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UNITA’ DI RICERCA DI BOLOGNA Direttore Scientifico: Prof. Norberto Roveri
Attività di Ricerca svolta nell’ambito della tematica Biocristallografia e Biomineralizzazione
Le attività di ricerca nel 2011 sono raggruppate nei seguenti temi di ricerca inclusi nell’ ambito
dello studio del ruolo dei metalli in sistemi biologici di interesse biomedicale, ambientale e
tecnologico:
a) Interesse biomedicale
1) Processi di formazione di idrogeli e loro utilizzo per la crescita di carbonati di calcio e trasporto
di metalli
2) Studio dei processi di biomineralizzazione
3) Sintesi, caratterizzazione chimico-fisica e funzionalizzazione di idrossiapatiti biomimetiche per
applicazioni biomedicali
4) Preparazione per via elettrochimica di coating nanostrutturati biomimetici su protesi metalliche
5) Sintesi e caratterizzazione chimico-fisica di nanoparticelle di selenio cappate con floroglucinolo
b) Interesse ambientale
1) Materiali nanodimensionati: effetto dei metalli in essi contenuti nei confronti dei sistemi
biologici
2) Meccanismo della tossicità delle nanofibre di amianto sintetico contenente ferro
c) Interesse tecnologico
1) Sistemi nanostrutturati inorganici e polimerici in grado di esibire particolari capacità di
conduzione elettrica
2) Nuova sintesi di biossido di titanio ad elevata azione fotocatalitica
3) Nuova sintesi di microparticelle bifasiche attivate superficialmente da biossido di titanio
a) Interesse biomedicale
1) Processi di formazione di idrogeli e loro utilizzo per la crescita di carbonati di calcio e trasporto
di metalli
La precipitazione di carbonato di calcio in diversi
ambienti gelificanti di carragenano è stata
condotta mediante rapida miscelazione di cloruro
di calcio e di carbonato di sodio. La
concentrazione di carragenano ed il meccanismo
di gelificazione, controllato dall’aggiunta di
diversi cationi, di calcio o di sodio, sono stati
variati in modo da chiarire il meccanismo e la
dinamica di formazione della fase solida in
sistemi di precipitazione molto sovrasaturi, in cui
era possibile la formazione iniziale dei tre
polimorfi del carbonato di calcio e carbonato di
calcio amorfo. Le analisi dei campioni hanno
mostrato che la calcite è stata l'unica fase solida
ottenuta in tutta la gamma studiata di
concentrazione di carragenano. A basse
concentrazioni di carragenano sono stati osservati gli aggregati di calcite mentre, a concentrazioni
più elevate, sono stati trovati cristalli romboedrici con distribuzione uniforme delle dimensioni.
Sulla superficie delle particelle di calcite precipitata a basse concentrazioni di gel sono state
osservate impronte sferiche, tali da indicare la precipitazione iniziale e contemporanea di calcite
Fig. 1 Immagini al microscopio elettronico a
scansione (SEM) di cristalli di calcite ottenuti in
gel di carragenano a diversi tempi di reazione.
stabile e fasi metastabili di carbonato di calcio, vaterite e carbonato di calcio amorfo. Esperimenti di
precipitazione nei mezzi gelificanti con basse concentrazioni di carragenano in diversi tempi hanno
confermato tale assunto e mostrato un meccanismo mediato di trasformazione di vaterite
metastabile in stretto contatto con i cristalli di calcite (Fig. 1).
L’unità di ricerca ha anche continuato la ricerca per
lo svilluppo di nuove superfici con capacità
nucleanti per le macromolecole biologiche. Si è
dimostrato come l’effetto delle superfici sia
preponderante in condizioni di basse
sovrassaturazioni, mentre per valori elevati le
superfici non non hanno effetto e la crescita dei
cristalli avviene mediante un meccanismo di
nucleazione omogenea.
Nello studio sugli idrogeli è stata predisposta una
piccola libreria di pseudopeptidi stereoisomerici in
grado di gelificare in solventi acquosi ed è stata
valutata la loro attitudine a formare gel in presenza
di diversi ioni di metalli. Sono stati sintetizzati in
soluzione quattro esteri benzilici e quattro acidi
carbossilici, tutti contenenti come spaziatore un
residuo di acido azelaico (acido dicarbossilico a
lunga catena). La tendenza di questi pseudopeptidi
a formare gel è stata valutata utilizzando il test di
inversione in presenza e in assenza di ioni
metallici. I corrispondenti xerogels sono stati
ulteriormente analizzati utilizzando SEM (Fig. 2) e
XRD. La formazione di gel contenente Zn (II) o
Cu (II) ioni ha dato buoni risultati in termine di incorporazione degli ioni metallici, mentre la
presenza di Cu (I), Al (III) e Mg (II) ha dato risultati meno soddisfacenti.
Ulteriori studi sono in atto, utilizzando derivati di metalli di interesse farmacologico.
2) Studio dei processi di biomineralizzazione.
Queste ricerche sono state svolte in collaborazione con gruppi
dell’Università di Bologna e di vari istituti di ricerca nazionali ed
esteri.
La biomineralizzazione riguarda lo studio dei processi mediante i
quali gli organismi depositano una fase minerale. In questi
processi una matrice organica, formata da polisaccaridi e
proteine acide, esercita la funzione di controllo. Tra gli oltre 70
minerali depositati dagli organismi, i più diffusi sono il
carbonato e il fosfato di calcio, rispettivamente negli invertebrati
e nei vertebrati. Nell’anno oggetto della relazione sono stati
studiati sistemi sia in vivo sia in vitro e le conoscenze ottenute da
questi studi hanno permesso il design e la sintesi di substrati
innovativi per la cristallizzazione di bio-minerali e
macromolecole biologiche.
Gli scheletri dei coralli delle scleractinie sono costituiti
principalmente di carbonato di calcio nella forma di aragonite.
La deposizione minerale avviene in un ambiente biologico
confinato, ma è ancora un tema di discussione in che misura la
calcificazione avvenga sotto controllo biologico o ambientale.
Fig. 3 Corallo di Balanophyllia
europaea
Fig. 2 - Immagini SEM di xerogels formati
dagli idrogeli della molecola 2a in assenza di
ioni metallici (2a), in presenza di Cu (II)
(2a_Cu (II)), in presenza di Zn (II) (2a_Zn) o in
presenza di Al (III) (2a_Al). La freccia (2a_Al)
indica un cristallino aggregato costituito da un
sale di alluminio.
