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Università degli Studi di Napoli “Federico II” DOTTORATO DI RICERCA in Biologia applicata XXVIII ciclo Curriculum Fisiologia Effetto della vitamina E sugli adattamenti del tessuto muscolare di ratto in seguito all’esercizio fisico Coordinatore Ch.mo Prof. Ezio Ricca Tutore Candidata Ch.ma Prof.ssa Paola Venditti Dott.ssa Daniela Barone Anno Accademico 2015/2016

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Università degli Studi di Napoli

“Federico II”

DOTTORATO DI RICERCA

in

Biologia applicata XXVIII ciclo

Curriculum Fisiologia

Effetto della vitamina E sugli adattamenti del tessuto

muscolare di ratto in seguito all’esercizio fisico

Coordinatore

Ch.mo Prof. Ezio Ricca

Tutore Candidata

Ch.ma Prof.ssa Paola Venditti Dott.ssa Daniela Barone

Anno Accademico

2015/2016

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Indice

Premessa pag.4

Introduzione pag.6

Esercizio fisico pag.6

Spesa energetica nell’esercizio pag.6

Esercizio aerobico e anaerobico pag.7

Esercizio isometrico, concentrico ed eccentrico pag.8

Esercizio acuto e cronico pag.9

Danno ossidativo e ROS pag.11

Antiossidanti cellulari pag.16

Enzimi antiossidanti pag.17

Sostanze antiossidanti pag.19

Proteine antiossidanti pag.21

Antiossidanti esogeni pag.22

Esercizio fisico e ROS pag.23

Fonti di produzione di ROS durante l’esercizio pag.27

Perdita di elettroni a livello della catena di trasporto mitocondriale pag.27

Ischemia e riperfusione pag.30

Risposta infiammatoria pag.33

NAD(P)H ossidasi pag.34

Fosfolipasi A2 pag.35

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2

Ossidazione di catecolammine pag.35

Effetti delle ROS sul muscolo pag.36

Produzione di RNS pag.37

Antiossidanti nell’esercizio pag.38

Effetti protettivi degli antiossidanti nel danno legato all’esercizio pag.39

Allenamento all’esercizio pag.43

Adattamenti all’esercizio pag.44

Training e omeostasi redox pag.46

Effetto del training sulle capacità antiossidanti pag.47

Adattamenti muscolari all’esercizio di resistenza pag.52

Meccanismi dei processi adattativi pag.54

Esercizio e supplementazione antiossidante pag.59

Scopo della tesi pag.61

Materiali e Metodi pag.63

Animali e protocollo di allenamento pag.63

Preparazione degli omogenati pag.65

Preparazione dei mitocondri pag.66

Contenuto di Vitamina E pag.67

Attività della citocromo ossidasi pag.69

Espressione del citocromo c pag.71

SDS Page pag.71

Western blotting pag.72

Consumo di ossigeno pag.74

Danno ossidativo alle proteine pag.76

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3

Perossidazione lipidica pag.78

Attività degli enzimi (GPX) e (GR) pag.80

Determinazione dei livelli di GSH pag.82

Suscettibilità allo stress ossidativo pag.84

Rilascio di H2O2 pag.86

Analisi statistica pag.87

Risultati pag.88

Parametri corporei e contenuto di vitamina E pag.88

Attività della COX e contenuto proteico mitocondriale pag.90

Espressione del citocromo C pag.92

Consumo di ossigeno pag.94

Danno ossidativo pag.97

Attività degli enzimi antiossidanti e concentrazione di GSH pag.99

Suscettibilità allo stress ossidativo pag.101

Rilascio mitocondriale di H2O2 pag.103

Effetto degli inibitori sulla velocità di rilascio di H2O2 pag. 105

Espressione dei fattori trascrizionali pag.107

Discussione pag.109

Bibliografia pag.120

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Premessa

L’attività fisica aerobica eseguita regolarmente ha effetti

benefici per la salute. Infatti, esperimenti sugli animali ed

indagini epidemiologiche indicano che essa è in grado di

prevenire l’insorgenza di diverse malattie croniche, tra cui

diabete di tipo 2 e malattie cardiovascolari, aumentando la

sensibilità insulinica e migliorando la funzionalità cardiaca.

Inoltre, l’attività fisica regolare induce processi di adattamento

che hanno l’effetto di migliorare la capacità di prestazione

aumentando l’entità della forza che il muscolo scheletrico è in

grado di esprimere e le capacità respiratorie di vari tessuti tra

cui fegato, muscolo scheletrico e cardiaco. Viceversa

l’esercizio fisico acuto, ovvero l’esercizio effettuato

sporadicamente produce risposte metaboliche e cardiovascolari

temporanee e può determinare danni significativi in diversi

tessuti. In particolare, esso causa danni strutturali e reazioni

infiammatorie nei muscoli, come è evidenziato dall’aumento

nel plasma dell’attività degli enzimi citosolici e dalla

distruzione del sarcolemma e della strie Z (Armstrong, R. B. et

al., 1983).

L’entità del danno tessutale dipende principalmente

dall’intensità e dalla durata dell’esercizio, e in particolare

quello muscolare dipende dal tipo di contrazioni in cui il

muscolo è impegnato. Ad esempio, il danno indotto da una

contrazione di tipo eccentrico è molto più severo rispetto a

quello che si osserva in seguito a contrazioni isometriche o

concentriche (McCully et al., 1985).

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Al danno contribuisce l’aumentata produzione di radicali e di

specie reattive dell’ossigeno (ROS) che si verifica durante

l’esercizio. Le ROS, specie chimiche dotate di un’elevata

reattività e capaci di ossidare tutte le macromolecole

biologiche, sono formate in vivo come sottoprodotti del

normale metabolismo. Le cellule sono dotate di un efficiente

sistema di protezione antiossidante, ma, se l’esercizio è di

notevole intensità e durata, la formazione di ROS aumenta

eccessivamente e si instaura una condizione definita “stress

ossidativo”, che limita la prestazione in intensità e durata.

Negli ultimi anni si è sempre di più affermata la pratica della

integrazione antiossidante per prevenire o ridurre lo stress

ossidativo e migliorare le prestazioni atletiche. Tuttavia, si

stanno accumulando prove che le ROS svolgono un ruolo di

regolazione in svariati processi cellulari e che l’aumento

moderato e di breve durata della loro produzione, che si

verifica durante ogni singola sessione di allenamento, potrebbe

attivare meccanismi molecolari che portano le cellule ad

adattarsi e a proteggersi da eventuali stress successivi. Queste

osservazioni hanno sollevato dubbi sull’opportunità della

assunzione di antiossidanti esogeni durante l’allenamento

all’esercizio. Il dibattito in merito agli effetti della integrazione

antiossidante su soggetti che si sottopongono ad un

programma di allenamento è ancora aperto, e risulta difficile

stabilire linee guida univoche.

Informazioni su tale argomento potrebbero essere ottenute

studiando le eventuali modificazioni delle risposte adattative

all’esercizio prodotte dalla somministrazione di un

antiossidante durante il periodo di allenamento.

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Introduzione

Per una migliore comprensione dei temi affrontati in questa

tesi è opportuno trattare brevemente dell’esercizio fisico, della

produzione di ROS ad esso associata e dei sistemi di difesa

antiossidante endogeni.

Esercizio fisico

L’esercizio può essere definito come qualsiasi attività

strutturata e pianificata che conduce ad un aumento della spesa

energetica, della respirazione e della frequenza cardiaca.

Esistono diverse modalità di esercizio fisico in relazione

all’intensità (aerobico e anaerobico), alla contrazione

muscolare (isometrico, concentrico ed eccentrico) e alla

frequenza (acuto e cronico) (Couto Gomes, et al., 2012).

Spesa energetica nell’esercizio

Un esercizio si caratterizza principalmente per il tipo di

attività, la sua durata e la sua intensità, che determinano anche

la spesa energetica connessa.

Galeno nel secondo secolo d.C. fu il primo a collegare attività

fisica e attività respiratoria: “Il criterio per valutare l’intensità

dell’impegno fisico è la variazione dell’attività respiratoria:

attività fisiche che non modificano la funzione respiratoria

non possono essere considerate come esercizi fisici veri e

propri”. Questo criterio trova una spiegazione nel fatto che le

reazioni esoergoniche alla fine si traducono in consumo di

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ossigeno, che è commisurato alla velocità delle reazioni e

all’intensità dell’attività di una persona. Infatti, è noto che

l’individuo medio, che in condizioni basali consuma circa 0,25

litri di O2 al minuto (VO2 = 0,25 L min -1

), quando compie un

lavoro leggero o moderato può presentare un aumento di VO2

di tre volte. Un lavoro pesante può far aumentare di otto volte

il consumo di O2. Attività atletiche come correre, andare in

bicicletta, nuotare possono aumentare la VO2 molto più di otto

volte.

Ancora oggi, per stabilire l’intensità di un esercizio, si

determina l’attività respiratoria, ma tale intensità non è

normalmente espressa come livello di VO2. Viceversa, come

indicatore della intensità di un esercizio è di solito riportato il

valore percentuale del massimo consumo di O2 (VO2max) anche

definita massima potenza aerobica (Lawrence et al., 2008,

Komi et al., 2003).

Esercizio aerobico e anaerobico

La principale differenza fisiologica tra l’esercizio aerobico e

anaerobico è la sorgente di energia. L’esercizio anaerobico è

caratterizzato da brevi periodi di sforzi (elevati o massimi)

quando l’energia è fornita attraverso il metabolismo

anaerobico, cioè senza l’uso di ossigeno, e questo comporta un

elevato accumulo di acido lattico nel sangue (Lawrence et al.,

2008; McArdle et al., 2009). Esempi di esercizi anaerobici

sono gli sprints (nuoto, ciclismo, o corsa), salto in lungo,

sollevamento pesi, o qualsiasi attività di durata molto breve ed

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effettuata al di sopra della soglia del lattato dei partecipanti

(cioè 75% VO2max per individui allenati).

L’esercizio aerobico può essere caratterizzato dall’uso del

metabolismo aerobico durante lo sforzo fisico. In questo caso,

il metabolismo aerobico genera energia principalmente dai

grassi e, con l’uso di ossigeno, esso produce energia senza

molto accumulo di acido lattico nel sangue. Esempi di esercizi

aerobici di resistenza sono la corsa, il nuoto, la voga e il

ciclismo.

Esercizio isometrico, concentrico ed eccentrico

La contrazione muscolare si verifica quando il sistema nervoso

centrale trasmette un segnale alla fibra muscolare.

Le fibre muscolari generano una forza (tensione muscolare) ed

il muscolo può accorciarsi, allungarsi o rimanere della stessa

lunghezza. La contrazione concentrica si riferisce

all’accorciamento del muscolo con la produzione di forza. Le

contrazioni concentriche hanno luogo durante un'azione

muscolare in cui la forza esercitata da un muscolo è in grado di

vincere una determinata resistenza. In questo caso assistiamo

all'accorciamento del muscolo e all'avvicinamento dei capi

articolari interessati (es. flessione dell'avambraccio sul

braccio) (Lawrence et al., 2008, Komi et al.,2003). La fase

concentrica è anche detta positiva. Le contrazioni eccentriche

sono tipiche della fase negativa di un movimento, quando il

ventre muscolare tende ad allungarsi e i capi articolari ad

allontanarsi. Caratterizza i movimenti in cui si asseconda la

resistenza esercitata dall'esterno ed il muscolo agisce

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rallentando il movimento. Quindi, la contrazione eccentrica

corrisponde allo “stiramento” del muscolo da una posizione

concentrica o statica mentre esercita una tensione.

Sono denominate isometriche le contrazioni che non

prevedono variazione di lunghezza nel muscolo, dove per

variazione di lunghezza del muscolo intendiamo una

variazione nel braccio di leva poiché, di fatto, le fibre

muscolari subiscono un accorciamento. Questo si verifica, ad

esempio, quando si esercita una forza contro una resistenza

inamovibile, o mantenendo per un certo periodo di tempo una

posizione sotto la spinta di un carico (non necessariamente

inamovibile o massimale). In questo caso l'unico parametro

incrementale sarà la forza espressa dal muscolo, senza

variazione di lunghezza.

Esercizio acuto e cronico

L’esercizio acuto è caratterizzato da singole sessioni di attività

fisica che producono risposte metaboliche e cardiovascolari

temporanee che durano da pochi minuti a diverse ore.

Viceversa, si parla di esercizio cronico quando singole sessioni

di esercizio sono effettuate ripetutamente inducendo risposte in

cui adattamenti fisiologici e metabolici diventano più visibili e

di lunga durata. Quando la ripetizione di attività fisiche

avviene secondo un programma stabilito viene utilizzata

l’espressione allenamento all’esercizio o training. Sia gli

esercizi aerobici che quelli anaerobici possono essere eseguiti

acutamente o cronicamente.

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L’esercizio acuto provoca danno tissutale, la cui estensione

dipende dalla durata, dall’intensità e dal tipo di contrazione.

Infatti, la lesione delle fibre muscolari è più grave se si esegue

una contrazione eccentrica rispetto a quella concentrica o

isometrica (Thompson et al., 2001). Un esercizio acuto

condotto ad esaurimento può anche causare danni strutturali

alle cellule muscolari e reazioni infiammatorie nei muscoli,

come evidenziato da un aumento nell’attività plasmatica di

enzimi citosolici, come la creatin chinasi (CK) e la lattico

deidrogenasi (LDH), da una distruzione del sarcolemma e delle

strie Z e da alterazioni del reticolo sarcoplasmatico e dei

mitocondri.

Di contro, l’esercizio cronico è in grado di indurre processi

adattativi nei tessuti che potenziano la loro capacità di resistere

ai danni indotti da ciascuna sessione di esercizio. Esso

permette anche l’instaurarsi di processi di adattamento che

portano all’aumento delle capacità di prestazione. Il

miglioramento di prestazione dipende dal programma di

allenamento, dalla sua intensità e dalla sua durata. Speciali

programmi di allenamento possono migliorare la prestazione

solo nell’ambito di una determinata attività, per cui ogni tipo

di allenamento ha un campo di applicazione specifico. Tra i

molteplici tipi di allenamento, è di particolare interesse

l’allenamento di resistenza, caratterizzato da una serie di

movimenti ripetuti ciclicamente, senza eccessivo dispendio di

energia, allo scopo di migliorare le prestazioni dinamiche a

lungo termine, ed è quindi la forma di allenamento tipica per

gli sport di resistenza, come fondo, canottaggio, nuoto e

ciclismo. Nell’allenamento di resistenza aumentano sia la

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capacità aerobica che la capillarizzazione del muscolo; inoltre

aumenta la capacità del sistema cardiocircolatorio di trasporto

di O2.

Danno ossidativo e ROS

Vi è ormai un notevole numero di prove che indicano che

l’esercizio fisico, particolarmente di elevata intensità e durata,

conduce, anche in individui allenati, ad un danno ossidativo nel

muscolo scheletrico, nel miocardio e in altri tessuti, come

documentato da un aumento di indicatori di danno ossidativo,

come i prodotti della ossidazione di lipidi, proteine e DNA ed

una diminuzione dei livelli di glutatione ridotto (GSH) (Radak,

et al., 1999). Il danno ossidativo che si riscontra nei tessuti di

animali sottoposti a condizioni di stress è generalmente

attribuito all’alterazione del delicato bilancio, esistente nelle

cellule, fra la produzione di ossidanti e la loro neutralizzazione

da parte dei sistemi di difesa cellulari.

Gli ossidanti prevalentemente presenti nei sistemi cellulari

sono costituiti da radicali ed altre specie reattive dell’ossigeno

(ROS), derivanti dalla parziale riduzione dell’ossigeno.

I radicali liberi (R•) sono specie chimiche (atomi, molecole o

ioni) capaci di esistenza indipendente, che presentano uno o

più elettroni spaiati nei loro orbitali, disposizione che li rende

molto instabili e che conferisce loro proprietà quali il

paramagnetismo ed una notevole reattività.

La loro insolita reattività, è giustificata dalla forte tendenza

dell’elettrone spaiato ad accoppiarsi con elettroni appartenenti

ad altre specie chimiche.

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Lo stesso ossigeno, avendo due elettroni spaiati con spin

paralleli, nei due orbitali esterni, è una specie radicalica. Esso

ha una capacità ossidante piuttosto elevata, avendo una forte

tendenza ad accettare elettroni. Nonostante ciò, esso è poco

reattivo nei confronti delle molecole organiche che

costituiscono gli organismi viventi. Questa contraddizione è

spiegata dal fatto che i suoi elettroni spaiati hanno spin

paralleli e, quindi, i processi di ossidazione richiederebbero la

messa a disposizione, da parte delle molecole da ossidare, di

due elettroni con spin tra loro paralleli ed opposti a quelli

dell’ossigeno.

Tuttavia, nelle molecole dei composti organici stabili sono

presenti elettroni di valenza con spin opposti, e quindi

occorrerebbe un'inversione dello spin prima che tali elettroni

siano accettati negli orbitali dell'ossigeno, cosa che rallenta e,

a volte, preclude la reazione con tali molecole, fenomeno

definito restrizione di spin.

Poiché negli organismi aerobi l’energia necessaria per i

processi vitali deriva da reazioni di ossidazione in cui è

consumato l’ossigeno, è evidente che in tali organismi sono

operanti processi attraverso cui la restrizione di spin è, in

qualche modo, eliminata con conseguente aumento della

reattività dell’ossigeno.

Le ossidazioni che si verificano in natura sono dovute

all'intervento di sostanze che sono in grado di trasferire, con il

giusto verso, uno o più elettroni dalla molecola da ossidare

all'O2.

Tali sostanze comprendono ioni metallici di transizione con

valenza variabile, come ferro o rame, ed enzimi, come la

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citocromo ossidasi, che presenta ioni metallici nei loro siti

attivi.

In passato si riteneva che la citocromo ossidasi (COX),

attraverso la cessione graduale di quattro elettroni, portasse alla

formazione delle forme intermedie parzialmente ridotte dell’O2.

Secondo questa veduta, le prime tre fasi della reazione

generavano in sequenza lo ione superossido ( O2

), lo ione

perossido ( O2

2 ), che era immediatamente protonato a perossido

di idrogeno (H2O2), e il radicale ossidrile (OH). L'addizione del

quarto elettrone conduceva allo ione ossidrile, che era

trasformato in acqua per addizione di un H+ (Fig. 1).

Tali intermedi, in particolare il radicale OH, non hanno gli

impedimenti cinetici dell’O2 allo stato fondamentale e sono

molto più reattivi. Per tale motivo, essi sono indicati come

specie reattive dell’ossigeno.

Col tempo tale modello è stato messo in dubbio, ma, comunque

si riteneva che le forme intermedie parzialmente ridotte dell'O2,

eventualmente formate dalla citocromo ossidasi, erano

saldamente legate nel suo sito attivo, sino alla riduzione

completa ad acqua, per cui la loro presenza negli organismi

viventi doveva essere attribuita a processi diversi.

In genere, in vari siti cellulari si verificano reazioni in cui

l’ossigeno prende un elettrone formando il radicale

superossido:

Fig.1 Fasi della trasformazione dell’ossigeno in acqua da parte della citocromo

ossidasi.

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22

OeO

Il radicale superossido, prendendo un altro elettrone, si converte

nel perossido di idrogeno secondo una reazione di

dismutazione:

222

22

2 OOHHeO

Il perossido di idrogeno non è un radicale perché non contiene

elettroni spaiati e, pur essendo un forte ossidante, reagisce

lentamente. Tuttavia, esso è sempre un agente potenzialmente

pericoloso in quanto può interagire con i complessi di alcuni

ioni metallici di transizione nella forma ridotta che lo

decompongono nel radicale ossidrile molto reattivo e nello ione

ossidrile secondo la reazione di Fenton:

32

22

OHOHFeFeOH

La formazione di OH richiede quindi la presenza di ioni

metallici quali Fe2+

o Cu+. D'altra parte l’ O

2

può rigenerare

tali ioni riducendo Fe3+

o Cu2+

, secondo la reazione:

2

23

2FeOFeO

Combinando le equazioni si ottiene la reazione complessiva di

Haber-Weiss:

2222

OOHFe

OHO

Poiché il ferro è presente in quantità significative nei sistemi

viventi, si ritiene che esso sia il più importante generatore del

radicale OH. Se si confronta l’ O

2

con tale radicale, sembra

che esso sia abbastanza innocuo in termini chimici. La sua

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forma protonata

2HO è alquanto più reattiva per cui si può

ritenere che il superossido può essere citotossico per la sua

capacità di generare specie più reattive ed in particolare il

radicale ossidrile. Infatti, molti studi in vitro, che hanno

dimostrato la capacità di sistemi che generano O2

di uccidere

cellule o danneggiare molecole biologiche, hanno anche

trovato che protezione contro questi effetti era ottenuta

impiegando, scavengers del radicale OH. Inoltre l’adattamento

ad elevate pO2 è ottenuto anche mediante induzione di altri

enzimi in grado di metabolizzare H2O2.

Occorre sottolineare che alle specie menzionate debbono essere

aggiunte altre contenenti l’azoto che attualmente vengono

indicate come specie reattive dell’azoto (RNS). Esse

comprendono specie radicaliche, come l’ossido nitrico (NO•) e

il biossido di azoto (NO2•), e non radicaliche, come il

perossinitrito (ONOO–) (Handy et al., 2012).

