UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELLA CALABRIA - infn.it Sanzo... · che la Fisica Classica prevedeva; nei...

155
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELLA CALABRIA DIPARTIMENTO DI MATEMATICA E INFORMATICA CORSO DI LAUREA IN MATEMATICA Tesi di Laurea Magistrale Il ruolo delle rappresentazioni proiettive nella teoria quantistica Relatore Candidato Prof. Giuseppe Antonio Nisticò Saverio Di Sanzo Matricola 153397 ANNO ACCADEMICO 2013/2014

Transcript of UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELLA CALABRIA - infn.it Sanzo... · che la Fisica Classica prevedeva; nei...

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELLA CALABRIA

DIPARTIMENTO DI MATEMATICA E INFORMATICA

CORSO DI LAUREA IN MATEMATICA

Tesi di Laurea Magistrale

Il ruolo delle rappresentazioni

proiettive nella

teoria quantistica

Relatore Candidato

Prof. Giuseppe Antonio Nisticò Saverio Di Sanzo

Matricola 153397

ANNO ACCADEMICO 2013/2014

A tutti coloro che

hanno sempre creduto in me

e che continueranno a farlo

Indice

Introduzione 1

1 Trasformazioni di simmetria nella teoria quantistica secondo

Von Neumann 5

1.1 Concetti di base ed Assiomi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

1.2 Formalismo matematico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

1.3 Il teorema di Wigner . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

1.4 Trasformazioni di simmetria quantistica . . . . . . . . . . . . . 15

1.5 Simmetrie e trasformazioni di Wigner . . . . . . . . . . . . . 18

1.6 Rappresentazioni proiettive unitarie . . . . . . . . . . . . . . . 20

2 Rappresentazioni proiettive 24

2.1 Raggi di operatori e raggi di vettori . . . . . . . . . . . . . . . 24

2.2 Gruppi topologici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26

2.3 Rappresentazioni di gruppi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27

2.4 Insiemi ammissibili, fattori ed esponenti locali . . . . . . . . . 35

2.5 Fattori su gruppi connessi e semplicemente connessi . . . . . . 43

2.6 Gruppi e Algebre di Lie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48

2.7 Gruppo di Rivestimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55

2.8 Gruppo SU(2) e gruppo SO(3) . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63

3 Teorema di Mackey 74

3.1 Rappresentazioni ordinarie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74

i

Indice ii

3.2 Rappresentazioni proiettive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95

4 Applicazione del teorema di Imprimitività di Mackey 112

4.1 Applicazione al gruppo di Euclide . . . . . . . . . . . . . . . . 112

4.2 Applicazione al gruppo di Galilei . . . . . . . . . . . . . . . . 119

Appendice 124

La trattazione di Wigner sulle rappresentazioni proiettive di SO(3) 124

Denizioni preliminari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 124

Gruppo delle trasformazioni non omogenee di Lorentz . . . . . 131

Gruppo di Rappresentazioni di un Little group . . . . . . . . 137

Rappresentazioni proiettive unitarie del gruppo SO(3) . . . . . 142

Bibliograa 149

Introduzione

Agli inizi dello scorso secolo la comunità scientica riscontrò delle grosse in-

congruenze in relazione a taluni fenomeni, tra i risultati sperimentali e ciò

che la Fisica Classica prevedeva; nei principi base della Fisica Classica c'era

qualcosa che non rispecchiava la realtà. Ci si rese conto che taluni fenomeni

risultavano inspiegabili, davanti all'evidenza sperimentale dei fatti. La Fisica

Classica non era più in grado di descriverli. Tra questi l'eetto fotoelettrico,

lo spettro del corpo nero, lo spettro a righe dell'atomo di idrogeno, dove la

lunghezza d'onda variava non più con continuità ma in modo discreto. Non

era solo una questione di divergenze limitate a particolari snodi della teoria,

come avvenuto con l'avvento della relatività e la sostituzione della trasforma-

zione di Galilei, ma bensì di una inconsistenza dei principi cardine; la sica,

insomma andava del tutto cambiata e riformulata dalla base. Questo portò,

con l'ausilio e l'intervento di numerose menti brillanti, che erano in grado di

guardare aldilà delle apparenze, al passaggio dalla Fisica Classica, e quindi da

una visione di un Universo continuo e deterministico, alla Meccanica Quanti-

stica, con una visione di un Universo probabilistico e non più completamente

prevedibile. La teoria quantistica è caratterizzata dalla profonda astrazione

della rappresentazione matematica e dei suoi concetti, astrazione ancor più

evidente se messa a confronto con la Fisica Classica. Due di queste menti

furono John Von Neumann, e George W. Mackey. Von Neumann [1] stabilì

in forma coerente in pieno rigore matematico e concettuale, le basi di una

teoria quantistica; la teoria generale di Von Neumann. Gli unici fondamenti

1

Introduzione 2

di questa teoria saranno presentati nel primo capitolo di questo lavoro di tesi,

come basi per la trattazione dei capitoli successivi. Questa nuova teoria rigo-

rosa e matematicamente coerente è fondata sui concetti base di osservabile,

valore d'aspettazione e su un sistema di assiomi fondamentali. Il problema

principale nasceva dall'individuare lo spazio matematico dove astrarre i nuovi

concetti. Egli risolse il problema individuando in uno spazio di Hilbert com-

plesso e separabile H la struttura matematica su cui costruire la teoria di

un dato sistema sico. Identicò come vedremo, le osservabili nella famiglia

degli operatori autoaggiunti di questo spazio di Hilbert e identica i valori

d'aspettazione con gli operatori densità ρ. La Matematica è lo strumento

particolarmente adatto per trattare e spiegare concetti astratti di qualunque

tipo. La formulazione delle nuove leggi che caratterizzeranno questa nuova

teoria richiede quindi l'uso di una matematica rigorosa e particolare, come

quella delle trasformazioni. Infatti nell'Universo tutte le entità sono sogget-

te a trasformazioni, caratterizzate da proprietà di invarianza e covarianza

speciche rispetto a un sistema di riferimento specico. Per formalizzare e

sfruttare tali caratteristiche, nel seguito del primo capitolo svilupperemo i

concetti di simmetrie e di rappresentazione proiettiva. Ad esempio, dato un

sistema quantistico S isolato, sia presa una traslazione spaziale ~τ ; se si ap-

plica la traslazione alle procedure (apparati) di selezione e misurazione, si ha

una trasformazione biunivoca su entrambi; ciò comporta una trasformazione

sugli stati e le osservabili, in modo che se lo stato del sistema non trasformato

è descritto da ρ lo stato trasformato sarà in generale descritto da ρ′. Analo-

gamente, se l'osservabile A è rappresentata dall'operatore A ed è misurabile

con un dato apparato, l'apparato traslato misurerà una diversa osservabile

A′, rappresentata da un diverso operatore A′. Una tale trasformazione con-

giunta di stati ed osservabili produce una situazione sica correlata a quella

di partenza; se il sistema è isolato si dovrà avere vρ(A) = vρ′(A′); questa

uguaglianza caratterizza la particolare simmetria che in termini matematici

può essere tradotta in proprietà di invarianza e nel formalismo si esprime

Introduzione 3

sotto forma di uguaglianza di tracce di matrici. Per mezzo poi del Teorema

di Wigner si stabilirà che, se il sistema detiene un determinato gruppo di tra-

sformazioni di simmetria, ad esso deve corrispondere nello spazio di Hilbert

H una rappresentazione proiettiva del gruppo stesso. Si determinano così le

relazioni tra trasformazioni di Wigner e di simmetria quantistica. Grazie alla

conoscenza di tali relazioni si potrà applicare il teorema di Wigner, che le-

ga le trasformazioni di Wigner alle trasformazioni di simmetria quantistiche,

per stabilire anche l'esistenza di rappresentazioni proiettive per un gruppo

di simmetria quantistico.

Le rappresentazioni ordinarie di gruppi, ma in particolare quelle proiet-

tive, saranno alla base dell'elaborato; nel corso del capitolo 1, e ampiamente

nel capitolo 2, verranno trattate in maniera specica con diversi approcci.

Sarà denito il concetto di rappresentazione ray, con un approccio dovuto a

Bargman [5] , cosi da ricavare le varie proprietà che le caratterizzano, per

gruppi topologici di Lie connessi e semplicemente connessi. Quanto fatto

sarà applicato al termine del secondo capitolo per ricavare le rappresentazio-

ni proiettive del gruppo delle rotazioni SO(3) tramite il relativo gruppo di

rivestimento universale SU(2) per mezzo dell'isomorsmo che lega appunto

SO(3) al quoziente SU(2)/+I,−I.Un altro strumento importante presentato e utilizzato è il Teorema di

imprimitività di Mackey. Un sistema di imprimitività, non è altro che una

struttura costituita da una rappresentazione ordinaria o proiettiva, di un

gruppo di trasformazioni, e da una misura a valori di proiezione denita sul-

lo spazio base del sistema legate da una relazione di covarianza. Dato quindi

un sistema di imprimitività rispetto a un dato gruppo, il teorema di imprimi-

tività indica come costruire concretamente lo spazio di Hilbert, il sistema di

imprimitività, e la rappresentazione proiettiva di un gruppo localmente com-

patto e separabile, come rappresentazione indotta da una rappresentazione

di un suo sottogruppo chiuso. Nel capitolo 3 viene riproposto il contenuto del

lavoro di Mackey [11, 13, 15, 18] sul teorema di imprimitività e sue successive

Introduzione 4

generalizzazioni, a partire dalle rappresentazioni ordinarie, denendo il con-

cetto di rappresentazione indotta e generalizzando al caso di rappresentazioni

proiettive.

Il teorema sarà applicato al gruppo di Euclide nel capitolo 4. Infatti se

il sistema quantistico è una particella libera non relativistica, i tre operatori

corrispondenti all'osservabile posizione costituiscono un sistema di imprimi-

tività (una terna di operatori autoaggiunti legati da relazione di covarianza

con la rappresentazione citata) rispetto alla rappresentazione proiettiva del

gruppo di Euclide la cui esistenza è garantita dal teorema di Wigner. Sarà

applicato quindi il teorema per caratterizzare e scegliere in maniera certa lo

spazio di Hilbert al ne di ricavare le rappresentazioni proiettive del gruppo

di Galilei come restrizione al gruppo di Euclide che a loro volta sono ottenute

come indotte da rappresentazioni del gruppo delle rotazioni attorno all'ori-

gine, cioè SO(3). Sarà applicato il teorema di imprimitività seguendo un

approccio che conduce a individuare concretamente le rappresentazioni pro-

iettive dell'intero gruppo di Galilei, indipendentemente dal sistema, particella

o altro, che possiede tali simmetrie.

Inne l'appendice sarà dedicata alla presentazione dell'approccio dato da

Wigner [4] nel ricavare le rappresentazioni di SO(3) visto come sottogruppo

delle trasformazioni di Poincarè.

Capitolo 1

Trasformazioni di simmetria nella

teoria quantistica secondo Von

Neumann

In questo capitolo presenteremo i fondamenti concettuali e matematici della

teoria quantistica, adottando lo schema teorico di Von Neumann, che for-

nisce una teoria concettualmente e matematicamente coerente e rigorosa.

Inoltre analizzeremo come le trasformazioni di Wigner e le trasformazioni

di simmetria quantistica giocano un ruolo essenziale per stabilire l'esistenza

di rappresentazioni proiettive di un gruppo di trasformazioni di simmetria

quantistico.

1.1 Concetti di base ed Assiomi

Deniamo i concetti di osservabile e valore d′aspettazione che caratterizzano

L'approccio di Von Neumann.

Denizione 1. Osservabile:

5

CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 6

Un'osservabile di un sistema sico è una grandezza misurabile il cui valore

misurato è esprimibile mediante un numero reale.

Con O viene indicato l'insieme delle osservabili di un dato sistema sico

Denizione 2. Valore d′aspettazione :

Un valore d'aspettazione o R− function è una funzione :

v : Ov → R Ov ⊆ O;

quindi ad ogni osservabile A ∈ Ov, v fa corrispondere un numero reale v (A),

interpretato come valore d'aspettazione dell'osservabile A.Con Σ viene indicata la famiglia dei valori di aspettazione.

Il concetto di valore d'aspettazione sottintende che esso va riferito ad un

ensemble statistico; ciò comporta, in corrispondenza di ogni v ∈ Σ, l'esisten-

za di una selezione S di sistemi sici che gode della seguente:

Asserzione 1. Data una qualsivoglia osservabile A ∈ Ov, i campioni stati-stici estratti da S per misurare A possiedono valori medi delle misurazioni

di A statisticamente coerenti con il valore di aspettazione v (A).

Ovvero, quando A viene misurato su un numero N di sistemi dell'ensem-

ble, che ci daranno N valori misurati, il cui valore medio delle misurazioni

tende a v (A) per N →∞.

Osservazione 1. L'insieme dei valori d'aspettazione ha una struttura σ−convessa.

Dato quindi un insieme numerabile v1, v2, . . . di valori d'aspettazione,per ogni famiglia µk |

∑k µk = 1, esiste v =

∑k µkvk denita suOv = ∩kOvk ;

v rappresenta quindi una miscela statistica degli ensembles descritti dai vi,

CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 7

con i rispettivi pesi statistici µi

Osservazione 2. Data un'osservabile A e una funzione numerica f , si può

denire una nuova osservabile B, indicata con f (A), con la seguente inter-

pretazione:

Il valore b di B = f (A) si ottiene misurando A e applicando al risultato a,

la funzione f : quindi b = f (a) ; A ed f (A) misurano la stessa grandezza ma

con scala diversa se f risulta iniettiva .

Il concetto di osservabile e valore d'aspettazione sono regolati dai seguenti

assiomi caratterizzanti lo schema di Von Neuman, che stabiliscono una stret-

ta relazione tra la struttura algebrica naturale delle osservabili e la struttura

algebrica matematica degli operatori nello spazio di Hilbert.

ASSIOMA 1

Dato un sistema sico a cui si applicano i concetti sici di osservabile e

di valore d'aspettazione, esiste uno spazio di Hilbert complesso e separabile

H tale che ad ogni osservabile A ∈ Ov corrisponde un unico operatore au-

toaggiunto A di H; la corrispondenza è biunivoca.

ASSIOMA 2

Data un'osservabile A e una funzione numerica f se ad A viene as-

segnato l'operatore autoaggiunto A allora ad f(A) corrisponde l'operatore

f (A) =´f (λ) dEλ dove Eλ è la risoluzione dell'identità di A.

Questo assioma fa uso del teorema della rappresentazione spettrale per ope-

ratori autoaggiunti.

ASSIOMA 3

Siano A e B due osservabili alle quali corrispondono due operatori autoag-

giunti A e B allora esiste una terza osservabile C = A+B a cui corrisponde

CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 8

l'operatore autoaggiunto C = A + B .

ASSIOMA 4

Se A è non negativa, ovvero i possibili risultati di una misurazione di Asono non negativi, allora v (A) ≥ 0 per ogni valore d'aspettazione v tale che

A ∈Ov.

ASSIOMA 5

Per ogni valore d'aspettazione v se a e b, sono costanti reali e A e B due

osservabili, allora v (aA+ bB) = av (A) + bv (B).

1.2 Formalismo matematico

Come fatto tramite gli assiomi per il concetto sico di osservabile, al qua-

le abbiamo associato la struttura matematica corrispondente agli operatori

autoaggiunti, analogamente possiamo associare al valore d'aspettazione una

struttura matematica che risulta essere quella degli operatori densità.

Denizione 3. Un operatore

ρ : H → H

tale che ρ ≥ 0 (ovvero < ψ | ρψ >≥ 0 ∀ψ ∈ H ) e Tr (ρ) = 1 è detto

operatore densità.

La famiglia degli operatori densità è indicata con il simbolo L1+ (H) .

L'operatore densità è legato al valore d'aspettazione tramite il seguente

teorema.

Teorema 1. Per ogni valore d'aspettazione esiste un unico operatore densità

ρ tale che

v (A) = Tr (ρA) ∀A ∈ Ov;

CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 9

dove A è l'operatore autoaggiunto associato all'osservabile A.

Osservazione 3. L1+ (H) ha una struttura convessa, ovvero:

∀A,B ∈ L1+ (H) ⇒ λA+ (1− λ)B ∈ L1

+ (H) .

Operatori di questo genere di cui faremo largo utilizzo sono gli operatori

proiezione di rango 1.

Denizione 4. Un operatore proiezione di rango 1 è un operatore:

P : H → H

che risulta un proiettore ortogonale che proietta su un sottospazio di

dimensione 1.

Sia dato ϕ ∈ H, con ‖ϕ‖ = 1; indicando con Sp (ϕ) = λϕ | λ ∈ C ilsottospazio generato da ϕ, deniamo il proiettore di rango 1, Pϕ come

Pϕψ =< ϕ | ψ > ϕ.

Usando come notazione quella di Dirac [2] si può ottenere l'espressione

equivalente:

Pϕ | ψ >=| ϕ >< ϕ | ψ > .

Possiamo indicare la famiglia dei proiettori di rango 1 con:

Π1 (H) = Pϕ =| ϕ >< ϕ |, ϕ ∈ H, ‖ϕ‖ = 1.

Osservazione 4. Due vettori di stato in uno spazio di Hilbert H che dieri-

scono per un fattore di fase individuano lo stesso proiettore di rango 1, ovvero

CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 10

dati ϕ e φ tali che φ = eiαϕ in H allora:

Pφ | ψ >=| eiαϕ >< eiαϕ | ψ >

= eiαe−iα | ϕ >< ϕ | ψ >

=| ϕ >< ϕ | ψ >= Pϕ | ψ >⇒ Pφ = Pϕ.

Denizione 5. Un operatore densità è detto puro se

ρ = λρ1 + (1− λ) ρ2 con 0 < λ < 1 ⇒ ρ1 = ρ2 = ρ;

Dal fatto che ogni stato quantistico può essere espresso come combina-

zione convessa di proiettori di rango 1, i puri sono proprio quelli che non

possono essere decomposti ulteriormente.

Teorema 2. Una caratterizzazione per gli stati puri risulta

ρ e puro ⇐⇒ ρ =| ψ >< ψ | .

Se | ψ >< ψ | è uno stato puro, ψ è detto vettore di stato

Secondo lo schema di Von Neumann non si può sempre avere la possibilità

di misurare più osservabili nello stesso esemplare del sistema sico. Viene

individuata [1] una condizione di commisurabilità che va vericata

Condizione di commisurabilita

Siano date due osservabili A e B esse sono entrambe misurabili sullo

stesso esemplare del sistema sico se è soltanto se

[A,B] = AB −BA = 0.

CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 11

1.3 Il teorema di Wigner

In questa sezione introdurremo il concetto di trasformazione di Wigner, e i

legami con il concetto di simmetria quantistica del sistema. Il teorema di

Wigner darà una rappresentazione di questo tipo di trasformazioni.

Denizione 6. Dati due spazi di Hilbert H e H′, entrambi complessi e

separabili, si denisce trasformazione di Wigner, un'applicazione:

S : Π1 (H)→ Π1 (H′) ,

P → P ′ = S (P ) ,

che gode delle seguenti proprietà:

1. S è biunivoca;

2. Tr (P1P2 ) = Tr (S (P1)S (P2)).

Osservazione 5. Consideriamo un operatore unitario:

U : H → H′;

esso agisce sui vettori di stato modicandoli :

U | ϕ >=| ϕ′ >;

si avrà quindi una trasformazione unitaria che soddisfa la proprietà:

< ϕ1 | ϕ2 >H=< Uϕ1 | Uϕ2 >H′ ∀ϕ1, ϕ2 ∈ H.

CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 12

Inoltre il vettore di stato di partenza | ϕ > individua univocamente il

proiettore P =| ϕ >< ϕ |, di rango 1 e analogamente deniamo tramite lo

stato di arrivo il proiettore P =| ϕ′ >< ϕ′ |; possiamo quindi denire una

trasformazione di Wigner nel seguente modo:

SU : Π1 (H)→ Π1 (H′) ;

Pϕ =| ϕ >< ϕ |→ Pϕ′ = SUPϕ =| ϕ′ >< ϕ′ |;

infatti, SU verica le proprietà:

1. SUè biunivoca tra le due famiglie di proiettori per l'unitarietà di U ;

2. L'uguaglianza tra le tracce è anche vericata considerando il valore di

aspettazione di una generica osservabile nella forma:

Tr (A) =∑k

< uk | A | uk >;

dove deniamo A = P1P2 con P1 =| ψ1 >< ψ1 | e P2 =| ψ2 >< ψ2 |;avremo:

Tr (P1P2) =∑k

< uk | P1P2 | uk >

=∑k

< uk | ψ1 >< ψ1 || ψ2 >< ψ2 | uk >;

prendendo | u1 >=| ψ1 > e | u1+k >⊥| ψ1 > (poiché la traccia è

indipendente dalla scelta della base | uk >) la relazione risulterà:

Tr (P1P2) = |< ψ1 | ψ2 >|2 ;

a questo punto considerando gli stati di arrivo P ′1 =| ψ′1 >< ψ′1 | eP ′2 =| ψ′2 >< ψ′2 | con | ψ′1 >=| Uψ1 >∈ H′ e | ψ′2 >=| Uψ2 >∈ H′ (di

CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 13

conseguenza SU (P 1) = P ′1 e SU (P 2) = P ′2) dall'unitarietà di U avremo:

Tr(SU (P 1)SU (P 2)

)=∣∣< ψ′1 | ψ′2 >2

∣∣ = |< Uψ1 | Uψ2 >|2

= |< ψ1 | ψ2 >|2 = Tr (P1P2) ;

quindi SU è trasformazione di Wigner.

Da tutto questo possiamo derivare, come vedremo meglio in avanti, anche

che ogni operatore unitario U oltre a indurre una trasformazione di Wigner

induce anche simmetrie quantistiche.

Teorema 3. Teorema di Wigner

Se S è una trasformazione di Wigner allora

1. Esiste un operatore U unitario o antiunitario tale che:

S (P ) = UPU−1;

2. L'operatore U è unico a meno di un fattore di fase ovvero se esiste

un operatore V unitario o antiunitario tale che S (P ) = VPV−1 allora

U = eiαV per qualche α ∈ R.

La 2 si ha proprio perché l'operatore U che genera la trasformazione di Wi-

gner è unico a meno di un fattore di fase, cioè U e eiαU generano la stessa

trasformazione SU = SeiαU .

In denitiva abbiamo visto che dato un operatore unitario U esso induce

una trasformazione di Wigner; con il teorema di Wigner abbiamo dato una

caratterizzazione del viceversa: data quindi una trasformazione di Wigner

abbiamo che esisterà una famiglia di operatori, che in questo caso potran-

no essere unitari o antiunitari e che dieriscono per un fattore di fase, che

realizzano le trasformazioni come

S (P ) = UPU−1.

CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 14

Diamo ora una formulazione del teorema di Wigner in termini di raggi di

vettori, che ci risulterà utile in seguito.

Denizione 7. Raggio di uno spazio di Hilbert

Sia H uno spazio di Hilbert e siano ϕ e ψ due vettori appartenenti ad Hcon il loro prodotto interno < ϕ | ψ >= < ψ | ϕ >. Per Raggio di vettori si

intende la famiglia di tutti i vettori che dieriscono tra loro per un fattore

di fase; ovvero se ψ0 ∈ H il raggio Rψ0 generato da ψ0 è l'insieme di tutti i

vettori della forma τ | ψ0 > con τ scalare di modulo 1:

Rψ0 = | ψ > : ψ = τ | ψ0 >, |τ | = 1 .

Osservazione 6. Se | ψ0 > è unitario tutta la famiglia Rψ0 sarà detta unita-

ria; indichiamo con R (H) l'insieme di tutti i raggi unitari di H; ogni vettore

| ψ > appartenente ad esso è un rappresentante di Rψ.

Siano dati ora due raggi Rψ e Rϕ deniamo il prodotto tra due raggi

come:

Rψ · Rϕ = |< ϕ | ψ >| , ϕ ∈ Rϕ, ψ ∈ Rψ;

esso è indipendente dai rappresentanti; inoltre deniamo la distanza tra i

raggi come:

d (Rψ,Rϕ) =√

2 (1−Rψ · Rϕ). (1.1)

Dati | ψ >, | ϕ >∈ R ∈ R (H) si ha che | ϕ >< ϕ |=| ψ >< ψ |;ogni raggio unitario corrisponde quindi a un proiettore di rango 1, ovvero

Rψ = R (| ψ >< ψ |) è il raggio che corrisponde al proiettore | ψ >< ψ |mentre P (Rψ) =| ψ >< ψ | è il proiettore che corrisponde al raggio unitarioRψ.

CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 15

Osservazione 7. Notiamo che

1− (Rψ · Rϕ)2 = d2

(1− 1

4d2

)5 d2. (1.2)

Il teorema di Wigner ammette la seguente formulazione equivalente al

teorema (3).

Teorema 4. Teorema di Wigner

Data una trasformazione di Wigner S : Π1 (H)→ Π1 (H′) , sia:

T : R (H)→ R (H′) ;

Rψ → Tψ = R (S (| ϕ >< ϕ |)) ;

la trasformazione T è biunivoca e tale che

ψ1 ∈ Rψ1 , ψ2 ∈ Rψ2 ⇒< ψ1 | ψ2 >=< ψ′1 | ψ′2 >, ψ′1 ∈ Tψ1 , ψ′2 ∈ Tψ2 ;

allora avremo che:

1. Esiste un operatore U unitario o antiunitario tale che Uψ ∈ Tψ, ∀ψ ∈H;

2. L'operatore U è unico a meno di un fattore di fase: se V : H → H′ è unoperatore unitario o antiunitario tale che Vψ ∈ Tψ ∀ψ ∈ H, ‖ψ‖ = 1,

allora esiste α ∈ R tale che V = eiαU .

1.4 Trasformazioni di simmetria quantistica

Le simmetrie quantistiche giocano un ruolo essenziale nella teoria quantisti-

ca; esse, insieme al teorema di Wigner, permettono di derivare, come vedre-

mo, anche rappresentazioni proiettive. Per capire di cosa si tratta quando

si parla di simmetrie quantistiche prendiamo in considerazione un sistema

CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 16

quantistico S isolato e consideriamo una traslazione spaziale; se applichiamo

la traslazione alle procedure (apparati) di selezione e misurazione avremo

una trasformazione biunivoca su essi; ciò comporta una trasformazione sugli

stati e le osservabili, perché se lo stato del sistema non trasformato è descritto

da ρ, lo stato trasformato sarà in generale descritto da un diverso operatore

ρ′ = S1 (ρ). La traslazione può agire però anche sulle osservabili. Infatti se

l'osservabile A, è rappresentata dall'operatore A, è misurabile con un dato

apparato, l'apparato traslato misurerà una diversa osservabile A′, rappresen-tata da un diverso operatore A′. La trasformazione comporta l'esistenza di

due corrispondenze,

ρ→ ρ′ = S1 (ρ)

e

A → A′ = S2 (A) .

Una tale trasformazione congiunta di stati ed osservabili produce una situa-

zione sica correlata a quella di partenza; quindi dovrà valere per forza di

cose l'uguaglianza vρ (A) = vρ′ (A′); questa uguaglianza in particolare carat-

terizza come simmetria una trasformazione biunivoca di stati e osservabili.

Osservazione 8.

L'uguaglianza vρ (A) = vρ′ (A′) come proprietà di invarianza dal punto di

vista matematico si esprime nel modo seguente:

< ϕ | A | ϕ >=< ϕ′ | A′ | ϕ′ >⇒ Tr (PA) = Tr (S1 (P )S2 (A)) ;

Valgono le seguenti proprietà,

Proprieta 1.1

ρ = λ1ρ1 + λ2ρ2 ⇒ S1 (ρ) = λ1S1 (ρ1) + λ2S1 (ρ2) ;

CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 17

ciò implica che la trasformazione S1 è completamente determinata dalla sua

restrizione agli stati puri.

Proprieta 1.2

Una trasformazione di simmetria quantistica preserva anche le relazioni fun-

zionali; ovvero data una funzione numerica f :

f (A)′ = f (A′)↔ f (A)′ = f (A′) ;

essa è importante poiché fa sì che proiettori ortogonali vengano trasformati

in proiettori ortogonali. Basta considerare la funzione f (λ) = λ2; allora

E ′2 = f (E ′) = f (E)′ =E2′

= E ′.

Denizione 8. Dato un sistema quantistico descritto nello spazio di Hilbert

H una trasformazione di simmetria quantistica è una coppia di trasforma-

zioni biunivoche (S1, S2):

S1 : Σ→ Σ,

S2 : Aut (H)→ Aut (H) ,

tali che:

1. Tr (ρA) = Tr (S1 (ρ)S2 (A));

2. S2 (f (A)) = f (S2 (A)).

Proposizione 1. Se (S1, S2) è una trasformazione di simmetria quantistica,

le rispettive restrizioni di S1 e S2 agli stati puri e ai proiettori ortogonali

soddisfano le seguenti proprietà:

1. S1 (Π1 (H)) ⊆ Π1 (H) , S2 (Π (H)) ⊆ Π (H);

CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 18

2. Le restrizioni S1 : Π1 (H) → Π1 (H) e S2 : Π (H) → Π (H) sono

biunivoche.

3. Tr (PE) = Tr (S1 (P )S2 (E)).

Dove Π (H) = E ∈ Aut (H) | E : H → H, E2 = E insieme dei proiettori

ortogonali che fa parte degli autoaggiunti

Proposizione 2. Se una coppia di trasformazioni (S1, S2) che soddisfa le

tre condizioni della precedente proposizione, allora essa si può estendere a

una trasformazione di simmetria quantistica; basta denire, ∀ ρ =∑

k λkPk

e ∀A =´λdEλ,

S1 (ρ) =∑k

λkS1 (Pk)

S2 (A) =

ˆλdS2 (Eλ)

e vericare che le proprietà della denizione (8) sono soddisfatte.

1.5 Simmetrie e trasformazioni di Wigner

Le trasformazioni di Wigner e le trasformazioni di simmetria, pur essendo

concetti dierenti in realtà coincidono.

