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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELLA CALABRIA
DIPARTIMENTO DI MATEMATICA E INFORMATICA
CORSO DI LAUREA IN MATEMATICA
Tesi di Laurea Magistrale
Il ruolo delle rappresentazioni
proiettive nella
teoria quantistica
Relatore Candidato
Prof. Giuseppe Antonio Nisticò Saverio Di Sanzo
Matricola 153397
ANNO ACCADEMICO 2013/2014
Indice
Introduzione 1
1 Trasformazioni di simmetria nella teoria quantistica secondo
Von Neumann 5
1.1 Concetti di base ed Assiomi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
1.2 Formalismo matematico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
1.3 Il teorema di Wigner . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
1.4 Trasformazioni di simmetria quantistica . . . . . . . . . . . . . 15
1.5 Simmetrie e trasformazioni di Wigner . . . . . . . . . . . . . 18
1.6 Rappresentazioni proiettive unitarie . . . . . . . . . . . . . . . 20
2 Rappresentazioni proiettive 24
2.1 Raggi di operatori e raggi di vettori . . . . . . . . . . . . . . . 24
2.2 Gruppi topologici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
2.3 Rappresentazioni di gruppi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
2.4 Insiemi ammissibili, fattori ed esponenti locali . . . . . . . . . 35
2.5 Fattori su gruppi connessi e semplicemente connessi . . . . . . 43
2.6 Gruppi e Algebre di Lie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48
2.7 Gruppo di Rivestimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55
2.8 Gruppo SU(2) e gruppo SO(3) . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63
3 Teorema di Mackey 74
3.1 Rappresentazioni ordinarie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74
i
Indice ii
3.2 Rappresentazioni proiettive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95
4 Applicazione del teorema di Imprimitività di Mackey 112
4.1 Applicazione al gruppo di Euclide . . . . . . . . . . . . . . . . 112
4.2 Applicazione al gruppo di Galilei . . . . . . . . . . . . . . . . 119
Appendice 124
La trattazione di Wigner sulle rappresentazioni proiettive di SO(3) 124
Denizioni preliminari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 124
Gruppo delle trasformazioni non omogenee di Lorentz . . . . . 131
Gruppo di Rappresentazioni di un Little group . . . . . . . . 137
Rappresentazioni proiettive unitarie del gruppo SO(3) . . . . . 142
Bibliograa 149
Introduzione
Agli inizi dello scorso secolo la comunità scientica riscontrò delle grosse in-
congruenze in relazione a taluni fenomeni, tra i risultati sperimentali e ciò
che la Fisica Classica prevedeva; nei principi base della Fisica Classica c'era
qualcosa che non rispecchiava la realtà. Ci si rese conto che taluni fenomeni
risultavano inspiegabili, davanti all'evidenza sperimentale dei fatti. La Fisica
Classica non era più in grado di descriverli. Tra questi l'eetto fotoelettrico,
lo spettro del corpo nero, lo spettro a righe dell'atomo di idrogeno, dove la
lunghezza d'onda variava non più con continuità ma in modo discreto. Non
era solo una questione di divergenze limitate a particolari snodi della teoria,
come avvenuto con l'avvento della relatività e la sostituzione della trasforma-
zione di Galilei, ma bensì di una inconsistenza dei principi cardine; la sica,
insomma andava del tutto cambiata e riformulata dalla base. Questo portò,
con l'ausilio e l'intervento di numerose menti brillanti, che erano in grado di
guardare aldilà delle apparenze, al passaggio dalla Fisica Classica, e quindi da
una visione di un Universo continuo e deterministico, alla Meccanica Quanti-
stica, con una visione di un Universo probabilistico e non più completamente
prevedibile. La teoria quantistica è caratterizzata dalla profonda astrazione
della rappresentazione matematica e dei suoi concetti, astrazione ancor più
evidente se messa a confronto con la Fisica Classica. Due di queste menti
furono John Von Neumann, e George W. Mackey. Von Neumann [1] stabilì
in forma coerente in pieno rigore matematico e concettuale, le basi di una
teoria quantistica; la teoria generale di Von Neumann. Gli unici fondamenti
1
Introduzione 2
di questa teoria saranno presentati nel primo capitolo di questo lavoro di tesi,
come basi per la trattazione dei capitoli successivi. Questa nuova teoria rigo-
rosa e matematicamente coerente è fondata sui concetti base di osservabile,
valore d'aspettazione e su un sistema di assiomi fondamentali. Il problema
principale nasceva dall'individuare lo spazio matematico dove astrarre i nuovi
concetti. Egli risolse il problema individuando in uno spazio di Hilbert com-
plesso e separabile H la struttura matematica su cui costruire la teoria di
un dato sistema sico. Identicò come vedremo, le osservabili nella famiglia
degli operatori autoaggiunti di questo spazio di Hilbert e identica i valori
d'aspettazione con gli operatori densità ρ. La Matematica è lo strumento
particolarmente adatto per trattare e spiegare concetti astratti di qualunque
tipo. La formulazione delle nuove leggi che caratterizzeranno questa nuova
teoria richiede quindi l'uso di una matematica rigorosa e particolare, come
quella delle trasformazioni. Infatti nell'Universo tutte le entità sono sogget-
te a trasformazioni, caratterizzate da proprietà di invarianza e covarianza
speciche rispetto a un sistema di riferimento specico. Per formalizzare e
sfruttare tali caratteristiche, nel seguito del primo capitolo svilupperemo i
concetti di simmetrie e di rappresentazione proiettiva. Ad esempio, dato un
sistema quantistico S isolato, sia presa una traslazione spaziale ~τ ; se si ap-
plica la traslazione alle procedure (apparati) di selezione e misurazione, si ha
una trasformazione biunivoca su entrambi; ciò comporta una trasformazione
sugli stati e le osservabili, in modo che se lo stato del sistema non trasformato
è descritto da ρ lo stato trasformato sarà in generale descritto da ρ′. Analo-
gamente, se l'osservabile A è rappresentata dall'operatore A ed è misurabile
con un dato apparato, l'apparato traslato misurerà una diversa osservabile
A′, rappresentata da un diverso operatore A′. Una tale trasformazione con-
giunta di stati ed osservabili produce una situazione sica correlata a quella
di partenza; se il sistema è isolato si dovrà avere vρ(A) = vρ′(A′); questa
uguaglianza caratterizza la particolare simmetria che in termini matematici
può essere tradotta in proprietà di invarianza e nel formalismo si esprime
Introduzione 3
sotto forma di uguaglianza di tracce di matrici. Per mezzo poi del Teorema
di Wigner si stabilirà che, se il sistema detiene un determinato gruppo di tra-
sformazioni di simmetria, ad esso deve corrispondere nello spazio di Hilbert
H una rappresentazione proiettiva del gruppo stesso. Si determinano così le
relazioni tra trasformazioni di Wigner e di simmetria quantistica. Grazie alla
conoscenza di tali relazioni si potrà applicare il teorema di Wigner, che le-
ga le trasformazioni di Wigner alle trasformazioni di simmetria quantistiche,
per stabilire anche l'esistenza di rappresentazioni proiettive per un gruppo
di simmetria quantistico.
Le rappresentazioni ordinarie di gruppi, ma in particolare quelle proiet-
tive, saranno alla base dell'elaborato; nel corso del capitolo 1, e ampiamente
nel capitolo 2, verranno trattate in maniera specica con diversi approcci.
Sarà denito il concetto di rappresentazione ray, con un approccio dovuto a
Bargman [5] , cosi da ricavare le varie proprietà che le caratterizzano, per
gruppi topologici di Lie connessi e semplicemente connessi. Quanto fatto
sarà applicato al termine del secondo capitolo per ricavare le rappresentazio-
ni proiettive del gruppo delle rotazioni SO(3) tramite il relativo gruppo di
rivestimento universale SU(2) per mezzo dell'isomorsmo che lega appunto
SO(3) al quoziente SU(2)/+I,−I.Un altro strumento importante presentato e utilizzato è il Teorema di
imprimitività di Mackey. Un sistema di imprimitività, non è altro che una
struttura costituita da una rappresentazione ordinaria o proiettiva, di un
gruppo di trasformazioni, e da una misura a valori di proiezione denita sul-
lo spazio base del sistema legate da una relazione di covarianza. Dato quindi
un sistema di imprimitività rispetto a un dato gruppo, il teorema di imprimi-
tività indica come costruire concretamente lo spazio di Hilbert, il sistema di
imprimitività, e la rappresentazione proiettiva di un gruppo localmente com-
patto e separabile, come rappresentazione indotta da una rappresentazione
di un suo sottogruppo chiuso. Nel capitolo 3 viene riproposto il contenuto del
lavoro di Mackey [11, 13, 15, 18] sul teorema di imprimitività e sue successive
Introduzione 4
generalizzazioni, a partire dalle rappresentazioni ordinarie, denendo il con-
cetto di rappresentazione indotta e generalizzando al caso di rappresentazioni
proiettive.
Il teorema sarà applicato al gruppo di Euclide nel capitolo 4. Infatti se
il sistema quantistico è una particella libera non relativistica, i tre operatori
corrispondenti all'osservabile posizione costituiscono un sistema di imprimi-
tività (una terna di operatori autoaggiunti legati da relazione di covarianza
con la rappresentazione citata) rispetto alla rappresentazione proiettiva del
gruppo di Euclide la cui esistenza è garantita dal teorema di Wigner. Sarà
applicato quindi il teorema per caratterizzare e scegliere in maniera certa lo
spazio di Hilbert al ne di ricavare le rappresentazioni proiettive del gruppo
di Galilei come restrizione al gruppo di Euclide che a loro volta sono ottenute
come indotte da rappresentazioni del gruppo delle rotazioni attorno all'ori-
gine, cioè SO(3). Sarà applicato il teorema di imprimitività seguendo un
approccio che conduce a individuare concretamente le rappresentazioni pro-
iettive dell'intero gruppo di Galilei, indipendentemente dal sistema, particella
o altro, che possiede tali simmetrie.
Inne l'appendice sarà dedicata alla presentazione dell'approccio dato da
Wigner [4] nel ricavare le rappresentazioni di SO(3) visto come sottogruppo
delle trasformazioni di Poincarè.
Capitolo 1
Trasformazioni di simmetria nella
teoria quantistica secondo Von
Neumann
In questo capitolo presenteremo i fondamenti concettuali e matematici della
teoria quantistica, adottando lo schema teorico di Von Neumann, che for-
nisce una teoria concettualmente e matematicamente coerente e rigorosa.
Inoltre analizzeremo come le trasformazioni di Wigner e le trasformazioni
di simmetria quantistica giocano un ruolo essenziale per stabilire l'esistenza
di rappresentazioni proiettive di un gruppo di trasformazioni di simmetria
quantistico.
1.1 Concetti di base ed Assiomi
Deniamo i concetti di osservabile e valore d′aspettazione che caratterizzano
L'approccio di Von Neumann.
Denizione 1. Osservabile:
5
CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 6
Un'osservabile di un sistema sico è una grandezza misurabile il cui valore
misurato è esprimibile mediante un numero reale.
Con O viene indicato l'insieme delle osservabili di un dato sistema sico
Denizione 2. Valore d′aspettazione :
Un valore d'aspettazione o R− function è una funzione :
v : Ov → R Ov ⊆ O;
quindi ad ogni osservabile A ∈ Ov, v fa corrispondere un numero reale v (A),
interpretato come valore d'aspettazione dell'osservabile A.Con Σ viene indicata la famiglia dei valori di aspettazione.
Il concetto di valore d'aspettazione sottintende che esso va riferito ad un
ensemble statistico; ciò comporta, in corrispondenza di ogni v ∈ Σ, l'esisten-
za di una selezione S di sistemi sici che gode della seguente:
Asserzione 1. Data una qualsivoglia osservabile A ∈ Ov, i campioni stati-stici estratti da S per misurare A possiedono valori medi delle misurazioni
di A statisticamente coerenti con il valore di aspettazione v (A).
Ovvero, quando A viene misurato su un numero N di sistemi dell'ensem-
ble, che ci daranno N valori misurati, il cui valore medio delle misurazioni
tende a v (A) per N →∞.
Osservazione 1. L'insieme dei valori d'aspettazione ha una struttura σ−convessa.
Dato quindi un insieme numerabile v1, v2, . . . di valori d'aspettazione,per ogni famiglia µk |
∑k µk = 1, esiste v =
∑k µkvk denita suOv = ∩kOvk ;
v rappresenta quindi una miscela statistica degli ensembles descritti dai vi,
CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 7
con i rispettivi pesi statistici µi
Osservazione 2. Data un'osservabile A e una funzione numerica f , si può
denire una nuova osservabile B, indicata con f (A), con la seguente inter-
pretazione:
Il valore b di B = f (A) si ottiene misurando A e applicando al risultato a,
la funzione f : quindi b = f (a) ; A ed f (A) misurano la stessa grandezza ma
con scala diversa se f risulta iniettiva .
Il concetto di osservabile e valore d'aspettazione sono regolati dai seguenti
assiomi caratterizzanti lo schema di Von Neuman, che stabiliscono una stret-
ta relazione tra la struttura algebrica naturale delle osservabili e la struttura
algebrica matematica degli operatori nello spazio di Hilbert.
ASSIOMA 1
Dato un sistema sico a cui si applicano i concetti sici di osservabile e
di valore d'aspettazione, esiste uno spazio di Hilbert complesso e separabile
H tale che ad ogni osservabile A ∈ Ov corrisponde un unico operatore au-
toaggiunto A di H; la corrispondenza è biunivoca.
ASSIOMA 2
Data un'osservabile A e una funzione numerica f se ad A viene as-
segnato l'operatore autoaggiunto A allora ad f(A) corrisponde l'operatore
f (A) =´f (λ) dEλ dove Eλ è la risoluzione dell'identità di A.
Questo assioma fa uso del teorema della rappresentazione spettrale per ope-
ratori autoaggiunti.
ASSIOMA 3
Siano A e B due osservabili alle quali corrispondono due operatori autoag-
giunti A e B allora esiste una terza osservabile C = A+B a cui corrisponde
CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 8
l'operatore autoaggiunto C = A + B .
ASSIOMA 4
Se A è non negativa, ovvero i possibili risultati di una misurazione di Asono non negativi, allora v (A) ≥ 0 per ogni valore d'aspettazione v tale che
A ∈Ov.
ASSIOMA 5
Per ogni valore d'aspettazione v se a e b, sono costanti reali e A e B due
osservabili, allora v (aA+ bB) = av (A) + bv (B).
1.2 Formalismo matematico
Come fatto tramite gli assiomi per il concetto sico di osservabile, al qua-
le abbiamo associato la struttura matematica corrispondente agli operatori
autoaggiunti, analogamente possiamo associare al valore d'aspettazione una
struttura matematica che risulta essere quella degli operatori densità.
Denizione 3. Un operatore
ρ : H → H
tale che ρ ≥ 0 (ovvero < ψ | ρψ >≥ 0 ∀ψ ∈ H ) e Tr (ρ) = 1 è detto
operatore densità.
La famiglia degli operatori densità è indicata con il simbolo L1+ (H) .
L'operatore densità è legato al valore d'aspettazione tramite il seguente
teorema.
Teorema 1. Per ogni valore d'aspettazione esiste un unico operatore densità
ρ tale che
v (A) = Tr (ρA) ∀A ∈ Ov;
CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 9
dove A è l'operatore autoaggiunto associato all'osservabile A.
Osservazione 3. L1+ (H) ha una struttura convessa, ovvero:
∀A,B ∈ L1+ (H) ⇒ λA+ (1− λ)B ∈ L1
+ (H) .
Operatori di questo genere di cui faremo largo utilizzo sono gli operatori
proiezione di rango 1.
Denizione 4. Un operatore proiezione di rango 1 è un operatore:
P : H → H
che risulta un proiettore ortogonale che proietta su un sottospazio di
dimensione 1.
Sia dato ϕ ∈ H, con ‖ϕ‖ = 1; indicando con Sp (ϕ) = λϕ | λ ∈ C ilsottospazio generato da ϕ, deniamo il proiettore di rango 1, Pϕ come
Pϕψ =< ϕ | ψ > ϕ.
Usando come notazione quella di Dirac [2] si può ottenere l'espressione
equivalente:
Pϕ | ψ >=| ϕ >< ϕ | ψ > .
Possiamo indicare la famiglia dei proiettori di rango 1 con:
Π1 (H) = Pϕ =| ϕ >< ϕ |, ϕ ∈ H, ‖ϕ‖ = 1.
Osservazione 4. Due vettori di stato in uno spazio di Hilbert H che dieri-
scono per un fattore di fase individuano lo stesso proiettore di rango 1, ovvero
CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 10
dati ϕ e φ tali che φ = eiαϕ in H allora:
Pφ | ψ >=| eiαϕ >< eiαϕ | ψ >
= eiαe−iα | ϕ >< ϕ | ψ >
=| ϕ >< ϕ | ψ >= Pϕ | ψ >⇒ Pφ = Pϕ.
Denizione 5. Un operatore densità è detto puro se
ρ = λρ1 + (1− λ) ρ2 con 0 < λ < 1 ⇒ ρ1 = ρ2 = ρ;
Dal fatto che ogni stato quantistico può essere espresso come combina-
zione convessa di proiettori di rango 1, i puri sono proprio quelli che non
possono essere decomposti ulteriormente.
Teorema 2. Una caratterizzazione per gli stati puri risulta
ρ e puro ⇐⇒ ρ =| ψ >< ψ | .
Se | ψ >< ψ | è uno stato puro, ψ è detto vettore di stato
Secondo lo schema di Von Neumann non si può sempre avere la possibilità
di misurare più osservabili nello stesso esemplare del sistema sico. Viene
individuata [1] una condizione di commisurabilità che va vericata
Condizione di commisurabilita
Siano date due osservabili A e B esse sono entrambe misurabili sullo
stesso esemplare del sistema sico se è soltanto se
[A,B] = AB −BA = 0.
CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 11
1.3 Il teorema di Wigner
In questa sezione introdurremo il concetto di trasformazione di Wigner, e i
legami con il concetto di simmetria quantistica del sistema. Il teorema di
Wigner darà una rappresentazione di questo tipo di trasformazioni.
Denizione 6. Dati due spazi di Hilbert H e H′, entrambi complessi e
separabili, si denisce trasformazione di Wigner, un'applicazione:
S : Π1 (H)→ Π1 (H′) ,
P → P ′ = S (P ) ,
che gode delle seguenti proprietà:
1. S è biunivoca;
2. Tr (P1P2 ) = Tr (S (P1)S (P2)).
Osservazione 5. Consideriamo un operatore unitario:
U : H → H′;
esso agisce sui vettori di stato modicandoli :
U | ϕ >=| ϕ′ >;
si avrà quindi una trasformazione unitaria che soddisfa la proprietà:
< ϕ1 | ϕ2 >H=< Uϕ1 | Uϕ2 >H′ ∀ϕ1, ϕ2 ∈ H.
CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 12
Inoltre il vettore di stato di partenza | ϕ > individua univocamente il
proiettore P =| ϕ >< ϕ |, di rango 1 e analogamente deniamo tramite lo
stato di arrivo il proiettore P =| ϕ′ >< ϕ′ |; possiamo quindi denire una
trasformazione di Wigner nel seguente modo:
SU : Π1 (H)→ Π1 (H′) ;
Pϕ =| ϕ >< ϕ |→ Pϕ′ = SUPϕ =| ϕ′ >< ϕ′ |;
infatti, SU verica le proprietà:
1. SUè biunivoca tra le due famiglie di proiettori per l'unitarietà di U ;
2. L'uguaglianza tra le tracce è anche vericata considerando il valore di
aspettazione di una generica osservabile nella forma:
Tr (A) =∑k
< uk | A | uk >;
dove deniamo A = P1P2 con P1 =| ψ1 >< ψ1 | e P2 =| ψ2 >< ψ2 |;avremo:
Tr (P1P2) =∑k
< uk | P1P2 | uk >
=∑k
< uk | ψ1 >< ψ1 || ψ2 >< ψ2 | uk >;
prendendo | u1 >=| ψ1 > e | u1+k >⊥| ψ1 > (poiché la traccia è
indipendente dalla scelta della base | uk >) la relazione risulterà:
Tr (P1P2) = |< ψ1 | ψ2 >|2 ;
a questo punto considerando gli stati di arrivo P ′1 =| ψ′1 >< ψ′1 | eP ′2 =| ψ′2 >< ψ′2 | con | ψ′1 >=| Uψ1 >∈ H′ e | ψ′2 >=| Uψ2 >∈ H′ (di
CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 13
conseguenza SU (P 1) = P ′1 e SU (P 2) = P ′2) dall'unitarietà di U avremo:
Tr(SU (P 1)SU (P 2)
)=∣∣< ψ′1 | ψ′2 >2
∣∣ = |< Uψ1 | Uψ2 >|2
= |< ψ1 | ψ2 >|2 = Tr (P1P2) ;
quindi SU è trasformazione di Wigner.
Da tutto questo possiamo derivare, come vedremo meglio in avanti, anche
che ogni operatore unitario U oltre a indurre una trasformazione di Wigner
induce anche simmetrie quantistiche.
Teorema 3. Teorema di Wigner
Se S è una trasformazione di Wigner allora
1. Esiste un operatore U unitario o antiunitario tale che:
S (P ) = UPU−1;
2. L'operatore U è unico a meno di un fattore di fase ovvero se esiste
un operatore V unitario o antiunitario tale che S (P ) = VPV−1 allora
U = eiαV per qualche α ∈ R.
La 2 si ha proprio perché l'operatore U che genera la trasformazione di Wi-
gner è unico a meno di un fattore di fase, cioè U e eiαU generano la stessa
trasformazione SU = SeiαU .
In denitiva abbiamo visto che dato un operatore unitario U esso induce
una trasformazione di Wigner; con il teorema di Wigner abbiamo dato una
caratterizzazione del viceversa: data quindi una trasformazione di Wigner
abbiamo che esisterà una famiglia di operatori, che in questo caso potran-
no essere unitari o antiunitari e che dieriscono per un fattore di fase, che
realizzano le trasformazioni come
S (P ) = UPU−1.
CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 14
Diamo ora una formulazione del teorema di Wigner in termini di raggi di
vettori, che ci risulterà utile in seguito.
Denizione 7. Raggio di uno spazio di Hilbert
Sia H uno spazio di Hilbert e siano ϕ e ψ due vettori appartenenti ad Hcon il loro prodotto interno < ϕ | ψ >= < ψ | ϕ >. Per Raggio di vettori si
intende la famiglia di tutti i vettori che dieriscono tra loro per un fattore
di fase; ovvero se ψ0 ∈ H il raggio Rψ0 generato da ψ0 è l'insieme di tutti i
vettori della forma τ | ψ0 > con τ scalare di modulo 1:
Rψ0 = | ψ > : ψ = τ | ψ0 >, |τ | = 1 .
Osservazione 6. Se | ψ0 > è unitario tutta la famiglia Rψ0 sarà detta unita-
ria; indichiamo con R (H) l'insieme di tutti i raggi unitari di H; ogni vettore
| ψ > appartenente ad esso è un rappresentante di Rψ.
Siano dati ora due raggi Rψ e Rϕ deniamo il prodotto tra due raggi
come:
Rψ · Rϕ = |< ϕ | ψ >| , ϕ ∈ Rϕ, ψ ∈ Rψ;
esso è indipendente dai rappresentanti; inoltre deniamo la distanza tra i
raggi come:
d (Rψ,Rϕ) =√
2 (1−Rψ · Rϕ). (1.1)
Dati | ψ >, | ϕ >∈ R ∈ R (H) si ha che | ϕ >< ϕ |=| ψ >< ψ |;ogni raggio unitario corrisponde quindi a un proiettore di rango 1, ovvero
Rψ = R (| ψ >< ψ |) è il raggio che corrisponde al proiettore | ψ >< ψ |mentre P (Rψ) =| ψ >< ψ | è il proiettore che corrisponde al raggio unitarioRψ.
CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 15
Osservazione 7. Notiamo che
1− (Rψ · Rϕ)2 = d2
(1− 1
4d2
)5 d2. (1.2)
Il teorema di Wigner ammette la seguente formulazione equivalente al
teorema (3).
Teorema 4. Teorema di Wigner
Data una trasformazione di Wigner S : Π1 (H)→ Π1 (H′) , sia:
T : R (H)→ R (H′) ;
Rψ → Tψ = R (S (| ϕ >< ϕ |)) ;
la trasformazione T è biunivoca e tale che
ψ1 ∈ Rψ1 , ψ2 ∈ Rψ2 ⇒< ψ1 | ψ2 >=< ψ′1 | ψ′2 >, ψ′1 ∈ Tψ1 , ψ′2 ∈ Tψ2 ;
allora avremo che:
1. Esiste un operatore U unitario o antiunitario tale che Uψ ∈ Tψ, ∀ψ ∈H;
2. L'operatore U è unico a meno di un fattore di fase: se V : H → H′ è unoperatore unitario o antiunitario tale che Vψ ∈ Tψ ∀ψ ∈ H, ‖ψ‖ = 1,
allora esiste α ∈ R tale che V = eiαU .
1.4 Trasformazioni di simmetria quantistica
Le simmetrie quantistiche giocano un ruolo essenziale nella teoria quantisti-
ca; esse, insieme al teorema di Wigner, permettono di derivare, come vedre-
mo, anche rappresentazioni proiettive. Per capire di cosa si tratta quando
si parla di simmetrie quantistiche prendiamo in considerazione un sistema
CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 16
quantistico S isolato e consideriamo una traslazione spaziale; se applichiamo
la traslazione alle procedure (apparati) di selezione e misurazione avremo
una trasformazione biunivoca su essi; ciò comporta una trasformazione sugli
stati e le osservabili, perché se lo stato del sistema non trasformato è descritto
da ρ, lo stato trasformato sarà in generale descritto da un diverso operatore
ρ′ = S1 (ρ). La traslazione può agire però anche sulle osservabili. Infatti se
l'osservabile A, è rappresentata dall'operatore A, è misurabile con un dato
apparato, l'apparato traslato misurerà una diversa osservabile A′, rappresen-tata da un diverso operatore A′. La trasformazione comporta l'esistenza di
due corrispondenze,
ρ→ ρ′ = S1 (ρ)
e
A → A′ = S2 (A) .
Una tale trasformazione congiunta di stati ed osservabili produce una situa-
zione sica correlata a quella di partenza; quindi dovrà valere per forza di
cose l'uguaglianza vρ (A) = vρ′ (A′); questa uguaglianza in particolare carat-
terizza come simmetria una trasformazione biunivoca di stati e osservabili.
Osservazione 8.
L'uguaglianza vρ (A) = vρ′ (A′) come proprietà di invarianza dal punto di
vista matematico si esprime nel modo seguente:
< ϕ | A | ϕ >=< ϕ′ | A′ | ϕ′ >⇒ Tr (PA) = Tr (S1 (P )S2 (A)) ;
Valgono le seguenti proprietà,
Proprieta 1.1
ρ = λ1ρ1 + λ2ρ2 ⇒ S1 (ρ) = λ1S1 (ρ1) + λ2S1 (ρ2) ;
CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 17
ciò implica che la trasformazione S1 è completamente determinata dalla sua
restrizione agli stati puri.
Proprieta 1.2
Una trasformazione di simmetria quantistica preserva anche le relazioni fun-
zionali; ovvero data una funzione numerica f :
f (A)′ = f (A′)↔ f (A)′ = f (A′) ;
essa è importante poiché fa sì che proiettori ortogonali vengano trasformati
in proiettori ortogonali. Basta considerare la funzione f (λ) = λ2; allora
E ′2 = f (E ′) = f (E)′ =E2′
= E ′.
Denizione 8. Dato un sistema quantistico descritto nello spazio di Hilbert
H una trasformazione di simmetria quantistica è una coppia di trasforma-
zioni biunivoche (S1, S2):
S1 : Σ→ Σ,
S2 : Aut (H)→ Aut (H) ,
tali che:
1. Tr (ρA) = Tr (S1 (ρ)S2 (A));
2. S2 (f (A)) = f (S2 (A)).
Proposizione 1. Se (S1, S2) è una trasformazione di simmetria quantistica,
le rispettive restrizioni di S1 e S2 agli stati puri e ai proiettori ortogonali
soddisfano le seguenti proprietà:
1. S1 (Π1 (H)) ⊆ Π1 (H) , S2 (Π (H)) ⊆ Π (H);
CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 18
2. Le restrizioni S1 : Π1 (H) → Π1 (H) e S2 : Π (H) → Π (H) sono
biunivoche.
3. Tr (PE) = Tr (S1 (P )S2 (E)).
Dove Π (H) = E ∈ Aut (H) | E : H → H, E2 = E insieme dei proiettori
ortogonali che fa parte degli autoaggiunti
Proposizione 2. Se una coppia di trasformazioni (S1, S2) che soddisfa le
tre condizioni della precedente proposizione, allora essa si può estendere a
una trasformazione di simmetria quantistica; basta denire, ∀ ρ =∑
k λkPk
e ∀A =´λdEλ,
S1 (ρ) =∑k
λkS1 (Pk)
S2 (A) =
ˆλdS2 (Eλ)
e vericare che le proprietà della denizione (8) sono soddisfatte.
1.5 Simmetrie e trasformazioni di Wigner
Le trasformazioni di Wigner e le trasformazioni di simmetria, pur essendo
concetti dierenti in realtà coincidono.
Teorema 5. Se S : Π1 (H) → Π1 (H) è una trasformazione di Wigner,
allora la coppia (S1S2), dove S1 = S e S2 (E) =∑
j∈N S1 (Qj), dove Qj ∈Π1 (H) e
∑j∈NQj = E è una trasformazione di simmetria quantistica.
