Unificazione generale della fisica - Filosofia e nuovi ... · Unificazione generale della fisica...
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Unificazione generale della fisica
> Vito J. Ceravolo*
Noi non giudichiamo illusione quel che è
esteriore, e nemmeno giudichiamo tale quel
che si trova nel nostro interno, nella
coscienza. Tutto ciò, noi lo giudichiamo
realtà.
G.W.F. Hegel
Abstract:
Dopo i preliminari filosofici sulla dialettica da usare nella trattazione della relatività, la si
analizza considerandone gli aspetti concettuali, formali, linguistici, fisici e matematici, con
accenni di speciazione biologica, sino all’unificazione in un unico sistema.
Indice
1. Introduzione filosofica alla relatività
2. La dialettica del discorso
3. Gestione concettuale della relatività
4. Gli orologi di Newton ed Einstein: absolutum e relatio
5. Istruzioni per viaggiare nel tempo: quantum e relativity
6. Teoria filosofica di unificazione della fisica
7. Appendice matematica di unificazione della fisica
8. Forma originaria della fisica e delle pratiche
9. Conclusione
1. Introduzione filosofica alla relatività
Questo articolo si divide in tre brevi parti. La prima mira a riunificare la
relatività a livello concettuale-filosofico, con l'ausilio di diradati sostegni
fisici. La seconda parte inizia dal quarto capitolo, in cui si entra in un
ambiente di dati e visioni di fisica generale (quantistica + relatività). La
terza parte inizia dal settimo capitolo, con la forma matematica del discorso,
ciò tramite cui si contiene la scienza fisica. È una matematica elementare,
ma sufficiente agli scopi. Il finale è in ultimo portatore di logiche formali.
Per trattare la teoria della relatività facciamo un salto nel mondo fisico
che è il luogo da cui Einstein ne ha derivato la legge. La fisica, e in generale
le scienze, camminano sull’idea, più o meno consapevole, di partecipazione
fra oggetto conosciuto e soggetto conoscente, pur non sapendola giustificare
prima di questo paradigma: “l’accessibilità intellegibile dell’in sé e sensibile
del fenomeno” (cfr. Argomenti), dove la ragione è l’in sé delle cose e il
sensibile il loro fenomeno. Oltremodo ogni dura scienza, con la sua
presunzione di “legge universale” necessita di uno stabile fondamento A=A,
portando nel proprio intimo l’aspirazione a un “ordine eterno”, uguale per
ogni regione dell’universo (omogeneità) e invariante sotto qualsiasi
traslazione e rotazione (isotropia), il che è il contrario dell’impossibile
stabilità che è invece presente nel paradigma A=¬A dell’attuale filosofia
dominante in occidente, il nichilismo (cfr. Critica).
N.B. A scanso di equivoci, parlo di “legge universale” come qualcosa
di uguale in tutto l’universo. Il che non vuol dire che il risultato della stessa
sia identico in ogni dove, laddove il risultato dipenda dal contenuto che in
essa si relaziona. Per esempio la legge universale di gravità ha qui una
costante approssima a G = 6,67×10–11 N m²/kg². Se questa costante G non
fosse una costante universale, allora la stessa potrebbe variare in una regione
a noi sconosciuta o cambiare nel corso del tempo per una variazione dello
spazio o altro, senza con ciò negare la medesima legge universale a cui
sottostà: [meccanicamente] due corpi si attirano in modo direttamente
proporzionale alle loro masse e inversamente proporzionale alla loro
distanza elevata al quadrato (I. Newton); e se neanche quest’ultima fosse
una legge universale, ce ne sarebbe un’altra universale di cui quella sarebbe
un caso particolare (regionale). Se corretta.
Per entrare nel mondo fisico scegliamo quale di queste due sopra-
dialettiche usare, confrontando l’informità A=¬A della logica presa a
campione1 di Georg Wilhelm Friedrich Hegel, contro questa nostra logica
formale A=A capace di accedere sia alla ragione in sé che all’apparente
fenomeno (cfr. Mondo).
2. Dialettica del discorso
1) Tesi Hegel, Scienza della logica, ed. Laterza 2008:
«Un tal presupporsi di ambedue le determinazioni ciascuna per sé
importa inoltre questo, che ciascuna contiene in sé l'altra come momento»
(p. 184).
«Quello che deve essere, “è” e in pari tempo “non è”. Se fosse, non
dovrebbe essere» (p. 132).
2) Antitesi Ceravolo, Mondo. Strutture portanti, ed. Il Prato 2016:
«[...] qualsivoglia essere muta in ciò che prima non era ma che adesso
è, cioè muta in quello stato prima estrinseco (improprio) ma che ora è
intrinseco (proprio). Mentre ciò che prima era intrinseco, nel spostarci da
esso, ora è estrinseco. [...] un potenziale che non è attuale, un “dover essere”
che non è ciò che si è ora. [...] nel senso che ci è ora improprio, un momento
non-presente in noi, per quanto covi fra le nostre possibilità» (p. 164).
1 Uso Hegel come “campione nichilista” non perché lui sia nichilista, ma perché stannoentrambi in un’espressione formale pari a A=¬A. Confronta Critica.
3) Sintesi:
Nel caso 1 se ciò che “è” è anche ciò che “deve essere” ma che ora
non è, allora “è=¬è”: ne segue l'impossibilità di qualsivoglia successiva
ragionevole argomentazione. Nel caso 2 se ciò che “è” non è ciò che “deve
essere” ma lo sarà, allora “è≠¬è” da cui “è→¬è”; qui, quello che deve
essere, “è” la destinazione futura (→) e “non-è” il momento presente (≠):
nulla è e non-è sotto il medesimo rapporto laddove ciò che è, per essere sé,
limita fuori di sé ciò che non-è, tenendo dentro sé la mancanza del suo non-
essere (cfr. Mondo, cap. 3.23).
Il caso 1 è un’impossibilità formale, quella che Hegel intitola “Scienza
della logica” ma che in realtà è una dialettica informe per la quale l’essere
assoluto passa nel non essere assoluto, con risultato A=¬A, infatti: se ciò
che è, sciolto da ogni tempo e spazio, passa nel non-è assoluto, allora
immediatamente è=¬è. Il caso 2 è invece la possibilità delle forme, dove la
possibilità formale rimane in piedi solo in un sistema coerente A=A,
laddove, in un sistema formale, basta anche una sola contraddizione per far
cadere l’intero sistema (cfr. Teoremi, cap. 2).
Per formalizzare una legge universale si abbisogna, come detto, di un
fondamento saldo e costante A=A. Sicché, al fine di acconsentire alle forme
e all’universo, entreremo nel mondo fisico e osserveremo il relativo con in
mano la dialettica del caso 2, capace di riconoscere la realtà sia del mondo
esterno che interno – invece di confonderli come nel caso 1. Quindi capace
di riconoscere la realtà sia di ciò che è esteriore nel mondo sia di ciò che è
interiore nella coscienza.
