UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA - core.ac.uk · Robenacoxib è un nuovo farmaco...

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA DIPARTIMENTO DI SCIENZE VETERINARIE Corso di laurea in Medicina Veterinaria Tesi di laurea L’EFFETTO DEL ROBENACOXIB SULLA CONCENTRAZIONE DELLA PROTEINA C-REATTIVA NEL LIQUIDO SINOVIALE DI CANI AFFETTI DA OSTEOARTRITE Relatore: Prof. Melanie Pierre Correlatore: Dott.ssa Silvia Sbrana Candidato: Maria Scateni Anno accademico 2012-2013

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE VETERINARIE Corso di laurea in Medicina Veterinaria

Tesi di laurea

L’EFFETTO DEL ROBENACOXIB SULLA CONCENTRAZIONE

DELLA PROTEINA C-REATTIVA NEL LIQUIDO SINOVIALE DI

CANI AFFETTI DA OSTEOARTRITE

Relatore: Prof. Melanie Pierre

Correlatore: Dott.ssa Silvia Sbrana

Candidato: Maria Scateni

Anno accademico 2012-2013

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INDICE

RIASSUNTO/ABSTRACT p. 5

PREFAZIONE p. 8

1 CAPITOLO PRIMO: ANATOMIA E FISIOPATOLOGIA DELL’OSTEOARTRITE

1.1 Anatomia e fisiologia dell’articolazione p. 10 1.1.1 Cartilagine articolare p. 10 1.1.2 Osso sub condrale p. 11 1.1.3 Capsula articolare p. 12 1.1.4 Liquido sinoviale p. 12

1.2 Cambiamenti in corso di osteoartrite p. 13 1.2.1 Cambiamento della capsula articolare e sinovite p. 13 1.2.2 Nocicezione p. 14

1.3 Cosa è l’osteoartrite p. 15

1.4 Cause di osteoartrite p. 16 1.4.1 Classificazione eziologica p. 16 1.4.2 Patologie congenite causa di OA p. 17 1.4.3 Patologie acquisite causa di OA p. 17

1.5 Patogenesi dell’osteoartrite p. 18 1.5.1 Un “circolo vizioso” p. 18 1.5.2 Modelli sperimentali p. 19

1.6 La risposta di fase acuta p. 20 1.6.1 Una risposta aspecifica p. 20 1.6.2 Le proteine di fase acuta p. 21 1.6.3 Influenza di razza, sesso ed età sulle APPs p. 23 1.6.4 Influenza di obesità, stress e gravidanza sulle APPs p. 24

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1.7 La proteina C-reattiva p. 24 1.7.1 Funzione biologica, proprietà cinetiche e interazioni p. 24 1.7.2 Metodiche di laboratorio per la misurazione CRP p. 27

1.8 Le APPs nelle patologie articolari p. 28 1.8.1 Applicazione delle APPs nelle artropatie umane p. 28 1.8.2 Applicazione delle APPs nelle artropatie canine p. 29

1.9 Valutazione clinica e diagnosi di osteoartrite p. 31 1.9.1 La procedura diagnostica p. 31 1.9.2 Segnalamento p. 32 1.9.3 Motivo della visita ed anamnesi p. 32 1.9.4 Esame clinico p. 34

1.10 La radiografia nella diagnosi di osteoartrite p. 35 1.10.1 Esame radiografico p. 35 1.10.2 OA nell’articolazione del ginocchio p. 38

1.11 Tecniche avanzate di diagnostica per immagini nella diagnosi di osteoartrite p. 40 1.11.1 Tomografia computerizzata p. 40 1.11.2 Risonanza magnetica p. 40 1.11.3 Artroscopia p. 41

1.12 Diagnostica di laboratorio in corso di osteoartrite p. 42 1.12.1 Analisi del liquido sinoviale p. 42 1.12.2 Alterazioni del liquido sinoviale in corso di OA p. 42

1.13 Valutazione di markers di osteoartrite nel liquido articolare p. 45

1.14 Terapia nei soggetti affetti da osteoartrite p. 48 1.14.1 Approccio multimodale p. 48 1.14.2 Terapia non farmacologia p. 49 1.14.3 Terapia di supporto p. 50 1.14.4 Terapia anti-infiammatoria p. 50 1.14.5 Robenacoxib p. 54

2 CAPITOLO SECONDO: DESCRIZIONE DEL LAVORO p. 57

3 CAPITOLO TERZO: MATERIALI E METODI p. 58

4

3.1 Prima visita clinica p. 58

3.1.1 Visita generale p. 58

3.1.2 Body Score Condition p. 59

3.1.3 Visita ortopedica p. 60

3.1.4 Esame radiografico p. 63

3.1.5 Prelievo ed analisi del liquido sinoviale p. 66

3.1.6 Prelievo ed analisi del siero p. 73

3.1.7 Analisi della CRP p. 73

3.2 Trattamento con Onsior® p. 74

3.3 Seconda visita clinica p. 75

3.4 Analisi statistica p. 76

4 CAPITOLO QUARTO: RISULTATI p. 78

4.1 Segnalamento ed anamnesi p. 78

4.2 Visita generale p. 81

4.3 Visita ortopedica p. 81

4.4 Esame radiografico p. 83

4.5 Analisi del liquido sinoviale p. 85

4.6 CRP nel siero e nel liquido sinoviale p. 87

5 CAPITOLO QUINTO: VALUTAZIONI CONCLUSIVE p. 89

6 TABELLE p. 94

7 BIBLIOGRAFIA p. 103

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RIASSUNTO/ABSTRACT

Parole chiave:

Osteoartrite, Rottura del legamento crociato anteriore, Proteina C-reattiva,

Liquido sinoviale, Robenacoxib

Riassunto analitico:

Robenacoxib è un nuovo farmaco anti-infiammatorio non steroideo, selettivo

nei confronti delle COX-2, e grazie alla sua natura acida è considerato

selettivo per il tessuto articolare e viene impiegato nel dolore e

nell’infiammazione articolare nei soggetti affetti da osteoartrite.

Protocollo di studio: Nello studio sono stati utilizzati 34 cani affetti da

osteoartrite secondaria a rottura del legamento crociato anteriore. Sono stati

registrati i punteggi attribuiti alla zoppia, alle alterazioni radiografiche,

all’esame citologico del liquido sinoviale, alla concentrazione della proteina

C-reattiva nel siero e nel liquido sinoviale e al body score condition, per ogni

cane. Questi dati sono stati registrati durante una prima visita clinica e

durante una seconda visita clinica, effettuata a 28 giorni di distanza rispetto

alla precedente. Durante il mese intercorso tra le due visite i cani sono stati

trattati con Robenacoxib alla dose di 1 mg/kg una volta al giorno.

Scopo dello studio: trovare un marker precoce e specifico di osteoartrite che

dia una valutazione dell’efficacia dei trattamenti utilizzati per contrastarla.

Risultati: E’ stata notata una significativa diminuzione del punteggio

attribuito alla zoppia tra le due visite effettuate. Non sono state rilevate

differenze tra la concentrazione della proteina C-reattiva nel siero prima e

dopo il trattamento con Robenacoxib. E’ stata, invece, evidenziata una

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significativa diminuzione della concentrazione della proteina C-reattiva nel

liquido sinoviale dopo il trattamento. Non sono state evidenziate correlazioni

tra la concentrazione della proteina C-reattiva nel siero e nel liquido

sinoviale.

Conclusioni: Robenacoxib si è rivelato utile nel trattamento della zoppia,

diminuendo la sintomatologia dolorifica, causata da osteoartrite del

ginocchio. Il farmaco ha determinato la riduzione della concentrazione della

proteina C-reattiva nel liquido sinoviale proveniente dall’articolazione

patologica. Sembra che Robenacoxib diminuisca l’infiammazione articolare,

da quanto valutato tramite la differenza di concentrazione della proteina C-

reattiva nel liquido sinoviale prima e dopo il trattamento, e sia selettivo per il

tessuto articolare.

Key words:

Osteoarthritis, Cranial cruciate ligament rupture, C-reactive protein, Synovial

fluid, Robenacoxib

Abstract

Robenacoxib is a novel non steroidal anti-inflammatory drug, selective

inhibitor of COX-2, because of its acidic nature is regarded as being tissue-

selective and it is used for the treatment of articular pain and inflammation .

Study protocol: Thirty four dogs with stifle osteoarthritis secondary to failure

of the cranial cruciate ligament were recruited into this study. Lameness,

radiographic features, synovial fluid cytology, C-reactive protein

concentrations in serum and synovial fluid and body condition score were

assessed for all dogs. These parameters are recorded at a first examination

7

and a second examination, 28 days after the first examination. During this

period the dogs are treated with Robenacoxib at a dose of 1 mg/kg SID.

Aim of the study: We want to discover an early and specific marker of

osteoarthritis, which can predict the response to anti-inflammatory

treatment.

Results: There was a significant reduction in the lameness score between

pre- and post-treatment assessments. There was no difference between pre-

and post-treatment serum C-reactive protein levels, although synovial fluid

levels were significantly reduced in the post-treatment. There was no

correlation between C-reactive protein concentrations in serum and matched

synovial fluid samples.

Conclusions: Robenacoxib proved effective in reducing lameness, reducing

articular pain, in dogs with osteoarthritis of the stifle joint. The drug also

reduced levels of C-reactive protein in the synovial fluid taken from the

affected stifle joint. Robenacoxib appears to reduce articular inflammation as

assessed by pre- and post-treatment synovial fluid C-reactive protein

concentration, which supports the concept that Robenacoxib is a tissue-

selective.

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PREFAZIONE

L’osteoartrite (OA) è una patologia che affligge un numero considerevole di

cani, in forma da lieve a grave, provocando una sintomatologia caratterizzata

da dolore cronico ottuso ed un peggioramento della qualità della vita del

soggetto che ne è afflitto.

La diagnosi di OA, ad oggi, viene prevalentemente effettuata sulla base delle

evidenze radiografiche. Però, dal momento in cui sono evidenti

radiograficamente i cambiamenti tipici dell’OA, essa è già ad uno stadio

irreversibile, per cui si rende molto difficile riuscire ad applicare una terapia

che riesca a frenare la progressione di questa artropatia. E' possibile soltanto

prescrivere dei farmaci che allevino la sintomatologia dolorifica oppure

intervenire chirurgicamente tramite chirurgie di salvataggio (artrodesi) o

chirurgie artroplastiche.

Per questi motivi, la diagnosi precoce di OA è il principale cardine della

terapia da dover effettuare a seconda del caso. Essendo una patologia

degenerativa, infatti, non è possibile applicare una terapia che curi

definitivamente l’artropatia, ma soltanto una terapia che possa ostacolare la

sua inesorabile progressione. A questo scopo è di fondamentale importanza

conoscere la componente infiammatoria della patogenesi dell’OA, che è

caratterizzata da una serie di proteine e molecole che si manifestano a livello

ematico e sinoviale già prima che l’OA si manifesti clinicamente e

radiograficamente.

Sarebbe necessario, quindi, avere un marker che identifichi queste sostanze

appena si presentano a livello ematico e/o sinoviale. Tale marker dovrebbe

essere sensibile, specifico e non o poco invasivo, e dovrebbe permettere di

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identificare i soggetti in fase precoce e/o che presentano un alto rischio di

presentare la malattia. Le caratteristiche che dovrebbe avere un buon marker

sono:

1. Riflettere in modo realistico la gravità del processo patologico

2. Essere ben conosciuto per quanto concerne l’influenza di età, sesso,

specie e razza

3. Avere una misurazione riproducibile ed avere un chiaro range di normalità

4. Rispondere rapidamente ai cambiamenti, in modo da riflettere l’attività

delle citochine e degli enzimi in corso di OA

5. Essere sensibile ai cambiamenti nella progressione della patologia dovuti

alla terapia applicata

Il “golden marker” dovrebbe essere, simultaneamente, sensibile alla

degradazione cartilaginea e specifico di danno articolare (Garvican et al.

2010).

Date queste premesse, vorremmo trovare un marker precoce e specifico di

OA e che ci dia anche una valutazione dell’efficacia dei trattamenti che

vengono messi in atto per contrastare ed alleviare i sintomi dell’OA.

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CAPITOLO PRIMO

ANATOMIA E FISIOPATOLOGIA DELL’OSTEOARTRITE

1.1 Anatomia e fisiologia dell’articolazione

1.1.1 Cartilagine articolare

La cartilagine articolare è un tessuto avascolare, alinfatico ed aneurale, liscio,

resistente ed elastico, localizzato a livello della porzione prossimale e distale

delle ossa lunghe (Poole 1993). Essa è costituita da condrociti e matrice

extracellulare. I condrociti sono cellule metabolicamente attive responsabili

della mantenimento della matrice extracellulare e dell’ambiente

pericellulare. La matrice extracellulare è costituita da proteoglicani, collagene

ed acqua. Essa distribuisce le forze a livello dell’osso subcondrale. I

proteoglicani ne rappresentano la maggior parte (Mankin & Radin 1997).

Sono costituiti da un core proteico e da catene glicosaminoglicane. I

glicosaminoglicani (GAG) normalmente presenti nella cartilagine articolare

sono il condroitin solfato, il cheratan solfato ed il dermatan solfato. Si tratta

di catene di lunghezza variabile costituite da subunità ripetitive di un

disaccaride ed unite ad una proteina centrale chiamata “core protein” (Fig.

1). L’acido ialuronico è un GAG non solforato, prodotto dai condrociti, che

non si lega al core proteico. Esso è un importante componente anche del

liquido sinoviale, ed in questo caso, è prodotto dai sinoviociti di tipo B.

L’integrità della cartilagine è garantita dagli aggregati di proteoglicani ed

acido ialuronico (aggrecani) nella matrice extracellulare.

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Figura 1: Interazione delle sostanze che costituiscono una cartilagine integra. Da Fox SM, Millis D 2011

Le fibrille di collagene, costituite da proteine ammassate a palizzata,

forniscono un sostegno strutturale per la matrice, mantenendo i

proteoglicani al 20% del proprio volume (Kuetter et al. 1990).

Osso subcondrale

L’osso subcondrale è un sottile strato osseo che unisce la cartilagine ialina

all’osso spongioso. La sua adattabilità alle forze che convergono

sull’articolazione, garantisce la congruità delle superfici articolari,

aumentando l’area di distribuzione dei carichi e ammortizzando eventuali

picchi di carico. Nel cane, uno studio sui cambiamenti legati all’OA, ha

confermato lo sviluppo di alterazioni ossee subcondrali (Dedrick et al. 1993),

come un diminuito ispessimento del piano subcondrale e dell’osso

trabecolare. Prima fu notato un cambiamento della cartilagine articolare

compatibile con l’OA. Quindi, è stato concluso che, per lo sviluppo di OA, non

è necessario un aumento di rigidità dell’osso subcondrale, che, però, ha un

ruolo importante nella sua progressione (Brandt 1994).

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1.1.2 Capsula articolare

La capsula articolare viene suddivisa in tre strati: lo strato di rivestimento

sinoviale (intima sinoviale o membrana sinoviale), uno strato sub sinoviale

(subintimo) e la capsula fibrosa. L’intima sinoviale è sottile e vi si trovano due

tipi di sinoviociti: di tipo A con funzione simil-macrofagica (Lane et al. 1993);

e di tipo B, fibroblasto-simili, capaci di produrre acido ialuronico ed enzimi

degradativi (Muller-Ladner et al. 1997). Lo strato subintimale è vascolarizzato

ed innervato. In questo strato si trovano i fibroblasti e lo spesso strato fibroso

contribuisce alla stabilità dell’articolazione (Ralph et al. 1994).

1.1.3 Liquido sinoviale

Normalmente la sinovia impedisce selettivamente alle grosse molecole di

entrare nella cavità sinoviale (Ghosh 1994). Il liquido sinoviale è considerato

un dialisato del plasma, perchè ha composizione simile a quella plasmatica.

Quando si verifica un insulto alla sinovia o ai condrociti, avviene il rilascio di

mediatori pro-infiammatori che causa un aumento di permeabilità del

sistema vascolare sinoviale (Simkin 1997). Ciò determina un aumento del

contenuto proteico, un’alterazione del normale equilibrio oncotico ed un

incremento di volume del liquido sinoviale. La clearance proteica del

ginocchio di cani con legamento crociato reciso è aumentata di circa tre volte

rispetto a quella del ginocchio controlaterale normale (Myers et al. 1996). La

funzione più importante del liquido sinoviale è la lubrificazione. Il movimento

è analogo a quello di una spugna che espelle e riacquista acqua. Così la

cartilagine riceve i nutrienti ed elimina i prodotti di scarto.

13

1.2 Cambiamenti in corso di OA

1.2.1 Cambiamento della capsula articolare e sinovite

Inizialmente si ha: ispessimento dell’intima sinoviale, sviluppo dei villi

sinoviali ed aumentata vascolarizzazione ed infiltrazione linfocitaria dello

stroma sub-sinoviale. Nelle fasi tardive, si hanno alterazioni infiammatorie:

ipertrofia/iperplasia della rete villosa, variazioni della microcircolazione

locale, imbibizione edematosa, arrivo di cellule infiammatorie, fino alla

formazione del “panno sinoviale” che accelera il “disfacimento” della

cartilagine (Mortellaro & Miolo 2003). Nell’OA grave, i frammenti della

superficie articolare fibrillata sono, molto spesso, rinvenuti nella sinovia.

Figura 4: Alterazioni tissutali in corso di OA. Da Mortellaro CM, Miolo A 2003

La sinovite è un’importante caratteristica dell’OA. Si tratta di un’alterazione

infiammatoria di tipo enzimatico con aumento di metalloproteinasi. Non è

ancora chiaro se essa si sviluppi prima e contribuisca alla degenerazione della

cartilagine o sia una risposta alla fagocitosi dei prodotti della degradazione

cellulare (Burton-Wurster et al. 1993).

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1.2.2 Nocicezione

Il dolore è il sintomo più comune associato ad OA. I tessuti che comprendono

nocicettori sono capsula articolare, tendini, legamenti ed osso subcondrale

(Konttinnen et al. 1994). I mediatori chimici per la nocicezione sono le PG

(PG), i leucotrieni, la sostanza P, la bradichinina e le citochine. Le PG ed i

leucotrieni sono mediatori pro-infiammatori ed aumentano nel liquido

sinoviale in corso di OA (Wittenberg et al. 1993). I leucotrieni sono agenti

chemiotattici. Le PG sensibilizzano i nocicettori alle sostanze algogene e

diminuiscono la soglia del dolore, punto di fondamentale importanza nella

progressione del dolore associato all’OA. Infatti, in questa situazione, stimoli

innocui provocano dolore. Tra i molti neuropeptidi, la sostanza P e il peptide

legato alla calcitonina, sono stati più frequentemente collegati all’OA.