Lemma 1. In una trasformazione di simmetria quantistica
P ≤ E ⇔ S1 (P ) ≤ S2 (E) ∀P ∈ Π1 (H) , ∀E ∈ Π (H) .
CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 19
Teorema 6. Una qualsiasi trasformazione di simmetria quantistica (S1, S2)
è ricostruibile dall'applicazione S1 che è una trasformazione di Wigner.
Corollario 1. Corollario del teorema di Wigner
Sia (S1, S2) una trasformazione di simmetria quantistica allora:
1. esiste un operatore U unitario o antiunitario tale che
S1 (P ) = UPU−1 ∀P ∈ Π1 (P ) ,
S2 (E) = UEU−1 ∀E ∈ Π (P ) ;
2. se la 1 continua a valere per un altro operatore V unitario o antiunitario
allora risulterà V = eiαU .
Corollario 2. Supponiamo che un gruppo G, munito di una operazione bi-
naria ′′·′′ ed elemento neutro e, sia un gruppo di trasformazioni di simmetria
quantistiche per un sistema sico S descritto nello spazio di Hilbert H; datoun elemento g = g1g2 ∈ G e sia data l'applicazione g → Ug lineare di g si hache
Ug1Ug2 = ω (g1, g2)Ug1g2 ;
dove ω (g1, g2) è un numero complesso di modulo 1.
Questa asserzione si deduce dal teorema di Wigner: dall'uguaglianza
Sg1g22 (E) = Sg12 [Sg22 (E)] ,
essendo l'insieme delle trasformazioni un gruppo, si ottiene
Ug1g2EU−1g1g2
= Ug1Ug2EU−1g2U−1g1
;
CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 20
pertanto Ug1g2 e Ug1Ug2 dieriscono per un fattore di fase. Quindi ad un grup-
po di trasformazioni di simmetrie corrisponde una rappresentazione proiet-
tiva.
Denizione 9. Sia G un gruppo e H uno spazio di Hilbert (complesso o
separabile) una rappresentazione proiettiva di G su H è un'applicazione:
G 3 g → Ug, e→ Ue = I,
in cui Ug sono operatori unitari o antiunitari e vale:
Ug1Ug2 = ω (g1, g2)Ug1g2 ∀g1, g2 ∈ G;
con |ω (g1g2)| = 1, ω (g1g2) ∈ C.
Asserzione 2. Se vale che ω (g1g2) = 1, ∀g1, g2 avremo che la rappresenta-
zione proiettiva è una rappresentazione (ordinaria) del gruppo.
Inoltre vale la seguente
Asserzione 3. Il fattore di fase nella rappresentazione proiettiva può essere
scritto in termini di una funzione reale f , ovvero:
ω (g1, g2) = eif(g1, g2);
naturalmente da ω (e, g) = ω (g, e) = 1 ho che f (e, g)) = f (g, e) + 2kπ, ∀g.
1.6 Rappresentazioni proiettive unitarie
Diamo una denizione di rappresentazione proiettiva unitaria di un gruppo
G su H.
CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 21
Denizione 10. Se G è un gruppo e H è spazio di Hilbert complesso e sepa-
rabile, una rappresentazione proiettiva unitaria di G su H è un'applicazione:
G 3 g → Ug,
e→ Ue = I,
in cui ogni Ug è un operatore unitario e:
Ug1Ug2 = ω (g1g2)Ug1g2 ∀g1, g2 ∈ G;
con |ω (g1g2)| = 1, ω (g1g2) ∈ C,
Sia H uno spazio di Hilbert complesso e sia G un gruppo; se ogni g ∈ G è il
prodotto di un numero nito di trasformazioni,
g = g1, g2, . . . gn ∈ G,
in cui ogni gk ammette una radice quadrata, ovvero esiste pk ∈ G tale che
gk = pk ·pk per ogni k = 1 . . . n, allora gli operatori che una rappresentazione
proiettiva associano agli elementi g ∈ G sono tutti unitari.
Pertanto, se G è un gruppo di trasformazioni di simmetria quantistica, ogni
operatore Ug, che realizza la trasformazione corrispondente a ogni g ∈ G, èunitario.
Esempio 1. Se G è un gruppo ad un parametro reale additivo gli operatori
Ug : H → H sono tutti unitari poiché in questo caso avremo che dalla
proprietà di rappresentazione proiettiva
Ug(x)Ug(y) = ω (x, y)Ug(x+y) :
CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 22
siccome x = x/2 + x/2 otteniamo:
Ug(x) =Ug(x/2)Ug(x/2)
ω (x/2, x/2)=
(Ug(x/2)
)2
ω (x/2, x/2);
Pertanto Ug(x) è unitario perché(Ug(x/2)
)2è unitario, in quanto è il prodotto
di due operatori entrambi unitari o antiunitari.
Faremo vedere ora che le rappresentazioni proiettive di un gruppo ad un
parametro reale additivo (R; +) possono essere ricondotte sempre a rappre-
sentazioni ordinarie. Questo si ottiene formalmente dal teorema di Stone.
Denizione 11. In uno spazio di Hilbert H, una rappresentazione proiettivaU di (R; +), si dice dierenziabile se esiste una varietà lineare D densa in
H per cui converge in H il limite:
lim4x→0
U (x+4x)− U (x)
4xψ =
dU (x)
dxψ,
per ogni ψ ∈ D. D è il dominio di dierenziabilità di U .
Lemma 2. SiaH uno spazio di Hilbert. Se x→ U (x) è una rappresentazione
proiettiva di (R,+) dierenziabile su D, allora l'operatore B : D → H tale
che
Bψ =dU (x)
dx |x=0
ψ;
B è un operatore lineare antihermitiano.
Teorema 7. Teorema di Stone
Sia x→ U(x) una rappresentazione proiettiva di un gruppo ad un parame-
tro reale additivo (R,+); se essa è dierenziabile allora esistono un operatore
hermitiano A = A∗ e φ (x) = 1, tale che denendo V(x) = φ(x)U(x) allora
si ha :
1. V ′(x) = iAV(x) ;
CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 23
2. V(x) = eiAx;
3. V(x+ y) = V(x)V(y).
Cioè V è una rappresentazione ordinaria di (R,+).
Osservazione 9. Se Utt∈R è un gruppo unitario ad un parametro fortemen-
te continuo su H esiste, ed è unico, un operatore autoaggiunto A : D(A)→H (con D(A) denso in H) tale che:
eitA = Ut ∀t ∈ R;
Inoltre l'operatore A che soddisfa la relazione sopra è detto generatore au-
toaggiunto di Ut. Per cui questo ci dice che un generatore di un gruppo ad
un parametro unitario deve essere autoaggiunto. [3]
Capitolo 2
Rappresentazioni proiettive
2.1 Raggi di operatori e raggi di vettori
Riprendiamo ora alcuni concetti chiave per poter denire in modo più comodo
e diverso, una rappresentazione proiettiva, ovvero quelli di raggio di vettori
e raggio di operatori. Il concetto di raggio di vettori è stato introdotto con
la denizione (7) di Rψ.
Possiamo dedurre il seguente lemma, che permette di denire un prodotto
scalare continuo tra questi oggetti:
Lemma 3. Il prodotto scalare tra raggi di vettori, denito da
Rψ · Rϕ = |< ϕ | ψ >| , ϕ ∈ Rϕ, ψ ∈ Rψ;
è continuo in entrambi i fattori rispetto la metrica denita nella denizione
(7)
Analogamente alla denizione di raggio di vettori possiamo dare quella
di raggio di operatori nel seguente modo:
Denizione 12. Un raggio di operatori U è la famiglia di operatori unitari
o antiunitari di H della forma τU0 dove U0 è un ssato operatore e τ un
24
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 25
numero complesso di modulo unitario, τ ∈ K, (numeri complessi di modulounitario); ogni operatore U ∈ U sarà detto rappresentante del raggio U.
Osservazione 10. Un raggio di operatori sarà unitario se i rispettivi rappre-
sentanti risultano unitari.
Possiamo denire su questa famiglia di operatori un prodotto nel seguente
modo:
Denizione 13. Il prodotto UV di due raggi di operatori U, V è:
UV = UV | U ∈ U,V ∈ V;
di conseguenza, indicando con 1 il raggio che contiene l'operatore unità,
l'inverso di un raggio U, ovvero U−1 è il raggio tale che
UU−1 = U−1U = 1.
Relazionando questi due nuovi elementi appena deniti, possiamo denire
un prodotto che li lega come:
Denizione 14. Il prodotto URψ tra un raggio di operatori U e un raggio
di vettori Rψ è il raggio di vettori
Uψ | U ∈ U, ψ ∈ Rψ .
Da quanto detto nelle precedenti denizioni deriviamo un prodotto scalare
nel seguente modo:
URψ ·URϕ = RψRϕ
e di conseguenza si ha anche l'uguaglianza tra le metriche corrispondenti .
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 26
2.2 Gruppi topologici
Nel corso della trattazione prenderemo in considerazione una particolare ca-
tegoria di gruppi, i gruppi topologici; diamone ora la denizione e alcune
caratteristiche.
Denizione 15. Un insieme G è detto essere gruppo topologico se:
1. G è un gruppo ,
2. G è uno spazio topologico,
3. l'operazione composizione del gruppo G,
: G×G 3 (r, s)→ r s ∈ G
e di inversione
G 3 r → r−1
sono funzioni continue rispettivamente rispetto alla topologia prodotto
G×G ed alla topologia di G.
Dati due gruppi topologici si denisce un isomorsmo tra essi come segue:
Denizione 16. Un'applicazione f da un gruppo G in un gruppo G′ è detta
isomorsmo se:
1. f risulta uno a uno
2. f preserva l'operazione del gruppo, ovvero
f(x y) = f(x) f(y);
nel caso in cui G = G′ la corrispondenza sarà detta automorsmo.
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 27
2.3 Rappresentazioni di gruppi
Consideriamo ora il caso in cui siamo in presenza di un gruppo G che può
essere interpretato come gruppo di trasformazioni che agisce su un sistema
quantistico, così da arrivare all'idea, formalizzata nel paragrafo 1.4, che esiste
una rappresentazione di G in termini di automorsmi che descrivono l'azione
del gruppo di trasformazioni G sugli stati quantistici del sistema S.
Denizione 17. Sia S un sistema quantistico descritto nello spazio di Hilbert
H. Sia G un gruppo che ammette un omomorsmo gruppale iniettivo
G 3 g →(S(1)g , S(2)
g
)dati in termini di trasformazioni di simmetria quantistiche
S(1)g : Π1(H)→ Π1 (H) ,
S(2)g : Π(H)→ Π (H) .
In questo caso diremo che G è un gruppo di simmetria di S se la corrispon-
denza G 3 g →(S
(1)g , S
(2)g
)ha le seguenti proprietà:
Tr(S(1)g (ρ)S(2)
g (E))
= Tr (ρE) e S(k)g1g2
= S(k)g1 S(k)
g2.
Denizione 18. Per il teorema 6, si ha
S(1)g (ρ) = Ug (ρ)U−1
g
S(2)g (E) = UgEU
−1g :
pertanto G è un gruppo di simmetria se
g → Sg ≡ S(1)g
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 28
soddisfa
Sg1g2 = Sg1 Sg2 .
In questo caso chiameremo la corrispondenza g → Sg rappresentazione di
simmetria.
Osservazione 11. L'applicazione G 3 g → Skg è certamente una rappresen-
tazione di simmetria, ma non possiamo parlare di linearità poiché le Sg non
lo sono; come visto in precedenza ad ogni trasformazione di simmetria quanti-
stica corrisponde un operatore unitario (lineare) o antiunitario Ug : H → Hche soddisfa
Sg (ρ) = UgρU−1g .
Sorge la domanda se la rappresentazione G 3 g → Ug sia una vera e propria
rappresentazione (anti)lineare di G in termini di operatori in B (H) antiuni-
tari o unitari. Ed inoltre se l'applicazione g → Ug sia omomorsmo gruppale
che conservi la struttura di gruppo, ovvero se
Ugg′ = UgUg′ , Ue = I, Ug−1 = (Ug)−1 ∀g, g′ ∈ G;
in generale la risposta è negativa: come visto nel precedente capitolo, vale in
generale la relazione
ω (g, g′)Ugg′ = UgUg′ ∀g, g′ ∈ G
dove ω (g, g′) ∈ C e ha modulo |ω (r, s)| = 1.
Come visto, in questo caso troveremo una rappresentazione proiettiva; e
nel caso siamo in presenza di operatori unitari, che rappresentano gli elemen-
ti del gruppo, avremo rappresentazione unitaria proiettiva di G su H .
Osservazione 12. La rappresentazione di simmetria sugli stati puri indivi-
duata da G 3 g → Ug(·)U−1g si dice essere indotta dalla rappresentazione
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 29
unitaria proiettiva.
Come si è voluto far osservare dalle denizioni date:
Osservazione 13. La dierenza sostanziale tra rappresentazioni di simme-
tria, proiettive unitarie e unitarie, risulta che le prime agiscono su Π1 (H) e
rappresentano gruppi di simmetrie; inoltre non contengono scelte arbitrarie
senza signicato sico; le seconde e terze agiscono su H, inducono rappre-
sentazioni di simmetria e sono aette da scelte arbitrarie, nella denizione
delle fasi degli operatori unitari che la deniscono.
Denizione 19. Due rappresentazioni proiettive unitarie su H e H′ sonodette equivalenti se esiste un operatore unitario V : H → H′ è una funzione
χ : g → χ (g) ∈ K (dove con K indichiamo i numeri complessi di modulo 1)
, tale che
χ (g)VUgV−1 = U ′g ∀g ∈ G,
questa relazione è simmetrica riessiva e transitiva .
Facendo riferimento alla denizione di raggio di operatori possiamo dar-
ne una trattazione alternativa di quanto detto parlando in questo caso di
rappresentazione ray nel seguente modo
Denizione 20. Una rappresentazione ray di un gruppo G è una applica-
zione
G 3 r → Ur
che ad un elemento di G associa un operatore raggio tale per cui
Urs = UrUs.
I gruppi sui quali lavoreremo saranno gruppi topologici continui.
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 30
Dal punto di vista delle simmetrie possiamo formulare la seguente:
Denizione 21. Si consideri un sistema quantistico S descritto sullo spazio
di Hilbert H. Sia G gruppo topologico che ammette una rappresentazione di
simmetria G 3 r → Sr che soddisfa
limr→r0
Tr (E1Sr (E2)) = Tr (E1Sr0 (E2))
per ogni r0 ∈ G e ogni E1, E2 ∈ Π1 (H) in tal caso G è detto gruppo topologico
di simmetria per S e G 3 r → Sr rappresentazione di simmetria continua su
Π1 (H) .
Una rappresentazione ray di un gruppo G analogamente è chiamata con-
tinua se è vericata la seguente condizione di forte continuità.
Denizione 22. Continuita forte. L'applicazione G 3 r → Ur è forte-
mente continua se per ogni raggio Rψ ed ogni ε, esiste un intorno N di r in
G tale che (v. eq (1.1))
d (UsRψ,UrRψ) < ε
Se r → Ur è una rappresentazione ray, essa è fortemente continua se la con-
dizione precedente vale se s ∈ N, per r = e.
Osservazione 14. La denizione precedente è equivalente alle denizione di
continuità data da Wigner [4]
Notiamo che dalla denizione di rappresentazione ray segue.
Osservazione 15. Considerando un rappresentante Ur ∈ Ur risulta che
UrUs = ω (r, s)Urs
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 31
dove con ω viene indicato un numero complesso di modulo 1 dipendente da
r e s, come si può notare ne deriviamo la denizione di rappresentazione
proiettiva precedentemente data.
Osservazione 16. L'applicazione r → Ur denisce quindi una rappresen-
tazione a meno di un fattore di fase; questo fattore risulta essere dipende
dalla scelta del rappresentante scelto; infatti, preso un altro rappresentante
U ′r avremo
U ′r = φ (r)Ur,
ω′ (r, s) = φ (r)φ (s)ω (r, s)
φ (ss),
I due fattori ω e ω′ sono chiamati equivalenti; possiamo derivare una classe
di fattori equivalenti dicendo che gli ω e ω′ che corrispondono a diverse scel-
te di rappresentanti sono equivalenti; quindi una data rappresentazione ray
denisce unicamente soltanto una classe di fattori equivalenti.
Possiamo legare i due punti di vista considerati, considerando ora un
sistema sico S descritto in H , un suo gruppo di simmetria topologico G
che ammette una rappresentazione di simmetria
G 3 r → Sr
che da luogo ad una rappresentazione proiettiva unitaria
G 3 r → Ur.
É evidente che essa risulta fortemente continua allora G 3 r → Sr è continua
poiché soddisfatta la denizione (21).
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 32
Se E1 =| ψ1 >< ψ1 | e E2 =| ψ2 >< ψ2 |
tr(E1UgE2U∗g
)= |< ψ1 | Ugψ2 >| → |< ψ1 | Ug0ψ2 >| =
= tr(E1Ug0E2U∗g0
)se g → g0.
Un problema interessante è il viceversa: ottenere una rappresentazione uni-
taria proiettiva che sia fortemente continua (Urψ → Ur0ψ se r → r0 per ogni
ψ ∈ H) nel caso generale è dicile; esiste però un risultato, nel caso locale
dovuto a Wigner. Si può mostrare [3] che se G è gruppo di simmetria to-
pologico e G 3 r → Sr è la corrispondente rappresentazione di simmetria
continua, allora è possibile ssare i moltiplicatori (oppure scegliere dei rap-
presentanti opportuni) cosicché r → Ur è fortemente continua in un intorno
N dell'elemento neutro e; inoltre i moltiplicatori risultano continui in un dato
intorno.
Enunciamo un teorema interessante
Teorema 8. Si consideri il sistema quantistico S descritto nello spazio di
Hilbert H e sia G un gruppo topologico con rappresentazione di simmetria
continua G 3 r → Sr; esistono un intorno aperto N ⊂ G dell'elemento neutro
e ed una rappresentazione unitaria proiettiva associata a S , G 3 r → Ur
che è continua su N nella topologia operatoriale forte. Il moltiplicatore
ω (r, s) = U−1rs UrUs
per ogni r,s risulta essere una funzione continua in un intorno aperto N′ di
e con N′ ·N′ ⊂ N. (Dimostrazione v. [3]).
Un risultato analogo si ha per le rappresentazioni ray.
Teorema 9. Sia Ur una rappresentazione ray continua di un gruppo G. Per
ogni r in un opportuno intorno aperto N0 dell'elemento unità e di G, si può
selezionare un insieme di rappresentanti fortemente continui Ur ∈ Ur, cioè
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 33
tale che per ogni vettore ψ ∈ Rψ , ogni r ∈ N0 ed ogni positivo ε esiste un
intorno N di r tale che
‖Usψ − Urψ‖ < ε
se s ∈ N .
Un insieme di operatori che verica la condizione del teorema è detto
insieme ammissibile di rappresentanti
Dimostrazione. Procediamo per passi
(1) Denizione di Ur . Sia Rη un raggio ssato e η un suo rappresentante.
Poniamo %r = Rη · UrRη . Dal fatto che il prodotto scalare è continuo
in entrambi i fattori e dalla condizione di forte continuità (denizione 22)
abbiamo che %r è funzione continua di r inoltre %e = 1 . Di conseguenza si
può scegliere un ssato α tale che 0 < α < 1, un intorno N0 di e tale che
α < %r ≤ 1 per ogni r ∈ N0. Quindi selezioniamo un unico determinato
rappresentante Ur ∈ Ur, con r ∈ N0 si avrà
< η | Urη >= %r = Rη ·UrRη,
con (%r > α) e chiaramente Ue = 1.
(2) Relazione ausiliaria. Sia ψ ∈ Rψ; poniamo
(a) dr,s(ψ) = d (UrRψ | UsRψ) ; (b) σr,s(ψ) =< Urψ | Usψ >= UrRψ ·UsRψ;
(2.1)
(c) zr,s(ψ) =,Usψ − σr,s(ψ)Urψ. (2.2)
Evidentemente zr,s(ψ) è ortogonale a Urψ , e quindi dalla proprietà della
distanza (1.2)
‖zr,s(ψ)‖2 = 1− |σr,s(ψ)|2 ≤ dr,s(ψ)2 (2.3)
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 34
(3) Continuità di Ur. Procediamo in due passi . Poniamo inizialmente
ψ = η. Da (2.1c) e dal punto (1) si ha
< η | zr,s(η) >=< η | Us(η) > −σr,s(η) < η | Ur(η) >= %s − σr,s(η)%r;
quindi
1− σr,s(η) =1
%r%r − %s+ < η | zr,s(η) > .
Dalla continuità del prodotto scalare in entrambi i membri otteniamo |%r − %s| ≤dr,s(η). Quindi da (1) e ancora una volta dalla proprietà di continuità del
prodotto scalare, dal punto (2.1) e (2.2) si ha, usando anche la diseguaglianza
di Schwartz,
‖Usη − Urη‖2 ≤ 2 |1− σr,s(η)| ≤ 4
αdr,s(η) < ε2.
Questa mostra la continuità di Urη proprio perché ∀ ε esiste un certo intorno
N per cui vale l'ultima disuguaglianza se s ∈ N . Considerando ora un
vettore ϕ ortogonale a η e ponendo µ =√
2 (η + ϕ), siccome ‖µ‖ = 1 da
(2.1c) segue
< Urη | zr,s(µ) >=< Urη−Usη | Usµ > + < Usη | Usµ > −σr,s(µ) < Urη | Urµ >;
si ha
< Uη | Uµ >=< η | µ >=√
2
per ogni operatore U unitario . Otteniamo dunque
1− σr,s(µ) =√
2 < Urη | zr,s(µ) > + < Usη − Urη | Usµ > ;
ora da (2) e (2.3) otteniamo
‖Usµ− Urµ‖2 ≤ 2 |1− σr,s(µ)| ≤ 2√
2 dr,s(µ) + ‖Usη − Urη‖ ;
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 35
dalla continuità di Urη si ottiene quella di Urµ e quindi da Urϕ = 2√
2Urµ-Urη. Ora, sia ψ un vettore arbitrario. Ponendo ψ = λ1η + λ2µ, dove µ è
ortogonale a η unitario; abbiamo allora Urψ = Urη + Urµ e la continuità
segue dalle due continuità viste
Osservazione 17. Non sono state usate le proprietà di G e del raggio di
operatori; quindi ogni volta che vale l'ipotesi di forte continuità è possibile
scegliere un insieme ammissibile di rappresentanti per un intorno di e.
2.4 Insiemi ammissibili, fattori ed esponenti lo-
cali
Consideriamo un insieme ammissibile di rappresentanti che vericano la con-
dizione del teorema, in un certo intornoN0. Se ho una funzione φ (r) continua
e complessa tale che |φ (r)| = 1, si avrà che
U ′r = φ (r)Urr∈N0
sarà allo stesso modo un insieme ammissibile di rappresentanti su N0. Vi-
ceversa se U ′r è un insieme di rappresentanti ammissibile su N′0, e se N1 è
un intorno di e contenuto nella intersezione N0 ∩ N′0, allora U ′r e U r sono
nello stesso raggio e l'equazione che li lega deve valere su N1; inoltre si può
vericare la continuità di φ (r) dal fatto che U ′r e U r sono fortemente continui.
Denizione 23. Fattore locale ω (r, s) . Sia dato un insieme ammissibile
di rappresentanti deniti da una rappresentazione ray continua su un certo
intorno N0 di e con Ue = 1 . Se r, s, rs ∈ N0 allora è denito Urs ed avremo
che UrUs e Urs appartengono allo stesso raggio e dieriscono per una fattore
locale
UrUs = ω (r, s)Urs. (2.4)
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 36
La funzione ω possiede le seguenti proprietà:
1.
|ω (r, s)| = 1;
ω (e, e) = 1;
2. dati tre elementi r, s, t dalla legge associativa degli operatori deduciamo
ω (r, s)ω (rs, t) = ω (s, t)ω (r, st) . (2.5)
3. ω (r, s) è detto fattore locale ed è una funzione continua in r e s;
ciò deriva dalla forte continuità di Ur: infatti preso un qualunque ψ vettore
unitario e considerando le copie r, s r′, s′, dalla (2.4) si ha
ω (r, s) (Urs − Ur′s′)ψ + Ur′ (Us′ − Us)ψ + (Ur′ − Ur)Usψ
= (ω (r′, s′)− ω (r, s))Ur′s′ψ;
maggiorando il modulo di |(ω (r′, s′)− ω (r, s))| sfruttando la continuità deglioperatori abbiamo la continuità di ω (r, s) : esisterà un intorno N1 tale che il
modulo |(ω (r′, s′)− ω (r, s))| < ε se r−1r′ ∈ N1 e s−1s′ ∈ N1.
Osservazione 18. Se N è scelto di modo che N2 è contenuto in N0 allora
ω (r, s) è denito per ogni r, s in N e l'equazione 2.5 vale se rs, st sono
in N. Generalmente una funzione ω (r, s) denita per r, s su N tale che
|ω (r, s)| = 1, è chiamato fattore locale su G se valgono ω (e, e) = 1 e (2.5)
su N ; se N coincide con G allora ω è denito in G e la proprietà (2.5) vale
su tutto G sarà detto fattore su G.
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 37
Denizione 24. Fattori locali equivalenti.
Due fattori locali ω (r, s) e ω′ (r, s) deniti su N e N′ sono detti equivalenti
se vale
ω′ (r, s) = ω (r, s)φ (r)φ (s) /φ (rs) (2.6)
su un certo intorno N1 ⊂ N ∩ N′, dove φ (r) come prima è una funzione
continua su N21 di modulo 1. Di conseguenza dati un fattore locale ω (r, s) su
N e una φ (r) continua complessa di modulo 1 con φ (e) = 1 su N2, ω′ (r, s)
ottenuto da (2.6) denisce un fattore locale su N se soddisfano la (2.5) e
ω′ (e, e) = 1.
Analogamente possiamo scrivere in modo vantaggioso
ω (r, s) = eiξ(r,s)
dove ξ(r, s) è detto esponente locale.
Denizione 25. Esponenti locali :
Un esponente locale di un gruppo G è una funzione reale dipendente da r
e s su un intorno N di e che soddisfa la relazione
ξ(e, e) = 0 (2.7)
e
ξ(r, s) + ξ(rs, t) = ξ(s, t) + ξ(r, st) (2.8)
Analogamente se N è tutto G, ξ è chiamato esponente su G .
Osservazione 19. Due esponenti ξ e ξ′ sono detti equivalenti se su un in-
torno N1 ⊂ N ∩N′ vale la relazione
ξ′(r, s) = ξ(r, s) +4r,s[ς]
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 38
con 4r,s[ς] = ς (r)+ ς (s)− ς (rs) , dove ς (r) è una funzione continua a valori
reali su N21 e ς (e) = 0 . Ogni esponente locale denisce unicamente un fattore
locale e due esponenti locali equivalenti deniscono due fattori equivalenti con
φ (r) = eiς(r). Viceversa, se un dato fattore locale in un intorno N è scelto
di modo tale per cui |ω − 1| è sucientemente piccolo, allora ξ = −ilogω è
un esponente locale denito su N; quindi due fattori locali equivalenti danno
vita a due esponenti locali equivalenti e la relazione che lega questi ultimi
deve valere su un intorno per il quale |φ (r)− 1| è sucientemente piccolo
con ς (r) = −ilogφ(r).
Enunciamo di seguito il seguente
Teorema 10. Se una rappresentazione ray continua r → Ur di un gruppo
G ha dimensione nita allora ogni fattore locale è equivalente a 1
Dimostrazione. Sia Ur un rappresentante ed indichiamo il suo determinante
con D(r) . Notiamo che il determinante è funzione continua, il suo modulo
è 1 e D(e) = 1 . Dalla ipotesi segue che
UrUs = ω (r, s)Urs = eiξ(r,s)Urs
con r, s ∈ N. Da questo deduciamo anche una analoga relazione per i
determinanti, ovvero
D (r)D (s) = einξ(r,s)D (rs) ,
dove n identica la dimensione di H. Ora, se noi scegliamo N in modo
che |ω − 1| e |D − 1| sono abbastanza piccoli otteniamo la tesi poiché, posto
δ(r) = −ilogD (r), abbiamo δ(r) + δ(s) = nξ (r, s) + δ(rs); posto ς (r) = δ(r)n
abbiamo quindi ξ′ (r, s) = ξ (r, s) +4r,s[ς] = 0; il corrispondente operatore
sarà U ′r = eiς(r)Ur, ha determinante uguale a 1.
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 39
Passiamo ora ad analizzare gli esponenti locali come classi di equivalenza,
uno dei vantaggi degli esponenti locali è dato dalle relazioni che li deniscono,
infatti le relazioni (2.7), (2.8) sono lineari; ne deduciamo quindi che presi due
esponenti locali ξ1 e ξ2 anche una loro combinazione lineare ξ = λ1ξ1 + λ2ξ2,
con le costanti λ1 e λ2 , risulterà un esponente locale in un intorno N′ ⊂N1 ∩N2.
Denizione 26. L'equivalenza ξ′ ≡ ξ di due esponenti locali ξ′ e ξ, espressa
da ξ′ = ξ +4 [ς] , risulta essere simmetrica, transitiva e riessiva .
Dalle denizioni date di fattori locali e dierenti selezioni di rappresentan-
ti ammissibili è chiaro che una rappresentazione ray continua di G determina
univocamente una classe di equivalenza di fattori locali o esponenti locali,
mentre gli elementi delle classi deniti tramite la relazione (2.4) dipendono
dalla selezione dei rappresentanti.