Le ROS possono attaccare gli acidi grassi polinsaturi delle

biomembrane (causando una catena di reazioni di

perossidazione), proteine ed enzimi (danneggiandone le

proprietà funzionali) e gli acidi nucleici (causando la rottura

del filamento e alterazione delle basi azotate) (Fisher and

Bloomer, 2009). Particolarmente suscettibile alle ROS è il

DNA mitocondriale, perché si trova al livello di uno dei

principali siti di produzione delle ROS e non è associato a

proteine istoniche come il DNA nucleare.

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Antiossidanti cellulari

È ormai accertato che la sopravvivenza degli organismi aerobi

in un ambiente di ossigeno implica una complessa interazione

tra la produzione di radicali liberi e la capacità degli organismi

di controllare tali sostanze. In condizioni normali la

produzione di radicali liberi è bassa ed è bilanciata dall'azione

dei sistemi di difesa antiossidanti. In diverse condizioni

fisiopatologiche la velocità di produzione dei radicali liberi

supera la capacità dei sistemi di difesa cellulare. Il termine

"stress ossidativo" è stato introdotto per indicare un disturbo

nel bilancio tra proossidanti ed antiossidanti in favore dei

primi (Powers and Jackson, 2008).

La definizione non indica se il disturbo deriva da un aumento

della produzione di radicali liberi o da una diminuzione delle

risposte omeostatiche del tessuto, né i suoi effetti dannosi sulla

funzione tessutale, anche se l’evento più comune, che porta

all’insorgenza di una condizione di stress ossidativo in un

organismo vivente, è l’aumento della produzione di radicali

liberi.

I sistemi di difesa antiossidante cellulare sono costituiti da

enzimi e proteine antiossidanti e sostanze scavenger a basso

peso molecolare.

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Enzimi antiossidanti

I principali enzimi antiossidanti sono la superossido dismutasi

(SOD), la glutatione perossidasi (GPX) e la catalasi (CAT).

La famiglia delle SOD è costituita da metalloenzimi , la cui

caratteristica comune è la capacità di catalizzare la

dismutazione dell’anione superossido a perossido di idrogeno.

2222

22 OOH

SODHO

Questa reazione evita che il superossido possa interagire con

l’ossido nitrico (NO•), sintetizzato da enzimi ossido nitrico

sintasi (NOS) mitocondriali e citoplasmatici (Knowles and

Moncada, 1994), formando una specie reattiva dell’azoto

fortemente ossidante, il perossinitrito (ONOO–). Questo è

infatti capace di danneggiare le biomolecole e di scomporsi

rilasciando il radicale ossidrile (Radi et al., 2002).

Le diverse isoforme dell’enzima si caratterizzano, oltre che per

il diverso catione metallico che funge da cofattore, anche per

la diversa compartimentazione; si distinguono una SOD1

citoplasmatica, una SOD2 mitocondriale e una SOD3

extracellulare. Per quanto riguarda la classificazione delle

isoforme in funzione dei diversi cationi metallici contenuti si

distinguono una Cu, Zn-SOD, principalmente intracellulare,

una Mn-SOD, principalmente mitocondriale, mentre in alcuni

procarioti e piante sono state individuate anche la Ni-SOD e la

Fe-SOD (Okado and fridovich., 2001).

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Nella detossificazione di H2O2, la GPX, un enzima selenio-

dipendente, converte H2O2 ad acqua attraverso l’ossidazione di

glutatione ridotto (GSH) a glutatione ossidato (GSSG).

OHGSSGGPX

GSHOH2

2222

Il GSSG può ritornare alla forma ridotta ad opera della

glutatione reduttasi (GR), una flavoproteina che permette di

convertire GSSG in GSH attraverso l’ossidazione del NADPH

a NADP+

(Fig.2)..

2

NADPGSHGR

HNADPHGSSG

Alla rimozione del perossido di idrogeno contribuisce la CAT,

un enzima che provoca la dismutazione di H2O2 ad ossigeno e

acqua.

222

222 OOH

CATOH

Fig. 2 Ossidazione e riduzione del GSH.

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Sostanze antiossidanti

Le sostanze antiossidanti prodotte endogenamente

comprendono sostanze a basso peso molecolare come il

glutatione, il coenzima Q e l’acido urico e proteine come le

tioredoxine e le perossiredossine.

Il glutatione (GSH), è un tripeptide, -glutamil-cistein-glicina,

ed è il più abbondante tiolo a basso peso molecolare presente

nelle cellule dei mammiferi. Esso riveste un ruolo centrale

nella difesa contro le ROS ed è il regolatore non enzimatico

più importante dell’omeostasi redox intracellulare (Lu S.C.,

1999)

Nella cellula il glutatione può trovarsi anche come glutatione

ossidato (GSSG) ma, in condizioni redox normali, la maggior

parte di questa sostanza si trova nella forma ridotta. Il rapporto

fra le concentrazioni di GSH e GSSG è una buona misura dello

stato redox cellulare e la coppia redox GSH/GSSG può

interagire facilmente con la maggior parte delle coppie redox

fisiologicamente rilevanti, subendo reazioni reversibili di

ossidazione e riduzione, e mantenendo così l’appropriato

bilancio redox nella cellula ( Wu et al.,2004)

Il nome coenzima Q o ubichinone indica un gruppo di

composti liposolubili che hanno una struttura con un anello

chinonico a cui è attaccata nella posizione 6 una catena laterale

di 30-50 atomi di carbonio come unità isoprenoidi. Il numero

di unità isoprenoidi nella catena laterale varia da 6 a 10.

L’idea del coenzima Q come antiossidante derivò dalla

scoperta che la sua forma ridotta (ubichinolo) possiede una

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notevole capacità di inibire la perossidazione lipidica in

emulsioni di acido arachidonico. A differenza di fattori che

appaiono essere stati selezionati per le loro capacità

antiossidanti, altri, come il coenzima Q, appaiono essere stati

selezionati per effettuare funzioni specifiche non legate

all’attività antiossidante, ma a causa delle loro caratteristiche

chimiche, possono svolgere un ruolo antiossidante.

L’acido urico è stato tradizionalmente considerato meramente

un prodotto terminale del metabolismo delle purine nell’uomo

e nelle scimmie. Infatti, nella maggior parte delle specie

l’enzima perossisomale urato ossidasi converte l’urato in

allantoina, che è poi ulteriormente convertita in prodotti tutti

più idrosolubili dell’urato.

L’osservazione che l’urato è un potente scavenger del radicale

OH e dei radicali perossilici in vitro suggerì che la sua

funzione biologica è di antiossidante e che la perdita dell’urato

ossidasi (permettendo l’accumulo di urato) fu vantaggiosa per

i primati.

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Proteine antiossidanti

La funzione della coppia GSH/GSSG nell’omeostasi redox

cellulare si verifica in congiunzione con proteine redox. Le

tioredossine (Trxs), che rappresentano un partner cruciale con

la coppia GSH/GSSG nella regolazione redox, sono piccole

proteine ubiquitarie compartimentalizzate all’interno delle

cellule.

Le tioredossine collaborano anche con le perossiredossine

(Prxs) nella rimozione degli idroperossidi. Le Prxs sono un

gruppo di perossidasi tiolo specifiche non contenenti selenio,

che nelle cellule dei mammiferi comprendono sei isoforme. Le

perossiredossine contribuiscono al controllo redox cellulare

riducendo H2O2 e idroperossidi organici ad acqua ed alcol,

rispettivamente, usando riducenti equivalenti forniti da

proteine contenenti gruppi tiolici come le tioredossine (Fig. 3).

Una caratteristica particolare dei sistemi Trx/TrxR e Prx, come

quella del sistema GPX/GR, è che fanno assegnamento sul

NADPH come sorgente di riducenti equivalenti necessari per

la loro attività.

Fig. 3 Schema di attività del sistema della tioredossina. Trx-(SH)2 (tioredossina

ridotta) riduce le perossiredossine, generando Trx-S2 (tioredossina ossidata). Trx-

(SH)2 è rigenerata dalla TrxR (tioredossina riduttasi) e NADPH.

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Antiossidanti esogeni

Nelle cellule e nei liquidi extracellulari si trovano sostanze

antiossidanti che sono state introdotte con l’alimentazione.

Esse comprendono l’acido ascorbico, i cartotenoidi e i

polifenoliUno dei più importanti scavenger introdotti con

l’alimentazione è la vitamina E, una vitamina liposolubile che

protegge le membrane cellulari dalla perossidazione lipidica

(Halliwell B. and J.M.C., 2007, Burton et al., 1983).

In realtà, la vitamina E è il nome che viene attribuito ad un

gruppo di otto composti liposolubili con diversi livelli di

attività biologica: α, β, γ, e δ tocoferolo e α, β, γ, e δ

tocotrienolo.

Dal punto di vista strutturale si possono considerare derivati

del 2-metil-6-cromanolo con una catena laterale isoprenoide a

16 atomi di carbonio, il fitolo, e l’analogo presente in maggiori

concentrazioni nelle cellule dei mammiferi e l’α-tocoferolo

che presenta tre gruppi metilici sull’anello aromatico (Fig.4).

Fig. 4 Struttura della vitamina E.

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Attualmente la vitamina E oltre a svolgere la sua azione

antiossidante, viene considerata un agente antinfiammatorio, in

quanto inibisce gli enzimi lipossigenasi e ciclossigenasi che

partendo dall’acido arachidonico producono leucotrieni,

trombossani e prostaglandine. Inoltre, diversi geni sono

regolati dall’α-tocoferolo, attraverso vie di trasduzione del

segnale che coinvolgono la proteina chinasi C e la

fosfatidilinositolo 3-chinasi. Variazioni nell’attività di queste

chinasi, sono associati a cambiamenti della proliferazione

cellulare, dell’aggregazione piastrinica e dell’attivazione della

NADPH-ossidasi (Azzi et al., 2004).

Esercizio fisico e ROS

Sebbene l’idea di uno stretto legame fra il danno ossidativo

riscontrato in seguito all’esercizio e l’aumento della

produzione delle ROS fosse già stata avanzata alla fine del

1970 (Dillard et al.,1978), non vi erano prove dirette di tale

aumento Solo nel 1982 Davies e i suoi collaboratori (Davies et

al.,1982) riportarono che i segnali della risonanza di spin

elettronico (ESR) (Ashton et al., 1999), una procedura in

grado di rilevare la presenza dei radicali liberi, erano

intensificati negli omogenati di muscolo di ratti sottoposti ad

una corsa ad esaurimento. Inoltre, furono riscontrati aumenti

dei livelli di perossidazione lipidica, ed alterazioni funzionali

dei mitocondri e del reticolo sarcoplasmatico. Analoghi

risultati furono anche ottenuti sul cuore di ratto (Kumar et

al.,1992).

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Successivamente, usando la 2’,7’-diclorofluorescina come

sonda intracellulare, fu dimostrato l’aumento della velocità di

produzione di ROS in omogenati di muscolo di ratti esercitati

all’esaurimento (Reid et al.,1992).

Malgrado la limitata disponibilità di prove dirette, l’idea che

l’esercizio aumenta la produzione di ROS nel muscolo e nel

cuore era avvalorata dalle misure di indicatori di danno

ossidativo ai lipidi (malondialdeide, dieni coniugati plasmatici,

pentano esalato), al DNA (8-idrossideossiguanosina urinaria),

e alle proteine (carbonili legati a proteine) (Pacifici et al.,

1990) e dello stato redox cellulare ricavato dal rapporto tra

glutatione ridotto e ossidato (Ji LL et al., 1999) (Tab.1).

La perossidazione lipidica è stata utilizzata frequentemente

come indice di stress ossidativo durante l’esercizio, in quanto

gli acidi grassi polinsaturi (PUFA) sono particolarmente

suscettibili all’attacco dei ROS e i sottoprodotti derivanti sono

facilmente rilevabili.

Molti studi hanno mostrato un aumento della perossidazione

lipidica in vari tessuti, come il muscolo scheletrico (Alessio et

al., 1988) e cardiaco (Venditti and Di Meo, 1996), il fegato

(Venditti and Di Meo, 1997), il cervello (Suzuki et al., 1983), e

negli eritrociti (Rajuguru et al., 1994) di ratti non allenati

sottoposti ad esercizio acuto.

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Tabella 1 Effetto dell’esercizio acuto su indicatori di danno

ossidativo

Esercizio Specie Tessuto Indice

Corsa Ratto Muscolo MDA ↑

Fegato MDA ↑

Topo Muscolo GSH ↓

Nuoto Ratto Muscolo MDA ↑; HP ↑

Cuore MDA ↑; HP ↑

Fegato MDA ↑; HP ↑

Fegato TBARS ↑; HP ↑

Fegato GSH ↓

Muscolo CO ↑; HP ↑

Cuore CO ↑; HP ↑

Fegato CO ↑; HP ↑

MDA, Malondialdeide; TBARS, Sostanze reattive all’acido tiobarbiturico; CO,

carbonili legati alle proteine; GSH, glutatione ridottoc; HP, idroperossidi.

Tuttavia, non tutti gli studi hanno riscontrato la presenza di

stress ossidativo in seguito a esercizio. La natura variabile dei

risultati potrebbe essere dovuta a diversi fattori, comprendenti

le differenti specie e il tipo di esercizio (Lovlin et al., 1987).

Il glutatione ridotto (GSH) gioca un ruolo fondamentale nel

mantenimento dello stato redox cellulare e nella protezione dei

tessuti dallo stress ossidativo (Meister et al., 1983). Una

diminuzione del rapporto GSH/GSSG indica che la produzione

di ROS supera la capacità riducente del GSH e delle altre

specie antiossidanti. Molti studi hanno dimostrato che

l’esercizio acuto promuove l’ossidazione di GSH a GSSG nel

sangue, nel fegato e nel muscolo cardiaco e scheletrico (Ji LL,

1999, Rossi et al., 2002). Lo stress ossidativo, derivante da

un’eccessiva formazione di specie radicaliche a livello

muscolare, è associato a fatica e lesioni muscolari, sia durante

la contrazione, sia durante la fase di recupero dopo

l’esercizio.È stato osservato che, quando la formazione di

ROS è troppo elevata, la forza muscolare si riduce, mentre

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cresce la fatica (Reid et al,.1992). Numerosi fattori sembrano

essere implicati nella fatica muscolare indotta da radicali

liberi. Tra quelli considerati maggiormente rilevanti sono le

alterazioni delle funzioni mitocondriali (Coombes et al., 2002).

Lipidi, proteine e DNA dei mitocondri sono particolarmente

suscettibili al danno ossidativo indotto dalle ROS ed inoltre i

danni al mtDNA possono portare ad alterazioni dei complessi

enzimatici della catena respiratoria, con conseguente

alterazione del trasporto di elettroni e della sintesi di ATP. Il

metabolismo aerobico risulta meno efficiente, con conseguente

aumentata utilizzazione della via anaerobica. Tutto ciò può

avere effetti negativi a livello muscolare, poiché la via

anaerobica induce sia un incremento dei livelli di fosfato

inorganico (Pi) sia acidosi, che sono due dei fattori

responsabili della fatica muscolare (Reid et al., 1992). Anche

le proteine contrattili (actina e miosina) e la pompa del calcio

sono componenti muscolari particolarmente sensibili allo stato

redox. Quindi, quando aumenta la produzione di ROS e si ha

uno squilibrio dello stato redox si possono evidenziare

alterazioni a carico sia della contrazione muscolare sia del suo

controllo (Goldfarb et al. 1999). Inoltre è stato osservato,

durante alcune forme di esercizio come quello eccentrico, un

importante rilascio di ferro, sia dalla ferritina sia

dall’emoglobina. La liberazione di ferro può aggravare lo

stress ossidativo, i danni e l’affaticamento muscolare, sia

durante sia in seguito all’esercizio fisico (Childs et al., 2001).

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Fonti di produzione di ROS durante l’esercizio

Durante l’esercizio fisico le specie reattive sono prodotte

principalmente ma non esclusivamente attraverso i seguenti

meccanismi (Vollard et al., 2005):

Perdita di elettroni a livello della catena di trasporto

mitocondriale

Negli organismi aerobici circa il 95% dell’O2 assunto è

utilizzato dai mitocondri, che sono la principale sorgente di

ATP nella cellula. I substrati energetici contenuti negli

alimenti sono ossidati mediante trasferimento di elettroni al

NAD+ e alle flavine FMN e FAD. Quindi, i prodotti di

reazione, NADH, FMNH2 e FADH2, sono ossidati nei

mitocondri.

All'interno di mitocondri, i componenti della catena di

trasporto elettronico risiedono sulla membrana interna, in

genere molto convoluta, in quanto forma una serie di

ripiegamenti, noti come creste.

Mentre la membrana mitocondriale esterna è permeabile a

piccole molecole e ioni, la membrana mitocondriale interna è

impermeabile a quasi tutte le molecole e piccoli ioni compresi

i protoni (H+). Quindi, essa può essere attraversata solo da

specie chimiche che possiedono specifici trasportatori inseriti

nella membrana stessa.

La catena respiratoria mitocondriale è costituita da una serie di

trasportatori di elettroni, la maggior parte dei quali sono

proteine integrali di membrana, contenenti gruppo prostetici in

grado di accettare e di donare uno o due elettroni. Alcuni

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componenti della catena respiratoria, sebbene trasferiscano gli

elettroni al successivo componente della catena, sono in grado

di cedere un piccolo numero di elettroni direttamente alla

molecola di ossigeno provocando la sua riduzione a

superossido. Il radicale superossido è facilmente ridotto da una

superossido dismutasi (SOD) mitocondriale (contenente Mn) a

perossido d’idrogeno, che può interagire con ioni metallici in

forma ridotta, come Fe 2+

o Cu+, che lo decompongono nel

radicale ossidrile secondo la reazione di Fenton.

Usando particelle submitocondriali fu calcolato che circa il 2%

dell’ossigeno consumato dai mitocondri è ridotto

incompletamente e appare come radicale superossido

(Takeshige et al., 1979). Questo valore sta a dimostrare il fatto

che i mitocondri sono un’importante sorgente di ROS.

Tuttavia, il valore del 2% fu calcolato da dati ottenuti usando

mitocondri distrutti, il succinato come solo substrato riducente

e si riferiva solo allo stato 4 della respirazione in cui la

produzione di ROS è più elevata. Inoltre, l’esperimento fu

condotto a pO2 superiori a quelle presenti in vivo.

Lavori più recenti suggeriscono che, in condizioni più vicine a

quelle fisiologiche, la reale percentuale di ossigeno consumato,

che è convertito a radicali da parte di mitocondri intatti, è

molto più bassa del 2%, e che l’aggiunta di ADP non riduce a

zero la produzione di radicali liberi. La capacità dei mitocondri

di produrre ROS, fra l’altro, dipende dal tipo di tessuto, dalla

specie e dallo stato metabolico della cellula.

La maggiore capacità dei mitocondri di produrre ROS durante

lo stato 4 della respirazione dipende dal fatto che la velocità

della loro formazione da parte della catena respiratoria è

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controllata dall’azione di massa, e, a parità di concentrazione

di O2, essa aumenta quando il flusso di elettroni rallenta

aumentando la concentrazione dei donatori di elettroni

(carriers mitocondriali nella forma ridotta):

][]2

[]2

[

ROkdtOd

Basandosi sull’idea che la produzione di ROS è proporzionale

al consumo di O2, per molto tempo si è ritenuto che, poiché

l’esercizio aumenta il consumo mitocondriale di O2, esso

aumenta anche la formazione mitocondriale di ROS (Vollard et

al., 2005). In realtà, quando i mitocondri producono

attivamente ATP (stato 3), la proporzione di O2 convertito a

ROS cade ad un decimo di quella nello stato di riposo (stato 4).

Inoltre, vi sono scarse prove che la produzione mitocondriale

di ROS aumenta durante l’esercizio. Infatti, le misure della

velocità di generazione di ROS, che sono effettuate su

mitocondri isolati dopo l’esercizio, non sono in grado di

fornire informazioni sui valori di tale velocità durante

l’esercizio.

In sostanza, l’idea che i mitocondri siano sede primaria di

generazione di ROS durante l’esercizio è sostenuta solo da dati

indiretti i quali evidenziano un danno ossidativo mitocondriale

in seguito all’esercizio. Un altro risultato a favore è fornito

dall’aumento, nei mitocondri di muscolo e di cuore, dello stato

4 della respirazione, che è un indice di una maggiore perdita di

protoni da parte della membrana interna che si suppone sia

dovuta al danneggiamento legato ad una elevata produzione di

ROS.

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Ischemia e riperfusione

É stato proposto che la xantina ossidasi svolga un ruolo nella

generazione di superossido da parte del muscolo scheletrico

durante l’esercizio (Gomez-Cabrera et al., 2003). Attualmente,

questa idea è principalmente basata sugli effetti degli inibitori

della xantina ossidasi, allopurinolo o ossipurinolo. Sebbene i

muscoli scheletrici di ratto contengano livelli significativi di

xantina ossidasi, le cellule muscolari dell’uomo sembrano

possedere basse quantità di xantina ossidasi-deidrogenasi.

Tuttavia, questi enzimi sono inevitabilmente presenti nelle

cellule endoteliali associate.

Un’ipotesi abbastanza diffusa è che il ruolo della xantina

ossidasi nel muscolo, come in altri tessuti, sia legata al

verificarsi di un fenomeno di ischemia-riperfusione. Durante

l’esercizio, il flusso sanguigno è diretto verso i muscoli

coinvolti nell’esercizio, portando a un rifornimento di sangue

marcatamente ridotto ad altri muscoli e organi, dell’esercizio,

il flusso sanguigno a tali organi riprende imitando il fenomeno

particolarmente, fegato, rene ed intestino. Dopo la cessazione

dell’ischemia riperfusione.

