuisce l’abuso.

E’ interessante notare come l’alcol sia una delle

sostanze su cui sono state fatte più ricerche;

nonostante ciò nessuno ha una risposta precisa alla

domanda: “Cos’è un alcolista e quali sono i fattori che

fanno sì che una persona diventi tale?”.

Alcolista viene definito generalmente chi è

mentalmente o fisicamente dipendente da quantità di

alcol assunte regolarmente, ma come le persone

giungano a tale stadio è una questione a cui non è

ancora stata data una soluzione univoca. A questo

proposito vi sono due tesi: la prima considera

l'alcolismo una malattia che colpisce alcune persone

vulnerabili, per la quale non vi sono cure ma a cui si

può porre rimedio astenendosi dal bere alcolici per

tutta la vita; la seconda, invece, asserisce che

l’alcolismo è acquisito socialmente, è un’esperienza

che si apprende forse come reazione a condizioni

personali o sociali, a un’incapacità di far fronte alla

vita o a una bassa considerazione di se stessi.51

Recenti statistiche mettono in evidenza il profilo

dei consumatori di Grappa divisi per sesso, età ed aree

geografiche:

SESSO

Maschi 70,3%

Femmine 29,6%

51 Rivista (1991) “Bargiornale”

170

ETÀ

18-24enni 6,0%

25-34enni 12,6%

35-44enni 23,3%

45-54enni 23,5%

55-64enni 17,4%

65-79enni 16,9%

AREA GEOGRAFICA

Nord-Ovest 32,8%

Nord-Est 38,9%

Centro 22,5%

Sud-Isole 5,6%

L’abuso è un male ma un uso corretto di Grappa

può essere un complemento dell’alimentazione

quotidiana. Assumere un bicchierino dopo il pasto

serale, sgombra il terreno dagli stati di ansia

accumulata durante il giorno, favorendo il sonno.

8.2 La classificazione dei consumatori.

I consumatori possono essere classificati in tre

grandi categorie:

- I dinosauri.

Hanno normalmente più di cinquant’anni, una

cultura medio bassa, leggono poco e affidano

pigramente la loro informazione alla televisione,

non viaggiano molto e dispongono di redditi medio

bassi. Sono ancora dei buoni consumatori, ma di

grappa standard, non di rado invecchiata. Si

171

rivolgono prevalentemente a marche conosciute e

dedicano una notevole attenzione al prezzo. Di essi

la grappa ha bisogno perché rappresentano

comunque una buona fascia di consumatori che

partecipano in modo significativo alla

determinazione dei volumi di vendita. Ma sono in

via di estinzione e difficilmente si potranno

convertire ad un consumo più qualificato.

- I sapienti.

Hanno generalmente un’età compresa tra

trentacinque e cinquant’anni, conducono una vita

attiva e piena, sono laureati o almeno diplomati,

leggono, viaggiano, ci tengono a mantenersi

aggiornati su tutto, partecipano a corsi di

educazione alimentare e di assaggio, amano la

civiltà della tavola e la vita di società.

Rappresentano il punto di appoggio per la crescita

della grappa in quanto sanno valutare e premiare gli

sforzi prodigati dai produttori per fare cose nuove,

migliorare la qualità, dare grappe con

caratteristiche sensoriali maggiormente appaganti.

Sono però degli infedeli: non solo consumano molte

altre acquaviti oltre la grappa, ma nell’ambito della

categoria merceologica consumano grappe di

marche diverse e rincorrono l’ultima novità.

- Le grandi promesse.

Appartengono a questa categoria i giovani e le

donne. I primi, di età compresa tra i 18 e i 25 anni,

apprezzano soprattutto liquori di grappa alla frutta

e acquaviti particolarmente gentil i e aromatiche.

Ma, da quando si è notato con le ultime indagini, si

avvicinano alla grappa con crescente interesse e

molta attenzione. Contrariamente a quanto si pensa,

hanno disponibil ità finanziarie non troppo esigue e

sono degli sperimentatori infaticabili. La grappa

172

per loro è un compendio per la socializzazione,

viene quindi consumata prevalentemente fuori casa,

nei punti di aggregazione. E il problema potrebbe

proprio essere questo: la gestione di questi punti

molte volte non è sufficientemente il luminata da

poter essere educata ad una proposta di grappa di

qualità.

