Un’industria tra gli ulivi: Taranto tra - Focus.it · L’Ilva di Taranto: la storia e la...

28

Transcript of Un’industria tra gli ulivi: Taranto tra - Focus.it · L’Ilva di Taranto: la storia e la...

Page 1: Un’industria tra gli ulivi: Taranto tra - Focus.it · L’Ilva di Taranto: la storia e la situazione dello stabilimento da ieri ad oggi L’Ilva, attualmente, è un’importante
Page 2: Un’industria tra gli ulivi: Taranto tra - Focus.it · L’Ilva di Taranto: la storia e la situazione dello stabilimento da ieri ad oggi L’Ilva, attualmente, è un’importante

Un’industria tra gli ulivi: Taranto tra Un’industria tra gli ulivi: Taranto tra

ferro e naturaferro e natura

L’Ilva di Taranto: la storia e la situazione dello stabilimento da

ieri ad oggi

L’Ilva, attualmente, è un’importante

società per azioni (S.p.A.) del Gruppo

Riva che si occupa principalmente della

produzione e della trasformazione

dell’ac-ciaio. Possiede vari stabilimenti

collocati in tutta Europa; il più impor-

tante stabilimento di questa industria è

situato a Taranto, in Puglia, Italia; più

precisamente essa è sita a ridosso di un

rione di Taranto chiamato quartiere

Tamburi, nell'area compresa tra la

Strada statale 7, Via Appia, la Super-

strada Porto-Grottaglie, la Strada Pro-

vinciale 49 Taranto-Statte e la Strada

provinciale 47; per una superficie com-

plessiva di circa 15.450.000 metri qua-

drati. L’Ilva prende il nome dal nome

latino dell'isola d'Elba, dove veniva e-

stratto il minerale di ferro necessario

per far funzionare i primi altiforni co-

struiti in Italia a fine Ottocento. La so-

cietà Ilva nacque agli inizi del ‘900 a Geno-

va; nel 1961, con la costruzione del nuovo

polo siderurgico di Taranto, prese il nome

di Italsider. La denominazione Ilva fu suc-

cessivamente ripresa nel 1988 quando

l’Italsider e la Finsider (Società Finanziaria

Siderurgica S.p.A. del Gruppo IRI che ave-

va il controllo dell’Ilva, delle Acciaierie di

Cornigliano, della Terni e della Dalmine)

furono messe in liquidazione e scomparve-

ro. La nuova Ilva fu smembrata e divisa in

più poli: già ceduto l’impianto di Corniglia-

no e chiuso quello di Bagnoli, l’acciaieria di

Piombino fu venduta al gruppo Lucchini,

mentre il grande polo siderurgico di Taran-

to passò nel 1995 al Gruppo Riva.

In alternativa alla città di Taranto, a quei

tempi, per la costruzione del nuovo polo si-

Page 3: Un’industria tra gli ulivi: Taranto tra - Focus.it · L’Ilva di Taranto: la storia e la situazione dello stabilimento da ieri ad oggi L’Ilva, attualmente, è un’importante

siderurgico, si pensò an-

che alle città di Vado Li-

gure e di Piombino

(ampliamento dello stabi-

limento già esistente),

ma si scelse Taranto per

le sue aree pianeggianti

e vicine al mare, la dispo-

nibilità di calcare, di ma-

nodopera qualificata e

per possibilità di usufrui-

re di contributi statali

per tale obiettivo. Infatti

tutto rientrò nella politi-

ca di risoluzione della

“Questione Meridionale”

e il progetto fu favorito

dalla crescente disoccu-

pazione che stava sempre

più prendendo piede e

non solo nella città, ma

in tutta la provincia. Se-

condo i dati elaborati dal

prefetto Binna, il feno-

meno assumeva connota-

ti sempre più drammati-

ci: 3518 disoccupati nel

novembre 1945, 4585 in

dicembre, 5401 in genna-

io, 9158 a febbraio. Tutte

le forze politiche e sin-

dacali, accomunate

dall’assenza di adeguati

progetti di rinnovamen-

to, accolsero con giubilo

la proposta di far sorge-

re nella città ionica il

centro siderurgico, an-

che perché fino a quel

momento solo due erano

le grandi industrie pre-

senti a Taranto: i Can-

tieri Navali Tosi e

l’Arsenale Militare fatto

costruire dallo Stato al-

la fine dell’800.

La città si era dunque

sviluppata economica-

mente all’ombra dell’ap-

parato militare. Dopo la

Seconda Guerra Mon-

diale il tracollo della

struttura produttiva di

Taranto fu inevitabile e

anche il panorama rela-

tivo ad altre attività

presenti nel tarantino

non era molto esaltante.

L’insediamento dello

stabilimento Italsider

negli anni ’60 rivoluzio-

nò indubbiamente la vi-

ta economica e sociale della cit-

tà, nonché di tutta la provincia,

in modo rilevante; Infatti, fino

ai primi anni del Novecento la

vita dei tarantini era stata se-

gnata esclusivamente dalle at-

tività primarie che ben si adat-

tavano al clima caldo mediter-

raneo di queste terre dove colti-

vazione di ulivi e vite, pastori-

zia, pesca e mitilicoltura aveva-

no regnato sovrane.

Oggi, l'Ilva è al centro di un va-

sto dibattito per il suo impatto

ambientale sia a Taranto che

Genova. Le incontrollate emis-

sioni nocive sono state oggetto

di diversi processi penali per

inquinamento che si sono con-

clusi, in alcuni casi, con la con-

danna di Emilio Riva e di altri

dirigenti. Il rapporto della Ma-

gistratura parla di 30 morti

l’anno riconducibili alle emis-

sioni inquinanti, ovvero per o-

gni mese dell’anno muoiono più

di due persone e altre si amma-

Page 4: Un’industria tra gli ulivi: Taranto tra - Focus.it · L’Ilva di Taranto: la storia e la situazione dello stabilimento da ieri ad oggi L’Ilva, attualmente, è un’importante

ammalano gravemente.

Nel 2002 a Genova sono

state chiuse le cokerie a

causa dell’impatto am-

bientale e sulla salute.

Uno studio epidemiolo-

gico evidenziò una rela-

zione tra polveri respi-

rabili emesse dagli im-

pianti siderurgici ed ef-

fetti sulla salute. Esso

attesta che nel quartie-

re di Cornigliano nel pe-

riodo 1988-2001, la mor-

talità complessiva negli

uomini e nelle donne

risultava costantemente

superiore al resto di Ge-

nova. Nel luglio 2005 è

stato spento anche l'al-

toforno numero 2 dello

stabilimento di Corni-

gliano. Finì così l'era

della siderurgia a caldo

a Genova con un au-

ma soprattutto con una

notevole riduzione del-

l'inquinamento, in par-

ticolare ci fu un calo

drastico dei valori di

benzopirene contenuti

nell’aria. Esso è un gas

nocivo più pericoloso

della diossina poiché

causa effetti collaterali

immediati, questi ulti-

mi invece nella dios-

sina sono latenti. La

chiusura dell’area a

caldo di Genova ha pe-

rò ulteriormente ag-

gravato la già precaria

situazione ambientale

e sanitaria di Taranto

in quanto i processi

fino allora condotti a

Genova vennero com-

pensati da un’accen-

tuata attività nello

stabilimento tarantino.

Elsa Sansolino, Chia-

ra Dalla Rena,Clara

Pulpito, Sara Suria-

no, Sofia Amati,

Storie di Taranto: la trasformazio-

Pecore e ulivi. In fondo il

mare, un mare caldo e in-

tenso. Questi sono i prota-

gonisti di un mondo sonno-

lento, di un destino umano

che ha avuto sempre un so-

lo nome: povertà. Soprag-

giunge una nuova forza, la

macchina. Cadono gli ulivi

secolari, cadono a pezzi le

bianche e vecchie case dei

contadini e dei pastori. I

nuovi protagonisti sono geo-

metri, muratori e carpentie-

ri. Spunta una nuova vege-

tazione. Un gigantesco cen-

tro s id eru rgi co che

l’Italsider sta costruendo a

Taranto e che diventerà il

centro più potente e moder-

no della siderurgia italiana.

Alcuni operai sono del po-

sto, gente della campagna en-

trata nel mondo ancora miste-

rioso della tecnica. E’ il 1965.

Questo sarà il passo verso una

trasformazione che cambierà

l’immagine e lo stile di vita

del mezzogiorno agricolo, po-

vero, del mezzogiorno fermo

ormai da troppi secoli. Lo spi-

raglio di una ripresa economi-

ca suscitava speranze nelle

persone che fino a quel mo-

mento avevano vissuto solo

grazie all’attività primaria. I

mestieri di agricoltore, pesca-

tore, miticoltore, erano peren-

nemente soggetti ai cambia-

menti climatici, mentre la ric-

chezza era concentrata nelle

mani di poche perso-

ne, la moneta circola-

va con difficoltà.

Valeria Greco

Page 5: Un’industria tra gli ulivi: Taranto tra - Focus.it · L’Ilva di Taranto: la storia e la situazione dello stabilimento da ieri ad oggi L’Ilva, attualmente, è un’importante

La costruzione di un’industria

siderurgica appariva ai citta-

dini come una possibilità di

riscatto, anche verso quel

Nord industrializzato da un

po’ che riteneva i meridionali

“inferiori”. Quando gli operai

iniziarono a lavorare dovette-

ro imparare molto, ma non fu

difficile poiché il guadagno si-

curo incrementava l’impegno.

La parola “inquinamento” non

era mai stata fonte di preoccu-

pazione per Taranto. Potevano

dunque la macchina, il pro-

gresso, uno stipendio fisso es-

sere un problema così gravoso

per la città? Il tema riguardante l’impatto ambientale si iniziò ad affrontare verso la fine degli anni ’80, dopo quasi 20 anni di emissio-ni a tutto ritmo. Polveri sottili, diossina, tumori, furono il centro di numerosi dibattiti tra i vari am-bientalisti e studiosi che comincia-rono pian piano ad indagare sulle cause di quei disastri, a smasche-rare il vero volto di quella ormai già grande città nella città.