Tale fenomeno, che può spiegare l’esteso danno ossidativo

riscontrato in tessuti come il fegato, può svolgere un ruolo

anche nella produzione di ROS da parte dei muscoli che,

durante la contrazione, subiscono un rilevante deficit di

nucleotidi adeninici. Questa situazione può verificarsi durante

lo sprint, l’esercizio in ambiente ipossico o con flusso

sanguigno ridotto da malattie vascolari.

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Numerosi fattori contribuiscono al danno dei tessuti durante

l’ischemia e la riperfusione (Fig. 5).

Durante l’ischemia, vi è riduzione dei livelli cellulari di O2 e

ATP, associata con aumento della produzione di riducenti

cellulari, dei livelli di Ca2+

e H,+ e attivazione della calpaina

una proteasi attivata dal calcio. Si verifica un aumento della

velocità della glicolisi con produzione di lattato e insorgenza

di acidosi.

Dopo l’esercizio, il flusso di sangue riprende e può causare

ulteriore danno (danno da riossigenazione) in parte mediato da

ROS e dipendente dalla durata dell’ischemia (Gomez-Cabrera

et al., 2009). All’inizio della riperfusione vi è un aumento del

carico di Ca2+

e della produzione di ossidanti, che insieme

promuovono l’attivazione della calpaina e della caspasi-3, che

possono portare alla morte cellulare (Kehrer et al., 1994). Il

danno cellulare indotto da I-R porta ad attivazione dei

neutrofili e produzione di superossido, che possono contribuire

ulteriormente al danno. Nell’insieme, questi disturbi indotti da

Fig. 5 Disturbi indotti da I-R nell’omeostasi della

cellula e che conducono alla sua morte

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I-R nell’omeostasi cellulare contribuiscono al danno e alla

morte cellulare dovuta a necrosi o apoptosi.

Il ruolo svolto dalla xantina ossidasi nella generazione di

superossido nel muscolo o in altri tessuti è legato alla

conversione xantina deidrogenasi-xantina ossidasi che ossida

la ipoxantina (e la xantina), accumulatasi in seguito alla

deplezione di ATP e della mancanza di O2 durante la fase

ischemica che precede la riperfusione, cedendo elettroni

all’ossigeno. La rapida generazione di O2•- e, quindi, di H2O2,

conduce ad un severo danno tessutale per interazione di tali

ROS con ioni metallici di transizione che promuovono la

formazione di OH.

Sebbene i muscoli scheletrici di ratto contengano livelli

significativi di xantina ossidasi, le cellule muscolari dell’uomo

sembrano possedere basse quantità di xantina ossidasi-

deidrogenasi. Tuttavia questi enzimi sono inevitabilmente

presenti nelle cellule endoteliali associate.

Il fegato è uno dei tessuti in cui si riscontra danno ossidativo in

seguito ad un esercizio acuto. Tale danno potrebbe essere

attribuito al fenomeno di ischemia e riperfusione, in quanto nel

fegato si verifica riduzione del flusso sanguigno durante

l’esercizio. Tuttavia, è probabile che sia coinvolto anche un

altro meccanismo. Il mantenimento del livello del GSH epatico

è un processo dinamico raggiunto mediante un bilancio fra le

velocità di sintesi e di riconversione e le velocità di reazione

con le ROS. Il GSH escreto nel plasma può essere prelevato da

altre cellule che ne hanno bisogno mediante l’intervento

dell’enzima γ-glutamiltranspeptidasi. L’enzima, localizzato

sulla membrana plasmatica, scinde il GSH in glutammato che

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è legato ad altri aminoacidi, fra cui la cisteina, e la cisteinil-

glicina che penetra all’interno ed è riciclata a GSH. Durante

l’esercizio, il GSH si sposta dal fegato ai muscoli coinvolti

nell’esercizio in cui i livelli del GSH si sono ridotti in quanto

la sua ossidazione a GSSG eccede la capacità della GR di

ripristinarlo a causa dell’aumentata produzione di ROS. Lo

spostamento del GSH al sangue è stimolato da sostanze come

glucagone, vasopressina e adrenalina, che sono rilasciate

maggiormente durante un esercizio prolungato. (Venditti and

Di Meo, 2001, Lu et el.,1990)

Risposta infiammatoria

Nell’esercizio, lo stiramento o altre forze meccaniche possono

causare un danno significativo ai muscoli scheletrici.

I neutrofili presenti nel sangue migrano al sito del danno

attratti da fattori chemiotattici liberati da cellule danneggiate e

rilasciano il lisozima e O2•-. Il lisozima facilita la scissione

Fig. 6 Rappresentazione della fagocitosi e della produzione di

ROS da parte dei neutrofili.

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delle proteine danneggiate e dei frammenti cellulari, mentre il

superossido prodotto dalla NADPH ossidasi, presente sulla

membrana plasmatica dei fagociti genera H2O2 e •OH (Fig.6)

(Babior B. M. et al., 2002) .

Sebbene i dati disponibili dimostrano un aumento dei

biomarkers della risposta infiammatoria (leucociti e citochine

circolanti) ed accumulo dei neutrofili nei muscoli danneggiati,

non è chiaro il ruolo dei neutrofili nell’aumento della

produzione di ROS durante l’esercizio.

Dato il tempo richiesto per l’infiltrazione di neutrofili, questa

via non è la sorgente principale di ROS in esercizi di breve

durata, ma può essere importante nel periodo di recupero che

segue un esercizio intenso (Ji, 1999). Essa può contribuire al

danno ossidativo del tessuto durante esercizi di resistenza

(maratona) o esercizi eccentrici.

NAD(P)H ossidasi

Alcuni studi hanno identificato enzimi NAD(P)H ossidasi

associati col reticolo sarcoplasmatico dei muscoli scheletrici e

cardiaci, che sembrano usare preferenzialmente NADH e

influenzano il rilascio del calcio dal reticolo ossidando i

recettori rianodinici. É stata anche descritta una NAD(P)H

ossidasi localizzata sulla membrana plasmatica delle fibre

muscolari, che ha la stessa struttura dell’enzima trovato nelle

cellule fagocitiche, ed una NAD(P)H ossidasi localizzata sulle

triadi ed i tubuli T che è attivata dalla depolarizzazione della

membrana (Espinosa et al., 2006)

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Fosfolipasi A2

La PLA2 è un enzima responsabile della scissione dei

fosfolipidi di membrana e del conseguente rilascio dell’acido

arachidonico che rappresenta un buon substrato per enzimi,

come la lipoossigenasi, in grado di generare ROS ( Nethery et

al., 2000, Gong et al, 2006). L’attivazione della PLA2 può

stimolare la NAD(P)H ossidasi, mentre si è visto che

l’aumento della sua attività stimola la produzione di ROS nel

mitocondrio, nel citosol e il rilascio degli stessi nello spazio

extracellulare (Powers S.K. et al., 2008). L’enzima PLA2 è

presente all’interno delle cellule come due isoforme: PLA2

dipendenti da calcio (cPLA2) e PLA2 indipendente da calcio

(iPLA2); entrambe le isoforme giocano un ruolo importante

nella produzione dei ROS.

Ossidazione di catecolammine

L’esercizio stimola circolazione e secrezione di

catecolammine, che aumentano: la prestazione cardiaca per un

migliore apporto di sangue ai muscoli che si contraggono, la

glicogenolisi epatica e la mobilizzazione degli acidi grassi, in

quanto acidi grassi e carboidrati sono la miscela di substrati

energetici utilizzati dal muscolo durante l’esercizio. Le

catecolammine generano radicali liberi per autossidazione o

ossidazione catalizzata da metalli, da O2•- o da enzimi

(Ghimire

et al.,2012).

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Effetti delle ROS sul muscolo

Sebbene sia necessario comprendere meglio come questi

sistemi di generazione delle ROS interagiscono, il meccanismo

mediante il quale essi influenzano la funzione del muscolo che

si esercita è ben stabilito.

A riposo, vi è una ridotta velocità di produzione di ROS per

cui la loro concentrazione nei muscoli è relativamente bassa.

Durante l’attività contrattile del muscolo vi è un aumento della

velocità di produzione di ROS (Balon et al., 1994,

Hasegawa,1997). Da un lato, è stato mostrato che la

produzione di specie reattive durante l’esercizio non esaustivo,

sia aerobico sia anaerobico, è importante per l’adattamento

delle fibre muscolari. Nondimeno, durante l’esercizio strenuo,

la produzione di ROS può essere più alta della capacità

tamponante degli antiossidanti del muscolo. Quando le ROS si

accumulano nel muscolo in contrazione, la ossidazione di

proteine e lipidi potrebbe causare, tra le altre cose, inibizione

della produzione della forza, contribuendo allo sviluppo acuto

della fatica. Inoltre, questo esagerato aumento dei livelli di

ROS in risposta all’esercizio strenuo può anche condurre alla

modificazione ossidativa del DNA, inibire l’attività

locomotoria e battericida dei neutrofili, ridurre la

proliferazione dei linfociti T e dei linfociti B, inibire le cellule

killer naturali, danneggiare la membrana plasmatica ed altri

componenti cellulari.

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Produzione di RNS

Oltre alle ROS, nel muscolo si ha anche un aumento della

produzione delle RNS, e in particolare quello dell’ossido

nitrico da parte delle NOS cellulari è ben documentato.

NO• è generato continuamente dal muscolo scheletrico, una

produzione che è aumentata dalla contrazione. NO• ha un ruolo

fisiologico nella regolazione del flusso sanguigno durante

l’esercizio poiché controlla l’iperemia indotta dall’esercizio

nelle arterie coronariche del cuore e nel muscolo scheletrico in

contrazione. E’ noto che tre isoforme di NOS (nNOS, iNOS, e

eNOS) sono espresse nei muscoli scheletrici dei mammiferi e

che la nNOS è la isoforma predominante, che è fortemente

espressa nelle fibre muscolari a scossa rapida in cui è

localizzata sul sarcolemma associata col complesso

glicoproteina-distrofina. La iNOS è espressa nel muscolo in

alcune condizioni infiammatorie, ma non svolge un ruolo

significativo nel muscolo a riposo.

Si può ritenere, estendendo al muscolo scheletrico quello che è

stato trovato nel muscolo cardiaco, che NO•

, prodotto dalla

isoforma mitocondriale (mtNOS), regola la respirazione dei

miociti e funziona come segnale intracellulare. NO•

prodotto

dall’isoforma del reticolo sarcoplasmatico (eNOS) è coinvolto

nell’attivazione della GMP ciclasi e nella produzione di cGMP

che attiva la pompa del Ca2+

del reticolo sarcoplasmatico e il

sequestro del Ca2+

dopo la contrazione muscolare.

Questo dimostra che NO• svolge importanti funzioni durante la

contrazione. Tuttavia, esso può reagire con il superossido

formando il perossinitrito (ONOO-), un ossidante forte quanto

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l’•OH, che è in grado di interagire mediante processi di

ossidazione, deaminazione e nitrazione con un gran numero di

sostanze cellulari portando a trasformazioni che inibiscono la

loro funzione.

Tenendo presente le alterazioni prodotte dal perossinitrito, non

è sorprendente che, oltre ad un danno di componenti della

catena respiratoria da parte delle ROS, sia stata riportata

un’inibizione irreversibile di molti componenti mitocondriali.

Così, sia il danno ossidativo dovuto al radicale •OH, sia il

danno nitrosativo dovuto a ONOO-, rendono conto del declino

della funzione mitocondriale rilevato dopo un esercizio acuto.

L’aumentato grado di riduzione dei componenti della catena

respiratoria, dovuto a tale inibizione, spiegherebbe l’elevata

produzione di H2O2 trovata in mitocondri isolati da animali

esercitati.

Antiossidanti nell’esercizio

Al danno ossidativo legato all’esercizio, oltre ad un aumento

della produzione di ROS e RNS, può contribuire anche una

caduta delle difese antiossidanti (Cobley et al., 2014).

Come già riportato, questo si verifica nel fegato e in altri

tessuti in seguito alla deplezione del glutatione. Questo

diminuisce l’efficacia del sistema antiossidante cellulare nel

contrastare l’aumento della produzione di ROS e accentua il

danno ossidativo dei tessuti.

Naturalmente, nelle cellule i sistemi antiossidanti costituiti da

enzimi e sostanze scavenger a basso peso molecolare

continuano a contrastare l’azione degli ossidanti, ma nel caso

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di esercizi strenui o di lunga durata tale azione non è più

sufficiente a far fronte alla produzione di ROS e RNS e

insorge inevitabilmente una condizione di stress ossidativo

(Powers and Jackson, 2008).

Effetti protettivi degli antiossidanti nel danno legato

all’esercizio

L’esercizio ad esaurimento, specialmente quando sporadico,

causa danni strutturali alle cellule muscolari e reazioni

infiammatorie nei muscoli, come evidenziato dall’aumento

nell’attività plasmatica di enzimi citosolici e dalla distruzione

del sarcolemma e delle strie Z (Armstrong, R. B. et al., 1983).

Parte del danno indotto dall’esercizio è dovuta alla produzione

di radicali liberi e potrebbe essere prevenuta aumentando la

efficacia dei sistemi di difesa antiossidante dell’organismo.

Diversi studi hanno mostrato che gli enzimi antiossidanti

aumentano con lo stress ossidativo indotto dall’esercizio acuto.

Tuttavia, l’aumento prodotto nelle difese antiossidanti non è

evidentemente proporzionato alle necessità create

dall’aumento dei processi pro-ossidanti. Queste potrebbero

essere soddisfatte ottimizzando la nutrizione, particolarmente

aumentando il contenuto di antiossidanti nella dieta. In effetti,

vi sono forti motivi per ritenere che alti livelli di vitamine

antiossidanti nei tessuti corporei possano proteggere contro lo

stress ossidativo dovuto all’esercizio.

Il muscolo scheletrico contiene approssimativamente 30-50

nmoli di vitamina E per grammo di tessuto, mentre la

concentrazione di vitamina E nel cuore e nel fegato ammonta a

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60-70 nmoli/g. E’ stato mostrato che la concentrazione di

vitamina E in diversi tessuti di ratto diminuisce dopo esercizi

di resistenza probabilmente a causa dell’aumento della

produzione di radicali liberi. E’ quindi concepibile che una

riduzione del contenuto di vitamina E, in particolare sulla

membrana mitocondriale interna, possa aumentare la perdita di

radicali liberi, causando dannose reazioni a catena. In effetti, è

stato osservato che la deficienza di vitamina E esacerba la

produzione di radicali liberi nel muscolo e nel fegato ed

aumenta la perossidazione lipidica e la disfunzione

mitocondriale in ratti esercitati ad esaurimento.

La limitazione operata dalla vitamina E sull’estensione della

perossidazione lipidica può essere attribuita ad una azione

diretta sulla reazione a catena radicalica o alla capacità dell’α-

tocoferolo e dell’α-tocoferile di spazzare il superossido

(Institute of Medicine, 2000, Halliwell B. and J.M.C., 2007).

L’effetto dell’integrazione dietetica con vitamina E sulla

perossidazione lipidica indotta dall’esercizio è stata esaminata

utilizzando prevalentemente il ratto come modello. In

generale, la vitamina E sembra essere in grado di prevenire il

danno indotto dai radicali liberi durante l’esercizio (Tab. 2).

Il fatto che non tutti i lavori evidenziarono tale effetto portò

alcuni autori a ritenere insufficiente per un atleta la quantità di

vitamina E fornita da una alimentazione normale (circa 11 IU,

7,4 mg), e a raccomandare dosaggi fino a 400 IU al giorno ad

atleti impegnati in esercizi moderati o pesanti.

Tuttavia, è probabile che la mancanza di effetti benefici

evidenziata in alcuni lavori possa anche essere attribuita in

parte a differenti modalità di esercizio impiegate ( Sharman et

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al., 1971). Negli anni 80 si scoprì che il danno maggiore per il

muscolo scheletrico si riscontrava quando l’esercizio

implicava una notevole componente di contrazioni di

allungamento, descritte come concentrazioni eccentriche, che

implicano lo stiramento del muscolo che si contrae. Dopo il

danno indotto da questo tipo di contrazione, si verifica un

danno ulteriore che comporta una perdita della forza contrattile

ed è associato ad un notevole afflusso di fagociti e neutrofili

nelle fibre danneggiate. Questo danno secondario era quasi

completamente bloccato dal preventivo trattamento degli

animali con SOD legata a glicol polietilenico. Successivi studi

sull’effetto protettivo della vitamina E fornirono risultati

contrastanti poiché alcuni ricercatori riportarono nei soggetti

trattati una diminuzione dell’attività della creatina chinasi

(CK) sierica cinque giorni dopo l’esercizio in confronto ai

controlli mentre altri ricercatori non evidenziarono né una

riduzione di CK né un recupero della forza in seguito ad

integrazione con vitamina E.

Tabella 2 Effetto della vitamina E sul danno ossidativo indotto dall’esercizio

Integrazione/kg cibo Modello Esercizio Effetto

50 IU per 4 settimane Ratto Nuoto all’esaurimento TBARS (fegato)

250 IU per 5 settimane Ratto Corsa di 60 minuti TBARS (muscolo)

240 mg per 42-45 giorni Ratto Stimolazione elettrica Perdita CK e LDH (muscolo)

400 IU per 8 settimane Ratto Corsa MDA (fegato)

10000 IU per 4 settimane Ratto Corsa C=O proteici (muscolo)

220 IU per 60 giorni Ratto Nuoto ad esaurimento MDA cardiaca

800 IU per 48 giorni Uomo Corsa di 48 minuti TBARS urinari

TBARS = Sostanze reattive all’acido tiobarbiturico; CK = creatina chinasi; LDH = lattico deidrogenasi;

C=O = carbonili; MDA = Malondialdeide

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Ricerche più recenti, che hanno usato un modello di

contrazioni eccentriche in cui il muscolo è danneggiato in

maniera notevolmente riproducibile, hanno evidenziato che la

vitamina E ha effetti differenziali sui singoli indici di danno

muscolare. Infatti, essa non ha alcun effetto sulla perdita di

forza contrattile, ma previene l’aumento dei livelli sierici di

enzimi muscolari, in accordo con l’idea che la vitamina può

stabilizzare le membrane plasmatiche interagendo con i

fosfolipidi. Attualmente la ricerca di potenziali approcci

antiossidanti per ridurre il danno indotto da contrazioni

eccentriche continua con alterni risultati.

Comunque, alcuni studi hanno permesso di stabilire una

relazione tra fatica muscolare e radicali liberi. Uno di tali studi

evidenziò che topi trattati per tre giorni con tre spin trappers o

-tocoferolo presentavano una resistenza al nuoto maggiore

rispetto agli animali di controllo non trattati. La produzione di

radicali liberi nel muscolo non fu determinata, ma fu concluso

che l’aumentata resistenza era dovuta alla protezione offerta

dagli antiossidanti dal danno da radicali liberi.

Poiché una dieta vegetariana porta a un’elevata introduzione di

antiossidanti è comprensibile che siano stati effettuati studi per

stabilire se i molteplici benefici legati alla dieta vegetariana si

estendevano ad una aumentata performance fisica. I risultati

ottenuti indicano che una dieta vegetariana per se non è

associata a un miglioramento della performance di resistenza

aerobica. Tuttavia, altri benefici rendono questo regime

alimentare degno di considerazione da parte degli atleti. Una

dieta vegetariana ben pianificata può fornire agli atleti quantità

adeguate di nutrienti, sebbene esista la possibilità, se la dieta è

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troppo restrittiva, di un’introduzione sub-ottimale di proteine,

ferro, zinco e altri oligoelementi. D’altra parte, questo

problema esiste per tutti gli atleti, vegetariani e onnivori, i

quali hanno una dieta povera. Atleti che consumano diete

ricche di frutta, vegetali e grano integrale ricevono elevate

quantità di nutrienti antiossidanti che aiutano a ridurre lo stress

ossidativo associato con esercizi pesanti.

Allenamento all’esercizio

Per un atleta, l’obiettivo principale dell’allenamento è indurre

adattamenti strutturali e funzionali che migliorano la capacità

di prestazione in una determinata attività. Col tempo lo scopo

dell’esercizio si è espanso dagli sports competitivi alla

prevenzione delle malattie e alla promozione della salute.

Questo è dovuto al fatto che si sono accumulate prove

convincenti che una regolare attività fisica può svolgere un

ruolo importante nella prevenzione e nel trattamento delle

malattie croniche legate all’invecchiamento e nel

rallentamento dello stesso processo di invecchiamento.

Quindi, è chiaro che, entro limiti ancora da definire nei

dettagli, l’esercizio regolare non induce deterioramento

funzionale come l’esercizio sporadico, e, adeguatamente

graduato, causa benefici come terapia aggiuntiva anche nel

trattamento di pazienti con scompenso cardiaco cronico.

Questo suggerisce che un programma di allenamento provoca

un adattamento all’esercizio che contrasta gli effetti dello

stress fisico. L’adattamento all’esercizio sembra minimizzare

la distruzione dell’omeostasi dovuta ai singoli esercizi,

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permettendo di compiere lavoro fisico per più tempo alla

stessa potenza prima che insorga la fatica.

Gli effetti adattativi dell’esercizio regolare sono specifici

dipendendo dalle caratteristiche dell’esercizio.

Adattamenti all’esercizio

In genere si classifica l’allenamento fisico come allenamento

volto ad incrementare la forza o volto ad incrementare la

resistenza del muscolo (force training o endurance training).

