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Universit degli Studi di Torino FACOLT DI PSICOLOGIA
Corso di Laurea quinquennale in Psicologia Vecchio Ordinamento
Tesi di Laurea
Famiglie accoglienti: narrazioni quotidiane nelle esperienze IESA (Inserimento Eterofamiliare Supportato di Adulti sofferenti di disturbi psichici)
Welcome families: daily narrations in IESA experiences (settlement of adults who suffered of phychiatric deseasesin trust families)
Candidato/a Relatore Patrizia Camedda
Luciano Sorrentino
Correlatore Ezio Cristina
Matricola 178433
A. A. 2012 /2013
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INDICE
Ringraziamenti ....3
Introduzione......5 Il primo incontro: articolo pubblicato su La Nuova Periferia.....6
1. Cenni storici sull Affidamento familiare .................................................................... 12 1.1 Le origini....................................................................................................................... 12 1.2 da Ovest ad Est: affidamento familiare nel Paese del Sol Levante ......................... 13 1.3 LAffidamento eterofamiliare in Italia: tra 800 e 900 ........................................... 15 1.4 IESA oggi: definizione ................................................................................................. 19 1.5 IESA in Piemonte: Asl TO3 ........................................................................................ 19 1.6 IESA in Piemonte: Asl TO4, report attivit 2006 - 2010.......................................... 24 1.7 IESA in Piemonte: Asl TO4, i numeri al 21 maggio 2013 ........................................ 28 2. La Famiglia.. ..29 2.1 Che cos la famiglia? Una, dieci, cento definizioni .................................................. 29 2.2 La famiglia un sistema in evoluzione ......................................................................... 31 2.3 Studio della famiglia: lapproccio evolutivo e il ciclo di vita ................................... 33 2.4 Quante forme pu avere una famiglia ....................................................................... 38 2.5 Famiglie e cambiamento.............................................................................................. 41 3. Famiglie Accoglienti..........................43 3.1 Famiglie e rischio ......................................................................................................... 43 3.2 Famiglie che scelgono il rischio............................................................................... 46 3.3 Dai fattori di protezione alle strategie di coping familiare ...................................... 48 3.4 Stigma ........................................................................................................................... 51 3.5 Dallesclusione allinclusione, dallo stigma alla famiglia ......................................... 53 4. La Ricerca 58 4.1 Relazione descrittiva .................................................................................................... 58 4.2 Descrizione strumenti .................................................................................................. 59 4.2.1 Intervista.................................................................................................................... 61 4.2.2 Questionario A: Stigma, i comportamenti del matto............................................. 66 4.2.3 Questionario B: Atteggiamenti della famiglia,10 items estratti da COPE .......... 66 4.3 I Risultati ...................................................................................................................... 68 4.3.1 Le interviste ............................................................................................................... 68 4.3.2 Risultati questionario A: No-stigma........................................................................ 71 4.3.3 Risultati questionario B: Sostegno sociale, atteggiamento positivo, .................... 72 4.4 Conclusioni 74 5 Appendice ........................................................................................................................ 76 5.1 La Ricerca: narrazioni quotidiane, materiale prezioso e ricco ............................... 76 Bibliografia 80 Webgrafia ......................................................................................................................... .83 Allegato 1 Strumenti: struttura intervista.......................................................................... 84 Allegato 2 Strumenti: questionario A ............................................................................... 85 Allegato 3 Strumenti: questionario B ............................................................................... 86 Allegato 4 Strumenti: Il Video. .............................................................................. 86
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Ringraziamenti
Desidero innanzitutto ringraziare i Professori Luciano Sorrentino ed
Ezio Cristina per aver accettato la mia candidatura, si sono trovati davanti
una studentessa inusuale e mi hanno accolta. Ezio Cristina mi ha
indirizzata, sostenuta, dedicandomi tempo e impegno che ho accettato come
dono prezioso. Lo ringrazio per i molti incontri, per le telefonate e le mail che
hanno agito come sprone, per avermi accolto nelle riunioni di staff, per aver
creduto nella dignit del mio lavoro. Ringrazio sentitamente la Dottoressa
Gladys Pace, per le molte ore dedicate alla lettura della tesi, per il supporto
attivo e disponibile, per i suggerimenti professionali, per il percorso
entusiasmante che ho intrapreso avendola al fianco, compagna di viaggio ed
esempio. Ringrazio il Dottor Diego Menchi, il primo ad accogliermi, capace
di smorzare con gentile ironia ogni mio lamento di sconforto quando la
capacit di concentrazione veniva meno e soccombeva sotto il peso di una
routine quotidiana da studentessa attempata. Ringrazio lAssociazione
PsicoPoint.
Un ringraziamento speciale ai miei molti maestri che in questa
Universit mi hanno donato tanto, i Professori Stella, Borgogno, Brustia,
Girard, Amerio, Gasseau, Rossi, Gimignani, Capello, Freilone, Cortese,
Gulotta, Massaglia per citare solo i principali, ancora onorata per averne
potuto apprezzare: metodo, professionalit e cura per la materia e per
linsegnamento.
Ringrazio le famiglie del Progetto IESA dellAsl TO4 che mi hanno
accolta nelle loro case, che mi hanno permesso unesperienza intensa di
arricchimento professionale e umano.
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Ringrazio la mia famiglia, iniziando da mio figlio Matteo che ha dovuto
dividere la sua mamma con i libri e la psicologia fin da subito, nella mia
pancia mentre sostenevo lesame scritto di Analisi dei dati, e per la mia mole
non entravo pi nei banchi. Insieme a lui i miei genitori che mi hanno
sostenuto nel corso di questi lunghi anni, a volte sorridendo, a volte un po
angustiati per questa figlia che non si decideva a chiudere il cerchio e
laurearsi. Mia sorella e mio fratello.
Ringrazio i miei amici pi cari che mi hanno sostenuta e motivata, ed
essendo io fortunata sono molti: Alessandra, Lara, Valentina, Paola, Cinzia,
Elena, Sandro, Claudio, Antonella, Anna, Stella, Cristina, Armando, Palmina,
Donatella, Roberto.
Ringrazio infine Maurizio Vermiglio il mio Direttore, responsabile di
redazione, che mi ha insegnato a coltivare la passione per la scrittura, che mi
ha offerto opportunit e ha sostenuto, negli anni, la mia curiosit, vero
motore per continuare a imparare e a crescere, anche alla mia et.
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Introduzione
Sono venuta in contatto, per ragioni professionali legate alla mia attivit di
giornalista presso un giornale locale dellarea metropolitana di Torino, con il
Servizio IESA gestito sul territorio dellAsl TO4 (ex asl7) per i Comuni di
Settimo Torinese, San Mauro, Volpiano, San Benigno, Chivasso, Gassino dal
2006, dallAssociazione Psicopoint. Si trattato di un incontro decisivo , per
me, sotto molti punti di vista; dalle prime interviste e contatti con gli
operatori scaturito un interesse che sentivo voler approfondire, e tale
interesse mi ha permesso di pensare possibile, dopo moltissimi anni, la
conclusione del mio percorso di studi in Psicologia Clinica tramite
lelaborazione e la stesura della mia tesi di laurea. Ho preso contatti con il
responsabile del Servizio, Prof. Ezio Cristina e gli ho presentato la mia
richiesta di tesi con argomento lInserimento Eterofamiliare Supportato di
Adulti sofferenti di disturbi psichici, candidatura che ho sottoposto al Prof.
Luciano Sorrentino in qualit di Docente di Storia della Psichiatria.
Il presente elaborato nasce quindi da un incontro fortunato ma non fortuito.
Sempre, nei miei anni di collaborazione giornalistica, mi sono avvalsa della
pi grande opportunit derivante dallessere un collaboratore freelance di una
testata locale, ossia poter proporre articoli su temi di mio interesse e che mi
permettessero di approfondire, sul mio territorio di competenza, la
conoscenza con realt, servizi, reti formali e informali, agenzie impegnate in
ambito sociale, sanitario, assistenziale. Informazione intesa come servizio alla
collettivit, segnalando: realt che funzionano e criticit, eccellenze e gravi
carenze. Nacque da quellincontro un servizio giornalistico dedicato al
Progetto IESA.
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Il primo incontro: articolo pubblicato su La Nuova Periferia
La solitudine genera esclusione dalla societ, spesso rappresenta la sofferenza
principale o comunque acuisce le problematiche degli individui gi in
difficolt. IESA una modalit organizzativa e terapeutica per arginare la
solitudine, andando oltre la logica istituzionale che divide ed allontana invece
di connettere.
Parlano della loro esperienza alcune famiglie che hanno aderito al progetto, e
si sono aperte allaccoglienza di un ospite, da Settimo Torinese a
Casalborgone, da San Mauro a Lein, da Lanzo a Cinzano, da Castagneto Po a
Ivrea. Gianna e Carlo: IESA un incontro di persone e si basa sulla
relazione e sullo scambio. Ci si scambia esperienze, emozioni, sofferenze e si
impara tanto. Si cresce anche grazie agli ospiti, al contatto con la fragilit e
la paura perch sono anche un po le nostre. Allinizio abbiamo chiesto
informazioni sul progetto leggendo un annuncio sul giornale, non sapevamo
davvero cosa volesse dire sofferenza psichica. Avevamo tanti dubbi e
perplessit. La nostra esperienza sulla pazzia, proveniva dai film visti,
articoli letti, una conoscenza filtrata dai timori e anche un po dai pregiudizi.
Allinizio del percorso ci si affaccia a questa avventura un pocondizionati da
questi filtri che si rivelano superficiali, abbiamo ad esempio timore
dellaggressivit e della violenza, ma sono visioni parziali e limitanti.
Perch una famiglia aderisce ad un progetto come IESA? Tanti fattori, la
curiosit, il desiderio di aprirsi agli altri e anche la necessit economica,
perch no. Il contributo erogato prezioso per il mantenimento della gestione
economica familiare. Il contributo economico corrisposto dallAsl e
dallospite, in base alle sue disponibilit, in totale di 1000 euro e, in un
periodo di innegabile crisi, diventa sicuramente unentrata preziosa oltre che
una modalit socialmente evoluta di migliorare il bilancio familiare. Gianna e
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Carlo: Noi abbiamo avuto un grande aiuto economico dal progetto, proprio
in un momento difficile.
