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UNIVERSITÀ COMMERICALE LUIGI BOCCONI Facoltà di Economia Corso di Economia e Management per Arte, Cultura e Comunicazione La Trasparenza Amministrativa nell’Era di Internet: la Mancata Rivoluzione degli Enti Museali Italiani Relatore: Nicola Bellé Tesi di Laurea triennale di: Alice Cavagna Matricola n°: 1646710 Anno Accademico 2014-2015

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UNIVERSITÀ COMMERICALE LUIGI BOCCONI

Facoltà di Economia

Corso di Economia e Management per Arte, Cultura e

Comunicazione

La Trasparenza Amministrativa nell’Era di

Internet: la Mancata Rivoluzione degli Enti

Museali Italiani

Relatore: Nicola Bellé

Tesi di Laurea triennale di:

Alice Cavagna

Matricola n°: 1646710

Anno Accademico 2014-2015

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Alla mia famiglia per avermi sostenuta in ogni scelta e a Civicum per avermi regalato

un nuovo capitolo della mia vita

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Indice

Abstract...................................................................................................................... p.7

Introduzione................................................................................................................ p.8

Metodologia................................................................................................................ p.9

Excursus storico: dal modello weberiano alla open public administration............... p.10

Trasparenza e pubblico accesso alle informazioni.................................................... p.12

Interventi riformatori della PA in Italia dalla Prima Repubblica a oggi................... p.13

Trasparenza delle Performance all’interno del Ministero dei Beni e delle Attività

Culturali..................................................................................................................... p.16

Amministrazione Trasparente nei Musei Italiani...................................................... p.17

La pubblicità e la diffusione nelle informazioni negli enti museali Italiani.............. p.19

Il Caso della Pinacoteca di Brera.............................................................................. p.24

Breve storia del primo rendiconto economico di Brera............................................ p.24

I risultati del Rendiconto........................................................................................... p.25

Uno sguardo oltralpe: musei versione 2.0 ................................................................ p.27

Conclusione............................................................................................................... p.29

Appendice 1............................................................................................................... p.30

Appendice 2............................................................................................................... p.32

Bibliografia................................................................................................................ p.36

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Abstract

Ciò che viene proposto in queste pagine è una riflessione che parte dalla mia personale

esperienza di stage come assistente di Stefano Cianchi, responsabile dei Progetti Cultura

per Civicum, associazione privata senza scopo di lucro volta a promuovere l’efficienza

e la trasparenza nelle Istituzioni e nella Pubblica Amministrazione.

Durante la mia esperienza lavorativa ho affiancato il Dott. Cianchi durante i lavori che

hanno portato, grazie anche alla preziosa collaborazione di The Boston Consulting

Group Milano, alla stesura del primo rendiconto della Pinacoteca di Brera.

La brillante iniziativa che ha portato alla presentazione del rendiconto e i risultati dello

stesso mi hanno colpita a tal punto da spingermi ad approfondire gli argomenti della

trasparenza e l’accessibilità tramite web delle informazioni al pubblico e agli

stakeholders nel caso degli enti pubblici museali.

L’obiettivo verso il quale questo lavoro tende è duplice: da una parte di identificare

quali elementi ancora imbriglino le possibilità di una gestione efficientistica dei musei

italiani, tramite l’analisi dei risultati del primo rendiconto della Pinacoteca di Brera,

dall’altro di stabilire l’attuale livello di trasparenza nella gestione delle informazioni

interne dei principali musei pubblici italiani sul canale web, in base alle più recenti

disposizioni legislative.

I due aspetti per quanto possano sembrare a sé stanti sono profondamente legati. A

lungo tempo abbiamo atteso che la PA cambiasse e migliorasse dall’interno e per

iniziativa centrale verso una maggiore efficienza e trasparenza di gestione. Dire che

nulla sia cambiato rispetto a 20 anni fa è sicuramente inesatto, ma la portata dei

cambiamenti è ancora del tutto insufficiente a parlare compiutamente di efficienza.

Ora, grazie ai moderni mezzi di comunicazione e in particolare a Internet, è possibile

che tale cambiamento venga promosso dall’esterno e dal basso in maniera sicuramente

più efficace. In quest’ottica, la condivisione della informazioni interne sulla gestione dei

servizi e del patrimonio dei musei è il primo passo per creare interesse nel pubblico e

negli stakeholders, e solo l’attivo coinvolgimento di quest’ultimi può portare a concreti

risultati in termini di efficienza e lotta alla corruzione.

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Introduzione

All’inizio degli anni 90 sull’onda delle riforme intraprese nei paesi anglosassoni anche

in Italia cominciò a sentirsi l’esigenza di lavorare verso una pubblica amministrazione,

troppo spesso verticistica, lontana e autorizzativa nella concezione dei cittadini, più

efficiente e di conseguenza trasparente. Alle prime diposizioni legislative in merito,

tuttavia, non seguirono, per molti anni ancora, provvedimenti più concreti che

aiutassero a capire cosa era effettivamente necessario a migliorare la pubblica

amministrazione.

Con l’avvento di Internet e la nascita delle prime generazioni digital cominciò a

diventare sempre più evidente come il cittadino fosse sempre di più anche un utente dei

servizi offerti dallo stato, sia a livello centrale, sia a livello periferico. In particolare, ci

si rese conto di come era la trasparenza a portare all’efficienza e non viceversa.

L’accesso alle informazioni e ai dati pubblici, visti gli enormi progressi nel campo della

trasmissione dei dati, da possibilità oggi dovrebbe essere diventata necessità: qualunque

cittadino, soprattutto delle nuove generazioni, dovrebbe trovare inaccettabile che tutti i

dati relativi alla spesa pubblica e allo stato e alla gestione della cosa pubblica non siano

a portata di un “click”. Tuttavia se da una parte purtroppo non è ancora così, dall’altra

bisogna lavorare per mantenere alto e generare l’interesse di poter conoscere come

vengono gestiti i soldi pubblici.

L’obiettivo di questa tesi consiste nel promuovere l’idea che il cambiamento e lo

sviluppo possono partire dal basso, mediante un processo progressivo che consenta di

diffondere una mentalità “nuova” e una politica di miglioramento che coinvolga tutte le

istituzioni. Allo stesso tempo questo cambiamento di matrice democratica deve però

avere una guida autorevole a livello centrale che indichi la direzione, ponga gli obiettivi

e scandisca le tempistiche. Solo un processo di questo genere, dal basso verso l’alto,

potrà innescare un circolo virtuoso che con il tempo non potrà che diffondersi da

istituzione a istituzione fino a coinvolgere tutto lo Stato. Con questo intento abbiamo

voluto analizzare l’esempio specifico della trasparenza nella pubblicazione dei dati e

delle informazioni online dei musei pubblici italiani, a seguito della mia collaborazione

con la Pinacoteca di Brera.

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Metodologia

La trattazione di carattere empirico si è voluta concentrare sul caso specifico dei musei

pubblici italiani e in particolare della Pinacoteca di Brera. Vista l’assenza di una

precedente letteratura sull’argomento, abbiamo proceduto alla rielaborazione personale

dei dati attinti da fonti ufficiali quali i dati pubblicati sul sito del Ministero dei Beni

Culturali e del Turismo e sui siti istituzionali dei musei presi in considerazione. Per la

parte descrittiva, si è poi fatto riferimento alle vigenti disposizioni legislative e alle

dichiarazioni di coloro che hanno direttamente partecipato alla stesura del primo

rendiconto economico della Pinacoteca di Brera e alle relazioni pubblicate in merito

dall’associazione Civicum.

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Excursus storico: dal modello weberiano alla open public administration

La storia del principio di trasparenza nel campo della pubblica amministrazione è un

concetto la cui origine è rintracciabile nel secondo dopoguerra. Simbolicamente si

potrebbe fissare la sua data di nascita nel 1946, quando gli USA approvarono

l’Administration Procedure Act (APA)1, un primo timido riconoscimento del diritto del

cittadino di essere informato e coinvolto nell’approvazione di regolamenti federali. La

proliferazione di questo concetto negli ultimi anni, catalizzata da un movimento di

riforme partito dai paesi anglosassoni e del nord Europa, ha investito in tutta la sua

prorompente innovatività anche il nostro paese e la sua pesante macchina

amministrativa. Prima di analizzare qualunque esempio specifico, è utile cominciare la

nostra trattazione con un breve excursus storico.

