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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA CIVILE Sezione Geotecnica Via di S.Marta, 3 - I 50139 FIRENZE
CONTRATTO TRA L’ISTITUTO GEOFISICO TOSCANO (FONDAZIONE PRO VERBO) E IL DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA CIVILE DELL’UNIVERSITA’ DI FIRENZE PER UNA RICERCA AVENTE IL SEGUENTE OGGETTO: “VALUTAZIONE DEGLI EFFETTI LOCALI NELL' AMBITO DEL PROGETTO PER LA MICROZONAZIONE SISMICA DEL TERRITORIO DEL COMUNE DI PRATO”
RELAZIONE FINALE DEL DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA CIVILE
DELL’UNIVERSITÀ DI FIRENZE
Responsabile del contratto: Prof. Ing. C. Madiai
Gruppo di Ricerca: Prof. Ing. Teresa Crespellani, Prof. Ing. Giovanni Vannucchi Collaborazione: Dott. Ing. J. Facciorusso
Maggio 2004
1 PREMESSA
Nel contratto stipulato il 25 Settembre 2002 tra l’Istituto Geofisico Toscano (IGT) - Fondazione Pro Verbo e il
Dipartimento di Ingegneria Civile dell’Università di Firenze (DIC) veniva assegnato al DIC l’incarico di eseguire una
ricerca avente per oggetto la “Valutazione degli effetti locali nell' ambito del progetto per la microzonazione sismica
del territorio del Comune di Prato”.
In particolare, il programma di ricerca del DIC includeva, come specificato nell’allegato tecnico al contratto, i seguenti
punti:
1) assistenza e indirizzo nella raccolta, ad opera dell’IGT, del materiale utile ai fini geotecnici (dati geologici,
idrogeologici e geotecnici s.s.) in possesso degli Uffici ed Enti competenti in materia (Amministrazione Comunale, ex
Genio Civile, Consiag, ecc.);
2) analisi, interpretazione ed organizzazione in una banca dati su base informatica del materiale raccolto e valutazione
di un suo possibile utilizzo nell'ambito delle analisi per la valutazione degli effetti locali;
3) elaborazione e interpretazione dei dati geotecnici eventualmente acquisiti nel corso dello svolgimento del Progetto
mediante apposite prove;
4) caratterizzazione geotecnica in campo statico e dinamico finalizzata alla analisi della risposta sismica locale;
5) verifica delle correlazioni tra parametri statici e dinamici, che consentano la caratterizzazione geotecnica in campo
dinamico, anche da prove geotecniche di tipo statico e speditive;
6) valutazione del potenziale di liquefazione dei terreni mediante l’utilizzo di metodi semplificati basati sui risultati di
prove in sito;
7) scelta del terremoto di riferimento e analisi della risposta sismica locale nei siti ritenuti più significativi e definiti
nell'ambito del Progetto.
Nel rapporto intermedio, redatto nel settembre 2003, venivano illustrate le attività svolte dal DIC relativamente ai
punti 1 e 2 sopraelencati; nella stessa relazione veniva anche evidenziato che, riguardo al punto 3 delle attività previste
nell’allegato tecnico, non erano state eseguite prove specifiche per l’acquisizione di nuovi dati geotecnici nell’ambito
del progetto.
Nel presente rapporto si riferisce delle attività svolte nell’ambito dei punti da 4 a 7, per portare a compimento il lavoro
di ricerca oggetto del Contratto.
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2 CARATTERIZZAZIONE GEOTECNICA IN CAMPO STATICO E DINAMICO FINALIZZATA ALLA
ANALISI DELLA RISPOSTA SISMICA LOCALE (PUNTI 4 E 5 DEL CONTRATTO)
2.1 Inquadramento generale dell’area
2.1.1 Caratteristiche morfologiche, geologiche e idrogeologiche Il Comune di Prato è situato nella zona centrale del margine nord-orientale del bacino alluvionale del comprensorio
Firenze-Prato-Pistoia, che è orientato in direzione appenninica (NO-SE). Nel territorio comunale si distinguono una
zona sub-pianeggiante, intensamente antropizzata, ed una zona collinare, a NNE del centro abitato, separata in due
parti morfologicamente diverse dallo sbocco della Val Bisenzio: l’area in destra orografica del fiume Bisenzio e, sul
versante opposto, la porzione meridionale della dorsale della Calvana.
La litologia superficiale dell’area è caratterizzata dalla presenza di estesi affioramenti di ammassi rocciosi in
corrispondenza della zona montuosa e collinare, mentre nella piana in subsidenza affiorano depositi alluvionali
quaternari, da poco addensati a sciolti.
Nel sottosuolo, all’interno del bacino, ha enorme rilevanza, dal punto di vista stratigrafico e geotecnico, la presenza di
un vasto corpo sedimentario ghiaioso di conoide dalla tipica forma tronco-conica (con asse maggiore orientato in
direzione NNE-SSO) formatosi in seguito all’accumulo di sedimenti dovuto al passaggio dal percorso vallivo a quello
di pianura del fiume Bisenzio che sbocca al centro della fascia settentrionale della piana. Tale struttura, nella quale la
dimensione dei sedimenti si riduce progressivamente (a partire da ghiaie e sabbie ghiaiose) procedendo dal margine
verso il centro del bacino, risulta estremamente eterogenea dal punto di vista granulometrico ed è ricoperta da uno
strato di materiali fini di origine alluvionale, costituito prevalentemente da limi e argille (e da sabbie fini e limi nella
zona pedecollinare), il cui spessore aumenta allontanandosi progressivamente dallo sbocco in pianura del fiume
Bisenzio. Le stratificazioni ghiaiose si incontrano a partire da una profondità di circa 7-8 m dal piano campagna e
possiedono in generale una buona continuità laterale e quindi dimensioni considerevoli, poiché la conoide assume una
struttura dispersa solo più a sud rispetto all’area pratese.
Un’altra conoide, di importanza minore, è stata formata dal torrente Bardena a partire dall’abitato di Figline, a nord di
Prato; l’asse di tale struttura, che interseca quella del Bisenzio, è orientato in direzione N-S.
Nell’area sono presenti anche altri corsi d’acqua, il torrente Ombrone, a sud, ed il torrente Marina, ad est, che hanno
entrambi contribuito con le loro alluvioni alla formazione della pianura, sebbene i maggiori apporti sedimentari siano
dovuti al Bisenzio che, a partire dal suo ingresso in pianura, presso la località Santa Lucia, ha più volte cambiato il
proprio corso, dando origine ad un’ampia conoide.
Per quanto sopra descritto, i depositi presenti nel bacino dell’area pratese possono essere suddivisi, procedendo dal
basso verso l’alto, in tre diverse unità geo-litologiche, corrispondenti ad altrettante facies di sedimentazione:
- depositi lacustri;
- depositi di delta-conoide;
- depositi alluvionali recenti.
Depositi lacustri - I depositi lacustri sono costituiti prevalentemente da argille limose con livelli di ligniti e torbe. Alle
argille si intercalano frequentemente strati di ghiaia, per lo più a matrice limosa. Lo spessore e la frequenza degli strati
ghiaiosi diminuiscono allontanandosi dal margine verso il centro della pianura, confermando lo schema evolutivo di
un’area di delta conoide, quale doveva essere, già in età Villafranchiana, la piana di Prato.
3
Depositi di delta conoide – I depositi di delta conoide sono costituiti prevalentemente da materiali a grana grossa,
ghiaie e sabbie. La loro formazioneè caratterizzata da una prima fase di espansione del corpo della conoide, fino a
raggiungere quasi il margine opposto della piana, dovuta ad un progressivo aumento dell’apporto macroclastico
(indice di un importante processo di erosione delle rocce affioranti nel bacino idrografico), con prevalenza di ghiaie. A
questa è seguìto, probabilmente a partire dalla fine dall’ultima glaciazione, un periodo di progressiva riduzione di
materiale clastico grossolano con successiva incisione della conoide stessa da parte del fiume Bisenzio.
Depositi alluvionali recenti – I depositi alluvionali recenti chiudono la successione sedimentaria dell’area in esame.
Tali materiali costituiscono uno strato pressoché continuo di limo argilloso, più o meno sabbioso, di spessore variabile
da circa 1 m sino ad un massimo di 5 m.
L’andamento della geologia e dell’idrogeologia dell’area in esame è riassunto nelle sei sezioni idrogeologiche, nella
carta delle isopache e nella carta del tetto delle ghiaie della conoide del fiume Bisenzio, ricostruite da Landini et al.,
1990, sulla base delle informazioni ricavate da una campagna geofisica condotta nella piana e da numerosi pozzi
presenti nella zona.
Nelle sezioni geologiche, mostrate nelle Figure 1 e 2, è evidenziata la presenza di cinque litotipi principali:
- depositi di esondazione recente, prevalentemente limosi e pedogenizzati per i primi 1-2 metri più superficiali;
- detrito di versante, ad elementi per lo più calcarei, in corrispondenza del piede della zona collinare;
- ghiaie pulite e con matrice limosa, che rappresentano il corpo della conoide;
- limi ed argille, che costituiscono i depositi lacustri, intercalati agli strati che formano la conoide;
- rocce del substrato, affioranti nella zona collinare.
L’analisi di queste sezioni, di cui tre risultano approssimativamente parallele all’asse della conoide (A, con asse
praticamente coincidente con quello della conoide, B e C) e tre (D, E ed F) sono disposte in direzione trasversale
(Figura 1), consente di individuare, seppure in maniera approssimata, la geometria della conoide. In particolare, è
possibile notare (Figura 2) che il corpo sedimentario, secondo lo schema di una tipica conoide fluviale, si allarga a
partire dall’apice mentre si rastrema nelle parti distali. Inoltre, nonostante l’alternarsi di strati di ghiaie e di limi-argille,
è possibile distinguere un graduale passaggio a materiali più fini, secondo una superficie che tende a risalire verso il
piano campagna spostandosi verso le zone periferiche della piana. Inoltre (Figura 2):
- le sezioni A e C evidenziano il sistema di faglie normali che ha dato origine alla depressione del Valdarno Medio.
Il rigetto complessivo, come risulta da un pozzo realizzato a nord della città che, raggiunti i 300 m di profondità dal
livello del mare, non ha incontrato il fondo del bacino, non è inferiore ai 400 m;
- le sezioni longitudinali (A, B, C) mostrano nel complesso una buona continuità dei corpi sedimentari, in accordo
con quanto era lecito attendersi, dato che la direzione delle sezioni coincide con quella prevalente di trasporto dei
sedimenti. Lungo le sezioni longitudinali è inoltre possibile osservare che l’inclinazione degli strati ghiaiosi
aumenta con la profondità, secondo il modello di sedimentazione di un bacino in corso di approfondimento. In
corrispondenza della sezione A si riscontrano i massimi spessori del corpo della conoide;
- le sezioni trasversali (orientate approssimativamente E-O) consentono invece di osservare le variazioni di facies in
senso trasversale all’asse della conoide. In particolare la sezione D, la più prossima all’apice, evidenzia che i
sedimenti ghiaiosi di massimo spessore si trovano spostati ad est, in prossimità del versante occidentale dei Monti
della Calvana. Questa posizione, corrispondente all’attuale corso del fiume Bisenzio, è in realtà condizionata dalla
4
direzione del tratto montano della valle che corrisponde ad una importante linea tettonica trasversale. In
corrispondenza della sezione E si riscontra la massima larghezza della conoide. La sezione F, tracciata in
prossimità del margine meridionale della conoide, mostra una notevole riduzione del corpo principale della conoide
che risulta anche fortemente frammentata
LEGENDA
Figura 1 – Ubicazione dei pozzi di indagine e delle sezioni geologiche. Legenda: 1, 2, 3) Pozzi ad uso domestico, acquedottistico, industriale. 4) Punti di misura del livello idrico del fiume Bisenzio. 5) Tracce delle sezioni geologiche. (Landini et al., 1990)
5
Figura 2 – Sezioni idrogeologiche. Legenda: 1) Limo più o meno sabbioso, pedogenizzato per 1-1,5 m. 2) Detrito
di versante con elementi prevalentemente calcarei. 3) Ghiaie con matrice sabbiosa o limosa. 4) Argille e limi. 5)
Rocce prelacustri, per lo più calcari marnosi. 6) Pozzi con controllo litostratigrafico. 7) Superficie piezometrica
della prima falda e falde idriche. 8) Superficie piezometrica delle falde confinate nelle ghiaie della conoide.