Quali sono le difficolt di un inserimento? Per noi la difficolt accettare
che non siamo terapeuti o educatori - dice Vittoria, che con suo marito,
accolgono da un anno, in part time, un ospite IESA - Non si pu avere la
presunzione e lobiettivo di cambiare radicalmente la vita di un altro essere
umano, e si deve accettare talvolta qualche frustrazione perch le cose non
vanno esattamente come vogliamo noi, ma possiamo offrire un contesto
migliore, il pi possibile sereno e affettivo, in cui poter essere se stessi.
Questo IESA essere il pi possibile se stessi e permettere agli altri di
esserlo.
Come si va oltre il pregiudizio e come si supera la paura? Risponde una delle
famiglie IESA, loro vivono con il loro ospite da circa 3 anni e di strada
insieme ne hanno fatta. Laura e Franco: Ci si mette in discussione, si impara
ad essere flessibili e a condividere il pi possibile. E necessario mettere tutto
sul tavolo, la quotidianit, i piccoli gesti, tutto ci che va e che non va pu
essere esplicitato, con lospite e anche con lquipe che ci segue passo passo.
Siamo aiutati nel percorso e seguiti sempre. Questo ci rassicura, ad esempio
allinizio temevamo di non riuscire a comunicare in modo semplice con
Sergio e invece poi uno sguardo, un sorriso, unabitudine diventano segnali
importanti per comunicare e condividere. Allinizio com stato aprire le
porte della propria casa ad una persona in difficolt? Si ha paura di
sbagliare e anche di ferire. Si desidera che tutto vada al meglio e si tende ad
accogliere ogni diversit e difficolt, senza farla notare. Poi invece pian
piano con i modi giusti e con laiuto degli psicologi si impara a parlare di
tutti gli aspetti che possono sembrare minimi ma che sono importanti, ad
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esempio il fumo che d fastidio oppure le abitudini alimentari di ciascuno di
noi, si trovano modi di convivere rispettandosi.
IESA un progetto che viene definito arricchente per le famiglie che offrono
ospitalit, in che senso parliamo di ricchezza? La vera ricchezza
nellascolto - dice Marco che, insieme a sua figlia, ospita Stefano da circa 1
anno e mezzo - Ascoltare cosa ha da dire e anche da insegnare. Io sto
imparando da Stefano un modo diverso di fare il mio lavoro, lagricoltore,
perch conosce metodi sui quali ci confrontiamo e questo mi aiuta a
ripensare anche la mia professione. La ricchezza per me - aggiunge Carla -
stata scoprire in Domenico come un figlio ritrovato, scattato qualcosa fin
da subito e adesso sento che ha aggiunto spontaneit e fiducia nei rapporti
allinterno della mia famiglia. La ricchezza invece per Sara e Giorgia :
Ridefinire i confini del concetto di famiglia, cambiare i pensieri sullaltro,
sul diverso, imparare a stare in silenzio, a sorridere davvero, da dentro.
Imparare anche a farsi meno domande e a vivere giorno per giorno con
lentusiasmo delle piccole cose e dei piccoli gesti.
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:J l g li:j D] SETT MO Mrco!Qd 7 Novombro 2012 La Nuova Porfforta
Progetto terapeutico per l'affidamento familiare dei pazienti psichiatrici
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famiglia viene erogato un contributo
economico di lOOOeuro
da pane dell'ospite no, rupandc:151delbetnerecllpazltfte rrntrlhutn l hlbnrln ""-""",.n..!. !.. :.
(iLPEilSONAGGIO Da bambino.dalla Pugliasi trasferito In Brasile, polla scopena del continenteocean"i ';] Joe Caputo, dall'Australia a Settimo grazie a Elena Ruzza
La Nuova Poriloria Mrcolod 7 Novoni>ro 2012 SETTIMO l&
Ecco le testimonianze delle famiglie coinvolte
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........... PROGnll L'associazione ha creato uno sportello gratuito
Psicopoint, punto d'ascolto dal2003
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La tesi si intitola Famiglie accoglienti : narrazioni quotidiane nelle
esperienze IESA. Prima di presentare i capitoli della tesi vorrei brevemente
spiegare le ragioni di questo titolo.
Innanzitutto Famiglie accoglienti, perch credo che questo sia il termine
pi adatto a descrivere la disposizione, latteggiamento, delle famiglie che ho
incontrato, e nello stesso tempo il termine che indica la modalit che il
patto di Inserimento sollecita, e verso il quale il Servizio di presa in carico
delladulto sofferente tende, nel percorso che : di cura, di reinserimento
sociale e di superamento dello stigma. Le narrazioni quotidiane sono state
lo strumento che mi ha permesso di entrare in contatto, in situazione di
ascolto, di queste famiglie e di questa realt. Innegabilmente sono state anche
la modalit personale con cui ho realizzato questo elaborato.
Il primo capitolo, pertanto, rintraccia le origini storiche dellInserimento
familiare e restituisce una fotografia dellInserimento attuale, nelle realt
geografiche a me pi vicine, il mio territorio, virtuoso, pi prossimo. Il
secondo capitolo si focalizza invece sulla famiglia, che rappresenta il focus
dellattenzione, il soggetto che ho incontrato, la mia area di indagine. Il terzo
capitolo si occupa di analizzare il funzionamento della famiglia, le sue risorse,
la sua capacit di trasformazione e di farsi agente di tutela, di facilitazione
sociale, di potente antidoto allo stigma. Nel quarto capitolo viene presentata la
Ricerca.
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Capitolo 1
Poi ci rassicuravano dicendo che noi eravamo in un ambiente sicuro, il
migliore che potessimo trovare.
(E. Di Rienzo, C. De Figueiredo, Anni senza vita al Cottolengo)
1. Cenni storici sull Affidamento familiare
1.1 Le origini
Da una di queste storie scopriamo le origini dello IESA, nel XIII secolo d.C.,
presso Geel in Belgio. Scritta nel 1250, la leggenda di Dymphna, narra di una
fanciulla sfuggita alle attenzioni incestuose del padre, Re dIrlanda, e
rifugiatasi nella cappella di S.Martino apostolo dei Galli in Geel. Il padre,
reso folle da una brama damore e di possesso, che rivedeva nella giovane
figlia, la moglie defunta, la raggiunse nel suo rifugio e la decapit. La
sfortunata giovane venne sepolta nella cittadina belga e presto si instaur il
culto della martire miracolosa. Uccisa dalla follia divenne il canale divino e
provvidenziale per guarirne. Alcuni racconti che si perdono tra leggenda e
devozione narrano che la martire apparve ad alcuni sfortunati che da quella
benevola visione ritrovarono salute; altre storie raccontano di preghiere a lei
dedicate per trovar sollievo dalla follia, mentre altre ancora raccontano di
guarigioni miracolose. Inizi cos un pellegrinaggio di fedeli e credenti che
port alla riorganizzazione anche urbanistica della citt. Nel 1286 fu costruita
una pensione per lassistenza dei malati che accorrevano da tutta la Regione,
nel 1349 inizi la costruzione di una nuova cappella di S.Dymphna e circa un
secolo dopo fu allestita presso la cappella una camera per ospitare ossessi e
folli giunti in pellegrinaggio. I folli, e i loro familiari, giunti a Geel, dopo il
primo periodo di permanenza e preghiera, si suddividevano in due gruppi, i
risanati che potevano tornare a casa e gli altri, che continuavano ad alloggiare
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nelle vicinanze della chiesa o ospitati presso le famiglie del luogo dietro
piccolo compenso. Per secoli, arrivando fino ai giorni nostri, persone
sofferenti di disturbi psichici sono giunti a Geel trovando sistemazione presso
le famiglie. Attualmente, come descrive nella sua disamina storica
sullaffidamento familiare Aluffi (2001), la regione belga di Geel pu vantare
secoli di tradizione e riconoscimento, linserimento della pratica nella
normativa statale, la sua istituzionalizzazione nel senso pi ampio e positivo
del termine. Una regolamentazione flessibile e coerente che ne riconosce
valore e fondamento, di una pratica insieme terapeutica e gestionale
caratterizzante e soprattutto con esiti positivi nel trattamento e presa in carico
della sofferenza tramite laccoglienza. Alla famiglia viene richiesto:
alloggiamento, vitto, contatti affettivi, attenzione, controllo, incoraggiamento
alla risocializzazione, stimolazione del mantenimento delle cure terapeutiche,
controllo della cura generale della persona Le famiglie affidatarie
operano senza ricevere alcun addestramento formale, si basano quindi sulle
loro attitudini terapeutiche tradizionali, al fine di integrare la persona
accolta nella vita quotidiana. Dagli studi effettuati emerso come le persone
curate a Geel sviluppino dei legami relazionali forti sia con le famiglie
curanti, sia con lambiente esterno e presentino frequentemente la scomparsa
dei sintomi bizzarri (Aluffi G., 2001).
1.2 da Ovest ad Est: affidamento familiare nel Paese del Sol Levante
Un sottile filo conduttore unisce estremi lontani, il Belgio del XIII secolo e il
Giappone del XI secolo, contesti storici, culturali, economici e sociali non
potrebbero essere pi differenti, non di meno luoghi sacri e curativi e prassi di
accoglienza conducono a similitudini sorprendenti per quanto inaspettate.