Teorema 5. Se S : Π1 (H) → Π1 (H) è una trasformazione di Wigner,

allora la coppia (S1S2), dove S1 = S e S2 (E) =∑

j∈N S1 (Qj), dove Qj ∈Π1 (H) e

∑j∈NQj = E è una trasformazione di simmetria quantistica.

Lemma 1. In una trasformazione di simmetria quantistica

P ≤ E ⇔ S1 (P ) ≤ S2 (E) ∀P ∈ Π1 (H) , ∀E ∈ Π (H) .

CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 19

Teorema 6. Una qualsiasi trasformazione di simmetria quantistica (S1, S2)

è ricostruibile dall'applicazione S1 che è una trasformazione di Wigner.

Corollario 1. Corollario del teorema di Wigner

Sia (S1, S2) una trasformazione di simmetria quantistica allora:

1. esiste un operatore U unitario o antiunitario tale che

S1 (P ) = UPU−1 ∀P ∈ Π1 (P ) ,

S2 (E) = UEU−1 ∀E ∈ Π (P ) ;

2. se la 1 continua a valere per un altro operatore V unitario o antiunitario

allora risulterà V = eiαU .

Corollario 2. Supponiamo che un gruppo G, munito di una operazione bi-

naria ′′·′′ ed elemento neutro e, sia un gruppo di trasformazioni di simmetria

quantistiche per un sistema sico S descritto nello spazio di Hilbert H; datoun elemento g = g1g2 ∈ G e sia data l'applicazione g → Ug lineare di g si hache

Ug1Ug2 = ω (g1, g2)Ug1g2 ;

dove ω (g1, g2) è un numero complesso di modulo 1.

Questa asserzione si deduce dal teorema di Wigner: dall'uguaglianza

Sg1g22 (E) = Sg12 [Sg22 (E)] ,

essendo l'insieme delle trasformazioni un gruppo, si ottiene

Ug1g2EU−1g1g2

= Ug1Ug2EU−1g2U−1g1

;

CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 20

pertanto Ug1g2 e Ug1Ug2 dieriscono per un fattore di fase. Quindi ad un grup-

po di trasformazioni di simmetrie corrisponde una rappresentazione proiet-

tiva.

Denizione 9. Sia G un gruppo e H uno spazio di Hilbert (complesso o

separabile) una rappresentazione proiettiva di G su H è un'applicazione:

G 3 g → Ug, e→ Ue = I,

in cui Ug sono operatori unitari o antiunitari e vale:

Ug1Ug2 = ω (g1, g2)Ug1g2 ∀g1, g2 ∈ G;

con |ω (g1g2)| = 1, ω (g1g2) ∈ C.

Asserzione 2. Se vale che ω (g1g2) = 1, ∀g1, g2 avremo che la rappresenta-

zione proiettiva è una rappresentazione (ordinaria) del gruppo.

Inoltre vale la seguente

Asserzione 3. Il fattore di fase nella rappresentazione proiettiva può essere

scritto in termini di una funzione reale f , ovvero:

ω (g1, g2) = eif(g1, g2);

naturalmente da ω (e, g) = ω (g, e) = 1 ho che f (e, g)) = f (g, e) + 2kπ, ∀g.

1.6 Rappresentazioni proiettive unitarie

Diamo una denizione di rappresentazione proiettiva unitaria di un gruppo

G su H.

CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 21

Denizione 10. Se G è un gruppo e H è spazio di Hilbert complesso e sepa-

rabile, una rappresentazione proiettiva unitaria di G su H è un'applicazione:

G 3 g → Ug,

e→ Ue = I,

in cui ogni Ug è un operatore unitario e:

Ug1Ug2 = ω (g1g2)Ug1g2 ∀g1, g2 ∈ G;

con |ω (g1g2)| = 1, ω (g1g2) ∈ C,

Sia H uno spazio di Hilbert complesso e sia G un gruppo; se ogni g ∈ G è il

prodotto di un numero nito di trasformazioni,

g = g1, g2, . . . gn ∈ G,

in cui ogni gk ammette una radice quadrata, ovvero esiste pk ∈ G tale che

gk = pk ·pk per ogni k = 1 . . . n, allora gli operatori che una rappresentazione

proiettiva associano agli elementi g ∈ G sono tutti unitari.

Pertanto, se G è un gruppo di trasformazioni di simmetria quantistica, ogni

operatore Ug, che realizza la trasformazione corrispondente a ogni g ∈ G, èunitario.

Esempio 1. Se G è un gruppo ad un parametro reale additivo gli operatori

Ug : H → H sono tutti unitari poiché in questo caso avremo che dalla

proprietà di rappresentazione proiettiva

Ug(x)Ug(y) = ω (x, y)Ug(x+y) :

CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 22

siccome x = x/2 + x/2 otteniamo:

Ug(x) =Ug(x/2)Ug(x/2)

ω (x/2, x/2)=

(Ug(x/2)

)2

ω (x/2, x/2);

Pertanto Ug(x) è unitario perché(Ug(x/2)

)2è unitario, in quanto è il prodotto

di due operatori entrambi unitari o antiunitari.

Faremo vedere ora che le rappresentazioni proiettive di un gruppo ad un

parametro reale additivo (R; +) possono essere ricondotte sempre a rappre-

sentazioni ordinarie. Questo si ottiene formalmente dal teorema di Stone.

Denizione 11. In uno spazio di Hilbert H, una rappresentazione proiettivaU di (R; +), si dice dierenziabile se esiste una varietà lineare D densa in

H per cui converge in H il limite:

lim4x→0

U (x+4x)− U (x)

4xψ =

dU (x)

dxψ,

per ogni ψ ∈ D. D è il dominio di dierenziabilità di U .

Lemma 2. SiaH uno spazio di Hilbert. Se x→ U (x) è una rappresentazione

proiettiva di (R,+) dierenziabile su D, allora l'operatore B : D → H tale

che

Bψ =dU (x)

dx |x=0

ψ;

B è un operatore lineare antihermitiano.

Teorema 7. Teorema di Stone

Sia x→ U(x) una rappresentazione proiettiva di un gruppo ad un parame-

tro reale additivo (R,+); se essa è dierenziabile allora esistono un operatore

hermitiano A = A∗ e φ (x) = 1, tale che denendo V(x) = φ(x)U(x) allora

si ha :

1. V ′(x) = iAV(x) ;

CAPITOLO 1. Trasformazioni di simmetria 23

2. V(x) = eiAx;

3. V(x+ y) = V(x)V(y).

Cioè V è una rappresentazione ordinaria di (R,+).

Osservazione 9. Se Utt∈R è un gruppo unitario ad un parametro fortemen-

te continuo su H esiste, ed è unico, un operatore autoaggiunto A : D(A)→H (con D(A) denso in H) tale che:

eitA = Ut ∀t ∈ R;

Inoltre l'operatore A che soddisfa la relazione sopra è detto generatore au-

toaggiunto di Ut. Per cui questo ci dice che un generatore di un gruppo ad

un parametro unitario deve essere autoaggiunto. [3]

Capitolo 2

Rappresentazioni proiettive

2.1 Raggi di operatori e raggi di vettori

Riprendiamo ora alcuni concetti chiave per poter denire in modo più comodo

e diverso, una rappresentazione proiettiva, ovvero quelli di raggio di vettori

e raggio di operatori. Il concetto di raggio di vettori è stato introdotto con

la denizione (7) di Rψ.

Possiamo dedurre il seguente lemma, che permette di denire un prodotto

scalare continuo tra questi oggetti:

Lemma 3. Il prodotto scalare tra raggi di vettori, denito da

Rψ · Rϕ = |< ϕ | ψ >| , ϕ ∈ Rϕ, ψ ∈ Rψ;

è continuo in entrambi i fattori rispetto la metrica denita nella denizione

(7)

Analogamente alla denizione di raggio di vettori possiamo dare quella

di raggio di operatori nel seguente modo:

Denizione 12. Un raggio di operatori U è la famiglia di operatori unitari

o antiunitari di H della forma τU0 dove U0 è un ssato operatore e τ un

24

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 25

numero complesso di modulo unitario, τ ∈ K, (numeri complessi di modulounitario); ogni operatore U ∈ U sarà detto rappresentante del raggio U.

Osservazione 10. Un raggio di operatori sarà unitario se i rispettivi rappre-

sentanti risultano unitari.

Possiamo denire su questa famiglia di operatori un prodotto nel seguente

modo:

Denizione 13. Il prodotto UV di due raggi di operatori U, V è:

UV = UV | U ∈ U,V ∈ V;

di conseguenza, indicando con 1 il raggio che contiene l'operatore unità,

l'inverso di un raggio U, ovvero U−1 è il raggio tale che

UU−1 = U−1U = 1.

Relazionando questi due nuovi elementi appena deniti, possiamo denire

un prodotto che li lega come:

Denizione 14. Il prodotto URψ tra un raggio di operatori U e un raggio

di vettori Rψ è il raggio di vettori

Uψ | U ∈ U, ψ ∈ Rψ .

Da quanto detto nelle precedenti denizioni deriviamo un prodotto scalare

nel seguente modo:

URψ ·URϕ = RψRϕ

e di conseguenza si ha anche l'uguaglianza tra le metriche corrispondenti .

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 26

2.2 Gruppi topologici

Nel corso della trattazione prenderemo in considerazione una particolare ca-

tegoria di gruppi, i gruppi topologici; diamone ora la denizione e alcune

caratteristiche.

Denizione 15. Un insieme G è detto essere gruppo topologico se:

1. G è un gruppo ,

2. G è uno spazio topologico,

3. l'operazione composizione del gruppo G,

: G×G 3 (r, s)→ r s ∈ G

e di inversione

G 3 r → r−1

sono funzioni continue rispettivamente rispetto alla topologia prodotto

G×G ed alla topologia di G.

Dati due gruppi topologici si denisce un isomorsmo tra essi come segue:

Denizione 16. Un'applicazione f da un gruppo G in un gruppo G′ è detta

isomorsmo se:

1. f risulta uno a uno

2. f preserva l'operazione del gruppo, ovvero

f(x y) = f(x) f(y);

nel caso in cui G = G′ la corrispondenza sarà detta automorsmo.

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 27

2.3 Rappresentazioni di gruppi

Consideriamo ora il caso in cui siamo in presenza di un gruppo G che può

essere interpretato come gruppo di trasformazioni che agisce su un sistema

quantistico, così da arrivare all'idea, formalizzata nel paragrafo 1.4, che esiste

una rappresentazione di G in termini di automorsmi che descrivono l'azione

del gruppo di trasformazioni G sugli stati quantistici del sistema S.

Denizione 17. Sia S un sistema quantistico descritto nello spazio di Hilbert

H. Sia G un gruppo che ammette un omomorsmo gruppale iniettivo

G 3 g →(S(1)g , S(2)

g

)dati in termini di trasformazioni di simmetria quantistiche

S(1)g : Π1(H)→ Π1 (H) ,

S(2)g : Π(H)→ Π (H) .

In questo caso diremo che G è un gruppo di simmetria di S se la corrispon-

denza G 3 g →(S

(1)g , S

(2)g

)ha le seguenti proprietà:

Tr(S(1)g (ρ)S(2)

g (E))

= Tr (ρE) e S(k)g1g2

= S(k)g1 S(k)

g2.

Denizione 18. Per il teorema 6, si ha

S(1)g (ρ) = Ug (ρ)U−1

g

S(2)g (E) = UgEU

−1g :

pertanto G è un gruppo di simmetria se

g → Sg ≡ S(1)g

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 28

soddisfa

Sg1g2 = Sg1 Sg2 .

In questo caso chiameremo la corrispondenza g → Sg rappresentazione di

simmetria.

Osservazione 11. L'applicazione G 3 g → Skg è certamente una rappresen-

tazione di simmetria, ma non possiamo parlare di linearità poiché le Sg non

lo sono; come visto in precedenza ad ogni trasformazione di simmetria quanti-

stica corrisponde un operatore unitario (lineare) o antiunitario Ug : H → Hche soddisfa

Sg (ρ) = UgρU−1g .

Sorge la domanda se la rappresentazione G 3 g → Ug sia una vera e propria

rappresentazione (anti)lineare di G in termini di operatori in B (H) antiuni-

tari o unitari. Ed inoltre se l'applicazione g → Ug sia omomorsmo gruppale

che conservi la struttura di gruppo, ovvero se

Ugg′ = UgUg′ , Ue = I, Ug−1 = (Ug)−1 ∀g, g′ ∈ G;

in generale la risposta è negativa: come visto nel precedente capitolo, vale in

generale la relazione

ω (g, g′)Ugg′ = UgUg′ ∀g, g′ ∈ G

dove ω (g, g′) ∈ C e ha modulo |ω (r, s)| = 1.

Come visto, in questo caso troveremo una rappresentazione proiettiva; e

nel caso siamo in presenza di operatori unitari, che rappresentano gli elemen-

ti del gruppo, avremo rappresentazione unitaria proiettiva di G su H .

Osservazione 12. La rappresentazione di simmetria sugli stati puri indivi-

duata da G 3 g → Ug(·)U−1g si dice essere indotta dalla rappresentazione

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 29

unitaria proiettiva.

Come si è voluto far osservare dalle denizioni date:

Osservazione 13. La dierenza sostanziale tra rappresentazioni di simme-

tria, proiettive unitarie e unitarie, risulta che le prime agiscono su Π1 (H) e

rappresentano gruppi di simmetrie; inoltre non contengono scelte arbitrarie

senza signicato sico; le seconde e terze agiscono su H, inducono rappre-

sentazioni di simmetria e sono aette da scelte arbitrarie, nella denizione

delle fasi degli operatori unitari che la deniscono.

Denizione 19. Due rappresentazioni proiettive unitarie su H e H′ sonodette equivalenti se esiste un operatore unitario V : H → H′ è una funzione

χ : g → χ (g) ∈ K (dove con K indichiamo i numeri complessi di modulo 1)

, tale che

χ (g)VUgV−1 = U ′g ∀g ∈ G,

questa relazione è simmetrica riessiva e transitiva .

Facendo riferimento alla denizione di raggio di operatori possiamo dar-

ne una trattazione alternativa di quanto detto parlando in questo caso di

rappresentazione ray nel seguente modo

Denizione 20. Una rappresentazione ray di un gruppo G è una applica-

zione

G 3 r → Ur

che ad un elemento di G associa un operatore raggio tale per cui

Urs = UrUs.

I gruppi sui quali lavoreremo saranno gruppi topologici continui.

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 30

Dal punto di vista delle simmetrie possiamo formulare la seguente:

Denizione 21. Si consideri un sistema quantistico S descritto sullo spazio

di Hilbert H. Sia G gruppo topologico che ammette una rappresentazione di

simmetria G 3 r → Sr che soddisfa

limr→r0

Tr (E1Sr (E2)) = Tr (E1Sr0 (E2))

per ogni r0 ∈ G e ogni E1, E2 ∈ Π1 (H) in tal caso G è detto gruppo topologico

di simmetria per S e G 3 r → Sr rappresentazione di simmetria continua su

Π1 (H) .

Una rappresentazione ray di un gruppo G analogamente è chiamata con-

tinua se è vericata la seguente condizione di forte continuità.

Denizione 22. Continuita forte. L'applicazione G 3 r → Ur è forte-

mente continua se per ogni raggio Rψ ed ogni ε, esiste un intorno N di r in

G tale che (v. eq (1.1))

d (UsRψ,UrRψ) < ε

Se r → Ur è una rappresentazione ray, essa è fortemente continua se la con-

dizione precedente vale se s ∈ N, per r = e.

Osservazione 14. La denizione precedente è equivalente alle denizione di

continuità data da Wigner [4]

Notiamo che dalla denizione di rappresentazione ray segue.

Osservazione 15. Considerando un rappresentante Ur ∈ Ur risulta che

UrUs = ω (r, s)Urs

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 31

dove con ω viene indicato un numero complesso di modulo 1 dipendente da

r e s, come si può notare ne deriviamo la denizione di rappresentazione

proiettiva precedentemente data.

Osservazione 16. L'applicazione r → Ur denisce quindi una rappresen-

tazione a meno di un fattore di fase; questo fattore risulta essere dipende

dalla scelta del rappresentante scelto; infatti, preso un altro rappresentante

U ′r avremo

U ′r = φ (r)Ur,

ω′ (r, s) = φ (r)φ (s)ω (r, s)

φ (ss),

I due fattori ω e ω′ sono chiamati equivalenti; possiamo derivare una classe

di fattori equivalenti dicendo che gli ω e ω′ che corrispondono a diverse scel-

te di rappresentanti sono equivalenti; quindi una data rappresentazione ray

denisce unicamente soltanto una classe di fattori equivalenti.

Possiamo legare i due punti di vista considerati, considerando ora un

sistema sico S descritto in H , un suo gruppo di simmetria topologico G

che ammette una rappresentazione di simmetria

G 3 r → Sr

che da luogo ad una rappresentazione proiettiva unitaria

G 3 r → Ur.

É evidente che essa risulta fortemente continua allora G 3 r → Sr è continua

poiché soddisfatta la denizione (21).

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 32

Se E1 =| ψ1 >< ψ1 | e E2 =| ψ2 >< ψ2 |

tr(E1UgE2U∗g

)= |< ψ1 | Ugψ2 >| → |< ψ1 | Ug0ψ2 >| =

= tr(E1Ug0E2U∗g0

)se g → g0.

Un problema interessante è il viceversa: ottenere una rappresentazione uni-

taria proiettiva che sia fortemente continua (Urψ → Ur0ψ se r → r0 per ogni

ψ ∈ H) nel caso generale è dicile; esiste però un risultato, nel caso locale

dovuto a Wigner. Si può mostrare [3] che se G è gruppo di simmetria to-

pologico e G 3 r → Sr è la corrispondente rappresentazione di simmetria

continua, allora è possibile ssare i moltiplicatori (oppure scegliere dei rap-

presentanti opportuni) cosicché r → Ur è fortemente continua in un intorno

N dell'elemento neutro e; inoltre i moltiplicatori risultano continui in un dato

intorno.

Enunciamo un teorema interessante

Teorema 8. Si consideri il sistema quantistico S descritto nello spazio di

Hilbert H e sia G un gruppo topologico con rappresentazione di simmetria

continua G 3 r → Sr; esistono un intorno aperto N ⊂ G dell'elemento neutro

e ed una rappresentazione unitaria proiettiva associata a S , G 3 r → Ur

che è continua su N nella topologia operatoriale forte. Il moltiplicatore

ω (r, s) = U−1rs UrUs

per ogni r,s risulta essere una funzione continua in un intorno aperto N′ di

e con N′ ·N′ ⊂ N. (Dimostrazione v. [3]).

Un risultato analogo si ha per le rappresentazioni ray.

Teorema 9. Sia Ur una rappresentazione ray continua di un gruppo G. Per

ogni r in un opportuno intorno aperto N0 dell'elemento unità e di G, si può

selezionare un insieme di rappresentanti fortemente continui Ur ∈ Ur, cioè

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 33

tale che per ogni vettore ψ ∈ Rψ , ogni r ∈ N0 ed ogni positivo ε esiste un

intorno N di r tale che

‖Usψ − Urψ‖ < ε

se s ∈ N .

Un insieme di operatori che verica la condizione del teorema è detto

insieme ammissibile di rappresentanti

Dimostrazione. Procediamo per passi

(1) Denizione di Ur . Sia Rη un raggio ssato e η un suo rappresentante.

Poniamo %r = Rη · UrRη . Dal fatto che il prodotto scalare è continuo

in entrambi i fattori e dalla condizione di forte continuità (denizione 22)

abbiamo che %r è funzione continua di r inoltre %e = 1 . Di conseguenza si

può scegliere un ssato α tale che 0 < α < 1, un intorno N0 di e tale che

α < %r ≤ 1 per ogni r ∈ N0. Quindi selezioniamo un unico determinato

rappresentante Ur ∈ Ur, con r ∈ N0 si avrà

< η | Urη >= %r = Rη ·UrRη,

con (%r > α) e chiaramente Ue = 1.

(2) Relazione ausiliaria. Sia ψ ∈ Rψ; poniamo

(a) dr,s(ψ) = d (UrRψ | UsRψ) ; (b) σr,s(ψ) =< Urψ | Usψ >= UrRψ ·UsRψ;

(2.1)

(c) zr,s(ψ) =,Usψ − σr,s(ψ)Urψ. (2.2)

Evidentemente zr,s(ψ) è ortogonale a Urψ , e quindi dalla proprietà della

distanza (1.2)

‖zr,s(ψ)‖2 = 1− |σr,s(ψ)|2 ≤ dr,s(ψ)2 (2.3)

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 34

(3) Continuità di Ur. Procediamo in due passi . Poniamo inizialmente

ψ = η. Da (2.1c) e dal punto (1) si ha

< η | zr,s(η) >=< η | Us(η) > −σr,s(η) < η | Ur(η) >= %s − σr,s(η)%r;

quindi

1− σr,s(η) =1

%r%r − %s+ < η | zr,s(η) > .

Dalla continuità del prodotto scalare in entrambi i membri otteniamo |%r − %s| ≤dr,s(η). Quindi da (1) e ancora una volta dalla proprietà di continuità del

prodotto scalare, dal punto (2.1) e (2.2) si ha, usando anche la diseguaglianza

di Schwartz,

‖Usη − Urη‖2 ≤ 2 |1− σr,s(η)| ≤ 4

αdr,s(η) < ε2.

Questa mostra la continuità di Urη proprio perché ∀ ε esiste un certo intorno

N per cui vale l'ultima disuguaglianza se s ∈ N . Considerando ora un

vettore ϕ ortogonale a η e ponendo µ =√

2 (η + ϕ), siccome ‖µ‖ = 1 da

(2.1c) segue

< Urη | zr,s(µ) >=< Urη−Usη | Usµ > + < Usη | Usµ > −σr,s(µ) < Urη | Urµ >;

si ha

< Uη | Uµ >=< η | µ >=√

2

per ogni operatore U unitario . Otteniamo dunque

1− σr,s(µ) =√

2 < Urη | zr,s(µ) > + < Usη − Urη | Usµ > ;

ora da (2) e (2.3) otteniamo

‖Usµ− Urµ‖2 ≤ 2 |1− σr,s(µ)| ≤ 2√

2 dr,s(µ) + ‖Usη − Urη‖ ;

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 35

dalla continuità di Urη si ottiene quella di Urµ e quindi da Urϕ = 2√

2Urµ-Urη. Ora, sia ψ un vettore arbitrario. Ponendo ψ = λ1η + λ2µ, dove µ è

ortogonale a η unitario; abbiamo allora Urψ = Urη + Urµ e la continuità

segue dalle due continuità viste

Osservazione 17. Non sono state usate le proprietà di G e del raggio di

operatori; quindi ogni volta che vale l'ipotesi di forte continuità è possibile

scegliere un insieme ammissibile di rappresentanti per un intorno di e.

2.4 Insiemi ammissibili, fattori ed esponenti lo-

cali

Consideriamo un insieme ammissibile di rappresentanti che vericano la con-

dizione del teorema, in un certo intornoN0. Se ho una funzione φ (r) continua

e complessa tale che |φ (r)| = 1, si avrà che

U ′r = φ (r)Urr∈N0

sarà allo stesso modo un insieme ammissibile di rappresentanti su N0. Vi-

ceversa se U ′r è un insieme di rappresentanti ammissibile su N′0, e se N1 è

un intorno di e contenuto nella intersezione N0 ∩ N′0, allora U ′r e U r sono

nello stesso raggio e l'equazione che li lega deve valere su N1; inoltre si può

vericare la continuità di φ (r) dal fatto che U ′r e U r sono fortemente continui.

Denizione 23. Fattore locale ω (r, s) . Sia dato un insieme ammissibile

di rappresentanti deniti da una rappresentazione ray continua su un certo

intorno N0 di e con Ue = 1 . Se r, s, rs ∈ N0 allora è denito Urs ed avremo

che UrUs e Urs appartengono allo stesso raggio e dieriscono per una fattore

locale

UrUs = ω (r, s)Urs. (2.4)

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 36

La funzione ω possiede le seguenti proprietà:

1.

|ω (r, s)| = 1;

ω (e, e) = 1;

2. dati tre elementi r, s, t dalla legge associativa degli operatori deduciamo

ω (r, s)ω (rs, t) = ω (s, t)ω (r, st) . (2.5)

3. ω (r, s) è detto fattore locale ed è una funzione continua in r e s;

ciò deriva dalla forte continuità di Ur: infatti preso un qualunque ψ vettore

unitario e considerando le copie r, s r′, s′, dalla (2.4) si ha

ω (r, s) (Urs − Ur′s′)ψ + Ur′ (Us′ − Us)ψ + (Ur′ − Ur)Usψ

= (ω (r′, s′)− ω (r, s))Ur′s′ψ;

maggiorando il modulo di |(ω (r′, s′)− ω (r, s))| sfruttando la continuità deglioperatori abbiamo la continuità di ω (r, s) : esisterà un intorno N1 tale che il

modulo |(ω (r′, s′)− ω (r, s))| < ε se r−1r′ ∈ N1 e s−1s′ ∈ N1.

Osservazione 18. Se N è scelto di modo che N2 è contenuto in N0 allora

ω (r, s) è denito per ogni r, s in N e l'equazione 2.5 vale se rs, st sono

in N. Generalmente una funzione ω (r, s) denita per r, s su N tale che

|ω (r, s)| = 1, è chiamato fattore locale su G se valgono ω (e, e) = 1 e (2.5)

su N ; se N coincide con G allora ω è denito in G e la proprietà (2.5) vale

su tutto G sarà detto fattore su G.

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 37

Denizione 24. Fattori locali equivalenti.

Due fattori locali ω (r, s) e ω′ (r, s) deniti su N e N′ sono detti equivalenti

se vale

ω′ (r, s) = ω (r, s)φ (r)φ (s) /φ (rs) (2.6)

su un certo intorno N1 ⊂ N ∩ N′, dove φ (r) come prima è una funzione

continua su N21 di modulo 1. Di conseguenza dati un fattore locale ω (r, s) su

N e una φ (r) continua complessa di modulo 1 con φ (e) = 1 su N2, ω′ (r, s)

ottenuto da (2.6) denisce un fattore locale su N se soddisfano la (2.5) e

ω′ (e, e) = 1.

Analogamente possiamo scrivere in modo vantaggioso

ω (r, s) = eiξ(r,s)

dove ξ(r, s) è detto esponente locale.

Denizione 25. Esponenti locali :

Un esponente locale di un gruppo G è una funzione reale dipendente da r

e s su un intorno N di e che soddisfa la relazione

ξ(e, e) = 0 (2.7)

e

ξ(r, s) + ξ(rs, t) = ξ(s, t) + ξ(r, st) (2.8)

Analogamente se N è tutto G, ξ è chiamato esponente su G .

Osservazione 19. Due esponenti ξ e ξ′ sono detti equivalenti se su un in-

torno N1 ⊂ N ∩N′ vale la relazione

ξ′(r, s) = ξ(r, s) +4r,s[ς]

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 38

con 4r,s[ς] = ς (r)+ ς (s)− ς (rs) , dove ς (r) è una funzione continua a valori

reali su N21 e ς (e) = 0 . Ogni esponente locale denisce unicamente un fattore

locale e due esponenti locali equivalenti deniscono due fattori equivalenti con

φ (r) = eiς(r). Viceversa, se un dato fattore locale in un intorno N è scelto

di modo tale per cui |ω − 1| è sucientemente piccolo, allora ξ = −ilogω è

un esponente locale denito su N; quindi due fattori locali equivalenti danno

vita a due esponenti locali equivalenti e la relazione che lega questi ultimi

deve valere su un intorno per il quale |φ (r)− 1| è sucientemente piccolo

con ς (r) = −ilogφ(r).

Enunciamo di seguito il seguente

Teorema 10. Se una rappresentazione ray continua r → Ur di un gruppo

G ha dimensione nita allora ogni fattore locale è equivalente a 1

Dimostrazione. Sia Ur un rappresentante ed indichiamo il suo determinante

con D(r) . Notiamo che il determinante è funzione continua, il suo modulo

è 1 e D(e) = 1 . Dalla ipotesi segue che

UrUs = ω (r, s)Urs = eiξ(r,s)Urs

con r, s ∈ N. Da questo deduciamo anche una analoga relazione per i

determinanti, ovvero

D (r)D (s) = einξ(r,s)D (rs) ,

dove n identica la dimensione di H. Ora, se noi scegliamo N in modo

che |ω − 1| e |D − 1| sono abbastanza piccoli otteniamo la tesi poiché, posto

δ(r) = −ilogD (r), abbiamo δ(r) + δ(s) = nξ (r, s) + δ(rs); posto ς (r) = δ(r)n

abbiamo quindi ξ′ (r, s) = ξ (r, s) +4r,s[ς] = 0; il corrispondente operatore

sarà U ′r = eiς(r)Ur, ha determinante uguale a 1.

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 39

Passiamo ora ad analizzare gli esponenti locali come classi di equivalenza,

uno dei vantaggi degli esponenti locali è dato dalle relazioni che li deniscono,

infatti le relazioni (2.7), (2.8) sono lineari; ne deduciamo quindi che presi due

esponenti locali ξ1 e ξ2 anche una loro combinazione lineare ξ = λ1ξ1 + λ2ξ2,

con le costanti λ1 e λ2 , risulterà un esponente locale in un intorno N′ ⊂N1 ∩N2.

Denizione 26. L'equivalenza ξ′ ≡ ξ di due esponenti locali ξ′ e ξ, espressa

da ξ′ = ξ +4 [ς] , risulta essere simmetrica, transitiva e riessiva .

Dalle denizioni date di fattori locali e dierenti selezioni di rappresentan-

ti ammissibili è chiaro che una rappresentazione ray continua di G determina

univocamente una classe di equivalenza di fattori locali o esponenti locali,

mentre gli elementi delle classi deniti tramite la relazione (2.4) dipendono

dalla selezione dei rappresentanti.

Osservazione 20. La classe di equivalenza di una combinazione lineare ξ =

λ1ξ1 + λ2ξ2 dipende dalle singoli classi di equivalenza di ξ1, ξ2.