La forma, le dimensioni e l'organizzazione di cristalli scheletrici, dal livello cellulare fino
all'architettura della colonia, sono stati attribuiti a diversi fattori, come i livelli di sovrasaturazione
minerale ed una mediazione della matrice organica (OM). Lo scheletro contiene una OM intra-
scheletrica, di cui solo la componente solubile in acqua è stata fino ad oggi chimicamente e
fisicamente caratterizzata. In questo anno la OM complessiva dallo scheletro della Balanophyllia
europaea, un corallo solitario endemico del Mar Mediterraneo, è stata studiata in vitro con
l'obiettivo di comprendere il suo ruolo nella mineralizzazione del carbonato di calcio. La
mineralizzazione di carbonato di calcio è stata condotta da esperimenti di “overgrowth” su scheletro
di corallo e da soluzioni di cloruro di calcio contenenti diversi rapporti di OM (solubile e insolubile)
e di ioni magnesio. I risultati hanno mostrato che entrambe le componenti della OM influenzano la
precipitazione di carbonato di calcio e che l'effetto è potenziato dalla loro co-presenza. Il ruolo degli
ioni magnesio è influenzato anche dalla presenza delle componenti della OM. Quindi, in vitro, la
OM influenza morfologia, aggregazione e polimorfismo del carbonato di calcio come funzione
della sua composizione e del contenuto di ioni di magnesio nelle soluzioni di precipitazione. Questa
ricerca, sebbene non abbia risolto la controversia tra il controllo ambientale o biologico sulla
deposizione di carbonato di calcio in coralli, ha evidenziato il ruolo della OM, che appare mediata
dalla presenza di ioni magnesio.
In questo anno di ricerca, in un ulteriore progetto sulla biomineralizzazione, la regione lamellare
dell’osso di seppia (Sepia officinalis) è stata utilizzata come matrice per la deposizione organizzata
di cristalli di fosfato di calcio, in condizioni ambientali mediante una rapida procedura che
coinvolge un intermedio di carbonato di calcio amorfo, per finire con una conversione al fosfato di
calcio con una procedura di fissazione. Tale procedura quindi consente una conversione diretta del
carbonato calcio biogenico in fosfati di calcio in condizioni ambiente in una scala dei tempi di
poche ore.
3) Sintesi, caratterizzazione chimico-fisica e funzionalizzazione di idrossiapatiti biomimetiche per
applicazioni biomedicali
Nanocristalli di idrossiapatite biomimetica per composizione, struttura, morfologia, area
superficiale e bioreattività sono stati sintetizzati e riaggregati in clusters micrometrici per essere
utilizzati in applicazioni odontoiatriche e nella chirurgia maxillofacciale.
I microcristalli nanostrutturati di apatite biomimetica hanno messo in evidenza la capacità di
rimineralizzare in condizioni fisiologiche le aree superficiali demineralizzate di smalto e dentina, il
cui meccanismo di demineralizzazione è mostrato nella figura sottostante.
La capacità dell’idrossiapatite biomimetica nanostrutturata di legarsi chimicamente all’ idrossiapatite naturale dello smalto e della dentina ha permesso una importante innovazione in
ambito dell’ “oral care” sostituendosi all’utilizzo dei fluoruri nei prodotti per l’igiene orale preposti
a processi riparativi mineralizzanti. I fluoruri infatti hanno la capacità di promuovere la formazione
di fasi apatitiche fluorurate in presenza di fosfati nell’ambiente orale. Tuttavia essi possono indurre
fluorosi dentale e fluorosi ossea se l’assunzione di fluoro supera 0.1mg F-/Kg/day in bambini di età
compresa tra 1-8anni (EFSA). Al fine di utilizzare come principio attivo nel processo di
rimineralizzazione dello smalto e della dentina un’ idrossiapatite biomimetica per composizione,
struttura e morfologia, è stata brevettata la sintesi di nanocristalli a morfologia planare di
idrossiapatite sostituita da ioni carbonato, fluoruro, zinco, magnesio e stronzio in quantità
corrispondenti alla loro presenza nelle apatiti biologiche. In questo modo la quantità di fluoro nel
principio attivo corrisponde a quella fisiologicamente presente nello smalto dentale e non comporta
controindicazioni nell’assunzione. Lo zinco svolge un’attività di stimolazione della crescita ossea,
oltre a quella antisettica e antibatterica, e lo stronzio esplica una forte azione cariostatica. Al fine di
proteggere ulteriormente lo smalto e la dentina esposta nell’ambiente orale dall’azione
demineralizzante ed infettiva della placca batterica, il principio attivo costituito di idrossiapatite
biomimetica è stato funzionalizzato superficialmente con lattoferrina, una proteina presente
principalmente nel latte materno preposta ad una azione immunologica, antinfiammatoria ,
antibatterica, antiossidante e anticancerogena. La presenza di lattoferrina in prodotti per l’oral care è
importante non solo per la superficie dentale, ma anche per le mucose gengivali ed orali in genere.[1
La lattoferrina, di cui è nota la forte attività antiossidante e antiradicalica, ha una grande affinità con
il ferro in quanto è in grado di trattenerlo in un largo intervallo di pH. Grazie alla sua affinità per il
ferro trivalente (Fe3+
), espleta un’attività antimicrobica nei confronti sia dei batteri che dei funghi.
Tale attività è correlata a due meccanismi: sequestro del ferro nei siti di infezione e interazione
diretta con l’agente infettivo.
I meccanismi d’interazione tra lattoferrina e idrossiapatite sono di elevato interesse scientifico ai
fini applicativi in campo biotecnologico in conseguenza delle proprietà della lattoferrina e delle
specifiche caratteristiche chimico-fisiche dell’idrossiapatite, che è un materiale biocompatibile,
bioriassorbibile e rappresenta la fase inorganica del tessuto osseo.
L’idrossiapatite sintetica biomimetica, ovvero che mima l’idrossiapatite biologica per
composizione, struttura, morfologia e bioreattività superficiale, rappresenta un materiale inorganico
ideale per assorbire superficialmente molecole biologicamente attive, come la lattoferrina, e
rilasciarle con una cinetica che può essere modulata attraverso specifiche modifiche delle proprietà
chimico fisiche dell’apatite sintetizzata.
E’ stata sintetizzata idrossiapatite nanometrica con caratteristiche chimico-fisiche (dimensioni,
grado di cristallinità, morfologia, area superficiale) del tutto simili a quella biologica presente nel
tessuto osseo e si è caratterizzata l’interazione tra la lattoferrina e l’idrossiapatite sintetizzata,
valutando l’assorbimento della proteina sulla superficie inorganica in funzione del diverso pH. Il
valore di pH risulta responsabile di una sostanziale differenza nella quantità di lattoferrina adsorbita
che sembra formare un monostrato superficiale a pH fisiologico e un doppio strato per pH basici.