Cos come in occidente, anche in estremo oriente altre storie ufficiali si
raccordano con tradizioni orali e leggende, nel descrivere unesperienza
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incentrata sulla speranza e sulla fede in miracolose guarigioni dalla sofferenza
mentale tramite laccoglienza in seno alla famiglia. La storia di Iwakura ,
piccola cittadina alle porte di Kioto in Giappone rientra nel nostro racconto
storico delle origine dellinserimento eterofamiliare di disabili psichici. La
leggenda narra che tra il 1068 e il 1072 la figlia dellImperatore Gosanjo
inizi a soffrire di strani disturbi: non curava pi la sua persona, si ritir da
ogni relazione con le altre persone e inizi ad avere disturbi del linguaggio
producendo frasi senza senso. Le incessanti preghiere dellimperatore per
ritrovare la salute della figlia furono esaudite quando gli apparve in sogno
Budda che indic al padre provato le acque miracolose del tempio di Iwakura
quale rimedio per i mali della principessa. Presso il tempio venne fatta
costruire una camera di meditazione per la giovane donna che si sottopose a
bevute di acqua sacra, dopo un breve soggiorno, ormai risanata la
principessa pot fare ritorno a casa. La notizia della guarigione si propag per
lImpero e sempre pi pellegrini e sofferenti arrivano a Iwakura per trovare
sollievo e cura (Aluffi G., 2001). Come di frequente accade, anche questa
leggenda si innesta su una pi antica (Gozio C., 2002), nella quale si narra che
nel 985 lacqua della sorgente del villaggio di Iawakura, presso la quale
sorgeva il tempio, guar limperatore Reizei che aveva presentato i sintomi di
quella che oggi probabilmente verrebbe diagnostica come una grave
depressione. Era quindi gi diffusa in Giappone la leggenda del potere
terapeutico dellacqua ed era gi meta di pellegrinaggio di malati e sofferenti
provenienti da ogni angolo dellImpero, che cercavano nellacqua santa
sollievo per le loro sofferenze fisiche e mentali. Il luogo arriv a godere di
riconosciuta stima e sacralit tanto che la moglie dellimperatore Reizei, la
regina Masako, profondamente colpita dalla improvvisa guarigione del marito
e della risonanza che tale evento richiam, chiese di essere incenerita alla sua
morte vicino al tempio e la sua tomba tuttora visibile al lato ovest del
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tempio. Memore di questi prodigi, quasi centanni dopo, nel 1072,
lImperatore Gosanjo si affid e accolse la visione del Budda in sogno che gli
indicava la citt di Iwakura e la sua acqua miracolosa, come medicina per
curare lamata figlia. Per molti secoli, dopo questi eventi portentosi, periodi di
guerre civili e lotte per il potere imperiale misero fine al pellegrinaggio, sino
al 1640 quando non solo lacqua santa del tempio ma anche una vicina
cascata ridivennero meta di pellegrinaggio per malati mentali e oftalmologici.
Fu ad iniziare da quegli anni che alcuni malati mentali iniziarono a fermarsi,
per curarsi e pregare, in case alloggio chiamate Chaya, che ospitavano da 5 a
10 persone. Nel programma riabilitativo di una Chaya era previsto non solo
la idroterapia e la preghiera ma gli ospiti svolgevano attivit quotidiane di
lavoro, ginnastica e partecipavano ad escursioni. Tra il 1796 e il 1882, in
quello che rappresenta il periodo pi florido nellutilizzo delle case alloggio,
il numero delle Chaya arriv ad essere di una decina, edificate tutte intorno al
tempio di Daiuji. Nel 1865 in prossimit del tempio di Nanzenji fu fondato il
primo ospedale psichiatrico in Kyoto. Si struttur quella che oggi
definiremmo una moderna organizzazione psichiatrica: una clinica per le
terapie mediche e una rete territoriale e residenziale ad impronta riabilitativa.
Successivamente, tale impostazione venne soppiantata dallimpostazione
manicomiale e le Chaya dovettero chiudere, anche per motivi finanziari ma,
soprattutto, per una visione culturale segregante e in-naturale. And perduta la
secolare impostazione sanante della cura residenziale, in piccoli nuclei, in
luoghi naturali poco antropomorfizzati e flessibili. Il quotidiano con le sue
abitudini, piccole incombenze, attivit, in area sacra, trasudante storia e
speranza, venne sostituito dai muri di recinzione e dai luoghi
dellestraniamento. I sofferenti vennero espulsi, come corpo estraneo, e
rinchiusi.
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1.3 LAffidamento eterofamiliare in Italia: tra 800 e 900
Riconoscendo allaffidamento familiare inizi lontani almeno un millennio, per
lo meno per quanto attiene a origini desunte da fonti storiche documentabili,
operiamo un poderoso salto nel tempo per avvicinarci alla contemporaneit e
centrare il focus sulle esperienze recenti e recentissime di accoglienza in
famiglia per i folli, ripercorrendo lultimo secolo, il millennio appena
concluso, che ha mostrato anche lorrore e lerrore pi ottuso nel non-
trattamento di essi.
Era gi prevista nella legislazione psichiatrica di inizio 900 la possibilit di
accogliere in seno a una famiglia un alienato. La tranquillit sociale era
lobiettivo verso cui tendeva una societ sana, profondamente religiosa e di
buoni principi. Frequentemente, i reclusi nelle istituzioni manicomiali erano
soggetti che vivevano la loro vita al di fuori di questo schema di riferimento,
fuori dalle regole sancite e rese normative e dominanti dalla cultura e dalla
societ. Lo stigma di alienato portava con s una connotazione
colpevolizzante e di giudizio morale, egli era considerato un potenziale
delinquente, un individuo colpito da un male inguaribile, aberrante, mostruoso
e disumano, perci doveva essere isolato dalla societ civile, per permettere a
questultima di mantenere il proprio equilibrio e sanit. Lalienato non era un
malato, la cui patologia necessitava di cure e prevenzione, ma piuttosto un
criminale, un individuo pericoloso per s e per gli altri (Stanzani D.,
Stendardo V., 2001).
Fin dallincipit del primo articolo della legge n. 36 del 1904 emerge
chiaramente che la finalit della legge manicomiale garantire si la
sopravvivenza dellalienato, ma soprattutto la difesa della societ. Debbono
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essere custodite e curate nei manicomi le persone affette per qualunque causa
da alienazione mentale, quando siano pericolose a s o agli altri e riescano
di pubblico scandalo. La preoccupazione del legislatore per lincolumit
della societ, vista come soggetto collettivo da proteggere e difendere dalla
pericolosit degli alienati, percorre tutta la normativa. Lammissione in
manicomio poteva essere richiesta oltre che da parenti e tutori, da chiunque
nellinteresse degli infermi e della societ. Il malato doveva essere internato
poich pericoloso per s stesso e per gli altri, inoltre era fonte di pubblico
scandalo. Essa era di fatto una legge sullordine pubblico che aveva come
nucleo fondativo il bisogno della societ di essere protetta dai malati di mente
e che per esplicarlo non esitava a subordinare la cura alla custodia. Viene
riportato ai commi secondo e terzo del gi citato articolo 1 della Legge
36/1904 la possibilit di affidamento Pu essere consentita dal tribunale,
sulla richiesta del Procuratore del Re, la cura in una casa privata, e in tal
caso la persona che le riceve e il medico che le cura assumono tutti gli
obblighi imposti dal regolamento. Il direttore di un manicomio pu sotto la
sua responsabilit autorizzare la cura di un alienato in una casa privata, ma
deve darne immediatamente notizia al procuratore del re e all'autorit di
pubblica sicurezza. Se di fatto la cura in casa privata come alternativa
allistituzionalizzazione era consentita, grande rilievo viene posto nel ruolo e
autorit assunta dalla pubblica sicurezza e sulla conseguente responsabilit
che si assume il direttore del manicomio nel consentirlo. Perch dunque
ricorrervi? Lesigenza nasceva dalla situazione drammatica in cui versano le
istituzioni manicomiali in quegli anni, contenitori stracolmi delle pi svariate
disperazioni e di ricoverati non-normali, secondo le definizioni e gli standard
rigidi, della societ civile di allora, coniugati ai costi di funzionamento a
carico delle provincie divenuti, con il sovraffollamento, vieppi insostenibili.
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Cinque anni dopo la promulgazione della Legge 36/1904 che accennava una
prima sistematizzazione della psichiatria italiana dellepoca, nel 1909, firmato
dal Re Vittorio Emanuele III e da Giolitti veniva emanato il Decreto Reale
615 che regolament in materia di alienati e manicomi, decretando anche la
disciplina dellaffidamento/inserimento eterofamiliare.
CAPO I. MANICOMI PUBBLICI E PRIVATI ED ALTRI LUOGHI DI CURA E DI RICOVERO DEGLI ALIENATI
ART. 1. Fanno parte integrante dei manicomi le colonie agricole o familiari da essi dipendenti. Le colonie agricole o familiari autonome, cio non dipendenti da manicomi, sono considerate, agli effetti della legge, come manicomi.
ART. 2.
Sono comprese sotto la denominazione di case private, di cui al 2/a e 3/a comma dell'art. 1 della legge, tutte quelle case private, esclusa la casa propria dell'alienato o della sua famiglia, che, senza essere organizzate a stabilimento, ricevano uno o due alienati, a norma degli articoli 13, 14 e 15 del presente regolamento.
ART. 13.
Non pu essere autorizzata la cura in una casa privata che per uno o due alienati.
ART. 14.
Perch possa essere autorizzata la cura in una casa privata, che non sia la casa propria dell'alienato o della sua famiglia, occorre che sia dimostrata: a) la salubrit della casa e la sua capacit a ricevervi convenientemente l'alienato, e l'adatta disposizione degli ambienti;
b) la sua ubicazione, che deve essere fuori dei centri abitati, ad avere possibilmente una sufficiente estensione di terreno annesso;
c) la possibilit che l'alienato sia adibito a qualche lavoro preferibilmente agricolo;
d) la composizione della famiglia ed i lavori in cui essa occupata, in maniera che si scorga se lo alienato possa avere la dovuta cura ed assistenza e sia eliminata ogni probabilit di pericolo per lo alienato o per altri, e di pubblico scandalo;
e) la buona condotta e la moralit dei componenti la famiglia;
f) l'assistenza medica assicurata, con l'indicazione del sanitario che assumerebbe la cura dell'alienato.
ART. 15.
Chiunque intenda ottenere l'autorizzazione per la cura di alienati estranei nella propria casa, deve farne domanda al prefetto.Il prefetto, assunte le debite informazioni, e compiute all'occorrenza le opportune verifiche, se riconosce che la domanda meriti di essere accolta, la fa iscrivere in apposito elenco del quale d partecipazione al procuratore del re della circoscrizione in cui ha sede il manicomio e al direttore di questo ultimo
Estratto da Decreto Reale n. 615 1909
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1.4 IESA oggi: definizione
Useremo come definizione dello IESA, quanto riporta il Professor Aluffi
(2001) in quanto vi ravvisiamo sinteticit e insieme completezza.