Le moderne teorie sul funzionamento della pubblica amministrazione nacquero

all’inizio del XX secolo, grazie soprattutto alle elaborazioni teoriche politico-

amministrativo di Max Weber2. Gli scritti politici del sociologo prussiano costituirono

un punto di non ritorno, se si considera che ancora oggi il paradigma weberiano rimane

il modello di riferimento implicito in molte culture.

Egli riteneva che le moderne pubbliche amministrazioni si distinguessero nettamente

dai sistemi tradizionali, in quanto basate su una rigorosa divisione del lavoro e delle

competenze, su un sistema gerarchico, meritocratico e politicamente neutrale ma

soprattutto su un complesso di norme scritte che vincolano il pubblico funzionario a una

condotta impersonale e formalistica3.

Weber parlò di processo irreversibile di burocratizzazione universale, che avrebbe

investito anche strutture come i partiti e i sindacati, imprigionando e sottomettendo gli

uomini in una rete anonima, pervasiva e sempre più necessaria di minuziose regole.

Aveva dunque già identificato il male insito in qualunque sistema burocratico e ne

intuiva la potenziale distruttività per il futuro della libertà e della democrazia nel mondo

contemporaneo. Le sue previsioni si sono inevitabilmente avverate quando il moderno

potere esecutivo ha, in parallelo con lo sviluppo del welfare state, continuamente esteso

la propria sfera di funzioni, generando un incontrollato proliferare di regole e

disposizioni nella convinzione che ciò avrebbe salvaguardato la legittimità democratica

del ramo esecutivo.

1 http://scholarship.law.duke.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=1362&context=lcp

2 http://www.agoravox.it/Burocrazia-biopolitica-nuovi,45817.html

3 Karl Emil Maximilian Weber (Erfurt , 21 aprile 1864 – Monaco di Baviera , 14 giugno 1920) è stato un

economista , sociologo , filosofo e storico tedesco comunemente considerato il padre della sociologia e

della burocrazia moderne.

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Allo stesso tempo però, il moltiplicarsi delle norme ha implicitamente generato un

aumento delle possibilità di abuso di potere, specialmente approfittando dei moderni

meccanismi di decentralizzazione di alcune forme di potere.

Il tentativo di rafforzare la democraticità in campo amministrativo ha dunque sortito

l’effetto opposto, da una parte ingessando il sistema con la rigidità di una legislazione

sempre più pervasiva, dall’altro offrendo ampi margini di discrezionalità a chi vuole

approfittarsi di una giungla in cui regna l’incontrollato sovrapporsi di una miriade di

norme. La teoria e la pratica legale hanno cercato per molto tempo delle soluzioni, con

diversi gradi di successo, per ridurre se non eliminare il deficit democratico che si è

venuto così a creare e che minaccia la legittimità della pubblica amministrazione.

Ciò ha portato alla formazione di varie teorie atte a proporre possibili soluzioni che

limitano la discrezionalità del potere esecutivo. Una prima scuola di pensiero avanza la

proposta di una legislazione più dettagliata ed estesa in grado di anticipare ogni

possibile problema, con l’obiettivo di ridurre i margini della discrezionalità

amministrativa al minimo. Tuttavia, questa proposta pare ai più un vero controsenso, sia

a causa dell’impossibilità pratica di anticipare tutti i possibili scenari, sia per il fatto che

ciò porterebbe a un’ulteriore proliferazione di norme e leggi.

La seconda scuola di pensiero si concentra sulla natura specifica e professionale delle

funzioni amministrative. Essa considera la pubblica amministrazione come un

professionista che attua una più vasta gamma di decisioni prese dal legislatore o

circoscritta dalle autorità legislative. In questa teoria, le norme che regolano lo

svolgimento della professione costituirebbero il modo di supervisionare il

funzionamento dell’amministrazione. Il problema, però, è che essa trascura la possibilità

dell’abuso di potere e di ruolo per fini politici.

La terza e ultima scuola di pensiero che prederemo in considerazione, promuove la

necessità di un maggiore controllo giudiziario sulla pubblica amministrazione,

garantendo alle varie corti di giudizio competenti maggiori poteri per giudicare sulla

legalità delle operazioni amministrative.

Quest’ultima linea ha prevalso per oltre cinquant’anni nel sistema legale anglosassone e

negli ultimi decenni ha raccolto consensi anche sul Continente. Quindi, le decisioni e le

sentenze della Corte di Giustizia Europea hanno notevolmente trasformato concetti e

metodi operativi nell’amministrazione pubblica dell’Europa. Ciò ha portato anche a un

empowerment a livello nazionale del ruolo dei giudici nell’elaborare degli standard

operativi per le attività amministrative. Questa linea teorica si potrebbe definire come la

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fautrice della teoria di un’amministrazione pubblica trasparente e si concentra

sull’importanza della partecipazione di ogni individuo all’adozione di regole esecutive e

del pubblico accesso a tutte le informazioni riguardo le attività della pubblica

amministrazione.

Trasparenza e pubblico accesso alle informazioni

Ma cosa si intende davvero per trasparenza nell’ambito della pubblica amministrazione?

Il concetto potrebbe risultare fumoso ai più e perciò si rende necessario partire da una

chiara definizione.

Trasparenza è una condizione di libertà di informazione, partecipazione, comunicazione

e interazione responsabile tra i diversi attori del sistema politico e i cittadini. Non è un

caso dunque che la domanda di trasparenza da parte dei cittadini sia legata a doppio filo

al principio di pubblico accesso alle informazioni4.

Come già accennato, il moto di riforme verso una pubblica amministrazione più

trasparente ha avuto inizio nei paesi anglosassoni e del Nord Europa. Vent’anni dopo il

già menzionato APA, gli Stati Uniti adottarono il Freedom of Information Act 5che

regola il diritto di accesso alla pubblica all’informazione. Successivamente, nel 1976, il

governo stipulò il Sunshine Act6, il quale stabiliva che tutte le riunioni delle agenzie

pubbliche fossero aperte alla partecipazione dei cittadini. Regole simili sono

rintracciabili anche nei paesi scandinavi: la tradizione svedese dell’amministrazione

aperta è la più antica nel mondo. Gli anglosassoni e i paesi dell’area scandinava furono

perciò i primi ad adottare delle regole sul diritto del cittadino di accesso

all’informazione pubblica.

Per molto tempo, i paesi dell’Europa continentale sono rimasti ancorati a una teoria di

diritto amministrativo che dava priorità al funzionamento efficiente della pubblica

amministrazione, trascurando la necessità di stabilire precisi meccanismi di controllo

delle operazioni amministrative. Uno stimolo importante al cambiamento del concetto

di diritto amministrativo è stato lo sviluppo delle istituzioni dell’Unione Europea, quali

la Corte di Giustizia e la creazione di un’area amministrativa europea.

4 http://www.linkedopendata.it/wp-content/uploads/statotrasparente.pdf 5 Il Freedom of Information Act (FOIA), "atto per la libertà di informazione", è una legge sulla libertà di informazione, emanata negli Stati Uniti il 4 luglio 1966 durante il mandato del presidente Lyndon B. Johnson. 6 Il Sunshine Act è una legge degli Stati Uniti che è stata introdotta nel 2010 e prevede un aumento della trasparenza nei rapporti finanziari tra gli operatori sanitari e le case farmaceutiche .

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Un recente studio dell’OECD7

sulle riforme amministrative ha rivelato che il

coinvolgimento dei cittadini nel processo decisionale della pubblica amministrazione

non solo porta a una maggiore democratizzazione e trasparenza, ma anche a un

significativo miglioramento nella qualità dell’implementazione del processo

decisionale. Questo mostra l’urgenza di aprire ai cittadini la pubblica amministrazione,

rispondendo anche alle critiche mosse da chi erroneamente crede che

un’amministrazione più democratica sia un’amministrazione meno efficiente.