Osservazione 20. La classe di equivalenza di una combinazione lineare ξ =
λ1ξ1 + λ2ξ2 dipende dalle singoli classi di equivalenza di ξ1, ξ2.
Di conseguenza possiamo aermare che le classi di equivalenza di esponenti
locali di un gruppo G formano uno spazio lineare che indicheremo con E (
sul campo degli scalari reali λ) .
Notiamo che è evidente che gli operatori U appartenenti a tutti gli Ur di
una rappresentazione ray continua di G formano un gruppo con l'operazione
di moltiplicazione. Preso un insieme ammissibile di rappresentanti deniti su
N0 , e sia N2 ⊂ N0. Allora l'operatore unitario in Ur (r ∈ N0) ha la forma
eiϑUr con ϑ reale.
Se r, s ∈ R
(eiϑUr
) (eiϑ′Us)
= ei(ϑ+ϑ′)ω (r, s)Urs = ei(ϑ+ϑ′+ξ(r,s))Urs; (2.9)
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 40
ciò suggerisce la denizione di gruppo locale, conosciuto anche come esten-
sione centrale G. Per mezzo della denizione che ci apprestiamo a dare si
possono ricavare le rappresentazioni proiettive unitarie di un gruppo , ve-
dendole come restrizioni di rappresentazioni unitarie di un gruppo più gran-
de , detto estensione centrale del gruppo iniziale, ma anche per ricavare le
eventuali rappresentazioni unitarie del gruppo G iniziale. L'idea principale
consiste nel prendere un gruppo G e data una sua rappresentazione unitaria
proiettiva sullo spazio di Hilbert r 7→ Ur con moltiplicatore ω, deniamo da
esso il nuovo gruppo Gω i cui elementi sono le coppie (ϑ, r) ∈ K × G con
prodotto gruppale in Gω denito come
(ϑ1, r1) (ϑ2, r2) = (ϑ1ϑ2ω (r1, r2) , r1r2) (2.10)
∀ (ϑ1, r1) , (ϑ2, r2) ∈ K ×G; (2.11)
questa denizione è ben posta e individua una struttura di gruppo con
elemento neutro (ω (e, e)−1 , e
)≡ (1, e)
ed inverso
(ϑ, r)−1 =(ϑ−1ω
(r, r−1
)−1, r−1
).
Possiamo dare la seguente denizione che non dipende da come abbiamo
ricavato ω :
Si consideri un gruppo G ed una funzione ω : G × G 7→ K che soddis
la (2.5). il gruppo Gω costruito su K × G con prodotto gruppale del tipo
(2.10) è detto estensione centrale del gruppo G tramite K con funzione dei
moltiplicatori ω
Osservazione 21. L'omomorsmo iniettivo
K 3 ϑ 7→ (ϑ, e) ∈ Gω
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 41
è detta iniezione canonica, mentre l'omomorsmo suriettivo
Gω 3 (ϑ, r) 7→ r ∈ G
è detta proiezione canonica dell'estensione centrale.
Osservazione 22. Notiamo che il nucleo della proiezione canonica è dato
dal sottogruppo normale N di elementi (ϑ, e) con ϑ ∈ K e i suoi elementi
commutano con quelli di Gω; in poche parole G è stato esteso a Gω in modo
che la parte che eccede G, risulta proprio N è appartiene al centro dell'esten-
sione. G può essere identicato come quoziente Gω/N.
Per quanto riguarda le rappresentazioni proiettive unitarie che vogliamo
ottenere, formuliamo la seguente osservazione
Osservazione 23. Considerando una rappresentazione proiettiva unitaria di
G, G 3 r 7→ Ur con moltiplicatori ω possiamo ricavarne, spostando l'atten-
zione su Gω, una applicazione Gω 3 (ϑ, r) 7→ V(ϑ,r) := ϑUr che è sempre unarappresentazione ordinaria unitaria di Gω sullo spazio di Hilbert H.
Nel caso di esponenti locali abbiamo quanto segue
Denizione 27. Sia dato un esponente locale ξ di G denito su N. L'insie-
me G consiste nelle coppie ϑ, r dove ϑ è un numero reale e r un elemento
di N2. La moltiplicazione di gruppo locale in G è denita per due elementi
ϑ1, r1 · ϑ2, r2 = ϑ1 + ϑ2 + ξ (r1, r2) , r1r2 . (2.12)
Osservazione 24. Osserviamo che G può essere visto come prodotto di N2
col gruppo reale additivo; la legge associativa di questo nuovo prodotto equivale
alla (2.8).
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 42
L'inverso di ϑ, g sarà denito come
−(ϑ+ ξ
(r, r−1
)), r−1
se r, r−1 ∈ N.
Gli elementi del tipo t (ϑ) = ϑ, e formano un sottogruppo locale ad un
parametro N (il nucleo della proiezione canonica) che vive nel centro di G, e
ogni elemento di G può essere espresso in maniera unica nella forma
t (ϑ) · 0, r = 0, r t (ϑ) .
Segue da (2.12) che il gruppo quoziente G/N è localmente isomorfo a G.
Siano ξ e ξ′ due esponenti locali equivalenti e sia ξ′ = ξ +4 [ς] su N1.
Allora i corrispondenti gruppi locali G e G′ sono localmente isomor. Indi-
cando con g = ϑ, r , r′ = ϑ′, r′ gli elementi di G e G′ , un isomorsmo
r′ = f (r) , con r ∈ N21 è dato da
ϑ′ = ϑ− ς (r) , r′ = r (2.13)
tale che
f(r1r2) = f (r1) f (r2) se r1, r2 ∈ N1;
si può dire che la (2.13) denisce una parametrizzazione del gruppo locale
G. Notiamo quindi che un gruppo locale G costruito tramite ξ è localmente
isomorfo ad uno G′ costruito da ξ′ = λξ dove λ è una costante non nulla
l'isomorsmo è dato da r′ = ϑ′, r′ = h(r) dove ϑ′ = λϑ, r′ = r se ξ è
denito su N.
Ci chiediamo ora cosa succede se l'intorno scelto risulta essere tutto il
gruppo, G ovvero parleremo di esponenti e fattori su tutto il gruppo G;
in particolare vogliamo approfondire cosa succede quando il gruppo risulta
essere connesso.
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 43
Denizione 28. Se per una rappresentazione ray continua di G un insieme
di rappresentanti può essere selezionato su tutto il gruppo, il fattore loca-
le corrispondente sarà denito su tutto il gruppo G. Viceversa, se abbiamo
un fattore su tutto il gruppo, possiamo costruire una rappresentazione con-
tinua ray compatibile con essa e dei rappresentanti ammissibili e fortemente
continui Ur che soddisfano la (2.4)
È possibile dimostrare il seguente teorema [5]
Teorema 11. Per ogni fattore locale ω di un gruppo localmente compatto G
esisterà una rappresentazione ray continua di G compatibile con ω.
2.5 Fattori su gruppi connessi e semplicemente
connessi
Introduciamo ora i rivestimenti di gruppi e i gruppi semplicemente connessi.
Denizione 29. Uno spazio topologico X è detto connesso se risulta impos-
sibile avere una sua partizione nell'unione disgiunta di due insiemi aperti
A e B non vuoti ovvero se A,B 6= ∅, X = A ∪ B, A ∩ B = ∅ allora o
A = X, oB = X . Naturalmente sarà sconnesso o disconnesso se è l'unione
di due aperti non vuoti disgiunti .
Denizione 30. Un sottospazio M ⊂ X sarà detto connesso se è impossibile
decomporlo nell'unione di due insiemi A e B non vuoti disgiunti tale che
l'intersezione A ∩B ∩M = ∅.
Denizione 31. Uno spazio topologico è localmente connesso se per ogni
punto r e ogni intorno N3 r esisterà un intorno M ⊂ N, tale che per ogni
punto s ∈M esisterà in N un insieme connesso contenente sia r che s.
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 44
Osservazione 25. Si può vedere che l'immagine di uno spazio localmente
connesso tramite una mappa continua aperta è anche localmente connesso in
se stesso.
Denizione 32. Uno spazio topologico è detto connesso per archi se per ogni
coppia di punti r, s dello spazio esiste un arco che li collega, ovvero esiste una
funzione continua
γ : [0, 1]→ X
tale che
γ (0) = r, γ (1) = s.
Denizione 33. Gruppo semplicemente connesso : Un sottoinsieme G
di uno spazio topologico X è detto semplicemente connesso se, per ogni coppia
p, q ∈ G e per ogni coppia di curve continue
γi : [0, 1]→ G, i = 0, 1,
tali che γi (0) = p, γi (1) = q, esiste una funzione continua (detta omotopia)
γ : [0, 1]× [0, 1]→ G
tale che γ (0, t) = γ0 (t) e γ (1, t) = γ1 (t) per t ∈ [0, 1].
Intuitivamente questa denizione ci vuole dire che il sottoinsieme è for-
mato di un unico pezzo, ovvero non ha buchi. Se un gruppo topologico G è
connesso e M è un qualunque intorno di e ogni elemento r di G può essere
espresso come prodotto nito
r = r1 · · · rn (2.14)
di elementi ri ∈M.
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 45
Restringendoci al caso di rappresentazioni ordinarie, diamo le seguenti
denizioni.
Denizione 34. Una rappresentazione unitaria locale di un gruppo G deni-
ta su un intorno N è un'applicazione che a ogni r ∈ N2 associa un operatore
unitario Vr tale cheVrVs = Vrs,
se r, s e rs appartengono a N (non assumiamo continuità su Vr) .
Assumendo ora che G sia connesso e semplicemente connesso avremo che
la rappresentazione in denizione 34 si può estendere ad una rappresentazio-
ne non soltanto locale ma su tutto il gruppo. Il fatto cruciale deriva dalla
seguente osservazione
Osservazione 26. Per ogni rappresentazione locale di un gruppo semplice-
mente connesso G esisterà un intorno N∗ ⊂ N tale che
Vr1 · · · Vrn = Vr′1 · · · Vr′m ri, r′i ∈ N∗ (2.15)
se r1 · · · rn = r′1 · · · r′m. (la continuità della mappa non è essenziale).
Per la dimostrazione si veda ([6],teorema 63)
Lemma 4. Per una rappresentazione unitaria locale Vr di un gruppo G con-
nesso e semplicemente connesso denita su N esisterà un'unica determinata
rappresentazione unitaria W r su tutto il gruppo che coincide con la rappre-
sentazione locale su un dato intorno N∗ ⊂ N. Essa è fortemente continua se
lo è la rappresentazione locale. ([6], caso particolare teorema 63)
Dimostrazione. Costruiamo Wr.
(1) Sia Wr una rappresentazione di G che coincide con Vr in un certo
intornoM ⊂ N; se r è espresso nella forma (2.14) alloraWr = Wr1Wr2 · · ·Wrn
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 46
e dal fatto che Wri = Vri su M sia ha
Wr = Vr1Vr2 · · ·Vrn ri ∈M. (2.16)
(2) Unicità diW r: SiaW ′r una seconda rappresentazione, che coincide con
Vr su M′ e scelto M1 ⊂ (M ∩M′); applicando 2.16 a M1 e su M otteniamo
la stessa espressione per Wr e W ′r
(3) Esistenza diWr: la (2.16) si può usare per denireWr (con N∗ = M),
perché la (2.16) dipende solo da r e non dalla sua decomposizione in ri
come si vede in (2.15) . In particolare Wr = Vr. Se r ∈ N∗la proprietà di
rappresentazione è immediata..
Siano r = r1 · · · rn, s = s1 · · · sm quindi
Wrs = Vr1Vr2 · · · VrnVs1Vs2 · · · Vsm = WrWs
(4) Dalla forte continuità di Vr chiaramente si ha quella di W r: per r e s
sucientemente vicini e tali che r−1s ∈ N∗, si ha che per ogni ψ ∈ Rψ
‖(Wr −Ws)ψ‖ = ‖Wr (Wr−1s − 1)ψ‖ = ‖(Wr−1s − 1)ψ‖ = ‖(Vr−1s − 1)ψ‖ ,
che prova l'asserzione.
Ora possiamo parlare di rappresentazioni ray indotte da rappresentazioni
ordinarie. Ogni rappresentazione unitaria fortemente continua di G dà luo-
go ad un'unica determinata rappresentazione ray continua di G (Ur ⊃ Ur)che sarà detta indotta dalla rappresentazione Ur. Per la rappresentazione
ordinaria Ur , ω = 1 quindi ogni fattore locale di una rappresentazione ray è
equivalente a 1 come conseguenza del lemma (4) si ha:
Teorema 12. Ogni rappresentazione ray continua Ur di un gruppo connesso
e semplicemente connesso G con fattore locale equivalente a 1 è indotta da
una rappresentazione unitaria fortemente continua Ur di G.
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 47
Dimostrazione. Dalle ipotesi esiste un insieme ammissibile di rappresentanti
Ur ∈ Ur, r ∈ N2, tale che UrUs = Urs; cioè Ur è una rappresentazione locale
di G. Sia ora U ′r la rappresentazione di G costruita in accordo con il (lemma
4), ponendo Ur = Vr, U ′r = Wr; inoltre U ′r ∈ Ur per via della costruzione di
Wr (vedi (lemma 4) e l'equazione (2.16)).
Corollario 3. Ogni rappresentazione nito-dimensionale di un gruppo G
connesso e semplicemente connesso è indotta da una rappresentazione ray
continua di G
Dimostrazione. Dal fatto che ogni fattore locale è equivalente a 1 (Teorema
10)
Estendiamo ora un insieme ammissibile di rappresentanti a tutto il grup-
po G, In generale, data una rappresentazione ray continua, non è possibile
estendere un insieme ammissibile di rappresentanti deniti in un intorno N ,
in modo continuo a tutto il gruppo G. Nel caso in cui il gruppo sia connesso
e semplicemente connesso esiste il seguente risultato.
Teorema 13. Sia G un gruppo connesso e semplicemente connesso, ω un
fattore su tutto il gruppo G, Ur una rappresentazione ray continua tale che
il fattore locale dell'opportuna scelta di rappresentanti ammissibili i coincide
con ω su un dato intorno N . Allora esisterà un unico determinato insieme
ammissibile di rappresentanti U ′r per tutto il gruppo tale che UrUs = ω(r, s)Ursper tutti gli r e s, e tale che U ′r = Ur su un dato intorno N∗ ⊂ N .
Dimostrazione. (1) Dal fatto che G è connesso e semplicemente connesso
l'equazione ω (r, s) = eiξ(r,s) ha un unica soluzione ξ (r, s) (per ogni r, s ∈ G),che soddisfa le condizioni (2.7),(2.8) ed è quindi un esponente su G. Quindi
il gruppo locale G che sarà anch'esso connesso e semplicemente connesso.
(2) Applichiamo ora il lemma 4 a G . Ponendo
r = θ, r , Vr = V (θ, r) = eiθUr r ∈ N2,
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 48
in accordo con (2.9) e (2.12) Vr è una rappresentazione unitaria locale di G
denita in un intorno M (−∞ < θ <∞, r ∈ N) . Dalla denizione (2.16 )
otteniamo una rappresentazione unitaria fortemente continua Wr = W (θ, r)
di G che coincide con Vr su un certo M∗ . M∗ contiene un intorno M′ della
forma (−c < θ < c, r ∈ N∗) per una opportuna scelta di c e N∗ ⊂ N.
(3) Per ogni θ, θ, e = θ1, en = eiθ · 1. Ponendo ora U ′r = W (0, r) per
tutti gli r, dal fatto che θ, r = θ, e · 0, r si ha per tutti gli r
W (θ, r) = eiθU ′r (2.17)
e anche U ′r = Ur se r ∈ N∗. Quindi, 0, r · 0, s = ξ (r, s) , rs e
U ′rU ′s = eiξ(r,s)U ′rs = ω (r, s)U ′rs r, s ∈ G. (2.18)
(4) Per dimostrare che U ′r ∈ Ur, poniamo r = r1r2 · · · rn (rk ∈ N∗) .
Chiaramente U ′rk ∈ Urk . Da (2.18) U ′rs ∈ Ursse U ′r ∈ Ur,U ′s ∈ Us. quindi per
induzione U ′r ∈ Ur1 · · ·Urn = Ur.
(5) Ogni insieme U ′r con le proprietà desiderate denisce, per (2.17), (2.18)e (2.10), una rappresentazione W (θ, r) = eiθU ′r di G e quindi come si vede
nel (lemma 4) univocamente determinato.
Denizione 35. Estensione di un esponente locale :
Un esponente ξ1 di G è detto una estensione di un esponente locale ξ di
G se ξ1 (r, s) = ξ (r, s) su un dato intorno N.
2.6 Gruppi e Algebre di Lie
Introduciamo ora i concetti di gruppo d Lie e algebra di Lie.
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 49
Denizione 36. Un gruppo di Lie reale di dimensione n è una varietà
analitica reale G di dimensione n, dotata di due applicazioni analitiche reali:
G 3 g 7→ g−1 ∈ G,
G×G 3 (g, h) 7→ g · h ∈ G
dove G×G è dotata della struttura analitica reale prodotto, rispetto alle quali
G risulta essere un gruppo con elemento neutro; la dimensione n è inoltre
nel senso di dimensione di varietà dierenziabili.
Introduciamo ora i concetti di gruppo di Lie locali e algebra di Lie
Denizione 37. Un gruppo topologico separabile G, in cui il prodotto di
h e g è indicato con h · g, con elemento neutro e, ammette un sistema di
coordinate se esiste un intorno N ⊆ G dell'identità ed un omeomorsmo ϕ
da N in un aperto V di uno spazio euclideo Rn, tale che
ϕ : N→ V
g → x = ϕ (g)
e→ 0 = ϕ (e)
Quindi a ogni elemento g ∈ N viene associata una n-pla x, ovvero le n
coordinate di G su V , e per eetto della biettività si può indurre la stessa
struttura algebrica di gruppo, localmente sulle coordinate. Infatti esisteN′ ⊆N tale che, per ogni h, g ∈ N′ si ha che h · g ∈ N; allora poiché ϕ è continuo
si riesce ad individuare W ⊂ V tale che
z = xy = ϕ (g · h) ∈ V x, y ∈W,
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 50
e le n coordinate di z sono funzioni di x e y
zj = fj(x1, x2, . . . , xn, y1, y2, . . . , yr), j = 1, . . . , n
Denizione 38. Se le funzioni fj j = 1 . . . n sono analitiche allora il
gruppo G è detto gruppo di Lie locale.
Dall'analiticità delle funzioni possiamo considerare lo sviluppo di Taylor
troncato al secondo ordine, che permette di ottenere la struttura del prodotto
di gruppo e dell'inversione del gruppo locale rispetto al sistema di coordinate.
zj = fi(x, y) = xi + yi + aijkxjyk +O3
dove aijk = ∂2fi∂xj∂yk
(0, 0) . Al primo ordine come si vede il prodotto è abeliano
e O3 è un innitesimo di ordine almeno 3. L'inversione y è della forma
(x−1)i
= yi = gi(x1, . . . , xr) = -xi + aijkxjyk +O3.
Mostriamo come ad ogni gruppo di Lie è possibile associare una struttura
algebrica che dipende dalla struttura del gruppo ed è chiamata algebra di
Lie. Ricordiamo innanzitutto la denizione generale di algebra.
Denizione 39. Uno spazio vettoriale S su un corpo K è un'algebra se esiste
un'operazione
q : S× S→ S
a, b→ q (a, b)
per cui valgono le seguenti proprietà
1. q(a, b+ c) = q(a, b) + q(a, c)
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 51
2. q(a+ b, c) = q(a, c) + q(b, c)
3. q(λa, b) = λq(a, b) = q(a, λb).
Possiamo dunque denire il concetto di algebra di Lie
Denizione 40. Un'algebra S sul campo R è detta algebra di Lie reale se
soddisfa le seguenti proprietà:
1. q(a, q(b, c)) + q(b, q(c, a)) + q(c, q(a, b)) = 0 (identità di Jacobi).
2. q(a, a) = 0 ;∀a ∈ S (nilpotenza).
Data una qualunque base (uk) dello spazio S di dimensione nta r, l'i-
esimo coeciente del prodotto q(uj, uk) è un numero reale cij,k = qi(uj, uk).
In un'algebra di Lie valgono:
1. cijk = −cik,j
2. cpiscsjk + cpjsc
ski + cpksc
sij = 0 :
Osservazione 27. Viceversa, se S è un qualunque spazio vettoriale reale di
dimensione r, dato un sistema di costanti cijk, i = 1, . . . , r che soddisfano
la (1) e (2) precedenti, è sempre possibile conferire a S una struttura di
algebra di Lie reale nel seguente modo: ssata una qualunque base (uk), si
denisce q(uj, uk) =∑i
cijkui. Il prodotto q(a, b) esteso per linearità soddisfa
(1), (2), (3) della denizione 39 e (1), (2) della denizione 40. Dati, infatti,
a = ajuj ∈ S e b = bkuk ∈ S, si ottiene il prodotto
q(a, b) = ajbkq(uj, uk) = cijkajbkui.
Tale prodotto soddisfa la relazione di nilpotenza e l'identità di Jacobi:
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 52
1. q (a, a) = 0 ∀a ∈ S,
2. q (a, (b, c)) + q (b, (c, a)) + q (c, (a, b)) = 0, ∀a, b, c ∈ S
conferendo così a S la struttura di Algebra di Lie.
Vediamo che è possibile associare sempre ad un gruppo di Lie locale un'al-
gebra di Lie reale individuando le costanti di struttura del gruppo e mostran-
do come l'algebra di Lie si denisce sullo spazio tangente del gruppo. Dato
un gruppo locale G, si possono considerare nell'intorno V di Rr le curve
dierenziabili passanti per l'origine del sistema di coordinate.
Consideriamo adesso un gruppo di Lie locale e deniamo una particolare
operazione binaria, diversa dal prodotto di gruppo:
q(x, y) = xyx−1y−1.
L'i-esima coordinata qi(x, y) di questo prodotto si può esprimere, utilizzando
lo sviluppo di Taylor arrestato al secondo ordine e dalle precedenti
qi(x, y) = (aijk − aikj)xjyk +O3 :
Le costanti cijk = aijk − aikj sono dette costanti di struttura del gruppo di Lie
locale G. Si può dimostrare che le costanti di struttura di un gruppo di Lie
locale soddisfano sempre le relazioni (1) e (2) della denizione 40
Denizione 41. Si denisce spazio tangente del gruppo di Lie locale G (ri-
spetto ad un sistema di coordinate) l'insieme di tutti i vettori tangenti a
cammini passanti per l'origine e dierenziabili nell'origine:
LG =
dx(t)
dt|t=0, x(0) = 0, x(t) differenziabile nell′intorno di t = 0
.
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 53
L'insieme LG ha una struttura di spazio vettoriale reale rispetto alle
usuali operazioni di addizione e moltiplicazione per uno scalare. I vettori di
LG risultanti dalle operazioni di spazio vettoriale possono essere interpretati
in termini di operazioni di gruppo. Presi infatti a, b ∈ LG a = x′(0), b =
y′(0) si ha che a + b ∈ LG e a + b = d[x(t)y(t)]dt
|t=0, ovvero la somma di
due vettori tangenti è il vettore tangente del cammino che si ottiene come
prodotto di gruppo dei due cammini di cui i due vettori sono tangenti. Inoltre,
dato a ∈ LG e λ ∈ R con x′(0) = a costruiamo il prodotto di un vettore
tangente per uno scalare reale comeλa = d[λx(t)]dt|t=0 .
Si può sempre dotare LG di una struttura di algebra di Lie. Dati a, b ∈LG con a = x′(0) e b = y′(0), consideriamo la seguente operazione detta
commutazione tra i due vettori tangenti
[a, b]i = cijkajbk,
dove cijk sono le costanti di struttura denite in precedenza. Costruiamo il
seguente cammino dierenziabile
z(t) = q(x(√t), y(
√t)).
Dalla struttura delle componenti del prodotto si ha
zi(t) = cijkxj(√t)yk(
√t) +O3(
√t).
Se deriviamo tale cammino:
limt→0
qi(x(√t), y(
√t)
t= lim
t→0cijk
xj(√t)√t
yk(√t)√t
+O(t3/2)
t= cijkajbk = [a; b]i :
Tale operazione rende lo spazio tangente, su cui essa è denita, un'algebra
di Lie.
Consideriamo ora due gruppi di Lie G e G′ con elementi neutri e e e′ e
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 54
leggi di composizioni · e .
Denizione 42. Un omomorsmo di gruppi di Lie è una applicazione ana-
litica reale f : G → G′ che è anche omomorsmo gruppale; nel caso f sia
biettivo e f−1 sia anche omomorsmo, allora f sarà detto isomorsmo di
Gruppi di Lie. e G e G′ saranno detti isomor tramite f .
Osservazione 28. Un omomorsmo locale di gruppi di Lie è una applica-
zione analitica h : N → G′ dove N ⊂ G è un intorno dell'elemento e per
cui vale
h (g1 · g2) = h (g1) h (g2) g1 · g2 ∈ N.
Questo ovviamente implica che (h (e) = e′) e h (g−1) = h (g)−1 ∀ g, g−1 ∈N , inoltre se l'omomorsmo locale h è anche un dieomorsmo analitico
sulla sua immagine, data da un intorno N′ di e′ in G′, e la funzione inversa
f−1 : N′ → G è un omomorsmo locale, allora h sarà detto isomorsmo
locale di gruppi di Lie. In tal caso G e G′ sono detti localmente isomor.
Teorema 14. Siano G e G′ gruppi di Lie e sia N un intorno dell'unità di
G; se h : N→ G′ è una funzione continua che soddisfa
h (g1 · g2) = h (g1) h (g2) se g1 · g2 ∈ R,
allora h è analitica reale e quindi denisce un omomorsmo locale di gruppi
di Lie.
Analogamente possiamo denire, date due algebra di Lie, V e V′ conprodotti , : V × V → V e , ′ : V′ × V′→ V′ (lineari a sinistra, antisim-
metriche e soddisfano l'identità di Jacobi), un omomorsmo di algebre di Lie
nel seguente modo.
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 55
Denizione 43. Un'applicazione lineare φ : V → V′ è detta omomorsmo
di algebre di Lie se soddisfa
φ (A) , φ (B)′ = φ (A,B) ∀A,B ∈ V,
nel caso φ sia biettiva, sarà detta isomorsmo di algebre di Lie.
2.7 Gruppo di Rivestimento
Introduciamo ora i concetti di rivestimento e di rivestimento universale. Le
dimostrazioni dei relativi teoremi si possono trovare in [3, 6]
Denizione 44. Se X è uno spazio topologico, un altro spazio topologico V è
detto rivestimento di X se esiste una funzione continua suriettiva π : V→ X,
detta funzione di rivestimento tale che:
1. per ogni x ∈ X esiste un aperto N 3 x tale che π−1 (N) = ∪j∈J
Aj con
Aj ⊂ V aperto e Aj ∩ Ai = Ø se i 6= j, per ogni i, j ∈ J
2. π|Aj : Aj → N è un omeomorsmo, per ogni j ∈ J
Dove con J indichiamo un insieme di indici.
Osservazione 29. Un rivestimento V di X sarà detto universale se V è sem-
plicemente connesso. Qui siamo interessati al caso in cui V e X sono gruppi
topologici e li indicheremo con G∗ e G.
Se V e V′ sono rivestimenti universali di X, essi sono omeomor tramite un
omeomorsmo f : V → V′ che soddisfa Π = f Π′ con Π′ : V′ → X, e
Π : V→ X, le due funzioni di rivestimento. Similmente se V è universale e
V′ no, esiste una funzione di rivestimento p : V→ V′ tale che π p = Π
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 56
Facendo riferimento all'algebra di Lie possiamo enunciare i seguenti teo-
remi.
Teorema 15. Se V è un'algebra di Lie (reale) di dimensione nita, vale
quanto segue :
(a) Esiste un gruppo di Lie reale, GV, connesso, semplicemente connesso
che ammette V come algebra di Lie del Gruppo.
(b) GV è univocamente determinato a meno di isomorsmi di gruppi di
Lie ed è isomorfo al rivestimento universale comune di ogni gruppo di Lie
che ammette V come algebra di Lie, in modo che la funzione di rivestimento
sia un omomorsmo di gruppi di Lie.
(c) Se un gruppo di Lie G ammette V come algebra di Lie allora è isomor-
fo ad un gruppo quoziente GV/HGdove HG è il sottogruppo normale discreto
che è incluso nel centro di GV
Denizione 45. 1. sottogruppo. Se G è un gruppo topologico, G′ è un suo
sottogruppo topologico se esso è un insieme chiuso nello spazio topologico G
e la topologia è quella indotta da G
2. Sottogruppo normale. Un sottogruppo N di un gruppo (G, ) è dettonormale se è invariante sotto coniugazione, cioè per ogni elemento n ∈ N ed
ogni elemento g ∈ G l'elemento g n g−1 ∈ N
3. Il centro. Il centro Z di G è un sottogruppo commutativo , costituito
da tutti gli elementi che commutano con tutti gli elementi di G
z ∈ Z ⇐⇒ z g = g z ∀g ∈ G.
Osservazione 30. Uno spazio topologico X possiede la topologia discreta se
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 57
tutti i suoi sottoinsiemi sono aperti. Un sottogruppo è detto discreto se la
topologia associata al gruppo è quella discreta; essa infatti è compatibile con
la struttura di gruppo.