Entrambi sono associati a vasodilatazione ed infiammazione e la sostanza P

anche all’iperalgesia. Il rilascio della sostanza P nell’articolazione è stata

associata all’OA più grave (Zimmermann 1989), questa stimola il rilascio della

PGE2 e della collagenasi dai fibroblasti e dai sinoviociti e la liberazione di

citochine dai monociti. La percezione dolorifica può essere causata anche da

debolezza muscolare o dall’anormale funzione articolare, che causano stress

eccessivo sui legamenti (Merritt 1989). Il dolore articolare porta ad un

diminuito esercizio, che determina atrofia muscolare. Un sostegno muscolare

diminuito conduce ad uno stress sulla capsula articolare, sui legamenti e sulla

cartilagine articolare. Un danno a quest’ultima determina la liberazione di

mediatori infiammatori, che provoca abbassamento della soglia nocicettiva

ed iperalgesia. Stimoli dei tessuti periarticolari causano dolore, determinano

un limitato uso dell’articolazione, contribuendo alla debolezza muscolare.

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1.3 Cosa è l’OA

L’OA è una malattia dell’articolazione mobile caratterizzata da: degenerazione

della cartilagine articolare, formazione di osteofiti e rimodellamento

dell’osso, alterazioni patologiche a carico dei tessuti periarticolari, compresi

la membrana sinoviale, l’osso subcondrale, i muscoli, i tendini ed i legamenti

ed infiammazione di bassa intensità non purulenta e di grado variabile

(Johnston 2002). La presenza o assenza dell’infiammazione ha determinato

delle controversie a proposito della terminologia appropriata per definire

questa patologia. Le moderne acquisizioni hanno permesso di aggiungere il

termine “OA” agli altri già da tempo utilizzati per indicare questa patologia:

artrosi, osteoartrosi e malattia articolare degenerativa (DJD). Questo è

dovuto agli approfondimenti inerenti questa artropatia, che hanno permesso

di accantonare la tradizionale classificazione che ascriveva l’OA al gruppo

delle artropatie degenerative non infiammatorie e la loro relativa concezione

di semplice forma di senescenza e consumo articolare. Si parla di

plurifattorialità eziologica e, per lo studio della patologia, si è rivelato utile

individuare quei fattori di rischio che determinano l’avviamento di quella

complessa serie di eventi meccanici, biochimici e molecolari, responsabili

dell’OA. Oggi, viene considerata come una condizione infiammatoria, anche

se lo stato di flogosi non è classicamente mediato dall’aumento dei leucociti

a livello del liquido sinoviale, tipico di altre forme di artrite (Yuan et al. 2003).

L’OA occupa in Medicina Veterinaria una nicchia clinica importante, sia per

l’impatto epidemiologico che per la complessità della gestione terapeutica. E’

stimata colpire più del 20% dei cani di età superiore ad un anno (Pfizer

Animal Health 1996, Rychel 2010). E’ anche al primo posto come causa di

16

dolore cronico nel cane. Secondo uno studio americano (Rimadyl A&U Study,

1999) in media vengono visitati 45 cani affetti da questa malattia al mese, di

cui il 21% affetti da OA grave, il 38% da forme moderate e il 41% da forme

lievi. L’OA, inoltre, mostra una frequenza diversa a seconda dell’articolazione

colpita, ad esempio in un gruppo di 46 Labrador Retrivers l’articolazione

dell’anca e della spalla sono più frequentemente colpite da OA rispetto

all’articolazione del gomito (Smith et al. 2006, Runge et al. 2008, Huck et al.

2009). In un recente studio è risultato che l’OA è la patologia ortopedica più

frequentemente riscontrata in cani di qualsiasi taglia ed età (Shearer 2011).

1.4 Cause di OA

1.4.1 Classificazione eziologica

Dal punto di vista eziologico l’OA viene distinta in primaria e secondaria. L'OA

primaria è considerata l'espressione clinica del processo di involuzione delle

articolazioni, legato sia all'età che all'usura articolare. Si parla di OA

"idiopatica" per indicare forme di OA primaria a supposta predisposizione

ereditaria. Le razze maggiormente colpite da questo tipo di OA sono: Beagle,

Boxer, Chow Chow, Dalmata e Samoiedo (BOA). Nel cane, l'OA è

prevalentemente secondaria ad un ampio ventaglio di artropatie. Le cause

dell’OA sono difficili da determinare, ma essa è di solito secondaria ad un

certo tipo di trauma (Anderson et al. 2011), che può essere rappresentato sia

da una forza anormale, che agisce su un’ articolazione normale, cioè un

trauma esogeno come una frattura o una lussazione articolare o una rottura

legamentosa; sia da una forza normale che agisce su un’articolazione

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anormale, cioè che si manifesta secondariamente ad una condizione dello

sviluppo, come nel caso delle displasie. Non dobbiamo dimenticare, inoltre,

che la sedentarietà, il disuso funzionale e l’immobilizzazione post-chirurgica

possono essere causa di OA per la compromissione delle componenti

metabolico-nutrizionali responsabili dell’omeostasi articolare.

1.4.2 Patologie congenite causa di OA

Le patologie ereditarie che causano OA secondaria sono essenzialmente

rappresentate da patologie dello sviluppo. Tra queste, le principali sono

rappresentate da displasia di anca, displasia di ginocchio e osteocondrite

disseccante (OCD), che generalmente colpisce la superficie caudale o caudo-

laterale della testa dell’omero, il condilo omerale (in questo caso fa parte di

un complesso di malattie articolari raggruppate sotto il nome di displasia del

gomito, frequentemente causa di OA), il condilo femorale ed le labbra

dell’astragalo.

1.4.3 Patologie acquisite causa di OA

Le patologie acquisite, di solito causate da eventi traumatici, che possono

determinare l’insorgenza di OA secondaria sono molte: fratture articolari, più

frequentemente del condilo dell’omero e della testa del femore; lussazioni,

quelle coxo-femorali rappresentano circa il 90% di tutte le lussazioni del cane

(MacLaughlin et al. 1994); rotture legamentose, in particolare la rottura del

legamento crociato anteriore (LCA) è la causa più comune di OA secondaria

del ginocchio. L’incompetenza di LCA può verificarsi per una rottura

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traumatica (acuta), più frequente, ed una degenerativa (cronica) di questo

legamento. Questa patologia colpisce cani di tutte le razze ed età, con

maggior incidenza nei cani di taglia grande e gigante, iperattivi e in

sovrappeso. Tra le razze canine più predisposte alla rottura di LCA sono

incluse Rottweiler, Newfoundland e Staffordshire Terrier, mentre sembra che

si verifichi con minor frequenza in Basset Hound e Dachshund (Whitehair et

al. 1993). L’età di insorgenza è variabile, ma l’incidenza maggiore è in quelli

dai 4 ai 6 anni. Per quanto riguarda il sesso dell’animale è stato dimostrato

che avviene più frequentemente nelle femmine sterilizzate, probabilmente a

causa dell’eccessivo aumento di peso a cui è soggetta questa categoria

(Whitehair et al. 1993). E’ stato dimostrato che soggetti appartenenti a razze

predisposte alla rottura di LCA (Rottweiler) presentano proprietà meccaniche

inferiori di tale legamento rispetto a soggetti appartenenti a razze non a

rischio (Greyhound) (Wingfield et al. 2000). Studi più recenti hanno

dimostrato che una determinata angolazione del plateau tibiale e

conformazione della tuberosità tibiale sono considerati fattori di rischio

(Cabreta et al. 2008, Inauen et al. 2009).

1.5 Patogenesi dell’OA

1.5.1 Un “ circolo vizioso”

In situazioni fisiologiche, i mastociti della sinovia, grazie al rilascio controllato

del loro contenuto granulare (degranulazione), agiscono da “regolatori

endogeni” dell’omeostasi articolare. In corso di OA, vengono iper-attivati da

vari stimoli (stress meccanici, frammenti osteocartilaginei e neuropeptidi). La

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loro eccessiva ed incontrollata degranulazione provoca la liberazione di

sostanze (citochine, amine vasoattive, enzimi litici, radicali liberi e

neurotrofine), che interagendo con condrociti e sinoviociti, avviano,

sostengono e cronicizzano i meccanismi degenerativi, infiammatori, ossidativi

ed algici tipici dell’OA. I condrociti rilasciano mediatori ad attività catabolica

(citochine, metalloproteasi, metaboliti dell’acido arachidonico, radicali liberi

e PG) che, non contrastati dalle difese endogene (fattori di crescita, inibitori

di citochine e proteasi, antiossidanti), avviano la condrolisi e perturbano

l’equilibrio metabolico dell’osso subcondrale, creando un “circolo vizioso”,

attraverso: attivazione di enzimi degradativi (metalloproteinasi) e di citochine

pro-infiammatorie, attivazione secondaria delle cellule macrofagiche e

liberazione di radicali liberi. Le citochine implicate nell'evoluzione dell'OA

sono: IL-1, IL-4, IL-6, IL-8, IL-10, IL-11, IL-13, IL-17 ed il TNF-α. Le principali

metalloproteinasi sono: collagenasi 1 e 3, la stremolisina 1 e le due isoforme

di aggrecanasi

1.5.2 Modelli sperimentali

La sinovite da sola non è in grado di provocare OA; si rende necessario anche

un evento traumatico (Burr & Radin 1990). I meccanismi in grado di ridurre

l’infiammazione articolare rallentano anche la degenerazione della

cartilagine. Ad esempio, una corretta emostasi si rivela in grado di ridurre lo

sviluppo di alterazioni cartilaginee degenerative, per la minor produzione di

stimoli infiammatori (Meyers et al. 1990). In un altro studio è stato

dimostrato che, soprattutto nei roditori e nel coniglio, i modelli chirurgici che

inducono OA sviluppano instabilità, che causa una degenerazione

20

cartilaginea rapida e grave (Kamekura et al. 2005). Il modello

sperimentalmente indotto di degenerazione cartilaginea da OA più descritto

nel cane è quello della resezione del LCA. In questo modello, l’instabilità

articolare traina lo sviluppo delle alterazioni degenerative. La degenerazione

articolare viene sostenuta e perpetuata dalla risposta ad una flogosi, a sua

volta legata ad una scarsa resistenza della cartilagine (Smith et al. 1999). La

combinazione tra resezione del LCA e danno meniscale, presente nel 53-74%

di cani (Schawalder et al. 1989), rappresenta un’intensa forza destabilizzante

in grado di sviluppare OA (Frost-Christensen et al. 2008). In questi casi la

fibrillazione cartilaginea comincia già dopo una settimana, l’aumento della

vascolarizzazione peri-articolare dopo 15 giorni e la formazione degli osteofiti

subito dopo la rottura (Libicher et al. 2005).

1.6 La risposta di fase acuta

1.6.1 Una risposta aspecifica

La fase acuta di una reazione infiammatoria è una reazione dell’ospite

aspecifica e complessa che si verifica molto precocemente, prima della

stimolazione della risposta immunitaria specifica e della manifestazione dei

segni clinici. Per questo può essere considerata uno dei più precoci markers

di qualsiasi processo patologico. L’origine della reazione può essere attribuita

ad un qualsiasi insulto tissutale (infettivo, immunologico, traumatico,

neoplastico o degenerativo) ed il suo scopo è di restaurare l’omeostasi

dell’organismo e di rimuovere la causa del disturbo, attraverso cambiamenti

fisiopatologici, locali e sistemici. La reazione locale prevede: aggregazione

21

piastrinica, formazione del coagulo, dilatazione dei vasi sanguigni e accumulo

e attivazione di granulociti e cellule mononucleate, che, insieme a fibroblasti

e cellule endoteliali, rilasciano citochine di fase acuta. Questi mediatori

agiscono su diverse cellule “target”, scatenando una reazione sistemica

caratterizzata da: febbre, leucocitosi, aumento dell'indice di

eritrosedimentazione, della secrezione di ACTH e glucocorticoidi e

diminuzione della tiroxina, lipolisi, gluconeogenesi e catabolismo muscolare,

attivazione del complemento e della cascata coagulativa, diminuzione delle

concentrazioni ematiche di zinco e ferro, ma soprattutto una variazione di

concentrazione di oltre 200 proteine plasmatiche: le “proteine di fase acuta”

(APPs) (Cray et al. 2009).

1.6.2 Le proteine di fase acuta (Acute Phase Proteins APPs)

Le APPs vengono sintetizzate principalmente dagli epatociti (Ceron et al.

2005). Possono essere considerate i più precoci markers per numerosi

processi patologici (Ceron et al. 2005). Occorre, però, tenere presente che

sono non-specifiche e quindi molte patologie possono determinarne un

aumento IL-1, TNF-α e soprattutto IL-6, stimolano le cellule epatiche ad

aumentare la sintesi e la secrezione proteica. La loro risposta comincia poche

ore dopo l'insulto e dura 24-48 ore. Molte di queste proteine sono

componenti del sistema immunitario innato ed includono componenti del

complemento, molecole della coagulazione, inibitori delle proteasi e proteine

leganti ferro. Le APPs vengono classificate in “positive” e “negative” a

seconda che la loro concentrazione aumenti o diminuisca in corso di risposta

di fase acuta. Tra le positive sono riconosciute: Proteina C-reattiva (CRP),

22

Seroamiloide A (SAA), Aptoglobulina (Hp), Fibrinogeno (Fb), Alfa-1

glicoproteina acida (AGP) e Ceruloplasmina (Cp). Al gruppo delle negative

appartengono: Albumina, Transferrina, Transtiretrina (TTR o prealbumina),

Proteina legante il retinolo (RBP) e Globulina legante il cortisolo.

Le APPs positive vengono ulteriormente suddivise in maggiori, moderate o

minori in dipendenza della loro magnitudo di aumento.

APPs maggiori: aumentano di 10-100 volte, fino a 1000 volte rispetto ai

valori basali (Eckersall 2000). L’aumento si ha nelle 48 ore dopo l'insulto e

hanno un altrettanto rapido declino. Le principali sono SAA e CRP.

APPs moderate: aumentano di 2-10 volte rispetto ai valori basali in tempi

più lunghi. Rimangono elevate per più di 2-3 settimane dopo la fine del

meccanismo scatenante(Gabay & Kushner 1999; Petersen et al. 2004). Le

principali sono: Hp, AGP e Cp.

APPs minori: hanno un graduale aumento di circa 50% del valore basale

(Eckersall & Bell 2010). Il principale è il Fb.

Figura 7: Cinetica di produzione delle APPs. Da: Gabay C 2006.

23

Per quanto riguarda la loro formazione, esse vengano prodotte da altri

tessuti, oltre il fegato (Eckersall et al. 2010). La produzione extraepatica di

AGP è stata descritta, nell’uomo, in rene, intestino, cuore e prostata (Poland

et al. 2002) ed in diversi tipi di cellule ematiche (Fournier el al. 2000), come i

linfociti. La produzione linfocitaria di AGP sembra trovare conferma anche nel

cane e nel gatto come dimostrato dagli elevati livelli di questa APP in corso di

linfoma (Croce et al. 2005). Polmone, tessuto adiposo, milza e rene invece

possono produrre l’Hp (Ebersole & Cappelli 2000). La produzione di SAA è

stata dimostrata in intestino, rene, midollo osseo, adipociti (in caso di

iperglicemia) e ghiandola mammaria (in caso di mastiti), in diverse specie

animali (Gronlund et al. 2003).

1.6.3 Influenza di razza, sesso ed età sulle APPs del cane

Nel cane, la Hp è presente in circolo nei soggetti sani (Eckersall et al. 1996). In

cani sani di razza Beagle le concentrazioni di AGP sono più basse rispetto a

quelle di cani meticci (Yuki et al. 2010), inoltre, in seguito all'inoculazione di

Ehrlichia canis, i Beagle hanno mostrato picchi di concentrazioni di CRP

superiori a quelli descritti nei meticci (Shimada et al. 2002). Nei Greyhound le

concentrazioni di Hp e AGP sono più basse rispetto ai cani non appartenenti

a questa razza (Couto et al. 2009). Non è mai stata evidenziata alcuna

differenza per il sesso nel cane (Kuribayashi et al. 2003). Per l’età, non sono

numerosi gli studi sulle APPs. Uno studio sperimentale dimostra che le

concentrazioni di CRP, dopo somministrazione di olio turpentine, aumentano

in misura minore nel cani di 1 mese di età rispetto a quelli di 3 e 18 mesi; tra i

3 e i 72 mesi d'età sembra non si verifichi, invece, alcun cambiamento

24

(Kuribayashi et al. 2003). Pertanto, nel caso in cui si voglia monitorare una

risposta infiammatoria in un cucciolo, occorre tenere conto dell'età del

paziente (Hayashi et al. 2001).

1.6.4 Influenza di obesità, stress e gravidanza sulle APPs del cane

L'espressione genica della CRP e della Hp è stata identificata nel tessuto

adiposo canino e possono essere sintetizzate dagli adipociti (Eisele et al.

2005). Secondo alcuni Autori, i cani obesi hanno concentrazioni di CRP

minori rispetto ai cani non obesi (Veiga et al. 2008). Le concentrazioni di TNF-

α risultano più alte nei soggetti obesi (Gayet et al. 2004). Le concentrazioni di

SAA non hanno dimostrato alcuna differenza prima e dopo la dieta (German

et al. 2009). L'obesità quindi potrebbe essere associata ad uno stato

infiammatorio subclinico che si risolve quando si ripristina il normale stato di

nutrizione (German et al. 2009). Secondo alcuni Autori, lo stress può portare

ad una risposta di fase acuta (Siracusa et al. 2008). Elevate concentrazioni di

CRP sono state rilevate anche in cagne durante la gestazione (Vannucchi

2002). Sembra, infatti, che il danno endometriale indotto dall'impianto

dell'embrione scateni una risposta di fase acuta nel l'organismo materno.