(Landini et al., 1990)
LEGENDA
D Di
Anche la carta delle isopache delle ghiaie della conoide (Figura 3) mette in evidenza una morfologia riconducibile al
modello di conoide fluviale, in cui si riconoscono la tipica forma a ventaglio, lobata nelle zone distali, e i massimi
spessori distribuiti secondo un asse trasversale, con una rastremazione asimmetrica in direzione longitudinale. 6
LEGENDA
Figura 3 – Spessore delle ghiaie acquifere nei primi 55 m dal piano campagna. Legenda: 1) Pozzi con controllo
litostratigrafico. 2) Isopache con spessori riportati in metri. (Landini et al., 1990)
Dalla medesima carta si desume che il corpo della conoide è compreso nei primi 55 m dal piano campagna.
Procedendo in direzione N-S l’aumento dello spessore di materiale ghiaioso è estremamente rapido: in poco più di 1
km, appena a sud di Santa Lucia, passa da 15 ad oltre 40 m. Gli accumuli, sia nella zona dell’apice che sul lato
orientale, sono inevitabilmente influenzati dai sistemi di faglie che hanno interessato il substrato roccioso. Ciò risulta
evidente dalle sezioni A, B ed E. Gli spessori massimi, si ritrovano in corrispondenza della parte centrale della
conoide, nella zona sud dell’area urbana di Prato.
La carta del tetto delle ghiaie (Figura 4) ne chiarisce la morfologia e se confrontata con la topografia dell’area consente
di determinare lo spessore della copertura limo-argillosa corrispondente ai depositi alluvionali recenti. Le isoipse
evidenziano che il tetto delle ghiaie presenta una serie di dorsali e di avvallamenti, le une frutto dell’accumulo di
materiale grossolano nei paleoalvei del fiume, le altre conseguenti a tali formazioni o in alcuni casi probabilmente
derivanti da fenomeni erosivi (in particolare ciò potrebbe valere per la profonda incisione con direzione N-S che parte
7
LEGENDA
Figura 4 - Morfologia del tetto delle ghiaie acquifere. Legenda: 1) Pozzi con controllo litostratigrafico. 2) Curve di uguale quota (in metri slm). 3) Percorsi probabili del fiume Bisenzio. (Landini et al., 1990)
dal centro di Prato). In particolare, la carta permette di individuare almeno sei tracce del paleo-Bisenzio, evidenziando
tra l’altro un progressivo aumento delle quote raggiunte dalle dorsali di ghiaie (da 55 a 65 m) spostandosi da ovest
verso est, seguendo quello che deve essere stato il percorso migratorio del corso del fiume sino a raggiungere l’attuale
posizione ai piedi dei Monti della Calvana.
Dal punto di vista idrogeologico, le condizioni stratigrafiche descritte determinano nella piana pratese un’alternanza di
strati permeabili ed impermeabili che condizionano la presenza di un’importante falda acquifera. L’idrografia
8
sotterranea è costituita, in generale, da un sistema acquifero composto da una serie di lenti e strati di ghiaia in matrice
limoso-sabbiosa (intervalli permeabili) intercalati da livelli limoso-argillosi (intervalli impermeabili). La falda più
superficiale, di tipo freatico, si trova all’interno del corpo principale della conoide del fiume Bisenzio ed è localizzata
ad una profondità mediamente più alta nella parte centrale e via via più bassa nelle zone distali della conoide.
2.1.2 Sismicità dell’area e risentimento sismico Le informazioni contenute nella documentazione storica disponibile (ritenuta completa a partire dal XV secolo)
evidenziano che gli eventi sismici con epicentro nel territorio comunale di Prato o nelle immediate vicinanze (Val
Bisenzio) non hanno mai raggiunto magnitudo elevate, pur avendo avuto talvolta un discreto risentimento nell’area
cittadina. Tale osservazione, tuttavia, potrebbe non essere generalizzabile se i tempi di ritorno degli eventi sismici
maggiori, localizzati o comunque risentiti nell’area, fossero più lunghi dell’intervallo di tempo che ci separa dai
documenti storici più antichi. Sulle base delle informazioni disponibili fino ad oggi, si può affermare che l’attività
sismica nell’area pratese si è risolta con sequenze di eventi rilevabili solo strumentalmente e distribuite uniformemente
nel tempo.
Le strutture sismogenetiche a cui è legata l’attività sismica non sono in genere rilevabili superficialmente e risultano
difficilmente localizzabili. Indizi di movimento e/o di riattivazione recente sono perciò desumibili principalmente su
base geomorfologica. In particolare, le uniche strutture tettoniche disgiuntive che, da dati geomorfologici, potrebbero
avere subito spostamenti recenti e che, dalla distribuzione degli epicentri e degli ipocentri dei terremoti, risultano
caratterizzate da una discreta attività, sono le faglie dirette che formano una gradinata lungo il margine del bacino e
che risultano visibili solo lungo la dorsale della Calvana.
Sul margine della piana, lungo il quale si trova l’area in studio, sono presenti numerose faglie sepolte, tra loro sub-
parallele, che sono state individuate mediante perforazioni che hanno raggiunto il substrato a differenti quote sotto il
piano di campagna, in zone distanti tra loro solo alcune decine o centinaia di metri.
La struttura, che è stata attiva, con intervalli di quiescenza, per tutto il periodo compreso tra il Pliocene superiore ed il
Pleistocene medio, è orientata approssimativamente NW – SE con superfici verticali o immergenti verso SW. La
cinematica è distensiva. Non sono noti con precisione il tasso di scorrimento e l’entità del rigetto, che possono essere
stimati rispettivamente pari a circa alcune decine di millimetri l’anno, il primo, e diverse centinaia di metri, il secondo.
Gli eventi che hanno prodotto risentimento nella città, sono eventi con magnitudo relativamente elevata, originatisi in
zone distanti alcune decine di chilometri, caratterizzate da un’elevata attività sismotettonica. In particolare, il
risentimento sismico nell’area in studio è legato all’attività sismogenetica delle seguenti zone:
- Bacino del Mugello;
- Colli Fiorentini e Monti del Chianti (area dell’Impruneta);
- Bacino della Garfagnana;
- Appennino Tosco-Romagnolo e Appennino Tosco-Emiliano.
2.2 Stima dei parametri dinamici
Come già evidenziato nel paragrafo 1.1.1, i depositi presenti nell’area in esame possono essere attribuiti, a partire dalle
profondità maggiori e procedendo verso l’alto, a tre classi principali:
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- depositi lacustri;
- depositi di delta-conoide;
- depositi alluvionali recenti.
Per la definizione dei parametri fisici e meccanici dei tre litotipi, non essendo state eseguite prove specifiche
nell’ambito del presente studio, si è fatto riferimento sia alle informazioni ricavate da prove condotte nella zona in
esame per scopi e finalità diversi, sia a dati di letteratura relativi a materiali assimilabili a quelli presenti nell’area.
In particolare, per quanto riguarda la caratterizzazione dei materiali appartenenti alle alluvioni recenti, sono stati
utilizzati i risultati delle indagini geotecniche reperite presso l’Archivio Generale del Comune di Prato e
successivamente inserite nella banca dati informatica, secondo quanto previsto nei punti 1) e 2) del contratto. Di tutto
il materiale archiviato, le prove più idonee per la caratterizzazione dei materiali finalizzata all’analisi della RSL, sono
apparse le prove penetrometriche statiche, molto diffuse sul territorio, anche se molto eterogenee e poco controllabili
in termini di affidabilità, sia a causa della variabilità dei materiali, sia perché provenienti da numerose campagne di
indagine effettuate da soggetti diversi.
Per la caratterizzazione geotecnica dei depositi più profondi, invece, a causa delle limitate profondità raggiunte dalle
indagini disponibili (per lo più inferiori ai 15 m), è stato necessario ricorrere a dati di letteratura riguardanti depositi
con caratteristiche simili a quelle dell’area in studio.
A tal fine, per la caratterizzazione dei materiali di origine lacustre, considerate le comuni origini geologiche della
pianura alluvionale del comprensorio Firenze-Prato-Pistoia, si è ritenuto opportuno riferirsi ai risultati delle recenti
indagini effettuate dal Dipartimento di Ingegneria Civile di Firenze per la costruzione del Nuovo Palazzo di Giustizia
di Firenze.
Infine, per quanto riguarda i depositi di delta conoide, trattandosi di materiali grossolani, a prevalente componente
ghiaiosa, sono stati impiegati i parametri suggeriti in letteratura per materiali simili dal punto di vista granulometrico.
Complessivamente, poiché la tipologia e la qualità dei dati disponibili non erano tali da giustificare un’analisi della
risposta sismica locale diffusa su tutta l’area del territorio comunale, che avrebbe comunque fornito risultati
scarsamente affidabili, si è ritenuto opportuno scegliere una sezione significativa dell’area ed effettuare su questa una
serie di analisi mono- e bi-dimensionali.
La sezione da analizzare è stata scelta in modo da soddisfare ad alcuni requisiti. In particolare:
- inizia e termina su bedrock affiorante, quindi è disposta trasversalmente alla valle, con una larghezza tale da
evidenziare eventuali fenomeni bidimensionali;
- in prossimità della sezione vi è un numero sufficiente di prove CPT, in modo da permettere un’adeguata
caratterizzazione geotecnica dei materiali presenti.
La sezione esaminata, come mostrato nella Figura 5 insieme all’ubicazione delle indagini disponibili, è situata in
prossimità del limite sud-orientale del territorio comunale di Prato e si estende dal Poggio Castiglione fino al Parco del
Barco, oltre il corso dell’Ombrone nel comune di Poggio a Caiano; ha una lunghezza totale di circa 8370 m e una
profondità massima di circa 450 m (Figura 6).
Per la definizione del modulo di rigidezza iniziale dei materiali presenti lungo la sezione si è ritenuto opportuno
utilizzare i risultati delle prove penetrometriche statiche, le più numerose e diffuse nell’area (Figura 5), dopo aver
selezionato tra le 610 prove CPT presenti nella banca dati, solo quelle posizionate in prossimità della sezione di
interesse.