Teorema 16. Se G e G′ sono gruppi di Lie (reali), con rispettive algebre di
Lie V e V′ valgono le seguenti aermazioni:
(a) f : V→ V′ è un omomorsmo di algebre di Lie se e solo se esiste un
omomorsmo locale di gruppi di Lie h : G→ G′ tale che dh |e= f ; inoltre
(i) h è individuato univocamente da f ;
(ii) f è isomorsmo di algebre di Lie se e solo se h è isomorsmo locale
di gruppi di Lie ;
(b) se G e G′ sono connessi e G è semplicemente connesso, allora f : V→V′ è un omomorsmo di algebre di Lie se e solo se esiste un omomorsmo
di gruppi di Lie h : G→ G′ tale che dh |e= f . Inoltre
(i) h è individuato univocamente da f ;
(ii) se f è isomorsmo di algebre di Lie allora h è suriettiva ;
(iii) se f è isomorsmo di algebre di Lie e G′ è semplicemente connesso
allora h è isomorsmo di gruppi di Lie.
Qui con dh indichiamo il dierenziale dell'applicazione h che va dallo
spazio tangente di G a quello tangente a G′ ovvero per ogni punto g ∈ G
l'applicazione h induce una applicazione tra i rispettivi spazi tangenti dh =
h∗ : Tg (G)→ Th(g) (G′) denita come
(h∗ (Ag)) (s) = Ag (s h) ∀s ∈ C∞h(g) (G′)
dove con Ag indichiamo l'elemento dello spazio tangente Tg (G). Nello spe-
cico si considera g = e e quindi l'uguaglianza dh |e= f indica che l'appli-
cazione in questione calcolato in e , (il dierenziale nel elemento neutro) sia
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 58
proprio uguale ad f e di conseguenza i rispettivi piani tangenti siano proprio
Tg (G) = V e Tg (G′) = V′ per maggiori dettagli si veda [7]
Osservazione 31. Se G è un gruppo di Lie possiamo denire la seguente ap-
plicazione esponenziale e :LG 3 a 7→ eta che è una funzione analitica reale.
Osservazione 32. Siano dati, un gruppo di Lie di dimensione n e a1..., anuna base dell'algebra di Lie associata; il commutatore, per la sua bilinearità,
avrà una rappresentazione nell'algebra in componenti [ai, aj] =dimLG∑k=1
cijkak ,
dove cijk sono le costanti di struttura del gruppo denite in precedenza. Se le
costanti di struttura sono le stesse rispetto alle rispettive basi nelle rispettive
algebre allora sono localmente isomor in base ai teoremi precedenti; infatti
se le costanti di struttura sono le stesse l'applicazione lineare che identica
le basi è un isomorsmo di algebre di Lie. Viceversa se i gruppi di Lie sono
localmente isomor devono avere le stesse costanti di struttura in basi colle-
gate dal dierenziale dell'isomorsmo locale.
Supponiamo ora che G sia connesso e che soddis la condizione per la
costruzione del suo gruppo di rivestimento G∗ . G∗ sarà semplicemente con-
nesso; G è localmente isomorfo a G∗ e isomorfo anche al gruppo quoziente
G∗/N dove N è il sottogruppo invariante centrale di G∗. G∗ = G se e solo
se esso è anch'esso semplicemente connesso.
L'isomorsmo locale di G e G∗ implica che, per una scelta opportuna di
un intorno dell'elemento unità il fattore locale (o esponente) di G e G∗ coin-
cidono se gli elementi dei gruppi G e G∗ sono identicati. Dall'isomorsmo
tra G e G∗/N segue che ogni rappresentazione ray o ordinarie di G è allo stes-
so tempo una rappresentazione ray o ordinarie del gruppo di rivestimento.
Per avere quindi una rappresentazione ray di G è suciente selezionare una
rappresentazione ray di G∗ che trasforma ogni elemento di N in un raggio
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 59
unitario. I vantaggi di lavorare con G∗ piuttosto che con G è dato dai risultati
precedenti, poiché G∗ risulta essere connesso e semplicemente connesso.
Diamo una serie di teoremi che esplicitano meglio i concetti precedenti
partendo da una denizione diversa di rivestimento. (le dimostrazioni sono
ampiamente esplicitate in [6]
Denizione 46. SiaM uno spazio connesso, localmente connesso, localmen-
te semplicemente connesso, e r un suo punto. Sia Q l'insieme dei cammini
dello spazio M che partono da r . Dividiamo l'insieme in classi, in modo
che ogni classe contiene tutti i cammini equivalenti (osservazione 33 - (1)),
indichiamo l'insieme delle classi con M∗. Notiamo che esiste una naturale
applicazione f daM∗ inM ; infatti se prendo r∗ ∈M∗, allora tutti i cammini
che appartengono alla classe r∗ e niscono nello stesso punto r′ , scriveremo
r′ = f(r∗) . Possiamo introdurre una topologia su M∗ denendo un arbi-
trario intorno N∗ dello spazio topologico M∗ in termini di un certo intorno
N dello spazio M e di un certo cammino γ ∈ Q che nisce in N. Sia γ′ un
cammino arbitrario in N che inizia con la ne di γ. Sia α = γγ′(secondo
l'osservazione che segue), e sia Y l'insieme di tutti i cammini equivalenti con
il cammino α. Indichiamo con N∗ l'insieme di tutte le classi Y ottenuta dalle
possibili scelte di γ′ in N. N∗ non varia a seconda della scelta di γ. L'insieme
degli intorni del tipo N∗ ottenuta dalla scelta arbitraria di N e di γ forma un
sistema completo Σ∗ di intorni dello spazio M∗. M∗ è chiamato rivestimento
universale di di M .
Osservazione 33.
1. Dato uno spazio topologico M, esso contiene un cammino γ se in esso è
denita una funzione f (t) a parametri reali t, 0 ≤ t ≤ 1 che associa ad
ogni t un punto f (t) di M, con f (0) che è detto punto d'inizio e f (1) punto
di ne del cammino. Il cammino γ è detto nullo o identità se la funzione
f (t) è costante. L'inverso di γ invece è il cammino γ−1 che è denito dalla
funzione f (1− t). Dati due cammini γ e γ′ tale che la ne del primo è
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 60
l'inizio dell'altro (le rispettive funzioni f e g sono tali che f (1) = g (0))
possiamo denire un prodotto γγ′ come il cammino denito dalla funzione h
tale che
h (t) =
f (2t) 0 ≤ t ≤ 12
g (2t− 1) 12≤ t ≤ 1
.
Il cammino γ sarà detto chiuso se l'inizio e la ne coincidono;
2. la moltiplicazione non è sempre possibile quindi non si può pensare che
la totalità dei cammini in uno spazio G formi un gruppo, abbiamo però delle
classi di cammini equivalenti o omotopi e la totalità di queste classi forma
un gruppo che è detto gruppo fondamentale;
3. con cammini equivalenti k ∼ l , si intendono due cammini k e l tali che
iniziano e niscono nello stesso punto e sono omotopi ovvero se esiste una
deformazione continua, che trasforma il cammino k nel cammino l in modo
che i punti di inizio e ne non vengono cambiati. Dunque prese due funzioni
f(t) e g(t) che deniscono k e l , k ∼ l se esiste una funzione ϕ (s, t) continua
in entrambi i parametri con 0 ≤ s, t ≤ 1 tale che
ϕ (0, t) = f (t)
ϕ (1, t) = g (t)
ϕ (s, 0) = f (0) = g (0)
ϕ (s, 1) = f (1) = g (1) .
Questo concetto di equivalenza è riessiva transitiva e simmetrica, inoltre se
γ ∼ γ′ e l ∼ l′ e se si può denire il prodotto γl, allora sarà denito anche
γ′l′ e di conseguenza essi sono equivalenti [6].
se γ e l sono rispettivamente, un dato cammino e il cammino nullo, e se è
denito il prodotto γl allora γl ∼ γ.
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 61
Presi tre cammini γ, k, l tali che sono deniti i prodotti γk e kl allora (γk) l ∼γ (kl) ;
4. ora se prendiamo uno spazio topologico M connesso e p un suo punto,
denotiamo con Q la totalità dei cammini chiusi in M che iniziano in p, di-
vidiamo Q in classi di cammini equivalenti omotopicamente, l'insieme della
totalità delle classi lo denotiamo con G deniamo una operazione in G come
segue siano A e B due elementi di G e indichiamo con α e β i rispettivi
rappresentanti essi si possono moltiplicare se β inizia nella ne di α, consi-
deriamo quindi γ = αβ e indichiamo con C la classe individuata da γ, C è
univocamente determinata da A e B. Deniamo il prodotto A ? B ponendo
A?B = C il gruppo ottenuto con l'operazione ? non dipende dalla scelta di
p, quindi è un invariante topologico di M ed è detto Gruppo Fondamentale
di M ;
5. uno spazio è detto semplicemente connesso se il suo gruppo fondamen-
tale contiene soltanto l'identità;
6. uno spazio sarà detto localmente semplicemente connesso se per ogni
punto p e intorno U di p esisterà un intorno V ⊂ U dello stesso punto tale
che ogni curva chiusa che inizia in p e contenuta in V è omotopa a zero in
U;
7. M∗ è uno spazio topologico.
8. Osserviamo che a rigor di termine è opportuno considerare in generale
spazi topologici connessi per archi, localmente connessi per archi e sempli-
cemente connessi per archi al posto dell'usuale denizione di connessione,
connessione locale e semplice connessione locale, tuttavia un gruppo di Lie
connesso verica le condizioni sopra citate. Per maggiori dettagli [6]
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 62
Teorema 17. L'applicazione f : M∗ → M è una applicazione continua e
aperta; è un omeomorsmo locale, ovvero per ogni punto r∗ ∈ M∗ esiste un
intorno N∗ in cui l'applicazione f è un omeomorsmo.
Osservazione 34. Lo spazio di rivestimento M∗ di uno spazio topologico
M risulta essere connesso, localmente connesso e localmente semplicemente
connesso. Ciò segue dal teorema precedente.
Teorema 18. Lo spazio di rivestimento universale M∗ di uno spazio topolo-
gico M è sempre semplicemente connesso
Passiamo ora al caso dei gruppi, in particolare di gruppi di Lie.
Teorema 19. Esiste per ogni gruppo topologico G un gruppo topologico sem-
plicemente connesso G∗ che è localmente isomorfo ad esso ed inoltre il gruppo
G è isomorfo al gruppo quoziente G∗/N dove N è il sottogruppo normale del
gruppo G∗ inoltre il gruppo fondamentale dello spazio G è isomorfo al gruppo
N .
Osservazione 35. Se G è connesso, localmente connesso e semplicemente
localmente connesso lo è anche G∗
Osservazione 36. Ogni rappresentazione proiettiva di un gruppo topologico
G induce sempre una rappresentazione proiettiva del suo gruppo di rivesti-
mento universale G∗ .
Infatti, se π : G∗ → G è l'omomorsmo continuo di rivestimento (pensabile
come omomorsmo continuo per i gruppi topologici) e U : G 3 g → Ug è una
rappresentazione proiettiva continua di G nello spazio di Hilbert H, alloraU π : G∗ 3 h→ Uπ(h) è evidente una rappresentazione proiettiva continua
di G∗
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 63
Osservazione 37. Questa rappresentazione proiettiva ha la particolarità che
non distingue h da h′ se π(h) = π(h′), ovvero che Ker (π) ⊂ Ker (S π)
Proposizione 3. Sia G gruppo topologico e G∗ il suo gruppo di rivestimento
universale con omomorsmo di rivestimento Π. Ogni rappresentazione pro-
iettiva continua di G sullo spazio di Hilbert H, U : G 3 g → Ug, si ottiene
da una opportuna rappresentazione proiettiva continua U : G∗ 3 g → Ug su
H che soddis Ker (Π) ⊂ Ker (S ′) considerando la rappresentazione indotta
su G = G∗/ker (Π).
2.8 Gruppo SU(2) e gruppo SO(3)
Un esempio sul quale possiamo applicare questi risultati sul gruppo di rive-
stimento riguarda i gruppi SU(2) e SO(3). Innanzitutto, prendiamo in con-
siderazione il gruppo SO (3) , ovvero il gruppo delle matrici 3× 3 ortogonali
con determinante uguale a 1:
SO(3) =R ∈ GL (3,R) | RTR = RRT = I, det(R) = 1
;
Le matrici in SO(3) sono del tipo
Rxθ =
1 0 0
0 cos (θ) −sen (θ)
0 sen (θ) cos (θ)
; Ryθ =
cos (θ) 0 sen (θ)
0 1 0
−sen (θ) 0 cos (θ)
;
Rzθ =
cos (θ) −sen (θ) 0
sen (θ) cos (θ) 0
0 0 1
.L'algebra di Lie so(3) di SO(3) risulta essere quella delle matrici antisimme-
triche (dunque a traccia nulla). Una base particolare di so(3) è data dalle
matrici (ai)j,k = −εi,j,k dove εi,j,k = 1 se i, j, k è una permutazione ciclica di
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 64
1, 2, 3 nel caso non fosse ciclica εi,j,k = −1 nei rimanenti casi εi,j,k = 0; in
particolare possiamo esplicitarle nel seguente modo
a1 =
0 0 0
0 0 −1
0 1 0
, a2 =
0 0 1
0 0 0
−1 0 0
, a3 =
0 −1 0
1 0 0
0 0 0
;
tali matrici infatti sono antisimmetriche e quindi appartengono a so (3) ; es-
se formano anche una base di so (3) perché sono linearmente indipendenti.
Possiamo esplicitare la forma delle costanti di struttura dell'algebra come
segue
[ai, aj] =3∑
k=1
εijkak.
Vale la seguente rappresentazione esponenziale di SO(3). R ∈ SO(3) se e
solo se esistono un versore n ∈ R3 e un numero ϑ ∈ R tale che
R = eϑn·a, dove n · a =3∑i=1
niai.
Passando al gruppo SU(2) , visto come gruppo di Lie reale, è formato
dalle matrici speciali unitarie di GL (2,C) :
U ∈ GL (2,C) | U∗ = U−1, det(U) = 1
Possiamo scrivere ogni matrice di SU(2) come
U =
[eiθ1cosβ
2e−iθ2sinβ
2
e−iθ2sinβ2
e−iθ1cosβ2
]
SU(2) ha come algebra di Lie su(2) lo spazio vettoriale reale delle matrici
antihermitiane con traccia nulla. Di conseguenza una base dell'algebra di Lie
di SU (2) è data dalle tre matrici − i2σj, j = 1, 2, 3 dove le σk sono le matrici
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 65
di Pauli:
σ1 =
[0 1
1 0
], σ2 =
[0 −ii 0
], σ3 =
[1 0
0 −1
].
Valgono le regole di commutazione
[− i
2σi,−
i
2σj
]=
3∑k=1
εijk
(− i
2σk
).
Dal fatto che le costanti di struttura di SO(3) e SU(2) sono le stesse, per
(l'osservazione 32) abbiamo che le due algebre di Lie sono isomorfe. In base
ai teoremi (15) e (16) abbiamo che i gruppi sono localmente isomor. Os-
serviamo che SU (2) è connesso e semplicemente connesso (omeomorfo alla
frontiera della palla unitaria di R3) mentre SO (3) non lo è. Quindi da quanto
detto SU (2) deve coincidere col rivestimento universale di SO (3) .
L'isomorsmo tra le due algebre si può ottenere tramite il dierenziale
di un omomorsmo suriettivo di gruppi di Lie da SU (2) a SO (3) . Esso è
costruito come segue. Ogni matrice U ∈ SU (2) si scrive come U = e−iϑn·σ2
dove ϑ ∈ R e n è un versore di R3. L'omomorsmo suriettivo non è altro che
la corrispondenza
f : SU(2) 3 exp−iϑn·σ2 7→ exp−ϑn·a ∈ SO (3) . (2.19)
Il nucleo dell'omomorsmo contiene gli elementi +I,−I ∈ SU(2).
Volendo considerare le rappresentazioni unitarie proiettive del gruppo
SU(2) visto come gruppo di rivestimento di SO(3) per poi avere quelle di
SO(3) facciamo riferimento all'azione data da una rappresentazione proietti-
va sul sistema sico dato da una particella di spin s. Come spazio di Hilbert
se prendessimo quello L2 (R3, dx) ; notiamo che questo spazio non è spesso
suciente a tener conto della reale natura delle particelle; le particelle stesse
possiedono una proprietà intrinseca detta spin individuata da un numero s
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 66
che assume valori 0, 1/2, 1, 3/2...che esprime una sorta di momento angolare
intrinseco e che sono rappresentabili con le rispettive osservabili . Scriviamo
le seguenti proprietà
1. Per s = 0 la particella è senza spin; la descrizione è conH = L2 (R3, dx)
2. Per s = 1/2 lo spazio di Hilbert è L2 (R3, dx)⊗C2, gli operatori di spin
sono Sk = ~2σk, k = 1, 2, 3 valgono le relazioni
[−iSi,−iSj] =3∑
k=1
εijk(−iSk);
gli unici valori possibili dello spin sono quindi gli autovalori delle matrice
associata, ±~2.
3. Per s generico lo spazio associato allo spin risulta C2s+1; i possi-
bili valori dello spin sono 2s + 1, ovvero tanti quanti sono gli autovalori
−~s,−~ (s− 1) , · · · , ~ (s− 1) , ~s .
Precisiamo che l'operatore
(a) S2 :=3∑
k=1
S2k soddisfa la relazione S2 = ~2s (s+ 1) I ,
(b) Lo spazio C2s+1 risulta irriducibile rispetto alle rappresentazioni di
SU(2)
V (s) = SU(2) 3 e−iϑn·σ2 7→ e−iϑn·S; (2.20)
al variare di s si riproducono tutte le rappresentazioni irriducibili nito
dimensionali di SU(2).
(c) La matrice S3 viene scelta in modo che coincide con
~ · diag (s, s− 1, ...− s+ 1,−s) ;
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 67
la sua base hilbertiana coincide con quella canonica di C2s+1;
e gli stati puri | Ψ >< Ψ | sono individuati da 2s+1 funzioni d'onda ψs3 di
L2 (R3, dx) in modo che Ψ =∑|s3|≤s
ψs3⊗ | s, s3 > dove con | s, s3 >|s3|≤s indi-
chiamo la base di S3 . Possiamo indicarli con Ψ = (ψs, ψs−1, ..., ψ−s+1, ψ−s)t.
Osserviamo che se s è intero la rappresentazione in (2.20) di SO(3) risulta
essere fedele poiché il nucleo +I,−I dell'omomorsmo di rivestimento è
rappresentato dalla matrice I; inoltre nel caso s sia semi intero è anche una
rappresentazione fedele di SU(2) . Vediamo ora il legame tra il momento an-
golare totale e il gruppo SU(2), ovvero gruppo delle rotazioni SO(3). Pren-
diamo lo spazio H della particella con spin s L2 (R3, dx) ⊗ C2s+1; possiamo
introdurvi degli operatori di momento angolare totale
Jk = Lk ⊗ I + I ′ ⊗ Sk
dove Lk sono gli operatori di momento angolare orbitale [3] dove I è l'iden-
tità su C2s+1 e I ′ l'identità su L2 (R3, dx) ; per costruzione gli operatori Jksoddisfano la relazione di commutazione dell'algebra di Lie di SO(3)
[−iJi,−iJj] =3∑
k=1
εijk(−iJk).
Vogliamo applicare il seguente teorema di Nelson
Teorema 20. Considerando un'algebra di Lie reale V di dimensione n di
operatori -ia (con ogni a simmetrico sullo spazio H, denito su un comune
spazio vettoriale D denso in H invariante sotto l'azione degli elementi di V) e con commutatore di Lie l'ordinario commutatore. Sia a1, . . . , an ∈ V base
di V e si denisca l'operatore di Nelson 4 con dominio D, 4 :=n∑k=1
a2k. Se
4 è essenzialmente autoagiunto, allora esiste una rappresentazione unitaria
fortemente continua su Hg → Ug
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 68
dell'unico gruppo di Lie GV, semplicemente connesso, che ammette V come
algebra di Lie tale rappresentazione è unicamente determinata dalla richie-
sta che a = AU(a) , dove AU(a) è un operatore autoaggiunto in H, non
limitato nel caso generale con dominio D (AU(a)) completamente individua-
to dall'elemento a ∈ LG (l'esistenza di AU(a) è data dal teorema di Stone e
sono i generatori della rappresentazione U). In particolare gli operatori sim-
metrici risultano essenzialmente autoaggiunti su D essendo la loro chiusura
autoaggiunta .
Per applicarlo consideriamo l'operatore simmetrico
J 2 =3∑
k=1
(Lk ⊗ I + I ′ ⊗ Sk)2
denito su D = S (R3) ⊗ C2s+1 L'operatore appena denito ammette base
hilbertiana di autovettori (che si ottiene partendo dalla base hilbertiana di
H) data dai vettori
| l,m, sz, n >:= Y lmψn⊗ | s, sz >∈ D
dove l = 0, 1, 2, ...; m = −l,−l + 1, ..., l − 1, l; n = 0, 1, 2, ... ; sz = −s,−s+
1, ..., s − 1, s; i vettori | s, sz >∈ C2s+1 invece sono autovettori di S3 con
norma 1 e autovalore sz, mentre Y lmψn è una base hilbertiana di L
2 (R3, dx) .
La base | l,m, sz, n > non è composta da autovettori di J 2; pero esiste
una procedura che permette di costruirne una base hilbertiana di auto-
vettori di J 2,Jz,L2 che è | j, j3, l, n > dove |l + s| ≥ j ≥ |l − s| , l =
0, 1, 2, ...; j3 = −j,−j + 1, ..., j − 1, j; n = 1, 2, ... . Vale inoltre J 2 |j, j3, l, n >= ~2j (j + 1) | j, j3, n > ; J3 | j, j3, n >= ~2jz | j, j3, n > ;
L2 | j, j3, n >= ~2l (l + 1) | j, j3, n >; i vettori | j, j3, l, n > sono ancora in
D e sono combinazioni lineari nite dei vettori | l,m, s, sz, n > ; inoltre J 2
per il criterio di Nelson è essenzialmente autoaggiunto su D. Applicando
quindi il teorema di Nelson abbiamo che esiste una rappresentazione unitaria
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 69
fortemente continua di SU(2) sullo spazio H i generatori sono gli operatori
Jk = J = Lk ⊗ I + I ′ ⊗ Sk. Osserviamo che la rappresentazione proiettiva
che si ottiene esponenziando gli operatori Jk , nel caso s = 0, è in realtà una
rappresentazione di SO(3); nel caso generale di s 6= 0 la rappresentazione di
SU(2) che si ottiene esponenziando i Jk. In base al teorema di Nelson essa
ha la forma
SU(2) 3 e−iϑ~2n·σ 7→ e−iϑn·J = ep−iϑn·L ⊗ V (s)
(e−iϑ
~2n·σ), (2.21)
dove Lk := Lk è l'operatore autoaggiunto associato alla componente k esima
del momento angolare orbitale; vale inoltre
(e−iϑn·Lψ
)(x) = ψ
(eϑn·ax
)dove SU(2) 3 e−iϑ
~2n·σ 7→ e−iϑn·a ∈ SO(3) è l'omeomorsmo suriettivo di
rivestimento citato precedentemente in equazione (2.19).
Un teorema importante per la trattazione futura è il seguente:
Teorema 21. Siano G e G′ due gruppi topologici connessi, e sia G localmente
connesso e localmente semplicemente connesso; non richiediamo che valga
l'ipotesi dell'osservazione 35 per G′. Sia inoltre f l'omomorsmo locale dal
gruppo G al G′. Allora è possibile estendere unicamente l'omomorsmo locale
f ad un omomorsmo f ′ che va dall'intero gruppo G all'intero gruppo G′;
l'estensione dell'omomorsmo è nel senso che essi coincidono su un intorno
W ⊂ U dell'identità di G, mentre U è l'intorno in cui f è denito; quindi se f
è omomorsmo locale da G a G′ allora f ′ è omomorsmo da G a G′; inoltre
se f è un isomorsmo locale, l'omomorsmo f ′ sarà aperto. Se G′ è anche
localmente connesso e localmente semplicemente connesso e f un isomorsmo
locale, allora l'omomorsmo f ′ sarà isomorsmo.
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 70
Teorema 22. Siano ξ e ξ′ due esponenti locali equivalenti di un gruppo
connesso e semplicemente connesso G tali che ξ′ = ξ + 4 [ς] su un certo
intorno, e assumiamo che gli esponenti ξ1 e ξ′1 siano le loro estensioni. Allora
per tutti gli r,s di G si ha ξ′1 (r, s) = ξ1 +4 [ς1] , dove ς1 (r) è continua in r,
e ς1 = ς su un certo intorno N∗.
Dimostrazione. I due esponenti ξ1 e ξ′1 deniscono interamente due grup-
pi locali G1 e G′1, connessi e semplicemente connessi di elementi r e r′ (la
moltiplicazione del gruppo è data da (2.12)); l'equazione (2.13) denisce un
isomorsmo locale
f : G1 → G′1 (2.22)
r′ = f (r) (2.23)
f (r) = f (θ, r) = θ − ς (r) .r r ∈ N2. (2.24)
Se N1 è scelto di modo che ξ1 = ξ, ξ′1 = ξ′ e ξ′ = ξ +4 [ς] sono soddisfat-
te in N1, la (2.24) può essere estesa ad un isomorsmo f1 (r) = f (θ, r) =
r′ dell'intero gruppo G1 e G′1 tale che f1 (r) = f (r) su un certo intorno
M∗(−c < θ < c, r ∈ N∗ ⊂ N) in G1 (caso particolare (teorema 21) ). Come
nel (teorema 13), troveremo da (2.24) che f1 (θ, e) = θ, e; ∀θ. Poniamo
f1 (0, r) = −ς1 (r) , g(r) dove ς1 (r) è una funzione continua di r e g (r) un
elemento di G ben determinato. L'equazione θ, r = θ, e · 0, r implica
che f1 (θ, r) = θ − ς1 (r) .g (r). Moltiplicando ora f1 (0, r) e f1 (0, s) trove-
remo che g (rs) = g(r)g(s), e quindi g (r) = r se r ∈ N∗; questo dimostra
che g(r) = r per ogni r. Quindi f1 (r) = f1 (θ, r) = θ − ς1 (r) .r ∀r ∈ G1,
Finalmente f1 (0, r) f1 (0, s) = f1 (ξ1 (r, s) , rs). Quindi
ξ′1 (r, s)− ς1 (r)− ς1 (s) , rs = ξ1 (r, s)− ς1 (rs) , rs ;
quindi ξ′1 = ξ1 +4 [ς1] su tutto il gruppo, e da (2.24) ς1 (r) = ς (r) per r ∈N∗.
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 71
Osservazione 38. Ogni rappresentazione ray unitaria continua e irriducibi-
le W (r) di un gruppo G (costruito da un esponente ξ di G) denisce una
rappresentazione ray di G.
I passaggi essenziali per trovare tutte le rappresentazioni ray di un gruppo
di Lie sono i seguenti:
1. determinazione degli esponenti locali ξ di G o di G∗;
2. determinare le estensioni ξ1 degli esponenti locali di G∗. Dal teorema
22 infatti esiste corrispondenza tra le classi di esponenti locali di G o G∗ e
gli esponenti di G∗ e quindi la classe del gruppo G∗1 è collegata con un altro
isomorsmo della forma (equazione (2.24));
3. determinare tutte le rappresentazioni continue unitarie di G∗1 del ti-
po (2.17) ognuna dà luogo a una rappresentazione di G∗(teorema 13) (dal
teorema (11) abbiamo equivalenza di esponenti locali )
4. trovare le rappresentazione ray di G∗ con la mappa da N nel raggio
unitario (N è il kernel dell'omomorsmo) .
Osserviamo che per quanto riguarda la relazione tra le rispettive rappre-
sentazioni proiettive di SU(2) e SO(3) si può notare che, partendo da una
rappresentazione proiettiva di SO(3),
D : SO(3)→ U(H0)
possiamo considerare, un intorno dell'elemento neutro, N ⊂SO(3), e restrin-
gere la rappresentazione proiettiva citata da SO(3) su N, così che dall'e-
quivalenza delle rispettive algebre, l'isomorsmo locale tra SO(3) e SU(2)
permette di denire una rappresentazione locale in SU(2); infatti ciò fa sì
che localmente le rispettive rappresentazioni sono identicate le une con le
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 72
altre quindi coincidono. Di conseguenza si può pensare di ottenere una rap-
presentazione su tutto il gruppo SU(2), estendendo a tutto il gruppo la rap-
presentazione ottenuta (Lemma 4); questo è possibile per il semplice motivo
che SU(2) è un gruppo semplicemente connesso e quindi per i teoremi citati
in precedenza esiste una estensione a tutto il gruppo; si estende quindi la
rappresentazione che è di natura locale a tutto il gruppo SU(2) per continui-
tà. Avremo quindi una rappresentazione proiettiva di SU(2) che corrisponde
in generale anche ad una rappresentazione ordinaria, facendo uso della esten-
sione centrale. Di carattere più particolare è il viceversa, ovvero ottenere una
rappresentazione proiettiva di SO(3) per mezzo di rappresentazioni ordinarie
di SU(2).
Sia
U : SU(2)→ U (H0)
una rappresentazione proiettiva associata alla rappresentazione ray
U : SU(2)→ U (H0)
g → Ug
Il moltiplicatore di U è equivalente a 1; questo perché SU(2) è semplicemente
connesso. Allora possiamo considerare U una rappresentazione ordinaria
senza perdere generalità. Se U è irriducibile Vale il lemma di Schur; siccome
[U (−e) , Ug] = 0,
di conseguenza U(−e) = λ1 = ±1 (1 = U (−e)U (−e)) e inoltre
Ug, U−g ∈ Ug.
CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 73
ovvero appartengono allo stesso raggio, Se deniamo
D : SO(3)→ U (H0)
Dr = Ug
con ϕ (g) = r , abbiamo una rappresentazione ray di SO(3), che corrisponde
ad una rappresentazione ordinaria di SU(2).
Capitolo 3
Teorema di Mackey
Accanto ai teoremi di Stone e di Stone-Von Neumann, che riguardano ri-
spettivamente, il primo le rappresentazioni proiettive unitarie del gruppo
additivo di R, viste come t → eitA (Teorema 7) e il secondo attinente la
regola di commutazione di Heisenberg dal punto di vista della sua unicità di
rappresentazione (irriducibile), (pubblicati intorno al 1930 ed entrambi di-
mostrati inizialmente da Stone in [8] con il secondo che fu rivisto in seguito
in una dimostrazione più semplice di Von Neumann ), vi è un importante
teorema generale sulle rappresentazioni unitarie ordinarie e che si può esten-
dere anche a rappresentazioni proiettive e irriducibili, conosciuto col nome
di teorema di imprimitività di Mackey . Nel seguito di questa trattazione
andremo a trattare proprio questo teorema.
3.1 Rappresentazioni ordinarie
Vediamo di capire per mezzo di generalizzazioni successive come si è arrivati
alla formulazione di questo importante teorema per la meccanica quantistica.
Partendo dal teorema di Stone in una delle sue prime formulazioni, si può
arrivare ad una nuova forma del teorema di Stone-von Neumann che permet-
te un'ampia generalizzazione. Come prima cosa osserviamo che è possibile
74
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 75
generalizzare il teorema di Stone applicandolo alle rappresentazioni unitarie
del gruppo additivo k-dimensionale. Risulta utile formulare il teorema in
questione, introducendo una struttura di Borel e misure a valore di proie-
zione su questa struttura. Introduciamo ora brevemente cosa si intende per
misura a valore di Proiezione e rimandiamo per maggiori dettagli a [9].
Denizione 47. Sia S un insieme sul quale viene posta una struttura di Bo-
rel, ([9]) ovvero una famiglia di sottoinsiemi, comprendente l'intero spazio, e
chiusa rispetto all'unione numerabile, all'intersezione numerabile di insiemi e
alla complementazione. Una misura a valore di proiezione, è un'applicazione
denita sulle famiglie
E → PE,
dove E è un insieme della famiglia e PE un operatore proiezione di un certo
spazio di Hilbert H, tale per cui valgono le seguenti condizioni
1. P0 = 0, PS = I;
2. PE∩F = PEPF per ogni insieme di Borel E,F ⊆ S
3. PE1∪E2∪... = PE1 + PE2 + ..., dove Ei ⊆ S sono insiemi di Borel tale
che Ei 6= Ej per i 6= j .
Per mezzo di questa denizione possiamo esprimere il teorema di Stone
nel seguente modo.
Teorema 23. Per ogni rappresentazione unitaria fortemente continua U del
gruppo additivo di R, esisterà un'unica misura a valore di proiezione P de-
nita su tutti gli insiemi di Borel E di R tale che H (P ) = H(U) e per ogni
elemento f dello spazio di Hilbert si ha
< Ux (f) | f >=
ˆ ∞−∞
eixtd < Pt (f) | f > .
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 76
Abbiamo creato quindi una corrispondenza uno a uno tra la misura a valore
di proiezione P e la rappresentazione unitaria U .
Usando il teorema di Stone in questa nuova forma è possibile avere una
generalizzazione come dicevamo, estendendo il tutto a rappresentazioni pro-
iettive di gruppi additivi k-dimensionali che sarà del seguente modo
< Ux1,x2,...,xk (f) | f >=
ˆ ∞−∞
ei(x1t1+x2t2+...+xntn)d < Pt1,t2,...,tn (f) | f > .
(3.1)
Possiamo considerare ora la commutazione di Heisenberg nella forma data
da Weyl
At1,t2,,...,tkBs1,s2,...sk = ei(x1t1+x2t2+...+xntn)Bs1,s2,...skAt1,t2,,...,tk (3.2)
dove A e B possono essere considerate senza restrizioni come rappresentazioni
unitarie fortemente continue del gruppo additivo k-dimensionale. Applicando
questa versione generalizzata del teorema di Stone ad una tra A e B ( non
ad entrambe) avremo che
At1,t2,,...,tkPE = PE−(t1,...,tk)Bs1,s2,...skAt1,t2,,...,tk (3.3)
dove con E − (t1, ..., tk) indichiamo la k-upla x1 − t1, ..., xn − tn con xi ∈ E,la (3.2) è equivalente alla (3.3) e la (3.3) invece è una generalizzazione della
(3.2).
Considerando ora un gruppo G con una struttura di Borel e sia data la
coppia A, P tale che A è una rappresentazione unitaria di G e P una misura
a valore di proiezione denita su sottoinsiemi di Borel di G possiamo dedurne
quindi la regola di commutazione nella seguente forma
AgPE = P[E]g−1Ag (3.4)
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 77
dove con [E] g−1 indichiamo l'insieme degli yg−1 con y ∈ E si può dire che
(3.4) si riduce a (3.3) quando al posto di G sostituiamo un gruppo additivo
k-dimensionale. Questa generalizzazione fu studiata da G. W. Mackey, che
volendo studiare l'unicità di soluzione per un gruppo G generico, ne pro-
vò l'unicità quando il generico gruppo G veniva sostituito con un arbitrario
gruppo localmente compatto e separabile [10] . Si può trovare quindi una so-
luzione all'equazione (3.4) quando siamo in presenza di un gruppo separabile
localmente compatto.
Denizione 48. Un gruppo topologico G si dice compatto se ogni suo ricopri-
mento aperto, possiede un sottoricoprimento nito; sarà localmente compatto
se l'elemento identità e quindi di conseguenza ogni elemento ha un intorno
chiuso compatto di G
Denizione 49. Uno spazio topologico e quindi un gruppo topologico che
possiede un sottoinsieme denso in X (M ⊆ X tale che M = X) e numerabile
si dice separabile (o numerabilmente denso)
Osservazione 39. Data una misura di Haar su insiemi localmente compatti
ovvero una misura µ : Σ→ [0,∞) , con Σ la σ− algebra dei Boreliani di G
tale che soddisfa
i) µ(G) = 1,
ii) µ (γE) = µ (E) ∀γ ∈ G, E ∈ Σ dove γE = γα | α ∈ E (misurainvariante)
applicando il teorema di Haar, che asserisce dell'esistenza di una misura
µ invariante sostanzialmente unica e σ−nita, denita su tutti gli insiemi di
Borel E di G, otteniamo una rappresentazione unitaria U di G, scegliendo
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 78
come spazio di Hilbert L2 (G, µ) e ponendo
Ug (f) (y) = f (yg) .
Questa è proprio una rappresentazione regolare di G. Usando la misura di
Haar si ottiene una misura a valore di proiezione P µ e un banale calcolo ci
porta a vericare la validità di
UgPµE = P[E]g−1Ug, ∀g ∈ G, E ⊂ G.
La relazione (3.4) ha un carattere importante nella presentazione di que-
sto teorema che si occupa di rappresentazione unitarie continue, in gruppi
localmente compatti, ovvero il teorema di imprimitività di Mackey.
Questo importante risultato come vedremo asserisce che una coppia di ta-
li rappresentazioni che vericano la condizione di sistema di imprimitività
transitivo denisce un sottogruppo sostanzialmente unico e una sua rap-
presentazione sostanzialmente unica dalla quale quella originale può essere
ricostruita. Per questo il nome del teorema di imprimitività.
Denizione 50. Nella teoria classica dei gruppi niti e di trasformazioni
lineari una rappresentazione g → Ug di un gruppo nito è detta imprimitiva
se lo spazio vettoriale H in cui essa agisce è somma diretta di sottospazi
M1,M2, ...,Mn in modo che la rappresentazione U g trasforma ogni M i in un
certo M j.
Nel nostro caso essendo però in presenza di rappresentazioni innito di-
mensionale, ciò va generalizzato a questo nuovo caso. Abbiamo bisogno
di una generalizzazione di questo concetto al caso innito anche perché la
decomposizione può essere continua oltre che discreta.
Denizione 51. Sia M uno spazio separabile localmente compatto e G un
gruppo localmente compatto e separabile; sia data l'applicazione continua
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 79
(azione di gruppo)
M ×G→M
x, g → (x)g
che soddisfa
(a) Fissati x ∈M e g ∈ G , x, g → (x) g è un omomorsmo
(b) La mappa che va da G nel gruppo di omomorsmi di M è a sua volta
un omomorsmo.
In particolare nel nostro caso sia H spazio di Hilbert e G un gruppo
localmente compatto. Sia quindi P (E → PE) un omomorsmo dell'algebra
di Boole di tutti i sottoinsiemi boreliani di M , nell'algebra di Boole delle
proiezioni nello spazio di Hilbert H tale che PM = I .
Denizione 52. Sia U la rappresentazione g → Ug di G in H che è de-
bolmente (e quindi fortemente) omomorsmo continuo di G negli operatori
unitari di H (condizione (b)). Se vale
UgPEU−1g = P[E]g−1
per ogni E ⊆ M e g ∈ G e se PE associa valori diversi da 0 e I si dirà che
U è imprimitivo e che P è un sistema di imprimitività per U . Chiameremo
inoltre M base di P .
Osservazione 40. P denisce in M una famiglia di insiemi nulli e esisterà
quindi in M una famiglia di misure mutuamente equivalenti di cui gli insiemi
di misura nulla sono gli insiemi nulli . Infatti gli insiemi nulli sono quelli
per cui PE = 0 la misura è della forma µ (E) =< PEf | f > con f elemento
di H tale che PEf = 0 che implica PE = 0.
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 80
Nel caso di sistema di imprimitività possiamo parlare di ergodicità e transi-
tività.
Denizione 53. Quando per ogni x e y in M esiste un g ∈ G per cui
[x] g = y è naturale dire che P è sistema di imprimitività transitivo per U .
QuandoM è nito ogni sistema di imprimitività può essere decomposto in
modo naturale in transitivi che corrispondono alle orbite diM su G, l'insieme
delle orbite è dato da
O(x) = (x)g | g ∈ G ;
in generale la decomposizione di M in orbite non si riette su una corrispon-
dente decomposizione di HÈ piuttosto importante la decomposizione di M in parti ergodiche piut-
tosto che transitive.
Denizione 54. Deniremo un sistema di imprimitività come ergodico se
G agisce ergodicamente sulla base M del sistema in questione o meglio dire,
ogni volta che accade che [E] g dierisce da E per un insieme nullo, per ogni
g ∈ G; allora E stesso è un insieme nullo o il complemento di uno.
Siano date le orbite diM su G; esse sono dette regolari se esiste una fami-
glia numerabile di insiemi E1, E2, ... di sottoinsiemi di Borel di M , ciascuna
unione di orbite, tali che ogni orbita di M è l'intersezione dei membri di una
sottofamiglia En1 , En2 , ...
Teorema 24. Se le orbite di M su G sono regolari allora per ogni sistema
di imprimitività ergodico su M esisterà un orbita C tale che PM−C = 0.
Vediamo come legare nel teorema queste caratteristiche. Anché U e P
soddisfano la equazione (3.4) e quindi la condizione di sistema di iprimitivi-
tà, generalizzando ancora di più possiamo scegliere come spazio di Hilbert
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 81
L2 (G, µ) e considerare un suo sottospazio non banale chiuso, si può vedere
che esso non è invariante sotto tutte le Ug e tutti i P µE tale per cui le cop-
pie sono irriducibili. La nostra generalizzazione del teorema di Stone Von
Neuman aerma che per ogni gruppo G localmente compatto e separabile la
soluzione di (3.4), prima costruita è unica a meno di equivalenze unitarie.
Un altro passo che si può ottenere è quello per una rappresentazione
regolare di un gruppo localmente compatto G separabile che ha una genera-
lizzazione a misure a valori di proiettore che soddisfano (3.4) ed è naturale
investigare l'unicità in questo caso .
Sia P un sistema di imprimitività transitivo per la rappresentazione U
di un gruppo localmente compatto e separabile G sia x0 un punto della base
M, e consideriamo l'insieme K di tutti i g ∈ G per cui [x0] g = x0. Notiamo
che K è un sottogruppo di G chiuso, inoltre l'applicazione g → [x0] g di G
su M denisce un uno a uno insieme di Borel che preserva la mappa dello
spazio omogeneo G/K, delle classi laterali destre K in M (cioè l'insieme di
tutti i sottoinsiemi chiusi di G della forma Kg dove g ∈ G), dato che K è
un sottogruppo chiuso di G, G/K risulta l'insieme di tutte le classi laterali
destre di K , le classi laterali risultano tutte insiemi disgiunti o al massimo
identiche e deniscono quindi una partizione di G. Se quindi Kg è una classe
laterale destra di K e y ∈ G allora (Kg) y = K (gy) e ogni y denisce una
permutazione di G/K che eredita la struttura di Borel di G.
Inoltre abbiamo che P è equivalente ad un altro sistema di imprimitività
per U la cui base è lo spazio omogeneo G/K. In generale possiamo denire
una coppia di rappresentazioni unitarie del gruppo G insieme ad un parti-
colare sistema di imprmitività per queste rappresentazioni. Se quindi U, P e
U ′, P ′ sono due coppie sulla stessa base M si può dire che esse sono unita-
riamente equivalenti se esiste una trasformazione V dallo spazio di U e P a
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 82
quello di U ′, P ′ tale per cui
V −1U ′gV = Ug
V −1P ′EV = PE
per tutti gli g ∈ G e E ⊆M . Ne segue che, il problema di determinare tutte
le coppie di un dato M entro una equivalenza unitaria si può spesso ridurre
al corrispondente problema in cui M è lo spazio omogeneo . L'arbitrarietà
della scelta di x0 ha l'eetto di fornirci vari sistemi di invarianza completi
equivalenti per le coppie di un dato M .
Ci basiamo quindi ora su coppie prese in G/K , supponendo ora che G/K
ammette una misura di Borel σ − finita µ che è quasi invariante, ovvero
tale per cui l'azione di G su G/K preserva gli insiemi nulli ([11], l'esistenza
della misura in [12] ) (ciò fa si che due misure quasi invarianti hanno gli stessi
insiemi nulli) inoltre essa è preservata da tutte le trasformazioni Kx→ Kxy.
Sia ora L
ξ → Lξ
una rappresentazione di K di operatori unitari presi in uno spazio di Hilbert
H (L).
Consideriamo l'insieme H′ delle funzioni f da G in H(L) tale che
(a) f è una funzione di Borel < f (g) | v >G è funzione di Borel di G per
tutti i v ∈ H (L)
(b) Per ogni g ∈ G e tutti ξ ∈ K, si ha f (ξg) = Lξf (g)
(c) < f(g) | f (g) >G/K che per (b) è costante sulle classi laterali destre
denisce una funzione sommabile su G/K
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 83
Grazie al teorema di Riesz-Fischer (nota 4 [11]) si può dimostrare che H′
è spazio di Hilbert rispetto al prodotto interno
< f | h >=
ˆG/K
< f (g) | h (g) > dµ.
indichiamo ora con ρ una funzione su
G×G/K
che per ogni ssato g è la derivata di Radon-Nikodym del traslato di µ da g
rispetto a µ stesso. Sia denito Ugf per ogni g ∈ G e f ∈ H′ per mezzo di ρ
come funzione G×G dalla equazione
(Ugf) (t) = f (st/)√ρ (s, ts);
si ha che U g è una trasformazione unitaria di H′, mentre g → Ug è rappre-
sentazione di G. Ora per ogni sottoinsieme di Borel E di G/K sia φE la sua
funzione caratteristica vista come funzione su G . Per ogni f ∈ H′ sia
(PEf) (t) = φE (t) f (t) ;
si ha che la mappa f → PEf è una misura a valore di proiezione e U, P
costituiscono una coppia nel senso della denizione sopra e la indicheremo
come coppia generata da L e µ.
Ricapitolando scegliendo come spazio di Hilbert L2 (G/K, µ) invece di
L2 (G, µ) deriveremo una rappresentazione unitaria come prima ponendo
Ux (f) (y) = f (yx) dove y è la classe laterale destra più che un elemento
del gruppo. P µ è anche denito come prima ma con la particolarità che E
risulta sottoinsieme di Borel di G/K invece che di G; vale anche l'equazione
(3.4) e in questo caso [E] g−1 rappresenta l'insieme di tutte le transizioni di
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 84
g−1 di un insieme E di classi laterali destre di K .
Osserviamo che per avere senso non è necessario che il dominio di P sia
sottoinsieme di G ma soltanto sotto insieme dello spazio S in cui G agisce.
Le soluzioni di (3.4) per un dato spazio G/K corrispondono uno a uno a
modulo una equivalenza unitaria delle rappresentazioni unitarie di K; si ha
unicità quando le classi di equivalenza sono formate da un unico elemento
di rappresentazione unitaria irriducibile, ad esempio quando K contiene solo
l'elemento identità e quindi G/K = G .
Volendo motivare la costruzione generalizzata si può notare che L2 (G/K, µ)
può essere descritto come lo spazio delle funzioni su G che soddisfano
f (ξg) = f (g) (3.5)
per tutti gli elementi ξ ∈ K e g ∈ G, o meglio dire le funzioni misurabili
a quadrato sommabile (come funzioni di G/K, l'integrale di |f (g)|2 è nito
rispetto a µ ) in questo caso le funzioni di utilizzo sono a valori vettoriali nello
spazio di Hilbert H (L) delle rappresentazioni di K e non a valori complessi;
la (3.5) diventa
f (ξg) = Lξ (f (g)) . (3.6)
per tali funzioni il prodotto scalare < f (g) | f (g) > soddisfa l'equazione
(3.5) e può essere integrata rispetto a µ. Si può denire uno spazio di Hilbert
H′ i cui elementi sono funzioni misurabili f da G in H(L) che soddisfano (3.6
) e sono quadrato sommabile ovvero
ˆG/K
< f (g) | f (g) > dµ <∞
si identicano due funzioni quando dieriscono in un insieme di misura nulla
rispetto a µ. Per ogni f ∈ H′ si ha che per ogni g il suo traslato y → f (yg)
è in H′ ponendoULx (f) (y) = f (yg) .
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 85
Si associa quindi una misura a valore di proiettore come sopra ( in generale
per ogni sottoinsieme di Borel E di S denisco P µE l'operatore che manda
f di L2(S , µ) in φEf con φE funzione caratteristica, e quindi E → P µE è
una misura a valore di proiettore ). Si può vericare che la coppia UL, PL
soddisfa la relazione (3.4); diamo ora una delle prime formulazioni date del
teorema che stiamo trattando.
Teorema 25. Sia G un gruppo separabile localmente compatto e K un suo
sottogruppo chiuso; sia U ′, P ′ una coppia basata su G/K ( nel senso che
vericano la condizione di cui sopra di sistema di imprimitività) sia µ una
misura quasi invariante su G/K . Allora esisterà una rappresentazione L su
K tale che U ′, P ′ è unitariamente equivalente alla coppia indotta da L e µ.
Siano L e L′ rappresentazioni di K e µ e µ′ misure quasi invarianti su G/K;
allora la coppia generata da L′ e µ′ è unitariamente equivalente alla coppia
generata da L e µ se e solo se L e L′ sono rappresentazioni unitariamente
equivalenti di K .
Una naturale questione riguarda la riducibilità della coppia U, P e della
rappresentazione di K; ovvero ci si chiede ora se data una rappresentazione
unitaria di G e una misura a valore di proiettore su G/K tale che U ′ e P ′
sono entrambe irriducibili e soddisfano (3.4) saranno le U ′, P ′ unitariamente
equivalenti a U P µ?. La risposta è no. Data una rappresentazione unitaria
L di un sottogruppo chiuso K di G si può denire una generalizzazione della
costruzione di U P µ e di tutte le coppie che soddisfano (3.4); due di queste
coppie sono unitariamente equivalenti se e solo se le corrispondenti rappre-
sentazioni L lo sono unitariamente equivalenti; saranno irriducibili se e solo
se lo sono quelle di L; quindi non si ha un teorema di unicità ma un teorema
di classicazione. Un'altra formulazione che tiene conto dell'irriducibilità è
la seguente:
Teorema 26. Sia U una rappresentazione unitaria di un gruppo separabile
e localmente compatto G, sia K un suo sottogruppo chiuso. Sia data una
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 86
misura a valore di proiezione in G/K che proietta su H (U) tale che U e P
soddisfano la relazione (3.4) . Allora esisterà una rappresentazione unitaria
L di K tale che la coppia UL, PL è unitariamente equivalente alla coppia
U, P . Quindi se L e M sono due rappresentazioni unitarie di K, allora la
coppia UL, PL è unitariamente equivalente alla coppia UM , PM se e solo se
L e M sono unitariamente equivalenti . Inne la coppia UL, PL è irriducibile
se e solo se L lo è, se ogni decomposizioni di L = M1 ⊕M2, allora
UM1⊕M2 , PM1⊕M2 ' UM1 ⊕ UM2 , PM1 ⊕ PM2 .
Questo teorema è stato per la prima volta presentato con un cenno di
dimostrazione in [11] da G. W. Mackey. A rigor di termini nel caso in cui
G/K ha una misura invariante µ; con la generalizzazione alle misure quasi
invarianti questa limitazione viene rimossa.
Vediamo ora questa dimostrazione; essa sarà divisa in due parti, la prima
parte mostrerà che ogni coppia del tipo U, P denisce univocamente una
rappresentazione di K a meno di equivalenze unitarie, e inoltre date due
coppie U, P e U ′, P ′ che deniscono rappresentazioni equivalenti di K, di
conseguenza saranno tra loro unitariamente equivalenti. La seconda parte
invece completa la dimostrazione, dimostrando che la rappresentazione di
K, denita dalla coppia U, P indotta da una arbitraria L e misura µ, è
unitariamente equivalente ad L stessa.
Dimostrazione. Sia data la coppia U ′, P ′ che forma il sistema di imprimiti-
vità citato in precedenza con base G/K; notiamo che, come si può appurare
in [10], tutte le P ′E sono algebre Booleane di proiettori uniformemente n-
dimensionali nel senso di Nakano, e ciò segue dal fatto che il gruppo di
partenza G agisce sul quoziente G/K in modo ergodico. Prendiamo N la
rappresentazione identità di K, n-dimensionale; sia µ una misura quasi inva-
riante in G/K e ci serviamo della coppia W,P generata da N e dalla misura
µ . Notiamo che la coppia U, P , dove U è una opportuna rappresentazione
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 87
di G e P la misura a valore di proiezione che viene fuori dalla coppia W,P , è
unitariamente equivalente alla coppia U ′, P ′ [10] . Possiamo denire ora Qg
come Qg = UgW−1g si osserva che questo nuovo operatore commuta con ogni
PE
QgPE = PEQg;
ovvero Qg appartiene agli operatori unitari di H (P ) che commutano con PE;
ciò si evince dal fatto che U è una particolare rappresentazione di G in cui è
vericata la condizione di sistema di imprimitività sia per la coppia U, P che
per la coppia W,P
W−1g UgPEU
−1g Wg = W−1
g P[E]g−1Wg = PE,
per ogni E e g ∈ G. Da quanto appena detto segue che esiste una funzione
di Borel debole Q su G × G dal gruppo degli unitari operatori nello spazio
H1 = H (N) = H (L) in cui N g agisce tale che per ogni g ∈ G si ha
(Qgf) (t) = Q (g, t) f (t)
come dimostrato in [10] . Vale inoltre l'identità
Q (g1, g2, t) = Q (g1, t) Q (g2, tg1)
per quasi tutte le triple, e da essa si ha l'esistenza di una funzione di Borel
debole B tale che
Q (g, t) = B−1 (t)B (tg) (3.7)
quasi ovunque . Il fatto per cui la funzione in H′N sono costanti sulle classi
laterali destre di K implica che
Q (g, ξt) = Q (g, t)
per ogni ξ che vive in K, per quasi ogni g e t, ciò implica considerando l'altro
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 88
membro dell'equazione (3.7) che
B−1 (ξt)B (ξtg) = B−1 (t)B (tg)
che risulta equivalente alla
B (ξtg)B−1 (tg) = B (ξt)B−1 (t) .
In parole povere si può aermare che per ogni ξ ∈ K, B (ξt)B−1 (t) è
equivalente quasi ovunque ad un operatore costante Lξ. Vale inoltre che
< Lξv0 | v1 > è della forma´Gψ (t) < B (ξt) v2 | v1 > per un insieme
denso di v0. Per cui v0, v1, v2 sono elementi in H1 e ψ una funzione continua
a valori complessi che si annulla al di fuori di un insieme compatto di G.
Segue che < Lξv0 | v1 > è continuo in ξ e dal fatto che vale Lξ1ξ2 = Lξ1Lξ2
abbiamo che ξ → L è rappresentazione ordinaria di K. Osserviamo che L
può dipendere dalla scelta di µ, dalla scelta della mappa unitaria di un dato
spazio di Hilbert su H′N o dalla scelta di B. Tuttavia quanto detto riguardo
gli insiemi nulli di due misure µ e µ′ in quanto risultano gli stessi insiemi nulli
sia per µ che µ′, è suciente a garantire la non dipendenza di L dalla misura
µ. Per quanto riguardano le altre possibili dipendenze, possiamo notare che
data una applicazione unitaria di H′N in se stesso che commuta con tutti i
PE è denita da una equazione della forma
Xf (t) = X (t) f (t)
dove X (t) è un operatore unitario su H1 per ogni t e X (t) è una funzione di
Borel di t. Inoltre si ha X (ξt) = X (t) per ogni ξ ∈ K . Si può notare inoltre
che gli eetti su Q di una trasformazione tramite X causa una sostituzione
con R denita come
R (s, t) = X−1 (t)Q (s, t)X (ts) .
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 89
ora se
C−1 (t)C (ts) = X−1 (t)B−1 (t)B (ts)X (ts)
ne consegue che B (t)X (t)C−1 (t) è indipendente da t (modulo gli insiemi
nulli). Quindi per un dato operatore A costante, si ha
C (t) = AB (t)X (t) ,
così che
C (ξt)C−1 (t) = AB (ξt)X (ξt)X−1 (t)B−1 (t)A−1 = ALξA−1;
equivalentemente per ogni ξ ∈ K
B (ξt)B−1 (t) = Lξ.
In breve, la nostra coppia originale, e quindi la classe di equivalenza a cui
appartiene, determina L entro unitarie equivalenze. Viceversa attuando il
discorso al contrario si dimostra che le coppie che risultano unitariamente
equivalenti a L sono esse stesse unitarie equivalenti.
Ora sia L′ una rappresentazione arbitraria di K e sia U ′, P ′ la coppia
generata da L′ e dalla misura quasi invariante µ in G/K . Da quanto detto
in precedenza esiste un'applicazione unitaria V −1 di H′L′ su un dato H′N tale
che
V −1P ′EV = PE,
dove W,P è come prima una coppia generata da N e µ e N è la rappresenta-
zione identità di K sullo spazio di Hilbert H1 si può dimostrare che esisterà
una funzione debole di Borel V denita su G i cui valori sono operatori da
H1 in H2 = H (L′) in cui opera L′ tale che
(V f) (t) = V (t) f (t) .
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 90
Ciò fa seguire che, dal fatto che V è unitario, V (t) lo è anche da H1 in
H2 per quasi ogni t e ne consegue che V f∈ H′L′ per ogni ξ ∈ K,
V (ξt) = L′ξV (t)
per quasi ogni t. Ora possiamo esplicitare anche in questo caso Qg che sarà
della forma V −1U ′gVW−1g , cioè U ′gVW
−1g = V Qg, e quindi
V (tg) = V (t)Q (g, t) = V (t)B−1 (t)B (tg) ,
o meglio
V (tg)B−1 (tg) = V (t)B−1 (t) .
Quindi possiamo aermare che esisterà una norma che preserva l'operatore
A indipendentemente da t tale che
V (t) = AB (t)
per quasi ogni t. Se A rappresenta la mappa daH1 in tuttoH2 si può scrivere
B (t) = A−1V (t) e si conclude subito che
Lξ = B (ξt)B−1 (t) = A−1L′ξV (t) V −1 (t)A = A−1L′ξA;
se ne deduce che L è unitariamente equivalente a L′. Al ne di dimostrare
che A è infatti un'applicazione si può usare il fatto che lo spazio H′L come
sappiamo può avere dimensione zero. Per ogni funzione w da G in H2 che si
annulla al di fuori di un insieme compatto di G deniamo w con l'equazione
< w (t) | v >=
ˆK
< (L′)−1ξ w (ξt) | v > dξ
per ogni v in H2 e t in G, queste funzioni di H′L′ risultano continue e si
annullano al di fuori di un insieme la cui immagine in G/K è compatta.
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 91
Osserviamo che per ogni t ∈ G il vettore w (t) genera H2. Supponiamo
ora che A non è un'applicazione da H1 in H2. Scegliendo v0 ortogonale
al range di A, consideriamo un arbitrario membro di H′L′ della forma w .
Si avrà w = V (t) f (t) per un certo f e quasi ogni t, ma V (t) f (t) è il
range di A per quasi ogni t. Dal fatto che w è continua concludiamo che
< w (t) | v0 >= 0 per ogni t, e per ogni t, < w (t) , v0 >= 0 per ogni w
e questo contraddice il fatto che w (t) genera H2 per ogni t. Per quanto
riguarda la connessione tra riducibilità della coppia U, P e della rispettiva
riducibilità delle rappresentazioni di K . Se T è preso in modo che commuta
con ogni Lξ allora una trasformazione T che porta H′N in H′N sarà denita
dalla equazione (T f)
(t) = B−1 (t)TB (t) f (t)
dove B è la funzione usata nel denire L. Allora si può vedere che T → T
è un isomorsmo di anelli di tutti gli operatori limitati lineari che commu-
tano con tutti gli Lξ sull'anello di tutti gli operatori lineari e limitati che
commutano con tutti gli U g e tutte le PE. In particolare U g e PE saran-
no simultaneamente riducibili se e solo se L è rappresentazione riducibile di
K.