1.7 La proteina C-reattiva

1.7.1 Funzione biologica, proprietà cinetiche e interazione con le cellule

La CRP, in Medicina Umana, è il principale marker di infezioni, patologie

autoimmuni, traumi, malignità dei tumori, necrosi ed infarto miocardico. Per

25

tali motivi la CRP è stata identificata (Dillman & Coles 1966), isolata (Riley &

Coleman 1970) e caratterizzata (Caspi et al. 1984) anche nel cane. Essa è

dotata di elevata sensibilità nel rilevare uno stato infiammatorio, ma

numerose malattie possono darne un aumento (Chan et al. 2009). Per questo

può essere usata come marker precoce di infiammazione (Mads Kjelgaard-

Hansen 2003a-b). In due recenti studi condotti sull’uomo, è stato dimostrato

che l’espressione genica della CRP è aumentata nel tessuto adiposo (Memoli

et al. 2007) e in soggetti affetti da gengiviti e parodontiti (Maekawa et al.

2011). In quest’ultimo studio è stata valutata l’espressione genica della CRP

nelle cellule epiteliali gengivali, nei fibroblasti gengivali e nelle cellule

endoteliali dell’arteria coronaria. Il risultato è stato una maggior espressione

di questo gene nelle parodontiti rispetto alle gengiviti. Inoltre nell’uomo la

CRP è stata identificata in: monociti (Kolb-Bachofen et al. 1995), linfociti

(Kuta & Baum 1986), cellule tubulari renali (Jabs et al. 2003), macrofagi

alveolari (Dong & Wright 1996) e cellule epiteliali del tratto respiratorio

(Gould & Weiser 2001). Nel cane è stata identificata nei macrofagi alveolari e

nelle cellule renali. La CRP si è rivelata negli anni un utile marker per il

monitoraggio e la risposta alla terapia di numerose patologie e nello

screening del benessere, come descritto da Kao e collaboratori (2006). In

questo studio, è stato evidenziato che persone che hanno uno stile di vita più

salutare (si alimentano con una dieta equilibrata, fanno attività fisica

regolarmente e non fumano) presentano livelli di CRP minori rispetto a

soggetti che non seguono una vita sana. Recentemente la CRP e stata

misurata anche nelle urine di cane ed utilizzata come potenziale marker di

danno renale (Maddens et al. 2008, Smets et al. 2010), tuttavia la

concentrazione di CRP urinaria (uCRP) non è risultata statisticamente

26

differente tra i soggetti sani e quelli con danno renale (cronic kidney disease

o CKD) (Smets et al. 2010). La concentrazione di CRP può essere valutata

anche nei versamenti di differente natura e può essere un utile marker per il

clinico utile a differenziare un trasudato da un trasudato modificato o da un

essudato (Parra et al. 2006).

Le variazioni della CRP durante la fase acuta sono rappresentate da:

1. una bassa concentrazione nella normale omeostasi (Otabe et al. 1998)

2. una breve fase di latenza di 4 ore (Caspi et al. 1984, Higgins et al. 2003)

3. un picco di concentrazione dopo circa 24 ore (Yamamoto et al. 1992).

4. una rapida normalizzazione (Yamamoto et al. 1992, Hayashi et al. 2001)

I livelli sierici che raggiunge la CRP riflettono strettamente l’estensione del

danno tissutale (Caspi et al. 1984). Per la proprietà di fagocitosi, è stata

definita come una primitiva forma di anticorpo (Ceron et al. 2005) e ne fa

un’importante costituente del sistema di difesa innato (Volanakis 2001). La

CRP possiede altre funzioni biologiche: induzione di altre citochine,

inibizione della chemiotassi, modulazione della funzione dei neutrofili e

degradazione dei componenti nucleari per facilitarne l'eliminazione

(Mansfield et al. 2008, Cray et al. 2009). Queste funzioni vengono espresse

modulando l’attività di alcune cellule:

Monociti e macrofagi: attivazione (Pue et al. 1996), induzione della

chemiotassi (Han et al. 2004), adesione endoteliale (Woollard et al. 2002)

Neutrofili: inibizione chemiotassi (Shephard et al. 1990), de-granulazione

(Filep & Foldes-Filep 1989) e adesione (Zouki et al. 1997)

Mastociti: attivazione (Fujimoto et al. 2003)

Aggregazione piastrinica: attivazione ed inibizione (Filep et al. 1991)

Cellule muscolari dei vasi: attivazione (Hattori et al. 2003)

27

1.7.2 Metodiche di laboratorio per misurare la CRP nel cane

La misurazione della CRP sierica si effettua, generalmente, mediante

dosaggio immunologico, utilizzando anticorpi specifici per la CRP canina.

Sono stati descritti altri metodi di misurazione: immunoturbidimetria su

analizzatore biochimico automatizzato (Eckersall et al. 1991), ELISA (Rikihisa

et al. 1994), test di agglutinazione su vetrino (Tagata et al. 1996), dosaggio

immunoturbidimetrico ad uso umano (Kjelgaard-Hansen et al. 2003a) o

immunofluorimetria time-resolved (TR-IFMA) (Parra et al. 2006).

I fattori che influenzano la misurazione sono:

Stoccaggio: la CRP canina come analita appare relativamente stabile a -

10°C per almeno 3 mesi (Riley & Zontine 1972).

Anticoagulanti: i valori di CRP risultano inferiori se misurati su plasma

citrato piuttosto che su siero (Martinez-Subiela & Ceron 2005).

Emolisi, lipemia e bilirubinemia: con una metodica “commerical solid

phase sandwich immunoassay” la CRP subisce modificazioni nei campioni

emolitici, con iperbilirubinemia o lipemici (Martinez-Subiela & Ceron

2005). L'utilizzo, invece, di TR-IFMA permette di valutare corrette

concentrazioni di CRP anche in campioni con emolisi, con

iperbilirubinemia o ipertrigliceridemia (Parra & Ceron 2007). Il metodo

immunoturbidimetrico può diminuire i valori reali della CRP in corso di

forte emolisi, dando possibili falsi negativi (Eckersall et al. 1991). Il

metodo ELISA può aumentare i valori reali della CRP in corso di emolisi e

lipemia, dando possibili falsi positivi (Eckersall et al. 1991).

Si è visto inoltre che il metodo immunoturbidimetrico con analizzatore

automatico “ADVIA 1650” con kit compatibile “CRP TIA” creato per la CRP

28

sierica umana è valido per analizzare la CRP sierica canina in quanto vi è cross

reazione tra l‟anticorpo policlonale anti-CRP umana e l‟antigene della CRP

canina (Kjelgaard-Hansen et al. 2003a-b). Il metodo immunoturbidimetrico

studiato da Eckersall e collaboratori (1991) ha evidenziato che riesce ha

determinare la CRP da 1mg/L. Studi già intrapresi hanno evidenziato come

cani sani presentino valori di CRP sierici minori di 0.15 mg/dl in seguito ad

analisi con un kit ELISA (Eckersall et al. 1989; Villiers & Blackwood 2005),

valori minori di 0.5 mg/dl in seguito ad analisi con metodo semi-quantitativo

EIA (electroimmunoassay) standard (Caspi et al. 1987), valori tra 0,2 ± 0,41 e

1,89 ± 2,30 mg/L ricavati attraverso un kit ELISA in uno studio effettuato in 11

bracchi tedeschi che apparivano clinicamente sani (Martinez-Subiela et al.

2002) e secondo Otabe (1998) i valori tra 0,08 e 1,64 mg/dl in seguito ad

analisi con metodo ELISA su 10 cani di razza Beagle. Quindi la tecnica ELISA

risulta più sensibile nell’individuazione della CRP nel siero (Sipe 1995).

1.8 Le APPs nelle patologie articolari

1.8.1 Applicazione delle APPs nelle patologie articolari umane

Già da molti anni sono stati riscontrati un aumento della concentrazione di

CRP ed SAA, in pazienti umani affetti da artrite reumatoide (Sukenik et al.

1988, Koga et al. 2008) ed una diminuzione della concentrazione di CRP dopo

trattamento con farmaci anti-infiammatori (Loose et al. 1993, Tishler et al.

1985). E’ stato dimostrato che SAA presenta, in corso di artrite reumatoide,

sia un incremento nel siero che nel liquido sinoviale (O’Hara et al. 2000) ed

inoltre determina un aumento della concentrazione di IL-6 (Koga et al. 2008,

29

Pearle et al. 2007). Per quanto riguarda la CRP è stato dimostrato il suo

incremento a livello sierico in uomini affetti da artrite reumatoide (Sowers et

al. 2002, Pearle et al. 2007). Inoltre, può essere usata come marker

d’infiammazione precoce e per la valutazione della gravità della patologia

(Emery et al. 2007). E’ stata, poi, esaminata la sua validità come fattore di

predizione della risposta alla terapia in pazienti affetti da artrite reumatoide

(Buch et al. 2005). La misurazione della CRP è anche un test utile nella

diagnosi di infezioni successive ad artroplastica totale del ginocchio (Della

Valle et al. 2007) e di artrite settica nei bambini (Levine et al. 2003). In molti

studi, che hanno esaminato le APPs in pazienti affetti da artropatie

infiammatorie, è stato riscontrato che i loro valori sierici sono più elevati

rispetto al liquido sinoviale (Shine et al. 1991); in uno studio, invece, è stato

messo in evidenza che in alcuni soggetti affetti da artrite reumatoide la

concentrazione sinoviale di SAA era maggiore di quella sierica (Kumon et al.

1999). Un aumento della CRP è stato dimostrato in pazienti affetti da OA

(Sturmer et al. 2004, Sowers et al. 2002, Pearle et al. 2007) e questo

aumento è correlato alla progressione (Conrozier et al. 2000, Sharif et al.

1997) e alla gravità della patologia (Pearle et al. 2007). Una CRP alta nel siero

associata con valori elevati di IL-6 nel liquido sinoviale indica la presenza di

una infiammazione sinoviale cronica (Pearle et al. 2007). Di recente è stato

messo in evidenza che i livelli basali della CRP sierica sono predittivi di un

rischio di perdita della cartilagine in corso di OA (Pelletier et al. 2010).

1.8.2 Applicazione delle APPs nelle patologie articolari canine

In Medicina Veterinaria un uso di routine della misura delle APPs non viene

30

effettuato. Ad oggi, in letteratura, sono presenti numerose “review” che

descrivono tali proteine e la risposta di fase acuta negli animali da compagnia

(Murata et al. 2004, Petersen et al. 2004, Ceron et al. 2005, Cray et al. 2009),

ma, sulla scia della Medicina Umana ci stiamo sempre più avvicinando verso

un loro maggiore utilizzo clinico. Negli animali da reddito le APPs sono state

proposte come marker di benessere dell'allevamento (Murata et al. 2004,

Petersen et al. 2004, Ganheim et al. 2007), negli animali da compagnia sono

prevalentemente descritte come marker prognostici (Cray et al. 2009).

L’utilizzo delle APPs, in particolare della CRP, ha inoltre trovato applicazione

nella medicina sperimentale (Hanton et al. 2008, Tsuchiya et al. 2009).

Al contrario della Medicina Umana, in Medicina Veterinaria esistono pochi

studi che esaminano la possibilità di utilizzazione delle APPs come marker di

artropatie (Caspi et al. 1987, Ohno et al. 2008). Studi condotti sul cavallo,

tramite iniezioni di lipopolisaccaridi in articolazione, hanno dimostrato che si

ha, a causa dell’istaurarsi di una reazione infiammatoria, produzione sierica

ed intrarticolare di SAA (Jacobsen et al. 2006). La concentrazione della CRP è

maggiore in cani con artropatie immunomediate che in cani con patologie

non attive o trattati con corticosteroidi (Caspi et al. 1987). In un ulteriore

studio (Hurter et al. 2005) è stato esaminato il ruolo della CRP sierica come

marker di OA valutandola in 29 cani affetti da questa patologia. Tutti i cani

testati presentavano valori di CRP sierica entro i normali limiti, che

tendevano comunque ad essere maggiori rispetto al gruppo di controllo. In

questo caso, gli autori hanno concluso che la CRP non è un marker affidabile

di OA. In uno studio recente è stata misurata la concentrazione di SAA nel

siero e nel liquido sinoviale di cani con artropatie infiammatorie e non. Gli

Autori hanno riscontrato un aumento della concentrazione della SAA nel

31

siero in tutti i cani affetti da infiammazione sistemica. Anche per quanto

riguarda il liquido sinoviale, la sua concentrazione è risultata aumentata,

ipotizzando così la possibilità di una sua produzione locale, a livello

dell'articolazione infiammata. Il numero di cani testati, però, è troppo basso

per poter esprimere conclusioni in merito (Kjelgaard-Hansen et al. 2007).

La misurazione della CRP nel liquido sinoviale di cani affetti da OA non era

stata effettuata in nessuno studio precedente a quello da me seguito

(Bennett et al. 2013). Questo studio, che è stato pubblicato a Marzo 2013, è il

primo nel quale è stata valutata la credibilità della CRP come marker di OA e

di efficacia dei trattamenti con farmaci anti-infiammatori non steroidei. Per la

sua trattazione si rimanda ai Capitoli 2, 3, 4 e 5.

1.9 Valutazione clinica e diagnosi di osteoartrite

1.9.1 La procedura diagnostica

Una diagnosi corretta dipende da una storia clinica dettagliata e da

un’altrettanto completa valutazione del paziente (Fox Mills 2011). Per questi

motivi è necessario standardizzare le procedure diagnostiche seguendo una

precisa sequenza procedurale rappresentata da:

attenta raccolta di segnalamento ed anamnesi

esame clinico, ortopedico e neurologico, completo

valutazione radiografica dell’articolazione colpita

valutazione biochimico-clinica, che includa i principali parametri emato-

clinici (elettroliti e creatin fosfochinasi) e analisi del liquido sinoviale

eventuale utilizzo di strumenti avanzati di imaging: tomografia

32

computerizzata, risonanza magnetica e artroscopia

altri test non di routine: analisi dell’andatura con sistemi avanzati di

valutazione (analisi cinetica del passo mediante force plate ed analisi

cinematica del movimento), test elettrodiagnostici (elettromiografia)

1.9.2 Segnalamento

Per quanto riguarda l’età del soggetto, conoscerla è importante per una

grossolana discriminazione dei problemi e per la diversa caratterizzazione

clinica ed eziologica che l’OA assume nel soggetto in accrescimento e nel

soggetto adulto/anziano. Per quanto riguarda la razza sono state descritte

predisposizioni di alcune razze a questa patologia e ad altre artropatie che

possono causarla. E’ stato proposto da tre autori italiani (A. Vezzoni, C.M.

Mortellaro, M. Petazzoni) un approccio diagnostico orientato alla razza (BOA:

breed oriented approach) consistente in un elenco delle patologie

ortopediche più comuni nelle varie razze. Cani di grossa mole sono più colpiti

da rottura di LCA, displasia di anca e gomito ed OCD in varie sedi; mentre

cani di piccola taglia da necrosi asettica della testa del femore e lussazione di

rotula. Ma “razza non vuol dire diagnosi” (Leo Brunnberg 2002), perché per

poterla formulare c’è sempre bisogno di un esame sistematico.

1.9.3 Motivo della visita ed anamnesi

La storia anamnestica del cane verrà presa in considerazione con particolare

attenzione per l’attività, l’ambiente, un trauma, altre condizioni morbose ed il

temperamento. L’anamnesi varia a seconda dell’età di insorgenza, della

33

gravità e dell’anomalia sottostante, ma di base segue un modello di

alterazioni lentamente progressive dell’andatura, di dolore ed inabilità. Nella

maggior parte dei cani il dolore artrosico non provoca vocalizzazioni, ma può

manifestarsi attraverso altri segni clinici come: zoppia, atrofia muscolare,

riluttanza all’esercizio, malessere generale, letargia, inappetenza, alterazioni

comportamentali, leccamento o mordicchiamento dell’articolazione,

irrequietezza, insonnia, ricerca di fonti di calore o di cucce confortevoli e

difficoltà ad assumere la postura per la toelettatura. Solitamente, il paziente

giovane o lievemente colpito mostra segni clinici intermittenti, cioè, durante

l‘evoluzione della malattia, si alternano periodi in cui la sintomatologia è

lieve o assente a periodi in cui la sintomatologia è grave o ben manifesta, a

seconda del tipo di articolazione colpita e della gravità. Ad esempio, l’OA di

gomito è generalmente molto più invalidante dell’OA di anca (Fitzpatrick et al

2009). Il paziente adulto o anziano, che è colpito da OA secondaria ad un

evento traumatico, ha un’anamnesi diversa. Molto spesso si identifica un

evento iniziale che causa una zoppia da modesta a grave. Può essere notata

una tumefazione a livello dell’articolazione colpita e, se l’insulto è avvenuto

da qualche tempo, un’atrofia muscolare dell’arto interessato. Davanti ad una

delle due presentazioni, non appena la condizione progredisce, il proprietario

segnala che il paziente è rigido e ha difficoltà di deambulazione soprattutto

dopo il riposo, ma che il riscaldamento scioglie questa rigidità. Non

dobbiamo dimenticare che nel soggetto adulto l'OA può essere causata

anche da una patologia dello sviluppo non diagnosticata precedentemente,

dato che spesso il proprietario non si accorge di un’alterazione della

deambulazione del proprio animale, a causa della natura subdola e

all’andamento intermittente di questa patologia.

34

1.9.4 Esame clinico

Per poter effettuare una diagnosi corretta l’esame clinico deve essere

costituito da: esame obiettivo generale, esame ortopedico con paziente

sveglio e con paziente sedato associato ad un esame radiografico e ad un

prelievo di liquido articolare e sua successiva analisi.

Esame obiettivo generale

Volto prevalentemente a valutare lo stato di salute, le condizioni fisiche

generali del soggetto e ad escludere condizioni mediche (cardiopolmonari,

metaboliche, neurologiche) che possono causare zoppia e debolezza.