LInserimento Eterofamiliare Supportato di Adulti sofferenti di disturbi
psichici consiste nellintegrazione di una persona in difficolt presso una
famiglia che non la sua originaria. In cambio dellospitalit offerta, la
famiglia riceve un sussidio mensile e viene regolamentata e
professionalmente assistita dagli operatori dellequipe preposta. Dalla
definizione ricaviamo il numero e la sostanza degli attori coinvolti nella
relazione: la persona in difficolt, la famiglia che ospita e lequipe
professionale che regolamenta e supporta.
1.5 IESA in Piemonte: Asl TO3
Limitare il pi possibile i ricoveri ospedalieri, costruire alternative
residenziali, agire terapeuticamente in contesti che richiamino il pi possibile
lambiente di provenienza dei pazienti, questi, in sintesi, gli assunti fondanti
della riforma psichiatrica italiana. Per raggiungere questi obiettivi
fondamentale lintegrazione di tutte quelle forze e presidi terapeutici di cui
dispone la moderna psichiatria. Linserimento eterofamiliare supportato una
delle possibili alternative alla residenzialit sanitaria. Secondo Aluffi, del
dipartimento di salute mentale dellAsl TO3 (ex asl5) tale opzione alternativa
presenta indubbi vantaggi etici, terapeutici ed economici e, inoltre,
contribuisce in modo sostanziale alla riduzione dello stigma relativamente al
disagio mentale, obiettivo considerato primario sia dallOrganizzazione
Mondiale della Sanit sia, soprattutto, dalla Societ Mondiale della
Psichiatria. Lesperienza pilota a livello nazionale ed internazionale, attivata
sin dal 1998 presso il Dipartimento di Salute Mentale dellAsl To3, realizza
19
inserimenti eterofamiliari a partire da un contesto assai differente dal resto
degli altri paesi. Mentre in altri paesi sono le cliniche e gli ospedali
psichiatrici a gestire lattivit nellesperienza che descriviamo, nel nostro
contesto una agenzia del Dipartimento di Salute Mentale a farsi carico
dellorganizzazione e delloperativit del servizio rendendola di fatto
differente e peculiare, un modello da conoscere ed esportare.
Nel Servizio in esame sono previste quattro tipologie di inserimento che
variano in ragione della durata media dello stesso e delle esigenze dellospite:
part-time, breve termine, medio termine, lungo termine. A normare lattivit
sono le dettagliate linee guida e il contratto che viene approvato e sottoscritto
allinizio del periodo di prova di convivenza dai tre soggetti coinvolti:
lospite, la famiglia ospitante, lazienda sanitaria locale. Alla famiglia
affidataria viene corrisposto mensilmente dallospite un contributo di circa
1.000 euro a titolo di rimborso spese. Qualora lospite non ha nelle sue
disponibilit lintera cifra lAsl che se ne fa carico. Lequipe del Servizio
IESA costituita da un coordinatore e da operatori, in numero proporzionato
al numero di inserimenti seguiti, in un rapporto di 1 a 10.
Gli operatori IESA, che hanno preferibilmente una formazione in psicologia e
psicoterapia, acquisiscono una preparazione specifica relativamente
allutilizzo di modalit riabilitative alternative a soluzioni istituzionali ed
extraistituzionali, allimportanza del lavoro con la comunit locale, sulle
dinamiche familiari. Acquisiscono inoltre formazione specifica atta a
sviluppare ed attivare nodi della rete territoriale per i processi di salute,
consolidare linterazione con le figure professionali del territorio e con la
cittadinanza. (Dipartimento Salute Mentale, Treviso, 2002) Il gruppo pi
vasto, che gravita intorno al Servizio, costituito oltre che dagli operatori
anche da tirocinanti laureati in psicologia e specializzandi in psicologia
20
clinica, coinvolti in un percorso formativo. Per tutto il periodo della
convivenza, dellospite con la famiglia affidataria, tutte le figure professionali
ambulatoriali (psichiatri, infermieri, educatori, tecnici della riabilitazione,
psicologi, assistenti sociali) che avevano in carico il paziente prima
dellinserimento, continuano a seguire il paziente occupandosi anche della
famiglia. Loperatore IESA interviene con un delicato intervento di
supervisione delle dinamiche relazionali che via via si generano e consolidano
tra ospite e famiglia mantenendo nello stesso tempo un intervento di sostegno
individuale. Nelle parole del Prof.Aluffi (comunicazione del 17 agosto 2006)
la descrizione della valenza terapeutica e socioriabilitativa dellinserimento
eterofamiliare: Lelemento centrale di questa articolata costellazione
rappresentato dalla famiglia: vero e proprio spazio protetto, di vita,
esperienza e di crescita, allinterno del sempre pi complesso scenario
sociale. Attraverso laccoglienza in famiglia, con le sue dinamiche relazionali
e le sue possibili figure di identificazione e di attaccamento, hanno luogo
quellintegrazione e quella possibilit di sviluppo e di riscatto che rendono
possibile allospite il recupero di un ruolo ed una identit nuovi. Lospite va
incontro a una ridefinizione di ruolo e identit: da ex-paziente, ex-degente di
comunit o clinica, a cittadino con un proprio spazio privato. Il proprio nome
sul campanello e sulla buca delle lettere, un contesto ambientale con le sue
persone di riferimento sane e finalmente non pi in via esclusiva
rappresentate da professionisti della psichiatria, gamma di relazioni che si
ampliano, da quelle asimmetriche con gli operatori del Servizio a quelle
quotidiane della nuova famiglia che accoglie. Lospite arriva a sperimentare
una sua auto-identificazione in un ruolo sano, socialmente riconosciuto.
Lambiente eterofamiliare diventa il luogo-contenitore facilitante in cui si
coniugano diversi e positivi processi, per lospite ci si sostanzia in una
riconquista di libert e diritti insieme a una crescita psicologica, sul versante
21
emotivo e dei vissuti e su quello comportamentale. Dal punto di vista tecnico
e organizzativo competenza del Servizio essere di supporto vigile e di
mediazione che si attua attraverso le visite domiciliari periodiche
delloperatore, mediamente una visita ogni quindici giorni, calibrate con
frequenze intensificate se la specifica convivenza lo richiede, e attraverso la
reperibilit telefonica di 24 ore su 24. Vengono, inoltre, attivate dallquipe le
risorse sociali ed individuali che in ottica di favorire la crescita dellospite:
inserimenti lavorativi, partecipazione a programmi di formazione, attivit nel
tempo libero, contatti con associazioni, gruppi auto-mutuo aiuto, che hanno
come finalit lempowerment. Il periodo dellaffido costruito per non
operare cesure artificiale, e/o indotte, con la realt di provenienza dellospite,
cos anche durante la convivenza lutente pu continuare a frequentare i
servizi del dipartimento quali il Centro di salute mentale, le Strutture
semiresidenziali, il Centro Diurno, e tutte queste agenzie lavorano in sinergia
con il coordinatore e gli operatori IESA. E se lambiente familiare,
selezionato e abilitato allaffido, aperto, flessibile, accogliente e riesce a
dispensare calore e affettivit, non di meno la famiglia di origine, se presente,
non viene a priori esclusa dal progetto terapeutico, anzi essa riceve cura e
attenzione affinch non costituisca un ostacolo allesperienza e, soprattutto,
possa rappresentare una risorsa aggiuntiva, attivabile e alleata. La peculiarit
dello IESA che lo distingue da altre soluzioni residenziali psichiatriche
riferita, innanzitutto, alla migliore qualit di vita offerta: difatti, si possono
riscontrare risultati che sottolineano da un lato miglioramenti nei
comportamenti maladattativi, minor frequenza, minor intensit, dallaltro
maggiori capacit relazionali dellutente che ha beneficiato di un inserimento
eterofamiliare. Lo IESA frequentemente rappresenta una soluzione transitoria,
una area di mezzo, nel passaggio da residenzialit istituzionalizzata a
residenzialit assistita ma non professionale, a residenzialit non protetta. Le
22
conquiste ottenute nella terapia anche farmacologica, buon monitoraggio e la
relativa riduzione dei dosaggi degli psicofarmaci, che portano al
miglioramento della sintomatologia e delle ricadute, favoriscono in modo
sostanziale, un buon livello di integrazione tra persone afflitte da disturbi
psichici e societ, in ultima analisi, una riduzione di stigma e pregiudizio. Dal
1999 al 2006, che rappresentano i primi 8 anni dellattivit, sono stati avviati
43 progetti. Le famiglie contattate sono state circa 2500 e di queste 156
famiglie sono state sottoposte a selezione da cui scaturito un elenco di 72
famiglie abilitate al ruolo di potenziali ospitanti. Dagli psichiatri ambulatoriali
sono stati inviati come candidati allinserimento 35 potenziali ospiti, 30 di
essi in possesso dei requisiti richiesti (sono stati esclusi dalla partecipazione
allinserimento pazienti dediti alluso di sostanze stupefacenti e soggetti
allagito violento) sono stati abilitati. Il Servizio ha anche proceduto ad
avviare ricerche sulle ricadute successive al programma di inserimento IESA;
le prime risultanze, positive e incoraggianti, fanno ragionevolmente registrare
che attraverso lo IESA si ottiene una significativa riduzione del tasso di
ricoveri su base annua e un altrettanto significativa, anche se pi lieve,
riduzione delle dosi di psicofarmaci (ansiolitici e neurolettici) assunti dagli
ospiti gi nei primi 12 mesi di inserimento in famiglia (Aluffi, 2006). Dalle
parole di operatori IESA in una relazione presentata al II Convegno Nazionale
sullInserimento Eterofamiliare Assistito di persone con disturbi psichici
(2001), ravvisiamo il nucleo pulsante dellesperienza: favorita dal servizio si
sviluppa, allinterno della nuova convivenza, uno stato di benessere. Ed uno
stato di benessere diffuso, giova di esso lospite cos come la famiglia
ospitante e anche loperatore professionale. E un benessere che si sostanzia
nel sentirsi a proprio agio nella quotidianit, impegnandosi, coltivando
progetti, personali per lospite, di gruppo quando essi sono riferiti al gruppo
famiglia nel suo complesso, e al gruppo allargato famiglia, ospite ed equipe;
23
coltivando relazioni sociali e rapporti significativi. Lequipe che raccoglie
attraverso la restituzione dalla famiglia e dallospite rimandi e racconti di
vissuti di soddisfazione e impegno nei confronti del progetto, risulta
gratificata, motivata, soprattutto operando raffronti con i risultati di altre
modalit alternative presenti sul territorio. E se lequipe pu rilevare
nellaffidato una ripresa della vita personale, sociale e di coscienza emotiva,
lospite che descrive il suo vissuto trasformato, non pi paziente psichiatrico
ma parte integrante della famiglia che lha accolto. La famiglia ospitante non
uno sfondo di contesto, non neanche ambiente inteso come scenografia
facilitante, parte in causa che accoglie lassunzione di impegno e ne ricava
piacere e motivazione nel proseguire lesperienza.