La recente diffusione del concetto di pubblica amministrazione trasparente è imputabile

non solo al riconoscimento di un deficit democratico nel ramo esecutivo, tra l’altro

riscontrabile in tutto il mondo, ma anche ai più recenti sviluppi storici riassumibili nei

due concetti di rivoluzione dell’informazione e globalizzazione. Messi insieme, questi

fattori aumentano il bisogno di far sì che il funzionamento della pubblica

amministrazione sia sempre più di dominio pubblico.

Le riforme per stabilire l’apertura al pubblico e la trasparenza della pubblica

amministrazione formano uno degli elementi costitutivi del più generico New public

Management. Nonostante il focus principale del New Public Management sia di

migliorare l’efficienza del settore pubblico portando idee dal settore privato, è molto

interessante che il NPM e le teorie sulla trasparenza della pubblica amministrazione si

sovrappongano alla richiesta di maggiore apertura della pubblica amministrazione nei

confronti del cittadino.

Interventi riformatori della PA in Italia dalla Prima Repubblica a oggiI

democristiani della Prima Repubblica ereditarono dal fascismo un’immensa macchina

burocratica formata da una miriade di uffici ed enti pubblici, come l’IMI o l’IRI. Dopo

una blandissima se non addirittura inesistente epurazione degli elementi che

richiamavano alla memoria il periodo fascista, le politiche di interventismo statale degli

anni ‘50 portarono non solo a un incontrollato gonfiarsi dei ranghi della pubblica

amministrazione, ma anche al definitivo consolidamento delle logica dell’ inefficienza

all’interno della pubblica amministrazione.

In questo periodo fallisce ogni tentativo di modernizzazione dello Stato e naufraga ogni

sforzo di dotarsi di un’ amministrazione che proceda con scioltezza tra i vari settori.

L’elefantiasi di cui la PA già soffriva divenne ancora più grave. Negli anni ’50 aumenta

enormemente la spesa per le retribuzioni e diminuisce l’investimento nella produttività e

7 http://www.oecd.org/gov/public-innovation/open-government-data.htm

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la pubblica amministrazione rimane un mondo arretrato. Per anni la PA ha rappresentato

un mondo a parte in cui regnavano non solo l’immobilismo più assoluto ma anche

amplissimi margini di azione per l’inefficienza e la corruzione.

Non è un caso che fino agli anni ‘90 e solo con l’avvento di Mani Pulite e la nascita

della Seconda Repubblica, non fossero mai stati attuati tentativi di riforma. Con la legge

241 del 7 agosto 1990, viene introdotto, per la prima volta nell'ordinamento giuridico

italiano, il diritto di accesso del pubblico agli atti amministrativi. Titolari del diritto di

accesso ai sensi dell'art 22 della legge 241/1990 sono tutti i soggetti interessati, e quindi

anche privati, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale corrispondente ad una

situazione giuridica connessa al documento a cui si richiede l'accesso. Al fine di

garantire l’attuazione di tali disposizioni, con il decreto legislativo 29/1993 viene

introdotto l’obbligo di istituire apposite strutture per l’informazione ai cittadini ed è al

fine di garantire la piena attuazione della legge 241/1990 che vengono creati gli Uffici

di relazione con il pubblico (URP). Gli URP sono chiamati a provvedere al servizio

all’utenza per i diritti di partecipazione e alla formulazione di proposte per il

miglioramento dell’informazione relativa agli atti e allo stato dei procedimenti8. A

vent’anni di distanza con il decreto legislativo 150 del 2009 sull’ottimizzazione del

lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, è stato

introdotto il concetto di accessibilità totale delle informazioni pubbliche.

Se la L. 241/1990 e il D.lgs. 150/2009 hanno consentito di fare un concreto passo avanti

verso la trasparenza, è anche vero che tutti i provvedimenti presi a partire dagli anni ’90

non sono stati concepiti all’interno di un piano di azione unico e mirato. Infatti, da una

parte il cittadino può ottenere dal TAR una sentenza a lui favorevole per i casi di

illegittimo rifiuto o inadempimento dell'amministrazione pubblica rispetto ad una

istanza d'accesso, dall’altra può benissimo capitare che, secondo legge, per far eseguire

le sentenze dei TAR è necessario un ulteriore procedimento, il cosiddetto giudizio di

ottemperanza9, che si concreta in una costosa duplicazione processuale.

Il disorganico stratificarsi di normative in un settore che era già sufficientemente

disomogeneo e la maturata consapevolezza della necessità di un piano che uniformasse

gli obblighi fondamentali di pubblicazione per le pubbliche amministrazioni e per gli

8 http://www.bg.camcom.gov.it/export/sites/default/macroaree/camera/amministrazione-trasparente/disposizioni-generali/atti-generali/regolamenti/folder/regolamento-organizzazione-urp.pdf 9 Il giudizio di ottemperanza è un istituto dell'ordinamento giuridico italiano. La sua funzione è quella di permettere alla parte risultata vittoriosa di dare esecuzione ad una sentenza nel processo amministrativo, qualora la pubblica amministrazione non abbia adempiuto spontaneamente.

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enti controllati e il diritto di accesso agli atti amministrativi da parte dei cittadini ha

guidato l’approvazione del D.lgs. 33/2015. Esso rappresenta un proseguimento

nell’opera intrapresa sul procedimento amministrativo dalla L. 241/1990 e dalla Legge

Anticorruzione 190/2012 e ha introdotto il nuovo istituto dell’accesso civico, che

gravita attorno allo strumento della Bussola della Trasparenza, la quale consente alle

pubbliche amministrazioni e ai cittadini, in linea con i principi dell’Open Government10

,

di analizzare e monitorare in tempo reale la conformità dei siti web istituzionali delle

PA ai diversi obblighi di pubblicazione e trasparenza.

In particolare, secondo gli articoli ai capi II, III e IV del D.lgs. 33/2013 gli obblighi di

pubblicazione concernono non solo l’organizzazione e all’attività delle PA, ma anche

l’uso delle risorse pubbliche a loro disposizione, le prestazioni offerte e i servizi

erogati11

.

Questa iniziativa nasce a seguito dell’emanazione delle linee guida sui siti web delle PA

che raccolgono tutta la normativa riguardante i siti web istituzionali, emanata nel corso

degli anni (L.150/2000, Dlgs.82/2005, L.69/2009, Dlgs.150/2009, Delibera CIVIT

105/2010, Dlgs.235/2010, etc.).

Nonostante la grande spinta innovativa derivata da questi provvedimenti, non si può

non notare lo scarto tra quello che su carta dovrebbe essere e la realtà dei fatti. Dunque,

l’unica soluzione, al momento, resta quella di promuovere ulteriormente nei fatti la

trasparenza di qualsiasi attività della pubblica amministrazione non solo a livello

centrale ma anche e soprattutto all’interno di quegli enti pubblici di dimensioni più

ridotte che come tali vengono erroneamente considerati un problema di minor rilevanza.

A titolo esemplificativo, la nostra ricerca si sposterà quindi sulla fattispecie del

Ministero dei Beni e delle Attività Culturali degli enti museali da esso dipendenti,

procedendo dal centro alla periferia della pubblica amministrazione.

10 Per "Open Government" si intende un concetto di governance a livello centrale e locale, basato su modelli, strumenti e tecnologie che consentono alle amministrazioni di essere “aperte” e “trasparenti” nei confronti dei cittadini. 11 Alcuni esempi delle informazioni che devono essere pubblicate tramite i canali istituzionali delle PA

(incluso i siti web istituzionali delle stesse): articolazione degli uffici e competenze, indirizzi mail e

numeri di telefono, atti di nomina, curriculum e compensi dei propri componenti, tassi di assenteismo,

bilancio preventivo e a consuntivo, tempi medi di erogazione dei servizi, ecc.

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Trasparenza delle Performance all’interno del Ministero dei Beni e delle Attività

Culturali

La disciplina della trasparenza e lo strumento della rendicontazione sociale sono

finalizzati a combattere episodi di corruzione nelle pubbliche amministrazioni e sono

esplicitamente regolati dal legislatore.