Esame ortopedico con paziente sveglio

L’esame ortopedico deve essere effettuato, possibilmente, in associazione ad

una valutazione neurologica, al fine di identificare cause neurologiche di

dolore o zoppia come ad esempio la compressione di una radice nervosa

dovuta ad ernia discale. Tale esame comprende la valutazione del paziente

che si muove liberamente nella sala visite o in altra zona più ampia per

determinare il grado e la sede della zoppia, valutare la conformazione

corporea e la presenza o meno di tremori in stazione. La zoppia viene

generalmente classificata in vari gradi. Il metodo di valutazione adottato in

questo studio è descritto successivamente. La zoppia viene valutata al passo,

al trotto e al galoppo con il cane che si muove avvicinandosi e allontanandosi

dall’osservatore e posizionandosi di lato. E’ opportuno osservare l’andatura

35

su terreni diversi e su piani inclinati e scale. Durante l’osservazione

dell’animale viene, inoltre, preso in considerazione il movimento per e da

una posizione di riposo (sit test), la posizione di sostegno del peso (se sono

presenti diminuzioni del carico), la massa muscolare dell’arto (se è presente

atrofia muscolare), la presenza di asimmetrie articolari o tumefazioni dei

tessuti molli. Una volta individuata la zoppia, si esegue la palpazione degli

arti, con il paziente in stazione quadrupedale o in decubito laterale. Le

articolazioni sono esaminate per le caratteristiche del tessuto pericapsulare

fluttuante (versamento acuto) o duro (fibrosi cronica).

Esame ortopedico con paziente in sedazione

Viene ripetuta la palpazione dell’arto affetto da zoppia e dell’articolazione

implicata nella patologia, per rilevare segni clinici che possono essere sfuggiti

all’esame con paziente sveglio. Inoltre, viene effettuata la valutazione del

ROM (Range of motion), così da eliminare la componente dolorifica, che

potrebbe impedirci di interpretare in modo corretto la reazione dell'animale.

La flessione e l’estensione dell’articolazione sono eseguite mentre si

stabilizzano le ossa prossimali e distali a livello della sede colpita.

1.10 L’esame radiografico nella diagnosi di OA

1.10.1 Esame radiografico

I radiogrammi in bianco vengono usati più comunemente per stabilire la

diagnosi di OA, la gravità e l’estensione della malattia e per valutare la sua

36

progressione (Adams & Wallace 1991). Lo svantaggio principale dell’esame

radiografico è che le strutture bidimensionali o tridimensionali possono

apparire sovrapposte, impedendo una corretta visualizzazione di importanti

dettagli. Le aree dell’articolazione che vengono valutate sono: il piano osseo

subcondrale, l’osso subcondrale trabecolare, i margini articolari e le aree

dove i legamenti, i tendini e la capsula articolare si inseriscono. Normalmente

il piano osseo subcondrale appare come una striscia sottile, radiopaca e

parallela adiacente allo spazio articolare. Le aree periarticolari hanno un

contorno liscio. Le singole strutture di tessuto molle non si distinguono

facilmente, a meno che non siano delimitate dal grasso. Lo spazio articolare

appare come un’area radiotrasparente tra le superfici adiacenti dell’osso

subcondrale. Spesso con la sola radiografia le strutture all’interno dello

spazio articolare non sono ben visualizzabili e questo ostacola una precisa

diagnosi di OA, soprattutto allo stadio precoce (Olsewski et al. 1983). Le

alterazioni più comuni, che si evidenziano a livello articolare con l’esame

radiografico sono: l’osteofitosi, la sclerosi dell’osso subcondrale, il

rimodellamento dell’osso e la riduzione dello spazio articolare.

Osteofitosi

L’osteofitosi è la formazione di nuovo osso ai margini articolari, è una

anomalia patognomonica dell’OA. Gli osteofiti si sviluppano nelle aree

dell’articolazione soggette ad un basso stress, quindi, a livello periarticolare,

sebbene possano diventare visibili anche all’interno, attorno all’articolazione

(Moskowitz & Goldberg 1987) o all’inserzione ossea di capsula articolare,

tendini e legamenti. In questo caso prendono il nome di entesiofiti . Si ritiene

37

che gli osteofiti derivino dalla trasformazione metaplastica di membrana

sinoviale in cartilagine (Moskowitz 1999). Come possibile eziologia è stata

suggerita, anche, un’alterata vascolarizzazione dovuta ad un’invasione di vasi

sanguigni o ad una congestione venosa (Mankin & Brandt 1997). La loro

produzione è mediata dai prodotti della degradazione della cartilagine

articolare. Dal punto di vista radiografico, gli osteofiti si presentano come

labbri di osso neo-formato, che circondano i bordi dell’articolazione. Non

appena l’osteofita si sviluppa, si stacca dalla cartilagine calcificata originale e

dall’osso subcondrale. Da un punto di vista clinico nell’uomo gli osteofiti del

ginocchio sono associati a dolore, tanto da poter predire la risposta dolorosa

articolare più accuratamente del restringimento dello spazio articolare

(Cicuttini et al. 1996). Spesso attraverso questo esame la formazione di

osteofiti ed entesiofiti è sottovalutata a causa della localizzazione e delle

dimensioni ridotte, soprattutto negli stadi iniziali della malattia.

Figura 3: Ginocchio destro di cane affetto da OA secondaria a rottura del LCA. Da Mortellaro, Miolo 2003

Restringimento dello spazio articolare

Nei pazienti umani il restringimento dello spazio articolare, che si evidenzia

in modo più preciso nelle radiografie sotto carico, è stato accettato come

marker di degenerazione della cartilagine articolare (Leach et al. 1970),

38

anche se è ancora in discussione il suo valore diagnostico in rapporto ad altri

indicatori indiretti (Brandt et al. 1991). Nei pazienti veterinari, sebbene sia

molto difficile, la determinazione dello spazio articolare è importante per la

valutazione dell’OA (Morgan 1969). Sarebbe di aiuto fare delle radiografie

anche dell'arto controlaterale per poter valutare l'entità di questa

alterazione; oppure uno studio radiografico che permetta di valutare i

cambiamenti nel tempo dello spazio articolare nell'articolazione patologica.

Sclerosi e rimodellamento dell’osso subcondrale

La sclerosi ossea è il segno radiografico più precoce di OA. Essa si evidenzia

come un aumento della radiopacità a livello dell'osso subcondrale di 1-2 mm.

Con il passare del tempo, nelle fasi avanzate dell'OA, si hanno, nelle aree

soggette a maggior carico, ulteriori cambiamenti dell’osso subcondrale come:

l’eburneazione, la formazione di cisti, l’appiattimento e la deformità.

1.10.2 OA dell’articolazione del ginocchio

Figura 8: Proiezione normale (sinistra) e stressata (destra) del ginocchio del cane affetto da rottura del LCA. Normale: neoformazione ossea margine distale della rotula e versamento articolare. Stressata:

spostamento caudale del femore rispetto alla tibia, abbassamento dell’osso sesamoide. Da Gielen 2012

39

L’OA dell’articolazione del ginocchio può essere secondaria a rottura del LCA

e posteriore, rottura dei menischi e alle lussazioni rotulee. Per quanto

riguarda la rottura di LCA non è possibile una visualizzazione del legamento

rotto. E’ soltanto possibile evidenziare la presenza del versamento articolare

nelle rottura acute, attraverso l’aumento di densità dello spazio

infrapatellare, normalmente radiotrasparente (segno del grasso

infrapatellare), mentre nella fase cronica è possibile evidenziare le

modificazioni tipiche dell’OA. I segni radiografici più precoci sono il

versamento articolare e la produzione di osteofiti (Gilbertson et al. 1975,

Widmer et al. 1994, Innes et al. 2004). La formazione degli osteofiti, per

questa articolazione, inizia già dopo 3 giorni dall’insorgenza della rottura di

LCA (Gilbertson et al. 1975), ma si rendono visibili a livello del margine

laterale e mediale della troclea femorale dopo 2 settimane (Widmer et al.

1994). I siti in cui si ha formazione precoce di osteofiti sono il limite distale e

prossimale della cresta trocleare. Successivamente si formano a livello del

condilo mediale e laterale del femore e della tibia, della fossa

intercondiloidea, del bordo distale e prossimale della rotula, della tuberosità

tibiale, del bordo del plateau tibiale e delle ossa sesamoidi. Gli entesiofiti si

formano più tardivamente e a livello dell’inserzioni dei legamenti crociati e

dei legamenti collaterali. Altri cambiamenti sono la sclerosi dell’osso

subcondrale, il restringimento dello spazio articolare, l’appiattimento delle

superfici articolari e una deformità vara o valga. Altre modificazioni dell’osso

subcondrale in corso di OA sono: l’eburneazione, la formazione di cisti,

l’appiattimento e la deformità.

40

1.11 TECNICHE AVANZATE DI DIAGNOSTICA PER IMMAGINI NELLA

DIAGNOSI DI OA

1.11.1 Tomografia computerizzata (CT)

Questa tecnica permette una miglior visualizzazione della formazione di

nuovo osso o di una lisi ossea, a causa della migliore discriminazione della

densità fisica, della possibilità di manipolare la scala di grigi dell’immagine

digitale e dell’eliminazione delle strutture sovrapposte (Drost et al 1996). Si

rende, quindi, molto importante nell’identificazione di quei pazienti

predisposti all’insorgenza di OA. In Medicina Veterinaria la CT è stata usata

nell’identificazione della frammentazione del processo coronoideo mediale

dell’articolazione del gomito (Braden et al 1994) e nella valutazione dei

cambiamenti degenerativi del ginocchio del cane dopo resezione di LCA

(Fitch et al 1996), evidenziati già a stadi precoci.

Sinistra: Rx ginocchio cane 5 anni (sclerosi condilo laterale femore). Destra: CT frattura da avulsione per rottura del LCA. Da Gielen 2012

1.11.2 Risonanza magnetica (MRI)

La MRI è in grado di visualizzare tutti i componenti dell’articolazione e può

41

individuare un’ampia varietà di anomalie articolari e periarticolari. Fornisce

un metodo sensibile per la diagnosi di alterazioni ossee associate all’OA e

permette la differenziazione delle lesioni subcondrali (Nolte-Ernsting et al.

1996). Sono stati eseguiti molti studi per valutare condizioni come l’OCD di

spalla nel cane (VanBree et al. 1993) e rottura sperimentale del LCA (Widmer

et al. 1994). La MRI dell’OA sperimentale del ginocchio del cane mette in

evidenza i difetti presenti nella cartilagine articolare, un’aumentata intensità

del segnale dal menisco, i corpi liberi nello spazio articolare, una sinovia

aumentata e osteofiti (Widmer et al. 1991). La MRI è più sensibile della

radiografia convenzionale nella valutazione dell’OA nel ginocchio del cane; la

sclerosi ossea subcondrale è sovrastimata nell’esame radiografico (D’Anjou et

al. 2008). Potrà, quindi, consentire l’individuazione di stati precoci della

degenerazione condrale, così come potrà essere in grado di monitorare le

risposte all’intervento farmacologico.

Figura 9: MRI ginocchio sano. Da Gielen 2012

1.11.3 Artroscopia

L’indagine artroscopia viene utilizzata a scopo diagnostico e terapeutico. In

virtù dell’ingrandimento delle superfici articolari, della capsula articolare e

42

delle strutture intra-articolari, le lesioni spesso vengono diagnosticate ancor

prima che le alterazioni degenerative siano radiograficamente visibili. Il

trauma iatrogeno della cartilagine articolare dipende spesso

dall’inesperienza dell’operatore. L’edema post-artroscopico si riassorbe di

norma entro 24-48 ore dalla procedura.

Figura 10: Visione artroscopica recesso femorale laterale del ginocchio (articolazione distesa con gas). Si nota: intensa sinovite reattiva, sofferenza della cartilagine articolare e delle porzioni peri-articolari,

frammenti di osteofiti. Da: Giovannella 2005

1.12 Diagnostica di laboratorio in corso di OA

1.12.1 Analisi del liquido sinoviale

La diagnostica di laboratorio in pazienti affetti da OA è caratterizzata

dall’analisi del liquido sinoviale, che si rende molto importante per valutare le

alterazioni precoci e per poter differenziare l’OA da artropatie prettamente

infiammatorie (McLLWraith et al. 2001). Nel Capitolo Terzo è specificata tutta

la procedura di prelievo ed analisi del liquido sinoviale.

1.12.2 Alterazioni del liquido sinoviale in corso di OA

I cambiamenti nel liquido sinoviale in corso di OA non sono così evidenti

43

come in corso di artropatie infiammatorie (Taylor 2010). Negli stadi iniziali di

OA, quando prevale la componente infiammatoria, si ha un'abbondante

quantità di liquido sinoviale nell'articolazione patologica. Viceversa, quando

l'OA è ad uno stadio cronico, prevale la componente degenerativa e quindi si

ha una minor quantità di liquido sinoviale (Raskin & Meyer 2010). La viscosità

del liquido sinoviale in corso di OA è una valutazione indiretta del contenuto

di acido ialuronico. Gli enzimi lisosomiali, elaborati dai sinoviociti ed i radicali

liberi derivati dall’ossigeno prodotti dai neutrofili e dai macrofagi,

determinano la degradazione dello ialuronato nel liquido e nell’interstizio

dell’articolazione (Damyanovich et al. 1999). Quindi, la viscosità del liquido

può essere diminuita per la presenza di molecole di acido ialuronico di peso

molecolare più basso e per l’effetto diluizione causato dall’essudazione del

liquido nella cavità articolare (Myers & Brandt 1995, Duncan et al. 1994).

Inoltre, è un parametro da considerare per ottenere informazioni riguardo la

gravità del processo e la prognosi (Conrad et al. 2003). In corso di OA

secondaria a traumi, il liquido sinoviale può assumere colorazione giallastra a

causa di una pregressa emorragia (Griffin & Vasseur 1992). La presenza di

microemorragie è messa in evidenza dal riscontro di eritrofagociti,

emosiderofagi e da cristalli di ematoidina. In corso di iperplasia della

membrana sinoviale è possibile riscontrare i sinoviociti disposti in cluster di

6-10 elementi oltre ad un aumento del loro numero e della loro basofilia.

La conta delle cellule nucleate può essere normale o lievemente aumentata.

Il principale riscontro è quello di un aumento delle cellule mononucleate,

macrofagi e linfociti (Stobie et al. 1995). Occasionalmente, possono essere

anche riscontrati frammenti cartilaginei ed osteoclasti ad indicare erosione

della cartilagine articolare ed esposizione dell’osso subcondrale. Harari

44

(1997) ha stabilito che il liquido sinoviale di cani con OA post-traumatica è

trasparente, con eritrociti singoli e meno del 10% di monociti. Il contenuto di

proteine può risultare inalterato o leggermente aumentato, ma spesso la

quantità di glucosio è minore a causa dell’attivazione della glicolisi. Come

riportato nello studio effettuato da Griffin e Vasseur (1992), nel liquido

sinoviale proveniente da ginocchia affette da incompetenza di LCA, il valore

delle cellule nucleate aumenta maggiormente nelle rotture parziali del

legamento rispetto alle rotture complete e che, in entrambi i casi, si ha un

aumento delle proteine totali (3,2 g/dl).

Figura 12: Cane: OA. Sinoviociti raggruppati con caratteristiche citologiche anormali e aumento macrofagi. Iperplasia ed esfoliazione da artropatia cronica. Da Raskin e Meyer 2010

In uno studio compiuto sul cane è stata valutata la conta di cellule nucleate

nel liquido articolare di ginocchia affette da OA secondaria a rottura del LCA.

E’ stato notato che variava da 1000 a 12000 cellule/µl con una media di 3800

cellule/µl. In 7 casi su 10 la percentuale di neutrofili era aumentata ma non

superava il 34% ed in tutti i casi esaminati il test di coagulazione della mucina

dava luogo alla formazione di coaguli non normali (Lewis 1987). In un recente

studio condotto su 18 cani affetti da rottura del LCA sono state valutate le

principali alterazioni chimico-fisiche del liquido articolare, la viscosità e la

concentrazione del glucosio sono risultate ridotte, mentre le proteine totali e

l’attività dell’LDH aumentate (Garanov 2012).

45

1.13 Valutazione di markers di OA nel liquido articolare

L’analisi del liquido sinoviale consente di eseguire anche indagini particolari,

non eseguite “di routine”. Per la valutazione dell’OA sono proposte sostanze

definite “markers molecolari”. I biomarkers nel sangue e nel liquido sinoviale

possono essere usati per identificare i pazienti negli stadi precoci dell’OA, per

seguire la progressione e l’efficacia del trattamento e per monitorare lo stato

di salute. Sono stati studiati markers che riflettono la sintesi e la

degradazione delle molecole della matrice e dell’infiammazione (APPs). La

concentrazione dei markers nel liquido sinoviale sono influenzate da: grado

di versamento articolare, clearance del marker nell’articolazione, livello di

esercizio e ritmo circadiano (Kraus et al. 2002). Otterness (2000) ha studiato

14 markers per il monitorare l’OA. Essi sono stati divisi in quattro gruppi:

1. Markers ossei: sialoproteina ossea, idrossilisilpiridinolina, lisilpiridinolina

2. Markers dell’anabolismo cartilagineo: propeptide C del procollagene di

tipo II, ialuronano, epitopo 846, fibronectina cartilagine-specifica

3. Markers del catabolismo cartilagineo: cheratan solfato, proteina

oligomerica della matrice cartilaginea

4. Fattore di crescita trasformante β

I markers della sintesi e della degradazione cartilaginea maggiormente

studiati e classificati sono divisi in due gruppi (Garvican et al. 2010):

1. Markers della degradazione e sintesi del collagene: epitopi derivanti dal

collagene di tipi II

2. Markers non collagenici: proteoglicani, condroitin solfato, keratan solfato,

markers dell’attività proteolitica, fibronectina, proteina oligomerica della

matrice cartilaginea (Garnero & Delmas 2003).

46

La degradazione del collagene di tipo II può essere identificata mediante

anticorpi generati contro il sito di clivaggio della collagenasi. L’anticorpo 9A4

che riconosce i frammenti di collagene è stato usato per misurare la

degradazione della cartilagine dopo iniezione di collagenasi nelle

articolazioni del ginocchio del criceto (Otternes et al. 2000a). La

degradazione del proteoglicano viene evidenziata prevalentemente tramite

l’individuazione dell’aggrecano, condroitin solfato e cheratan solfato. I

prodotti della degradazione del proteoglicano che trasportano l’epitopo

antigenico cheratan solfato possono essere individuati dagli anticorpi 5D4.

Esso, però, non si è rivelato utile come marker specifico dell’OA sia nei cani

(Innes et al. 1998) che nei cavalli (Todhunter et al. 1997). I prodotti della

degradazione del proteoglicano che trasportano gli epitopi del condroitin

solfato sono rilevati dagli anticorpi 7D4 e 3B3 (Garvican et al. 2010). La

proteina oligomerica della matrice cartilaginea aumenta nel siero in corso di

OA precoce (Chaganti et al. 2008). Viene usata come marker di degradazione

della cartilagine, ma essa viene secreta anche dalla sinovia (Recklies et al.