Alessandra

Il ciclo integrale di pro-

duzione siderurgica par-

te dalle materie prime

nel loro stato naturale

per arrivare, attraverso

un complesso sistema di

impianti, trasformazioni

chimico-fisiche e lavora-

zioni, ad ottenere l’ac-

ciaio: lega metallica

composta da ferro e da

una piccola percentuale

di carbonio. L’Ilva, per

assolvere a questo com-

pito, è in grado di prov-

vedere da sé al proprio

fabbisogno produttivo

senza richiedere ad al-

tre aziende prodotti se-

milavorati, ma solo le

materie prime: il carbon

fossile, minerali di ferro

e altri materiali fonden-

ti come calce o calcare.

L’intero processo che si

realizza a Taranto può

essere suddiviso in

Il Ciclo Produttivo dell’Ilva a

Taranto

Descrizione del ciclo di produzione dell’industria siderurgica

quattro fasi, ognuna

delle quali interessa

aree e porzioni diver-

se dello stabilimento:

cokeria, agglomerazio-

ne, altoforni e conver-

titori LD, acciaieria.

Le materie prime ar-

rivano con le navi e il

trasporto determina

le prime dispersioni di

polveri e scorie inqui-

nanti che vanno a fi-

nire nell’aria e sui

fondali marini. L’Ilva,

per scaricare queste

materie, utilizza dei

moli chiamati spor-

genti: ne ha a disposi-

zione cinque ma ne

utilizza solo due, il

secondo e il quarto.

Anche lo scarico de-

termina inquinamen-

to in quanto il mine-

rale viene trasportato

ai parchi minerali,

Page 6: Un’industria tra gli ulivi: Taranto tra - Focus.it · L’Ilva di Taranto: la storia e la situazione dello stabilimento da ieri ad oggi L’Ilva, attualmente, è un’importante

che si trovano

a l l ’ i n t e r n o

dell ’az ienda in

un’area lontana dai

moli, a ridosso del

rione Tamburi. Tale

trasporto di diverse

centinaia di metri

avviene su nastri

trasportatori scoper-

ti e mai modificati.

Nella cokeria avvie-

ne la distillazione

del carbon fossile:

meccanismo utile ad

eliminare da esso

tutte le materie vo-

latili e la parte pol-

verosa. Questo pro-

cesso necessita di

temperature elevate.

La cokeria è for-

mata da dodici

batterie, le prime

due sono state e-

liminate; dalla

terza alla sesta

per ognuna ci so-

no 45 forni, alti 5

metri, 43 dalla

settima alla dodi-

cesima, con un’al-

tezza superiore ai

6,5 metri. Il car-

bon fossile viene

caricato dall’alto

direttamente nei

forni mentre da

porte laterali vie-

viene scaricato il coke, de-

terminando una grande

quantità di inquinanti ae-

rei:gas e vapori emessi

d a l l e c i m i n i e r e .

Il coke è necessario per

p rodu rre l a g h i sa

all’interno degli altiforni.

L'altoforno è un tipo di im-

p i a n t o u t i l i z z a t o

nell’industria metallurgica

per produrre ghisa parten-

do da minerale ferroso;

l’altoforno produce ghisa

grigia, ovvero una lega bi-

naria di ferro e carbonio,

attraverso un processo in

cui concorre la combustio-

ne di carbone coke, la fu-

sione di minerali e riduzio-

ne degli ossidi metallici

(ad esempio Fe2O3) presen-

ti in natura come minerale

ferroso o introdotti come

rottame ferroso, attraverso

un'atmosfera riducente. La

produzione di un moderno

altoforno può essere com-

compresa tra le 2.000 e

le 4.500 tonnellate al

g i o r n o .

Gli altiforni sono cinque,

due sono chiusi, uno in

manutenzione e altri du-

e attualmente in funzio-

ne. La ghisa ha bisogno

dell’agglomerato che vie-

ne aggiunto in un’area

in cui si realizza la sin-

tesi in un unico corpo di

vari elementi friabili o

comunque in stato polve-

roso. Anche queste so-

stanze giungono all’ag-

glomerazione tramite

nastri trasportatori e

successivamente filtrati

da due elettrofiltri. E’

durante questa fase che

c’è l’emissione della dios-

sina, anche se in quanti-

tà ridotta rispetto ad u-

na produzione priva di

e l e t t r o f i l t r i .

Il quinto altoforno è il

più grande e produce

più ghisa, che deve esse-

re depurata. Oltre alla

ghisa fusa, si ottengono

anche delle scorie

(loppa), che verranno

utilizzate per scopi edili.

In questa fase la ghisa

subisce il processo di de-

solforazione, ovvero

l’estrazione dello zolfo

residuo ( ri lasciato

nell’aria come anidridi)

per poi essere trasporta-

ta in acciaieria. Parte

della ghisa viene fatta

colare negli stampi per

produrre lingotti, che

andranno in fonderia.

L'altra parte, più nume-

rosa, viene trasformata

in acciaio nell'acciaieria.

Lo stabilimento ha due

acciaierie, ognuna com-

posta da tre convertitori,

in cui convergono ghisa,

rottami di ferro e ossige-

no come comburente. Il

convertitore LD è oggi il

Page 7: Un’industria tra gli ulivi: Taranto tra - Focus.it · L’Ilva di Taranto: la storia e la situazione dello stabilimento da ieri ad oggi L’Ilva, attualmente, è un’importante

sistema più utilizzato per trasfor-

mare la ghisa in acciaio. Il suo no-

me deriva da due città austriache,

Linz e Donawitz, dove è stato usato

per la prima volta. Il convertitore

LD è costituito da mattoni refratta-

ri rivestiti da una lamiera d'acciaio.

È bucato in cima per consentire di

mettere una lancia dove viene sof-

fiato dell'ossigeno che, legandosi

con il carbonio, si trasforma in CO2

(anidride carbonica). In questo mo-

do la concentrazione di carbonio

presente nel bagno diminuisce e la

ghisa diventa acciaio. Sia la ghisa

che l'acciaio sono infatti leghe for-

mate da ferro e carbonio. Nella ghi-

sa la percentuale di carbonio si ag-

gira intorno ai 2,06-6,67%, mentre

nell'acciaio è inferiore al 2,06%. Per

questo procedimento servono all'in-

circa 15 minuti. Oggi il convertitore

LD viene utilizzato spesso per il

basso costo delle materie e del

processo.

Secondo la quantità di ossigeno a-

doperata si creano le così dette

‘’nubi rosse’’ che vediamo disper-

dersi nell’aria e che contengono so-

stanze altamente nocive (anidridi

dello zolfo e dell’azoto). Solo una

parziale quantità di fumi viene re-

cuperata e inviata alle centrali ter-

moelettriche dello stabilimento, tut-

to il resto viene scaricato in atmo-

sfera. Siamo alla fine del processo

produttivo, qui l’acciaio viene nuo-

vamente depurato dalla loppa e so-

lidificato, con ciò termina il proces-

so dell’area a caldo. Nell’area a

freddo vengono prodotti i coils

(rotoli d’acciaio) e le lamiere; una

parte dei coils viene utilizzata per

formare i tubi.

Oggi l’Ilva produce a Taranto circa

10 milioni di tonnellate l’anno di

acciaio.

Elisa Borghese, Clara Pulpito, Egi-

dia Perrone, Shana Quero

SALUTE E LAVORO, QUALE COM-

PATIBILITÀ?

Quando il 9 Luglio 1960 venne posta la pri-

ma pietra del quarto centro siderurgico

dell’ex IRI ora ILVA, non si era posto il pro-

blema della sua compatibilità con l’assetto

della città e le conseguenze che poteva cau-

sare all'ambiente ed alla salute dei cittadi-

ni. Probabilmente si era totalmente affasci-

nati dalla grossa opportunità che Taranto

aveva in termini di rilancio tecnologico-

finanziario, che permise in quegli anni di

raggiungere un periodo di benessere sociale-

economico tra i più alti d’Italia.

Taranto così cominciò a conoscere il proble-

ma dell’inquinamento atmosferico, del mare

e dei relativi prodotti dell’acquicoltura, qua-

le ricchezza naturale, lo sventramento, lo

sterminio di interi boschi ed uliveti secolari,

Page 8: Un’industria tra gli ulivi: Taranto tra - Focus.it · L’Ilva di Taranto: la storia e la situazione dello stabilimento da ieri ad oggi L’Ilva, attualmente, è un’importante

perché nasceva la “civiltà

dell’industria”accanto alla civil-

tà della produzione agricola, la

quale non riuscirà a tenere te-

sta alla prima.

E’ ormai accertata la corrispon-

denza o nesso di causalità fra

le emissioni determinate dal

settore siderurgico e i problemi

di salute. A colpire è soprattut-

to la diffusione di tumori, ma-

lattie neurologiche e malattie

renali. A Taranto ci si ammala

e si muore di più, in maniera

intollerabile rispetto al resto

della provincia e della Regione,

con tassi di mortalità per ma-

lattie polmonari superiori del

14% tra gli uomini e dell'8% tra

le donne . A tal proposito nella

scorsa estate il ministro della

Salute Prof. Renato Balduzzi,

presentò alle associazioni am-

bientalistiche di Taranto, uno

studio compiuto dall' Istituto

Superiore di Sanità con l'Oms,

chiamato progetto SENTIERI

dove si evidenziavano i dati ag-

giornati al 2009 che, per tutte

le cause di mortalità, per tutta

la popolazione, segnano un più

1% rispetto al 2008.

Secondo i risultati del rap-porto del Ministero della Salute, tra 2003 e 2009 la frequenza di alcuni tipi di cancro è aumentata e in al-cuni casi addirittura rad-doppiata. Rispetto al resto della provincia puglie-se, negli gli uomini è stato registrato un aumento del 30% per tutti i tumori. Nel dettaglio, del 50% per il tu-more maligno del polmone, più del 100% per il mesote-lioma e per i tumori mali-gni del rene e delle altre vie urinarie (escluso la vesci-ca), superiore al 30% per il tumore della vescica e per i tumori della testa e del col-lo, del 40% per il tumore maligno del fegato, del 60%

per il linfoma non Hodgkin, superiore al 20% per il tumo-re maligno del co-lon-retto e per il tumore della pro-stata e al 90% per il melanoma cuta-neo. Per le donne resi-denti nei comuni di Taranto e Statte, sempre a confronto con il resto della provincia, si rileva un eccesso di inci-denza per tutti i tumori di circa il 20%. Sono presenti eccessi per una se-rie di tumori mali-gni: della mammel-

la pari al 24%, del corpo

dell’utero superiore all’80%,

del polmone 48%, del colon-

retto 21%, del fegato 75%, del

linfoma non Hodgkin 43% e

dello stomaco superiore al

100%.