Il “force training” comporta esercizi che richiedono uno sforzo

molto intenso ripetuto a intervalli di tempo variabili (es.

sollevamento pesi, salto, ecc). Questo tipo di esercizio fisico si

basa sull’aumento del carico e porta ad un aumento della forza

e della massa muscolare. Esso è associato ad ipertrofia delle

fibre muscolari e, in particolare, di quelle che si basano sul

metabolismo glicolitico anaerobico mentre i suoi effetti sul

sistema cardiovascolare sono marginali.

Fig. 7 Sistemi per il rifornimento, il trasporto, la

distribuzione e l’utilizzazione di O2

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L’”endurance training” consiste nell’eseguire esercizi di

intensità moderata ma prolungati ed è la forma di allenamento

tipica per gli sport di resistenza, come il fondo, il canottaggio,

il nuoto ed il ciclismo. Esso porta all’aumento della capacità

aerobica e della capillarizzazione delle fibre muscolari e

dell’efficienza del sistema respiratorio e cardiovascolare

migliorando di conseguenza le capacità aerobiche

dell’organismo.

Tabella 3 Variabili metaboliche e fisiologiche in soggetti sedentari ed

allenati

Variabile Sedentari Allenati Differenza %

Glicogeno mM/g 85 120 4,1

Vmit (%/Vcell) 2,15 8,0 272

ATP mM/g 3,0 6,0 100

Creatina mM/g 10,7 14,5 35

Gittata pulsatoria (mL) 120 180 50

Gittata cardiaca (L min-1

) 20 30-40 75

Frequenza cardiaca (b min-1

) 70 40 -43

Volume cardiaco (L) 7,5 9,5 27

Ventilazione max (L min-1

) 110 190 73

VO2max (mL kg-1

min-1

) 30-40 65-80 107

% grasso corporeo 15 11 -27

L’aumento indotto dall’allenamento nel massimo consumo di

ossigeno richiede una risposta integrata dei sistemi di supporto

fisiologici illustrati nella figura 7, che porta ad una variazione

di molti parametri metabolici e fisiologici (Tab.3).

Gli adattamenti indotti dall’esercizio aerobico sono

particolarmente evidenti nei sistemi cardiorespiratorio e

muscolare scheletrico e nella composizione e nel metabolismo

corporei, mentre gli adattamenti più evidenti indotti

dall’esercizio anaerobico sono quelli del sistema muscolare.

Comunque, entrambi i tipi di training sono accumunati da

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benefici per la salute e aumentano la resistenza dell’organismo

a condizioni di stress.

Training e omeostasi redox

In seguito ad un programma di allenamento, la ossidazione dei

lipidi e delle proteine diminuisce nel muscolo scheletrico.

Inoltre, come mostrato nella tabella 4, l’allenamento al nuoto

diminuisce anche il contenuto mitocondriale di indicatori di

danno ossidativo ai lipidi e alle proteine in tessuti come il

fegato e il muscolo, in netto contrasto con gli effetti

dell’esercizio acuto.

Tabella 4 Effetto dell’allenamento al nuoto sul danno ossidativo in

tessuti di ratto

Muscolo Fegato

Tessuto Mitocondri Tessuto Mitocondri

HPs

Allenati 0,14±0,01*

8,84±0.26* 1,07±0,04* 11,94±0.3*

Controlli 0,22±0.01 11,23±0,48 1,48±0,04 15,74±0,30

C=O

Allenati 1,90±0,06* 2,21±0,16* 1,80±0,03* 2,23±0,06*

Controlli 2,38±0,04 2,73±0,12 2,57±0.09 2,47±0,03 Valori medi ± SE. Il contenuto di idroperossidi (HPs) è espresso in nM NADP/min/g

per i tessuti e in nMNADP/min/mg di proteine per i mitocondri. Il contenuto di

carbonili legati alle proteine (C=O) è espresso in nM/mg di proteine. * significativo

vs. i controlli (p < 0.05).

Queste osservazioni suggeriscono che il meccanismo

molecolare, che sta alla base degli effetti favorevoli

dell’esercizio regolare, potrebbe essere legato alla omeostasi

redox, cioè che esso sia un meccanismo adattativo dipendente

dai radicali liberi. L’adattamento molecolare poi condurrebbe

ad una aumentata resistenza allo stress ossidativo e ad un

miglioramento delle funzioni fisiologiche.

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Effetto del training sulle capacità antiossidanti

L’idea degli effetti deleteri dei radicali liberi, che è stata

fermamente fissata nelle menti dei ricercatori per molti anni,

ha subito in tempi recenti una profonda revisione per cui

attualmente si ritiene che bassi livelli di ROS possano svolgere

un importante ruolo fisiologico nell’organismo innescando

effetti protettivi (Musarò A. et al ,2010, Radak et al 2008).

La base per questo fenomeno può essere trovato nel concetto di

ormesi, un fenomeno caratterizzato da una particolare relazione

dose-risposta per cui i radicali sono benefici a basse

concentrazioni agendo come segnali per aumentare le difese

corporee e provocando una riduzione dello stress ossidativo,

mentre sono deleteri quando i loro livelli cellulari sono elevati e

provocano un aumento del danno ossidativo (Fig.8) (Gomez-

Cabrera M.C. et al, 2008, Calabrese et al 2003).

Esempi di un ruolo svolto dalle ROS si riscontrano anche nel

muscolo scheletrico, in cui H2O2 a basse concentrazioni

aumenta il rilascio del Ca2+

dal reticolo sarcoplasmatico e la

Fig. 8 Risposta ormetica all’esercizio

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produzione di forza, mentre un massiccio aumento della

concentrazione di H2O2 porta ad una netta diminuzione della

forza (Reid et al., 2008).

Anche risultati ottenuti in vitro dimostrano che, nei muscoli

scheletrici, le ROS hanno un effetto positivo

sull’accoppiamento eccitazione-contrazione e sono obbligatori

per una funzione contrattile ottimale. Viceversa, la deplezione

delle ROS è deleteria per l’accoppiamento eccitazione

contrazione.

L’esatto meccanismo coinvolto nei suddetti processi non è

completamente chiaro. Sulla base della letteratura esistente, è

probabile che la variazione della forza, in risposta allo

spostamento del bilancio redox, sia mediata da variazioni della

permeabilità del reticolo sarcoplasmatico al calcio e della

sensibilità miofibrillare allo ione.

Probabilmente, i bersagli che determinano la sensibilità al

calcio del processo contrattile sono la troponina e la catena

leggera regolatoria della miosina.

Inoltre, vi sono diverse prove che la continua presenza di un

piccolo stimolo costituito da basse concentrazioni di ROS è

capace di indurre l’espressione di enzimi antiossidanti o altri

meccanismi di difesa.

È attualmente noto che un fenomeno di induzione genica si

verifica anche nel caso dell’aumento della concentrazione

delle ROS legate all’esecuzione di un esercizio.

Da tempo era stato suggerito che, poiché l’attività contrattile

del muscolo causa un marcato aumento nella generazione di

ROS nell’uomo e in altri animali, era concepibile che la

ripetuta esposizione del muscolo ad un tale attacco ossidativo

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potesse potenziare il sistema di difesa antiossidante

proteggendo così il tessuto dal potenziale danno ossidativo.

Tabella 5 Effetto dell’allenamento di resistenza sulle attività della

SOD e della GPX del muscolo scheletrico

Specie Allenamento

(settimane)

Muscolo SOD GPX

Ratto Mulino (10) Soleo Vasto laterale Ratto Mulino 10 Soleo Gastrocnemio rosso Gastrocnemio bianco Ratto Mulino (12) Soleo Gastrocnemio misto Retto del femore Ratto Mulino (12) Soleo Gastrocnemio rosso Gastrocnemio bianco Ratto Mulino (10) Plantare -

Diaframma -

Parasternale -

Intercostale -

Ratto (8) Gastrocnemio rosso Vasto laterale mediale Cane Mulino (5) Gastrocnemio rosso Ratto Nuoto (10) Gastrocnemio Uomo Ciclette (7) Vasto laterale

Secondo questa veduta, le ROS generate durante la contrazione

muscolare avrebbero avuto un ruolo fisiologico

nell’adattamento all’esercizio. Inoltre, poiché la risposta

adattativa sarebbe derivata dagli effetti cumulativi di ripetute

sessioni di esercizio, il segnale iniziale per la stimolazione che

conduce alla modulazione a lungo termine deve verificarsi

dopo ciascuna sessione di esercizio.

Sebbene complessivamente si siano ottenute forti prove che

l’allenamento all’esercizio di resistenza porta ad un aumento

dell’attività della SOD e della GPX muscolare, alcuni studi

non sono stati in grado di mostrare ciò (Tab.5) (Hollander J.

et al,1999).

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Una spiegazione per questa discrepanza non è disponibile, ma

differenze nelle tecniche usate per la determinazione delle

attività, variazioni nel tipo e nel protocollo dell’allenamento e

nella composizione in fibre del muscolo esaminato potrebbero

essere dei fattori chiave.

Altri studi hanno dimostrato che, in alcuni muscoli locomotori,

il training riduce l’attività della CAT ma aumenta il contenuto

di GSH provocando una sua più rapida sintesi, spiegabile con

aumenti nell’attività degli enzimi preposti alla sintesi, la -

glutamilcisteina sintetasi e la GSH sintetasi, e ad una maggiore

capacità di prelevare GSH dal sangue, dovuta all’aumentata

attività della -glutamil-trans-peptidasi.

Tabella 6 Risposta del muscolo di ratto all’allenamento al nuoto

GPX GR CA Numero di mitocondri Velocità di rilascio di ROS

Effetti sull’esercizio acuto

Velocità della perossidazione*

Velocità del danno al SR

Endurance

CA, capacità antiossidante totale; SR, reticolo sarcoplasmatico

* velocità misurata in nmol MDA/g di tessuto/ora.

Lo studio degli effetti dell’aumento indotto dall’allenamento

nell’attività di alcuni antiossidanti sulla protezione contro lo

stress ossidativo legato all’esercizio, ha evidenziato che

l’allenamento al nuoto porta ad un significativo aumento della

capacità antiossidante di muscoli scheletrici e ad una riduzione

della velocità di formazione di prodotti della perossidazione

lipidica durante un esercizio ad esaurimento. La scoperta che

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tale riduzione è associata ad una più lenta comparsa di danno

strutturale al reticolo sarcoplasmatico ha suggerito che la

ridotta sensibilità del tessuto muscolare degli animali allenati

al danno indotto dall’esercizio è dovuta alla più bassa

suscettibilità alla perossidazione lipidica. Inoltre,

l’osservazione che a queste variazioni è anche associato un

aumento della resistenza all’esercizio ha confermato l’idea di

un legame fra produzione di ROS, danno ossidativo e fatica

muscolare (Tabella 6).

Il training provoca un aumento del numero di mitocondri nei

muscoli scheletrici di animali esercitati aerobicamente. Questa

risposta adattativa al training, che induce un aumento del

metabolismo aerobico del muscolo, potrebbe avere

conseguenze dannose per la resistenza muscolare durante

l’esercizio aerobico. Infatti, l’aumento del contenuto tissutale

dei componenti della catena respiratoria, insieme con

l’aumento del numero di capillari e quindi della maggiore

quantità di O2 fornita ai muscoli, porterebbe alla conclusione

che il training è accompagnato da un’aumentata produzione di

ROS. Tuttavia, nelle cellule muscolari questo è prevenuto da

una riduzione della velocità di produzione delle ROS per mg

di proteine mitocondriali durante la respirazione sostenuta da

succinato (Venditti et al., 1999).

Fra l’altro, è stato dimostrato che l’allenamento porta ad un

generale aumento della resistenza a condizioni che portano a

stress ossidativo. Infatti, esso causa non solo un aumento della

endurance, fenomeno che potrebbe essere indipendente dalla

sensibilità alle ROS, ma riduce il danno collegato a svariati

trattamenti che producono ROS, come l’ischemia-riperfusione,

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l’esposizione al freddo, la somministrazione di ormoni tiroidei,

il trattamento con sostanze epatotossiche. Questi risultati

rimarcano ancora di più la differenza fra gli effetti

dell’esercizio acuto e di quello cronico.

Adattamenti muscolari all’esercizio di resistenza

Oltre ad aumentare l’efficacia del sistema di difesa

antiossidante l’allenamento all’esercizio provoca variazioni

nelle caratteristiche delle fibre muscolari e nelle prestazioni

che esse sono in grado di offrire.

I numerosi cambiamenti e gli adattamenti strutturali che

l’esercizio fisico induce nelle fibre muscolari sono il frutto

dell’attivazione di varie vie molecolari e dell’espressione di

numerosi geni. Le modifiche del fenotipo che sottolineano

l’enorme plasticità del muscolo, variano a seconda del tipo di

esercizio fisico, della frequenza, dell’intensità e della durata.

L’esercizio aerobico di resistenza, come il nuoto su grandi

distanze, induce modificazioni metaboliche nelle fibre

ossidative, che sono quelle reclutate principalmente

nell’esercizio fisico aerobico. Per esempio, aumentano sia il

numero di mitocondri nelle fibrocellule muscolari sia il

numero di capillari che irrorano queste fibre. I muscoli così

adattati sono capaci di utilizzare in modo più efficiente l’O2 e

quindi sono più capaci di resistere all’attività prolungata senza

stancarsi. Tuttavia, le loro dimensioni rimangono invariate.

Le vie di segnalazione dello stress ossidativo (o sensibili allo

stato redox) usano le ROS per trasferire segnali dalla

membrana al nucleo per stimolare l’accrescimento, la

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differenziazione, la proliferazione e l’apoptosi. Vi sono anche

forti indicazioni che diversi effetti del training sono, almeno in

parte, legati a processi di adattamento indotti dalle ROS

prodotte nelle singole sessioni di esercizio.

Le indagini sull’efficacia dell’allenamento suggeriscono anche

un adattamento del metabolismo epatico all’attività fisica

regolare (Johnson et al., 2009). Infatti, è stato osservato che

l’allenamento nei roditori previene l’iperglicemia e la steatosi

epatica (Lee et al., 2006). Inoltre, ci sono prove di una

regolazione dei meccanismi di difese antiossidanti nel fegato

come nel muscolo scheletrico durante l’esercizio. Dati

mostrano che nel ratto, il nuoto aumenta l’attività degli enzimi

antiossidanti glutatione perossidasi e glutatione reduttasi (GR)

non solo nel muscolo scheletrico, ma anche nel fegato e nel

cuore (Venditti and Di Meo 1996).

Tuttavia, il nuoto nel ratto, non solo potenzia l’attività

enzimatica antiossidante ma aumenta anche il contenuto di

GSH nel tessuto epatico, sia mediante una sua più rapida

sintesi, spiegabile con aumenti nell’attività degli enzimi

preposti alla sintesi: γ-glutamil cisteina sintetasi (GCS) e GSH

sintetasi (Venditti et al., 2008), sia mediante una maggiore

capacità di prelevare GSH dal sangue, dovuta all’aumentata

attività della γ-glutamiltranspeptidasi.

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Meccanismi dei processi adattativi

Nei meccanismi, che portano nel muscolo scheletrico ad un

aumento della massa mitocondriale e del numero di capillari

che irrorano le fibre e quindi delle capacità ossidative

(Baldwin et al, 1972; Davies et al, 1981), un ruolo importante

è svolto dal calcio e dal maggior dispendio energetico.

L’aumento intracellulare del calcio porta all’attivazione delle

chinasi CaMK, mentre il consumo di ATP associato al

dispendio energetico aumenta i livelli di AMP. Bassi livelli di

ATP e alti livelli di AMP attivano una chinasi attivata da AMP

(AMPK) che ha il ruolo di controllare la disponibilità

energetica (Freyssenet, 2007). Entrambe le chinasi traslocano

nel nucleo e, attraverso l’attivazione del co-attivatore

trascrizionale peroxisomal proliferator-activated receptor-γ

(PGC-1alpha), promuovono l’attivazione della biogenesi

mitocondriale e la sintesi di enzimi ossidativi. PGC-1alpha,

infatti, regola l’espressione di fattori di trascrizione come

nuclear respiratory factor 1 e 2 (NFR-1 e NFR-2) che

promuovono la trascrizione di geni codificanti per proteine

mitocondriali (Hood et al., 2006) e di fattori di trascrizione

come il mitochondrial trascription factor (Tfam) che

direttamente stimola la replicazione e la trascrizione del DNA

mitocondriale.

L’attivazione di questi fattori, portando ad un aumento

dell’attività respiratoria, dell’espressione degli enzimi del ciclo

di Krebs e della catena di trasporto degli elettroni, determina

l’adattamento mitocondriale all’esercizio. Inoltre le ROS

prodotte in ogni singola sessione del programma di training ,

oltre ad essere coinvolti nell’attivazione di PGC-1alpha,

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regolano diverse vie di segnalazione, quali la via di NfkB e di

Ap-1, coinvolte nella regolazione positiva di enzimi

antiossidanti (Brooks et al., 2008).Inoltre è stato osservato

che i ROS possono indurre la produzione di citochine

infiammatorie chiamate “miochine”, che si pensa svolgano un

ruolo come anti-infiammatori apportando effetti benefici sia a

livello locale che sistemico (Scheele et al., 2009).

È stato inoltre dimostrato che l’esercizio fisico promuove

anche la trascrizione di enzimi coinvolti nel riparo del DNA

(Radák et al., 2002), mentre regola negativamente

l’espressione di proteine pro- apototiche quali BAX (Siu et al.,

2004, Adhihetty et al., 2007). Un’intensa attività contrattile

stimola l’aumento del trasporto di glucosio; infatti, è stato

osservato che l’esercizio fisico aumenta l’espressione

dell’mRNA del trasportatore di glucosio GLUT-4 (MacLean et

al., 2002) e stimola la sua traslocazione dallo spazio

intracellulare alla membrana plasmatica e ai tubuli T. Tuttavia

è stato dimostrato che l’attività della AMPK non è necessaria

per l’aumento dell’espressione dell’RNA in seguito ad

allenamento (Holmes B F et al., 2004). L’esercizio fisico porta

ad un aumento del consumo di lipidi favorendo selettivamente

l’espressione di enzimi coinvolti nel metabolismo e

nell’ossidazione degli acidi grassi come MDAC, VDAC e

PPARα (Horowitz et al., 2000).

Fra i principali fattori coinvolti nella biogenesi mitocondriale e

nella sintesi di enzimi ossidativi vi sono:

-PGC-1 è un coattivatore trascrizionale dal peso molecolare di

92 kDa identificato per la prima volta in una linea cellulare

differenziata del tessuto adiposo bruno sulla base della sua

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interazione con PPARγ, un importante regolatore del

differenziamento degli adipociti (Puigserver et al., 1998).

I coattivatori sono proteine che attivano la trascrizione e

modificano la struttura della cromatina e la macchina di

trascrizione per stimolare l'espressione genica. La maggior

parte dei fattori di trascrizione si legano probabilmente ad uno

o più coattivatori per iniziare la trascrizione. PGC-1 è dotato di

un potente dominio di attivazione trascrizionale, ma, a

differenza degli altri coattivatori, appare privo di una attività

istone-acetil-transferasi. L’effetto positivo mediato da PGC-1

sulla trascrizione sembra essere indotto, quindi dalla sua

capacità di reclutare altri coattivatori che hanno un’attività

acetil-transferasica intrinseca (Puigserver et al., 1998).

E’ stato messo in evidenza che l’espressione di PGC-1 si

realizza preferenzialmente in tessuti con un’elevata capacità

ossidativa, come cuore, muscolo scheletrico e tessuto adisposo

bruno (BAT), dove esercita un ruolo importante nella

regolazione della funzionalità mitocondriale e del metabolismo

energetico cellulare. Esso risulta sovraespresso

nell’esposizione a freddo, nel muscolo scheletrico esercitato,

nel fegato e nel cuore di animali a digiuno. Nel fegato e nel

BAT la via β-adrenergica/cAMP attiva la trascrizione del

fattore. La calcineurina A, le proteine-chinasi

calcio/calmodulina–dipendenti, nonché l’AMPK ne attivano

l’espressione nel muscolo. Anche l'ossido nitrico (NO)

rappresenta una molecola segnale implicata nella stimolazione

di PGC-1α tramite un meccanismo cGMP-dipendente in

un'ampia gamma dei tipi cellulari.

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PGC-1 coattiva anche un gran numero di fattori di trascrizione

che sono coinvolti nell'espressione di proteine non

mitocondriali, ad esempio PPARα e ERRα (recettori connessi

agli estrogeni), che influenzano l’ossidazione degli acidi grassi

e la fosforilazione ossidativa. Inoltre, altri bersagli della

coattivazione regolano vie esterne ai mitocondri, come HNF-4

e FOXO1, che attivano la gluconeogenesi, MEF-2 che è

coinvolto nel trasporto del glucosio, e SREBP1 che stimola la

lipogenesi .

-NRF-1 è una proteina nucleare di 68 KDa, in grado di attivare

geni codificanti per il citocromo c, per la maggior parte delle

subunità nucleari dei Complessi Ι-V e per l’enzima 5-

aminolevulinato sintasi, enzima coinvolto nella biosintesi

dell’eme. Inoltre, NRF-1 promuove l’espressione di

componenti chiave della trascrizione mitocondriale necessari

per la sintesi di subunità respiratorie (Scarpulla et al.,2002).

La sua induzione è stata osservata nel muscolo scheletrico di

ratti sottoposti ad esercizio (Murakami et al., 1998) e di

zebrafish esposto a freddo (McClelland et al., 2006).