Le donne stanno manifestando un notevole interesse

per la grappa e costituiscono un elemento strategico

per il futuro della nostra acquavite. Esse

rappresentano infatti la coscienza del nucleo

famigliare: presidiano il budget e quindi hanno

molta voce in capitolo sulla destinazione della

spesa, difendono la salute del marito e dei figli e

sono le guardiane della moralità. Se la donna ama

la grappa diventa una grande alleata: trova in essa

un elemento di comunione con il partner, è

consumatrice attenta alla qualità e apre

adeguatamente i cordoni della borsa.52

52 Rivista n.73 Primavera (1999) “L’assaggiatore”

173

CONCLUSIONE

L’acquavite di vinaccia è definita, dal

regolamento CEE 1576/89, come una bevanda

spiritosa ottenuta da vinacce distil late direttamente,

mediante vapore acqueo o con l’aggiunta di acqua o

con l’eventuale aggiunta di feccia in una proporzione

da stabilire, secondo quanto previsto dall’art.15 del

Regolamento.

La denominazione “Acquavite di Vinaccia” può

essere sostituita dal termine “Grappa” soltanto per la

bevanda spiritosa prodotta in Italia.

Come sia nata la Grappa non lo sappiamo con

precisione, è probabile che, nei tempi lontani, qualche

servo abbia imparato a fare ciò che il padrone faceva

con il vino ma distil lando le vinacce; ottenendo una

bevanda rude non certo per palati genti l i.

Un tempo la Grappa era diffusa solo tra i ceti più

umili, oggi è un prodotto di qualità che fa tendenza

nei locali più alla moda.

La storia della Grappa può essere riassunta in tre

punti fondamentali:

1. Dai primordi della distil lazione della vinaccia alla

fine della I guerra mondiale. Nel primo periodo la

sua diffusione è molto limitata, è una bevanda

destinata al consumo familiare e contadino della

gente del Nord. Con l’avvento della I guerra

mondiale milioni di soldati convergono nel

territorio Veneto per far barriera agli austroungarici

e molti di essi imparano a conoscere e apprezzare la

Grappa. È in questo periodo che nasce l’abbinata

grappa-alpino.

2. Dal termine della II guerra mondiale agli anni ’60.

Gli uomini che furono al fronte si portarono

appresso il ricordo della Grappa. Iniziarono ad

174

aumentare le richieste e di conseguenza anche le

distil lerie aumentarono.

3. Dagli anni ’60 ai giorni nostri. I l periodo positivo

continuò fino agli anni ’80, quando si è presentata

la tendenza negativa dei consumi della Grappa e di

tutti i superalcolici. Numerose distil lerie chiusero e

le rimanenti dovettero cambiare il modo di vedere e

produrre la Grappa.

Anche la distil leria da me presa in considerazione –

G.B. Poli- ha subito un’evoluzione nel tempo. Ciò che

andava bene una volta non è detto che vada bene

anche ora. I gusti della clientela sono cambiati, un

tempo si beveva Grappa per riscaldarsi, si potrebbe

anche dire per nutrirsi, oggi si degusta la Grappa per

ricercare sensazioni organolettiche nuove.

La Grappa, per la particolarità della materia prima

da cui deriva, presenta gusti e caratteristiche ben

marcate e tipiche, con intenso aroma di uva e di

fermentazione, presente soprattutto nelle Grappe non

invecchiate. L’aroma di una Grappa è la risultante di

una serie di fattori che partono dal vitigno di

provenienza per finire ad operazioni quali

invecchiamento ed aromatizzazione con piante

officinali. Le Grappe prodotte nel Nord Italia hanno

caratteristiche e gusti diversi a seconda che

provengano dal Nord-Est o dal Nord-Ovest. E’ vero

che si tratta sempre di Grappa, ma le condizioni

climatiche e i diversi vitigni di provenienza ne

influenzano in maniera impressionante l’aroma. Le

Grappe venete, friulane e trentine si presentano come

distil lati più morbidi e aromatici, mentre quelle

piemontesi e lombarde sono più secche e aromatiche

più idonee all’ invecchiamento.