3. Gestione concettuale della relatività
Fingiamo che Einstein abbia intuito una formula universale, quella per cui
ogni fisicità è relativa alla contrazione spazio-temporale (trasformazioni di
Lorentz) in gioco: più è veloce e più si espande. Einstein conosceva
l’esistenza di costanti universali – come la luce – uguali indipendentemente
dal luogo che le emette. Costanti da cui stabilizzare formule universali,
tramite cui calcolare e anticipare la variabilità delle dinamiche relative. Poi
può succedere che chi crede nell’universalità delle leggi sia propenso a un
ordine universale, il quale in senso religioso assume la denotazione “Dio”:
«Dio non gioca a dadi col mondo», affermava Einstein privo di una salda
considerazione della nuova fisica quantistica, per la quale invece si trovano
anche momenti di relativa casualità e probabilità; qualcuno parlerebbe
persino di sintomi di libertà. Questo a livello fisico, fino alla sua forma più
eterea: l’energia. E qui fisicamente l’assoluto (astratto dal costante)
coordina il relativo (astratto dal variabile).
Se la materia accade così, fra costanti e variabili, allora la forma ne
contiene la possibilità. Vediamo la relatività in forma concettuale. A livello
concettuale, il termine “costante” si appella alla ragione in sé invariante per
qualunque ambiente relativo – percezione; linguaggio; pensiero – che la
esprime (cfr. Argomenti, cap. 8). Esempio: quando dicono la stessa cosa, i
relativi linguaggi con cui viene espressa la formula non ne cambiano la
ragione in sé, solo il fenomeno espressivo, diversamente chiamando
l’automobile “car” essa si riferirebbe ad altro, ma è sperimentabile da
ognuno: ciò non succede ed è in contrasto con ciò che succede. Così, se il
pensiero si muove su linguaggi, l’inferenza è consequenziale:
«Tutto ciò che è umano, comunque appaia, è umano soltanto perché vi
opera e vi ha operato il pensiero» (Hegel, Lezioni di storia della filosofia) e
perché accade nei nostri particolari sensi percettivi e pensieri descrittivi, ma
è universale nel suo accadere per propria ragione in sé indipendentemente
dai “miei” personali sensi percettivi e pensieri descrittivi. Ponete per
esempio di trovare le tracce di un dinosauro, allora il dinosauro è accaduto
di lì anche fuori dalla vostra coscienza: ci sono cose che accadono anche
fuori dalla propria personale percezione e pensiero, di cui possiamo avere
riscontro tramite le tracce che lasciano nella storia. E qui sarebbe infierente
notare le stranezze che sono in grado di raggiungere quelle teorie
“solipsiste” quando cercano di spiegare il passato precedente al proprio sé o
al mondo prima dell’uomo. Ma se non vogliamo ricorrere ai fatti della
storia, o ai fatti in generale, ci basti socraticamente dire così: «so di non
sapere», e cosa non sai? Qualcosa! Così si prende coscienza che esiste
qualcosa fuori dal proprio pensiero, cose che hanno una loro esistenza anche
prima di entrare nella propria coscienza – altrimenti si saprebbe tutto! – e
che nella nostra coscienza ci entrano con la loro esistenza (cfr. Argomenti,
cap. 7). Similmente alla fisicità dove la percezione non smette mai di
parlarci di un mondo fuori, sì chiara nel dirci che afferra valori anche
dall’esterno! “Anche”, ma non esclusivamente, perché tanto prende e tanto
dà, in un concerto fra lo scoprire e il costruire, dove il senso reale della
conoscenza può assumere il verso di andare dall’io al mondo o dal mondo
all’io, in ottemperanza alla vita dove alle volte le cose ci succedono (dal
mondo all’io) e altre le facciamo succedere (dall’io al mondo).
Tali “percezione” e “pensiero” possono pertanto rispettivamente
sentire e descrivere le cose ognuno con la sua differenza; e possono
percepirle anche in modo adeguato alla “verità sensibile” (fenomeno) del
proprio rapporto con esse (cose), e possono pensarle anche in modo
adeguato alla “verità di ragione” (in sé) delle stesse (cose). Così, se diversi
pensieri possono parlare della stessa verità, allora esistono diversi modi di
dire ugualmente la stessa cosa senza alterarne la verità. Per esempio:
- Il mare mi piace;
- I like the sea;
- Mi piace il mare;
- Me gusta el mar;
- A me mi piace li mari (grammatica casuale).
Davanti a tutta questa variabilità in merito alla percezione e
descrizione dello stesso oggetto, per quanto queste espressioni possano dar
vita a diverse verità soggettive, esse si appellano al riconoscimento della
medesima verità oggettuale (in sé) e al riconoscimento del proprio rapporto
con essa (fenomeno). Cioè riconoscono tutte il medesimo oggetto e, pur
sotto la varietà del proprio apparato soggettivo, definiscono ugualmente la
stessa ragione in sé. Parimenti a come 3+2 e 10/2 sono uguali e definiscono,
pur sotto differenti soggettività, il medesimo oggetto 5, la stessa verità.
Parimenti a come, nello stesso lasso di tempo, cioè per medesimo oggetto e
verità, un viaggiatore della luce vive di meno di un viaggiatore della Terra:
Esperimento ideale dei due gemelli, di Einstein: sulla Terra vi sono due
gemelli, uno parte in un viaggio interstellare di andata-ritorno per una stella
lontana, mentre l’altro rimane ad aspettarlo sulla Terra. Se il viaggio
interstellare è compiuto a velocità prossime a quelle della luce, la teoria
prevede che, al ritorno sulla Terra, il gemello viaggiatore sia invecchiato molto
meno di quello terrestre.
Tutti questi casi ci parlano di una possibile uguaglianza di verità fra
modi diversi, tale per cui anche questo mio testo, pur attraverso
l’intersoggettività del proprio linguaggio e la soggettività della propria
composizione di pensiero, ha di principio la possibilità di parlare di verità
universali, oltre a poter parlare anche di verità personali o intersoggettive; e
perché intersoggettive “sì” e oggettive “no” quando si ha accessibilità
all’in sé? (cfr. Argomenti, cap. 5). E qui, nel nostro discorso, a noi interessa
la verità e ogni espressione, oggettiva e soggettiva, che si dice uguale-
adeguata a essa.
A livello oggettivo (in sé), il mezzo con cui si esprime la ragione delle
cose diventa indifferente purché descriva la medesima realtà. Cosicché
ognuno di questi mezzi (col suo relativo sistema di coordinate) sia
egualmente idoneo per la descrizione del medesimo oggetto (natura), benché
possa soggettivamente piacerci di più quel mezzo di un altro e benché i
diversi mezzi percettivi e descrittivi possano, tanto più divergenti, mettere in
luce rapporti differenti con lo stesso oggetto: la ragione in sé dell’oggetto
descritto, rimane uguale in qualunque maniera la si esprima, pur dando
adito, per ogni diversa espressione, a diverse implicazioni soggettive e
relazionali. Questo è ciò che in fisica è chiamata “covarianza generale” per
la quale: a livello universale non importa l’esempio che afferma la legge, ma
la legge e che ogni esempio le risponda adeguatamente, ognuno per quello
che è e in misura di essa. Esattamente qui parliamo di covarianza metafisica:
gli oggetti debbono potersi esprimere mediante ragioni che valgono per
tutti i soggetti, cioè che siano covarianti rispetto a qualunque linguaggio –
interpretazione, pensiero, percezione (Einstein, Come io vedo il mondo, pp.