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-NRF-2 definito anche proteina legante GA (GABP) è un

fattore composto da 5 subunità: α ( 51,4 KDa ); β1 (42,5 kDa);

β2 (41,3 kDa); γ1 (38,1 kDa); γ2 (36,9 kDa). La subunità α

contiene una sequenza ETS grazie alla quale è in grado di

legare il DNA anche in assenza delle altre subunità. Al

contrario, le altre subunità possono formare un complesso con

la α, ma non sono in grado di interagire direttamente col DNA.

NRF-2 è coinvolto nella regolazione di geni responsabili della

funzionalità mitocondriale, nella biogenesi della subunità IV

della citocromo ossidasi e del fattore A di trascrizione

mitocondriale (Tfam), che stimola la trascrizione del mtDNA

in un trascritto poligenico e viene trasformato in 14 tRNA, 12

mRNA, e due rRNA. Tale fattore coordina l’espressione dei

componenti mitocondriali in risposta a richieste energetiche o

segnali proliferativi (Fig.9).

Fig. 9 Risposta ormetica all’esercizio

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Esercizio e supplementazione antiossidante

L’osservazione che l’esercizio fisico provoca un aumento della

produzione di ROS, ha condotto i ricercatori ad interrogarsi

sugli effetti della supplementazione antiossidante sulle risposte

adattative normalmente evocate dal training.

Il ruolo potenziale delle ROS nell’induzione di risposte

adattative alla contrazione indica anche che gli antiossidanti

potrebbero sopprimere queste risposte adattative. Infatti, se le

ROS prodotte nell’esercizio agiscono come segnali che regolano

importanti eventi molecolari nell’adattamento delle cellule

muscolari all’esercizio, ne consegue che la somministrazione di

antiossidanti dovrebbe prevenire tali adattamenti .

In accordo con tale idea, l’esame degli effetti dell’integrazione

di vitamina C sulla risposta del muscolo scheletrico ad

ossidanti endogeni ed esogeni dimostrò che tale trattamento

causava una attenuazione delle risposte adattative agli

ossidanti. Questo risultato è stato confermato da un numero

crescente di lavori che hanno mostrato effetti deleteri del

trattamento con antiossidanti sull’adattamento all’esercizio. La

sola integrazione per la quale sono stati riportati effetti benefici

è quella con il donatore di cisteina, la N-acetilcisteina (NAC)

(Tabella 7) (Sestre J. et al.,1992)

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Tabella 7 Effetti di ROS o di antiossidanti sulla performance muscolare

Aggiunte o trattamenti Effetto

In vitro CAT e SOD Diminuita forza contrattile

CAT+ H2O2 Inversione dose dipendente

H2O2 (alta conc.) Severa caduta della forza

DMSO Diminuita forza contrattile

In vivo Vit E (400IU, 6 sett.) Minore performance in nuotatori adolescenti

Vit C (1 g, 4 sett.) Minore velocità di levrieri da corsa

Vitamina C (1 g, 14 giorni) Lento recupero da un esercizio dannoso

Vit E+acido lipoico (8 sett.) Minore forza tetanica del muscolo di ratto

N-acetilcisteina Maggiore tolleranza dell’uomo all’esercizio

Un recente lavoro dimostrò che ratti non allenati erano in grado

di correre per 100 minuti prima dell’esaurimento, mentre dopo

6 settimane di allenamento essi correvano per 300 minuti.

Tuttavia, se essi erano trattati con vitamina C, dopo lo stesso

periodo di allenamento correvano solo per 120 minuti.

E’ stato anche riportato che la somministrazione di

allopurinolo, un potente inibitore della xantina ossidasi,

previene l’adattamento indotto dall’esercizio (Gomez-Cabrera

M.C. et al.,2006, Vina J. et al, 2000) .

Queste osservazioni evidenziano l’importanza delle ROS,

almeno alle concentrazioni generate durante l’allenamento

all’esercizio, nell’indurre l’adattamento e indicano che la

raccomandazione di prendere supplementi antiossidanti prima

di un esercizio moderato dovrebbe essere rivista poiché essi

possono prevenire utili adattamenti indotti dall’esercizio.

In conclusione queste scoperte suggeriscono che le ROS

servono per l’adattamento delle cellule muscolari all’esercizio.

Quando si utilizzano supplementi antiossidanti questi

adattamenti sono ostacolati. D’altro canto antiossidanti

dovrebbero essere somministrati prima di una competizione

quando è probabile che l’esercizio porti all’esaurimento e

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comporti una generazione di ROS che sovrasta i meccanismi di

difesa.

Scopo della tesi

I risultati esposti nella precedente tabella dimostrano

chiaramente che la supplementazione antiossidante produce

effetti negativi sulla prestazione fisica che sono chiaramente

collegabili ad alterazioni delle proprietà meccaniche del

muscolo. Tali effetti appaiono molto simili a quelli indotti

dalle ROS.

È possibile ritenere che questi effetti siano dovuti ad una

riduzione delle risposte adattative che condizionano la

endurance e la performance e che sono evocate

dall’allenamento fisico, attraverso una continua produzione di

ROS a bassi livelli.

Il sistema di elezione per dimostrare il coinvolgimento delle

ROS nelle risposte all’allenamento è la determinazione degli

effetti dell’integrazione antiossidante in animali allenati.

Poiché il training induce risposte adattative anche nel fegato e

nel cuore, durante i primi due anni di dottorato, ho valutato gli

effetti della somministrazione dell’antiossidante α tocoferolo

sugli adattamenti metabolici e del sistema di difesa

antiossidante indotti dall’allenamento al nuoto su tali tessuti

utilizzando come modello sperimentale il ratto albino.

Nell’ultimo anno ho valutato gli effetti dell’antiossidante sul

metabolismo e lo stato redox del muscolo scheletrico nei ratti

allenati al nuoto.

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Informazioni sul metabolismo sono state ottenute

determinando la respirazione tessutale e mitocondriale e

l’attività dell’enzima citocromo ossidasi, che fornisce

informazioni sulla massima capacità respiratoria. La

determinazione dell’attività dell’enzima nei preparati

muscolari e la determinazione dell’espressione del citocromo c

mi hanno anche permesso di valutare gli effetti

dell’allenamento e dell’integrazione antiossidante sulla massa

mitocondriale.

Informazioni sullo stato redox del muscolo sono state ottenute

determinando il danno ossidativo, la velocità della produzione

mitocondriale del perossido di idrogeno, l’attività degli enzimi

GPX e GR che sono cruciali per il turnover del GSH e gli

stessi livelli del tripeptide.

Infine, sono stati studiati gli effetti dell’allenamento e della

integrazione antiossidante su un coattivatore dell’espressione

genica, come il PGC-1, che è coinvolto nella regolazione del

metabolismo e della omeostasi redox e di attivatori, come

NRF-1 e NRF-2, che sono coinvolti con il PGC-1 nella

biogenesi mitocondriale.

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Materiali e Metodi

Animali e protocollo di allenamento

Gli esperimenti sono stati effettuati su ratti maschi del ceppo

Wistar di 120 giorni di età. Gli animali sono stati forniti dalla

ditta Nossan (Correzzana, Italia), all’eta di 45 giorni e sono

stati casualmente divisi in ratti sedentari ed allenati. Come

esercizio per l’allenamento è stato scelto il nuoto, effettuato 5

giorni a settimana per 10 settimane.

Il programma di allenamento prevedeva inizialmente brevi

periodi di nuoto e il loro aumento graduale, sia per facilitare il

processo di apprendimento che per ridurre la reazione di stress.

Pertanto, durante la prima settimana i ratti hanno nuotato per

15 minuti al giorno per familiarizzare con l’immersione in

acqua. Nella seconda settimana, la sessione di nuoto è stata

della durata di 50 minuti, nella terza settimana di 60 minuti,

nella quarta di 70 minuti e dalla quinta alla decima settimana i

ratti hanno nuotato per 90 minuti al giorno.

L’allenamento è stato eseguito in un contenitore di plastica

dell’altezza di 100 cm e riempito all’altezza di 45 cm con

acqua mantenuta alla temperatura di 35-36°C. Tale

temperatura consente agli animali di sostenere un programma

di nuoto di lunga durata senza incorrere in stress termico

(Dawson et al., 1970).

Fino al cinquantesimo giorno i ratti sono stati alimentati con

una dieta di controllo costituita da cibo, fornito dalla ditta

Mucedola, contenente 70mg di vitamina E/Kg di mangime.

Dal cinquantesimo giorno, con l’inizio del programma di

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allenamento, la dieta di metà dei ratti sedentari e metà di quelli

allenati è stata arricchita con vitamina E. In pratica al mangime

standard per animali fornito dalla Mucedola veniva aggiunta

vitamina E fino alla concentrazione di 700 mg di vitamina

E/Kg di mangime. Mentre gli altri ratti hanno continuato la

dieta di controllo.

In questo modo sono stati ottenuti quattro gruppi sperimentali

di ratti:

Ratti di controllo sedentari (S)

Ratti sedentari trattati con vitamina E (S+VE)

Ratti di controllo allenati (T)

Ratti allenati trattati con vitamina E (T+VE).

Tutti i ratti sono stati sottoposti alle stesse condizioni: di

stabulazione ossia, in un ambiente a temperatura controllata di

24-25° C, con ciclo circadiano artificiale di 12 ore di luce e 12

ore di buio in un ambiente con il 50±10% di umidità relativa

ed alimentati ad libitum con acqua e cibo.

Il trattamento degli animali in questi esperimenti è stato

conforme alle linee guida definite dalla University’s Animal

Care Review Committee

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Preparazione degli omogenati

Ventiquattro ore dopo la fine del programma di allenamento i

ratti, sono stati sacrificati per decapitazione previa anestesia

con cloralio (40mg/100g di peso corporeo).

I tessuti (cuore, fibre rosse del muscolo gastrocnemio) sono

stati rapidamente rimossi e posti in beakers tenuti in ghiaccio

contenenti un mezzo di omogenizzazione (HM) costituito da

mannitolo 220 mM, saccarosio 70mM, EDTA 1 mM,

albumina priva di acidi grassi (BSA) 0,1%, Tris 20 mM, a pH

7.4. Frammenti di ciascun tessuto sono stati rapidamente

congelati in azoto liquido e conservati a –80°C per essere

utilizzati successivamente per allestire i western blotting. I

tessuti, liberati del connettivo, sono stati pesati, finemente

tagliuzzati e lavati con l’HM. Il tessuto muscolare e quello

cardiaco sono stati incubati per 5 min a temperatura ambiente

in soluzione HM contenete proteasi nagarse alla

concentrazione 0,1mg/ml. Al termine del periodo

d’incubazione la soluzione contenete nagarse è stata sostituita

con soluzione HM contenete 0,1% BSA. Tutti i tessuti sono

stati delicatamente omogenizzati nella stessa soluzione alla

concentrazione finale del 20% p/v, utilizzando un

omogenizzatore Potter-Elvejem di vetro, ad una velocità

standard di 500 rpm per 1 minuto. Aliquote degli omogenati

sono state utilizzate per le successive procedure analitiche e

per l’isolamento mitocondriale

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Preparazione dei mitocondri

Gli omogenati, diluiti 1:1 con l’HM, sono stati liberati dai

debris cellulari e dai nuclei attraverso una centrifugazione a

500g per 10 minuti a 4°C. I surnatanti del tessuto muscolare e

cardico sono stati centrifugati a 3000g per 10 minuti a 4 C. I

pellets mitocondriali sono stati risospesi in una soluzione di

lavaggio (WB) costituita da mannitolo 220 mM, saccarosio 70

mM, EGTA 1 mM, Tris 20 mM a pH 7,4 e centrifugati alla

stessa velocità di sedimentazione per due volte. Infine i

mitocondri sono stati risospesi in WB ed utilizzati per le

procedure analitiche dopo aver determinato il contenuto

proteico dei preparati, mediante il metodo del biureto (Gornall

et al., 1949) usando albumina serica bovina (BSA) come

standard. Il dosaggio è di tipo colorimetrico in quanto

determina una variazione di colore la cui intensità è

direttamente proporzionale alla concentrazione proteica del

campione. Il solfato rameico, presente nella soluzione biureto,

infatti, in ambiente alcalino, viene complessato dai gruppi

amminici delle proteine, dando complessi colorati (azzurri) e

leggibili a 550 nm.

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Contenuto di Vitamina E

L’efficacia del trattamento con vitamina E è stata valutata

misurando, mediante cromatografia liquida ad alta pressione

(HPLC), il contenuto tessutale di vitamina E con la procedura

di Lang et al., (1986) utilizzando uno standard esterno per la

determinazione quantitativa. In questo tipo di cromatografia

gli eluenti (fase mobile) sono pompati a elevata pressione sulla

fase stazionaria rappresentata dal supporto solido contenuto

nella colonna metallica. La soluzione del campione è iniettata

nella fase mobile, attraverso una porta di iniezione (loop di

iniezione). Quando il campione fluisce insieme alla fase

mobile attraverso la fase stazionaria, la migrazione dei suoi

componenti dipende dalle interazioni non covalenti con la fase

stazionaria. Le interazioni chimiche tra la fase stazionaria e il

campione e tra questi e la fase mobile determinano il grado di

migrazione e la separazione degli elementi contenuti nel

campione. Nella cromatografia a fase inversa la separazione

avviene in base all’idrofilicità e alla lipofilicità. La resina

contenuta nella colonna di acciaio è costituita da sferette di

silicio cui sono legate covalentemente catene n-alchiliche. In

questo modo, i composti idrofilici fluiscono più rapidamente

dei composti idrofobici. Questa tecnica è molto vantaggiosa

perché consente di realizzare la separazione cromatografica in

tempi molto brevi. Per la determinazione della vitamina E, gli

omogenati tessutali sono stati deproteinizzati mediante

trattamento con metanolo contenente butilatoidrossitoluene

(BHT) allo 0.05% nel rapporto 1:4 ed agitati con un vortex per

1 minuto. Alla sospensione è stato aggiunto esano (C6H14) per

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estrarre la vitamina e la soluzione è stata agitata con un vortex

per 10 minuti. La miscela ottenuta è stata centrifugata a

4000rpm per 10min a 4°C per separare le due fasi di soluzione

acquosa ed esano. L’esano è stato prelevato ed è stato

evaporato sotto flusso di azoto a 40°C. Infine i residui secchi

sono stati disciolti in metanolo. Il campione cosi ottenuto è

stato iniettato in un loop da 20 μl collegato ad una colonna

cromatografica C18, della lunghezza di 250mm nella quale

fluiva metanolo alla velocità di 1 ml/min. La posizione del

picco di vitamina E e la sua concentrazione sono state ricavate

utilizzando una retta di taratura ottenuta sottoponendo a

separazione cromatografica soluzioni a concentrazione nota di

vitamina E in metanolo. La concentrazione di vitamina E, nelle

soluzioni standard è stata stabilita mediante la misura

spettrofotometrica dell’assorbimento a 292nm e l’utilizzo del

coefficiente di estinzione molare della vitamina E in alcool.

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Attività della citocromo ossidasi

La citocromo ossidasi (COX), ultimo enzima della catena

respiratoria mitocondriale, è direttamente responsabile della

riduzione dell’O2 ad H2O. La sua attività, in vitro, è stata

positivamente correlata alla massima attività aerobica tessutale

e mitocondriale (Simon et al., 1971). L’attività della COX è

stata determinata polarograficamente a 30° C mediante

l’utilizzo di un ossigrafo Hansatech, dotato di elettrodo Clark

per l’ossigeno, attraverso una procedura messa a punto da

Barrè et al. (1987). I campioni di omogenato (1:5) sono stati

diluiti con uguale volume di soluzione di Chappel-Perry 2x

(ATP 1 mM, KCl 100 mM, MgCl2 5 mM, EDTA 1 mM,

EGTA 5 mM) ottenendo in tal modo degli omogenati alla

concentrazione di 1 g/10 mL. Quindi, uguali volumi di

omogenati 1:10 e di una soluzione di Chappel-Perry

contenente Lubrol alla concentrazione di 10 mg/mL sono stati

mescolati e incubati per 30 minuti a 0°C per smascherare

l’attività dell’enzima. Per determinare, invece, l’attività della

COX delle frazioni mitocondriali, sospensioni di tali organelli,

a concentrazione proteica nota, sono stati inizialmente diluiti

in soluzione di Chappel- Perry 10x. Quindi, ai campioni così

diluiti è stato aggiunto un volume di una soluzione di Lubrol

(1,5 mg/mL) in soluzione di Chappel-Perry in modo da avere

0,25 mg di Lubrol per mg di proteine mitocondriali. La

quantità di sospensione mitocondriale da utilizzare nella

determinazione è stata calcolata tenendo conto che, nella

camera di reazione, dovrà essere presente una concentrazione

finale di 0,2 mg/mL di proteine mitocondriali. In seguito,

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Nella camera di reazione del respirometro, è stato introdotto 1

ml di una soluzione contenente citocromo c 30 µM , rotenone

4 µM (inibitore del complesso I), 2-4 dinitrofenolo 0,5mM

(disaccoppiante della fosforilazione ossidativa), Na-malonato

10 mM (inibitore della succinato deidrogenasi), Hepes 75 mM,

a pH 7,4, cui sono stati aggiunti 20 µl del campione di

omogenato (contenenti 0,001g di tessuto) o 0,2 mg di proteine

mitocondriali. Dopo la stabilizzazione dello strumento nella

camera di reazione sono stati aggiunti 15 µl di soluzione

contenente Na-ascorbato 400 mM e

tetrametilparafenildiammina (TMPD) 30 mM come substrato

in grado di ridurre il citocromo c. L’attività della COX è stata

espressa come µmol O/min/g di tessuto o come µmol

O/min/mg di proteine mitocondriali. Il rapporto tra l’attività

della COX tessutale e quella mitocondriale ha fornito una

valutazione approssimata del contenuto in mg di proteine

mitocondriali per grammo di tessuto dei campioni in esame

(Venditti P et al., 1996)

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71

Determinazione dell’espressione del Citocromo c

SDS page

La prima fase nella determinazione dell’espressione delle

proteine è costituita dalla separazione delle proteine mediante

elettroforesi. Le aliquote di muscolo sono state omogeneizzate

(diluizione 1:10) in NaCl 500 mM, nonidet P-40 allo 0.5%,

EDTA 6 mM, EGTA 6 mM, ditiotreitolo 1 mM, Tris-HCl 40

mM, pH 8 in presenza di una miscela di antiproteasi

contenente PMS 40 µg/mL, leupeptina 5 µg/mL, aprotinina 5

g/mL, pepstatina 7 g/ml. Gli omogenati sono stati centrifugati

a 2500 g per 10 minuti a 4°C. Il supernatante, su cui sono state

preventivamente dosate le proteine presenti, è stato sottoposto

a elettroforesi mediante SDS-PAGE utilizzando un gel di

impaccamento di acrilamide al 6% e un gel di separazione al

12%, sul quale sono stati caricati 30 µg di proteine.

I campioni sono stati preparati diluendo 10 µl di sospensione

proteica, contenente 1.5 mg/mL di proteine, con 5 µL di SDS

al 3%, glicerolo al 30%, β-mercaptoetanolo al 15%, blu di

bromofenolo allo 0.1%, Tris base 0.187 M, pH 6.8. I campioni

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sono stati bolliti per 5 minuti e dunque sono stati caricati sul

gel 30 µg di proteine mitocondriali. La corsa del gel è durata

un’ora a voltaggio costante di 25. Per visualizzare il quadro di

separazione elettroforetica, alcuni gel sono stati fissati con

isopropanolo al 25% e acido acetico al 10% e dunque colorati

con la medesima soluzione contenente Coomassie G-250 allo

0.02%. La decolorazione è stata ottenuta agitando i gel per 48

ore in acido acetico al 10%.

Western blotting

La seconda fase della procedura per la determinazione

dell’espressione delle proteine è costituita dal trasferimento

delle proteine. Le proteine muscolari, separate mediante

elettroforesi, sono state trasferite dal gel su una membrana di

nitrocellulosa tramite elettroblotting. Le membrane sono state

precedentemente attivate in metanolo assoluto per 10 minuti,

dunque sciacquate con acqua distillata e poste in una soluzione

di trasferimento per gel, contenente metanolo al 10% e

soluzione di trasferimento 1x (Tris-HCl 480 mM e glicina 390

mM). Le membrane sono state dunque incubate con anticorpi

per PGC-1, NRF-1 e NRF-2 (Santa Cruz Biotechnology, Santa

Cruz, CA, USA) diluiti 1:1000, in NaCl 154 mM, Tris-HCl 10

mM, pH 8.0, latte scremato al 2.5%, Tween20 al 10%. Il

riconoscimento dell’anticorpo primario, ottenuto medinate

interazione con un anticorpo secondario marcato con HRP, ha

consentito la visualizzazione delle bande di interesse mediante

l’impressionamento di una lastra fotografica dovuto alla

conversione del luminolo in una sostanza fluorescente,

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reazione catalizzata dall’HRP in presenza di luminolo e

perossido di idrogeno. E’stata usata actina per standardizzare il

caricamento delle proteine. Per confrontare i livelli di

espressione delle proteine tra i vari gruppi, su ogni gel è stato

fatto correre un campione standard ottenuto da un animale

sedentario. Dunque i valori di ciascun gruppo sono stati

comparati con il campione sedentario al quale è stato

assegnato il valore 1.