1.6 IESA in Piemonte: Asl TO4, report attivit 2006 - 2010
Nel giugno 2006, in seguito alla Delibera n 431 del 1/06/2006, ha preso
avvio il servizio IESA. (Inserimento Etero-familiare Supportato di Adulti
sofferenti di disturbi psichici) allinterno del Dipartimento di Salute Mentale
dellAsl TO4. In un ottica di integrazione e collaborazione virtuosa tra
servizio pubblico e privato sociale stata coinvolta nellorganizzazione e
gestione dello IESA lAssociazione di Promozione Sociale Psicopoint di
Settimo Torinese. Nei primi due anni di vita del progetto gli operatori erano
solamente tre, a cui si sono aggiunti altri due operatori, arrivando a costituire
nel 2010 una pianta organica stabile dellequipe IESA formata da tre
psicologi, uninfermiera e un medico. Compiti dellequipe sono
principalmente: la ricerca, selezione ed abilitazione delle famiglie;
lindividuazione dei pazienti eligibili ad inserimento; linterfaccia con i CSM, i
Consorzi dei Servizi Sociali e le altre Agenzie di cura del territorio;
24
linterfaccia con il territorio (cooperative, associazioni, parrocchie, ecc.); il
monitoraggio dellaffidamento; lideazione e produzione di materiale a
supporto delliniziativa ed in generale di una campagna antistigma.
In avvio di progetto, tra il 2006 e il 2007 stata intrapresa in primis la ricerca
di famiglie sul territorio di competenza dellAsl TO4 , ricerca che si
sostanziata in due campagne di marketing sociale caratterizzate dalle
seguenti azioni: pubblicazione di annunci a pagamento su due testate
giornalistiche a diffusione provinciale nella sezione dellassistenza alla
persona; 15 articoli su quotidiani a diffusione locale; tre conferenze stampa;
incontri, strutturati, con associazioni di volontariato, parroci, enti locali,
attraverso i quali si realizzata informazione mirata e di dettaglio unitamente
alla diffusione complessiva di circa 1700 brochure informative.
Sono stati realizzati infine dodici incontri per far conoscere il progetto IESA
nelle varie comunit e gruppi appartamento che collaborano con i CSM di
Settimo, S. Mauro e Chivasso, e presso i CSM stessi.
Tale presentazione, poderosa in termini sia qualitativi che quantitativi, ha
permesso di realizzare contatti e relazioni che hanno dato esito fruttuoso; il
Servizio IESA ha ricevuto 465 telefonate di contatto da parte di famiglie;
sono stati fissati 58 primi appuntamenti che hanno portato alla selezione di
ben 35 famiglie, 22 delle quali sono state abilitate come famiglie con cui poter
realizzare un affido. La percentuale fra contatti grezzi ed abilitazione delle
famiglie, che nel caso in esame si attesta intorno al 5 %, lo pone in linea (nella
fascia alta) con le statistiche elaborate in Italia da chi si occupa di marketing
sociale ed in particolare di IESA.
25
Le ventidue famiglie abilitate dal Servizio IESA Asl TO4 - Psicopoint sono
andate a costituire la cosiddetta banca famiglie, linsieme delle famiglie
affidatarie in attesa di poter accogliere un paziente.
Ovviamente si rivelato compito pi complesso e faticoso per gli operatori
IESA, costruire, parallelamente alla banca famiglie, la banca pazienti,
linsieme cio di quei pazienti interessati e ritenuti idonei dai curanti ad
intraprendere un percorso di affido familiare. La ricerca si svolta stimolando
e ricevendo indicazioni dai colleghi operanti nei CSM del Dipartimento di
Salute Mentale dellAsl TO4. Le segnalazioni sono state fatte
prevalentemente dai medici. Le risultanze di tale attivit sono state le
seguenti: 22 pazienti indicati dal Servizio, 10 dei quali sono stati in seguito
rivalutati negativamente dallequipe proponente e preclusi al percorso, 2
pazienti hanno opposto rifiuto al percorso, per 1 di essi il progetto stato
fortemente ostacolato dalla famiglia dorigine, 1 paziente stato valutato non
idoneo dallequipe IESA, e infine per 1 paziente, inviato da un Ser.T. doveva
essere ancora completata la fase di valutazione. Al termine del processo di
analisi e valutazione 7 pazienti in totale dei 22 indicati entravano a tutti gli
effetti nella banca pazienti.
26
Per ognuno di essi veniva attivato linserimento IESA, di cui si presenta
tabella riassuntiva (in Cristina E., Menchi D., Cervini L., Chiappino A.,
2011, Lesperienza IESA nellAsl TO4: luci, ombre e prospettive ).
Area Diagnostica
Tipologia IESA
Durata Esito a oggi ( 31 Dicembre 2010)
Disturbi dellumore
Full-time 22 giorni
Terminato. (Drop out del paziente che ha chiesto di interrompere);
Psicosi Part-time 2 anni 8 mesi
Attivo
Psicosi Full-time 2 mesi 9 giorni
Terminato. (Drop out della famiglia affidataria) la malattia sopraggiunta di un familiare ha reso insostenibile il clima per il paziente.
Disturbo della personalit
Full-time 6 mesi 15giorni
Terminato. (Percorso concluso a fine contratto in accordo tra paziente, curante ed equipe IESA)
Psicosi Part-time 1 anno 6 mesi
Attivo. Part-time atipico con progetto modificato alcune volte per conservare il buon rapporto fra un membro della famiglia ed il paziente.
Disturbo della personalit
Full-time 1 mese 2 giorni
Terminato. Drop-out del paziente a pochi giorni dalla conclusione dellaffido
Disturbi dellumore
Full-time 7 mesi Attivo
Un primo report dellattivit IESA nel DSM dellASL TO4 nel periodo 2006
2010 conclude ricostruendo lesperienza come travagliata, spesso frustrante
ma anche arricchente per tutti i soggetti in gioco: lequipe IESA, i pazienti, le
famiglie e persino gli operatori del DSM che in alcuni momenti, sono stati
coinvolti in un processo nuovo dagli esiti imprevisti. Lo IESA si presenta
quindi come un progetto, di sicuro non semplice ma sempre potenzialmente
arricchente, uno strumento che si riveler sempre pi vantaggioso, in termini
di qualit della vita dei pazienti, se sostenuto con tenacia prendendo atto dei
limiti, delle varie responsabilit delle parti in causa e del contesto pi ampio
in cui si realizza.
Da un primo bilancio dellesperienza, lequipe IESA trae indicazioni sullo
sviluppo futuro del progetto: Rendere ancora pi flessibile lo strumento,
adattandolo alle esigenze che i CSM portano come prioritarie ma anche
27
continuare a proporre ai colleghi delle alternative sul campo che rendano il
loro gi faticoso lavoro pi efficace e soddisfacente; unitamente a preziosi
feedback su quanto costruito.
I risultati attesi si sono concretizzati, sono stati rilevati oltre allincremento
dei livelli di autonomia, relazionali, e di qualit della vita del paziente, la
riduzione della sintomatologia psicopatologica, delle ricadute, dei dosaggi
psicofarmacologici e pi in generale una riduzione dello stigma e del
pregiudizio correlati alla malattia. Le famiglie che ospitano o hanno ospitato
pazienti riferiscono spesso di un arricchimento emozionale e relazionale. A
tali risultati, invero incoraggianti e motivanti, si coniugano e riconoscono i
limiti gi rendicontati in letteratura e rilevati anche in questa esperienza: i
drop out, fallimenti dei progetti di affido, rappresentano quasi il 50% degli
inserimenti IESA. Si pu ipotizzare che ci avvenga per svariati motivi,
alcuni dei quali si possono sintetizzare nei seguenti : un errato abbinamento
paziente-famiglia, difficolt emergenti nel paziente stesso, fattori culturali e
collegati al sistema di cura.
1.7 IESA in Piemonte: Asl TO4, i numeri al 21 maggio 2013
La fotografia ad oggi, del data base delle famiglie la seguente: 30 famiglie
abilitate per il progetto e che attendono l Inserimento; 16 famiglie uscite dal
progetto volontariamente senza che si sia attuato lInserimento, per mutate
condizioni (non si ha pi a disposizione la camera per lospite perch si
accudisce un anziano genitore, impiego da part-time modificato in full time e
quindi minor disponibilit di tempo ecc); 2 famiglie non pi disponibili; 5
famiglie escluse dopo la valutazione da parte del Servizio IESA.
28
Per quanto riguarda gli ospiti, una maggior efficacia nella comunicazione tra
Servizio IESA e medici invianti, ha prodotto un aumento delle segnalazioni di
persone idonee allesperienza di inserimento. Il data base dei pazienti si
sostanzia in 35 persone di cui 16 risultano attualmente inseriti in famiglia.
29
Capitolo 2
Il gruppo definito da un senso di noit e di appartenenza (Scabini E., Psicologia dei legami familiari)
Famiglia
2.1 Che cos la famiglia? Una, dieci, cento definizioni
La famiglia per molti sociologi un fatto naturale e universale che si esplica
in attivit di cura tra i membri (Malinowski, 1913). Secondo questa
prospettiva la famiglia definita da confini spaziali e relazionali dove i
membri sono legati da vincoli affettivi.