In base a quanto previsto dall’art.11 del D.lgs. 150/2009 per trasparenza della

performance si intende l’ “accessibilità totale, anche attraverso lo strumento della

pubblicazione sui siti istituzionali delle amministrazioni pubbliche, delle informazioni

concernenti ogni aspetto dell’organizzazione, degli indicatori relativi agli andamenti

gestionali e all’utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali, dei

risultati dell’attività di misurazione e valutazione svolta dagli organi competenti.”12

Una portata decisamente più ampia, quindi, rispetto alla disciplina del diritto di accesso

di cui agli artt. 22 e segg. della legge 7 agosto 1990 n. 241. Infatti, mentre la legge sul

diritto di accesso stabilisce che sono inammissibili le istanze preordinate ad un controllo

generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni, il decreto 150/2009

sull’ottimizzazione del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche

amministrazioni, introduce il concetto di accessibilità totale delle informazioni

pubbliche.

D’altronde la stessa pubblica amministrazione è tenuta ad attivarsi al fine di favorire il

processo di rendicontazione sociale, che si attua in concreto attraverso il

coinvolgimento degli stakeholder durante il ciclo della performance, ossia “associazioni

di consumatori o utenti, i centri di ricerca e ogni altro osservatore qualificato,

nell’ambito di apposite giornate della trasparenza”.13

Per favorire e promuovere quanto previsto dal succitato articolo 11 è stato previsto che

ciascuna amministrazione adotti un Programma Triennale per la Trasparenza e

l’Integrità da aggiornare annualmente, che stabilisce quali siano le iniziative previste

atte a garantire:

a) Un adeguato livello di trasparenza, anche sulla base delle linee guida elaborate

dalla Commissione di cui all'articolo 13;

b) La legalità e lo sviluppo della cultura dell'integrità14

12 http://qualitapa.gov.it/relazioni-con-i-cittadini/open-government/trasparenza-e-diffusione-di-informazioni-della-pa/ 13 http://www.comune.matera.it/performance/piano-della-performance/item/5519-art10-programma-per-la-trasparenza-e-lintegrit%C3%A0 14 http://www.funzionepubblica.gov.it/media/1064594/programma_triennale_trasparenza.pdf

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Secondo tali disposizioni nella sezione “amministrazione trasparente” del sito del

MIBACT devono essere pubblicati i dati e i documenti rilevanti per gli stakeholder, atti

a garantire un adeguato livello di trasparenza e a promuovere la legalità e lo sviluppo

della cultura dell’integrità.

Tali dati sono efficientemente raggruppati nelle seguenti macro-aree: disposizioni

generali, organizzazione, consulenti e collaboratori, personale, programmi formativi,

bande di concorso, performance, enti controllati, attività e procedimenti, provvedimenti,

controlli sulle imprese, bande di gara e contratti, sovvenzioni, bilanci, beni immobili e

gestione patrimonio, controlli sull’amministrazione, servizi erogati, pagamenti

dell’amministrazione, opere pubbliche, pianificazione e governo del territorio,

informazioni ambientali, interventi straordinari e di emergenza.

Ciascuna area è poi suddivisa in sotto-sezioni in cui sono facilmente reperibili tutte le

informazioni che possono assumere un interesse di rilievo per il pubblico, dai curricula

e retribuzioni dei dirigenti ai dati sulla gestione dei pagamenti (tempi medi di

pagamento) o ai dati relativi ai tassi di assenza del personale sia centrale che periferico.

Tutti dati pubblicati appaiono aggiornati e facilmente rintracciabili. Ciò produce

l’innegabile beneficio di agevolare la comprensione dei risultati raggiunti e degli effetti

sociali prodotti dalle attività del Ministero.

Inoltre, alle misure di rendicontazione sociale si è voluto aggiungere la possibilità, sia

on-line che presso gli URP, di raccogliere commenti e suggerimenti da parte dei

cittadini e degli utenti, attraverso interviste di customer satisfaction, seguendo le logiche

di un approccio di tipo bottom-up.

Amministrazione Trasparente nei Musei Italiani

Abbiamo già visto che per trasparenza si intende l’accessibilità totale alle informazioni

che riguardano l'organizzazione e l'attività delle pubbliche amministrazioni e che tale

principio è stato affermato con decreto legislative n.33 del 14 marzo 2013. Essa è volta

a favorire un controllo diffuso da parte del cittadino sull'operato delle istituzioni e

sull'utilizzo delle risorse pubbliche, allo scopo di combattere la corruzione e

promuovere un clima di innovazione ed efficienza.

Tale decreto legislativo ha spinto numerosi, ma certamente non tutti, musei italiani ad

adeguarsi a questo nuovo clima culturale, in particolare, portando alla creazione di una

sezione “Amministrazione Trasparente” sulle pagine web istituzionali di ciascun museo

aderente. La pubblicazione dei dati in questa sezione intende “assicurare la conoscenza

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18

dei servizi resi, le caratteristiche quantitative e qualitative, nonché le modalità di

erogazione; prevenire fenomeni corruttivi e promuovere l’integrità; sottoporre al

controllo diffuso ogni fase del ciclo di gestione della performance per consentirne il

miglioramento”15

.

In tali sezioni vengono generalmente pubblicati i dati, le informazioni e i documenti che

riguardano il museo, per esempio i bilanci, preventivi e consuntivi, il Piano degli

indicatori e risultati attesi di bilancio, nonché i dati concernenti il monitoraggio degli

obiettivi, secondo le linee guida del Programma Triennale per la Trasparenza e

l’Integrità in vigore e le disposizioni legislative della L. 33/2013.

Lo scopo è quello di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle

funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche, a garanzia delle libertà

individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali e nell’ ottica di

un'amministrazione aperta, al servizio del cittadino.

Chiunque può esercitare il diritto a conoscere, usare e riutilizzare in modo gratuito i dati

oggetto di pubblicazione obbligatoria, secondo i termini della licenza d'uso Creative

Commons Attribuzione 3.0 CC BY16

, ossia nella piena libertà di condividere, copiare e

modificare i dati, anche a fini commerciali, a condizione che vengano mantenute le

indicazioni di chi è l’autore dell’opera e le eventuali modifiche apportate.

Consci dell’impossibilità di analizzare il grado di trasparenza delle informazioni

trasmesse in vario modo al pubblico da tutti gli enti museali pubblici nazionali, abbiamo

deciso di soffermarci sulla qualità e la quantità delle informazioni messe realmente a

disposizione tramite il canale 2.0, ossia sui siti web, dei musei inclusi nel campione

oggetto della nostra analisi, e sul livello di semplicità con cui questi dati sono

accessibili da un utente qualsiasi.

Abbiamo inoltre prestato particolare attenzione al caso tutto milanese della Pinacoteca

di Brera, in seguito anche alla presentazione del primo rendiconto economico-

finanziario della stessa.

Infine, abbiamo rivolto lo sguardo oltralpe e oltreoceano a 3 esempi di eccellenza nella

campo della trasparenza all’interno degli enti museali: la British Library, l’Istituto de

Arte Contemporaneo di Madrid e l’Indianpolis Museum of Art.

15 http://www.iisclassicoartisticoterni.it/amministrazione-tasparente.html 16 Le licenze Creative Commons rappresentano una via di mezzo tra copyright completo e pubblico

dominio e si fonda sul motto some rights reserved ("alcuni diritti riservati"), ossia l'autore di un'opera

decide liberamente quali diritti riservarsi e quali concedere liberamente.

Le licenze Creative Commons si dividono in due parti: la prima parte indica le libertà concesse dall'autore

per la propria opera, mentre la seconda espone le condizioni di utilizzo dell'opera stessa.

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19

La pubblicità e la diffusione nelle informazioni negli enti museali Italiani

Per valutare il livello di trasparenza degli enti museali in Italia è parso opportuno

analizzare un campione di musei di proprietà del MiBACT. In particolare, abbiamo

voluto valutare il livello di adeguamento alle disposizione della legge 33/2013 in

merito agli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte

delle pubbliche amministrazioni ovvero il livello di trasparenza dei musei italiani

finanziati con soldi pubblici nei confronti dei cittadini. Abbiamo, perciò, analizzato

un campione composto dai cinque musei per, rispettivamente, il Nord, il Centro e il

Sud della penisola, sorteggiandoli del tutto casualmente dalla lista ufficiale di musei

di proprietà del MiBACT, lista reperibile sul sito del ministero stesso17

. La nostra

indagine, in particolare si è incentrata sulla scrupolosa analisi del sito istituzionale di

ciascun ente, al fine di rispondere per ciascun museo alle seguenti sei domande:

1) Esiste una pagina web sulla trasparenza?