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Consumo di Ossigeno

L’attività respiratoria nei preparati tessutali e mitocondriali è

stata determinata con un metodo polarografico, che prevede

l’utilizzo di un respirometro dotato di elettrodo di Clark

(Hansatech). L’elettrodo di Clark è costituito da un catodo di

platino e un anodo di argento, immersi in una soluzione salina

e separati dal campione in esame tramite una membrana pervia

al solo ossigeno. L’ossigeno diffonde dalla camera di misura,

al catodo che lo riduce utilizzano 4 elettroni prodotti dall’

anodo. Il trasferimento di elettroni genera una corrente che è

misurata da un computer collegato all’apparecchio. Le

variazioni della corrente registrata al catodo sono convertite in

variazioni della concentrazione di ossigeno e riportate in un

grafico. Le misure sono state effettuate a 30°C, utilizzando un

mezzo di incubazione contenente KCl 145 mM, MgCl2 3 mM,

Hepes 30 mM, EGTA 0,1 mM, KH2PO4 5 mM, a pH 7,4 e

BSA allo 0,1%. Sono stati utilizzati per ogni lettura 25 μl di

omogenato 1:5 o 0,2 mg/ ml di proteine

mitocondriali.L’aggiunta del campione in soluzione ha

determinato un temporaneo decremento della concentrazione

di ossigeno in soluzione dovuto al consumo dei substrati

endogeni (Fase1). Dopo una fase di stabilizzazione, è stato

aggiunto un substrato respiratorio in eccesso, che ha provocato

un consumo di ossigeno costante e prolungato a bassa velocità,

Fase 2 della respirazione. Come substrati sono stati utilizzati

succinato (10 mM), che produce equivalenti riducenti

(FADH2) ossidati a livello del complesso II, o una miscela di

piruvato (10mM) e malato (2,5mM), che producono

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equivalenti riducenti (NADH) che entrano nella catena

respiratoria a livello del complesso I. La successiva aggiunta

di quantità saturanti di ADP (500 μM) ha indotto la Fase 3

della respirazione, in tale fase il gradiente protonico è dissipato

rapidamente dall’aumento dell’attività dell’ATP sintetasi e la

velocità del consumo di ossigeno aumenta nel tentativo di

ripristinare rapidamente tale gradiente. La velocità del

consumo di ossigeno declina quando tutto l’ADP è stato

consumato, riportando i livelli di ossigeno a quelli osservati

durante la fase 2. Si parla a questo punto di Fase 4. I valori

raccolti durante la fase 3 e la fase 4 della respirazione sono

stati espressi come μmolO/minuto/gr di tessuto o mg di

proteine mitocondriali.Il rapporto tra il consumo di ossigeno

in fase 3 e quello in fase 4, detto rapporto di controllo

respiratorio (RCR), rappresenta un indice dell’integrità dei

mitocondri. Infatti, un danno della membrana mitocondriale

porta ad aumento della velocità del consumo di O2 nella fase 4

e ad una conseguente riduzione di tale indice.

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Danno ossidativo alle proteine

Il danno ossidativo delle proteine è stato valutato utilizzando una

procedura messa a punto da Reznick e Packer (1994) per quanto

riguarda gli omogenati, e una procedura modificata da Schild et

al., (1997) per quanto riguarda i mitocondri. La metodica utilizza

come markers dell’ossidazione proteica i gruppi carbonilici

(C=O) che si formano in seguito a ossidazione, da parte delle

ROS, dei gruppi amminici delle catene laterali degli amminoacidi

lisina, arginina, prolina ed istidina. Le reazioni ossidative sono

catalizzate da cationi metallici come Fe2+

e Cu+, che si legano a

specifici siti delle proteine.

La quantificazione dei gruppi carbonilici è effettuata con una

metodica spettrofotometrica che consente di valutare i prodotti di

reazione (idrazoni) della dinitrofenilidrazina (DNPH) con i

gruppi carbonilici delle proteine:

Proteina-C=O + H2N-NH-2,4DNP → proteina=N-NH-2,4DNP +

H2O

Per ogni determinazione sono state utilizzate due aliquote del

campione in esame, contenente ciascuna 0,5 mg di proteine

mitocondriali. Tali proteine sono state precipitate in acido

tricloroacetico (TCA) al 10%, centrifugate a 2500 rpm per 15

minuti a 4 °C, risospese in 150 µl di NaOH 0,1 M ed incubate a

temperatura ambiente per 5 minuti. Ad una delle due aliquote

sono stati aggiunti 1,5 ml di HCl 2,5 M (bianco), all’altra 1,5 ml

di DNPH in HCl 2,5 M.

I preparati sono stati incubati per un’ora al buio a temperatura

ambiente. La reazione della DPNH è stata bloccata dall’aggiunta

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di 1,65 ml di TCA al 20% e i sedimenti, ottenuti per

centrifugazione, sono stati lavati una volta con 1,5 ml di TCA al

10% e due volte con una miscela di etanolo/acetato di etile (1:1

v/v) e infine disciolti in 2 ml di idrocloruro di guanidina 6 M.

Per gli omogenati sono state utilizzate due aliquote del campione

in esame, contenente ciascuna 0,5 ml di omogenato. Tali

campioni sono stati diluiti 1:2 con un tampone fosfato 50 mM a

pH 7.4 contenente digitonina allo 0,1% e antiproteasi quali

fenilmetilsulfonilmetile (PMSF) 40 µg/ml, aprotonina 5 µg/ml,

leupeptina 5 µg/ml, pepstatina 7 µg/ml. Dopo incubazione in

ghiaccio per 15 minuti, i campioni sono stati centrifugati a 1550

rpm per 10 minuti, ed i supernatanti prelevati sono stati incubati

a temperatura ambiente per 10 minuti con l’1% di streptomicina,

per precipitare il DNA, e ricentrifugati a 1550 per 10 minuti a 4°

C. Successivamente ad una delle due aliquote sono stati aggiunti

4 ml di HCl 2,5 M (bianco), all’altra 4 ml di DNPH 10 mM in

HCl 2,.5 M. I preparati sono stati incubati per un’ora al buio a T

ambiente. Si è bloccata la reazione con l’aggiunta di 5 ml TCA al

20% ed i sedimenti, ottenuti per centrifugazione, sono stati lavati

una volta con 4 ml di TCA al 10%, tre volte con 4 ml di una

miscela di etanolo/acetato di etile (1:1 v/v) e alla fine disciolti in

2 ml di idrocloruro di guanidina 6 M.

I prodotti di reazione della DNPH con i gruppi carbonilici delle

proteine sono stati letti spettrofotometricamente a 355nm e 390

nm, per gli omogenati, e a 370 nm per i mitocondri, lunghezze

d’onda a cui si hanno i picchi di massimo assorbimento della

DNPH. Il contenuto di carbonili è stato calcolato, utilizzando il

coefficiente di estinzione molare degli idrazoni alifatici (22∙103

M-1

cm-1

) e dividendo per la concentrazione ottenuta, con FIG P.

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Esso è espresso come nmol di carbonili/mg di tessuto e nmol di

carbonili/mg di proteine.

Perossidazione lipidica

L’estensione dei processi perossidativi negli omogenati di

muscolo e nei preparati mitocondriali è stata determinata

misurando il livello di idroperossidi lipidici (HPs), seguendo

spettrofotometricamente il consumo di NADPH in un sistema di

reazioni accoppiate (Heath and Tappel, 1976). Il metodo è basato

su due reazioni.

Nella prima, catalizzata dall’enzima glutatione perossidasi

(GPX), il GSH reagendo con gli idroperossidi è ossidato a

GSSG:

2 GSH + LOOH → GSSG + H2O + LOH

Nella seconda reazione, il glutatione ossidato viene riconvertito a

GSH dall’enzima glutatione reduttasi (GR), che sfrutta il potere

riducente del NADPH, ossidandolo a NADP+:

GSSG + NADPH + H+ → 2 GSH + NADP

+

Le sospensioni mitocondriali sono state diluite con una soluzione

tampone (EDTA 0,2 mM, Tris-HCl 0,124 mM a pH 7,6) in modo

da avere una concentrazione di 1 mg di proteine per ml. Gli

omogenati di tessuto epatico, invece, sono stati diluiti 1:10 nel

mezzo di omogenizzazione (HM) (mannitolo 220 mM,

saccarosio 70 mM, EDTA 1 mM, Tris 20 mM, BSA allo 0.1% a

pH 7,4).

In base alla procedura, 10 µl di campione sono stati incubati per

5 minuti a temperatura ambiente in 1 ml della stessa soluzione

tampone utilizzata per diluire le sospensioni mitocondriali. Per

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innescare la prima reazione sono stati aggiunti in rapida

successione 100 µl di GSH (4,25 mM), 50 µl di NADPH (2

mM), e 10 µl di GPX (2,5 U/ml). Le soluzioni così preparate

sono state incubate a 33°C per 15 minuti. Successivamente,

l’aggiunta di 10 µl dell’enzima GR (2,5 U/ml) ha innescato

l’ultima tappa del processo in cui il NADPH viene ossidato a

NADP+.

Le letture sono state effettuate a 340 nm, al fine di valutare le

variazioni nella quantità di NADPH, per 15 minuti. La differenza

tra l’assorbimento iniziale e quello finale, divisa per il

coefficiente di estinzione molare del NADPH (6,3∙103 M

-1cm

-1),

per il tempo della cinetica (15 minuti) e la quantità di preparato,

ci ha fornito informazioni sul contenuto tessutale e mitocondriale

di idroperossidi espresso come µmoli di NADPH ossidato/min/g

di tessuto o nmoli di NADPH ossidato/min/mg di proteine

mitocondriali.

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Attività degli enzimi glutatione perossidasi (GPX) e

glutatione reduttasi (GR)

La determinazione dell'attività dell’enzima GPX è stata eseguita

secondo la procedura di Flohè e Gunzler (1985), utilizzando

campioni di omogenato diluiti 1:10 nel mezzo di

omogeneizzazione (HM) (mannitolo 220 mM, saccarosio 70

mM, EDTA 1 mM, Tris 20 mM, BSA allo 0.1% a pH 7,4), e

campioni di mitocondri diluiti in maniera da avere una

concentrazione pari a 1mg/mL in un tampone di KH2PO4 0,1 M,

EDTA 1 mM a pH 7,0. Tale procedura è basata sulla catalisi

operata dalla Glutatione Perossidasi (GPX) nella reazione:

ROOH + 2 GSH → GSSG + H2O + ROH

In questo metodo, il mezzo di reazione, contenente GSH e GR, è

costituito dal tampone sopra indicato. Il campione è stato

incubato in tale miscela per 5 min a 37 °C. In seguito è stato

aggiunto NADPH, lasciandolo in incubazione per altri 5 minuti.

In questo modo è stato possibile determinare il consumo di

NADPH non legato alla riduzione dell’idroperossido. La

reazione è stata innescata dall’aggiunta del terz-butil-

idroperossido (TBH) che stimola il rilascio dell’H2O2.

Il GSSG prodotto è stato riconvertito a GSH in una reazione

catalizzata dall’enzima GR che usa come cofattore il NADPH. Il

consumo di NADPH è stato determinato misurando la variazione

di assorbimento a 340 nm e dividendo tale variazione per il

coefficiente di estinzione molare del NADPH e la quantità di

preparato.

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L'attività della GPX è espressa in µmoli di NADPH

consumato/min/g tessuto oppure come nmoli di NADPH

consumato/min/mg di proteine mitocondriali.

L'attività dell’enzima GR, invece, è stata determinata in accordo

con il protocollo Carlberg e Mannervik (1985). Questo si fonda

sulla capacità riducente mostrata dalla GR verso il GSSG, con

formazione di GSH a spese del NADPH:

NADPH + H+ + GSSG → 2GSH + NADP

+

La determinazione è stata eseguita utilizzando 1 ml di un mezzo

di reazione contenente il substrato, il GSSG a concentrazione 20

mM e il NADPH a concentrazione 2 mM. Questa miscela è stata

incubata a 30 °C per 3 minuti e successivamente sono stati

aggiunti 10 µl di campione di omogenato o di mitocondri diluiti

in modo analogo alla determinazione dell’attività della GPX, in

modo che la reazione di riduzione del GSSG potesse essere

innescata.

Anche per le reazioni catalizzate dalla GR, il consumo del

NADPH è stato determinato spettrofotometricamente.

L'attività della GR è stata espressa come µmoli di NADPH

consumato/min/g tessuto oppure come nmoli di NADPH

consumato/min/mg di proteine mitocondriali.

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Determinazione dei livelli di GSH

Per la valutazione del contenuto di glutatione ridotto (GSH), è

stata seguita spettrofotometricamente, alla lunghezza d’onda di

412 nm, la riduzione dell’acido 5,5’-ditiobis-2-nitrobenzoico

(DTNB) da parte del GSH. Il glutatione ossidato è ridotto

dall’enzima Glutatione reduttasi, in presenza di NADPH. In

pratica, per la valutazione del GSH gli omogenati e le

sospensioni mitocondriali sono stati diluiti (1:1) con HClO4 0,5

N, per consentire la precipitazione delle proteine, e centrifugati

poi a 4000 g per 10 minuti a 4°C (Ji et Fu, 1992). I supernatanti

sono stati neutralizzati con NaOH 2M e diluiti 1:7 in soluzione

tampone fosfato di sodio 125 mM + EDTA 6,3 mM a p H 7,5. Il

campione è stato diviso in due aliquote, una per il dosaggio del

glutatione totale (GSH + GSSG), una per la determinazione del

solo glutatione ossidato (GSSG), dopo aver mascherato il GSH

con 2-vinilpiridina.

Per determinare il GSH totale, sono stati prelevati 200 µL dalle

diluizioni dei campioni, a cui sono stati aggiunti 600 µL di

soluzione tampone (diluizione 1:20) e 48 µL di TEA

(trietanolammina), che ha la funzione di prevenire

l’autossidazione del GSH.

Per determinare il GSSG, a 400 µL di campioni, si aggiungono 8

µL di 2-vinilpiridina e 24 µL di TEA. Si incuba per 20-60 minuti

in modo da ottenere il completo mascheramento del GSH, per poi

procedere alla lettura allo spettrofotometro.

Per il dosaggio, si pongono nelle cuvette 700 µL di NADPH 0,3

mM, 100 µL di DTNB 6 mM ed il campione per un volume

finale di 1 mL. Alle cuvette, equilibrate a 30°C, si aggiungono 10

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µL di GR 50 U/mL e si esegue una lettura continua a 412 nm per

10 minuti.

La concentrazione di GSH è stata misurata come descritto da

Griffith (1980).

La velocità di riduzione del DTNB è sostanzialmente lineare e

dipende dal solo glutatione totale (Tietze, 1969): la velocità di

variazione del colore è proporzionale al contenuto del glutatione

totale, che è ricavato da curve costruite con soluzioni standard di

GSH e GSSG.

La concentrazione di GSH è data dalla differenza tra la

concentrazione del GSH totale e quella del GSSG ed è espressa

in µmoli di DTNB ridotto/g di tessuto o nmoli di DTNB

ridotto/mg di proteine mitocondriali.

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Suscettibilità allo stress ossidativo

È stata valutata la suscettibilità dei tessuti muscolari allo stresso

ossidativo in vitro con una metodica che utilizza una miscela di

cloruro ferrico ed ascorbato per indurre lo stress (Marcil et al,

2011). Tale miscela permette l’innesco della perossidazione

lipidica in quanto l’ascorbato mantiene il ferro nello stato Fe2+

il

quale è capace di innescare la reazione a catena in seguito alla

formazione del radicale ossidrilico •OH che si forma nella

reazione di Fenton.

Il dosaggio è stato effettuato confrontando le variazioni di

assorbimento ottenute durante la misura spettrofotometrica degli

idroperossidi (HPs) tra campioni normali e stressati in vitro per

10 minuti. Il valore ottenuto rappresenta così la differenza tra la

variazione dei livelli di HPs del campione stressato e la

variazione dei livelli di HPs del campione normale. Gli

omogenati di muscolo non stressati sono stati diluiti 1:10 nel

mezzo di omogeneizzazione (HM) costituito da mannitolo 220

mM, saccarosio 70mM, EDTA 1 mM, albumina priva di acidi

grassi 0,1%, Tris 20 mM, a pH 7.4.

Per la preparazione degli omogenati di muscolo stressati, a 50 µl

di omogenato 1:5 (per una diluizione finale di 1:10) sono stati

aggiunti 10 µl di cloruro ferrico 1000 µM, 10 µl di ascorbato 10

mM e 30 µl di una soluzione tampone (EDTA 0,2 mM, Tris-HCl

0,124 mM a pH 7,6). I campioni così trattati sono stati incubati

per 10 minuti a temperatura ambiente, e successivamente ad essi

sono stati aggiunti 10 µl dell’antiossidante butilatoidrossitoluene

(BHT) al 2% per bloccare la reazione di stress ossidativo.

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Su entrambi i campioni cosi preparati sono stati misurati i livelli

di HPs utilizzando la stessa metodica precedentemente descritta

per la determinazione della perossidazione lipidica (Heath e

Tappel, 1976).

Rilascio mitocondriale di H2O2

Allo scopo di valutare quantitativamente il rilascio mitocondriale

di H2O2 da parte di enzimi citoplasmatici o di organuli cellulari

(mitocondri, perossisomi, microsomi) esistono diverse tecniche

analitiche che sfruttano le proprietà della perossidasi di rafano

(HRP). Questo enzima catalizza l’ossidazione di numerosi

substrati donatori di idrogeno (AH2) in presenza di H2O2,

secondo le reazioni:

HRP+H2O2 →Composto I

Composto I +AH2 → AH⋅

+Composto II

Composto II +AH⋅

→HRP+A+H2O

I donatori di idrogeno utilizzati sono sostanze che diventano

fluorescenti reagendo con il composto I, o che perdono la

fluorescenza in seguito a tale reazione. Sostanze dotate di tali

caratteristiche sono la diacetildiclorofluorescina o l’acido

paraidrossifenilacetico (PHPA). Il loro utilizzo consente una

valutazione del rilascio mitocondriale di perossido di

idrogeno.Nei miei esperimenti fu utilizzato il PHPA per le sue

ottime caratteristiche funzionali. Esso in forma ridotta non è

fluorescente, ma in seguito ad ossidazione catalizzata dalla

perossidasi di rafano (HRP), in presenza di H2O2, si converte nel

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composto stabile 2,2’-diidross-difenil-5,5’-diacetato (PHPA)2

(Hyslop P.A., Sklar L.A., 1984) che è fluorescente. La velocità di

formazione di tale composto e quindi dell’aumento della

fluorescenza, è strettamente associato alla velocità di rilascio di

H2O2 da parte dei mitocondri. Per seguire la fluorescenza

generata dalla reazione di ossidazione del PHPA, fu utilizzato un

fluorimetro Jasko, dotato di una celletta termostata e collegato ad

un computer. Le determinazioni sono state effettuate in cuvette di

quarzo, contenenti un agitatore magnetico, alla temperatura di

30°C, utilizzando una lunghezza d’onda di eccitazione di 320 nm

ed una di emissione di 400 nm. La miscela di reazione conteneva

0,1 mg/ml di proteine mitocondriali disciolte in un tampone

respirazione (KCl 145 mM, MgCl2 3 mM, Hepes 30 mM, EGTA

0.1 mM, KH2PO4 5 mM, a pH 7,4 e BSA allo 0,1%) contenente

PHPA 0,2 mg/ml ed HRP 60 U/ml. La reazione di produzione

dell’ H2O2 fu innescata dall’aggiunta di una soluzione di

piruvato/malato (10mM/2,5mM) o di succinato (10 mM) e di una

quantità saturante di ADP (75mM). I valori delle concentrazioni

di H2O2 furono ricavati usando una curva standard di

concentrazioni note di H2O2 ed espressi come

pmolH2O2/min/mg proteine. Vari inibitori del flusso elettronico

attraverso la catena di trasporto mitocondriale sono

comunemente utilizzati per ottenere informazioni sulle possibili

alterazioni dei siti produttori di ROS. Infatti, la produzione di

ROS dipende da due parametri: il primo è rappresentato dalla

concentrazione dei carriers autossidabili localizzati nei complessi

respiratori, mentre il secondo è rappresentato dal grado di

riduzione di tali carriers. L’utilizzo di inibitori del trasferimento

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87

elettronico, rende tutti i carriers localizzati a monte del sito di

blocco completamente ridotti, rendendo così dipendente la

velocità di rilascio del perossido esclusivamente dalla

concentrazione dei carriers autossidabili. Nei miei esperimenti ho

utilizzato il Rotenone (Rot), che blocca il trasferimento degli

elettroni dal Complesso I all’ubichinone (Palmer G et al., 1968),

e l’Antimicina (AA) che blocca il trasferimento degli elettroni

all’interno del sito ubichinone-citocromo b del Complesso III

(Turrens JF et al., 1985). Le concentrazioni degli inibitori scelte

per gli esperimenti (1µM Rot; 10µM AA) non interferiscono col

sistema PHPA-HRP utilizzato (Venditti P et al., 2003).

Analisi statistica

I dati ottenuti in otto differenti esperimenti, sono stati espressi

come valori medi ± l’errore standard. I dati sono stati analizzati

con il metodo dell’analisi della varianza a due vie. Quando è

stato trovato un rapporto F significativo, è stato usato il test

dell’intervallo multiplo di Student-Newman-Keuls per

determinare la significatività statistica delle differenze tra le

medie. I valori sono stati considerati significativamente differenti

per un valore di probabilità (P) < 0,05.