Si può notare che, da quanto detto, si ottiene in modo naturale il passare
da un'arbitraria rappresentazione unitaria irriducibile L di un altrettanto ar-
bitrario sottogruppo K chiuso di un gruppo G separabile e localmente com-
patto, ad una rappresentazione unitaria UL su tutto il gruppo G. Questa
nuova rappresentazione ULdi G è chiamata rappresentazione indotta da L.
Si scoprirà che molte rappresentazioni unitarie di dimensione innità possono
essere ottenute come rappresentazioni indotte UL dove L è nito dimensio-
nale in molti casi 1-dimensionale.
Osservazione 41. Da quanto fatto in precedenza possiamo distinguere e
analizzare meglio il concetto di rappresentazione indotta . Si consideri una
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 92
rappresentazione U di un gruppo separabile e localmente compatto G, intesa
anche come un omomorsmo da G nel gruppo di tutte le trasformazioni uni-
tarie di un certo spazio di Hilbert H (U) su se stesso. Come ben sappiamo
U viene considerata continua nel senso se per ogni ψ ∈ H (U) la funzione
g → Ug (ψ) è continua da g in H (U) , dati ϕ, ψ ∈ H (U) al ne di concludere
che U è continua basta che la funzione
g →< Ug (ϕ) | ψ >
sia funzione misurabile di g.
Consideriamo quindi un sottogruppo K di G, e sia ξ → Lξ una rappre-
sentazione di K.
Sia poi µ una misura quasi invariante nello spazio omogeneo G/K delle
classi laterali destre di K. Possiamo denire µHL = H′ come l'insieme delle
funzioni f da G in H(L) tale che
(a) < f (g) | ψ > è una funzione di Borel di g per ogni ψ ∈ H (L)
(b) f (ξg) = Lξ (f (g)) per ogni ξ ∈ K e g ∈ G
(c) ‖f‖2 =´G/K
< f (g) | f (g) > dµ (z) <∞
Il signicato di questo integrale si ritrova ricordando che l'integrando è
costante sulle classi laterali di K infatti
f (ξg) · f (ξg) = Lξ (f (g)) · Lξ (f (g)) = f (g) · f (g)
dall'unitarietà di L; quindi f (g) · f (g) dipende solo dalla classe laterale cui
appartiene g, e quindi denisce una funzione su G/K.
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 93
Si può dedurre che prese due funzioni f1, f2 ∈ µHL l'integrale
f1 · f2 =< f1 | f2 >=
ˆ< f1 (g) | f2 (g) > dµ (z)
è assolutamente convergente
Osserviamo che, nel caso µ sia una misura invariante ci basta denire(ULg f)
(y) = f(yg) per ottenere una rappresentazione unitaria UL di G. Si ha
anche una dipendenza dalla misura µ scelta. Tuttavia si può andare in contro
a taluni spazi G/Kx0 (Kxo sottospazio che lascia sso x0) che non hanno due
essenzialmente dierenti misure invarianti, qualsiasi coppia di misure sono
legate da una costante moltiplicativa e cambiando la costante non si hanno
eetti su UL. Tuttavia G/K non deve ammettere per tutti i sottospazi K una
misura invariante. Volendo generalizzare, ottenendo una costruzione generale
da applicare a tutte le rappresentazioni di tutti i sottospazi chiusi in modo
da non aver bisogno di misure invarianti, si consideri µ una misura su uno
spazio di Borel S e sia ρ una funzione positiva di Borel possiamo ottenere
una classe di misure
µρ (E) =
ˆE
ρ (s) dµ (s) (3.8)
si ha µρ (E) = 0 se e solo se µ (E) = 0, (noto come teorema di Radon-
Nicodym) , ogni volta che µ1 e µ2 hanno gli stessi insiemi di misura nulla
ognuna è ottenuta dall'altra per mezzo della (3.8) e quindi per mezzo della
densità ρ. Sia ora µ una misura su S , per ogni g ∈ G si ottiene un altra
misura µg ponendo µg (E) = µ (Eg) . Come detto µ sarà invariante se µg = µ
per ogni g ∈ G. Se invece µg e µ vivono nella stessa classe per ogni g, µ
sarà detta quasi invariante . Quando µ risulta quasi invariante esisterà per
ogni g una funzione ρg detta densità di µg rispetto a µ, nel caso S =G/K la
funzione ρg può essere considerata come funzione su G. In denitiva nel caso
siamo in presenza di misure quasi invarianti µ, la UL che deniremo risulterà
unitaria soltanto denendo UL come segue (nel caso precedente UL risultava
unitaria per misure invarianti)
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 94
Sia denita l'applicazione ULy che porta un elemento f ∈ µHL in η dove
η(g) = f (gy)√ρ (gy) /ρ (g) (in scritti come [13, 14] in questa denizione ρ e
il fattore sotto radice viene omesso mentre ρ appare in [11], [15] ) Si denisce
così una nuova rappresentazione come
ULy (f) (g) = f (gy)
√ρ (gy) /ρ (g);
notando che η sta anche in µHL si ha che < f1 | f >=< η1 | η2 > inoltre
ULy1
(ULy2
(f))
= ULy1y2
(f) ,
e come volevamo < ULy (f) | η > è funzione di Borel di y per ogni f e η in
µHL.
Dunque per ogni y, ULy denisce una nuova trasformazione unitaria µUL
y ;
nello spazio di Hilbert µHL l'applicazione
y → µULy
è una rappresentazione unitaria µUL di G .
Teorema 27. Date µ e µ′ due misure quasi invarianti su G/K allora esisterà
una trasformazione unitaria V da µHL su µ′HL tale che
V µULy V−1 = µ′UL
y
per ogni y ∈ G; queste due rappresentazioni di conseguenza sono unitaria-
mente equivalenti .
Dal fatto che in generale non distinguiamo tra rappresentazioni di grup-
pi che sono unitariamente equivalenti possiamo levare la dipendenza da µ e
riferire solo come UL rappresentazione di G. Chiameremo UL la rappresen-
tazione di G indotta dalla rappresentazione L di K.
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 95
3.2 Rappresentazioni proiettive
Possiamo ora allargare il campo considerando le rappresentazioni proietti-
ve. Poiché esse giocano un ruolo importante nella meccanica quantistica,
è naturale chiedersi se per esse il teorema di imprimitività vale in maniera
analoga o può essere esteso a questa classe di rappresentazioni più genera-
li. La risposta a questa domanda è sì. Estendendo la nozione di induzione
L→ UL si può ripetere il tutto partendo da una rappresentazione proiettiva
L di K. Consideriamo quindi il nostro moltiplicatore ω sull'intero gruppo G
e sia L rappresentazione proiettiva unitaria di K il cui moltiplicatore è una
restrizione di ω denito su G a K.
Nella denizione di UL basta sostituire l'identità f (ξg) = Lξ (f (g)) con
f (ξg) = ω (ξ, g)Lξ (f (g)) ,
e la denizione ULx (f) (y) = f (yg) con
ULx (f) (y) = f (yg) /ω (y, g) .
Con queste accortezze UL diventa una rappresentazione proiettiva unita-
ria con moltiplicatore ω; quindi essa è rappresentazione proiettiva di G.
Ciò permette di costruire una rappresentazione proiettiva di G tramite una
rappresentazione unitaria proiettiva di K .
Per una trattazione più chiara vediamo qualche dettaglio. Per la dimo-
strazione dei teoremi che verranno citati rimandiamo a [15].
Partiamo sempre dal nostro gruppo localmente compatto e separabile
G. Consideriamo una sua rappresentazione proiettiva che indichiamo con
g → Ug che prende elementi di G e vi fa corrispondere un elemento del grup-
po di tutte le trasformazioni unitarie di un certo spazio di Hilbert separabile
H (U) su se stesso tale per cui
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 96
(a) Ue = I
(b) Ugk = ω (g, k)UgUk
(c) Cosa importante in questo caso è che per ogni ψ e φ in H (U) la fun-
zione g → (Ug (φ) , ψ) è una funzione di Borel su G
Inoltre valgono le stesse caratterizzazioni già viste negli scorsi capitoli per
ω ed anche essa risulta essere una funzione di Borel su G×G .
Anche in questo caso possiamo estendere la denizione di rappresentazio-
ne unitariamente equivalente.
Denizione 55. U e M sono equivalenti se esiste una unitaria trasforma-
zione V da H(U) in H(M) tale che
V UgV−1 = Mg ∀g ∈ G.
Denizione 56. Sia dato un sottospazioH1 chiuso diH (U) tale che Ug (H1) ⊆H1 per tutti gli g ∈ G; allora la restrizione di ogni Ug ad H1 denisce una
nuova rappresentazione proiettiva UH1 di G tale che H(UH1
)= H1, che pos-
siamo chiamare sub rappresentazione proiettiva di U ; analogamente anche il
complemento ortogonale di H1 denisce una sub rappresentazione proietti-
va , di conseguenza U è chiaramente la somma diretta di queste due sub
rappresentazioni. Possiamo dare una ovvia denizione di rappresentazione
irriducibile.
Denizione 57. U è irriducibile quando non ha sub rappresentazioni pro-
iettive proprie.
Riconsiderando il gruppo locale G denito nel capitolo 2, costituito da
elementi del tipo (ϑ, g); esso in generale non è uno spazio topologico; si può
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 97
introdurre una giusta topologia [9]. Indichiamo con K il gruppo moltiplicati-
vo dei numeri complessi di modulo unitario; G e K sono localmente compatti
e separabili e hanno ognuno una struttura di Borel; si può introdurre su G
una struttura di Borel data dal prodotto diretto delle due. Di conseguenza
da alcuni risultati in [9] si può introdurre una topologia localmente compat-
ta per G in cui esso stesso è gruppo localmente compatto con una associata
struttura di Borel. Denendo ora la rappresentazione U0 come segue
U0 = ϑUg
dove ϑ è un elemento di K e Ug la rappresentazione proiettiva di G, possiamo
dedurne il teorema che lega le rappresentazioni proiettive a quelle ordinarie.
Teorema 28. Per ogni rappresentazione U di G si ha che la rappresentazione
U0 è una rappresentazione ordinaria di G. Inoltre la corrispondenza U → U0
è uno a uno e ha come range l'insieme di tutte le rappresentazioni ordinarie di
G che si riducono a K ad un multiplo delle uno dimensionali rappresentazioni
ϑ, e→ ϑ
Vediamo ora la parte riguardante la rappresentazione indotte.
Osservazione 42. Sia G un gruppo localmente compatto e separabile; de-
niamo anche in questo caso il sottogruppo chiuso K di G; osserviamo che la
restrizione di una rappresentazione proiettiva con moltiplicatore ω su G a K
è a sua volta rappresentazione proiettiva di stesso moltiplicatore di K.
In precedenza abbiamo discusso di rappresentazioni indotte riguardo alle
rappresentazioni ordinarie; nel caso siamo in presenza di rappresentazioni
proiettive ci è utile il teorema appena citato.
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 98
Denizione 58. Sia θ l'applicazione identità da K a G; il suo range è un
sottogruppo chiuso di G ed è anch'egli localmente compatto; si può vedere [9]
che θ è un omeomorsmo .
Sia data una rappresentazione proiettiva L di K, e L0 una rappresenta-
zione ordinaria di K che può essere rivista come rappresentazione ordinaria
del sottogruppo chiuso θ(K) di G. Possiamo indurne, come è ampiamente
descritto in [16] e segue dal teorema 28, una rappresentazione UL0che è della
forma V 0 per una certa rappresentazione proiettiva V di G . UL0è denita
per mezzo di equivalenza. Tuttavia L → L0 preserva le equivalenze come
V che è denita su una equivalenza; ne deduciamo che V è rappresentazio-
ne proiettiva di G indotta da una rappresentazione proiettiva L di K e la
indichiamo con UL.
Possiamo generalizzare quindi i concetti enunciati per le rappresentazioni
ordinarie anche alle rappresentazioni proiettive nel seguente modo.
Denizione 59. Sia µ una misura quasi invariante su G/K e indichiamo
con µHL l'insieme delle funzioni f da G in H (L) tali che
(a) < f (g) | ψ > è una funzione di Borel di g per ogni ψ ∈ H(L),
(b) f (ξg) = ω (ξ, g)Lξ (f (g)) per ogni ξ ∈ K e g ∈ G,
(c)´< f (g) | f (g) > dµ (z) <∞ .
Dove la (c) ha le stesse caratteristiche e signicato esplicitati per il caso
di rappresentazioni ordinarie.
Anche in questo caso sia preso ρ funzione di Borel su G, che serve a
denire la derivata di Radon-Nicodym del traslato di µ; per ogni f ∈µ HL e
ogni g ∈ G sia
Vg (f) = η
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 99
dove
η (x) =√ρ (xg) /ρ (x)f (xg) /ω (x, g) ;
diamo il seguente
Teorema 29. Sia µHL uno spazio vettoriale rispetto alle relative denizioni
di addizione e moltiplicazione per scalare . µHL diventa uno spazio di Hilbert
sotto la norma quando funzionali uguali quasi ovunque vengono identicati
. Per ogni g ∈ G e ogni f ∈ µHL, Vg (f) è anche in µHL e f → Vg (f)
denisce un operatore unitario V ′g nello spazio di Hilbert associato a µHL.
g → V ′g
è una rappresentazione proiettiva di G che è equivalente ad una rappresen-
tazione indotta UL denita sopra.
Passiamo ora ad analizzare il sistema di imprimitività in questo caso.
Riprendiamo il concetto di misura a valore di proiettore. Sia S uno spazio
di Borel standard [9]. Con una misura a valore di proiezione indichiamo
un'applicazione P del tipo
E → PE
che prende un sottoinsieme E dello spazio S e vi associa un elemento, un
proiettore ortogonale di un certo spazio di Hilbert H (P ) tale che
PE∩F = PEPF = PFPE,
PS = I, P0 = 0,
PE =∞∑j=1
PEj dove E =∞∪j=1Ej e Ej disgiunti.
Possiamo introdurre una equivalenza tra due misure a valore di proiettore
nel seguente modo
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 100
Denizione 60. P e Q sono equivalenti se esiste una trasformazione uni-
taria V da H (P )su H (Q) tale che
V PEV−1 = QE ∀E ∈ S
Denizione 61. Se P 1, P 2, ...sono misure a valore di proiezione possiamo
denire la somma diretta
P = P 1 ⊕ P 2 ⊕ ...
come la misura a valore di proiezione tale che
H (P ) = H(P 1)⊕H
(P 2)⊕ ...
e
PE (φ1, φ2, ...) =(P 1E (φ1) , P 2
E (φ2) , ...),
dove ψ = (φ1, φ2, ...) ∈ H (P ) .
La misura di Borel
E →< PE (φ) | φ >
ha insiemi nulli per gli E tali per cui PE = 0. Dunque P è associato ad
un'unica classe di misura [9] che chiamiamo la classe di misura di P che
indichiamo con CP .
Possiamo scegliere come spazio di Hilbert L2 (S , µ). Presa una misura di
Borel nita µ in un certo spazio S , anche in questo caso possiamo denire
con P µE l'operatore lineare limitato che ad f ∈ L2 (S , µ) associa
f → φEf
dove φE è la funzione caratteristica su E; allora P µ sarà una misura a valore
di proiettore uniformemente uno-dimensionale (tale caratteristica di P si ha
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 101
quando si verica: L'algebra R(P ) di tutti gli operatori lineare limitato T
tale che TPE = PET per tutti gli E è commutativa se e solo se esisterà
un elemento ϕ in H (P ) tale che PE (ϕ) possiede H (P ) come span lineare
chiuso [15], ovvero∃ϕ | span (PE (ϕ) , E ∈ B (S )) = H (P )
) la cui classe
di misura associata è quella contenente µ.
Denizione 62. P µ e P ν sono equivalenti se e solo se µ e ν vivono nella
stessa classe di misura e ogni misura a valore di proiezione uniformemente
uno dimensionale P è equivalente ad un certo P µ.
Quindi
µ→ P µ
denisce una corrispondenza uno a uno tra le classi di misura in S e le
classi di equivalenza di uniformemente misure a valore di proiettore uno
dimensionale su S .
Di conseguenza P e Q sono disgiunti se lo sono le rispettive classi e
saranno k-dimensionali se sono somma diretta di k uno dimensionali.
Inne ogni misura a valore di proiettore può essere decomposta univoca-
mente come somma diretta P n1⊕P n2⊕ ...dove n1, n2, .. sono sottosuccessioni
di 0, 1, 2, ... e i vettori P nj sono uniformemente e mutuamente disgiunti, nj-
dimensionali .
Sia data ora una rappresentazione proiettiva U di un gruppo G localmen-
te compatto e separabile di trasformazioni di S ; un sistema di imprimitività
per U è una coppia formata da una misura a valore di proiettore P tale che
H (P ) = H (U) è un anti omomorsmo h di G nel gruppo degli automorsmi
di Borel del dominio S di P tale che
(a) Se con [x] g indichiamo l'azione di h (g) su x allora g, x→ [x] g è una
funzione di Borel,
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 102
(b) UgPEU−1g = P[E]g−1 per ogni g ∈ G e tutti i sottoinsiemi di Borel
E ⊆ S
Chiameremo S base del sistema di imprimitività .
La classe di misura di P sarà riferita come classe di misura del sistema .
Osservazione 43. Si noti che se PE = 0 allora
0 = Ug−1PEU−1g−1 = P[E]g
per tutti gli g ∈ G. Quindi le classi di misura del sistema sono invarianti
sotto l'azione di G su S .
Estendiamo a questo caso la condizione di ergodicità; anche in questo caso
infatti un sistema di imprimitività è detto ergodico se una classe di misura in
S che è invariante su G non è strettamente assolutamente continua rispetto
alla classe di misura di P associata alla famiglia propria degli insiemi nulli.
Diamo ora una serie di teoremi utili per la formulazione del teorema di
Mackey, essi risultano ampiamente dimostrati in [15]
Teorema 30. Il sistema di imprimitività P,h non sarà ergodico se e solo se
esisterà un PE0 diverso da 0 e I tale che PE0Ug = UgPE0 per tutti gli g ∈ G
Teorema 31. Sia P,h un sistema di imprimitività ergodico per la rappresen-
tazione proiettiva U. Allora P è uniformemente k-dimensionale per un certo
k =∞, 1, 2, ...
Sia ora G gruppo separabile localmente compatto e h un anti omomor-
smo di G nel gruppo degli automorsmi di Borel di S tale che l'applicazione
x, g → [x] g = h (g) (x) è funzione di Borel, sia C la classe delle misure di S
invarianti su G, scegliamo una misura nita di C che realizza P come misura
a valore di proiezione su H (P ) insieme delle funzioni a quadrato sommabile
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 103
rispetto a µ da S in uno spazio di Hilbert k-dimensionale ssato Hk. Per
ogni g ∈ G sia ρg la funzione misurabile su S ovvero la derivata di Radon-
Nikodim della misura E → µ ([E] g) rispetto a µ e sia ρ (g, x) = ρg (x).
Deniamo per ogni f ∈ H (P ) = L2 (s, µ,Hk) e per ogni g∈ G
Wg (f) = g, g (x) = f ([x] g) ρ (g, x) ;
Teorema 32. Per ogni g ∈ G, Wg è operatore unitario, per cui g → Wg è
rappresentazione di G avente P come sistema di imprimitività.
W è univocamente determinato da h e k e la classe di misura di P in-
fatti è vero per la coppia P,W ; possiamo indicarlo come rappresentazione di
permutazione di G denita da h, k e CP
Indicando ora con Up il gruppo di tutti gli operatori unitari di H (P ) che
commutano con tutti i PE, dall'identità WyPEW−1y = P[E]y−1 ne segue una
analoga per Up. Quindi ogni g ∈ G denisce un automorsmo V → g (V ) =
WgVW−1g di Up e l'applicazione di G nel gruppo degli automorsmi di Up cosi
denito è un omomorsmo.
Teorema 33. Sia dato un moltiplicatore ω di una rappresentazione proietti-
va U su G, e sia Q una funzione da G in Up che soddisfa le seguenti condizioni
(a) Qg1g2 = ω (g1, g2)Qg1g1Qg2 per ogni g1, g2 in G
(b) Qe = I
(c) < Qy (f) | ψ > è una funzione di Borel di g per ogni f e ψ in H(P )
allora g → QgWg è una rappresentazione proiettiva di G avente P,h come
sistema di imprimitività;
Viceversa se U è una rappresentazione proiettiva di G avente P,h come
sistema di imprimitività allora esisterà un'unica funzione Q, g → Qg da G
in Up che soddisfano (a),(b),(c) e tale che Ug = QgWg per tutti i g ∈ G
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 104
Teorema 34. Se Q′ e Q soddisfano (a),(b),(c) e, essendo U e U ′ le cor-
rispondenti rappresentazioni di G, esisterà una trasformazione unitaria da
H (P ) in H (P ) che porta U g in U′g e ogni PE in se stesso se e solo se esi-
sterà V ∈ Up tale che per ogni g si ha Q′g = V Qgg (V )−1. Quindi esisterà un
sottospazio proprio chiuso di H (P ) che è invariante sotto tutte le PE e tutti
gli U g se e solo se esisterà un V ∈ Up diverso da un multiplo dell'identità
tale che Qgg (V ) = V Qg per ogni g in G
Osserviamo che un elemento di UP può essere descritto come funzione
da S nel gruppo delle applicazioni unitarie da Hk in Hk; infatti presa una
funzione di Borel A, x → A(x) ∈ Up, nel senso che < A(x)(φ) | ψ > è
una funzione di Borel a valori complessi per ogni φ, ψ ∈ Hk, allora f → ϕ
dove ϕ (x) = A (x) f (x) è un operatore unitario di H (P ) che appartiene ad
Up, questo operatore lo indichiamo con A; inoltre si verica che A1 = A2
se e solo se A1 (x) = A2 (x) per quasi ogni x e che WgAW−1g = B dove
B (x) = A ([x] g) ; segue che ogni membro di Up è della forma A [10, 15]; in
particolare ogni Qy è della forma A e può essere sostituita con una funzione
R su G×S con valori tra le applicazioni unitarie di operatori da Hk in Hk;
ne deduciamo una formulazione diversa del teorema 33.
Teorema 35. Preso un moltiplicatore ω su G, e sia R tale che g, x→ R (g, x)
è una funzione su G×S nel gruppo delle applicazioni unitarie da Hk in Hk
supponendo che R soddis le tre condizioni
(a) per ogni g1, g2 in G, R (g1g2, x)=ω (g1, g2)R (g1, x)R (g2, [x] g1) per
quasi ogni x in S
(b) R (e, x) è l'identità per quasi ogni x in S ;
(c) per tutti i ϕ e ψ in Hk (R (g, x) (ϕ) , ψ) è misurabile come funzione
su G×S e per ogni g ∈ G è misurabile come funzione su S
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 105
allora se poniamo R−g (x) = R (g, x) la funzione che ad g → ˜(R−g ) soddisfa(a),(b),(c) del teorema 33 e quindi g → ˜(R−g )Wg è rappresentazione proiettiva
di G avente P,h come sistema di imprimitività.
Viceversa se U è una rappresentazione proiettiva di G avente P,h come
sistema di imprimitività allora esisterà R che soddisfa (a),(b),(c) e tale che
Ug =(R−g)Wg per ogni g ∈ G. R1 e R2 deniscono lo stesso U se e solo se
sono equivalenti quasi ovunque.
Anche in questo caso abbiamo bisogno di un sistema di imprimitività
transitivo.
Denizione 63. Dato quindi un sistema di imprimitività P, h per una rap-
presentazione proiettiva U di un gruppo separabile e localmente compatto G,
diremo che il sistema è transitivo se il range di h è un gruppo di trasforma-
zioni transitivo da S in S ; ovvero dato un x1, x2 ∈ S esisterà un g ∈ Gtale che [x1] g = x2
Denizione 64. Dati P,h e P',h' due sistemi di imprimitività per la stessa
rappresentazione U diremo che essi sono fortemente equivalenti se esisterà
un isomorsmo di Borel φ della base S di P e della base S ′ di P' tale che
P ′φ(E) = PE
per tutti gli E e h′ (g) = φh (g)φ−1 per tutti gli g ∈ G .
Denizione 65. Se esiste un sottoinsieme di Borel S0 di S tale che S0 è
invariante sotto l'azione di G e PS0 = I chiameremo il sistema di imprimi-
tività ottenuto restringendo p e h (g)a S0 contrazione banale di P,h.
Osservazione 44. Ogni P ha un'unica ovvia estensione al campo di Borel
generato dal suo dominio e dal sottoinsieme nullo di P. Se P ′ è contrazione
di questa estensione di certi campi di Borel che includono il dominio di P ed
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 106
è tale che P ′, h è un sistema di imprimitività che chiameremo completamento
parziale di P,h.
Denizione 66. Si può dire che P ′, h′ e P,h sono equivalenti se il comple-
tamento parziale di una contrazione banale di uno è fortemente equivalente
al completamento parziale di una contrazione banale dell'altro. L'ergodicità
e la dimensionalità sono preservati nel passaggio a sistemi equivalenti.
Teorema 36. Sia P,h un sistema transitivo di imprimitività per una rap-
presentazione U di un gruppo G separabile localmente compatto. Sia S una
base per P e sia x0 un punto di S . Sia K il sottogruppo di G rappresentato
da tutti i g tale che [x0] g = x0. allora K è chiuso e la funzione g → [x0] g
associa le classi laterali di G/K elementi di S in maniera tale da costituire
una equivalenza forte tra il completamento parziale di P, h e il sistema di
imprimitività P ′, h′ dove la base di P ′ è G/K e h′ denisce l'azione canonica
di G su G/K.
Da questo teorema possiamo dedurre il seguente
Teorema 37. Ogni sistema di imprimitività è ergodico .
Inoltre vale anche il seguente
Teorema 38. Sia P,h un sistema di imprimitività ergodico con base S e
sia S lo spazio delle orbite di S sotto G dove un sottoinsieme di S è una
orbita se e solo se se l'insieme di tutti gli [x0] g per un ssato x0 sono in S .
Se il quoziente della struttura di Borel in S è metricamente numerabile e
separato (P,h è equivalente ad un sistema le cui orbite sono numerabilmente
separate, e le orbite sono insiemi di Borel) allora P,h è equivalente ad un
sistema transitivo.
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 107
Ora prendiamo il caso a noi congeniale in cui S sia G/K ovvero lo spazio
delle classi laterali destre denite per un dato sottogruppo chiuso K di G;
ricordiamo che G agisce su G/K canonicamente. Data quindi una funzione
h su G/K esiste un unica funzione h0 su G tale che
h0 (ξg) = h0 (g)
per tutti i ξ ∈ G e h (c (g)) = h0 (g) ,dove (c (g)) indica le classi laterali K
dove vive g.
Sostituiamo ora la funzione R su G × G del teorema 35 con la funzione
R0 denita anche su G×G.Le rispettive condizioni saranno
(a′) ∀g1, g2 ∈ G R0 (g1g2, g) = ω (g1, g2)R0 (g1, g)R0 (g2, g) per quasi ogni
g ∈ G.
(b′) R0 (e, g) = I per quasi ogni g ∈ G.
(c′) ∀ ϕ e ψ in Hk la funzione < R0 (g1, g) (ϕ) | ψ > è misurabile su G×Ge per ogni g1 è misurabile in G.
Per facilitare, per un generico operatore a valori funzionali chiameremo
una funzione q → A (q) misurabile, di Borel, continua, ecc., se lo è la funzione
< A (q)ϕ | ψ > per ogni ϕ e ψ nel rispettivo spazio di Hilbert.
Lemma 5. Sia B una funzione misurabile di Borel su G negli operatori
unitari di Hk, e ω un moltiplicatore. Sia
RB (g1, g) =(B−1 (g)B (gg1)
)/ω (g, g1)
esso soddisfa (a′),(b′),(c′). Viceversa se R soddisfa (a′),(b′),(c′) esisterà una
funzione di Borel tale per cui R (g1, g) = RB (g1, g) per tutte le coppie g1, g .
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 108
Inoltre RB1 (g1, g) = RB2 (g1, g) per quasi ogni coppia se e solo se esisterà un
operatore unitario M tale che B2 (g) = MB1 (g) per quasi ogni g.
Lemma 6. Sia ora R che soddisfa (a′), (b′), (c′) e R (g1ξ, g) = R (g1, g) per
ogni ξ ∈ K e ogni g ∈ G. L'operatore B del lemma precedente può essere
denito come B (ξg) = ω (ξ, g)LξB (g) per ogni ξ ∈ K e ogni g ∈ G, dovecon ξ → Lξ indichiamo la rappresentazione di K che entro una equivalenza
è univocamente determinata da R.
Sia ora ssata la misura µ, un elemento dell'unica classe di misura in-
variante in S = G/K e P e W con le caratteristiche citate nei teoremi
precedenti. Denendo h come l'azione canonica da G in G/K . Prendiamo
una funzione B di Borel da G negli operatori unitari in Hk tale che
B (ξg) = ω (ξ, g)LξB (g)
per ogni coppia ξ, g ∈ K×G, dove L è sempre una rappresentazione proiettiva
di K che risulta univocamente determinata da B la indicheremo con LB.