L’ubicazione geografica presenta dei vantaggi da

un punto di vista produttivo in quanto consente un

rapido collegamento con le aree di

approvvigionamento della materia prima. Il motivo

175

principale per cui i l fondatore della distil leria G.B.

Poli la situò in Schiavon, provincia di Vicenza, fu la

comodità con la zona di Breganze, ricca di vigneti.

Tutt’oggi la distil leria G.B. Poli acquista la vinaccia

necessaria alla produzione dei propri distil lati da

cantine private, sociali e piccoli viticoltori i cui

vigneti si trovano in zone D.O.C., situati in provincia

di Vicenza e nelle provincie limitrofe di Treviso e

Padova. È una scelta dettata dalla volontà di conferire

al distil lato una tipicità organolettica derivante dal

territorio di origine della materia prima.

Per quanto riguarda il processo produttivo, può

essere condotto con impianti discontinui oppure con

impianti continui.

La distil lazione discontinua delle vinacce,

consiste nella intermittente alimentazione

dell’alambicco con una quantità prestabilita di

vinaccia (prodotto grezzo) e, nella intermittente

separazione ed estrazione del prodotto: Grappa.

Nella distil lazione discontinua il riscaldamento

può essere effettuato a fuoco diretto, a bagnomaria ed

a vapore, con netta prevalenza degli ultimi due

sistemi, in quanto evitano le bruciature delle vinacce e

il conseguente passaggio di aromi indesiderati nel

distil lato.

Il procedimento di distil lazione continua delle

vinacce consiste in un carico e scarico della vinaccia

dall’alambicco senza mai interrompere il processo

produttivo.

Fino agli anni ’60 il sistema di distil lazione in

Italia era rappresentato dai sistemi discontinui,

successivamente si fece avanti dagli Stati Uniti un

apparecchio in grado di distil lare la vinaccia in modo

continuo. Scoppiò la polemica tra modernisti e

tradizionalisti: i primi sostenevano che distil lando in

continuo si poteva rendere più economica la

produzione della Grappa e quindi favorirne la

176

diffusione anche all’estero, i secondi controbattevano

che era un tradimento della tradizione, era la

negazione di uno dei simboli classici della Grappa e

da più parti si criticava l’alambicco continuo per la

qualità dell’acquavite che originava. Nonostante tutto

l’alambicco prese piede e, oggi, grossa parte della

produzione è ottenuta con questo metodo che dà un

prodotto neutro non adatto alle produzioni di Grappe

pregiate che sono distil late con impianti discontinui.

La distil leria G.B. Poli util izza un alambicco in

rame composto da caldaiette a vapore a ciclo

discontinuo. E’ un alambicco artigianale adatto a

distil lare piccole quantità, ma senza dubbio è quanto

di meglio esista se si considera la qualità del distil lato

che si riesce ad ottenere.

Il processo produttivo, come del resto ogni

produzione industriale ed artigianale, è afflitto da

alcuni problemi relativi allo smaltimento o al

riciclaggio dei sottoprodotti, non scevri da

implicazioni di carattere ecologico.

Il problema principale concerne le acque di

scarico o “borlande”, mentre i vinaccioli vengono

inviati agli oleifici e le bucce essiccate possono essere

util izzate come combustibile, come mangime o ancora

come concime.

L’estrazione dei tartrati rappresenta anch’essa una

util izzazione dei sottoprodotti, ma comporta notevoli

problemi relativamente alle acque di lavorazione,

notevolmente inquinanti e richiedenti pertanto costosi

impianti di depurazione. Nell’ ipotesi che si proceda

alla sola distil lazione, estrazione dei vinaccioli ed

essiccamento delle bucce, il l ivello inquinante delle

acque di scarico è notevolmente ridotto rispetto a

quello in cui vi fosse anche l'estrazione dei tartrati. La

legge vieta lo scarico diretto nelle acque sotterranee e

nel sottosuolo. Tutti gli scarichi devono essere

preventivamente autorizzati e, l ’autorizzazione è

177

valida per quattro anni dal momento del rilascio. I

titolari degli scarichi esistenti devono adeguarsi alla

nuova disciplina entro tre anni dalla data di entrata in

vigore del D.Lg cioè entro il 13 giugno 2002.