Gravissimo allarme anche per

la mortalità nel primo anno

di vita: +20% rispetto al resto

della Puglia.

A Taranto in ogni metro cubo

d'aria ci sono 10 milligrammi

in più di Pm10 di origine in-

dustriale: corrisponde ad un

Page 9: Un’industria tra gli ulivi: Taranto tra - Focus.it · L’Ilva di Taranto: la storia e la situazione dello stabilimento da ieri ad oggi L’Ilva, attualmente, è un’importante

aumento del 25% del rischio di ri-

covero per gli individui da 0 a 14

anni, senza contare l’aumento del-

le patologie in gravidanza, schizza-

to in 14 anni dal 21% al 47% e di

malattie neonatali.

Da quanto acquisito dalla relazio-

ne “SENTIERI”, lo stabilimento

siderurgico, ed in particolare gli

impianti altoforno, cokeria e agglo-

merazione, sono il maggior emetti-

tore nell'area per oltre il 99% del

totale degli inquinanti costituiti

soprattutto dal benzo-apirene,

diossine, Pcb.

Tali sostanze sono state rilevate

nel sangue degli allevatori di mas-

serie nel raggio di 0-15 km dal polo

industriale, a conferma di una con-

sistente contaminazione di tutta la

catena alimentare attraverso i pro-

dotti della terra e dell’allevamento.

Una drammaticità che ha portato

ad una serie di provvedimenti sia

da parte della Procura delle Repubblica che

dello stesso Governo italiano, tesi a diminuire

le emissioni dannose in atmosfera. Taranto at-

tende che almeno qualcuno di essi cominci ad

essere applicato.

Alessia Fina,Claudia Piemonte, Laura Fella,

Maria Fabbiano, Marianna Solito, Martina

Cassese, Stefania Matarrese

Il decreto “salva Ilva” e le risposte

della cittadinanza Convertito in legge il decreto recante disposizioni urgenti in caso di crisi di stabilimenti in-

dustriali di interesse strategico nazionale

Emanato il 3 dicembre

2012 dal Presidente

della Repubblica, Gior-

gio Napolitano, il decre-

to legge recante dispo-

sizioni urgenti a tutela

della salute, dell'am-

biente e dei livelli di

occupazione in caso di

crisi di stabilimenti in-

dustriali di interesse

strategico nazionale,

noto come decreto

"salva Ilva", è stato ap-

provato nei giorni suc-

cessivi dal Consiglio dei

Ministri.

Il decreto-legge, entrato

Page 10: Un’industria tra gli ulivi: Taranto tra - Focus.it · L’Ilva di Taranto: la storia e la situazione dello stabilimento da ieri ad oggi L’Ilva, attualmente, è un’importante

in vigore il giorno dopo la

sua pubblicazione sulla

Gazzetta Ufficiale, è stato

presentato alle Camere

per la conversione in leg-

ge, che è avvenuta il 19

dicembre 2012.

La legge consente allo sta-

bilimento dell’Ilva di Ta-

ranto di rientrare, in tem-

pi molto brevi, in possesso

dei prodotti finiti e semila-

vorati (duemila tonnellate

di acciaio), bloccati dallo

scorso 26 novembre dalla

magistratura, ed in ogni

caso autorizza la prosecu-

zione dell'attività produtti-

v a a l l ’ i n t e r n o

dell’industria, nonché la

conseguente commercializ-

zazione dei prodotti per

tutto il periodo di validità

dell’autorizzazione inte-

grata ambientale.

Riguardo alla gestione e

alla responsabilità della

conduzione degli impianti

il decreto, nonostante la

sentenza della procura ab-

bia deciso diversamente, la

rimette nelle mani

dell’Ilva, o meglio in capo

ai titolari dell’AIA; mentre

la sanzione amministrati-

va pecuniaria, che potrà

essere disposta dal Prefet-

to di Taranto, in caso di

inosservanza delle imposi-

zioni decise in questo do-

cumento, non potrà supe-

rare il 10% del fatturato

risultante dall’ultimo bi-

lancio approvato.

Il testo che consentirà

quindi alla fabbrica taran-

tina di tornare al lavoro

osservando però rigorosi

parametri, ha ricevuto un

sostanziale sostegno dai

numerosi partecipanti al

vertice, tra cui Cgil, Cisl

e Uil, i numerosi ammi-

nistratori locali e persino

dal presidente dell’Ilva

Bruno Ferrante, che in

risposta ha lanciato

l’allarme chiusura anche

per gli stabilimenti indu-

striali nei territori di Ge-

nova, Novi Ligure e Rac-

conigi.

Ad assicurare che la procedura di risana-mento venga attuata nei modi e nei tempi previsti dall’AIA, è sta-ta nominata una terza figura, il Garante super partes, fortemente vo-luta dal ministro dello sviluppo del precedente governo, Corrado Pas-sera, nominata entro venti giorni dall’entrata in vigore del decreto e affiancata da un comi-tato di lavoratori. Tra-mite l'Istituto Superio-re per la Protezione e Ricerca Ambientale (Ispra), il garante ac-quisisce tutte le infor-mazioni e gli atti rite-

ritenuti necessari dall'A-

zienda, dalle Ammini-

strazioni e dagli Enti in-

teressati, segnalando al

ministro dell'Ambiente

eventuali criticità riscon-

trate nell'attuazione delle

prescrizioni decise e pro-

ponendo le relative solu-

zioni.

Con le prime misure ope-

rative scattate nel side-

rurgico, che attengono

alla gestione degli im-

pianti, allo stoccaggio del-

le materie prime nei par-

c h i m i n e r a l i e

all’adozione di particolari

precauzioni nelle giornate

di vento, si è verificato un

primo miglioramento del-

la qualità dell’aria nella

città e in particolare nei

centri abitati limitrofi

all’industria. Le elabora-

zioni effettuate dell’Arpa

(Agenzia Regionale per

l’Ambiente), infatti hanno

mostrato un decremento

della concentrazione in

aria di una serie di inqui-

nanti, quali il particolato

Page 11: Un’industria tra gli ulivi: Taranto tra - Focus.it · L’Ilva di Taranto: la storia e la situazione dello stabilimento da ieri ad oggi L’Ilva, attualmente, è un’importante

fine, gli idrocarburi, il benzene e i

policiclici aromatici, a partire dal

primo mese del 2013.

Né la Procura né buona parte della

cittadinanza tarantina ha accetta-

to di buon grado le decisioni prese

dal Governo con tale decreto, in

quanto consapevole delle numerose

inadempienze che in passato han-

no contraddistinto la dirigenza Il-

va. Ecco perché la Procura ha fatto

ricorso alla Corte Costituzionale

mentre i cittadini hanno continua-

to a protestare secondo le regole

democratiche.

Il 15 dicembre 2012 e il 7 aprile

2013 si sono indette due manife-

stazioni di protesta in cui un nu-

mero elevato di cittadini, mamme mano nella

mano con i propri figli, studenti, padri di fa-

miglia, lavoratori si sono uniti nell’esigenza

di dare un ennesimo segnale di protesta e

non condivisione delle decisioni prese nelle

alte sfere.

Per la prima volta il Comune di Taranto ha

indetto un referendum consultivo tenutosi

domenica 14 aprile 2013 e nel quale ai citta-

dini del Comune di Taranto si sarebbero po-

tuti dichiarare favorevoli o contrari alla tota-

le chiusura del siderurgico o della sola area a

caldo. L’affluenza alle urne non ha consentito

di raggiungere il quorum, ma quasi 19000

tarantini sono risultati favorevoli alla chiu-

sura dello stabilimento.

Gaia Mancini

Il quartiere delle polveri Una serie di brevi interviste a persone residenti nel quartiere Tamburi

Il quartiere costruito a ridos-so dell’ILVA è diventato fa-moso proprio per le alte con-centrazioni di polveri e mine-rali pesanti emessi dall’industria che invadono luoghi e ambienti condizio-nando fortemente ogni aspet-to della vita di chi vi abita. Per cercare di capire come queste riescano a convivere in un contesto così particola-re, le abbiamo intervistate da vicino.

- Che anche il ven-to per noi diventa un problema: dob-biamo riuscire a non far entrare il minerale in casa, o vestiti da bianchi diventano neri. L.

Che cosa pensi

quando osservi

l’acciaieria?

Page 12: Un’industria tra gli ulivi: Taranto tra - Focus.it · L’Ilva di Taranto: la storia e la situazione dello stabilimento da ieri ad oggi L’Ilva, attualmente, è un’importante

E’ uno spettacolo ormai consue-to, ed ho imparato a conviverci; però ogni volta che sono in giro sui Tamburi so di respirare so-stanze che mi danneggiano sem-pre più. F. -Mio nonno lavorava all’ILVA, ed è morto per una malattia al cuore e alle vie respiratorie. Quando guardo l’ILVA penso a lui e a tutte quelle persone che come lui hanno perso la vita. V. -Quando raramente esco di casa, guardando l’ILVA, ricordo che nel quartiere Tamburi ci viveva-no contadini, allevatori e che gli alberi erano di legno, non di fer-ro. C. - Prima si potevano mangiare tranquillamente i prodotti della nostra terra. Adesso , invece, ingerendoli potresti star male e per questo sei costretto a com-prare alimenti che tu stesso col-tivavi. Ecco che cosa vedo quan-do guardo l’ILVA. E.

Ma nel 1965, si conoscevano già

tutte le conseguenze? Cos’è il

V.I.A. ?

Solo verso la metà degli anni ‘80

(Minerale raccolto dopo una

raffica di vento)

venne introdotta nella

Comunità Europea una

procedura tecnico-

amministrativa per la

valutazione degli effet-

ti prodotti dalle opere

d i u n p rog e t to

sull’ambiente, il V.I.A.

