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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA
Dipartimento di Medicina
CORSO DI LAUREA IN INFERMIERISTICA
Tesi di Laurea
IL MORAL DISTRESS NELL’ASSISTENZA
INFERMIERISTICA
Relatore: Dott.ssa Erica Girotto
Laureando: Sebastiano Tringali
Anno Accademico 2014-2015
Indice
Premessa………………………………………………………………………………….5
Introduzione……………………………………………………………………………...7
Capitolo I: Problema…………………………………………………………………….9
1.1 Aspetti generali del moral distress………………………………………………9
1.2 Principali cause…………………………………………………………………..11
1.3 Conseguenze e correlazioni……………………………………………………...19
Capitolo II: Materiali e metodi…………………………………………………………24
Capitolo III: Risultati della ricerca…………………………………………………….37
Capitolo IV: Discussione………………………………………………………………..45
Bibliografia………………………………………………………………………………51
Allegati…………………………………………………………………………………..57
Premessa
Il moral distress, nell’ambiente sanitario, è stato identificato come una
preoccupazione crescente ed è obiettivo di ricerca. Ricercatori e teorici sono giunti alla
conclusione che il moral distress ha conseguenze sia a breve sia a lungo termine. Esso
influenza negativamente la soddisfazione degli operatori sanitari e ha implicazioni sulla
qualità delle cure erogate, mettendo a rischio l’integrità del paziente. In più di un decennio
di ricerca sulla pratica etica, i sanitari hanno manifestato preoccupazione e richiesto azioni
concrete per contrastare tale fenomeno.
In primis farò un’introduzione sull’argomento esplicitando le sfide associate ai
costrutti concettuali e teoretici del moral distress; discuterò gli ostacoli per lo sviluppo
della ricerca, dell’educazione e della politica che potrebbe, se indirizzata, incentivare
azioni di contrasto sul moral distress in ambito sanitario.
Tratterò, quindi, il tema della sofferenza morale e le sue implicazioni per l’infermieristica,
poi discuterò tutte le cause e le conseguenze del moral distress, argomentando concetti
come il salvataggio del concetto di difesa dell'utente e le possibilità di maggiore autonomia
e competenza nell’erogazione delle pratiche professionali dal punto di vista morale. Inoltre
proporrò delle soluzioni alle problematiche in merito, sfruttando gli studi scientifici da me
considerati idonei, col fine ultimo di erogare un’assistenza sempre più di qualità e affinché
si gravi sempre meno sulla salute psicofisica dei professionisti che sono soggetti ai vari
dilemmi morali. Infine analizzerò gli aspetti critici che creano situazioni di contrasto in
ambito lavorativo, proponendo possibili soluzioni che riducano il rischio di incorrere a
moral distress.
Introduzione
Ho scelto di affrontare questo argomento poiché, conoscere gli aspetti critici che
possono creare situazioni di contrasto in ambito lavorativo, migliorerà sicuramente
l’angoscia morale degli infermieri.
Oggigiorno siamo spettatori di come la tecnologia ha ormai invaso le nostre vite. Se
da un lato l’invasione tecnologica ha modificato i rapporti tra le persone mettendone in
crisi la genuinità, dall’altra ha notevolmente migliorato le nostre esistenze sotto ogni
aspetto. Il progresso tecnologico non ha risparmiato neanche il campo medico: negli
ospedali, specialmente nelle terapie intensive e semi-intensive, i macchinari hanno invaso i
reparti fornendo un valido supporto per il monitoraggio del paziente e la sua gestione in
toto, tuttavia non sostituiscono l’esperienza clinica dell’operatore nel riconoscere eventuali
segni e sintomi patologici. Destreggiarsi con i più svariati dispositivi tecnologici è
diventato quindi di fondamentale importanza per tutti gli operatori sanitari.
L’introduzione di alcuni macchinari, come ad esempio il ventilatore meccanico, ha
aperto scenari e creato controversie di natura bioetica che fino agli anni 70’
disconoscevamo. Certamente i vari dispositivi tecnologici, in uso nelle terapie intensive,
hanno contribuito nel tempo a focalizzare l’assistenza sulla singola disfunzione d’organo
del paziente (parcellizzazione) e nell’esecuzione delle mere tecniche procedurali
sminuendo il modello olistico e la visione del paziente nel suo complesso.
Nonostante le preoccupazioni dei ricercatori sanitari, e i loro studi condotti negli
ultimi decenni a riguardo, molti infermieri devono ancora affrontare grandi sfide, causa di
controversie, nell'esercizio delle loro funzioni.
9
Capitolo I:
Problema
1.1 Aspetti generali del moral distress
Jameton (1984) definì il moral distress come una sensazione dolorosa e/o uno
squilibrio psicologico che si manifesta quando gli infermieri sono consci dell’azione
morale più appropriata alla situazione, ma non possono svolgerla a causa di ostacoli
istituzionali, quali la mancanza di tempo, la carenza di supporto direttivo, per l’esercizio
del potere medico, per limiti dovuti a politiche istituzionali e limiti legali. Più recentemente
Western e Bayliss ampliano la definizione di moral distress considerandolo il mancato
perseguimento del giusto corso d'azione per errori di giudizio, mancanze individuali,
circostanze fuori dal proprio controllo4.
Oggigiorno, si discute se definire la sofferenza morale come l'incapacità di agire in
situazioni in cui sembra che ci sia una sola possibilità di azione o come un disagio
connesso alla soggettività morale degli infermieri, soggettività che potrebbe essere
associata alla necessità di esercitare la difesa del paziente.
La Canadian Nurses Association nel documento “Il distress morale nei luoghi di cura”
(CNA, 2003) si riferisce alla situazione in cui gli infermieri non possono adempiere al loro
dovere e impegno etico, cioè alla loro peculiarità di agenti morali, o non riescono a
perseguire quello che ritengono essere il giusto corso d’azione, oppure non sono all’altezza
delle proprie aspettative riguardo una pratica infermieristica etica, per uno o più dei
seguenti motivi: errore di giudizio, insufficiente determinazione personale o circostanze
esterne al loro effettivo controllo, di conseguenza provano senso di colpa, preoccupazione
e disgusto4. Gli aggettivi etico e morale, nel documento delle infermiere canadesi, così
come in questa tesi, sono considerati equivalenti. È doveroso comprendere a pieno le
diverse problematiche morali prima di andare ad analizzare le cause e le conseguenze che
esso comporta.
In base alle sensazioni provate Jameton distingue il moral distress o sofferenza morale
dall’incertezza e dal dilemma morale. La prima è una situazione in cui il professionista sa
10
cosa è giusto e che cosa dovrebbe essere fatto, ma si trova impossibilitato nel seguire la
propria coscienza1. La seconda si presenta quando il professionista non è in grado di sapere
agire in maniera eticamente corretta, ma prova una sensazione di incertezza, la sensazione
che qualcosa non va. La terza situazione si ha quando il professionista identifica le diverse
scelte possibili, ma può sceglierne una sola1.
L’origine di dilemmi morali può anche trovare una spiegazione nei valori e nelle
credenze dei singoli infermieri, poiché la capacità di individuare situazioni conflittuali,
come possibili problemi morali, influenza il modo di affrontarli e risolverli. L'esperienza di
vita di ognuno di noi è strettamente correlata con la propria convinzione morale poiché, la
sua unicità, determina fortemente i nostri valori1.
Si delineano, quindi, parecchi scenari possibili e per ognuno di esso diverse figure
professionali; ognuna di loro col proprio vissuto, col proprio modo di intendere la
professione e con i propri valori si approcciano in maniera differente al paziente
influenzandone il percorso. Ciò rende l’idea dell’unicità dei vari dilemmi morali che
l’infermiere, e l’equipe tutta, si possono trovare ad affrontare. Tale unicità è figlia
dell’accostamento di più variabili soggettive, oggettive e situazionali che rendono
impossibile delineare una maniera univoca di affrontare una determinata situazione5. Ogni
singolo individuo percepisce in modo diverso le situazioni e le variabili che gli si
presentano dinnanzi.
Sono due le situazioni che emergono quando gli infermieri provano sofferenza morale:
o si ha una reazione in difesa dell'utente, che può comunque provocare frustrazioni dovute
alle conseguenze delle proprie azioni; oppure una reazione d'impotenza, di
demoralizzazione, di disperazione, di rabbia, di dolore e di colpa per il fallimento di quello
che era stato previsto1. La sofferenza morale può inoltre deviare le scelte degli infermieri
portandoli a sottovalutare situazioni o a negare possibili azioni deleterie commesse sul
paziente, e favorisce l'abbandono dei propri principi morali per la paura di essere
allontanati a causa degli errori commessi1.
Jameton adopera un’altra distinzione dividendo il moral distress in due parti: angoscia
iniziale e angoscia reattiva21. La prima (distress morale che si riferisce alla fase acuta) si
11
prova nel momento in cui si ha di fronte una situazione inevitabile, che una volta conclusa,
azzera la sofferenza provata, la seconda (residuo morale) rimane. Quindi il moral distress e
il residuo morale sono strettamente correlati ma distinti concettualmente parlando. I due
fenomeni hanno caratteristiche differenti e la loro interrelazione fornisce importanti
implicazioni per gli staff sanitari21.