Di conseguenza possiamo aermare che le classi di equivalenza di esponenti

locali di un gruppo G formano uno spazio lineare che indicheremo con E (

sul campo degli scalari reali λ) .

Notiamo che è evidente che gli operatori U appartenenti a tutti gli Ur di

una rappresentazione ray continua di G formano un gruppo con l'operazione

di moltiplicazione. Preso un insieme ammissibile di rappresentanti deniti su

N0 , e sia N2 ⊂ N0. Allora l'operatore unitario in Ur (r ∈ N0) ha la forma

eiϑUr con ϑ reale.

Se r, s ∈ R

(eiϑUr

) (eiϑ′Us)

= ei(ϑ+ϑ′)ω (r, s)Urs = ei(ϑ+ϑ′+ξ(r,s))Urs; (2.9)

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 40

ciò suggerisce la denizione di gruppo locale, conosciuto anche come esten-

sione centrale G. Per mezzo della denizione che ci apprestiamo a dare si

possono ricavare le rappresentazioni proiettive unitarie di un gruppo , ve-

dendole come restrizioni di rappresentazioni unitarie di un gruppo più gran-

de , detto estensione centrale del gruppo iniziale, ma anche per ricavare le

eventuali rappresentazioni unitarie del gruppo G iniziale. L'idea principale

consiste nel prendere un gruppo G e data una sua rappresentazione unitaria

proiettiva sullo spazio di Hilbert r 7→ Ur con moltiplicatore ω, deniamo da

esso il nuovo gruppo Gω i cui elementi sono le coppie (ϑ, r) ∈ K × G con

prodotto gruppale in Gω denito come

(ϑ1, r1) (ϑ2, r2) = (ϑ1ϑ2ω (r1, r2) , r1r2) (2.10)

∀ (ϑ1, r1) , (ϑ2, r2) ∈ K ×G; (2.11)

questa denizione è ben posta e individua una struttura di gruppo con

elemento neutro (ω (e, e)−1 , e

)≡ (1, e)

ed inverso

(ϑ, r)−1 =(ϑ−1ω

(r, r−1

)−1, r−1

).

Possiamo dare la seguente denizione che non dipende da come abbiamo

ricavato ω :

Si consideri un gruppo G ed una funzione ω : G × G 7→ K che soddis

la (2.5). il gruppo Gω costruito su K × G con prodotto gruppale del tipo

(2.10) è detto estensione centrale del gruppo G tramite K con funzione dei

moltiplicatori ω

Osservazione 21. L'omomorsmo iniettivo

K 3 ϑ 7→ (ϑ, e) ∈ Gω

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 41

è detta iniezione canonica, mentre l'omomorsmo suriettivo

Gω 3 (ϑ, r) 7→ r ∈ G

è detta proiezione canonica dell'estensione centrale.

Osservazione 22. Notiamo che il nucleo della proiezione canonica è dato

dal sottogruppo normale N di elementi (ϑ, e) con ϑ ∈ K e i suoi elementi

commutano con quelli di Gω; in poche parole G è stato esteso a Gω in modo

che la parte che eccede G, risulta proprio N è appartiene al centro dell'esten-

sione. G può essere identicato come quoziente Gω/N.

Per quanto riguarda le rappresentazioni proiettive unitarie che vogliamo

ottenere, formuliamo la seguente osservazione

Osservazione 23. Considerando una rappresentazione proiettiva unitaria di

G, G 3 r 7→ Ur con moltiplicatori ω possiamo ricavarne, spostando l'atten-

zione su Gω, una applicazione Gω 3 (ϑ, r) 7→ V(ϑ,r) := ϑUr che è sempre unarappresentazione ordinaria unitaria di Gω sullo spazio di Hilbert H.

Nel caso di esponenti locali abbiamo quanto segue

Denizione 27. Sia dato un esponente locale ξ di G denito su N. L'insie-

me G consiste nelle coppie ϑ, r dove ϑ è un numero reale e r un elemento

di N2. La moltiplicazione di gruppo locale in G è denita per due elementi

ϑ1, r1 · ϑ2, r2 = ϑ1 + ϑ2 + ξ (r1, r2) , r1r2 . (2.12)

Osservazione 24. Osserviamo che G può essere visto come prodotto di N2

col gruppo reale additivo; la legge associativa di questo nuovo prodotto equivale

alla (2.8).

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 42

L'inverso di ϑ, g sarà denito come

−(ϑ+ ξ

(r, r−1

)), r−1

se r, r−1 ∈ N.

Gli elementi del tipo t (ϑ) = ϑ, e formano un sottogruppo locale ad un

parametro N (il nucleo della proiezione canonica) che vive nel centro di G, e

ogni elemento di G può essere espresso in maniera unica nella forma

t (ϑ) · 0, r = 0, r t (ϑ) .

Segue da (2.12) che il gruppo quoziente G/N è localmente isomorfo a G.

Siano ξ e ξ′ due esponenti locali equivalenti e sia ξ′ = ξ +4 [ς] su N1.

Allora i corrispondenti gruppi locali G e G′ sono localmente isomor. Indi-

cando con g = ϑ, r , r′ = ϑ′, r′ gli elementi di G e G′ , un isomorsmo

r′ = f (r) , con r ∈ N21 è dato da

ϑ′ = ϑ− ς (r) , r′ = r (2.13)

tale che

f(r1r2) = f (r1) f (r2) se r1, r2 ∈ N1;

si può dire che la (2.13) denisce una parametrizzazione del gruppo locale

G. Notiamo quindi che un gruppo locale G costruito tramite ξ è localmente

isomorfo ad uno G′ costruito da ξ′ = λξ dove λ è una costante non nulla

l'isomorsmo è dato da r′ = ϑ′, r′ = h(r) dove ϑ′ = λϑ, r′ = r se ξ è

denito su N.

Ci chiediamo ora cosa succede se l'intorno scelto risulta essere tutto il

gruppo, G ovvero parleremo di esponenti e fattori su tutto il gruppo G;

in particolare vogliamo approfondire cosa succede quando il gruppo risulta

essere connesso.

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 43

Denizione 28. Se per una rappresentazione ray continua di G un insieme

di rappresentanti può essere selezionato su tutto il gruppo, il fattore loca-

le corrispondente sarà denito su tutto il gruppo G. Viceversa, se abbiamo

un fattore su tutto il gruppo, possiamo costruire una rappresentazione con-

tinua ray compatibile con essa e dei rappresentanti ammissibili e fortemente

continui Ur che soddisfano la (2.4)

È possibile dimostrare il seguente teorema [5]

Teorema 11. Per ogni fattore locale ω di un gruppo localmente compatto G

esisterà una rappresentazione ray continua di G compatibile con ω.

2.5 Fattori su gruppi connessi e semplicemente

connessi

Introduciamo ora i rivestimenti di gruppi e i gruppi semplicemente connessi.

Denizione 29. Uno spazio topologico X è detto connesso se risulta impos-

sibile avere una sua partizione nell'unione disgiunta di due insiemi aperti

A e B non vuoti ovvero se A,B 6= ∅, X = A ∪ B, A ∩ B = ∅ allora o

A = X, oB = X . Naturalmente sarà sconnesso o disconnesso se è l'unione

di due aperti non vuoti disgiunti .

Denizione 30. Un sottospazio M ⊂ X sarà detto connesso se è impossibile

decomporlo nell'unione di due insiemi A e B non vuoti disgiunti tale che

l'intersezione A ∩B ∩M = ∅.

Denizione 31. Uno spazio topologico è localmente connesso se per ogni

punto r e ogni intorno N3 r esisterà un intorno M ⊂ N, tale che per ogni

punto s ∈M esisterà in N un insieme connesso contenente sia r che s.

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 44

Osservazione 25. Si può vedere che l'immagine di uno spazio localmente

connesso tramite una mappa continua aperta è anche localmente connesso in

se stesso.

Denizione 32. Uno spazio topologico è detto connesso per archi se per ogni

coppia di punti r, s dello spazio esiste un arco che li collega, ovvero esiste una

funzione continua

γ : [0, 1]→ X

tale che

γ (0) = r, γ (1) = s.

Denizione 33. Gruppo semplicemente connesso : Un sottoinsieme G

di uno spazio topologico X è detto semplicemente connesso se, per ogni coppia

p, q ∈ G e per ogni coppia di curve continue

γi : [0, 1]→ G, i = 0, 1,

tali che γi (0) = p, γi (1) = q, esiste una funzione continua (detta omotopia)

γ : [0, 1]× [0, 1]→ G

tale che γ (0, t) = γ0 (t) e γ (1, t) = γ1 (t) per t ∈ [0, 1].

Intuitivamente questa denizione ci vuole dire che il sottoinsieme è for-

mato di un unico pezzo, ovvero non ha buchi. Se un gruppo topologico G è

connesso e M è un qualunque intorno di e ogni elemento r di G può essere

espresso come prodotto nito

r = r1 · · · rn (2.14)

di elementi ri ∈M.

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 45

Restringendoci al caso di rappresentazioni ordinarie, diamo le seguenti

denizioni.

Denizione 34. Una rappresentazione unitaria locale di un gruppo G deni-

ta su un intorno N è un'applicazione che a ogni r ∈ N2 associa un operatore

unitario Vr tale cheVrVs = Vrs,

se r, s e rs appartengono a N (non assumiamo continuità su Vr) .

Assumendo ora che G sia connesso e semplicemente connesso avremo che

la rappresentazione in denizione 34 si può estendere ad una rappresentazio-

ne non soltanto locale ma su tutto il gruppo. Il fatto cruciale deriva dalla

seguente osservazione

Osservazione 26. Per ogni rappresentazione locale di un gruppo semplice-

mente connesso G esisterà un intorno N∗ ⊂ N tale che

Vr1 · · · Vrn = Vr′1 · · · Vr′m ri, r′i ∈ N∗ (2.15)

se r1 · · · rn = r′1 · · · r′m. (la continuità della mappa non è essenziale).

Per la dimostrazione si veda ([6],teorema 63)

Lemma 4. Per una rappresentazione unitaria locale Vr di un gruppo G con-

nesso e semplicemente connesso denita su N esisterà un'unica determinata

rappresentazione unitaria W r su tutto il gruppo che coincide con la rappre-

sentazione locale su un dato intorno N∗ ⊂ N. Essa è fortemente continua se

lo è la rappresentazione locale. ([6], caso particolare teorema 63)

Dimostrazione. Costruiamo Wr.

(1) Sia Wr una rappresentazione di G che coincide con Vr in un certo

intornoM ⊂ N; se r è espresso nella forma (2.14) alloraWr = Wr1Wr2 · · ·Wrn

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 46

e dal fatto che Wri = Vri su M sia ha

Wr = Vr1Vr2 · · ·Vrn ri ∈M. (2.16)

(2) Unicità diW r: SiaW ′r una seconda rappresentazione, che coincide con

Vr su M′ e scelto M1 ⊂ (M ∩M′); applicando 2.16 a M1 e su M otteniamo

la stessa espressione per Wr e W ′r

(3) Esistenza diWr: la (2.16) si può usare per denireWr (con N∗ = M),

perché la (2.16) dipende solo da r e non dalla sua decomposizione in ri

come si vede in (2.15) . In particolare Wr = Vr. Se r ∈ N∗la proprietà di

rappresentazione è immediata..

Siano r = r1 · · · rn, s = s1 · · · sm quindi

Wrs = Vr1Vr2 · · · VrnVs1Vs2 · · · Vsm = WrWs

(4) Dalla forte continuità di Vr chiaramente si ha quella di W r: per r e s

sucientemente vicini e tali che r−1s ∈ N∗, si ha che per ogni ψ ∈ Rψ

‖(Wr −Ws)ψ‖ = ‖Wr (Wr−1s − 1)ψ‖ = ‖(Wr−1s − 1)ψ‖ = ‖(Vr−1s − 1)ψ‖ ,

che prova l'asserzione.

Ora possiamo parlare di rappresentazioni ray indotte da rappresentazioni

ordinarie. Ogni rappresentazione unitaria fortemente continua di G dà luo-

go ad un'unica determinata rappresentazione ray continua di G (Ur ⊃ Ur)che sarà detta indotta dalla rappresentazione Ur. Per la rappresentazione

ordinaria Ur , ω = 1 quindi ogni fattore locale di una rappresentazione ray è

equivalente a 1 come conseguenza del lemma (4) si ha:

Teorema 12. Ogni rappresentazione ray continua Ur di un gruppo connesso

e semplicemente connesso G con fattore locale equivalente a 1 è indotta da

una rappresentazione unitaria fortemente continua Ur di G.

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 47

Dimostrazione. Dalle ipotesi esiste un insieme ammissibile di rappresentanti

Ur ∈ Ur, r ∈ N2, tale che UrUs = Urs; cioè Ur è una rappresentazione locale

di G. Sia ora U ′r la rappresentazione di G costruita in accordo con il (lemma

4), ponendo Ur = Vr, U ′r = Wr; inoltre U ′r ∈ Ur per via della costruzione di

Wr (vedi (lemma 4) e l'equazione (2.16)).

Corollario 3. Ogni rappresentazione nito-dimensionale di un gruppo G

connesso e semplicemente connesso è indotta da una rappresentazione ray

continua di G

Dimostrazione. Dal fatto che ogni fattore locale è equivalente a 1 (Teorema

10)

Estendiamo ora un insieme ammissibile di rappresentanti a tutto il grup-

po G, In generale, data una rappresentazione ray continua, non è possibile

estendere un insieme ammissibile di rappresentanti deniti in un intorno N ,

in modo continuo a tutto il gruppo G. Nel caso in cui il gruppo sia connesso

e semplicemente connesso esiste il seguente risultato.

Teorema 13. Sia G un gruppo connesso e semplicemente connesso, ω un

fattore su tutto il gruppo G, Ur una rappresentazione ray continua tale che

il fattore locale dell'opportuna scelta di rappresentanti ammissibili i coincide

con ω su un dato intorno N . Allora esisterà un unico determinato insieme

ammissibile di rappresentanti U ′r per tutto il gruppo tale che UrUs = ω(r, s)Ursper tutti gli r e s, e tale che U ′r = Ur su un dato intorno N∗ ⊂ N .

Dimostrazione. (1) Dal fatto che G è connesso e semplicemente connesso

l'equazione ω (r, s) = eiξ(r,s) ha un unica soluzione ξ (r, s) (per ogni r, s ∈ G),che soddisfa le condizioni (2.7),(2.8) ed è quindi un esponente su G. Quindi

il gruppo locale G che sarà anch'esso connesso e semplicemente connesso.

(2) Applichiamo ora il lemma 4 a G . Ponendo

r = θ, r , Vr = V (θ, r) = eiθUr r ∈ N2,

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 48

in accordo con (2.9) e (2.12) Vr è una rappresentazione unitaria locale di G

denita in un intorno M (−∞ < θ <∞, r ∈ N) . Dalla denizione (2.16 )

otteniamo una rappresentazione unitaria fortemente continua Wr = W (θ, r)

di G che coincide con Vr su un certo M∗ . M∗ contiene un intorno M′ della

forma (−c < θ < c, r ∈ N∗) per una opportuna scelta di c e N∗ ⊂ N.

(3) Per ogni θ, θ, e = θ1, en = eiθ · 1. Ponendo ora U ′r = W (0, r) per

tutti gli r, dal fatto che θ, r = θ, e · 0, r si ha per tutti gli r

W (θ, r) = eiθU ′r (2.17)

e anche U ′r = Ur se r ∈ N∗. Quindi, 0, r · 0, s = ξ (r, s) , rs e

U ′rU ′s = eiξ(r,s)U ′rs = ω (r, s)U ′rs r, s ∈ G. (2.18)

(4) Per dimostrare che U ′r ∈ Ur, poniamo r = r1r2 · · · rn (rk ∈ N∗) .

Chiaramente U ′rk ∈ Urk . Da (2.18) U ′rs ∈ Ursse U ′r ∈ Ur,U ′s ∈ Us. quindi per

induzione U ′r ∈ Ur1 · · ·Urn = Ur.

(5) Ogni insieme U ′r con le proprietà desiderate denisce, per (2.17), (2.18)e (2.10), una rappresentazione W (θ, r) = eiθU ′r di G e quindi come si vede

nel (lemma 4) univocamente determinato.

Denizione 35. Estensione di un esponente locale :

Un esponente ξ1 di G è detto una estensione di un esponente locale ξ di

G se ξ1 (r, s) = ξ (r, s) su un dato intorno N.

2.6 Gruppi e Algebre di Lie

Introduciamo ora i concetti di gruppo d Lie e algebra di Lie.

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 49

Denizione 36. Un gruppo di Lie reale di dimensione n è una varietà

analitica reale G di dimensione n, dotata di due applicazioni analitiche reali:

G 3 g 7→ g−1 ∈ G,

G×G 3 (g, h) 7→ g · h ∈ G

dove G×G è dotata della struttura analitica reale prodotto, rispetto alle quali

G risulta essere un gruppo con elemento neutro; la dimensione n è inoltre

nel senso di dimensione di varietà dierenziabili.

Introduciamo ora i concetti di gruppo di Lie locali e algebra di Lie

Denizione 37. Un gruppo topologico separabile G, in cui il prodotto di

h e g è indicato con h · g, con elemento neutro e, ammette un sistema di

coordinate se esiste un intorno N ⊆ G dell'identità ed un omeomorsmo ϕ

da N in un aperto V di uno spazio euclideo Rn, tale che

ϕ : N→ V

g → x = ϕ (g)

e→ 0 = ϕ (e)

Quindi a ogni elemento g ∈ N viene associata una n-pla x, ovvero le n

coordinate di G su V , e per eetto della biettività si può indurre la stessa

struttura algebrica di gruppo, localmente sulle coordinate. Infatti esisteN′ ⊆N tale che, per ogni h, g ∈ N′ si ha che h · g ∈ N; allora poiché ϕ è continuo

si riesce ad individuare W ⊂ V tale che

z = xy = ϕ (g · h) ∈ V x, y ∈W,

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 50

e le n coordinate di z sono funzioni di x e y

zj = fj(x1, x2, . . . , xn, y1, y2, . . . , yr), j = 1, . . . , n

Denizione 38. Se le funzioni fj j = 1 . . . n sono analitiche allora il

gruppo G è detto gruppo di Lie locale.

Dall'analiticità delle funzioni possiamo considerare lo sviluppo di Taylor

troncato al secondo ordine, che permette di ottenere la struttura del prodotto

di gruppo e dell'inversione del gruppo locale rispetto al sistema di coordinate.

zj = fi(x, y) = xi + yi + aijkxjyk +O3

dove aijk = ∂2fi∂xj∂yk

(0, 0) . Al primo ordine come si vede il prodotto è abeliano

e O3 è un innitesimo di ordine almeno 3. L'inversione y è della forma

(x−1)i

= yi = gi(x1, . . . , xr) = -xi + aijkxjyk +O3.

Mostriamo come ad ogni gruppo di Lie è possibile associare una struttura

algebrica che dipende dalla struttura del gruppo ed è chiamata algebra di

Lie. Ricordiamo innanzitutto la denizione generale di algebra.

Denizione 39. Uno spazio vettoriale S su un corpo K è un'algebra se esiste

un'operazione

q : S× S→ S

a, b→ q (a, b)

per cui valgono le seguenti proprietà

1. q(a, b+ c) = q(a, b) + q(a, c)

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 51

2. q(a+ b, c) = q(a, c) + q(b, c)

3. q(λa, b) = λq(a, b) = q(a, λb).

Possiamo dunque denire il concetto di algebra di Lie

Denizione 40. Un'algebra S sul campo R è detta algebra di Lie reale se

soddisfa le seguenti proprietà:

1. q(a, q(b, c)) + q(b, q(c, a)) + q(c, q(a, b)) = 0 (identità di Jacobi).

2. q(a, a) = 0 ;∀a ∈ S (nilpotenza).

Data una qualunque base (uk) dello spazio S di dimensione nta r, l'i-

esimo coeciente del prodotto q(uj, uk) è un numero reale cij,k = qi(uj, uk).

In un'algebra di Lie valgono:

1. cijk = −cik,j

2. cpiscsjk + cpjsc

ski + cpksc

sij = 0 :

Osservazione 27. Viceversa, se S è un qualunque spazio vettoriale reale di

dimensione r, dato un sistema di costanti cijk, i = 1, . . . , r che soddisfano

la (1) e (2) precedenti, è sempre possibile conferire a S una struttura di

algebra di Lie reale nel seguente modo: ssata una qualunque base (uk), si

denisce q(uj, uk) =∑i

cijkui. Il prodotto q(a, b) esteso per linearità soddisfa

(1), (2), (3) della denizione 39 e (1), (2) della denizione 40. Dati, infatti,

a = ajuj ∈ S e b = bkuk ∈ S, si ottiene il prodotto

q(a, b) = ajbkq(uj, uk) = cijkajbkui.

Tale prodotto soddisfa la relazione di nilpotenza e l'identità di Jacobi:

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 52

1. q (a, a) = 0 ∀a ∈ S,

2. q (a, (b, c)) + q (b, (c, a)) + q (c, (a, b)) = 0, ∀a, b, c ∈ S

conferendo così a S la struttura di Algebra di Lie.

Vediamo che è possibile associare sempre ad un gruppo di Lie locale un'al-

gebra di Lie reale individuando le costanti di struttura del gruppo e mostran-

do come l'algebra di Lie si denisce sullo spazio tangente del gruppo. Dato

un gruppo locale G, si possono considerare nell'intorno V di Rr le curve

dierenziabili passanti per l'origine del sistema di coordinate.

Consideriamo adesso un gruppo di Lie locale e deniamo una particolare

operazione binaria, diversa dal prodotto di gruppo:

q(x, y) = xyx−1y−1.

L'i-esima coordinata qi(x, y) di questo prodotto si può esprimere, utilizzando

lo sviluppo di Taylor arrestato al secondo ordine e dalle precedenti

qi(x, y) = (aijk − aikj)xjyk +O3 :

Le costanti cijk = aijk − aikj sono dette costanti di struttura del gruppo di Lie

locale G. Si può dimostrare che le costanti di struttura di un gruppo di Lie

locale soddisfano sempre le relazioni (1) e (2) della denizione 40

Denizione 41. Si denisce spazio tangente del gruppo di Lie locale G (ri-

spetto ad un sistema di coordinate) l'insieme di tutti i vettori tangenti a

cammini passanti per l'origine e dierenziabili nell'origine:

LG =

dx(t)

dt|t=0, x(0) = 0, x(t) differenziabile nell′intorno di t = 0

.

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 53

L'insieme LG ha una struttura di spazio vettoriale reale rispetto alle

usuali operazioni di addizione e moltiplicazione per uno scalare. I vettori di

LG risultanti dalle operazioni di spazio vettoriale possono essere interpretati

in termini di operazioni di gruppo. Presi infatti a, b ∈ LG a = x′(0), b =

y′(0) si ha che a + b ∈ LG e a + b = d[x(t)y(t)]dt

|t=0, ovvero la somma di

due vettori tangenti è il vettore tangente del cammino che si ottiene come

prodotto di gruppo dei due cammini di cui i due vettori sono tangenti. Inoltre,

dato a ∈ LG e λ ∈ R con x′(0) = a costruiamo il prodotto di un vettore

tangente per uno scalare reale comeλa = d[λx(t)]dt|t=0 .

Si può sempre dotare LG di una struttura di algebra di Lie. Dati a, b ∈LG con a = x′(0) e b = y′(0), consideriamo la seguente operazione detta

commutazione tra i due vettori tangenti

[a, b]i = cijkajbk,

dove cijk sono le costanti di struttura denite in precedenza. Costruiamo il

seguente cammino dierenziabile

z(t) = q(x(√t), y(

√t)).

Dalla struttura delle componenti del prodotto si ha

zi(t) = cijkxj(√t)yk(

√t) +O3(

√t).

Se deriviamo tale cammino:

limt→0

qi(x(√t), y(

√t)

t= lim

t→0cijk

xj(√t)√t

yk(√t)√t

+O(t3/2)

t= cijkajbk = [a; b]i :

Tale operazione rende lo spazio tangente, su cui essa è denita, un'algebra

di Lie.

Consideriamo ora due gruppi di Lie G e G′ con elementi neutri e e e′ e

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 54

leggi di composizioni · e .

Denizione 42. Un omomorsmo di gruppi di Lie è una applicazione ana-

litica reale f : G → G′ che è anche omomorsmo gruppale; nel caso f sia

biettivo e f−1 sia anche omomorsmo, allora f sarà detto isomorsmo di

Gruppi di Lie. e G e G′ saranno detti isomor tramite f .

Osservazione 28. Un omomorsmo locale di gruppi di Lie è una applica-

zione analitica h : N → G′ dove N ⊂ G è un intorno dell'elemento e per

cui vale

h (g1 · g2) = h (g1) h (g2) g1 · g2 ∈ N.

Questo ovviamente implica che (h (e) = e′) e h (g−1) = h (g)−1 ∀ g, g−1 ∈N , inoltre se l'omomorsmo locale h è anche un dieomorsmo analitico

sulla sua immagine, data da un intorno N′ di e′ in G′, e la funzione inversa

f−1 : N′ → G è un omomorsmo locale, allora h sarà detto isomorsmo

locale di gruppi di Lie. In tal caso G e G′ sono detti localmente isomor.

Teorema 14. Siano G e G′ gruppi di Lie e sia N un intorno dell'unità di

G; se h : N→ G′ è una funzione continua che soddisfa

h (g1 · g2) = h (g1) h (g2) se g1 · g2 ∈ R,

allora h è analitica reale e quindi denisce un omomorsmo locale di gruppi

di Lie.

Analogamente possiamo denire, date due algebra di Lie, V e V′ conprodotti , : V × V → V e , ′ : V′ × V′→ V′ (lineari a sinistra, antisim-

metriche e soddisfano l'identità di Jacobi), un omomorsmo di algebre di Lie

nel seguente modo.

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 55

Denizione 43. Un'applicazione lineare φ : V → V′ è detta omomorsmo

di algebre di Lie se soddisfa

φ (A) , φ (B)′ = φ (A,B) ∀A,B ∈ V,

nel caso φ sia biettiva, sarà detta isomorsmo di algebre di Lie.

2.7 Gruppo di Rivestimento

Introduciamo ora i concetti di rivestimento e di rivestimento universale. Le

dimostrazioni dei relativi teoremi si possono trovare in [3, 6]

Denizione 44. Se X è uno spazio topologico, un altro spazio topologico V è

detto rivestimento di X se esiste una funzione continua suriettiva π : V→ X,

detta funzione di rivestimento tale che:

1. per ogni x ∈ X esiste un aperto N 3 x tale che π−1 (N) = ∪j∈J

Aj con

Aj ⊂ V aperto e Aj ∩ Ai = Ø se i 6= j, per ogni i, j ∈ J

2. π|Aj : Aj → N è un omeomorsmo, per ogni j ∈ J

Dove con J indichiamo un insieme di indici.

Osservazione 29. Un rivestimento V di X sarà detto universale se V è sem-

plicemente connesso. Qui siamo interessati al caso in cui V e X sono gruppi

topologici e li indicheremo con G∗ e G.

Se V e V′ sono rivestimenti universali di X, essi sono omeomor tramite un

omeomorsmo f : V → V′ che soddisfa Π = f Π′ con Π′ : V′ → X, e

Π : V→ X, le due funzioni di rivestimento. Similmente se V è universale e

V′ no, esiste una funzione di rivestimento p : V→ V′ tale che π p = Π

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 56

Facendo riferimento all'algebra di Lie possiamo enunciare i seguenti teo-

remi.

Teorema 15. Se V è un'algebra di Lie (reale) di dimensione nita, vale

quanto segue :

(a) Esiste un gruppo di Lie reale, GV, connesso, semplicemente connesso

che ammette V come algebra di Lie del Gruppo.

(b) GV è univocamente determinato a meno di isomorsmi di gruppi di

Lie ed è isomorfo al rivestimento universale comune di ogni gruppo di Lie

che ammette V come algebra di Lie, in modo che la funzione di rivestimento

sia un omomorsmo di gruppi di Lie.

(c) Se un gruppo di Lie G ammette V come algebra di Lie allora è isomor-

fo ad un gruppo quoziente GV/HGdove HG è il sottogruppo normale discreto

che è incluso nel centro di GV

Denizione 45. 1. sottogruppo. Se G è un gruppo topologico, G′ è un suo

sottogruppo topologico se esso è un insieme chiuso nello spazio topologico G

e la topologia è quella indotta da G

2. Sottogruppo normale. Un sottogruppo N di un gruppo (G, ) è dettonormale se è invariante sotto coniugazione, cioè per ogni elemento n ∈ N ed

ogni elemento g ∈ G l'elemento g n g−1 ∈ N

3. Il centro. Il centro Z di G è un sottogruppo commutativo , costituito

da tutti gli elementi che commutano con tutti gli elementi di G

z ∈ Z ⇐⇒ z g = g z ∀g ∈ G.

Osservazione 30. Uno spazio topologico X possiede la topologia discreta se

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 57

tutti i suoi sottoinsiemi sono aperti. Un sottogruppo è detto discreto se la

topologia associata al gruppo è quella discreta; essa infatti è compatibile con

la struttura di gruppo.

Teorema 16. Se G e G′ sono gruppi di Lie (reali), con rispettive algebre di

Lie V e V′ valgono le seguenti aermazioni:

(a) f : V→ V′ è un omomorsmo di algebre di Lie se e solo se esiste un

omomorsmo locale di gruppi di Lie h : G→ G′ tale che dh |e= f ; inoltre

(i) h è individuato univocamente da f ;

(ii) f è isomorsmo di algebre di Lie se e solo se h è isomorsmo locale

di gruppi di Lie ;

(b) se G e G′ sono connessi e G è semplicemente connesso, allora f : V→V′ è un omomorsmo di algebre di Lie se e solo se esiste un omomorsmo

di gruppi di Lie h : G→ G′ tale che dh |e= f . Inoltre

(i) h è individuato univocamente da f ;

(ii) se f è isomorsmo di algebre di Lie allora h è suriettiva ;

(iii) se f è isomorsmo di algebre di Lie e G′ è semplicemente connesso

allora h è isomorsmo di gruppi di Lie.