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88

Risultati

Parametri corporei e contenuto di vitamina E

Il peso corporeo medio, alla fine del periodo di trattamento, era:

399 ± 5, 387 ± 15, 353 ± 9,6 e 334 ± 7,3 g, nei dei ratti S, S+VE,

T e T+VE rispettivamente. Il trattamento con vitamina E non ha

influenzato il peso corporeo, mentre l’allenamento ha

determinato una riduzione (p> 0,05) di tale parametro

indipendentemente dalla integrazione antiossidante. Le masse

cardiache avevano un peso di 0,89 ± 0,02, 0,84 ± 0,03, 0,96 ±

0,02, e 0,93 ± 0,03 g, nei dei ratti S, S+VE, T e T+VE

rispettivamente. Esse sono state aumentate (p <0,05)

dall’allenamento nei ratti trattati ed anche nei ratti non trattati

con vitamina E ed è stato diminuito (p <0,05) dalla vitamina E

nei ratti allenati.

Il rapporto cuore / peso corporeo era di 2,18 ± 0,05, 2,13 ± 0,03,

2,68 ± 0,07 e 2,76 ± 0,09 (mg/g) nei ratti S, S+VE, T e T+VE,

rispettivamente, ed è stato aumentato (p <0,05) dall’ allenamento

indipendentemente dalla integrazione dietetica con vitamina E.

Il contenuto tessutale di vitamina E è riportato in Tab. 8. Come

aspettato il contenuto di vitamina E è risultato maggiore nel

tessuto muscolare degli animali alimentati con l’antiossidante.

Inoltre, si è osservato un aumento del contenuto di vitamina E

anche nei ratti allenati.

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89

Tabella 8. Contenuto di vitamina E nel muscolo scheletrico di ratto.

Gruppi

S S+VE T T+VE

Vit E 14.230.34 30.271.03b 19.560.65

a 26.711.45

a,b

I dati rappresentano valori medi ± SEM di otto diversi esperimenti. Il contenuto di vitamina E è

espresso come nmol/g di tessuto. S, ratti di controllo sedentari; S+VE, ratti sedentari trattati con

vitamina E; T, ratti allenati; T+VE ratti allenati e trattati con vitamina E. a significativamente diverso

per i ratti allenati vs i rispettivi controlli sedentari, b significativamente diverso per animali trattati con

vitamina E vs i rispettivi controlli non trattati. Il livello di significatività è stato scelto come P < 0.05.

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90

Attività dell’enzima citocromo ossidasi e contenuto

proteico mitocondriale

In Fig. 10 (pannello superiore), è riportata l’attività

dell’enzima citocromo ossidasi (COX) determinata nel tessuto

e nei mitocondri. L’allenamento al nuoto ha influenzato

l’attività della COX solo nei ratti non alimentati con vitamina

E, aumentandola negli omogenati e diminuendola nei

mitocondri. Il trattamento con vitamina E non ha influenzato

l’attività dell’enzima nel tessuto e nei mitocondri degli animali

sedentari, ma ha prevenuto i cambiamenti indotti

dall’allenamento nell’attività dell’enzima. Il rapporto tra

l’attività della citocromo ossidasi negli omogenati e nei

mitocondri fornisce una stima approssimativa del contenuto di

proteine mitocondriali, espresse come mg di proteine per g di

tessuto. Nei ratti allenati non alimentati con la vitamina E il

contenuto di proteine mitocondriali è stato aumentato. La

supplementazione con vitamina, che non ha modificato il

contenuto di proteine mitocondriali nei ratti sedentari, ha avuto

l’effetto di ridurlo nei ratti allenati.

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91

Fig.10 Attività dell’enzima citocromo ossidasi e contenuto proteico

mitocondriale nel muscolo di ratto.

I dati rappresentano valori medi ± SEM di otto diversi esperimenti. L’attività

dell’enzima citocromo ossidasi (COX) è espressa in µmoli di O/ min/ g di tessuto o

µmol di O/ min/mg di proteine mitocondriali(grafico in alto), mentre le proteine

mitocondriali sono espresse come mg di proteine per g di tessuto (grafico in basso).

S, ratti di controllo sedentari; S+VE, ratti sedentari trattati con vitamina E; T, ratti

allenati; T+VE ratti allenati e trattati con vitamina E. a significativamente diverso per i ratti allenati vs i rispettivi controlli sedentari,

b significativamente diverso per animali trattati con vitamina E vs i rispettivi controlli

non trattati.

Il livello di significatività è stato scelto come P < 0.05

0.0

30.0

60.0

90.0

120.0

a

b

Conte

nuto

di

pro

tein

e m

itoco

ndri

ali

m

g p

rote

ine/

gt

essu

to

0.0

55.0

110.0

165.0

220.0

0.0

0.7

1.4

2.1

2.8

Omogenati Mitocondri

b

a

S S+VE T T+VE

a

b A

ttiv

ità

CO

X

µ

mol

O m

in-1 g

-1 te

ssuto

attività C

OX

µm

ol O

min

-1 m

g-1 p

rotein

e

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92

Espressione del citocromo C

Al fine di verificare se i trattamenti hanno modificato le

concentrazioni del contenuto di citocromo c, una proteina

marker dei mitocondri, è stata eseguita un’analisi western

blotting. I risultati riportati in figura 12 mostrano che il livello

di citocromo c è aumentato dall’allenamento. La

somministrazione di vitamina E, che non ha modificato il

contenuto di citocromo c nei ratti sedentari, ha ridotto tale

contenuto nei ratti allenati.

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93

S S+VE T T+VE

Cit C

Actina

Fig. 11 Effetto del training e del trattamento con vitamina E sui

livelli di citocromo c nel muscolo di ratto. I dati rappresentano valori medi ± SEM di otto diversi esperimenti.

Le proteine totali del muscolo di ratti sedentari S, sedentari trattati con vitamina

E S+VE, allenati T e allenati e trattati con vitamina E T+VE, sono state isolate

e analizzate mediante analisi Western blot. E’mostrato un blot rappresentativo

del citocromo c e dell’actina (sopra). L'analisi è stata eseguita come descritto in

Materiali e Metodi. Gli istogrammi corrispondono alla quantificazione

densitometrica. L’actina è stata utilizzata per la standardizzazione. I rapporti tra

le intensità della banda della proteina d’interesse rispetto alle intensità della

banda della β-actina sono stati confrontati con un campione standard sedentario

non trattato a cui è stato assegnato il valore 1. a significativamente diverso per i ratti allenati vs i rispettivi controlli sedentari,

b significativamente diverso per animali trattati con vitamina E vs i rispettivi

controlli non trattati.

Il livello di significatività è stato scelto come p <0,05.

0.0

0.5

1.0

1.5

2.0

S S+VE T T+VE

b

a

Var

iazi

one

del

cit

ocr

om

o c

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94

Consumo di ossigeno

La variazione della velocità del consumo di O2 negli omogenati

di muscolo è riportata in Fig. 10 (pannello in alto). L’attività

fisica ha avuto l’effetto di aumentare la respirazione del tessuto

muscolare. L’aumento del consumo di ossigeno è stato osservato

in presenza di substrati respiratori legati al complesso I (piruvato

più malato) e II (succinato), in entrambe le fasi della respirazione

e indipendentemente dal trattamento con vitamina E.

La somministrazione di vitamina E ha determinato l’aumento

della velocità del consumo di O2 in Stato 4 nei ratti allenati, in

presenza di succinato come substrato respiratorio. Mentre ha

diminuito la velocità del consumo di ossigeno in Stato 3 nei ratti

allenati e la ha aumentata nei ratti sedentari. In presenza di

Piruvato e Malato la velocità del consumo di ossigeno è stata

aumentata dalla vitamina E solo nei ratti sedentari durante

entrambi gli stati della respirazione.

I valori del rapporto del controllo respiratorio (RCR) in presenza

di succinato (2.650.19, 2.750.16, 2.830.04 e 2.420.05, per i

ratti S, S+VE, T, and T+VE rispettivamente) e di piruvato malato

(4.430.37, 3.810.38, 4.140.07 e 4.330.10 per i ratti S,

S+VE, T, and T+VE rispettivamente) non sono stati

significativamente modificati ne dal trattamento con

l’antiossidante vitamina E ne dal programma di allenamento.

La velocità del consumo di O2 nei mitocondri di muscolo è

riportata in Fig. 10 (pannello inferiore). Durante entrambi gli stati

della respirazione, l’allenamento ha diminuito le velocità del

consumo di ossigeno mitocondriale indipendentemente dal

substrato respiratorio e dal trattamento con vitamina E. Il

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95

trattamento con vitamina ha attenuato la diminuzione delle

velocità del consumo di ossigeno indotte dall’allenamento con

entrambi i substrati durante lo Stato 3, e con piruvato e malato

durante lo Stato 4, mentre con succinato le suddette diminuzioni

sono state accentuate. Il trattamento con vitamina E nei ratti

sedentari non ha influenzato la velocità del consumo di O2, con

l’eccezione di quella dello Stato 4 della respirazione sostenuta da

succinato.

I valori di RCR ottenuti con succinato (3.590.10, 4.130.07,

2.980.06 e 5.110.33 per i ratti S, S+VE, T e T+VE

rispettivamente) sono stati diminuiti (p<0.05) dall’allenamento

nei ratti non trattati con vitamina E ed aumentati (p<0.05) nei

ratti trattati con la vitamina, mentre sono stati aumentati (p

<0.05) dal trattamento con vitamina E negli animali allenati. I

valori di RCR, ottenuti con piruvato e malato (6.560.12,

6.590.30, 6.650.17 e 7.060.29 per i ratti S, S+VE, T e

T+VE, rispettivamente) non sono stati modificati (p>0.05)

dall’allenamento e dal trattamento con vitamina E.

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96

Fig. 12 I dati rappresentano valori medi ± SEM di otto diversi esperimenti. Il

consumo di ossigeno è espressa in µmoli di O/ min/ g di tessuto (grafico in

alto) o nmol di O/ min/mg di proteine mitocondriali (grafico in basso). S, ratti

di controllo sedentari; S+VE, ratti sedentari trattati con vitamina E; T, ratti

allenati; T+VE ratti allenati e trattati con vitamina E. a significativamente diverso per i ratti allenati vs i rispettivi controlli sedentari,

b significativamente diverso per animali trattati con vitamina E vs i rispettivi

controlli non trattati.

Il livello di significatività è stato scelto come P < 0.05

0.0

2.0

4.0

6.0

8.0

0.0

1.5

3.0

4.5

6.0

S S+VE T T+VE

b

a

Consu

mo d

i O2

µm

ol O

min

-1 g-1 tessu

to C

onsu

mo d

i O

2

µm

ol

O m

in-1

g-1

tes

suto

OMOGENATI

a

Stato 4 Stato 3 Stato 4 Stato 3

succinato piruvato/malato

ab

a

b

a

a

b

a

b

0.0

85.0

170.0

255.0

340.0

0.0

60.0

120.0

180.0

240.0

Stato 4 Stato 4Stato 3 Stato 3

succinato piruvato/malato

MITOCONDRI

aa

baa

ab

a

a

b

a

b

a

ba

b

C

onsu

mo d

i O

2

nm

ol

O m

in-1

mg

-1 p

rote

ine C

onsu

mo d

i O2

nm

ol O

min

-1 mg

-1 pro

teine

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97

Danno ossidativo

Gli effetti dell’allenamento e del trattamento con la vitamina E

sugli indici di danno ossidativo tessutale e mitocondriale sono

riportati in Fig. 13.

Sia negli omogenati che nei mitocondri di muscolo l’allenamento

ha ridotto significativamente i livelli di idroperossidi lipidici

indipendentemente dal trattamento con vitamina E. La Vitamina

E ha ridotto significativamente i livelli di idroperossidi negli

animali sedentari ma non nei ratti allenati e trattati con

l’antiossidante. Similmente, il contenuto di carbonili proteici

negli omogenati di muscolo e nei rispettivi mitocondri è stato

ridotto dall’allenamento sia nei ratti di controllo che in quelli

trattati con vitamina E, e dalla vitamina E solo nei ratti di

controllo sedentari.

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98

Fig.13 Effetto dell’allenamento e del trattamento con vitamina E sul danno ossidativo nell’ omogenato nei

mitocondri di muscolo di ratto. I dati ottenuti rappresentano la media ± S.E.M di otto diversi esperimenti

.I livelli di idroperossidi sono espressi come nmol di NADPH ossidato/min/mg di proteine o µmol di NADPH

ossidato/min/g tessuto.

I livelli di carbonili sono espressi come nmol/mg di proteine.

S, ratti di controllo sedentari; S+VE, ratti sedentari trattati con vitamina E; T, ratti allenati; T+VE ratti allenati e

trattati con vitamina E. a significativamente diverso vs ratti sedentari di controllo.

b significativamente diverso vs ratti non trattati con vitamina E.

I livelli di significatività sono stati scelti come P < 0.05.

0.00

0.07

0.14

0.21

0.28

0.00

0.70

1.40

2.10

2.80

Id

rop

ero

ssid

i

pm

ol

NA

DP

H m

in-1

g-1

tess

uto

OMOGENATI

b

a a

a

S S+VE T T+VE

a

Carb

on

ili legati alle p

rotein

e

nm

ol/m

g p

rotein

e

0.0

7.5

15.0

22.5

30.0

0.0

0.8

1.5

2.3

3.0

Idro

per

oss

idi

pm

ol

NA

DP

H m

in-1

mg

-1p

rote

ine

b

b

a

a

MITOCONDRI

a

Carb

on

ili legati alle p

rotein

e

nm

ol/m

g p

rotein

e

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99

Attività degli enzimi antiossidanti e concentrazione di GSH

Le attività degli enzimi GPX e GR ed il contenuto di GSH sono

riportati in figura 14. Negli omogenati (pannello superiore) e nei

mitocondri (pannello intermedio), le attività di GPX e GR sono

state aumentate dall’allenamento e diminuite dalla vitamina E

solo nei ratti allenati. Negli omogenati, il contenuto di GSH

(pannello in basso) non e stato influenzato dall’allenamento ed è

stato aumentato dal trattamento con vitamina E nei ratti sedentari

ed allenati, mentre nei mitocondri, esso è stato aumentato

dall’allenamento indipendentemente dal trattamento con

l’antiossidante, e sono state aumentate dalla vitamina E nei ratti

sedentari.

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100

Fig.14 Attività degli enzimi GPX e GR e il contenuto di GSH negli omogenati e nei mitocondri di

muscolo di ratto.

I dati rappresentano valori medi ± SEM di otto diversi esperimenti. Le attività della GPX e della GR sono

espresse come µmol di NADPH consumato /min/ g di tessuto o nmol di NADPH consumato/min/mg di

proteine mitocondriali. Il GSH è espresso in mol /g di tessuto o nmol/mg di proteine mitocondriali.

Ratti sedentari S, sedentari trattati con vitamina E S+VE, allenati T e allenati e trattati con vitamina E

T+VE. a significativamente diverso per i ratti allenati vs i rispettivi controlli sedentari,

b significativamente diverso per animali trattati con vitamina E vs i rispettivi controlli non trattati.

Il livello di significatività è stato scelto come p <0,05.

0.00

2.50

5.00

7.50

10.00

0.00

0.25

0.50

0.75

1.00

S S+VE T T+VE

a

b

GPX GR

a

OMOGENATI

b

Att

ivit

à en

zim

atic

a

m

ol N

AD

PH

min

-1 g

t ess

uto

-1

Attiv

ità enzim

atica

m

ol N

AD

PH m

in-1g

tessuto

-1

0.0

100.0

200.0

300.0

400.0

0.0

10.0

20.0

30.0

40.0

MITOCONDRI

aa

GPX GR

b

b

Attiv

ità enzim

atica

m

ol N

AD

PH m

in-1 m

gpro

t.

Att

ivit

à en

zim

atic

a

mm

ol N

AD

PH

min

-1

mg

pro

t.

0.0

0.5

1.0

1.5

2.0

0.0

5.0

10.0

15.0

20.0

b

-1

Omogenati Mitocondri

a

b

GS

H

m

ol

g t

ess

uto

-1

b

b

a

GS

H

nm

ol g

tessuto

-1

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101

Suscettibilità allo stress ossidativo

La suscettibilità allo stress ossidativo è stata valutata

confrontando i livelli di idroperossidi (HP) tra campioni normali

e stressati in vitro per 10 minuti. I risultati ottenuti, riportati in

figura 15, rappresentano la differenza tra la variazione dei livelli

di HP del campione stressato e la variazione dei livelli di HP del

campione normale.

Dai dati raccolti si evince che l’allenamento riduce

significativamente la suscettibilità del muscolo allo stress

ossidativo solo nei ratti non alimentati con la vitamina E. Nei

ratti sedentari l’integrazione vitaminica diminuisce in modo

significativo la suscettibilità allo stress rispetto ai ratti di

controllo.

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102

Fig. 15 ΔHP: variazione dei livelli di idroperossidi lipidici (Hp) in seguito a trattamento con una

miscela di ferro/ ascorbato Fe/As.

I dati ottenuti rappresentano la media ± S.E.M di otto diversi esperimenti.

S, ratti di controllo sedentari; S+VE, ratti sedentari trattati con vitamina E; T, ratti allenati; T+VE ratti

allenati e trattati con vitamina E. a significativamente diverso per ratti allenati vs ratti sedentari di controllo.

b significativamente diverso per ratti trattati con vitamina E vs ratti non trattati con vitamina E.

I livelli di significatività sono stati scelti come P < 0.05.

0.00

0.15

0.30

0.45

0.60

S S+VE T T+VE

a

b

b

d

ei l

ivel

li d

i H

p

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103

Rilascio mitocondriale di H2O2

In figura 16 è mostrato il rilascio di acqua ossigenata durante lo

Stato 4 e lo stato 3 della respirazione.

La velocità di rilascio di H2O2 mitocondriale è stata diminuita dal

training nei ratti non trattati con vitamina E, in entrambi gli Stati

della respirazione e con entrambi i substrati respiratori.

Il trattamento con vitamina E ha ridotto la velocità di rilascio nei

ratti sedentari in entrambi gli Stati della respirazione e con

entrambi i substrati respiratori, l’ha aumentata negli animali

allenati in presenza di succinato in entrambi gli Stati della

respirazione, e in presenza di piruvato malato solo durante lo

stato 3.

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104

Fig.16 Rilascio mitocondriale di H2O2 in Stato 4 e Stato 3 della respirazione. I valori sono espressi come valore medio ± SEM di otto esperimenti.

Le velocità di rilascio mitocondriale di H2O2 sono espresse come pmol min-1 mg-1 di proteine mitocondriali. S,

ratti sedentari non trattati; S+VE, ratti sedentari trattati con vitamina E, T, ratti allenati non trattati, T+VE, ratti

allenati trattati con vitamina E. a indica valori significativamente diversi per i ratti allenati vs rispettivi controlli sedentari,

b indica valori significativamente diversi per animali trattati con vitamina E vs i rispettivi controlli non trattati.

Il livello di significatività è stato scelto come p <0,05.

0.0

25.0

50.0

75.0

100.0

0.0

50.0

100.0

150.0

200.0

S S+VE T T+VE

b

Vel

oci

tà d

i ri

lasc

io d

i H

2O

2

p

mo

l m

in-1

mg

-1p

rote

ine

Succinato Piruvato/malato

b

a

State 4 State 3 State 4 State 3

b

a

ba

b a

a

b

aa

b

Velo

cità di rilascio

di H

2 O2

pm

ol m

in-1 m

g-1p

rotein

e

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105

Effetto degli inibitori sulla velocità di rilascio di H2O2

Gli effetti degli inibitori della catena respiratoria sul rilascio di

H2O2 sono riportati in Tabella 9. In presenza di succinato, le

velocità di rilascio dell’H2O2 sono state diminuite

dall’allenamento solo nei ratti non alimentati con vitamina E, e

fu diminuita dalla vitamina E nei ratti sedentari ed aumentata

in quelli allenati. L’aggiunta di rotenone ai mitocondri che

respiravano in presenza di succinato ha diminuito la velocità di

rilascio dell’H2O2 in tutti i gruppi, ma gli effetti

dell’allenamento e del trattamento con antiossidante non

differivano da quelli osservati in assenza di rotenone. La

successive aggiunta di antimicina ha determinato un aumento

della velocità di rilascio di H2O2. L’allenamento ha diminuito

tale velocità nei ratti non alimentati con vitamina E ma l’ha

aumentata nei ratti alimentati con l’antiossidante.

L’aggiunta di antimicina o rotenone ai mitocondri

supplementati con piruvato e malato ha determinato un

aumento della velocità di rilascio dell’ H2O2, che è stata

diminuita dal training indipendentemente dal trattamento con

antiossidante Viceversa le velocità di rilascio dell’ H2O2 sono

state influenzate dalla vitamina E in presenza di rotenone e

sono state aumentate solo nei ratti allenati in presenza di

antimicina.

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106

Substrato Guppo

S S+VE T T+VE

Succinato (Succ) 136.7±1.8 126.9±0.6b 111.1±3.1

a 130.2±0.7

b

Succ+rotenone 78.9±0.7# 71.4±0.9

#,b 67.3±0.8

a,# 74.8±0.6

a,b #

Succ+rot+antimicina A 747.9±2.3# 741.2±2.4

# 717.7±3.5

a,# 769.1±1.5

a,b,#

Piruvato/Malato(Pir/Mal) 182.5±1.5 168.9±0.5b 131.7±0.6

a 130.8±0.5

a

Pir/Mal+antimicina A 887.9±5.5# 875.1.0±6.5

# 803.6±5.4

a,# 823.8±1.9

a,b,#

Piruvato/Malato(Pir/Mal) 182.5±1.5 168.9±0.5b 131.7±0.6

a 131.6±0.2

a

Pir/Mal+rotenone 200.1±1.5# 196.4±2.6

,# 151.2±1.5

a,# 156.0±2.0

a,,#

Effetto degli inibitori sulla velocità di rilascio di H2O2 di mitocondri di muscolo di ratto.