1.2 Principali cause
Dai vari studi condotti sono state individuate molteplici situazioni di pratica
infermieristica che generano distress morale. L’angoscia morale provata dagli infermieri, e
i conflitti che si creano all’interno dell’ambiente di lavoro, sono parti inseparabili della vita
professionale. Alcuni di questi problemi sono: la mancanza di consenso di fronte a
procedure, l’allungamento della vita del paziente senza considerare la qualità della stessa,
le pratiche professionali discutibili o addirittura disumane, la banalizzazione della morte, la
mancanza di dialogo, le decisioni frammentate, l’ineguaglianza nella collocazione delle
risorse (specialmente quelle destinate al personale infermieristico), l’organico carente e
l’eccessiva mole di lavoro13. Esse sono causa di sofferenza riconosciuta come moral
distress e spesso non sono riconosciute nell’ambiente di lavoro da parte degli infermieri, né
tanto meno da chi li coordina1. Ciò non permette al personale infermieristico di avere
consapevolezza del rischio presente sul proprio equilibrio psicologico e sulla propria
integrità morale e di mettere in atto strategie ed interventi adeguati per prevenire o
impedire l’aggravamento del problema1.
Ambito delle competenze
Un ambito considerato grande fonte di stress riguarda l’effettivo svolgimento delle
competenze acquisite34. Nella pratica infermieristica, prendere decisioni e intraprendere
azioni nei confronti dei pazienti è considerata espressione del proprio ruolo professionale.
Il nursing è composto da un insieme di conoscenze tecniche e scientifiche, che se
adeguatamente usate, tutelano la salute e la qualità di vita degli individui, delle famiglie e
della comunità, in linea con le considerazioni etiche e giuridiche6.
12
Riveste fondamentale importanza accrescere la propria professionalità sviluppando
nuove competenze in modo che il professionista assuma consapevolezza di poter cambiare
la realtà attraverso la conoscenza6. Gli infermieri s'interrogano sulla competenza propria e
di altri professionisti e consapevoli di aver acquisito competenze specifiche, senza però
essere preparati alla vasta gamma di risposte professionali possibili, riconoscono
l’importanza dei corsi di aggiornamento per arricchire il proprio bagaglio di conoscenze
scientifiche in modo da trovarsi preparati nella gestione di tutte le tipologie di pazienti6.
D’altro canto la formazione su aspetti specifici della pratica quotidiana (la ventilazione non
invasiva, il sostegno delle funzioni vitali, la defibrillazione precoce e la gestione del
dolore) è ritenuta fonte di ulteriore distress a causa della discrepanza tra l’ampliamento
delle conoscenze e la loro mancata valorizzazione nel momento dell’applicazione nel
quotidiano contesto operativo35. Paradossalmente è proprio la formazione che provoca
frustrazione, poiché, sebbene si sappia come agire in una determinata situazione, non si ha
la possibilità di mettere in atto le proprie conoscenze. È fonte di distress proprio questa
diseguaglianza tra mondi diversi: quello medico, infermieristico, formativo e lavorativo11.
Quando altri professionisti sanitari impongono limitazioni o costrizioni, specialmente
durante l’esecuzione di alcune procedure, si può scatenare uno stato di sofferenza morale
dato che ci si trova costretti ad accantonare i propri valori, venendo meno alla propria
integrità e autonomia11. È proprio per questo che gli infermieri devono opporsi fermamente
a chi limita la loro professionalità, assumendosi maggiori responsabilità professionali e
morali per soddisfare ogni bisogno del paziente e denunciare eventuali pratiche erronee di
un altro sanitario, che potrebbero interferire negativamente sulla qualità assistenziale. Si
tratta di un passo importante per fortificare autonomia e autostima dell’intera classe36.
Ambito dell’organizzazione dell’assistenza
Altri studi qualitativi effettuati da infermieri neo-assunti hanno rilevato che il moral
distress è diventato una comune forma di conflitto etico per gli infermieri, e sta diventando
uno dei maggiori problemi della professione infermieristica38. Esso provoca uno sforzo
fisico e mentale non da poco, che colpisce gli infermieri particolarmente sensibili e
13
comporta la perdita dell’integrità morale ed una insoddisfazione nella loro attività. La
perdita dell’integrità morale riguarda i rapporti con i pazienti, i loro parenti e con gli altri
professionisti sanitari e, in ultimo, può influenzare la qualità, la quantità ed il costo delle
cure infermieristiche9.
Lavorare con livelli di organico considerati inappropriati causa stress soprattutto in
situazioni e/o con pazienti ingestibili come ad esempio quelli in agitazione psicomotoria.
Ciò determina un rischio sia per l’operatore, cui spetta la responsabilità dell’assistenza, che
per il paziente stesso12. Le varie dinamiche di reparto rendono caotico l’ambiente di lavoro;
inoltre le procedure da svolgere durante il turno sono parecchie e il personale in servizio
che dovrebbe compierle è spesso numericamente non idoneo. Proprio per le strette
tempistiche di reparto si trascura sempre più il caring, elemento cardine ed essenza della
professione riguardante la dimensione della filosofia assistenziale12.
Quando si cerca di affrontare i conflitti che si creano all’interno di un reparto, gli
infermieri fanno spesso fatica nell’esprimere le proprie preoccupazioni, sembrano essere
ignorati dal resto dell’equipe nelle loro richieste e non sono sufficientemente supportati
nella pratica, parte integrante della propria autonomia professionale1. Tutto ciò è causa di
uno stato d'indignazione, frustrazione, impotenza, isolamento e persino di abbandono della
professione1. Tali circostanze, se non verbalizzate dallo staff infermieristico, possono
indebolire ulteriormente l’autonomia degli infermieri.
Tra il perpetuarsi di una situazione provocante moral distress e la scelta di resistere e
lottare contro i suoi effetti, si realizza, molto spesso, che le scelte degli infermieri si
indirizzano verso l’immobilismo e la mancanza di resistenza, scelte che alimentano
dinamiche lassiste e deleterie per il paziente1. Solamente alcuni professionisti adottano
strategie di resistenza al problema, di contro si ha un gran numero d'infermieri che non si
oppone ed è ignorato dall’equipe o dalle relative istituzioni1. Questa situazione indebolisce
il potere della classe infermieristica e rende nulla la resistenza nei confronti dei problemi
morali che si presentano1. La gran parte delle volte si crea moral distress negli infermieri
che, consci delle proprie convinzioni morali, vorrebbero intraprendere azioni in contrasto
14
con l’organizzazione e/o le politiche istituzionali della struttura sanitaria in cui prestano
servizio27.
Collaborazione medico-infermiere
Nell’ambito della collaborazione infermiere-medico, i temi della conoscenza del
progetto di cura e del carico della sofferenza del paziente, confermano che le due figure
professionali, vincolate ad un’obbligata cooperazione, conoscono poco il reciproco
profilo37.
Tale realtà è in aperta contraddizione con quanto i codici deontologici, più sinteticamente
quello medico (2006, art.66) e più diffusamente quello infermieristico (2009, art. 14-15-22-
23), esprimono riguardo alla collaborazione tra tutte le figure dell’equipe25.
Uno degli ostacoli maggiori, importante causa di moral distress, sembra essere la
resistenza del medico nel riconoscere l’infermiere come un professionista, competente ed
esperto, come un interlocutore suo pari, nella diversità dei peculiari ambiti professionali30.
A fronte di un percorso di studi evoluto e approfondito, di conoscenze verificate e
riflettute dall’esperienza della pratica quotidiana, da percorsi di formazione permanente,
l’autorità medica viene presupposta e la competenza infermieristica svalutata, amaramente
in linea con la letteratura esaminata17.
La dimensione dell’assessment infermieristico e del giudizio clinico espone quindi
l’infermiere a distress, vista la noncuranza da parte del medico di analizzare i problemi del
paziente, in particolare con riferimento a rilevazione e sedazione del dolore, esecuzione di
esami superflui, non esecuzione o dilazione di interventi necessari17.
La medicina difensiva rispecchia i timori dei medici che la applicano, essa viene
vissuta come un allontanamento dal letto del paziente con povertà d’ascolto e come un
eccesso di diagnostica strumentale. Si delineano le diverse prospettive per mezzo delle
quali il medico e l’infermiere vedono, guardano e osservano il paziente. Il medico con il
carico della responsabilità decisionale di diagnosi e terapia è principalmente concentrato
sull’organo o sulla funzione alterati. Difatti, se la sua valutazione e i risultati dell’attività
diagnostica non evidenziano nulla di anomalo, non è orientato ad attribuire alla sofferenza
15
del malato il giusto peso. La sua attenzione sembra gravata da una costante attività
decisionale che può esporlo a una situazione di affaticamento decisionale, o che può
fuorviarlo e spingerlo a una deriva decisionale anche in ambiti nei quali la sua competenza
è scarsa o assente, in rapporto alla situazione specifica22.
L’infermiere, invece, convive con la sofferenza del paziente e percepisce le sfumature,
le variazioni anche minime di benessere e malessere connesse all’evoluzione del suo stato.