Qui con dh indichiamo il dierenziale dell'applicazione h che va dallo

spazio tangente di G a quello tangente a G′ ovvero per ogni punto g ∈ G

l'applicazione h induce una applicazione tra i rispettivi spazi tangenti dh =

h∗ : Tg (G)→ Th(g) (G′) denita come

(h∗ (Ag)) (s) = Ag (s h) ∀s ∈ C∞h(g) (G′)

dove con Ag indichiamo l'elemento dello spazio tangente Tg (G). Nello spe-

cico si considera g = e e quindi l'uguaglianza dh |e= f indica che l'appli-

cazione in questione calcolato in e , (il dierenziale nel elemento neutro) sia

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 58

proprio uguale ad f e di conseguenza i rispettivi piani tangenti siano proprio

Tg (G) = V e Tg (G′) = V′ per maggiori dettagli si veda [7]

Osservazione 31. Se G è un gruppo di Lie possiamo denire la seguente ap-

plicazione esponenziale e :LG 3 a 7→ eta che è una funzione analitica reale.

Osservazione 32. Siano dati, un gruppo di Lie di dimensione n e a1..., anuna base dell'algebra di Lie associata; il commutatore, per la sua bilinearità,

avrà una rappresentazione nell'algebra in componenti [ai, aj] =dimLG∑k=1

cijkak ,

dove cijk sono le costanti di struttura del gruppo denite in precedenza. Se le

costanti di struttura sono le stesse rispetto alle rispettive basi nelle rispettive

algebre allora sono localmente isomor in base ai teoremi precedenti; infatti

se le costanti di struttura sono le stesse l'applicazione lineare che identica

le basi è un isomorsmo di algebre di Lie. Viceversa se i gruppi di Lie sono

localmente isomor devono avere le stesse costanti di struttura in basi colle-

gate dal dierenziale dell'isomorsmo locale.

Supponiamo ora che G sia connesso e che soddis la condizione per la

costruzione del suo gruppo di rivestimento G∗ . G∗ sarà semplicemente con-

nesso; G è localmente isomorfo a G∗ e isomorfo anche al gruppo quoziente

G∗/N dove N è il sottogruppo invariante centrale di G∗. G∗ = G se e solo

se esso è anch'esso semplicemente connesso.

L'isomorsmo locale di G e G∗ implica che, per una scelta opportuna di

un intorno dell'elemento unità il fattore locale (o esponente) di G e G∗ coin-

cidono se gli elementi dei gruppi G e G∗ sono identicati. Dall'isomorsmo

tra G e G∗/N segue che ogni rappresentazione ray o ordinarie di G è allo stes-

so tempo una rappresentazione ray o ordinarie del gruppo di rivestimento.

Per avere quindi una rappresentazione ray di G è suciente selezionare una

rappresentazione ray di G∗ che trasforma ogni elemento di N in un raggio

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 59

unitario. I vantaggi di lavorare con G∗ piuttosto che con G è dato dai risultati

precedenti, poiché G∗ risulta essere connesso e semplicemente connesso.

Diamo una serie di teoremi che esplicitano meglio i concetti precedenti

partendo da una denizione diversa di rivestimento. (le dimostrazioni sono

ampiamente esplicitate in [6]

Denizione 46. SiaM uno spazio connesso, localmente connesso, localmen-

te semplicemente connesso, e r un suo punto. Sia Q l'insieme dei cammini

dello spazio M che partono da r . Dividiamo l'insieme in classi, in modo

che ogni classe contiene tutti i cammini equivalenti (osservazione 33 - (1)),

indichiamo l'insieme delle classi con M∗. Notiamo che esiste una naturale

applicazione f daM∗ inM ; infatti se prendo r∗ ∈M∗, allora tutti i cammini

che appartengono alla classe r∗ e niscono nello stesso punto r′ , scriveremo

r′ = f(r∗) . Possiamo introdurre una topologia su M∗ denendo un arbi-

trario intorno N∗ dello spazio topologico M∗ in termini di un certo intorno

N dello spazio M e di un certo cammino γ ∈ Q che nisce in N. Sia γ′ un

cammino arbitrario in N che inizia con la ne di γ. Sia α = γγ′(secondo

l'osservazione che segue), e sia Y l'insieme di tutti i cammini equivalenti con

il cammino α. Indichiamo con N∗ l'insieme di tutte le classi Y ottenuta dalle

possibili scelte di γ′ in N. N∗ non varia a seconda della scelta di γ. L'insieme

degli intorni del tipo N∗ ottenuta dalla scelta arbitraria di N e di γ forma un

sistema completo Σ∗ di intorni dello spazio M∗. M∗ è chiamato rivestimento

universale di di M .

Osservazione 33.

1. Dato uno spazio topologico M, esso contiene un cammino γ se in esso è

denita una funzione f (t) a parametri reali t, 0 ≤ t ≤ 1 che associa ad

ogni t un punto f (t) di M, con f (0) che è detto punto d'inizio e f (1) punto

di ne del cammino. Il cammino γ è detto nullo o identità se la funzione

f (t) è costante. L'inverso di γ invece è il cammino γ−1 che è denito dalla

funzione f (1− t). Dati due cammini γ e γ′ tale che la ne del primo è

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 60

l'inizio dell'altro (le rispettive funzioni f e g sono tali che f (1) = g (0))

possiamo denire un prodotto γγ′ come il cammino denito dalla funzione h

tale che

h (t) =

f (2t) 0 ≤ t ≤ 12

g (2t− 1) 12≤ t ≤ 1

.

Il cammino γ sarà detto chiuso se l'inizio e la ne coincidono;

2. la moltiplicazione non è sempre possibile quindi non si può pensare che

la totalità dei cammini in uno spazio G formi un gruppo, abbiamo però delle

classi di cammini equivalenti o omotopi e la totalità di queste classi forma

un gruppo che è detto gruppo fondamentale;

3. con cammini equivalenti k ∼ l , si intendono due cammini k e l tali che

iniziano e niscono nello stesso punto e sono omotopi ovvero se esiste una

deformazione continua, che trasforma il cammino k nel cammino l in modo

che i punti di inizio e ne non vengono cambiati. Dunque prese due funzioni

f(t) e g(t) che deniscono k e l , k ∼ l se esiste una funzione ϕ (s, t) continua

in entrambi i parametri con 0 ≤ s, t ≤ 1 tale che

ϕ (0, t) = f (t)

ϕ (1, t) = g (t)

ϕ (s, 0) = f (0) = g (0)

ϕ (s, 1) = f (1) = g (1) .

Questo concetto di equivalenza è riessiva transitiva e simmetrica, inoltre se

γ ∼ γ′ e l ∼ l′ e se si può denire il prodotto γl, allora sarà denito anche

γ′l′ e di conseguenza essi sono equivalenti [6].

se γ e l sono rispettivamente, un dato cammino e il cammino nullo, e se è

denito il prodotto γl allora γl ∼ γ.

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 61

Presi tre cammini γ, k, l tali che sono deniti i prodotti γk e kl allora (γk) l ∼γ (kl) ;

4. ora se prendiamo uno spazio topologico M connesso e p un suo punto,

denotiamo con Q la totalità dei cammini chiusi in M che iniziano in p, di-

vidiamo Q in classi di cammini equivalenti omotopicamente, l'insieme della

totalità delle classi lo denotiamo con G deniamo una operazione in G come

segue siano A e B due elementi di G e indichiamo con α e β i rispettivi

rappresentanti essi si possono moltiplicare se β inizia nella ne di α, consi-

deriamo quindi γ = αβ e indichiamo con C la classe individuata da γ, C è

univocamente determinata da A e B. Deniamo il prodotto A ? B ponendo

A?B = C il gruppo ottenuto con l'operazione ? non dipende dalla scelta di

p, quindi è un invariante topologico di M ed è detto Gruppo Fondamentale

di M ;

5. uno spazio è detto semplicemente connesso se il suo gruppo fondamen-

tale contiene soltanto l'identità;

6. uno spazio sarà detto localmente semplicemente connesso se per ogni

punto p e intorno U di p esisterà un intorno V ⊂ U dello stesso punto tale

che ogni curva chiusa che inizia in p e contenuta in V è omotopa a zero in

U;

7. M∗ è uno spazio topologico.

8. Osserviamo che a rigor di termine è opportuno considerare in generale

spazi topologici connessi per archi, localmente connessi per archi e sempli-

cemente connessi per archi al posto dell'usuale denizione di connessione,

connessione locale e semplice connessione locale, tuttavia un gruppo di Lie

connesso verica le condizioni sopra citate. Per maggiori dettagli [6]

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 62

Teorema 17. L'applicazione f : M∗ → M è una applicazione continua e

aperta; è un omeomorsmo locale, ovvero per ogni punto r∗ ∈ M∗ esiste un

intorno N∗ in cui l'applicazione f è un omeomorsmo.

Osservazione 34. Lo spazio di rivestimento M∗ di uno spazio topologico

M risulta essere connesso, localmente connesso e localmente semplicemente

connesso. Ciò segue dal teorema precedente.

Teorema 18. Lo spazio di rivestimento universale M∗ di uno spazio topolo-

gico M è sempre semplicemente connesso

Passiamo ora al caso dei gruppi, in particolare di gruppi di Lie.

Teorema 19. Esiste per ogni gruppo topologico G un gruppo topologico sem-

plicemente connesso G∗ che è localmente isomorfo ad esso ed inoltre il gruppo

G è isomorfo al gruppo quoziente G∗/N dove N è il sottogruppo normale del

gruppo G∗ inoltre il gruppo fondamentale dello spazio G è isomorfo al gruppo

N .

Osservazione 35. Se G è connesso, localmente connesso e semplicemente

localmente connesso lo è anche G∗

Osservazione 36. Ogni rappresentazione proiettiva di un gruppo topologico

G induce sempre una rappresentazione proiettiva del suo gruppo di rivesti-

mento universale G∗ .

Infatti, se π : G∗ → G è l'omomorsmo continuo di rivestimento (pensabile

come omomorsmo continuo per i gruppi topologici) e U : G 3 g → Ug è una

rappresentazione proiettiva continua di G nello spazio di Hilbert H, alloraU π : G∗ 3 h→ Uπ(h) è evidente una rappresentazione proiettiva continua

di G∗

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 63

Osservazione 37. Questa rappresentazione proiettiva ha la particolarità che

non distingue h da h′ se π(h) = π(h′), ovvero che Ker (π) ⊂ Ker (S π)

Proposizione 3. Sia G gruppo topologico e G∗ il suo gruppo di rivestimento

universale con omomorsmo di rivestimento Π. Ogni rappresentazione pro-

iettiva continua di G sullo spazio di Hilbert H, U : G 3 g → Ug, si ottiene

da una opportuna rappresentazione proiettiva continua U : G∗ 3 g → Ug su

H che soddis Ker (Π) ⊂ Ker (S ′) considerando la rappresentazione indotta

su G = G∗/ker (Π).

2.8 Gruppo SU(2) e gruppo SO(3)

Un esempio sul quale possiamo applicare questi risultati sul gruppo di rive-

stimento riguarda i gruppi SU(2) e SO(3). Innanzitutto, prendiamo in con-

siderazione il gruppo SO (3) , ovvero il gruppo delle matrici 3× 3 ortogonali

con determinante uguale a 1:

SO(3) =R ∈ GL (3,R) | RTR = RRT = I, det(R) = 1

;

Le matrici in SO(3) sono del tipo

Rxθ =

1 0 0

0 cos (θ) −sen (θ)

0 sen (θ) cos (θ)

; Ryθ =

cos (θ) 0 sen (θ)

0 1 0

−sen (θ) 0 cos (θ)

;

Rzθ =

cos (θ) −sen (θ) 0

sen (θ) cos (θ) 0

0 0 1

.L'algebra di Lie so(3) di SO(3) risulta essere quella delle matrici antisimme-

triche (dunque a traccia nulla). Una base particolare di so(3) è data dalle

matrici (ai)j,k = −εi,j,k dove εi,j,k = 1 se i, j, k è una permutazione ciclica di

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 64

1, 2, 3 nel caso non fosse ciclica εi,j,k = −1 nei rimanenti casi εi,j,k = 0; in

particolare possiamo esplicitarle nel seguente modo

a1 =

0 0 0

0 0 −1

0 1 0

, a2 =

0 0 1

0 0 0

−1 0 0

, a3 =

0 −1 0

1 0 0

0 0 0

;

tali matrici infatti sono antisimmetriche e quindi appartengono a so (3) ; es-

se formano anche una base di so (3) perché sono linearmente indipendenti.

Possiamo esplicitare la forma delle costanti di struttura dell'algebra come

segue

[ai, aj] =3∑

k=1

εijkak.

Vale la seguente rappresentazione esponenziale di SO(3). R ∈ SO(3) se e

solo se esistono un versore n ∈ R3 e un numero ϑ ∈ R tale che

R = eϑn·a, dove n · a =3∑i=1

niai.

Passando al gruppo SU(2) , visto come gruppo di Lie reale, è formato

dalle matrici speciali unitarie di GL (2,C) :

U ∈ GL (2,C) | U∗ = U−1, det(U) = 1

Possiamo scrivere ogni matrice di SU(2) come

U =

[eiθ1cosβ

2e−iθ2sinβ

2

e−iθ2sinβ2

e−iθ1cosβ2

]

SU(2) ha come algebra di Lie su(2) lo spazio vettoriale reale delle matrici

antihermitiane con traccia nulla. Di conseguenza una base dell'algebra di Lie

di SU (2) è data dalle tre matrici − i2σj, j = 1, 2, 3 dove le σk sono le matrici

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 65

di Pauli:

σ1 =

[0 1

1 0

], σ2 =

[0 −ii 0

], σ3 =

[1 0

0 −1

].

Valgono le regole di commutazione

[− i

2σi,−

i

2σj

]=

3∑k=1

εijk

(− i

2σk

).

Dal fatto che le costanti di struttura di SO(3) e SU(2) sono le stesse, per

(l'osservazione 32) abbiamo che le due algebre di Lie sono isomorfe. In base

ai teoremi (15) e (16) abbiamo che i gruppi sono localmente isomor. Os-

serviamo che SU (2) è connesso e semplicemente connesso (omeomorfo alla

frontiera della palla unitaria di R3) mentre SO (3) non lo è. Quindi da quanto

detto SU (2) deve coincidere col rivestimento universale di SO (3) .

L'isomorsmo tra le due algebre si può ottenere tramite il dierenziale

di un omomorsmo suriettivo di gruppi di Lie da SU (2) a SO (3) . Esso è

costruito come segue. Ogni matrice U ∈ SU (2) si scrive come U = e−iϑn·σ2

dove ϑ ∈ R e n è un versore di R3. L'omomorsmo suriettivo non è altro che

la corrispondenza

f : SU(2) 3 exp−iϑn·σ2 7→ exp−ϑn·a ∈ SO (3) . (2.19)

Il nucleo dell'omomorsmo contiene gli elementi +I,−I ∈ SU(2).

Volendo considerare le rappresentazioni unitarie proiettive del gruppo

SU(2) visto come gruppo di rivestimento di SO(3) per poi avere quelle di

SO(3) facciamo riferimento all'azione data da una rappresentazione proietti-

va sul sistema sico dato da una particella di spin s. Come spazio di Hilbert

se prendessimo quello L2 (R3, dx) ; notiamo che questo spazio non è spesso

suciente a tener conto della reale natura delle particelle; le particelle stesse

possiedono una proprietà intrinseca detta spin individuata da un numero s

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 66

che assume valori 0, 1/2, 1, 3/2...che esprime una sorta di momento angolare

intrinseco e che sono rappresentabili con le rispettive osservabili . Scriviamo

le seguenti proprietà

1. Per s = 0 la particella è senza spin; la descrizione è conH = L2 (R3, dx)

2. Per s = 1/2 lo spazio di Hilbert è L2 (R3, dx)⊗C2, gli operatori di spin

sono Sk = ~2σk, k = 1, 2, 3 valgono le relazioni

[−iSi,−iSj] =3∑

k=1

εijk(−iSk);

gli unici valori possibili dello spin sono quindi gli autovalori delle matrice

associata, ±~2.

3. Per s generico lo spazio associato allo spin risulta C2s+1; i possi-

bili valori dello spin sono 2s + 1, ovvero tanti quanti sono gli autovalori

−~s,−~ (s− 1) , · · · , ~ (s− 1) , ~s .

Precisiamo che l'operatore

(a) S2 :=3∑

k=1

S2k soddisfa la relazione S2 = ~2s (s+ 1) I ,

(b) Lo spazio C2s+1 risulta irriducibile rispetto alle rappresentazioni di

SU(2)

V (s) = SU(2) 3 e−iϑn·σ2 7→ e−iϑn·S; (2.20)

al variare di s si riproducono tutte le rappresentazioni irriducibili nito

dimensionali di SU(2).

(c) La matrice S3 viene scelta in modo che coincide con

~ · diag (s, s− 1, ...− s+ 1,−s) ;

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 67

la sua base hilbertiana coincide con quella canonica di C2s+1;

e gli stati puri | Ψ >< Ψ | sono individuati da 2s+1 funzioni d'onda ψs3 di

L2 (R3, dx) in modo che Ψ =∑|s3|≤s

ψs3⊗ | s, s3 > dove con | s, s3 >|s3|≤s indi-

chiamo la base di S3 . Possiamo indicarli con Ψ = (ψs, ψs−1, ..., ψ−s+1, ψ−s)t.

Osserviamo che se s è intero la rappresentazione in (2.20) di SO(3) risulta

essere fedele poiché il nucleo +I,−I dell'omomorsmo di rivestimento è

rappresentato dalla matrice I; inoltre nel caso s sia semi intero è anche una

rappresentazione fedele di SU(2) . Vediamo ora il legame tra il momento an-

golare totale e il gruppo SU(2), ovvero gruppo delle rotazioni SO(3). Pren-

diamo lo spazio H della particella con spin s L2 (R3, dx) ⊗ C2s+1; possiamo

introdurvi degli operatori di momento angolare totale

Jk = Lk ⊗ I + I ′ ⊗ Sk

dove Lk sono gli operatori di momento angolare orbitale [3] dove I è l'iden-

tità su C2s+1 e I ′ l'identità su L2 (R3, dx) ; per costruzione gli operatori Jksoddisfano la relazione di commutazione dell'algebra di Lie di SO(3)

[−iJi,−iJj] =3∑

k=1

εijk(−iJk).

Vogliamo applicare il seguente teorema di Nelson

Teorema 20. Considerando un'algebra di Lie reale V di dimensione n di

operatori -ia (con ogni a simmetrico sullo spazio H, denito su un comune

spazio vettoriale D denso in H invariante sotto l'azione degli elementi di V) e con commutatore di Lie l'ordinario commutatore. Sia a1, . . . , an ∈ V base

di V e si denisca l'operatore di Nelson 4 con dominio D, 4 :=n∑k=1

a2k. Se

4 è essenzialmente autoagiunto, allora esiste una rappresentazione unitaria

fortemente continua su Hg → Ug

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 68

dell'unico gruppo di Lie GV, semplicemente connesso, che ammette V come

algebra di Lie tale rappresentazione è unicamente determinata dalla richie-

sta che a = AU(a) , dove AU(a) è un operatore autoaggiunto in H, non

limitato nel caso generale con dominio D (AU(a)) completamente individua-

to dall'elemento a ∈ LG (l'esistenza di AU(a) è data dal teorema di Stone e

sono i generatori della rappresentazione U). In particolare gli operatori sim-

metrici risultano essenzialmente autoaggiunti su D essendo la loro chiusura

autoaggiunta .

Per applicarlo consideriamo l'operatore simmetrico

J 2 =3∑

k=1

(Lk ⊗ I + I ′ ⊗ Sk)2

denito su D = S (R3) ⊗ C2s+1 L'operatore appena denito ammette base

hilbertiana di autovettori (che si ottiene partendo dalla base hilbertiana di

H) data dai vettori

| l,m, sz, n >:= Y lmψn⊗ | s, sz >∈ D

dove l = 0, 1, 2, ...; m = −l,−l + 1, ..., l − 1, l; n = 0, 1, 2, ... ; sz = −s,−s+

1, ..., s − 1, s; i vettori | s, sz >∈ C2s+1 invece sono autovettori di S3 con

norma 1 e autovalore sz, mentre Y lmψn è una base hilbertiana di L

2 (R3, dx) .

La base | l,m, sz, n > non è composta da autovettori di J 2; pero esiste

una procedura che permette di costruirne una base hilbertiana di auto-

vettori di J 2,Jz,L2 che è | j, j3, l, n > dove |l + s| ≥ j ≥ |l − s| , l =

0, 1, 2, ...; j3 = −j,−j + 1, ..., j − 1, j; n = 1, 2, ... . Vale inoltre J 2 |j, j3, l, n >= ~2j (j + 1) | j, j3, n > ; J3 | j, j3, n >= ~2jz | j, j3, n > ;

L2 | j, j3, n >= ~2l (l + 1) | j, j3, n >; i vettori | j, j3, l, n > sono ancora in

D e sono combinazioni lineari nite dei vettori | l,m, s, sz, n > ; inoltre J 2

per il criterio di Nelson è essenzialmente autoaggiunto su D. Applicando

quindi il teorema di Nelson abbiamo che esiste una rappresentazione unitaria

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 69

fortemente continua di SU(2) sullo spazio H i generatori sono gli operatori

Jk = J = Lk ⊗ I + I ′ ⊗ Sk. Osserviamo che la rappresentazione proiettiva

che si ottiene esponenziando gli operatori Jk , nel caso s = 0, è in realtà una

rappresentazione di SO(3); nel caso generale di s 6= 0 la rappresentazione di

SU(2) che si ottiene esponenziando i Jk. In base al teorema di Nelson essa

ha la forma

SU(2) 3 e−iϑ~2n·σ 7→ e−iϑn·J = ep−iϑn·L ⊗ V (s)

(e−iϑ

~2n·σ), (2.21)

dove Lk := Lk è l'operatore autoaggiunto associato alla componente k esima

del momento angolare orbitale; vale inoltre

(e−iϑn·Lψ

)(x) = ψ

(eϑn·ax

)dove SU(2) 3 e−iϑ

~2n·σ 7→ e−iϑn·a ∈ SO(3) è l'omeomorsmo suriettivo di

rivestimento citato precedentemente in equazione (2.19).

Un teorema importante per la trattazione futura è il seguente:

Teorema 21. Siano G e G′ due gruppi topologici connessi, e sia G localmente

connesso e localmente semplicemente connesso; non richiediamo che valga

l'ipotesi dell'osservazione 35 per G′. Sia inoltre f l'omomorsmo locale dal

gruppo G al G′. Allora è possibile estendere unicamente l'omomorsmo locale

f ad un omomorsmo f ′ che va dall'intero gruppo G all'intero gruppo G′;

l'estensione dell'omomorsmo è nel senso che essi coincidono su un intorno

W ⊂ U dell'identità di G, mentre U è l'intorno in cui f è denito; quindi se f

è omomorsmo locale da G a G′ allora f ′ è omomorsmo da G a G′; inoltre

se f è un isomorsmo locale, l'omomorsmo f ′ sarà aperto. Se G′ è anche

localmente connesso e localmente semplicemente connesso e f un isomorsmo

locale, allora l'omomorsmo f ′ sarà isomorsmo.

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 70

Teorema 22. Siano ξ e ξ′ due esponenti locali equivalenti di un gruppo

connesso e semplicemente connesso G tali che ξ′ = ξ + 4 [ς] su un certo

intorno, e assumiamo che gli esponenti ξ1 e ξ′1 siano le loro estensioni. Allora

per tutti gli r,s di G si ha ξ′1 (r, s) = ξ1 +4 [ς1] , dove ς1 (r) è continua in r,

e ς1 = ς su un certo intorno N∗.

Dimostrazione. I due esponenti ξ1 e ξ′1 deniscono interamente due grup-

pi locali G1 e G′1, connessi e semplicemente connessi di elementi r e r′ (la

moltiplicazione del gruppo è data da (2.12)); l'equazione (2.13) denisce un

isomorsmo locale

f : G1 → G′1 (2.22)

r′ = f (r) (2.23)

f (r) = f (θ, r) = θ − ς (r) .r r ∈ N2. (2.24)

Se N1 è scelto di modo che ξ1 = ξ, ξ′1 = ξ′ e ξ′ = ξ +4 [ς] sono soddisfat-

te in N1, la (2.24) può essere estesa ad un isomorsmo f1 (r) = f (θ, r) =

r′ dell'intero gruppo G1 e G′1 tale che f1 (r) = f (r) su un certo intorno

M∗(−c < θ < c, r ∈ N∗ ⊂ N) in G1 (caso particolare (teorema 21) ). Come

nel (teorema 13), troveremo da (2.24) che f1 (θ, e) = θ, e; ∀θ. Poniamo

f1 (0, r) = −ς1 (r) , g(r) dove ς1 (r) è una funzione continua di r e g (r) un

elemento di G ben determinato. L'equazione θ, r = θ, e · 0, r implica

che f1 (θ, r) = θ − ς1 (r) .g (r). Moltiplicando ora f1 (0, r) e f1 (0, s) trove-

remo che g (rs) = g(r)g(s), e quindi g (r) = r se r ∈ N∗; questo dimostra

che g(r) = r per ogni r. Quindi f1 (r) = f1 (θ, r) = θ − ς1 (r) .r ∀r ∈ G1,

Finalmente f1 (0, r) f1 (0, s) = f1 (ξ1 (r, s) , rs). Quindi

ξ′1 (r, s)− ς1 (r)− ς1 (s) , rs = ξ1 (r, s)− ς1 (rs) , rs ;

quindi ξ′1 = ξ1 +4 [ς1] su tutto il gruppo, e da (2.24) ς1 (r) = ς (r) per r ∈N∗.

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 71

Osservazione 38. Ogni rappresentazione ray unitaria continua e irriducibi-

le W (r) di un gruppo G (costruito da un esponente ξ di G) denisce una

rappresentazione ray di G.

I passaggi essenziali per trovare tutte le rappresentazioni ray di un gruppo

di Lie sono i seguenti:

1. determinazione degli esponenti locali ξ di G o di G∗;

2. determinare le estensioni ξ1 degli esponenti locali di G∗. Dal teorema

22 infatti esiste corrispondenza tra le classi di esponenti locali di G o G∗ e

gli esponenti di G∗ e quindi la classe del gruppo G∗1 è collegata con un altro

isomorsmo della forma (equazione (2.24));

3. determinare tutte le rappresentazioni continue unitarie di G∗1 del ti-

po (2.17) ognuna dà luogo a una rappresentazione di G∗(teorema 13) (dal

teorema (11) abbiamo equivalenza di esponenti locali )

4. trovare le rappresentazione ray di G∗ con la mappa da N nel raggio

unitario (N è il kernel dell'omomorsmo) .

Osserviamo che per quanto riguarda la relazione tra le rispettive rappre-

sentazioni proiettive di SU(2) e SO(3) si può notare che, partendo da una

rappresentazione proiettiva di SO(3),

D : SO(3)→ U(H0)

possiamo considerare, un intorno dell'elemento neutro, N ⊂SO(3), e restrin-

gere la rappresentazione proiettiva citata da SO(3) su N, così che dall'e-

quivalenza delle rispettive algebre, l'isomorsmo locale tra SO(3) e SU(2)

permette di denire una rappresentazione locale in SU(2); infatti ciò fa sì

che localmente le rispettive rappresentazioni sono identicate le une con le

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 72

altre quindi coincidono. Di conseguenza si può pensare di ottenere una rap-

presentazione su tutto il gruppo SU(2), estendendo a tutto il gruppo la rap-

presentazione ottenuta (Lemma 4); questo è possibile per il semplice motivo

che SU(2) è un gruppo semplicemente connesso e quindi per i teoremi citati

in precedenza esiste una estensione a tutto il gruppo; si estende quindi la

rappresentazione che è di natura locale a tutto il gruppo SU(2) per continui-

tà. Avremo quindi una rappresentazione proiettiva di SU(2) che corrisponde

in generale anche ad una rappresentazione ordinaria, facendo uso della esten-

sione centrale. Di carattere più particolare è il viceversa, ovvero ottenere una

rappresentazione proiettiva di SO(3) per mezzo di rappresentazioni ordinarie

di SU(2).

Sia

U : SU(2)→ U (H0)

una rappresentazione proiettiva associata alla rappresentazione ray

U : SU(2)→ U (H0)

g → Ug

Il moltiplicatore di U è equivalente a 1; questo perché SU(2) è semplicemente

connesso. Allora possiamo considerare U una rappresentazione ordinaria

senza perdere generalità. Se U è irriducibile Vale il lemma di Schur; siccome

[U (−e) , Ug] = 0,

di conseguenza U(−e) = λ1 = ±1 (1 = U (−e)U (−e)) e inoltre

Ug, U−g ∈ Ug.

CAPITOLO 2. Rappresentazioni proiettive 73

ovvero appartengono allo stesso raggio, Se deniamo

D : SO(3)→ U (H0)

Dr = Ug

con ϕ (g) = r , abbiamo una rappresentazione ray di SO(3), che corrisponde

ad una rappresentazione ordinaria di SU(2).

Capitolo 3

Teorema di Mackey

Accanto ai teoremi di Stone e di Stone-Von Neumann, che riguardano ri-

spettivamente, il primo le rappresentazioni proiettive unitarie del gruppo

additivo di R, viste come t → eitA (Teorema 7) e il secondo attinente la

regola di commutazione di Heisenberg dal punto di vista della sua unicità di

rappresentazione (irriducibile), (pubblicati intorno al 1930 ed entrambi di-

mostrati inizialmente da Stone in [8] con il secondo che fu rivisto in seguito

in una dimostrazione più semplice di Von Neumann ), vi è un importante

teorema generale sulle rappresentazioni unitarie ordinarie e che si può esten-

dere anche a rappresentazioni proiettive e irriducibili, conosciuto col nome

di teorema di imprimitività di Mackey . Nel seguito di questa trattazione

andremo a trattare proprio questo teorema.