I valori sono espressi come valore medio ± SEM di otto esperimenti. La velocità di rilascio mitocondriale di

H2O2 è espressa in pmol min-1 mg-1proteine mitocondriali. S, ratti sedentari non trattati; S+VE, ratti sedentari

trattati con vitamina E, T, ratti allenati non trattati, T+VE, ratti allenati trattati con vitamina E.

a indica valori significativamente diversi per i ratti allenati vs rispettivi controlli sedentari,

b indica valori significativamente diversi per animali trattati con vitamina E vs i rispettivi controlli non trattati. #

Effetto significativo dell’ultimo inibitore aggiunto vs i mitocondri nelle stesse condizioni senza tale inibitore.

Il livello di significatività è stato scelto come p <0,05

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107

Espressione dei fattori trascrizionali

I risultati riportati in figura 17 mostrano che i livelli di PGC-1,

NRF-1 e NRF-2 sono stati aumentati dall’allenamento solo negli

animali non alimentati con vitamina E. La somministrazione di

vitamina E, che non ha avuto effetto negli animali sedentari, ha

ridotto al valore dei controlli il livello di espressione di PGC-1,

NRF-1 e NRF-2 negli animali allenti.

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108

S S+VE T T+VE

NRF-1 NRF-2 PGC-1 ACTIN

S S+VE T T+VE

NRF-1

NRF-2

PGC-1

ACTIN

Fig. 17 Effetto del training e del trattamento con vitamina E sui livelli di attivatori e co-

attivatori di biogenesi mitocondriale: NRF-1, NRF-2 e PGC-1 nel muscolo di ratto.

I dati rappresentano valori medi ± SEM di otto diversi esperimenti.

Le proteine totali estratte dal muscolo di ratti sedentari S, sedentari trattati con vitamina E S+VE, allenati

T e allenati e trattati con vitamina E T+VE, sono state isolate e analizzate mediante analisi Western blot.

I blot rappresentativi di PGC-1, NRF-1, NRF-2 e l’espressione della proteina actina sono mostrate sopra.

L'analisi è stata eseguita come descritto in Materiali e Metodi. I grafici a barre corrispondono alla

rispettiva quantificazione densitometrica. L’actina è stata utilizzata per il caricamento di

standardizzazione. I rapporti tra le intensità della banda della proteina d’interesse rispetto alle intensità

della banda della β-actina sono stati comparati con un campione standard sedentario non trattato, a cui è

stato assegnato il valore 1. a significativamente diverso per i ratti allenati vs i rispettivi controlli sedentari,

b significativamente diverso per animali trattati con vitamina E vs i rispettivi controlli non trattati.

Il livello di significatività è stato scelto come p <0,

0.00

0.75

1.50

2.25

3.00

a

b

S S+VE T T+VE

Var

iazi

on

e d

i N

RF

-1

0.00

0.75

1.50

2.25

3.00a

b

Var

iazi

on

e d

i N

RF

-2

0.00

0.75

1.50

2.25

3.00

a

b

Var

iazi

on

e d

i P

GC

-1

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109

Discussione

I dati attualmente disponibili in letteratura indicano che

l’attività fisica aerobica induce risposte adattative nell’intero

organismo e nei tessuti corporei, specialmente nel muscolo

scheletrico. Nel mio studio ho prestato particolare attenzione a

due adattamenti che si riscontrano nel muscolo scheletrico in

seguito ad un allenamento di tipo aerobico. Il primo consiste in

un aumento della capacità respiratoria che provoca un aumento

della capacità di sostenere esercizi di intensità maggiori di

quelle raggiungibili da soggetti sedentari (aumento della

performance). Il secondo conduce a un’aumentata capacità del

tessuto di opporsi agli insulti ossidativi e permette di sostenere

esercizi per tempi maggiori prima che insorga la fatica

(aumento della endurance) (Venditti and Di Meo, 1996).

Se, come alcuni dati sperimentali suggeriscono, le specie

reattive dell’ossigeno (ROS), che si producono durante

l’attività fisica, sono responsabili di entrambi gli adattamenti,

l’integrazione antiossidante dovrebbe limitare o prevenire tali

adattamenti.

Una valutazione della capacità metabolica aerobica dei tessuti

può essere ottenuta misurando, in vitro, l’attività della

citocromo ossidasi (COX), che è correlata al massimo

consumo di ossigeno (Simon and Robin, 1971). E’noto da

tempo che la capacità ossidativa del muscolo scheletrico

aumenta in seguito ad un programma di allenamento (Davies

et al., 1981). I miei risultati sono in accordo con tale

osservazione e indicano che tale effetto è dovuto ad un

aumento della massa mitocondriale del tessuto che compensa

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110

la lieve riduzione della massima capacità aerobica dei

mitocondri. L’integrazione antiossidante previene l’effetto

dell’allenamento sulla capacità aerobica del tessuto cosicché

questa non è differente da quella degli animali sedentari.

Questo è ottenuto mediante una contemporanea inversione

degli effetti dell’allenamento sulla massa dei mitocondri e

sulla loro capacità aerobica massima.

Un sostegno alla osservazione che il contenuto tessutale di

proteine mitocondriali è aumentato dall’allenamento ed è

ridotto dalla somministrazione di vitamina E effettuata durante

il periodo di allenamento è fornita dai risulti concernenti i

livelli di espressione del citocromo c, il cui aumento è

considerato un indicatore di biogenesi mitocondriale (Gomez-

Cabrera et al., 2008). È interessante che la vitamina E

influenza la capacità aerobica del muscolo solo quando è

somministrata ad animali sottoposti ad un programma di

allenamento. Questo suggerisce che la vitamina interferisce

con qualche meccanismo alla base degli effetti

dell’allenamento sulla popolazione mitocondriale, compresa la

biogenesi degli organelli.

Le variazioni dell’attività della citocromo ossidasi indotte

dall’allenamento sono in accordo con le variazioni della

velocità del consumo di O2 trovate durante lo stato 3 nei

preparati muscolari di ratti allenati. Viceversa, la

somministrazione della vitamina E riduce solo parzialmente la

velocità del consumo di ossigeno nei preparati dei ratti allenati

ed aumenta tale velocità negli omogenati dei ratti sedentari.

Non è facile offrire una forte spiegazione per questa

discrepanza, ma una possibilità è che il mantenimento di una

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111

più alta velocità di respirazione sia dovuto ad un effetto

protettivo esercitato dalla vitamina sui componenti della catena

respiratoria.

Le variazioni metaboliche indotte dal training e dalla

integrazione antiossidante sono accompagnati da variazioni del

danno ossidativo mitocondriale.

Infatti, in entrambi i preparati muscolari i livelli degli

indicatori di danno ossidativo ai lipidi e alle proteine sono

ridotti dal training, mentre il concomitante trattamento con

vitamina E non influenza il danno ossidativo ai lipidi e alle

proteine negli omogenati e il danno ai lipidi nei mitocondri,

ma previene la riduzione indotta dal training nel danno delle

proteine mitocondriali.

L’osservazione che la integrazione con vitamina E esercita una

certa protezione sui preparati dei ratti sedentari, ma non ha

effetto sui preparati dei ratti allenati benché le sue

concentrazioni nel tessuto siano elevate in entrambi i gruppi di

animali, rappresenta una conferma indiretta dell’idea che la

vitamina interferisce con l’adattamento del muscolo al

training.

Poiché il danno ossidativo dipende dal bilancio tra le difese

antiossidanti e la produzione di ROS, sono state determinate in

primo luogo le variazioni indotte dall’allenamento e dalla

vitamina in alcuni componenti del sistema di difesa

antiossidante. I risultati ottenuti suggeriscono che se

l’allenamento è in grado di indurre l’espressione di enzimi

antiossidanti come la GPX e la GR, l’integrazione con la

vitamina interferisce con il meccanismo che innesca questa

risposta protettiva.

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112

La precedente osservazione che l’attività di GPX e GR

aumenta anche nel fegato e nel cuore di ratti allenati, porta a

ritenere che la protezione antiossidante esercitata da un’attività

fisica moderata si estende anche ad altri tessuti corporei.

L’osservazione che l’allenamento e la integrazione

antiossidante esercitano effetti analoghi sulle attività della

GPX e della GR negli omogenati e nei mitocondri, trova una

spiegazione nelle caratteristiche del sistema di traslocazione

mitocondriale degli enzimi antiossidanti. Tali enzimi

antiossidanti mitocondriali, dopo la codificazione da parte dei

geni nucleari sono traslocati nei mitocondri attraverso il

macchinario di importazione proteica (Baker et al, 2007;

Bohnert et al, 2007; Bolender et al, 2008) che è costituito

principalmente da due complessi denominati traslocasi della

membrana esterna (complesso TOM) e traslocasi della

membrana interna (complesso TIM). É stato dimostrato che

l'importazione, nei mitocondri, di un componente del

complesso TOM, Tom40, è aumentata dall’attività contrattile

cronica del muscolo (Giuseppe and Hood, 2012). Così, è

possibile ipotizzare che l'aumento dell’attività mitocondriale

della GPX e della GR negli animali allenati, dipenda

dall’aumento dell’importazione nei mitocondri di tali enzimi.

D’altra parte, l’osservazione che l’aumento dell’attività della

GPX e della GR mitocondriali, suggerisce una dipendenza del

meccanismo di importazione da specie ossidanti.

Sebbene GPX e GR siano enzimi cruciali nella determinazione

dei livelli di GSH, le variazioni del contenuto tessutale di GSH

non concordano con quelle delle attività della GPX e della GR.

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113

Infatti, l’allenamento aumenta non aumenta i livelli tessutali di

GSH, anche se aumenta quelli mitocondriali.

Questo risultato è in accordo con l’osservazione che il GSH

mitocondriale deriva dal trasporto del GSH citosolico

all’interno della matrice mitocondriale mediato da un carrier

localizzato sulla membrana mitocondriale interna, il quale è in

grado di trasportare il GSH contro il gradiente di

concentrazione.

Poiché in alcune condizioni di stress ossidativo il contenuto di

GSH ed il rapporto GSH/GSSG nei mitocondri sono

direttamente correlati ai livelli di produzione di ROS, è stato

ipotizzato che le ROS possano direttamente influenzare

l’attività del carrier del GSH interagendo con residui di

cisteina localizzati in siti chiave del carrier. E’ anche possibile

che l’aumento indotto dalle ROS nel contenuto di GSH

mitocondriale sia capace di minimizzare i potenziali insulti

ossidativi alla catena di trasporto elettronico mitocondriale.

La supplementazione con vitamina E aumenta il contenuto di

GSH sia negli omogenati che nei mitocondri dei ratti sedentari

mentre, quando accoppiata all’esercizio, essa aumenta il

contenuto di GSH solo nel tessuto. Gli aumenti nel contenuto

tessutale di GSH possono essere attribuiti alla capacità della

vitamina di neutralizzare il radicale perossilico proteggendo il

GSH dall’ossidazione. Viceversa, la mancanza di effetti sui

mitocondri dei ratti allenati potrebbe essere attribuita

all’interferenza dell’antiossidante con l’attivazione del carrier

del GSH.

Le variazioni dell’attività di alcune componenti del sistema di

difesa antiossidante forniscono solo limitate informazioni sulla

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114

capacità di un tessuto di contrastare un insulto ossidativo. Per

ottenere informazioni su tale capacità è stata determinata la

suscettibilità in vitro all’attacco ossidativo ed è stato trovato

che il muscolo degli animali allenati è meno sensibile

all’attacco ossidativo rispetto a quello degli animali sedentari,

solo se l’allenamento non è accoppiato con la integrazione con

vitamina E. E’stato precedentemente mostrato che l’esercizio

ad esaurimento induce un danno ossidativo ai tessuti che è

indipendente dall’allenamento, come è dimostrato

dall’osservazione che gli aumenti della perossidazione lipidica

sono simili nei ratti allenati e in quelli sedentari, anche se tali

aumenti sono raggiunti in tempi più brevi nei ratti sedentari

(Venditti e Di Meo, 1996). Questo risultato suggerisce che il

danno ossidativo può essere uno dei fattori coinvolti

nell’insorgenza della fatica muscolare. Esso suggerisce anche

che l’allenamento, provocando un rallentamento del danno

indotto dai radicali liberi nel muscolo durante un esercizio

acuto agisce come un antiossidante. Questa idea trova un

sostegno nella osservazione che il muscolo allenato ha una

minore suscettibilità ad un attacco ossidativo in vitro. D’altra

parte, il fatto che tale suscettibilità sia aumentata dalla

integrazione antiossidante è in accordo con osservazione che

l’integrazione antiossidante durante l’allenamento riduce la

massima durata dell’esercizio nel ratto (Gomez-Cabrera et al.,

2008).

Naturalmente la suscettibilità di un tessuto ad un attacco

ossidativo dipende anche dalla sua capacità di produrre ROS.

Poiché i mitocondri sono ritenuti i principali siti di produzione

cellulare di tali specie, sia nel muscolo a riposo che durante

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115

l’esercizio, è stata determinata la velocità di rilascio dell’H2O2

mitocondriale. I risultati ottenuti mostrano che l’allenamento

riduce la velocità di produzione di mitocondriale di H2O2 in

tutte le condizioni sperimentali esaminate, contribuendo così a

prevenire il danno tessutale legato alla produzione di ROS, che

dovrebbe essere associato all’incremento del contenuto di

proteine mitocondriali. Anche il trattamento con vitamina E

riduce la velocità mitocondriale di rilascio di ROS nei ratti

sedentari. Tuttavia, la somministrazione dell’antiossidante

durante il programma di allenamento generalmente previene la

riduzione del rilascio di H2O2 indotta dall’allenamento.

Questi risultati evidenziano un effetto tessuto specifico della

vitamina E, poiché la velocità di rilascio di H2O2 non viene

modificata nel fegato e nel cuore dei ratti allenati.

Una possibile spiegazione degli effetti dell’allenamento e della

vitamina sulla velocità di rilascio di H2O2 è fornita dai risultati

ottenuti in presenza di inibitori della catena respiratoria. Il

blocco, operato da questi inibitori del flusso elettronico, rende

i carriers elettronici autossidabili, dal lato del substrato,

completamente ridotti cosicché la loro concentrazione diventa

l’unico fattore che influenza la velocità di produzione di ROS.

I risultati ottenuti suggeriscono che l’allenamento diminuisce

la produzione di H2O2 riducendo le concentrazioni dei carriers

autossidabili localizzati sia nel complesso I che nel complesso

III. D’altro canto, è evidente che l’effetto della vitamina E

sulla produzione di H2O2 nei ratti allenati è dovuto ad una

riduzione degli effetti del training sui livelli dei carriers

autossidabili, in particolare quello del complesso III, mentre

l’effetto sulla produzione di H2O2 nei ratti sedentari non

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116

dipende da variazioni di tali livelli. Viceversa, essa può essere

dovuta alla capacità dell’alfa tocoferolo e del radicale alfa-

tocoferossile di spazzare il radicale superossido, precursore del

perossido di idrogeno.

Quindi, i risultati menzionati suggeriscono che la produzione

di H2O2 nel muscolo del ratto può essere ridotta dalla

supplementazione antiossidante che aumenta il potenziale

antiossidante del tessuto ROS sia dall’allenamento che

aumenta la capacità di spazzare le ROS, inducendo

l’espressione di enzimi antiossidanti, e riduce la produzione

mitocondriale di tali specie, riducendo i livelli dei carriers

autossidabili.

Il fatto che la vitamina E attenui le risposte al training

dell’esercizio, che aumentano la capacità del tessuto di

resistere agli stress, sia quelli che aumentano la sua capacità

respiratoria inducono a ritenere che entrambe le risposte

evocate dall’allenamento siano mediate dalle ROS

La biogenesi mitocondriale, che è alla base dell’aumento della

capacità respiratoria del tessuto, è un processo complesso che

coinvolge l’espressione coordinata del genoma mitocondriale e

di quello nucleare, che controllano la sintesi delle proteine

mitocondriali e la replicazione del DNA mitocondriale.

Diverse prove sperimentali suggeriscono che un ruolo chiave

nella risposta adattativa all’allenamento, compresa la biogenesi

mitocondriale, è svolta da una famiglia di coattivatori, il cui

membro più noto è il PGC-1α, la cui espressione nel muscolo

scheletrico di uomo e di ratto è indotta fortemente

dall’allenamento di resistenza (Liang and Ward, 2006).

L’azione di questo coattivatore è svolta attraverso la

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117

regolazione dell’espressione di fattori di trascrizione quali

NFR-1 e NFR-2. Questi, a loro volta, promuovono la

trascrizione di geni che codificano per proteine coinvolte nella

fosforilazione ossidativa, e per altri geni specifici dei

mitocondri, compresi quelli coinvolti nella trascrizione e

replicazione del DNA mitocondriale, come il fattore A di

trascrizione (TFAM) (Wu et al., 1999). L’attivazione di questi

fattori promuove l’aumento dell’espressione di enzimi del

ciclo di Krebs e della catena di trasporto elettronico,

aumentando così l’attività respiratoria e determinando

l’adattamento dei mitocondri all’esercizio.

E’ interessante che il PGC-1, oltre a regolare l’espressione di

nuovi mitocondri, sembra essere coinvolto anche nella

regolazione di enzimi antiossidanti. Questa coordinazione

della proliferazione di organelli che producono ROS con

l’aumento nei livelli di antiossidanti, probabilmente aiuta a

mantenere l’omeostasi redox. Inoltre, la biogenesi

mitocondriale mediata dal PGC-1 può promuovere la

sostituzione di mitocondri disfunzionali, con elevato leak

elettronico, con mitocondri che lavorano più efficientemente,

con minore leak elettronico, in modo da ridurre la produzione

mitocondriale di ROS.

Il coinvolgimento del PGC-1 e dei fattori di trascrizione nelle

modificazioni osservate nei ratti allenati è confermato

dall’osservazione che i livelli di PGC-1, NRF-1 e NRF-2 sono

aumentati dall’allenamento.

E’ interessante notare che altri stimoli ambientali, che

comportano l’aumento della produzione di ROS, come

l’esposizione al freddo, portano ad un’aumentata espressione

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118

dei suddetti fattori ed alla proliferazione mitocondriale

(Venditti et al., 2011). Inoltre, è stato trovato che il trattamento

con H2O2 conduce all’aumento nei livelli di PGC-1α (St-

Pierre et al., 2006), il che suggerisce che le ROS possano

giocare un ruolo importante nella induzione del PGG-1α in

svariate condizioni, compresa l’attività fisica. Alla luce della

forte relazione tra ROS e PGC-1α, ci si aspettava che

l’induzione del PGC-1 e dei fattori di trascrizione, così come

le risposte adattative indotte dall’allenamento, fossero

prevenute dall’integrazione antiossidante. In effetti, è stato

riscontrato che gli aumenti dei livelli di PGC-1α, NRF-1 e

NRF-2 indotti dall’allenamento sono prevenuti dalla

integrazione con vitamina E. Questo risultato è in accordo con

la precedente osservazione che la vitamina C previene gli

aumenti nei livelli di PGC-1, NRF-1 e TFAM, così come

nell’espressione di MnSOD e GPX nei ratti e negli uomini

allenati (Gomez Cabrera et al., 2008) e che la vitamina C ed E

prevengono gli aumenti nell’espressione di PGC-1, Cu,

ZnSOD, e GPX nell’uomo allenato (Ristow et al., 2009).

Tuttavia è interessante notare che, in alcuni casi, la

somministrazione di antiossidanti ha l’effetto di attenuare ma

non di abolire completamente gli adattamenti indotti

dall’allenamento. A questo proposito si deve considerare che

un certo numero di vie di segnalazione, attivate durante

l’esercizio, possono convergere sul PGC-1. Tra queste è

possibile includere quelle iniziate dai flussi di Ca2+

, il quale

attiva varie vie di segnalazione, comprese quelle regolate dalla

calcineurina fosfatasi, dalle chinasi regolate dalla calmodulina,

dalla caduta dei livelli di fosfati ad alta energia che conducono

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119

all’attivazione di chinasi sensibili all’AMP (AMPK), dalla

stimolazione del sistema adrenergico, che porta alla sintesi

dell’AMPc e all’ attivazione della protein chinasi A e di altre

chinasi, come la protein chinasi attivata da mitogeni (MAPK)

(Arany, 2008).

Da quando è stato dimostrato che la vitamina E regola

l’attività della protein chinasi C (Boscoboinik et al., 1991)

sono state descritte altre funzioni di segnalazione per l’α-

tocoferolo, non legate alla sua proprietà di antiossidante.

Quindi, è ipotizzabile che esso possa anche regolare vie di

trasduzione del segnale che sottendono alla risposta adattativa

all’allenamento. Una tale via potrebbe coinvolgere

l’attivazione, da parte dell’α-tocoferolo, della MAPK

(Numakawa et al., 2006), la quale induce l’aumento

dell’attività di PGC-1 attraverso fosforilazione (Knutti et al.,

2001). Tuttavia, altri studi sono necessari per stabilire se la

vitamina E è capace di modulare vie di segnalazione

indipendenti dalle ROS coinvolte negli adattamenti del

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