Ciò consente una conoscenza approfondita che favorisce, sia il giusto coinvolgimento
avvicinando l’infermiere ai bisogni del paziente, sia una sovraesposizione alla lunga
logorante; soprattutto quando le richieste manifestate dai pazienti o dai loro familiari, e
accolte dall’infermiere, non trovano riscontro o non ne trovano di efficaci21. Egli quindi
sente la necessità di rappresentare e affrontare questa sofferenza, così come indicato in
diversi punti del codice deontologico, ad esempio: “L’infermiere si attiva per prevenire e
contrastare il dolore e alleviare la sofferenza; si adopera affinché l’assistito riceva i
trattamenti necessari” (art. 34)21.
Cure di fine vita e accanimento terapeutico
La pratica infermieristica è un’impresa morale (Corley, 2002)6. Il prendersi cura è un
valore morale in senso generale, come espressione di politiche sanitarie a loro volta
espressione di un riconosciuto sistema di valori. Lo è in senso particolare visto che la
relazione infermiere-paziente è una sequenza di scelte operative a loro volta espressione di
personali criteri di giudizio. Non sono primariamente in gioco conoscenze teoriche
riguardanti l’etica e i suoi principi, piuttosto lo è la sensibilità morale soggettiva33.
Nel contesto dell’attività di cura il concetto di senso morale è stato sviluppato e visto
come una capacità personale, un tratto virtuoso in diretta relazione con il benessere dei
pazienti9. La sensibilità etica richiede la capacità di interpretare i comportamenti e i segnali
verbali e non verbali che identificano i bisogni dell’utente. L’infermieristica si concentra
sul prendersi cura e sul porre attenzione ai bisogni fisici e psicologici dei pazienti23.
Uno degli obiettivi della cura, nella sua stessa essenza, è il mantenimento della vita,
così come la sua promozione e sviluppo1. L’infermiere, formato per stare accanto alla
16
persona, avverte meno il carattere di risposta prestazionale della sua professione e
maggiormente l’importanza del prendersi cura complessivamente del paziente, in
particolare quando la sofferenza diventa il tratto caratterizzante della situazione di quel
soggetto in quel momento. Simbolica, in questo senso, è la sofferenza del paziente anziano
col suo corollario di smarrimento, solitudine, preoccupazione per il proprio futuro o di altri
membri della famiglia1.
Concezioni opposte, riguardanti la relazione tra salute ed equipe infermieristica inerenti
alla cura del paziente, vedono mettere in pericolo il giudizio morale dell’infermiere dato
che la professione ha una stretta relazione con la vita. Essa, quindi, non può essere
facilmente trascurata anche quando tutti i possibili trattamenti eseguiti dai medici sono stati
abbandonati (previa valutazione dei rischi e dei benefici in accordo col principio di
beneficenza e non maleficenza)1.
Oggigiorno il lavoro d’equipe è poco praticato: ci si ascolta poco, ci si parla poco, ci si
confronta poco, ci si riconosce poco. La presenza della tradizione del paternalismo nei temi
fin qui esaminati è confermata dalla rilevazione di un'altra dimensione del mancato
riconoscimento dell’autonomia del paziente o, se il paziente non è capace, di suoi
fiduciari7. Una prospettiva decisionale fortemente improntata a modelli autoritari e non
partecipativi, che ignora la natura di soggetto morale sia del paziente sia degli altri
professionisti sanitari.
È d’obbligo quindi introdurre il tema dell’accanimento terapeutico visti i notevoli
risvolti negativi sulla sfera psicologica dell’infermiere e visto che l’argomento offre
parecchi quesiti ancora oggi oggetto di controversia16. Tale terminologia ha finito per
assumere anche in ambito deontologico una valenza negativa, sulla quale si deve registrare
una totale convergenza tra i professionisti sanitari, non solo medici. Nella concreta
esperienza clinica, peraltro, il superamento del confine di un trattamento, non solo corretto
ma anche doveroso, non risulta facilmente identificabile16.
La giustificazione di un trattamento medico immune da connotazioni di accanimento è
correttamente identificata nel beneficio per la salute. A tale beneficio va anche ricondotta
la possibilità di un miglioramento della qualità di vita, anche se nel testo dell’articolo 16 la
17
prospettiva della qualità della vita sembrerebbe diversa e distinta rispetto a quella della
salute. Stando invece alla definizione dell’OMS, è giusto identificare nel beneficio della
salute il criterio con il quale i medici devono affrontare la concretezza della particolare
situazione clinica10. L’OMS definisce la qualità della vita come: “La percezione di un
individuo della propria vita nel contesto sociale, ambientale e culturale in cui vive in
relazione ai propri obiettivi, aspettative, norme e preoccupazioni”. L’analisi della qualità
della vita funge da indicatore per capire come il paziente fa fronte alla malattia, e quindi
fornisce una visione d’insieme sull’impatto che il processo di malattia ha sullo stato
psicosociale10.
Il Belmont Report non ha soltanto definito i tre principi etici chiamati a governare le
scelte nel campo della biomedicina, ma anche i modi fondamentali per applicarli. La
principale applicazione del rispetto della persona è il consenso informato; quella del
principio di beneficienza è la valutazione dei rischi e dei benefici; la conseguenza pratica
del principio etico di giustizia è l’equa selezione dei soggetti26.
Il rispetto per le persone esige che ai soggetti, nella misura in cui ne hanno la capacità,
sia data la possibilità di scegliere cosa potrà o non potrà essere fatto loro. L’autonomia
decisionale del cittadino, che si esprime nel consenso/dissenso informato, è l’elemento
fondante dell’alleanza terapeutica al pari dell’autonomia e della responsabilità del medico
nell’esercizio delle sue funzioni di garanzia. Ogni alleanza terapeutica, nella sua intimità e
unicità, esprime straordinario significato nelle decisioni e nei comportamenti che
riguardano le relazioni di cura che affrontano condizioni a prognosi infausta in fase
terminale e/o caratterizzate da una perdita irreversibile della coscienza.
Nell’identificazione di trattamenti da considerarsi connotati da forme di accanimento, il
medico è quindi tenuto ad agire tenendo conto delle volontà del paziente, laddove espresse.
Ciò significa che non può essere ben identificato un confine in conformità a criteri
oggettivi, ma può variare da caso a caso in relazione alle indicazioni del paziente, con
evidente richiamo al diritto personale all’autodeterminazione anche in tema di rifiuto di
trattamenti sanitari soggettivamente considerati come eccessivi31. La questione riguardante
l’accanimento comprende anche una diversa prospettiva. Si tratta di casi, certamente non
18
infrequenti, in cui è lo stesso paziente o addirittura i suoi familiari che chiedono al medico
di insistere nella terapia quando invece, a meditato parere dei curanti, tali trattamenti
appaiono quanto meno inefficaci se non addirittura fonte di ulteriori sofferenze31.
In sostanza, l’analisi della questione accanimento mette in evidenza come in queste
situazioni da un lato si renda deontologicamente necessario tenere conto della volontà del
paziente e, dall’altro, si richieda al paziente di confrontare le proprie volontà con il
meditato parere dei curanti, sulla base di una loro valutazione di competenza clinica.
Il superamento di eventuali contrasti va ricercato, come emerge anche
dall’impostazione data dal codice deontologico, nell’assunzione di un atteggiamento
reciproco ispirato dalla coscienza morale. Vista la sua essenza e le sue caratteristiche, il
nursing comporta, molto spesso, situazioni poco felici da parte dei pazienti; tali vissuti
sono relativi a malattie, sofferenza dolore, frustrazione e morte e possono comportare
sofferenza per gli infermieri24. I pazienti con tali vissuti hanno bisogno di conoscenza e
competenza sanitaria e rispetto per i propri diritti umani e la propria dignità24.
Ulteriori dimostrazioni di come i principi bioetici possano integrarsi effettivamente al
nursing renderebbe gli infermieri più preparati per applicarli sul paziente in un contesto di
fine vita. Nessun’altro oltre Jonas, nella filosofia contemporanea, parla della necessità di
sottoporre i poteri della tecnica alla valutazione etica; della stretta interazione tra vita
umana e vita nella sua globalità; della novità che i nuovi interventi comportano sia sulla
vita umana, sia sulla vita nella sua totalità; e, soprattutto, della convinzione che un’etica
all’altezza della civiltà tecnologica debba partire dall’analisi delle sfide che queste novità
comportano18. Sono in sostanza i presupposti da cui una teoria integrata della bioetica non
può prescindere.
19
1.3 Conseguenze e correlazioni
Burnout
Il burnout è descritto come un rischio professionale delle cosiddette professioni d’aiuto
come quelle sanitarie15. Gli operatori sanitari sono predisposti ad esso nel momento in cui i
bisogni dei pazienti superano le risorse disponibili per soddisfarle, date la complessità delle
circostanze. Maslach e Jackson hanno identificato tre principali componenti associate al
burnout: esaurimento emotivo, depersonalizzazione e calo dell’ambizione personale.
L’esaurimento emotivo sfocia in apatia e perdita d'interessi fino al prendere coscienza di
non potersi aiutare a livello psicologico. La depersonalizzazione è caratterizzata da uno
sviluppo di abitudini assistenziali negative15. Il calo dell’ambizione personale è
caratterizzato dalla tendenza di valutare se stessi negativamente, in particolare riguardo al
proprio lavoro con i pazienti15. Questa definizione è in linea col modello di Pearlman e
Hartman nel quale il burnout è concettualizzato come una risposta allo stress emotivo
cronico che a sua volta ha tre componenti principali: esaurimento emotivo, calo della
produttività e depersonalizzazione15.