3.1 Rappresentazioni ordinarie

Vediamo di capire per mezzo di generalizzazioni successive come si è arrivati

alla formulazione di questo importante teorema per la meccanica quantistica.

Partendo dal teorema di Stone in una delle sue prime formulazioni, si può

arrivare ad una nuova forma del teorema di Stone-von Neumann che permet-

te un'ampia generalizzazione. Come prima cosa osserviamo che è possibile

74

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 75

generalizzare il teorema di Stone applicandolo alle rappresentazioni unitarie

del gruppo additivo k-dimensionale. Risulta utile formulare il teorema in

questione, introducendo una struttura di Borel e misure a valore di proie-

zione su questa struttura. Introduciamo ora brevemente cosa si intende per

misura a valore di Proiezione e rimandiamo per maggiori dettagli a [9].

Denizione 47. Sia S un insieme sul quale viene posta una struttura di Bo-

rel, ([9]) ovvero una famiglia di sottoinsiemi, comprendente l'intero spazio, e

chiusa rispetto all'unione numerabile, all'intersezione numerabile di insiemi e

alla complementazione. Una misura a valore di proiezione, è un'applicazione

denita sulle famiglie

E → PE,

dove E è un insieme della famiglia e PE un operatore proiezione di un certo

spazio di Hilbert H, tale per cui valgono le seguenti condizioni

1. P0 = 0, PS = I;

2. PE∩F = PEPF per ogni insieme di Borel E,F ⊆ S

3. PE1∪E2∪... = PE1 + PE2 + ..., dove Ei ⊆ S sono insiemi di Borel tale

che Ei 6= Ej per i 6= j .

Per mezzo di questa denizione possiamo esprimere il teorema di Stone

nel seguente modo.

Teorema 23. Per ogni rappresentazione unitaria fortemente continua U del

gruppo additivo di R, esisterà un'unica misura a valore di proiezione P de-

nita su tutti gli insiemi di Borel E di R tale che H (P ) = H(U) e per ogni

elemento f dello spazio di Hilbert si ha

< Ux (f) | f >=

ˆ ∞−∞

eixtd < Pt (f) | f > .

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 76

Abbiamo creato quindi una corrispondenza uno a uno tra la misura a valore

di proiezione P e la rappresentazione unitaria U .

Usando il teorema di Stone in questa nuova forma è possibile avere una

generalizzazione come dicevamo, estendendo il tutto a rappresentazioni pro-

iettive di gruppi additivi k-dimensionali che sarà del seguente modo

< Ux1,x2,...,xk (f) | f >=

ˆ ∞−∞

ei(x1t1+x2t2+...+xntn)d < Pt1,t2,...,tn (f) | f > .

(3.1)

Possiamo considerare ora la commutazione di Heisenberg nella forma data

da Weyl

At1,t2,,...,tkBs1,s2,...sk = ei(x1t1+x2t2+...+xntn)Bs1,s2,...skAt1,t2,,...,tk (3.2)

dove A e B possono essere considerate senza restrizioni come rappresentazioni

unitarie fortemente continue del gruppo additivo k-dimensionale. Applicando

questa versione generalizzata del teorema di Stone ad una tra A e B ( non

ad entrambe) avremo che

At1,t2,,...,tkPE = PE−(t1,...,tk)Bs1,s2,...skAt1,t2,,...,tk (3.3)

dove con E − (t1, ..., tk) indichiamo la k-upla x1 − t1, ..., xn − tn con xi ∈ E,la (3.2) è equivalente alla (3.3) e la (3.3) invece è una generalizzazione della

(3.2).

Considerando ora un gruppo G con una struttura di Borel e sia data la

coppia A, P tale che A è una rappresentazione unitaria di G e P una misura

a valore di proiezione denita su sottoinsiemi di Borel di G possiamo dedurne

quindi la regola di commutazione nella seguente forma

AgPE = P[E]g−1Ag (3.4)

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 77

dove con [E] g−1 indichiamo l'insieme degli yg−1 con y ∈ E si può dire che

(3.4) si riduce a (3.3) quando al posto di G sostituiamo un gruppo additivo

k-dimensionale. Questa generalizzazione fu studiata da G. W. Mackey, che

volendo studiare l'unicità di soluzione per un gruppo G generico, ne pro-

vò l'unicità quando il generico gruppo G veniva sostituito con un arbitrario

gruppo localmente compatto e separabile [10] . Si può trovare quindi una so-

luzione all'equazione (3.4) quando siamo in presenza di un gruppo separabile

localmente compatto.

Denizione 48. Un gruppo topologico G si dice compatto se ogni suo ricopri-

mento aperto, possiede un sottoricoprimento nito; sarà localmente compatto

se l'elemento identità e quindi di conseguenza ogni elemento ha un intorno

chiuso compatto di G

Denizione 49. Uno spazio topologico e quindi un gruppo topologico che

possiede un sottoinsieme denso in X (M ⊆ X tale che M = X) e numerabile

si dice separabile (o numerabilmente denso)

Osservazione 39. Data una misura di Haar su insiemi localmente compatti

ovvero una misura µ : Σ→ [0,∞) , con Σ la σ− algebra dei Boreliani di G

tale che soddisfa

i) µ(G) = 1,

ii) µ (γE) = µ (E) ∀γ ∈ G, E ∈ Σ dove γE = γα | α ∈ E (misurainvariante)

applicando il teorema di Haar, che asserisce dell'esistenza di una misura

µ invariante sostanzialmente unica e σ−nita, denita su tutti gli insiemi di

Borel E di G, otteniamo una rappresentazione unitaria U di G, scegliendo

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 78

come spazio di Hilbert L2 (G, µ) e ponendo

Ug (f) (y) = f (yg) .

Questa è proprio una rappresentazione regolare di G. Usando la misura di

Haar si ottiene una misura a valore di proiezione P µ e un banale calcolo ci

porta a vericare la validità di

UgPµE = P[E]g−1Ug, ∀g ∈ G, E ⊂ G.

La relazione (3.4) ha un carattere importante nella presentazione di que-

sto teorema che si occupa di rappresentazione unitarie continue, in gruppi

localmente compatti, ovvero il teorema di imprimitività di Mackey.

Questo importante risultato come vedremo asserisce che una coppia di ta-

li rappresentazioni che vericano la condizione di sistema di imprimitività

transitivo denisce un sottogruppo sostanzialmente unico e una sua rap-

presentazione sostanzialmente unica dalla quale quella originale può essere

ricostruita. Per questo il nome del teorema di imprimitività.

Denizione 50. Nella teoria classica dei gruppi niti e di trasformazioni

lineari una rappresentazione g → Ug di un gruppo nito è detta imprimitiva

se lo spazio vettoriale H in cui essa agisce è somma diretta di sottospazi

M1,M2, ...,Mn in modo che la rappresentazione U g trasforma ogni M i in un

certo M j.

Nel nostro caso essendo però in presenza di rappresentazioni innito di-

mensionale, ciò va generalizzato a questo nuovo caso. Abbiamo bisogno

di una generalizzazione di questo concetto al caso innito anche perché la

decomposizione può essere continua oltre che discreta.

Denizione 51. Sia M uno spazio separabile localmente compatto e G un

gruppo localmente compatto e separabile; sia data l'applicazione continua

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 79

(azione di gruppo)

M ×G→M

x, g → (x)g

che soddisfa

(a) Fissati x ∈M e g ∈ G , x, g → (x) g è un omomorsmo

(b) La mappa che va da G nel gruppo di omomorsmi di M è a sua volta

un omomorsmo.

In particolare nel nostro caso sia H spazio di Hilbert e G un gruppo

localmente compatto. Sia quindi P (E → PE) un omomorsmo dell'algebra

di Boole di tutti i sottoinsiemi boreliani di M , nell'algebra di Boole delle

proiezioni nello spazio di Hilbert H tale che PM = I .

Denizione 52. Sia U la rappresentazione g → Ug di G in H che è de-

bolmente (e quindi fortemente) omomorsmo continuo di G negli operatori

unitari di H (condizione (b)). Se vale

UgPEU−1g = P[E]g−1

per ogni E ⊆ M e g ∈ G e se PE associa valori diversi da 0 e I si dirà che

U è imprimitivo e che P è un sistema di imprimitività per U . Chiameremo

inoltre M base di P .

Osservazione 40. P denisce in M una famiglia di insiemi nulli e esisterà

quindi in M una famiglia di misure mutuamente equivalenti di cui gli insiemi

di misura nulla sono gli insiemi nulli . Infatti gli insiemi nulli sono quelli

per cui PE = 0 la misura è della forma µ (E) =< PEf | f > con f elemento

di H tale che PEf = 0 che implica PE = 0.

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 80

Nel caso di sistema di imprimitività possiamo parlare di ergodicità e transi-

tività.

Denizione 53. Quando per ogni x e y in M esiste un g ∈ G per cui

[x] g = y è naturale dire che P è sistema di imprimitività transitivo per U .

QuandoM è nito ogni sistema di imprimitività può essere decomposto in

modo naturale in transitivi che corrispondono alle orbite diM su G, l'insieme

delle orbite è dato da

O(x) = (x)g | g ∈ G ;

in generale la decomposizione di M in orbite non si riette su una corrispon-

dente decomposizione di HÈ piuttosto importante la decomposizione di M in parti ergodiche piut-

tosto che transitive.

Denizione 54. Deniremo un sistema di imprimitività come ergodico se

G agisce ergodicamente sulla base M del sistema in questione o meglio dire,

ogni volta che accade che [E] g dierisce da E per un insieme nullo, per ogni

g ∈ G; allora E stesso è un insieme nullo o il complemento di uno.

Siano date le orbite diM su G; esse sono dette regolari se esiste una fami-

glia numerabile di insiemi E1, E2, ... di sottoinsiemi di Borel di M , ciascuna

unione di orbite, tali che ogni orbita di M è l'intersezione dei membri di una

sottofamiglia En1 , En2 , ...

Teorema 24. Se le orbite di M su G sono regolari allora per ogni sistema

di imprimitività ergodico su M esisterà un orbita C tale che PM−C = 0.

Vediamo come legare nel teorema queste caratteristiche. Anché U e P

soddisfano la equazione (3.4) e quindi la condizione di sistema di iprimitivi-

tà, generalizzando ancora di più possiamo scegliere come spazio di Hilbert

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 81

L2 (G, µ) e considerare un suo sottospazio non banale chiuso, si può vedere

che esso non è invariante sotto tutte le Ug e tutti i P µE tale per cui le cop-

pie sono irriducibili. La nostra generalizzazione del teorema di Stone Von

Neuman aerma che per ogni gruppo G localmente compatto e separabile la

soluzione di (3.4), prima costruita è unica a meno di equivalenze unitarie.

Un altro passo che si può ottenere è quello per una rappresentazione

regolare di un gruppo localmente compatto G separabile che ha una genera-

lizzazione a misure a valori di proiettore che soddisfano (3.4) ed è naturale

investigare l'unicità in questo caso .

Sia P un sistema di imprimitività transitivo per la rappresentazione U

di un gruppo localmente compatto e separabile G sia x0 un punto della base

M, e consideriamo l'insieme K di tutti i g ∈ G per cui [x0] g = x0. Notiamo

che K è un sottogruppo di G chiuso, inoltre l'applicazione g → [x0] g di G

su M denisce un uno a uno insieme di Borel che preserva la mappa dello

spazio omogeneo G/K, delle classi laterali destre K in M (cioè l'insieme di

tutti i sottoinsiemi chiusi di G della forma Kg dove g ∈ G), dato che K è

un sottogruppo chiuso di G, G/K risulta l'insieme di tutte le classi laterali

destre di K , le classi laterali risultano tutte insiemi disgiunti o al massimo

identiche e deniscono quindi una partizione di G. Se quindi Kg è una classe

laterale destra di K e y ∈ G allora (Kg) y = K (gy) e ogni y denisce una

permutazione di G/K che eredita la struttura di Borel di G.

Inoltre abbiamo che P è equivalente ad un altro sistema di imprimitività

per U la cui base è lo spazio omogeneo G/K. In generale possiamo denire

una coppia di rappresentazioni unitarie del gruppo G insieme ad un parti-

colare sistema di imprmitività per queste rappresentazioni. Se quindi U, P e

U ′, P ′ sono due coppie sulla stessa base M si può dire che esse sono unita-

riamente equivalenti se esiste una trasformazione V dallo spazio di U e P a

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 82

quello di U ′, P ′ tale per cui

V −1U ′gV = Ug

V −1P ′EV = PE

per tutti gli g ∈ G e E ⊆M . Ne segue che, il problema di determinare tutte

le coppie di un dato M entro una equivalenza unitaria si può spesso ridurre

al corrispondente problema in cui M è lo spazio omogeneo . L'arbitrarietà

della scelta di x0 ha l'eetto di fornirci vari sistemi di invarianza completi

equivalenti per le coppie di un dato M .

Ci basiamo quindi ora su coppie prese in G/K , supponendo ora che G/K

ammette una misura di Borel σ − finita µ che è quasi invariante, ovvero

tale per cui l'azione di G su G/K preserva gli insiemi nulli ([11], l'esistenza

della misura in [12] ) (ciò fa si che due misure quasi invarianti hanno gli stessi

insiemi nulli) inoltre essa è preservata da tutte le trasformazioni Kx→ Kxy.

Sia ora L

ξ → Lξ

una rappresentazione di K di operatori unitari presi in uno spazio di Hilbert

H (L).

Consideriamo l'insieme H′ delle funzioni f da G in H(L) tale che

(a) f è una funzione di Borel < f (g) | v >G è funzione di Borel di G per

tutti i v ∈ H (L)

(b) Per ogni g ∈ G e tutti ξ ∈ K, si ha f (ξg) = Lξf (g)

(c) < f(g) | f (g) >G/K che per (b) è costante sulle classi laterali destre

denisce una funzione sommabile su G/K

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 83

Grazie al teorema di Riesz-Fischer (nota 4 [11]) si può dimostrare che H′

è spazio di Hilbert rispetto al prodotto interno

< f | h >=

ˆG/K

< f (g) | h (g) > dµ.

indichiamo ora con ρ una funzione su

G×G/K

che per ogni ssato g è la derivata di Radon-Nikodym del traslato di µ da g

rispetto a µ stesso. Sia denito Ugf per ogni g ∈ G e f ∈ H′ per mezzo di ρ

come funzione G×G dalla equazione

(Ugf) (t) = f (st/)√ρ (s, ts);

si ha che U g è una trasformazione unitaria di H′, mentre g → Ug è rappre-

sentazione di G. Ora per ogni sottoinsieme di Borel E di G/K sia φE la sua

funzione caratteristica vista come funzione su G . Per ogni f ∈ H′ sia

(PEf) (t) = φE (t) f (t) ;

si ha che la mappa f → PEf è una misura a valore di proiezione e U, P

costituiscono una coppia nel senso della denizione sopra e la indicheremo

come coppia generata da L e µ.

Ricapitolando scegliendo come spazio di Hilbert L2 (G/K, µ) invece di

L2 (G, µ) deriveremo una rappresentazione unitaria come prima ponendo

Ux (f) (y) = f (yx) dove y è la classe laterale destra più che un elemento

del gruppo. P µ è anche denito come prima ma con la particolarità che E

risulta sottoinsieme di Borel di G/K invece che di G; vale anche l'equazione

(3.4) e in questo caso [E] g−1 rappresenta l'insieme di tutte le transizioni di

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 84

g−1 di un insieme E di classi laterali destre di K .

Osserviamo che per avere senso non è necessario che il dominio di P sia

sottoinsieme di G ma soltanto sotto insieme dello spazio S in cui G agisce.

Le soluzioni di (3.4) per un dato spazio G/K corrispondono uno a uno a

modulo una equivalenza unitaria delle rappresentazioni unitarie di K; si ha

unicità quando le classi di equivalenza sono formate da un unico elemento

di rappresentazione unitaria irriducibile, ad esempio quando K contiene solo

l'elemento identità e quindi G/K = G .

Volendo motivare la costruzione generalizzata si può notare che L2 (G/K, µ)

può essere descritto come lo spazio delle funzioni su G che soddisfano

f (ξg) = f (g) (3.5)

per tutti gli elementi ξ ∈ K e g ∈ G, o meglio dire le funzioni misurabili

a quadrato sommabile (come funzioni di G/K, l'integrale di |f (g)|2 è nito

rispetto a µ ) in questo caso le funzioni di utilizzo sono a valori vettoriali nello

spazio di Hilbert H (L) delle rappresentazioni di K e non a valori complessi;

la (3.5) diventa

f (ξg) = Lξ (f (g)) . (3.6)

per tali funzioni il prodotto scalare < f (g) | f (g) > soddisfa l'equazione

(3.5) e può essere integrata rispetto a µ. Si può denire uno spazio di Hilbert

H′ i cui elementi sono funzioni misurabili f da G in H(L) che soddisfano (3.6

) e sono quadrato sommabile ovvero

ˆG/K

< f (g) | f (g) > dµ <∞

si identicano due funzioni quando dieriscono in un insieme di misura nulla

rispetto a µ. Per ogni f ∈ H′ si ha che per ogni g il suo traslato y → f (yg)

è in H′ ponendoULx (f) (y) = f (yg) .

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 85

Si associa quindi una misura a valore di proiettore come sopra ( in generale

per ogni sottoinsieme di Borel E di S denisco P µE l'operatore che manda

f di L2(S , µ) in φEf con φE funzione caratteristica, e quindi E → P µE è

una misura a valore di proiettore ). Si può vericare che la coppia UL, PL

soddisfa la relazione (3.4); diamo ora una delle prime formulazioni date del

teorema che stiamo trattando.

Teorema 25. Sia G un gruppo separabile localmente compatto e K un suo

sottogruppo chiuso; sia U ′, P ′ una coppia basata su G/K ( nel senso che

vericano la condizione di cui sopra di sistema di imprimitività) sia µ una

misura quasi invariante su G/K . Allora esisterà una rappresentazione L su

K tale che U ′, P ′ è unitariamente equivalente alla coppia indotta da L e µ.

Siano L e L′ rappresentazioni di K e µ e µ′ misure quasi invarianti su G/K;

allora la coppia generata da L′ e µ′ è unitariamente equivalente alla coppia

generata da L e µ se e solo se L e L′ sono rappresentazioni unitariamente

equivalenti di K .

Una naturale questione riguarda la riducibilità della coppia U, P e della

rappresentazione di K; ovvero ci si chiede ora se data una rappresentazione

unitaria di G e una misura a valore di proiettore su G/K tale che U ′ e P ′

sono entrambe irriducibili e soddisfano (3.4) saranno le U ′, P ′ unitariamente

equivalenti a U P µ?. La risposta è no. Data una rappresentazione unitaria

L di un sottogruppo chiuso K di G si può denire una generalizzazione della

costruzione di U P µ e di tutte le coppie che soddisfano (3.4); due di queste

coppie sono unitariamente equivalenti se e solo se le corrispondenti rappre-

sentazioni L lo sono unitariamente equivalenti; saranno irriducibili se e solo

se lo sono quelle di L; quindi non si ha un teorema di unicità ma un teorema

di classicazione. Un'altra formulazione che tiene conto dell'irriducibilità è

la seguente:

Teorema 26. Sia U una rappresentazione unitaria di un gruppo separabile

e localmente compatto G, sia K un suo sottogruppo chiuso. Sia data una

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 86

misura a valore di proiezione in G/K che proietta su H (U) tale che U e P

soddisfano la relazione (3.4) . Allora esisterà una rappresentazione unitaria

L di K tale che la coppia UL, PL è unitariamente equivalente alla coppia

U, P . Quindi se L e M sono due rappresentazioni unitarie di K, allora la

coppia UL, PL è unitariamente equivalente alla coppia UM , PM se e solo se

L e M sono unitariamente equivalenti . Inne la coppia UL, PL è irriducibile

se e solo se L lo è, se ogni decomposizioni di L = M1 ⊕M2, allora

UM1⊕M2 , PM1⊕M2 ' UM1 ⊕ UM2 , PM1 ⊕ PM2 .

Questo teorema è stato per la prima volta presentato con un cenno di

dimostrazione in [11] da G. W. Mackey. A rigor di termini nel caso in cui

G/K ha una misura invariante µ; con la generalizzazione alle misure quasi

invarianti questa limitazione viene rimossa.

Vediamo ora questa dimostrazione; essa sarà divisa in due parti, la prima

parte mostrerà che ogni coppia del tipo U, P denisce univocamente una

rappresentazione di K a meno di equivalenze unitarie, e inoltre date due

coppie U, P e U ′, P ′ che deniscono rappresentazioni equivalenti di K, di

conseguenza saranno tra loro unitariamente equivalenti. La seconda parte

invece completa la dimostrazione, dimostrando che la rappresentazione di

K, denita dalla coppia U, P indotta da una arbitraria L e misura µ, è

unitariamente equivalente ad L stessa.

Dimostrazione. Sia data la coppia U ′, P ′ che forma il sistema di imprimiti-

vità citato in precedenza con base G/K; notiamo che, come si può appurare

in [10], tutte le P ′E sono algebre Booleane di proiettori uniformemente n-

dimensionali nel senso di Nakano, e ciò segue dal fatto che il gruppo di

partenza G agisce sul quoziente G/K in modo ergodico. Prendiamo N la

rappresentazione identità di K, n-dimensionale; sia µ una misura quasi inva-

riante in G/K e ci serviamo della coppia W,P generata da N e dalla misura

µ . Notiamo che la coppia U, P , dove U è una opportuna rappresentazione

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 87

di G e P la misura a valore di proiezione che viene fuori dalla coppia W,P , è

unitariamente equivalente alla coppia U ′, P ′ [10] . Possiamo denire ora Qg

come Qg = UgW−1g si osserva che questo nuovo operatore commuta con ogni

PE

QgPE = PEQg;

ovvero Qg appartiene agli operatori unitari di H (P ) che commutano con PE;

ciò si evince dal fatto che U è una particolare rappresentazione di G in cui è

vericata la condizione di sistema di imprimitività sia per la coppia U, P che

per la coppia W,P

W−1g UgPEU

−1g Wg = W−1

g P[E]g−1Wg = PE,

per ogni E e g ∈ G. Da quanto appena detto segue che esiste una funzione

di Borel debole Q su G × G dal gruppo degli unitari operatori nello spazio

H1 = H (N) = H (L) in cui N g agisce tale che per ogni g ∈ G si ha

(Qgf) (t) = Q (g, t) f (t)

come dimostrato in [10] . Vale inoltre l'identità

Q (g1, g2, t) = Q (g1, t) Q (g2, tg1)

per quasi tutte le triple, e da essa si ha l'esistenza di una funzione di Borel

debole B tale che

Q (g, t) = B−1 (t)B (tg) (3.7)

quasi ovunque . Il fatto per cui la funzione in H′N sono costanti sulle classi

laterali destre di K implica che

Q (g, ξt) = Q (g, t)

per ogni ξ che vive in K, per quasi ogni g e t, ciò implica considerando l'altro

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 88

membro dell'equazione (3.7) che

B−1 (ξt)B (ξtg) = B−1 (t)B (tg)

che risulta equivalente alla

B (ξtg)B−1 (tg) = B (ξt)B−1 (t) .

In parole povere si può aermare che per ogni ξ ∈ K, B (ξt)B−1 (t) è

equivalente quasi ovunque ad un operatore costante Lξ. Vale inoltre che

< Lξv0 | v1 > è della forma´Gψ (t) < B (ξt) v2 | v1 > per un insieme

denso di v0. Per cui v0, v1, v2 sono elementi in H1 e ψ una funzione continua

a valori complessi che si annulla al di fuori di un insieme compatto di G.

Segue che < Lξv0 | v1 > è continuo in ξ e dal fatto che vale Lξ1ξ2 = Lξ1Lξ2

abbiamo che ξ → L è rappresentazione ordinaria di K. Osserviamo che L

può dipendere dalla scelta di µ, dalla scelta della mappa unitaria di un dato

spazio di Hilbert su H′N o dalla scelta di B. Tuttavia quanto detto riguardo

gli insiemi nulli di due misure µ e µ′ in quanto risultano gli stessi insiemi nulli

sia per µ che µ′, è suciente a garantire la non dipendenza di L dalla misura

µ. Per quanto riguardano le altre possibili dipendenze, possiamo notare che

data una applicazione unitaria di H′N in se stesso che commuta con tutti i

PE è denita da una equazione della forma

Xf (t) = X (t) f (t)

dove X (t) è un operatore unitario su H1 per ogni t e X (t) è una funzione di

Borel di t. Inoltre si ha X (ξt) = X (t) per ogni ξ ∈ K . Si può notare inoltre

che gli eetti su Q di una trasformazione tramite X causa una sostituzione

con R denita come

R (s, t) = X−1 (t)Q (s, t)X (ts) .

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 89

ora se

C−1 (t)C (ts) = X−1 (t)B−1 (t)B (ts)X (ts)

ne consegue che B (t)X (t)C−1 (t) è indipendente da t (modulo gli insiemi

nulli). Quindi per un dato operatore A costante, si ha

C (t) = AB (t)X (t) ,

così che

C (ξt)C−1 (t) = AB (ξt)X (ξt)X−1 (t)B−1 (t)A−1 = ALξA−1;

equivalentemente per ogni ξ ∈ K

B (ξt)B−1 (t) = Lξ.

In breve, la nostra coppia originale, e quindi la classe di equivalenza a cui

appartiene, determina L entro unitarie equivalenze. Viceversa attuando il

discorso al contrario si dimostra che le coppie che risultano unitariamente

equivalenti a L sono esse stesse unitarie equivalenti.

Ora sia L′ una rappresentazione arbitraria di K e sia U ′, P ′ la coppia

generata da L′ e dalla misura quasi invariante µ in G/K . Da quanto detto

in precedenza esiste un'applicazione unitaria V −1 di H′L′ su un dato H′N tale

che

V −1P ′EV = PE,

dove W,P è come prima una coppia generata da N e µ e N è la rappresenta-

zione identità di K sullo spazio di Hilbert H1 si può dimostrare che esisterà

una funzione debole di Borel V denita su G i cui valori sono operatori da

H1 in H2 = H (L′) in cui opera L′ tale che

(V f) (t) = V (t) f (t) .

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 90

Ciò fa seguire che, dal fatto che V è unitario, V (t) lo è anche da H1 in

H2 per quasi ogni t e ne consegue che V f∈ H′L′ per ogni ξ ∈ K,

V (ξt) = L′ξV (t)

per quasi ogni t. Ora possiamo esplicitare anche in questo caso Qg che sarà

della forma V −1U ′gVW−1g , cioè U ′gVW

−1g = V Qg, e quindi

V (tg) = V (t)Q (g, t) = V (t)B−1 (t)B (tg) ,

o meglio

V (tg)B−1 (tg) = V (t)B−1 (t) .

Quindi possiamo aermare che esisterà una norma che preserva l'operatore

A indipendentemente da t tale che

V (t) = AB (t)

per quasi ogni t. Se A rappresenta la mappa daH1 in tuttoH2 si può scrivere

B (t) = A−1V (t) e si conclude subito che

Lξ = B (ξt)B−1 (t) = A−1L′ξV (t) V −1 (t)A = A−1L′ξA;

se ne deduce che L è unitariamente equivalente a L′. Al ne di dimostrare

che A è infatti un'applicazione si può usare il fatto che lo spazio H′L come

sappiamo può avere dimensione zero. Per ogni funzione w da G in H2 che si

annulla al di fuori di un insieme compatto di G deniamo w con l'equazione

< w (t) | v >=

ˆK

< (L′)−1ξ w (ξt) | v > dξ

per ogni v in H2 e t in G, queste funzioni di H′L′ risultano continue e si

annullano al di fuori di un insieme la cui immagine in G/K è compatta.

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 91

Osserviamo che per ogni t ∈ G il vettore w (t) genera H2. Supponiamo

ora che A non è un'applicazione da H1 in H2. Scegliendo v0 ortogonale

al range di A, consideriamo un arbitrario membro di H′L′ della forma w .

Si avrà w = V (t) f (t) per un certo f e quasi ogni t, ma V (t) f (t) è il

range di A per quasi ogni t. Dal fatto che w è continua concludiamo che

< w (t) | v0 >= 0 per ogni t, e per ogni t, < w (t) , v0 >= 0 per ogni w

e questo contraddice il fatto che w (t) genera H2 per ogni t. Per quanto

riguarda la connessione tra riducibilità della coppia U, P e della rispettiva

riducibilità delle rappresentazioni di K . Se T è preso in modo che commuta

con ogni Lξ allora una trasformazione T che porta H′N in H′N sarà denita

dalla equazione (T f)

(t) = B−1 (t)TB (t) f (t)

dove B è la funzione usata nel denire L. Allora si può vedere che T → T

è un isomorsmo di anelli di tutti gli operatori limitati lineari che commu-

tano con tutti gli Lξ sull'anello di tutti gli operatori lineari e limitati che

commutano con tutti gli U g e tutte le PE. In particolare U g e PE saran-

no simultaneamente riducibili se e solo se L è rappresentazione riducibile di

K.

Si può notare che, da quanto detto, si ottiene in modo naturale il passare

da un'arbitraria rappresentazione unitaria irriducibile L di un altrettanto ar-

bitrario sottogruppo K chiuso di un gruppo G separabile e localmente com-

patto, ad una rappresentazione unitaria UL su tutto il gruppo G. Questa

nuova rappresentazione ULdi G è chiamata rappresentazione indotta da L.

Si scoprirà che molte rappresentazioni unitarie di dimensione innità possono

essere ottenute come rappresentazioni indotte UL dove L è nito dimensio-

nale in molti casi 1-dimensionale.

Osservazione 41. Da quanto fatto in precedenza possiamo distinguere e

analizzare meglio il concetto di rappresentazione indotta . Si consideri una

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 92

rappresentazione U di un gruppo separabile e localmente compatto G, intesa

anche come un omomorsmo da G nel gruppo di tutte le trasformazioni uni-

tarie di un certo spazio di Hilbert H (U) su se stesso. Come ben sappiamo

U viene considerata continua nel senso se per ogni ψ ∈ H (U) la funzione

g → Ug (ψ) è continua da g in H (U) , dati ϕ, ψ ∈ H (U) al ne di concludere

che U è continua basta che la funzione

g →< Ug (ϕ) | ψ >

sia funzione misurabile di g.