Questo risultato è stato confermato sia sperimentalmente attraverso indagini di tipo
termogravimetrico sui diversi coniugati idrossiapatite-lattoferrina dopo lavaggio, sia teoricamente
mediante l’uso dei modelli di Langmuir e Freundlich per fittare le isoterme di assorbimento della
lattoferrina su idrossiapatite. Sono state valutate le eventuali modificazioni conformazionali della
proteina adsorbita sui nanocristalli di idrossiapatite attraverso un’ indagine FTIR e Raman. Le
indagini spettroscopiche e termogravimetriche non hanno rivelato alcuna modifica apprezzabile
della struttura secondaria della lattoferrina assorbita sull’idrossiapatite, mettendo in evidenza le
notevoli applicazioni in ambito biotecnologico del coniugato idrossiapatite-lattoferrina12,13
.
Appaiono immediate le applicazioni in ambito ortopedico ed odontoiatrico, attraverso la
preparazione di impianti protesici ricoperti superficialmente da un substrato inorganico di
idrossiapatite funzionalizzata superficialmente con lattoferrina. L’uso di un ibrido costituito da
microclusters di idrossiapatite nanostrutturata attivata superficialmente da molecole di lattoferrina è
stato sintetizzato come principio attivo da utilizzare in paste dentifricie e collutori in grado di
rimineralizzare lo smalto dentale, chiudere i tuboli dentinali responsabili dell’ipersensibilità
dentinale e contrastare la formazione della placca batterica contrastando l’insorgere della carie.
Sebbene le applicazioni in ambito biomedicale sembrino le più scontate, dobbiamo anche
considerare come le potenzialità dell’ibrido idrossiapatite-lattoferrina possano essere ancor più
innovative ed esclusive in applicazioni tecnologiche in cui all’interfaccia materiale-sistema
biologico si sostituisca l’interfaccia materiale-alimento.
L’ibrido idrossiapatite–lattoferrina potrà quindi essere depositato superficialmente sui films
polimerici sia biocompatibili che inerti normalmente utilizzati per l’ imballaggio a contatto con gli
alimenti rendendoli funzionalizzati per una azione antisettica, antibatterica ed antiossidante nei
confronti dell’alimento con cui sono messi a contatto.
4) Preparazione per via elettrochimica di coating nanostrutturati biomimetici su protesi metalliche
Attualmente il titanio e le sue leghe rappresentano il più utilizzato materiale da impianto in quanto
non comporta reazioni di rigetto da parte dell’organismo, ma soprattutto perché presenta una
porosità superficiale analoga a quella dei tessuti umani e risulta essere fisiologicamente inerte. Per
questo motivo la lega Ti6Al4V viene utilizzata nelle componenti protesiche dell’anca e nelle viti
degli impianti dentali.
Il rivestimento superficiale della protesi con un coating biomimetico ha il vantaggio di avere la
superficie a contatto con il tessuto osseo bioattiva, migliorando notevolmente la compatibilità della
protesi con il tessuto biologico circostante.
La preparazione di coating di idrossiapatite biomimetica nanostrutturata su superfici di Ti è stata
realizzata per via elettrochimica (ELD) all’interno di una cella a tre colli (Fig. 1A). Il sistema è stato
collegato secondo lo schema riportato in Fig. 1B e viene utilizzato un elettrodo di lavoro in titanio
ed un controelettrodo in platino immersi in una soluzione contenente una soluzione elettrolitica
composta da NH4H2PO4 (25 mM) e Ca(NO3)2 (42 mM).
Fig 1A: Immagine della cella a tre colli utilizzata per la reazione di ELD
Fig 1B: Rappresentazione schematica del sistema utilizzato nel corso della reazione
Si ottiene sul catodo di Ti un coating superficiale di idrossiapatite di spessore variabile in funzione
della durata della reazione di deposizione assistita, della corrente applicata e della concentrazione
delle soluzioni utilizzate.
Nella seguente Fig. 2 è possibile osservare le immagini SEM relative a due differenti ingrandimenti
dell’impianto in titanio ricoperto da un coating omogeneo di idrossiapatite.
A
Galvanometro
Elettrodo di
Riferimento (Anodo)
Elettrodo di
Lavoro
(Catodo)
B
Cella
Fig. 2: due differenti ingrandimenti della superficie dell’impianto, dopo la ricopertura con
l’idrossiapatite
In Fig. 3 sono riportati i diffrattogrammi di raggi X di un campione di apatite ossea (grafico blu) ed
il diffrattogramma ottenuto dall’idrossiapatite depositata sul titanio per via elettrolitica (in rosso). I
due diffrattogrammi sono molto simili e differiscono fortemente da quello dell’idrossiapatite
cristallina non biomimetica (in verde).
Fig. 3: DRX di idrossiapatite con alto grado di cristallinità (verde), idrossiapatite ossea (blu) e
idrossiapatite elettrodeposta (rosso).
Questo dimostra che la fase minerale ottenuta per via elettrolitica e depositata sul titanio è del tutto
simile, per caratteristiche strutturali, a quella presente nelle ossa con cui verrà a contatto una volta
impiantata in vivo, e per questo motivo si è verificato che l’applicazione di questo coating migliori
le proprietà biomimetiche delle protesi metalliche.
La deposizione di un coating costituito da idrossiapatite nanometrica biomimetica funzionalizzata
superficialmente con lattoferrina è stata ottenuta su substrati conduttori e non, per
elettrodeposizione da soluzioni elettrolitiche contenenti opportune concentrazioni di ioni
fosfato, calcio e lattoferrina. L’ottimizzazione del coating apatite-lattoferrina è stata ottenuta
usando elettrodeposizioni successive oppure pulsate.
Si è inoltre messa a punto la preparazione mediante processo elettrochimico di un innovativo
coating a base di collagene ricostituito e funzionalizzato superficialmente con lattoferrina. Il
collagene è la più importante proteina fibrosa della matrice extracellulare e del tessuto connettivo
nell’organismo animale; si organizza in fibrille di diametro nanometrico a loro volta organizzate in
fasci micrometrici e successivamente milli-metrici. Questo nuovo coniugato collageno-lattoferrina,
data la sua natura proteica, si presta ad essere utilizzato in un’ampia gamma di applicazioni
A B
Arb
itra
ry I
nte
nsi
ty
Position [°2Theta] 20 25 30 35
biomedicali che richiedono, non solo assenza di tossicità, ma anche biocompatibilità e bioattività.
Mediante la tecnica dell’elettrodeposizione è possibile realizzare “coating” di opportuno spessore e
diversa composizione, che possono venir depositati su superfici polimeriche e metalliche. In questo
modo si possono conferire alle comuni matrici da imballaggio specifiche proprietà antiossidanti,
antisettiche e antiradicaliche, ricoprendole superficialmente con questo coating biomimetico e
biocompatibile. La realizzazione del coating attraverso il processo elettrochimico determina la
formazione di fibrille di collagene nanometriche, aventi struttura e morfologia del tutto simili alle
fibrille di collagene naturale che mostrano la tipica bandeggiatura della proteina nativa mettendone
in evidenza il biomimetismo strutturale e morfologico. Mediante la nanostrutturazione superficiale,
il film d’imballaggio entra in contatto molto stretto con la superficie dell’alimento trasmettendo in
modo più efficace l’azione antibatterica, antisettica e antiossidante della lattoferrina. Il risultato di
questo processo è la realizzazione di un materiale innovativo, biodegradabile e con buone proprietà
meccaniche, caratteristiche che lo rendono idoneo ad applicazioni tecnologiche come la
funzionalizzazione superficiale del packaging per uso alimentare. Inoltre, essendo questo coating
composto da polimeri naturali, risulta biodegradabile e altamente decomponibile, tanto da poter
essere smaltito direttamente nell’ambiente oppure tramite compostaggio.