Riguardo le dimensioni del burnout associato al moral distress, è stata trovata una
correlazione importante tra la realizzazione professionale e il moral distress stesso, e come
ipotizzato, ad un aumento della soddisfazione personale corrisponde una diminuzione del
moral distress percepito14.
Il moral distress e il burnout sembrano inoltre essere associati con il ruolo di difensore
del paziente di cui l’infermiere si fa carico, poiché fonti potenziali di dilemmi quali:
assistere o curare, conflitti tra obblighi legali o etici, l’impotenza percepita, differenze di
potere, eccessive responsabilità visto lo scarso numero di lavoratori, la percezione di un
inadeguato trattamento medico e di una condotta comunicativa imperativa da parte di
quest’ultimi8. Tante di queste cause, in comune col moral distress in precedenza citato, ci
danno la conferma di come i due fenomeni camminino a braccetto.
Sebbene gli infermieri riconoscano la necessità di discutere e affrontare i problemi
morali, e sappiano i riscontri negativi a cui i pazienti vanno incontro, sono terrorizzati nel
farlo probabilmente a causa dei giochi di potere all’interno dell’ambiente lavorativo14.
20
Anche se un certo grado di moral distress sia connaturato alla professione
infermieristica e in una certa misura inevitabile, quando il suo livello è troppo elevato
oppure prolungato nel tempo, può diventare insopportabile ed essere un segno predittivo di
un malessere che se non governato può sfociare nel burnout con tutte le conseguenze ad
esso correlate32. Anche se questa professione presenta statisticamente indici di burnout
molto alti, poiché specialmente nei reparti intensivi, costringe il professionista a grandi
carichi di lavoro e lo obbliga a prendere decisioni importanti in poco tempo, non bisogna
mai accantonare il focus dell’assistenza: il paziente. L’assistito ha la massima priorità e
deve sempre fornire la motivazione per erogare un’assistenza infermieristica di massima
qualità, anche in presenza di qualsivoglia controversia si crei tra colleghi19.
Il moral distress non risolto è associato in letteratura al fenomeno del burnout e alla
richiesta di lasciare il reparto o, anche, all’abbandono della professione22. Sono stati
condotti diversi studi sulla relazione tra moral distress, advocacy e burnout, uno dei
principali è quello condotto da Sundin-Huard e Fahy16. Anche qui emergono correlazioni
significative tra il moral distress, l’advocacy, che com'è noto è una caratteristica
fondamentale per una professione di sostegno, e il burnout20.
Gli infermieri sentono la necessità di confrontare le dinamiche che accadono sul
proprio posto di lavoro accrescendo, al contempo, le proprie conoscenze, i propri valori e
le proprie credenze, così come la percezione di quale sia la cura migliore per i propri
pazienti; agire sul comportamento che loro considerano inadeguato, così da mantenere la
propria realizzazione professionale29.
Infine, trova conferma la teoria del residuo morale, descritto in letteratura come il vivo
ricordo di fatti accaduti anche molti anni prima, in cui l’infermiere coinvolto ha sentito
compromessa la sua professionalità8. Molte esperienze descritte si riferiscono a fatti
accaduti anni prima, ricordati in dettaglio, il cui ricordo rinnova una sofferenza mai
superata8. I risvolti determinati dal moral distress devono essere affrontati con serietà,
poiché gli errori commessi in passato si possono radicare nell’integrità morale degli
infermieri, mettendo a rischio i loro valori e le azioni future8. Questi avvenimenti possono
21
influenzare la loro coscienza morale e ciò è indice del grande carico di angoscia che ci si
porta per il resto della vita.
Advocacy: Un ruolo da riscoprire
I casi di moral distress rinforzano la necessità che l’infermiere difenda il paziente,
considerata la natura della professione. Hanno quindi un ruolo centrale nel far acquistare
autonomia al paziente, gettare le basi per una relazione terapeutica e migliorare quindi la
qualità delle cure erogate. L’autonomia del paziente è una parte essenziale da essere difesa.
Accettando questo valore morale, gli infermieri dimostrano uniformità di posizione
mostrando gli obiettivi dei loro trattamenti e la creazione delle relative decisioni28.
L'American Nurses Association (ANA) comprende il termine advocacy nella
definizione della professione infermieristica, che è descritta come "la tutela, la promozione
e l'ottimizzazione della salute, la prevenzione di malattia e degli infortuni, la riduzione
della sofferenza mediante la diagnosi e il trattamento ed il sostegno nella cura delle
persone, delle famiglie, delle comunità e delle popolazioni"4.
La necessità di gestire in maniera ottimale ed efficiente il processo clinico-assistenziale
del cittadino è un’evidenza ormai sottolineata da tutti gli attori del sistema salute. La figura
dell'infermiere è di fondamentale importanza nello svolgimento delle prestazioni sanitarie.
I cambiamenti subiti dalla professione infermieristica nell'ultimo decennio hanno avuto
una ripercussione positiva sulla connotazione del ruolo infermieristico all'interno dei team
multidisciplinari, rendendolo un membro dello staff insostituibile e autorevole, con una sua
attività specifica e incisiva nell'ambito della "presa in carico" del paziente. Proprio per
questo l’infermiere è in grado di ricoprire ruoli e svolgere mansioni sempre diverse. È il
caso dei clinical educator e dei nurse advisor che sono infermieri professionali con
esperienze diversificate a seconda del progetto a cui si sono dedicati e con competenze non
solo tecnico-scientifiche, ma anche relazionali e comunicazionali13. Un addestramento
efficace del paziente, e delle altre persone per lui significative, e la comprensione delle
caratteristiche della malattia sono fondamentali per l'efficacia delle cure e per garantire una
buona compliance. Il rapporto più informale, diretto e libero che l'infermiere ha con i
22
pazienti, lo rende perfetto per svolgere il ruolo di raccordo tra essi e i medici nella ricerca
dei bisogni non rilevati, delle esigenze non espresse, dei disturbi taciuti o sottostimati, delle
domande di chiarimento non fatte23.
In un momento di costanti cambiamenti nella sanità, di difficoltà organizzative e di
un’intensa crisi di valori, la difesa dei pazienti è diventata la più grande sfida della prassi
infermieristica1. È impossibile non riconoscere l’essenza della professione infermieristica
come pratica morale poiché eroga cure a persone bisognose e, al contempo, intraprende
azioni non sempre di semplice attuazione poiché ostacolate da conflitti etici che causano
incomprensioni all’interno dell’equipe o con i pazienti1. Tali azioni, se non verbalizzate,
possono indebolire l’infermiere perché in contrasto coi principi cardine della professione e
causare perdita di autonomia.
24
Capitolo II:
Materiali e metodi
Obiettivo:
Lo scopo di questa tesi è quello di indagare se sia possibile prevenire o ridurre il moral
distress, analizzando gli eventi che lo causano all’interno del contesto sanitario.
Quesito:
Qual è il giusto approccio per evitare il moral distress nel professionista e
salvaguardare una pratica assistenziale di qualità?
P.I.O.
P = moral distress
I = agire sui fattori scatenanti
O = prevenzione/riduzione moral distress
Parole Chiave:
moral distress
burnout
ethics
nursing
Strategia di ricerca:
Per la seguente revisione bibliografica la ricerca è stata effettuata dalla banca dati
Pubmed. Sono stati
considerati gli articoli pertinenti al tema della ricerca con i seguenti criteri di
inclusione:
25
Solo links full-text;
Lingua inglese, Italiano;
Pubblicazioni ultimi 10-15 anni;
La ricerca effettuata su Pubmed ha prodotto un numero sufficiente di risultati per il
raggiungimento dell’obiettivo prefissato. Qui di seguito sono elencati i principali
studi considerati oltre che tutte le ricerche effettuate.
Tabella 1
Banca dati
Parole chiave e limiti
Documenti rilevati
Documenti selezi
onati
Descrizione degli articoli: autore,titolo, rivista, riferimenti
Pubmed “moral distress”
AND “nursing”
Limits activated:
Only items with
links to full text,
published in the last
15 years
32 16 1-Barlem EL1, Lunardi VL,
Tomaschewski JG, Lunardi GL,
Lunardi Filho WD, Schwonke CR.
Moral distress: challenges for an
autonomous nursing professional
practice.
Rev Esc Enferm USP. 2013
Apr;47(2):506-10.
2-Barlem EL1, Lunardi VL,
Lunardi GL, Dalmolin Gde L,
Tomaschewski JG.
[The experience of moral distress
in nursing: the nurses' perception].
Rev Esc Enferm USP. 2012
Jun;46(3):681-8.
26
3-Browning AM1.
CNE article: moral distress and
psychological empowerment in
critical care nurses caring for adults
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11- Barlem EL, Lunardi VL,
Lunardi GL, Tomaschewski-
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13-Rice EM1, Rady MY, Hamrick
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medical and surgical nurses at an
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14- Esther I Bernhofer, Jeanne M
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may experience moral distress
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15- Younjae O, Gastmans C.
Moral distress experienced nurses:
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doi: 10.1177/0969733013502803.
Epub 2013 Oct 3.
16- Barlem EL1, Ramos FR2.
Constructing a theoretical model of
moral distress.