10
Figura 5 – Carta schematica del territorio comunale di Prato con localizzazione della sezione studiata (AB) e delle diverse tipologie di indagini inserite nella banca dati informatica
Figura 6 – Sezione analizzata con indicazione delle zone esaminate (in giallo) e non (in rosso), con modello 2D
11
Nella Tabella 1 sono riportati, per le 28 prove scelte, il numero identificativo della prova e la profondità indagata.
Come si può osservare dalla Tabella, le profondità indagate variano tra i 5.2 e i 20 m; il valore medio è di circa 12 m e
la deviazione standard di circa 3.4 m.
Ai fini di una migliore elaborazione, considerata l’estrema eterogeneità dei materiali e, conseguentemente, la marcata
variabilità dell’andamento della resistenza penetrometrica, le prove selezionate sono state suddivise in gruppi, in base
alla loro ubicazione rispetto alla sezione. In particolare, sono stati individuati 6 gruppi, elencati in Tabella 2,
corrispondenti ad altrettante zone lungo la sezione (Figura 7).
Tabella 1- Prove CPT utilizzate per la stima dei parametri dinamici e loro profondità di indagine
CPT n° 27 28 30 10 12 14 16 413 417 255 256 365 154 473
Prof. (m) 13.6 13.6 18.6 20.0 9.0 10.0 12.0 10.8 10.8 10.6 10.6 10.6 7.2 5.6
CPT n° 434 46 4 5 6 29 31 103 106 105 186 190 192 196
Prof. (m) 9.4 7.6 15.0 9.0 9.0 8.4 5.2 16.4 11.4 10.4 9.8 10.6 10.6 10.6
Tabella 2 - Prove CPT suddivise per ciascuna zona ZONA 1 2 3 4 5 6
CPT n° 27, 28, 30 10, 12, 14, 16,
413, 417
255, 256, 365,
154, 473
434, 46, 4, 5, 6,
29, 31
103, 106, 105,
186
190, 192, 196
Per ciascuna delle 6 zone sono stati quindi determinati i profili medi della resistenza di punta, qc, eliminando
eventualmente per il calcolo della media le prove con andamento di qc in palese disaccordo con le altre. Nella figura 8
sono rappresentati, per le 6 zone, i profili di qc delle singole prove e il valor medio, in funzione della profondità.
Figura 7 – Localizzazione delle zone e delle CPT utilizzate(triangoli in giallo) per la stima del modulo di taglio 12
13 Figura 8 - Profili di qc relativi alle prove CPT scelte per le6 zone e relativo valore medio
0.0
5.0
10.0
15.0
0 50 100 150 200 250 300 350 400 450
qc [kg/cm2]
Prof
ondi
tà [
m]
20.0
190192196Media Z6
0 .0
5 .0
10 .0
15 .0
0 50 100 150 200 250 300 350 400 450
q c [k g /cm 2]
Prof
ondi
tà [
m]
20 .0
103106105186
Zona 6Zona 5
0.0
5.0
10.0
15.0
20.0
0 50 100 150 200 250 300 350 400 450
qc [kg/cm2]
Prof
ondi
tà [
m]
456293143446Media Z4
0.0
5.0
10.0
15.0
20.0
0 50 100 150 200 250 300 350 400 450
qc [kg/cm 2]
Prof
ondi
tà [
m]
10121416413417Media Z2
0.0
5.0
10.0
15.0
20.0
0 50 100 150 200 250 300 350 400 450
q c [k g /cm 2]
Prof
ondi
tà [
m]
255256365154473Media Z 3
0.0
5.0
10.0
15.0
20.0
0 50 100 150 200 250 300 350 400 450
q c [k g /cm 2]
Prof
ondi
tà [
m]
272830Media Z 1
Zona 4Zona 3
Zona 2Zona 1
Media Z 5
2.2.1 Velocita' delle onde di taglio, Vs La velocità delle onde di taglio dei terreni presenti in affioramento lungo la sezione esaminata è stata stimata a partire
dai valori della resistenza penetrometrica, qc, utilizzando, tra le numerose correlazioni proposte in letteratura, una
semplice relazione del tipo:
VS= α qcβ (1)
dove qc è espresso in MPa e VS in m/s.
Trattandosi di materiali di origine alluvionale, ai coefficienti α e β sono stati attribuiti i valori indicati nella Tabella 3,
relativi a depositi alluvionali incoerenti e coesivi ricavati per situazioni geo-litologiche simili a quella dell’area in
esame (Madiai e Simoni, 2002). La classificazione in strati prevalentemente incoerenti o coesivi è stata effettuata sulla
base dei valori di qc (Figura 8) ed fs (i cui andamenti con la profondità, per le prove CPT scelte per le 6 zone, sono
rappresentati in Figura 9), utilizzando la relazione di Begemann.
Tabella 3 – Coefficienti α e β della regressione (Eq. 1)
Materiale α β
Coesivi 211.2 0.199
Incoerenti 241.0 0.235
Nella Figura 10 è rappresentato, per ciascuna delle 6 zone, l’andamento di VS con la profondità ricavato con la
relazione (1). In particolare, si può osservare un andamento confrontabile per tutte le zone considerate, con i valori più
bassi ( VS = 250 ÷ 300 m/s) in corrispondenza degli strati più superficiali (fino ad una profondità che varia tra 1 e 3 m
per le zone 1, 2 e 3, e che supera i 5 m per le rimanenti zone). Successivamente si incontra uno strato più resistente
(più o meno continuo) di spessore variabile tra i 3 gli 8 m, caratterizzato da valori di VS compresi tra i 400 e i 500 m/s,
seguito, laddove le prove raggiungono profondità maggiori, da uno strato meno resistente (con velocità poco superiori
a 300 m/s, come accade nelle zone 1 e 2).
14
fs [kg/cm2] fs [kg/cm2]
15
0
5
10
15
20
0 2 4 6 8 10
Prof
ondi
tà [m
]
255256365154473
0
5
10
15
20
0 2 4 6 8 10
456293143446
0
5
10
15
20
0 2 4 6 8 10
Prof
ondi
tà [m
]
Figura 9 - Profili di fs relativi alle prove CPT scelte per le6 zone
272830
0
5
10
15
20
0 2 4 6 8 10
10121416413417
0
5
10
15
20
0 2 4 6 8 10
Prof
ondi
tà [m
]
103106105186
0
5
10
15
20
0 2 4 6 8 10
190192196
Zona 6Zona 5
Zona 4Zona 3
Zona 2Zona 1
0.0
5.0
10.0
15.0
20.0
0 100 200 300 400 500 600
Vs [m/s]
Prof
ondi
tà [m
]
0.0
5.0
10.0
15.0
20.0
0 100 200 300 400 500 600
Vs [m/s]
Prof
ondi
tà [m
]
0.0
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0 100 200 300 400 500 600
Vs [m/s]
Prof
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tà [m
]0.0
5.0
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20.0
0 100 200 300 400 500 600
Vs [m/s]
Prof
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tà [m
]
0.0
5.0
10.0
15.0
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0 100 200 300 400 500 600
Vs [m/s]
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tà [m
]
0.0
5.0
10.0
15.0
20.0
0 100 200 300 400 500 600
Vs [m/s]
Prof
ondi
tà [m
]
Zona 6 Zona 5
Zona 4 Zona 3
Zona 2 Zona 1
Figura 10 – Andamento di VS con la profondità nelle 6 zone. 16
2.2.2 Modulo di taglio iniziale, G0
Per i materiali alluvionali, il valore del modulo di taglio iniziale, G0, è stato ricavato a partire dal valore di Vs stimato
sulla base della resistenza alla punta da prove penetrometriche (par. 2.1.1), mediante la nota relazione (valida in campo
elastico):
Go = ρ Vs2 (2)
Alla densità, ρ, sono stati attribuiti valori crescenti con la profondità, facendo riferimento, per ogni strato, ai valori
suggeriti in letteratura per materiali con composizione granulometrica simile.
I valori così ottenuti sono riportati nelle Tabelle 3, 4, 5, 6, 7 e 8:
Tabella 3 - Rigidezza iniziale (G0) e densità (ρ) degli strati di terreno della zona 1. (LA = limo argilloso; G = ghiaia; AL = argilla limosa)
Profondità strato [m] Litologia prevalente ρ [kg/m3] G0 [MPa]
0-3 LA 1800 107
3-7 G 1850 462
>10 AL 1900 249
Tabella 4 - Rigidezza iniziale (G0) e densità (ρ) degli strati di terreno della zona 2. (LA = limo argilloso; G = ghiaia; AL = argilla limosa)
Profondità strato [m] Litologia prevalente ρ [kg/m3] G0 [MPa]
0-1 LA 1800 105.8
1-10 G 1850 430.5
>10 AL 1900 274.7
Tabella 5 - Rigidezza iniziale (G0) e densità (ρ) degli strati di terreno della zona 3. (LA = limo argilloso; G = ghiaia)
Profondità strato [m] Litologia prevalente ρ [kg/m3] G0 [MPa]
0-3 LA 1800 170
3-10 G 1850 481.5
Tabella 6 - Rigidezza iniziale (G0) e densità (ρ) degli strati di terreno della zona 4. (LA = limo argilloso; G = ghiaia; AL = argilla limosa)
Profondità strato [m] Litologia prevalente ρ [kg/m3] G0 [MPa]
0-2.5 LA 1800 134.5
2.5-7 LA 1850 115.6
7-11 G 1900 514.9
11-13 AL 1900 141.1
>13 G 1950 560.1
17
Tabella 7 - Rigidezza iniziale (G0) e densità (ρ) degli strati di terreno della zona 5. (LA = limo argilloso; G = ghiaia; AL = argilla limosa)
Profondità strato [m] Litologia prevalente ρ [kg/m3] G0 [MPa]
0-2.5 LA 1800 172.4
2.5-8 LA 1850 252.3
8-10 G 1900 488.3
10-11.5 AL 1900 285.2
>11.5 G 1950 584.1
Tabella 8 - Rigidezza iniziale (G0) e densità (ρ) degli strati di terreno della zona 6. (LA = limo argilloso; G = ghiaia)
Profondità strato [m] Litologia prevalente ρ [kg/m3] G0 [MPa]
0-5.5 LA 1800 137
5.5-11 G 1900 502.5
Per i terreni di origine lacustre, posti a profondità superiori rispetto a quelle raggiunte dalle indagini disponibili, si è
fatto riferimento, come già accennato nel paragrafo 1.2, ai valori di G0 riportati nella relazione geotecnica per la
costruzione del Nuovo Palazzo di Giustizia di Firenze.
Di seguito, nella Tabella 9, sono riassunti i valori di G0 adottati per la caratterizzazione dei depositi lacustri.
Tabella 9 - Rigidezza iniziale (G0) e densità (ρ) dei depositi lacustri ad elevate profondità
Profondità [m] ρ [kg/m3] G0 [MPa]
< 100 m 2000 1061
>100 m 2100 1523
2.2.3 Andamento della rigidezza e del rapporto di smorzamento al variare della
deformazione di taglio I modelli lineari equivalenti implementati nei codici di simulazione numerica adottati per l’analisi della risposta
sismica, necessitano della definizione dell’andamento del modulo di taglio normalizzato, G/G0, e del rapporto di
smorzamento, D, in funzione del livello deformativo, γ, per ciascuno strato di terreno presente all’interno del deposito.