1998) e può essere ritrovata nei tendini (DiCesare et al.1994) e nei menischi

(Muller et al. 1998). Quindi, un suo aumento può riflettere anche una

sinovite. La metodica usata per rilevarla è l’ELISA (Vilim et al. 1997). La

fibronectina cartilagine-specifica è aumentata nella cartilagine di cani affetti

da OA e la fibronectina totale si trova in concentrazioni elevate nel liquido

sinoviale prelevato da articolazioni patologiche (Burton-Wurster et al. 2002).

In medicina umana, inoltre, è stato evidenziato che nell’OA precoce si ha un

aumento delle metalloproteinasi della matrice nel liquido sinoviale

(Lohmander et al. 1993). In uno studio effettuato su aggrecano, collagene di

tipo II e proteina oligomerica della matrice è stato dimostrato che la loro

47

valutazione clinica in corso di OA è molto utile per valutare gli effetti e la

progressione dell’OA e la riposta alla terapia (Matyas et al. 2004).

Nella tabella sottostante (Giovannella 2005) sono riportati i principali

markers valutati nel liquido sinoviale di cane affetto da OA secondaria a

rottura del LCA.

IDENTIFICAZIONE SITO DI DOSAGGIO SIGNIFICATO

Proteine della fase acuta

Citochine (IL-6)

Recettori solubile delle IL

Sangue Infiammazione sitemica

Conta leucocitaria

Proteine totali

Enzimi lisosomi ali

Proteine della fase acuta

Liquido sinoviale Infiammazione locale

Lattoferrina Neutrofili Infiammazione locale

Immunocomplessi

Alfa 2-microglobulina

Recettori solubili IL-2

Linfociti Reattività cellulare sinoviale

IL-1, IL-6, IL-8, TNF

PG

Macrofagi Reattività cellulare sinoviale

Acido ialuronico Membrana sinoviale

Reattività cellulare sinoviale

Epitopi dei proteoglicani

Cheratan-solfato

Collagene

Metalloproteinasi

Monossido di azoto

PG

IL-1, IL-6, IL-8, TNF

Cartilagine Reattività tissutale articolare

Osteocalcina

Sialoproteina ossea

Osso Reattività tissutale articolare

48

1.14 Terapia nei soggetti affetti da OA

1.14.1 Approccio multimodale

Negli ultimi anni la Medicina Veterinaria si è andata via via orientando verso

nuove possibilità terapeutiche e verso l’applicazione di un approccio definito

“di combinazione” (Martinez 2002), capace cioè, tramite interventi tra loro

diversi (tecniche chirurgiche e conservative, farmacologiche e non), ma ad

effetto sinergico, di agire su causa, meccanismi patogenetici e sintomi di OA

(Mortellaro & Miolo 2004). “Se c’è una possibilità di evitare l’OA” dice

Bennett (2010) “questa deve contemplare tre modalità di approccio

combinate: quella genetica, per individuare soggetti a rischio e controllarne

la riproduzione; quella chirurgica per contrastare le cause primarie dell’OA e,

infine, quella medica basata su terapie volte a prevenire o rallentare l’OA”. La

scelta dei metodi di trattamento dell’OA, a seconda dei vari casi, dipende

dall’età e dallo stile di vita dell’animale e dal quadro clinico e gravità della

malattia.

Figura 13: Gestione multimodale dell’OA, rappresentata dalla sovrapposizione di due triangoli, uno relativo al trattamento farmacologico e uno a quello non farmacologico. Da Fox Millis 2011

49

1.14.2 Terapia non farmacologica

Prevede tutta una serie di misure conservative non farmacologiche, volte ad

agevolare il recupero e/o il mantenimento della funzionalità delle

articolazioni affette dai processi degenerativi. Si basa su tre aspetti principali:

1. Il regime dietetico: ha due obiettivi fondamentali, quello preventivo, per

cui si cerca di evitare errori quali-quantitativi nella dieta (Petazzoni 2001);

quello terapeutico, per correggere eccessi ponderali. La riduzione del

peso, conseguenza del bilanciamento dietetico, ha migliorato sia i segni

clinici (Impellizzeri et al. 2000) che le alterazioni radiografiche (Kearly et

al. 2001) di OA. E’ stato evidenziato un significativo miglioramento nei

cani alimentati con una dieta contenente elevati livelli di EPA ed acidi

grassi omega-3 totali (Schoenherr 2005).

2. Il controllo del peso: oltre a determinare uno stress meccanico

sull’articolazione, l’obesità può favorire il processo infiammatorio e quindi

peggiorare la sintomatologia (Sanderson 2012). Gli adipociti producono

numerosi ormoni ed un complesso di proteine chiamate adipochine, tra le

quali TNF- α, IL-6, IL-8, IL-10 (Eisele et al. 2005). Il controllo del peso, oltre

che attraverso la dieta, viene raggiunto attraverso un programma di

esercizi controllati e/o guidati, “low impact exercise” (Sharma 2002).

3. La fisioterapia riabilitativa: efficace complemento ai trattamenti chirurgici

e farmacologici per l’OA nel cane (De Risio & Mizzau 2002). E’

caratterizzata da esercizi terapeutici passivi (es. massaggi, mobilizzazione

passiva, stretching) ed attivi (es. attività su treadmill), tecniche fisiche

strumentali e idroterapia.

50

1.14.3 Terapia di sostegno

E’ basata sull’utilizzo di sostanze capaci di controllare l’evoluzione dell’OA,

tramite un’azione diretta sui meccanismi patogenetici (Steinmeyer 2000,

Walker-Bone 2003). I condroprotettori sono sostanze capaci di riequilibrare il

metabolismo della cartilagine, potenziando i processi sintetico-riparativi ed

inibendo i degenerativi. Alcuni di questi farmaci vengono somministrati per

via intra-articolare o intra-muscolare, come glucosaminoglicani polisolfatati e

acido ialuronico. Altri, detti natriuretici condroprotettori (condroitin solfato,

glucosamina e acido ialuronico), vengono somminitrati per via orale. Inoltre,

riducono dosaggi e tempi di somministrazione degli anti-infiammatori.

1.14.4 Terapia anti-infiammatoria

Corticosteroidi

Questa classe di farmaci inibisce l’infiammazione, agendo sull’attività della

fosforilasi A2 e, quindi, diminuendo la produzione di acido arachidonico a

livello dei fosfolipidi di membrana. Ciò diminuisce la produzione di

eicosanoidi. L’uso dei corticosteroidi nel trattamento dell’OA è controversa.

Quando usati ad alte dosi o spesso, essi possono diminuire la sintesi del

collagene e del proteoglicano (Todhunter et al. 1996). La diminuzione

dell’attività delle metalloproteinasi può essere dovuta sia ad un’inibizione

diretta o indiretta, tramite l’inibizione delle citochine pro-infiammatorie

(Krane 1993). Vengono soprattutto usati i corticosteroidi orali ad intervalli,

per evitare gli effetti collaterali sistemici. E’ stata anche usata la

51

somministrazione intra-articolare. Studi “in vitro”, su espianti cartilaginei

canini, hanno suggerito che dopo somministrazione intra-articolare di

metilprednisolone si dovrà evitare un carico pesante dell’articolazione,

perché ne può derivare un danno alla matrice cartilaginea (Farquhar et al.

1996). Comunque, una rara somministrazione dei corticosteroidi intra-

articolare può essere accettata (Wildmer 1997).

Farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS)

Questi farmaci hanno azione analgesica, antinfiammatoria ed antipiretica

inibendo attività della ciclossigenasi e fosfolipasi A2 e sintesi delle PG.

Le ciclossigenasi vengono suddivise in: ciclossigenasi 1 o costitutive (COX 1),

presenti nei tessuti sani e responsabili del mantenimento della normale

omeostasi dell’organismo; e ciclossigenasi 2 o inducibili (COX 2), responsabili

della modulazione del dolore e dell’infiammazione. L’obiettivo della terapia

con FANS è di inibire la formazione di PG implicate nella patogenesi dell’OA

(COX-2), risparmiando nel contempo la sintesi di quelle associate a

funzionalità fisiologiche positive (COX-1) (Warner & Mitchell 2002). I moderni

FANS hanno la proprietà di inibire in particolare le COX-2 (COX-2 selettivi), ma

nella gran parte dei casi, per essere efficaci, devono essere usati a dosi tali da

inibire anche i COX-1. I FANS COX-2 selettivi sono rappresentati da: deracoxib,

carprofene, firocoxib, mavacoxib, etodolac, tepoxalin e robenacoxib. I FANS

che, invece, determinano un’inibizione anche delle COX-1 sono: aspirina,

ketoprofene, carprofene e fenilbutazone. Il meccanismo d’azione dei FANS è

incentrato sulla cascata dell’acido arachidonico.

52

Figura 14: Cascata dell’acido arachidonico. Da Fox Millis 2011

L’effetto tossico viene esercitato attraverso l’inibizione di chemiotassi ed

attività dei monociti e dei polimorfonucleati, dell’aggregazione dei neutrofili

e la loro produzione di enzimi lisosomiali. Gli effetti collaterali sono più

frequenti nei soggetti anziani e in quelli ammalati di glomerulopatie, malattie

gastrointestinali ed epatiche. E’ essenziale quindi somministrare una dose di

mantenimento del FANS che corrisponda alla dose minima efficace. Questa

classe farmacologica è più comunemente associata a reazioni avverse a

carico del tratto gastrointestinale (64%), del distretto renale (21%) ed epatico

(14%) (Hampshire et al. 2004). A livello gastrointestinale i FANS possono

essere responsabili dello sviluppo di emorragie, erosioni ed ulcerazioni della

mucosa gastrica. A livello renale nel cane l’effetto collaterale più serio è la

necrosi papillare renale, che causa insufficienza renale acuta, che può

determinare la morte del paziente (Pages et al. 2005). I FANS possono

53

indurre un epatopatia, quindi è opportuno controllare periodicamente il

profilo ematologico, biochimico e coagulativo. Le complicanze più

documentate con l’uso dei FANS sono associate alla somministrazione

eccessiva e/o la somministrazione contemporanea di più FANS (Lascelles et

al. 2002, Lascelles & McFarland 2004), o FANS associati a corticosteroidi

(Boston et al. 2003).

Utilizzo dei FANS nell’OA

L’utilizzo, soprattutto a lungo-termine, dei FANS nell’OA deve tener conto,

oltre che degli effetti collaterali, anche dei potenziali danni a carico delle

cartilagini articolari (Dingle 1999). I FANS possono causare condrolesività

diretta ed indiretta, legata, cioè, alle proprietà analgesiche di questi farmaci

che, consentendo il mantenimento della funzionalità articolare, favoriscono il

perdurare di una condizione di sovraccarico e possono determinare un

peggioramento del quadro clinico. Alcuni studi indicano che i FANS,

soprattutto COX-2 selettivi, hanno un effetto minimo sulla riparazione ossea,

di legamenti e tendini (Radi & Khan 2005). Allo stato attuale, l’incidenza di

eventi avversi ed un’efficacia clinica non superiore a quella dei tradizionali

FANS (Schnitzer 2002) ha stimolato la ricerca di molecole “di ultima

generazione”, mirate a bloccare anche altre vie, oltre a quelle mediate dalla

COX. Tra queste, i cosiddetti “doppi inibitori” (es. tepoxalin), capaci di inibire

sia gli isoenzimi della COX che la 5-lipossigenasi (5-LO), dalla cui attività

derivano altri metaboliti dell’acido arachidonico, i leucotrieni, dotati di

elevato potenziale infiammatorio (Odore et al. 2003). A seconda della

localizzazione della patologia si avrà una diversa risposta alla terapia con

54

FANS: il gomito e la spalla sono distretti articolari in cui sarà più difficile

ottenere un netto miglioramento, mentre ginocchio, anca e garretto, pur

tollerando meno bene la degenerazione articolare in corso di OA,

manifestano una miglior risposta ai protocolli terapeutici (Malek et al. 2012).

Questo è dovuto alla deambulazione del cane che prevede un maggior carico

sugli arti anteriori. Per la natura cronica e progressiva dell’OA, il trattamento

con FANS deve essere prolungato e di volta in volta adattato al grado e

all’evoluzione della malattia (Innes et al. 2010).

1.14.5 Robenacoxib (Onsior®)

E’ un FANS commercializzato in compresse per cani da 5, 10, 20 e 40 mg. Il

dosaggio nel cane è di 1 mg/kg/SID. Esso è altamente COX 2-selettivo e viene

impiegato anche nel gatto (Giraudel et al. 2009, King et al. 2010). Ha “effetto

sparing” sulle COX-1. King e collaboratori (2009) hanno dimostrato che il

legame del Robenacoxib con le COX-1 è molto meno duraturo rispetto a

quello con le COX-2, che ha una durata di circa 25 minuti. La sua

concentrazione massima ematica viene raggiunta in meno di un’ora (circa 30

minuti) dopo somministrazione per via orale. La sua emivita è di 1-2 ore,

riducendo così il tempo di esposizione al farmaco di rene, tratto gastro-

intestinale e fegato. Il metabolismo è prevalentemente epatico, tramite

ossidazione e idrossilazione. Può essere metabolizzato anche da una via

secondaria, la coniugazione con acido glucuronico. E’ un FANS acido che

presenta un’elevata affinità per le proteine del plasma, a cui si lega

facilmente (legame superiore al 99%). Il risultato è che la concentrazione

all’interno dei tessuti infiammati, come le articolazioni affette da OA,

55

rimangono elevate per un periodo di tempo maggiore rispetto ad altri

farmaci della stessa classe (Silber et al. 2010). Questo dimostra una sua

possibile proprietà di selettività tissutale (Brune & Frust 2007). Anche questa

caratteristica favorisce l’incidenza di minori effetti collaterali, nei tessuti quali

fegato e rene, rispetto agli altri FANS. Ha, quindi, una maggior sicurezza di

impiego. Onsior® è stato ampiamente testato in diversi studi preliminari, in

cui non sono stati rilevati segni di tossicità sistemica né a dosaggi fino a 40

mg/kg al giorno (40 volte superiori al dosaggio terapeutico) per un mese, né

10 mg/kg al giorno (10 volte superiore al dosaggio terapeutico) per sei mesi

(King et al. 2011). La somministrazione in animali con allergia nota ad altri

FANS, affetti da ulcera peptidica o con storia di precedenti emorragie gastro-

intestinali dovrebbe essere evitata. La contemporanea somministrazione di

agenti corticosteroidi oppure altri FANS rappresenta un'ulteriore

controindicazione. L’uso in animali affetti da insufficienza cardiaca, renale o

epatica oppure in animali con grave disidratazione non è consigliato. Qualora

non possa esserne evitato l'impiego è opportuno monitorare con grande

attenzione l'animale. Il farmaco non deve essere utilizzato in animali gravidi e

nel corso di allattamento di cuccioli. Il profilo di efficacia e sicurezza del

farmaco non è stato testato durante la gravidanza e l’allattamento oppure

negli animali impiegati per la riproduzione. Gli effetti collaterali gastro-

intestinali che ha causato nei cani vengono risolti con il trattamento.

Da poco tempo è stata autorizzata la sua utilizzazione per il trattamento del

dolore e della infiammazione associati all'OA cronica e per il trattamento del

dolore e dell'infiammazione secondari a interventi di chirurgia ortopedica o

dei tessuti molli nei cani. Ai dosaggi più bassi può anche essere utilizzato per

il trattamento del dolore e della flogosi acuta associata a disturbi muscolari e

56

scheletrici (ossa) o secondari ad interventi di chirurgia ortopedica nel gatto

(Emmerich 2009). Il protocollo terapeutico da adottare dipende dalle

caratteristiche cliniche dei pazienti:

OA lieve: il trattamento con Robenacoxib va iniziato al momento della

comparsa dei sintomi e protratto per una durata minima di 2

settimane. E’ utile associare al farmaco dei condroprotettori ed un

adattamento delle abitudini di vita.

OA media: è maggiormente indicato adottare trattamenti con Onsior®

da uno a due mesi. Generalmente si ottiene una remissione della

sintomatologia al termine del trattamento ed è molto probabile

averne una successiva riacutizzazione, per cui è necessario ripetere

ciclicamente la terapia. Anche in questo caso vanno associati al

farmaco alcuni trattamenti adiuvanti.

OA grave: è necessario prolungare il trattamento con Robenacoxib per

periodi anche superiori ai 6 mesi, con l’obiettivo di migliorare la

qualità della vita del soggetto piuttosto che della remissione della

sintomatologia ormai persistente. In questo caso oltre a mantenere gli

stessi trattamenti adiuvanti, come nei casi più lievi di OA, è opportuno

considerare la possibilità di associare altri farmaci antidolorifici

(tramadolo, amantadina ecc…) e/o chirurgici di salvataggio.

In qualsiasi stadio della malattia, nelle fasi iniziali della terapia, è necessario

monitorare il paziente ogni 15 giorni. In seguito l’intervallo di tempo verrà

adattato alla risposta clinica.

57

CAPITOLO SECONDO

DESCRIZIONE DEL LAVORO

Il presente studio è stato effettuato su 34 cani affetti da OA secondaria a

incompetenza di LCA.

Tutti i pazienti sono stati sottoposti a una prima visita clinica, con lo scopo di

diagnosticare l’incompetenza di LCA e la secondaria OA. Si è deciso di

prendere in considerazione questa patologia, perché frequentemente causa

di OA e perché, in questo modo, avevamo un gruppo di studio omogeneo. La

visita include una visita generale, un esame ortopedico, un esame

radiografico del ginocchio, un prelievo del liquido sinoviale e sua successiva

valutazione microscopica e macroscopica, incluso il dosaggio della CRP, ed un

prelievo di siero per il dosaggio della CRP.

Successivamente tutti i cani sono stati sottoposti ad un mese di trattamento

con Robenacoxib alla dose di 1 mg/kg, una volta al giorno.

Alla fine del mese ai cani è stata effettuata una seconda visita clinica

impostata come la precedente e con lo scopo di evidenziare un

miglioramento o un peggioramento nel grado di zoppia, nell’OA e nel

dosaggio della CRP nel siero e nel liquido sinoviale.

In entrambe le visite sesso, età, razza, BSC, grado di zoppia e valore della

concentrazione della CRP in siero e liquido sinoviale sono stati registrati per

ogni cane.