Nurs Ethics. 2015 Aug;22(5):608-
15.doi:10.1177/096973301455159
5. Epub 2014 Nov 3.
Pubmed “moral distress”
AND “burnout”
AND “nursing”
Limits activated:
Only items with
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published in the last
10 years
70 8 1-Dalmolin Gde L1, Lunardi VL2,
Lunardi GL3, Barlem EL4, Silveira
RS4.
Moral distress and burnout
syndrome: are there relationships
between these phenomena in
nursing workers?
Rev Lat Am Enfermagem. 2014
Jan-Feb;22(1):35-42. doi:
10.1590/0104-1169.3102.2393.
30
2- Meltzer LS1, Huckabay LM.
Critical care nurses' perceptions of
futile care and its effect on burnout.
Am J Crit Care. 2004
May;13(3):202-8.
3-Sundin-Huard D1, Fahy K.
Moral distress, advocacy and
burnout: theorizing the
relationships.
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13.
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Jurchak M, Zollfrank AA, Lee SM.
Clinical ethics residency for
nurses: an education model to
decrease moral distress and
strengthen nurse retention in acute
care.J Nurs Adm. 2014
Dec;44(12):640-6. doi:
10.1097/NNA.0000000000000141.
31
6-Barlem EL1, Lunardi VL,
Lunardi GL, Tomaschewski-
Barlem JG, Silveira RS. Moral
distress in everyday nursing:
hidden traces of power and
resistance.Rev Lat Am
Enfermagem. 2013 Feb;21(1):293-
9.
7- Lunardi VL1, Barlem EL,
Bulhosa MS, Santos SS, Lunardi
Filho WD, da Silveira RS, Bao AC,
Dalmolin Gde L.
Moral distress and the ethical
dimension in nursing work.
Rev Bras Enferm. 2009 Jul-
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8- Jameton A.
Dilemmas of moral distress: moral
responsibility and nursing practice.
Clin Issues Perinat Womens Health
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Pubmed “moral distress”
AND “ethics” AND
“nursing”
Limits activated:
Only items with
links to full text,
176 14 1-Schluter J1, Winch S, Holzhauser
K, Henderson A.
Nurses' moral sensitivity and
hospital ethical climate: a literature
review.
Nurs Ethics. 2008 May;15(3):304-
32
published in the last
10 years
21. doi:
10.1177/0969733007088357.
2-Pavlish C1, Brown-Saltzman K2,
Jakel P3, Fine A4.
The nature of ethical conflicts and
the meaning of moral community
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10.1188/14.ONF.130-140.
3-Lunardi VL1, Lunardi Filho WD,
da Silveira RS, da Silva MR, Dei
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11- Mobley MJ1, Rady MY,
Verheijde JL, Patel B, Larson JS.
The relationship between moral
distress and perception of futile
care in the critical care unit.
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12- Hamric AB1, Blackhall LJ.
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intensive care units: collaboration,
moral distress, and ethical climate.
Crit Care Med. 2007
Feb;35(2):422-9.
35
13-Ganz FD, Wagner N, Toren O.
Nurse middle manager ethical
dilemmas and moral distress.
Nurs Ethics. 2015 Feb;22(1):43-51.
doi: 10.1177/0969733013515490.
Epub 2014 Jan 29
14-McCarthy J1, Gastmans C2.
Moral distress: a review of the
argument-based nursing ethics
literature
Nurs Ethics. 2015 Feb;22(1):131-
52. doi:
10.1177/0969733014557139. Epub
2014 Dec 10.
37
Capitolo III:
Risultati della ricerca
Tabella 2
Titolo Articolo Disegno Obiettivo Risultati principali
2-Barlem EL1,
Lunardi VL,
Lunardi GL,
Dalmolin Gde L,
Tomaschewski JG.
The experience of
moral distress in
nursing: the nurses'
perception. Rev
Esc Enferm USP.
2012
Jun;46(3):681-8.
Studio
osserva
zionale
Valutare il
moral
distress
percepito
Questo studio è nato dall’esigenza di valutare
la percezione degli infermieri sul moral
distress. La tabella 1 presenta i dati demografici
dello studio. Riguardo le caratteristiche dei
partecipanti è importante notare che il 48,4%
degli infermieri hanno superato i 30 anni di età.
Di questi il 37,9% ha una specializzazione e il
10,5% ha conseguito un master, indice di alta
professionalità. In media gli anni di servizio si
attestano sui 5 (4,94), che è considerato un
discreto periodo di pratica professionale. La
tabella 2 presenta i fattori corrispondenti alle
quattro dimensioni discusse. L’affidabilità delle
quattro dimensioni identificate è testata
attraverso l’alfa di Cronbach. I valori compresi
tra 0,6 e 0,8 sono raccomandati per lo studio
osservazionale per garantire l’affidabilità delle
scale usate. Le quattro categorie considerate
sono: la negazione del ruolo dell’infermiere
come difensore del paziente, che è indice del
potenziale inutilizzato dall’infermiere nel
soddisfare le richieste dei pazienti; la mancanza
di personale competente, che si riferisce alla
mancanza di abilità tecniche che il personale
38
dovrebbe possedere; trascurare l’autonomia del
paziente che vede venir meno la propria scelta
individuale, libertà e privacy; l’accanimento
terapeutico riguardante trattamenti considerati
futili poiché praticati a pazienti destinati alla
morte. Tale analisi descrittiva rivela la
percezione degli infermieri riguardo il moral
distress. Ogni costrutto è rappresentato da un
valore numerico che rappresenta la media
aritmetica degli item che compongono ogni
percezione individuale. Le medie delle
categorie e dei loro rispettivi indicatori sono in
tabella 3. Sono state svolte diverse analisi per
verificare l’esistenza di potenziali differenze
nella percezione degli infermieri riguardo la
loro esperienza col moral distress considerando
l’unicità di ogni individuo, l’età, l’anno di
laurea, l’ospedale e il reparto in cui prestano
servizio, le ore svolte e la frequenza degli
incontri tra il personale infermieristico.
8-Epstein EG1,
Hamric AB. Moral
distress, moral
residue, and the
crescendo effect. J
Clin Ethics. 2009
Winter;20(4):330-
42.
Studio
osserva
zionale
Dimostra
re che il
moral
distress e
il residuo
morale,
sebbene
concettual
mente
Hamric e Blackhall hanno preso in
considerazione il moral distress, l’etica, la
collaborazione ed il livello di soddisfazione tra
165 infermieri che prestano servizio presso due
ospedali della Virginia. Sono state analizzate
eventuali correlazioni tra moral distress, anni di
esperienza, anni di servizio ed età. È stata
trovata una correlazione validata tra il moral
distress ed il numero di anni di servizio
39
differenti,
sono
strettamen
te collegati
conseguiti. Un’altra correlazione validata è
stata trovata da Elpern, Covert e Kleinpell tra
gli anni di pratica professionale e i punteggi
relativi al moral distress.
13-Rice EM1,
Rady MY,
Hamrick A,
Verheijde JL,
Pendergast DK.
Determinants of
moral distress in
medical and
surgical nurses at
an adult acute
tertiary care
hospital.
J Nurs Manag.
2008
Apr;16(3):360-73.
doi:
10.1111/j.1365-
2834.2007.00798.x
.
Studio di
coorte
Determina
re i fattori
che
causano
moral
distress
negli
infermieri
di area
medica e
chirurgica
Lo studio è stato eseguito in una casa di riposo
nel sud-ovest degli Stati Uniti che dispone di
200 posti letto. Sono stati sottoposti al
questionario 284 infermieri dell’area medica e
chirurgica. Ogni unità possiede una tipologia
ben specifica di pazienti, inoltre i questionari
sono stati numerati per identificarne la
provenienza. La scala sul moral distress misura
la percezione degli infermieri riguardo le due
dimensioni per ogni item sulla lista e sono:
intensità e frequenza. Il moral distress per ogni
item è stato misurato sulla scala di Likert che
va da 0 a 6. Per l’analisi quantitativa, la
prevalenza di moral distress nello studio è stata
esaminata contando il numero di coloro che
hanno risposto e ottenuto un punteggio da 1 a 6
per ogni situazione proposta nel questionario.
La tabella 1 elenca le situazioni individuali
relative ad ogni categoria considerando i
possibili incroci e la rispettiva prevalenza del
moral distress. La prevalenza di moral distress
è stata prevalentemente alta per ognuna delle
sei categorie.
11- Barlem EL,
Lunardi VL,
Studio
quantitati
Analizzare
la
Lo studio coinvolge 295 infermieri che
prestano servizio presso due ospedali nel sud
40
Lunardi GL,
Tomaschewski-
Barlem JG, da
Silveira RS,
Dalmolin Gde L.
Moral distress in
nursing personnel.
Rev Lat Am
Enfermagem. 2013
Jan-Feb;21 Spec
No:79-87.
vo-
esplorati
vo-
descritti
vo
frequenza
e
l’intensità
del moral
distress
percepito
servendosi
di
elementi
della
pratica
professio
nale
del Brasile. Le 23 domande del questionario
rientrano in cinque categorie validate che sono:
mancanza di competenza del personale,
negazione del ruolo di difensore del paziente
(compreso quello terminale), condizioni
lavorative inadeguate e mancanza di rispetto
per l’autonomia decisionale del paziente. L’alfa
di Cronbach è di 0,95, varia tra 0,79 e 0,91
all’interno delle cinque categorie identificate.