Per lo smaltimento dei rif iuti due sono le

opportunità offerte alle distil lerie: la prima, consiste

nel consegnare gli scarichi a consorzi di raccolta e

smaltimento, risulta essere la più seguita, anche dalla

ditta Poli, nonostante comporti alti costi economici

che incidono sul conto economico delle aziende, la

seconda, consiste nello scarico in acque superficiali

nei l imiti indicati dalla legge e dalle norme Regionali

oppure l’allacciamento alla rete fognaria, fermo

restando l’ inderogabil ità dei limiti.

Dopo la distil lazione l’acquavite è sottoposta ad

una serie di operazioni consistenti nella riduzione del

grado alcolico, nella chiarif icazione e nella

fi ltrazione-refrigerazione, per eliminare eventuali

cause di torbidità, nell’eventuale aromatizzazione e

nell’ invecchiamento; quest’ultima lavorazione lascia

notevole spazio all’ inventiva dell’operatore sia per

quanto riguarda il legno da adottare, sia dal punto di

vista del periodo di invecchiamento e dell’uso

alternato di botti più o meno grandi. Risulta quindi

evidente che la preziosità e la particolarità di un

distil lato invecchiato dipendono molto dall’abili tà e

dall’estro del “mastro bottaio”.

La Grappa negli ultimi anni ha rinnovato la sua

immagine, attraverso la diffusione di Grappe di

qualità e prestigio che incontrano i nuovi gusti dei

consumatori e le nuove tendenze in atto nella società.

A questo proposito è molto importante notare che

anche in questo settore sta assumendo sempre più

importanza il marchio come garanzia di qualità,

poiché il consumatore è sempre più attento al nome

che non alle caratteristiche del prodotto. Inoltre si

presta sempre maggiore attenzione al packaging, che,

178

attraverso particolari bottiglie confezionate da famosi

mastri vetrai, da un ulteriore tocco di classe alle già

blasonate acquaviti monovitigno rendendole preziosi

regali da fare e da ricevere ed addirittura pezzi da

collezione.

In questo tentativo di rinnovamento di immagine,

si sta ponendo notevolmente l’accento da parte dei

produttori sulla tutela del prodotto, finora largamente

insufficiente per garantirne la qualità presso il

consumatore.

Il Regolamento CEE 1576/89, riconoscendo la

denominazione “Grappa” alla sola acquavite di

vinaccia prodotta in Italia, le attr ibuisce la “patente”

di distil lato tipicamente italiano.

Ci sono state delle proposte al fine di istituire la

denominazione di origine controllata alla Grappa,

sulla scorta delle esperienze conseguite per i vini ma,

il tutto fu arenato e la Grappa sta ancora aspettando la

sua D.O.C..

È opportuno, a questo punto, spendere due parole

sull 'ANAG (associazione di assaggiatori) fondata nel

1978, con il compito di educare i consumatori e di

premere sui prodotti affinché perseguano la linea di

qualità. Questo organismo, unico nel suo genere in

campo mondiale nel comparto dei distil lati, ha saputo

creare, anche tramite l’ istituzione dell’albo delle

Grappe di qualità e, particolari schede di assaggio

della stessa, uno straordinario movimento di opinione

a favore dell’ intero settore attribuendo a questo

distil lato il simbolo del “made in Italy” di cui andare

giustamente orgogliosi. Si tratta di sfatare quella

ingiusta nomea che è stata data dai salutisti all’alcol.

Un consumo eccessivo di alcol può arrecare danni

sotto il profi lo medico e sociale ma è altrettanto vero

che questi effetti negativi non possono essere

associati ad un consumo normale.

179

L’acquavite di vinaccia sta ritornando di moda e,

soprattutto, sta riconquistando la fiducia dei

consumatori, troppe volte in passato tradita dalla

mancanza di cura nella sua produzione presentata da

vinificatori improvvisatisi distil latori che sfruttavano

le opportunità offerte dall 'util izzo degli scarti del

vino, le vinacce appunto. Ora, invece, i produttori si

stanno muovendo verso una sempre maggiore cura

della qualità del prodotto, attraverso attenti controlli

che tutelino la qualità e la buona fede del

consumatore. Gli sforzi in questa direzione sembrano

dare buoni frutti dato l’ incremento delle esportazioni.