2) E’ facilmente raggiungibile dalla home page del museo?

3) Esiste il rendiconto?

4) Sono disponibili i curricola del personale?

5) Sono disponibili i tassi di assenteismo del personale?

6) I dati sono aggiornati all’ultimo semestre/anno?

Successivamente abbiamo voluto assegnare un punteggio a ciascun ente analizzato pari

a 1 per ogni domanda con risposta affermativa e 0 se la risposta fosse stata negativa.

Infine, dopo avere calcolato il punteggio totalizzato da ciascun museo abbiamo

rappresentato i risultati ottenuti graficamente tramite un istogramma, che permetta di

meglio visualizzare in un solo sguardo la situazione complessiva.

La medesima operazione è stata poi effettuata per tutti i ministeri con portafoglio.18

L’obiettivo di questa indagine è stato di valutare se nel livello di trasparenza nella

pubblicazione dei dati sul web fosse identificabile un trend e di che tipo oppure se

l’adeguamento fosse stato del tutto casuale.

L’attenzione poi rivolta ai ministeri con portafoglio è stata al pari intesa ad appurare

quale fosse la natura del cambiamento e se di cambiamento effettivamente si può

parlare.

17

http://www.beniculturali.it/mibac/opencms/MiBAC/sito-MiBAC/MenuPrincipale/LuoghiDella Cultura

/ Ricerca/index.html 18 La raccolta dei dati è presente nell’Appendice 1.

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20

In ultimo, sono stati presi in considerazione alcuni musei esteri considerati degli esempi

del campo a cui tendere Questi sono: la British library, l’Istituto de Arte Contemporanea

de Madrid e The Indianapolis Museum of Art.

I musei selezionati per il Nord sono: la Pinacoteca di Brera, la Pinacoteca nazionale di

Bologna, il Museo Archeologico Nazionale di Mantova, Palazzo Reale di Torino e il

Museo Archeologico Nazionale di Venezia. Per il Centro abbiamo considerato la

Galleria degli Uffizi, il Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo (Villa Frigeri), la

Galleria Nazionale delle Marche e il Palazzo Ducale di Gubbio a Perugia. Infine, per il

Sud Italia sono stati analizzati la Reggia di Caserta, il Museo Archeologico Nazionale di

Taranto, il Museo Nazionale di Arte Medievale e Moderna della Basilicata, Reggia di

Caserta e il Museo Nazionale di Castello Pandone nel Molise.

Una volta selezionati i musei, per una buona comprensione del livello di trasparenza è

stato necessario realizzare una tabella, all’interno della quale sono state inserite le

domande sopra riportate in 6 colonne diverse. Ogni riga della tabella, come indicato,

rappresenta un museo. Infine, nell’ultima colonna è stato inserito il punteggio finale

totalizzato da ciascun museo.

Ogni sito è stato esplorato in profondità per rintracciare tutti i dati necessari a

rispondere alle domande che ci siamo posti. Tendenzialmente, quello che è stato cercato

in modo particolare è stata la sezione “Amministrazione Trasparente” che appare nei siti

migliori.

Come già accennato, questo lavoro è stato realizzato non solamente per i musei di

proprietà del MiBACT ma l’analisi si è estesa anche a tutti i ministeri con portafoglio,

per valutare se anch’essi presentano un sito che soddisfi tutti i criteri di trasparenza e a

tre musei esteri.

I tre musei esteri dispongono sui propri siti web di un sezione totalmente dedicata dalla

trasparenza. E’ curioso poi come due dei paesi, entrambi di matrice culturale

anglosassone, abbiano poi voluto soprannominare le aree del sito dedicate alla

trasparenza con nomi decisamente inusuali dal nostro punto di vista: Freedom of

Information (British Library) e Dashboard (The Indianapolis Museum of Art). L’idea è

che questi paesi dispongono di una cultura della trasparenza ormai profondamente

radicata a livello locale tanto da voler dare risalto ad essa anche con nomi più

suggestivi, che richiamino alla mente i concetti di libertà, democrazia, organizzazione,

rigore ed efficienza.

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Guardando alla prima tabella che rappresenta i musei in Italia di proprietà del MiBACT

e la relativa rappresentazione grafica, immediatamente si nota che non è possibile

stabilire una tendenza omogenea ma anzi la distribuzione risulta del tutto casuale,

contrariamente alle ipotesi iniziali. Tra i primi cinque musei presi in considerazione nel

Nord Italia solo la Pinacoteca di Brera e il Museo Archeologico Nazionale di Venezia

presentano dei risultati positivi: entrambi possiedono nei loro siti una sezione dedicata

alla trasparenza e una versione scaricabile dell’ultimo rendiconto, tuttavia non

contengono la parte riguardante i curricula del personale e i relativi tassi di assenteismo.

Per quanto riguarda il Centro Italia la situazione pare essere migliore, la Galleria degli

Uffizi presenta il punteggio massimo, e rappresenta perciò, tra i musei presi in

considerazione sicuramente quello con il miglior livello di trasparenza e un’ ottima

gestione del suo sito, il quale riporta in maniera sistematica e molto ordinata tutte le

informazioni necessarie. La Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea di

Roma e la Galleria Nazionale delle Marche hanno anch’esse un punteggio discreto.

Tuttavia, in entrambi i casi mancano le informazioni relative al rendiconto e di

conseguenza l’aggiornamento dello stesso.

Infine, tra i musei di proprietà del MiBACT nel Sud Italia, l’unico museo a presentare

un punteggio superiore allo zero è il Museo Nazionale di Arte Medievale e Moderna

della Basilicata. Esso possiede sì una sezione sulla trasparenza, ma questa non solo non

è facilmente raggiungibile ma non presenta le informazioni relative al personale che

dovrebbe pubblicare secondo le vigenti disposizioni normative.

Per quanto riguarda la trasparenza nei Ministeri italiani con portafoglio, un’analisi è

stata effettuata su ogni sito così come è stato effettuato per i musei. A differenza di

quanto verificato per i musei, per i ministeri con portafoglio è immediatamente

definibile un trend. Tutti i ministeri presentano un elevato livello di informazione e

trasparenza, i siti sono organizzati in maniera assolutamente efficace e tutti i dati sono

facilmente reperibili, chiari e aggiornati. Ciascun sito presenta una sezione

Amministrazione Trasparente all’interno della quale sono reperibili tutte le disposizioni

generali sulla trasparenza e anche tutti i dati relativi all’organizzazione, il bilancio, il

personale, i consulenti e collaboratori, i bandi di gara, i programmi informativi, le

performance e così via. L’unica pecca forse è quella del Ministero delle Politiche

Agricole, Alimentari e Forestali, la sui sezione sulla trasparenza, nonostante la sua

completezza, non è così facilmente rintracciabile all’interno del sito.

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Cos’è possibile dedurre da questa analisi? In via del tutto generale, possiamo parlare di

un generale ed efficace adeguamento a livello di Amministrazioni centrali alle vigenti

disposizioni normative e in particolare alle disposizioni della legge 33/2013 in merito

alla pubblicazione delle informazioni e la trasparenza della PA nei confronti dei

cittadini.

A livello periferico, tuttavia, la situazione è tuttora fuori controllo e non si può parlare

di un miglioramento in atto generalizzato. Certamente alcuni musei hanno fatto molto

per essere più trasparenti riguardo alle proprie risorse e alla gestione

dell’organizzazione, ma l’impressione e che non vi sia un piano d’azione concertato

collettivamente e in qualche modo promosso e controllato dal Ministero competente. Al

contrario, i risultati ottenuti fanno pensare che se un miglioramento c’è stato da parte di

alcuni esso sia frutto dell’iniziativa dei singoli che viene dal basso. Ne è un esempio la

Pinacoteca di Brera con la sua sovraintendente Sandrina Bandera, la quale con grande

forza di volontà e determinazione e con l’aiuto di Civicum e BCG, ha lavorato

indefessamente alla stesura del primo Rendiconto di Brera. Sempre più sono, infatti, i

musei che maturano la consapevolezza della impellente necessità di rendersi più

trasparenti ai cittadini. Viviamo in una società digitale e se prima la possibilità di

reperire informazioni di pubblica utilità su Internet era considerato un plus, quasi un

lusso concesso dalle nuove tecnologie, ora il lusso è diventato necessità e la soglia di

trasparenza minima si va sempre più innalzando. E’ giusto dire che le pretese dei

cittadini in merito aumentano con il passare degli anni e che col tempo si arriverà alla

formulazione nella prassi di un vero e proprio diritto/dovere alla trasparenza.