La variazione totale data dallo strumento
convalidato è del 68.99%. La misura di
adeguatezza (KMO) è 0.941. Nella valutazione
degli effetti delle cinque categorie in relazione
alla percezione di moral distress, i risultati
identificano una relazione significativa al
livello del 5% nella negazione del ruolo di
difensore del paziente. È applicato un
coefficiente di compensazione di 0,24 che
rappresenta un valore esplicativo del 24% per il
moral distress e che si basa sul questionario
usato in questa ricerca. Tali dati sono mostrati
nelle tabelle 1 e 3. Ad ogni categoria
identificata nella ricerca corrisponde un valore
numerico che rappresenta la media aritmetica
delle 23 domande precedentemente
raggruppate. Le intensità medie del moral
distress variano dal 3,77 al 4,37 e le frequenze
da un valore di 1,98 a 2,57 in base alle
situazioni che si ponevano.
41
14-Dalmolin Gde
L1, Lunardi VL2,
Lunardi GL3,
Barlem EL4,
Silveira RS4.
Moral distress and
burnout syndrome:
are there
relationships
between these
phenomena in
nursing workers?
Rev Lat Am
Enfermagem. 2014
Jan-Feb;22(1):35-
42. doi:
10.1590/0104-
1169.3102.2393.
Studio
osserva
zionale
Identifica
re le
relazioni
tra moral
distress e
burnout in
merito alla
prestazio
ne
professio
nale degli
infermieri
Questo studio è stato condotto in tre ospedali di
Rio, situati in due zone della città. Si è usato il
questionario per raccogliere i dati, come si
evince in tabella 1. Il primo è un ospedale
federale pubblico con 186 posti letto e 314
infermieri; il secondo è un ospedale
filantropico con 658 posti letto e 417
infermieri; il terzo ospedale è un ospedale
filantropico pubblico con 291 posti letto e 482
infermieri. La tabella 2 mostra i due strumenti:
il primo inerente al moral distress, è un
adattamento della scala del distress morale; il
secondo inerente al burnout, è un adattamento
del Maslach burnout inventory (MBI). Il
questionario si compone di 39 domande e si
serve della scala di Likert con sette punti per
valutare intensità e frequenza del moral distress
visibili in tabella 3.
35- Ganz FD,
Wagner N, Toren
O. Nurse middle
manager ethical
dilemmas and
moral distress.
Nurs Ethics. 2015
Feb;22(1):43-51.
doi:
10.1177/09697330
13515490. Epub
Studio
osserva
zionale
trasversa
le
Descrivere
dilemmi
etici e
moral
distress
che
sorgono da
situazioni
di conflitto
etico
all’interno
Questo studio è stato condotto in quattro
ospedali israeliani, due di comunità e due
terziari. I criteri di inclusione comprendono
infermieri che hanno ricoperto le cariche più
alte negli ospedali dove lo studio è stato
condotto. Lo studio utilizza due questionari:
uno indaga caratteristiche soggettive (età,
luoghi di nascita, religione e anni di servizio
ecc.) mentre l’altro (EDN-MM) indaga il
livello dei dilemmi etici, e il moral distress che
ne consegue, all’interno dello staff
42
2014 Jan 29 dello staff
infermieri
stico
infermieristico. Esso si compone di 61 item,
suddivisi in tre scale: clinico-professionale,
interpersonale e amministrativa. Ogni item ha
un punteggio che si basa su due differenti scale
di Likert: una misura la frequenza (1-4) e l’altra
l’intensità (0-6). L’alfa di Cronbach per questo
studio si attesta su 0,93 per la scala della
frequenza e su 0,95 per quella dell’intensità.
L’età media dei partecipanti è di 46,9 anni e la
maggior parte sono donne sposate che
ricoprono il ruolo di caposala e che hanno
lavorato una media di 23,3 anni di servizio.
Quasi tutti hanno un’educazione accademica
(97,2%) con alcune forme di certificazione
post-base (95,9%) come emerge in tabella 1. Le
frequenze oscillano tra 1,05 e 2,86 e il
punteggio più alto è quattro. La scala
amministrativa ha l’item con la frequenza più
alta come mostrato in tabella 2 e sette item
hanno frequenze inferiori a 2,5. I dettagli dei
dieci item riferiti alla frequenza sono in tabella
3. Nove item su dieci hanno alti punteggi sia
nella frequenza che nell’intensità, mentre tutti
gli item con punteggi bassi in frequenza, si
ripetono anche in intensità. Il livello più alto,
che rispecchia l’intensità dei dilemmi etici e del
moral distress, si ha nella scala amministrativa
(M ¼ 2.6, SD ¼ 1.2 in tabella 2). I dettagli dei
dieci item con intensità più alta e più bassa
43
sono mostrati in tabella 4. Le sole
caratteristiche personali che si possono
accostare sia all’intensità che alla frequenza dei
dilemmi etici riguardano i diversi reparti e il
ruolo di infermiere, la cui scala interpersonale
segna frequenze con punteggi differenti relativi
a coordinatori e supervisori (F(3, 114) ¼ 4.43,
p.006); e tra i diversi reparti (F(9, 106) ¼ 3.05,
p ¼ .003).
45
Capitolo IV:
Discussione
Il primo studio mostra che gli infermieri, negli ospedali in questione, presentano una
percezione maggiore riguardo l’intensità del moral distress associato alla mancanza di
competenza del personale, seguita dal non adempimento del ruolo di difesa del paziente;
mentre la percezione maggiore, riguardante la frequenza del moral distress, si indirizza
sulla mancanza di competenza del personale e sull’accanimento terapeutico. La percezione
del moral distress vissuto dagli infermieri alimenta il bisogno di interrogarsi, riflettere e
discutere all’interno dell’equipe, considerando le possibili conseguenze nefaste che esso
infligge all’operatore e al paziente. Si riscontra, infatti, che la mancanza di rispetto per
l’autonomia del paziente ottiene la media più alta, seguita dalle inadeguate condizioni di
lavoro.
Ci sono tanti punti in comune col quarto studio nel quale si conduce un’analisi
descrittiva che permette di identificare le percezioni degli infermieri coinvolti.
L’organizzazione, la mancanza di competenza e i rapporti conflittuali con il medico, sono
causa di maggiore sofferenza. In altre parole l’organizzazione e i suoi valori da un lato e la
mancanza di coinvolgimento nelle scelte fatte dal medico dall’altro, mettono l’infermiere
nella condizione di aderire a valori che non sono propri, a essere un semplice esecutore di
decisioni altrui con conseguente sviluppo di sofferenza morale. Questo in accordo con
alcuni studiosi che hanno definito l’atteggiamento dell’infermiere come “preso fra”,
descrivendo la sua posizione situata tra paziente e medico con obblighi nei confronti di
entrambi9. Diversa potrebbe essere la situazione in cui ci fosse una presa in carico del
paziente da parte di tutta l’equipe medico-infermieristica e alla decisione il medico vi
giungesse dopo aver condiviso con gli altri i problemi e dove il contributo portato
dall’infermiere fosse preso in considerazione. Tutto ciò potrebbe far pensare che quando
l’infermiere prende delle decisioni secondo “scienza e coscienza” va molto meno in crisi
rispetto a quando è costretto da una decisione altrui.
46
Una soluzione per contrastare il misconoscimento delle competenze infermieristiche
potrebbe essere quella di far conoscere ai medici e agli studenti di medicina i mutati
percorsi formativi infermieristici, coinvolgendo gli studenti d'infermieristica e dei master
clinici o manageriali ed i tutor di tirocinio. È da promuovere la cultura dell’inter-
professionalità attraverso la formazione sul campo per dare forma all’equipe, per metterla
in moto, cercando di integrare l’esperienza della pratica quotidiana con le migliori
evidenze di letteratura e con la successiva predisposizione di protocolli interni condivisi. Il
confronto con i pari è la strategia più frequentemente attivata per rispondere alla sofferenza
provata. Anche il colloquio col coordinatore infermieristico è utile, mentre quello col
medico sembra essere poco fruttuoso nella riflessione sulle cause di distress e nella
composizione della sofferenza.
Il secondo studio ci parla degli effetti dannosi associati al fenomeno. Il modello
‘crescendo effect’ si concentra sul moral distress, sul residuo morale e sulla relazione che
intercorre fra di essi. L’intento è quello di fornire un modello alle persone coinvolte o a
coloro che strutturano delle direttive per contrastarlo. Attualmente non c’è modo di
misurare il residuo morale ma la correlazione tra gli anni di pratica professionale ed il
moral distress potrebbero indicare un aumentato residuo morale, che al momento, funge da
misura indiretta del fenomeno.
L’intensità del moral distress è uniformemente alta se accostata alla pratica, a fattori
istituzionali, cure futili ed eutanasia. Questo è quello che emerge dal terzo studio in cui le
frequenze inerenti le cure futili sono particolarmente alte ed incrementano di pari passo
agli anni di esperienza professionale e all’assistenza erogata ai pazienti oncologici e
trapiantati. Si deduce inoltre che l’intensità del moral distress è stata uniformemente alta
all’interno delle sei categorie; le situazioni riguardanti le cure futili hanno il punteggio più
alto e infine gli anni di esperienza sono stati significativamente associati al moral distress.