120-121: «Le leggi generali della natura debbono potersi esprimere
mediante equazioni che valgono per tutti i sistemi di coordinate, cioè che
siano covarianti rispetto a qualunque sostituzione»). In zelante rigore alla
definizione di “costante”: le verità di ragione (in sé) sono uguali per
qualsiasi linguaggio (soggetto) che le emette. Tale che qualsiasi relativo
linguaggio può portare rivelazioni divine.
Definita l’invarianza generale della verità oggettuale (in sé), segue
l’analisi del livello soggettivo (fenomeno), che partiamo da questo stesso
oggetto espresso così differentemente:
Poesia: Soldati
(di G. Ungaretti)
Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie.
Prosa: i soldati cadono con la stessa facilità con cui cadono
le foglie d’autunno dagli alberi.2
È evidente come la capacità evocativa della poesia di Ungaretti abbia
2 https://www.gazzettafilosofica.net/2017-1/ottobre/l-oblio-del-padre-dante-e-il-linguaggio-postmoderno/
un trascinamento soggettivo di tutt’altra mole in confronto a quello della
prosa, pur descrivendo lo stesso oggetto. Acquistiamo così l’evidenza che la
forma con cui si esprime un contenuto ne cambia i rapporti soggettivi e
relazionali, portando finanche all’errore interpretativo dove sbagliata, ma
non cambia l’oggetto di riferimento che difatti rimane lo stesso riferimento
per tutti; es. lo stesso lasso di tempo può essere attraversato in un’ora da
alcuni e in dieci da altri. Così da poter parlare di diverse possibili forme
interpretative (grammatiche) sullo stesso oggetto (semantica), alcune
corrette e altre sbagliate, alcune belle e altre brutte (cfr. Argomenti, cap. 3).
E in tali forme belle o brutte riconoscere quei linguaggi e corpi che
nell’evolversi hanno teso relativamente alla forma o all’informità, all’ordine
o al caso, al semplice o al semplicismo, al corretto o all’errore, alla
sopravvivenza o all’estinzione, e via discorrendo, al complesso o al
complicato ecc. Si sta parlando di tensioni soggettive variabili relativamente
alla sensibilità del soggetto sull’oggetto di tensione, in zelante rigore alla
definizione di “variabile”: le verità sensibili (fenomeno) variano
relativamente al linguaggio (soggetto) che le emette. Tale che qualsiasi
relativo linguaggio è portare di rivelazioni individuali.
Tutto ciò significa, amplificando il concetto, che il relativo non altera
l’assoluto e che l’assoluto può essere descritto per quello che è attraverso i
vari relativi, i quali ne possono esprimere alcune verità ma mai tutte,
altrimenti sarebbero assoluti e non relativi (cfr. Mondo, cap. 2.7). In senso
fisico si dice così: se le fluttuazioni di densità di materia diventano
trascurabili tanto più si amplia la regione di spazio considerato, allora
davanti ad una regione assoluta le fluttuazioni relative non ne alterano il
valore sotto nessuna traslazione e rotazione; così da avere un sistema
omogeneo e isotropo. Questo significa, filosoficamente, che la
partecipazione fra oggetto percepito e soggetto percipiente, pur alterando,
per reciproca influenza, i soggetti e oggetti in partecipazione (cfr.
Argomenti, cap. 2), ciononostante non altera la ragione in sé per cui
accadono, l’ambiente in sé di partecipazione. Ritrovandoci così con un
sistema che rimane stabile pur davanti alla varietà delle sue parti; una teoria
del mantenimento del sistema. E qui concettualmente l’assoluto coordina il
relativo.
4. Gli orologi di Newton ed Einstein: absolutum e relatio
Ad ora sono state mosse alcune parole su un fatto fisico che ha trovato la
sua più chiara pretesa in questa affermazione: lo stesso lasso di tempo può
essere attraversato in un’ora da alcuni e in dieci da altri. Tale pretesa sta
nel fatto che «la velocità angolare di un orologio dipende dal luogo in cui
l’orologio si trova» (Einstein, Come io vedo il mondo, p. 120).
Parafrasiamo:
Può succedere che sotto uno stesso tempo comune, ci siano orologi
che scorrano differentemente a seconda del posto che occupano: magari uno
più piano (se riposto in una navicella spaziale in viaggio interstellare con
una velocità prossima alla luce) e l’altro più veloce (se riposto in una
navicella ferma sulla Terra). Tale tempo comune e ciò che ci permette di
raffrontare i tempi relativi dei diversi orologi e affermarne la relatività
(altrimenti non potremmo mai dire che l’orologio in viaggio interstellare sia
andato più lento di quello rimasto sulla Terra, se non avessimo un tempo
comune di comparazione). Un tempo comune che riabilita il “tempo
assoluto” di Newton, da intendere però in integrazione ai “tempi relativi” di
Einstein: il tempo assoluto non cancella i tempi relativi, ma li conferma e si
pone come loro possibilità di confronto. (cfr. Verità, cap. 6). Si è tornati al
metro comune di paragone, quello che Einstein chiamava covariante
generale, omogeneo e isotropo, quello che chiamo covariante metafisico, lo
stesso per tutti; senza per nulla cancellare, come detto, le istruzioni del
sistema relativo – più aumenta la velocità e più si espande lo spazio-tempo
– e le sue derive.
5. Istruzioni per viaggiare nel tempo: quantum e relativity
Mentre lo stesso tempo assoluto ci confronta: tu batti relativamente un anno
e io un secondo, perché io espando il tempo maggiormente di te e, in verità,
modestamente, posso contrarre il tempo con buon giuoco e, se voglio, posso
venirti a trovare fra dieci anni attraversando cinque soli secondi della mia
vita, da ora. Posso cioè viaggiare nel futuro manipolando lo spazio e il
tempo, contraendoli in guisa da creare adeguati “ritardi temporali”: per
viaggiare nel futuro, basti incrementare adeguatamente la propria velocità
in rapporto al sistema di riferimento di cui si vuole visitare il futuro.