58

CAPITOLO TERZO

MATERIALI E METODI

Gli animali utilizzati nello studio sono cani affetti da LCA senza patologie

concomitanti e che non hanno effettuato trattamenti con farmaci

antiinfiammatori nei 15 giorni precedenti alla visita clinica.

La prima e la seconda visita clinica sono state effettuate all’Ospedale

didattico Mario Modenato del Dipartimento di Scienze Veterinarie

dell’Universita degli Studi di Pisa, nel biennio 2009-2011, con il permesso

della Comitato etico per la sperimentazione animale dell’Università di Pisa.

3.1 Prima visita clinica

E’ caratterizzata da visita generale del soggetto, visita ortopedica con

paziente sveglio e in sedazione, esame radiografico del ginocchio, prelievo

del siero e del liquido sinoviale e sua analisi completa. Al fine di

standardizzare i risultati, la visita è stata effettuata sempre dallo stesso

medico veterinario ed utilizzando lo stesso metodo clinico.

3.1.1 Visita generale

Volta soprattutto alla raccolta delle informazioni relative al segnalamento e

all’anamnesi e alla valutazione del body score condition (BSC) e alla presenza

o meno di concomitanti patologie.

L’anamnesi è stata rivolta ad ottenere informazioni di ordine generale, quali:

59

tipo di impiego del cane, temperamento e stile di vita, ambiente di vita,

precedenti problemi sanitari, precedenti traumi e risposta ai trattamenti a cui

il soggetto è stato sottoposto e tipo di alimentazione.

Dopodiché la nostra attenzione si è spostata sull’ottenimento di informazioni

riguardanti la zoppia presentata dell’animale e più specificamente abbiamo

rivolto le nostre domande per ottenere risposte riguardanti:

Il momento di insorgenza della zoppia, per poter valutare il suo decorso

tra acuto (insorgenza da meno di una settimana), subacuto (insorgenza da

meno di un mese) o cronico (insorgenza da più di un mese).

La modalità di insorgenza della zoppia, se improvvisa o progressiva e se

questa era o meno associata a trauma, per differenziare l’LCA su base

degenerativa da quello su base traumatica.

L’andamento della zoppia, se continua o intermittente.

Le condizioni in cui si manifesta la zoppia ed il suo rapporto con l’attività

fisica, se si presenta a freddo o a caldo e se l’animale presenta delle

difficoltà ad effettuare qualche movimento particolare.

L’evoluzione della zoppia, se costante, ingravescente o in miglioramento.

3.1.2 Body condition score (BSC)

Il BSC è un punteggio attribuito ad alcune caratteristiche fisiche dell’animale,

secondo un metodo di valutazione visiva e tattile del suo stato di nutrizione,

visto che il solo utilizzo della bilancia è fuorviante, perché esistono molte

razze e soggetti più grandi più piccoli dei coetanei anche all’interno della

stessa razza. La scala di valutazione da noi utilizzata è quella a 5 punti ideata

da Laflamme nel 1997.

60

Stadio 1: emaciazione, assenza di tessuto adiposo visibile. Le costole, le

vertebre lombari, le ossa pelviche e qualsiasi altra prominenza ossea sono

molto evidenti ed è presente una palese atrofia muscolare.

Stadio 2: animale molto sottopeso, magro, con una scarsa quantità di

grasso di copertura. Costole, vertebre lombari, ossa pelviche e qualche

altra prominenza ossea si apprezzano facilmente alla palpazione ed è

presente una lieve atrofia muscolare.

Stadio 3: animale di peso ideale, buon equilibrio fra massa grassa e

magra.

Stadio 4: animale sovrappeso, depositi adiposi visibili sulle coste e sulle

vertebre lombari. Il loro giro vita è scarsamente apprezzabile.

Stadio 5: obesità, notevoli depositi di grasso sulle costole e sulle vertebre

lombari. Il giro vita è indistinguibile.

3.1.3 Visita ortopedica

E’ costituita da una visita con paziente sveglio seguita da una con paziente

sedato.

Abbiamo effettuato una valutazione ortopedica generale soffermando la

nostra attenzione soprattutto sull’articolazione del ginocchio.

Durante la visita con paziente sveglio è stata valutata la postura e l’andatura

ed abbiamo effettuato i test clinici che ci permettono di evidenziare la rottura

del LCA. Dall’esame della postura è stato possibile evidenziare la

caratteristica ipertensione del ginocchio che si ha in corso di incompetenza di

LCA, atteggiamento che permette di risparmiare le forze muscolari di

quest’articolazione e portare il carico direttamente sui capi ossei.

61

All’esame dell’andatura è stato possibile evidenziare la presenza della zoppia

a livello del posteriore ed il suo grado. Per il nostro studio la zoppia è stata

classificata secondo 5 gradi (Peterson & Keefe 2004):

Grado 0: nessuna zoppia evidenziabile né al trotto né al galoppo e nessun

carico dell’arto in stazione.

Grado 1: nessuna zoppia evidenziabile né al trotto né al galoppo e minimo

carico dell’arto in stazione:

Grado 2: zoppia evidenziabile sia al passo che al trotto.

Grado 3: zoppia evidenziabile sia al passo che al trotto maggiormente

rispetto al grado precedente.

Grado 4: mancato appoggio dell’arto al trotto.

La diagnosi di rottura di LCA è stata effettuata tramite la palpazione del

ginocchio, effettuando anche i movimenti di estensione e flessione, e la

valutazione di: sit test, test di compressione tibiale e test del cassetto.

Alla palpazione del ginocchio è stato possibile evidenziare un ispessimento

periarticolare, sia ai lati del legamento patellare, per il versamento che

determina aumento di volume della capsula sinoviale, sia nel comparto

medio-caudale dell’articolazione, dove l’ispessimento della capsula

determina un gonfiore a ponte tra condilo femorale e plateau tibiale. Con la

cronicizzazione della lesione e l’insorgenza dell’OA secondaria si verifica un

ispessimento generalizzato della capsula sinoviale, ancor meglio

apprezzabile.

Al sit test i soggetti affetti da rottura di LCA si sono seduti tenendo il calcaneo

in fuori ed evitando la posizione a sfinge, oppure sull’arto sano, tenendo il

ginocchio dolente aperto.

Nel test di compressione tibiale si sollecita la spinta craniale della tibia; si

62

tiene fermo il ginocchio in posizione di completa estensione con una mano,

afferrando i condili femorali e con l’indice posto sulla tuberosità tibiale, con

l’altra si forza in flessione il garretto e si controlla con l’indice dell’altra mano

l’eventuale avanzamento della tibia spinta contro il condilo femorale, dopo

che si è messa in tensione la corda magna. Abbiamo riscontrato un risultato

altamente positivo in caso di rottura completa o recente e debolmente

positivo in caso di rottura di vecchia data.

Il test del cassetto viene effettuato afferrando la tibia tra pollice ed indice con

una mano, ponendo il pollice nella parte caudale e l’indice sulla cresta tibiale,

si afferra con l’altra mano il condilo femorale con il pollice posto caudalmente

e l’indice sulla rotula; mantenendo l’articolazione ferma ad un angolo di

120°-140°, si esegue un movimento a cassetto tra le due mani tendendo

fermo il femore e spingendo avanti e indietro la tibia. In caso di rottura

completa e recente il segno del cassetto è risultato molto positivo e la tibia si

è spostata di più di 1 mm, mentre in caso di rottura parziale o di rottura

cronica debolmente positivo e la tibia si è spostata di circa 1 mm.

Successivamente ogni cane è stato sottoposto ad anestesia ed abbiamo

ripetuto le manualità effettuate nella visita ortopedica del paziente da

sveglio. In questo modo abbiamo potuto valutare in maniera migliore

l’incompetenza del LCA, dato che la visita ortopedica e soprattutto il test del

cassetto, provocano dolore, e la reazione del cane, oltre che inopportuna,

comporta una contrazione muscolare che potrebbe ostacolare la manovra.

Durante questa parte della visita ortopedica abbiamo effettuato la

valutazione del ROM, altrimenti falsata dalle reazioni dell'animale. Ai

movimenti passivi di estensione e flessione del ginocchio si è evidenziata una

diminuzione del ROM nei soggetti che presentavano grave versamento

63

articolare e OA, a causa della quale sono stati evidenziati anche crepitii

durante la manipolazione.

Dopo aver diagnosticato clinicamente la rottura del LCA abbiamo eseguito

l’esame radiografico per valutare il grado di OA secondaria.

3.1.4 Esame radiografico

Abbiamo effettuato le due proiezioni standard per la diagnosi di patologie a

livello del ginocchio: la antero-posteriore e la medio-laterale.

I segni radiografici che sono stati presi in considerazione nel nostro studio

per poter evidenziare il grado di OA sono: sclerosi ossea, osteofitosi e

versamento articolare.

La sclerosi ossea si riscontra a livello dell’osso subcondrale come un

aumento della radiopacità che arriva fino a 1-2 mm di spessore. A questo

parametro è stato attribuito un punteggio da 0 (assente) a 1 (presente).

Gli osteofiti sono rappresentati da formazione di nuovo osso ai margini

articolari. Sono stati misurati, nelle due proiezioni effettuate, in undici

distretti anatomici diversi (Vasseur & Berry 1992):

1. Cresta trocleare laterale del femore

2. Cresta trocleare mediale del femore

3. Condilo laterale del femore

4. Condilo mediale del femore

5. Margine distale della rotula

6. Margine prossimale della rotula

7. Parte caudale dell’osso sesamoideo

8. Condilo laterale della tibia

64

9. Condilo mediale della tibia

10. Parte centrale dell’area intercondiloidea della tibia

11. Parte caudale dell’area intercondiloidea della tibia

Il punteggio attribuito per ogni distretto è stato poi convertito in un

punteggio a quattro punti.

0 Assenza di osteofiti

1 Osteofiti < 2 mm

2 Osteofiti tra 2 e 5 mm

3 Osteofiti > 5 mm

Il punteggio così ottenuto è stato poi convertito in un sistema di punteggio a

3 punti.

65

Punteggio da 0 a

10

Lieve 1

Punteggio da 10 a

20

Moderato 2

Punteggio > 20 Grave 3

Il versamento articolare è stato evidenziato tramite il segno del grasso

infrapatellare, cioè dalla presenza di una zona triangolare radiotrasparente

dietro il legamento rotuleo. Il punteggio attribuito a questa anomalia va da 0,

che ne rappresenta l’assenza, a 2, che ne rappresenta la presenza certa

(Innes et al. 2004).

Il punteggio totale della valutazione radiografica è il risultato della somma dei

vari punteggi e dalla loro rielaborazione, come è stato fatto in studi

precedenti (Innes et al 2004). Abbiamo avuto un’idea complessiva della

gravità dell’OA secondaria ad LCA. Nella tabella 3 è riassunta la modalità di

attribuzione dei punteggi.

I sistemi di punteggio radiografico è un metodo fondamentale e ampiamente

usato per la valutazione della progressione. I punteggi radiografici dei cani

privi di legamento crociato hanno dimostrato di andare strettamente di pari

passo con la gravità delle alterazioni macroscopiche, microscopiche e

biochimiche della cartilagine articolare (Drost et al 1996). In uno studio

effettuato per valutare la progressione dell’OA in cani con legamento crociato

rotto è stato dato un punteggio a diversi indicatori radiografici della

patologia. Essi sono: osteofiti, mineralizzazione intra-articolare, versamento

articolare, sclerosi dell’osso subcondrale e un punteggio globale per la

66

situazione patologica generale dell’articolazione. Da questo studio è emerso

che la sclerosi dell’osso subcondrale non è un indicatore che può definire il

grado di OA del ginocchio (Innes et al 2004). In medicina veterinaria viene

data maggiore importanza alla presenza e al grado di osteofitosi per valutare

l’OA.

3.1.5 Prelievo ed analisi del liquido sinoviale

Il prelievo è stato effettuato con il paziente in sedazione. La zona del prelievo

è stata preparata tramite tricotomia e disinfezione chirurgica. Sono state

utilizzate siringhe sterili da 1, 2 o 5 ml con aghi da 20-22 G e provette con

anticoagulante (EDTA, eparina). Terminata la preparazione, l’ago connesso

alla siringa viene introdotto nell’articolazione. Una volta penetrata la capsula

articolare con la punta dell’ago, si applica una leggera depressione, che deve

essere rilasciata prima di estrarre la punta dell’ago, oppure va annullata e

l’ago ritirato in caso di contaminazione ematica del campione. Per quanto

riguarda l’articolazione del ginocchio, il prelievo viene effettuato con il

paziente in decubito laterale ed il ginocchio leggermente flesso. Va applicata

una leggera pressione da un lato del legamento tibio-rotuleo per ottenere la

protusione della capsula articolare dal lato opposto. L’ago viene inserito in

questa zona in direzione obliqua verso lo spazio intercondiloideo della tibia.

67

Da Sandra Corr 2011

Per l’esecuzione dei principali esami sul liquido sinoviale è sufficiente una

piccola quantità, che deve presentare la minima contaminazione ematica

possibile.

Una parte del liquido sinoviale raccolto durante la prima visita è stato

valutato macroscopicamente. La valutazione macroscopica effettuata per il

nostro studio del liquido articolare comprende:

Volume: è la caratteristica che presenta il maggior range di variazione,

dipendente dalla taglia dell’animale e dall’articolazione da cui viene

eseguito il prelievo. E’ raro raccogliere una quantità maggiore di 0,5 ml da

un’articolazione diartroidale normale. Generalmente si assiste ad un

aumento della quantità di liquido articolare associato all’alterazione di

altre caratteristiche macroscopiche in corso di infiammazione articolare.

In corso di OA questo aumento si riscontra nella fase precoce, mentre

nella fase tardiva spesso si assiste ad una diminuzione, sia per la minor

produzione dovuta alla degenerazione instaurata all'interno

dell'articolazione, che per la difficoltà di entrarvi con l'ago, a causa della

presenza di molti osteofiti. E’ bene ricordare, però, che è soprattutto il

clinico, tramite la palpazione dell’articolazione a determinare una stima

68

reale della tensione della capsula sinoviale e quindi un relativo aumento

del liquido articolare.

Colore: in corso di OA il liquido sinoviale assume una colorazione giallastra

più o meno chiara. E' possibile riscontrare una colorazione rossastra del

campione, che può indicare sia una contaminazione ematica iatrogena

durante l’esecuzione del prelievo sia una presenza di sangue patologica in

articolazione. La differenziazione di queste due condizioni può essere

effettuata già al momento in cui viene eseguito il prelievo, dato che il

sangue contaminante colora solo a tratti il liquido che si sta aspirando,

mentre in campioni primariamente ematici il colore del liquido risulta

essere uniformemente rossastro. La conferma si può avere dal

centrifugato in capillare del liquido: un PVC < 2% con surnatante

trasparente sta ad indicare una contaminazione iatrogena e,

citologicamente, si evidenzierà il contenuto di piastrine; un PVC > 5% con

surnatante emolitico invece indica un’emorragia acuta (da 12 a 48 ore) e,

a livello citologico, si riscontreranno fenomeni di eritrofagocitosi; un PVC >

5% con surnatante itterico ci troviamo di fronte ad un’emorragia cronica

(che si protrae da più di 48 ore) ed il quadro citologico sarà caratterizzato

da eritrofagociti ed emosiderofagi. Infatti il liquido articolare può

assumere colorazione giallo-ambrata o marrone in corso di un’emorragia

pregressa.

Torbidità: possiamo riscontrare un suo aumento per incremento del

numero del contenuto cellulare (sia eritrociti che leucociti) del liquido

sinoviale e dall’eventuale presenza di materiale flocculato o coagulato.

Generalmente, nelle articolazioni affette da OA non si riscontra

un'alterazione della torbidità, mentre se ne ha un aumento importante

69

nelle artriti infiammatorie.

Viscosità: in corso di OA si ha una diminuzione evidente di questa

caratteristica del liquido sinoviale, anche in presenza di versamento

articolare abbondante. Essa dipende direttamente dalla concentrazione e

dall’integrità dell’acido ialuronico. Quindi in qualsiasi alterazione che

determini infiammazione articolare si può avere una diminuzione della

viscosità. Per avere una stima di questa caratteristica si può ricorrere ad

un viscosimetro, oppure, un metodo molto più semplice, effettuando una

valutazione empirica espellendo una goccia di liquido articolare dall’ago

della siringa verso un vetrino sottostando o depositandola tra pollice ed

indice ravvicinati per poi separarli. In entrambi i casi si forma un filamento

che, in presenza di liquido sinoviale normale, deve raggiungere la

lunghezza di circa 2-2,5 cm prima di rompersi. Questa valutazione deve

essere fatta subito dopo il prelievo, in quanto nel liquido conservato in

EDTA si assiste ad una diminuzione dell’acido ialuronico. Può essere

riconosciuta un’alterazione della viscosità anche all’esame citologico del

liquido prelevato, perché in campioni con normale viscosità gli elementi

cellulari presenti tendono a distribuirsi in filiere molto regolari,

comunemente denominate “linee d’aria”, mentre in campioni meno

viscosi la loro distribuzione risulta meno lineare e continua.

Inoltre, è stata effettuato l’allestimento dei vetrini subito dopo il prelievo,

utilizzando una goccia di liquido sinoviale per ogni vetrino.