Dunque se da un lato le iniziative dal basso e da parte di singoli sono certamente le basi

per un solido cambiamento, dall’altra i tempi per una rivoluzione sulla trasparenza sono

ormai passati. Come ci mostrano molti esempi esteri, siamo certamente in ritardo e in

fondo alla coda. Possiamo solo lavorare per rimetterci al passo e scongiurare il rischio

di essere sempre in ritardo sui tempi. L’idea di trasparenza infatti è apparsa nei testi di

legge italiani già agli albori della rivoluzione del New Public Management. Tuttavia,

mentre i paesi angolossassoni hanno efficacmente provveduto a una implementazione

delle disposizioni a livello centrale e locale già dai primi anni ’90, in Italia a oggi nei

fatti la situazione è disomogenea e i risultati di difficile interpretazione.

Il diritto di accesso ai dati e documenti è stato anche esplicitamente previsto

dall’Unione Europea che gli ha dato una collocazione costituzionale al diritto di accesso

con il Trattato di Amsterdam del 1997 che ha inserito, nel TCE, l’art. 255, motivo in più

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per far sì che il miglioramento del livello di trasparenza a livello di enti locali, non sia

solo auspicato da disposizioni di legge poi lasciate in mano all’iniziativa dei singoli, ma

venga rigorosamente pilotato dal centro, il quale deve prevedere delle tappe intermedie

verso il cambiamento che devono rigorosamente essere percorse da tutti.

Figura 1- Livello di Trasparenza nei Musei Pubblici Italiani, Maggio 2015

Figura 2- Livello di Trasparenza nei Ministeri con Portafoglio Italiani, Maggio 2015

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Il Caso della Pinacoteca di Brera

Il caso milanese del primo rendiconto della Pinacoteca di Brera merita di essere

analizzato con maggiore attenzione quale esempio di trasparenza nella gestione di un

ente museale italiano, in linea con le direttive dei Programmi Triennali per la

Trasparenza e l’Integrità promosso dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del

Turismo.

Nel 2013 Sandrina Bandera, Soprintendente BSAE e Direttore della Pinacoteca di

Brera, avviò una riforma nata dall’esigenza di creare un bilancio della Pinacoteca, che

come tale non esisteva, se non “nascosto nelle pieghe dei bilanci del Ministero dei Beni

Culturali e del Turismo (“MIBACT”) e di altri ministeri ”19

. Tale esigenza mirava non

solo alla creazione di un bilancio della Pinacoteca che fino a quel momento aveva

disposto di bilanci virtualmente esistenti, ma in pratica inaccessibili al pubblico, ma così

facendo di farsi conoscere, promuovendo tra il pubblico un’immagine di sè trasparente e

al passo con i tempi.

Da questo desiderio e dall’incontro casuale fra Federico Sassoli de Bianchi, Presidente

di Civicum, e Sandrina Bandera è nato il primo Rendiconto della Pinacoteca di Brera

nel 2014. Il progetto, è diventata realtà grazie all’appoggio della Ragioneria Generale

dello Stato, il cui contributo ha reso possibile il reperimento e l’organizzazione dei

numeri, all’autorizzazione dei vertici del MIBACT, all’opera de The Boston Consulting

Group (“BCG”)20

che ha inserito il progetto nelle sue attività pro bono e al lavoro di

Stefano Cianchi, socio Civicum incaricato del coordinamento del progetto.

Breve storia del primo rendiconto economico di Brera

La decisione di procedere alla stesura del primo rendiconto economico della Pinacoteca

di Brera è nata dalla collaborazione tra Civicum e BCG. In particolare, questo progetto

rientra nell’ambito dei progetti pro bono di BCG, promosso da un Partner della società e

portato avanti da due consulenti impiegati a tempo pieno.

L’idea, emersa durante un incontro tra Sandrina Bandera e Federico Sassoli di Civicum

a maggio 2014, ha prodotto il primo rendiconto della Pinacoteca, presentato a ottobre

2014 dopo cinque mesi di lavori. La Pinacoteca e i suoi funzionari hanno da subito

dimostrato grande collaborazione e volontà di rendere questo progetto realtà, rendendo

19http://www.civicum.it/iniziative/iniziative-in-corso/progetto-pinacoteca-e-soprintendenza-di-brera.html 20 The Boston Consulting Group (BCG) è una multinazionale di consulenza di management e uno dei

leader mondiali nella consulenza strategica di business.

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disponibili tutti i dati in loro possesso, dai ricavi complessivi per la vendita di entrate

alla Pinacoteca al costi del personale per categorie.

La fase iniziale ha visto la raccolta di dati, alcuni disponibili già in Pinacoteca all’inizio

dei lavori, altri successivamente ottenuti dal MIBACT per via telematica, previa

autorizzazione del ministero ad accedere ai dati necessari.

Fino a ottobre 2014 dunque non esisteva un bilancio della Pinacoteca come struttura

autonoma. I dati non erano rintracciabili in un’unica sede. Il rendiconto ha voluto quindi

riorganizzare i dati disponibili entro una cornice unitaria, che possa essere a

disposizione di tutti, a partire dagli stakeholders, e che da subito è stata resa disponibile

on-line sul sito della Pinacoteca di Brera21

.

La prima fase dell’interpretazione data è risultata nell’individuazione dalle diverse fonti

di ricavi per la Pinacoteca e i costi invece sostenuti dalla ragioneria centrale del

ministero. La Pinacoteca, infatti, non è autonoma ma una propaggine del ministero

competente e della relativa ragioneria generale. Il primo nodo, insomma, è stato

costituito dall’esistenza di fonti di ricavo locali (per es. derivanti dalla vendita dei

biglietti d’ingresso) e costi sostenuti a livello centrale, dunque non facilmente

riconducibile a un modello costi-ricavi simmetrico e correlato.

I dati sono stati successivamente elaborati su dei semplici fogli excel dal team di

consulenti BCG, tuttavia sempre affiancati da funzionari della Pinacoteca, che ha così

hanno potuto apprendere metodi e modalità per poter riprodurre autonomamente il

rendiconto in futuro.

Il discorso è innanzitutto comprendere l’importanza che un’istituzione museale abbia

piena visione di quelli che sono i propri conti, cosi sa come gestirseli.

Con questo primo rendiconto Brera ha saputo cogliere un’opportunità, comprendere

ricavi e costi per migliorare la gestione della Pinacoteca e monitorarla per sapere come

funziona realmente.

I risultati del Rendiconto

I risultati del Rendiconto 2013 evidenziano come l’attuale gestione della Pinacoteca,

pur efficiente, sia ancora imbrigliata da anacronistici vincoli amministrativi che ne

bloccano la potenziale crescita. Una maggiore autonomia gestionale congiunta a una

maggiore trasparenza nei confronti dei cittadini potrebbe certamente iniziare un circolo

virtuoso che porterebbe non solo a un incremento del numero di visitatori, ma anche a

21 http://images.brera.beniculturali.it//f/Trasparenza/Re/RendicontoBrera2013

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un aumento dei ricavi22

che gioverebbe allo Stato in primis, il quale ridurrebbe la sua

spesa nei confronti della Pinacoteca, che a sua volta sarebbe comunque in grado di

ampliare la gamma e la qualità dei propri servizi. Maggiori ricavi poi

rappresenterebbero poi migliori opportunità di tutela del patrimonio storico, culturale,

professionale, della Città e del Paese.