(Valutazione Impatto

Ambientale). L’ILVA

non fu sottoposta dun-

que a tali controlli ed

oggi, nonostante le nu-

merose procedure e

tecniche in grado di ri-

durre le forti emissioni

migliorando le condi-

zioni di vita dei cittadi-

ni, l’acciaieria continua

a produrre emettendo

sostanze che compro-

mettono la salute degli

abitanti e danneggiano

il territorio di Taranto

e provincia.

Alessandra Arnò, Vale-ria Greco

La Parola a chi è malato

Intervista ad un pensionato Ilva nato e cresciuto nel quartiere Tamburi di Taranto e

ammalatosi di malattia professionale

L’Ilva è stata costruita prima

della comparsa del quartiere

Tamburi?

No, dopo. Lo stabilimento Il-

va, prima chiamato Italsider,

è stato costruito accanto al

quartiere Tamburi ed occupa

un’area molto vasta, che ori-

ginariamente era votata ad

attività agricole. Il

quartiere, dopo la co-

struzione del ‘Mostro

d’Acciaio’, fu ampliato

con nuove abitazioni

destinate ai lavoratori

dell’Ilva e attualmente

è occupato da circa

10.000 persone.

Quali erano le aspetta-

tive della città riguardo alla svolta industriale?

Nessuno immaginava che

un’industria avrebbe potuto

causare tanti problemi. Si

era giovani, e si preferiva il

lavoro allo studio. Eravamo

un mucchio di ‘uomini

ignoranti’. Non ci importava

della cultura, e la nostra u-

Page 13: Un’industria tra gli ulivi: Taranto tra - Focus.it · L’Ilva di Taranto: la storia e la situazione dello stabilimento da ieri ad oggi L’Ilva, attualmente, è un’importante

unica preoccupazione era quella di portare

a casa lo stipendio per sfamare la famiglia,

per non far mancare nulla a mogli e figli.

E’ migliorata la vita lavorativa ed economi-ca?

Sì, Taranto è chiamata ‘La città dei due

mari’, proprio per questo erano quasi tutti

pescatori, contadini, allevatori, carpentieri,

saldatori... Con l’Ilva questi mestieri sono

scomparsi, o se ci sono se ne contano po-

chissimi. L’Ilva ha migliorato tanto

l’economia della città e della provincia ioni-

ca: nessuno veniva escluso, lavoravano tutti

e molte maestranze arrivavano anche dal

Nord.

Lei, quindi, ha lavorato nell’Ilva? Sì, dal 1968 al 2000.

Quando ha iniziato a lavorare nell’Ilva era consapevole di ciò cui andava incontro? In quale settore dell’Ilva ha lavorato?

Purtroppo no, si pensava solo al guadagno,

a lavorare, ad avere un posto fisso con cer-

tezza di stipendio. Nessuno parlava del pro-

blema sanitario. Ho lavorato in diversi re-

parti dell’Ilva: acciaieria, altiforni, cokeria e

in tutti questi a contatto con l’amianto.

Cosa è cambiato nel quartiere Tamburi nel corso degli anni? E si è fatto qualcosa per ottenere un miglioramento?

La situazione è peggiorata con

l’inquinamento drastico del quartiere e il

danno fisico dei nostri polmoni, e del siste-

ma nervoso. Quando finivo le mie ore

all’interno dei reparti riuscivo a malapena

a vedere il cielo, c’era troppa polvere, si re-

spirava con difficoltà. Mia moglie lavava la

mia tuta con disinfettante in un recipiente

apposito, cercando di non contaminare gli

altri indumenti e di non ricevere danni per-

sonali nel maneggiare la divisa sporca di

polveri tossiche.

Le mie mani erano irriconoscibili, nerissi-

me… C’è però da dire che non si è fatto nul-

la per proteggere la salute dei lavoratori

dell’Ilva: chi si ribellava veniva emarginato

o addirittura licenziato, e quindi nessuno

fiatava o contestava i dirigenti. Con il tem-

po l’incidenza dei tumori e delle morti

ha portato i medici e la cittadinanza a

capire che l’Ilva, oltre a inquinare, era

nociva per la salute. Solo negli ultimi

anni passati lì dentro capii davvero che

andavo incontro alla morte e che ogni

ora in più danneggiava gravemente la

mia salute, ma il dovere di capofami-

glia era più forte.

Secondo te, cosa dovremmo fare noi gio-vani del 2013?

Lottare. Dovete lottare per la salute e il

lavoro. Noi uomini siamo stati inganna-

ti, ci sentivamo fieri di essere l’unica

città del Sud a possedere un’industria

così grande, senza renderci conto che

cellule tumorali crescevano in noi. Ta-

ranto è una città bellissima, e tutti co-

loro che vanno via senza lottare dimo-

strano di non voler risolvere il proble-

ma e non essere abbastanza legati alla

città natale. Spero che lo Stato ci tuteli

realmente imponendo all’azienda di

mettere a norma la produzione secondo

i provvedimenti AIA, che ascolti la voce

dei ragazzi che urlano nei cori che Ta-

ranto è la loro città e che vogliono final-

mente vederla libera dai veleni.

Intervista al sign. Fedele Concertini, a cura di Valentina Convertini

Page 14: Un’industria tra gli ulivi: Taranto tra - Focus.it · L’Ilva di Taranto: la storia e la situazione dello stabilimento da ieri ad oggi L’Ilva, attualmente, è un’importante

Anche di gioco si può morire: nel quartiere tarantino ai bambini non è concesso

giocare in strada La realtà a Taranto ha colpito anche le più basse fasce d’età, i ragazzi del quartiere

Tamburi non possono godersi la loro città

A Taranto sono molteplici e

toccano cifre esorbitanti i ca-

si di ricovero per malattie re-

spiratorie, causati da sostan-

ze altamente tossiche quali il

benzopirene, il cui limite è

1µg, mentre la quantità re-

spirata in città è di 10µg.

Tra il 1999 e il 2010 fu rile-

vato un aumento del 10%

delle polveri che creò seri

problemi, soprattutto nei

quartieri più esposti: è il caso

dell’Istituto comprensivo

“Grazia Deledda” in cui ogni

anno, durante la valutazione

della quantità di diossina,

polveri e PCB vengono rile-

vati livelli preoccupanti. Nel

2010 il sindaco emanò

un’ordinanza che decretava

che i bambini non potessero

più giocare nelle aree

verdi del rione Tamburi.

Le sostanze identificate

nell’area della scuola ele-

mentare sono berillio,

cadmio e mercurio. Nei

due anni successivi ven-

ne prorogata la stessa

ordinanza ma niente, an-

cora nessuna bonifica. Le

mamme dei bambini era-

no esasperate, intristite

sotto le richieste dei pro-

pri figli di ‘’uscire fuori a

giocare’’ nei pomeriggi di

sole.

Finalmente nel Luglio

2010 vennero sequestrati

allo stabilimento siderur-

gico alcuni degli impianti

ma, imperterrita, la fab-

brica continuò a produr-

re. Nel mese successivo,

precisamente il 2 Agosto,

la procura della Repubbli-

ca di Taranto condannò

Emilio Riva, suo figlio Ni-

cola e cinque dirigenti, ac-

cusati di disastro ambien-

tale e avvelenamento col-

poso ma, ancora una vol-

ta, poco si concluse.

12.000 operai più 8.000

nell’indotto, e la fabbrica

cosa fa per proteggerli o,

almeno, per limitare i

danni?

Secondo le dichiarazioni

dei lavoratori, l’Ilva ini-

zialmente effettuava una

visita medica ogni 3/4

mesi in cui si prevedevano

indagini diagnostiche at–

traverso ECG, spirometri-

Page 15: Un’industria tra gli ulivi: Taranto tra - Focus.it · L’Ilva di Taranto: la storia e la situazione dello stabilimento da ieri ad oggi L’Ilva, attualmente, è un’importante

a e altre analisi, mentre a-

desso i controlli sono effet-

tuati solamente una volta

l’anno.

Alla domanda su qual è il

pericolo maggiore all’interno

dello stabilimento, sicura-

mente la risposta riguarda

gli altiforni, cinque in tutto,

ma anche le due acciaierie, i

nastri trasportatori, che

spostano il materiale senza

copertura, i cosiddetti

“parchi minerali”. Questi

ultimi sono aree di stoccag-

gio corrispondenti a 80 etta-

ri, ovvero 600mila m2, pari a

cento campi da calcio, stra-

colmi di ferro, coke e calca-

re, lasciati scoperti all’aria

aperta, sensibili al vento

che ne determina la diffusio-

ne. Queste zone, chiamate

con un nome tanto innocuo

quasi a discolpa del danno

che se ne determina, si tro-

vano a ridosso del quartiere

Tamburi e le polveri che si

sollevano nelle frequentissi-

me giornate di vento lo inve-

stono in pieno distribuendo-

si ovunque, sulle strade,

marciapiedi, balconi, manu-

fatti d’ogni genere ma so-

prat tut to pene trando

all’interno di narici, polmo-

ni, pelle, occhi e orecchie di

adulti e bambini.

Un’altra domanda molto co-

mune è come fa l’Ilva ad in-

quinare in maniera così in-

vasiva senza essere minima-

mente ostacolata? Per tutti

basta il racconto di una vi-

cenda che si realizzo alcuni

anni fa.

Quando i livelli di berillio si

alzarono in maniera eccessi-

va, il sindaco contattò i ver-

tici dell’ARPA (Agenzia

Regionale Per l’ Ambien-

te) per decidere il da far-

si. In quell’occasione il

responsabile della azioni

esterne dell’Ilva, Girola-

mo Archinà, tentò il tutto

per tutto per convincere

la popolazione che il sin-

daco fosse un allarmista,

che i dati sulle sostanze

tossiche non erano asso-

lutamente preoccupanti e

che i soldi da investire

per la bonifica erano re-

almente utilizzati.

L’azienda contattò un

giornale locale per pub-

blicare il parere di

“Angelo Battisti“, esperto

ambientale, al fine di

smentire le conclusioni

del sindaco; solo successi-

vamente si venne a sape-

re che il dottor Angelo

Battisti non esisteva: si

trattava di un’inven-

zione, un espediente per

indebolire la controparte.

Da sempre anni di intesa

con l’Ilva per la realizza-

zione di strutture che a-

vrebbero dovuto ridurre

le varie forme di inquina-

mento sono rimaste di-

sattese, si sono rivelate

essere una farsa.