Consideriamo quindi un sottogruppo K di G, e sia ξ → Lξ una rappre-

sentazione di K.

Sia poi µ una misura quasi invariante nello spazio omogeneo G/K delle

classi laterali destre di K. Possiamo denire µHL = H′ come l'insieme delle

funzioni f da G in H(L) tale che

(a) < f (g) | ψ > è una funzione di Borel di g per ogni ψ ∈ H (L)

(b) f (ξg) = Lξ (f (g)) per ogni ξ ∈ K e g ∈ G

(c) ‖f‖2 =´G/K

< f (g) | f (g) > dµ (z) <∞

Il signicato di questo integrale si ritrova ricordando che l'integrando è

costante sulle classi laterali di K infatti

f (ξg) · f (ξg) = Lξ (f (g)) · Lξ (f (g)) = f (g) · f (g)

dall'unitarietà di L; quindi f (g) · f (g) dipende solo dalla classe laterale cui

appartiene g, e quindi denisce una funzione su G/K.

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 93

Si può dedurre che prese due funzioni f1, f2 ∈ µHL l'integrale

f1 · f2 =< f1 | f2 >=

ˆ< f1 (g) | f2 (g) > dµ (z)

è assolutamente convergente

Osserviamo che, nel caso µ sia una misura invariante ci basta denire(ULg f)

(y) = f(yg) per ottenere una rappresentazione unitaria UL di G. Si ha

anche una dipendenza dalla misura µ scelta. Tuttavia si può andare in contro

a taluni spazi G/Kx0 (Kxo sottospazio che lascia sso x0) che non hanno due

essenzialmente dierenti misure invarianti, qualsiasi coppia di misure sono

legate da una costante moltiplicativa e cambiando la costante non si hanno

eetti su UL. Tuttavia G/K non deve ammettere per tutti i sottospazi K una

misura invariante. Volendo generalizzare, ottenendo una costruzione generale

da applicare a tutte le rappresentazioni di tutti i sottospazi chiusi in modo

da non aver bisogno di misure invarianti, si consideri µ una misura su uno

spazio di Borel S e sia ρ una funzione positiva di Borel possiamo ottenere

una classe di misure

µρ (E) =

ˆE

ρ (s) dµ (s) (3.8)

si ha µρ (E) = 0 se e solo se µ (E) = 0, (noto come teorema di Radon-

Nicodym) , ogni volta che µ1 e µ2 hanno gli stessi insiemi di misura nulla

ognuna è ottenuta dall'altra per mezzo della (3.8) e quindi per mezzo della

densità ρ. Sia ora µ una misura su S , per ogni g ∈ G si ottiene un altra

misura µg ponendo µg (E) = µ (Eg) . Come detto µ sarà invariante se µg = µ

per ogni g ∈ G. Se invece µg e µ vivono nella stessa classe per ogni g, µ

sarà detta quasi invariante . Quando µ risulta quasi invariante esisterà per

ogni g una funzione ρg detta densità di µg rispetto a µ, nel caso S =G/K la

funzione ρg può essere considerata come funzione su G. In denitiva nel caso

siamo in presenza di misure quasi invarianti µ, la UL che deniremo risulterà

unitaria soltanto denendo UL come segue (nel caso precedente UL risultava

unitaria per misure invarianti)

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 94

Sia denita l'applicazione ULy che porta un elemento f ∈ µHL in η dove

η(g) = f (gy)√ρ (gy) /ρ (g) (in scritti come [13, 14] in questa denizione ρ e

il fattore sotto radice viene omesso mentre ρ appare in [11], [15] ) Si denisce

così una nuova rappresentazione come

ULy (f) (g) = f (gy)

√ρ (gy) /ρ (g);

notando che η sta anche in µHL si ha che < f1 | f >=< η1 | η2 > inoltre

ULy1

(ULy2

(f))

= ULy1y2

(f) ,

e come volevamo < ULy (f) | η > è funzione di Borel di y per ogni f e η in

µHL.

Dunque per ogni y, ULy denisce una nuova trasformazione unitaria µUL

y ;

nello spazio di Hilbert µHL l'applicazione

y → µULy

è una rappresentazione unitaria µUL di G .

Teorema 27. Date µ e µ′ due misure quasi invarianti su G/K allora esisterà

una trasformazione unitaria V da µHL su µ′HL tale che

V µULy V−1 = µ′UL

y

per ogni y ∈ G; queste due rappresentazioni di conseguenza sono unitaria-

mente equivalenti .

Dal fatto che in generale non distinguiamo tra rappresentazioni di grup-

pi che sono unitariamente equivalenti possiamo levare la dipendenza da µ e

riferire solo come UL rappresentazione di G. Chiameremo UL la rappresen-

tazione di G indotta dalla rappresentazione L di K.

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 95

3.2 Rappresentazioni proiettive

Possiamo ora allargare il campo considerando le rappresentazioni proietti-

ve. Poiché esse giocano un ruolo importante nella meccanica quantistica,

è naturale chiedersi se per esse il teorema di imprimitività vale in maniera

analoga o può essere esteso a questa classe di rappresentazioni più genera-

li. La risposta a questa domanda è sì. Estendendo la nozione di induzione

L→ UL si può ripetere il tutto partendo da una rappresentazione proiettiva

L di K. Consideriamo quindi il nostro moltiplicatore ω sull'intero gruppo G

e sia L rappresentazione proiettiva unitaria di K il cui moltiplicatore è una

restrizione di ω denito su G a K.

Nella denizione di UL basta sostituire l'identità f (ξg) = Lξ (f (g)) con

f (ξg) = ω (ξ, g)Lξ (f (g)) ,

e la denizione ULx (f) (y) = f (yg) con

ULx (f) (y) = f (yg) /ω (y, g) .

Con queste accortezze UL diventa una rappresentazione proiettiva unita-

ria con moltiplicatore ω; quindi essa è rappresentazione proiettiva di G.

Ciò permette di costruire una rappresentazione proiettiva di G tramite una

rappresentazione unitaria proiettiva di K .

Per una trattazione più chiara vediamo qualche dettaglio. Per la dimo-

strazione dei teoremi che verranno citati rimandiamo a [15].

Partiamo sempre dal nostro gruppo localmente compatto e separabile

G. Consideriamo una sua rappresentazione proiettiva che indichiamo con

g → Ug che prende elementi di G e vi fa corrispondere un elemento del grup-

po di tutte le trasformazioni unitarie di un certo spazio di Hilbert separabile

H (U) su se stesso tale per cui

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 96

(a) Ue = I

(b) Ugk = ω (g, k)UgUk

(c) Cosa importante in questo caso è che per ogni ψ e φ in H (U) la fun-

zione g → (Ug (φ) , ψ) è una funzione di Borel su G

Inoltre valgono le stesse caratterizzazioni già viste negli scorsi capitoli per

ω ed anche essa risulta essere una funzione di Borel su G×G .

Anche in questo caso possiamo estendere la denizione di rappresentazio-

ne unitariamente equivalente.

Denizione 55. U e M sono equivalenti se esiste una unitaria trasforma-

zione V da H(U) in H(M) tale che

V UgV−1 = Mg ∀g ∈ G.

Denizione 56. Sia dato un sottospazioH1 chiuso diH (U) tale che Ug (H1) ⊆H1 per tutti gli g ∈ G; allora la restrizione di ogni Ug ad H1 denisce una

nuova rappresentazione proiettiva UH1 di G tale che H(UH1

)= H1, che pos-

siamo chiamare sub rappresentazione proiettiva di U ; analogamente anche il

complemento ortogonale di H1 denisce una sub rappresentazione proietti-

va , di conseguenza U è chiaramente la somma diretta di queste due sub

rappresentazioni. Possiamo dare una ovvia denizione di rappresentazione

irriducibile.

Denizione 57. U è irriducibile quando non ha sub rappresentazioni pro-

iettive proprie.

Riconsiderando il gruppo locale G denito nel capitolo 2, costituito da

elementi del tipo (ϑ, g); esso in generale non è uno spazio topologico; si può

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 97

introdurre una giusta topologia [9]. Indichiamo con K il gruppo moltiplicati-

vo dei numeri complessi di modulo unitario; G e K sono localmente compatti

e separabili e hanno ognuno una struttura di Borel; si può introdurre su G

una struttura di Borel data dal prodotto diretto delle due. Di conseguenza

da alcuni risultati in [9] si può introdurre una topologia localmente compat-

ta per G in cui esso stesso è gruppo localmente compatto con una associata

struttura di Borel. Denendo ora la rappresentazione U0 come segue

U0 = ϑUg

dove ϑ è un elemento di K e Ug la rappresentazione proiettiva di G, possiamo

dedurne il teorema che lega le rappresentazioni proiettive a quelle ordinarie.

Teorema 28. Per ogni rappresentazione U di G si ha che la rappresentazione

U0 è una rappresentazione ordinaria di G. Inoltre la corrispondenza U → U0

è uno a uno e ha come range l'insieme di tutte le rappresentazioni ordinarie di

G che si riducono a K ad un multiplo delle uno dimensionali rappresentazioni

ϑ, e→ ϑ

Vediamo ora la parte riguardante la rappresentazione indotte.

Osservazione 42. Sia G un gruppo localmente compatto e separabile; de-

niamo anche in questo caso il sottogruppo chiuso K di G; osserviamo che la

restrizione di una rappresentazione proiettiva con moltiplicatore ω su G a K

è a sua volta rappresentazione proiettiva di stesso moltiplicatore di K.

In precedenza abbiamo discusso di rappresentazioni indotte riguardo alle

rappresentazioni ordinarie; nel caso siamo in presenza di rappresentazioni

proiettive ci è utile il teorema appena citato.

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 98

Denizione 58. Sia θ l'applicazione identità da K a G; il suo range è un

sottogruppo chiuso di G ed è anch'egli localmente compatto; si può vedere [9]

che θ è un omeomorsmo .

Sia data una rappresentazione proiettiva L di K, e L0 una rappresenta-

zione ordinaria di K che può essere rivista come rappresentazione ordinaria

del sottogruppo chiuso θ(K) di G. Possiamo indurne, come è ampiamente

descritto in [16] e segue dal teorema 28, una rappresentazione UL0che è della

forma V 0 per una certa rappresentazione proiettiva V di G . UL0è denita

per mezzo di equivalenza. Tuttavia L → L0 preserva le equivalenze come

V che è denita su una equivalenza; ne deduciamo che V è rappresentazio-

ne proiettiva di G indotta da una rappresentazione proiettiva L di K e la

indichiamo con UL.

Possiamo generalizzare quindi i concetti enunciati per le rappresentazioni

ordinarie anche alle rappresentazioni proiettive nel seguente modo.

Denizione 59. Sia µ una misura quasi invariante su G/K e indichiamo

con µHL l'insieme delle funzioni f da G in H (L) tali che

(a) < f (g) | ψ > è una funzione di Borel di g per ogni ψ ∈ H(L),

(b) f (ξg) = ω (ξ, g)Lξ (f (g)) per ogni ξ ∈ K e g ∈ G,

(c)´< f (g) | f (g) > dµ (z) <∞ .

Dove la (c) ha le stesse caratteristiche e signicato esplicitati per il caso

di rappresentazioni ordinarie.

Anche in questo caso sia preso ρ funzione di Borel su G, che serve a

denire la derivata di Radon-Nicodym del traslato di µ; per ogni f ∈µ HL e

ogni g ∈ G sia

Vg (f) = η

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 99

dove

η (x) =√ρ (xg) /ρ (x)f (xg) /ω (x, g) ;

diamo il seguente

Teorema 29. Sia µHL uno spazio vettoriale rispetto alle relative denizioni

di addizione e moltiplicazione per scalare . µHL diventa uno spazio di Hilbert

sotto la norma quando funzionali uguali quasi ovunque vengono identicati

. Per ogni g ∈ G e ogni f ∈ µHL, Vg (f) è anche in µHL e f → Vg (f)

denisce un operatore unitario V ′g nello spazio di Hilbert associato a µHL.

g → V ′g

è una rappresentazione proiettiva di G che è equivalente ad una rappresen-

tazione indotta UL denita sopra.

Passiamo ora ad analizzare il sistema di imprimitività in questo caso.

Riprendiamo il concetto di misura a valore di proiettore. Sia S uno spazio

di Borel standard [9]. Con una misura a valore di proiezione indichiamo

un'applicazione P del tipo

E → PE

che prende un sottoinsieme E dello spazio S e vi associa un elemento, un

proiettore ortogonale di un certo spazio di Hilbert H (P ) tale che

PE∩F = PEPF = PFPE,

PS = I, P0 = 0,

PE =∞∑j=1

PEj dove E =∞∪j=1Ej e Ej disgiunti.

Possiamo introdurre una equivalenza tra due misure a valore di proiettore

nel seguente modo

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 100

Denizione 60. P e Q sono equivalenti se esiste una trasformazione uni-

taria V da H (P )su H (Q) tale che

V PEV−1 = QE ∀E ∈ S

Denizione 61. Se P 1, P 2, ...sono misure a valore di proiezione possiamo

denire la somma diretta

P = P 1 ⊕ P 2 ⊕ ...

come la misura a valore di proiezione tale che

H (P ) = H(P 1)⊕H

(P 2)⊕ ...

e

PE (φ1, φ2, ...) =(P 1E (φ1) , P 2

E (φ2) , ...),

dove ψ = (φ1, φ2, ...) ∈ H (P ) .

La misura di Borel

E →< PE (φ) | φ >

ha insiemi nulli per gli E tali per cui PE = 0. Dunque P è associato ad

un'unica classe di misura [9] che chiamiamo la classe di misura di P che

indichiamo con CP .

Possiamo scegliere come spazio di Hilbert L2 (S , µ). Presa una misura di

Borel nita µ in un certo spazio S , anche in questo caso possiamo denire

con P µE l'operatore lineare limitato che ad f ∈ L2 (S , µ) associa

f → φEf

dove φE è la funzione caratteristica su E; allora P µ sarà una misura a valore

di proiettore uniformemente uno-dimensionale (tale caratteristica di P si ha

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 101

quando si verica: L'algebra R(P ) di tutti gli operatori lineare limitato T

tale che TPE = PET per tutti gli E è commutativa se e solo se esisterà

un elemento ϕ in H (P ) tale che PE (ϕ) possiede H (P ) come span lineare

chiuso [15], ovvero∃ϕ | span (PE (ϕ) , E ∈ B (S )) = H (P )

) la cui classe

di misura associata è quella contenente µ.

Denizione 62. P µ e P ν sono equivalenti se e solo se µ e ν vivono nella

stessa classe di misura e ogni misura a valore di proiezione uniformemente

uno dimensionale P è equivalente ad un certo P µ.

Quindi

µ→ P µ

denisce una corrispondenza uno a uno tra le classi di misura in S e le

classi di equivalenza di uniformemente misure a valore di proiettore uno

dimensionale su S .

Di conseguenza P e Q sono disgiunti se lo sono le rispettive classi e

saranno k-dimensionali se sono somma diretta di k uno dimensionali.

Inne ogni misura a valore di proiettore può essere decomposta univoca-

mente come somma diretta P n1⊕P n2⊕ ...dove n1, n2, .. sono sottosuccessioni

di 0, 1, 2, ... e i vettori P nj sono uniformemente e mutuamente disgiunti, nj-

dimensionali .

Sia data ora una rappresentazione proiettiva U di un gruppo G localmen-

te compatto e separabile di trasformazioni di S ; un sistema di imprimitività

per U è una coppia formata da una misura a valore di proiettore P tale che

H (P ) = H (U) è un anti omomorsmo h di G nel gruppo degli automorsmi

di Borel del dominio S di P tale che

(a) Se con [x] g indichiamo l'azione di h (g) su x allora g, x→ [x] g è una

funzione di Borel,

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 102

(b) UgPEU−1g = P[E]g−1 per ogni g ∈ G e tutti i sottoinsiemi di Borel

E ⊆ S

Chiameremo S base del sistema di imprimitività .

La classe di misura di P sarà riferita come classe di misura del sistema .

Osservazione 43. Si noti che se PE = 0 allora

0 = Ug−1PEU−1g−1 = P[E]g

per tutti gli g ∈ G. Quindi le classi di misura del sistema sono invarianti

sotto l'azione di G su S .

Estendiamo a questo caso la condizione di ergodicità; anche in questo caso

infatti un sistema di imprimitività è detto ergodico se una classe di misura in

S che è invariante su G non è strettamente assolutamente continua rispetto

alla classe di misura di P associata alla famiglia propria degli insiemi nulli.

Diamo ora una serie di teoremi utili per la formulazione del teorema di

Mackey, essi risultano ampiamente dimostrati in [15]

Teorema 30. Il sistema di imprimitività P,h non sarà ergodico se e solo se

esisterà un PE0 diverso da 0 e I tale che PE0Ug = UgPE0 per tutti gli g ∈ G

Teorema 31. Sia P,h un sistema di imprimitività ergodico per la rappresen-

tazione proiettiva U. Allora P è uniformemente k-dimensionale per un certo

k =∞, 1, 2, ...

Sia ora G gruppo separabile localmente compatto e h un anti omomor-

smo di G nel gruppo degli automorsmi di Borel di S tale che l'applicazione

x, g → [x] g = h (g) (x) è funzione di Borel, sia C la classe delle misure di S

invarianti su G, scegliamo una misura nita di C che realizza P come misura

a valore di proiezione su H (P ) insieme delle funzioni a quadrato sommabile

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 103

rispetto a µ da S in uno spazio di Hilbert k-dimensionale ssato Hk. Per

ogni g ∈ G sia ρg la funzione misurabile su S ovvero la derivata di Radon-

Nikodim della misura E → µ ([E] g) rispetto a µ e sia ρ (g, x) = ρg (x).

Deniamo per ogni f ∈ H (P ) = L2 (s, µ,Hk) e per ogni g∈ G

Wg (f) = g, g (x) = f ([x] g) ρ (g, x) ;

Teorema 32. Per ogni g ∈ G, Wg è operatore unitario, per cui g → Wg è

rappresentazione di G avente P come sistema di imprimitività.

W è univocamente determinato da h e k e la classe di misura di P in-

fatti è vero per la coppia P,W ; possiamo indicarlo come rappresentazione di

permutazione di G denita da h, k e CP

Indicando ora con Up il gruppo di tutti gli operatori unitari di H (P ) che

commutano con tutti i PE, dall'identità WyPEW−1y = P[E]y−1 ne segue una

analoga per Up. Quindi ogni g ∈ G denisce un automorsmo V → g (V ) =

WgVW−1g di Up e l'applicazione di G nel gruppo degli automorsmi di Up cosi

denito è un omomorsmo.

Teorema 33. Sia dato un moltiplicatore ω di una rappresentazione proietti-

va U su G, e sia Q una funzione da G in Up che soddisfa le seguenti condizioni

(a) Qg1g2 = ω (g1, g2)Qg1g1Qg2 per ogni g1, g2 in G

(b) Qe = I

(c) < Qy (f) | ψ > è una funzione di Borel di g per ogni f e ψ in H(P )

allora g → QgWg è una rappresentazione proiettiva di G avente P,h come

sistema di imprimitività;

Viceversa se U è una rappresentazione proiettiva di G avente P,h come

sistema di imprimitività allora esisterà un'unica funzione Q, g → Qg da G

in Up che soddisfano (a),(b),(c) e tale che Ug = QgWg per tutti i g ∈ G

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 104

Teorema 34. Se Q′ e Q soddisfano (a),(b),(c) e, essendo U e U ′ le cor-

rispondenti rappresentazioni di G, esisterà una trasformazione unitaria da

H (P ) in H (P ) che porta U g in U′g e ogni PE in se stesso se e solo se esi-

sterà V ∈ Up tale che per ogni g si ha Q′g = V Qgg (V )−1. Quindi esisterà un

sottospazio proprio chiuso di H (P ) che è invariante sotto tutte le PE e tutti

gli U g se e solo se esisterà un V ∈ Up diverso da un multiplo dell'identità

tale che Qgg (V ) = V Qg per ogni g in G

Osserviamo che un elemento di UP può essere descritto come funzione

da S nel gruppo delle applicazioni unitarie da Hk in Hk; infatti presa una

funzione di Borel A, x → A(x) ∈ Up, nel senso che < A(x)(φ) | ψ > è

una funzione di Borel a valori complessi per ogni φ, ψ ∈ Hk, allora f → ϕ

dove ϕ (x) = A (x) f (x) è un operatore unitario di H (P ) che appartiene ad

Up, questo operatore lo indichiamo con A; inoltre si verica che A1 = A2

se e solo se A1 (x) = A2 (x) per quasi ogni x e che WgAW−1g = B dove

B (x) = A ([x] g) ; segue che ogni membro di Up è della forma A [10, 15]; in

particolare ogni Qy è della forma A e può essere sostituita con una funzione

R su G×S con valori tra le applicazioni unitarie di operatori da Hk in Hk;

ne deduciamo una formulazione diversa del teorema 33.

Teorema 35. Preso un moltiplicatore ω su G, e sia R tale che g, x→ R (g, x)

è una funzione su G×S nel gruppo delle applicazioni unitarie da Hk in Hk

supponendo che R soddis le tre condizioni

(a) per ogni g1, g2 in G, R (g1g2, x)=ω (g1, g2)R (g1, x)R (g2, [x] g1) per

quasi ogni x in S

(b) R (e, x) è l'identità per quasi ogni x in S ;

(c) per tutti i ϕ e ψ in Hk (R (g, x) (ϕ) , ψ) è misurabile come funzione

su G×S e per ogni g ∈ G è misurabile come funzione su S

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 105

allora se poniamo R−g (x) = R (g, x) la funzione che ad g → ˜(R−g ) soddisfa(a),(b),(c) del teorema 33 e quindi g → ˜(R−g )Wg è rappresentazione proiettiva

di G avente P,h come sistema di imprimitività.

Viceversa se U è una rappresentazione proiettiva di G avente P,h come

sistema di imprimitività allora esisterà R che soddisfa (a),(b),(c) e tale che

Ug =(R−g)Wg per ogni g ∈ G. R1 e R2 deniscono lo stesso U se e solo se

sono equivalenti quasi ovunque.

Anche in questo caso abbiamo bisogno di un sistema di imprimitività

transitivo.

Denizione 63. Dato quindi un sistema di imprimitività P, h per una rap-

presentazione proiettiva U di un gruppo separabile e localmente compatto G,

diremo che il sistema è transitivo se il range di h è un gruppo di trasforma-

zioni transitivo da S in S ; ovvero dato un x1, x2 ∈ S esisterà un g ∈ Gtale che [x1] g = x2

Denizione 64. Dati P,h e P',h' due sistemi di imprimitività per la stessa

rappresentazione U diremo che essi sono fortemente equivalenti se esisterà

un isomorsmo di Borel φ della base S di P e della base S ′ di P' tale che

P ′φ(E) = PE

per tutti gli E e h′ (g) = φh (g)φ−1 per tutti gli g ∈ G .

Denizione 65. Se esiste un sottoinsieme di Borel S0 di S tale che S0 è

invariante sotto l'azione di G e PS0 = I chiameremo il sistema di imprimi-

tività ottenuto restringendo p e h (g)a S0 contrazione banale di P,h.

Osservazione 44. Ogni P ha un'unica ovvia estensione al campo di Borel

generato dal suo dominio e dal sottoinsieme nullo di P. Se P ′ è contrazione

di questa estensione di certi campi di Borel che includono il dominio di P ed

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 106

è tale che P ′, h è un sistema di imprimitività che chiameremo completamento

parziale di P,h.

Denizione 66. Si può dire che P ′, h′ e P,h sono equivalenti se il comple-

tamento parziale di una contrazione banale di uno è fortemente equivalente

al completamento parziale di una contrazione banale dell'altro. L'ergodicità

e la dimensionalità sono preservati nel passaggio a sistemi equivalenti.

Teorema 36. Sia P,h un sistema transitivo di imprimitività per una rap-

presentazione U di un gruppo G separabile localmente compatto. Sia S una

base per P e sia x0 un punto di S . Sia K il sottogruppo di G rappresentato

da tutti i g tale che [x0] g = x0. allora K è chiuso e la funzione g → [x0] g

associa le classi laterali di G/K elementi di S in maniera tale da costituire

una equivalenza forte tra il completamento parziale di P, h e il sistema di

imprimitività P ′, h′ dove la base di P ′ è G/K e h′ denisce l'azione canonica

di G su G/K.

Da questo teorema possiamo dedurre il seguente

Teorema 37. Ogni sistema di imprimitività è ergodico .

Inoltre vale anche il seguente

Teorema 38. Sia P,h un sistema di imprimitività ergodico con base S e

sia S lo spazio delle orbite di S sotto G dove un sottoinsieme di S è una

orbita se e solo se se l'insieme di tutti gli [x0] g per un ssato x0 sono in S .

Se il quoziente della struttura di Borel in S è metricamente numerabile e

separato (P,h è equivalente ad un sistema le cui orbite sono numerabilmente

separate, e le orbite sono insiemi di Borel) allora P,h è equivalente ad un

sistema transitivo.

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 107

Ora prendiamo il caso a noi congeniale in cui S sia G/K ovvero lo spazio

delle classi laterali destre denite per un dato sottogruppo chiuso K di G;

ricordiamo che G agisce su G/K canonicamente. Data quindi una funzione

h su G/K esiste un unica funzione h0 su G tale che

h0 (ξg) = h0 (g)

per tutti i ξ ∈ G e h (c (g)) = h0 (g) ,dove (c (g)) indica le classi laterali K

dove vive g.

Sostituiamo ora la funzione R su G × G del teorema 35 con la funzione

R0 denita anche su G×G.Le rispettive condizioni saranno

(a′) ∀g1, g2 ∈ G R0 (g1g2, g) = ω (g1, g2)R0 (g1, g)R0 (g2, g) per quasi ogni

g ∈ G.

(b′) R0 (e, g) = I per quasi ogni g ∈ G.

(c′) ∀ ϕ e ψ in Hk la funzione < R0 (g1, g) (ϕ) | ψ > è misurabile su G×Ge per ogni g1 è misurabile in G.

Per facilitare, per un generico operatore a valori funzionali chiameremo

una funzione q → A (q) misurabile, di Borel, continua, ecc., se lo è la funzione

< A (q)ϕ | ψ > per ogni ϕ e ψ nel rispettivo spazio di Hilbert.

Lemma 5. Sia B una funzione misurabile di Borel su G negli operatori

unitari di Hk, e ω un moltiplicatore. Sia

RB (g1, g) =(B−1 (g)B (gg1)

)/ω (g, g1)

esso soddisfa (a′),(b′),(c′). Viceversa se R soddisfa (a′),(b′),(c′) esisterà una

funzione di Borel tale per cui R (g1, g) = RB (g1, g) per tutte le coppie g1, g .

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 108

Inoltre RB1 (g1, g) = RB2 (g1, g) per quasi ogni coppia se e solo se esisterà un

operatore unitario M tale che B2 (g) = MB1 (g) per quasi ogni g.

Lemma 6. Sia ora R che soddisfa (a′), (b′), (c′) e R (g1ξ, g) = R (g1, g) per

ogni ξ ∈ K e ogni g ∈ G. L'operatore B del lemma precedente può essere

denito come B (ξg) = ω (ξ, g)LξB (g) per ogni ξ ∈ K e ogni g ∈ G, dovecon ξ → Lξ indichiamo la rappresentazione di K che entro una equivalenza

è univocamente determinata da R.

Sia ora ssata la misura µ, un elemento dell'unica classe di misura in-

variante in S = G/K e P e W con le caratteristiche citate nei teoremi

precedenti. Denendo h come l'azione canonica da G in G/K . Prendiamo

una funzione B di Borel da G negli operatori unitari in Hk tale che

B (ξg) = ω (ξ, g)LξB (g)

per ogni coppia ξ, g ∈ K×G, dove L è sempre una rappresentazione proiettiva

di K che risulta univocamente determinata da B la indicheremo con LB.

Considerando quindi B (detta ω-K funzione) e il relativo RB indicato

nel lemma 5 considerando R′B (g1, c (g)) = RB (g1, g) per ogni coppia g1, g

in G × G, applicando ad essi i teoremi 33 e 35 abbiamo che sarà denita

una rappresentazione di G avente P come sistema di imprimitività; questa

rappresentazione dipenderà da B e la indicheremo con V B. Presi due ω−Kfunzioni B1 e B2 e dato un membro T dello spazio vettoriale R

(LB1 , LB2

)di

tutti gli operatori tra LB1 e LB2 , ne deduciamo che per ogni ξ ∈ K e g ∈ G

B−12 (ξg)TB1 (ξg) = B−1

2 (ξg)TLξ (g)B1 (g)ω (ξ, g) = B−12 (g)TB1 (g) ;

ponendo quest'ultimo uguale a CT (c (g)) , CT sarà denito in modo non

ambiguo come operatore a valori funzionali su G/K. Considerando la tra-

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 109

sformazione lineare limitata T di H (P ) in se stesso tale che

T (f) (t) = CT (t) f (t)

per tutti t ∈ S , abbiamo il seguente

Teorema 39. Ogni rappresentazione proiettiva di G avente P,h come sistema

di imprimitività è della forma V B per una data ω −K funzione B.

Prese due di queste B1 e B2, allora T → T è un isomorsmo dello

spazio vettoriale R(LB1 , LB2

)sullo spazio vettoriale di tutte i membri di

R(V B1 , V B2

)che commutano con tutti i PE; se B1 = B2 esso è un isomor-

smo di anelli.

Ne deduciamo due corollari

Corollario 4. Esisterà un operatore unitario che costituisce una equivalen-

za tra la coppia P,V B1 e la coppia P,V B2 se è solo se LB1 è equivalente a LB2 .

Corollario 5. LB1 è irriducibile se e solo se sottospazi chiusi propri di H (P )

non sono invarianti sotto tutti i V B1 e tutti i PE.