Più difficili sono i viaggi nel passato: Se la velocità non procedesse
dall’immobilità A>B non potrebbe avanzare +v e ciò colliderebbe col
naturale moto che le riconosciamo: A<B → A≠B+v. In questo verso la
velocità non può precedere l’immobilità A>B → ¬(A<B), dove la clausola
di precedenza è necessaria per regredire –v, quindi per viaggiare nel
passato: A<B → A=B–v. Senza regressione –v viene infatti meno il
concetto temporale di “ritorno al passato”, come nel nostro verso dove la
velocità procede dall’immobilità: A>B → A≠B–v. Pertanto, in questo verso,
col mezzo della velocità regolo della contrazione spazio-temporale, si può
viaggiare solo nel futuro.3
Esplicazione: Qualsiasi cosa si sposti ± dall’immobilità è pur sempre
una velocità. Allora si può relativamente parlare di velocità negative che
contraggono il tempo –v e velocità positive che dilatano il tempo +v, ma
non si può concettualmente e fisicamente immaginare e sperimentare una
velocità così piccola –v da essere minore dell’immobilità (lo stesso sarebbe
se invertiste la freccia del tempo: non esiste una velocità così grande da
essere maggiore dell’immobilità), quindi nessuna velocità che vada in senso
opposto alla freccia del tempo della dimensione di appartenenza. Ovvero
3 Cfr. Appendice matematica cap. 7: La matematica in esame prevede la possibilità di unadimensione speculare a quella descritta, il cui verso è contrario a quello in esame, dove cioèsi può viaggiare solo nel passato –v, con effetti che precedono le cause. Così come previstodai calcoli sulla relatività di Einstein.
nessuna velocità che, in questa dimensione A>B, sia in grado di farci
viaggiare nel passato, solo nel futuro.
Teoria A>B con cause che precedono gli effetti: Il limite minimo della
velocità è l'immobilità, meno della quale non si può andare, precludendoci
quella regressione necessaria ai viaggi nel passato. Infatti, tramite il
processo della contrazione spazio-temporale, se posso rallentare verso
l’immobilizzazione del tempo, allora rimane fuori il passato prima.4
Con la contrazione spazio-temporale, in questo verso, non ci rimane
altro che vivere il presente o viaggiare nel futuro. L’attraversamento dello
spazio-tempo non è però l’unico modo conosciuto di viaggiare. Esistono
altri modelli di viaggio, che chiamo Open Quantum5, dove non si parla più
di “contrazione spazio-temporale” come nella relatività, bensì di
“modificazione topologica” per la quale nel medesimo punto si ha accesso
istantaneo (entanglement) a qualunque altro punto (passato, presente,
futuro). La distinzione è chiara: la relatività pone un viaggio temporale,
l’open quantum uno atemporale, niuno inficiante l’altro. E di più: l’open
quantum mira a una previsione finale uguale e contraria a quella finale della
Relatività. Ovvero la relatività ha due tendenze, una verso la massima
velocità (1) e l’altra verso la minima velocità (0):
- L’open relativity prevede che un corpo, alla massima velocità,
espanda la sua massa all’infinito, così da accedere istantaneamente a
ogni luogo;6
- L’open quantum prevede che alla minima velocità si contragga la
massa all’infinito in un punto adimensionale (sovrapposizione di
4 Cfr. App. matt. cap. 7. Teoria speculare A<B con effetti che precedono le cause: Il limitemassimo della velocità è l'immobilità, oltre la quale non si può andare, precludendociquella progressione necessaria ai viaggi nel futuro. Infatti, tramite il processo dellacontrazione spazio-temporale, se posso accelerare verso l’immobilizzazione del tempo,allora rimane fuori il futuro prima.5 Il nome e il messaggio si rifà alla teoria Open Quantum Relativity.6 Si noti come l’open relativity porti all’immobilità, ossia all’immobilità come stato ultimoa seguito della massima velocità +v. Cfr. App. matt. cap. 7
stati), così da poter accedere istantaneamente (entanglement) a ogni
luogo, ovunque si manifesti la dimensione di quest’ultimi.7
La relatività è dimensionale, quindi ha dei limiti fisici sulla scala
matematica: non può regredire nel passato (nel nostro verso). Diversamente
è l’open relativity che è onnidimensionale, quindi copre ogni luogo spazio-
temporale; il cui contrario è l’open quantum che è adimensionale e che
quindi, a parte i casi finiti, è capace di muoversi su tutta la scala matematica:
passato, presente, futuro.
Abbiamo così due tipi di viaggio, relativo-dimensionale che segue la
freccia del tempo (quindi non può tornare nel passato) e quantum-
adimensionale che può variare sul tempo (quindi può andare dal passato al
futuro al presente):
- Nel viaggio spazio-temporale si ha la modificazione delle
dimensioni;
- Nel viaggio quantico si ha lo scorporamento delle dimensioni.
Il problema dell’open quantum è presto evidente: un viaggio quantico
prevede che un essere dimensionale, come può essere l’uomo, parta
anzitutto scomponendosi nei suoi atomi, per poi ricomporsi alla fine del
viaggio. Tale trasformazione topologica, verosimilmente, tanto più è
complesso il corpo, richiede un altissimo apporto di energia o un “io”
(quantum dell’individuo) potentissimo, per non disperdere i propri atomi nel
viaggio. Oppure tanta fortuna. La fortuna verosimilmente sta nella casualità
che i costituenti scorporati si ritrovino, a fine viaggio quantico, riuniti come
all’inizio. Tale fortuna, per la tipologia del processo in causa, si può
avvicinare alla probabilità lontanissima, ma calcolabile in termini
quantistici, che in questo momento mi si materializzi davanti un elefante.
Altri casi di modificazione topologica sono i cosiddetti “portali”: ponti
di Einstein-Rosen; buchi neri; ecc. I quali sono teorizzati come ponti di
7 Si noti come l’open quantum porti all’immobilità, ossia all’immobilità come stato ultimoa seguito della minima velocità –v. Cfr. App. mat. cap. 7
collegamento istantanei (entanglement) o scorciatoie fra alcuni luoghi
distanti. Anche in questo caso l’entanglement o la scorciatoia son date da
sovrapposizione di masse (luoghi) in volumi ridotti (punti adimensionali).
Da cui: maggiori sono i luoghi sovrapposti e più ampio è l'accesso
istantaneo. E ormai qui stiamo esulando dal concetto di relatività,
rischiando di unificarla con la quantistica, quindi sospendiamo il discorso
ché abbiamo prima da concludere i nostri viaggi temporali.
Secondo la relatività generale, per viaggiare nel futuro in misura
consistente, come pocanzi detto, bisogna raggiungere velocità elevate
prossime a quelle della luce. Cosa che tecnicamente non è ancora
accessibile. Cioè teoricamente sappiamo come viaggiare nel futuro, ma
tecnicamente non abbiamo ancora i mezzi per la sua realizzazione. Però è da
dire che la velocità fisica non si esprime solamente tramite il moto esterno,
magari con una navicella spaziale, bensì anche col moto interno, magari con
dei sentimenti o pensieri. Non è infatti capitato a tutti di avere giornate
passate in un lampo? Ore che finiscono dopo venti minuti: questa la
sensazione interna che a volte ci capita sotto lo stesso comune tempo
terrestre; un tempo comune in cui possiamo scorrere differentemente. E qui,
si può ben dire, le sensazioni hanno la loro verità testimoniata dalla loro
forza propulsiva: come navicelle! D’altro canto internamente in noi abbiamo
orologi biologici che possono scorrere anche differentemente a seconda del
posto in cui stanno: felicità, amore, odio ecc. Stiamo parlando di una teoria
fisica che afferma questo:
Viaggi sensoriali nel tempo: se rimaniamo ligi alla teoria della
relatività – più aumenta la velocità e più si espande lo spazio-tempo – allora
abbiamo che la felicità e l’amore sono sensazione che espandono
notevolmente e positivamente lo scorrere del proprio organismo psicofisico,
sovrapponendoci su stati diversi e sospendendoci sopra lo scorrere del
mondo, di fatto rallentandoci l’invecchiamento e allungandoci la vita; fosse
anche di pochi microsecondi: «Ti toccai e si fermò la mia vita» (Neruda).