Il documento è frutto dell'attività svolta da un gruppo di lavoro coordinato

dall’associazione CIVICUM, composto da persone della Soprintendenza BSAE, della

Direzione della Pinacoteca di Brera, da rappresentanti della Ragioneria Generale dello

Stato, con la collaborazione tecnica di The Boston Consulting Group.

Per la prima volta è stato possibile raggruppar in un solo documento tutti e dati e le

informazioni relative ai costi e ricavi della Pinacoteca e al suo funzionamento. “Brera, è

un generatore di traffico di visitatori, di esperti e di opere. Circa 250mila persone

all’anno visitano Brera che ha una capacità stimata di 600mila visite”23

. Il volume

della spesa, pari a 10.436.156 euro, non riflette il più grande ruolo di Brera nella

comunità; inoltre dimostra come la gestione corrente, seppur efficace, debba fare i conti

con la scarsità di mezzi a disposizione per fare, promuovere e comunicare. In vista

di Expo, in una città attivissima come Milano, la Pinacoteca di Brera può svolgere il suo

ruolo solo evitando la stasi e promuovendo attività espositive, didattiche, scientifiche,

ludiche, culturali.

Gli impedimenti allo sviluppo vengono prevalentemente dalla normativa inadeguata

e dalla pesante lentezza della burocrazia. Brera, per esempio, non può avere la gestione

diretta di un suo conto corrente, pur appoggiato alla Tesoreria di Stato. I tempi e i

vincoli delle autorizzazioni per ogni tipo di accordo sono incompatibili con le normali

prassi contrattuali; per esempio al punto da rendere inagibile la raccolta di donazioni al

di sotto di una certa dimensione.

Lo snellimento dell’inibente sistema regolatorio e autorizzativo, insieme ad una

maggiore autonomia economica e gestionale, sarebbe di grande impulso alla crescita del

ruolo di Brera nella Città e nel Paese, potrebbe fare di Brera un generatore di lavoro,

specialmente qualificato, introdurrebbe una nuova dinamica di cambiamenti positivi. ll

Rendiconto apre la strada a una nuova consapevolezza incentrata sulla trasparenza e la

condivisione degli obiettivi fra le persone che lavorano in Brera e cittadini. Dobbiamo

22 Le due cose non vanno necessariamente di pari passo. Solo un visitatore ben accolto e soddisfatto e disposto a comprare i servizi aggiuntivi offerti dalla Pinacoteca oltre al semplice biglietto d’ingresso. 23 http://www.civicum.it/iniziative/iniziative-realizzate/civicum-presenta-in-borsa-il-rendiconto-della-pinacoteca-di-brera.html

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scoprire il gusto di partecipare alla gestione delle cose pubbliche, di vedere come

vengono spesi i nostri soldi raccolti con le tasse, senza sprechi e con trasparenti obiettivi

di beneficio per la comunità. Lo Stato, da parte sua, deve aprirsi al contributo di noi

cittadini. Oggi sappiamo che aumentando i ricavi potrebbe diminuire l’esborso dello

Stato, incluse le importanti manutenzioni agli immobili, alla conservazione delle opere,

alla formazione del personale, all’accoglienza dei visitatori paganti e ancor più dei non

paganti. La propensione al mecenatismo privato è in crescita e accelera quando le

sponsorizzazioni e le donazioni sono trasparenti e collegabili agli utilizzi”.

Il progetto di lavoro portato avanti da Civicum e BCG rappresenta un modello

replicabile su altre realtà simili sul territorio nazionale. Inoltre, i risultati e le

metodologie usate sono state messe a disposizione del pubblico e del MIBACT sui siti

web delle due organizzazioni, affinché questo progetto pilota diventi un utile strumento

e un modello per future analisi dei beni culturali del Paese24

.

Uno sguardo oltralpe: musei versione 2.0

Nel giugno del 2014 l’Instituto de Arte Contemporáneo (Contemporary Art Institute –

IAC) di Madrid ha avviato il progetto Transparency in the Artistic Sector, che richiede a

tutti i poli artistici e musei finanziati, totalmente o anche solo in parte, dalle casse dello

Stato di rendere i propri dati alla portata del pubblico sui propri siti web. Inoltre, lo IAC

ha creato una serie di categorie volte a misurare lo stato di avanzamento dell’iniziativa e

la conformità dei musei partecipanti, assegnando un punteggio alle istituzioni aderenti a

seconda a che abbiano condiviso pubblicamente sui loro siti web istituzionali le

seguenti informazioni:

- Chi siamo: informazioni sull’organigramma dell’ente

- Cosa facciamo: informazioni sulle attività dell’ente

- Come lo facciamo e quanto costa: informazioni sullo svolgimento dei lavori e sulla

gestione dei costi

Lo scopo di questa iniziativa è quella di allargare ancora una volta il concetto di

trasparenza dal centro della pubblica amministrazione alle sue diramazioni locali, anche

e soprattutto nel caso di istituzioni culturali i cui costi sono coperti quasi per intero con

soldi pubblici.

Ciò si pone l’obiettivo di rendere le informazioni raccolte accessibili al pubblico tramite

la tecnologia 2.0 e così facendo di combattere la corruzione e promuovere invece

24 http://images.brera.beniculturali.it//f/Trasparenza/Re/RendicontoBrera2013

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efficienza, competitività e innovazione.

Nel caso spagnolo determinante è stato il rapporto Through the Looking Glass.

Transparency on the Web of Spanish Museums, redatto dalla Fundación Compromiso y

Transparencia nel 2010 che evidenziava l’opacità generalizzata che circondava

l’accesso alle informazioni nei musei spagnoli. Secondo i risultati di tale rapporto,

all’epoca solo il 2% dei musei spagnoli pubblicava regolarmente i propri piani strategici

e solo il 20% condivideva informazioni relative alle acquisizioni e ai prestiti delle loro

collezioni; nessuno degli enti analizzati nello studio, invece, pubblicava dati relativi al

proprio organigramma, al personale nei diversi dipartimenti o semplicemente ai

membri del consiglio di amministrazione.

La realtà sta gradualmente cambiando in meglio, soprattutto perché molte istituzioni

culturali si sono rese conto che condividere informazioni legate alla propria attività

poteva aprire un dialogo con il pubblico e incoraggiate la sua partecipazione e

innovazione culturale.

In ciò, il mondo Anglosassone è sempre stato precursore dei tempi. Infatti, già dal

lontano 1999 la British Library avviò la pratica di rendere accessibili tutte le

informazioni interne con la pubblicazione online per la prima volta del proprio

rendiconto. L’Indianapolis Museum of Art, inoltre, ha avviato una seria e continuativa

comunicazione dei propri dati al pubblico via Internet dal 2008, tramite una sezione del

proprio sito dedicata, la dashboard, dove pubblica in tempo reale tutti i propri open data,

non soltanto legati alle attività propriamente culturali svolte dall’ente, ma anche nei

riguardi dei consumi energetici del museo, l’ammontare delle donazioni da parte di

privati, il numero di visite giornaliere al sito e il tempo medio di ciascun accesso.

La trasparenza quindi pare convenire a tutti. Essa inizialmente imposta dall’alto

dall’avanzamento dei mezzi di comunicazione e da pressione del pubblico si è poi

rivelata benefica e auspicabile anche nei confronti e da parte degli enti museali stessi.

La trasparenza nella gestione delle informazioni crea maggiore fiducia da parte del

pubblico e migliora quindi la reputazione dell’ente. Una reputazione migliorata equivale

a un prezioso investimento in capitale sociale. La trasparenza quindi non è più un

vincolo imposto ma una libera scelta che sempre più musei decidono di fare. Se

certamente c’è ancora molta strada da fare a livello nazionale come all’estero, tuttavia il

percorso verso il future è già iniziato e comincia a portare i primi frutti.

Conclusioni

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Dopo un’attenta analisi possiamo concludere che certamente dei cambiamenti sono in

atto ma che la strada verso il miglioramento è ancora da percorrere per lungo tempo. E’

importante ribadire, anche a seguito dei casi trattati e della conseguente analisi, che la

trasparenza nella pubblicazione delle informazioni e dei dati nell’ambito degli enti

museali è un diritto e un dovere di tutti i cittadini.