Nella dimostrazione del lemma 6 [15] si può vedere che L è della forma

LB dal corollario 4 la classe di equivalenza di P,V B non dipende dalla scelta

particolare di B e non cambia se L viene sostituita con una rappresentazione

proiettiva equivalente su K . Trovare una rappresentazione proiettiva gene-

rale di G con P, h sistema di imprimitività si riduce a trovare una rappresen-

tazione proiettiva generale L di K; vi è una corrispondenza tra le relazioni di

equivalenza di G con quelle diK che tra l'altro è proprio il risultato essenziale

del teorema:

L→ UL

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 110

Teorema 40. Siano G,P ,h,K come deniti in precedenza; sia B ω − K.

Allora la coppia P, V B è equivalente ad una coppia ULB , dove quest'ultima

indica una rappresentazione usuale di G indotta da LB di K.

Possiamo aermare che ad una rappresentazione indotta UL può essere

associato un sistema di imprimitività basato su G/K. Infatti si può prendere

P, h, dove PE sarà dato dalla moltiplicazione di h (azione canonica di G su

G/H ) per la funzione caratteristica su E . Inoltre la trasformazione unitaria

costituisce una equivalenza tra µ1UL e µ2UL, dove µ1 e µ2 sono misure quasi

invarianti dierenti in G/K, essa costituisce inoltre una equivalenza tra le

corrispondenti P ′. Quindi le coppie P ,UL sono denite a meno di equivalenze

date da L . Formuliamo ora il teorema in questione per le rappresentazioni

proiettive.

Teorema 41. Sia G un gruppo separabile localmente compatto , sia K un

suo sottogruppo chiuso e sia ω un moltiplicatore su G . Sia V una rappre-

sentazione proiettiva di G e P ′ una misura a valore di proiezione con base

G/K tale che P ′, h è un sistema di imprimitività per V. Allora esisterà una

rappresentazione proiettiva L di G tale che la coppia P ′, V è equivalente ad

una coppia P,UL dove P,h è un sistema di imprimitività canonico per UL

con base di G/K. se L1 e L2 sono due rappresentazioni proiettive di K e

P 1, h , P 2, h due corrispondenti sistemi di imprimitività canonici, allora le

coppie P 1, UL1, P 2, U

L2 sono equivalenti se e solo se L1 e L2 sono due rap-

presentazioni proiettive equivalenti di K . Inne la commuting algebra di L

è isomorfa all'intersezione delle commuting algebra di P e UL.

R (L,L) ' R(UL, UL

)∩R (P, P ) .

Come visto R (L,M) è l'insieme di tutti gli operatori lineari T da H(L)

in H (M) tali che TLg = MgT (intertwining operator) per ogni g ∈ G,

R (L,M) è uno spazio vettoriale. Preso L = M , R (L,M) = R (L,L) è una

CAPITOLO 3. Teorema di Mackey 111

sottoalgebra di tutti gli operatori limitati in H ed è detta commuting algebra

di L [17, 18]. Se R (L,M) contiene una applicazione unitaria U da H (L) in

H (M) allora ULgU−1 = Mg eM e L sono dette rappresentazioni equivalenti

di G.

Capitolo 4

Applicazione del teorema di

Imprimitività di Mackey

Passiamo ora ad analizzare una delle applicazioni pratiche del teorema di

Imprimitività di Mackey; ci occuperemo di ricavare le rappresentazioni pro-

iettive del gruppo di Galilei G. Nel fare questo seguiremo un approccio che

miri a formulare una teoria indipendente dal particolare sistema sico.

4.1 Applicazione al gruppo di Euclide

Per applicare il teorema citato dobbiamo come prima cosa specicare gli

oggetti in gioco; prenderemo come gruppo G il gruppo E delle trasformazioni

di Euclide; come K il gruppo delle rotazioni SO(3) sottogruppo di E .Andiamo come prima cosa alla ricerca del sistema di imprimitività e della

rappresentazione indotta che verranno sfruttate ai ni dell'applicazione del

teorema.

Nel capitolo 1 abbiamo esplicitato la proprietà per il quale le trasformazio-

ni di simmetria quantistica preservano le relazioni funzionali tra le osservabili

112

CAPITOLO 4. Applicazione teorema di Mackey 113

che risultano del seguente tipo

f (A)′ = f (A′) ,

dove A′ è l'operatore che corrisponde all'osservabile A′ (il risultato della

trasformazione di A) e A è l'operatore corrispondente ad A nello spazio di

Hilbert H inoltre cosa importante visto il legame tra le trasformazioni di

simmetrie quantistiche e le trasformazioni di Wigner, applicando il teorema

di Wigner ci assicuriamo l'esistenza di un operatore unitario o antiunitario

U : H → H

tale per cui

A′ = UAU−1,

e da essa ricaviamo una relazione tra le rispettive risoluzioni dell'identità

rispettivamente di A e A′, considerando la funzione caratteristica φ∆ di un

intervallo

4 = (−∞, λ]

e considerando l'operatore E (4) = φ4 (A) , ricaviamo

UEλU−1 = Uφ4 (A)U−1 = φ4

(UAU−1

)= E′λ;

da ciò ne consegue che

E′λ = UEλU−1. (4.1)

Osserviamo che l'applicazione

4→ E (4)

è una misura a valore di proiezione; in aggiunta essa verica la relazione

CAPITOLO 4. Applicazione teorema di Mackey 114

equivalente alla (4.1)

UgE(4)U−1g = E(g−1(4))

che rappresenta e denisce un sistema di imprimitività relativo alla rappre-

sentazione unitaria U del rispettivo gruppo transitivo G di trasformazioni

nello spazio SConsideriamo ora come gruppo G, il gruppo di Euclide E come gruppo

di trasformazioni di R3, cioè il gruppo delle rototraslazioni nello spazio delle

coordinate di R3. Vediamo come possiamo ottenere una rappresentazione uni-

taria del gruppo di Euclide, come indotta da una rappresentazione unitaria

del gruppo delle rotazioni SO(3).

Il gruppo E agisce transitivamente su R3; infatti per ogni coppia di punti

p1, p2 ∈ R3 esiste un g ∈ E tale che

g (p1) = p1g = p2;

dalla transitività di azione di E deduciamo che possiamo considerare il sot-

togruppo delle trasformazioni che lasciano sso p0

Kp0 = h ∈ E |p0h = p0 ;

questo sottogruppo appena denito non è altro che il gruppo delle rotazioni

attorno a p0. Ne segue dunque che

R3 ≡ E/Kpo .

Consideriamo una rappresentazione unitaria diKp0 nello spazio di Hilbert

H0 = H (D)

k → Dk.

Dato che il sistema di imprimitività come base R3 possiamo scegliere come

CAPITOLO 4. Applicazione teorema di Mackey 115

spazio di Hilbert

H = L2(R3;H0) =

f : R3 → H0 |

ˆR3

‖f (−→x )‖2H0d−→x 3 <∞

.

Preso un elemento g ∈ E esso risulta decomponibile in una rotazione e una

traslazione

g (x) = k (−→x ) +−→τ .

Allora possiamo denire, preso un elemento dello spazio di Hilbert f ∈ H,

(Ugf) (p) = Dkf (g (p)) ,

l'operatore Ug è unitario e l'applicazione

g → Ug

è una rappresentazione unitaria di E .

Denizione 67. Data quindi una rappresentazione unitaria

D : Kp0 → U (H0) ,

diremo che la rappresentazione

E 3 g → Ug ∈ H

costruita sopra è la rappresentazione di E indotta dalla rappresentazione D

del sottogruppo Kp0 .

Come visto nelle sezioni precedenti riguardo al sottogruppo Kp0 il risulta-

to è indipendente dalla particolare scelta del punto p0, per cui ci restringiamo

al caso in cui scegliamo p0 l'origine del sistema di riferimento in R3; quin-

di con questa scelta particolare abbiamo che il nostro sottogruppo Kp0 che

CAPITOLO 4. Applicazione teorema di Mackey 116

lascia ssa l'origine corrisponde al gruppo delle rotazioni intorno all'origine,

ovvero SO (3) . Avremo di conseguenza che

R3 ≡ E/SO (3) ;

data dunque una rappresentazione di SO (3)

R→ D (R)

nello spazio di Hilbert H0 , e sia g ∈ E con g = (−→τ , R), allora la corrispon-

denza

g → Ug

tale che

(Ugf)(p) = D(R)f(g(p))

è la rappresentazione indotta dalla rappresentazione unitaria del sottogruppo

SO(3).

Denizione 68. Anche in questo caso possiamo estendere il tutto a rappre-

sentazioni proiettive

È possibile costruire un sistema di Imprimitività per la rappresentazione

indotta, come visto prendendo un Boreliano del tipo 4 ⊆ R3 denendo

l'operatore

E (4) : L2(R3,H0

)→ L2

(R3,H0

)di modo che

(E (4) f) (−→x ) = φ4 (−→x ) f (−→x )

è una misura a valore di proiezione che inoltre verica la relazione caratte-

rizzante un sistema di imprimitività

UgE(4)U−1g = E(g−1(4)).

CAPITOLO 4. Applicazione teorema di Mackey 117

Pertanto, essa è un sistema di imprimitività relativo alla rappresentazione

indotta U . Il teorema di Mackey, che ci accingiamo a presentare per questo

caso particolare, stabilisce che vale il viceversa: ogni sistema di imprimiti-

vità relativo a una rappresentazione del gruppo di Euclide è unitariamente

equivalente a una rappresentazione indotta da una rappresentazione di SO(3).

Osservazione 45. L'esistenza di una misura a valore di proiezione

4→ E (4)

che soddisfa la relazione

UgE(4)U−1g = E(g−1(4))

è equivalente ad una terna di operatori autoaggiunti−→F =(Fx, Fy, Fz) tali che

Ug−→F U−1

g = g−1(−→F ).

Enunciamo ora il teorema di Mackey per questo particolare caso.

Teorema 42. Sia data

U : E →U (H)

una rappresentazione unitaria del gruppo di Euclide E. Sia−→F una terna di

operatori autoaggiunti per cui, per ogni g ∈ E

Ug−→F U−1

g = g−1(−→F ).

La rappresentazione è unitariamente equivalente a una rappresentazione in-

dotta da una rappresentazione

D : SO (3)→ U (H0) ,

CAPITOLO 4. Applicazione teorema di Mackey 118

ovvero U e F formano un sistema di imprimitività basato su R3. Inoltre, nella

rappresentazione indotta si ha che

(Fαf) (−→x ) = xαf (−→x )

e di conseguenza

(Pαf) (−→x ) = −i∂f (−→x )

∂xα.

Esiste la generalizzazione al caso di rappresentazioni proiettive, con il

seguente

Teorema 43. Sia data

U : E →U (H)

una rappresentazione proiettiva unitaria del gruppo di Euclide E. Sia−→F una

terna di operatori autoaggiunti per cui, per ogni g ∈ E

Ug−→F U−1

g = g−1(−→F ).

La rappresentazione U è unitariamente equivalente a una rappresentazione

indotta da una rappresentazione proiettiva

D : SO (3)→ U (H0) .

Nella rappresentazione proiettiva indotta si ha che

(Fαf) (−→x ) = xαf (−→x )

e di conseguenza

(Pαf) (−→x ) = −i∂f (−→x )

∂xα.

CAPITOLO 4. Applicazione teorema di Mackey 119

4.2 Applicazione al gruppo di Galilei

Mostreremo in questo paragrafo come ottenere un teorema di rappresenta-

zione del gruppo di Galilei G tramite il teorema di Mackey.

Ciò permetterà di individuare tutte le rappresentazioni proiettive del

gruppo di Galilei.

Osserviamo che se

g → Ug

è una qualsiasi rappresentazione proiettiva di G sullo spazio di Hilbert H.Esistono 9 generatori Hermitiani Px, Py, Pz; Jx, Jy, Jz;Gx, Gy, Gz, e un nume-

ro reale µ tali che [19]:

[Jα, Pβ] = iεα,β,γPγ; [Jα, Gβ] = iεα,β,γGγ;

[Jα, Jβ] = iεα,β,γJγ; [Pα, Pβ] = 0;

[Gα, Gβ] = 0; [Gα, Pβ] = iδα,βµ.

Denendo ora la terna di operatori autoaggiunti−→F =

−→Gµessa soddisfa,

per ogni g ∈ E , la relazione

Ug−→F U−1

g = g−1(−→F ).

La terna di operatori−→F , o equivalentemente la misura spettrale di R3

4→ E (4) ,

associata ad essa, costituisce allora un sistema di imprimitività relativo alla

rappresentazione proiettiva g → Ug del gruppo di Euclide E , ottenuta restrin-gendo a E la rappresentazione proiettiva del gruppo di Galilei G. Ciò per-

mette di applicare il teorema di Mackey generalizzato, ottenendo il seguente

teorema di rappresentazione.

CAPITOLO 4. Applicazione teorema di Mackey 120

Teorema 44. Teorema di rappresentazione del gruppo di Galilei Sia

U : G → U(H)

una rappresentazione proiettiva del gruppo di Galilei G , con generatori Her-

mitiani Px, Py, Pz; Jx, Jy, Jz;Gx, Gy, Gz, caratterizzati dalla regola di commu-

tazione [Gα, Pβ] = iδα,βµ.

Allora la restrizione a E di

U : G → U(H)

è unitariamente equivalente a una rappresentazione proiettiva di E indotta

da una rappresentazione proiettiva

D : SO(3)→ U(H0);

dove−→F =

−→G

µ= (Fα, Fβ, Fγ)

La terna di operatori autoaggiunti−→F nella rappresentazione indotta è denita

da

(Fαf) (−→x ) = xαf (−→x ) .

Pertanto, tutti i generatori della Rappresentazione proiettiva di G sono iden-

ticati nella rappresentazione indotta di E individuata:

H = L2 (R3,H0);

(Pαψ) (−→x ) = −i∂ψ(−→x )∂xα

;

(Gαψ) (−→x ) = µ (Fαψ) (−→x ) = µxαψ (−→x ).

CAPITOLO 4. Applicazione teorema di Mackey 121

Il teorema di rappresentazione così ottenuto vale per ogni sistema quanti-

stico per il quale G è un gruppo di trasformazioni di Simmetria Quantistiche.

Esso permette di individuare il tipo di spazio di Hilbert per formulare la teo-

ria quantistica di un tale sistema e di individuare concretamente i generatori

hermitiani e quindi la rappresentazione proiettiva in gioco. Per esplicitare

completamente la teoria del sistema occorre identicare gli operatori corri-

spondenti alle osservabili speciche del sistema specico considerato. Natu-

ralmente, questi dipendono dal sistema specico considerato. Ogni sistema

specico è caratterizzato da una specica famiglia di osservabili, in generale

diversa per diversi sistemi. Pertanto, per esplicitare completamente la teoria

bisogna essere in grado, per il sistema specico considerato, di specicare

concretamente la specica famiglia di operatori corrispondenti alle osserva-

bili del sistema.

Osservazione 46. Osserviamo che è possibile, tramite le proprietà struttu-

rali, ovvero le regole di commutazione tra i generatori hermitiani, del gruppo

di Galilei e le regole di commutazione trovate, ottenere l'identicazione tra

osservabili e operatori per una particella libera localizzabile corrispondente

alla rappresentazione proiettiva di dimensione 1 di SO(3),

D0 : SO (3)→ U (C)

R→ D0 (R) = eif(R).

La teoria conseguente risulterà coincidente con l'usuale meccanica quantisti-

ca di una particella di spin 0 (senza spin). L'identicazione degli operatori

posizione e velocità non sarà postulata, ma sarà il risultato di proprietà di

simmetria e covarianza del gruppo di Galilei G . Come risultato del teore-

ma di Mackey quindi avremo che, ogni rappresentazione proiettiva (volendo

anche irriducibile) del gruppo di Galilei, caratterizzata da un dato valore del

CAPITOLO 4. Applicazione teorema di Mackey 122

parametro µ, risulta equivalente ad una rappresentazione indotta, da una

rappresentazione (volendo irriducibile) del gruppo delle rotazioni SO(3). Il

caso più semplice si ottiene considerando e scegliendo,

H0 = C.

Tra tutte le rappresentazioni proiettive del gruppo delle rotazioni troviamo

la rappresentazione di dimensione 1:

D0 : SO (3)→ U (C)

R→ D0 (R) = I

Ogni altra rappresentazione proiettiva di dimensione 1, Df0 (R) = eif(R), è

riconducibile banalmente a D0, moltiplicando Df0 (R) per e−if(R). Allora lo

spazio di Hilbert risulterà

H = L2(R3;C).

Per eetto del teorema di Mackey, abbiamo visto che la terna di operato-

ri autoaggiunti−→F =

−→G/µ, nella rappresentazione indotta, ha la seguente

espressione

(Fαf) (−→x ) = xαf (−→x )

Di conseguenza, si ha che la terna di generatori hermitiani−→P rappresentanti

le traslazioni spaziali assume la forma

(Pαψ) (−→x ) = −i∂ψ (−→x )

∂xα

otterremo inoltre tramite le regole di covarianza l'identicazione della posi-

zione e della velocità di una particella che saranno del tipo

(Qαf) (−→x ) = xαf (−→x )

CAPITOLO 4. Applicazione teorema di Mackey 123

da Qα = Fα, e dalla relazione Vα = Pαµ

(ottenute tramite regole di commuta-

zione e covarianza)

(Vαψ) (−→x ) = − iµ

∂ψ (−→x )

∂xα.

Appendice

La trattazione di Wigner sulle rappresentazioni

proiettive di SO(3)

In questo capitolo presenteremo la trattazione di Wigner sulle rappresen-

tazioni proiettive unitarie del gruppo delle rotazioni tridimensionali SO(3),

viste come, e ricavate dalle, rappresentazioni unitarie di SU(2) questo è pos-

sibile farlo perché, per quanto detto nel capitolo 2 esiste un omomorsmo

tra SO(3) e SU(2), e anche per il fatto che SU(2) risulta essere il rivesti-

mento universale di SO(3), e quindi le rispettive rappresentazioni possono

essere identicate le une con le altre. Prenderemo in considerazione per fare

questo, il gruppo delle trasformazioni non omogenee di Lorentz anche cono-

sciuto come gruppo di trasformazioni di Poincarè, del quale il gruppo SO(3)

e SU(2) sono sottogruppi, considerando quindi le rappresentazioni proiettive

irriducibili di un suo sottogruppo, avremo quelle cercate.

Denizioni preliminari

Denizione 69. Date due rappresentazioni esse sono dette sicamente equi-

valenti se esiste una corrispondenza uno a uno tra gli stati di una e quelli

dell'altra che risultano essere:

1. Invarianti sotto le trasformazioni di Lorentz

124

APPENDICE La trattazione di Wigner 125

2. Di caratteristiche tali che le transizioni di probabilità tra stati corri-

spondenti sia la stessa.

La seconda condizione sta a signicare che esisterà un operatore unitario

S che permette di derivare il secondo stato Φ(2) relativo alla seconda rappre-

sentazione per mezzo del rispettivo stato Φ(1) relativo alla prima rappresen-

tazione nel modo seguente

Φ(2) = SΦ(1)

discorso analogo per il coniugato di Φ(2).

La prima condizione ci dice, nel caso in cui gli stati Φ(1) e Φ(2) corrispondo-

no reciprocamente, in un sistema di coordinate a D(1) (L) Φ(1) e D(2) (L) Φ(2)

si ha che esiste un operatore S per cui

D(2) (L) Φ(2) = SD(1) (L) Φ(1) = SD(1) (L)S−1Φ(2)

e cosi come al caso di Φ(2), l'esistenza di questo operatore unitario S fa si che

esso si trasformi bene con Φ(1), stessa cosa accade a D(2) (L) e D(1) (L) nel

caso valgono le su dette caratteristiche anche per essi.

Denizione 70. Dato un operatore D (L) di una rappresentazione unita-

ria, si può considerare un algebra di operatori limitati su esso, cioè una

combinazione lineare del tipo

a1D (L1) + a2D (L2) + a3D (L3) + ...

tale che D (L) è il limite di questa combinazione lineare formata da operatori

limitati.

Detto ciò, possiamo distinguere tre classi di rappresentazioni:

1. La classe formata dalle rappresentazioni irriducibili. Una rappresenta-

zione irriducibile è un tipo di rappresentazione che contiene operatori limitati.

APPENDICE La trattazione di Wigner 126

o meglio dire se prendiamo ψ e ϕ stati arbitrari, ci sarà un operatore A con

le caratteristiche della denizione 70 per cui

Aψ = ϕ, Aψ′ = 0 se ψ′ ⊥ ψ

In questo caso il centro dell'algebra (gli operatori lineari che commutano

con gli elementi della rappresentazione) contiene soltanto l'operatore unità e

i suoi multipli infatti se C è un elemento del centro, possiamo decomporre

Cψ come

Cψ = αψ + ψ′, ψ′ ⊥ ψ

tuttavia ψ′ deve annullarsi altrimenti C non commuterebbe con gli operatori

che lasciano invariato ψ e trasformano ogni funzione ortogonale ad essa in

zero, per una ragione simile α deve essere la stessa per tutti gli ψ.

Per rappresentazioni irriducibili non ci sono varietà lineari chiuse di stati

(ad eccezione della classe di tutti gli stati) che sono invarianti sotto le trasfor-

mazioni di Lorentz, (ovvero quelle tali che se contengono ψ di conseguenza

conterranno anche D (L)ψ). Infatti in accordo con la denizione un ϕ′ arbi-

trariamente chiuso di un dato ϕ può essere rappresentato come combinazione

lineare nita

a1D (L1)ψ + a2D (L2)ψ + ...+ anD (Ln)ψ

quindi una varietà lineare chiusa contiene tutti gli stati se essa ne contiene

uno. Questa è infatti la più consueta denizione di rappresentazione irridu-

cibile e sarà usata successivamente. Si può far notare che tutte le rappresen-

tazioni nite dimensionali sono somma di rappresentazioni irriducibili. Non

possiamo dire altrettanto nel caso fossimo in dimensione innita, ciò infatti

non è in generale vero.

2. La classe delle rappresentazioni fattoriali. Una rappresentazione fatto-

riale ha la caratteristica che il centro della rappresentazione contiene soltanto

APPENDICE La trattazione di Wigner 127

i multipli dell'identità. Da quanto detto e denito in precedenza se ne deduce

che, se una rappresentazione è irriducibile è anche fattoriale ma non vicever-

sa. Per rappresentazioni nite dimensionali le fattoriali possono contenere le

irriducibili più volte.

3. La classe delle rappresentazioni unitarie. Riguardo questa classe di

rappresentazioni, denite negli scorsi capitoli possiamo dire che ogni rap-

presentazione unitaria in dimensione nita può essere decomposta prima in

rappresentazione fattoriale e questi a loro volta in irriducibili.

Un altro modo di denire le rappresentazioni irriducibili è per mezzo dei

sottospazi invarianti e del teorema di Schur.

Data una rappresentazione

S : V→ V

g → Sg

lineare e bijettiva, possiamo pensare di prendere un sottospazio di V, Movvero tale che M ⊆ V per poi considerare la restrizione di S a M

S|M : M →?

il punto interrogativo è stato messo proprio per porre l'attenzione sullo spazio

di arrivo, infatti in base a dove si nisce si può denire un sottospazio come

invariante o meno, si può nire sia in V che in M, se accade di nire in M

siamo in presenza di sottospazio invariante. Diamo quindi la seguente:

Denizione 71. M è un sottospazio invariante rispetto alla rappresentazio-

ne Sg se ∀gSg (M) ⊆M

ovvero Sgy ∈M , ∀y ∈M .

APPENDICE La trattazione di Wigner 128

Inoltre se verichiamo la validità della proprietà di bijettività e di omo-

morsmo, la rappresentazione è detta riducibile ad M e possiamo dare la

seguente:

Denizione 72. Sia data la rappresentazione

S : G→ L (V )

con M invariante rispetto a S, denisco

g 7→ Rg : M →M

tale che

Rgy = Sgy ∈M, ∀y ∈M,

si ha che Rg è biezione di M perché lo è Sg infatti se considero h = g−1,

Rh = Sg−1 = (Sg)−1 ⇒ RhRgy = y quindi ogni restrizione è biezione ed

inoltre verica la proprietà di omomorsmo

Rg1g2 = Rg1Rg2

che viene ereditato dall'omomorsmo di S

Rg1g2 = Sg1g2y = Sg1 (Sg2y) = Sg1Rg2y = Rg1Rg2y

in questo caso si dice che la rappresentazione è riducibile ad M

Diamo ora la seguente denizione che mette insieme quanto detto

Denizione 73. S è riducibile se ∃ un sottospazio invariante M 6= 0 ,Vdi V con M è invariante rispetto a S

per una caratterizzazione sulla irriducibilità diamo i seguenti lemmi uno

dato da Schur

APPENDICE La trattazione di Wigner 129

Lemma 7. se ( M invariante ⇒ M = 0 oM = V )

⇒S irriducibile

Lemma 8. Lemma di SCHUR:

se valgono le seguenti ipotesi

1. V spazio complesso

2. V dimensione nita

Allora

Se S è irriducibile

⇒(Se A operatore lineare di V A : V → V commuta con gli elementi della

rappresentazione ovvero ASg = SgA, ∀g ∈ G )⇒ (A = λ1)

Dimostrazione. Da (1) e (2) ∃ λ0 ∈ C e x ∈ V\0, tale che Ax = λ0x (esiste

autovalore complesso) prendo A = (ajk =< uj, uk >) ; det(A− λ01

)= 0 ne

deduciamo che è possibile individuare M = y ∈ V, Ay = λ0y 6= 0 cherisulta invariante rispetto alla rappresentazione, inoltre

ASgy =commutano

SgAy =y∈M

λ0Sgy ⇒ Sgy e autovettore;

siccome M è invariante, dal fatto che S è irriducibile si haM = V :

Ax = λ0x, ∀x ∈ V ⇒ A = λ01

APPENDICE La trattazione di Wigner 130

Lemma 9. Inverso lemma di Schur: Sia S : G→ L (V )una rappresentazio-

ne del gruppo G, dove

1. V complesso

2. dimV = n

3. S unitaria Sg ∈ L (V ) ,(S−1g = S∗g

)Allora

(Se ogni operatore lineare A di V che commuta con tutti gli elementi della

rappresentazione, è un multiplo dell'identità ovvero se (ASg = SgA, ∀g ∈ G)

⇒ (A = λ1)

⇒S è irriducibile

Dimostrazione. Per assurdo supponiamo S non sia irriducibile; ne deducia-

mo che esisterà un sottospazio invariante M 6= 0 , V ; allora anche M⊥ è

invariante da (3) . Prendendo l'operatore di proiezione che proietta su M:

p = pM 6= λ1; si ha pSg = Sgp poiché

pSgy = pSg

(y1∈M

+ y0∈M⊥

)=

linearitapSgy1 + pSgy2 = pSgy1 = Sgy1;

dal fatto che Sgy2 ∈ M⊥ perché M⊥ è invariante e quindi p = pM applicato

ad un elemento dello spazio ortogonale si annulla, inoltre analogamente

Sgpy = Sgp

(y1∈M

+ y0∈M⊥

)=

linearitaSgpy1 + Sgpy2 = Sgpy1 = Sgy1.

Tutto questo porta ad una contraddizione dell'ipotesi M 6= 0 , V dovrebbe

far si che p = λ1.

APPENDICE La trattazione di Wigner 131

Gruppo delle trasformazioni non omogenee di Lorentz

Passiamo ora a denire il gruppo delle trasformazioni non omogenee di Lo-

rentz ed alcune sue caratteristiche. Il gruppo delle trasformazioni non omo-

genee di Lorentz, conosciuto anche come gruppo di Poincarè, comprende le

isometrie dello spazio di Minkowski, ovvero tali elementi sono quelle trasfor-

mazioni che lasciano invariata, dato un quadrivettore q = (x1, x2, x3, x4), la

forma quadratica −x21 − x2

2 − x23 + x2

4. In maniera formale possiamo dire che

è l'insieme delle trasformazioni L = (a,Λ), dove a è un vettore reale e Λ una

matrice a coecienti reali, che corrispondono al prodotto semidiretto di una

traslazione del quadrivettore q di parametro il vettore a del seguente tipo:

x′i = xi + ai i = 1, 2, 3, 4

e di una trasformazione detta omogenea di Lorentz Λ di coecienti reali e

del tipo:

x′i =4∑i=1

Λikxk

osserviamo che la traslazione sarà applicata dopo la trasformazione omoge-

nea.

I coecienti della trasformazione omogenea sono presi in modo che sod-

disfano le seguenti condizioni:

1. I rispettivi coecienti Λik risultano reali e tale per cui Λ come prean-

nunciato lascia la forma quadratica −x21 − x2

2 − x23 + x2

4 invariata ovvero in

formula

ΛFΛ† = F (4.2)

APPENDICE La trattazione di Wigner 132

dove la matrice F sarà del seguente tipo:

F =

−1

−1

−1

1

e con Λ† sarà indicato la trasposta di Λ;

2. Il determinante della matrice Λ è tale per cui |Λik| = 1

3. Inoltre il coeciente Λ44 > 0.

Possiamo denire ora un prodotto hermitiano di Lorentz di due quadri-

vettori x e y nel seguente modo, in modo da ottenere una caratterizzazione

in base al suo valore:

x, y = −x∗1y1 − x∗2y2 − x∗3y3 + x∗4y4 (4.3)

dove in questo caso lo star denota il coniugato della componente su cui è po-

sto. Da esso possiamo caratterizzare quindi il vettore x generico in questione

come :

1. Se x, x < 0 il vettore x è chiamato Space-like;

2. Se x, y > 0 il vettore x è chiamato Time-like;

3. Se x, y = 0 il vettore è detto nullo;

4. Un vettore Time-like reale vive nel cono di luce positivo se x4 > 0,

viceversa se x4 < 0 vivrà nel cono di luce negativo;

5. Due vettori sono detti ortogonali se x, y = 0.

APPENDICE La trattazione di Wigner 133

Osservazione 47. Se la trasformazione eseguita e solamente del tipo omo-

geneo quindi senza una traslazione, il particolare sottogruppo è denito come

gruppo delle trasformazioni omogenee di Lorentz.