I cittadini sono disgustati

dalla realtà di questa indu-

stria e si sentono schiaviz-

zati , costretti a respirare

con la forza qualcosa che

nuoce alla loro stessa salu-

te.

‘’Abbiamo visto morire

troppi bambini a causa

dell’inquinamento’’, queste

le parole di alcuni pediatri

intervistati alle varie ma-

nifestazioni contro lo stabi-

limento siderurgico. Nume-

rosi gli applausi per il gip

Patrizia Todisco che ha di-

sposto la chiusura dell’area

a caldo dell’acciaieria, sen-

za ottenere però i provvedi-

menti sperati.

Ciò che probabilmente più

scatena la collera dei ta-

rantini è che è possibile

proteggere la propria salu-

te facendo un lavoro così

inquinante e pericoloso: la

dimostrazione è offerta

dall’acciaieria di Linz, in

Austria. Sistemi di coper-

tura e filtri di ultima gene-

razione impediscono la fu-

ga di polveri e di gas, i di-

pendenti sono isolati in

modo da non entrare mai a

contatto con lavorazioni

dannose, le autorità locali

eseguono misurazioni pun-

tuali e rigorose, tenendo

monitorata costantemente

la qualità dell’aria, i ragaz-

zini giocano a pallone sui

campetti non lontano

dall’industria e le fattorie

dei dintorni ottengono rigo-

rosissime certificazioni bio-

logiche per i loro prodotti.

Tutto questo mentre a Ta-

ranto i bambini si ammala-

Page 16: Un’industria tra gli ulivi: Taranto tra - Focus.it · L’Ilva di Taranto: la storia e la situazione dello stabilimento da ieri ad oggi L’Ilva, attualmente, è un’importante

no e i capi di bestiame ven-

gono abbattuti a causa degli

esorbitanti livelli di diossi-

na. Nel quartiere Tamburi

di Taranto vivono 1689

bambini, la loro scuola si

trova a pochi metri dall’Ilva,

mentre in tutta la città sono

35mila i ragazzini che respi-

rano un’aria non meno in-

quinata. Ogni giorno gioca-

no in un terreno nel quale è

stata individuata una con-

centrazione di piombo pari a

circa 74mila chilogrammi,

ovvero il 99% rispetto al’in-

tera percentuale puglie-

se e il 78 rispetto a quel-

la nazionale. Se quindi

produrre acciaio in modo

ecocompatibile è possibi-

le, allora perché a Ta-

ranto non è ancora stato

fatto nulla? Perché a

Linz è stato possibile,

mentre nella nostra città

sembra una realtà così

lontana?

Sabrina Casale

(Foto: antica acciaieria di Linz, ora totalmente moder-

nizzata)

Il colore della morte: grigio come i fu-mi dell’Ilva

Dal 1993 al 2008 solo all’interno dell’Ilva di Taranto i morti sono stati 45

Le chiamano morti bianche, un ter-

mine all’apparenza innocuo. Tutta-

via, il sangue versato dal lavoratore

morto sul proprio luogo di lavoro è

rosso come rossi, gonfi dal pianto,

sono gli occhi dei familiari che li

hanno persi, hanno sofferto e hanno

provato rancore chiedendosi il moti-

vo di tanto dolore. Una più giusta

domanda sarebbe però: perché capi-

ta? Chi ogni giorno esce, abbraccia i

figli, saluta la moglie o accarezza il

cane poco prima di varcare la soglia

di casa, dovrebbe poter essere sicuro

del proprio ritorno. Tutte queste

morti di cui si è parlato nell’ultimo

periodo dovrebbero essere considera-

te come una realtà lontana, avveni-

menti sporadici, poiché è diritto di

ogni uomo lavorare e farlo con sicu-

rezza. "Caduti del lavoro" non è al-

tro che l’ennesimo termine con cui

essi vengono chiamati, anche se a

partire dagli anni sessanta, in Ita-

lia, si è anche diffuso il molto provo-

catorio "omicidi del lavoro", usato

proprio per indicare la negligenza

dei responsabili delle

industrie che spesso sot-

topongono gli operai a

scarse condizioni di sicu-

rezza. Sicurezza latente

in molte aziende d’Italia

dove pur di lavorare la

gente è disposta ad igno-

rare norme non rispetta-

te, permessi non ricevuti

, attrezzature non

aggiornate. Tutto

per poter fare quel

lavoro che consenta

loro di poter portare

uno stipendio a ca-

sa.

Secondo le statisti-

che dell ’INAIL

(Istituto Nazionale

per l'Assicurazione

Page 17: Un’industria tra gli ulivi: Taranto tra - Focus.it · L’Ilva di Taranto: la storia e la situazione dello stabilimento da ieri ad oggi L’Ilva, attualmente, è un’importante

contro gli Infortuni sul Lavoro), nel 2011, in Italia, sarebbero avvenuti circa 725mila infortu-ni e 920 morti sul lavoro. 920 persone morte, 920 famiglie spezzate. Tuttavia, sempre se-condo i dati dell’INAIL, le mor-ti con gli anni non sono mai an-date sopra i mille. I feriti, inve-ce, rimangono sempre su que-sta linea. Se restringiamo il campo a luoghi di lavoro ordi-nario come fabbriche e cantieri, abbiamo all'incirca 593.285 in-fortunati e 450 deceduti (statistiche del 2011). Ciò a li-vello nazionale. Anche le stime di quest’anno parlano chiaro, fino a marzo si sono contate 79 morti per infortuni sui luoghi di lavoro, il 32% in edilizia, il 28% in agricoltura, 10% nel l ’ indus tr ia , i l 6 ,5% nell’autotrasporto, senza conta-re coloro che sono morti sulle strade. Dal 1993 al 2008 solo all’interno dell’Ilva di Taranto i morti sono stati 45. Nel 2004 Saverio Paracolli morì dopo giorni di dolore per essere ri-masto incastrato tra un tubo e un macchinario usato per smussarlo nel Tubificio 1. Nel 2008 un lavoratore polacco cad-d e d a u n p o n t e g g i o dell’altoforno 4. Nel 2012 Clau-dio Marsella è stato schiacciato da un treno che collega l’azienda con l’area portuale. Il caso più recente è avvenuto il 27 Febbraio di quest’anno: un uomo, come l’operaio polacco, è morto cadendo da un ponteggio alto 15 metri nella batteria nu-mero 9 della cokeria, insieme ad un suo collega rimasto gra-vemente ferito. Tutto a causa della mancata manutenzione e il luogo dove andavano ogni giorno a lavorare si è trasfor-mato in una terribile trappola mortale. In quest'occasione gli operai, loro colleghi, hanno scioperato per 24 ore mentre i dirigenti dell'azienda hanno

mandato una lettera di

scuse alle famiglie, af-

fermando di essere loro

vicine nel dolore; la fa-

miglia del morto noi la

conosciamo molto bene

perché è quella di una

nostra compagna di clas-

se.

Gli indagati sono otto,

accusati di omicidio col-

poso. Il lutto ha colpito

l’intera città, sconvolta

dall’accaduto. Il sindaco

ha dichiarato il lutto cit-

tadino e ai funerali

dell’operario la chiesa

dove si è celebrata la

funzione era gremita di

autorità e di persone de-

siderose di dimostrare

soprattutto solidarietà

ai familiari distrutti dal

dolore. L’ennesima mor-

te bianca, l’ennesima fa-

miglia in lacrime,

l’ennesimo incidente

causato da un’irrego-

larità, l’ennesimo che si

sarebbe potuto evitare

se gli operai avessero

potuto lavorare in sicu-

rezza.

Ognuna di queste fami-

glie ha chiesto giustizia,

ha chiesto che qualcuno

paghi tuttavia nulla si è

concluso. Non si tratta

di punire chi avrebbe

potuto impedire tali lut-

tuosi eventi, ma soprat-

tutto evitare che si ripe-

tano e che altri ancora

soffrano.

Appare ovvio che non sia

ovunque così, infatti o-

gni azienda è diversa e

quella che fa l’eccezione

sicuramente c’è in que-

sta Italia del malaffare e

del compromesso. E’ un

peccato che la sicurezza,

che dovrebbe essere una

priorità e come tale on-

nipresente, si configuri

invece in situazioni di

eccezionalità. Ecceziona-

le è un termine positivo,

nel linguaggio comune

viene spesso collegato

direttamente al termine

‘speciale’, o ‘particolare’.

Page 18: Un’industria tra gli ulivi: Taranto tra - Focus.it · L’Ilva di Taranto: la storia e la situazione dello stabilimento da ieri ad oggi L’Ilva, attualmente, è un’importante

E’ qualcosa di privilegiato, perché non tut-

ti sono eccezionali, lo è solo una minima

percentuale di persone. La sicurezza però

non è affatto un privilegio, perciò un luogo

di lavoro che la promette e l’assicura non

dovrebbe essere eccezionale, ma semplice-

mente comune.

Esistono settori più a rischio di altri, chi

lavora in un’acciaieria rischia certamente

di più di chi lavora in una biblioteca. Ma

alla fine la domanda è sempre la stessa:

morte o lavoro? Ma se è il proprio lavoro a

causare la morte, allora forse non c'è solu-

zione. A parte chiudere. Cosa è giusto?

Elisa Borghese, Nadia Campanella

Quando la fabbrica chiude i suoi cancelli

La chiusura dell’industria di Taranto potrebbe rappresentare uno dei più grandi disa-

stri industriali del nostro paese

I valori registrati a Taranto riguardo il tasso di mortali-tà e l’incidenza dei tumori sono più che preoccupanti: si muore di più rispetto al resto della regione. Tuttavi-a, paradossalmente, l’even-tuale chiusura dell’Ilva di Taranto potrebbe rappre-sentare uno dei più grandi disastri industriali e sociali del nostro paese. Il suo fun-zionamento, dati alla mano, è stato senz’altro dannoso per le condizioni di salute della città e dei cittadini ma la sua ipotizzata chiusura potrebbe avere effetti altret-tanto catastrofici: stiamo parlando di un’azienda che rappresenta il ventesimo gruppo siderurgico al mon-do, e dunque non è difficile immaginare l’impatto che ci potrebbe essere sul piano economico nazionale, oltre-ché locale, sia in termini oc-cupazionali che finanziari.