5) Sintesi e caratterizzazione chimico-fisica di nanoparticelle di selenio (Se) cappate con
floroglucinolo
Il floroglucinolo è una molecola presente in molti composti flavonoidi ampiamente presenti nei
vegetali e risulta essere un naturale citoprotettivo contro lo stress ossidativo. In questo lavoro il
floroglucinolo è stato utilizzato per sintetizzare con un metodo “green”, senza alcun solvente
organico, nanoparticelle di selenio protette in superfice da floroglucinolo. Infatti il floroglucinolo,
oltre ad essere un buon cappante, è capace anche di ridurre gli ioni Se e formare nanoparticelle di
Se. Le proprietà antiossidanti e citoprotettive di floroglucinolo potrebbero produrre sinergie con gli
specifici effetti anticancerogeni delle nanoparticelle di Se. Il floroglucinolo presenta un’alta
reattività grazie ai suoi tre gruppi ossidrilici disposti in posizioni alternate lungo un anello
benzenico. Il floroglucinolo agisce come agente riducente di un acido selenioso secondo un
percorso complesso che passa probabilmente attraverso un selenuro intermedio organico. Questo
intermedio si forma attraverso una reazione di sostituzione elettrofila che coinvolge l'acido
selenioso, come specie elettrofila, e floroglucinolo come donatore di elettroni. Le molecole di
floroglucinolo sulla superficie delle nano particelle di Se sono probabilmente collegate tra loro
tramite ponti di atomi di ossigeno, come si evince confrontando gli spettri FT-IR in figura 1 (e) e
(a).
Fig. 1 Spettri di assorbimento FTIR di a) nano particelle di Se cappate con floruglucinolo, b)
conservate per 1 settimana, c) conservate per 2 mesi, d) dopo trattamento termico a 285° C per 10
min., e) floroglucinolo cristallino in polvere.
La bassa cristallinità dell’assemblaggio delle molecole di floroglucinolo sulla superficie delle
nanoparticelle di Se può essere interrotta ed in parte rimossa attraverso un processo esotermico a
circa 285 °C (Fig. 2).
Fig. 2. Profilo di diffrazione ai raggi X a) prima del trattamento termico a 285° C per 10 min e b)
dopo il tratta il trattamento termico.
L'impoverimento del rivestimento superficiale protettivo di floroglucinolo fa sì che le nanoparticelle
di selenio si aggreghino in cluster micrometrici (Fig. 3) che risultano morfologicamente molto
simili a quelli osservati quando le nanoparticelle sono disperse in acqua (Fig. 4).
Fig. 3 Fig. 4
In etanolo, le nanoparticelle amorfe di Se cappate con floroglucinolo (2-3 nm di diametro) appaiono
omogeneamente distribuite (Fig. 5).
Fig. 5
Con questo nuovo metodo di sintesi, in condizioni blande ed in assenza di solventi organici, è stato
possibile ottenere nanoparticelle di Se stabili in etanolo con la possibilità di utilizzarle in campo
biomedico, sfruttando la sinergica azione antiossidante del floroglucinolo e anticarcenogeniche
delle nano particelle di Se.
b) Interesse ambientale
1) Materiali nanodimensionati: effetto dei metalli in essi contenuti nei confronti dei sistemi
biologici
Come ampiamente documentato dalla letteratura, la presenza di impurità, sostituzioni ioniche e
disordini strutturali in minerali contenenti Si, costituiti quasi esclusivamente da silice e silicati, non
solo modificano la morfologia e le proprietà chimico fisiche del materiale, ma anche la loro
reattività nei confronti dei sistemi biologici. Nello studio del rischio per la salute umana di composti
nanometrici a base di silicio, di provenienza sia naturale che industriale, fondamentale è
l'individuazione del meccanismo chimico di interazione della fase inorganica con il sistema
biologico, per valutarne la tossicità.
Tra i silicati, gli asbesti presentano un elevato impatto ambientale, modo particolare gli anfiboli. La
capacità degli asbesti di produrre ROS è legata alle loro caratteristiche chimico-fisiche e
morfologiche. Infatti, sono proprio le loro proprietà chimico-fisiche a condizionare la solubilità,
biodurabilità e biopersistenza delle fibre. Un risultato originale, e di notevole importanza per gli
studi futuri, è stata la sintesi di cristalli di crisotilo geoinspired contenenti quantità controllate di
ferro. Dall’analisi di campioni con concentrazioni crescenti di Fe mediante spettroscopia (FTIR)
combinata con studi strutturali (DRX) e morfologici (SEM-TEM) è stato verificato il ruolo svolto
dalla presenza di Fe3+
nel modificare non solo superficialmente le fibre, ma anche la morfologia e la
struttura cristallina attraverso una sostituzione del Fe sia nel sito ottaedrico che quello tetraedrico.
Le valutazioni genotossica e citotossica effettuate sul crisotilo geoinspired Fe-sostituito hanno
messo in evidenza che la produzione di specie reattive dell'ossigeno e di altri radicali è potenziato
quando ioni Fe sostituiscono specifici siti cristallografici nel crisotilo.
Per meglio studiare l’effetto della sostituzione del Fe nel crisotilo sintetico e dunque le
modificazioni strutturali, la composizione superficiale, la distribuzione della carica e la reattività dei
nano cristalli, sono state studiate le modificazioni strutturali indotte sull’albumina in seguito
all’interazione con il crisotilo sintetico stechiometrico drogato col Fe. L’indagine è stata eseguita
sulla base dei risultati ottenuti mediante l’utilizzo dell’FTIR, della TGA/DSC e della pirolisi
analitica (2). Lo studio dello spettro FTIR nella regione dell’ammide I (1700-1600) ha permesso di
valutare le variazioni della struttura secondaria quando la BSA (Bovine Serum Albumine) nativa
(fig. 1a) viene fatta interagire con il crisotilo stechiometrico (Fig. 1b) e con il crisotilo sintetico
drogato con il Fe in quantità crescente (0,52% di Fe (Fig 1 c) e 1,87% di Fe (Fig 1 d))
Fig. 1
La tabella I riporta i risultati ottenuti integrando i fitting delle curve della derivata seconda della
Fig. 1.