Al momento in cui è divenuto asciutto è stata effettuata la colorazione di

Romanowsky del vetrino (Diff-quick®). Prima il vetrino contenente lo striscio

è stato immerso in una soluzione fissativa costituita da metanolo per circa 10

secondi, successivamente è stato immerso nel colorante eosina per circa 10

70

secondi ed infine nel colorante blu di metilene per lo stesso periodo di

tempo. Questa procedura viene applicata per poter fare l’analisi microscopica

del liquido sinoviale, caratterizzata da:

Esame citologico per conta totale delle cellule nucleate: viene eseguita sul

tal quale a 400 ingrandimenti. Un campione a normale cellularità presenta

circa 2-3 cellule per campo. Dobbiamo ricordare, però, che la conta di

cellule nucleate nel liquido sinoviale normale varia a seconda

dell’articolazione in esame e del paziente, ma in generale si riscontra un

valore minore o uguale a 3000 cellule/microlitro di liquido. Valori

maggiori si possono riscontrare se il liquido sinoviale è prelevato da

articolazioni più grandi, come la spalla o il ginocchio (Fernandez et al

1983). Per effettuare questo esame il liquido articolare deve essere

raccolto in provette con EDTA in quanto questo coagulante porta alla

denaturazione non totale dell’acido ialuronico, dato che i diluenti per

conta cellulare sono a base di acido acetico e quindi il loro utilizzo

determina la formazione del coagulo di mucina. Le cellule nucleate

possono essere contate tramite una camera emocitometrica di Neubauer

oppure con contaglobuli elettronici. Se effettuiamo la conta con la

camera, dopo la conservazione in EDTA il liquido sinoviale viene diluito

con soluzione fisiologica in rapporto di 1:20, mentre se viene usato il

contaglobuli elettronico bisogna eliminare completamente la viscosità del

campione per non danneggiare l’apparecchiatura, per questo può essere

usato un diluente con ialuronidasi in rapporto 1:1. In uno studio compiuto

su un numero limitato di casi il valore medio delle cellule nucleate,

eseguito con conta globuli elettronico, è risultato leggermente superiore a

quello ottenuto con camera emocitometrica (1000 cellule/microlitro nel

71

primo caso e 850 cellule/microlitro nel secondo) (Atilola et al 1986). Nel

nostro studio la conta dei globuli bianchi è stata effettuata tramite

meccanismo automatizzato su un campione di 0,5 ml di liquido previo

trattamento con ialuronidasi allo scopo di eliminarne la viscosità; a questo

scopo sono state utilizzate 2 gocce di soluzione a 150 U/ml di enzima in

PBS ogni 0,25 ml di liquido sinoviale (Sugiuchi et al 2005). Un campione

può essere caratterizzato da normale cellularità oppure da un leggero,

moderato o marcato aumento. Il numero degli eritrociti all’interno del

liquido sinoviale deve essere molto basso. Il numero dei leucociti può

essere stimato confrontando il numero medio di queste cellule per campo

microscopico su un vetrino di liquido sinoviale, con il numero medio di

leucociti per campo microscopico di uno striscio di sangue di cui è noto il

valore leucocitario.

Esame citologico per conta differenziale della componente cellulare:

Normalmente i vetrini presentano uno sfondo finemente granulare di

colore rosato, dovuto alla presenza di glicoproteine. In presenza di una

patologia articolare lo sfondo può divenire meno uniforme e più

granulare. Le cellule nucleate di cui viene valutata la presenza sono:

neutrofili, cellule mononucleate (incluse le cellule in attiva fagocitosi,

sono rappresentate da macrofagi, monociti e cellule della capsula

sinoviale), linfociti ed eosinofili. Normalmente le cellule che sono

maggiormente presenti all’interno del liquido sinoviale sono le

mononucleate (rispetto al totale delle cellule nucleate del liquido

articolare oscillano tra 64% e 97%), ma risulta difficile classificarle nei

diversi citotipi sopra elencati a causa della notevole somiglianza

morfologica. In genere, si riscontrano sinoviociti, poche cellule simili a

72

linfociti ed altre simili a macrofagi, che presentano vacuoli citoplasmatici.

Dobbiamo però fare attenzione l’allestimenti ritardato dei vetrini e

l’effetto dell’EDTA possono determinare la formazione di vacuolizzazioni

nel citoplasma delle cellule. E’ possibile riscontrare anche qualche

neutrofilo, ma il loro numero deve comunque essere minore del 5% per

non risultare significativo. Gli eosinofili non dovrebbero essere presenti ed

il valore dei linfociti può essere variabile dal 3% al 28%.

L’aumento dei neutrofili è indice di una flogosi a livello sinoviale ed è

proporzionale all’entità della flogosi.

In base alla conta delle cellule della linea bianca è stato attribuito un

punteggio al liquido sinoviale da 0 a 3.

Punteggio Conta cellulare del liquido sinoviale

0: non aumentato

meno di 0.7 x 103 cellule/μl

1: lievemente aumentato

da 0.7 a 1.5 x 103 cellule/μl

2: moderatamente

aumentato

da 1.5 a 3.0 x 103 cellule/μl

3: gravemente aumentato

più di 3.0 x 103 cellule/μl

L’altra parte del liquido sinoviale è stata centrifugata a 1500 rpm per 3 minuti

ed il surnatante è stato conservato a -80°C per essere inviato all’Università di

Glascow per la valutazione della concentrazione della CRP.

73

3.1.6 Prelievo ed analisi del siero

E’ stato effettuato per ogni cane dalla vena cefalica. Successivamente è stato

centrifugato, dopo essere stato a bagnomaria per qualche minuto, a 1500

rpm per 3 minuti, per ottenere la separazione del siero dalla parte

corpuscolata. Il siero è stato conservato a -80 °C in attesa di essere inviato

all’Università di Glasgow per la valutazione della concentrazione della

proteina C-reattiva.

3.1.7 Analisi della proteina C-reattiva

Per l’analisi della CRP è stato effettuato un test ELISA (Eckersall et al.1989),

disponibile in commercio (Tridelta Development Limited) e già considerato

valido per la misurazione della concentrazione della CRP nel siero del cane

(Kjelgaard-Hansen et al. 2003). In questo studio è stata ulteriormente

dimostrata la sua validità nella misurazione della CRP nel siero. In questo

studio il test è stato ulteriormente validato per la misurazione della CRP nel

liquido sinoviale, grazie alla valutazione della sua precisione ed

accuratezza. La precisione del test è stata determinata dal calcolo del

coefficiente di variazione (coefficients of variance, CV), che non è altro che

un indice di dispersione che permette di confrontare due misure con unità di

misura differenti, in quanto si tratta di un numero puro. E’ un indice della

precisione della misura. La precisione per questo test ELISA è stata valutata,

quindi, tramite il calcolo del CV con tre campioni di liquido sinoviale

analizzato per la CRP in 5 test separati. Il CV è stato calcolato come la media

74

del CV di campioni duplicati di liquido sinoviale. Per determinare

l'accuratezza del test ELISA nella misurazione della CRP nel liquido sinoviale

purificato, questa proteina è stata erogata a 25 mg/L, 12,5 mg/L e 6.3 mg/L

in un campione di liquido sinoviale con una bassa concentrazione di

CRP. Subito dopo l’analisi della CRP, la media dei valori ottenuti per la CRP è

stata calcolata come una misura del’accuratezza del test.

La presenza di CRP nel liquido sinoviale è stata confermata dalla reazione

crociata con due anticorpi, utilizzando la tecnica di laboratorio Western blot

indiretto, dopo corsa elettroforetica su gel di sodio dodecil solfato

poliacrilammide (SDS-PAGE). Il Western Blot indiretto è una tecnica che

utilizza anticorpi per il riconoscimento specifico di un antigene in una

soluzione contenente numerose proteine ed altri componenti. Si basa sulla

separazione dell’antigene specifico da altre sostanze in base al peso

molecolare e alla specificità dell’anticorpo scelto per il riconoscimento di quel

determinato antigene. Il primo anticorpo utilizzato nel Western Blot usato in

questo studio, è un anticorpo di pecora purificato diretto contro la CRP

canina, ad una diluizione di 1:200. Il secondo anticorpo è di coniglio anti-IgG

di pecora marcato con HRP (Abcam, Cambridge, Regno Unito), che rende

visibile la reazione con l’antigene (CRP) al microscopio. Il Western Blot è stato

sviluppato utilizzando un kit Opti-4CN (Biorad, Hemel Hempstead, Regno

Unito).

3.2 Trattamento con Onsior®

Tutti i cani sono stati trattati per un mese con il FANS Onsior® (Robenacoxib).

La somministrazione del farmaco è avvenuta una volta al giorno ad un

75

dosaggio di 1 mg/kg. Ai proprietari dei cani trattati è stata spiegata

l’importanza della non interruzione della terapia, molto importante ai fini del

nostro studio. Inoltre, è stato detto loro di comunicare tempestivamente alla

clinica veterinaria, se fosse intercorso qualsiasi tipo di problema sanitario nel

periodo di trattamento o qualsiasi effetto collaterale al farmaco. Sono state,

anche, fornite indicazioni riguardo allo stile di vita che l’animale avrebbe

dovuto seguire durante tutta la durata del trattamento. Gli animali dovevano

essere sottoposti ad esercizio controllato, caratterizzato da passeggiate al

guinzaglio di 10 minuti per 3 volte al giorno. Non dovevano essere

assolutamente effettuate attività che implicassero corse, salti e giochi con

altri cani. E’ stata spiegata ai proprietari l’importanza di seguire questa

indicazione, a causa del fatto che un esercizio prolungato e non controllato

può ulteriormente comportare dei cambiamenti negativi nell’articolazione,

aggravando ulteriormente la patologia e causando l’esclusione del soggetto

dallo studio.

3.3 Seconda visita clinica

E’ stata effettuata dopo le quattro settimane di trattamento e coincide con il

giorno in cui gli animali sono stati sottoposti ad intervento chirurgico per la

correzione dell‘incompetenza dell’LCA. Prima dell’operazione tutti i cani sono

stati sottoposti ad una visita simile alla precedente per evidenziare la

presenza di miglioramento o peggioramento dei parametri registrati durante

la prima visita clinica. Quindi sono stati effettuati nuovamente i prelievi del

liquido sinoviale e del siero per evidenziare cambiamenti nella

concentrazione della CRP.

76

3.4 Analisi statistica

I risultati ottenuti dai parametri esaminati durante le due visite cliniche

effettuate e quindi il punteggio attribuito alla zoppia, all’esame radiografico e

alla concentrazione della proteina C-reattiva nel siero e nel liquido sinoviale

dei cani inclusi nello studio è stato comparato attraverso il metodo “Wilcoxon

matched pair signed rank sum test”. E’ stato utilizzato questo metodo, poiché

i dati non sono normalmente distribuiti (valutazione effettuata tramite il

Anderson-Darling Normality Test), di conseguenza è risultato migliore

descrivere i dati come mediana ed interquartile range (IQR) invece che media

e deviazione standard. E’ stato considerato significativo un valore di P<0,05.

Otto casi sono stati esclusi dalle analisi statistiche per il liquido sinoviale CRP,

dieci casi per le analisi di PCR nel siero e 8 casi di zoppia, al conteggio delle

cellule radiografici e sinoviale. I motivi di queste esclusioni sono i seguenti:

· Nel caso 8, 9 e 30 non è stata continuata dal proprietario la terapia con anti-

infiammatorio Robenacoxib per le quattro settimane stabilite. Nel caso 8 è

stato cessato a tre settimane, nel caso 9 a una settimana e nel caso 30 a dieci

giorni.

· Nel caso 29 la classificazione dei campioni prima e dopo il trattamento non è

avvenuta correttamente.

· Il caso 28 ha presentato una concentrazione molto alta della CRP nel siero

prelevato dopo il trattamento farmacologico e qualche giorno dopo la

seconda visita il paziente ha mostrato segni di infezione sistemica, febbre,

vomito, diarrea e leucocitosi che non erano state evidenziate durante la visita

clinica; probabilmente l’aumento della concentrazione della CRP nel siero di

77

questo cane era dovuto ad una rispota precoce dell’organismo alla situazione

infettiva.

· I casi 14,32 e 33 non sono tornati per la seconda visita clinica.

· Per i casi 18 e 19 sono stati persi i campioni di siero e liquido sinoviale.

78

CAPITOLO QUARTO

RISULTATI

4.1 Segnalamento ed anamnesi

La popolazione canina che è stata esaminata nel nostro studio non presenta

una differenza importante per quanto riguarda il sesso, ma è comunque

maggiormente rappresentata da maschi, che sono 19 (56 %) mentre le

femmine sono 15 (44%) tutti di taglia media, medio-grande o grande.

Di questi la maggior parte sono rappresentati da incroci di razze (26%) e da

razze di taglia grande. Tra le razze pure i Labrador sono in numero maggiore

(23%).

56% 44%

Sesso

Maschi

Femmine

79

L’età dei pazienti è compresa tra uno e dieci anni con una maggior

rappresentanza di soggetti di 3 anni (17%), 4 anni (20%), 5 anni (20%) e 6

anni (17%).

26%

23% 12%

9%

6%

3%

3% 3%

3%

3% 3% 3% 3%

Razza

Meticcio

Labrador

Golden Retriver

Pittbull

Corso

Pastore Tedesco

Sharpei

Newfoundland

Pastore Autraliano

Spinone

Bullmastif

Great Dane

Beagle

3%

11%

17%

20% 20%

17%

9%

5% 0%

5%

Età

1 anno

2 anni

3 anni

4 anni

5 anni

6 anni

7 anni

8 anni

80

Nella tabella 1 sono specificati, per ciascun caso, i risultati del segnalamento.

All’anamnesi ci è stato maggiormente riferito la comparsa di una zoppia

improvvisa da modesta a grave a livello dell’arto posteriore a seguito di un

evento iniziale che l’ha determinata (trauma, caduta, salto). Inoltre, essendo

una zoppia conseguente ad LCA e quindi essendo colpito un solo arto, esiste

una ridistribuzione del peso sugli altri arti ed alcuni proprietari hanno

evidenziato un’andatura asimmetrica.

E' stato valutato il momento di insorgenza e la durata della zoppia,

soprattutto per valutarne il decorso acuto (< 1 settimana), sub-acuto ( < 1

mese) o cronico (> 1 mese). La maggior parte dei cani inclusi nello studio

presentano una zoppia cronica (27 casi), i rimanenti 7 pazienti presentano

una zoppia sub-acuta. Nessun soggetto presenta una zoppia acuta alla visita

clinica.

21%

79%

Durata della zoppia

Decorso sub-acuto

Decorso cronico

81

4.2 Visita generale

I risultati riguardanti il body score condition ottenuti durante il nostro studio

hanno mostrato un maggior numero di soggetti appartenenti allo stadio 3,

cioè animali di peso ideale 20 casi (60%). Nessun soggetto è stato presentato

alla visita in condizioni di emaciazione e soltanto un soggetto presentava una

condizione di obesità (3%). I restati 8 cani sono stati classificati nello stadio 4,

cioè lievemente sovrappeso (24%).

Nella tabella 1 è specificato per ciascun caso il punteggio relativo al BSC

attribuito.

4.3 Visita ortopedica

Alla prima visita clinica la maggior parte dei soggetti, 17, presentavano una

zoppia di grado 3 (53%) ed altri dieci di grado 4 (33%); i restanti 4 cani erano

0%

13%

60%

24%

3%

BSC

Stadio 1

Stadio 2

Stadio 3

Stadio 4

Stadio 5

82

affetti da zoppia di grado 2. Alla visita successiva al trattamento

farmacologico 3 soggetti presentavano una zoppia di grado 1 (16%), la

maggior parte di grado 2 (49%) ed una buona quantità di grado 3 (32%).

Soltanto un soggetto presentava una zoppia invariata di quarto grado. Da

questo si deduce che la maggior parte dei soggetti presentava una zoppia più

lieve alla prima visita rispetto alla visita successiva al trattamento

antiinfiammatorio (74%). Tre dei casi clinici non sono tornati alla seconda

visita e quindi non è stato possibile valutarne il grado di zoppia. In nessun

caso si è avuto un peggioramento della sintomatologia.

0% 0%

15%

54%

31%

Zoppia pre-trattamento

Grado 0

Grado 1

Grado 2

Grado 3

Grado 4

0%

19%

58%

19%

4%

Zoppia post trattamento

Grado 0

Grado 1

Grado 2

Grado 3

Grado 4

83

Nella tabella 2 è specificato, per ogni caso utilizzato nello studio, il grado di

zoppia e l'arto coinvolto; nella tabella 4 è messo a confronto, per ciascun

cane, il grado di zoppia prima e dopo il trattamento con Onsior®.

4.4 Esame radiografico

Il punteggio radiografico attribuito alle alterazioni ossee va da 1 ad 8 ed è

dato dalla somma del punteggio attribuito alle singole caratteristiche dl

ginocchio patologico, riassunte nella tabella 3. Per i 3 cani che non hanno

effettuato la seconda visita non è stato possibile avere la seconda valutazione

radiografica. Nella maggior parte dei casi (69%) non si è assistito ad una

variazione dello scoring radiografico dopo il trattamento con Robenacoxib e

nei restanti casi si è assistito ad un peggioramento (31%). Si assiste, però, ad

una notevole diminuzione, dei casi a cui era stato attribuito punteggio 1 (17%

alla prima visita clinica e 4% alla seconda). Negli 8 casi in cui si è assistito ad

un peggioramento dello scoring radiografico si è avuto un aumento di uno o

0

0,5

1

1,5

2

2,5

3

3,5

4

4,5

1 3 5 7 9 11 13 15 17 19 21 23 25 27 29 31 33

Lameness Score

Pre

Post

84

due punti.

17%

10%

7%

7%

22%

22%

7% 7%

Scoring radiografico pre-trattamento

P. 1

P. 2

P. 3

P. 4

P. 5

P. 6

P. 7

P. 8

4% 15%

12%

15% 20%

15%

12% 7%

Scoring radiografico post-trattamento

P. 1

P. 2

P. 3

P. 4

P. 5

P. 6

P. 7

P. 8

85

Nella tabella 5 è indicato il punteggio radiografico a confronto tra prima e

dopo il trattamento antiinfiammatorio.

4.5 Esame del liquido sinoviale

Anche in questo caso per 3 cani non è stato possibile effettuare il secondo

prelievo di liquido articolare. I casi che hanno presentato una diminuzione

del numero delle cellule nucleate tra i campioni prelevati alla prima visita e

quelli prelevati alla seconda visita sono 9 (36%), mentre soltanto due casi

hanno presentato un loro aumento (8%). I restanti casi, 14, non hanno

presentato variazione nella cellularità dei due campioni (56%). Tra il gruppo

dei soggetti che hanno presentato una diminuzione del numero delle cellule,

due hanno avuto un netto miglioramento, da gravemente aumentato a

lievemente aumentato.

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

1 3 5 7 9 11 13 15 17 19 21 23 25 27 29 31 33

Rx Score

Pre

Post

86

23%

46%

31%

Scoring del liquido sinoviale pre-trattamento

P. 1

P. 2

P. 3

35%

54%

11%

Scoring del liquido sinoviale post-trattamento

P. 1

P. 2

P. 3

0

0,5

1

1,5

2

2,5

3

3,5

1 3 5 7 9 11 13 15 17 19 21 23 25 27 29 31 33

SF score

Pre

Post

87

Nella tabella 6 è indicato lo scoring attribuito al liquido sinoviale di ciascun

cane prima e dopo il trattamento farmacologico.