Per inverso si dice che la tristezza e l’odio contraggono notevolmente e
negativamente lo scorrere del proprio organismo psicofisico, diradandoci su
stati diversi e sospendendo il mondo sopra sé, di fatto facendoci invecchiare
rapidamente verso la morte.
E davanti alla morte, con gli onori che le si deve, anticipiamo la
conclusione con la nostra Teoria morale – di questa fisica sensoriale: la
felicità, come l’amore, non può rimanere solo il fine delle nostre azioni, ma
ne deve essere anche il mezzo. Per lunga vita!
6. Teoria filosofica di unificazione della fisica
Caduti in un sistema unidimensionale, ci ritrovammo per una distesa lucente
che la diritta via s’era trovata (Dante). Vedemmo due tendenze: l’open
relativity verso l’espansione sopra ogni luogo spazio-temporale →1; l’open
quantum verso la sovrapposizione (riduzione) di ogni luogo spazio-
temporale 0←.
In mezzo a queste due tendenze, troviamo la zona relativa, la
dimensione in cui è possibile, dal brodo meccanico, l’aggregarsi stabile di
materia e il fiorire della vita biologica finanche lo sbocciare della cultura.
Secondo i parametri dimensionali della zona relativa stessa.
In sovrapposizione fra la zona relativa e le due dimensioni open
relativity e open quantum, ci sono le zone confine, dove si sovrappongono le
diverse leggi fisiche delle dimensioni in contatto, generando entità dalla
doppia fisicità o dalle particolari singolarità. Nella nostra dimensione le
zone confine generano entità come i buchi neri (quasi neri), il bosone di
Higgs e altro.
Naturalmente in tale unidimensione la zona relativa cambia a seconda
del sistema di riferimento. Talché ciò che noi chiamiamo dimensione open
quantum od open relativity, terrà al suo interno la propria zona relativa che
avrà, a sua volta, ai suoi estremi due tendenze opposte (Open quantum ← e
→ Open relativity) verso la speciazione (apertura) di due dimensioni
divergenti. E così all’infinito in tutte le direzioni.
Abbiamo appena compiuto l’atto di usare concetti biologici
generalizzati per unificare filosoficamente la fisica, ma se vogliamo
possiamo immaginare l’impianto anche come una più classica meccanica a
pile variabile.
7. Appendice matematica di unificazione della fisica
La matematica usata nel nostro discorso è di una tale generalità e semplicità
da farci pensare sia in grado di racchiudere tutte le conoscenze della scienza
fisica. La riassumiamo nei tre elementi che si sono mossi nell’entroterra di
questo articolo: la dimensione, la relatività e l’assoluto.
DimensioneDimensione A<B
in cui le cause procedono dagli
effetti,
la velocità precede l’immobilità
e viaggi nel passato.
Dimensione A>B
in cui le cause precedono gli effetti,
la velocità procede dall’immobilità
e viaggi nel futuro.
A<B → A≠B+v
Impedita la progressione della
velocità +v, quindi il viaggio nel
futuro.
A<B → A=B–v
Permessa la regressione della
velocità –v, quindi il viaggio nel
passato.
A>B → A≠B–v
Impedita la regressione della
velocità –v, quindi il viaggio nel
passato.
A>B → A=B+v
Permessa la progressione della
velocità +v, quindi il viaggio nel
futuro.
In entrambi i versi A>B e A<B, la freccia del tempo, del proprio
sistema di appartenenza, non può essere invertita dalla velocità, per nessuna
sua contrazione: o solo verso il futuro v+; o solo verso il passato –v.
In termini matematici si dice che il positivo ha limiti inferiori ma non
superiori, il negativo ha limiti superiori ma non inferiori. Diverso è in
ambito fisico dove può succedere che la fisicità venga impedita a muoversi
sull’intera scala matematica (es. anche se versate una quantità d’acqua
infinita in una bottiglia da un litro, essa comunque è fisicamente impedita a
contenere più di un litro): così potremmo trovarci davanti a positivi che
hanno anche un limite fisico superiore, oppure negativi che ne hanno anche
uno inferiore.
Per entrare nel mondo fisico della relatività, osserviamo anzitutto la
formula completa dell’energia, quella del mare di Dirac E=±mc2, dove la
positività o negatività dell’energia dipende dalla freccia del tempo della
dimensione di appartenenza. In termini matematici si dice che il relativo
verso ± di un’energia infinità E=±mc2 dipende totalmente dall’ordine di
conteggio («un’invenzione del demonio» direbbe Niels Abel – serie
armoniche divergenti):–E = –mcc
Nell’ordine di conteggio negativo
“–” della dimensione A<B, in
regressione da destra verso sinistra,
prima si calcola c2 che diventa cc,
dal quale rimane vivo il segno
negativo del conteggio.
E = +mc2
Nell’ordine di conteggio positivo
“+” della dimensione A>B, in
progressione da sinistra verso destra,
prima si calcola la massa, che
assieme al quadrato della velocità,
lascia vivo il segno positivo del
conteggio.Si noti che nella dimensione negativa c’è uno scorporamento degli
elementi, mentre in quella positiva c’è una loro unificazione; come vedremo
a breve. In questo caso la matematica è corretta per entrambi i prodotti –
mcc e –mc2, però con risultati uguali e contrari, a seconda se la formula la si
calcoli in sintesi progressiva (unificazione +mc2) o in analisi regressiva
(scorporazione –mcc). Il tutto in pieno rispetto della matematica di tipo
“serie armoniche divergenti” (solo il risultato relativo di una quantità
infinita dipende totalmente dall’ordine di conteggio) e nell’idea di un
negativo fisico uguale e contrario (es. antimateria). Oltremodo la formula
distingue fra carica ± della massa e verso ± dell’energia.
Ma lasciamo pure questa delicata ipotesi come mera ricerca di
simmetria, dove fingiamo di aver registrato la formula dell’energia infinita
E=±mc2, quella dell’energia positiva E=mc2 e quella dell’energia negativa –
E=–mcc. Ne segue l’assunzione di una velocità negativa retrograda alla
luce, si può poeticamente dire una velocità del buio, un’antivelocità come
c’è anche un’antimateria. E in virtù di tale virtuale simmetria, affrontiamo la
relatività, prima tramite la velocità v, poi nel rapporto di quest’ultima con la
massa m. In seguito la trattiamo nei suoi rapporti di determinazione ∆ e di
stato |⟩. Il tutto sotto il dominio di queste tendenze, negativa che chiamo
open quantum, positiva che chiamo open relativity.