Nel caso in esame, non disponendo di specifiche prove dinamiche e cicliche di laboratorio per la caratterizzazione
geotecnica dei terreni a livelli deformativi superiori alla soglia elastica, si è fatto ricorso ai risultati contenuti nello
studio eseguito dal Dipartimento di Ingegneria Civile dell’Università degli studi di Firenze per la costruzione del
Nuovo Palazzo di Giustizia, ritenendoragionevole ipotizzare che i due depositi abbiano caratteristiche meccaniche
simili, viste le origini comuni nell’ambito del medesimo bacino paleogeografico.
In particolare, nel suddetto studio vengono individuate due formazioni principali:
− una formazione più superficiale, denominata Formazione A, i cui terreni risultano prevalentemente di origine
fluviale, con prevalenza di limi e argille di buona consistenza. Considerate anche le profondità a cui si trovano, tali
materiali, sono ragionevolmente assimilabili ai depositi alluvionali presenti nell’area in esame;
18
− una seconda formazione, denominata Formazione B, i cui terreni si sono depositati in ambiente palustre, e sono
quindi assimilabili a quelli presenti ad elevate profondità nell’area oggetto di studio, ovvero ai depositi lacustri.
Per la legge G(γ)/G0, è stato assunto il modello iperbolico modificato di Yokota et al. (1981), definito dalla relazione:
)1(1
0βαγ+
=GG
(3)
mentre per il rapporto di smorzamento è stata impiegata la seguente legge di variazione (Yokota et al., 1981):
0max
GG
eDDλ
=
(4)
Ai coefficienti sperimentali, α, β, Dmax e λ, che compaiono nelle equazioni (3) e (4) sono stati assegnati i valori desunti
dal rapporto sopra citato, facendo riferimento ai risultati delle prove di laboratorio dinamiche e cicliche effettuate sui
campioni di terreno prelevati nelle condizioni litologiche e stratigrafiche (tipo di formazione e profondità) di interesse
ai fini del presente studio. Nella Tabella 10 sono riportati i valori dei coefficienti di regressione, α, β, Dmax e λ,:
attribuiti ai depositi alluvionali e ai materiali di origine lacustre.
Tabella 10 - Coefficienti di regressione delle leggi di decadimento del modulo di taglio e del rapporto di smorzamento in funzione della deformazione di taglio per i depositi alluvionali e lacustri.
α β r2 Dmax λ r2
Depositi alluvionali 35.07 1.240 0.993 19.57 -1.66 0.991
Depositi lacustri 62.43 1.318 0.977 21.75 -1.93 0.985
Per i depositi di delta conoide, che risultano a prevalente componente ghiaiosa, le curve di decadimento del modulo di
taglio e del rapporto di smorzamento, in funzione della deformazione di taglio, sono state scelte in accordo con le
relazioni proposte da Rollins:
)]102.1(161[1)(
200
γγγ
−++=
GG
(5)
75.09.0 )15.01(188.0)( −−++= γγD (6)
Nelle Figure 11 e 12 sono mostrate, rispettivamente, le curve di decadimento del modulo di taglio e del rapporto di
smorzamento, in funzione della deformazione di taglio, assunte per i materiali presenti nell’area in esame.
19
Figura 11 - Decadimento del modulo di rigidezza, in funzione della deformazione di taglio, dei materiali presenti
nell’area esaminata
00.10.20.30.40.50.60.70.80.9
1
0.0001 0.001 0.01 0.1 1
deformazione di taglio γ [%]
G/G
o
depositi alluvionalidepositi di delta-conoidedepositi lacustri
Figura 12 - Rapporto di smorzamento, in funzione della deformazione di taglio, dei materiali presenti nell’area
esaminata
02468
101214161820
0.0001 0.001 0.01 0.1 1
deformazione di taglio γ [%]
D [%
]
depositi alluvionalidepositi di delta-conoidedepositi lacustri
3 VALUTAZIONE DEL POTENZIALE DI LIQUEFAZIONE DEI TERRENI MEDIANTE L’UTILIZZO
DI METODI SEMPLIFICATI BASATI SUI RISULTATI DI PROVE IN SITO (PUNTO 6)
Sebbene la composizione granulometrica dei terreni più superficiali (corrispondenti ai primi 20 m) possa costituire
localmente un carattere predisponente nei confronti del rischio di liquefazione, le caratteristiche meccaniche di tali
terreni, desunte dalle prove CPT disponibili e la sismicità dell’area, sulla base di quanto già esposto nel Paragrafo 1.2,
non sono state ritenute tali da poter innescare il fenomeno (che richiede eventi con magnitudo di almeno 6 o
accelerazione di picco superiore a 0.1 g).
20
4 SIMULAZIONI NUMERICHE MONO E BI-DIMENSIONALI PER L’ANALISI DELLA RSL
(PUNTO 7)
L’analisi della risposta sismica locale ha lo scopo di valutare l’effetto delle condizioni locali (morfologiche,
geologiche, stratigrafiche e geotecniche) sulla propagazione delle onde sismiche e di determinare le caratteristiche del
moto sismico in superficie. Tale analisi viene generalmente condotta secondo due tipi di approccio fondamentali:
l’approccio sismologico e l’approccio geotecnico. Il primo è basato sull’impiego di registrazioni strumentali di
microtremori o eventi reali di bassa energia, che vengono di norma elaborati nel dominio della frequenza, allo scopo di
identificare i campi di frequenze all’interno dei quali si registrano le maggiori amplificazioni.
Il secondo, che è stato quello seguito nel lavoro di ricerca di cui si riferisce nella presente relazione, si basa invece
sull’impiego di modelli di simulazione numerica. Per la sua applicazione è necessario definire per il sito in esame:
- lo schema morfologico e stratigrafico;
- le leggi costitutive e i parametri del comportamento dei diversi terreni in condizioni di carico dinamico e
ciclico;
- il moto sismico di riferimento su roccia o terreno duro pianeggiante.
Il livello di complessità richiesto nella definizione dei suddetti aspetti varia in relazione allo strumento di calcolo
adottato per la simulazione numerica.
Nella letteratura geotecnica sono disponibili numerosi codici di calcolo per l’analisi della risposta sismica locale. Una
distinzione tra i vari codici può essere fatta in base alla dimensionalità del modello (1D, 2D o 3D), in base al tipo di
analisi condotta (in tensioni totali o in tensioni efficaci) e in relazione al tipo di legge costitutiva adottata per il terreno
(comportamento lineare o non lineare). Tuttavia, l’uso di modelli complessi può risultare talvolta molto oneroso dal
punto di vista computazionale e spesso non giustificato per il livello di approfondimento e di affidabilità raggiunti
nella definizione del problema. Così, a tutt’oggi, gli strumenti di calcolo più impiegati sono quelli che fanno
riferimento a modelli mono o bidimensionali ed eseguono l’analisi della RSL in termini di pressioni totali assumendo
per il terreno un comportamento di tipo lineare equivalente. Due dei codici di calcolo più noti basati su tali assunzioni
sono il programma SHAKE (Schnabel et al., 1972), che esegue l’analisi in condizioni 1D, e il codice QUD4M per le
analisi 2D. A tali codici si è fatto riferimento nell’ambito del presente lavoro.
4.1 Il codice PROSHAKE
Il codice PROSHAKE, derivato dall’originario programma SHAKE, è il più diffuso tra i codici di calcolo che
eseguono l’analisi della RSL monodimensionale in termini di pressioni totali. Le ipotesi di base sono quelle dei
modelli monodimensionali che utilizzano lo schema della trave a taglio continua e cioè:
- il substrato roccioso è orizzontale, deformabile ed infinitamente esteso;
- il deposito è stratificato orizzontalmente, con strati infinitamente estesi ed omogenei in direzione orizzontale;
- l’azione sismica è rappresentata da onde di taglio che si propagano in direzione verticale,polarizzate su piani
orizzontali (onde SH);
L’eccitazione sismica è applicata alla base, eventualmente definita su roccia affiorante, sotto forma di
accelerogramma.
Gli strati sono costituiti da materiale omogeneo e isotropo a comportamento viscoelastico lineare descritto dal modello
di Kelvin-Voigt:
21
τ = G γ + η t∂
∂γ
(7)
nel quale lo sforzo di taglio τ viene espresso come somma di una componente elastica e di una componente viscosa
proporzionale alla velocità di deformazione. La viscosità η è legata al rapporto di smorzamento D del terreno dalla
relazione:
D = G2
ηω
(8)
essendo ω la frequenza di eccitazione.
I dati di ingresso del programma di calcolo sono:
- il numero di strati;
- lo spessore, hi, la densità, ρi, il modulo di taglio iniziale, G0i; e il rapporto di smorzamento iniziale, D0i, di
ciascuno strato;
- le leggi di variazione, i
iG
)(G
0
γ e Di (γ) per ogni tipo di terreno;
- le caratteristiche, modulo di taglio e densità, del bedrock assunto elastico;
- l’accelerogramma di input digitalizzato, assegnato alla base o su roccia affiorante.
Il codice di calcolo esegue l’analisi nel dominio della frequenza utilizzando la trasformata di Fourier
dell’accelerogramma di input. Tale metodo è applicabile solo per modelli lineari; per questo motivo il programma
utilizza un sistema iterativo che permette un’analisi lineare equivalente. In pratica, per ciascuno strato, vengono
eseguite una serie di analisi lineari complete, aggiornando i parametri in modo iterativo, con la procedura seguente:
fissati i valori iniziali di G0 e di D0 viene eseguita un’analisi lineare completa determinando il valore della
deformazione di taglio. Sulle curve oG
)(G γ e di D(γ), in corrispondenza del valore di γ trovato all’iterazione precedente,
vengono calcolati i nuovi valori di G e D. La procedura viene ripetuta fino a quando la differenza tra i valori di γ, G e
D trovati in due iterazioni successive è trascurabile.
Il programma fornisce in uscita informazioni sia nel dominio del tempo sia nel dominio della frequenza; in particolare:
- la storia temporale della accelerazioni, delle tensioni e delle deformazioni di taglio in corrispondenza di
ciascuno strato;
- lo spettro di Fourier e lo spettro di risposta per ogni strato;
- la funzione di trasferimento.
4.2 Il codice QUAD4M
QUAD4M è un codice di calcolo che effettua analisi 2D agli elementi finiti e che consente quindi di studiare gli effetti
topografici e di risonanza nei depositi. Il deposito lungo una sua sezione rappresentativa viene schematizzato mediante
una serie di elementi di forma quadrangolare o triangolare (la forma triangolare in genere viene utilizzata per definire
meglio le zone di bordo o di cresta). La definizione di una mesh corretta e funzionale richiede un compromesso tra la
schematizzazione che meglio si adatta alle caratteristiche geometriche, geotecniche e stratigrafiche del deposito e la
schematizzazione che permette la più rapida e stabile convergenza del programma alla soluzione. L’applicazione dei
22
criteri di ottimizzazione indicati nel seguito può risultare utile nella creazione della mesh. In particolare, l’altezza
massima ∆H degli elementi all’interno di un certo strato può essere scelta ricorrendo alla seguente formula empirica :
∆H = KfVs
(9)
dove:
- Vs è la velocità minima delle onde S nello strato considerato;
- K è un coefficiente di riduzione compreso tra 4 e 12;
- f è la frequenza massima del segnale in ingresso.
La larghezza ottimale degli elementi quadrangolari è pari a circa pari a circa 10 volte l’altezza ∆H.