Dalla tabella si può notare come i beta sheet diminuiscono drasticamente in seguito alla formazione
dell’addotto con la fase inorganica, specialmente all’aumentare del Fe contenuto nei cristalli,
mentre i beta turns aumentano.
I dati TGA mettono in evidenza come la proteina percentualmente diminuisce sulla superficie della
fase inorganica all’aumentare del Fe; al contrario, la proteina risulta essere più legata alla superficie
del crisotilo all’aumentare del Fe (Fig. 2).
Sample α-Helix
(%)
β-Sheet
(%)
Random
(%)
β-Turn (%)
BSA lyophilized
powder
38±2 44±1 3±1 15±1
Stoichiometric BSA-
Chrysotile adducts
37±2 11±1 4±1 48±2
BSA-Fe (0.52 wt %)
Chrysotile adducts
18±2 7±2 17±3 58±2
BSA-Fe (1.87 wt %)
Chrysotile adducts
31±2 4±1 14±3 51±2
E’ stato condotto uno studio preliminare utilizzando la pirolisi analitica che ha fornito ulteriori
informazioni circa la variazione della struttura della BSA in seguito all’interazione con il crisotilo di
sintesi. Innanzitutto si è studiata la formazione di dichetopiperazine (DKPs) come specificità della
ciclizzazione di specifici aminoacidi dovuti alla reazione di pirolisi e la Fig. 3 mostra la percentuale
di formazione di DKPs nei diversi casi.
La formazione delle DKPs durante la pirolisi coinvolgono sempre coppie di amminoacidi contigui
nella sequenza proteica; ciò significa che le DKPs sono idonee a fornire puntuali informazioni sulla
struttura primaria. Gli amminoacidi che risultano più legati allo strato brucitico del crisotilo si
suppone essere polari e per questo sono state monitorate le lisine e gli acidi glutammici. Particolare
attenzione è stata posta anche alla frammentazione della catena laterale della proteina che produce
tirosine e triptofani che possono essere coinvolti nell’interazione con la superficie del crisotilo.
Questa strategia ci ha permesso di identificare tutte le DKPs derivanti sia da amminoacidi polari
(Fig. 4) che aromatici (Fig. 5).
Yields % DKPs
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
1.4
1.6
Cyc
lo P
yr-P
yr
Cyc
lo P
A 1
Cyc
lo P
A 2
Cyc
lo P
G
Cyc
lo G
L
Cyc
lo P
V 1
Cyc
lo P
V2
Cyc
lo L
L1
Cyc
lo L
L2
Cyc
lo P
P
Cyc
lo P
I1
Cyc
lo P
I2
Cyc
lo P
L1
Cyc
lo P
L2
Cyc
lo F
A1
Cyc
lo F
A2
Cyc
lo P
M1
Cyc
lo P
M2
Cyc
lo V
P1
Cyc
lo V
P2
Cyc
lo F
L2
Cyc
lo F
L1
Cyc
lo P
F1
Cyc
lo P
F2
Cyc
lo P
K (1
)
Cyc
lo P
K (2
)
Cyc
lo P
K (2
)
Cyc
lo P
E
Yie
ld %
Fe 0
Fe 0.52%
Fe 1.8%
% BSA
Figura 2
Figura 3
Figura 4
Figura 5
2) Meccanismo della tossicità delle nanofibre di amianto sintetico contenente ferro
In questi ultimi anni è stato condotto uno studio multidisciplinare per comprendere, a livello
molecolare, il meccanismo di tossicità del ferro contenuto nella struttura dell’asbesto. I risultati
raggiunti sono stati possibili solo grazie alla disponibilità sia di crisotilo sintetico stechiometrico sia
dello stesso drogato con ferro, entrambi ottenuti mediante sintesi idrotermica presso i nostri
laboratori. Allo scopo di studiare la relazione tra fibre di asbesto che inducono la formazione di
radicali liberi e le caratteristiche chimico-fisiche del ferro nei vari siti attivi, sono state sintetizzate
nanofibre di crisotilo con contenuto di ferro tra 0 e 1,78 % di ferro. Questi campioni sono stati
analizzati tramite tecniche di spin-trapping su campioni in sospensione e tramite tecniche EPR e
Mossbauer su campioni solidi. Inaspettatamente abbiamo osservato che i campioni con più alto
contenuto di ferro mostravano un’ attività radicalica ridotta rispetto ai campioni con minore
contenuto di ferro Fig.1
Fig. 1A: radicali OH- rilasciati da una sospensione di fibre di crisotilo “geo-ispired” in presenza del
reagente di spin trapping (DMPO) e di perossido di idrogeno. A) rappresentano spettri di EPR
dell’addotto [DMPO-OH]. in presenza di crisotilo stechiometrio (a) e crisotilo drogato con Fe
Fig. 1B: aree integrate dei segnali EPR in funzione del ferro presente nei vari campioni a) 0, b)
0.67, c) 0.81, d) 1.67, e) 1.78%
Il Mossbauer e l’EPR hanno mostrato la presenza di ioni ferro isolati nei siti ottaedrici che
provocavano una distorsione sia assiale che rombica soprattutto nei campioni a più basso tenore di
ferro, mentre all’aumentare del ferro aumentano i cluster di atomi di ferro aggregati. La figura 2
mostra un assorbimento Mossbauer del campione contenente 1,78% eseguito a 11 K i tipici
assorbimenti relativi alla presenza di Fe3+
paramagnetico.
Fig. 2: spettro di assorbimento Mossbauer del crisotilo sintetico contenente il 1,78 % di ferro
La tab. 1 mostra la distribuzione del ferro nel sito ottaedrico e tetraedrico.
La Fig. 2 mostra inoltre l’assenza di altre specie magnetiche come ad esempio ossidi di ferro anche
in forma non nanometrica. In conclusione i dati mostrati mettono in evidenza come il crisotilo
sintetico, preso quale standard, sia risultato idoneo per evidenziare come la tossicità degli amianti
dipende soprattutto dalle proprietà chimico fisiche dei siti superficiali.[17,18]
c) Interesse tecnologico
1) Sistemi nanostrutturati inorganici e polimerici in grado di esibire particolari capacità di
conduzione elettrica.
I principali approcci al mondo nanotecnologico sono quello top-down e quello botton-up. Bottom-
up sta ad indicare l’approccio nel quale, partendo da piccoli componenti, normalmente molecole o
aggregati di molecole, si ottengono delle strutture nanometriche. Le nanotecnologie bottom-up
nascono dal progetto di sfruttare molecole o aggregati molecolari che hanno la capacità di
autoassemblarsi o autoorganizzarsi in strutture di ordine più elevato. Questo è un approccio di tipo
chimico.
L’electrospinning è considerata una tecnica efficiente per la produzione di fibre polimeriche
nanometriche. Il diametro delle fibre prodotte con queste tecniche è fino a due ordini di grandezza
inferiori rispetto alle tecniche di produzione tradizionali. La maggior parte dei polimeri può essere
elettrofilata ed utilizzata per formare compositi con materiali come semiconduttori o ceramici.