– Open quantum + Open relativity–v ← Relatività → +v
–i ← {–n, …, –2, –1} = –v
Il limite della velocità più piccola è
l’immobilità: l’immobilità è minore
–i della più piccola velocità –v.
–v in fisica:
- Riduzione dimensionale;
- Regressioni interne;
- Sovrapposizione di stati.
+v = {1, 2, …, +n} → +i
Il limite della velocità più grande è
l’immobilità: l’immobilità è
maggiore +i della più grande
velocità +v.
+v in fisica:
- Estensione dimensionale;
- Progressioni esterne;
- Distribuzione di stati.
Questo calcolo è lineare e disgiunto, cosa assai diversa dal mondo
fisico dove invece le conseguenze dell’open quantum e open relativity si
intrecciano. Tale compartecipazione la mediamo tramite la massa intesa
come reciproco inverso della velocità: prima vediamo come succede, poi la
forma matematica per cui succede.
–v +m ← Relatività → +v –m
+m ← {–n, …, –1} = –v
Più massa meno velocità
–v +m in fisica:
Formalmente, diminuendo la
velocità interna aumenta la massa
esterna.
Sensibilmente, l’effetto è il ridursi
della massa interna –m tramite la
sovrapposizione dei propri stati, che
comporta un aumento di velocità
esterna +v sino alla velocità
istantanea dell’entanglement.
Il limite di tale reciproco inverso è
questo: (formalmente) diminuendo
alla velocità minima (sensibilmente)
la massa si contrae all’infinito –
Ceravolo –.
+v = {1, …, n+} → –m
Meno massa più velocità
+v –m in fisica:
Formalmente, aumentando la
velocità esterna diminuisce la massa
interna.
Sensibilmente, l’effetto è
l’estensione verso la massa esterna
+m tramite la distribuzione dei
propri stati, che comporta una
diminuzione di velocità interna –v
sino alla fermezza su ogni luogo.
Il limite di tale reciproco inverso è
questo: (formalmente) aumentando
alla velocità massima
(sensibilmente) la massa si espande
all’infinito – Einstein –.
L’intreccio e il risultato di tale discorso rispecchia la seguente forma
matematica, dove, ripeto, il simbolo di sottrazione è usato come
“diminuzione interna” quello di somma “aumento esterno”. Esattamente: +v
= più velocità esterna; –v = meno velocità interna; +m = più massa
esterna; –m = meno massa interna; → = più estensione esterna; ← = più
riduzione interna. Il battito di questa matematica sono le trasformazioni di
estensione → e di ← riduzione:–v = +m;
+m = ←;
← = –m;
–m = +v;
+v = –m;
–m = →;
→ = +m;
+m = –v.
Da cui traspaiono forme di conservazione della materia e del moto:
–m ↔ +m Ridurre la massa interna comporta aumentare la massa
esterna, viceversa; –v ↔ +v Ridurre il moto interno comporta aumentare il
moto esterno, viceversa.
La generalità di queste forme (–v ↔ +v) può essere sciolta è riadattata
semanticamente al calcolo della contrazione spazio-temporale, dove, nella
seconda parte della relazione, v è lo spazio-tempo, mentre “+” contrae
(accelera) e “–” dilata (rallenta), e dove assumiamo “!” per invertire il
rapporto:
+v → –v Aumentando la velocità esterna si dilata lo spazio-tempo
interno; ! Diminuendo la velocità esterna si contrae lo spazio-tempo
interno; –v → +v Diminuendo la velocità interna si contrae lo spazio-
tempo esterno; ! Aumentando la velocità interna si dilata lo spazio-tempo
esterno.
Queste le chiamo forme relative di conservazione dell’assoluto; da cui
si vede un (+) esterno il cui positivo segue il proprio verso e un (–) interno
il cui positivo segue il proprio inverso. Così, se esternamente il positivo è
aumentare la velocità (magari con una navicella spaziale), internamente è
diminuirla (magari amando). Da tale inversione torniamo al limite del
“reciproco inverso” visto sopra: alla massima velocità esterna, il proprio
spazio-tempo interno si espande all’infinito sino a diradarsi su ogni luogo, e
qui fermarsi; alla minima velocità interna, lo spazio-tempo esterno si
contrae all’infinito sino a sovrapporsi in un punto, e qui fermarsi.
∆x ← Relatività → ∆px
Se ci sincronizziamo al limite del sopra calcolo:
- La risultanza della velocità infinita ± è la posizione assoluta, la quale
è garantita da velocità uguali e contrarie che si annullano fra loro.
Dove l’annullamento fra –v e +v consuma tutta l’energia possibile
2v senza alcuna dispersione, l’immobilità;
- Per inverso, la risultanza della massa infinita ± è il moto assoluto, il
quale è garantito da masse uguali e contrarie che si annichiliscono
fra loro. Dove l’annichilimento fra –m e +m produce tutta l'energia
possibile 2m senza alcuna dispersione, il moto.
Il moto consuma energia mentre la massa la produce. Oltretutto, tali
affermazioni ci permettono di dire che se la velocità infinita ha una
posizione assoluta e se la massa infinita ha un moto assoluto, allora ne segue
una quantità di moto mv assolutamente infinita. Da cui desumiamo il
principio di determinazione assoluta, dove una cosa la si conosce quando si
conosce qualcosa della sua posizione e del suo moto, sulle note di
Heisenberg:∆x=|1| → ∆x∆px=0
Se x ha una posizione assoluta
uguale in tutte le direzioni, allora
l’incertezza sulla sua quantità di
moto px è nulla.
∆px=|1| → ∆x∆px=0
Se px ha un moto assoluto uguale su
tutte le posizioni, allora l’incertezza
sulla sua posizione x è nulla.
Queste formule ci dicono che per la sua omogeneità e isotropia,
l’assoluto è uguale da qualunque luogo lo si determini, anche se solo una
quantità di moto di grandezza infinita può determinarlo nella sua totalità,
per ogni suo particolare e generale: l’assoluto è determinabile
completamente solo da una grandezza infinita. Sicché: se cerchiamo di
conoscere con precisione assoluta la posizione o il moto di un qualcosa,
quindi conoscerlo in tutti i suoi generali e particolari, siamo costretti a
compierci con una quantità di moto infinita. Ovvero non potremo mai
conoscere completamente un oggetto né tutto quello che un soggetto pensa,
per le infinite implicazioni ed esplicazioni che ne seguono, per l’infinita
quantità di moto che ci vorrebbe.
∆p=¬|1| → ∆x∆p≥ħ/2
Per una quantità di moto p non-assoluta, non è possibile descrivere con
precisione assoluta la posizione di x. Ritrovandoci con una descrizione
parziale (relativa) che conserva un grado di mancanza totale (assoluta)
uguale o maggiore a ħ/2.
Naturalmente ciò non nega le verità oggettive o soggettive
raggiungibili nel corso della propria vita, perché anche una verità non-
infinita può essere vera in merito al finito di cui tratta (oggetto) o al proprio
rapporto con esso (soggetto); senza la pretesa, però, di esaurire tutta la
conoscenza possibile – assoluta – in merito a quell’oggetto o soggetto.