Considerando quindi B (detta ω-K funzione) e il relativo RB indicato
nel lemma 5 considerando R′B (g1, c (g)) = RB (g1, g) per ogni coppia g1, g
in G × G, applicando ad essi i teoremi 33 e 35 abbiamo che sarà denita
una rappresentazione di G avente P come sistema di imprimitività; questa
rappresentazione dipenderà da B e la indicheremo con V B. Presi due ω−Kfunzioni B1 e B2 e dato un membro T dello spazio vettoriale R
(LB1 , LB2
)di
tutti gli operatori tra LB1 e LB2 , ne deduciamo che per ogni ξ ∈ K e g ∈ G
B−12 (ξg)TB1 (ξg) = B−1
2 (ξg)TLξ (g)B1 (g)ω (ξ, g) = B−12 (g)TB1 (g) ;
ponendo quest'ultimo uguale a CT (c (g)) , CT sarà denito in modo non
ambiguo come operatore a valori funzionali su G/K. Considerando la tra-
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 109
sformazione lineare limitata T di H (P ) in se stesso tale che
T (f) (t) = CT (t) f (t)
per tutti t ∈ S , abbiamo il seguente
Teorema 39. Ogni rappresentazione proiettiva di G avente P,h come sistema
di imprimitività è della forma V B per una data ω −K funzione B.
Prese due di queste B1 e B2, allora T → T è un isomorsmo dello
spazio vettoriale R(LB1 , LB2
)sullo spazio vettoriale di tutte i membri di
R(V B1 , V B2
)che commutano con tutti i PE; se B1 = B2 esso è un isomor-
smo di anelli.
Ne deduciamo due corollari
Corollario 4. Esisterà un operatore unitario che costituisce una equivalen-
za tra la coppia P,V B1 e la coppia P,V B2 se è solo se LB1 è equivalente a LB2 .
Corollario 5. LB1 è irriducibile se e solo se sottospazi chiusi propri di H (P )
non sono invarianti sotto tutti i V B1 e tutti i PE.
Nella dimostrazione del lemma 6 [15] si può vedere che L è della forma
LB dal corollario 4 la classe di equivalenza di P,V B non dipende dalla scelta
particolare di B e non cambia se L viene sostituita con una rappresentazione
proiettiva equivalente su K . Trovare una rappresentazione proiettiva gene-
rale di G con P, h sistema di imprimitività si riduce a trovare una rappresen-
tazione proiettiva generale L di K; vi è una corrispondenza tra le relazioni di
equivalenza di G con quelle diK che tra l'altro è proprio il risultato essenziale
del teorema:
L→ UL
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 110
Teorema 40. Siano G,P ,h,K come deniti in precedenza; sia B ω − K.
Allora la coppia P, V B è equivalente ad una coppia ULB , dove quest'ultima
indica una rappresentazione usuale di G indotta da LB di K.
Possiamo aermare che ad una rappresentazione indotta UL può essere
associato un sistema di imprimitività basato su G/K. Infatti si può prendere
P, h, dove PE sarà dato dalla moltiplicazione di h (azione canonica di G su
G/H ) per la funzione caratteristica su E . Inoltre la trasformazione unitaria
costituisce una equivalenza tra µ1UL e µ2UL, dove µ1 e µ2 sono misure quasi
invarianti dierenti in G/K, essa costituisce inoltre una equivalenza tra le
corrispondenti P ′. Quindi le coppie P ,UL sono denite a meno di equivalenze
date da L . Formuliamo ora il teorema in questione per le rappresentazioni
proiettive.
Teorema 41. Sia G un gruppo separabile localmente compatto , sia K un
suo sottogruppo chiuso e sia ω un moltiplicatore su G . Sia V una rappre-
sentazione proiettiva di G e P ′ una misura a valore di proiezione con base
G/K tale che P ′, h è un sistema di imprimitività per V. Allora esisterà una
rappresentazione proiettiva L di G tale che la coppia P ′, V è equivalente ad
una coppia P,UL dove P,h è un sistema di imprimitività canonico per UL
con base di G/K. se L1 e L2 sono due rappresentazioni proiettive di K e
P 1, h , P 2, h due corrispondenti sistemi di imprimitività canonici, allora le
coppie P 1, UL1, P 2, U
L2 sono equivalenti se e solo se L1 e L2 sono due rap-
presentazioni proiettive equivalenti di K . Inne la commuting algebra di L
è isomorfa all'intersezione delle commuting algebra di P e UL.
R (L,L) ' R(UL, UL
)∩R (P, P ) .
Come visto R (L,M) è l'insieme di tutti gli operatori lineari T da H(L)
in H (M) tali che TLg = MgT (intertwining operator) per ogni g ∈ G,
R (L,M) è uno spazio vettoriale. Preso L = M , R (L,M) = R (L,L) è una
CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 111
sottoalgebra di tutti gli operatori limitati in H ed è detta commuting algebra
di L [17, 18]. Se R (L,M) contiene una applicazione unitaria U da H (L) in
H (M) allora ULgU−1 = Mg eM e L sono dette rappresentazioni equivalenti
di G.
Capitolo 4
Applicazione del teorema di
Imprimitività di Mackey
Passiamo ora ad analizzare una delle applicazioni pratiche del teorema di
Imprimitività di Mackey; ci occuperemo di ricavare le rappresentazioni pro-
iettive del gruppo di Galilei G. Nel fare questo seguiremo un approccio che
miri a formulare una teoria indipendente dal particolare sistema sico.
4.1 Applicazione al gruppo di Euclide
Per applicare il teorema citato dobbiamo come prima cosa specicare gli
oggetti in gioco; prenderemo come gruppo G il gruppo E delle trasformazioni
di Euclide; come K il gruppo delle rotazioni SO(3) sottogruppo di E .Andiamo come prima cosa alla ricerca del sistema di imprimitività e della
rappresentazione indotta che verranno sfruttate ai ni dell'applicazione del
teorema.
Nel capitolo 1 abbiamo esplicitato la proprietà per il quale le trasformazio-
ni di simmetria quantistica preservano le relazioni funzionali tra le osservabili
112
CAPITOLO 4. Applicazione teorema di Mackey 113
che risultano del seguente tipo
f (A)′ = f (A′) ,
dove A′ è l'operatore che corrisponde all'osservabile A′ (il risultato della
trasformazione di A) e A è l'operatore corrispondente ad A nello spazio di
Hilbert H inoltre cosa importante visto il legame tra le trasformazioni di
simmetrie quantistiche e le trasformazioni di Wigner, applicando il teorema
di Wigner ci assicuriamo l'esistenza di un operatore unitario o antiunitario
U : H → H
tale per cui
A′ = UAU−1,
e da essa ricaviamo una relazione tra le rispettive risoluzioni dell'identità
rispettivamente di A e A′, considerando la funzione caratteristica φ∆ di un
intervallo
4 = (−∞, λ]
e considerando l'operatore E (4) = φ4 (A) , ricaviamo
UEλU−1 = Uφ4 (A)U−1 = φ4
(UAU−1
)= E′λ;
da ciò ne consegue che
E′λ = UEλU−1. (4.1)
Osserviamo che l'applicazione
4→ E (4)
è una misura a valore di proiezione; in aggiunta essa verica la relazione
CAPITOLO 4. Applicazione teorema di Mackey 114
equivalente alla (4.1)
UgE(4)U−1g = E(g−1(4))
che rappresenta e denisce un sistema di imprimitività relativo alla rappre-
sentazione unitaria U del rispettivo gruppo transitivo G di trasformazioni
nello spazio SConsideriamo ora come gruppo G, il gruppo di Euclide E come gruppo
di trasformazioni di R3, cioè il gruppo delle rototraslazioni nello spazio delle
coordinate di R3. Vediamo come possiamo ottenere una rappresentazione uni-
taria del gruppo di Euclide, come indotta da una rappresentazione unitaria
del gruppo delle rotazioni SO(3).
Il gruppo E agisce transitivamente su R3; infatti per ogni coppia di punti
p1, p2 ∈ R3 esiste un g ∈ E tale che
g (p1) = p1g = p2;
dalla transitività di azione di E deduciamo che possiamo considerare il sot-
togruppo delle trasformazioni che lasciano sso p0
Kp0 = h ∈ E |p0h = p0 ;
questo sottogruppo appena denito non è altro che il gruppo delle rotazioni
attorno a p0. Ne segue dunque che
R3 ≡ E/Kpo .
Consideriamo una rappresentazione unitaria diKp0 nello spazio di Hilbert
H0 = H (D)
k → Dk.
Dato che il sistema di imprimitività come base R3 possiamo scegliere come
CAPITOLO 4. Applicazione teorema di Mackey 115
spazio di Hilbert
H = L2(R3;H0) =
f : R3 → H0 |
ˆR3
‖f (−→x )‖2H0d−→x 3 <∞
.
Preso un elemento g ∈ E esso risulta decomponibile in una rotazione e una
traslazione
g (x) = k (−→x ) +−→τ .
Allora possiamo denire, preso un elemento dello spazio di Hilbert f ∈ H,
(Ugf) (p) = Dkf (g (p)) ,
l'operatore Ug è unitario e l'applicazione
g → Ug
è una rappresentazione unitaria di E .
Denizione 67. Data quindi una rappresentazione unitaria
D : Kp0 → U (H0) ,
diremo che la rappresentazione
E 3 g → Ug ∈ H
costruita sopra è la rappresentazione di E indotta dalla rappresentazione D
del sottogruppo Kp0 .
Come visto nelle sezioni precedenti riguardo al sottogruppo Kp0 il risulta-
to è indipendente dalla particolare scelta del punto p0, per cui ci restringiamo
al caso in cui scegliamo p0 l'origine del sistema di riferimento in R3; quin-
di con questa scelta particolare abbiamo che il nostro sottogruppo Kp0 che
CAPITOLO 4. Applicazione teorema di Mackey 116
lascia ssa l'origine corrisponde al gruppo delle rotazioni intorno all'origine,
ovvero SO (3) . Avremo di conseguenza che
R3 ≡ E/SO (3) ;
data dunque una rappresentazione di SO (3)
R→ D (R)
nello spazio di Hilbert H0 , e sia g ∈ E con g = (−→τ , R), allora la corrispon-
denza
g → Ug
tale che
(Ugf)(p) = D(R)f(g(p))
è la rappresentazione indotta dalla rappresentazione unitaria del sottogruppo
SO(3).
Denizione 68. Anche in questo caso possiamo estendere il tutto a rappre-
sentazioni proiettive
È possibile costruire un sistema di Imprimitività per la rappresentazione
indotta, come visto prendendo un Boreliano del tipo 4 ⊆ R3 denendo
l'operatore
E (4) : L2(R3,H0
)→ L2
(R3,H0
)di modo che
(E (4) f) (−→x ) = φ4 (−→x ) f (−→x )
è una misura a valore di proiezione che inoltre verica la relazione caratte-
rizzante un sistema di imprimitività
UgE(4)U−1g = E(g−1(4)).
CAPITOLO 4. Applicazione teorema di Mackey 117
Pertanto, essa è un sistema di imprimitività relativo alla rappresentazione
indotta U . Il teorema di Mackey, che ci accingiamo a presentare per questo
caso particolare, stabilisce che vale il viceversa: ogni sistema di imprimiti-
vità relativo a una rappresentazione del gruppo di Euclide è unitariamente
equivalente a una rappresentazione indotta da una rappresentazione di SO(3).
Osservazione 45. L'esistenza di una misura a valore di proiezione
4→ E (4)
che soddisfa la relazione
UgE(4)U−1g = E(g−1(4))
è equivalente ad una terna di operatori autoaggiunti−→F =(Fx, Fy, Fz) tali che
Ug−→F U−1
g = g−1(−→F ).
Enunciamo ora il teorema di Mackey per questo particolare caso.
Teorema 42. Sia data
U : E →U (H)
una rappresentazione unitaria del gruppo di Euclide E. Sia−→F una terna di
operatori autoaggiunti per cui, per ogni g ∈ E
Ug−→F U−1
g = g−1(−→F ).
La rappresentazione è unitariamente equivalente a una rappresentazione in-
dotta da una rappresentazione
D : SO (3)→ U (H0) ,
CAPITOLO 4. Applicazione teorema di Mackey 118
ovvero U e F formano un sistema di imprimitività basato su R3. Inoltre, nella
rappresentazione indotta si ha che
(Fαf) (−→x ) = xαf (−→x )
e di conseguenza
(Pαf) (−→x ) = −i∂f (−→x )
∂xα.
Esiste la generalizzazione al caso di rappresentazioni proiettive, con il
seguente
Teorema 43. Sia data
U : E →U (H)
una rappresentazione proiettiva unitaria del gruppo di Euclide E. Sia−→F una
terna di operatori autoaggiunti per cui, per ogni g ∈ E
Ug−→F U−1
g = g−1(−→F ).
La rappresentazione U è unitariamente equivalente a una rappresentazione
indotta da una rappresentazione proiettiva
D : SO (3)→ U (H0) .
Nella rappresentazione proiettiva indotta si ha che
(Fαf) (−→x ) = xαf (−→x )
e di conseguenza
(Pαf) (−→x ) = −i∂f (−→x )
∂xα.
CAPITOLO 4. Applicazione teorema di Mackey 119
4.2 Applicazione al gruppo di Galilei
Mostreremo in questo paragrafo come ottenere un teorema di rappresenta-
zione del gruppo di Galilei G tramite il teorema di Mackey.
Ciò permetterà di individuare tutte le rappresentazioni proiettive del
gruppo di Galilei.
Osserviamo che se
g → Ug
è una qualsiasi rappresentazione proiettiva di G sullo spazio di Hilbert H.Esistono 9 generatori Hermitiani Px, Py, Pz; Jx, Jy, Jz;Gx, Gy, Gz, e un nume-
ro reale µ tali che [19]:
[Jα, Pβ] = iεα,β,γPγ; [Jα, Gβ] = iεα,β,γGγ;
[Jα, Jβ] = iεα,β,γJγ; [Pα, Pβ] = 0;
[Gα, Gβ] = 0; [Gα, Pβ] = iδα,βµ.
Denendo ora la terna di operatori autoaggiunti−→F =
−→Gµessa soddisfa,
per ogni g ∈ E , la relazione
Ug−→F U−1
g = g−1(−→F ).
La terna di operatori−→F , o equivalentemente la misura spettrale di R3
4→ E (4) ,
associata ad essa, costituisce allora un sistema di imprimitività relativo alla
rappresentazione proiettiva g → Ug del gruppo di Euclide E , ottenuta restrin-gendo a E la rappresentazione proiettiva del gruppo di Galilei G. Ciò per-
mette di applicare il teorema di Mackey generalizzato, ottenendo il seguente
teorema di rappresentazione.
CAPITOLO 4. Applicazione teorema di Mackey 120
Teorema 44. Teorema di rappresentazione del gruppo di Galilei Sia
U : G → U(H)
una rappresentazione proiettiva del gruppo di Galilei G , con generatori Her-
mitiani Px, Py, Pz; Jx, Jy, Jz;Gx, Gy, Gz, caratterizzati dalla regola di commu-
tazione [Gα, Pβ] = iδα,βµ.
Allora la restrizione a E di
U : G → U(H)
è unitariamente equivalente a una rappresentazione proiettiva di E indotta
da una rappresentazione proiettiva
D : SO(3)→ U(H0);
dove−→F =
−→G
µ= (Fα, Fβ, Fγ)
La terna di operatori autoaggiunti−→F nella rappresentazione indotta è denita
da
(Fαf) (−→x ) = xαf (−→x ) .
Pertanto, tutti i generatori della Rappresentazione proiettiva di G sono iden-
ticati nella rappresentazione indotta di E individuata:
H = L2 (R3,H0);
(Pαψ) (−→x ) = −i∂ψ(−→x )∂xα
;
(Gαψ) (−→x ) = µ (Fαψ) (−→x ) = µxαψ (−→x ).
CAPITOLO 4. Applicazione teorema di Mackey 121
Il teorema di rappresentazione così ottenuto vale per ogni sistema quanti-
stico per il quale G è un gruppo di trasformazioni di Simmetria Quantistiche.
Esso permette di individuare il tipo di spazio di Hilbert per formulare la teo-
ria quantistica di un tale sistema e di individuare concretamente i generatori
hermitiani e quindi la rappresentazione proiettiva in gioco. Per esplicitare
completamente la teoria del sistema occorre identicare gli operatori corri-
spondenti alle osservabili speciche del sistema specico considerato. Natu-
ralmente, questi dipendono dal sistema specico considerato. Ogni sistema
specico è caratterizzato da una specica famiglia di osservabili, in generale
diversa per diversi sistemi. Pertanto, per esplicitare completamente la teoria
bisogna essere in grado, per il sistema specico considerato, di specicare
concretamente la specica famiglia di operatori corrispondenti alle osserva-
bili del sistema.
Osservazione 46. Osserviamo che è possibile, tramite le proprietà struttu-
rali, ovvero le regole di commutazione tra i generatori hermitiani, del gruppo
di Galilei e le regole di commutazione trovate, ottenere l'identicazione tra
osservabili e operatori per una particella libera localizzabile corrispondente
alla rappresentazione proiettiva di dimensione 1 di SO(3),
D0 : SO (3)→ U (C)
R→ D0 (R) = eif(R).
La teoria conseguente risulterà coincidente con l'usuale meccanica quantisti-
ca di una particella di spin 0 (senza spin). L'identicazione degli operatori
posizione e velocità non sarà postulata, ma sarà il risultato di proprietà di
simmetria e covarianza del gruppo di Galilei G . Come risultato del teore-
ma di Mackey quindi avremo che, ogni rappresentazione proiettiva (volendo
anche irriducibile) del gruppo di Galilei, caratterizzata da un dato valore del
CAPITOLO 4. Applicazione teorema di Mackey 122
parametro µ, risulta equivalente ad una rappresentazione indotta, da una
rappresentazione (volendo irriducibile) del gruppo delle rotazioni SO(3). Il
caso più semplice si ottiene considerando e scegliendo,
H0 = C.
Tra tutte le rappresentazioni proiettive del gruppo delle rotazioni troviamo
la rappresentazione di dimensione 1:
D0 : SO (3)→ U (C)
R→ D0 (R) = I
Ogni altra rappresentazione proiettiva di dimensione 1, Df0 (R) = eif(R), è
riconducibile banalmente a D0, moltiplicando Df0 (R) per e−if(R). Allora lo
spazio di Hilbert risulterà
H = L2(R3;C).
Per eetto del teorema di Mackey, abbiamo visto che la terna di operato-
ri autoaggiunti−→F =
−→G/µ, nella rappresentazione indotta, ha la seguente
espressione
(Fαf) (−→x ) = xαf (−→x )
Di conseguenza, si ha che la terna di generatori hermitiani−→P rappresentanti
le traslazioni spaziali assume la forma
(Pαψ) (−→x ) = −i∂ψ (−→x )
∂xα
otterremo inoltre tramite le regole di covarianza l'identicazione della posi-
zione e della velocità di una particella che saranno del tipo
(Qαf) (−→x ) = xαf (−→x )
CAPITOLO 4. Applicazione teorema di Mackey 123
da Qα = Fα, e dalla relazione Vα = Pαµ
(ottenute tramite regole di commuta-
zione e covarianza)
(Vαψ) (−→x ) = − iµ
∂ψ (−→x )
∂xα.
Appendice
La trattazione di Wigner sulle rappresentazioni
proiettive di SO(3)
In questo capitolo presenteremo la trattazione di Wigner sulle rappresen-
tazioni proiettive unitarie del gruppo delle rotazioni tridimensionali SO(3),
viste come, e ricavate dalle, rappresentazioni unitarie di SU(2) questo è pos-
sibile farlo perché, per quanto detto nel capitolo 2 esiste un omomorsmo
tra SO(3) e SU(2), e anche per il fatto che SU(2) risulta essere il rivesti-
mento universale di SO(3), e quindi le rispettive rappresentazioni possono
essere identicate le une con le altre. Prenderemo in considerazione per fare
questo, il gruppo delle trasformazioni non omogenee di Lorentz anche cono-
sciuto come gruppo di trasformazioni di Poincarè, del quale il gruppo SO(3)
e SU(2) sono sottogruppi, considerando quindi le rappresentazioni proiettive
irriducibili di un suo sottogruppo, avremo quelle cercate.
Denizioni preliminari
Denizione 69. Date due rappresentazioni esse sono dette sicamente equi-
valenti se esiste una corrispondenza uno a uno tra gli stati di una e quelli
dell'altra che risultano essere:
1. Invarianti sotto le trasformazioni di Lorentz
124
APPENDICE La trattazione di Wigner 125
2. Di caratteristiche tali che le transizioni di probabilità tra stati corri-
spondenti sia la stessa.
La seconda condizione sta a signicare che esisterà un operatore unitario
S che permette di derivare il secondo stato Φ(2) relativo alla seconda rappre-
sentazione per mezzo del rispettivo stato Φ(1) relativo alla prima rappresen-
tazione nel modo seguente
Φ(2) = SΦ(1)
discorso analogo per il coniugato di Φ(2).
La prima condizione ci dice, nel caso in cui gli stati Φ(1) e Φ(2) corrispondo-
no reciprocamente, in un sistema di coordinate a D(1) (L) Φ(1) e D(2) (L) Φ(2)
si ha che esiste un operatore S per cui
D(2) (L) Φ(2) = SD(1) (L) Φ(1) = SD(1) (L)S−1Φ(2)
e cosi come al caso di Φ(2), l'esistenza di questo operatore unitario S fa si che
esso si trasformi bene con Φ(1), stessa cosa accade a D(2) (L) e D(1) (L) nel
caso valgono le su dette caratteristiche anche per essi.
Denizione 70. Dato un operatore D (L) di una rappresentazione unita-
ria, si può considerare un algebra di operatori limitati su esso, cioè una
combinazione lineare del tipo
a1D (L1) + a2D (L2) + a3D (L3) + ...
tale che D (L) è il limite di questa combinazione lineare formata da operatori
limitati.
Detto ciò, possiamo distinguere tre classi di rappresentazioni:
1. La classe formata dalle rappresentazioni irriducibili. Una rappresenta-
zione irriducibile è un tipo di rappresentazione che contiene operatori limitati.
APPENDICE La trattazione di Wigner 126
o meglio dire se prendiamo ψ e ϕ stati arbitrari, ci sarà un operatore A con
le caratteristiche della denizione 70 per cui
Aψ = ϕ, Aψ′ = 0 se ψ′ ⊥ ψ
In questo caso il centro dell'algebra (gli operatori lineari che commutano
con gli elementi della rappresentazione) contiene soltanto l'operatore unità e
i suoi multipli infatti se C è un elemento del centro, possiamo decomporre
Cψ come
Cψ = αψ + ψ′, ψ′ ⊥ ψ
tuttavia ψ′ deve annullarsi altrimenti C non commuterebbe con gli operatori
che lasciano invariato ψ e trasformano ogni funzione ortogonale ad essa in
zero, per una ragione simile α deve essere la stessa per tutti gli ψ.
Per rappresentazioni irriducibili non ci sono varietà lineari chiuse di stati
(ad eccezione della classe di tutti gli stati) che sono invarianti sotto le trasfor-
mazioni di Lorentz, (ovvero quelle tali che se contengono ψ di conseguenza
conterranno anche D (L)ψ). Infatti in accordo con la denizione un ϕ′ arbi-
trariamente chiuso di un dato ϕ può essere rappresentato come combinazione
lineare nita
a1D (L1)ψ + a2D (L2)ψ + ...+ anD (Ln)ψ
quindi una varietà lineare chiusa contiene tutti gli stati se essa ne contiene
uno. Questa è infatti la più consueta denizione di rappresentazione irridu-
cibile e sarà usata successivamente. Si può far notare che tutte le rappresen-
tazioni nite dimensionali sono somma di rappresentazioni irriducibili. Non
possiamo dire altrettanto nel caso fossimo in dimensione innita, ciò infatti
non è in generale vero.
2. La classe delle rappresentazioni fattoriali. Una rappresentazione fatto-
riale ha la caratteristica che il centro della rappresentazione contiene soltanto
APPENDICE La trattazione di Wigner 127
i multipli dell'identità. Da quanto detto e denito in precedenza se ne deduce
che, se una rappresentazione è irriducibile è anche fattoriale ma non vicever-
sa. Per rappresentazioni nite dimensionali le fattoriali possono contenere le
irriducibili più volte.
3. La classe delle rappresentazioni unitarie. Riguardo questa classe di
rappresentazioni, denite negli scorsi capitoli possiamo dire che ogni rap-
presentazione unitaria in dimensione nita può essere decomposta prima in
rappresentazione fattoriale e questi a loro volta in irriducibili.
Un altro modo di denire le rappresentazioni irriducibili è per mezzo dei
sottospazi invarianti e del teorema di Schur.
Data una rappresentazione
S : V→ V
g → Sg
lineare e bijettiva, possiamo pensare di prendere un sottospazio di V, Movvero tale che M ⊆ V per poi considerare la restrizione di S a M
S|M : M →?
il punto interrogativo è stato messo proprio per porre l'attenzione sullo spazio
di arrivo, infatti in base a dove si nisce si può denire un sottospazio come
invariante o meno, si può nire sia in V che in M, se accade di nire in M
siamo in presenza di sottospazio invariante. Diamo quindi la seguente:
Denizione 71. M è un sottospazio invariante rispetto alla rappresentazio-
ne Sg se ∀gSg (M) ⊆M
ovvero Sgy ∈M , ∀y ∈M .
APPENDICE La trattazione di Wigner 128
Inoltre se verichiamo la validità della proprietà di bijettività e di omo-
morsmo, la rappresentazione è detta riducibile ad M e possiamo dare la
seguente:
Denizione 72. Sia data la rappresentazione
S : G→ L (V )
con M invariante rispetto a S, denisco
g 7→ Rg : M →M
tale che
Rgy = Sgy ∈M, ∀y ∈M,
si ha che Rg è biezione di M perché lo è Sg infatti se considero h = g−1,
Rh = Sg−1 = (Sg)−1 ⇒ RhRgy = y quindi ogni restrizione è biezione ed
inoltre verica la proprietà di omomorsmo
Rg1g2 = Rg1Rg2
che viene ereditato dall'omomorsmo di S
Rg1g2 = Sg1g2y = Sg1 (Sg2y) = Sg1Rg2y = Rg1Rg2y
in questo caso si dice che la rappresentazione è riducibile ad M
Diamo ora la seguente denizione che mette insieme quanto detto
Denizione 73. S è riducibile se ∃ un sottospazio invariante M 6= 0 ,Vdi V con M è invariante rispetto a S
per una caratterizzazione sulla irriducibilità diamo i seguenti lemmi uno
dato da Schur
APPENDICE La trattazione di Wigner 129
Lemma 7. se ( M invariante ⇒ M = 0 oM = V )
⇒S irriducibile
Lemma 8. Lemma di SCHUR:
se valgono le seguenti ipotesi
1. V spazio complesso
2. V dimensione nita
Allora
Se S è irriducibile
⇒(Se A operatore lineare di V A : V → V commuta con gli elementi della
rappresentazione ovvero ASg = SgA, ∀g ∈ G )⇒ (A = λ1)
Dimostrazione. Da (1) e (2) ∃ λ0 ∈ C e x ∈ V\0, tale che Ax = λ0x (esiste
autovalore complesso) prendo A = (ajk =< uj, uk >) ; det(A− λ01
)= 0 ne
deduciamo che è possibile individuare M = y ∈ V, Ay = λ0y 6= 0 cherisulta invariante rispetto alla rappresentazione, inoltre
ASgy =commutano
SgAy =y∈M
λ0Sgy ⇒ Sgy e autovettore;
siccome M è invariante, dal fatto che S è irriducibile si haM = V :
Ax = λ0x, ∀x ∈ V ⇒ A = λ01
APPENDICE La trattazione di Wigner 130
Lemma 9. Inverso lemma di Schur: Sia S : G→ L (V )una rappresentazio-
ne del gruppo G, dove
1. V complesso
2. dimV = n
3. S unitaria Sg ∈ L (V ) ,(S−1g = S∗g
)Allora
(Se ogni operatore lineare A di V che commuta con tutti gli elementi della
rappresentazione, è un multiplo dell'identità ovvero se (ASg = SgA, ∀g ∈ G)
⇒ (A = λ1)
⇒S è irriducibile
Dimostrazione. Per assurdo supponiamo S non sia irriducibile; ne deducia-
mo che esisterà un sottospazio invariante M 6= 0 , V ; allora anche M⊥ è
invariante da (3) . Prendendo l'operatore di proiezione che proietta su M:
p = pM 6= λ1; si ha pSg = Sgp poiché
pSgy = pSg
(y1∈M
+ y0∈M⊥
)=
linearitapSgy1 + pSgy2 = pSgy1 = Sgy1;
dal fatto che Sgy2 ∈ M⊥ perché M⊥ è invariante e quindi p = pM applicato
ad un elemento dello spazio ortogonale si annulla, inoltre analogamente
Sgpy = Sgp
(y1∈M
+ y0∈M⊥
)=
linearitaSgpy1 + Sgpy2 = Sgpy1 = Sgy1.
Tutto questo porta ad una contraddizione dell'ipotesi M 6= 0 , V dovrebbe
far si che p = λ1.