Numerose ricerche etnografiche successive hanno messo in discussione
questa visione universalistica dimostrando come culture diverse organizzano
diversamente le funzioni familiari e conseguentemente definiscono in modo
diverso cos la famiglia. Sono gli elementi universali e storici che vengono
ad intrecciarsi, di fatto producendo diversificazione della forma e della
struttura della famiglia. Secondo la definizione classica la famiglia un fatto
naturale, che nasce dalla necessit delluomo di riprodursi, per la
prosecuzione e conservazione della specie. Tale fatto naturale si esplica nella
creazione di legami tra gli individui, garantendo cos lo scambio delle cure tra
consanguinei; si interseca e si modula ad esso il carattere (della famiglia)
come fatto storico e sociale, frutto delle trasformazioni delleconomia, della
societ e della cultura dominante in unarea geografica e in un determinato
periodo storico. Possiamo affermare linterdipendenza dei costrutti di famiglia
e di sociale considerando che, nella forma, nellorganizzazione, nella
divisione del potere, le trasformazioni della famiglia sono legate a fattori
30
storici e sociali, tanto che si pu dire superata la definizione classica di
famiglia, legata esclusivamente a unesigenza di conservazione della specie.
Il come le persone fanno famiglia, sviluppano legami, affrontano compiti
e problemi, si rapportano con lambiente circostante cio la risultante di
processi di costruzione della realt e di azioni congiunte, guidati anche da
sistemi di premesse che i membri della famiglia condividono in quanto
appartenenti ad una pi vasta comunit socio-culturale (Fruggeri, 2005).
Lvi-Strauss (1967) ha definito la famiglia come ununione durevole
socialmente approvata di un uomo e una donna e dei loro figli. Questa
definizione oggi messa in discussione, dato che in sempre pi numerosi
Paesi sono considerate famiglie anche le unioni tra persone dello stesso sesso
e le unioni senza figli. Per Lvi-Strauss la famiglia assolve funzioni senza le
quali la societ non potrebbe vivere, essa la forma sociale primaria
allorigine della civilizzazione, che garantisce un processo generativo da un
punto di vista biologico, psicologico, sociale e culturale. In questa sua
visione la famiglia unorganizzazione di relazioni primarie, fondata sulla
differenza di genere e generazione e che ha come obiettivo la generativit.
Richiamando i lavori e gli studi di Fruggeri, e supportati da essi, possiamo
introdurre la distinzione tra la definizione di nucleo familiare e quella di
famiglia. Il nucleo familiare un insieme di persone legate da sentimenti di
affetto che condividono uno spazio comune , mentre la famiglia una rete
di rapporti affettivi interdipendenti che costituiscono il contesto relazionale
allinterno del quale si svolge la trama della storia di persone .
Si tratta di una distinzione non da tutti condivisa, perch molti fanno
coincidere i due elementi, ritenendo la convivenza elemento essenziale per
parlare di famiglia. Secondo lanagrafe italiana, ad esempio, i caratteri
31
distintivi della famiglia sono: la relazione di parentela e affinit e la
coabitazione. Sono dunque le limitazioni delle definizioni istituzionali, come
quella della costituzione e quella anagrafica, a creare una disomogeneit, di
status, riconoscimento e diritti, tra famiglie ufficiali e famiglie di fatto. In una
visone sicuramente contemporanea e centrata sulla costruzione di un concetto
in termini relazionali e rappresentazionali, la famiglia non delimitata da
spazi geografici o da confini definiti, la famiglia semmai stabilita da spazi
sociali, affettivi, relazionali. Essa crea un legame tra i suoi membri che n il
tempo, n lo spazio possono cancellare, tale legame, filo indissolubile e
invisibile, collega le persone e le generazioni, le une alle altre, con gradi pi
o meno profondi di consapevolezza. La disamina dei legami familiari, cos
come presentata da Scabini (1997), evidenzia per essi tre caratteristiche
principali: sono primari, i soggetti infatti sono legati tra loro in quanto
persone; sono gerarchicamente strutturati, la famiglia, infatti non un gruppo
di pari anche se entro alcuni assi generazionali si possono instaurare relazioni
paritetiche; sono definiti sia da aspetti affettivi e di cura, sia da aspetti etici di
vincolo e responsabilit.
Un ruolo chiave nei rapporti familiari , secondo la psicologa, quello giocato
dagli scambi generazionali, scambi che presentano tra laltro anche una base
incognita a valle dellazione messa in campo dai diversi soggetti che
intrattengo rapporti familiari, lo scambio agisce anche ci che le persone non
hanno direttamente esperito, ad esempio eventi che riguardano generazioni
lontane, anche se precipitati nellincognito, potrebbero essere connessi con
situazioni presenti.
32
2.2 La famiglia un sistema in evoluzione
Abbiamo detto che le rappresentazioni sociali, le forme e le caratteristiche
della famiglia si sono trasformate con il cambiamento dellambiente
circostante, questo perch la famiglia un micro-sistema interdipendente al
macro-sistema della societ.
Secondo la Teoria dei sistemi (Bertalanffy 1956), il sistema un insieme di
elementi che interagiscono tra loro in modo interdipendente, cio ogni parte
del sistema in rapporto tale con le altre parti, che lo costituiscono, che
qualsiasi cambiamento di una parte provoca il cambiamento di tutte le altre
parti e del sistema nella sua totalit. Ogni organismo vivente un sistema in
interazione con altri sistemi che si trovano nel suo ambiente di vita. Per
questo approccio dunque importante analizzare i contesti entro cui si
sviluppano le relazioni che danno origine alla complessit . La famiglia,
dunque, una rete di relazioni interdipendenti e non un semplice aggregato di
individui. Lidentit dei membri si struttura nellappartenenza al gruppo
familiare come unit di gruppo. Ogni membro in rapporto tale con gli altri
per cui qualunque cambiamento di uno di essi innesca un cambiamento in tutti
gli altri e nelle modalit di funzionamento dellinsieme.
Si deve a Lewin (1997) il costrutto di famiglia inserito nella teoria dei sistemi
e una sua pi precisa definizione. La famiglia un gruppo naturale in cui i
membri sono interdipendenti e in rapporto di reciprocit, essa si configura
come sistema e gli attribuisce in virt di questo una serie di caratteristiche.
Nella sua opera pi nota, la Field Theory, Teoria del campo, Lewin sviluppa e
approfondisce lanalisi. Il campo un sistema di forze in interazione dinamica
con caratteristiche specifiche: non sommativit, il sistema diverso dalla
somma delle sue parti; causalit circolare, vi uninfluenza diffusa tra i
33
membri; equifinalit, condizioni iniziali simili non determinano lo stesso stato
finale; comunicazione, elemento presente in ogni famiglia per dar luogo a
relazioni; regole, sia esplicite che implicite, per regolarne il funzionamento;
omeostasi, sono presenti in ogni famiglia meccanismi stabilizzatori;
morfogenesi, la capacit di attuare cambiamenti.
Ogni famiglia, in quanto sistema, scambia continuamente informazioni con
lesterno, questo continuo scambio permette la trasformazione e ladattamento
della famiglia al contesto in cui si trova. Il sistema familiare pu vivere dei
momenti di stasi e momenti di grandi trasformazioni, specie se la famiglia
attraversa unimportante transizione familiare. Lequilibrio della famiglia,
dunque, non rappresenta il suo stato abituale, ma il momento transitorio di
un continuo processo di cambiamento.
2.3 Studio della famiglia: lapproccio evolutivo e il ciclo di vita
Sul finire degli anni Cinquanta, per spiegare levoluzione della famiglia e le
dinamiche che vi si innescano, stato elaborato, allinterno di una prospettiva
interdisciplinare, lapproccio evolutivo allo studio della famiglia, ventanni
dopo Mc Goldrick e Carter (1980) hanno introdotto il modello teorico del
ciclo vitale .
Gli autori sostengono che nellevoluzione spazio-temporale di un sistema
familiare si possono individuare alcune tappe evolutive, abbastanza
prevedibili, caratterizzate da particolari eventi, che comportano cambiamenti
nella struttura della famiglia. Le nascite e le morti, le separazioni e le unioni,
l'entrata o l'uscita dei membri, costituiscono tutti eventi critici che innescano
crisi di sviluppo, cio mettono in discussione le consolidate modalit abituali
di funzionamento.
34
Le tappe fondamentali che la famiglia attraversa nel suo ciclo vitale sono state
riepilogate e sottolineate dai lavori e dagli studi italiani di Eugenia Scabini
(1997). Ad ognuna di tali tappe corrisponde un diverso compito di sviluppo
da affrontare e risolvere, in un processo/percorso per fasi.
Costituzione della coppia: levento critico costituito dal matrimonio o
dalla convivenza. In questa prima fase i due partner devono formare
lidentit di coppia e definire i confini di questo nuovo sistema
familiare, attraverso la contrattazione delle regole e la ridefinizione
delle relazioni con le famiglie dorigine e con gli amici.
Famiglia con bambini: la nascita dei figli impone il cambiamento delle
regole familiari e nuovi problemi organizzativi. Il sistema familiare
diventa pi complesso e viene ridefinita lidentit di coppia, ora
costituita da genitori. Se non sono stati superati i compiti di sviluppo
della fase precedente (lidentit di coppia e il distacco dalle famiglie
dorigine) si potranno creare problemi non indifferenti.
Famiglia con adolescenti: si tratta di una fase delicata in cui richiesto
un aumento dellelasticit dei confini familiari, per favorire il
progressivo svincolamento dei figli. Inoltre, bene che la coppia si
impegni maggiormente nella propria relazione, in vista delluscita dei
figli.
Famiglia trampolino: levento critico costituito dalluscita di casa dei
figli, che comporta il difficile compito dei genitori di separarsi da loro,
inoltre la coppia dovr prepararsi ad assumere nuovi ruoli, come quello
di nonni.
Famiglia anziana: in questa fase un evento critico costituito dal
pensionamento, che richiede una ridefinizione dei compiti e degli spazi
35
individuali. In caso di malattia aumenta la necessit di un sostegno da
parte dei figli, la cui qualit dipende dal tipo di rapporto che si
maturato con loro.