Tramite tale tecnica si possono disperdere all’interno delle fibre nanomateriali con un’orientazione
preferenziale. Fibre elettrofilate di materiali ibridi organici-inorganici sono materiali molto studiati
per le loro proprietà meccaniche, fisiche e chimico-fisiche. In particolare negli ultimi anni
l’attenzione si è incentrata sulla produzione di conductive polmeric composites (CPCs).
Con l’approccio bottom-up sono stati sintetizzati nanotubi di crisotilo stechiometrico e
nanoparticelle metalliche cioè dei nanocristalli e colloidi con un diametro inferiore ai 100 nm.
La sintesi di crisotilo geomimetico permette di ottenere dei nanotubi di lunghezza variabile con in
diametro esterno di 21/22 nm e una cavità centrale del diametro di 7 nm, privi di deformazioni
strutturali, di politipi o di impurezze. Queste caratteristiche oltre a renderlo strutturalmente un
ottimo materiale di studio nanotecnologico permettono di considerarlo non tossico.
Nel corso di tali studi sono state sintetizzate nanoparticelle metalliche cappate con composti
organici (tioli) in grado di legarsi alla superficie delle nanoparticelle. Proprio questo guscio
protettivo permette a tali particelle di non ossidarsi, non aggregarsi e di essere considerate dei punti
quantici.
Nanoparticelle metalliche possono interagire con una nanostruttura monodimensionale come i
nanotubi di crisotilo sintetico formando nuove nanostrutture. I nanotubi decorati possono essere
utilizzati per la realizzazione di nuovi materiali compositi con caratteristiche chimiche, fisiche e
strutturali superiori, grazie alla direzionalità impartita dai nanotubi.
Ci siamo prefissi di realizzare, studiare e sintetizzare nuovi sistemi nanostrutturati inorganici e
polimerici in grado di esibire particolari capacità di conduzione elettrica.
Il primo obiettivo è stato la sintesi e caratterizzazione morfologica e chimico-fisica di nanotubi di
crisotilo stechiometrico e di varie nanoparticelle metalliche. Il passo successivo è quello di mettere
a punto un processo di elettrofilatura in grado di produrre fibre stabili ed uniformi di un polimero
conduttore. Raggiunti i primi risultati, si è proceduto allo studio della morfologia e della
conducibilità di una serie di fibre polimeriche addizionate con i vari tipi di nanotubi, nanoparticelle
e nanowires precedentemente sintetizzati.
Per quanto riguarda la parte polimerica sono stati studiati tappetini bidimensionali di fibre
polimeriche, disperse in maniera casuale, di una blenda polimerica costituita da polianilina -
polietileneossido - acido canforsolfonico. Partendo da questi dati è stata individuata una classe
polimerica, in base alla conducibilità elettrica del polimero e alla solubilità in solventi utilizzabili
per elettrofilare, in grado di sostituire la polianilina. In tale ottica sono stati individuati dei
politiofeni sostituiti con catene alchiliche.
Parallelamente è stato intrapreso lo studio per ottenere fibre di PANI-PEO-CSA tramite l’utilizzo di
collettori alternativi. Come si può notare dalle micrografie SEM in Figura1 è stato possibile
produrre fibre altamente orientate, potenzialmente in grado di aumentare proprietà elettriche e
meccaniche del materiale.
Figura 1
Dal punto di vista inorganico, sfruttando le proprietà self-assembly dei materiali fino ad ora studiati,
si è cercato di produrre materiali ad elevata orientazione, in grado di aumentare le proprietà
meccaniche ed elettriche dei materiali polimerici, utilizzati come filler.
Sono state testate varie metodiche con l’obiettivo di ottenere sospensioni contenenti solo le
nanostrutture nanotubo-nanoparticelle, senza la presenza di nanotubi vuoti o nanoparticelle esterne
ai tubi. Sono state utilizzate le seguenti tipologie di nanoparticelle:
Nanoparticelle di rame cappate con 4-metilbenzentiolo
Nanoparticelle di argento cappate con 4-metilbenzentiolo
Nanoparticelle di oro cappate con 4-metilbenzentiolo
Nanoparticelle di oro-argento (1:4) cappate con 4-metilbenzentiolo
Nanoparticelle di oro-argento (4:1) cappate con 4-metilbenzentiolo
Per tutte le tipologie di nanoparticelle utilizzate è stata riscontrata un’ottima tendenza a distribuirsi
all’interno di nanotubi, lasciando un ambiente esterno privo di nanoparticelle metalliche, tranne per
le particelle di rame che tendono a rimanere in sospensione all’esterno dei nanotubi.
Le micrografie TEM (Figura 2) dei compositi nanotubi di crisotilo-nanoparticelle di argento cappate
con 4-metilbenzentiolo confermano l’omogeneo riempimento delle cavità e l’assenza di
nanoparticelle esternamente ai nanotubi.
Figura 2
Le analisi spettroscopiche FT-IR (Figura3) evidenziano nelle medesime strutture, con l’assenza dei
tipici picchi dovuti al 4-metilbenzentiolo, come tutte le nanoparticelle siano alloggiate all’interno
delle cavità dei nanotubi.
Figura 3
Anche le analisi spettroscopiche UV-Vis mostrano la scomparsa della tipica banda plasmonica a
457 nm, che conferma l’assenza di particelle libere nella sospensione nanometrica.
2) Nuova sintesi di biossido di titanio ad elevata azione fotocatalitica
E’ stata messa a punto una sospensione idroalcolica contenente una componente solida costituita da
particelle di biossido di titanio aventi struttura “anatase”, morfologia “plate like”, elevata area
superficiale. La metodica di sintesi è stata brevettata.
Tali particelle hanno un’elevata superficie di contatto che si traduce in un elevatissima reattività e di
conseguenza un’ elevata efficienza fotocatalitica. Tali particelle presentano un band gap di 3,23
eV, quindi un assorbimento ad una lunghezza d’onda max di 390 nm ovvero assorbono nella
componente UV, dai 250 ai 390 nm.
Tali cristalli infatti vengono attivati dalla luce visibile che nel suo spettro presenta una piccola
finestra di emissione alla lunghezza d’onda di 370-390 nm.
In Fig.1 è riportata l’ immagine al Microscopio Elettronico a Trasmissione (TEM) delle particelle di
biossido di titanio (TiO2) presenti nella sospensione in cui si evidenzia la nanostrutturazione e la
morfologia “plate like” delle particelle.
Figura 1
In Fig. 2 è riportato lo spettro di Diffrazione di Raggi X delle particelle TiO2 presenti nella
sospensione in cui è possibile verificare come esse siano altamente cristalline e costituiscano una
fase unica del tipo “anatase”. La presenza di una unica fase cristallina “anatase” è la condizione
principale per ottenere una elevata attività fotocatalitica.