Nella sola zona di Taranto andrebbero in fumo migliaia di posti di lavoro; quello di

Taranto, infatti, rappresenta il

più grande sito siderurgico

d’Europa e allo stesso tempo lo

stabilimento industriale con più

addetti in Italia. L’Ilva sorge in

un contesto cittadino e sociale

all’interno del quale recenti sta-

tistiche parlano di un tasso di

disoccupazione pari circa al

30%. In pratica, chiudere l’Ilva,

potrebbe significare mettere in

ginocchio l’economia di Taranto

e dell’Italia intera.

Le conseguenze negative infatti

non rimarrebbero circoscritte

solo alla provincia di Taranto

ma si riverserebbero su fronte

occupazionale di più

ampio raggio, pro-

vocando anche il

blocco della produ-

zione dello stabili-

mento di Genova, i

cui dipendenti sono

da tempo in agita-

zione perché sono a

rischio molti posti

di lavoro. Per il no-

stro paese si tratte-

rebbe di un vero e

proprio disastro eco-

nomico che, ultima-

mente, sta sfociando

in un dramma so-

ciale all’interno del

quale la rabbia de-

gli operai, di fronte

al baratro della di-

soccupazione, peri-

colosamente acqui-

sta ogni giorno più

forza.

Francesca Cristello

Page 19: Un’industria tra gli ulivi: Taranto tra - Focus.it · L’Ilva di Taranto: la storia e la situazione dello stabilimento da ieri ad oggi L’Ilva, attualmente, è un’importante

Quel che resta dell’acciaio: lo scenario del risa-namento

La produzione di acciaio tra necessità economiche e risanamento ambien-tale

Se venisse fermata la coke-

ria nel quartiere Tamburi –

secondo le stime Arpa del

2010 – il benzo(a)pirene ver-

rebbe abbattuto del 98%. Se

si approntasse un program-

ma di transizione con una

legge dello Stato per Taran-

to, si potrebbero recuperare

più lavori di quanti ne an-

drebbero perduti. Infatti a

Genova non si sono persi

posti di lavoro e genovesi

non tornerebbero mai indie-

tro, alla vecchia fabbrica in-

fernale. Invece a Taranto e

in particolare nel quartiere

Tamburi si muore di più che

nel resto della città, per

questo il costo delle case è

crollato e nessuno riesce più

a venderle.

Occorrerebbe pertanto fare

un accordo di programma

come a Genova e progettare

una transizione che preveda

la messa in sicurezza di e-

mergenza dell’area e poi la

bonifica: già solo questa at-

tività richiederebbe moltis-

simi lavoratori e tecnici, di

cui l’Ilva già dispone e per i

quali si eviterebbe la cassa

integrazione. Inoltre occor-

rerebbe prevedere anche la

bonifica anche del Mar Pic-

colo, in modo aprire oppor-

tunità lavorative non solo

nel presente ma anche alle

generazioni future. E qui le

nostre considerazioni si de-

vono rivolgere al settore del-

la pesca ed a quello della

mitilicoltura e dell’alleva-

mento ittico, oggi in crisi

perché l’attività che sin

dall’antichità era il vanto

della città dei due mari,

ha inesorabilmente nel

tempo subito drastiche

riduzioni a causa del fall-

out delle emissioni che

ha lentamente interessa-

to e compromesso le ac-

que del Mar Piccolo, baci-

no unico e ideale.

I lavoratori della cokeria

potrebbero essere reim-

piegati per attività di ri-

sanamento della città: il

quartiere Tamburi e non

solo necessita di una se-

ria azione di bonifica, già

prevista dalla legge. At-

tu a l men te a t to rn o

all’Ilva c’è da sottoporre

a bonifica una fascia di

20 chilometri dove non si

può né coltivare né pa-

scolare: ricordiamo i dan-

ni subiti dagli allevatori

di queste zone i quali

hanno dovuto subire l’abbattimento di centinaia di capi di ovini perché pro-ducevano latte contenente alti livelli di diossina. In prospettiva le aree più in-quinate, liberate da un più razionale stoccaggio dei parchi minerali, potrebbero essere utilizzate per im-pianti ad energia solare. Fra cinque anni il solare sarà competitivo e avrà bi-sogno di aree disponibili: alcune zone attualmente occupate dall’ Ilva potreb-bero essere aree che non dovrebbero andare comple-tamente perse perché non più utilizzabili per l’agri-coltura e l’allevamento. Oc-correrebbe utilizzare dei fondi, magari quelli FSE (strutturali europei) per la programmazione di nuove attività formative per i la-voratori durante il periodo di cassa integrazione con-temporanee al fermo degli impianti inquinanti; in tal modo i lavoratori divente-.

Page 20: Un’industria tra gli ulivi: Taranto tra - Focus.it · L’Ilva di Taranto: la storia e la situazione dello stabilimento da ieri ad oggi L’Ilva, attualmente, è un’importante

rebbero i protagonisti del di-

sinquinamento, arricchendo

le loro professionalità. La

messa in sicurezza di emer-

genza è un obbligo di legge e

andrebbe eseguita subito per

evitare la contaminazione

delle falde acquifere: più tar-

di lo si farà e più grave sarà

il danno e la spesa. Senza

contare le problematiche eco-

nomiche: occorre operare in

tempi rapidi, prima che

l’industria che ha inquinato

chiuda e divenga insolvente;

infatti le bonifiche sono a ca-

rico di chi ha inquinato, non

dello Stato. Si aprirà certa-

mente un contenzioso sulle

responsabilità del periodo I-

talsider (industria di Stato),

ma sicuramente Ilva dovrà

rispondere di quanto ha in-

quinato a partire dagli anni

’90, con l’ampliamento delle

strutture produttive.

La messa in sicurezza di e-

mergenza prevede complesse

operazioni di isolamento dei

siti contaminati e tecniche

che richiedono una notevole

mano d’opera. Prima o poi

l’acciaieria di Taranto dovrà

fare i conti con la fortissima

concorrenza dell’acciaio cine-

se e indiano che determine-

rebbe un “eccesso di offerta”

con conseguenze facilmente

prevedibili. Probabilmente

sarebbe preferibile da subito

aprire per Taranto anche al-

tre opportunità economiche,

tre che sul sistema econo-

mico in termini di manca-

to sviluppo del turismo e

di altre attività come zoo-

tecnia, mitilicoltura, agri-

coltura biologica, ecc. Vi

sono studi che dimostrano

che Ilva ha generato costi

esterni che gravano sulla

collettività; ad esempio

l’Agenzia Europea stima

che per il 2009 il danno

provocato dall’Ilva alla

salute e all’ambiente sia

valutabile tra i 283 e i 463

milioni di euro. Se la col-

lettività, invece di essere

gravata di questi costi e-

sterni saprà utilizzare

tali risorse per la ricon-

versione, allora potremo

finalmente sperare in un

nuovo sviluppo.

Elisa Borghese, Elsa Sansolino, Clara Pulpito

prima che siano gli even-

ti, in maniera velocemen-

te brutale, a costringere

Taranto a cambiare eco-

nomia.

L’esempio di Pittsburgh,

negli Usa, insegna che

una città inquinata che

si basava sull’acciaio,

può rinascere con la gre-

en economy e diventare

una città pulita; pertanto

è interesse della colletti-

vità recuperare in parte

o completamente un’area

grande quanto la città:

senza messa in sicurezza

di emergenza essa diven-

terà non più recuperabile

e utilizzabile per i prossi-

mi decenni.

Lo Stato già ora sopporta

“costi invisibili” perché

non contabilizzati che si

scaricano sulla salute e

Page 21: Un’industria tra gli ulivi: Taranto tra - Focus.it · L’Ilva di Taranto: la storia e la situazione dello stabilimento da ieri ad oggi L’Ilva, attualmente, è un’importante

I prodotti di un territorio fra mare

e terraferma

Attività quali agricoltura, allevamento, pesca e turismo, sono cambiate nel corso del

tempo

Taranto, ‘città dei due mari’, è sempre stata economicamen-te fiorente e produt-tiva grazie al territo-rio fertile e al clima favorevole. Ciò che caratterizza princi-palmente l'aspetto paesaggistico di Ta-ranto sono sicura-mente i due mari: il mar Grande e il mar Piccolo, i quali ospi-tano quasi un centi-naio di pescherecci. Le attività, quali a-gricoltura, alleva-mento, pesca e turi-smo, sono cambiate nel corso del tempo. L'agricoltura, già svi-luppata da vari seco-li fu fortemente ca-ratterizzata dalla produzione di olio extravergine d'oliva e vino, mentre l'alle-vamento riguardava bovini, ovini e suini.

A causa della massic-cia industrializzazio-ne siderurgica, a par-tire dagli anni ses-santa il territorio ha subito massicci cam-biamenti che hanno inciso pesantemente nel settore primario della nostra economi-a, riducendo o addi-rittura devastando la produttività e la qua-lità dei nostri prodot-ti alimentari. I danni forse più consistenti sono stati provocati alla pesca; infatti si

no ad alcuni decenni fa il nostro mare, ricco e generoso, era popolato da denti-ci, triglie, orate, calamari, cernie, alici, ma soprattutto dalle cozze, allevate nei nostri due mari: mar Piccolo e mar Grande ed esportate in Italia e all’estero. Le cozze coltivate erano par-ticolarmente apprezzate, in quanto cre-scevano in un particolare ambiente ma-rino ,frutto della commistione di acqua salata e acqua dolce di provenienza car-sica. La cozza è diventata il simbolo ga-stronomico per eccellenza e le trecce di mitili, ospitate su "pali", erano ricche di frutti in quanto nei mari di Taranto e-sistevano particolari condizioni am-bientali, quali basso idrodinamismo (onde correnti modeste) e alto contenu-to alimentare, ideali non sono per le cozze. Grazie al contributo dei due mari e quindi della qualità delle cozze taran-tine, si decise in passato di esportare queste tecniche di allevamento all'este-ro e di accogliere chiunque volesse im-pararle affinché venissero conosciute in tutto il mondo. Ciò ha gratificato il turi-smo, l'aspetto sociologico e culturale della città, permettendo di costruire al-berghi e luoghi di soggiorno che com-pletavano il quadro economico di que-sta città. Al giorno d’oggi tutto sembra

i mp rovv i sa men te svanito poiché il no-me della cozza taran-tina è stato perduto a causa dell'inquina-mento dei nostri ma-ri.