Il risultato quantitativo ħ/2, così come la sua formula, è del principio
di indeterminazione relativa di Heisenberg (“se tentiamo di conoscere la
posizione di una particella con una precisione assoluta l'incertezza sulla
quantità di moto tende all'infinito”), qui derivato dalla contrazione spazio-
temporale e il quale, nel dettaglio scientifico, ci apre a tre argomenti:
- Se per la contrazione, maggiore è la certezza della posizione e
minore è la certezza del moto e viceversa, e se di una cosa si conosce
qualcosa solo quando si conosce qualcosa della sua posizione e del
suo moto, allora, socraticamente, con tanta più precisione
conosciamo le cose tanto più ci accorgiamo di non sapere – più so e
più so di non sapere, sino al limite della conoscenza infinita di tutto.
E questo non è certo un incentivo a non sapere, perché se non si può
sapere tutto, si può comunque sapere qualcosa, mentre, per inverso,
a sapere troppo poco si crede poi di sapere tutto;- Se per determinare il fenomeno di un oggetto devo illuminarlo
all’osservazione sensibile (fascio di luce del soggetto), la quale di
per sé è portatrice di un’energia che colpisce a suo modo lo stato
dell’oggetto osservato, allora, kantianamente, ogni verità sensibile è
una relazione apparente e non è l’oggetto in sé – il quale è
accessibile solo tramite un’osservazione astratta e sovrasensibile,
adimensionale alla sensibilità e costante da ovunque la si emetta, per
cogliere la sovrasensibile ragione in sé delle cose, le verità di
ragione. N.B. La conoscenza dell’adimensionale ragione in sé delle
cose, non è una conoscenza assoluta ma oggettiva della cosa, tale per
cui ancora ci è asintotica la totalità conoscitiva dell’oggetto, ma
accessibile quella di alcuni suoi valori;- Nell'ambito della realtà, la contrazione inversa fra materia e moto,
non permette una completa determinazione relativistica di ciò che
accade nello spazio e nel tempo, lasciando un margine
d’imprecisione nell’evoluzione delle variabili dinamiche – uno
spazio al caso e alla libertà dove si producono effetti non-calcolabili
se non probabilmente o all’infinito.
I primi due di questi argomenti li ho già esposti, l’ultimo non ancora
al tempo di questo articolo.
|A⟩ ← Relatività → {A}
Riassumiamo quanto detto sulla relatività, evidenziando la differenza di
funzionamento fra open quantum e open relativity. Immaginiamoci il gatto
G di Schrödinger nella nostra relativa dimensione, tranquillamente sdraiato
su un’amaca A con sotto un burrone B.
GAB Il gatto sta su un’amaca con sotto un burrone.
Nel limite dell’open quantum:
|G, A, B⟩
Il gatto sta sovrapposto allo stato
dell’amaca e del burrone assieme, |
G⟩+|A⟩+|B⟩.
Qui il gatto scorpora le dimensioni
dell’amaca e del burrone
Nel limite dell’open relativity:
G = {A, B}
Il gatto sta espanso sugli stati
dell’amaca e del burrone separati,
{A} + {B}.
Qui il gatto distribuisce le
dimensioni dell’amaca e del burrone
sovrapponendole in un unico stato
interno adimensionale, a cui ha
accesso istantaneo e simultaneo, a
prescindere se l’amaca si trovi ora a
Sidney e il burrone sulla Luna.
L’effetto fisico è la presenza di
oggetti correlati istantaneamente a
distanza.
diradandole in un unico stato
onnidimensionale, estendendosi
esternamente su tali dimensioni,
spalmandosi sull’intero sistema.
L’effetto fisico è la presenza di un
unico vasto oggetto che copre
omogeneo tutta la sua estensione.
Immagine esplicativa
Da un’ottica funzionale:
- GAB è un prodotto dimensionale;- |G,A,B⟩ è un legame adimensionale fra G, A e B;- G = {A,B} è un ordine onnidimensionale G sopra ogni A e B.
Esattamente:Il rapporto dell’open quantum è un
legame per il quale ciò che succede a
un elemento sovrapposto ne
risentono direttamente anche gli altri
– c’è un legame fra gli elementi per
cui istantaneamente si rispondono
Il rapporto dell’open relativity è un
ordine per il quale ogni elemento è
legato indirettamente tramite
quell’ordine a cui tutti rispondono –
c’è un ordine degli elementi a cui
istantaneamente rispondono
ovunque essi siano. ovunque essi siano.La contrazione di queste tendenze, apre a una vasta accessibilità e
possibili intrecci, persino a stati né veri né falsi (cfr. Teoremi), e funziona
generalmente così: una sovrapposizione adimensionale, come pure
un’estensione onnidimensionale, può assumere diverse combinazioni
dimensionali, così da darci la probabilità che facendo una determinazione
dell’oggetto, lo si possa trovare in una delle sue possibili combinazioni.
Esattamente, essendo prive di dimensione e quindi di impedimenti e
limiti, l’adimensionale e l’onnidimensionale possono contenere
simultaneamente (sovrapporre o estendere) anche tutti gli stati, persino
quelli opposti, come vita e morte, o illogici, come “quadrato non-quadrato”.
Così, l’aspetto scientifico del gatto di Schrödinger, ci apre a quattro
argomenti misti a questa teoria:
- Esclusione dimensionale istantanea – Il fatto che gli elementi siano
sovrapposti assieme o estesi sotto lo stesso ordine, non significa
debbano dimensionarsi assieme, viepiù dove siano incompatibili fra
loro, e quindi dove si ha un’esclusione istantanea per la quale ha
dimensione uno o l’altro. Infatti il gatto di Schrödinger è
adimensionalmente vivo e morto, ma se proviamo a determinarlo
aprendo la scatola in cui è rinchiuso, lo troviamo dimensionalmente
vivo o morto, e il suo essere vivo è istantaneamente legato in inverso
al suo essere morto;
- Continuità dimensionale istantanea – Anche se gli elementi
sovrapposti o estesi non dovessero escludersi l’un l’altro, ciò ancora
non gli impedisce di dimensionarsi in luoghi distinti e lontani, dove
per qualunque loro distanza saranno comunque legati
istantaneamente fra loro, se in open quantum, o indirettamente legati
dall’ordine a cui rispondono comunemente e istantaneamente, se in
open relativity;
- Unità dimensionale istantanea – Gli elementi sovrapposti, come gli
elementi estesi, in date circostanze possono combinarsi nella stessa
unità dimensionale, o occupando lo stesso stato dimensionale col
regolo del principio di sovrapposizione quantistica, oppure uniti
nello stesso stato dimensionale col regolo del principio di esclusione
di Pauli;
- Influenza dimensionale – Il legame sotterraneo dell’open quantum e
stellato dell’open relativity, non sono mere formalità probabilistiche
o campi di possibilità e di ordine, ma abbiamo detto hanno accesso
anche alla nostra realtà dimensionale tramite tendenze, reciproci
inversi ed entità (es. bosone di Higgs, buchi neri ecc).