In Fig. 3 è schematizzato il processo fotocatalitico del biossido di titanio in cui si mostra l’
attivazione da parte della luce solare delle particelle della miscela di ossidi foto catalitici nella
produzione di radicali liberi attivi per la distruzione dei microrganismi biologici quali: muffe,
funghi, batteri, molecole organiche aerodisperse, fumi e particolato atmosferico presenti
nell’ ambiente di vita sia indoor sia outdoor responsabili di allergie, infezioni ed effetti tossici.
Figura 2
In Fig. 4 è mostrato l’ effetto del biossido di titanio sintetizzato in un test di abbattimento degli NOX
effettuato con apposita camera per la certificazione di attività allegata.
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
0 100 200 300 400
Time (min)
% N
Ox
Deg
rad
atio
n
TITAN CLEAN_Z
Empty Ball + UV
In Fig. 5 è mostrato l’ effetto del biossido di titanio sintetizzato in un test effettuato su una
soluzione di blu di metilene che viene decolorata in 120 minuti
Figura 3
Figura 4
Figura 5
3) Nuova sintesi di microparticelle bifasiche attivate superficialmente da biossido di titanio
Lo scopo del lavoro è stato quello di ottimizzare le caratteristiche fotocatalitiche di nuovi
nanocristalli di TiO2 con struttura anatase sintetizzati per via idrotermale e cercare di mettere a
punto una sospensione acquosa con particelle micrometriche per superare il rischio della
nanotossicità in grado di esibire una elevata potenzialità fotocatalitica.
L’attività di ricerca si è sviluppata sostanzialmente in tre fasi:
Fase I: messa a punto e affinamento della sintesi idrotermale per l’ottenimento di nanocristalli di
TiO2 ad alta efficienza fotocatalitica.
In questa fase, si è cercato di sviluppare ulteriormente il lavoro di messa a punto di una sintesi di
nanoparticelle di biossido di titanio ad alta efficienza fotocatalitica iniziato l’anno precedente.
E’ stata quindi modificata la tipologia di sintesi; si è continuato ad utilizzare il processo idrotermale,
ma è stata variata la modalità di miscelazione dei reagenti di sintesi.
La sintesi è basata sulla reazione fra alcossido di titanio e acqua al fine di ottenere l’idrolisi del
primo con conseguente formazione di TiO2 e corrispondente alcool.
La sintesi è stata ottenuta gocciolando alcossido di titanio in acqua preriscaldata in un reattore
idrotermale; si sono effettuate varie prove, variando sia il tempo sia la temperatura di reazione.
La sintesi ottimale è risultata essere quella effettuata alla temperatura di 80 °C con un tempo di
reazione di 4 ore.
Con questa sintesi sono stati ottenuti cristalli nanometrici di anatasio, contenente una piccola
percentuale di brookite della dimensione di 10-20 nm con morfologia a piattina; tali cristalli
presentano mediamente un dominio cristallino medio lungo il piano (101) di 490 Å e di 140 Å
lungo il piano (001). Queste caratteristiche morfologiche e strutturali conferiscono a questi nano
cristalli un’elevata fotoreattività.
Infatti, dai risultati delle ricerche effettuate lo scorso anno sulla correlazione tra la morfologia dei
cristalli di anatase e l’attività fotocatalitica, si è potuto constatare che la maggiore reattività è data
dalle particelle che presentano un morfologia a piattina. Inoltre si è osservato come la maggior
attività fotocatalitica sia data dall’ assorbimento della luce sulla faccia (100) in accordo con quanto
ipotizzato su base teorica. La sorprendente attività fotocatalitica dei nanocristalli sintetizzati è
appunto dovuta alla loro morfologia a piattina ed all’ esposizione prevalente delle facce (100).
Si può notare dalle immagini di microscopia TEM che i cristalli tendono ad aggregarsi e a formare
aggregati cristallini aventi dimensioni di 50-100 nm. (Fig. 1)
Fig. 1 Immagine TEM di nanocrostalli di TiO2
Fase II: aggregazione nei nanocristalli TiO2 su microcristalli di fosfato di calcio.
In questa seconda fase si è cercato di incrementare l’attività fotocatalitica dei nanocristalli ottenuti
dalla precedente sintesi idrotermale cercando anche di superare le problematiche tossicologiche per
la salute umana legate in generale alla nanodimensione.
In questo studio è stato trovato un nuovo approccio in grado di ottenere il massimo dell’efficienza
fotocatalitica senza ricorrere ai sistemi attualmente più usati quali il drogaggio con altri ossidi
inorganici, o la modificazione strutturale delle nanoparticelle per creare difetti e quindi aumentarne
la reattività.
E’ stato messo a punto un sistema che prevede l’utilizzo di micro clusters di idrossiapatite che
fungono da centri di aggregazione per i nanocristalli di TiO2.
Sono stati quindi preparati dei microcristalli costituiti da un core di idrossiapatite ricoperto dai
nanocristalli di TiO2 precedentemente sintetizzati.
Ciò è stato possibile in quanto i microclusters di idrossiapatite utilizzati sono costituiti da una
carbonatoidrossiapatite non stechiometrica in superficie; tale struttura presenta quindi in superficie
delle cariche esposte sia positive che negative che la rendono particolarmente reattiva. Infatti i
microclusters di idrossiapatite utilizzati sono a loro volta costituiti da nanocristalli aggregati, e ciò
conferisce loro una morfologia irregolare e nanostrutturata con un’elevata area superficiale in grado
di legare un’enorme quantità di nanocristalli di biossido di titanio.
Dopo varie prove, si è ottenuto un soddisfacente grado di aggregazione partendo da una
sospensione acquosa di nanocristalli di TiO2 al 0,8 % in peso al quale è stato aggiunto un
quantitativo del 5% circa, calcolato in base alle aree superficiali, di una sospensione acquosa di
microclusters di idrossiapatite al 30% in peso.
I microaggregati così ottenuti sono stati caratterizzati tramite DRX, FT-IR, microscopia SEM con
microanalisi EDS, microscopia TEM.
Lo spettro di diffrazione di raggi X mostra che si è ottenuto un materiale cristallino che presenta i
massimi di diffrazione caratteristici dell’idrossiapatite e dell’anatasio.
Il picco dell’idrossiapatite (002) si sovrappone parzialmente al picco principale (100) dell’anatasio
come si può vedere dal diffrattogramma riportato in Fig. 2.
Fig. 2 Diffrattogramma microcristalli HA-TiO2
Confrontando infatti il diffrattogramma con quello dei nanocristalli di TiO2 (Fig. 3) si nota che il
picco (100) è presente a un angolo di diffrazione molto prossimo a quello del picco (002)
dell’idrossiapatite.