In tale studio si dimostra importante il ruolo dell’esperienza nel riconoscere trattamenti
futili e momenti di dolore. L’esposizione prolungata con questo tipo di situazioni ha un
effetto cumulativo sul moral distress, aumentando il logorio dell’operatore.
47
Il moral distress è trasversale tra gli infermieri delle suddette aeree e ciò è confermato
dalla molteplicità delle situazioni nelle diverse realtà professionali e quelle inerenti alla
propria esperienza lavorativa. È indubbio che l’esperienza professionale espone
maggiormente al moral distress, sia in intensità che in frequenza. Bisognerebbe
minimizzare l’esposizione a situazioni di sofferenza e aumentare quelle di soddisfazione
lavorativa per attutire gli effetti. Le amministrazioni infermieristiche dovrebbero
sviluppare programmi per facilitare la comunicazione poiché è l’elemento chiave per
l’erogazione di un’assistenza di qualità. Esse dovrebbero incentivare le collaborazioni
multi-professionali con discussioni di gruppo e testare, negli ospedali, nuovi mezzi di
comunicazione come lo SBAR.
Il quinto studio dimostra che la relazione tra moral distress e burnout è significante al
5% e positiva, ma tuttavia debole, come dimostrato in tabella 1. Considerando la tabella 2
si può osservare come nessuna delle dimensioni associate al moral distress contribuisca al
burnout, soltanto l’accanimento terapeutico ha un valore vicino al 5%. Difatti sono proprio
gli infermieri che hanno avuto maggiori esperienze di accanimento terapeutico che sono
maggiormente predisposti al burnout. I risultati di questa analisi possono essere visti in
tabella 3. Si nota anche che il moral distress e l’eventuale burnout sono il prodotto
dell’erogazione di cure inutili da parte degli infermieri, e ciò è associabile alla difficoltà di
condividere opinioni riguardo decisioni cliniche.
Il coinvolgimento emotivo non è facile da sostenere e l’esito non è sempre una cura più
“umana”, perché il carico emotivo eccessivo rischia non solo di danneggiare il proprio
equilibrio, ma anche di gestire in modo scorretto la relazione aumentando eccessivamente
la distanza emotiva nel tentativo di proteggersi dall’ansia, rendendo così difficile la pratica
della buona cura. Affinché ciò non avvenga, il coinvolgimento deve essere supportato da
un’intensa attività riflessiva, possibilmente situata entro scambi relazionali con gli altri
(infermieri e non) con cui esiste una relazione professionale significativa. Nella relazione
infermiere-paziente si tende a vedere chi riceve le cure come il solo soggetto vulnerabile,
in realtà anche chi ha cura è vulnerabile, poiché il coinvolgimento emotivo alla situazione
dell’altro, espone anche chi cura a una situazione di analoga vulnerabilità.
48
Dai dati di frequenza e intensità di dilemmi etici e moral distress, inerenti al sesto
studio, che sono stati riscontrati tra i direttori infermieristici (che sono comunque più bassi
di quelli riscontrati all’interno di altri staff infermieristici, del resto del mondo, eccetto
quelli amministrativi) si evince che bisognerebbe concentrarsi maggiormente sugli aspetti
amministrativi del direttore infermieristico, con mansioni etiche, nell’ottica di migliorarli.
Caratteristiche personali e professionali non sono state associate con livelli di dilemmi
etici/moral distress; perciò, questo problema sarebbe onnipresente e potrebbe essere
indirizzato universalmente. Azioni amministrative e altri interventi a favore della ricerca
mirano a decrescere queste risposte affinché si abbino migliorie sulla qualità delle cure
erogate.
Più che mai è ora di interrogarsi su cosa ci fa mantenere un atteggiamento che non
esprima resistenza e non ci permette di fare ciò che per noi è corretto1. Diviene
fondamentale per criticare la routine professionale in maniera collettiva, capire come ci
siamo basati su una moralità eteronoma che quotidianamente mortifica i nostri desideri e le
nostre individualità senza persino chiederci le ragioni di tali scelte e opzioni. Bandura ha
formulato una teoria per cui i livelli di potere sono percepiti come il senso di autoefficacia
che li mostra. L’autoefficacia è importante quando il senso di autodeterminazione di
ognuno di noi risulta fortificato o viceversa quando il senso di impotenza risulta
indebolito2. Inoltre la determinazione che ognuno di noi percepisce determina il modo di
vedere i problemi e il modo di superarli.
Quali sono allora dei possibili percorsi perché ciò che è una buona abitudine, una
sensibilità etica, un potenziale positivo, non si traduca in moral distress?
Innanzitutto è necessario imparare a gestire la propria vulnerabilità per non mettere a
rischio la possibilità stessa della cura, facendo attenzione però a non incorrere nella
situazione opposta di eccessiva distanza che impoverirebbe la relazione e dunque la
possibilità di cura. Durante gli anni di attività lavorativa dovrebbero essere organizzati
laboratori di riflessività sulla vita emozionale, in cui dare spazio alla rielaborazione delle
emozioni connesse alla cura, affinché maturi anche una competenza emotiva sia rispetto al
paziente sia rispetto a se stessi. Rispetto a sé la competenza emotiva, consiste nel saper
49
conoscere le proprie tensioni emotive per essere in grado di usarle nella relazione, rispetto
al malato tale competenza consiste nel saper avvertire il proprio vissuto e nel trovare la
giusta tonalità emotiva per costruire una buona relazione. Essa è quindi necessaria per far
fronte alla sofferenza del malato, evitando sia di rifugiarsi in un’asettica neutralità sia di
farsi travolgere dalle emozioni dell’altro. In secondo luogo occorre intervenire sulle
organizzazioni sanitarie che sono governate da principi di efficienza e di produttività ma
ancorate a vecchi schemi e valori, dove il benessere degli operatori è responsabilità degli
stessi individui e della loro capacità di autoregolarsi17.
Per concludere si può affermare senza dubbio che il moral distress è espressione di
attenzione sensibile, disponibilità cognitiva ed emotiva, preoccupazione per le persone che
ricorrono alle cure sanitarie. In altre parole è un coinvolgimento personale in una certa
misura auspicabile, a patto però che sia riconosciuto e gestito dall’infermiere e
dall’organizzazione in modo adeguato, altrimenti rappresenta uno dei fattori chiamati in
causa per il burnout22. Sempre più studi indicano come ci sono luoghi di lavoro “più etici”
e altri “meno etici”, e come sia importante guardare al contesto e al clima organizzativo per
promuovere una buona cura nell’ottica del “curare” e del “prendersi cura”.
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Oct 3.
Allegati
Studio 1
2-Barlem EL1, Lunardi VL, Lunardi GL, Dalmolin Gde L, Tomaschewski JG. The
experience of moral distress in nursing: the nurses' perception. Rev Esc Enferm USP. 2012
Jun;46(3):681-8.
Studio 3
13-Rice EM1, Rady MY, Hamrick A, Verheijde JL, Pendergast DK. Determinants of
moral distress in medical and surgical nurses at an adult acute tertiary care hospital.
J Nurs Manag. 2008 Apr;16(3):360-73. doi: 10.1111/j.1365-2834.2007.00798.x.
Tabella 1
The prevalence of moral distress (MD) and multiple encounters (ME) to situations by category in the study cohort (n = 260)
MD (1–6) ME (2–6)
Category: Physician Practice
4. Assist a physician who performs a test or treatment
without informed consent.
133 (51) 20 (8)
6. Ignore situations of suspected patient abuse by caregivers. 140 (54) 29 (11)
7. Ignore situations in which patients have not been given adequate information to 201 (77) 85 (33)
insure informed consent. 10. Let medical students perform painful procedures on patients solely to increase their skill. 175 (67) 87 (33)
11. Assist physicians who are practicing procedures on a patient 109 (42) 13 (5)
after CPR has been unsuccessful. 15. Continue to participate in care for a hopelessly injured person who is 125 (48) 27 (10)
being sustained on a ventilator, when no one will make a decision to ‘pull the plug’. 17. Follow the physician’s order not to tell the patient the truth when he/she asks for it. 182 (70) 74 (28)
18. Assist a physician who in your opinion is providing incompetent care. 183 (71) 62 (24)
23. Providing care that does not relieve the patient’s suffering because physician 199 (77) 110 (42)
fears increasing dose of pain medication will cause death. 25. Follow the physician’s request not to discuss Code status with patient. 150 (58) 32 (12)
26. Follow the physician’s request not to discuss Code status with the family when 147 (57) 28 (11)
he patient becomes incompetent. 35. Work with physicians who are not as competent as the patient care requires. 215 (83) 104 (40)
Category: Nursing Practice 8. Carry out a work assignment in which I do not feel professionally competent. 225 (87) 109 (42)
9. Avoid taking action when I learn that a nurse colleague has made a medication 184 (71) 61 (23)
error and does not report it. 13. Work with levels of nurse staffing that I consider ‘unsafe’. 231 (89) 158 (61)
16. Observe without taking action when healthcare personnel do not respect the patient’s privacy. 200 (77) 94 (36)
32. Work with nurses who are not as competent as the patient care requires. 231 (89) 143 (55)
33. Work with nursing assistants who are not as competent as patient care requires. 239 (92) 156 (60)
34. Work with non-licensed personnel who are not as competent as the patient care requires. 184 (71) 95 (37)
36. Work with support personnel who are not as competent as the patient care requires. 205 (79) 81 (31)
37. Ask the patient’s family about donating organs when the patient’s death is inevitable. 149 (57) 51 (20)
38. Be required to care for patients I am not competent to care for. 211 (81) 69 (27)
Category: Institutional Factors 14. Carry out orders or institutional policies to discontinue treatment because the 160 (62) 39 (15)
patient can no longer pay. 20. Discharge a patient when he has reached the maximum length of stay based on 183 (70) 72 (29)
Diagnostic Related Grouping (DRG) although he has many teaching needs. 21. Provide better care for those who can afford to pay than those who cannot. 171 (66) 80 (31)
27. Not being able to offer treatment because the costs will not be covered by the 173 (67) 63 (24) insurance company.
Category: Futile Care
1. Follow the family’s wishes for the patient’s care when I do not agree with them but do so
because hospital administration fears a lawsuit.