4.6 Analisi della proteina C-reattiva nel siero e nel liquido sinoviale

Si è riscontrata una differenza significativa tra la concentrazione della CRP nel

siero e nel liquido sinoviale, nel quale è risultata minore.

La CRP nel liquido sinoviale è risultata aumentata in 6 casi (23%) e diminuita

in 20 (77%) tra l’analisi precedente al trattamento con Onsior® e la

successiva.

La CRP nel siero è risultata aumentata in 9 casi (37,5%) e diminuita in 15

(62,5%).

0

1

2

3

4

5

6

7

2 4 6 10 12 15 17 19 21 23 25 27 34

Pre-trattamento

Post-trattamento

88

Le tabelle 7 e 8 indicano i valori della CRP per ogni caso rispettivamente nel

liquido sinoviale e nel siero prima e dopo il trattamento con Onsior®.

Non vi è alcuna correlazione tra i livelli di CRP nel siero e nel liquido sinoviale,

né nel pre-trattamento che nel post-trattamento.

Come detto precedentemente, tre casi clinici sono stati esclusi dall’analisi

statistica perché hanno cessato il trattamento con Robenacoxib prima della

fine del mese di terapia concordato. In questi tre casi si è verificato un

aumento considerevole della CRP nel post-trattamento.

000

001

002

003

004

005

006

007

008

009

1 2 3 4 5 6 7 10 11 12 13 15 16 17 20 21 22 23 24 25 26 27 31 34

Pre-trattamento

Post-trattamento

000

001

002

003

004

005

1 2 3

Pre

Post

89

CAPITOLO QUINTO

VALUTAZIONI CONCLUSIVE

In tutti i cani inclusi nello studio non ci sono stati effetti collaterali derivanti

dal farmaco somministrato, che è, quindi, stato ben tollerato. Dal confronto

dei valori ottenuti per ogni parametro valutato (zoppia, score radiografico,

score del liquido sinoviale e valori della CRP sia nel siero che nel liquido

sinoviale) alla prima e alla seconda visita clinica, il trattamento

antiinfiammatorio di un mese con Onsior® si è rivelato positivo. La zoppia è

stata messa in evidenza tramite una visita clinica con valutazione del

soggetto a varie andature. Essa è diminuita nella maggior parte dei casi clinici

inclusi nello studio. Questo era comunque un dato atteso viste le proprietà

analgesiche del Robenacoxib, come di tutti i farmaci appartenenti alla classe

dei FANS (Innes et al 2010). Dato che, per tutta la durata del trattamento

antiinfiammatorio i cani sono stati mantenuti ad esercizio controllato,

probabilmente anche questo fattore ha favorito il miglioramento della

sintomatologia clinica.

Il punteggio attribuito alla valutazione radiografica non è diminiuito nella

maggior parte dei soggetti inclusi nello studio. Non è stata riscontrata una

differenza statisticamente significativa tra i valori ottenuti prima del

trattamenti e quelli ottenuti dopo. Questo risultato da ulteriore conferma

delle caratteristiche di patologia degenerativa progressiva dell’OA. Anche in

questo caso, questo risultato rappresenta un dato atteso, dato che pochi

studi hanno mostrato la possibilità che un FANS agisca sui cambiamenti

patologici dell’articolazione affetta da OA. In particolare Pelletier et al in due

90

studi, uno del 1999 e l’altro del 2000, effettuati entrambi sulla molecola

Caprofen, ha messo in evidenza la possibilità di un effetto di questo FANS sui

cambiamenti patobiologici nell’articolazione affetta da OA secondaria a

resezione sperimentale di LCA. I risultati ottenuti non sono significativi a

causa del numero esiguo di cani testati. Inoltre, il trattamento

antiinfiammatorio è stato iniziato il giorno stesso della resezione del

legamento, quindi una situazione molto diversa rispetto a quella valutata nel

nostro studio, dove invece la maggior parte dei cani presentava una zoppia

cronica, cioè insorta da più di un mese.

Il punteggio attribuito al liquido sinoviale, ottenuto dalla conta delle cellule

nucleate, si è presentato invariato nella maggior parte dei soggetti dopo il

trattamento antiinfiammatorio. C’è, però, da ricordare che la conta delle

cellule nucleate nel liquido sinoviale è un esame che viene usato soprattutto

per la diagnosi di artropatia prettamente infiammatoria (Berg et al 2009),

quindi non ci sono studi che indicano tale esame fondamentale per la

diagnosi e valutazione del trattamento nell’OA.

Il risultato principale ottenuto nello studio è stata la diminuzione della

concentrazione della CRP nel liquido sinoviale dopo il trattamento con

Robenacoxib. Il nostro studio è il primo che ha valutato questa proteina della

fase acuta del processo infiammatorio all’interno del liquido sinoviale del

cane. Il risultato che abbiamo ottenuto indica che CRP potrebbe essere un

valido marker di infiammazione articolare e di risposta al trattamento

antiinfiammatorio. Nel liquido sinoviale proveniente dai cani affetti da OA

usati nello studio, la CRP si è presentata aumentata rispetto al gruppo di

controllo, che presentava un liquido sinoviale normale. Inoltre, in circa trenta

dei casi valutati, dopo il trattamento con Robenacoxib il valore della CRP è

91

tornato nel range di normalità, a differenza della concentrazione della stessa

proteina nel siero, che nel nostro studio non ha presentato differenze

significative prima e dopo il trattamento con Onsior. Già Hurter e

collaboratori avevano evidenziato che la CRP nel siero non è un valido marker

nell’OA del cane (Hurter et al 2005). Nel nostro studio la concentrazione

della CRP nel liquido sinoviale è minore rispetto a quella del siero ed, inoltre,

non c’è correlazione tra la concentrazione della CRP nel liquido sinoviale e nel

siero. L’origine della CRP nel liquido articolare non è chiara, potrebbe

originare dal sangue o essere prodotta dalla membrana sinoviale. Il fatto che

la quantità di CRP a livello sinoviale sia minore rispetto a quella sierica, fa

pensare che non ci sia una sua produzione locale, ma il fatto che non ci sia

correlazione tra le concentrazioni di CRP nei due siti, suggerisce che i suoi

livelli nel liquido sinoviale non riflettono soltanto quelli del siero. C’è la

possibilità che la CRP del liquido sinoviale sia determinata soltanto da un

trasferimento dal sangue,ma dato che la sua concentrazione è minore

potrebbe non trattarsi solo di un meccanismo osmotico. La differenza di

concentrazione nei due siti di dosaggio potrebbe essere dovuta ad una

diluizione della CRP nel liquido sinoviale, dato che nell’OA se ne ha un

aumento. Non ci sono, però, studi che dimostrano la produzione locale della

CRP, come invece è stato dimostrato per altre proteine della fase acuta, come

SAA, nell’uomo, nel cane e nel cavallo (Kumon et al 1999, Kjelgaard-Hansen

et al 2007, Jacobsen & Andersen 2007). Dovrebbero essere fatti degli studi di

espressione genica per risolvere questo problema.

Degno di nota è la dimostrazione che la CRP viene espressa anche nel tessuto

adiposo (Memoli et al 2007). Infatti, il tessuto adiposo si riscontra facilmente

intorno alla capsula sinoviale e, nell’articolazione del ginocchio oggetto del

92

nostro studio, è presente il grasso infrapatellare. Queste caratteristiche

associate al fatto che i fibroblasti sono le principali cellule che si riscontrano

vicino alla capsula sinoviale, potrebbe indicare la produzione locale articolare

della CRP.

Alcuni studi hanno avanzato l’ipotesi che gli agenti anestetici possano

determinare della alterazioni nella concentrazione della CRP nel siero (e

quindi anche nel liquido sinoviale) sia nell’uomo che nel cane (Buyukkocak et

al 2006, Saunders et al 2009). Nel nostro studio, però, questa valutazione non

ha importanza, perché i cani sono stati anestetizzati tutti e per tutti e quattro

i prelievi, con lo stesso protocollo anestesiologico, che non ha mai avuto una

durata eccessivamente lunga, e quindi la concentrazione della CRP

probabilmente non è stata compromessa. La metodica di misurazione

utilizzata nello studio è l’ELISA, perché bassi livelli di CRP non necessitano di

un test eccessivamente sensibile. In altri studi (Eckersall et al 1991, Lowrie et

al 2009) è stato utilizzato il metodo immunoturbidimetrico. Questo metodo

ha un limite di rivelazione di 1mg/L, mentre l’ELISA usato nel nostro studio di

0,5 mg/L.

Il Robenacoxib persiste per più tempo nei tessuti infiammati rispetto alla sua

permanenza all’interno della circolazione (Silber et al 2010). Questo ha

portato al concetto della selettività tissutale, attraverso la quale il farmaco si

concentra all’interno dei tessuti infiammati quando è richiesto ed ha un

effetto anti-infiammatorio prolungato (Brune & Frust 2007). La diminuzione

della concentrazione della CRP nel liquido dei cani trattati con Onsior

dimostra l’effetto locale di questo farmaco e la sua selettività tissutale. Non

sono state riscontrate correlazioni tra le concentrazioni della CRP nel sangue

e nel liquido sinoviale con il punteggio attribuito alla zoppia e alle alterazioni

93

radiografiche.

Da notare, tra i risultati del nostro studio, che i casi 8, 9 e 30, che hanno

effettuato la seconda visita clinica dopo aver interrotto precocemente il ciclo

di un mese con Robenacoxib, presentavano un aumento considerevole della

concentrazione della CRP nel liquido sinoviale dopo il trattamento. In tutti gli

altri casi, il secondo prelievo di liquido sinoviale è stato effettuato subito

dopo la fine del periodo di trattamento. Questi dati permettono di avanzare

un’ipotesi: può darsi, infatti, che questo sia un effetto re-bound, cioè che si

assista ad un repentino aumento del parametro considerato subito dopo la

cessazione del trattamento, come avviene per i farmaci corticosteroidi. Dato

che per questi farmaci si effettua una cessazione graduale della terapia,

probabilmente, dovremmo comportarci nello stesso modo anche nella

terapia con FANS, a questo scopo si rendono necessari altri studi riguardanti

questo argomento.

In conclusione la CRP nel liquido sinoviale si è dimostrata un valido marker di

infiammazione articolare e di valutazione del trattamento terapeutico.

D’altro canto il Robenacoxib si è rivelato essere un farmaco efficace e sicuro

nella riduzione della sintomatologia in cani affetti da OA secondaria ad LCA,

dato che ha dato un miglioramento dei parametri clinici. Inoltre, ha

determinato una significativa diminuzione della CRP nel liquido sinoviale

dell’articolazione affetta da questa patologia, ma non nel siero degli stessi

soggetti. Questo indica una proprietà di selettività tissutale del farmaco e la

possibilità di una produzione a livello sinoviale della CRP, che dovrà essere

investigata con altri studi.

94

TABELLE

TABELLA 1: risultato di segnalamento, anamnesi EOG dello studio

SESSO RAZZA ETA’ DURATA DELLA ZOPPIA

BSC PESO

1 Maschio Labrador 4 anni 45 giorni 3 36kg

2 Maschio Labrador 4 anni e 2 mesi

20 giorni 3 36kg

3 Femmina Golden Retriver

5 anni 90 giorni 3 32kg

4 Maschio New Foundland

2 anni e 6 mesi

120 giorni 2 50kg

5 Maschio Golden Retriver

5 anni 60 giorni 3 30kg

6 Femmina Meticcio 4 anni 20 giorni 2 26kg

7 Femmina Spinone 3 anni 45 giorni 3 31kg

8 Maschio Bullmastiff 5 anni 30 giorni 4 56kg

9 Femmina Labrador 10 anni 20 giorni 3 28kg

10 Maschio Pittbull 7 anni 120 giorni 3 36kg

11 Maschio Pittbull 7 anni 60 giorni 3 36kg

12 Maschio Labrador 3 anni e 4 mesi

20 giorni 3 28kg

13 Maschio Labrador 3 anni 48 giorni 3 27kg

14 Femmina Beagle 8 anni 72 giorni 4 20kg

15 Femmina Shar pei 4 anni 30 giorni 3 28kg

16 Femmina Corso 1 anno 120 giorni 2 54kg

17 Maschio Golden Retriver

5 anni 90 giorni 5 42kg

18 Femmina Meticcio 4 anni 180 giorni 3 34kg 19 Maschio Meticcio 4 anni 20 giorni 3 34kg

20 Maschio Pastore Tedesco

6 anni 30 giorni 4 24kg

21 Femmina Meticcio 5 anni 90 giorni 4 32kg

22 Maschio Meticcio 2 anni 180 giorni 3 36kg

23 Femmina Meticcio 3 anni 10 giorni 3 43kg

24 Femmina Pittbull 8 anni 30 giorni 4 40kg

95

25 Maschio Meticcio 7 anni 240 giorni 3 38kg

26 Femmina Pastore Australiano

10 anni 120 giorni 2 24kg

27 Maschio Corso 2 anni 180 giorni 3 48kg 28 Maschio Great dane 2 anni e

6 mesi 90 giorni 3 60kg

29 Maschio Labrador 4 anni 180 giorni 4 35kg

30 Femmina Golden Retriver

3 anni 15 giorni 3 29kg

31 Femmina Labrador 5 anni 150 giorni 4 42kg

32 Femmina Meticcio 5 anni 60 giorni 3 25kg

33 Maschio Labrador 6 anni 30 giorni 4 41kg

34 Maschio Meticcio 3 anni 30 giorni 4 19kg

I casi segnati in verde sono stati esclusi dallo studio

96

TABELLA 2: risultato della valutazione della zoppia dello studio

LCA GRADO DI ZOPPIA 1 Sx 3

2 Dx 4

3 Dx 3

4 Dx 3

5 Dx 2

6 Sx 4

7 Sx 3

8 Dx 3

9 Sx 4

10 Sx 3

11 Dx 3

12 Dx 4

13 Sx 3

14 Dx 2

15 Dx 4

16 Sx 2

17 Sx 4

18 Sx 3

19 Dx 4 20 Sx 3

21 Dx 2

22 Dx 2

23 Sx 4

24 Dx 3

25 Sx 3

26 Sx 4

27 Sx 3

28 Dx 3

29 Sx 3

30 Dx 4

31 Dx 3

32 Dx 3

33 Sx 4

34 Dx 3

97

TABELLA 3: punteggio radiografico usato nello studio

Parametri Assente Lieve Moderato Grave

Oteofitosi 0 1 2 3

Sclerosi osso subcondrale

0 1 2 3

Parametri Assente Incerto Ovvio

Versamento articolare

0 1 2

Punteggio totale 0 1 2

98

TABELLA 4: grado di zoppia prima e dopo il trattamento con Onsior

PRE-TRATTAMENTO POST-TRATTAMENTO 1 3 2

2 4 2

3 3 2

4 3 1

5 2 2

6 4 3

7 3 2

8 3 3

9 4 3

10 3 2

11 3 2

12 4 3

13 3 2

14 2 Non valutata

15 4 4

16 2 2

17 4 3

18 3 1

19 4 2 20 3 2

21 2 2

22 2 1

23 4 3

24 3 1

25 3 3

26 4 2

27 3 2

28 3 3

29 3 3

30 4 3

31 3 1

32 3 Non valutata

33 4 Non valutata

34 3 2

99

TABELLA 5: scoring radiografico prima e dopo trattamento con Onsior

PRE-TRATTAMENTO POST-TRATTAMENTO 1 6 6

2 5 5

3 4 4

4 2 3

5 6 6

6 1 2

7 6 6

8 4 6

9 8 8

10 7 7

11 5 5

12 1 2

13 5 5

14 4 -

15 8 8

16 1 2

17 7 7

18 5 5

19 1 3 20 3 3

21 4 4

22 5 5

23 1 1

24 3 4

25 8 8

26 6 6

27 2 4

28 6 8

29 4 4

30 2 3

31 2 2

32 8 -

33 2 -

34 6 7

100

TABELLA 6: scoring attribuito al liquido sinoviale prima e dopo il trattamento farmacologico

PRE-TRATTAMENTO POST-TRATTAMENTO

1 2 2

2 3 2

3 2 2

4 1 1

5 3 2

6 1 1

7 2 2

8 3 3

9 2 3

10 2 2

11 2 1 12 1 2

13 3 3

14 3 Non valido

15 2 2

16 1 2

17 3 2

18 2 1

19 3 1

20 2 2

21 1 1

22 2 2

23 2 1

24 3 2

25 3 3

26 2 3

27 2 2

28 3 2

29 2 1

30 3 3 31 1 1

32 3 Non valido

33 2 Non valido

34 3 1

101

TABELLA 7: valore della proteina C-reattiva prima e dopo la somministrazione di Onsior nel liquido sinoviale

PRE-TRATTAMENTO POST-TRATTAMENTO

1 1,77 0,40

2 3,60 0,57

3 0,28 0,11

4 0,25 0,18

5 2,48 1,37

6 1,12 1,43

7 0,22 0,16

8 0,25 4,54

9 0,15 4,86

10 0,23 0,46

11 0,41 0,395 12 0,355 0,46

13 0,76 0,39

14 0,00

15 0,475 0,06

16 0,36 0,035

17 0,06 0,125

18 3,685 0,22

19 2,375 0,115

20 6,2 3,04

21 1,43 0,035

22 0,06 0,105

23 0,225 1,285

24 0,165 0,035

25 0,68 0,135

26 0,045 0,035

27 0,74 2,64

28 0,55 0,026

29 0,075 3,62

30 0,085 4,2 31 0,4 0,02

32 0,045

33 0,11

34 1,566 0,036

102

TABELLA 8: valore della proteina C-reattiva prima e dopo la somministrazione di Onsior nel siero

PRE-TRATTAMENTO POST-TRATTAMENTO

1 2,78 1,23

2 6,10 1,81

3 0,93 0,31

4 0,55 1,05

5 4,24 3,91

6 5,15 8,95

7 0,57 0,90

8 2,90 1,36

9 0,61 1,57

10 1,41 1,24

11 0,395 1,26 12 0,385 0,43

13 4,24 0,96

14 1,01

15 1,58 0,09

16 0,43 0,21

17 0,64 1,205

18 4,275

19 3,48

20 5,45 0,745

21 3,985 0,325

22 1,155 1,705

23 0,155 2,82

24 1,165 0,235

25 0,225 1,97

26 0,58 0,13

27 3,48 1,945

28 0,495 14,05

29 1,35 1,8

30 0,57 0,21 31 2,505 0,09

32 1,75

33 1,095

34 4,445 0,325

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