La battaglia verso una pubblica amministrazione più trasparente deve essere anzitutto

una battaglia etica, più che economica, che imponga allo Stato e alle sue ramificazioni

una rigorosa gestione delle risorse pubbliche. L’unico modo di arrivare a ciò è di aprire

le casse e i bilanci dello Stato allo scrutinio dei cittadini.

Tuttavia, è prima necessario sviluppare un maggiore senso civico che stimoli tutti a

condurre una vita più onesta e responsabile anche nei piccoli gesti ripetitivi della

quotidianità, come andare in un museo e pagare il biglietto ma allo stesso tempo

controllare come i soldi di quel biglietto sono poi gestiti.

In questo paese dove predomina l’individualismo e manca il senso del bene comune

bisogna diffondere una nuova cultura della trasparenza, che vuole dire anche onestà,

responsabilità e merito. Per questi valori vale la pena di impegnarsi, cominciando da noi

stessi, con l’obiettivo di sapere di fare quanto possiamo per rendere l’Italia un paese di

cui essere un po’ più fieri.

Appendice 1

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Appendice 2

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Intervista

Sara Alberti - The Boston Consulting Group

1. Quante persone hanno lavorato attivamente e a tempo pieno al progetto?

Questo progetto rientra nell’ambito dei progetti pro bono di BCG. E’ stato costruito in

questa ottica un team come per tutti i progetti: C’è un partner, un responsabile di

progetto e un consulente. Questa è la struttura di base: due persone a tempo pieno più

il partner. Questi sono però cambiati nel corso del tempo.

2. Quanto tempo ci è voluto dall’approvazione dell’idea all’effettivo inizio della

raccolta dati? E dalla raccolta dati, alla pubblicazione e stesura finale del

rendiconto?

Non ti so dare una tempistica precisa anche perché all’inizio del progetto non ero nel

team. So che è partito da un incontro tra la soprintendente di Brera, Sandrina Bandera,

e Federico Sassoli de Bianchi, presidente di Civicum che poi ha contattato BCG. C’è

stato anche un incontro all’inizio in Brera in cui è stato presentato poi il progetto.

L’Avvio ufficiale: maggio anno scorso. Il progetto è iniziato dopo un mese o due di

discussione come tempistiche, non di più.

Abbiamo iniziato il progetto a maggio, il rendiconto è stato presentato ufficialmente a

ottobre: 4-5 mesi.

Io non mi sono occupata dalla raccolta dati, alcuni dati erano disponibili già in

pinacoteca un’altra parte è stata chiesta al ministero. Era stata richiesta

un’autorizzazione preventiva al ministero per poter avere i dati necessari.

3. Quali sono le difficolta che sono sorte e che non erano magari state anticipate

dovutamente? Suppongo che abbiate avuto necessità di disporre di bilanci pubblici

depositati presso la Ragioneria Generale dello stato, che tipo di permessi bisogna

richiedere per averli? Avete riscontrato difficolta? C’è stato atteggiamento positivo

da parte del personale pubblico nel fornire i dati? L’accesso a questi dati si può

avere per via telematica oppure devo andare alla Ragioneria di stato e mettermi in

coda e magari perdere tempo di lavoro?

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Il discorso è che prima non esisteva un bilancio della Pinacoteca come struttura

autonoma. Erano assenti dei dati in un unico posto: una parte di qua e una di la, si

trattava di fare uno schema e poi di mettere insieme i pezzi. Bisognava individuare

quali erano i dati da chiedere. Es. ingressi e ricavi conseguenti. A livello di ministero, i

costi sostenuti, poiché non essendo autonoma i costi sono sostenuti dalla ragioneria

centrale del ministero. Abbiamo ottenuto tutti i permessi dal ministero. Non so dirti

molto sulle tempistiche, ad esempio se sono dovuti andare a richiedere i dati varie

volte, quando sono salita io sul progetto i dati c’erano tutti. C’è stata una grande

voglia da parte di Brera di rendere trasparente questi dati e sapere quali sono i suoi

numeri. I dati sono arrivati principalmente per via telematica.

4. Dispendio di ore che è costato questo rendiconto?

4-5 mesi

5. Quanto è costato economicamente? Quanto costerebbe a un privato? BCG l’ha

fatto gratis, ma se questa cosa fosse stata dovuta fare in ottica privatistica quanto

sarebbe costato?

Dipende dal privato che se ne occupa. Dipende chi è il soggetto che si fa carico di

intraprendere questo progetto. Ora con tutta la riforma della pubblica

amministrazione, nel Mibact, ogni museo che gode di autonomia deve redigere il

proprio bilancio. Quindi questi costi verranno assorbiti dalla pubblica

amministrazione, verranno analizzati da funzionari interni o consulenti esterni. I costi

sono molto vari a seconda del soggetto.

6. Una volta iniziata l’elaborazione dei dati, quanto tempo ci è voluto per giungere al

rendiconto finale? Ci sono aree che non sono monitorate? Aree in cui non vengono

raccolti dati come dovrebbero essere raccolti. Problematiche ed elementi

problematici emersi nell’elaborazione dei dati dopo la raccolta.

Da un punto di vista di rendiconto è stato considerato tutto, dal punto di vista dei

proventi e dal punto di vista dei costi.

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Di veri problemi non ce ne sono stati, un po’ di “discussione” su come rappresentarli

questi dati, uno schema di riclassificazione. Una volta che ho tutti i numeri qual’è il

modo per dare una visione più veritiera e corretta? E’ questione di scelte. Ognuno ha

la sua visione su questo tema. Non è che uno sta facendo un bilancio civilistico, quindi

ha delle regole scritte dal codice civile, qui si trattava di dare una rappresentazione

raccogliendo tutti i dati di quello che è il del rendiconto economico di Brera.

Un tema interessante che è uscito è stato quale sarebbe lo stato patrimoniale della

pinacoteca? Logico che li diventa ben più complicato di stimare il patrimonio.

In seguito al rendiconto, ci si rende conto dei costi quindi abbiamo valutato altre fonti

di proventi.

7. Che tipo di programma avete usato per l’elaborazione dei dati?

Excel

8. Quali sono le fonti dei dati della vostra ricerca? Solo fonti pubbliche o anche altro?

Dati interni provenienti dalla pinacoteca, sia dati forniti dal ministero.

9. Il progetto di stesura del rendiconto è stato suddiviso in sotto fasi? Qual è l’ordine

che avete seguito nel portare a termine un progetto di questo genere?

C’è una prima fase di pianificazione del lavoro, una successiva attività di raccolta dei

dati logicamente e poi di elaborazione dei dati e di stesura del rendiconto vero e

proprio con anche il testo. I membri del team sono cambiati ma il processo è andato

avanti. Il responsabile del progetto dà le linee guida delle attività, la consulente si

occupa della raccolta dei dati e va fisicamente sul luogo e fa le elaborazioni. Poi si

confronta con il responsabile del progetto. Ci sono state molte riunione periodiche con

gli altri soggetti coinvolti, Civicum, la Pinacoteca, la ragioneria dello stato in modo

tale da monitorare l’avanzamento.

Questa attività ha portato anche a lavorare a fianco dei funzionari della pinacoteca

affinché loro possano riprodurre il rendiconto nel futuro, c’è stata una attività di

lavorare con loro e spiegare loro come poter replicare in futuro il lavoro. Questo è

stato fatto durante tutta la procedura. Abbiamo visto con loro ogni singolo dato a chi

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chiederlo, come fare ad averlo. I dati magari sono interni alla pinacoteca pero magari

sono soggetti diversi che dispongono dei dati.

10. Avendo lei lavorato a lungo su questo progetto, quali sono le sue

osservazioni/consigli per un ente museale che come Brera si dovesse trovare nella

situazione di voler pubblicare il primo rendiconto? Quali altri spunti di riflessione

si sentirebbe di offrire a chiunque sia interessato alla gestione della trasparenza

all’interno degli enti museali italiani?

Il discorso è innanzitutto comprendere l’importanza che un’istituzione museale abbia

piena visione di quelli che sono i propri conti, cosi sa come gestirseli. Bisogna vedere

questo come una cosa positiva, Brera ha colto un’opportunità, comprendere ricavi e

costi per migliorare la gestione e monitorarla per sapere come funziona realmente. È

un discorso di atteggiamento.

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