Sul territorio taran-tino attualmente so-no presenti piccole industrie, alimenta-ri, tessili, chimiche, aeronautiche e arti-gianali. Su tutte pre-vale l'Ilva, un’ indu-stria pesante che produce acciaio e se-mi lavorati: a Taran-to ne vengono realiz-zati ed esportati all'incirca 16 milioni di tonnellate all’an-no.

Francesca Farina,

Giulia Spinelli,

Noemi Ligorio

Page 22: Un’industria tra gli ulivi: Taranto tra - Focus.it · L’Ilva di Taranto: la storia e la situazione dello stabilimento da ieri ad oggi L’Ilva, attualmente, è un’importante

AAA: Pesci e mitili cercasi, possibilmente

indigeni

Una volta ricavate queste informazioni, per conferma-re e approfondire le nostre ricerche, abbiamo intervi-stato Salvatore, ovvero il proprietario di una delle pescherie più conosciute in città vecchia a Taranto: “FRISC’ & MMANGE.” Il signor Salvatore è stato molto disponibile nel fornir-ci alcune curiosità dal pun-to di vista di chi vive in pri-mo piano i cambiamenti che nel corso degli anni si sono realizzati nel locale settore della pesca e della ristora-zione.

“Il pescato e il raccolto dei mi-tili che tracollo hanno subito?”

- Un po’ l’inqui-

namento e un

po’ la mancanza

di regole per la

pesca hanno fat-

to sì che la pro-

duzione dimi-

nuisse. Anche a

Taranto viene

effettuato il fer-

mo biologico,

ma, diversamen-

te da quanto ac-

cade nell’Adria-

tico, si realizza

nel periodo riodo

successivo a

quello della ri-

produzione.

“I metodi di pe-sca non sono re-golamentati?”

- L’UE prevede

regole piuttosto

rigide riguardo alle misu-

ra delle maglie, all’uso

delle reti, norme scarsa-

mente rispettate dai no-

stri pescatori.

“L’Ilva ha contribuito all’inquinamento marino delle nostre zone?”

- Sì, specialmente sui mi-

tili, i quali vengono dan-

neggiati nelle loro dimen-

sioni, sempre più ridotte.

Inoltre oggi si registra la

totale crisi

dell’allevamento delle o-

striche e degli altri

frutti del mare.

“I prodotti serviti nei locali ristoranti o ven-duti nelle pescherie so-no dunque importati?”

- Si, per quanto riguar-

da i frutti di mare, so-

no quasi tutti importa-

ti dalla Grecia, dalla

Turchia e dalla Spa-

gna. Le cozze tarantine

hanno perso il loro

buon nome a causa, so-

prattutto, dell’ultimo

danno provocato

d a l l ’ I l v a c o n

l’inquinamento del

mar Piccolo, dove

l’allevamento dei miti-

li è stato molto ridot-

to.

“Nel mar Grande tro-

v i a m o a n c o r a

l’allevamento dei miti-

li?”

- Sì, specialmente nel-

La zona San Vito.

“In che modo le condi-zioni ambientali in-fluenzano il raccolto?”

- Il mar Piccolo ospita

sorgenti naturali di ac-

qua dolce, i co-

siddetti “citri”

che biologica-

mente contri-

buiscono ad

arricchire il

pescato. At-

tualmente la

situazione è

cambiata sia

per l’alto livel-

lo di sostanze

inquinanti ed

anche grazie

a l l ’ a b i l i t à

dell’uomo nel

gettare in mez-

zo al mare.

Il signor Salva-

tore mentre

rispondeva alle

nostre doman-

de con estrema

disponibilità e

gentilezza, in-

dicava quel

mare che bril-

lava sotto il

sole primaveri-

Page 23: Un’industria tra gli ulivi: Taranto tra - Focus.it · L’Ilva di Taranto: la storia e la situazione dello stabilimento da ieri ad oggi L’Ilva, attualmente, è un’importante

le, lanciando bagliori da pietra preziosa.

Tanta bellezza e ricchezza rischia di ri-

manere sterile, non offrendo più

l’habitat ideale per quelle magnifiche

creature viventi che per secoli vi hanno

vissuto. Si può ripartire solo a condizio-

ne che venga distrutta tutta l’incuria e il

disprezzo di cui l’ambiente è fatto ogget-

to. E, dopo questo, ripartire da zero.

Deborah Violante,

Raffaella Graziano,

Giulia De Roma,

Maria Fabbiano

Sondaggio: una città, i giovani ed il futuro

I ragazzi delle quinte classi provano a interrogarsi sulla realtà e sull’idea di futuro

Presi come campione 60 ra-

gazzi delle quinte classi del

“Liceo Delle Scienze Umane

Vittorino Da Feltre” di Taran-

to, è stata effettuata

un’indagine riguardante il

grado di informazione sulle

vicende che coinvolgono la cit-

tà e le prospettive future che

hanno i prossimi maturandi.

Dal sondaggio è emerso che i

r e c e n t i a v v e n i m e n t i

dell’ILVA di Taranto sono

stati seguiti da un numero

consistente di ragazzi (65%),

per i quali sarebbe auspicabi-

le la chiusura dello stabili-

mento in una percentuale del

56,6%; tra questi una buona

parte è dell’idea che sia possi-

bile il risanamento ambienta-

le (46,6%).

La quasi totalità dei ra-gazzi ritiene comunque che in 60 anni di economi-a dell’acciaio, l’ILVA non abbia procurato solo dan-ni ma anche benefici, qua-li l’incremento del lavoro e lo sviluppo del settore se-condario. Infatti sono nu-merose le famiglie per le quali il lavoro nell’ac-ciaieria costituisce la prin-cipale, se non l’unica, fon-te di reddito e quella dell’operaio metallurgico l’occupazione prevalente all’interno dei gruppi fa-miliari ormai da due gene-razioni . Il co losso dell’acciaio infatti ha fini-to per rappresentare l’unica opportunità pro-duttiva, che per una serie di incapacità progettuali e di comodi opportunismi,

non si è trasformata in

volano per un’economia

all’epoca basata sul

settore primario e sulle

attività legate

all’Arsenale ed alla ba-

se navale della Marina

Militare.

Toccando un piano più

personale, la prospetti-

va futura che emerge

maggiormente è quella

che vede i ragazzi con-

vinti di andar via dalla

città, sia per continua-

re gli studi che per cer-

care lavoro. Infatti il

16,6% sul totale reste-

rebbe a Taranto soltan-

to per la famiglia, sen-

za però nessuna pro-

gettualità rivolta al mi

Page 24: Un’industria tra gli ulivi: Taranto tra - Focus.it · L’Ilva di Taranto: la storia e la situazione dello stabilimento da ieri ad oggi L’Ilva, attualmente, è un’importante

glioramento della città. Organizzazione, maggiori opportunità formative e qualità di vita migliori, sono dunque le motivazio-ni che spingono i ragazzi a decidere di studiare o cer-care lavoro nelle città del Nord Italia. E’ chiaro che per i giovani il lavoro re-sta una priorità ma sono convinti dell’ importanza che esso garantisca anche una serie di principi ine-ludibili, in primis la salu-te delle persone e dell’ambiente e la creazio-ne di adeguate opportuni-tà di maturazione cultura-le e civica attraverso atti-vità che interessino tutta la cittadinanza, con una speciale attenzione per i giovani: ne è convinto il 75% degli intervistati.

Valeria Greco

Taranto a suon di musica

Contemporaneamente, giorno 1 maggio 2013, sia a

Taranto che a Roma si è tenuto un’enorme concerto

Il 1 maggio 2013 per la pri-ma volta nella storia a Ta-ranto si è svolto un concer-to, che ha avuto moltissimo successo per la partecipa-zione di quasi 40mila perso-ne.

Ad organizzare l'evento è stato il Comitato Liberi e Pensanti con la collabora-zione di Michele Riondino (l'attore che ha interpretato il Commissario Montalbano nell'omonima serie televisi-va), che ha pensato bene di portare un po’ di allegria nella città scossa dalle vi-cende ILVA.

Con questo concerto Riondi-no ha voluto trattare un te-ma molto importante che è la disoccupazione, un fatto-re che preoccupa molto Ta-ranto nonostante la presen-za di una grande industria. Proprio le problematiche ad essa collegate sono una del-le motivazioni principali del

concerto: una denuncia nei

confronti dell'inquinamento

ambientale che ha colpito

Taranto, le morti sul lavoro

e il disastro sanitario.

Il concerto è stato aperto

dalla band Sud Sound

System alle ore 14:00 poi a

susseguirsi hanno parteci-

pato a titolo gratuito

numerosi altri can-

tanti come Roy Paci,

Fido Guido e altri no-

mi del panorama mu-

sicale locale, per giun-

gere in serata ad arti-

sti come Francesco

Baccini, Raf e, a con-

clusione della serata,

Luca Barbarossa e

Fiorella Mannoia.

Il concerto si è svolto

in un’area molto am-

pia, a ridosso del

quartiere Solito-

Corvisea, nota con il

nome di Parco archeo-

logico, sistemata dal

comune qualche de-

cennio fa ma in com-

pleto abbandono da

qualche anno, a segui-

to delle tristi vicende

economiche della no-

stra amministrazione.

Page 25: Un’industria tra gli ulivi: Taranto tra - Focus.it · L’Ilva di Taranto: la storia e la situazione dello stabilimento da ieri ad oggi L’Ilva, attualmente, è un’importante

L’associazione organizzatrice dell’e-

vento si è assunto l’onere di rendere

agibile la grande spianata, lavorando

per giorni con uno stuolo di giovani

volontari che l’hanno ripulita da er-

bacce e rifiuti aprendola gratuitamen-

te a tutti i cittadini che, in occasione

dell’evento, si sono radunati in qua-

rantamila, convergendo da ogni angolo

della città, dalla provincia ed anche da

più lontano in piccoli gruppi organiz-

zati autonomamente. Gli stessi can-

tanti si sono esibiti gratuitamente, tal-

volta con strumenti musicali non sem-

pre adeguati, offrendo comunque un

grande spettacolo alla città, che ha vi-

sto spesa generosamente la loro alta

professionalità.