Nella simulazione numerica, la sezione esaminata viene discretizzata in un numero finito di elementi secondo uno
schema a masse concentrate collegate tra loro da molle e smorzatori viscosi. Per ciascun elemento devono essere
assegnate le proprietà fisiche e meccaniche, in termini di densità , ρ, modulo di taglio massimo, Go, rapporto di
smorzamento minimo, D0, e coefficiente di Poisson, ν. A ciascun tipo di terreno presente nella sezione devono essere
inoltre attribuite la legge di variazione del modulo di taglio G e del rapporto di smorzamento D con la deformazione di
taglio γ.
Il calcolo della RSL è effettuato risolvendo il seguentesistema delle equazioni di moto definito nella forma:
[M]{ }+[C]{ }+[K]{ }={R(t)} ••
u•
u u
(10)
dove:
- [M] è la matrice delle masse concentrate;
- [C] è la matrice dei coefficienti di smorzamento degli smorzatori viscosi;
- [K] è la matrice delle costanti di rigidezza;
- {R (t)}è il vettore rappresentativo dell’eccitazione sismica;
- {u} è il vettore degli spostamenti.
La soluzione viene ricavata utilizzando la tecnica di integrazione passo-passo di Wilson e Clough, che determina,
mediante integrazione diretta nel dominio del tempo, la risposta al generico istante t in funzione della risposta
all’istante precedente t-∆t.
Analogamente al codice PROSHAKE, il programma di calcolo QUAD4M assume per i materiali una legge costitutiva
lineare equivalente, aggiornando le matrici di rigidezza e smorzamento con un procedimento iterativo.
L’accelerogramma d’ingresso viene applicato alla base del deposito nella zona di frontiera fra il terreno e il substrato
roccioso, supposto deformabile.
4.3 Definizione dei parametri per la modellazione
Al fine di valutare l’entità degli effetti bidimensionali mediante il confronto tra i risultati dell’applicazione di modelli
numerici 1D e 2D, sulla sezione A-B (Figura 6) analizzata con il modello bidimensionale, sono state individuate 7
verticali rappresentative, sulle quali è stata eseguita l’analisi monodimensionale. Le verticali, come indicato nella
Tavola 1 e nella Figura 15, sono state posizionate laddove, in base alle caratteristiche morfologiche e stratigrafiche
della sezione, poteva risultare significativo il confronto tra modelli 1D e 2D.
Di seguito vengono trattati separatamente gli aspetti relativi alla definizione del terremoto di riferimento e dei
parametri geometrici e geotecnici assunti nelle simulazioni numeriche.
23
3.3.1 Terremoto di riferimento
In generale, il moto sismico di riferimento da assumere come input nelle analisi della risposta sismica locale può
essere rappresentato dalla registrazione accelerometrica di un evento reale, che sia sufficientemente significativo per
l’area in esame, oppure da un accelerogramma ottenuto artificialmente a partire da un’analisi della pericolosità sismica
del sito. Nel caso in esame, considerando che l’area oggetto di studio è prossima ad un’area del territorio comunale
fiorentino per la quale si disponeva dei risultati di un’approfondita analisi della pericolosità sismica, si è ritenuto
opportuno adottare la seconda soluzione. Come input sismico di riferimento è stato perciò assunto il terremoto
sintetico proposto nello “Studio di pericolosità ed analisi degli effetti sismici locali dell’area fiorentina” (Vannucchi
1990), opportunamente scalato in base alle indicazioni contenute nella carta di pericolosità sismica dell’ I.N.G.V.
riportata in Figura 13, nella quale è possibile osservare che per la zona in esame il picco di accelerazione massima
orizzontale previsto per un periodo di ritorno di 475 anni è pari a 0.2 g.
Figura 13 - Carta di pericolosità sismica del territorio nazionale in termini di picco di accelerazione
massima orizzontale previsto per un periodo di ritorno di 475 anni (I.N.G.V.)
24
Nella Figura 14 sono rappresentati gli andamenti dell’accelerogramma, dello spettro di Fourier e dello spettro di
risposta elastico dell’accelerogramma sintetico utilizzato, mentre nella Tabella 11 ne sono riassunte le principali
caratteristiche.
-0.25-0.2
-0.15-0.1
-0.050
0.050.1
0.150.2
0.25
0 5 10 15 20
Tempo [s]
Acc
eler
azio
ne [g
]
0.000
0.001
0.002
0.003
0.004
0.005
0.006
0 5 10 15 20 25 30
Frequenza [Hz]
Am
piez
za [g
xs]
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4
Periodo [s]
Acc
eler
azio
ne s
pettr
ale
[g]
Figura 14 - Time history (a), spettro di Fourier (b) e spettro di risposta (smorzamento ζ=5%) (c)
dell’accelerogramma sintetico utilizzato nelle analisi
25
Tabella 11 Parametri caratteristici dell’accelerogramma sintetico utilizzato nelle analisi
Picco di Accelerazione (g): 0.2000
Picco di Velocità (m/sec): 0.3356
Picco di Spostamento (m) 1.8620
Intensità dell’Area (m/sec) 2.5280
Periodo Predominante (sec) 0.2028
Periodo Principale (sec) 0.1736
Durata (Bracketed) (sec) 18.1100
Durata (Trifunac) (sec) 13.9500
Accelerazione Spettrale 0.3 sec (g) 0.2932
Accelerazione Spettrale 1.0 sec (g) 0.0525
4.3.1 Parametri geometrici e geotecnici per il modello monodimensionale I dati geometrici e geotecnici necessari per la compilazione del file di input del codice di calcolo PROSHAKE sono
stati definiti sulla base della caratterizzazione delle 6 zone identificate lungo la sezione in esame (Capitolo 1). Nelle
Tabelle dalla 12 alla 18 sono riportati, per ciascuna delle 7 verticali analizzate: lo spessore degli strati (h), il peso di
volume (γ) e la velocità delle onde di taglio (Vs). A tal proposito è da osservare che alcuni strati dello stesso materiale
risultano suddivisi in sottostrati di spessore crescente con la profondità, in modo da ottimizzare il processo di
risoluzione numerica, secondo i criteri suggeriti dal manuale d’uso del programma.
Per i diversi litotipi che costituiscono il deposito sono state assunte le leggi di variazione del modulo di taglio e del
rapporto di smorzamento indicate nel paragrafo 1.2.3, mentre per il bedrock sono state adottate le leggi proposte da
Idriss (1972) (Figura 14).
Tabella 12 - Parametri riepilogativi della verticale 1 Tabella 13 - Parametri riepilogativi della verticale 2
strato n° h [m] γ [kN/m3] VS [m/s] strato n° h [m] γ [kN/m3] VS [m/s]
1 1.0 18.0 275.88 1 1.0 18.0 309.48
2 1.4 18.0 275.88 2 1.6 18.0 309.48
3 2.8 18.0 275.88 3 2.1 18.5 369.29
4 2.8 19.0 514.01 4 3.1 18.5 369.29
5 4.4 19.0 514.01 5 3.2 19.0 506.95
6 4.4 20.0 728.35 6 1.5 19.0 387.43
7 10.4 20.0 728.35 7 15.3 19.5 547.30
8 18.0 21.0 851.61 8 21.3 20.0 728.35
bedrock infinito 22.0 1110.69 9 16.3 21.0 851.61
10 26.0 21.0 851.61
bedrock infinito 22.0 1110.77
26
Tabella 14 - Parametri riepilogativi della verticale 3 Tabella 15 - Parametri riepilogativi della
verticale 4
strato n° h [m] γ [kN/m3] VS [m/s] strato n° h [m] γ [kN/m3] VS [m/s]
1 1.3 18.0 273.35 1 1.0 18 257.34
2 1.3 18.0 273.35 2 1.0 18 257.34
3 2.7 18.5 249.97 3 2.0 18 257.34
4 3.0 18.5 249.97 4 3.1 18.5 290.39
5 5.4 19.0 520.58 5 3.1 18.5 290.39
6 2.0 19.0 272.51 6 3.6 19.5 496.91
7 6.3 19.5 535.94 7 7.5 19.5 496.91
8 15.0 20.0 728.35 8 7.5 19.5 496.91
9 15.8 20.0 728.35 9 15.0 19.5 496.91
10 15.8 20.0 728.35 10 14.4 20 728.35
11 20.0 20.0 728.35 11 30.0 20 728.35
12 21.0 21.0 851.61 12 40.0 20 728.35
13 27.0 21.0 851.61 13 40.0 21 851.61
14 69.0 21.0 851.61 14 52.1 21 851.61
bedrock Infinito 22.0 1110.77 15 110.0 21 851.61
bedrock infinito 22 1110.77
Tabella 16 - Parametri riepilogativi della verticale 5 Tabella 17 - Parametri riepilogativi della verticale 6
strato n° h [m] γ [kN/m3] VS [m/s] strato n° h [m] γ [kN/m3] VS [m/s]
1 1.0 18.0 242.44 1 1.5 18.0 242.67
2 1.0 18.5 482.39 2 1.6 18.0 242.67
3 2.3 18.5 482.39 3 3.0 18.5 490.45
4 2.3 18.5 482.39 4 4.0 18.5 490.45
5 3.2 18.5 482.39 5 4.0 19.0 369.92
6 4.3 19.0 380.24 6 8.0 19.0 369.92
7 6.0 19.0 380.24 7 12.4 19.0 369.92
8 6.0 19.0 380.24 8 15.0 20.0 728.35
9 14.4 19.0 380.24 9 15.0 20.0 728.35
10 14.0 20.0 728.35 10 31.3 20.0 728.35
11 31.2 20.0 728.35 11 32.6 21.0 851.61
12 44.2 20.0 728.35 12 41.4 21.0 851.61
13 44.2 21.0 851.61 13 85.0 21.0 851.61
14 75.0 21.0 851.61 bedrock infinito 22.0 1110.77
15 125.0 21.0 851.61
27
bedrock infinito 22.0 1110.77
Tabella 18 - Parametri riepilogativi della verticale 7
strato n° h [m] γ [kN/m3] VS [m/s]
1 1.5 18.0 243.81
2 1.5 18.0 243.81
3 2.1 18.5 499.73
4 2.5 18.5 499.73
5 2.5 18.5 499.73
6 2.9 19.0 362.01
7 8.0 19.0 362.01
8 10.0 19.0 362.01
9 11.5 20.0 728.35
10 11.5 20.0 728.35
11 27.7 20.0 728.35
12 19.8 21.0 851.61
13 44.2 21.0 851.61
14 66.0 21.0 851.61
bedrock infinito 22.0 1110.77
4.3.2 Parametri geometrici e geotecnici per il modello bidimensionale Come già evidenziato nel Paragrafo 1.2, la sezione A-B è stata scelta in base ai seguenti criteri:
- inizia e termina su bedrock affiorante;
- nelle sue vicinanze vi è un numero sufficiente di prove CPT da permetterne la caratterizzazione geotecnica.
La sezione ha una lunghezza totale L di 8369.42 m e una profondità massima H di 450 m con un rapporto 05.0≈LH .
Avendo osservato che il rapporto LH
è minore di 0.1 e l’andamento del bedrock è piuttosto regolare nella parte
centrale della sezione, per superare le difficoltà computazionali legate all’elevato numero di nodi pur continuando ad
evidenziare gli effetti bidimensionali in corrispondenza delle estremità della sezione, si è ritenuto sufficiente limitare
l’analisi bidimensionale ai due tratti laterali A-A' e B-B' (Figura 16), effettuando solo analisi monodimensionali in
corrispondenza della parte restante (A'-B') della sezione.