APPENDICE La trattazione di Wigner 131
Gruppo delle trasformazioni non omogenee di Lorentz
Passiamo ora a denire il gruppo delle trasformazioni non omogenee di Lo-
rentz ed alcune sue caratteristiche. Il gruppo delle trasformazioni non omo-
genee di Lorentz, conosciuto anche come gruppo di Poincarè, comprende le
isometrie dello spazio di Minkowski, ovvero tali elementi sono quelle trasfor-
mazioni che lasciano invariata, dato un quadrivettore q = (x1, x2, x3, x4), la
forma quadratica −x21 − x2
2 − x23 + x2
4. In maniera formale possiamo dire che
è l'insieme delle trasformazioni L = (a,Λ), dove a è un vettore reale e Λ una
matrice a coecienti reali, che corrispondono al prodotto semidiretto di una
traslazione del quadrivettore q di parametro il vettore a del seguente tipo:
x′i = xi + ai i = 1, 2, 3, 4
e di una trasformazione detta omogenea di Lorentz Λ di coecienti reali e
del tipo:
x′i =4∑i=1
Λikxk
osserviamo che la traslazione sarà applicata dopo la trasformazione omoge-
nea.
I coecienti della trasformazione omogenea sono presi in modo che sod-
disfano le seguenti condizioni:
1. I rispettivi coecienti Λik risultano reali e tale per cui Λ come prean-
nunciato lascia la forma quadratica −x21 − x2
2 − x23 + x2
4 invariata ovvero in
formula
ΛFΛ† = F (4.2)
APPENDICE La trattazione di Wigner 132
dove la matrice F sarà del seguente tipo:
F =
−1
−1
−1
1
e con Λ† sarà indicato la trasposta di Λ;
2. Il determinante della matrice Λ è tale per cui |Λik| = 1
3. Inoltre il coeciente Λ44 > 0.
Possiamo denire ora un prodotto hermitiano di Lorentz di due quadri-
vettori x e y nel seguente modo, in modo da ottenere una caratterizzazione
in base al suo valore:
x, y = −x∗1y1 − x∗2y2 − x∗3y3 + x∗4y4 (4.3)
dove in questo caso lo star denota il coniugato della componente su cui è po-
sto. Da esso possiamo caratterizzare quindi il vettore x generico in questione
come :
1. Se x, x < 0 il vettore x è chiamato Space-like;
2. Se x, y > 0 il vettore x è chiamato Time-like;
3. Se x, y = 0 il vettore è detto nullo;
4. Un vettore Time-like reale vive nel cono di luce positivo se x4 > 0,
viceversa se x4 < 0 vivrà nel cono di luce negativo;
5. Due vettori sono detti ortogonali se x, y = 0.
APPENDICE La trattazione di Wigner 133
Osservazione 47. Se la trasformazione eseguita e solamente del tipo omo-
geneo quindi senza una traslazione, il particolare sottogruppo è denito come
gruppo delle trasformazioni omogenee di Lorentz.
Possiamo denire un prodotto tra elementi di questo gruppo nel modo
seguente.
Dati due trasformazioni non omogenee (b,M), (c,N) deniamo
(b,M) (c,N) = (a,Λ)
dove
Λik =∑j
MijNjk; ai = bi +∑j
Mijcj
che possiamo scrivere nella forma matriciale
Λ = MN ; a = b+Mc
Osservazione 48. Dal punto di vista sico possiamo aermare che la tra-
sformazione omogenea di Lorentz può essere vista come una trasformazione
del sistema di coordinate in moto uniforme, con l'origine che coincide al
tempo t = 0 con l'origine del primo sistema di coordinate (quello a riposo).
si può quindi eseguire prima una rotazione che porta la direzione del movi-
mento del secondo sistema (quello in moto) in una data direzione detta del
terzo asse e in modo da impartirgli una velocità lungo questa direzione da
portarla al sistema di coordinate a riposo. per questo i due sistemi di coordi-
nate possono dierire soltanto di una rotazione. Questo ci porta a dire che
ogni trasformazione omogenea di Lorentz può essere decomposta nel seguente
modo
Λ = RZS
dove R e S risultano essere delle rotazioni pure ovvero i coecienti soddisfano
APPENDICE La trattazione di Wigner 134
le proprietà che seguono
Ri4 = R4i = Si4 = S4i = 0 i 6= 4
R44 = S44 = 1,
R† = R−1,
S† = S−1
e Z è una accelerazione nella direzione del terzo asse che è rappresentata dal
seguente tipo di matrice
Z =
1 0 0 0
0 1 0 0
0 0 a b
0 0 b a
a2 − b2 = 1, a > b > 0.
La decomposizione non è unica, ma tuttavia Z è univocamente determinata
ovvero è la stessa per ogni decomposizione. Infatti possiamo vedere che la
traccia di ΛΛ† = RZ2R−1 è uguale alla traccia di Z2 ovvero
2a2 + 2b2 + 2 = 4a2 = 4b2 + 4
ciò dimostra appunto che Z è univocamente determinata. Nel caso in cui Λ
sia una rotazione pura abbiamo che ΛΛ† = 1 si ha che Z è la matrice identità
quindi a = 1, b = 0 d'altro canto se Z è l'identità Λ stessa è una rotazione
poiché composizione di rotazioni .
Possiamo dire del gruppo delle trasformazioni omogenee di Lorentz che
esso risulta essere un gruppo semplice, ovvero ha come sottogruppi normali
(invarianti per coniugazione) quelli banali ovvero il vuoto e se stesso. Ciò lo
deduciamo dal fatto che come prima cosa si può mostrare che un sottogruppo
normale (invariante per coniugazione) del gruppo di Lorentz delle trasforma-
APPENDICE La trattazione di Wigner 135
zioni omogenee ovvero le trasformazioni che lasciano invariante x4 contiene
le rotazioni, inoltre esso stesso oltre a contenere le rotazioni , contiene anche
l'intero gruppo di Lorentz omogeneo. Segue anche da questo che il gruppo
di Lorentz omogeneo oltre alla rappresentazione con la matrice unità ha sol-
tanto rappresentazioni ordinarie. Segue allora che hanno tutte dimensione
innita. poiché non ne può avere ordinarie rappresentazioni di dimensione
nita [4]
Denizione 74. Nel caso di un gruppo di Lorentz non omogeneo possia-
mo ridurre una rappresentazione con un fattore di rappresentazione ad una
con due valori, essa sarà eettuata partendo da una unitaria trasformazione.
Iniziamo con l'associare ad una traslazione di parametro a l'operatore unita-
rio T (a) , analogamente alla trasformazione omogenea Λ l'operatore unitario
d (Λ) deniamo quindi la trasformazione generale
D (L) = D (a,Λ) = T (a) d (Λ)
ne deduciamo le seguenti
T (a)T (b) = ω (a, b)T (a+ b)
d (Λ)T (a) = ω (Λ, a)T (Λa)d (Λ)
d (Λ) d (I) = ω (Λ, I) d (ΛI)
dove ω è il fattore di fase di modulo unitario, ovvero la denizione di rap-
presentazione proiettiva per questi particolari gruppi.
Anche in questo caso gli ω delle precedenti Possono essere presi ed hanno
la caratteristica di diventare funzioni continue nei rispettivi valori, in de-
terminati intorni. La continuità in questo caso la possiamo esprimere nel
seguente modo:
APPENDICE La trattazione di Wigner 136
Denizione 75. Prendendo in considerazione il prodotto scalare unitario
(ψ, ϕ) dove il modulo al quadrato dei esso viene detto transizione delle pro-
babilità dallo stato ψ a quello ϕ. Dato un intorno δ di una trasformazione
di Lorentz L0 = (b, I) esso deve contenere tutte le trasformazioni L = (a,Λ)
per cui
|ak − bk| < δ, |Λik − Iik| < δ
La rappresentazione D (L) sarà detta continua se c'è, per ogni ε positivo,
ogni funzione d'onda normalizzata ϕ e ogni trasformazione di Lorentz L0 un
tale intorno δ di L0 tale che per ogni L per questo intorno si può trovare
un Ω di modulo 1 dipendente da L e ϕ tale che il prodotto scalare unitario
(in generale indicato con (ψ, ϕ) per due funzioni d'onda normalizzate (stati
quantistici) ψ e ϕ)
(uϕ, uϕ) < ε
dove
uϕ = (D(L0)− ΩD(L))ϕ.
Osservazione 49. Possiamo dire inoltre che se D (L)ϕ risulta fortemente
continuo in una data regione e D (L) continuo nel senso precedente allora
D (L)ψ per ψ arbitrario risulta anche esso fortemente continuo nella regio-
ne stessa. Il che ci dice che per qualsiasi normalizzazione tale per cui D(L)ϕ
è fortemente continua D(L) diventerà continua. [4]
Osservazione 50. L'operatore ±d (Λ) forma una rappresentazione a valo-
ri singoli del gruppo SL(2) sia C ∈ SL(2) e denotiamo la corrispondente
omogenea trasformazione di Lorentz che vi corrisponde tramite isomorsmo
C possiamo ridurre trovando tutte le rappresentazioni unitarie del gruppo ad
un solo valore dell'elemento [a, C] = [a, 1] [0, C], infatti la regola di moltipli-
cazione fa si che [a, C1] [b, C2] =[a+ C1b, C1C2
]per una rappresentazione
APPENDICE La trattazione di Wigner 137
di questo gruppo vale quindi
D [a, c] = T (a) d [C]
si ha
T (a)T (b) = T (a+ b) (4.4)
d [C]T (a) = T(Ca)d [C] (4.5)
d [C1] d [C2] = d [C1C2] (4.6)
che nella notazione precedente diventa
T (a)T (b) = T (a+ b)
d (Λ)T (a) = T(Ca)d (Λ)
d (Λ) d (I) = ±d (ΛI)
la prima appare più naturale dal punto di vista matematico, dal signicato
geometrico di gruppo invece appare più naturale la seconda.
Gruppo di Rappresentazioni di un Little group
Introduciamo ora un sistema di coordinate particolari, lo possiamo fare per-
ché le traslazioni commutano, sullo spazio di Hilbert tale per cui la funzione
d'onda (lo stato quantistico) ϕ (p, ζ) dipende dalle variabili di quantità di
moto p1, p2, p3, p4 e una discreta variabile ζ tale che
T (a)ϕ (p, ζ) = eip,aϕ (p, ζ)
il prodotto scalare unitario non è ancora completamente denito, dalle richie-
ste che si possono fare sul sistema di coordinate, in questo caso il prodotto
APPENDICE La trattazione di Wigner 138
scalare può essere denito come sommatoria di integrali di Stieltes come
segue
(ψ, ϕ) =∑ζ
ˆψ (p, ζ)∗ ϕ (p, ζ) df (p, ζ) .
L'importanza dell'introduzione di un fattore di peso non sta tanto nella pos-
sibilità di avere, dierenti pesi in diversi regioni dello spazio in p. Infatti
una distribuzione di peso g (p, ζ) potrebbe essere assorbita dallo stato, so-
stituendo ϕ (p, ζ) con√g (p, ζ)ϕ (p, ζ) invece la necessità di introdurre f sta
nel fatto che in determinate regioni di p si abbia peso zero mentre, in altri
luoghi si può avere niti pesi. Per la denizione di spazio metrico nello spa-
zio di Hilbert l'integrale´df (p, ζ) su una data regione r per un dato ζ è sia
positivo, sia zero, dal fatto che è il prodotto scalare di tale funzione con se
stessa, che è 1 nella regione r di p e ζ e 0 altrimenti.
Denendo l'operatore
P (Λ)ϕ (p, ζ) = ϕ(Λ−1p, ζ
)che non è necessariamente unitario si può vericare che
d (Λ) = Q (Λ)P (Λ)
dove Q (Λ)è un operatore nello spazio di ζ che può dipendere dal particolare
valore di p nello spazio sottostante
Q (Λ)ϕ (p, ζ) =∑η
Q (p,Λ)ζη ϕ (p, η)
dove ne deduciamo che Q (p,Λ)ζη sono le coordinate della matrice ordinaria
dipendente da p e Λ otteniamo che la trasformazione
d (Λ)ϕ (p, ζ) =∑η
Q (p,Λ)ζη P (Λ)ϕ (p, η)
APPENDICE La trattazione di Wigner 139
inoltre se abbiamo una funzione h che dipende da p e vogliamo moltiplicarla
con ϕ essa si può scrivere come combinazione lineare nel seguente modo
h (p)ϕ =∑n
cnT (an)ϕ.
nel caso particolare di scegliere h (p) come h (p) = h (Λp) questa operazione
di moltiplicazione commuta con tutte le operazioni del gruppo.
Osservazione 51. Possiamo, data questa forma di rappresentazione selezio-
nare quattro diverse classi a seconda del p che abbiamo
(1) p, p = P > 0;
(2) p, p = P = 0; p 6= 0;
(3) p = 0 che denotiamo con 00;
(4) p, p = P < 0.
Dove le prime due classi contengono le sottoclassi P+, 0+ con la caratte-
ristica che p4 > 0 e analogamente P−, 0− se si ha che p4 < 0 .
Scegliendo ora un vettore p0 arbitrario possiamo considerare il sottogrup-
po delle omogenee trasformazioni di Lorentz che lasciano p0 invariato. Per
tutti gli elementi λ, i di questo sottogruppo che chiamiamo little group si ha∑η
Q (p, λ)ζηQ (p0, i)ηϑ = ±Q (p0, λi)ζϑ
q (λ) q (i) = ±q (λi)
nel caso in cui considerassimo il gruppo formato dalla trasformazione di tra-
slazione e dalla trasformazione generata da una matrice di SL(2) piuttosto
APPENDICE La trattazione di Wigner 140
che una trasformazione di Lorentz, il segno ± diventa nella equazione prece-
dente +, in questo caso le matrici λ, i sono matrici di SL(2) e il little group è
formato da tali matrici, le corrispondenti trasformazioni di Lorentz λ, i lascia-
no invariato p0, infatti λp0 = ip0 = p0. Quest'ultima rappresentazione può
essere determinata anche dalla rappresentazione q (λ) del little group insieme
alla classe e a P, della rappresentazione dell'intero gruppo. Cosa importante
è che tutte le rappresentazioni dell'intero gruppo delle trasformazioni non
omogenee di Lorentz sono equivalenti se abbiamo lo stesso P e la stessa rap-
presentazione del little group. Lo stesso vale sempre se la rappresentazione
del little group non è la stessa per due rappresentazioni ma soltanto equiva-
lente reciprocamente. L'equivalenza di due rappresentazioni del little group
si ha quando esiste una unitaria trasformazione che trasforma l'una nell'altra.
Osserviamo che per l'intero gruppo sono usate solo rappresentazioni unita-
rie quindi se la rappresentazione dell'intero gruppo sono equivalenti anche le
rappresentazioni del little group sono equivalenti e le rappresentazioni del-
l'intero gruppo determinano le rappresentazioni del little group no ad una
trasformazione similare univocamente.
Possiamo caratterizzare e analizzare diversi casi di little group alcuni sono
i seguenti:
1. 1+ si può prendere p0 = 0, 0, 0, 1 e il little group che lascia invariante il
vettore scelto contiene tutte le rotazioni nello spazio delle tre coordinate
e valgono tutte le rappresentazioni della prima classe;
2. 00 il little group è l'intero gruppo di Lorentz omogeneo;
3. −1 nel caso P = −1 p0 può essere assunto come il vettore 1, 0, 0, 0 ed è
il gruppo di Lorentz omogeneo 2+1 dimensionale stessa cosa per P < 0;
4. 0+ qui è più complicato, possiamo però semplicare considerando il
caso del gruppo SL(2) qui la trasformazione di Lorentz corrisponde
APPENDICE La trattazione di Wigner 141
alla matrice (a b
c d
)ad− bc = 1
che porta il vettore di componenti x1, x2, x3, x4 in un vettore di com-
ponenti x′1, x′2x′3, x′4 dove(
a b
c d
)(x4 + x3 x1 + ix2
x1 − ix2 x4 − x3
)(a∗ c∗
b∗ d∗
)=
(x′4 + x′3 x′1 + ix′2
x′1 − ix′2 x′4 − x′3
)(4.7)
la proprietà che richiede 0+ fa si che possiamo scegliere come vettore
invariante 0, 0, 1, 1 e |a|2 = 1, c = 0. Quindi un generale elemento del
little group può essere scritto come(e−iβ/2 (x+ iy) eiβ/2
0 eiβ/2
)
dovex, y, β sono reali e 0 ≤ β ≤ 4π. lo possiamo scrivere anche come
t (x, y) =
(1 x+ iy
0 1
); δ (β) =
(e−iβ/2 0
0 eiβ/2
)
la cui regola di moltiplicazione è
t (x, y) t (x′, y′) = t (x+ x′, y + y′) (4.8)
δ (β) t (x, y) = t (x cos β + y sin β,−x sin β + y cos β) δ (β) (4.9)
δ (β) δ (β′) = δ (β + β′) . (4.10)
Osservazione 52. In quest'ultimo caso si può restringere β tale per cui 0 ≤
APPENDICE La trattazione di Wigner 142
β ≤ 2π con l'accortezza di inserire ± nella terza equazione poiché
δ (2π)2 = δ (4π) = 1
ovvero
δ (2π) = ±1, δ (β + π) = ±δ (β)
le equazioni in 4.9 dimostra anche che il little group è isomorfo ad un gruppo
di rotazione bidimensionale non omogenea ovvero gruppo di Euclide bidimen-
sionale. Inoltre questa trasformazione δ (β) può essere considerata anche co-
me rotazione delle tre dimensioni dello spazio sulla direzione della parte di
spazio di p0.
Rappresentazioni proiettive unitarie del gruppo SO(3)
In questa sezione vogliamo ricavare le rappresentazioni proiettive del grup-
po SO(3) ovvero del gruppo delle rotazioni nelle tre dimensioni, le quali in
dimensione nita sono ben conosciute. Esse verranno ricavate per mezzo
di quelle appartenenti al gruppo SU(2) questo è possibile per quanto già
visto, dal fatto che SU(2) è il rivestimento universale di SO(3) tramite l'i-
somorsmo citato e quindi le rappresentazioni di una, sono legate a quelle
dell'altro. Inoltre le rappresentazioni proiettive in questo caso risultano es-
sere irriducibili. Di queste rappresentazioni ne abbiamo una di dimensione
1,2,3,4,... ognuna. Esse verranno denotate con la notazione D(j)(R) dove j
rappresenta appunto la dimensione corrispondente. Notiamo che quelle di
dimensione pari (j semintero) saranno rappresentazioni a due valori mentre
quelle di dimensione dispari (j intero) saranno rappresentazioni ad un singolo
valore.
Ogni rappresentazione nita dimensionale può essere in questo caso de-
composta in queste rappresentazioni irriducibili come vedremo, di conseguen-
za le rappresentazioni del gruppo di Lorentz con P positivo, in cui il little
group è denito come sopra, che ha nita dimensione, può essere decompo-
APPENDICE La trattazione di Wigner 143
sto in rappresentazioni in cui le rappresentazioni del little group risultano
essere una di quelle conosciute, per il gruppo di rotazioni questo vale per
ogni rappresentazione del gruppo non omogeneo di Lorentz, con P positivo
dal fatto che ogni innita dimensionale rappresentazione delle rotazioni può
essere decomposta nelle stesse rappresentazioni nite e irriducibili .
Nel prosieguo della trattazione è appropriato considerare il sottogruppo
delle trasformazioni di Lorentz del bidimensionale gruppo unimodulare SL(2)
che corrisponde alle rotazioni, quindi il gruppo delle rotazioni stesso, che
possiamo restringere ad un singolo valore come fatto nelle equazioni (4.5)
dalla (4.7) volendo lasciare invariante il vettore 0, 0, 0, 1 ne deriviamo
delle condizioni importanti sulla matrice del sottogruppo citato
(a b
c d
)ovvero i coecienti a, b, c, d sono costretti ad identicare una matrice uni-
taria, avremo quindi che il sottogruppo preso sarà proprio SU(2). Quindi
come preannunciato consideriamo le sue rappresentazioni invece di quelle
delle rotazioni.
Introduciamo un sistema di coordinate discreto nello spazio di rappresen-
tazione e denotiamo i coecienti della rappresentazione unitaria con q (R)kλdove R è una unitaria matrice bidimensionale di SU(2) la condizione di
unitarietà fa si che valgano le seguenti caratteristiche∑k
q (R)∗κλ q (R)kµ = δλµ; (4.11)∑λ
q (R)∗κλ q (R)νλ = δκν ;∑k
|q (R)κλ|2 = 1; (4.12)∑
λ
|q (R)κλ|2 = 1. (4.13)
quindi ne deriva che |q (R)kλ| ≤ 1 e le q (R)kλ sono, come funzioni di R,
quadrato integrabili. L'integrale´|q (R)kλ|
2 dR esiste se siamo in presenza
APPENDICE La trattazione di Wigner 144
di un invariante integrale nello spazio del gruppo , per SO(3) e SU(2) esso è
nito e si può normalizzare.
Si ha allora che∑ ˆ|q (R)κλ|
2 dR = 1 =∑λ
ˆ|q (R)κλ|
2 dR
si osserva che le (2j + 1)1/2D(j) (R)kl formano un sistema completo ortonor-
male di funzioni di R. Ponendo
q (R)κλ =∑jkl
CκλjklD
(j) (R)kl (4.14)
Vogliamo ora vedere come sono fatti questi coecienti Cκλjkl , Calcolando per
primo l'integrale sullo spazio del gruppo, dei prodotti tra D(j) (R)∗kl con
q (RS)κµ =∑λ
q (R)κλ q (S)λµ
Si può notare che la somma a destra converge uniformemente per la 4.12
∞∑λ=N
∣∣∣q (R)κλ q (S)λµ
∣∣∣ ≤ ( ∞∑λ=N
|q (R)κλ|2∞∑λ=N
∣∣∣q (S)λµ
∣∣∣2) 12
≤
(∞∑λ=N
∣∣∣q (S)λµ
∣∣∣2) 12
che per una scelta arbitraria di N indipendente da R fa si che l'ultimo pezzo
diventa piccolo e il tutto può essere integrato termine a termine del prodotto
si haˆD(j) (R)∗kl q (RS)κµ dR =
∑λ
ˆD(j) (R)∗kl q (R)κλ q (S)λµ dR
APPENDICE La trattazione di Wigner 145
sostituendo ora D(j) (R)kl con∑m
D(j) (RS)kmD(j) (S−1)mlsi ha
∑m
D(j)(S−1
)∗ml
ˆD(j) (RS)∗km q (RS)κµ dR =
∑λ
q (S)λµ
ˆD(j) (R)∗kl q (R)κλ dR
ora nell'integrale a sinistra sostituiamo RS con R e applicando la (4.14) si ha
per le proprietà dell'unitarietà∑m
D(j) (S)lm cκµjkm =
∑λ
q (S)λµCκλjkl. (4.15)
moltiplicando per ora per D(h) (S)∗in in modo da integrare di nuovo termine a
termine allo stesso modo di prima , e si può fare perché nel termine a sinistra
la somma su λconverge uniformemente infatti
∞∑λ=N
∣∣∣Cκλjklq (S)λµ
∣∣∣ ≤ ( ∞∑λ=N
∣∣Cκλjkl
∣∣2 ∞∑λ=N
∣∣∣q (S)λµ
∣∣∣2) 12
≤
(∞∑λ=N
∣∣Cκλjkl
∣∣2) 12
esso può essere reso piccolo arbitrariamente come anche∑λ
∑jkl
(2j + 1)−1∣∣Cκλ
jkl
∣∣2converge per le equazioni (4.12,4.14). Integrando quindi la 4.15 ne ricaviamo
che ∑λ
CκλjklC
λµhin = δjhδliC
κµjkn (4.16)
preso E come elemento neutro inoltre vale q (R) q (E) = q (R) segue che
q (E) = 1 e quindi allora q (R−1) = q (R)−1 = q (R)†questa più una equazione
simile per D(j) (R)da
∑jkl
CκλjklD
(j)(R−1
)kl
= q(R−1
)κλ
= q (R)∗λκ
=∑jkl
Cλκ∗jlk D
(j) (R)∗lk =∑jkl
Cλκ∗jlk D
(j)(R−1
)kl
APPENDICE La trattazione di Wigner 146
che fa si che
Cκλjkl = Cλκ∗
jlk (4.17)
d'altro canto il fatto che q (E)κλ = δκλ implica che∑jk
Cκλjkk = δκλ (4.18)
Tali formule sono sucienti per la riduzione di q (R).
Vediamo ora come ricavare l'irriducibilità della rappresentazione. Si scel-
ga ora per ogni nita rappresentazione irriducibile D(j) un indice k, k = 0.
Denendo nello spazio originale della trasformazione q (R) i vettori v(κjl)con
componenti Cκ1jkl, C
κ2jklC
κ3jkl... essi per valori dierenti di j o l sono ortogonali il
prodotto scalare con lo stesso j e l risulta indipendente da l infatti da quanto
ricavato prima in (4.16) e (4.17)(v(µj′l′), v(κjl)
)=∑λ
Cµλ∗j′kl′C
κλjkl =
∑λ
CκλjklC
λµj′l′k = δjj′δll′C
κµjkk. (4.19)
L'insieme dei vettori v(κjl) forma un insieme completo di vettori per tutti
i κ, j, l, volendo dimostrarlo, è suciente creare una combinazione lineare
di vettori da essi , per ogni ν, con la ν-componente di 1 e tutte le altri
componenti zero , la su detta combinazione lineare è la seguente∑κjl
Cνκjlkv
(κjl)
infatti, la componente al posto λ della precedente è in accordo con (4.16) e
(4.18) ∑κjl
CνκjlkC
κλjkl =
∑jl
Cνλjll = δνλ.
tuttavia, due vettori v con lo stesso j e l ma dierente indice κ non sono
ortogonali.
Si può però scegliere per ogni j un l ,l = 0 ovvero i vettori v(1j0), v(2j0), v(3j0), ...
APPENDICE La trattazione di Wigner 147
e normalizzarli e ortogonalizzarli con il metodo di Gram-Shmidt il vettore
ottenuto si può indicarlo con
w(nj0) =∑λ
αinλv(λj0).
Allora in accordo con (4.19) il prodotto scalare non dipende da l e quindi se
ne ricava che i vettori
w(njl) =∑λ
αinλv(λjl)
saranno mutuamente ortogonali e normalizzati e anche w(njl) per tutti gli
n, j, l quindi, come voluto, si è in presenza di un sistema ortonormale com-
pleto di vettori. Stessa cosa vale per i vettori w(njl)∗ .
Si sono introdotti questi vettori per poter arrivare a dire che la rappresen-
tazione q (R) risulta completamente ridotta . Si può trovare la componente
ν-esima del vettore q (R) v(κjl)∗ applicando il primo al secondo e si ottiene∑µ
q (R)νµ(v(κjl)∗)
µ=∑µ
q (R)νµCµκjlk
il termine a destra è uniformemente convergente. Quindi come prima è pos-
sibile moltiplicare per (2h+ 1)D(h) (R)∗in e poi integrare termine a termine
ottenendo∑µ
ˆ(2h+ 1)D(h) (R)∗in q (R)νµC
µκjlkdR =
∑µ
CνµhinC
µκjlk = δhjδlnC
νκjlk
ed avremo per quasi tutti gli R∑µ
q (R)νµ(v(κjl)∗)
µ=∑i
CµκjlkD
(j) (R)∗il =∑i
D(j) (R)∗il(v(κjl)∗)
ν
APPENDICE La trattazione di Wigner 148
o meglio scritto come
q (R) v(κjl)∗ =∑i
D(j) (R)∗il v(κjl)∗
Supponendo che è funzione continua di R, la precedente vale per ogni R,
mentre nella denizione di w per ogni n la sommatoria può essere eettuata
soltanto su un numero nito di λ, si può scrivere quindi
q (R)w(κjl)∗ =∑i
D(j) (R)∗il w(κji)∗.
ciò prova che la rappresentazione originale scompone il tutto nel sistema di
coordinate di w, nelle ben note nite irriducibili rappresentazioni D(j) (R).
Dal fatto che w è un sistema completo ortonormale di vettori, la transizione
corrisponde ad una trasformazione unitaria. Ciò completa la dimostrazio-
ne della completa riducibilità di tutte le nite e innite dimensionali rap-
presentazioni del gruppo delle rotazioni SO(3) o anche SU(2). Ciò è stato
possibile farlo supponendo che l'invariante integrale´...dR converge. Per
il gruppo di Lorentz non omogeneo, per ogni numero positivo P, le rappre-
sentazione (irriducibili) del little group possono essere soltanto in termini di
D(0), D( 12), D(1), ...sia per P+e P−.
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[19] https//www.mat.unical.it/~nistico/dispense.TQ4.pdf
Ringraziamenti
Per primo vorrei ringraziare il Prof. Giuseppe Antonio Nisticò per gli
insegnamenti ricevuti, l’attenzione e la pazienza dedicata nello sviluppo
dell’elaborato.
Un ringraziamento particolare va a mia madre e mio padre che in questi
anni hanno fatto si che tutto questo potesse realizzarsi, con sacrifici enormi,
incoraggiandomi ed insegnandomi l’educazione necessaria e sufficiente per
affrontare questa esperienza e superare i vari ostacoli con impegno e
determinazione.
Un affettuoso ringraziamento va a Chiara ed Eliana, amiche uniche e
sincere, oltre che colleghe di studio. Con la loro pazienza, anche quando le
difficoltà e gli ostacoli che incontravamo risultavano insormontabili e
nonostante le mie battute molte volte pessime, hanno reso il tutto più
semplice e gradevole, con bontà d’animo in ogni tipo di occasione. Un
ringraziamento va anche a Christian per il suo prezioso aiuto in molti
frangenti.
Non può mancare un ringraziamento al mio carissimo e dolcissimo nipotino
Kevin che con la sua allegria e modo di fare, ha portato gioia e reso le
giornate uniche.