2. Follow the family’s wishes to continue life support even though it is not in the best
interest of the patient.
204 (78) 125 (48)
193 (74) 108 (42)
3. Carry out a physician’s order for unnecessary tests and treatment. 227 (87) 168 (65)
5. Initiate extensive life-saving actions when I think it only prolongs death. 196 (75) 97 (37)
12. Carry out the physician’s orders for necessary tests and treatments for 191 (73) 148 (57) terminally ill patients.
19. Prepare an elderly man for surgery to have a gastrostomy tube put in, who is
severely demented and a ‘No Code’.
173 (67) 82 (32)
22. Follow the family’s request not to discuss death with a dying patient who asks about dying. 205 (79) 109 (42)
Category: Deception 24. Give medication intravenously during a Code with no compressions or intubation. 111 (43) 16 (6)
30. Follow the physician’s request not to discuss death with a dying patient who asks about dying. 163 (63) 37 (14)
31. Follow orders for pain medication even when the medications prescribed do not control the pain. 231 (89) 174 (67)
Category: Euthanasia 28. Increase the dose of intravenous morphine for an unconscious patient that you 167 (64) 63 (24)
believe will hasten the patient’s death.
29. Respond to a patient’s request for assistance with suicide when patient has a
poor prognosis.
136 (52) 6 (2)
Studio 4
11- Barlem EL, Lunardi VL, Lunardi GL, Tomaschewski-Barlem JG, da Silveira RS,
Dalmolin Gde L. Moral distress in nursing personnel. Rev Lat Am Enfermagem. 2013 Jan-
Feb;21 Spec No:79-87.
Studio 5
14-Dalmolin Gde L1, Lunardi VL2, Lunardi GL3, Barlem EL4, Silveira RS4. Moral
distress and burnout syndrome: are there relationships between these phenomena in
nursing workers? Rev Lat Am Enfermagem. 2014 Jan-Feb;22(1):35-42. doi:
10.1590/0104-1169.3102.2393.
Tabella 1
Pearson's Correlation Results, Rio Grande, RS, Brazil, 2012
Burnout Moral distress Burnout Pearson's correlation 1 0.102*
P 0.049 N 375 374 Moral distress Pearson's correlation 0.102*
P 0.049
N 374 374 *Significant correlation at 5%
Tabella 2
Regression Analysis between the dimensions of moral distress according to burnout - Rio
Grande, RS, Brazil, 2012
Dimensions Beta p Lack of competence in the work team -0.003 0.950 Disregard for patient autonomy 0.037 0.476 Inadequate working conditions 0.088 0.091 Therapeutic obstinacy 0.101 0.051
Tabella 3
Regression Analysis between the dimensions of burnout regarding moral distress - Rio
Grande, RS, Brazil, 2012
Dimensions Beta p Emotional exhaustion 0.077 0.139 Professional fulfillment -0.107 0.039* Depersonalization 0.022 0.670
*Value statistically significant at 5%
Studio 6
35- Ganz FD, Wagner N, Toren O. Nurse middle manager ethical dilemmas and moral
distress. Nurs Ethics. 2015 Feb;22(1):43-51. doi: 10.1177/0969733013515490. Epub 2014
Jan 29
Table 1. Sample personal and professional characteristics (N ¼ 133).
Personal characteristic n (%) Professional
characteristic
n (%)
Religion Role
Jewish 109 (87.9) Assistant head nurse 33 (25.6)
Moslem 9 (7.3) Head nurse 78 (60.5)
Other 6 (4.8) Supervisor 7
(5.3)
Missing 9 Other 11
(8.5)
Religiosity Missing 4
Ultra orthodox 1 (0.8) Unit
Religious 22 (17.2) Surgery 25 (20.8)
Traditional 38 (29.7) Medicine 20 (16.7)
Secular 66 (51.6) Oncology 11
(9.2)
Missing 5 Critical care 10
(8.3)
Marital status Maternity 8
(6.7)
Single 8 (4.7) Pediatrics 7
(5.8)
Married 109 (84.5) OR and PACU 7
(5.8)
Divorced 12 (9.3) Outpatient 7
(5.8)
Widowed 2 (1.6) Other 25 (20.8)
Missing 4 Missing 13
Place of birth % FTE
Israel 79 (61.7) 50 1
(0.8)
Former USSR 26 (20.3) 75 3
(2.3)
North America and South America 7 (5.5) 100 125 (96.9)
Europe 7 (5.5) Missing 4
Other 5 (3.9)
Missing 5
RN education
RN 5 (3.8)
RN þ BSN 67 (51.5)
RN þ MA 58 (44.6)
OR: operating room; PACU: postoperative care unit; FTA: full-time equivalent; USSR:
Union of Soviet Socialist Republics; RN: regis- tered nurse; BSN: Bachelor of Science in
Nursing.
Table 2. Ethical dilemma/moral distress frequency and intensity scores by subscales (N ¼
133).
Frequency Intensity
Subscale Sum Item M SD Sum Item M SD
Clinical–professional (28
items)
43.0 1.5 0.3 45.4 1.
6
1.0
Interpersonal (11 items) 18.5 1.7 0.3 23.2 2.
1
1.1
Administration (22 items) 43.4 2.0 0.4 58.1 2.
6
1.2
Total (61 items) 103.0 1.7 0.3 122.4 2.
3
1.0
Table 3. Highest and lowest scoring frequency items (scale 1–4).
Highest scoring frequency items
49 Lack of balance between patient care and administrative
dutiesa
2.86 (0.95)
48 Pressure to admit patients above the approved number of
beds on the unita
2.83 (1.14)
4 Need to take care of an insulting and hurtful patienta 2.73 (0.79)
11 Inability to provide good care due to lack of staff a 2.73 (0.95)
50 Administrative directives that are not appropriate for the
clinical areaa
2.68 (0.86)
33 Conflicts between the needs of an individual nurse and the 2.55 (0.86)
unita
19 Patient/family violence against a nursea 2.52 (0.76)
46 Lack of equipmenta 2.35 (0.92)
5 Preferential treatment of patient due to connections 2.23 (0.99)
32 Conflicts between the needs of the patient and the familya 2.13 (0.82)
Lowest scoring frequency items
42 Performing research without the patient’s consentb 1.05 (0.26)
56 Use of money and presents to improve patient careb 1.07 (0.29)
15 Conducting tests for research without patient consentb 1.11 (0.38)
20 Sexual harassment of a patientb 1.11 (0.31)
59 Use of alcohol or drugs by the staff b 1.12 (0.41)
27 Purposely providing incorrect diagnosis information to a
patientb
1.14 (0.37)
54 Discriminatory treatment of a prisonerb 1.14 (0.45)
57 Mishandling of fundsb 1.20 (0.51)
aScored among the highest items in both frequency and intensity.
bScored among the lowest items in both frequency and intensity.
Table 4. Highest and lowest scoring intensity items (scale 0–6).
Highest scoring intensity items
19 Patient/family violence against a nursea
4.44
(1.85)
11 Inability to provide good care due to lack of staff a 4.00
(2.06)
50 Administrative directives that are not appropriate for the
clinical areaa
3.90
(1.90)
49 Lack of balance between patient care and administrative
dutiesa
3.79
(2.04)
33 Conflicts between the needs of an individual nurse and the
unita
3.68
(1.91)
23 Impolite behavior of a nurse to a patient 3.67
(2.42)
45 Impolite behavior of a nurse to another staff member 3.47
(2.44)
46 Lack of equipmenta 3.46
(2.10)
4 Need to take care of insulting and hurtful patienta 3.36
(1.69)
32 Conflicts between the needs of the patient and the familya 3.30
(2.20)
48 Pressure to admit patients above the approved number of
beds on the unita
3.08
(2.20)
Lowest scoring intensity items
42 Performing research without the patient’s consentb
0.31
(1.07)
56 Use of money and presents to improve patient careb 0.32
(1.14)
15 Conducting tests for research without patient consentb 0.42
(1.13)
54 Discriminatory treatment of a prisonerb 0.42
(1.31)
59 Use of alcohol or drugs by the staff b 0.45
(1.42)
57 Mishandling of fundsb 0.61
(1.48)
27 Purposely providing incorrect diagnosis information to a
patientb
0.65
(1.55)
20 Sexual harassment of a patientb 0.71
(1.77)
14 Not documenting for fear of stigmatizing a patient 0.88
(1.62)
1 Nurse refusal to take care of patient that could endanger the
nurse
0.90
(1.44)