I reticoli ad elementi finiti dei modelli bidimensionali delle due sottosezioni, A-A' e B-B', sono stati definiti
utilizzando elementi di forma quadrangolare, o, in alternativa, triangolare, laddove necessario per le particolari
condizioni geometriche. L’altezza di ciascun elemento è stata scelta in modo tale da risultare non superiore al valore
∆h = λmin/8 = Vs/(8⋅fmax), essendo λmin la lunghezza d’onda corrispondente alla massima frequenza ritenuta
significativa, fmax, fissata per il caso in esame pari a 10Hz. Le caratteristiche delle mesh ottenute per le due
sottosezioni, rappresentate rispettivamente nelle Tavole 2 e 3, sono riportate nella Tabella 19.
28
Tabella 19 - Caratteristiche delle mesh per la modellazione bidimensionale delle sottosezioni A-A’ e B-B’
Sottosezione A-A’ Sottosezione B-B’
Lunghezza totale 3038.57 (m) 1738.85 (m)
Profondità massima 208.98 (m) 374.40 (m)
Numero di nodi 3329 3330
Numero di celle 3241 3297
Al modulo di taglio e al rapporto di smorzamento dei materiali presenti in corrispondenza della sezione esaminata
sono stati attribuiti gli andamenti rappresentati nelle Figure 11 e 12 (Paragrafo 1.2.3), rispettivamente; al substrato
roccioso sono state assegnate le curve di letteratura rappresentate in Figura 15 (Idriss, 1972).
0
0.5
1
1.5
2
2.5
3
3.5
4
4.5
5
0.0001 0.001 0.01 0.1 1
Deformazione di taglio g[%]
D
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
0.0001 0.001 0.01 0.1 1
Deformazione di taglio γ [%]
G/G
o
Figura 15 - Curve di decadimento del modulo di taglio(a) e del rapporto di smorzamento(b) adottate per il bedrock (Idriss, 1972)
4.4 Analisi dei risultati ottenuti con il modello mondimensionale
I risultati ottenuti mediante il codice PROSHAKE, sia nel dominio della frequenza sia nel dominio del tempo, in
corrispondenza delle verticali 3, 4 e 5 (Figura 15), alle quali è stato applicato solo il modello monodimensionale, sono
sintetizzati nelle figure e nelle tabelle che seguono. In particolare, nella Figura 16 sono mostrate le funzioni di
trasferimento, F(ω), mentre nella Figura 17 sono riportati gli andamenti degli spettri di risposta elastici in termini di
pseudoaccelerazione, PSA.
29 Figura 15 – Ubicazione delle verticali indagate
0
5
10
15
20
25
30
35
0 2 4 6 8 10
Frequenza [Hz]
Rap
port
o Sp
ettr
ale
0
5
10
15
20
25
30
35
0 2 4 6 8 10
Frequenza [Hz]
Rap
port
o Sp
ettr
ale
0
5
10
15
20
25
30
35
0 2 4 6 8 10
Frequenza [Hz]
Rap
port
o Sp
ettr
ale
Verticale 5
Verticale 4
Verticale 3
Figura 17 – Funzione di trasferimento in corrispondenza delle verticali analizzate con modello 1D
30
Come si può osservare dalla Figura 17, la funzione di trasferimento per la verticale 3 presenta, in corrispondenza della
frequenza naturale di 1 Hz, un massimo di ampiezza pari a circa 18, che risulta notevolmente più elevato rispetto ai
picchi di amplificazione che si verificano per le altre frequenze fondamentali. Per la verticale 4, il rapporto spettrale
massimo è circa 12; la differenza tra i picchi è meno accentuatae le frequenze fondamentali sono inferiori rispetto a
quelle rilevate in corrispondenza della verticale 3; la frequenza naturale è pari a circa 0.6 Hz. In corrispondenza della
verticale 5 si hanno due picchi di amplificazione nell’intervallo 0-2 Hz, che assumono valori molto simili; il primo
presenta un’ampiezza maggiore, pari a circa 8, in corrispondenza di una frequenza fondamentale di 0.6 Hz.
Dalla Figura 18, nella quale sono rappresentati gli spettri di risposta elastici in pseudoaccelerazione relativi alle tre
verticali esaminate, si può osservare che lo spettro della verticale 3 presenta un picco massimo di accelerazione
spettrale pari a circa 0.97g per un periodo di circa 0.14s. In corrispondenza dello stesso periodo, anche lo spettro
relativo alla verticale 4 presenta un massimo di ampiezza confrontabile (0.94g). Lo spettro relativo alla verticale 5 è
quello che assume il valore massimo più basso, con un picco di accelerazione spettrale di circa 0.74g per un periodo
intorno a 0.12s; in corrispondenza della verticale 5 le accelerazioni spettrali decrescono meno rapidamente rispetto alle
altre verticali, fino ad un valore del periodo di circa 0.3s.
Nel dominio delle frequenze è stato effettuato anche il confronto in termini di fattore di amplificazione, Fa, definito
come rapporto tra l’intensità spettrale calcolata in un determinato intervallo (a,b) del periodo sullo spettro di pseudo-
velocità ottenuto in superficie e l’intensità spettrale del terremoto di input determinata sullo stesso intervallo del
periodo, per un valore dello smorzamento critico ξ = 5%:
∫
∫==
b
aVinp
b
asupV
inp
supa
dT)T,(S
dT)T,(S
)PSV(SI
)PSV(SIF
ξ
ξ
(11)
Per il calcolo sono stati assunti due intervalli significativi: l’intervallo 0.1-2.5 s, in accordo con la definizione di
Housner, e l’intervallo 0.1-0.5 s, ritenuto più rappresentativo del periodo proprio degli edifici presenti nell’area.
I valori di Fa ottenuti per le tre verticali sono riportati nella Tabella 20, dalla quale è possibile osservare che i valori più
alti si hanno in corrispondenza della verticale 3; le verticali 4 e 5 presentano valori leggermente inferiori e più simili
tra loro.
Tabella 20 – Valori del coefficiente di sito per le verticali 3, 4 e 5 nei due intervalli di periodo considerati
FaVerticale n°
0.1s < T < 2.5s 0.1s < T < 0.5s
3 1.50 1.69
4 1.28 1.40
5 1.37 1.34
31
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
1.4
1.6
1.8
0.0 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 3.0
Periodo [s]
PSA
[g]
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
1.4
1.6
1.8
0.0 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 3.0Periodo [s]
PSA
[g]
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
1.4
1.6
1.8
0.0 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 3.0
Periodo [s]
PSA
[g]
Verticale 5
Verticale 4
Verticale 3
Figura 18 - Spettro di risposta elastico in corrispondenza delle verticali analizzate con modello 1D 32
Infine, si riportano i risultati dell’analisi nel dominio del tempo, in termini di coefficiente di amplificazione, F, definito
come rapporto tra l’accelerazione massima in superficie e su roccia affiorante. I valori relativi alle tre verticali
esaminate sono riportati nella Tabella 21, nella quale è possibile osservare che l’amplificazione massima si ha in
corrispondenza delle verticali 3 e 4, che mostrano valori molto simili tra loro, mentre in corrispondenza della verticale
5 si ha un valore del coefficiente di amplificazione prossimo all’unità.
TABELLA 21 - ACCELERAZIONI MASSIME IN SUPERFICIE E AL BEDROCK E RELATIVO COEFFICIENTE DI
AMPLIFICAZIONE PER LE VERTICALI 3, 4 E 5
Verticale n° amax,s [g] amax,b [g] F
3 0.2263 0.2000 1.13
4 0.2233 0.2000 1.12
5 0.1980 0.2000 0.99
4.5 Confronto tra i risultati ottenuti dal modello monodimensionale e bidimensionale
Di seguito è mostrato il confronto tra i risultati ottenuti con i modelli 1D e 2D in corrispondenza delle verticali 1, 2, 6
e 7 (Figura 16), sia nel dominio del tempo, sia nel dominio della frequenza. Innanzitutto è necessario premettere che il
confronto dei risultati delle analisi 1D e 2D non è stato effettuato per le verticali 3 e 5 le quali, pur ricadendo
all’interno delle due sottosezioni analizzate con i modelli bidimensionali, sono ubicate in corrispondenza dell’estremità
di “interruzione” dei due schemi (Figura 16). Di conseguenza, non essendo possibile inserire all’interno del modello
2D condizioni al contorno adeguate per rappresentare la condizione reale di continuità del deposito, i risultati ottenuti
in prossimità della frontiera “aperta” delle sottosezioni sono da ritenersi poco attendibili.
Il confronto tra i risultati ottenuti in corrispondenza verticali 1, 2, 6 e 7, mediante le simulazioni numeriche 1D
(PROSHAKE) e 2D (QUAD4M) è stata effettuato in termini di :
− funzione di trasferimento, F(ω);
− spettro di risposta elastico in termini di pseudoaccelerazione, PSA;
− coefficiente di sito, Fa,
nel dominio delle frequenze;
− picco di accelerazione, amax,,
nel dominio del tempo.
4.5.1 Funzione di trasferimento,F(ω) Osservando l’andamento delle funzioni di trasferimento ottenute mediante i due modelli di simulazione numerica (1D
e 2D) applicati, è possibile notare che:
− in corrispondenza della verticale 1 (Figura 19), posta in prossimità di un estremo della sezione A-A', ma dove
comunque il substrato presenta un’inclinazione relativamente modesta, le funzioni di trasferimento sono piuttosto
simili tra loro. In particolare, il modello 1D presenta un valore massimo (pari a circa 17) ad una frequenza di poco
superiore ai 3.5 Hz, mentre, per il modello 2D, il massimo (che ha un valore pari a circa 13) si ha in
corrispondenza di una frequenza di poco inferiore ai 4Hz;
33
− per la verticale 2 (Figura 20) ubicata, sempre lungo la sezione A-A', in una zona in cui il substrato ha ancora
un’inclinazione modesta ma risulta più distante dal bordo della sezione, i risultati ottenuti dalla modellazione
mono e bidimensionale sono ancora più simili tra loro. In questo caso le funzioni di trasferimento presentano
entrambe un massimo alla frequenza di 2 Hz, con un valore pari a 20 per il modello 1D e 26.6 per il modello 2D;
− per la verticale 6 (Figura 21), posta lungo la sezione B-B', in una zona piuttosto distante dal bordo della sezione,
dove il substrato ha una pendenza elevata e si trova a notevole profondità, la frequenza fondamentale risulta
indicativamente la stessa per il modello 1D e per il 2D (circa 0.8 Hz per il modello 1D e circa 1 Hz per il modello
2D) e anche i valori massimi del rapporto spettrale sono molto simili tra loro (17.7 per il modello 1D e circa 19 per
il modello 2D);
− per la verticale 7 (Figura 22), situata in una zona relativamente vicina al bordo della sezione B-B', e in prossimità
della quale il substrato è caratterizzato dalla presenza di una faglia con notevole rigetto, i risultati delle due analisi
mostrano un notevole disaccordo. In particolare, il modello 1D fornisce un valore massimo della funzione di
trasferimento (di poco superiore a 12) ad una frequenza di circa 1Hz, mentre per il modello 2D la funzione di
trasferimento assume il valore massimo (quasi 30) per una frequenza di quasi 3 Hz.