La rigidit di questo modello, elaborato a partire da una tipologia di sviluppo
familiare che presuppone un ordine stabilito nella successione delle fasi , si
innesta su un presupposto viziato, individuando cosa avviene, o meglio cosa
deve avvenire, nella famiglia normale, quando oggi sappiamo che parlare di
famiglia normale un ossimoro, la riprova di ci la constatiamo nellevidenza
che la complessit e la pluralit delle famiglie fa s che non sempre gli eventi
critici si susseguano nellordine indicato, e si pu assistere alla compresenza
di compiti di sviluppo diversi in uno stesso momento. Contestualizzando e
arricchendo il suo apporto teorico con note di metodologia e meta-analisi la
stessa Scabini ad affermare che il concetto di ciclo di vita uno schema
concettuale utile, ma non va usato in modo rigido e prescrittivo, come se fosse
un percorso obbligato.
Agli eventi normativi , mediamente e facilmente prevedibili , presenti nella
disamina delle fasi del ciclo vitale si affiancano altri eventi definiti
paranormativi, imprevedibili, che sono, citandone alcuni:
Laborto: evento doloroso che comporta un conflitto interiore tra sensi
di colpa e motivazioni che hanno spinto a ricorrervi e lascia un segno
indelebile nella vita di ogni donna.
La separazione o il divorzio: che comportano difficolt legate
allelaborazione della separazione, oltre che difficolt di tipo
organizzativo, specie se la coppia ha figli.
La malattia o la disabilit di un membro della famiglia: richiede una
ridefinizione degli spazi e dei tempi familiari, difficolt organizzative
36
nella distribuzione delle cure e impegno di nuove risorse, in termini
economici e personali.
La morte precoce di un membro della famiglia: pone la famiglia di
fronte allaccettazione dellevento e lelaborazione del lutto. Compiti
che possono richiedere anni o anche non avvenire.
Il cambio di casa: specie se il trasferimento avviene in un'altra citt o
Paese, comporta problemi di tipo organizzativo, difficolt di
adattamento al nuovo ambiente e la difficolt a lasciare la casa a cui
sono associati ricordi di una fase della vita.
Il cambiamento della condizione economica familiare: cambiamento
che pu portare a un miglioramento delle condizioni di vita o a un suo
peggioramento. Se il cambiamento legato alla perdita del lavoro di
uno o pi membri della famiglia o al fallimento dellattivit,
comporter, oltre alla necessit di adeguare il proprio standard di vita,
una ridefinizione dellidentit del singolo e dellintera famiglia.
Lantefatto, che chiarisce la dimensione e laumento della complessit in un
sistema dinamico come quello della famiglia, interdipendente e in rapporto
di reciproca relazione con lambiente esterno, a sua volta mutevole e sempre
pi complesso, chiarisce perch distinguere gli eventi in base alla loro
prevedibilit pu essere fuorviante. Ad esempio la necessit di trasferirsi e/o
cambiare casa diventa sempre pi un evento normativo e prevedibile
nellepoca della flessibilit, dove il cambio di occupazione e la minor
possibilit di acquistare casa, porta le famiglie a traslocare con maggior
facilit, o nel caso opposto, la nascita di un figlio, evento definito a priori
prevedibile, in una coppia gi in crisi pu essere un evento imprevisto che
potrebbe determinare la separazione della coppia .
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Di fatto il confine tra eventi normativi e paranormativi, non dunque netto,
anzi e per lo pi un confine riconosciuto lasso, non gli eventi in s quindi ma
la percezione, la rappresentazione, di essi li riconduce alla connotazione di
eventi stressanti o meno, e sono gli eventi stressanti che mettono a dura prova
lequilibrio, dinamico, familiare e non di rado incontrano resistenze.
Durante il periodo di transizione da una fase allaltra, infatti, si scontrano due
tendenze opposte: da una parte la tendenza alla regressione verso situazioni
note e familiari, che assicurano maggiore sicurezza e stabilit; dall'altra
l'aspettativa della conquista di nuove possibilit. La famiglia non sempre in
grado di far fronte agli eventi critici, pu creare un blocco che impedisce lo
sviluppo del sistema e nasconde ogni possibile via duscita.
Altra novit, introdotta dalla teoria del ciclo vitale, ladozione di una
prospettiva multigenerazionale per la spiegazione delle dinamiche familiari.
Mc Goldrick e Carter (1980) definiscono la famiglia come sistema
emozionale plurigenerazionale, riconoscendo le connessioni
intergenerazionali nella famiglia. Gli studiosi affermano che attraverso le
storie familiari vengono trasmessi, lungo le generazioni, modelli di
funzionamento e regolazione delle distanze, tramite il meccanismo delle
triangolazioni emotive . La famiglia nucleare vista come sottosistema
che interagisce allinterno del pi vasto sistema trigenerazionale.
Seguendo le tappe del ciclo di vita, infatti, si parte dalla formazione della
coppia (seconda generazione), tenendo per presente che questa in rapporto
col sistema pi ampio che lha preceduta (famiglia dorigine, prima
generazione) ed proiettata verso il futuro (figli, terza generazione). Dunque
il sistema familiare in continuo rapporto di interdipendenza con le
generazioni che lhanno preceduto, e che hanno trasmesso valori,
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rappresentazioni sociali e miti familiari, e con la generazione che li seguir,
che loro stessi contribuiscono a forgiare.
In sintesi, le dinamiche familiari sono influenzate dagli eventi critici che la
famiglia attraversa nel corso della sua esistenza e dalla trasmissione di
generazione in generazione dei modelli di relazione
2.4 Quante forme pu avere una famiglia?
Solitamente nel linguaggio comune , quando parliamo di famiglia facciamo
riferimento alla famiglia nucleare, il modello sicuramente pi diffuso nel
nostro contesto storico, sociale e geografico, non di meno bisogna
riconoscere che ogni contesto storico e temporale caratterizzato dalla
compresenza di pi forme e strutture familiari.
Peter Laslett (2009), fondatore del gruppo di Cambridge, ha condotto alcuni
studi sulla struttura familiare, cio il tipo di vincolo che lega i membri di una
convivenza. Per classificare le strutture ha analizzato il modo in cui le persone
si collocano lungo lasse orizzontale (il sesso dei membri) e verticale (la
generazione), ed ha individuato cinque tipologie di strutture familiari:
Struttura semplice: una famiglia formata dalla coppia coniugale con o senza
figli o da un singolo genitore con figli;
Struttura estesa: una famiglia composta dalla famiglia semplice con uno o
pi parenti conviventi, ascendenti, discendenti o collaterali ;
Struttura multipla: una famiglia formata da due o pi coppie con figli;
Senza struttura: una famiglia in cui non vi sono n rapporti di sesso n di
generazione, formata da persone conviventi;
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Struttura solitaria: una famiglia formata da una sola persona.
Esistono per altre classificazioni che approfondiscono quella proposta dalla
scuola di Cambridge. Si propone, di seguito, la classificazione riportata da
Donati e Di Nicola (1991):
Famiglia unipersonale: si tratta di una forma impropria, perch costituita da
un solo soggetto che occupa ununit abitativa. In questa situazione si
possono trovare un gran numero di anziani (soprattutto donne) che vivono
soli, per lo pi vedove, ma anche giovani che sia allontanano dal proprio
nucleo per mobilit territoriale legata al lavoro.
Famiglia di coppia: in questa struttura possiamo collocare le coppie anziane e
quelle giovani senza figli, sia che siano coniugate, sia che si tratti di coppie di
fatto.
Famiglia nucleare: dentro questo grande contenitore, formato da famiglie con
un solo nucleo, si possono trovare alcune tipologie particolari:
- famiglie nucleari lunghe, formate da genitori con figli adulti e gi
indipendenti economicamente che rimangono in casa o vi tornano dopo la
separazione coniugale;
- famiglie monogenitoriali o incomplete, formate da un genitore e figli.
Possono essere formate da un genitore nubile, vedovo o separato;
- famiglia nucleare ricostituita, in cui confluiscono sia i figli nati dal
precedente matrimonio di uno o entrambi i partner, sia gli eventuali figli della
nuova coppia;
Famiglia complessa: forma pi presente nel passato, ma ancora oggi
rilevabile. Pu esprimersi in forma multipla (compresenza di pi nuclei di
40
generazioni diverse) ed estesa (quando al nucleo si affiancano ascendenti o
collaterali). il caso del divorziato che torna a casa con i figli, la giovane
coppia che va a vivere con uno dei nuclei dorigine, o la famiglia nucleare che
accoglie lanziano per accudirlo.
Nellanalisi delle famiglie, importante la prospettiva di studio adottata, che
pu essere normativa, cio fondata sul modello di unicit della famiglia
normale, o pluralista, interessata invece alla pluralit di forme esistenti, tutte
con lo stesso valore. Ci che si nota dalle classificazioni, e in particolare
nelluso dei termini, lespressione di giudizi di valore in merito al modello
ideale di famiglia. Attraverso il linguaggio si costruiscono e ricostruiscono gli
stereotipi sociali, la scelta dei termini, perci, non solo formale, ma coincide
con una precisa visione, al tempo stesso teorica, epistemologica e
metodologica. Quando si parla di famiglia monogenitoriale o incompleta,
viene posto laccento sullassenza di un componente che idealmente dovrebbe
esserci. corretto parlare di famiglie monogenitoriali quando un genitore
assente perch non ha riconosciuto il figlio, ma non lo altrettanto negli altri
due casi. Nella vedovanza il genitore morto rimane presente attraverso i
ricordi, le foto, le storie e i miti familiari. Dopo la separazione gli ex coniugi
continuano ad essere genitori. In questo caso la famiglia permane, anche se
con una struttura pi complessa. A seguito della separazione si sviluppa una
nuova configurazione del sistema famiglia, che si organizza attorno a pi
nuclei con confini flessibili. Avviene un passaggio dalla mononuclearit alla
binuclearit. In questa prospettiva nessun genitore viene escluso dal suo ruolo
e dalle sue responsabilit, ma rimane parte della famiglia, ora binucleare. Lo
stesso ragionamento vale per le famiglie definite ricostituite. Parlare di
ricostituzione un tentativo di reintegrare il modello della famiglia nucleare,
senza tener conto dellavvenuta separazione come evento strutturante delle
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relazioni e della storia familiare. come se si volesse tirare una riga sul
passato e rincominciare, configurando la seconda unione come un processo
sostitutivo anzich aggiuntivo. In realt la nuova unione non cancella la
precedente, ma si connette ad essa. Altri studiosi usano il termine ricomposta,
per denominare lo stesso tipo di struttura, termine che prefigura un
allargamento della famiglia.