Possiamo denire un prodotto tra elementi di questo gruppo nel modo

seguente.

Dati due trasformazioni non omogenee (b,M), (c,N) deniamo

(b,M) (c,N) = (a,Λ)

dove

Λik =∑j

MijNjk; ai = bi +∑j

Mijcj

che possiamo scrivere nella forma matriciale

Λ = MN ; a = b+Mc

Osservazione 48. Dal punto di vista sico possiamo aermare che la tra-

sformazione omogenea di Lorentz può essere vista come una trasformazione

del sistema di coordinate in moto uniforme, con l'origine che coincide al

tempo t = 0 con l'origine del primo sistema di coordinate (quello a riposo).

si può quindi eseguire prima una rotazione che porta la direzione del movi-

mento del secondo sistema (quello in moto) in una data direzione detta del

terzo asse e in modo da impartirgli una velocità lungo questa direzione da

portarla al sistema di coordinate a riposo. per questo i due sistemi di coordi-

nate possono dierire soltanto di una rotazione. Questo ci porta a dire che

ogni trasformazione omogenea di Lorentz può essere decomposta nel seguente

modo

Λ = RZS

dove R e S risultano essere delle rotazioni pure ovvero i coecienti soddisfano

APPENDICE La trattazione di Wigner 134

le proprietà che seguono

Ri4 = R4i = Si4 = S4i = 0 i 6= 4

R44 = S44 = 1,

R† = R−1,

S† = S−1

e Z è una accelerazione nella direzione del terzo asse che è rappresentata dal

seguente tipo di matrice

Z =

1 0 0 0

0 1 0 0

0 0 a b

0 0 b a

a2 − b2 = 1, a > b > 0.

La decomposizione non è unica, ma tuttavia Z è univocamente determinata

ovvero è la stessa per ogni decomposizione. Infatti possiamo vedere che la

traccia di ΛΛ† = RZ2R−1 è uguale alla traccia di Z2 ovvero

2a2 + 2b2 + 2 = 4a2 = 4b2 + 4

ciò dimostra appunto che Z è univocamente determinata. Nel caso in cui Λ

sia una rotazione pura abbiamo che ΛΛ† = 1 si ha che Z è la matrice identità

quindi a = 1, b = 0 d'altro canto se Z è l'identità Λ stessa è una rotazione

poiché composizione di rotazioni .

Possiamo dire del gruppo delle trasformazioni omogenee di Lorentz che

esso risulta essere un gruppo semplice, ovvero ha come sottogruppi normali

(invarianti per coniugazione) quelli banali ovvero il vuoto e se stesso. Ciò lo

deduciamo dal fatto che come prima cosa si può mostrare che un sottogruppo

normale (invariante per coniugazione) del gruppo di Lorentz delle trasforma-

APPENDICE La trattazione di Wigner 135

zioni omogenee ovvero le trasformazioni che lasciano invariante x4 contiene

le rotazioni, inoltre esso stesso oltre a contenere le rotazioni , contiene anche

l'intero gruppo di Lorentz omogeneo. Segue anche da questo che il gruppo

di Lorentz omogeneo oltre alla rappresentazione con la matrice unità ha sol-

tanto rappresentazioni ordinarie. Segue allora che hanno tutte dimensione

innita. poiché non ne può avere ordinarie rappresentazioni di dimensione

nita [4]

Denizione 74. Nel caso di un gruppo di Lorentz non omogeneo possia-

mo ridurre una rappresentazione con un fattore di rappresentazione ad una

con due valori, essa sarà eettuata partendo da una unitaria trasformazione.

Iniziamo con l'associare ad una traslazione di parametro a l'operatore unita-

rio T (a) , analogamente alla trasformazione omogenea Λ l'operatore unitario

d (Λ) deniamo quindi la trasformazione generale

D (L) = D (a,Λ) = T (a) d (Λ)

ne deduciamo le seguenti

T (a)T (b) = ω (a, b)T (a+ b)

d (Λ)T (a) = ω (Λ, a)T (Λa)d (Λ)

d (Λ) d (I) = ω (Λ, I) d (ΛI)

dove ω è il fattore di fase di modulo unitario, ovvero la denizione di rap-

presentazione proiettiva per questi particolari gruppi.

Anche in questo caso gli ω delle precedenti Possono essere presi ed hanno

la caratteristica di diventare funzioni continue nei rispettivi valori, in de-

terminati intorni. La continuità in questo caso la possiamo esprimere nel

seguente modo:

APPENDICE La trattazione di Wigner 136

Denizione 75. Prendendo in considerazione il prodotto scalare unitario

(ψ, ϕ) dove il modulo al quadrato dei esso viene detto transizione delle pro-

babilità dallo stato ψ a quello ϕ. Dato un intorno δ di una trasformazione

di Lorentz L0 = (b, I) esso deve contenere tutte le trasformazioni L = (a,Λ)

per cui

|ak − bk| < δ, |Λik − Iik| < δ

La rappresentazione D (L) sarà detta continua se c'è, per ogni ε positivo,

ogni funzione d'onda normalizzata ϕ e ogni trasformazione di Lorentz L0 un

tale intorno δ di L0 tale che per ogni L per questo intorno si può trovare

un Ω di modulo 1 dipendente da L e ϕ tale che il prodotto scalare unitario

(in generale indicato con (ψ, ϕ) per due funzioni d'onda normalizzate (stati

quantistici) ψ e ϕ)

(uϕ, uϕ) < ε

dove

uϕ = (D(L0)− ΩD(L))ϕ.

Osservazione 49. Possiamo dire inoltre che se D (L)ϕ risulta fortemente

continuo in una data regione e D (L) continuo nel senso precedente allora

D (L)ψ per ψ arbitrario risulta anche esso fortemente continuo nella regio-

ne stessa. Il che ci dice che per qualsiasi normalizzazione tale per cui D(L)ϕ

è fortemente continua D(L) diventerà continua. [4]

Osservazione 50. L'operatore ±d (Λ) forma una rappresentazione a valo-

ri singoli del gruppo SL(2) sia C ∈ SL(2) e denotiamo la corrispondente

omogenea trasformazione di Lorentz che vi corrisponde tramite isomorsmo

C possiamo ridurre trovando tutte le rappresentazioni unitarie del gruppo ad

un solo valore dell'elemento [a, C] = [a, 1] [0, C], infatti la regola di moltipli-

cazione fa si che [a, C1] [b, C2] =[a+ C1b, C1C2

]per una rappresentazione

APPENDICE La trattazione di Wigner 137

di questo gruppo vale quindi

D [a, c] = T (a) d [C]

si ha

T (a)T (b) = T (a+ b) (4.4)

d [C]T (a) = T(Ca)d [C] (4.5)

d [C1] d [C2] = d [C1C2] (4.6)

che nella notazione precedente diventa

T (a)T (b) = T (a+ b)

d (Λ)T (a) = T(Ca)d (Λ)

d (Λ) d (I) = ±d (ΛI)

la prima appare più naturale dal punto di vista matematico, dal signicato

geometrico di gruppo invece appare più naturale la seconda.

Gruppo di Rappresentazioni di un Little group

Introduciamo ora un sistema di coordinate particolari, lo possiamo fare per-

ché le traslazioni commutano, sullo spazio di Hilbert tale per cui la funzione

d'onda (lo stato quantistico) ϕ (p, ζ) dipende dalle variabili di quantità di

moto p1, p2, p3, p4 e una discreta variabile ζ tale che

T (a)ϕ (p, ζ) = eip,aϕ (p, ζ)

il prodotto scalare unitario non è ancora completamente denito, dalle richie-

ste che si possono fare sul sistema di coordinate, in questo caso il prodotto

APPENDICE La trattazione di Wigner 138

scalare può essere denito come sommatoria di integrali di Stieltes come

segue

(ψ, ϕ) =∑ζ

ˆψ (p, ζ)∗ ϕ (p, ζ) df (p, ζ) .

L'importanza dell'introduzione di un fattore di peso non sta tanto nella pos-

sibilità di avere, dierenti pesi in diversi regioni dello spazio in p. Infatti

una distribuzione di peso g (p, ζ) potrebbe essere assorbita dallo stato, so-

stituendo ϕ (p, ζ) con√g (p, ζ)ϕ (p, ζ) invece la necessità di introdurre f sta

nel fatto che in determinate regioni di p si abbia peso zero mentre, in altri

luoghi si può avere niti pesi. Per la denizione di spazio metrico nello spa-

zio di Hilbert l'integrale´df (p, ζ) su una data regione r per un dato ζ è sia

positivo, sia zero, dal fatto che è il prodotto scalare di tale funzione con se

stessa, che è 1 nella regione r di p e ζ e 0 altrimenti.

Denendo l'operatore

P (Λ)ϕ (p, ζ) = ϕ(Λ−1p, ζ

)che non è necessariamente unitario si può vericare che

d (Λ) = Q (Λ)P (Λ)

dove Q (Λ)è un operatore nello spazio di ζ che può dipendere dal particolare

valore di p nello spazio sottostante

Q (Λ)ϕ (p, ζ) =∑η

Q (p,Λ)ζη ϕ (p, η)

dove ne deduciamo che Q (p,Λ)ζη sono le coordinate della matrice ordinaria

dipendente da p e Λ otteniamo che la trasformazione

d (Λ)ϕ (p, ζ) =∑η

Q (p,Λ)ζη P (Λ)ϕ (p, η)

APPENDICE La trattazione di Wigner 139

inoltre se abbiamo una funzione h che dipende da p e vogliamo moltiplicarla

con ϕ essa si può scrivere come combinazione lineare nel seguente modo

h (p)ϕ =∑n

cnT (an)ϕ.

nel caso particolare di scegliere h (p) come h (p) = h (Λp) questa operazione

di moltiplicazione commuta con tutte le operazioni del gruppo.

Osservazione 51. Possiamo, data questa forma di rappresentazione selezio-

nare quattro diverse classi a seconda del p che abbiamo

(1) p, p = P > 0;

(2) p, p = P = 0; p 6= 0;

(3) p = 0 che denotiamo con 00;

(4) p, p = P < 0.

Dove le prime due classi contengono le sottoclassi P+, 0+ con la caratte-

ristica che p4 > 0 e analogamente P−, 0− se si ha che p4 < 0 .

Scegliendo ora un vettore p0 arbitrario possiamo considerare il sottogrup-

po delle omogenee trasformazioni di Lorentz che lasciano p0 invariato. Per

tutti gli elementi λ, i di questo sottogruppo che chiamiamo little group si ha∑η

Q (p, λ)ζηQ (p0, i)ηϑ = ±Q (p0, λi)ζϑ

q (λ) q (i) = ±q (λi)

nel caso in cui considerassimo il gruppo formato dalla trasformazione di tra-

slazione e dalla trasformazione generata da una matrice di SL(2) piuttosto

APPENDICE La trattazione di Wigner 140

che una trasformazione di Lorentz, il segno ± diventa nella equazione prece-

dente +, in questo caso le matrici λ, i sono matrici di SL(2) e il little group è

formato da tali matrici, le corrispondenti trasformazioni di Lorentz λ, i lascia-

no invariato p0, infatti λp0 = ip0 = p0. Quest'ultima rappresentazione può

essere determinata anche dalla rappresentazione q (λ) del little group insieme

alla classe e a P, della rappresentazione dell'intero gruppo. Cosa importante

è che tutte le rappresentazioni dell'intero gruppo delle trasformazioni non

omogenee di Lorentz sono equivalenti se abbiamo lo stesso P e la stessa rap-

presentazione del little group. Lo stesso vale sempre se la rappresentazione

del little group non è la stessa per due rappresentazioni ma soltanto equiva-

lente reciprocamente. L'equivalenza di due rappresentazioni del little group

si ha quando esiste una unitaria trasformazione che trasforma l'una nell'altra.

Osserviamo che per l'intero gruppo sono usate solo rappresentazioni unita-

rie quindi se la rappresentazione dell'intero gruppo sono equivalenti anche le

rappresentazioni del little group sono equivalenti e le rappresentazioni del-

l'intero gruppo determinano le rappresentazioni del little group no ad una

trasformazione similare univocamente.

Possiamo caratterizzare e analizzare diversi casi di little group alcuni sono

i seguenti:

1. 1+ si può prendere p0 = 0, 0, 0, 1 e il little group che lascia invariante il

vettore scelto contiene tutte le rotazioni nello spazio delle tre coordinate

e valgono tutte le rappresentazioni della prima classe;

2. 00 il little group è l'intero gruppo di Lorentz omogeneo;

3. −1 nel caso P = −1 p0 può essere assunto come il vettore 1, 0, 0, 0 ed è

il gruppo di Lorentz omogeneo 2+1 dimensionale stessa cosa per P < 0;

4. 0+ qui è più complicato, possiamo però semplicare considerando il

caso del gruppo SL(2) qui la trasformazione di Lorentz corrisponde

APPENDICE La trattazione di Wigner 141

alla matrice (a b

c d

)ad− bc = 1

che porta il vettore di componenti x1, x2, x3, x4 in un vettore di com-

ponenti x′1, x′2x′3, x′4 dove(

a b

c d

)(x4 + x3 x1 + ix2

x1 − ix2 x4 − x3

)(a∗ c∗

b∗ d∗

)=

(x′4 + x′3 x′1 + ix′2

x′1 − ix′2 x′4 − x′3

)(4.7)

la proprietà che richiede 0+ fa si che possiamo scegliere come vettore

invariante 0, 0, 1, 1 e |a|2 = 1, c = 0. Quindi un generale elemento del

little group può essere scritto come(e−iβ/2 (x+ iy) eiβ/2

0 eiβ/2

)

dovex, y, β sono reali e 0 ≤ β ≤ 4π. lo possiamo scrivere anche come

t (x, y) =

(1 x+ iy

0 1

); δ (β) =

(e−iβ/2 0

0 eiβ/2

)

la cui regola di moltiplicazione è

t (x, y) t (x′, y′) = t (x+ x′, y + y′) (4.8)

δ (β) t (x, y) = t (x cos β + y sin β,−x sin β + y cos β) δ (β) (4.9)

δ (β) δ (β′) = δ (β + β′) . (4.10)

Osservazione 52. In quest'ultimo caso si può restringere β tale per cui 0 ≤

APPENDICE La trattazione di Wigner 142

β ≤ 2π con l'accortezza di inserire ± nella terza equazione poiché

δ (2π)2 = δ (4π) = 1

ovvero

δ (2π) = ±1, δ (β + π) = ±δ (β)

le equazioni in 4.9 dimostra anche che il little group è isomorfo ad un gruppo

di rotazione bidimensionale non omogenea ovvero gruppo di Euclide bidimen-

sionale. Inoltre questa trasformazione δ (β) può essere considerata anche co-

me rotazione delle tre dimensioni dello spazio sulla direzione della parte di

spazio di p0.

Rappresentazioni proiettive unitarie del gruppo SO(3)

In questa sezione vogliamo ricavare le rappresentazioni proiettive del grup-

po SO(3) ovvero del gruppo delle rotazioni nelle tre dimensioni, le quali in

dimensione nita sono ben conosciute. Esse verranno ricavate per mezzo

di quelle appartenenti al gruppo SU(2) questo è possibile per quanto già

visto, dal fatto che SU(2) è il rivestimento universale di SO(3) tramite l'i-

somorsmo citato e quindi le rappresentazioni di una, sono legate a quelle

dell'altro. Inoltre le rappresentazioni proiettive in questo caso risultano es-

sere irriducibili. Di queste rappresentazioni ne abbiamo una di dimensione

1,2,3,4,... ognuna. Esse verranno denotate con la notazione D(j)(R) dove j

rappresenta appunto la dimensione corrispondente. Notiamo che quelle di

dimensione pari (j semintero) saranno rappresentazioni a due valori mentre

quelle di dimensione dispari (j intero) saranno rappresentazioni ad un singolo

valore.

Ogni rappresentazione nita dimensionale può essere in questo caso de-

composta in queste rappresentazioni irriducibili come vedremo, di conseguen-

za le rappresentazioni del gruppo di Lorentz con P positivo, in cui il little

group è denito come sopra, che ha nita dimensione, può essere decompo-

APPENDICE La trattazione di Wigner 143

sto in rappresentazioni in cui le rappresentazioni del little group risultano

essere una di quelle conosciute, per il gruppo di rotazioni questo vale per

ogni rappresentazione del gruppo non omogeneo di Lorentz, con P positivo

dal fatto che ogni innita dimensionale rappresentazione delle rotazioni può

essere decomposta nelle stesse rappresentazioni nite e irriducibili .

Nel prosieguo della trattazione è appropriato considerare il sottogruppo

delle trasformazioni di Lorentz del bidimensionale gruppo unimodulare SL(2)

che corrisponde alle rotazioni, quindi il gruppo delle rotazioni stesso, che

possiamo restringere ad un singolo valore come fatto nelle equazioni (4.5)

dalla (4.7) volendo lasciare invariante il vettore 0, 0, 0, 1 ne deriviamo

delle condizioni importanti sulla matrice del sottogruppo citato

(a b

c d

)ovvero i coecienti a, b, c, d sono costretti ad identicare una matrice uni-

taria, avremo quindi che il sottogruppo preso sarà proprio SU(2). Quindi

come preannunciato consideriamo le sue rappresentazioni invece di quelle

delle rotazioni.

Introduciamo un sistema di coordinate discreto nello spazio di rappresen-

tazione e denotiamo i coecienti della rappresentazione unitaria con q (R)kλdove R è una unitaria matrice bidimensionale di SU(2) la condizione di

unitarietà fa si che valgano le seguenti caratteristiche∑k

q (R)∗κλ q (R)kµ = δλµ; (4.11)∑λ

q (R)∗κλ q (R)νλ = δκν ;∑k

|q (R)κλ|2 = 1; (4.12)∑

λ

|q (R)κλ|2 = 1. (4.13)

quindi ne deriva che |q (R)kλ| ≤ 1 e le q (R)kλ sono, come funzioni di R,

quadrato integrabili. L'integrale´|q (R)kλ|

2 dR esiste se siamo in presenza

APPENDICE La trattazione di Wigner 144

di un invariante integrale nello spazio del gruppo , per SO(3) e SU(2) esso è

nito e si può normalizzare.

Si ha allora che∑ ˆ|q (R)κλ|

2 dR = 1 =∑λ

ˆ|q (R)κλ|

2 dR

si osserva che le (2j + 1)1/2D(j) (R)kl formano un sistema completo ortonor-

male di funzioni di R. Ponendo

q (R)κλ =∑jkl

CκλjklD

(j) (R)kl (4.14)

Vogliamo ora vedere come sono fatti questi coecienti Cκλjkl , Calcolando per

primo l'integrale sullo spazio del gruppo, dei prodotti tra D(j) (R)∗kl con

q (RS)κµ =∑λ

q (R)κλ q (S)λµ

Si può notare che la somma a destra converge uniformemente per la 4.12

∞∑λ=N

∣∣∣q (R)κλ q (S)λµ

∣∣∣ ≤ ( ∞∑λ=N

|q (R)κλ|2∞∑λ=N

∣∣∣q (S)λµ

∣∣∣2) 12

(∞∑λ=N

∣∣∣q (S)λµ

∣∣∣2) 12

che per una scelta arbitraria di N indipendente da R fa si che l'ultimo pezzo

diventa piccolo e il tutto può essere integrato termine a termine del prodotto

si haˆD(j) (R)∗kl q (RS)κµ dR =

∑λ

ˆD(j) (R)∗kl q (R)κλ q (S)λµ dR

APPENDICE La trattazione di Wigner 145

sostituendo ora D(j) (R)kl con∑m

D(j) (RS)kmD(j) (S−1)mlsi ha

∑m

D(j)(S−1

)∗ml

ˆD(j) (RS)∗km q (RS)κµ dR =

∑λ

q (S)λµ

ˆD(j) (R)∗kl q (R)κλ dR

ora nell'integrale a sinistra sostituiamo RS con R e applicando la (4.14) si ha

per le proprietà dell'unitarietà∑m

D(j) (S)lm cκµjkm =

∑λ

q (S)λµCκλjkl. (4.15)

moltiplicando per ora per D(h) (S)∗in in modo da integrare di nuovo termine a

termine allo stesso modo di prima , e si può fare perché nel termine a sinistra

la somma su λconverge uniformemente infatti

∞∑λ=N

∣∣∣Cκλjklq (S)λµ

∣∣∣ ≤ ( ∞∑λ=N

∣∣Cκλjkl

∣∣2 ∞∑λ=N

∣∣∣q (S)λµ

∣∣∣2) 12

(∞∑λ=N

∣∣Cκλjkl

∣∣2) 12

esso può essere reso piccolo arbitrariamente come anche∑λ

∑jkl

(2j + 1)−1∣∣Cκλ

jkl

∣∣2converge per le equazioni (4.12,4.14). Integrando quindi la 4.15 ne ricaviamo

che ∑λ

CκλjklC

λµhin = δjhδliC

κµjkn (4.16)

preso E come elemento neutro inoltre vale q (R) q (E) = q (R) segue che

q (E) = 1 e quindi allora q (R−1) = q (R)−1 = q (R)†questa più una equazione

simile per D(j) (R)da

∑jkl

CκλjklD

(j)(R−1

)kl

= q(R−1

)κλ

= q (R)∗λκ

=∑jkl

Cλκ∗jlk D

(j) (R)∗lk =∑jkl

Cλκ∗jlk D

(j)(R−1

)kl

APPENDICE La trattazione di Wigner 146

che fa si che

Cκλjkl = Cλκ∗

jlk (4.17)

d'altro canto il fatto che q (E)κλ = δκλ implica che∑jk

Cκλjkk = δκλ (4.18)

Tali formule sono sucienti per la riduzione di q (R).

Vediamo ora come ricavare l'irriducibilità della rappresentazione. Si scel-

ga ora per ogni nita rappresentazione irriducibile D(j) un indice k, k = 0.

Denendo nello spazio originale della trasformazione q (R) i vettori v(κjl)con

componenti Cκ1jkl, C

κ2jklC

κ3jkl... essi per valori dierenti di j o l sono ortogonali il

prodotto scalare con lo stesso j e l risulta indipendente da l infatti da quanto

ricavato prima in (4.16) e (4.17)(v(µj′l′), v(κjl)

)=∑λ

Cµλ∗j′kl′C

κλjkl =

∑λ

CκλjklC

λµj′l′k = δjj′δll′C

κµjkk. (4.19)

L'insieme dei vettori v(κjl) forma un insieme completo di vettori per tutti

i κ, j, l, volendo dimostrarlo, è suciente creare una combinazione lineare

di vettori da essi , per ogni ν, con la ν-componente di 1 e tutte le altri

componenti zero , la su detta combinazione lineare è la seguente∑κjl

Cνκjlkv

(κjl)

infatti, la componente al posto λ della precedente è in accordo con (4.16) e

(4.18) ∑κjl

CνκjlkC

κλjkl =

∑jl

Cνλjll = δνλ.

tuttavia, due vettori v con lo stesso j e l ma dierente indice κ non sono

ortogonali.

Si può però scegliere per ogni j un l ,l = 0 ovvero i vettori v(1j0), v(2j0), v(3j0), ...

APPENDICE La trattazione di Wigner 147

e normalizzarli e ortogonalizzarli con il metodo di Gram-Shmidt il vettore

ottenuto si può indicarlo con

w(nj0) =∑λ

αinλv(λj0).

Allora in accordo con (4.19) il prodotto scalare non dipende da l e quindi se

ne ricava che i vettori

w(njl) =∑λ

αinλv(λjl)

saranno mutuamente ortogonali e normalizzati e anche w(njl) per tutti gli

n, j, l quindi, come voluto, si è in presenza di un sistema ortonormale com-

pleto di vettori. Stessa cosa vale per i vettori w(njl)∗ .

Si sono introdotti questi vettori per poter arrivare a dire che la rappresen-

tazione q (R) risulta completamente ridotta . Si può trovare la componente

ν-esima del vettore q (R) v(κjl)∗ applicando il primo al secondo e si ottiene∑µ

q (R)νµ(v(κjl)∗)

µ=∑µ

q (R)νµCµκjlk

il termine a destra è uniformemente convergente. Quindi come prima è pos-

sibile moltiplicare per (2h+ 1)D(h) (R)∗in e poi integrare termine a termine

ottenendo∑µ

ˆ(2h+ 1)D(h) (R)∗in q (R)νµC

µκjlkdR =

∑µ

CνµhinC

µκjlk = δhjδlnC

νκjlk

ed avremo per quasi tutti gli R∑µ

q (R)νµ(v(κjl)∗)

µ=∑i

CµκjlkD

(j) (R)∗il =∑i

D(j) (R)∗il(v(κjl)∗)

ν

APPENDICE La trattazione di Wigner 148

o meglio scritto come

q (R) v(κjl)∗ =∑i

D(j) (R)∗il v(κjl)∗

Supponendo che è funzione continua di R, la precedente vale per ogni R,

mentre nella denizione di w per ogni n la sommatoria può essere eettuata

soltanto su un numero nito di λ, si può scrivere quindi

q (R)w(κjl)∗ =∑i

D(j) (R)∗il w(κji)∗.

ciò prova che la rappresentazione originale scompone il tutto nel sistema di

coordinate di w, nelle ben note nite irriducibili rappresentazioni D(j) (R).

Dal fatto che w è un sistema completo ortonormale di vettori, la transizione

corrisponde ad una trasformazione unitaria. Ciò completa la dimostrazio-

ne della completa riducibilità di tutte le nite e innite dimensionali rap-

presentazioni del gruppo delle rotazioni SO(3) o anche SU(2). Ciò è stato

possibile farlo supponendo che l'invariante integrale´...dR converge. Per

il gruppo di Lorentz non omogeneo, per ogni numero positivo P, le rappre-

sentazione (irriducibili) del little group possono essere soltanto in termini di

D(0), D( 12), D(1), ...sia per P+e P−.

Bibliograa

[1] J.VON NEUMANN, Mathematical foundations of Quantum Mechan-

ics , Princeton university Press, PRINCETON 1955.

[2] P. A. M. DIRAC, Principles of quantum mechanics , Oxford University

Press, OXFORD 1958.

[3] V. MORETTI, Teoria Spettrale e Meccanica Quantistica - operatori in

spazi di Hilbert, Springer, MILANO 2010.

[4] E. P. WIGNER, ON UNITARY REPRESENTATION OF INHO-

MOGENEOUS LORENTZ GROUP , Ann. of Math, vol 40 (1939) p.

149-204.

[5] V BARGMANN, ON UNITARY RAY REPRESENTATION OF

CONTINUOUS GROUPS , Ann. of Math. vol 59, No 1 (1954) p. 1-46.

[6] L. PONTRYAGIN, Topological groups , Princeton university Press,

PRINCETON 1939.

[7] LORING W. TU, An introduction to Manifolds, SPRINGER, N. Y.

2010.

[8] M. H. STONE, LINEAR TRANSFORMATION IN HILBERT SPACE

II ANALYTICAL ASPECT , Proc. N. A. S. vol 15, (1929).

[9] G. W. MACKEY, BOREL STRUCTURE IN GROUPS AND THEIR

DUALS , Trans. Amer. Math. soc. vol 85 (1957) p. 134-165.

149

Bibliograa 150

[10] G. W. MACKEY, A THEOREM OF STONE AND VON NEUMANN,

Duke Math. J. 16 (1949) p. 313326.

[11] G.W. MACKEY, IMPRIMITIVITY FOR REPRESENTATION OF

LOCALLY COMPACT GROUPS I, Proc. N. A. S. vol 35 (1949) p.

537-545.

[12] J.A.E. DIEUDONNE, Ann. Univ. Grenoble, vol 23 (1948) p. 25-53.

[13] G.W.MACKEY, American Journal of Mathematics, ON INDUCED

REPRESENTATION OF GROUPS , Vol 73, No 3 (1951) p. 576-592

.

[14] G.W.MACKEY , WEYL'S PROGRAM AND MODERN PHYSICS ,

in Dierential Geometrical Methods in Theoretical Physics, K. Bleuler

and M. Werner (eds.) p. 11-36, Kluwer AC. Pub., 1988.

[15] G.W. MACKEY, UNITARY REPRESENTATIONS OF GROUP

EXTENSION I, Acta Mathematica Vol 99 (1958) p. 265-311.

[16] G. W. MACKEY, , INDUCED REPRESENTATION OF LOCALLY

COMPACT GROUPS I, Ann. of. Math. vol 55, (1952) p. 101-139.

[17] G. W. MACKEY, INDUCED REPRESENTATION OF LOCALLY

COMPACT GROUPS II, , Ann. of. Math. vol 58, (1953) p. 193-221.

[18] G. W. MACKEY, INFINITE-DIMENSIONAL GROUP REPRESEN-

TATIONS , Bull. Amer. Math. Soc., vol 69 (1963), p. 628-686.

[19] https//www.mat.unical.it/~nistico/dispense.TQ4.pdf

Ringraziamenti

Per primo vorrei ringraziare il Prof. Giuseppe Antonio Nisticò per gli

insegnamenti ricevuti, l’attenzione e la pazienza dedicata nello sviluppo

dell’elaborato.

Un ringraziamento particolare va a mia madre e mio padre che in questi

anni hanno fatto si che tutto questo potesse realizzarsi, con sacrifici enormi,

incoraggiandomi ed insegnandomi l’educazione necessaria e sufficiente per

affrontare questa esperienza e superare i vari ostacoli con impegno e

determinazione.

Un affettuoso ringraziamento va a Chiara ed Eliana, amiche uniche e

sincere, oltre che colleghe di studio. Con la loro pazienza, anche quando le

difficoltà e gli ostacoli che incontravamo risultavano insormontabili e

nonostante le mie battute molte volte pessime, hanno reso il tutto più

semplice e gradevole, con bontà d’animo in ogni tipo di occasione. Un

ringraziamento va anche a Christian per il suo prezioso aiuto in molti

frangenti.

Non può mancare un ringraziamento al mio carissimo e dolcissimo nipotino

Kevin che con la sua allegria e modo di fare, ha portato gioia e reso le

giornate uniche.