Nel complesso, i risultati ottenuti con i due differenti tipi di simulazione, mono e bidimensionale, sono coerenti con
quanto ci si poteva attendere: le discrepanze maggiori si verificano, infatti, sui valori calcolati laddove le condizioni
geometriche risultano più influenti, ovvero in corrispondenza della verticale 7, dove gli effetti di bordo e di
focalizzazione delle onde sismiche sono più marcati, anche a causa della presenza della faglia. Ciò conferma che un
codice di calcolo bidimensionale, come QUAD4M, permette di valutare più accuratamente, rispetto ad un codice di
calcolo monodimensionale come PROSHAKE, gli effetti della geometria del substrato, con particolare riferimento
all’effetto “catino” in prossimità del bordo della valle.
Nel caso esaminato, in relazione alla morfologia delle sezioni A-A' e B-B' e alle differenze osservate tra i risultati
forniti dai modelli 1D e 2D, si può concludere che la sottosezione A-A' in cui ricadono le verticali 1 e 2 è assimilabile
al caso di una valle superficiale, mentre la sottosezione B-B', nella quale ricadono le verticali 6 e 7 è riconducibile al
caso di una valle profonda, in cui si verificano complessi fenomeni di interferenza tra onde di volume incidenti e onde
superficiali.
34
0
5
10
15
20
25
30
35
0.0 2.0 4.0 6.0 8.0 10.0
Frequenza [Hz]
Rap
port
i Spe
ttral
i
QUAD4MPROSHAKE
FIGURA 19 - FUNZIONE DI TRASFERIMENTO IN CORRISPONDENZA DELLA VERTICALE 1 DELLA
0
5
10
15
20
25
30
35
0.0 2.0 4.0 6.0 8.0 10.0
Frequenza [Hz]
Rap
port
i Spe
ttral
i
QUAD4MPROSHAKE
FIGURA 20 - FUNZIONE DI TRASFERIMENTO IN CORRISPONDENZA DELLA VERTICALE 2 DELLA
35
0
5
10
15
20
25
30
35
0.0 2.0 4.0 6.0 8.0 10.0
Frequenza [Hz]
Rap
port
i Spe
ttral
i
QUAD4MPROSHAKE
0
5
10
15
20
25
30
35
0 2 4 6 8 10
Frequenza [Hz]
Rap
port
i spe
ttral
i
PROSHAKEQUAD4M
FIGURA 21 - FUNZIONE DI TRASFERIMENTO IN CORRISPONDENZA DELLA VERTICALE 6 DELLA
FIGURA 22 - FUNZIONE DI TRASFERIMENTO IN CORRISPONDENZA DELLA VERTICALE 7 DELLA
36
4.5.2 Coefficiente di sito, Fa Nella Tabella 22 e nella Figura 23 è mostrato il confronto tra i valori di Fa (definito nel paragrafo 3.4), calcolati
nell’intervallo di periodi 0.1–2.5s e 0.1–0.5s. È possibile osservare che:
- i valori ottenuti con i modelli 1D, nell’intervallo di periodo 0.1-2.5s sono approssimativamente uguali per le
quattro verticali; nell’intervallo 0.1-0.5 sono minori in corrispondenza delle verticali 6 e 7 rispetto alle altre due;
- i valori ricavati con i modelli 2D diminuiscono procedendo dalla verticale 1 alla 7, con differenze sensibili tra le
due verticali prossime alle estremità, soprattutto nell’intervallo di periodo 0.1-0.5;
- per entrambi gli intervalli di periodo considerati, i valori ottenuti con modelli mono e bidimensionali sono
confrontabili tra loro in corrispondenza delle verticali 1, 2 e 6, mentre presentano maggiori differenze in
corrispondenza della verticale 7, in modo analogo a quanto già osservato per la funzione di trasferimento.
- in generale, i valori ottenuti utilizzando il codice di calcolo monodimensionale, sono inferiori rispetto a quelli
ottenuti con il modello bidimensionale, ad eccezione della verticale 1.
Fa
0.1s < T < 2.5s 0.1s < T < 0.5s
Verticale n° PROSHAKE QUAD4M PROSHAKE QUAD4M
1 1.360 1.462 1.922 2.074
2 1.429 1.307 1.804 1.652
6 1.426 1.255 1.548 1.448
7 1.418 1.067 1.579 1.159
0.0
0.5
1.0
1.5
2.0
2.5
1 2 6 7
Verticali indagate
Fa (0
.1-0
.5 s
)
QUAD4MPROSHAKE
0 .0
0 .5
1 .0
1 .5
2 .0
2 .5
1 2 6 7
V e r t ic a li in d a g a t e
Fa (0
.1-2
.5 s
)
Figura 23 - Confronto fra i valori di Fa ottenuti con modelli 1D e 2D in corrispondenza di alcune verticali della
sezione esaminata
37
4.5.3 Spettro di risposta elastico, PSA I grafici relativi al confronto degli spettri di risposta elastici ottenuti mediante i modelli 1D e 2D per ciascuna verticale
esaminata sono rappresentati nelle figure Figure da 24 a 27.
Osservando gli spettri ottenuti con i due modelli si può notare che l’andamento, per quanto riguarda la verticale 1
(Figura 24), è abbastanza simile nei due casi, presenta infatti un picco massimo di accelerazione spettrale pari a 1.54g
per la simulazione 1D e di circa 1.2g per la 2D, in corrispondenza di un valore di periodo di circa 0.2s. Per quanto
riguarda la verticale 2 (Figura 25) si osservano valori massimi dell’accelerazione spettrale pari a circa 0.85g per il
modello 1D, in corrispondenza di un periodo di 0.12se pari a circa 0.86g in corrispondenza di T=0.14s per il modello
2D. Considerando lo spettro ottenuto con il modello 1D si nota la presenza di un secondo picco di accelerazione di
entità paragonabile al primo (~0,84g) in corrispondenza di un periodo un periodo pari a 0.22s.
Per la verticale 6 (Figura 26), si osserva che i valori delle ordinate spettrali ottenuti con i due modelli sono tra loro
simili (il massimo è pari a 0.84g per il modello 1D e 0.85g per il 2D), ma relativi a periodi sensibilmente diversi
(rispettivamente pari a 0.12s e 0.22s); nello spettro relativo al modello 1D si rileva anche la presenza di un secondo
picco, leggermente inferiore al primo, in corrispondenza di T= 0.24s.
Infine, come già rilevato a proposito degli altri parametri, gli spettri ottenuti nei due casi in corrispondenza della
verticale 7 (Figura 27), si presentano molto dissimili tra di loro, sia in termini di andamento che di valore massimo: per
il modello bidimensionale si ha infatti un picco pari a 0.38g in corrispondenza di un periodo di circa 0.4s, mentre il
modello monodimensionale fornisce un primo picco massimo di accelerazione spettrale di 0.92g per un periodo di
0.1s, e un secondo picco di 0.82g per T=0.22s.
0
0,2
0,4
0,6
0,8
1
1,2
1,4
1,6
1,8
0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0Periodo [s]
PSA
[g]
PROSHAKE
QUAD4M
Figura 24 – Confronto tra gli spettri elastici di risposta ottenuti con i modelli 1D e 2D per la
verticale 1. 38
0
0,2
0,4
0,6
0,8
1
1,2
1,4
1,6
1,8
0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0Periodo [s]
PSA
[g]
PROSHAKE
QUAD4M
Figura 25 – Confronto tra gli spettri elastici di risposta ottenuti con i modelli 1D e 2D per la verticale 2.
39
0
0,2
0,4
0,6
0,8
1
1,2
1,4
1,6
1,8
0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,Periodo [s]
PSA
[g]
0
PROSHAKE
QUAD4M
Figura 26 – Confronto tra gli spettri elastici di risposta ottenuti con i modelli 1D e 2D per la
verticale 6.
0
0,2
0,4
0,6
0,8
1
1,2
1,4
1,6
1,8
0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0Periodo [s]
PSA
[g]
PROSHAKE
QUAD4M
Figura 27 – Confronto tra gli spettri elastici di risposta ottenuti con i modelli 1D e 2D per la
verticale 7.
40
4.5.4 Picco di accelerazione, amax I risultati nel dominio del tempo delle analisi effettuate con i codici PROSHAKE e QUAD4M, sono riassunti nella
Tabella 25, nella quale sono riportati i valori delle accelerazioni massime in superficie e su roccia affiorante in
corrispondenza delle verticali investigate per i 2 modelli e i relativi fattori di amplificazione. Nelle Figure 28 e 29 è
mostrato, rispettivamente, il confronto grafico per le accelerazioni massime in superficie e per il coefficiente di
amplificazione.
Tabella 25 – Accelerazioni massime, in superficie e al bedrock e relativo coefficiente di amplificazione ottenuti con i due differenti codici di calcolo per ciascuna verticale.
Fa
PROSHAKE QUAD4M Verticale n°
amax,s
[g]
amax,b
[g] F
amax,s
[g]
amax,b
[g] F
1 0.3255 0.2000 1.63 0.2779 0.2000 1.39
2 0.2542 0.2000 1.27 0.2601 0.2000 1.30
6 0.2495 0.2000 1.25 0.2088 0.2000 1.04
7 0.2645 0.2000 1.32 0.0992 0.2000 0.5
Come si può osservare i valori ottenuti con i due diversi modelli di simulazione sono poco differenti per tutte le
verticali, ad eccezione della verticale 7, come verificato anche per gli altri parametri. In generale, si può affermare che
il codice di calcolo PROSHAKE fornisce valori più cautelativi rispetto a quelli ottenuti con il codice QUAD4M.
0.00
0.05
0.10
0.15
0.20
0.25
0.30
0.35
V1 V2 V6 V7
Verticali indagate
Acc
eler
azio
ni [g
]
PROSHAKEQUAD4M
41
Figura 28 - Confronto tra i valori dell’accelerazione massima in superficie ottenuti con i modelli
1D e 2D per le verticali esaminate
00.20.40.60.8
11.21.41.61.8
V1 V2 V6 V7
Verticali indagate
F
"PROSHAKE""QUAD4M"
Figura 29 - Confronto tra i valori dei coefficienti di amplificazione ottenuti con i modelli 1D e
2D per le verticali di esaminate
4.6 Confronto con i risultati di analisi strumentali
42
Sul territorio comunale pratese nel periodo compreso tra Marzo e Maggio 2003 è stata condotta una campagna di
registrazioni di microtremori, attraverso l’acquisizione strumentale in 42 siti diversi. Dall’analisi di tali registrazioni
effettuata col metodo di Nakamura è stata ottenuta la carta del coefficiente di amplificazione, riportata nella Figura 30
(Madonna, 2003). Il metodo di Nakamura permette di valutare la funzione di amplificazione in corrispondenza di una
stazione di registrazione, come rapporto spettrale tra le componenti orizzontale e verticale di una stessa registrazione.
A differenza dell’approccio geotecnico questo tipo di procedura non richiede la definizione di un modello teorico di
amplificazione sismica del deposito, ma si basa sulla valutazione diretta degli effetti locali di distorsione del segnale
sismico. In questo modo si ha un’osservazione diretta del fenomeno di amplificazione locale, senza tuttavia poter
evidenziare le singole cause di amplificazione, né il peso di ciascuna di esse sulla perturbazione finale.