Fig. 3 Diffrattogramma nanocristalli TiO2
L’analisi FT- IR (Fig. 4) mostra le bande di assorbimento caratteristiche dell’idrossiapatite e dell’
anatasio.
Infatti sono visibili la banda a 435 cm-1
caratteristica dello stretching νTi-O-Ti, la banda a 1639
cm-1
caratteristica della carbonatoapatite di tipo B, la bande a 1093 e 1025 relative allo stretching
dei fosfati dell’apatite e le bande a 602 e 565 nm relative al bending dei legami O-H e O-P-O.
Si notano inoltre 2 bande a 2906, 2855 cm−1
attribuibili ai moti di stretching νCH2, CH3 del
gruppo isopropile presente nell’ alcool isopropilico residuo contenuto in soluzione.
Fig. 4 Spettro FT-IR
L’analisi al Microscopio Elettronico a Scansione (SEM) (Fig. 5) mostra che sono stati ottenuti dei
microcristalli di idrossiapatite ricoperti superficialmente da anatasio.
Fig. 5 Immagine di microscopia SEM
Le particelle hanno tutte una dimensione micrometrica; la distribuzione va da circa 0,5 a 15
micrometri con prevalenza di micro particelle di diametro di 8-10 micrometri.
Lo spettro ottenuto con la microanalisi EDS (Fig. 6) mostra che la composizione elementare delle
particelle è costituita da calcio e fosforo in rapporto di circa 1,7 compatibile con quello
dell’idrossiapatite.
Si notano inoltre il segnale del titanio e quello dell’ossigeno.
Tutto ciò indica che si è formato un aggregato idrossiapatite-anatasio in quanto le particelle
analizzate in punti differenti danno la stessa composizione.
Fig. 6 Analisi elementare effettuata con sonda EDS
L’analisi effettuata con Microscopio Elettronico a Trasmissione (TEM) (Fig. 7) conferma che sono
stati ottenuti dei cristalli aggregati della dimensione che va da 200 a 400 nm.
Fig. 7 Immagine di microscopia TEM
Fase III: Caratterizzazione dell’attività fotocatalitica
Questa parte del lavoro è stata svolta in collaborazione con altri laboratori fra cui quello di Chimica
Fisica dell’Università Politecnica di Milano, conducendo test di attività fotocatalitica con una
speciale camera per determinare l’attività nei confronti degli NOx. e quello di Microbiologia del
Chemical Center S.r.l per testarne l’ attività antibatterica nei confronti di specifici ceppi batterici.
I test sui batteri sono stati effettuati sul ceppo E. Coli, eseguendo 2 diverse tipologie di prove,
utilizzando 2 diverse tecniche di deposizione delle microparticelle. I test sono stati condotti
irraggiando con luce UV di una lunghezza d’onda tale da non avere effetti sui batteri, ma in grado
di attivare il meccanismo fotocatalitico del TiO2.
Sono state effettuate inoltre prove a diversa durata di esposizione e di concentrazione, e si è visto
che per qualsiasi prova si ha una riduzione minima del 72%. (Tabella 1)
I dati migliori si ottengono con la tecnica “in sospensione” e la durata dell’esposizione non
influenza il risultato, segno che l’effetto è immediato, e dopo già due ore ha raggiunto il suo
massimo. La proprietà determinante è la concentrazione; infatti incrementi del 50% aumentano
l’efficacia del 30 %.
Tabella 1 – Risultati dei test antibatterici
Le prove di attività fotocatalitica sono state condotte in una speciale camera in cui è presente una
concentrazione nota di NOx; si determina la % di degradazione di questi composti: Anche in queste
prove vengono utilizzate lampade UV per l’attivazione del TiO2
Tali prove hanno permesso di mettere in relazione l’attività con la diversa struttura delle molecole
di TiO2, ovvero hanno permesso di apprezzare la diversa efficienza fra le particelle di TiO2 libere o
aggregate su un microcluster di idrossiapatite, e di effettuare un confronto.
I risultati ottenuti mostrano che per i microcristalli di TiO2 aggregati su HA, la percentuale degli
NOx degradati arriva al 95% in soli 180 minuti, arrivando al 100% nei successivi minuti.
Ciò indica che benché si abbia una cinetica lenta all’inizio, si arriva al risultato del totale
abbattimento degli NOx in sole 4 ore. (Fig. 8)
Fig 8 – Attività fotocatalitica microcristalli HA- TiO2
Dall’andamento ottenuto dal test effettuato sul solo TiO2 sintetizzato si osserva una cinetica veloce
all’inizio che poi rallenta fino ad arrivare a plateau attestandosi su valori di abbattimento massimo
del 72%.
Dal confronto fra le due curve (Fig. 9), si vede il maggior effetto fotocatalitico dei microcristalli di
TiO2 su HA (linea verde) rispetto ai nanocristalli di TiO2 (linea rossa).
Infatti questi ultimi hanno una cinetica veloce all’inizio, ma poi arrivano ad una percentuale di
degradazione massima soltanto del 72%, mentre i cristalli aggregati su HA danno una cinetica più
blanda all’inizio ma poi sono in grado di arrivare a totale abbattimento degli NOx con una
rendimento superiore rispetto ai soli cristalli di TiO2 del 30%.
PRODOTTO IN
ESAME
CEPPO MICROBICO: Escherichia Coli
CONCENTRAZIONE
MICROBICA
INIZIALE T0 (UFC/ml)
UVA
3h
CONCENTRAZIONE
MICROBICA FINALE
(UFC/ml)
RIDUZIONE
%
acqua sterile
deionizzata 1,2x10
8
1,2x10
8 -
TiO2-HA (fissato su piastra)
4ml 1,2x10
8
1,7x10
7 85,84%
TiO2-HA (in sospensione) 4ml
1,2x108
2,5x10
6 97,9%
Fig. 9 – Confronto dell’attività fotocatalitica
In conclusione, si può affermare che è stata messa a punto una nuova sintesi molto di nanocristalli
di TiO2 con struttura anatasio con una morfologia e dimensioni che li rendono estremamente
reattivi.
Tali microcristalli sono stati aggregati su microclusters di idrossiapatite in modo da formare un
aggregato micrometrico.
Le prove effettuate hanno mostrato che questi cristalli hanno un’elevata attività antibatterica ed
inoltre sono molto reattivi anche nei confronti degli NOx.
Il confronto fra i dati ottenuti con i nanocristalli liberi e quelli aggregati su HA mostra che nel
secondo caso si hanno risultati superiori del 30%.
Il risultati ottenuti confermano il raggiungimento degli obiettivi attesi per questa attività di ricerca e
hanno permesso di verificare l’ importanza applicativa dell’approccio innovativo utilizzato; per
questo motivo si è deciso di brevettare la sintesi di questo nuovo prodotto che potrebbe essere
utilizzato in una ampia gamma di applicazioni industriali per il suo elevato potere antibatterico e
antinquinamento.