Una presentazione di Fabio Gabetta

Manzoni afferma di voler sempre essere fedele al vero. Ma che cosa si intende con questo «vero»?

Il vero deve educare, per Manzoni, e deve essere utile e interessante.

La storia racconta la verità oggettiva degli avvenimenti (per esempio, la peste), all’interno di un romanzo che è di fantasia, anche se i suoi personaggi sarebbero potuti benissimo esistere.

Per esempio, Renzo e Lucia sono personaggi inventati, ma le loro caratteristiche psicologiche potrebbero anche corrispondere al vero: i due protagonisti potrebbero anche essere esistiti, ma questo non ha importanza.

Alcuni personaggi (l’Innominato, la monaca di Monza) sono reali.

Ampio è l’uso dei documenti storici.

Sostenere che il romanzo storico sia morto, è falso: Valerio Massimo Manfredi sta scrivendo, in questi nostri anni, amabili romanzi storici sull’Antica Grecia e Antica Roma.

Ma qui stiamo parlando non dei romanzi del XX e XXI secolo.

Il romanzo storico del 1800, di ispirazione prevalentemente patriottica, è ambientato in epoche considerate importanti per gli italiani, le quali però spesso vengono idealizzate o acquistano sfumature diverse in relazione alla sensibilità ed agli ideali degli autori.

Insomma: il romanzo è un modo per indicare l’amore che si aveva per la Patria italiana, in un’epoca, come quella del Risorgimento, che si caratterizza per la lotta all’Unità italiana.

Questo romanzo risorgimentale smetterà di interessare il pubblico nel 1860 – 61, ovvero quando si stava fondando il Regno d’Italia.

Il romanzo storico della metà del 1800 aveva come modello (piuttosto ingombrante) Manzoni.

Il concetto di vero di Manzoni è lo stesso che si è mantenuto negli intellettuali risorgimentali.

Ma scrivere senza retorica non è facile e, a un certo punto, i borghesi (che erano la classe acculturata, assieme alla nobiltà), si stancano di leggere sempre le stesse cose.

Con l’Unità d’Italia, gli scrittori iniziano a raccontare le imprese che hanno condotto gloriosamente a fondare un paese che, prima, non esisteva.

La Scapigliatura fu un movimento artistico e letterario sviluppatosi nell'Italia settentrionale a partire dagli anni sessanta dell'Ottocento; ebbe il suo epicentro a Milano e si andò poi affermando in tutta la penisola.

Mentre, quindi, gli intellettuali risorgimentali o raccontano di antichi scontri dell’«italica gente» contro l’«invasore straniero» o narrano le loro esperienze di battaglia contro (per esempio) gli Austriaci, a Milano e Torino nasce un nuovo movimento letterario, che combatte i Risorgimentali. Il tutto avviene, infatti, tra iòl 1860 e l’inizio del 1900.

Perché è il massimo esponente del verismo, un nuovo movimento letterario fondato dal conterraneo Luigi Capuana. Il romanzo "Giacinta« di Capuana è considerato il manifesto

del verismo italiano. Ma ampie riflessioni sul verismo si trovano anche nella Prefazione ai Malavoglia di Verga.

Studiamo Verga in relazione al Risorgimento: si arruola alla Guardia Nazionale garibaldina.

Scrive un romanzo (Amore e Patria) nello stile del romanzo storico risorgimentale, per poi aderire per un periodo alla Sacapigliatura. Scrive un secondo romanzo storico sulla resistenza carbonara al dominio napoleonico in Calabria, a differenza del primo, pubblicato (a sue spese) senza successo.

Il vero manzoniano sta tramontando, non si crede neppure più nell’ideale del Risorgimento. L’Italia è un’Italia nuova. Ecco l’origine della Scapigliatura.

Povero me! Vogliono andare tutti a rivoluzionare la mia teoria sul vero:

pensano che sia possibile raggiungere una dimensione oggettiva,

impersonale, pura della verità. Per me, che ho scritto I Promessi sposi, un dolore forte è sapere che tutti hanno creduto di essere grandi intellettuali

solo perché hanno scritto romanzi risorgimentali o perché si sono

inventati questa sciocca Scapigliatura.