Figura 30 - Carta del coefficiente di amplificazione per il territorio comunale pratese. (Madonna,
Essendo i microtremori segnali a bassa energia, il metodo di Nakamura opera all’interno di un dominio di
comportamento del terreno che può essere ritenuto elastico lineare, all’interno del quale le deformazioni risultano
43
molto inferiori, anche di più ordini di grandezza, rispetto a quelle indotte da eventi reali a medio e alto contenuto
energetico. L’approccio geotecnico, invece, consente di analizzare il comportamento del terreno anche per
deformazioni elevate, in campo decisamente non lineare; per contro richiede la definizione di un modello, l’assunzione
di un certo numero di ipotesi semplificative e la conoscenza di un elevato numero di parametri dall’affidabilità dei
quali può dipendere la bontà della soluzione ottenuta.
Tenuto conto delle diversità che caratterizzano gli approcci geotecnico e strumentale per lo studio della RSL, è stato
effettuato un confronto lungo la sezione indagata fra l’andamento del coefficiente di amplificazione massimo, Fa,
ottenuto dalle analisi strumentali (definito come il valore massimo di ampiezza della funzione frequenziale di
amplificazione locale), e il coefficiente di amplificazione F, ottenuto mediante le simulazioni numeriche
monodimensionali e bidimensionali.
Nella Figura 31, che mostra il confronto tra i risultati delle analisi strumentali e delle analisi numeriche 1D, si osserva
che sebbene i valori dei coefficienti ottenuti mediante i due tipi di analisi siano notevolmente differenti, l’andamento
complessivo lungo la sezione è sostanzialmente in buon accordo.
Nella Figura 32, che riporta il confronto tra i risultati delle analisi strumentali e delle analisi numeriche 2D, si nota
invece che sia i valori puntuali che l’andamento globale sono piuttosto dissimili. Tale discordanza potrebbe essere
imputata:
− al diverso campo di deformazione indagato con i due approcci;
− ad una poco affidabile definizione dei parametri del modello (per la determinazione delle caratteristiche
geometriche e meccaniche del deposito non si disponeva infatti di analisi sufficientemente approfondite);
Figura 31 - Confronto tra i valori dei coefficienti di amplificazione ottenuti con PROSHAKE e con l’analisi dei
microtremori.
− ad una scarsa affidabilità dei risultati forniti dall’analisi dei microtremori.
44
Figura 32 - Confronto tra i valori dei coefficienti di amplificazione ottenuti con QUAD4M e con l’analisi dei microtremori
4.7 Confronto tra gli spettri di risposta elastici ottenuti dalle analisi e quelli proposti dalla normativa europea
Considerata la temporanea sospensione per l’applicazione della nuova ordinanza in materia di costruzioni in zona
sismica (O.P.C.M. n.3274 del 20/03/2003), si è ritenuto opportuno confrontare gli spettri di risposta elastici ottenuti
nel presente studio con quelli indicati nell’Eurocodice 8 (EC8).
A tale scopo, sono stati determinati i valori di VS30 per ciascuna verticale indagata (Tabella 24), in modo da
individuare la classe di profilo di terreno corrispondente, secondo i criteri contenuti nell’EC8.
Tabella 24 – Valori di VS30 calcolati per le verticali di indagine.
Verticale indagata VS30 [m/s] Classe EC8
1 531 B
2 468 B
3 416 B
4 394 B
5 400 B
6 371 B
7 352 C
Dalla Tabella 24 si osserva, in particolare, che le verticali da 1 a 6 rientrano nella classe di terreno di tipo B, mentre la
verticale 7 nella classe di terreno di tipo C.
45
Nelle Figure da 33 a 39 è riportato il confronto fra gli spettri di risposta elastici proposti nell’EUROCODICE 8 (sia
quello relativo alla classe di terreno corrispondente alla stratigrafia della verticale in esame, indicato a tratto continuo,
sia quelli relativi alle altre classi, rappresentato a tratteggio) e quelli ricavati per ciascuna delle verticali indagate con i
modelli PROSHAKE e QUAD4M.
Il confronto evidenzia che:
- per valori del periodo inferiori a 0.25s, i valori delle ordinate spettrali ottenuti mediante la modellazione numerica
sono mediamente più alti di quelli relativi agli spettri suggeriti dall’EC8, sia per la classe di terreno B che per la
classe C, fatta eccezione per la sezione 7; le differenze maggiori si osservano in corrispondenza delle sezioni 1 e 6;
- per valori del periodo compresi tra 0.25 e 0.5s, i valori delle ordinate spettrali determinati mediante le simulazioni
numeriche sono superiori a quelli proposti nell’EC8nelle sezioni 3 e 5;
- per valori del periodo maggiori di 0.5s, i valori delle ordinate spettrali indicati dall’EC8, sono maggiori di quelli
derivanti dalle analisi numeriche, tranne che per la sezione 3, in corrispondenza della quale risultano inferiori fino
ad un valore del periodo pari a 1s.
Complessivamente, in corrispondenza della verticale 2 si può osservare un buon accordo tra lo spettro proposto
dall’EC8 per la classe di terreno B e quello ottenuto dai due modelli numerici utilizzati; in corrispondenza delle
verticali 1, 3, 4 e 6 gli spettri ottenuti dalla modellazione si collocano tra quelli previsti nell’EC8 per le classi B ed E,
infine, in corrispondenza delle verticali 5 e 7, si osservano le differenze maggiori. In generale, si può affermare che
l’utilizzo del codice bidimensionale fornisce un andamento dello spettro più cautelativo rispetto sia all’EC8, che al
modello monodimensionale.
0
1
2
3
4
5
6
0 1 2 3Periodo [s]
Acc
eler
azio
ne s
pettr
ale
norm
aliz
zata
PROSHAKEQUAD4MS2AS2BS2CS2DS2E
Figura 31 - Confronto fra gli spettri di risposta elastici proposti dall’EC8 e quello relativo alla verticale 1
46
0
1
2
3
4
5
Acc
eler
azio
ne s
pett
rale
nor
mal
izza
ta
0 1 2 3Periodo [s]
PROSHAKEQUAD4M
S2A
S2B
S2C
S2D
S2E
Figura 32 – Confronto fra gli spettri di risposta elastici proposti dall’EC8 e quello relativo alla verticale 2
0
1
2
3
4
5
6
0 1 2 3Periodo [s]
Acc
eler
azio
ne s
pett
rale
nor
mal
izza
ta
PROSHAKE
QUAD4MS2A
S2B
S2C
S2DS2E
Figura 33 - Confronto fra gli spettri di risposta elastici proposti dall’EC8 e quello relativo alla verticale 3
47
0
1
2
3
4
5
6
0 1 2 3Periodo [s]
Acc
eler
azio
ne s
pettr
ale
norm
aliz
zata
PROSHAKE
S2A
S2B
S2CS2D
S2E
Figura 34 - Confronto fra gli spettri di risposta elastici proposti dall’EC8 e quello relativo alla verticale 4
0
1
2
3
4
5
6
0 1 2 3Periodo [s]
Acc
eler
azio
ne s
pett
rale
nor
mal
izza
ta
PROSHAKEQUAD4MS2AS2BS2CS2DS2E
Figura 35 - Confronto fra gli spettri di risposta elastici proposti dall’EC8 e quello relativo alla verticale 5
48
0
1
2
3
4
5
0 1 2 3Periodo [s]
Acc
eler
azio
ne s
pett
rale
nor
mal
izza
ta
PROSHAKE
QUAD4M
S2A
S2B
S2C
S2D
S2E
Figura 38 - Confronto fra gli spettri di risposta elastici proposti dall’EC8 e quello relativo alla verticale 6
0
1
2
3
4
5
0 1 2 3Periodo [s]
Acc
eler
azio
ne s
pettr
ale
norm
aliz
zata
PROSHAKEQUAD4M
S2A
S2BS2C
S2D
S2E
Figura 39 - Confronto fra gli spettri di risposta elastici proposti dall’EC8 e quello relativo alla verticale 7
49
5 CONCLUSIONI
In conformità al programma di lavoro specificato nell’allegato tecnico al contratto, nella presente relazione sono stati
riportati i risultati delle ricerche effettuate dal DIC relativamente ai punti 4, 5, 6 e 7. Non essendo state eseguite prove
specifiche per l’acquisizione di nuovi dati geotecnici nell’ambito del progetto, non è stato possibile trattare il punto 3
delle attività previste nell’allegato tecnico. I risultati relativi ai punti 1 e 2 sono stati presentati in una relazione
intermedia.
Il lavoro di cui si riferisce nel presente rapporto ha quindi riguardato:
- la caratterizzazione geotecnica delle principali formazioni presenti nell’area di indagine sulla base del materiale
disponibile, finalizzata all’analisi della risposta sismica locale;
- la definizione di un terremoto di riferimento su roccia da assumere nelle analisi;
- lo studio degli effetti di sito.
Poiché la tipologia e la qualità dei dati disponibili non erano tali da giustificare un’analisi della risposta sismica locale
diffusa su tutta l’area del territorio comunale, che avrebbe comunque fornito risultati scarsamente affidabili, si è
ritenuto opportuno scegliere una sezione significativa dell’area ed effettuare su questa una serie di analisi della risposta
sismica locale con simulazioni mono- e bi-dimensionali.
Nel complesso, i risultati ottenuti con i due differenti tipi di modello sono apparsi coerenti con quanto ci si poteva
attendere: le discrepanze maggiori si verificano, infatti, sui valori calcolati laddove le condizioni geometriche risultano
più influenti, ovvero in corrispondenza dell’estremità nord-orientale della sezione, dove gli effetti di bordo e di
focalizzazione delle onde sismiche sono più marcati, anche a causa della presenza di un complesso sistema di faglie
che interessano il substrato roccioso.
Il confronto tra i risultati delle simulazioni numeriche e dell’approccio strumentale, ha evidenziato un buon accordo
sull’andamento complessivo ottenuto lungo la sezione esaminata con i modelli monodimensionali, mentre per quanto
riguarda la modellazione bidimensionale, sia i valori puntuali sia l’andamento globale sono piuttosto dissimili da quelli
ottenuti dalle analisi strumentali.
Infine, il confronto effettuato con gli spettri di risposta elastici indicati nell’Eurocodice 8 ha mostrato che le ordinate
spettrali dell’EC8 risultano, in generale, minori di quelle ottenute dalla modellazione numerica per valori del periodo
inferiori a 0.5s, e maggiori per periodi maggiori. Il confronto tra gli spettri di risposta elastici ha evidenziato inoltre
che lo spettro ricavato con la modellazione bidimensionale ha un andamento più cautelativo (ovvero valori delle
ordinate spettrali maggiori) sia rispetto a quello suggerito dall’EC8, sia rispetto a quello fornito dal modello
monodimensionale.
Data la complessità delle condizioni stratigrafiche e geotecniche dell’area esaminata e la totale mancanza di
sperimentazione diretta finalizzata alla caratterizzazione dei terreni in campo dinamico, un maggiore affinamento dei
risultati conseguiti potrà essere ottenuta solo dopo aver definito in maniera più affidabile le caratteristiche geometriche
e meccaniche dei depositi mediante l’esecuzione di specifiche indagini in sito e in laboratorio.
Firenze, giugno 2004
Il Responsabile del Contratto
Prof. Ing. Claudia Madiai
50