La cosmologia matematica è consequenziale: da un open quantum
(0←) si combina una dimensione possibile, la quale si estende all’infinito,
in open relativity (→1), verso la posizione assoluta, nella quale tutto è
omogeneo e isotropo come un punto, un open quantum (0←); e viceversa
all’infinito. Da cui si affaccia la nostra fisica generale a prospettarci come, a
ogni tot di incremento matematico, ci si debba aspettare, fisicamente, un
salto dimensionale per quantità e qualità notevolmente differenti, in cui le
masse e le velocità rispondono a leggi regionali diverse, assumendo
conseguentemente comportamenti insoliti per le altre regioni. In generale,
nella scienza fisica la cosmologia tiene conto anche dei parametri e limiti
fisici, quindi di tensioni elastiche, stringhe e altre faccende che dovrebbero
muoversi a tutela delle dimensioni, una sorta di teoria della sopravvivenza
delle dimensioni; e arrivati al cosmo concludiamo il discorso.
Assoluto
Le relative tendenze esaminate, operano sotto rapporti diversi: una in
regressione, l’altra in progressione, per poi intrecciarsi con reciproci inversi.
La loro riappacificazione si trova nell’unione in un unico sistema: se
prendiamo le due dimensioni A>B e A<B e le uniamo vediamo A=B in
causa sui, mentre se prendiamo le due frecce –v e +v e le uniamo vediamo
lo stato I e se uniamo i due stati –i e +i vediamo la freccia V.
Completamente ciò che succede è questo:
V = {–i ← –v, …, –1, 0, 1, …, v+ → +i} = I
La velocità infinità V è la risultanza delle velocità più piccole –v e più
grandi v+ tendenti all’immobilità, tale che “immobilità assoluta” I.
Tale risultanza assoluta è ciò che garantisce la coerenza e possibilità
del moto relativo –v e +v; il quale implica a sua volta le diverse posizioni –
m e +m e il resto del discorso.
8. Forma originaria della fisica e delle pratiche
Osservato l’entroterra matematico, vediamo la forma che ha contenuto
invisibilmente tutto il discorso.
La sopraddetta conclusione matematica
V = {–i ← –v, …, –1, 0, 1, …, v+ → +i} = I
è contenuta nella seguente formula:
A={–a, 0, +a} ↔ |¬A|
A parole: A è infinito reciprocamente alla sua assoluta negazione ¬A.
es. Infinito correre, tale che, assoluto star fermi; Se tutto fosse verde,
nulla sarebbe verde; Se mangi ogni cosa, allora non mangi nulla; L’infinità
di tutti i numeri è un numero finito assoluto. L’infinito è assolutamente uno.
Se è infinito allora è assoluto; Se uno è infinito allora zero è assoluto.
La quale è a sua volta un caso particolare della forma logica:
A→¬A
A parole: Se A allora ¬A.
Esattamente, il caso in esame “velocità infinita = immobilità
assoluta”, rientra in tale sua gestione contenutista (semantica):
∀A→¬A
A=¬∞ → A≠¬A
A=∞ → A=|¬A|
A parole: Ciò che non è infinito è diverso dalla sua negazione. Ciò che
è infinito è uguale alla sua assoluta negazione.
es. Se mangi qualcosa allora non mangi qualcos’altro, se mangi ogni
cosa allora non mangi nulla; Se esiste il bello allora esiste il brutto, se è
infinitamente bello allora è assolutamente brutto; Se ancora non smette
(numeri negativi) finirà in qualcosa (numeri positivi), perché l’infinito è
assolutamente uno; Zero relativo è diverso da uno relativo e zero assoluto è
uguale a uno infinito.
In tale formula l’infinità di A trasforma la disuguaglianza in
eguaglianza, la freccia del tempo “→” nello stato di tutti i tempi “↔”, la
tendenza in traguardo, la causa-effetto in causa sui, ecc. Certo che tutto
finisce in A=A, ma sarebbe come avventurarci in una metafisica sciolta da
ogni pratica, mentre qui stiamo facendo fisica bisognosa di uno scarto
sensibile, di un moto →. Sicché “A→¬A” è la forma originaria del divenire
e delle sue pratiche, oltre a essere la dialettica che abbiamo scelto di usare
nel capitolo 2.
9. Conclusione
Da una semplice forma, abbiamo contenuto la fisica e lo abbiamo fatto in
rispetto dei suoi complessi dati reinterpretati al fine della coerenza generale.
Una coerenza che in una forma ha diradato sino a coprire diversi aspetti
della relatività. Col fin di dire:
Dico “in errore” chi prende in considerazione esclusivamente
l’insegnamento relativistico di Einstein: il risultato della formula universale
(della relatività); trascurandone completamente l’insegnamento
assolutistico: la formula universale (della relatività), col quale vuole fondare
formalmente ogni relativa materia intorno al rapporto fisico spazio-
temporale. Mentre chiamo “corretto” chi prende in considerazione
l’accessibilità e coesistenza fra verità costanti e verità variabili (cfr. Verità,
cap. 7), dacché ha, di principio, la consistenza filosofica adatta per ricercare
leggi universali da applicare alla pluralità dei casi particolari, coi quali
universi costruire le più svariate inferenze relative; finanche osare la libertà.
Bibliografia finale
V.J. CERAVOLO, Mondo. Strutture portanti. Dio, conoscenza ed essere, ed. Il Prato, Collana
Cento Talleri, Saonara (PD) dicembre 2016, secondo al Premio Nazionale di Filosofia 2017
(Certaldo).
ID. Verità. Unione fra realismo e costruttivismo, in «Azioni Parallele» 03 febbraio 2017.
ID. Teoremi di coerenza e completezza. Epimenide, Gödel, Hofstadter, in «Filosofia e
nuovi sentieri» 14 maggio 2017.
ID. Dieci argomenti di filosofia, in «Filosofia e nuovi sentieri» 7 luglio 2017.
ID. Critica al nichilismo. Kant, Nietzsche, in «Azioni parallele» 02 ottobre 2017.
A. EINSTEIN, Come io vedo il mondo. La teoria della relatività, ed. Newton Compton,
Roma 1988.
G.W.F. HEGEL, Scienza della logica, ed. Laterza, Roma-Bari 2008.
* Vito J. Ceravolo, classe 1978, è ricercatore indipendente. La sua filosofia fonda il
paradigma dell’accessibilità intellegibile della ragione in sé assieme all’accessibilità
sensibile dell’apparente fenomeno. Oltre a implementare nuove logiche formali,
predicazioni di esistenza dell’essere, teorie di conoscenza dell’oggetto e del soggetto, e
altre questioni legate al cambio paradigmatico di questa filosofia, il cui libro è stato
premiato col secondo posto al Premio Nazionale di Filosofia 2017, Certaldo (FI).
Filosofia e nuovi sentieri/ISSN 2282-5711http://filosofiaenuovisentieri.it/2017/11/12/unificazione-della-relativita-e-della-fisica/ © Filosofia e nuovi sentieri 2017. Tutti i diritti riservati