Neuburger e Neuburger (2001), a proposito, propongono il termine famiglie
pluricomposte, cio formate da pi nuclei tra loro intersecati. Nelle famiglie
pluricomposte si passa dalla famiglia binucleare e bigenitoriale a quella
plurinucleare e multigenitoriale, infatti, gli adulti responsabili delle funzioni
di cura (da non confondere con i genitori che restano due) diventano da due a
tre o quattro, se entrambi si risposano; di conseguenza la dinamica da
triangolare diventa poliedrica.
Potremmo aggiungere a questo punto un ulteriore forma, non compresa nelle
classificazioni e descrizioni precedenti: la Famiglia IESA
2.5 Famiglie e cambiamento
Ogni evento critico che si presenta nel corso del ciclo di vita porta con s
compiti di sviluppo specifici. Essi sono definiti come compiti psicosociali
che la famiglia deve affrontare per rispondere alle esigenze di trasformazione
e di crescita caratteristiche di quel momento evolutivo (Malagoli Togliatti
M., Lubrano Lavadera A., 2002). Spetta alla famiglia nel suo insieme il
compito di attribuire significato e costruire una sua definizione di evento
critico, in questo processo di costruzione ogni membro della famiglia viene
influenzato da un complesso, e individuale, sistema di credenze e stereotipi
che gli derivano dal suo contesto socioculturale. Risulta a questo punto
42
rilevante e centrale considerare la definizione e il significato che una famiglia
attribuisce allevento come parte sostanziale e in nuce della risposta, adattiva,
che essa mette in campo per fronteggiarlo. Accanto a questa modalit di
significazione famigliare, bisogna considerare come elemento fondamentale
della modalit di risposta che una famiglia metter in campo per rispondere a
un evento, anche le risorse di cui essa gi dispone o che in grado di attivare.
Tali risorse possono essere: personali, caratteristiche di personalit, stato di
salute, istruzione; familiari, stile di funzionamento, modalit di gestione e
integrazione dei bisogni di unit e stabilit con i bisogni di crescita,
cambiamento e trasformazione; sociali, risorse attingibili dal contesto sociale
di riferimento, ambiente esterno, in cui la famiglia vive. Le risorse sociali si
suddividono ulteriormente in reti informali e reti formali. Intese le prime
come tutte quelle relazioni che la famiglia intrattiene con parenti, amici, vicini
di casa, colleghi di lavoro e che offrono generalmente supporto affettivo e
solidaristico, le seconde come servizi disponibili nellambiente di riferimento,
servizi socioassistenziali, scuola, associazionismo che offrono a loro volta
supporto strumentale, ossia economico e assistenziale.
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Capitolo 3
Un legame che accetta la differenziazione e al contempo sa mantenere la
capacit e il desiderio di produrre altri legami, c' spazio per rischiare, e
l'esito pu essere una solidariet che eccede le mura domestiche. Un
familiare che si espande. (E.Scabini)
La famiglia che si apre allaccoglienza
A fronte dei due capitoli precedenti che hanno introdotto sulla scena lo
strumento, la modalit (IESA), e il contesto, contenitore, ambiente (la
famiglia) occorre ora esplicitare la relazione tra essi, lincontro, e introdurre il
soggetto, ladulto sofferente che si inserisce e necessita del luogo-contesto
che si fa accogliente. Abbiamo indagato, nel capitolo 2, la famiglia per
rintracciare: la famiglia che funziona, e che quindi pu accogliere; la famiglia
che si assume il rischio inteso come possibilit/responsabilit; la famiglia che
de-stigmatizza nel quotidiano.
3.1 Famiglie e rischio
Siamo in debito verso la riflessione sociale, come ben introduce e argomenta
nei suoi saggi Eugenia Scabini (1992), per averci mostrato i rischi, a cui la
famiglia va incontro nella societ attuale; i rischi di debolezza e di legami che
diventano problematici, vengono ricondotti alla considerazione che, nella
societ moderna, il rischio assurge a norma di vita, non solo legittimata ma
anche strutturante. Donati (1991) in unesposizione che accosta e analizza i
due termini, studiati come campi di relazione interconnessi, riconduce
laggettivazione e qualificazione di rischiosa, per la nostra societ, allaver
assunto come paradigma fondante di essa il mercato. Si deve a un numero
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poderoso di ricerche empiriche la dimostrazione che i moderni sistemi di
sicurezza sociale falliscono, o quasi, nella loro missione. Se da un lato essi si
impegnano a creare condizioni materiali sempre migliori per la vita delle
persone, creano di fatto, in un corto circuito quasi inversamente
proporzionale, nuovi rischi per i soggetti pi deboli e per la famiglia.
Esemplificative di quanto sopra le ricerche realizzate nelle regioni del Nord
Italia: a fronte di condizioni di vita generalmente buone, livelli avanzati di
modernizzazione culturale e sociale, vengono rilevate ancora troppe carenze,
nello specifico in ambito di cultura del servizio allinfanzia, tali da far
riscontrare un aumento progressivo nella percentuale di bambini con problemi
relazionali e psicologici. (Sgritta G.1988)
Nella societ moderna competizione sociale e individualismo sono prezzo
rischioso (Scabini E.) da pagare per soddisfare il bisogno di
autorealizzazione. Il concetto introdotto in psicologia della motivazione, pi
precisamente dalla teoria dei bisogni, e internazionalmente conosciuto come
need for achievement (Mc Clelland D., 1988)
La nuova etica, si declina in nuova etica anche familiare che vede ribaltarsi i
suoi assunti fondanti, ossia la capacit di generare e prendersi cura dei legami,
che diventano , ipso facto, elementi di sfondo e marginali.
Nellesposizione della psicologa, esperta in relazioni familiari,
approfondiamo il concetto di rischiosit in ambito familiare.
Levoluzione dei costrutti vede il progressivo abbandono dellanalisi centrata
sui fattori di rischio e comportamenti rischiosi, a favore della centralit dei
processi che conducono a esiti rischiosi. Abbandonata la concezione
classificatoria, che elencava le famiglie rispetto al fattore di rischio, famiglie
devianti, famiglie schizofreniche ecc, si giunti ad analisi argomentative sul
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funzionamento delle famiglie ; questo ha permesso di approfondire
lidentificazione e il grado nel livello del rischio e nello stesso tempo
sottolineare le risorse che possono/vengono messe in campo per addivenire a
una limitazione del danno.
Le prospettive di ricerca si sono dovute ampliare per rendere ragione di
questo. Rilevando che molte famiglie cosiddette sane presentavano seri
problemi, mentre famiglie con prognosi di alta insorgenza di rischio, per la
presenza di un membro ( il genitore negli studi di Wynne, 1986) sofferente di
disturbi psichici ma con bambini che presentavano una crescita sana, si
recuperata, come discrimine, lattenzione verso le risorse. Le dinamiche del
rischio di una famiglia si possono accostare con unattenzione allinterazione
tra: problemi, sfide, viluppi da affrontare e risorse che le famiglie possiedono.
Le dinamiche di vincoli e risorse fotografate nel presente di quel che accade,
qui e ora, a una data famiglia, evidente in modo significativo quando essa di
fronte a eventi critici, si nutre e si sostanzia nella storia intergenerazionale,
nella storia della famiglia. Nel suo passato, si sono costituiti e originati molti
dei vincoli e delle risorse che una famiglia possiede nel presente (Scabini,
1992). Se consideriamo dunque i membri della famiglia come i soggetti
dellazione, dobbiamo rammentare al contempo che sono, essi stessi, soggetti
alla storia delle relazioni. Tale ampliamento dellottica da cui analizzare il
rischio familiare implica esaminare, considerare, sempre, linfluenza nel
tempo presente, e nellaccadimento attuale della famiglia, di quelli che sono i
rimandi, gli scambi intergenerazionali, denominati pi propriamente mandati
tra le generazioni (Scabini, 2003)
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3.2 Famiglie che scelgono il rischio.
Fin qui abbiamo analizzato la situazione di famiglie che incorrono in rischi.
Differente la situazione quando le famiglie scelgono il rischio. Nella
disamina offerta dalla Scabini incontriamo una casistica eterogenea di scelta
del rischio, come nei casi di adozioni, affidamenti eterofamiliari, divorzi,
matrimoni precoci, o all'estremo opposto, tardivi. Ed questo aspetto che
diventa rilevante per la presente ricerca.
Lautrice ci indirizza nellanalisi, invitando a considerare il rischio non
nella situazione in s, ma relativamente alla modalit con cui la famiglia
fronteggia gli avvenimenti, ed secondo questa lettura che diventa sostanziale
discernere chi si getta al rischio da chi si apre al rischio.
Ci si butta incontra al rischio, ci si lancia in una sorta di sfida al limite, nel
primo caso. In una situazione esperita come senza pi nulla da perdere; le
persone si avventurano senza alcuna valutazione preventiva del pericolo.
Lautrice si spinge a ravvisare, in questo primo gruppo, la mancanza di un
attaccamento sicuro che sarebbe sperimentato come piattaforma, metaforica,
da cui in sicurezza staccarsi per affrontare temporanee esplorazioni. Invero
avrebbero un atteggiamento tale proprio perch considerano la situazione di
partenza come appiglio instabile e periglioso, da cui staccarsi senza indugio
alcuno. In questo contesto, il gettarsi a capofitto nella situazione rischiosa
non atto di ricerca e sperimentazione della propria libert e capacit di
avventurarsi, ma la fuga in avanti, uno sfuggire a una situazione di partenza
sperimentata come dolorosamente inospitale. E il sentirsi in pericolo che
spinge paradossalmente al pericolo. Vengono cos descritte in questo
argomentare famiglie in trappola, inviluppate allinterno di un meccanismo
cortocircuitato, da esse stesse avviato per fronteggiare problemi non
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affrontati. La concomitante mancanza di risorse e difese, e un eccesso
nellesposizione a situazioni di rischio, non permette a queste famiglie di
costruirsi una chiara e precisa rappresentazione della misura. Quello che a
prima vista potrebbe essere frainteso come libert e spontaneit nellazione, in
realt altro n