L'evento, svolgendosi in una non-stop

dalle dieci del mattino, con dibattiti e

tavole rotonde e, a partire dalle quat-

tordici, con le esibizioni musicali sino

alla mezzanotte, è stato parallelo al

grande concerto del primo Maggio che

si tiene ogni anno a Roma.

Tra il vasto pubblico che vedeva gomi-

to a gomito tutte le generazioni, c'era-

no soprattutto molti giovani che si so-

no sentiti vicini come non mai alla

causa, dando dimostrazione dell'unità

che lega tutti i cittadini di Taranto.

Molto sostenuto anche dai media soprat-

tutto locali, che hanno fatto pubblicità

all'evento, rendendo così possibile la parte-

cipazione di tanti.

L'iniziativa, una novità per il nostro terri-

torio, è stata accolta molto bene da tutti

perché sì è vissuta una serata senz’altro

piacevole e divertente, che, accanto al pia-

cere della musica, ha stimolato la riflessio-

ne su tematiche tanto delicate ed impor-

tanti.

Clara Pulpito, Elisa Borghese,

Elvisa De Santis, Francesca Soprano, Nadia Campanella

Taranto: due volti, due realtà

Il perché del sostegno alla candidatura a capitale europea della cultura 2019.

Taranto è sempre stata la

migliore candidata puglie-

se per l'istituzione annuale

di una capitale europea

della cultura. Essa merite-

rebbe questo titolo per la

sua importante posizione

strategica, per il suo peso

nell'economia pugliese e

nazionale, nonché per il

prezzo che paga senza otte-

nere alcuna contropartita,

né in termini di investi-

menti né di servizi.

E’ giunto il momento di

ricordare che nella no-

stra città è presente un

enorme patrimonio cul-

turale: è ricca di monu-

menti e resti archeologi-

ci di grande importanza

storica, appartenenti a

diverse epoche, a partire

dall’età precedente alla

colonizzazione greca.

Page 26: Un’industria tra gli ulivi: Taranto tra - Focus.it · L’Ilva di Taranto: la storia e la situazione dello stabilimento da ieri ad oggi L’Ilva, attualmente, è un’importante

Un esempio è rappresentato

dai resti del tempio dorico

all’ingresso della città vec-

chia, dalle necropoli greco-

romane e dalle tombe a ca-

mera disseminate all’in-

terno dei quartieri Borgo,

Solito, Italia; inoltre

all’interno della città vec-

chia sorgono antichi palazzi

nobiliari, alcuni dei quali

acquisiti dell’amministra-

zione comunale come palaz-

zo Pantaleo, palazzo Amati,

palazzo Delli Ponti, palazzo

d’Ayala Valva ed altri anco-

ra, costruiti intorno al XVI-

XVII sec., molto spesso su

rovine di siti più antichi, in-

globati al loro interno sotto

forma di affascinanti ipogei.

Importanti resti archeologi-

ci sono custoditi anche nel

museo Diocesano, sviluppa-

to su 4 piani, all’interno del

quale, nel seminterrato, tro-

viamo i resti di un antico

villaggio Iapigio, antica po-

polazione italica.

Costruito nel 1071, in oc-

casione d i lavori

d’ingrandimento fatti e-

seguire dall’arcivescovo

normanno Drogone, nei

secoli il Palazzo è stato

variamente modificato e

rimaneggiato; attual-

mente la residenza

dell’Arcivescovo è una

bella costruzione, dotata

di ampi saloni finemente

d e c o r a t i , d i

un’importante biblioteca

e custodisce una notevo-

le serie di dipinti prove-

nienti dal Duomo, fra i

quali spiccano alcune

opere di Corrado Gia-

quinto, di Leonardo An-

tonio Olivieri e del Fino-

glia. Ospita inoltre colle-

zioni di oggetti preziosi

come il cosiddetto tesoro

di San Cataldo e il Topa-

zio di Re Ferdinando II.

(Foto: Palazzo Pantaleo)

(Foto: palazzo Amati)

(Foto: castello aragonese)

Altro luogo senz’altro degno

di visita è il Museo Naziona-

le Archeologico, noto con il

nome di Martà, che fu isti-

tuito nel 1887. Esso sorge

nel borgo antico, nei pressi

d e l P o n t e g i r e v o l e

all’interno della struttura

dell’antico convento dei frati

Alcantarini che risale alla

metà del XVIII secolo. Es-

so, nelle sale recentemente

ristrutturate, ospita impor-

tanti collezioni apule, ma-

gno greche e romane, che

illustrano lo snodarsi della

storia di Taranto e del suo

territorio a partire dalla

preistoria. Famosi sono

gli “ori di Taranto”, il ric-

co vasellame, la statua-

ria ed i resti monumen-

tali di età magno greca e

romana.

Oltre a ciò la città ha u-

na ricca varietà di testi-

monianze relative alla

forte devozione per la re-

ligione cattolica, come il

Duomo, costruito sui re-

sti di un antico tempio

pagano, o su una primiti-

va chiesa greco-romana

del III- IV, fondato da

San Cataldo tra il VI e il

VII secolo. Si ritiene che

la prima basilica sia sta

-

Page 27: Un’industria tra gli ulivi: Taranto tra - Focus.it · L’Ilva di Taranto: la storia e la situazione dello stabilimento da ieri ad oggi L’Ilva, attualmente, è un’importante

ta molto danneggiata dalla incursioni

saracene e che l’edificio attuale risalga

al 1071 quando, nel corso di lavori di

ampliamento, furono qui ritrovate le

spoglie di San Cataldo, cui il tempio fu

dedicato. Al suo interno si trova il Cap-

pellone che custodisce la statua

d’argento del Santo, all’interno di un

ambiente impreziosito da mosaici poli-

cromi di marmo e da statue, opera di im-

portanti artisti napoletani del’600.

(Foto: chiesa di S. Domenico)

Altra bellezza culturale è il Complesso di

San Domenico, formato dalla chiesa e

dall’annesso convento che sorge dove, in

età bizantina, esisteva una chiesa dedicata

al culto di San Pietro Imperiale; questa

chiesa fu eretta prima del IX secolo, sui

resti di un tempio greco del V secolo a.C.

La chiesa attuale fu ricostruita intorno al

1302 dal nobile Giovanni Taurisano, che

faceva parte del seguito di Carlo I D’Angiò.

Nella parte nuova della città sorge la Con-

cattedrale, esempio di architettura moder-

na eretta nel 1970. Artefice fu il famoso

architetto milanese Giò Ponti, che, oltre a

stendere il progetto, diresse i lavori di co-

struzione e intervenne anche nella decora-

zione degli interni.

Monumento difensivo è il Castello Arago-

nese, costruito nel X secolo per fronteggia-

re le frequenti invasioni dei Turchi. La

struttura originaria fu modificata nel peri-

odo normanno-svevo-angioino. Ingrandito

da Alfonso D'Aragona intorno al 1460, il

castello fu poi ricostruito – tra il 1487 e il

1492 – da Ferdinando II D’Aragona, su

progetto dell’architetto senese Francesco

di Giorgio Martini. In particolare, furono

innalzati dei bastioni, il Castello fu muni-

to di artiglieria e attorno ad esso fu scava-

to un lungo fossato dal Mar Grande al Mar

Piccolo, divenuto l’attuale Canale naviga-

bile sul quale, a fine ‘800, fu costruito il

Ponte girevole, importante esempio di in-

gegneria meccanica. Nel Settecento il Ca-

stello fu adibito a carcere; dal 1887 è sede

(Foto: schiacciano-ci di età el-

lenica-museo di Taranto)

del Comando della Marina Militare.

Tante altre sono le bellezze che la città

contiene e che sino ad oggi sicuramente

non sono state correttamente valorizza-

te, come gioielli contenuti in uno scrigno

gelosamente tenuto chiuso per un qual-

che malevolo sortilegio.

Ora finalmente l’incantesimo si è spez-

zato e soprattutto i giovani vogliono che

i tesori siano riconosciuti e mostrati a

quanti, nel nostro paese e all’estero, ab-

biano il desiderio di ammirarli.

«In questi mesi il prezzo di essere una città-stato è chiaro a tutti. Se vogliamo guardare oltre l’acciaio candidiamo Ta-ranto a capitale europea della cultura, ripartiamo da un lavoro più volte comin-ciato e più volte interrotto; è dunque un dovere dei pugliesi e degli italiani.»

Così afferma Alfonso Musci in un suo

articolo pubblicato sul “Quotidiano di

Puglia” del 10 aprile 2013 attraverso il

quale, con le sue proposte per il futuro,

invita i giovani a recuperare le loro radi-

ci al fine di rilanciare un’idea di futuro e

di sviluppo sociale, culturale, economico,

perché senz’altro ne vale la pena.

Maria Caniglia, Martina Provenzale

Page 28: Un’industria tra gli ulivi: Taranto tra - Focus.it · L’Ilva di Taranto: la storia e la situazione dello stabilimento da ieri ad oggi L’Ilva, attualmente, è un’importante

Classe 2 A scienze umane:

Arnó Alessandra, Caniglia Maria, Cardone Valeria, Cassese Martina, De Roma Giulia, De Santis Elvisa, Fabbiano Maria, Farina Francesca, Farina Valentina, Fella Laura, Fina Alessia, Fina Valentina, Graziano Raffaella, Greco Valeria, Ligorio Noemi, Matarrese Stefania, Piemonte Claudia, Solito Marianna, Soprano Francesca, Spinelli Giulia, Stampete Francesca, Violante Deborah

Classe 3A scienze umane:

Amati Sophia Borghese Elisa Campanella Nadia Casale Sabrina Cataldi Anna Convertini Valentina Cristello Francesca Dalla Rena Chiara Mancini Gaia Perrone Egidia Pulpito M. Chiara Quero Shana Sansolino Elsa Stigliano Simona Suriano Sara Tricolore M. Rebecca Valentini Mara Versace Sara

Docenti:

Giuranna Carmen Palomba Antonietta Quirini Rosalba

Collaborazioni:

Leo Corvace (resp. prov. Legambiente) Classi V del liceo Abitanti quartiere Tamburi Associazione TGS Delfino